Ashes&Wine di Sissi Bennett (/viewuser.php?uid=3560)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lonely days are gone, I'm a-goin' home ***
Capitolo 2: *** Pierce right through me ***
Capitolo 3: *** And it feels like home ***
Capitolo 4: *** Don’t hang around ‘cause two’s a crowd on my cloud ***
Capitolo 5: *** Tell me baby, what's your story? ***
Capitolo 6: *** You should be knocking ***
Capitolo 7: *** Have you come to raise the dead? ***
Capitolo 8: *** Don't let me be the last to know ***
Capitolo 9: *** Tomorrow's a new day ***
Capitolo 10: *** And I'm lying like a child in your arms ***
Capitolo 11: *** The heartaches come and go and the scars, they're leaving ***
Capitolo 12: *** The day's still ashes and wine? ***
Capitolo 13: *** Love is only a feeling ***
Capitolo 14: *** I will leave a key for you outside my doorway ***
Capitolo 15: *** I want to be your obsession ***
Capitolo 16: *** Take me to the riot ***
Capitolo 17: *** We can be heroes just for one day ***
Capitolo 18: *** Because losing you is something I always did so well ***
Capitolo 19: *** I can't erase the things that I've done ***
Capitolo 20: *** Mustn't let them see me cry. I'm fine, I'm fine ***
Capitolo 21: *** Let the rain come down and wash away my tears ***
Capitolo 22: *** Even if you cannot hear my voice ***
Capitolo 23: *** I will try to fix you ***
Capitolo 24: *** Lord, I need to find someone who can heal my mind ***
Capitolo 25: *** I know you've got a lot of strenght left ***
Capitolo 26: *** I still do care about you ***
Capitolo 27: *** I could offer you a warm embrace ***
Capitolo 28: *** You're in my veins ***
Capitolo 29: *** Sinners are much more fun ***
Capitolo 30: *** Sweeter than Heaven and hotter than Hell ***
Capitolo 31: *** So long and goodnight ***
Capitolo 32: *** You'll always be mine ***
Capitolo 33: *** Losing what I never found ***
Capitolo 34: *** No feelings ***
Capitolo 35: *** So darkness I became ***
Capitolo 36: *** Big girls don't cry ***
Capitolo 37: *** Anybody out there? ***
Capitolo 38: *** Savin's what I need ***
Capitolo 39: *** Be the last to kiss my lips ***
Capitolo 40: *** Goodbye, my almost lover ***
Capitolo 41: *** It's all coming back to me ***
Capitolo 42: *** Until the end starts ***
Capitolo 1 *** Lonely days are gone, I'm a-goin' home ***
Ashes &Wine
Capitolo uno: Lonely days are gone, I'm a-goin'
home
“Maybe I know,
somewhere
Deep in my soul
That love never lasts
And we’ve got to find other ways
To make it alone
Or keep a straight face
And I’ve always
lived like this
Keeping it comfortable distance”
(The
only exception-
Paramore)
Quando
Stefan vide quella lettera, posata sullo zerbino,
appena fuori dalla porta, pensò di avere le allucinazioni.
La
prese e se la rigirò tra le mani, esaminandola per
cercare se, per caso, c’era stato un errore nella consegna.
Perché mai qualcuno
avrebbe voluto mandare una lettera lì, al Pensionato? Ci
doveva essere stato
per forza un errore.
La
confusione aumentò non appena si accorse che il
francobollo incollato all’angolo destro della busta era
italiano. Chi mai
avrebbe dovuto scrivere dall’Italia? Erano anni che
né lui né il fratello ci
mettevano piede ed era anche da escludere l’ipotesi che la
lettera fosse
indirizzata al defunto Zach: l’uomo infatti non aveva mai
osato uscire da
Fell’s Church; era troppo spaventato da Damon, temeva che il
vampiro lo avrebbe
ucciso se solo avesse lasciato incustodita la dimora dei Salvatore.
Si
sedette sul divano e lesse il destinatario; a quel punto
lo stupore crebbe a dismisura: Zach Salvatore.
Da
quando Zach aveva contatti in Italia? Lui odiava quel
paese, perché era lì che era iniziato tutto, era
lì che i due fratelli erano
stati trasformati cinquecento anni prima, era lì che
Katherine aveva deciso di
chiedere ospitalità segnando per sempre la sorte della
famiglia Salvatore.
Si
concentrò nuovamente sulla busta, curioso di scoprire chi
fosse il mittente. Mollò di scatto quel pezzo di carta che
cadde svolazzando
sul tappeto. Aveva capito perché quella lettera era stata
mandata lì e la cosa
ora cominciava ad avere senso. Pensò che sarebbe stato
meglio tenerlo nascosto
a Damon, se ne sarebbe occupato personalmente, senza immischiare il
fratello.
Non voleva riaprire vecchie ferite, soprattutto quando queste avrebbero
potuto
compromettere l’apparente equilibrio,
che il vampiro squilibrato si era
creato.
Tutti
i suoi propositi finirono al vento in meno di pochi
secondi. Damon apparve alle sue spalle e lo trovò seduto a
guardare qualcosa
che ancora giaceva a terra.
“Che
cosa stai facendo, fratellino?” chiese “Stai
cercando
di dare una ragione alla tua miserabile vita da vampiro
vegano?”.
Sempre
il solito sarcasmo inopportuno, sempre il solito
ghigno.
Stefan
scattò a raccogliere la lettera e si affrettò a
nasconderla dietro la schiena. Movimento che, di certo, non poteva
sfuggire a
una vista sopraffina come quella di Damon. “Che nascondi
lì dietro?”.
“Niente”
Stefan si maledì per la scarsa attitudine nel
mentire; si sentiva come un bambino beccato in pieno con le mani nel
barattolo
della marmellata.
“Nulla
d’importante” aggiunse.
“Per
essere qualcosa di poco valore, ti stai prodigando con
fatica per non farmela vedere” notò con un guizzo
negli occhi: proibire a Damon
di fare qualcosa era il metodo migliore per incitarlo a farla.
“Stefan,
non avrai dei segreti con me vero?” domandò con
tono da finto offeso.
“Ne
ho parecchi di segreti, Damon” rispose Stefan “Ma
questo
… questo è meglio se non lo scopri. È
una cosetta da nulla. Credimi ti sto
facendo un favore”.
“Oh,
che animo nobile” disse Damon con uno sbuffo sarcastico.
Entrambi
furono interrotti dal rumore della porta che si
apriva e subito dopo una voce chiedeva di Stefan.
“Credo
che sia la tua ragazza” ipotizzò Damon mentre
puntava
alla cosa nascosta dietro la schiena di Stefan “Siamo in
salotto” le disse ad
alta voce.
Forse
se suo fratello fosse stato distratto dalla celestiale
Elena, lui sarebbe riuscito a prendere quella cosa.
“Sei
pronto?” chiese Elena facendo il suo ingresso nella
stanza, rivolgendosi a Stefan. Gli diede un bacio a stampo e poi
salutò Damon.
“Elena”
rispose lui.
“Andiamo
a scuola” propose Stefan che voleva sottrarsi allo
sguardo inquisitore di Damon e occuparsi di quella faccenda da solo.
“Non
così in fretta” lo fermò
l’altro “Perché prima non dici
a me e ad Elena che cosa nascondi lì dietro?”.
Stefan
lo guardò malissimo: giocare la “carta
Elena” era una
mossa scorretta anche da parte sua.
La
ragazza solo allora notò che il vampiro aveva entrambe le
mani dietro la schiena “Che hai lì,
Stefan?” sporgendosi per vedere meglio
“E’
una lettera?”.
“Ti
sei fatto l’amante, Stef?” chiese Damon sempre
più
divertito.
“Non
mi sono fatto nessuna amante” replicò quello
piccato.
“Allora
rendici partecipi di questa missiva così segreta”.
Stefan
corrugò la fronte irritato domandandosi perché
suo
fratello doveva essere sempre così cocciuto. Gli stava
risparmiando un gran
fastidio, ma lui doveva per forza intromettersi. E va bene, allora!
Voleva
vedere la lettera, voleva leggerla?
“E’
indirizzata a Zach, viene dall’Italia”
spiegò
porgendogliela.
“Dall’Italia?
Chi mai dovrebbe scrivere a Zach dall’Italia?”
chiese, forse più a se stesso che ai presenti, iniziando a
rompere la busta.
“Io
non la leggerei …” gli consigliò Stefan
che sospettava
di avere tutte le risposte alla domande appena poste da Damon.
I
suoi dubbi divennero una certezza quando vide gli occhi del
fratello indurirsi, mentre scorrevano sul foglio.
Elena
li fissava incerta. Damon si stava innervosendo e
Stefan sembrava preoccupato da una possibile reazione.
“Credo
sia per Sissy” disse.
Damon
accartocciò la lettera lasciandola cadere a terra
“Sono solo stronzate”.
“Sta
bene?” titubò Stefan.
“Non
lo so e non me ne frega nulla” rispose l’altro
impassibile con una nota di durezza nella voce. Si girò
deciso a lasciare la
stanza ma ‘sta volta fu Stefan a fermarlo “Che dice
la lettera?”.
Damon
lo guardò con un ghigno indifferente “Viene
direttamente dalla scuola: sembra che il nostro Zach si sia dimenticato
di
pagarle l’ultima rata della retta. Forse dovremmo rispondere
di avere un po’ di
rispetto per i morti”.
Quest’ultimo
appunto era stata una cattiveria gratuita, una
di quelle che facevano stare bene Damon quando era turbato per qualcosa.
Nessuno
immaginava lontanamente che Zach fosse morto,
nemmeno lei, che avrebbe avuto
diritto più di tutti di saperlo, di dargli un sepoltura.
“Dobbiamo
pagarla noi” sentenziò risoluto, convinto che
fosse l’unica soluzione possibile.
“Non
contare su di me per questa tua nuova buona
azione” lo informò Damon tornando
sui suoi passi, verso il tavolino degli alcolici.
“Glielo
dobbiamo, Damon, glielo
devi” specificò “Non ha nessun
altro”.
Damon
alzò le spalle “Non sono particolarmente legato
alla
famiglia”.
“Vuoi
che si scopra che Zach è morto?”
strepitò Stefan
“Dovrai dare parecchie spiegazioni, Damon. Al Consiglio, allo
sceriffo, a Sis
…”.
“Stef,
leggi il labiale” lo interruppe bruscamente lui
“Non
me ne frega un accidenti! Se vuoi sborsare un sacco di soldi per quella
cazzo
di scuola, fa’ pure. Io non muoverò un
dito”.
Dettò
ciò, buttò giù l’ultimo
sorso di bourbon e se ne andò dal
salotto, diretto chissà dove, chissà a combinare
quali danni.
Stefan
raccolse la lettera da terra e finalmente portò
l’attenzione su Elena, che lo osservava ancora in cerca di
spiegazione.
“Ti
va se ne parliamo in macchina?” le chiese indicandosi
con il dito l’orecchio, comunicandole a gesti che voleva
essere sicuro che
Damon non origliasse la loro conversazione.
Elena
annuì, precedendolo nel vialetto dove aveva
parcheggiato la sua Mini. Attese di essere fuori dall’enorme
cortile del
Pensionato prima di porre quella domanda che stava stuzzicando la sua
curiosità.
“Chi
è Sissy?”.
Stefan
posò la fronte sul finestrino, mentre la macchina si
fermava a un semaforo rosso “E’ la sorella minore
di Zach. In realtà Sissy è un
nomignolo, perché lei adorava … sai …
la principessa Sissy”.
“Non
sapevo avesse una sorella”.
“E’
un argomento che tendo a non trattare per evitare
d’infastidire Damon”.
“Cos’è,
ha cercato di uccidere anche lei ed è scappata in
Italia?”.
Stefan
sorrise impercettibilmente “No, anzi le era molto
affezionato e lei … beh … lo adorava”.
Elena
si stupì percettibilmente “Non aveva paura? Da
quanto
mi hai detto Zach ne era terrorizzato”.
“No,
era piccola e non si rendeva nemmeno conto di chi aveva
davvero davanti. Capitava che prima di andare a dormire lo chiamasse
per
scacciare i mostri da sotto il letto. Capisci? Chiamava un vampiro per scacciare i mostri!
Ne aveva uno che le girava attorno e non ci faceva neanche
caso” disse lui alzando
le mani vicino alla testa come a sottolineare
l’assurdità di quella situazione.
“Ma
sapeva che voi eravate vampiri?”.
“No,
non credo che Zach gliel’abbia mai detto. Come ti ho
spiegato era piccola e forse nemmeno gliel’avrebbe
creduto” poi sembrò pensarci
su un attimo “In
ogni caso credo che
Damon gliel’avesse espressamente proibito”.
“Perché?”.
“Perché
gli piaceva Sissy, diceva che era l’unica ad avere
un po’ di cervello in quella casa, sebbene fosse ancora una
bambina. L-le
voleva bene” azzardò “Non voleva che
avesse paura di lui”.
“E
poi cos’è successo? Perché è
diventata un argomento tabù?”
s’informò sempre più intrigata da
quella storia. Le piaceva quando Stefan le
raccontava del suo passato, era bello poter ricomporre il puzzle della
sua vita
trascorsa.
“Da
quando i loro genitori erano morti, Zach si era sempre
preso cura di lei e non vedeva di buon occhio il legame tra lei e mio
fratello.
Inoltre Damon si faceva vedere più spesso da quando lei era
nata e Zach non lo
voleva intorno; io ogni due anni tornavo a trovarli e non
c’era problema,
perché di me si fidava, ma di Damon ...”
lasciò in sospeso la frase “Così
quando Sissy compì undici anni, la mandò a
studiare in Italia, senza avvisare
né me né Damon. Sono sette anni che non torna
più a casa”.
“Sette
anni?” ripeté Elena incredula
“E’ da sette anni che
non la vedi?”.
“No”
confermò “Zach ha fatto in modo che nessuno
sapesse
precisamente dov’era andata. Lui prendeva regolarmente la
verbena ed era
impossibile soggiogarlo per scoprirlo. Però io, in fondo, lo
capivo: era solo
preoccupato per la sua sorellina, non voleva che si facesse
male”.
“Scommetto
che Damon non l’ha presa così bene”.
“Quando
lo scoprì, s’infuriò parecchio. Lo
avrebbe ucciso se
non l’avessi fermato io. Sai com’è
fatto, tende ad ingigantire tutto: da Zach
la colpa è passata anche a Sissy e … beh, il
resto lo sai”.
“E
per questo che non vuole pagarle la retta? Una sorta di
ripicca?”.
“Per
quello e anche perché spera, nel profondo, almeno
credo, che la sbattano fuori e sia costretta a tornare. Sai,
è stata la prima
volta, dopo secoli, che lo vedevo abbassare la guardia con qualcuno e
subito
dopo si è preso un bel pungo in faccia”
finì di raccontare con una nota
malinconica nella voce.
Avrebbe
tanto voluto tornare indietro di qualche anno, solo
per rivivere quei momenti in cui suo fratello aveva dimostrato di avere
ancora
qualcosa di umano.
La
mano di Elena si posò sulla sua stringendogliela
“Mi
dispiace” disse “Anche tu ti eri affezionato, non
è vero?”.
Stefan
annuì sorridendo “Era così tenera e
fragile, così
dolce, con due occhioni castani talmente espressivi da togliere il
fiato. Non si
poteva non volerle bene Se l’avessi conosciuta,
l’avresti trovata adorabile. È
un peccato che non sia rimasta qui, sareste diventate ottime amiche
… migliori amiche”.
“Hai
detto che se n’è andata a undici anni. Come mai
non
l’ho mai vista alla scuola elementare? Almeno non mi ricordo
di lei” gli
confidò Elena.
“No,
ha studiato in casa. Probabilmente Zach aveva in mente
da molto tempo di allontanarla da qui, non voleva si creasse dei
legami.
Scommetto che è stata piuttosto contenta di scappare in
Italia”.
Stefan
chiuse la portiera della macchina e aspettò che Elena
prendesse la sua borse dal sedile posteriore. Poi le
circondò le spalle con un
braccio e la baciò teneramente su una tempia “Ti
ho già detto che sei stupenda
stamattina?”.
“Solo
stamattina?” scherzò lei.
Il
vampiro le accarezzò la testa e la strinse di più
a sé,
mentre entravano a scuola.
“Stefan,
qual è il vero nome di Sissy?”.
“Sei
sicura di volerlo fare?”.
“Sono
costretta, Clara” rispose la ragazza premendo con
forza le mani sulla valigia per far sì che si chiudesse.
Tirò a strattoni la
cerniera finché non si congiunse con l’altro pezzo
e poi li unì con un
lucchetto TSA, tanto per essere sicura che non le avrebbero fatto
storia una
volta arrivata negli States.
“Non
è vero. Le ultime tasse sono state pagate, hai tutto il
diritto di stare qui” le fece presente Clara, che non era per
niente contenta
di vedere scappare la sua compagna di stanza come una fuggitiva.
“Sono
due mesi che non ho notizie di mio fratello. Due
mesi!” ribadì alzando due dita per sottolineare
ulteriormente il concetto.
“Gli
ho mandato un mucchio di e-mail e messaggi, ma non ha
mai risposto. L’ho tempestato di telefonate, ma il cellulare
è sempre staccato.
Ho cercato di contattarlo con Facebook, gli ho perfino spedito un paio
di
lettere, ma niente! Devo tornare a casa, Clara, è
l’unico modo per scoprire che
diamine gli è successo” si dovette fermare un
attimo per calmare i battiti del
suo cuore. Respirò profondamente, ricacciando giù
i singhiozzi.
Era
veramente preoccupata. Non era la prima volta che Zach
non si faceva vivo per un po’, ma non era mai passato
così tanto tempo. E
soprattutto lei aveva sempre avuto modo di contattarlo.
Due
mesi di assoluto silenzio. Sembrava sparito nel nulla,
nessuno sapeva niente e cercare di chiamare lo sceriffo di
Fell’s Church era
difficile come parlare con il Presidente: o il telefono era occupato o
le
rispondeva qualche incompetente che non sapeva aiutarla e la pregava di
richiamare più tardi, quando lo sceriffo non sarebbe stato
impegnato.
Ma
che diavolo poteva accadere in una cittadina sperduta
della Virginia, da tenere sempre l’intero corpo di polizia
indaffarato?
Diede
un’ultima occhiata alla camera, per accertarsi non
aver dimenticato nulla. Sembrava tutto a posto, ritirato alla rinfusa
nelle
valigie.
Clara
era seduta sul letto, a gambe incrociate e la
osservava con espressione triste “Mi mancherai,
sai” le confessò.
Si
sciolse sentendo quelle parole e corse ad abbracciarla
“Anche tu mi mancherai, sei stata la miglior compagna di
stanza che avrei mai
potuto desiderare” le disse mentre le lacrime, questa volte
di nostalgia, le si
ripresentavano nuovamente a ridosso delle ciglia.
“Vedrai
che tuo fratello sta bene” la rassicurò Clara.
“Lo
spero, così potrò ucciderlo con queste mani per
avermi
fatto stare così in pena e potrò tornare qua in
men che non si dica”.
“Lo
spero tanto anche io”.
La
ragazza si allontanò da Clara e tirò il trolley
giù dal
mobile, su cui l’aveva posato per comodità.
“Allora
ripassiamo il piano: domani mattina ti svegli e
avverti la preside della mia fuga, ok? Di’ che me ne sono
andata ‘sta notte,
mentre dormivi, e che non mi hai sentita. Inventati … che
ieri notte non hai
riposato bene e che il tuo sonno era troppo pesante anche per
accorgerti di me
che trascinavo via le valigie”.
“Sarà
fatto. Sfodererò tutte le mie naturali doti di
attrice” scherzò.
“Penso
di aver fatto e detto tutto … quindi farei meglio ad
andare”.
“Sì”
concordò Clara “O perderai il pullman”.
“Allora
…” esitò un attimo “Ci
sentiamo, ok?”.
“Certo.
Buon viaggio!”.
“Grazie”
disse caricandosi sulla spalla un borsone e
iniziando a trascinare il trolley “Ciao Clara!”.
“Ciao!”.
L’ultima
cosa che vide, mentre chiudeva la porta, fu la sua
amica salutarla tristemente con la mano.
Camminò
per tutto il corridoio in fretta, maledicendo i suoi
tacchi per tutto il rumore che stavano facendo.
Avrebbe
fatto volentieri a meno di vestirsi così, ma il
piano prevedeva di intrufolarsi sul pulmino che avrebbe portato un
gruppo di
studentesse americane, in visita per studiare l’italiano,
all’aeroporto.
Erano
delle universitarie di New York, abituate a vestirsi
sempre al top anche per andare a prendere un caffè sotto
casa.
Perciò
si era messa un po’ in tiro, affinché si
confondesse
bene nella comitiva e non destasse sospetti.
Arrivata
nel cortile d’ingresso, prese un bel respiro e si
unì alla coda di ragazze che attendevano di sistemare i loro
bagagli. Quando fu
certa che l’autista avesse caricato anche i suoi,
entrò dalla porta centrale,
si sedette in un posto in fondo, vicino al finestrino, e si
appiattì sul sedile
pregando che nessuno la riconoscesse.
Arrivò
all’aeroporto senza problemi e ,dopo aver recuperato
la sua roba, si dileguò tra la folla, senza che nessuno si
accorgesse di lei.
Si
precipitò al check-in, pregando di trovare in fretta un
volo che l’avrebbe riportata dopo tanti anni a casa sua.
“Mi
serve un biglietto per la Virginia” dichiarò con
foga.
L’uomo
dall’altra parte del banco, la guardò aggrottando
le
sopracciglia “Quale aeroporto?”.
“Qualsiasi”.
“Qualsiasi?”.
“Sì,
va bene tutto … devo arrivare lì il
più in fretta
possibile”.
“Mi
lasci controllare” digitò un paio di tasti sulla
tastiera e poi disse “C’è un volo che
parte tra quattro ore, diretto a Richmond
… no aspetti è tutto prenotato”
aggiunse spezzando in un secondo tutto
l’entusiasmo della ragazza.
“E
non ce ne sono altri?”.
“Il
prossimo parte domani sera” la informò.
“Domani
sera? Io non posso aspettare fino a domani sera”
affermò in preda al panico. Decise di provare con
un’altra destinazione, magari
Atlanta. In fondo era l’aeroporto più grande del
mondo, certamente avrebbe
trovato più aerei diretti là che a Richmond
“E per Atlanta?”.
“Atlanta
non è in Virginia”.
“So
perfettamente dove si trova Atlanta” ribatté lei
infastidita.
L’uomo
controllò di nuovo su PC “C’è
un volo che parte tra
meno di due ore”.
“E’
perfetto”.
“E’
rimasta solo la prima classe”.
“Non
è un problema” assicurò lei pensando
che Zach l’avrebbe
ammazzato una volta scoperto quanti soldi aveva speso per quella follia.
“Allora
mi dia il passaporto e mi può dire il suo nome?”.
“Bonnie …
Bonnie Salvatore”.
“I don't care
how much money I gotta spend,
Got to get back to my baby again
Lonely days are gone, I'm a-goin' home,
'Cause my baby just a-wrote me a letter”
(The
Letter- The Box Tops)
Ok
esperimento totalmente folle o promettente?
Confesso
che questa idea era nata ponendo come protagonista
un personaggio completamente inventato; poi, però, ho
pensato che avrebbe
potuto funzionare adattando la storia a Bonnie.
Voi
che ne dite? Sono impazzita? Devo continuare per vedere
cosa ne uscirà fuori o è meglio se la smetto
subito?
Vorrei,
in ogni caso, fare delle precisazioni per introdurre
meglio la storia:
1)
Katherine
e Klaus non
sono ancora arrivati a Fell’s Church; o meglio, Katherine ha
fatto un veloce
comparsa, giusto per trasformare Caroline in un vampiro e poi
è sparita nel
nulla.
2)
Caroline,
appunto, non
sarà la solita ochetta vendicativa e repressa, ma
sarà molto simile al
personaggio creato nella serie ( perché è
fantastica!)
3)
Non
ci sarà la signora
Flowers ( almeno per ora), perché mi piace molto di
più l’idea che i due
fratelli vivano da soli.
4)
Bonnie
ha vissuto per
sette anni in Italia, da sola, lontano dalla famiglia, quindi il suo
carattere
è certamente più forte e risoluto di quello
ideato dalla Smith. Comunque non è
mio intento stravolgerlo, per cui ho scelto di non mettere
l’avviso OOC. Ma se
leggendo, ritenete che lei sia cambiata troppo e pensate che farei
meglio ad
aggiungerlo, fatemelo sapere e provvederò ad indicarlo
subito =)
5)
Come
avete potuto notare,
ci sono riferimenti sia al libro che alle serie.
6)
Il
titolo è una canzone
di A Fine Frenzy e si chiama appunto “Ashes and
wine”.
Bene,
credo proprio di aver finito!
A
voi il giudizio, grazie! =)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Pierce right through me ***
Ashes &Wine
Capitolo due: Pierce right through
me
“Words like
violence
Break the silence
Come crashing in
Into my little world
Painful to me
Pierce right through me
Can't you understand
Oh my little girl”
(Enjoy the
silence- Depeche Mode)
Glielo
dobbiamo Damon, glielo devi.
Questa
era nuova. Lui, un vampiro di
cinquecento anni, che aveva mietuto decine di vittime senza mai un
rimorso,
senza mai un tentennamento, lui doveva qualcosa a una semplice umana,
che per
altro non vedeva da anni.
Non
è una semplice umana, è Sissi. Ti piaceva Sissi,
ricordi?
Se
esisteva una cosa peggiore di
avere Stefan sempre intorno che cercava di redimerlo, era sentire la
sua
maledetta voce anche quando lui non c’era.
La
cosa assumeva sfumature
allarmanti, una volta acquisita la consapevolezza che quello non era
Stefan che
gli stava parlando con il pensiero, bensì la sua stessa
mente che, per qualche
ragione ignota, aveva scelto di vestire i panni di suo fratello minore
per
comunicargli quei messaggi assolutamente irritanti.
Sì,
Sissi gli era piaciuta. Un tempo,
quando era ancora una bambina, innocente e ingenua che si era convinta
di
vedere in lui il suo eroe.
Lo
stesso eroe che le scacciava i
mostri da sotto il letto, che le aveva insegnato ad andare a cavallo e
che di
notte attendeva, senza farsi vedere da Stefan o da Zach, che lei si
addormentasse prima di lasciare la sua stanza.
Quell’eroe
che, dopo essersi
accertato che lei dormisse profondamente, se ne usciva di casa, in
cerca di
giovani vergini, cui succhiare il sangue, per poi ucciderle del tutto o
soggiogarle e divertirsi con loro.
Sissi
aveva una visione totalmente
distorta di lui, ma era proprio questo che Damon apprezzava della sua
compagnia. Era per quella sua dolcezza e spontaneità che si
era rifiutato di
usare i suoi Poteri su di lei, che aveva ordinato a Zach di non
rivelarle mai
la sua vera identità o quella di Stefan.
Insomma
era realmente arduo
resistere ai suoi grandi occhi castani che lo guardavano come se fosse
stato la
persona più importante che avesse al mondo. Era una
sensazione che condivideva
anche con Stefan e Zach e loro, con quell’enorme cuore
d’oro che si
ritrovavano, dovevano sicuramente sentirla più di lui, ma il
fatto di provarne
una piccola parte era già di per sé sconvolgente.
Chi
era quella piccolina per
spiazzarlo con un’occhiata? Chi era per crepare, anche se
solo
superficialmente, la pietra che, da tanto ormai, si era stabilita
dentro di lui,
dura e compatta e( almeno così credeva) indistruttibile?
Questo,
però, accadeva otto anni
prima, quando lei aveva solo dieci anni, viveva ancora al Pensionato e
giurava
che da grande avrebbe sposato zio Damon.
Questo
accadeva prima che lei lo tradisse,
complice di quel miserabile di
Zach.
Non
ti ha tradito, Damon, ha solo undici anni, cosa poteva fare?
Queste
erano le vere parole di
Stefan, dette in un vano tentativo di calmarlo, dopo che aveva saputo
la
brillante novità.
Facile
nascondere le colpe dietro una
mera questione di età. Sissi era ancora una bambina,
adorabile e spesso
accondiscendente, ma quando si impuntava su una cosa, diveniva caparbia
e
decisa.
Avrebbe
potuto opporsi, rifiutarsi
di partire, così di punto in bianco, per l’Italia
senza avvertire nessuno (lui), senza
lasciare un indirizzo, un
recapito, senza farsi sentire per anni, avrebbe potuto dire
semplicemente no.
La
tua presenza non le faceva bene, ho dovuto allontanarla per il suo
bene. Mia
sorella non deve finire nei tuoi casini.
Che
scusa patetica! Lui non
l’avrebbe mai toccata con un dito, nemmeno una volta
cresciuta e divenuta una donna.
Non le avrebbe fatto del male. Mai.
Ora
però le cose erano cambiate, ora
anche l’immagine di una Sissi diciottenne si mischiava a
quella di tante altre
ragazze che avrebbe sedotto volentieri per il proprio piacere. Se mai
se la
fosse ritrovata davanti, adesso, e ne era certo, l’avrebbe
usata senza
ripensamenti, avrebbe infilato i canini in quel collo che, se non
ricordava
male, era già allora candido e invitante, e
l’avrebbe guardata morire come
tutte le altre. Nessuna pietà, nessun pentimento, nessun
dispiacere, neanche un
piccolo, stupido e inutile sentimento umano.
Perché
lui era un vampiro.
Perché
lui faceva certe cose per
istinto.
Perché
era cattivo.
Perché
non gliene importava.
Perché
lui non doveva niente a
nessuno.
Specialmente
a Bonnie Salvatore.
Immobile
come una statua di cera.
Ecco cosa avrebbero pensato i passanti vedendola lì, ferma
in mezzo alla
strada, con un borsone a tracolla, una valigia a fianco, posata
sull’asfalto e
un’altra borsa in spalla.
Una
statua di cera.
Ipotesi avvalorata dalla sua pelle bianca, translucida, quasi
trasparente che
sembrava, a momenti, riflettere i raggi del sole.
Bonnie
si era imbarcata in quel
viaggio completamente insensato e improvviso, senza neanche pensare
realmente a
quello che stava facendo.
Facile
muoversi spinti
dall’adrenalina, dalla voglia di rompere gli schemi, dalla
consapevolezza di
un’azione inaspettata e imprevedibile.
Solo
in quel momento, scesa da
pullman che l’aveva condotta a Fell’s Church
dall’aeroporto di Atlanta, si era
veramente resa conto di ciò che era successo.
Era
fuggita dal suo collegio in
Italia, infrangendo una decina di regole della scuola ( cosa per cui
sarebbe
stata minimo sospesa), aveva preso il primo volo diretto in uno stato
che non
era il suo, per quanto fosse comunque vicino, e aveva sbagliato tre
volte
pullman prima di trovare quello giusto.
Per
cosa poi?
Presentarsi
in casa sua e scoprire
che Zach stava bene e che, semplicemente, non aveva avuto il tempo o la
voglia
di chiamarla?
Perché
se da un lato era preoccupata
che gli fosse accaduto qualcosa di male, dall’altro era
terrorizzata di avere
un’ulteriore conferma che a suo fratello, di lei, gliene
frega poco o niente.
Era
proprio quella la conclusione
cui era arrivata, duranti i suoi anni in Italia.
Per
quale altro motivo l’avrebbe
mandata in un collegio all’estero se non per disfarsi di lei?
C’erano altre
ragioni per cui un fratello si separerebbe dalla propria sorella, con
così poco
preavviso e in maniera così definitiva?
D’altronde
Zach si era occupato di
lei fin da quando i loro genitori erano morti, aveva sacrificato molto
per
starle accanto e forse era solo stufo di ricoprire il ruolo del tutore
responsabile. Era una cosa umanamente comprensibile.
Ma
Bonnie non riusciva a darsi pace:
sentirsi un peso, un ostacolo, un qualcosa in più, era un
fardello troppo
pesante da sopportare per una ragazza emotiva come lei. Non pretendeva
molto
dopo tutto: solo vederlo un po’ più spesso di
persona e non attraverso una
web-cam, solo parlargli come quando era piccola e non quelle scarne e
aride
conversazioni cui si era abituata negli ultimi tempi.
Avrebbe
voluto poter tornare a casa
ogni tanto, ma Zach non glielo aveva mai permesso. Un paio di volte
l’aveva
raggiunta per passare l’estate in qualche capitale europea*,
ma durante gli
ultimi tre anni non era più successo.
Bonnie
si era ritrovata a girare,
durante le vacanze estive, da sola per il vecchio continente, con
qualche amica
che avrebbe dato di tutto per stare il più lontano possibile
dalla famiglia. Come sei fortunata, Bonnie.
Le dicevano
sempre.
Strano,
lei pensava la stessa cosa
di loro. Loro che erano tartassate dalle chiamate dei genitori, loro
che a
Natale erano costrette a tornare a casa, loro che avrebbero voluto
avere quella
libertà che Bonnie avrebbe volentieri gettato via.
Erano
sette anni che non metteva più
piede a Fell’s Church e non sapeva se essere più
felice o spaventata.
Compose
velocemente il numero di
Zach, mentre fermava un taxi.
Rispose
ancora la segreteria
telefonica.
“Ehi
Zach, sono ancora io, Bonnie,
tua sorella, hai presente? Quella che hai spedito in Italia a studiare
e che
non vedi da un bel pezzo. Sarà il cinquantesimo messaggio
che ti lascio in
dodici ore: sono tornata, sono qui a Fell’s Church e sto
venendo a casa in
questo momento. Richiamami o fingiti almeno un po’ felice
quando sarò lì”.
Chiuse la chiamata con tono amareggiato.
Sapeva
che c’era la probabilità che
Zach avesse avuto qualche problema, magari di salute, ma non poteva
fare a meno
di essere arrabbiata.
“Dove
ti porto?” le chiese il
tassista, dopo che ebbe caricato i bagagli.
“Solo
un secondo” rispose Bonnie
aprendo il portafoglio, dove aveva riposto un foglietto su cui aveva
appuntato
l’indirizzo.
Pazzesco
non ricordarsi nemmeno la
via di casa propria! Ma era troppo tempo che non tornava e aveva dovuto
scriverla per non dimenticarsela.
Mentre
estraeva il biglietto,
l’angolo di quello che pareva un cartoncino bianco
spuntò dal lato destro del
portafoglio.
Lesse
al tassista l’indirizzo e si
concentrò su quella sua “scoperta”. Non
era un semplice pezzo di carta, ma una
fotografia; ritraeva lei su un cavallo.
Rammentava
bene quando era stata
fatta: un anno prima della sua partenza, al maneggio di
Fell’s Church e
ricordava altrettanto bene chi gliel’ aveva scattata.
Suo
zio Damon, alias un’altra
persona che era scomparsa dalla sua vita come una nuvola di fumo.
Nemmeno un
messaggio in sette anni. Altro brutto colpo per Bonnie, che gli si era
affezionata in modo quasi innaturale.
Zach
e Damon non andavano affatto
d’accordo e Bonnie, seppur piccola, aveva capito fin da
subito che era lei il
motivo per cui Damon ritornava così spesso in
città. Era una sensazione
piacevole, senza contare poi il fatto che la bambina si era presa una
bella
cotta per il ragazzo. Fantasticava su un loro futuro insieme, come
quando le
bambine si convincono che da grandi sposeranno il proprio
papà.
Solo
che Bonnie il papà non ce
l’aveva più.
Una
volta l’aveva perfino confessato
a Zach, facendogli quasi venire un infarto.
Sai,
io e Damon un giorno ci sposeremo.
Era
stato proprio quest’ultimo,
udendola, a rispondere qualcosa sul fatto che la sua confessione
sarebbe stata
troppo lunga per una vita umana. Non aveva mai capito che cosa volesse
dire
quella frase, ma capitava spesso che se ne uscisse con tali perle
criptiche.
Anche se Zach l’aveva intesa fin troppo bene.
Era
un bell’uomo, suo Zio Damon.
Probabilmente lo era anche ora. Chissà, magari si era
sposato davvero, aveva
avuto dei figli.
Sorrise
con malinconia ripensando
anche al fratello minore di Damon, Stefan. Il dolce Stefan. Premuroso,
gentile,
buono, affettuoso, che a volte si era dimostrato molto più
adatto di Zach ad
prendersi cura di lei.
Non
perdeva mai la calma, era
rassicurante averlo intorno, la faceva sentire al sicuro, come se mai
avesse
potuto accadere qualcosa di male in sua presenza.
Zach
era molto più tranquillo quando
lui era nei paraggi; forse perché lo credeva capace di
tenere a bada il
fratello maggiore.
Per
quale motivo, poi, Damon dovesse
essere tenuto a bada, era un mistero per la piccola Bonnie, che non
riusciva
proprio a vedere nulla di cattivo in lui.
Avvertì
che il taxi si era fermato.
Guardò fuori dal finestrino e si stupì di essere
già arrivata a destinazione.
Si era talmente persa nei ricordi da non accorgersi nemmeno che avevano
oltrepassato i cancelli del Pensionato dei Salvatore.
Pagò
l’autista e recuperò le sue
valigie. Attese che la macchina se ne andasse, prima di voltarsi infine
verso
l’enorme villa. Respirò a fondo, senza riuscire a
trattenere un sorriso.
Sono
a casa.
Strizzò
le ultime gocce di sangue,
rimaste nella sacca di plastica, in un bicchiere. Aveva sentito che una
macchina aveva parcheggiato nel suo cortile, ma non le diede troppo
peso.
Doveva essere Stefan di ritorno dal suo allenamento di football. Tornato a casa con la sua Elena.
Fece
una smorfia e aprì un cassetto
in cerca di una camicia da mettere per l’incontro con il
Consiglio. Frugò con
una mano, mentre con l’altra continuava a sorreggere il
bicchiere con il
sangue.
Spinse
la mano in fondo al cassetto,
sicuro di afferrarne una a righe nere, alcune più scure,
altre più chiare, ma
si ritrovò a sfiorare con la punta delle dita qualcosa di
completamente
diverso. Un foglio, sembrava al tatto.
Lo
prese e lo portò alla luce: era
una fotografia.
La
strinse un po’ più del dovuto,
ricordandosi quando l’aveva scattata e a chi.
Dopo la sua partenza, aveva fatto in modo che Zach facesse sparire ogni
traccia
della sua esistenza. Quella era
l’unica foto sopravvissuta. L’aveva nascosta in
quel cassetto tempo addietro e
poi se n’era scordato.
La
fissò per qualche secondo e poi
ce la ributtò dentro, con uno scatto di rabbia.
Serbava
troppo rancore per intenerirsi
per una semplice immagine. Lei era come tutti gli altri e non si
sarebbe fatto
scrupoli ad assaggiarla, magari ad
ucciderla.
“Zach
… c’è nessuno?
Zach ci sei?”.
Una
voce proveniente da sotto.
Cercava Zach. Chi poteva cerca Zach? Non aveva mai avuto una gran vita
sociale;
lui stesso si era ben premurato di renderglielo impossibile.
Lasciò
la sua stanza e scese le due
rampe di scale che lo separavano dal piano terra.
All’ingresso, circondata da
valigie, c’era una ragazza. Capelli rossi, lisci, legati in
una coda alta,
francesine di pelle marrone, Jeans aderenti, una t-shirt bianca e un
gilet
marrone. Bel fisico
nel complesso. Bel
lato B; non poté appurare se lo stesso valesse per il
“davanti”, dato che lei
gli dava le spalle.
Gongolò
sentendo che quella giornata
poteva trasformarsi in qualcosa di davvero piacevole e dolce,
mentre tutto il fastidio di poco prima scemava in una
aspettativa
di pieno godimento.
Almeno
finché la ragazza non si
voltò, rivelando due grandi occhi castani che si allargarono
ancora di più nel
riconoscerlo.
“Damon …”.
“They tell
you a good girl is quiet
That you should never ask why
Cause it only makes it harder to fit in
You should be happy, excited
Even if you're just invited
‘Cause the winners need someone to clap for them”
(Here I am-
da “Camp Rock”)
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Eccoci
qua con il secondo capitolo. Lo so che potrebbe risultare noioso, in
effetti
non succede nulla di eclatante, è ancora una parte
dell’introduzione, ma
ritenevo fosse importante inquadrare i sentimenti dei due protagonisti
in
relazione a questa parte del loro passato che ritorna prepotentemente
nelle
loro vite.
Rimandato
quindi in loro incontro al prossimo capitolo, sperando di non avervi
tediato
troppo con questo =)
Solo
una precisazione: nel primo capitolo avevo scritto che Zach non si era
mai allontanato
da Fell’s Church; quello era solo il pensiero di Stefan.
In
realtà, come afferma qui Bonnie, l’uomo
è andato a trovare la sorella qualche
volta, senza ovviamente farlo sapere ai due vampiri, soprattutto
perché non
voleva rischiare di essere seguito e quindi svelare l’esatta
“ubicazione” della
ragazza.
Ringrazio
tanto chi ha recensito e/o chi ha messo la storia tra le preferite e/o
seguite.
Giuro, non m’immaginavo che avesse così tanto
successo.
A
settimana prossima!
Fran.
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Capitolo 3 *** And it feels like home ***
Ashes &Wine
Capitolo tre: And it feels like home
“Above below you look
And so you wonder
Where the time is gone
I’m lookin’ up
Tomorrows on the way
Above below you look
And so you say
When I wake up in the morning
Is it gonna be another ugly day?”
(
Bad day-
Something Corporate)
Sapeva
che era lei.
L’aveva
capito non appena si era girata, ancora prima che
parlasse. Gli era bastato imbattersi nei suoi occhioni sbalorditi.
In
un lampo tutti i suoi propositi di strapparle la
giugulare svanirono in un soffio. Ma fu un momento di debolezza che
durò molto
poco, giusto il tempo di sentire riaffiorare tutto il risentimento che
aveva
accumulato in quegli anni. E vederla lì, tutta sorridente e
tranquilla, non
fece altro che aumentare la sua rabbia, mentre la sua memoria, in modo
oltremodo prepotente, lo costringeva a ricordarsi come era stato da
schifo
quando Stefan lo aveva preso da parte per riferirgli della partenza di
Bonnie.
“Zio
Damon è tornato …”
urlò entrando in casa, reggendo un grosso pacco che sarebbe
risultato
pesantissimo per chiunque tranne che per lui.
Zach
comparve subito
all’ingresso, seguito da Stefan.
“
… E non ha nessuna
voglia di vedere voi due!” concluse lui, oltrepassandoli,
diretto alle scale.
“Sissi”
chiamò “Indovina
cosa ti ha portato il tuo zietto preferito” era ancora
metà scala e si fermò
voltandosi verso Stefan “Che per la cronaca non sei
tu” gli rinfacciò
puntandogli il dito contro e proseguendo verso la camera della bambina.
“Damon
…” disse Stefan
inseguendolo su per le scale.
“Non
ora, fratellino. Non
voglio che la tua voce fastidiosa mi rovini la giornata”.
“C’è
qualcosa che ti devo
dire” rincarò l’altro prendendolo per un
braccio.
“Nulla
che m’interessi”
gli rispose, liberandosi dalla presa di Stefan ed entrando nella stanza
di
Bonnie. Aggrottò le sopracciglia nel notare che era vuota.
“Hai-
davvero – bisogno-
di- ascoltarmi” Stefan scandì quelle parole con
estrema lentezza. Posò le mani
sulle spalle del fratello e lo costrinse a sedersi. Questi,
stranamente, non
oppose resistenza e si sistemò sul letto.
“Dov’è?”.
Un
tono duro, minaccioso
e allo stesso tempo allarmato. C’era qualcosa
nell’espressione del suo
fratellino che non lo induceva a presagire nulla di buono.
“Promettimi
che non darai
di matto” gli disse.
“Dov’è?”.
Nella sua voce
non c’era più traccia della preoccupazione di
prima. Traspariva solo una
forte determinazione,
resa quasi irreale
dalla calma con cui aveva posto la domanda.
“Forse
non la vedremo per
un po’ di tempo …”.
“Stefan
hai tre
fottutissimi secondi per dirmi dov’è!”
questa volta aveva ringhiato.
“È
in Italia” disse
velocemente.
Ora
Damon era confuso e
disorientato “Che ci è andata a fare in Italia?
Perché diamine Zach l’ha
lasciata andare da sola?!”.
“Studierà
là” chiarì
Stefan, mentre cercava le parole giuste per raccontare tutto il resto
della
storia, quel “resto” che non sarebbe piaciuto a
Damon.
“Oh”
vide con la coda
dell’occhio che anche Zach era entrato nella stanza e se ne
stava dietro
Stefan, come se sentisse il bisogno di avere uno scudo che lo
proteggesse da
Damon.
“Se
voleva imparare
l’italiano, glielo potevamo insegnare noi”
proferì quest’ultimo “E quando
tornerà?”.
Stefan
lo guardò
dispiaciuto “Non credo che tornerà mai”.
Crack.
Incatenò
gli occhi di
Zach nei suoi, in cerca di spiegazioni più soddisfacenti.
Passarono attimi
interminabili prima che quello si decidesse a rispondergli “La
tua presenza non le faceva bene, ho dovuto
allontanarla per il suo bene. Mia sorella non deve finire nei tuoi
casini”.
Crack.
Damon
scattò così velocemente che Stefan, pur avendo
tutti i sensi sovrasviluppati,
non se ne accorse nemmeno; lo avvertì solo il tonfo sul muro
dietro di lui.
Damon
aveva afferrato Zach per il collo e lo aveva sollevato contro la parete.
“Damon!”
lo richiamò Stefan, senza essere ascoltato.
“Lo
avevi giurato, Zach” lo accusò Damon digrignando i
denti appuntiti “Avevi
promesso che ti saresti preso cura di lei”.
I
suoi occhi non erano mai stati più gravi e spietati. Scuri
come la notte,
sottili come lame, inesorabili come il Fato.
“Lo
sto … facendo” protestò Zach annaspando
per la presa ferrea.
“Damon
non respira” lo avvertì Stefan inquieto, senza,
tuttavia, muove un dito per
fermarlo. Dopotutto, nel profondo del suo animo, condivideva quello che
stava
facendo suo fratello. Quello che avrebbe voluto fare anche lui.
“Mandandola
dall’altra parte dell’oceano, da sola?”
chiese Damon con uno sbuffo sarcastico
“Ha già perso la sua famiglia una volta”
gli sputò in faccia.
“Sono
io la sua famiglia” replicò l’uomo con
fermezza. Damon si sorprese di
quell’improvviso cambio di tono e allentò
leggermente la presa per lasciarlo
continuare, era proprio curioso di vedere dove sarebbe andato a parare.
“Ha
solo undici anni, si rifarà presto una vita, lontana da
te” lo stesso discorso valeva anche
per
Stefan, ma Zach stette ben attento a non nominarlo esplicitamente:
voleva
colpire solo Damon, voleva approfittarsi di quell’occasione
in cui si mostrava
così esposto, voleva fargli male per ripagarlo di tutto
quello aveva fatto a
lui “Ti dimenticherà in fretta, Damon.
E’ ancora una bambina. Tempo un anno al
massimo e non avrà che un ricordo sfumato di te. Non sarai
niente di più nella
sua vita”.
Crack.
Questo
era stato più forte. Damon era ben consapevole della
presenza di un enorme
pietra dentro di lui, ma non era quella che si stava rompendo; no, era
qualcosa
all’interno
della pietra …
Si
ributtò addosso a Zach, obbligandolo a piegare il collo con
forza “Dammi una
sola buona ragione per non ucciderti”.
Zach
lo guardò spaesato.
“Damon,
ADESSO BASTA” urlò Stefan che si decise ad
intervenire: lo prese per le spalle
e cercò di tirarlo via senza molto successo “Ti
odierebbe se le togliessi
l’ultimo che le è rimasto”.
Tutti
e tre avevano compreso a chi si riferisse, senza necessità
di fare nomi. Damon
si voltò leggermente verso Stefan, indeciso se dargli retta
o no.
Infine
liberò Zach, buttandolo a terra malamente
“E’ l’ultima volta che Sissi ti salva
la pelle” lo avvertì puntandogli il dito contro in
un chiaro gesto
d’intimidazione “Da questo momento lei, per me,
è morta; quindi non provare più
ad appellarti al suo nome. Se deciderò ancora di ucciderti,
non avrai scampo”.
Lasciò
la stanza con passo deciso, pronto a trasformarsi in corvo e volare il
più
lontano possibile da lì. Ma Stefan lo seguì per
il corridoio.
“Possiamo
rintracciarla, Damon” affermò, in un vano
tentativo di consolarlo, cosa che non
gli piacque per niente.
“No,
fratellino” negò con forza “E’
evidente che non vuole essere trovata”.
“Andiamo,
sai bene che non è stata lei a volere tutto
questo”.
“Ah,
no! Non ci provare nemmeno” gli intimò
“Non cercare giustificazioni,
attenuanti, o scuse. È piccola, non scema; sapeva
perfettamente che cosa stava
facendo. Per quanto mi riguarda, la ragazzina non esiste
più”.
“Se
ne sei convinto tu”.
“Ti
sei sempre chiesto perché io trattassi gli umani come degli
oggetti” incominciò
Damon “Vuoi sapere perché?”.
Stefan
attese la risposta, ormai rassegnato.
“Perché
è quello che sono, Stefan. Gli umani fanno schifo”.
Eccome
se ne era convinto.
Talmente
tanto che alla fine aveva
ucciso davvero Zach, pensò con un moto di soddisfazione. Gli
aveva rotto quel
collo senza contare fino a tre.
Non
si era sentito in colpa, in
realtà non aveva sentito neanche la più piccola
emozione. D’altra parte Sissi
non esisteva più e l’assassinio del fratello era
stata la prova schiacciante.
Ora,
però, era lì, pronta ad
rientrare nella sua vita come un uragano. Ma con che coraggio se ne
arrogava il
diritto, quando era stata lei la prima ad escluderlo dalla sua? Con
quale
faccia tosta si ripresentava alla sua porta dopo così tanto
tempo?
Quel
turbinio di emozioni
contrastanti, che stava letteralmente scombinando Damon, non
sembrò toccare
Bonnie, che, osservandolo ancora con un sorriso sorpreso,
ripeté “Damon! Mio
Dio, da quanto …! Non mi riconosci? Sono io, sono Bonnie.
Si, è vero sono un
po’ cambiata, ma la faccia è sempre
quella”.
Sì,
era decisamente Bonnie Salvatore,
con quella parlata a macchinetta che una volta lo faceva morire dal
ridere e
che, in quel momento, lo irritava sopra ogni altra cosa “Che
ci fai qui?”
domandò severamente inasprendo lo sguardo.
Il
sorriso sul volto della ragazza
si congelò. Ci mise un po’ prima di trovare le
parole giuste, che suonarono
comunque molto incerte “Nostalgia di casa,
suppongo”.
“Dopo
sette anni?”.
Bonnie
non afferrò la ragione di
quell’astio così palese, ma colse la frecciatina e
replicò d’istinto “Non mi
sembra che si sia sentita molto la mia mancanza”.
“Hai
ragione” confermò Damon “Ci
eravamo dimenticati della tua esistenza”.
Mi
ero dimenticato della tua esistenza e stavo
benissimo.
“Apprezzo
la sincerità” disse
Bonnie, tentando di apparire impassibile a quelle parole che invece la
stavano
ferendo come coltelli affilati.
“Non
fare la scontrosa con me,
ragazzina” la avvisò.
Hai
perso il privilegio sette anni fa.
“Io
non sono Stefan, né tantomeno
tuo fratello” disse oltrepassandola, con la chiara intenzione
di uscire.
“Zach
… ” lo fermò lei “
… Sta
b-bene? Non lo sento da mesi e non
mi ha
neanche pagato la retta questo trimestre”.
Quello
non era vero, la rata era
stata pagata, anche se in ritardo. Solo che Damon l’aveva
fatta sentire
veramente una stupida e così aveva aggiunto quel piccolo
particolare per far
capire al suo ex- zio preferito che
la situazione era seria.
Non
ottenne l’effetto sperato.
“Ah!
Ecco, mi sembrava troppo
altruista la tua motivazione” affermò lui
“Ti hanno sbattuta fuori e non sapevi
dove altro andare”.
“Non
mi hanno sbattuta fuori!” lo
contraddisse indignata, ma che razza di persona credeva fosse
diventata? “Sono
preoccupata per Zach”.
Fai
bene ad esserlo.
Damon
diede un ultimo sguardo agli
occhi della ragazza, che pareva davvero sul punto di piangere, e si
avviò verso
la porta.
“Dov’è
mio fratello, Damon?” gli
urlò dietro stringendo i pugni.
“Non
lo vedo da un po’ ” le rispose
senza voltarsi “Ma ovunque sia, sono certo che si senta come
in Paradiso”.
O
all’Inferno.
Pensò piegando una
angolo della bocca all’insù ghignando. Se
l’apparizione di Bonnie lo aveva
inizialmente sconvolto, ora poteva ritenersi appagato di aver
recuperato
terreno in breve tempo.
Non
l’avrebbe uccisa, questo no. Tra qualche giorno al
massimo, l’avrebbe rispedita in Italia e non ne avrebbe mai
più sentito
parlare. Quello gli bastava.
Non
servivano spargimenti di sangue, sarebbe stato
sufficiente ricacciarla fuori dalla sua non-vita. Ma per rendere tutto
ciò
possibile, era necessario farla riammettere a scuola e inventare
qualche scusa
sulla scomparsa di Zach, ma quello era il problema minore. Poteva
benissimo
ammaliarla e farle credere che il fratello se n’era andato in
Antartide a
studiare i pinguini o in Giappone ad imparare a cucinare il sushi.
Certo,
sempre che la ragazza non assumesse verbena, a quel punto sarebbe stato
più
complicato convincerla.
Damon
sentì improvvisamente il bisogno di fare quattro
chiacchiere con il suo fratellino, che, apparentemente, non si era
affatto
occupato della faccenda “tasse scolastiche”. Ecco
perché di solito lavorava da
solo. Molto più efficace.
Aprì
la basculante del garage, rivelando al suo interno due
auto: una era una Ferrari nera, lucida come pomice levigata,
l’altra era una
Mustang, colore azzurro, decapottabile. Sebbene preferisse di gran
lunga la
prima, fu costretto a usare, per l’ennesima volta, la
seconda, per non dare
nell’occhio.
Mise
in moto, uscì dal box e percorse il lungo vialetto del
Pensionato; prima di sparire dietro una curva, diede
un’ultima occhiata alla
villa attraverso lo specchietto retrovisore e vide Bonnie, affacciata
alla
finestra di quella che era stata la sua cameretta, guardare
l’auto che
sfrecciava via.
Stefan
aveva terminato l’ultimo giro di corsa, quando scorse
l’auto di suo fratello parcheggiata di fianco al campo.
Si
assicurò che l’allenatore fosse occupato a
guardare
altrove e si avvicinò, tenendo il casco da football in mano.
Perché Damon era
lì?
Non
lo adocchiò subito, dovette far scorrere gli occhi sulle
altre macchine per trovarlo, infine, appoggiato a un pick-up scassato.
Quello
di Matt.
“Come
va l’allenamento, Golden Boy?” gli chiese Damon
beffardo.
“Che
ci fai qui?”. Rispondere a una domanda con un’altra
domanda:
tipico delle conversazioni tra i fratelli Salvatore.
“Questo
catorcio è del tuo amico Mutt, vero? È con questo
che ti riporta a casa dopo gli allenamenti? Come diamine fa a reggere
tutti e
due?”.
Stefan
non si diede nemmeno la pena di correggerlo quando
pronunciò, volutamente, il nome di Matt in modo sbagliato.
“Sai
Stefan, tu sei sempre così serio, così
responsabile, è
per questo che di solito ti lascio la parte burocratica dei nostri
affari,
perché mi aspetto che tu te ne occupi senza seccare
me”.
“Puoi
arrivare al punto?” lo interruppe Stefan “Ho cose
più
importanti da fare che stare ad ascoltare i tuoi deliri da vampiro
egoista e spaccone”.
“Avevi
detto che avresti mandato i soldi alla scuola di
Bonnie” tagliò corto Damon.
“L’ho
fatto” confermò.
“Ooooh,
allora devono avere fatto un gran bel casino alle
poste, perché la nostra principessina ora è in
camera sua a disfare i BAGAGLI!”
lo aggiornò in un crescendo di irritazione.
“Sissi
è qui?”.
“Lei
con tutta la sua voglia di fare una rimpatriata per
ricordare i bei tempi andati” aggiunse con un po’
di contrarietà.
Stefan
aprì un paio di volte la bocca, prima di sorridere
felice come poche nella vita “Oddio! Io …
è tornata! È fantastico … ed
è
cresciuta? È cambiata?”.
“Su
questo ci puoi giurare!” esclamò Damon con un
mezzo
sorriso malizioso ripensando alla figura della ragazza, fasciata da
quei jeans
così attillati che lasciavano poco
all’immaginazione. Era decisamente
cresciuta.
“Devo
andare a salutarla” dichiarò Stefan.
“Frena
l’entusiasmo” lo rimproverò il fratello
riprendendosi
dalle sue divagazioni “Capisco che tu non veda
l’ora di ricoprire il ruolo del
buon pastore che riaccoglie a braccia aperte la pecorella smarrita, ma
abbiamo
due questioni da risolvere prima: uno, siamo vampiri; e due, suo
fratello è
morto”.
“Ah,
adesso te ne preoccupi” gli rinfacciò Stefan,
rammentandogli come, solo qualche giorno prima, se ne fosse
completamente
fregato.
Damon
lo fulminò.
“Quello,
comunque, è un problema risolvibile: non deve per
forza sapere che cosa gli è successo veramente”
proseguì Stefan pensieroso
“Piuttosto sa o non sa che noi due siamo vampiri?”.
“Non
ne ho idea” ammise Damon.
Stefan
si stupì leggermente “N- non hai mai soggiogato
Zach
per fartelo dire? Non gli hai mai letto nel pensiero?”.
“Sveglia
Stefan! Non potevo controllargli la mente;
coltivava verbena come se fosse marijuana!” disse Damon
allargando le braccia.
Stefan
non poté che dargli ragione e si diede dello stupido
per non averci pensato. Si voltò verso il campo da football
per controllare che
nessuno avesse ancora notato la sua assenza, poi si rivolse di nuovo al
fratello.
“Non
ci resta che tenerla d’occhio e cercare di non farle
sentire la mancanza di Zach. Meno s’insospettisce meglio
è” concluse.
“Sapevo
che l’avresti detto” dichiarò Damon
“ E ti annuncio
ufficialmente che io non mi farò coinvolgere in una simpaticissima riunione di famiglia. La
tentazione di staccarle la
testa è stata forte, quando l’ho vista poco fa;
ergo è meglio che me ne stia
alla larga. Lascio volentieri a te il compito di badare alla figliol
prodiga”.
Stefan
stava per ribattere ma entrambi vennero interrotti
dell’allenatore “Salvatore”
urlò sventolando la cartelletta “Vuoi anche dei
pasticcini? Del the?”.
“Credo
che stia chiamando te” suppose il maggiore, con il
suo solito ghigno.
Stefan
gli lanciò un’ultima occhiata che sapeva tanto di
“Non fare disastri” e corse verso il campo da
football.
“Sono
serio, Stefan” gli gridò dietro Damon, sebbene
sapesse
che il fratello l’avrebbe sentito benissimo anche se avesse
sussurrato “Falla
uscire da casa mia entro domani mattina o ce la rimando io in Italia. A modo mio” precisò.
È
anche casa mia. Gli
rispose mentalmente Stefan senza
girarsi.
A
Damon non restò che accettare la provocazione.
Andò alla
sua macchina e aprì lo sportello del guidatore. Accese
l’auto e mise la retro.
Per
qualche strano motivo, forse per distrazione, non pigiò
abbastanza il cambio verso il basso e inserì, per sbaglio,
la prima invece
della retromarcia.
Senza
essersene accorto, posò una mano sul poggia testa del
sedile accanto al suo e ruotò il capo per accertarsi di
avere spazio dietro per
fare manovra.
Il
parcheggiò dietro di lui era completamente libero,
schiacciò, dunque, con forza il pedale. La macchina,
però, si mosse in avanti e
Damon sentì distintamente il rumore metallico del paraurti
che si
accartocciava.
Con
estrema lentezza rigirò il collo e appurò di
essere
finito contro il muro di fronte, che se prima stava a pochi centimetri
dal muso
della sua vettura, ora gli era appiccicato.
Si
trattene dallo staccare il volante per il nervoso e, in
fretta, ripeté le operazioni di qualche minuto prima (questa
volta mettendo la
marcia giusta) e sgommò via, senza riuscire ad evitare di
percepire tutto il
compiacimento di Stefan, cui sicuramente non era sfuggita la scena.
Che
giornata di merda.
Fissò
per la trecentesima volta la valigia, nella vana
speranza che tutti i visti riposi all’interno, si alzassero
e, da soli,
andassero a sistemarsi nei cassetti e nell’armadio. Da
piccola aveva immaginato
un milione di volte di fare i bagagli come Mago Merlino nel “
La Spada nella
Roccia”. Sarebbe stato un sogno fin troppo bello: pronunciare
qualche formula
magica, un po’ di ‘hockety pockety” e
stare comodamente seduta sul letto a
guardare gli abiti fluttuare e piegarsi con cura nei borsoni. Quanto
tempo
avrebbe risparmiato?!
Purtroppo,
però, le mancavano giusto quelle due o tre
abilità magiche che le avrebbero permesso di fare tutto
ciò.
Accettando,
dunque, il fatto di essere un’anonima, semplice
mortale, senza uno straccio di magia (del resto, come tutti nel mondo:
le
streghe non esistevano mica!), iniziò a svuotare il trolley
e mettere gli
indumenti nei loro rispettivi posti: le magliette nei cassetti, i
pantaloni e
le camicie sugli appendini, le felpe sul ripiano
dell’armadio; e poi,
ovviamente i libri sulle mensole attaccate al muro, il portatile sulla
scrivania e tutto il resto dove trovava spazio.
Infine
prese il suo cavallino bianco di peluche e lo posò
sul letto. Gli si sedette accanto, accarezzandolo con un po’
di diffidenza;
come se al posto di quel tenero pupazzo ci fosse
stato colui che glielo aveva regalato, colui
con il quale aveva discusso
neanche
un’ora prima.
Perché
diamine Damon l’aveva attaccata in quel modo?
D’un
tratto era passata dalla parte del torto? Era lei
quella che aveva sbagliato?
Scosse
la testa: lei non aveva fatto nulla di male e Damon non
aveva nessun motivo per ritenersi offeso.
L’aveva
aspettato, davvero.
Spesso
ripeteva alle sue compagne di scuola di non vedere
l’ora che il suo fantastico zio l’andasse a
trovare, ma lui non si era mai
presentato alla porta di quel collegio, non l’aveva chiamata,
non le aveva
scritto. Passato il primo anno, aveva capito che non
l’avrebbe più cercata.
Ed
era stato triste apprendere che le uniche due persone che
le erano rimaste al mondo, escluso suo fratello, si erano dimenticate
di lei.
Perché
se Damon non si era comportato bene, anche Stefan non
era stato da meno. Ma ormai l’aveva superato, del resto erano
passati un sacco
di anni. Chiunque sarebbe andato avanti.
Chiunque
a parte Damon.
Se
doveva essere sincera, quella brutta accoglienza non era
stata la cosa che l’aveva lasciata più basita.
Quello che, sul serio, le aveva
tolto la parola per qualche minuto era stato l’aspetto di
Damon: non era
cambiato di una virgola da come se lo ricordava lei. Se non aveva fatto
male i
calcoli, ora il ragazzo doveva avere su per giù
trent’anni, ma sembrava
esattamente lo stesso ventenne che aveva conosciuto da bambina. Si
prese per
paranoica: erano trascorsi otto anni dall’ultima volta che
l’aveva visto, i
suoi ricordi erano confusi e un po’ sbiaditi.
Fissò
sconsolata la valigia, rendendosi conto di averne
disfatta solo la metà. Stava per buttarsi sul letto per
schiacciare un
pisolino, dato che aveva viaggiato tutta notte senza dormire, ma
sentì qualcuno
bussare.
Si
girò in direzione della porta e rimase a bocca aperta:
riccioli castani, occhi verdi, fisico asciutto ma allenato, sguardo
sincero e
sorriso rassicurante.
Stefan.
Uguale
identico al ragazzo di sette anni prima. Com’era
possibile? Ma che mangiavano quei due? Avevano per caso scoperto la
fonte della
giovinezza?
Il
ragazzo fece qualche passo verso di lei, aprendo
leggermente le braccia. Bonnie rimase immobile, incerta sul da farsi;
poi si
lanciò letteralmente addosso a Stefan, gettandogli le
braccia al collo e
stringendolo come se fosse l’unica persona che potesse darle
un po’ di affetto,
che potesse farla sentire a casa. Ed era vero.
Aveva
paura che la rifiutasse, che la respingesse come aveva
fatto Damon, ma il ragazzo le posò una mano sulla nuca,
spingendole dolcemente
la testa verso la sua spalla in un gesto fraterno, e i suoi timori si
dissiparono.
Lasciò
che qualche lacrima scendesse lungo le sue guance,
troppo contenta e incredula di aver trovato qualcuno ad aspettarla,
felice di
rivederla.
Si
separarono, continuando a sorridere, e Stefan le asciugò
con le dita le scie bagnate che brillavano sulle gote bianche.
Bonnie
gli prese mani e le intrecciò con le sue, mentre
abbassava le braccia.
“Mio
Dio” soffiò “Non sei cambiato per
niente”.
Se,
inizialmente, pensava di essere sbagliata riguardo
Damon, in quel momento, squadrando Stefan sentiva che i suoi dubbi
divenivano
certezze.
“Tu
invece sei cambiata eccome!” si sbalordì il
vampiro
“Guardati” e le fece fare una giravolta
“Sei cresciuta”.
“Già”
concordò Bonnie “Cosa non fanno setti anni in
Italia!”
scherzò.
“E
ti sei fatta proprio una bella ragazza”
gli faceva strano usare quella parola riferita a Bonnie,
la non- più- piccola Bonnie “Chissà
quanti ti hanno corteggiata” suppose.
“Non
così tanti” specificò lei con un
leggere imbarazzo.
Stefan
la guardò intensamente “E’ bello averti
a casa”.
“Davvero?”
chiese in conferma ricambiando lo sguardo,
fiduciosa.
Stefan
annuì “Allora raccontami qualcosa,
Sissi”.
“È
da tanto che nessuno mi chiama più
così” disse con un po’
di malinconia.
“Ti
dà fastidio?”.
“No,
no” quasi strillò agitando le mani “Mi
piace. Mi è
sempre piaciuto!”.
“Ho
incontrato Damon mentre tornavo a casa, mi ha detto che
ti ha vista”.
“Sì”
confermò Bonnie “Un incontro che vorrei
dimenticare in
fretta” ammise.
Stefan
non ne fu stupito. Damon doveva aver sfoderato il lato
gentile che di solito riservava a
lui.
“Sai
com’è fatto … ogni tanto è
scorbutico”.
“No
Stefan, è stato proprio cattivo” lo corresse
“Insomma
non mi vede da otto anni e mi tratta come la peggiore delle pezze da
piedi.
Come se fosse colpa mia, come se io
l’avessi tradito!”.
“Lui
tende ad estremizzare tutto. Vedrai che gli passerà in
fretta”.
“Non
m’interessa” dichiarò Bonnie
“Non sono venuta qua per
lui, ma per Zach” avvertì quella nota di
preoccupazione crescere in lei
“Stefan, ti prego dimmi dov’è”
lo supplicò con voce strozzata.
Stefan
trasse un profondo respiro, pronto per esibirsi in
quel discorso che aveva preparato nel tragitto verso casa.
“Sta
bene, Sissi” mentì “Starà
fuori città per un po’: è
occupato con degli affari”.
“Che
genere di affari?”.
“Cose
per Fell’s Church, per il Consiglio”
spiegò brevemente
“Non posso dirti di più perché
è tutto quello che so; mi spiace”.
“Ma
perché non si fa sentire! Voglio dire … sparire
così,
senza neanche avvertirmi, non è da lui. E poi
perché non mi risponde al
telefono?”.
Stefan
si sentì terribilmente in colpa. Non era sua
intenzione prenderla in giro, ma non voleva che soffrisse e stava solo
cercando
di proteggerla. La cosa migliore era tenerla all’oscuro di
tutto, almeno per il
momento, almeno finchè Damon era così
suscettibile e visibilmente turbato; non
era sicuro che suo
fratello si sarebbe
astenuto dallo staccarle la testa per impedirle di andare ad urlare a
tutta
Fell’s Church che due vampiri abitavano al vecchio
Pensionato. Era chiaro come
il sole che Damon serbava ancora ostilità nei confronti di
Bonnie; voleva
evitare di dargli un motivo per attuare la sua vendetta.
“Non
ha potuto portare nulla di suo e non credo che abbia
molto tempo di mettersi in contatto con noi” .
“Cos’è?
In missione per conto della C.I.A.?” chiese Bonnie con
sarcasmo.
“Qualcosa
del genere” bofonchiò lui.
“Bene!”
disse risoluta “Andrò al Consiglio e mi
farò dire
che cosa sta succedendo”.
“Non
ti diranno niente” la dissuase lui “E’
una cosa
segreta”.
“E
tu come fai a sapere certe cose?”.
“Me
le ha dette Zach prima di partire”.
“Hai
visto Zach? Ma da quanto tempo sei qui?”.
“Da
qualche mese, sono rimasto per finire qui la scuola”.
Le
iridi castane di Bonnie saettarono sulla figura del
ragazzo “Com’è possibile?”
domandò incredula “Eri in età da
diploma quando ti
ho visto l’ultima volta”.
Stefan
dovette formulare in fretta una scusa. Che scemo a
non pensare ad un modo per giustificare il suo non-
cambiamento di età.
“No,
ti sbagli” negò con fermezza “Quello era
Damon”.
Oddio,
questa era la bugia peggiore che si fosse mai
inventato! Damon non era mai neanche andato al liceo!
“No
Stefan, eri tu” la sua voce tremò leggermente.
“Ti
ricordi male, Bonnie. Io ero solo al primo, Damon
all’ultimo” ribadì con più
convinzione “Però su una cosa hai ragione: sono
leggermente fuori corso”. Doveva pur inventarsi qualcosa.
Erano passati sette
anni dal loro ultimo incontro, lui avrebbe dovuto essere fuori dalle
superiori
già da un pezzo in ogni caso “Ho attraversato un
paio di anni difficili, ho
abbandonato la scuola e me ne sono andato. Poi però ho
rimesso la testa a
posto, solo che ho dovuto recuperare tutte le lezioni e gli esami persi
e …
sai, ci ho messo un po’. E’ per questo che sono
venuto a vivere qui, volevo
ricominciare da capo, costruirmi una vita”. Quella era la
verità.
“Quindi
tu adesso hai … ventuno anni?” chiese un
po’
incerta, anche se ormai sembrava convinta di quello che Stefan le aveva
raccontato.
“Sì,
ma non dirlo in giro. Non voglio che gli altri lo
sappiamo, è imbarazzante, sai? Studiare ancora al liceo,
quando dovrei essere
al college”.
“E’
assurdo, ne sei consapevole? Non ha senso”.
Quello
frase lo pietrificò. Il suo piano non aveva
funzionato? Lui era pessimo a mentire, non ne era proprio capace. Damon
era
quello bravo con le bugie, o come le chiamava lui, le verità
distorte.
Quando
Bonnie parlò, Stefan non poté trattenere un
sospiro
di sollievo nel constatare che la ragazza era tornata al discorso
precedente.
“Perché
mai un uomo dovrebbe andarsene in modo così furtivo,
senza dire nulla all’unica persone della sua famiglia, senza
offesa per te
ovviamente, ma … diamine io sono sua sorella! Mi merito un
po’ di rispetto, un
po’ di considerazione!”.
Il
vampiro si sentì ancora di più in colpa. Damon
questa
volta l’avrebbe pagata, oh come l’avrebbe pagata!
“Bonnie,
fidati di me: Zach sta bene” che
faccia tosta.
“Come
fai ad esserne certo?”.
“Mi
ha mandato un’ e-mail” disse di getto.
“Perché
manderebbe un’e-mail a te e non a me?”.
Perfetto
e adesso che
t’inventi? “Non
l’ha mandata a me,
ma al suo secondo indirizzo, mi aveva lasciato la password. Ha scritto
di
essersi dimenticato il tuo contatto e mi ha chiesto di rigirarla alla
scuola
per fartela avere”.
“Non
ho ricevuto nessun messaggio”.
“E’
arrivata solo ieri … non ho fatto in tempo a
mandartela”.
Bonnie
per la seconda volta sembrò quasi soddisfatta della
risposta.
“E
per quanto riguarda la scuola, mi dispiace tanto! Zach mi
aveva detto di pagare la rata, perché lui non avrebbe
potuto, ma me ne sono
completamente scordato. Cioè, ho fatto il bonifico ma a
quanto pare qualcosa è
andato storto”.
“No,
no, la retta è andata a posto, anche se in
ritardo”.
Stefan
parve sconcertato “Scusa, ma allora non ti hanno
cacciata?”.
“NO!”
esclamò lei “Almeno non per quello”.
Il
ragazzo la guardò interrogativo.
“Sono
scappata, di notte, confondendomi in un gruppo di
studentesse newyorkesi” prese fiato “Capisci? Io
dovevo tornare per Zach!”
gemette “Probabilmente a quest’ora mi avranno
espulsa” confessò.
Lui
rimase in silenzio, riflettendo per qualche secondo poi
la tranquillizzò “Non preoccuparti a questo ci
penso io. Tu, sentiti libera di
rimanere quanto vuoi, io intanto chiamo la direzione e li avverto che
sei qui.
Dirò loro che abbiamo avuto un problema di famiglia e che
tornerai tra qualche
tempo”.
“No,
Stefan” lo fermò lei “Se ho fatto quel
che ho fatto, è
perché volevo essere espulsa. Io … io non
tornerò in Italia” annunciò
“Almeno
finché non vedrò Zach”.
“Oh”
fu l’unica cosa che Stefan riuscì a pronunciare.
Quello
poteva costituire un bel problema. Soprattutto con un
Damon piuttosto incazzato che aveva esplicitamente dichiarato di non
volerla
vedere mai più.
“Va
bene” acconsentì Stefan. Al
diavolo Damon!
“Sarai
affamata, ordino delle pizze”.
“No,
non ce n’è bisogno, mangerò quello che
c’è in casa”.
“Ecco,
il fatto è che io e Damon ultimamente abbiamo
mangiato sempre fuori e il frigo è praticamente vuoto. Non
ti preoccupare non è
un problema prendere una pizza. Margherita, giusto?”.
“Ovvio!”
rispose Bonnie, contenta che Stefan si ricordasse
quel piccolo particolare che la riguardava “Io, intanto mi
farò una doccia”.
Stefan
sorrise ed uscì dalla stanza, chiudendosi dietro la
porta.
Bonnie
lanciò un’ultima occhiata alla sua valigia, ancora
mezza sfatta, prima di entrare nel suo bagno e aprire l’acqua
della doccia.
Restava
il fatto che avrebbe tanto voluto possedere i poteri
di Mago Merlino.
Uscì
dal bagno solo quando sentì Stefan chiamarla. Prese una
maglietta e dei pantaloni larghi della tuta, se li mise addosso e
raggiunse il
ragazzo nella sua camera. Non fece caso a tutte
le sue cose ordinate perfettamente negli armadi e alle due valigie
sistemate
nello spazio tra la scrivania e il muro, chiuse e vuote.
“Guarda
cosa ho trovato” le disse Stefan sventolandole un VHS
davanti al naso. La afferrò e si ritrovò a
sorridere come un’ebete leggendo il
titolo sulla copertina: ‘La principessa Sissi’ con Romy
Schneider.
“Non
ci credo! Ma dove l’hai
ripescato?”.
“Era
dietro una fila di libri nella
libreria giù in salotto e guarda caso, ho proprio un
videoregistratore per le
casette. Ti va di vederlo?”.
“Scherzi?!
È uno dei miei film
preferiti. Anche in Italia lo guardavo sempre quando lo davano in
televisione”
gli raccontò Bonnie mentre si buttava sul letto del ragazzo,
aprendo il cartone
con la pizza “Tu non la vuoi?”.
“No,
grazie. Ho mangiato dopo
l’allenamento”. Ormai era diventato un drago con le
bugie. Damon sarebbe stato
fiero di lui.
Bonnie
addentò una fetta della sua
margherita e aspettò che Stefan prendesse posto sul letto
accanto a lei. Spense
la luce quando il film partì.
Per
un momento, stesa lì, sotto le
coperte, sul ‘lettone’ con Stefan a guardare la sua
favola preferita, mentre la
musica iniziale inondava la stanza, le sembrò di ritornare
indietro di sette
anni. E si sentì quasi
a casa.
“Life is a
mystery
Everyone must
stand alone
I hear you call my name
And it feels like home”
(
Like a prayer- Madonna)
Il
mio spazio:
Se
siete arrivati fin qui, vi meritate premio; perché ( e me
ne rendo conto) è un capitolo infinito.
Mentre lo scrivevo, continuavo a ripetermi che stava diventando troppo
lungo,
ma vi giuro che non ho potuto fare tagli; ogni cosa che leggete ha un
significato essenziale per tutta la storia.
All’inizio
avevo pensato anche di dividerlo in due parti,
poi mi sono detta che non aveva senso, perché
l’intento è proprio quello di
mettere a confronto le reazioni dei due fratelli.
Capitolo
bello denso, dunque: primo flashback della vita di
Damon ( ce ne saranno altri che riguarderanno anche gli altri
personaggi),
incontro Bonnie- Damon e Bonnie- Stefan con dinamiche decisamente
diverse.
Sparsi qua e là troverete indizi sui futuri svolgimenti, ma
tranquille tutto
sarà ben spiegato con il procedere della storia.
Ancora
tre cose:
1)
Il
riferimento alla
pietra che racchiudeva l’animo di Damon è un
appunto per ricordare alla Smith,
o a chi per essa scriverà i libri d’ora in poi (
sempre che la notizia del
licenziamento sia vera), che la prima a crepare quella pietra
è stata Bonnie
e non Elena con le sue ali della
redenzione/purificazione/confessione o come diamine si chiamano (altro
motivo
per cui ho scelto di ambientare tutto prima della morte e resurrezione,
in
formato ‘bambina-angelo’, di Elena: volevo
risparmiarmi/vi i suoi Poteri da
Sailor Moon).
2)
Se
avete notato, a volte
trovate scritto che i due fratelli non vedono Sissi da otto anni, altre
volte
da sette. Allora non sono del tutto impazzita, questi
“numeri” cambiano
a seconda del fratello cui sono
relazionati: Damon infatti ha visto Bonnie per l’ultima volta
quando lei aveva
dieci anni; Stefan è stato più fortunato, dato
che è andato a trovare Zach e la
sorella poco prima che lei partisse per l’Italia, quindi
sette anni prima.
Forse era poco chiaro, perciò ho preferito spiegarlo ;)
3)
Il
soprannome ( o forse
sarebbe meglio dire l’acronimo ahah) Mutt viene inventato da
Damon durante il
famoso e (stupendo!) salvataggio di Bonnie. Dato che la mia storia
è ben
lontana cronologicamente da quel fatto, questo nome non dovrebbe ancora
comparire. Ma personalmente adoro “Mutt” e non
potevo resistere a non inserirlo
=)
A
voi il giudizio di questo capitolo!
Alla
prossima, Fran ;)
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Capitolo 4 *** Don’t hang around ‘cause two’s a crowd on my cloud ***
Ashes &Wine
Capitolo Quattro: Don’t hang around
‘cause two’s a
crowd on my cloud.
“I
was sick and tired, fed up with this
And decided to take a drive downtown
It was so very quiet and peaceful
There was nobody, not a soul around
I laid myself out, I was so tired
and I started to dream
In the morning the parking tickets
were just like
A flag stuck on my window screen
I
said: Hey! You! Get off of my cloud
Don't
hang around 'cause two's a crowd on my cloud”
(
Get off of my cloud- The Rolling Stones)
“Le
hai detto che Zach ti ha mandato un
e-mail?” chiese un’ incredula Elena, dopo che, la
mattina seguente, Stefan le
ebbe raccontato dell’incontro con Bonnie e della loro
conversazione.
“Non
sapevo come altro
tranquillizzarla, Elena!” si giustificò Stefan
“Dovevo convincerla in qualche
modo che Zach stava bene”.
“E’
un gioco pericoloso, se mai Bonnie
dovesse scoprire la verità, non ti perdonerà mai
per averle mentito” lo
avvertì.
“Lo
so e spero di trovare una soluzione
prima che accada”.
“Beh
la cosa potrebbe accadere presto
dato che Zach non ti ha mandato nessuna e-mail. Cosa
t’inventerai?”.
“In
realtà l’ha fatto” la contraddisse
Stefan aprendo il suo portatile e mostrandole la casella di posta del
secondo
indirizzo di Zach.
Elena
lo guardò sbalordita “Ma … come
hai fatto?”.
“Stamattina
mi sono svegliato presto e
sono andato al negozio d’informatica, ho soggiogato il
commesso e l’ho
obbligato a creare il secondo indirizzo di posta di Zach e gli ho
fornito
quello del primo. È riuscito ad entrare nel suo account e a
mandare l’e-mail da
lì, poi ha fatto in modo che risultasse scritta e inviata
due giorni fa. Gli
hacker di oggi sanno fare cose che non ti sogni neanche”.
Elena
si schiaffò una mano sulla fronte
“Hai creato un indirizzo falso! Non ci posso
credere” disse trattenendo una
risata.
“Non
prendermi in giro” si finse
indignato lui “E’ serio! Devo cercare di rendere
tutto verosimile o Bonnie
inizierà ad insospettirsi, sempre che non l’abbia
già fatto, e lì saranno guai.
O la convinco a tornare in Italia, o che tutto quello che le ho
raccontato è
vero, perché se dovesse dare segno di non fidarsi di quello
che le dico, Damon
potrebbe sul serio farle del male pur di tenere al sicuro il nostro
segreto”
spiegò in modo concitato.
“Credi
davvero che la ucciderebbe? Hai
detto che le voleva bene”.
“Voleva
bene anche a me e guarda cosa
sto passando da cinquecento anni. Damon conosce tanti modi per fare del
male,
senza uccidere”.
“Stefan
questo è un problema che dovete
risolvere insieme. Non puoi fare tutto da solo, Damon ti deve dare un
mano” gli
consigliò Elena stringendogli una mano intorno al braccio
“Da quello che mi hai
detto, Bonnie è stata lontana dalla sua famiglia per un
sacco di tempo, si aspettava
di trovare suo fratello e invece incontra voi due, Zach è
scomparso, tu vivi
qui, Damon l’ha trattata come un cane, entrambi siete uguali
a sette anni fa;
poi le hai raccontato quella storia assurda sulla
‘missione’ di Zach. In questo
momento deve essere totalmente scombussolata. Se tu e Damon non fate
fronte
compatto, se non l’aiutate a sentirsi a casa, non farete
altro che aumentare i
suoi dubbi e le sue preoccupazioni. Damon deve mettere da parte il suo
orgoglio”.
“La
fai sembrare così facile” Stefan si
costrinse a sorriderle “La voleva fuori di casa stamattina,
non seppellirà in
fretta l’ascia di guerra”.
“Ehi
Stefan, guardami” Elena gli prese
il volto fra le mani e lo obbligò a fissarla dritto negli
occhi “Di qualunque
cosa tu abbia bisogno, qualunque difficoltà tu debba
affrontare, io sarò dalla
tua parte, hai capito bene?”.
Stefan
la baciò lentamente e
dolcemente, beandosi della morbidezza dei suoi capelli tra le dita. A
volte
pensava che senza di lei sarebbe sprofondato.
“A
proposito …” incominciò Elena
staccandosi “Come ha preso Damon la notizia che Bonnie
rimarrà qui?”.
“Oh,
ecco … quello …”.
“STEFAN!”.
Entrambi
si voltarono verso l’ingresso,
da dove proveniva quel ruggito.
Chiuse
con forza lo sportello della sua
Ferrari. Dopo la discussione del pomeriggio precedente con Stefan, era
tornato
a casa giusto per cambiare auto e prendere la sua
“bambina” ed era sfrecciato
via da Fell’s Church senza una meta ben precisa; voleva solo
allontanarsi il
più possibile, magari trovare qualche bella donna con cui
divertirsi o
sbronzarsi in qualche squallido bar di provincia. O magari entrambe le
cose.
Si
era fermato in un paesino, a qualche
miglio da Fell’s Church. Aveva parcheggiato di fianco ad un
pub affollato.
Soltanto all’uscita era accalcate un mucchio di ragazze tutte
in tiro che
sicuramente non avrebbe resistito al suo fascino innato e ai suoi Poteri.
Ma
non le aveva raggiunte. Troppo
nervoso, troppa frustrazione. Avrebbe fatto una strage se si fosse
mischiato
tra la folla. L’avrebbero scoperto subito.
Così
aveva lanciato la macchina giù per
una strada secondaria, un po’ dissestata, lontano dalle luci
delle città; aveva
guidato quasi tutta la notte, finché non era crollato,
stremato dal sonno, in
un parcheggio fuori mano. Non c’erano nessuno, non
un’anima intorno, solo
silenzio e vuoto. E si era beato di quella solitudine.
Al
mattino, quando si era svegliato,
aveva trovato il parabrezza completamente oscurato da stupidi
volantini. E si
era incazzato ancora di più.
Aveva
girato la Ferrari sulla via di
casa, superando ogni limite di velocità di almeno cinquanta
chilometri. Una
multa non gliel’avrebbe tolta nessuno.
Lasciò
l’auto nel vialetto davanti al
Pensionato e marciò verso l’entrata della villa,
con la sola voglia di farsi un
bel bicchiere di sangue. Tanto che c’era, avrebbe anche
controllato che quella
ragazzina se ne fosse andata. Ma era piuttosto certo di quel fatto; era
stato
chiaro con Stefan: o Bonnie se ne tornava da dov’era venuta o
ci avrebbe
pensato lui stesso a rimandarla indietro.
Non
ne fu più così sicuro quando,
avanzando verso la porta e aprendola, rimbalzò contro un
muro invisibile che lo
ricacciò indietro e gli impedì di proseguire.
E
allora ruggì “STEFAN!”.
Suo
fratello si materializzò
all’ingresso, seguito da Elena. Entrambi avevano
un’espressione preoccupata
stampata in volto. Chi non l’avrebbe avuta, dopo aver sentito
quel grido
disumano?
“Damon,
chi ci fai lì fuori?” domandò
Stefan.
“Oh,
nulla di che, mi godo la pioggia”
rispose sarcasticamente.
Per
concludere in bellezza il festival
della sfiga, quel giorno si era anche messo a piovere a dirotto. Damon
ringraziò mentalmente che la casa fosse dotata di un
portico, altrimenti
sarebbe stato, oltre che furioso, anche bagnato fradicio.
“Senti,
io e te dobbiamo parlare,
mettere le cose in chiaro o non ne verremo a capo. Ma prima di tutto ti
devo
dire una cosa che non ti piacerà”
iniziò Stefan, deciso a seguire il
suggerimento di Elena. Damon lo interruppe proferendo con tono sagace
“Fammi
indovinare, Bonnie ha deciso di stabilirsi qui”.
“Come
fai a saperlo?”.
“Diciamo
che il fatto che io non riesca
ad entrare in casa mia è stato un
bell’indizio” lo informò mostrandogli,
poi,
come non fosse in grado di oltrepassare la soglia di casa.
Stefan
capì al volo il problema: quella
villa, dopo la morte di Zach, era rimasta disabitata per mesi, questo
l’aveva
resa accessibile ad ogni vampiro. Ora che un’umana aveva
preso la decisione di
viverci stabilmente, la situazione era cambiata. La casa diventava
off-limits
per quelli della loro razza. Stefan non aveva avuto bisogno di invito,
perché
era già dentro quando tale scelta era stata annunciata, ma
Damon non avrebbe
potuto entrare finché non fosse stata proprio Bonnie a
dargli il permesso.
“Questo
mi fa supporre che la tua linea
morbida non ha funzionato” lo riportò alla
realtà Damon.
“E’
anche casa sua. Non posso lasciarla
in mezzo alla strada” cercò di farlo ragionare
Stefan.
“Chi
ha parlato di lasciarla in mezzo
ad una strada. Io pensavo più a metterla su un aereo e farle
‘ciao’ con la
manina mentre vola dall’altra parte
dell’oceano”.
“Damon
…” anche Elena si decise a
parlare, ma il vampiro la zittì con
un’occhiataccia, poi si rivolse di nuovo al
fratello “Me ne occupo io, tu torna pure a giocare al
diciassettenne ombroso
che va a scuola” si girò e tornò alla
sua macchina.
“Che
vuoi fare?” gli domandò Stefan
allarmato “Se le torci un capello …” fu
una minaccia che cadde nel vuoto,
ancora una volta interrotta dal ghigno di Damon “Sto solo
andando in agenzia
viaggi”.
Elena
si avvicinò a Stefan e gli posò
una mano sulla spalla “Siamo in ritardo”.
Il
ragazzo annuì, senza staccare gli
occhi dall’auto che si allontanava.
“Non
le farà nulla di male, vedrai” lo
rassicurò.
Si
rigirò tra le coperte, abbracciando
il morbido cuscino che si era stortato tutto durante la notte. Un
sorriso
sereno si dipinse sul suo volto al pensiero che solo un giorno prima si
era
svegliata su un aereo, senza sapere che cosa ne sarebbe stato del suo
futuro.
Stesa
nel letto di Stefan, dove si era
addormentata la sera prima, poté fare un piccolo bilancio
degli avvenimenti e
delle scoperte che il suo ritorno a casa aveva portato con
sé.
Zach
era da qualche parte, disperso
chissà dove, per conto di chissà chi, a fare
chissà cosa, impossibilitato a
mettersi in contatto con lei per chissà quali motivi, e
chissà quando sarebbe
tornato. Ma stava bene. Stefan glielo aveva confermato e se
c’era una persona
di cui si sarebbe sempre fidata era proprio quel ragazzo.
Quel
ragazzo che, però, le nascondeva
qualcosa. A partire dalla vaghezza con cui le aveva spiegato la
situazione di
suo fratello, fino alla strana questione dell’età.
Bonnie avrebbe giurato sulla
sua testa che Stefan avesse diciassette anni quando lei ne aveva
undici. E poi fisicamente non era
cambiato per niente.
Per quanto ancora
molto giovane, com’era
possibile che fosse uguale identico al ragazzo di sette anni prima?
Troppo
nebuloso nelle spiegazioni,
troppo schivo nelle risposte, troppo abile nello sviare i discorsi.
Stefan
probabilmente credeva di avere ancora davanti la bambina buona e
ingenua di un
tempo. Bonnie, però, era cresciuta, abbastanza da capire che
qualcosa non
quadrava in ciò che le era stato riferito.
Buona
sì, stupida no.
Almeno
Stefan era stato contento di
riaverla a casa. La stessa cosa non si poteva dire di Damon. Il rifiuto
del suo
zio preferito faceva ancora male.
Bonnie
prese con decisione il cuscino,
lo sfilò da sotto la pancia e se lo premette sulla testa,
tentando di scacciare
via i brutti pensieri.
Aveva
troppe cose da sistemare per
badare ai capricci di Damon.
Prima
tappa: liceo Robert E. Lee. Se
davvero era sicura di vivere a Fell’s Church, avrebbe dovuto
iscriversi alla
scuola locale per concludere le superiori.
Balzò
giù dal letto e si diresse
trotterellando verso camera sua, sperando con tutto il cuore di non
incontrare
Damon. Non avrebbe avuto la forza di sopportare uno scontro con lui
appena
alzata.
Entrò
nella stanza, chiuse la porta e
frugò nell’armadio in cerca di qualcosa da
mettere. E fu lì che se ne accorse.
Tutte
le sue cose erano sistemate
perfettamente negli armadi e le valigie se ne stavano contro il muro,
chiuse e
vuote. Lei, però, il giorno prima non aveva finito di
disfarle. Doveva essere
stato per forza Stefan, non c’era altra spiegazione. Non
potevano certo essersi
messe a posto da sole. Giusto?
S’infilò
una camicia a maniche corte
bianca e un paio di Jeans un po’ sbiaditi, prese la sua
giacca di pelle
marrone, una borsa e uscì.
Scese
le scale, costatando con sollievo
che non c’era traccia di Damon in giro. La casa sembrava
deserta, così ne
approfittò per guardarsi un po’ intorno. Le
serviva un mezzo per raggiungere la
scuola, decise dunque di dare un’occhiata al garage, nella
speranza di trovare
una macchina.
Sollevò
la basculante e la luce del
giorno illuminò l’auto che era posteggiata
all’interno: una Mustang, il cui
paraurti era completamente incrinato. Era la stessa che aveva usato
Damon il
giorno prima; l’aveva vista sfrecciare via dal vialetto.
Valutò qualche secondo
se prenderla o lasciare stare. Controllò che le chiavi
fossero inserite nel
cruscotto: erano lì, pronte per essere girate.
Damon
sicuramente l’avrebbe ammazzata
se l’avesse beccata sulla sua macchina, ma, al momento, era
l’unico mezzo
disponibile. Non poteva aspettare qualcuno che la portasse in centro.
Stefan
doveva essere già a scuola e Damon … beh, Damon
avrebbe preferito investirla
piuttosto che accompagnarla.
Furono
molti quelli che si girarono a
guardarla con una nota di disappunto stampata in volto, rivolta al muso
scassato della macchina. Bonnie si vergognava come poche volte in vita
sua, ma
non aveva avuto altra scelta che guidare quell’auto. Si
fermò un paio di volte
per chiedere informazioni ed infine arrivò al liceo Robert
E. Lee.
Dopo
aver lasciato la vettura nel
parcheggiò, si avviò all’ingresso. Si
sorprese di vedere così tanti studenti in
giro per i corridoi.
Pensò
di essere capitata in un
intervallo tra una lezione e l’altra; diede una rapida
occhiata all’orologio a
muro appeso sopra una porta e strabuzzò gli occhi. Le dodici
e mezza. Ma quanto
aveva dormito?
“Sissi?”.
Seppe
all’istante che chi l’aveva
chiamata cercava proprio lei. Si voltò per trovarsi di
fronte uno Stefan
piuttosto meravigliato.
“Ciao
Stef!” lo salutò con un sorriso
smagliante; poi i suoi occhi incontrarono due pietre preziose blu,
circondate
da folte e lunghe ciglia.
Accanto
a Stefan c’era una ragazza,
poco più bassa di lui e bella da mozzare il fiato, come non
ne aveva mai viste
nei suoi tanti viaggi.
Lunghi
capelli biondi, morbidi e
lucenti, occhi di un profondo azzurro, fisico slanciato e portamento
elegante.
“Tu
devi essere Bonnie?” parlò la
giovane con voce soave.
“Scusami,
non vi ho presentate. Bonnie
questa è Elena Gilbert, la mia ragazza”.
“Stefan
mi ha parlato molto di te” le
disse Elena porgendole la mano.
Bonnie
la strinse. Avrebbe voluto poter
dire lo stesso, ma Stefan, la sera prima, l’aveva obbligata a
raccontare tutto
dei suoi sette anni trascorsi in Italia, finché lei non era
crollata dal sonno
appena finito il film. Non c’era stato il tempo di parlare
anche della vita
privata del vampiro. Comunque le sorrise amabilmente e
ricambiò la cortesia “E’
un piacere conoscerti Elena”.
“Bonnie
non mi aspettavo di vederti
qui” ammise Stefan.
“Sono
venuta per un colloquio con il
preside. Se mi fermerò qui, dovrò anche finire
gli studi. Vorrei iscrivermi”.
La
compostezza di Stefan vacillò in
modo impercettibile sentendo quelle parole. Bonnie era davvero decisa a
rimanere e se da una parte non poteva che esserne contento,
dall’altra tremava
al pensiero di lei e Damon chiusi nella stessa casa, a cercare di
uccidersi a
vicenda.
“Ma
è una notizia fantastica!” esclamò
Elena
prendendo il vampiro a braccetto e dandogli una leggera gomitata per
incitarlo
“Non è vero, Stefan?”.
Elena
era a conoscenza delle
preoccupazioni di Stefan, ma sentiva di dover mettere Bonnie a suo
agio, come
se si trovassi in un gruppo di amici, felici di riaverla in
città dopo tanto
bene.
Avvertiva
un legame con quella ragazza,
un qualcosa che l’aveva spinta ad accoglierla calorosamente.
“C-
certo” indugiò un attimo Stefan “Ma
ora il preside non è nel suo studio”.
“Immagino
sarà a mangiare” suppose Bonnie
vista l’ora “Non credevo fosse così
tardi. Non importa, tornerò più tardi”.
“Perché
non ti unisci a voi?” la
proposta di Elena colse alla sprovvista gli altri due “Stiamo
andando a pranzo.
Vieni con noi e dopo parlerai con il preside”.
“Non
vi disturbo?” chiese titubante
Bonnie.
“No,
ti pare?! Mi farebbe molto piacere
conoscerti meglio”.
“Per
me va bene” acconsentì Bonnie, ma
prima volesse essere certa che anche Stefan fosse d’accordo
“Stef?”.
“Certo
che ti voglio a pranzo” dichiarò
lui “Ma ti avverto: il cibo della nostra mensa ti
farà schifo paragonato a
quello dell’Italia!” scherzò.
“Penso
di poter resistere dopo la pizza
di ieri” ridacchiò la rossa seguendoli in
caffetteria.
Tre
ore dopo l’auto percorreva a
ritroso la strada verso casa. Bonnie poteva ritenersi soddisfatta: il
pranzo
con Stefan e la sua ragazza era stato davvero piacevole. Elena si era
dimostrata una persona eccezionale, bella, brillante, dotata di una
gran
parlata e un acume fuori dal comune, capace di metterla a proprio agio,
nonostante
si conoscessero da pochi minuti.
Trovava
che lei e Stefan formassero una
splendida coppia, non sdolcinata, ma affiatata; tenera senza,
però, cadere
nella banalità. Una coppia che s’intendeva al volo
senza dire una parola. E
Bonnie era rimasta sbalordita vedendo come, seppur così
giovani, fossero
completamente dipendenti l’uno dall’altra, come si
appoggiassero l’una
sull’altro, come se la sola presenza di uno fosse sufficiente
a far star bene
l’altra.
Bonnie
pensò che, se mai avesse avuto
la possibilità di vivere un amore, avrebbe voluto che fosse
così. Semplice e
inteso. Totale.
Era
anche riuscita a parlare con il
preside che, dopo aver controllato il suo curriculum scolastico, si era
dichiarato favorevole alla sua iscrizione, anche se tardiva.
L’unica pecca:
avrebbe dovuto prendere ripetizioni di matematica per mettersi in pari
con il
programma. E lei odiava la matematica!
Oltrepassò
il cancello del pensionato e
scorse in lontananza una macchina, che aveva tutto l’aspetto
di essere molto
costosa, ferma davanti alla villa.
Avvicinandosi,
appurò che era una
Ferrari. Le posteggiò accanto, senza riuscire a staccarle
gli occhi di dosso.
Di chi poteva essere?
La
risposta arrivò veloce. Le bastò
spostare lo sguardo sulla porta. Lì accanto, poggiato al
muro, con le braccia
incrociate e un’espressione piuttosto seccata,
c’era Damon.
Bonnie
sollevò gli occhi al cielo,
preparandosi alla sfuriata che da lì a poco
l’avrebbe investita. D’altronde
l’aveva già scampata per troppo tempo. Prese le
sua borsa e scese dall’auto;
fece una piccola corsa fino al portico, per sfuggire alla pioggia che,
insistentemente, continuava a picchiare sul terreno.
Damon
tenne lo sguardo fisso su di lei,
senza proferire parola. Bonnie ricambiò l’occhiata
e si scontrò contro ghiaccio
puro. Da far venire i brividi.
“Che
ci f- fai qui fuori?” gli chiese
spezzando quel silenzio insopportabile.
“Adoro
l’effetto dell’umidità sui miei
capelli” ironizzò.
Ma
perché tutti dovevano fargli quella
domanda così idiota?!
La
fissò mentre tirava fuori dalla
borsa, con mosse incerte, le chiavi di casa e le inseriva nella toppa.
Si
lasciò sfuggire un sorriso di rivincita nel constatare
l’agitazione della
ragazza. Era arrabbiato come una vipera: non poter entrare in casa
propria era
stata una delle cose più irritanti che gli fosse mai
capitato di sperimentare.
Tutto per colpa di quella sciocca ragazzina.
Era
rimasto lì fuori un’ora ad
aspettarla, mentre il fastidio cresceva dentro di lui in modo oltremodo
impressionante; vedere, poi, il garage vuoto e la sua Mustang sparita,
era
stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Non
solo Bonnie gli impediva di mettere
piede in casa, ma gli aveva pure fregato la macchina! Troppe violazioni
di
proprietà per i suoi gusti.
“Perché
non entri?” gli chiese
nuovamente Bonnie che nel frattempo stava lasciando le chiavi sul
tavolino
all’ingresso.
“E
perdermi una giornata bella come questa?”.
Doveva
decisamente smetterla con quel
sarcasmo e trovare un modo per farsi invitare, o sarebbe rimasto sul
serio
fuori per la vita.
Bonnie
lo guardò interdetta dal suo
comportamento “Fa’ come vuoi” gli rispose
“Se vuoi entrare, la porta è aperta”
e se ne andò in cucina.
Quello
valeva come invito?
Damon
provò a mettere un piede al di là
della soglia e non incontrò nessuno ostacolo. Con un sospiro
di sollievo
l’oltrepassò del tutto e la seguì in
cucina, pronto ad attuare il suo piano per
ricacciarla in Italia.
La
trovò davanti al frigorifero. Una
ruga di disappunto stagliava sulla sua fronte.
“Ho
qualcosa per te” disse prendendo
dalla tasca del giubbotto nero una busta.
Bonnie
sussultò per lo spavento “Non ti
avevo sentito arrivare” mormorò chiudendo
l’anta del frigo “Bisogna fare la
spesa” dichiarò.
“Credo
che questa ti possa interessare
di più” ipotizzò sventolandole la busta
davanti al naso. Lei l’afferrò
“Cos’è?”.
“Leggi”.
Bonnie
la scartò ed estrasse quello che
sembrava un biglietto aereo. Lo fissò con cipiglio leggendo
la destinazione “Che
significa questo?”.
“Che
te ne puoi tornare al tuo collegio
in Italia”.
“La
mia scuola è a Roma, questo è un
volo per Milano” lo informò po’
contrariata per il fatto che Damon non sapesse
nemmeno dove fosse il suo collegio.
Il
vampiro alzò le spalle con fare
disinteressato “Vorrà dire che prenderai un
treno”. Zach non gli aveva mai
rivelato dove si trovasse esattamente Bonnie e lui non si era certo
dato molta
pena per scoprirlo. L’Italia dopotutto non era una nazione
molto grande, Milano
non distava neanche seicento chilometri da Roma; con un treno veloce
Bonnie
sarebbe giunta a destinazione in appena quattro ore. O anche meno,
quindi
proprio non sussisteva il problema.
“No,
senti Damon, non so se hai già
parlato con Stefan, ma io mi fermerò a vivere qui per un
po’, almeno finché non
vedrò Zach” gli annunciò Bonnie
poggiandosi al banco dietro di lei.
“Sì,
l’ho sentito dire” rispose Damon
senza scomporsi.
“Beh
… questo non mi serve allora”
disse Bonnie tendendo la mano per restituirgli il biglietto, ma il
vampiro non
la degnò di attenzione.
Deciso
ormai a divertirsi un po’ con
Bonnie, si esibì in quella che era divenuta la sua arte:
fare il finto tonto
“Certo che ti servirà se vuoi attraversare
l’oceano. Anzi, ti consiglio di
andare a fare i bagagli, il volo parte domani mattina alle undici e
sarò
felicissimo di accompagnarti all’aeroporto”.
Tutto
pur di accertarsi che lei
prendesse quel dannato aereo. Sarebbe rimasto là
finché non lo avesse visto
farsi un puntino indistinguibile nel cielo, finché non fosse
spartito
nell’orizzonte portando con sé Bonnie.
La
ragazza corrugò ancor di più la
fronte chiedendosi se per caso stessero parlando due lingue diverse.
Non le
sembrava tanto difficile il concetto che stava cerando di esprimere:
lei non
sarebbe partita.
Perché
allora Damon la ignorava,
continuando un discorso che aveva logica solo per lui? Non si era
accorto di portare
avanti una conversazione a senso unico?
Riprovò
a formulare la frase con
l’ausilio di un verbo dalle sfumature più risolute
e ferme “Damon, io non voglio
partire per l’Italia”.
Finalmente
il ragazzo le rivolse gli
occhi. Piegò con maestria un angolo della bocca
all’insù e si chinò di poco su
di lei “Ti svelerò un segreto, Bonnie”
sussurrò come se nessuno dovesse
sentirlo a parte le persone presenti in cucina “Non gliene
importa niente a
nessuno di quello che vuoi tu”.
Bonnie
ci rimase di sasso, stringendo i
pugni lungo i fianchi e osservando la schiena di Damon allontanarsi.
Ma
come … come si permetteva? Quel
borioso!
“Io
non me ne andrò da qui!” sbottò
visibilmente alterata.
Questo
almeno ebbe l’effetto di fermare
Damon. E se inizialmente fu soddisfatta del risultato ottenuto dalla
sua presa
di posizione, subito dopo se ne pentì.
Finì
inchiodata tra il banco della
cucina e il corpo di Damon, senza vie di fuga, bloccata ai lati dalle
sue
braccia forti.
Ora
il vampiro era completamente
piegato su di lei, puntava i suoi occhi in quelli impauriti di lei e
obbligava
i loro corpi ad una vicinanza che scombussolò non poco
l’animo della ragazza,
sopraffatta all’improvviso da una forte scarica di
adrenalina. Da quando Damon
la metteva così soggezione?
“Ascoltami
bene, ragazzina, perché te
lo dirò una sola volta” le intimò Damon
“Tu domani prenderai quel volo, te ne
andrai in Italia, continuerai i tuoi studi e ti rifarai una vita. Ti
dimenticherai di me, di Stefan e anche di tuo fratello. Scordati di
questa casa
e di Fell’s Church, perché non ci tornerai mai
più” pronunciò queste parole con
voce bassa, mentre mandava un’ondata di Potere con il chiaro
intento di
ammagliarla. Avvertì distintamente che questa si andava ad
infrangere contro un
muro impetrabile. Trattenne a stento un ringhio.
Cazzo,
la verbena!
E
così la piccola Sissi assumeva o
aveva addosso quell’erba velenosa per i vampiri. Damon si
chiese quanto ne
sapesse su di loro. Provò a leggerle nel pensiero, ma ancora
la sua intrusione
venne bloccata. In un moto di frustrazione, colpì con un
pungo il ripiano di
marmo su cui era appoggiata Bonnie, mentre la ragazza riformulava in
fretta la
domanda che si era posta da sola poco prima: da
quando Damon le metteva così paura?
“M-
mi stai minacciando?” la voce
tremolò, un po’ per lo spavento, un po’
per il magone, e trafisse Damon in
profondità. Per quanto tentasse in tutti i modi di sembrare
distaccato, non
riusciva proprio a trattarla come una delle tante che aveva soggiogato,
intimorito e raggirato. Anni e anni lontano da lei non erano bastati a
renderlo
immune ai suoi occhi sinceri e trasparenti; perché Bonnie
aveva sempre avuto la
capacità di stenderlo con un’occhiata.
Il che poteva essere
stato anche
accettabile fino a che era una bambina, ma adesso le cose dovevano
cambiare. Mente
lucida e animo impassibile. In quel
momento serviva il vecchio Damon e non quel mollaccione, dedito ai
sentimenti,
in cui Stefan ed Elena stavano cercando di trasformarlo. La
liberò dalla sua
stretta.
Bonnie
si affrettò a spostarsi
dall’altra parte della stanza, vicino alla porta. Avrebbe
tanto voluto
piangere, ma fece di tutto per contenersi; non voleva scoppiare in
lacrime come
una bambina, non davanti a Damon. Non poteva dar segni di cedimento,
perché se
se ne fosse accorto, l’avrebbe avuta vinta lui. Ma
c’era quella domanda, che le
ronzava nella testa insistente e non le lasciava tregua.
“Damon”
incominciò “Perché mi vuoi
mandare via?”.
“M’infastidisce
la tua presenza” le
rispose freddamente, senza metterci, tuttavia, tutta la convinzione che
aveva
sperato.
“Mi
spieghi che cosa ti ho fatto? Sto
facendo tutto il possibile per non starti tra i piedi, ma sembra che tu
voglia
litigare a tutti i costi”.
Se
c’era una cosa da cui Damon
Salvatore sarebbe sempre scappato, almeno finché gli fosse
stato possibile, era
il confronto; ovvero proprio ciò cui Bonnie stava tentando
di portarlo.
Non
voleva perdersi in inutili
discussioni, desiderava solo che quella ragazzina sparisse dalla sua
vita e
possibilmente anche dalla sua testa.
“Domani
mattina tu te ne andrai da casa
mia” ordinò ignorando totalmente la domanda.
“In
realtà questa è casa mia!
Sei tu l’ospite, Damon!”
replicò Bonnie.
Povera
illusa, è davvero convinta che questa villa appartenga a lei!
“Tu
salirai sul quel maledetto aereo,
dovessi trascinarti per i capelli! Fino a che tuo fratello non si
rifà vivo,
sono il tuo responsabile e io ho
deciso che tu domani mattina tornerai in Italia. Che tu lo voglia o
meno, non
cambia le cose” fece qualche passo verso la porta
“E la prossima volta che ti
becco su una delle mie macchine, ti farò pentire di essere
ancora qui” detto
ciò, sparì oltre la soglia del corridoio accanto,
in una ritirata strategica
tipica di Damon Salvatore.
Bonnie
gli riservò uno sguardo carico
di rabbia e non trovò nient’altro da dire se non
uno scontatissimo “Ti odio!”
che non ebbe altro risultato che far ridere di gusto Damon.
“Mettiti
in coda, tesoro” fu l’ultima
battuta di Damon, prima di uscire di nuovo.
Bonnie
sentì distintamente il rombo del
motore della Ferrari allontanarsi fino a sfumare del tutto.
‘Sta
volta non l’avrebbe scampata.
Damon era deciso a mandarla via e neanche Stefan sarebbe riuscito a
convincerlo
del contrario.
Sempre
che Stefan sia dalla mia parte.
Si
lasciò scivolare lungo la parete,
fino a terra e si circondò le ginocchia con le braccia. Ora
poteva piangere,
non era più necessario fingere di essere forte.
Aveva
creduto che partendo alla volta
di Fell’s Church, alla volta di casa,
si sarebbe sentita meno sola, più in famiglia.
Ma
non c’era nessuna famiglia ad
aspettarla. Non c’era suo fratello a confortarla, non
c’era Damon a farla
divertire e Stefan era troppo giovane per prendersi cura di lei. Aveva
solo
ventun’anni, aveva tutto il diritto di godersi la sua vita
senza averne
un’altra sulle spalle.
Bonnie
avrebbe tanto voluto
accontentare Damon, ma proprio non poteva. Zach non era
l’unica ragione per cui
aveva lasciato la scuola. C’era qualcosa là, a
Roma, che non la faceva sentire
più al sicuro come una volta. Qualcosa che la tormentava
durante la notte e che
le stava con il fiato sul collo durante il giorno.
Non
sapeva definire se fosse una
sensazione, un presentimento o qualcosa di reale, ma era inquietante e
a volte
le capitava di non riuscire a combattere l’angoscia. Se fosse
ritornata in
Italia, sarebbe impazzita.
Alzò
la testa di scatto e si asciugò le
lacrime. In quel momento le era rimasta un’unica scelta:
scappare anche da
Fell’s Church.
Le
serviva solo un posto dove
trascorrere la notte, poi avrebbe preso un pullman e si sarebbe
dileguata in
qualche cittadina non lontana da lì e avrebbe fatto di tutto
per avere notizie
di Zach.
Salì
di corsa le scale e preparò lo
zaino. Guardò fuori dalla finestra e notò che si
stava facendo buio e non aveva
ancora smesso di piovere; anzi forse era peggio di prima. Ed era senza
macchina. Viste le premesse, non sarebbe andata lontano.
Elena
Gilbert spense la TV e prese in
braccio sua sorella che si era addormentata mentre guardava i cartoni
animati
della sera. Portò Margaret su per le scale e la
posò delicatamente sul suo
letto, rimboccandole le coperte. Le diede un leggero bacio sulla fronte
ed uscì
dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Non
fece in tempo a mettere piede nella
sua di camera che sentì il campanello suonare.
Controllò l’orologio. Era
piuttosto tardi.
“Elena
puoi andare tu che sto finendo
di lavare i piatti” urlò zia Judith dal piano
inferiore.
“Certo!
Non ti preoccupare” rispose,
scendendo i gradini. Doveva essere Stefan, solo lui si presentava a
quell’ora a
casa sua.
Aprì
la porta e allargò gli occhi
riconoscendo chi le stava di fronte.
“Bonnie?”.
“No, I just
don't understand why
you won't talk to me
It hurts that I'm so unwanted for nothing
Don't talk words against me
I wanted to know you
I wanted to show you”
(Unwanted-
Avril Lavigne)
Il
mio spazio:
Buona
sera gente!
Allora
i guai cominciano per Bonnie.
Il loro secondo faccia a faccia non è stato propriamente
idilliaco e Damon
sembra abbastanza deciso a cacciarla di casa; ci riuscirà? O
Bonnie troverà in
Elena una fidata alleata?
Vediamo
infatti le due ragazze
cominciare ad avvicinarsi. Ho pensato di cominciare proprio da loro
due; prima
di tutto perché anche nei libri le due condividono un legame
molto stretto e in
secondo luogo Elena è la ragazza di Stefan e Bonnie la
nipote, era ovvio che si
conoscessero per prime.
Ma
non preoccupatevi tra un paio di
capitoli compariranno anche Meredith e Caroline e forse anche Matt =)
Penso
di aggiornare ogni settimana,
sempre che ci riesca. Ora come ora ho la testa piena di idee e spero
non
perdere l’ispirazione. Sicuramente tutti i vostri bei
commenti sono un
bell’incentivo e per questo vi ringrazio tantissimo!
Beh,
allora alla prossima settimana!!
Fran!
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Capitolo 5 *** Tell me baby, what's your story? ***
Capitolo cinque: Tell me baby, what’s
your story?
“Everything is F'ed up straight from
the heart
Tell me what do you do, when it all falls apart
Gotta pick myself up, where do I start?
‘Cause I can't turn to you when it all falls apart”
(When it all falls apart- The Veronicas)
“Bonnie
che ci fai qui?”
domandò con foga la bionda.
“Sono
scappata da casa”
le rivelò Bonnie con altrettanto impeto.
“Dai
vieni dentro” la
invitò Elena apprensiva “Mio Dio, sei bagnata
fradicia, ma sei venuta a piedi
dal Pensionato?” si spostò per farla passare.
Bonnie
annuì mentre
strofinava le suole delle scarpe contro lo zerbino prima di entrare
“Mi
dispiace così tanto, Elena di essere piombata qui
così”.
“Non
preoccuparti. Dammi
la giacca”
Bonnie
se la tolse e gliela
porse. Elena l’appese all’appendiabiti posto
all’ingresso.
“Elena,
chi è?” gridò
Judith dalla cucina.
“E’
una mia amica, zia”
rispose la ragazza.
La
donna sopraggiunse
all’entrata; aveva ancora le mani coperte dai guanti di gomma.
“Zia
Judith, lei è Bonnie
Salvatore” le presentò.
“Buona
sera” salutò
Bonnie “Mi scusi per l’ora”.
“Figurati
cara, non c’è
problema. Elena da’ dei vestiti asciutti alla nostra
ospite”.
“Certo”
disse Elena
“Seguimi di sopra”.
“Grazie
mille, signora”
cominciò Bonnie “Ma non vorrei creare altro
disturbo”.
“Non
dirlo nemmeno, fai
come se fosse casa tua” le sorrise Judith.
La
ragazza piegò la testa
in segno di ringraziamento e seguì l’amica su per
le scale, fino in camera
“Cos’è
successo, Bonnie?
Non che non mi faccia piacere averti qui, ma perché sei
scappata di casa? Damon
ti ha fatto qualcosa?”.
Bonnie
si stupì di
sentire Elena incolpare senza esitazioni Damon, senza per altro andare
molto
lontano dalla realtà.
Il
Damon che ricordava
lei, era parecchio diverso da quello con cui aveva avuto a che fare.
Dalle
parole di Elena si poteva dedurre che il ragazzo tenesse tale
comportamento con
tutti.
Quel
nome, comunque,
bastò per far scattare qualcosa in Bonnie. Non aveva avuto
molto tempo per
pensare alle sue emozioni mentre impacchettava poche cose e scappava
via dalla
villa a piedi, sotto la pioggia; esattamente come era accaduto quando
era
partita dall’Italia.
Ora,
lì in casa di Elena,
momentaneamente al sicuro, avvertì chiaramente
l’agitazione, che l’aveva già
assalita durante il suo faccia a faccia con Damon, riaffiorare dentro
di lei.
Il
suo corpo iniziò a
essere scosso dai singhiozzi, a stenti cercò di spiegare
cos’era successo, ma
aveva la voce rotta.
“Ehi,
va tutto bene, va tutto
bene” la tranquillizzò Elena mettendole le mani
sulle spalle “Non devi
parlarmene subito, se non ti va”.
Bonnie
scosse la testa e
con le dita andò ad asciugarsi le lacrime.
“Prima
di tutto ti
servono dei vestiti puliti e ti va una bella doccia calda?”
propose Elena
“Andrà sicuramente meglio dopo”.
Aspettò
sul letto che la
ragazza si lavasse e si cambiasse. Ebbe più volte la
tentazione di chiamare
Stefan, ma si trattenne. C’era qualcosa dentro di lei che le
diceva di dover
aiutare Bonnie, di ascoltare la sua versione dei fatti prima di
coinvolgere il
suo ragazzo e, di conseguenza, anche Damon.
Bonnie
aveva prima di
tutto bisogno di un’amica con cui sfogarsi. Elena era pronta
a offrirle la
spalla.
La
giovane rientrò in
camera. Portava una maglietta e dei pantaloncini di Elena. Aveva ancora
i
capelli un po’ umidi e il suo viso era stravolto, ma pareva
molto più sereno.
“Ti
senti meglio?” le
chiese cautamente Elena.
“Sì,
grazie” disse quella
sedendosi sul letto accanto alla bionda.
“Ti
va di raccontarmi perché
sei scappata da casa?”.
Bonnie
sospirò e parlò
con un po’ di fatica “Ho litigato con
Damon”.
“Ti
ha fatto del male?”
la interruppe subito Elena gettando velocemente un’occhiata
al collo di Bonnie.
“Non
fisico” precisò
l’altra “E’ solo che … sapevo
che dopo tanto tempo i rapporti si sarebbe
raffreddati, ma non credevo che la mia presenza lo
ripugnasse”.
“Da
quanto mi ha detto
Stefan, tu e Damon eravate molto uniti”.
“Sì
… cioè non lo vedevo
spesso, ma mi ha sempre trattata bene, mi divertiva. I- io gli ero
molto
affezionata, soprattutto dopo che mi era rimasto solo Zach”.
“Ti
è mancato quando sei
andata in Italia?”.
“Sì
e anche Stefan. Non è
stato carino non sentirli per tutto questo tempo”.
Elena
avrebbe tanto
voluto rivelarle di come Zach avesse tenuto tutto segreto, ma Stefan
l’aveva
pregata di non farlo; Zach era molto e non voleva che Bonnie avesse un
ricordo
negativo di lui, così la lasciò continuare.
“Mi
vuole cacciare di
casa, vuole rimandarmi in Italia. Non ha sentito ragioni. Non mi ha
chiesto nemmeno
cosa ne pensassi, anzi sembrava quasi contento che io non fossi
d’accordo, come
se a costringermi ci trovasse più gusto!”.
“Sai Bonnie,
l’ultima volta che hai visto
Damon eri piccola, ora le cose sono più complicate. Damon è una persona
complicata”.
“Lo
conosci bene?”
s’informò la rossa.
“Abbastanza,
ma credo sia
difficile conoscerlo veramente. Ti posso solo dire quello che sono
riuscita a
capire: Damon ha, come dire, dei problemi a gestire le emozioni; spesso
preferisce sotterrarle ma capita che esplodano” fece una
pausa per cercare le
parole giuste “Io credo che tu stia provocando un uragano di
emozioni in lui e
Damon sta facendo di tutto per eliminare il problema alla radice. Se
sparisci
tu, spariscono anche le emozioni” concluse la sua analisi
perfetta.
“Quindi
mi sta punendo
perché provoco in lui qualcosa? Non ha senso! Tutti provano
emozioni, non si
possono semplicemente spegnere!”.
Sì
se sei un vampiro.
“Non
gli do ragione,
Bonnie. Damon di solito è in torto, agisce
d’impulso, non pensa alle
conseguenze e si lascia trascinare dall’istinto. È
da tanto che manchi a Fell’s
Church e non hai avuto modo di conoscere il lato peggiore di Damon.
Voglio solo
che tu capisca che il Damon che ricordi, non è quello vero;
o meglio è una
parte di lui che non mostra spesso” le prese una mano per
farle coraggio “Non è
colpa tua, ok? Tu non hai fatto niente di male”.
Bonnie
gliela strinse e
si asciugò le lacrime che le erano scese giù per
le guance; inspirò
profondamente “Comunque non ho tempo per i turbamenti mentali
di Damon. Io sono
tornata per Zach e non posso andarmene senza vederlo”.
“Che
hai intenzione di
fare?”.
“Non
lo so. A casa non
posso tornare e non posso nemmeno approfittare della tua
ospitalità. Pensavo …
non lo so, sinceramente non so che fare. Ma mi devi promettere una
cosa”.
“Dimmi
pure”.
“Non
dire a Stefan che
sono qui”.
“Dove
sei stato tutto
questo tempo?”.
Di
tutte le cose che
Damon aveva visto nei suoi cinque secoli di vita, Stefan che cercava di
fare
l’autoritario con lui rimaneva sempre la più
divertente.
“Da
quando ti devo
rendere conto di quello che faccio?”.
“Sono
ore che provo a
chiamarti!”.
Damon
tirò fuori il
cellulare dalla tasca: dodici chiamate perse.
“Ho
tolto la suoneria …
oops!” disse per nulla dispiaciuto, incamminandosi verso il
salone.
“Dove
sei stato?” gli
richiese seguendolo.
“A
cena” rispose
distrattamente mentre si buttava sul divano.
“Damon”.
“Sto
scherzando, Stefan
rilassati! Non ho circuito nessuno, non ho morso nessuno, non ho
nemmeno bevuto
un goccio di alcol. È stata una serata oltremodo
piatta” confessò un po’
insoddisfatto.
Stefan
se ne stava in
piedi e teneva lo sguardo fisso su di lui. Damon sbuffò e
decise di dargli il
contentino. Suo fratello sapeva essere terribilmente irritante senza
fare
niente.
“Se
ci tieni tanto, sono
andato da Caroline. Ha un problema con Tyler Smallwood, lo sapevi che a
qui a
Fell’s Church c’è una graziosa colonia
di lupi mannari?”.
“Dici
sul serio? Questo
potrebbe essere un gran bel problema”.
“Già,
ma grazie a Dio,
sembra che l’idiota non abbia ancora scatenato la
maledizione” aggiunse
“Comunque” cambiò discorso
“Che dovevi dirmi di così urgente?”.
“Volevo
assicurarmi che
non avessi fatto nulla di stupido con Bonnie”.
“Ah
sì, Bonnie … abbiamo
fatto un’interessante chiacchierata”.
“S-sta
bene, vero?”
domandò a metà tra il preoccupato e il minaccioso.
“Non
l’ho toccata con un
dito” lo rassicurò “Ho solo cercato di
convincerla a tornare in Italia”.
“E
… ?” lo incalzò Stefan
con fare impaziente.
“Non
è servito a molto.
La ragazzina ha la testa più dura di quanto
ricordassi”.
“Damon,
vuoi dirmi quello
che è successo o ti devo tirare fuori le parole dalla bocca
ancora per molto?”
sbottò Stefan. Con Damon non si poteva fare un discorso da
adulti; lui lasciava
sempre le frasi a mezz’aria, raccontava solo quello che
voleva lui, cambiava di
colpo argomento. Era come parlare a un bambino.
“Che
altro vuoi sapere,
Stefan?” gli chiese di rimando “Mi ha detto che non
ha nessuna intenzione di
andarsene. Allora ho provato ad ammagliarla e indovina un
po’? E’ stato tutto
inutile, evidentemente Bonnie assume della verbena”.
“Il
tuo Poter non ha
funzionato?”.
“No
e non sono riuscito
nemmeno a leggerle nel pensiero. È stato piuttosto
frustrante” aggiunse con
tono irritato “E’ chiaro che Zach le ha raccontato
di noi”.
“Non
necessariamente”
disse Stefan.
Damon
lo guardò,
invitandolo a continuare.
“Potrebbe
averle regalato
qualcosa contente verbena. Come ho fatto io con il ciondolo di Elena.
Magari
Zach ha scelto di proteggerla, senza però dirle la
verità”.
Damon
annuì concordando
con il fratello. Il suo ragionamento aveva totalmente senso. Bonnie
d’altronde
non era sembrata molto spaventata quando aveva cercato di soggiogarla,
nemmeno
quando l’aveva inchiodata al piano della cucina
minacciandola; o almeno non
tanto spaventata come qualcuno cosciente di aver di fronte un vampiro.
Non
era certo il terrore
che pervadeva Zach ogni volta che Damon era nelle vicinanze. Quello che
aveva
letto negli occhi della ragazza era stato più delusione e
certo anche paura, ma
più una paura mista a sorpresa.
“Dobbiamo
scoprire se
porta qualche gioiello” disse Stefan.
“E
se non fosse così? Non
mi andrebbe proprio di vederla correre dallo sceriffo urlando che i
suoi zii
sono dei vampiri sanguinari”.
“Se
così non fosse,
dovremo sapere che le ha detto Zach per convincerla a prendere della
verbena
ogni giorno. Potrebbe essersi inventato una scusa o qualcosa di
simile” suppose
Stefan “E se anche lei dovesse essere a conoscenza del nostro
segreto, noi non
le faremo alcun male, vero?” gli intimò con
sguardo severo che Damon ricambiò
con altrettanta durezza.
“Basta
che se ne stia
buona e con la bocca chiusa”.
Quelle
erano le sue
condizioni. Non aveva alcun interesse a farle del male fisico, almeno
finché
lei non si fosse rivelata un pericolo per la loro identità.
“Forza
andiamo a
parlarle” propose Stefan, facendogli cenno di seguirlo.
“Non
credo che sarebbe
felice di vedermi” lo informò Damon.
Stefan
chiuse lentamente
gli occhi, per niente stupito da quella dichiarazione “Che
cosa le hai fatto?”.
“Non
m’importa se lei mi
giurerà di non dire nulla a nessuno, non m’importa
se non sa niente di noi e
non m’importa se vuole ritrovare Zach. Voglio solo che se ne
vada da qui. Oggi
ho cercato di farglielo capire” chiarì.
“In
altre parole hai
cercato di buttarla fuori di casa” constatò Stefan.
“No,
no, ci sono proprio
riuscito” lo corresse “Oggi sono passato in agenzia
viaggi e ho comprato un
biglietto per Malpensa. Il volo parte domani mattina e l’ho
gentilmente
informata che lei lo avrebbe preso”.
“Gentilmente?” ripeté
Stefan sospettoso “E lei ha accettato?”.
“Non
che io le abbia dato
molta altra scelta” ghignò Damon “Come
ti ho già detto ha la testa molto dura,
e dato che incantarla non ha funzionato, ho dovuto fare la voce grossa.
Un po’
brutale ma efficace”.
Stefan
scosse la testa
“Non pensarci neanche” disse “Non la
costringerai ad andarsene. Questa è anche
casa sua; può rimanere tutto il tempo che vuole”.
“Sai
che ho ragione
Stefan …”.
“Non
m’interessa, ok? Non
ha nessun altro. Ti ricordi che suo fratello è morto grazie
a te?”.
Damon
grugnì.
“Farò
tutto ciò che posso
per farla sentire a casa e tu non le rovinerai la vita, mi sono
spiegato?”.
“Ma
sentitelo: Stefan, il
paladino del deboli” lo prese in giro, ghignando ancora di
più. Lo osservò
lasciare il salone, probabilmente diretto in camera di Bonnie.
Si
alzò dal divano e
afferrò una bottiglia di cristallo dal tavolino degli
alcolici. Versò un po’ di
liquore nel suo bicchiere e fece per stendersi sul divano per godersi
quell’attimo di silenzio e pace, quando il rumore di passi
affannati giù per le
scale lo indusse a voltarsi. Un attimo dopo Stefan era ricomparso in
salotto,
reggendosi con le mani allo stipite della porta “Non
c’è”.
“Chi?”
non si rese subito
conto di quanto fosse stupida quella domanda.
“Bonnie,
non è in camera.
Devi averla scioccata parecchio se ha deciso di scappare”
quella era una accusa
neanche tanto velata.
Damon
sbuffò “Scappata,
che parolone! Non ha nemmeno la macchina, non può essere
molto lontana. Magari
si sta solo facendo un giretto”.
“Sotto
la pioggia?” disse
Stefan inarcando un sopracciglio.
“Avrà
l’ombrello”.
Stefan
restò esterrefatto
davanti a quel totale disinteresse. Suo fratello sapeva essere cinico,
meschino
e menefreghista, ma non quando si trattava di Bonnie; almeno era
ciò che Stefan
aveva sempre creduto.
Era
chiaro che qualcosa
si fosse spezzato, lo aveva capito sette anni prima, solo non pensava
sarebbero
giunti ad un punto così irrecuperabile.
Provò
a giocare un’altra
carta “Damon, fuori è buio, Bonnie è
sola e non sa assolutamente orientarsi, mi
hai appena detto che a Fell’s Church ci sono dei lupi mannari
e chissà quali
altri percoli; ci potrebbero essere altri vampiri, Bonnie rischia di
farsi
male. Davvero non te ne frega nulla?”.
“Ti
dirò la verità,
fratellino” disse Damon sorseggiando il suo drink
“Io spero che Bonnie si
faccia male sul serio, così mi libererò di lei
senza alzare un dito”.
Continuò
a fissare il fuoco
davanti a sé, senza degnare Stefan di uno sguardo. Lo
sentì prendere una giacca
e uscire sbattendo la porta. Aveva avvertito tutto lo sconforto che
circondava
il cuore di Stefan.
Si
ritrovò a sorridere in
modo disincantato: suo fratello si ostinava a cercare sempre il buono
in tutte
le persone. Insomma, dopo cinquecento anni avrebbe ormai dovuto capire
che in
lui non c’era niente di buono.
Damon
non si comportava
bene, a meno che non gli fosse vantaggioso; non faceva nulla se non per
se
stesso e per pochi altri tra cui Elena e a volte (dovette ammettere con
un
certo disappunto) anche Stefan.
Chi
era Bonnie per lui?
Chi era per scomodarlo?
Solo
una bambina cui era
stato legato. Una volta. Ora non più.
D’altro
canto Bonnie in
pericolo avrebbe costituito un’ulteriore scocciatura per lui:
ora che il
fratello era scomparso, diveniva lui il suo tutore legale.
S’immaginava già Liz
Forbes che lo chiamava dalla centrale per informarlo della morte della
sua
adorata nipotina. La polizia avrebbe iniziato ad indagare, avrebbe
voluto
saperne di più riguardo la partenza di Zach e tutta la sua
copertura sarebbe
saltata.
Con
un sospiro
infastidito finì con un sorso il liquore e si
alzò, agguantando la giacca
ancora umida poggiata sulla poltrona lì affianco.
Poi
con passo deciso uscì
dalla casa, procedendo sotto la pioggia.
Elena
diede una leggera
spinta con il fianco alla porta della sua camera; aveva le mani
occupate a
reggere un vassoio con due tazze di latte fumante e un piatto pieno di
biscotti
che zia Judith aveva fatto quella sera.
Bonnie
se ne stava sul
letto, a gambe incrociate e fissava le foto posate sul comò
di fronte. Si
dondolava avanti e indietro tenendo le mani sui piedi, coperta da
quella
maglietta che le stava troppo larga sebbene avesse solo una taglia in
meno di
Elena. I capelli rossi erano ancora scuri perché umidi.
La
bionda esibì un
sorriso smagliante e alzò le braccia richiamando
l’attenzione della ragazza sul
cibo “Guarda cosa ho qui”.
“Cos’è?”.
“Latte
e biscotti. Forse
un po’ banale, ma funziona sempre”.
“Scherzi?
Io adoro latte
e biscotti alla sera! Quando ero al collegio sgattaiolavo spesso di
notte nella
mensa a rubarne un po’ ”.
“Allora
ecco a te!” le
disse porgendole una tazza “Forza! Raccontami qualcosa
dell’Italia”.
“Ci
sono troppe cose da
dire” disse con aria trasognata “E’ un
paese stupendo. Tutto quello che vedi è
parte di una storia straordinaria, voglio dire …
l’Italia ha una cultura
millenaria … e non so, è da vivere! Non si
può spiegare a parole”.
“Mi
piacerebbe visitarla.
Dell’Europa ho visto solo la Francia”.
“Quando
vuoi, sarò felice
di farti da guida”.
“Biscotto?
Li ha fatti
mia zia, quindi non so quanto siano commestibili”.
Bonnie
ne prese uno e lo
addentò. Masticò velocemente trovandolo un
po’ duro, ma comunque buono.
“E
hai girato anche
l’Europa?”.
Bonnie
annuì “Sono stata
a Londra, Dublino, Barcellona, Praga, Parigi e … beh in
effetti l’ho girata
praticamente tutta” rimase un attimo in silenzio mentre gli
occhi le si
rattristavano “Non che avessi molto altro da fare in
estate” sospirò.
Elena
corrugò la fronte
“Perché dici così?”.
“Perché
ero sola là. Zach
è venuto un paio di volte a trovarmi. Una volta siamo stati
in Scandinavia e
l’altra in Germania, ma è rimasto solo per poche
settimane. Avevo totale
libertà e ogni tanto qualche amica si univa a me nei miei
viaggi. Il resto
dell’estate lo passavo nel distaccamento estivo del collegio,
a Ostia”.
“Era
a Roma la scuola?”.
“Ho
fatto le medie a
Firenze, sai la mia famiglia è di origine fiorentina, poi mi
sono spostata
nella sede a Roma per le superiori” spiegò Bonnie
mentre spezzava l’ennesimo
biscotto e lo inzuppava nel latte.
Improvvisamente
alzò la
testa ed esclamò piccata “A me non è
mai importato di girare il mondo,
conoscere gente nuova e fare esperienze. Mi sarebbe andato benissimo
crescere
qui a Fell’s Church con mio fratello. Nella mia scuola
c’erano quasi duecento
studentesse e mi sembrava di essere lo stesso sola come un cane. Forse
perché
lo sono”.
“Non
dire così” la
confortò Elena stringendole una mano intorno alla spalla
“Ora sei a casa, sei
in famiglia”.
“Tsk!”
sbuffò Bonnie
“Quale famiglia? Zach è scomparso
chissà dove, Damon mi vuole sbattere fuori di
casa e Stefan …”.
“Stefan
è felicissimo di
averti qui, puoi credermi”.
“Elena
ti prego non
dirgli che sono qui” la implorò di nuovo.
“Tranquilla
Bonnie, ti ho
già detto che non dirò nulla”.
“Bene”.
“Anche
se penso che
dovresti parlargli”.
“Elena!”.
“Ok,
bene! Come vuoi! Ora
mettiti a dormire, io porto questi in cucina e ti raggiungo”.
Bonnie
si mise sotto le
coperte e si voltò verso la ragazza “Grazie di
tutto, Elena”.
“E
di cosa? Fa sempre
piacere stare tra amiche” rispose quella.
Amiche.
Bonnie
aveva solo
un’amica, Clara, che ora se ne stava dall’altra
parte dell’oceano. Elena era
stata un tesoro ad ospitarla, ad ascoltarla e a consolarla, dopotutto
si erano
incontrare quel giorno stesso, erano ancora delle sconosciute, ma la
ragazza
l’aveva accolta senza fare domande.
Molto
meglio di come aveva fatto Damon.
Si
rigirò dall’altra
parte e chiuse gli occhi. Lì a casa Gilbert si sentiva al
sicuro e per una
notte, si disse, poteva ignorare le sue preoccupazioni.
Al
giorno dopo avrebbe
pensato il giorno dopo.
Elena
diede una
sciacquata veloce alle due tazze prima di metterle in lavastoviglie e
farla
partire.
Spense
le luci della cucina,
del salotto e si avviò su per le scale.
Non
riuscì nemmeno a
raggiungere il primo piano, perché sentì lo
squillo di un cellulare, il suo.
Tornò in salotto, riaccese le luci e spostò tutti
i cuscini del divano, finché
non vide il display illuminarsi ad intermittenza. Stefan.
“Ciao”
rispose con voce
più acuta di quanto avrebbe voluto.
“Elena,
ho un problema”
la voce dell’altro risultò, invece, molto
affannata “Bonnie è sparita. Deve
aver litigato con Damon. Non so bene che è
successo”.
“Stefan,
calmati ok? Sono
sicura che sta bene” cercò di tranquillizzarlo.
“Come
fai a dire che sta
bene?! È da sola, in giro per la città o peggio
magari per il bosco. Se si
cacciasse in qualche guaio? Non ho la più pallida idea di
dove possa essere
andata! Tutto per colpa di Damon e del suo stupido orgoglio!”
sbottò Stefan.
“Non
sai che cosa si sono
detti?” chiese Elena.
“Non
precisamente. So che
lui vuole rimandarla in Italia e lei si è opposta. Credo sia
per questo che è
scappata: non vuole andare via”.
“E
tu che cosa vuoi,
Stefan? Sei d’accordo con Damon?”.
“Sarebbe
la cosa migliore
per tutti se lei tornasse in Italia” disse Stefan
“Ma questa è casa sua, se lei
vuole restare, io sarò con lei”.
Elena
non aveva mai
dubitato di Stefan. Sapeva quali fossero le sue intenzioni ancora prima
di
chiederne conferma. Non avrebbe mai costretto Bonnie ad andarsene, ma
sentirlo
dire da lui fu ciò che la spinse a spifferare tutto.
“Bonnie
è qui” confessò.
Per
qualche secondo
dall’altra parte della cornetta ci fu solo silenzio.
“Che
vuol dire Bonnie è qui?”.
“Si
è presentata alla
porta qualche ora fa, fradicia, infreddolita e in cerca di qualcuno che
le
desse una mano. Abbiamo fatto una bella chiacchierata e sappi che ho un
paio di
cosette da dire a tuo fratello” gli annunciò con
tono minaccioso.
“Vengo
a prenderla”.
“NO!”
strillò quasi Elena
rifugiandosi in cucina per non farsi sentire “Le ho promesso
che non ti avrei
avvertito che era qui. Non voglio che pensi che ho tradito la sua
fiducia”
abbassò ulteriormente la voce e riprese con più
calma “Ascolta Stefan, qui è al
sicuro e credo che le abbia fatto bene stare con me. Le serve
un’amica, ha disperatamente
bisogno di un’amica e io
sono pronta a esserlo. Lascia che le parli, lascia che si calmi e
domani
mattina ti prometto che tornerà a casa, ma tu non fare
niente finché non te lo
dico, ok? E soprattutto non tirare in mezzo Damon!”.
“Come
puoi solo pensare
una cosa simile? È tutta colpa sua, se non riesce a
dimenticarsi il passato, è
peggio per lui. Bonnie non è più affar suo e in
ogni caso mi ha chiaramente
fatto capire che ne vuole rimanere fuori”.
“Meglio
così” commentò
Elena un po’ acida.
“Mi
fido di te Elena. Se
ritieni che questo sia il modo migliore di agire, io non ti
ostacolerò” disse
Stefan “Tienila d’occhio, va bene?”.
“Lo
farò, Stefan” lo
rassicurò lei.
“Allora buona notte,
Elena”.
“
‘Notte Stef, ti amo”.
“Anche
io, sempre più”.
La
ragazza chiuse la
conversazione con un sorriso sulle labbra. Posò il cellulare
sul tavolo e
lasciò la cucina, mettendo un piede sul primo gradino della
scala, ben decisa
ad andare finalmente a letto. Ma il campanello di casa
risuonò.
Per
la seconda volta
Elena rimase attonita davanti alla porta aperta. Damon Salvatore se ne
stava
dritto sulla soglia di casa sua, mani in tasca, giacca e capelli
bagnati dalla
pioggia.
Per
un attimo le balenò
in mente l’idea che Stefan avesse spifferato tutto al
fratello, poi realizzò
che era totalmente impossibile.
Stefan
le aveva
assicurato di non voler coinvolgere il fratello e le aveva dato la sua
parole
che avrebbe permesso a Bonnie di rimanere da lei.
Le
aveva lasciato piena
libertà d’azione ed Elena sapeva che Stefan non si
sarebbe mai intromesso.
Damon
non le staccava gli
occhi di dosso e la ragazza temette che le stesse leggendo nella mente.
Poi
ricordò di portare al collo il ciondolo con la verbena che
bloccava qualunque
attacco di natura vampiresca.
Si
appoggiò quindi allo
stipite della porta in attesa di risposte “Che ci fai qui a
quest’ora, Damon?”.
“Sono
sicuro che il mio
caro fratellino ti ha già chiamata in preda al panico
spiegandoti cosa è
successo. Quindi saltiamo i convenevoli e passiamo al punto: mi serve
una mano
per trovare Bonnie”.
“E
perché lo chiedi a
me?” indagò Elena piuttosto sospettosa.
“Sei
una ragazza, lei è
una ragazza. Ragionate allo stesso modo, avrai certamente
un’idea su dove possa
essersi nascosta”.
“In
realtà non la
conosco” rispose lei modulando la voce affinché
risultasse fredda. Era
oltremodo arrabbiata per come si era comportato con Bonnie “E
in ogni caso da
quando t’importa di lei?”.
“Non
m’importa, anzi la
ragazzina mi ha fatto un gran favore ad andarsene con le sue
gambe” disse con
aria annoiata “Ma è sempre stata maldestra e
potrebbe cacciarmi in guai seri
con Liz. Inoltre Stefan, come già sai, è
parecchio agitato e prima la trovo,
prima lui la smette di tormentarmi”.
Elena
assottigliò gli
occhi “Ti senti quando parli? Sei l’essere
più egoista che abbia mai
conosciuto! Quella ragazza per sette anni si è sentita sola
come un cane,
lontana dalla sua famiglia, tu e Stefan siete spariti dalla sua vita- e
qui gli
occhi di Damon furono attraversati da un lampo- Ora è
tornata, suo fratello è
scomparso e l’unica cosa che sai fare è farla
sentire uno schifo, solo perché
non sei capace di ignorare il tuo orgoglio e ammettere che ti
è mancata!”.
“Hai
decisamente parlato con
mio fratello” dichiarò Damon “Solo un
sentimentalone come lui poteva inventarsi
una stronzata simile”.
“Tu
non sai come si
sente” disse Elena con voce ferma.
“Tu
sì invece?” chiese
lui alzando un sopracciglio “Non la conosci
neanche” insinuò gelandola con gli
occhi.
“Posso
immaginarlo”
dissimulò lei evasiva. Sperò che Damon se la
bevesse, non poteva certo
confidargli che era stata la stessa Bonnie a dirglielo solo
un’ora prima.
“Ne
deduco che non mi
aiuterai a cercarla” suppose riprendendo la sua espressione
beffarda.
“Aiuterò
Stefan se
dovesse chiedermelo, ma non te!” esclamò
sbattendogli la porta in faccia.
Elena
sospirò per averla
scampata. Cosa avrebbe fatto se lui avesse scoperto che Bonnie si
trovava
proprio sotto il suo naso? E soprattutto che avrebbe fatto Damon?
Salì
le scale, convinta
che per quel giorno i guai fossero finiti, quando incrociò
lo sguardo del
vampiro, che se ne stava appoggiato con nonchalance al muro accanto la
porta
della sua stanza.
“Mi
credi veramente così
stupido, Elena?”.
Con
un tuffo al cuore
Elena si precipitò davanti alla porta, bloccandola con il
suo corpo “Non osare,
Damon … non osare!”
Damon
ghignò più
profondamente, divertito da quel patetico tentativo di Elena di
fermarlo.
“Come
l’hai capito? Te
l’ha detto Stefan?” chiese lei.
Damon
parve spaesato “No,
non l’ho nemmeno sentito. Hai fatto tutto da sola. Sei stata
un po’ troppo
sulla difensiva per una che non ha nulla da nascondere”.
“Non
hai il diritto di
entrare in camera mia …”.
“E’
vero” concordò Damon
“Però posso, dato che tu stessa mi hai invitato ad
entrare quella notte … ricordi*?”
le disse abbassandosi sul suo
orecchio mentre il sapore inebriante del sangue della ragazza gli
ritornava in
mente. Velocemente le passò le braccia attorno la vita e la
spostò di lato,
dopodiché aprì la porta.
Fu
impossibile dire chi
dei due rimase più stupito di trovare la stanza vuota.
“A
quanto pare ti ha
fregato” commentò Elena con una nota soddisfatta.
Damon,
dopo un primo
momento di incertezza, alzò la mano imponendole di tacere e
rimase in ascolto.
Mosse qualche passo verso il letto e si piegò sulle
ginocchia artigliando
l’angolo in basso del piumone e lo sollevò
“Beccata” si gongolò trionfalmente
mentre allungava la testa sotto il letto.
“Che
stai …?” iniziò
Elena ma Damon non le prestò attenzione e si rivolse alla
ragazza che se ne
stava rannicchiata sotto al letto, contro il muro e una mano sulla
bocca per
non fare sentire il suo respiro “Non sei mai stata molto
originale a
nasconderti” constatò Damon.
“Vattene”
soffiò Bonnie come
un gatto estremamente arrabbiato che non vuole saperne di abbandonare
il suo
rifugio.
“Lo
farò e tu verrai con
me” disse protraendo il braccio per prenderle un piede, ma
Bonnie iniziò a
scalciare con tenacia.
“Damon
lasciala in pace”
gli intimò Elena senza, però, fare niente di
concreto per fermarlo. Lui era un
vampiro ed era più forte di qualunque essere umano; ogni
tentativo di
ostacolarlo sarebbe risultato vano.
Infine
riuscì ad
afferrarle un piede e la tirò di forza fuori. Bonnie
scattò in piedi e si
allontanò in fretta da lui pronunciando fermamente
“Io non vengo da nessuna
parte con te!”.
“Io
penso di sì invece”
replicò lui.
“Damon
per favore …”
tentò di farlo ragionare Elena.
“Grazie,
Elena, credo che
tu abbia già fatto abbastanza per stasera” la
zittì e poi puntò il dito contro
Bonnie “Raccogli le tue cose. Ce ne andiamo”.
“No”
ribatté lei
stringendo i pungi. Si atteggiava da dura, da coraggiosa, ma in
realtà aveva
una paura tremenda di Damon.
“Non
provocarmi”.
“Costringimi”.
Aveva
smesso di piovere,
ma era ancora piuttosto umido e faceva un freddo cane per via del vento
che si
era alzato, soprattutto per chi indossava una maglia a maniche corte e
un paio
di calzoncini.
Dopo
che l’aveva sfidato
così apertamente a portarla via, Damon non aveva pensato due
volte ad
arpionarle il polso e a trascinarla giù per le scale, senza
permetterle di
prendere lo zaino.
In
quel momento
Damon camminava
davanti a lei, stretto
nella sua giacca di pelle e non le aveva ancora rivolto la parola da
quando
avevano lasciato la casa di Elena. Bonnie non mise neanche in conto di
fuggire
di soppiatto; aveva il presentimento che il ragazzo avrebbe anticipato
le sue
mosse; riacchiapparla sarebbe stato fin troppo facile.
“Hai
ancora intenzione di
mandarmi via?” gli chiese rompendo il silenzio.
“Esatto”
grugnì in
risposta.
“Non
puoi obbligarmi”.
“Mi
sembra di aver
dimostrato che posso”.
Bonnie
represse l’istinto
di prenderlo a schiaffi “Mi piacerebbe sapere che ti ho fatto
di male”.
“Te
l’ho già detto:
m’infastidisce la tua presenza” disse semplicemente.
“Una
volta non
t’infastidiva così tanto”
insinuò lei.
Damon
scrollò le spalle
“Eri piccola e abbastanza buffa. Eri l’unica cosa
pseudo- divertente in questo
posto schifoso”.
“E
perché ritornavi così
spesso a Fell’s Church se ti faceva così
schifo?”.
Finalmente
Damon smise di
camminare e si voltò a guardarla dritto negli occhi;
ghignò furbo “Lo so dove
vuoi arrivare e ti dico che sei fuori strada”.
Bonnie
spostò lo sguardo
e lo superò, velocizzando il passo, mentre cominciava a
sfregarsi le mani sulle
braccia per scaldarle.
Vide
con la coda
dell’occhio che Damon l’affiancava e le porgeva la
sua giacca di pelle. Per un
attimo sollevò il capo per fissarlo in volto, poi riprese a
guardare davanti a
sé e scosse la testa, rifiutando il giubbotto.
Damon
se lo rimise con un
gesto secco, scuotendo a sua volta la testa. Passarono ancora alcuni
minuti di
assoluta quiete fino a che Bonnie non decise di nuovo di parlare
“Io non voglio
tornare in Italia”.
Damon
alzò gli occhi al
cielo “Smettila con questa storia” le
ordinò “E poi non la dai a bere a
nessuno. So perfettamente che sei stata bene là”.
“Sì,
se per star bene
intendi passare sette anni lontano da casa, dalla tua famiglia, mentre
tutte le
persone cui ti sei affezionata non si fanno più sentire,
allora sono stata
proprio da Dio!” ironizzò.
“Non
fare la
melodrammatica. Sei stata la prima a sparire” le fece notare
Damon che aveva
colto perfettamente la frecciatina.
Bonnie
spalancò la bocca,
indignata “Non rigirare la frittata! Tu
e Stefan siete spariti, non io!” precisò la rossa
“Hai idea di cosa voglia dire
aspettare una persona davanti a una finestra?” gli
strillò addosso “Io sì! Ogni
pomeriggio per un anno mi sono messa a guardare dalla finestra di
camera mia
sperando di vederti comparire, ma non è mai successo! E
adesso vuoi pure
cacciarmi da casa mia! Ma che razza di
persona sei???”.
Damon
non fiatò e,
comunque, non ne avrebbe avuto la possibilità,
perché Bonnie riprese subito il
discorso “Sai che cosa mi ha detto Zach quando gli ho chiesto
perché né tu né
Stefan mi chiamavate?”.
“No,
ma scommetto che me
lo dirai” suppose Damon con fare canzonatorio.
“Stefan
e Damon non sono
la tua famiglia, Sissi. Non hanno sicuramente tempo da perdere con te.
Se non
ti chiamano, è perché non vogliono
sentirti” riportò le esatte parole del
fratello, imitandone anche la voce.
Damon
si fermò per la
seconda volta, allargando di poco gli occhi “Ti ha detto
davvero questo?”.
Bonnie
annuì.
“Quel
grandissimo figlio
di …”.
“Non
ti permettere!” lo
interruppe la ragazza “Quella che stai per insultare era
anche mia madre. E non
parlare così di mio fratello!”.
Al
che anche Damon
s’infervorò “Vuoi proprio sapere che
cosa ha raccontato a noi il tuo caro
fratellino?” le chiese velenoso “Proprio un bel
niente! Ti ha spedita in Italia
senza avvisarci e poi ha fatto in modo che si perdessero le tue
tracce” le
rivelò con una nota amara.
“C-che
stai dicendo?”
titubò Bonnie, colpita dalle parole del vampiro.
“La
prossima volta
informati bene, prima di sputare sentenze”.
Le
diede le spalle e
incominciò a camminare. Bonnie si affrettò a
tenere il passo. Non disse più una
parole fino a che non giunsero a casa, venti minuti dopo.
“Vuoi
davvero rimanere
qui?” le domandò, sotto il portico.
“Sì”
mormorò flebile
Bonnie, troppo stanca per discutere ancora.
“Fino
a che tuo fratello
non torna, sono io il tuo tutore e dovrai seguire le mie
regole” l’avvisò.
Bonnie
fu tutte orecchie
per quell’improvviso cambio di idea.
“Posso
riassumerle tutte
in una: non devi disturbarmi. Qualunque problema tu abbia, qualunque
guaio tu
abbia combinato, qualunque cosa ti serva, sono solo fatti tuoi. Non
rivolgerti
a me, a meno che tu non sia in pericolo di morte e anche in quel caso,
assicurati che nessun altro possa aiutarti prima di chiamare me,
intesi?” si
spiegò “Dammi anche solo una volta noia e te ne
torni da dove sei venuta in un
soffio”.
“Posso
respirare?” chiese
Bonnie accennando un mezzo sorriso.
“Se
devi” rispose Damon
entrando in casa e lasciando dietro di sé la porta aperta.
Bonnie
vide la sua figura
sparire oltre la soglia del salone. A quel punto seppe per certo di
aver vinto
il primo round. Non aveva idea di quanto sarebbero stati dolorosi i
successivi.
“Tell me
baby what's your story
Where do you come from
And where you wanna go this time
You're so lovely, are you lonely
Giving up on the innocence you left behind”
(Tell me baby- Red Hot Chili
Peppers)
Il
mio spazio:
Allora,
prima di tutto mi scuso
infinitamente per il ritardo!
So
che vi avevo detto che avrei
aggiornato ogni settimana ma non avevo messo in conto il
“fattore università”.
Ebbene sì, le lezioni sono ricominciate e sinceramente non
credevo mi
prendessero tutto questo tempo. I momenti in cui ho potuto scrivere
sono stati
davvero pochi e in più alla sera ero talmente stanca da non
aver voglia nemmeno
di ricopiare a computer quello che avevo buttato giù sul
quaderno; quindi la
stesura di questo capitolo è andata parecchio a rilento.
Ma
eccomi qui a postare! E intanto ne
approfitto per rettificare i tempi degli aggiornamenti: difficilmente
saranno
settimanali, ma (non preoccupatevi) arriveranno, anche se un
po’ in ritardo, ma
arriveranno!
Per
quanto riguarda il capitolo non so
davvero come sia venuto. Spero tanto che mi facciate sapere che ve ne
pare;
anche perché i vostri commenti saranno certamente
più oggettivi dei miei ( io
sono di parte eheh).
Bonnie
si avvicina sempre più ad Elena
e riesce finalmente a farsi “accettare” da Damon,
ma quanto durerà la loro
tregua?
Inoltre
non dimentichiamoci che ci sono
ancora due grandi questioni da risolvere: Zach è morto e i
fratelli Salvatore
sono dei vampiri. E Bonnie è all’oscuro di tutto
ciò. Quando scoprirà
finalmente la verità? E come la prenderà?
Se
siete curiosi di saperlo, continuate
a seguirmi =)
Alla
prossima, Fran!
Ps:
ho notato che le recensioni sono un
po’ calate. Mi raccomando se ritenete che la storia stia
diventando banale o
incoerente, fatemelo sapere, ok?
Grazie
comunque dei vostri bei
commenti, fanno sempre un gran piacere! ;)
*Mi
riferisco alla scena de “La Lotta”
in cui Damon beve per la prima volta il sangue di Elena ( ringrazio
Gaga96 per
avermi fatto notare di non avere inserito la spiegazione inizialmente!).
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Capitolo 6 *** You should be knocking ***
Ashes &Wine
Capitolo sei: You should be knocking
“Here I am
with my heart on the floor
and my love out the door
you should be knocking
but there it goes
I got nothing to show for
except pictures I posed for
but I keep them in a box under my bed”
(Under
my bed- Meiko)
Un
lampo illuminò la stanza e subito
dopo il rombo di un tuono spezzò il silenzio. Bonnie si
svegliò di soprassalto,
artigliando con le unghie il piumone. Girò la testa a destra
e a sinistra, un
attimo spaesata, e controllò tutt’intorno. La
camera era immersa nel buio. Non
c’era neanche la luce della luna a illuminarla.
Odiava
il buio. E odiava il temporale. Ma era
terrorizzata dal buio quando c’era il
temporale. La sua mano scattò al comodino accanto
al letto e brancolò nel
vuoto per qualche secondo prima di trovare l’interruttore
dell’abatjour e
l’accese.
Si
tolse le coperte di dosso e andò
alla finestra, tirò le tende per guardare fuori: aveva
ricominciato a piovere,
ancora più forte di quel pomeriggio e il vento pareva quasi
ululare e scuoteva
le cime degli alberi. Un tempo da brividi, da film
dell’orrore e Bonnie si
disse che non avrebbe spento quella luce finché il temporale
non si fosse
quietato.
Da
tanto ormai non le capitava di
dormire da sola. Da quando era andata in Italia aveva sempre diviso la
camera
con Clara e stare in una stanza buia, se fuori c’era il
temporale, non le
sembrava così spaventoso se qualcuno era con lei.
Un
altro lampo incendiò il cielo e
Bonnie chiuse gli occhi per il fastidio e ritirò le tende
con uno scatto.
Ritornò veloce sul letto e portò il piumone fin
sopra il naso.
D’istinto
guardò verso la porta, come
se si aspettasse che da un momento all’altro qualcuno
bussasse. Si diede da
sola dell’illusa per quella sciocca e vecchia abitudine.
Da
bambina accadeva spesso che durante
un temporale suo fratello o quand’erano in città,
Stefan e Damon, la
raggiungessero in camera per farle compagnia e accertarsi che non si
spaventasse troppo.
A
volte era lei stessa a chiedere che
stessero con lei. Per quelle particolari circostanze, personalmente,
aveva
sempre preferito Damon. Lo zio aveva quel non so che di sinistro che
avrebbe
fatto scappare a gambe levate anche il più malintenzionato
malvivente.
Sì,
perché Bonnie non aveva paura del
buio in sé e per sé, ma di quello che ci poteva
essere dentro. Che fossero mostri
immaginari o uomini in carne ossa
dipendeva poi dalla serata, da quello che aveva visto in TV prima di
andare a
dormire o da quello che sognava.
Stava
di fatto che Damon rimaneva un
ottimo “scaccia incubi” e in quel momento ne
avrebbe avuto decisamente bisogno.
Si
strinse di più il suo cavallino di peluche al petto e fece
in fretta le
scale che la separavano dal secondo piano, mentre accendeva tutte le
luci che
trovava.
Percorse
il corridoio di corsa e si attaccò alla maniglia di una
delle
ultime porte, tirandola verso il basso per poi piombare
nell’enorme stanza.
La
figura di Damon, steso sul letto, con le gambe accavallate, a leggere
un libro sotto la tenue luce della lampada a muro, si girò
verso la piccina che
se ne stava ritta ancora vicino alla porta, a piedi nudi, e
mordicchiava
nervosamente uno zoccolo del suo cavallino. Damon guardò il
suo orologio: erano
quasi le tre di notte. Che ci faceva ancora sveglia una bambina di
sette anni
alle tre di notte?
Il
rombo del tuono si propagò nell’aria, quasi a
rispondere alla tacita
domanda del vampiro. Doveva aspettarsi che Bonnie non sarebbe riuscita
a
dormire con il temporale. Non poteva certo biasimarla, nemmeno a lui
piacevano
molto i temporali. Non ne era spaventato (perché nulla
spaventava Damon
Salvatore), ma si sentiva inquieto quando si scatenavano certi
acquazzoni
accompagnati dai tuoni.
Il
suo sguardo cadde poi sulla camicia da notte troppo leggera e sui suoi
piedi scalzi. Aveva il maledetto vizio di andare in giro vestita come
se fosse
sempre estate. Prima o poi si sarebbe fatta venire un febbrone da
cavallo.
“Quante
volte ti ho detto di metterti le ciabatte?” le chiese
fingendosi
alterato.
“Non
ho fatto in tempo … m’inseguivano”
rispose lei enigmatica, non
curandosi affatto del disappunto dello zio. Fece una piccola corsa e
balzò sul
letto.
“Chi
t’inseguiva?” domandò Damon spostandosi
per farle spazio.
“I
mostri … arrivano con il buio” spiegò
lei stritolando il peluche “Vieni
a scacciarli?” lo pregò con voce impaurita.
“Sissi,
lo zio sta leggendo. Non ha tempo per i tuoi mostri
immaginari”
disse riportando l’attenzione sul suo libro.
“Ma
ci sono davvero!” ribadì Bonnie facendo i pugnetti
“E non mi fanno
dormire. Sono nascosti nel buio” si lamentò.
“Tieni
accesa la luce” suggerì Damon corrugando la
fronte. Era la terza
volta che leggeva quella dannata riga senza capirla. Bonnie lo stava
distraendo.
“Ma
io ho paura” ripeté Bonnie.
Damon
sbuffò e spostò lo sguardo su di lei. Lo stava
fissando con gli
occhioni aperti e lucidi, quegli occhioni cui nessuno avrebbe potuto
resistere.
Buttò
il libro in fondo al letto e decise di accontentarla “Sotto
il
letto?” s’informò sull’esatta
ubicazione di tali mostri.
“Credo
che sono nell’armadio ‘sta volta”.
“Si
dice che siano, non che sono”
la corresse
alzandosi in piedi “Forza scricciolo, andiamo a prendere a
calci nel sedere
quei mostri”.
Lei
si affrettò a raggiungerlo e ad attaccarsi ad un suo
braccio, mentre
l’altra mano teneva a penzoloni il pupazzo.
Damon
entrò in camera di Bonnie e si diresse senza esitazioni
verso il
letto, si abbassò e ci cacciò sotto la testa
esclamando “Qualunque cosa pensi
di fare, sparisci perché hai scelto la bambina
sbagliata!”.
“Nell’armadio”
gli ricordò lei.
Damon
emerse da sotto il letto “Lo so, stavo solo avvertendo il
Babau*.
Sai è un brutto tipo, scorbutico, che si annida sempre
lì sotto” le disse
strizzando l’occhio, poi aprì le ante
dell’armadio e pronunciò perentorio
“Fuori dall’armadio di mia nipote” e le
richiuse.
Diede
un’ultima occhiata nel bagno per accertarsi che non fosse
rimasto
nemmeno un mostro in giro, ritornò nella stanza e
rassicurò la piccola “Ecco
fatto, Sissi. Non c’è più niente, ora
puoi dormire tranquilla”.
“E
se poi tornano?” chiese preoccupatissima.
“Non
oseranno. Forza, fila nel letto” le ordinò
bonariamente scostando il
piumone. Bonnie ci saltò sopra e molleggiò un
momento sul materasso, prima di
accoccolarsi contro il cuscino. Damon prese un lembo della coperta e
gliela
rimboccò.
“Fai
sogni d’oro” le disse prima di darle un buffetto
sulla guancia e
lasciare la stanza. Tuttavia non riuscì nemmeno ad arrivare
alla porta che la
vocina della bambina lo richiamò “Stai qui con
me?”.
Damon
si voltò verso di lei “Sissi, non
…”.
“Ti
prego” lo interruppe lei esibendo di nuovo gli occhioni dolci.
Damon
alzò gli occhi al cielo rassegnato. Era inutile, con Bonnie
era
impossibile spuntarla. L’aveva sempre vinta lei.
“Fatti
in là, razza di pulce” disse stendendosi accanto a
lei. Bonnie
sorrise soddisfatta e gli si avvicinò, sistemandosi sul suo
petto.
Dopo
qualche attimo di esitazione, Damon l’avvolse in un premuroso
abbraccio e attese che si addormentasse.
Proprio
non riusciva a capire che diamine avesse quella ragazzina per
farlo cedere ogni volta. Riusciva a scalfire la sua corazza con una
facilità
impressionante. Damon non si vergognava di essersi affezionato.
Soprattutto non
si vergognava di mostrarlo. Non aveva mai ritenuto una debolezza avere
a cuore
il bene di Bonnie. Prendersi cura di lei era una cosa che gli veniva
naturale.
Non sarebbe riuscito a fregarsene, a ignorare il legame che condivideva
con
lei. C’era sempre stato qualcosa che lo aveva indotto a
proteggerla, a
trattarla con il massimo dei riguardi. Perché diamine ci
tenesse così tanto,
quello era un bel mistero. Ma al momento non gli premeva trovare una
soluzione
all’enigma.
Rimase
ad osservarla mentre cadeva nel mondo dei sogni; poi le posò
un
bacio sulla tempia e spense la luce.
Bei
tempi quelli! Quando era ancora
troppo piccola per capire tutti i problemi che dividevano la sua
famiglia; ma
anche se se ne fosse resa conto, non le sarebbe importato molto, perché almeno una famiglia ce
l’aveva ancora!
Avvertì
distintamente dei passi
muoversi sul soffitto e scendere le scale. Bonnie rimase in ascolto,
tendendo
le orecchie al minimo rumore. Il suo cuore iniziò a battere
più velocemente
all’avvicinarsi dei passi. Si protese verso la porta
aspettandosi di vederla
aprirsi da un momento all’altro; o almeno che qualcuno
avrebbe bussato.
Ma
i passi non si fermarono.
Proseguirono giù verso il piano terra, senza esitazioni.
Bonnie restò immobile
con la coperta tra le mani. Si sorprese anche di scoprirsi delusa. Che
razza
d’imbecille! Nessuno sarebbe venuto da lei quella notte.
Nessuno avrebbe mai
pensato che una ragazza di quasi diciotto anni avesse ancora paura del
temporale o forse a nessuno importava. Nessuno avrebbe bussato alla
porta per
accertarsi che lei stesse bene.
Stupida,
stupida, stupida Bonnie!
Ormai
il sonno era andato a farsi
benedire. Era inutile anche solo provare a riaddormentarsi. Scese dal
letto,
infilò le pantofole ed uscì. Il corridoio era
immerso nel buio e Bonnie
strisciò la mano contro il muro fino a tastare
l’interruttore. Fece scattare la
luce e si sentì libera di proseguire.
Pensò
di controllare se Stefan fosse
tornato. Passò davanti alla sua camera, la porta era aperta
e poté vedere
chiaramente che era vuota.
Fece
a ritroso la strada e, senza
sapere bene come, si ritrovò davanti alla stanza di Zach.
Lentamente posò le
dita sul legno della porta e la spinse con cautela. Si aprì
cigolando,
rivelando il solito disordine. Un moto di malinconia le strinse il
cuore. Erano
anni non rivedeva le cose di suo fratello.
Entrò
guardandosi intorno. Il letto era
sfatto, c’era qualche vestito per terra. Non sembrava affatto
la camera di
qualcuno che era partito per un viaggio programmato; piuttosto quella
di chi
era stato costretto ad andarsene in fretta e furia. Tirò le
coperte sul
materasso alla bell’e meglio e raccolse i vestiti con tutta
l’intenzione di
riporli nell’armadio. Spalancò le due ante e
capì perché quegli abiti erano
finiti per terra: non c’era letteralmente più
spazio. Un grosso pacco riempiva
il ripiano inferiore. Bonnie non resistette alla curiosità e
dopo aver poggiato
gli indumenti sul letto, lo prese e lo scartò. La carta era
grezza e vecchia e
si strappò all’istante svelando una sella nuova di
zecca.
La
ragazza si portò una mano alla
bocca. Quello doveva essere certamente un regalo per lei, nessun altro
andava a
cavallo in quella casa. Voleva portarla in camera sua, ma la sua
attenzione
venne improvvisamente attirata dalla copertina rossa di un libro, che
spuntava
dietro una pila di magliette. Lo afferrò e lesse il titolo,
scritto in
caratteri corsivi dorati: “Il diario del Vampiro**”.
Corrugò
la fronte e lo sfogliò
velocemente: era una specie di manuale sui vampiri, ma non
poté approfondire la
lettura perché sentì dei rumori provenire dal
piano inferiore. Si mise il
volume sotto braccio e cinse la sella, dirigendosi nella sua stanza.
Nascose il
libro sotto il cuscino e lasciò la sella in un angolo vicino
alla scrivania.
Considerò l’idea di rimettersi a dormire, ma
temeva di morire di paura appena
spente le luci. Decise di scendere in cucina a bere un bicchiere
d’acqua.
Scese
le scale accendendo tutte le
lampade. Passò davanti al salone e notò una luce
soffusa che
tremolando si stagliava sul pavimento. Il
fuoco probabilmente stava ancora crepitando nel camino. Incuriosita si
avvicinò
e scorse Damon seduto su una poltrona, con le gambe stese su un
tavolino,
intento a fissare il vuoto.
Appariva
pensieroso e inquieto. A
Bonnie venne quasi l’istinto di farsi avanti e chiedere il
motivo di quella
preoccupazione. Forse avrebbe potuto confortarlo, abbracciarlo, farlo
sentire
meno solo.
Ma
sei pazza, Bonnie?! Ti tratta come una merda e tu vuoi pure consolarlo?
Damon
alzò la testa di scatto e la
ragazza per un momento pensò di aver parlato ad alta voce.
Lui la osservò con
le labbra crucciate, ma si ricompose in fretta esibendo il suo tipico
ghigno
“Che diamine ci fai ancora sveglia?”.
“Avevo
sete” rispose subito Bonnie.
“Allora
va’ … va’ a bere!” la
congedò
lui con un gesto sbrigativo della mano.
“C’è
…” iniziò Bonnie tentennando
“C’è
qualcosa che non va?”. Era inutile; non poteva fare a meno di
preoccuparsi per
lui.
“T’informo
che sei molto vicino a
infrangere quella famosa regola, mia cara
Sissi” disse beffardo apostrofandola con il suo
nomignolo solo per
prenderla in giro.
Bonnie
distolse lo sguardo, si
mordicchiò il labbro e si voltò per andarsene dal
salotto. Un tuono rimbombò
più forte degli altri e Bonnie sobbalzò
vistosamente.
Il
ghigno di Damon si approfondì “Non
ci credo! Hai ancora paura del temporale?”.
“N-
no”.
“Non
verrò a scacciarti i mostri da
sotto il letto” aggiunse lui.
“Non
te l’ho chiesto”.
“Bene,
quindi puoi anche levarti dai
piedi” affermò Damon, ritornando improvvisamente
serio. Riportò l’attenzione al
nulla davanti a sé e la ignorò.
Bonnie
s’indispettì e si tese come una
corda di violino. Fece dietrofront, senza neanche passare dalla cucina
e
s’infilò nel letto, troppo arrabbiata anche per
far caso al libro che stava
sotto il suo cuscino; quel libro che si era ripromessa di leggere
appena lo
aveva visto.
Troppo
irritata anche solo per
ricordarsene, abbracciò il guanciale e cadde in un sonno
agitato.
Via
dei Condotti a quell’ora era
praticamente deserta. I negozi avrebbero chiuso da lì a poco
e la maggior parte
della gente era già rintanata nei bar per
l’aperitivo o se ne stava tornando a
casa. Faceva freddo, troppo anche per i primi di dicembre, e tirava
vento.
Bonnie
camminava svelta per la via,
diretta verso la stazione della metropolitana Spagna***. Era la
più vicina e
soprattutto l’avrebbe lasciata, solo dopo un paio di fermate,
a pochi passi dal
collegio.
Tra
le mani stringeva un pacchetto di
Natale, regalo per Clara. Era uscita quel pomeriggio per comprarlo,
proprio
perché era certa che la sua compagna non l’avrebbe
accompagnata in centro: si
era presa una bella febbre ed era bloccata a letto.
Non
le piaceva girare da sola per la
città, nemmeno di giorno. Si sentiva più
vulnerabile, insicura, meno protetta.
Come in quel momento.
Da
quando aveva lasciato la scuola, aveva
la sensazione di essere spiata, come se due occhi si fossero piantati
sulla sua
schiena e non l’avessero più lasciata.
Si
era girata parecchie volte, per
controllare che nessuno la seguisse, ma non aveva visto niente. A parte
qualche
passante che procedeva veloce con la testa china, ma nessuno di loro
dava
l’impressione di badare a lei.
Girò
l’angolo e si ritrovò in una
viuzza completamente deserta. Non un’anima vagava per i
marciapiedi, non c’era
una luce accesa o una serranda ancora alzata.
Bonnie
si guardò ancora intorno, si
strinse nel Woolrich e, fattasi coraggio, proseguì per
l’unica strada che
l’avrebbe condotta alla fermata.
Quella
sensazione di disagio ora si era
fatta più forte e Bonnie poté giurare di udire
anche un rumore di passi alle
sue spalle. Ma non aveva il fegato di voltarsi e verificare se fosse
solo
frutto della suggestione e se davvero qualcuno la stesse seguendo. Ogni
tanto
gettava un occhio alle vetrine buie e specchiandosi si accertava che
dietro di
lei non ci fosse nessuno.
Alla
fine della via poteva scorgere
l’entrata della metropolitana. Con un sospiro di sollievo
aumentò l’andatura e
raggiunse gli scalini che scendevano sotto terra.
Lì,
praticamente al sicuro, decise di
dare un’occhiata alla via e fissare in faccia quello
screanzato che,
probabilmente senza volerlo, le aveva fatto gelare il sangue nelle vene
per
tutto il tragitto.
Con
grande sorpresa non vide nessuno,
ma ciò ebbe solo l’effetto di farla agitare ancora
di più. Si sbrigò a scendere
e s’infilò sul primo treno che si fermò
sui binari. C’erano altre persone su
quella carrozza e Bonnie riuscì finalmente a
tranquillizzarsi un attimo. La
calma, però, durò poco; ed ecco ricomparire la
spiacevole consapevolezza di uno
sguardo puntato addosso. Non era suggestione, non più. Era
reale. E pericoloso.
Lo sentiva.
Bonnie
quasi si lanciò fuori dal treno
appena questo si arrestò alla seconda fermata, e si mise a
correre verso
l’uscita.
Il
collegio era a due minuti a piedi,
ma correndo, l’avrebbe raggiunto in un battibaleno. Vedeva
già le luci delle
camerate e pensò di avercela fatta, di essere riuscita a
scappare. Ma a
scappare da che cosa di preciso? Era una domanda cui preferiva non dare
una
risposta.
Allungò
una mano per suonare al
citofono dell’istituto. Le sue dita non arrivarono neanche a
sfiorare i tasti.
Qualcosa
o qualcuno la tirò di forza
indietro e l’unica cosa che Bonnie riuscì a
distinguere nel buio e nella
confusione, furono dei denti bianchi e affilati che la minacciavano
sempre più
da vicino. Poi chiuse gli occhi e a quel punto urlò.
Le
mani dello sconosciuto erano
artigliate alle sue braccia e non la lasciavano; stringevano e la
scuotevano.
“Bonnie”.
La voce dell’individuo le
parve famigliare.
Non
ci fece caso e continuò ad urlare,
mentre lacrime di spavento avevano cominciato a scenderle per le guance.
“Bonnie!”.
Di
nuovo quella voce. Perché le
sembrava di conoscerla?
Si
dimenò cercando di liberarsi e la
stretta dello sconosciuto si allentò di un poco, rimanendo
comunque salda.
“Sissi!
Svegliati, forza! Sissi!!”.
La
cosa ora diveniva sempre più strana:
come diamine faceva il suo assalitore a sapere il suo soprannome di
quando era
bambina?
Alzò
lentamente le palpebre e la figura
dell’individuo le apparve parecchio sfocata
all’inizio. Le immagini si fecero
via via più nitide, fino a che Bonnie non riconobbe chi le
stava davanti.
“Stefan”
sussurrò.
“Va
tutto bene. Tutto bene” la
tranquillizzò lui, prendendole il volto tra le mani.
Bonnie
ispezionò la stanza, un po’
disorientata, quasi a non credere che fosse stato tutto un sogno; o
meglio un
incubo. Un incubo che aveva vissuto davvero. Si ricordava bene di quel
giorno
in via dei Condotti. Era stato quello stesso dicembre. Aveva ancora i
brividi
soltanto a pensarci. Quella
volta, però,
era riuscita a raggiungere il collegio, nessuno l’aveva
fermata o aggredita.
Perché la sua mente aveva aggiunto quel particolare? Che
cosa l’aveva indotta a
sognare quella specie di mostro che nemmeno lei era capace di definire?
“Stefan”
singhiozzò aggrappandosi alle
spalle del ragazzo. Si stava comportando come una stupida piagnona, ne
era ben
consapevole. Quel sogno era stato così vero, così
vivido e lei aveva avuto così
paura.
“Sshh”
le sussurrò Stefan mentre le
carezzava i capelli “Era solo un brutto sogno. È
tutto finito, io sono qui con
te … sei al sicuro”.
Bonnie
annuì nel suo abbraccio. Alzò un
poco la testa e guardò oltre la sua spalla, in tempo per
vedere Damon fermarsi
davanti alla porta aperta.
Lui
incrociò gli occhi con quelli pieni
di lacrime della ragazza. Rimase lì, qualche secondo, con
un’espressione
indecifrabile in volto. Poi sparì dalla sua visuale.
“Ti
va di raccontarmi cosa hai
sognato?” le chiese dolcemente Stefan.
“Non
me lo ricordo” mentì Bonnie “So
solo che mi ha spaventato. Ti ho svegliato? Mi dispiace …
credo di aver
urlato”.
“Non
preoccuparti, sono appena tornato”
la rassicurò “Ora torna a dormire”.
“Non
ci riesco” confessò Bonnie
“C’è il
temporale … e il buio e sento i rumori
…”.
“Sto
qua io con te. Niente brutti
sogni, te lo prometto” e le sorrise sospingendola con
gentilezza sotto le
coperte.
“Va
meglio?”.
“Sì,
grazie”. Bonnie si appoggiò sul
cuscino e girò la testa. La sua attenzione venne catturata
dalla sella ancora
posata a terra.
Anche
Stefan la vide e strabuzzò gli
occhi “Sissi, perché ce l’hai
tu?”.
“E’
di Zach, l’ho trovata nella sua
stanza. Credevo fosse per me … ho sbagliato?”
domandò un po’ apprensiva.
“No,
no … è per te, ma …” non
seppe
bene come continuare.
“Ma
…?” lo incalzò lei.
“Non
l’ha comprata Zach”.
Bonnie
aggrottò la fronte, confusa “Era
nella sua camera”.
“Sì,
l’ho ritirata io lì”.
“Me
l’hai presa tu?”.
“No”.
Una pausa. “E’ stato Damon. Credo
fosse un regalo per te, l’ha lasciata qui parecchi anni
fa” spiegò Stefan
mentre le si stendeva accanto.
Bonnie
avvertì una scarica di
contentezza attraversarle il corpo. E’
un
regalo di Damon. Pensò con un moto di soddisfazione. Sì, ma te l’ha comprato
parecchi anni fa. Non hai sentito Stefan? Ora
lui è arrabbiato con te. Non sei più la sua Sissi.
Tirò
su con il naso per evitare di
ricominciare a piangere. Si mise su
un fianco, si strinse a Stefan e chiuse gli occhi.
I
raggi del sole penetrarono attraverso
le tende aperte e colpirono Bonnie dritti in viso. La ragazza a fatica
aprì gli
occhi e, dopo qualche attimo di smarrimento, fu felice nel constatare
che
finalmente il temporale era finito, lasciando posto al bel tempo. Si
stiracchiò
allungando le braccia e toccò con la punta delle dita un
qualcosa di solido.
Scattò
a sedere e tolse il cuscino,
agguantando il libro che aveva nascosto la notte prima. Presa da una
curiosità
micidiale, lo aprì alla prima pagina. Il testo presentava
un’introduzione sul
termine vampiro, la sua origine, il
significato, con l’aggiunta di alcune notizie di carattere
storico.
Continuando
a sfogliare le pagine,
Bonnie poté appurare che era diviso in capitoli, ognuno
riguardante un
argomento diverso: come riconoscere un vampiro, le abitudini di un
vampiro,
come uccidere un vampiro, leggende moderne legate ai vampiri, il
vampiro nella
società contemporanea e via scorrendo.
Bonnie
trovava quella scoperta del
tutto assurda. Perché mai suo fratello avrebbe dovuto
conservare un libro sui
vampiri, celato sotto una pila di vestiti? Un libro piuttosto inconcepibile tra
l’altro. Sembrava scritto
apposta per uno di quei malati del soprannaturale che le capitava di
vedere in
qualche programma TV dedicato all’occulto. Suo fratello non
era proprio il tipo
da credere in certe cose.
È
da un bel pezzo che non lo vedo, potrebbe anche essere impazzito mentre
io non c’ero.
Suppose sorridendo scherzosamente. Magari ora
è da qualche parte a cercare una
presenza aliena sulla Terra.
“Bonnie,
muoviti! Hai l’appuntamento
con il preside per l’ammissione a scuola” le
urlò Stefan dal piano di sotto.
Bonnie
guardò l’ora accorgendosi di
quanto fosse tardi. Si alzò dal letto e volò in
bagno per lavarsi e cambiarsi.
Prima
di uscire, ritirò il libro e la
sella sotto il letto. Non voleva che nessuno (ovvero Damon) scoprisse
quello
che aveva trovato in camera del fratello.
Il
preside era un omino basso, un po’
grassoccio, con due baffetti talmente sottili che quasi non si
vedevano.
A
parte il saluto iniziale non le aveva
ancora rivolta parola. Era troppo intento a far scorrere lo sguardo sul
suo
curriculum scolastico e sui suoi documenti.
Bonnie
si torturava le mani sotto il
tavolo. Aveva una paura folle che qualcosa non andasse bene.
Fino
a che il preside non alzò gli
occhietti su di lei e le sorrise “E’ tutto
perfetto, signorina Salvatore. I
suoi voti sono ottimi e le sue attività extrascolastiche
sono impressionanti.
Siamo molto fortunati ad averla al Robert Lee” disse firmando
alcuni fogli
“L’unica pecca è matematica: vedo che
è un po’ indietro con il programma;
dovrà
prendere delle ripetizioni. Ma non si preoccupi le affiancheremo la
nostra
migliore studentessa”.
Bonnie
annuì e ringraziò. Odiava
matematica, ma pur di rimanere in quella scuola era disposta a
diventare un
genio dell’algebra!
Salutò
cordialmente il preside, prese i
fogli che le aveva consegnato e andò in segreteria per fare
formalizzare tutto.
Appoggiata
al banco c’era una ragazza
mora, abbastanza alta, che pareva aspettare impazientemente qualcosa.
Bonnie
le si affiancò e attese il suo
turno, appoggiando i documenti sul tavolo. La ragazza mora dovette
leggere i
moduli d’iscrizione, perché le sorrise con
gentilezza e le chiese “Sei nuova?”.
“Sì”
rispose Bonnie ricambiando il
sorriso “Sono appena arrivata da Roma”.
“Ah!”
esclamò sorpresa l’altra “Sei
italiana? Complimenti per l’accento, perché non
l’avrei mai detto!”.
“Oh,
no, no. Sono di qui, di Fell’s
Church, ho solo studiato in Italia per qualche anno” si
chiarì meglio “Sono
tornata per stare con la mia famiglia”.
“Che
carina” si commosse quasi la mora,
poi cambiò totalmente discorso “Spero che tu non
abbia impegni, perché qui se
la stanno prendendo con calma” disse alludendo alle
segretarie “Mi hanno
chiamata per delle ripetizioni di matematica, ma non si degnano nemmeno
di
dirmi il nome della ragazza cui devo insegnare”.
Bonnie
si passò una mano tra i capelli
“Credo di essere io quella ragazza, sai”
dichiarò piuttosto sicura “Sono una
vera frana con i numeri e devo recuperare parecchie cose. Ti
è toccata
un’alunna davvero disastrosa”.
“Fantastico!
Ti ho trovata!” si
rallegrò la mora “E non preoccuparti, sono certa
che lavoreremo benissimo
insieme. Mi sei già simpatica”.
“Grazie,
anche tu!” rispose Bonnie “Io
mi chiamo Bonnie” e le porse la mano.
L’altra
ragazza gliela strinse
energicamente “Meredith … Sulez”.
“But as you
sleep, and none is listening
I will lift you off your feet, I’ll keep you from sinking
don't you wake up yet, cause soon I’ll be leaving you
soon I’ll be leaving you, but you won't be leaving
me”
(As you sleep-
Something Corporate)
Il
mio spazio:
*Ho
rispolverato la mitologia che mi
ero creata da bambina per i mostri che popolavano la mia stanza (ahah)!
Giusto
per spiegarvi: nella mia mente bacata il Babau stava sotto il letto,
mentre
l’uomo nero nell’armadio! Lo che tecnicamente
dovrebbero essere la stessa cosa,
ma io li distinguevo; tanto per mettermi un po’ di paura da
sola!
**Ho
pensato fosse un’idea simpatica
dare al manuale di Zach lo stesso nome della serie della Smith.
***Sono
stata a Roma un po’ di volte,
ma sinceramente non ricordo bene la posizione esatta delle fermate
della metro,
quindi sono andata a fare una piccola ricerca su Internet. Non so se ho
scritto
delle cose verosimili o delle emerite cavolate! Se tra voi lettrici
c’è qualche
romana, mi scuso per gli errori =)
Ecco
qua il nuovo capitolo.
Piano
piano stiamo entrando nel vivo
della storia, cominciano a comparire i primi elementi che faranno da
traino
alla narrazione. Il sogno di Bonnie non è altro che un suo
ricordo di qualche
mese prima, ma quel particolare finale è indicativo su cosa
accadrà nelle
prossime puntate (eheh).
Ho
pensato di dover analizzare i
pensieri di Bonnie, dato che nello scorso capitolo più che
altro mi ero
focalizzata sull’incontro con Elena e il confronto con Damon.
A proposito del
nostro vampiro, il prossimo capitolo sarà prevalentemente
incentrato su di lui
(almeno credo), anche se ci saranno di certo delle parti su Bonnie. Non
dimentichiamoci che ha trovato un libro parecchio interessante che
forse le
aprirà gli occhi o per lo meno le darà una spinta
in quella direzione.
E
poi è arrivata anche Meredith, anche
se la sua è una piccola comparsa! Ma prossimamente la sua
presenza sarà più
rilevante.
Dato
che ho un po’ di tempo mi
piacerebbe ricordare e ringraziare:
Chi
ha recensito lo scorso capitolo:
gaga96
gabirellasalvatore
luna
nueva 96
Chi
ha inserito la storia tra le preferite:
Bonnie98
BonnieMora
cyclopis
irene862
Lunetta921
mapi93
Paow
roxxx
Sweet Bleeding Star
TheGentle95
Chi
tra le seguite:
Amy
In Wonderland
ania2692
Barrowman
Bonnie98
Desyree92
espa2009
gabriellasalvatore
InsaneLady
iosnio90
irene862
polli10
Samirina
Saruxxa
SassyKat
sonnensystem
tykisgirl
Vampire
and Witch
Chi
tra le
ricordate:
Alessia
Killyourself
E
ovviamente anche chi legge in silenzio! Grazie mille! =)
Ora
vi lascio con la mia ultima pazzia, ovvero ciò che la
mia mente psicotica ha elaborato durante un’ora di latino.
È
la trama di una nuova storia cui sto lavorando, vorrei
sentire le vostre opinioni: se secondo voi è una buona idea
oppure il
contrario.
Little
Crazy Thing Called Love:
Bonnie
McCullough ha
diciassette anni, i capelli rosso fuoco, il fiso a forma di cuore ed
è sempre
stata considerata da tutti la classica ragazza dalla porta accanto.
Circondata
da amiche più popolari e speciali di lei, non si
è mai distinta tra la folla e
nemmeno ha mai desiderato farlo. La sua esistenza in fondo è
tranquilla e ha
tutto quello che una ragazza possa desiderare, compreso un migliore
amico
premuroso, affettuoso e piuttosto figo: Stefan Salvatore. Tanto
è legata a
quest’ultimo quanto non sopporta il fratello, Damon, tipico
universitario
rubacuori, menefreghista e arrogante. I due Salvatore hanno sempre
avuto degli
attriti (specialmente dopo la morte della madre), ma ultimamente le
cose si
sono fatte più tese: Stefan è riuscito a
conquistare il cuore della bella
Elena, la giovane per cui Damon ha sempre avuto un debole e che non
è mai
caduta ai suoi piedi. Ma cosa succederebbe se la gemella di Elena,
Katherine,
ricomparisse a Fell’s Church dopo anni trascorsi a Parigi?
Caroline di certo
impazzirebbe nel vedere un’altra Gilbert rubarle la corona di
reginetta della
scuola e Damon finalmente realizzerebbe il suo sogno di avere qualcuno
fisicamente uguale ad Elena, ma con un carattere più forte,
più sicuro e
sfacciato. Qualcuno da non dover dividere con il fratello. Ma se
Katherine si
volesse divertire con entrambi?
E
se Bonnie, dopo
un’estate passata con le amiche in Spagna, tornasse
più matura, più bella, più
affascinante, insomma più donna
e
iniziasse ad attirare gli sguardi dei ragazzi? Damon continuerebbe a
considerarla solo come la migliore amica di suo fratello o cercherebbe
di
aggiungere il suo nome alla già lunghissima lista di ragazze
con cui è stato?
Senza dimenticarci
ovviamente di Meredith, alle prese con una cotta allucinante per il suo
professore di storia, Alaric Saltzman.
Niente vampiri, streghe,
lupi mannari. Nessuna complicazione paranormale. Solo dei semplici
ragazzi che
dovranno affrontare i soliti problemi adolescenziali. Il mondo non
dovrà essere
salvato, ma chissà se i nostri protagonisti ce la faranno a
superare indenni
l’ultimo anno del liceo e la loro prova più
grande: crescere.
Grazie
ancora! Alla prossima!
Fran
;)
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Capitolo 7 *** Have you come to raise the dead? ***
Ashes &Wine
Capitolo sette: Have you come to raise the
dead?
“It's the first
time I've ever felt this lonely,
Wish someone would cure this pain
It's funny when you think it's gonna work out”
(Too much to
ask- Avril Lavigne)
Casa
Forbes non gli era mai piaciuta. Troppo bianca, troppo
luminosa e soprattutto troppa Caroline. Quella ragazza era fastidiosa
quanto
una puntura di zanzara.
In
quel momento passava da una stanza all’altra, in
biancheria intima, imprecando e strepitando perché non
trovava una gonna.
Damon
se ne stava seduto sul letto e la guardava con
cipiglio annoiato. Un tempo su letto di Caroline Forbes* era stato
abituato a
fare ben altro.
Purtroppo
c’era stato un susseguirsi di seccature che poco
alla volta gli avevano tolto il suo giocattolino dalle mani: prima suo
fratello
con tutta la sua voglia di fare l’eroe aveva fatto in modo
che Caroline avesse
un ciondolo alla verbena; poi quella stronza di Katherine
l’aveva vampirizzata.
Così
la ragazza era riuscita a combattere l’ipnosi che il
vampiro le aveva imposto e si era ricordata tutto. L’aveva
letteralmente preso
a calci per vendicarsi e Damon non poteva darle torto. Si era
comportato da
vero bastardo, ma si era divertito così tanto! Avrebbe tanto
voluto
rinfrescarsi la memoria (tutto pur di zittirla), ma
considerò che lei non
sarebbe stata d’accordo.
Finalmente
Caroline ricomparve in camera indossando la gonna
incriminata e, ancora mezza svestita, si mise le mani sui fianchi come
una
maestrina e lo degnò della sua attenzione “Cosa
vuoi, Damon? Devo andare a
scuola”.
“Uh,
niente di particolare. Volevo solo sapere come procede
con il lupetto** ”.
“Bene,
non ha ancora idea di cosa stia succedendo ed è
ancora tutto umano”
rispose frugando
nell’armadio in cerca di una maglietta da abbinare alla gonna
“Ma questo lo
sapevi già; te l’ho detto non meno di due giorni
fa”.
“Due
giorni sono un’eternità, possono accadere un sacco
di
cose”.
“Il
vero motivo, Damon?” tagliò corto lei “E
in fretta se
possibile, ti ho già detto che sono in ritardo”.
Damon
rimase un attimo stordito dalla risolutezza della
giovane. Da quando era diventata una vampira era maturata in modo
impressionante. Ma rimane fastidiosa. “Mia
nipote è tornata in città, te l’ho
già detto?”.
“Me
l’hai accennato” stette vaga “E
ovviamente Elena mi ha
detto che stai già facendo lo stronzo”.
Perché
le donne non si
fanno mai i fatti loro?
“Guarda
che ti sento” gli fece notare Caroline.
Rettifico:
è diventata
anche più fastidiosa.
Caroline
gli lanciò un’occhiataccia “Puoi
gentilmente
arrivare al punto?”.
“Devi
distrarla”.
“Scusami?”
chiese attonita.
“Coinvolgila
in qualche attività extrascolastica … tipo
comitato per i balli, beneficienza, dècoupage, qualunque
cosa va bene; basta
che la tenga ben lontana dalla questione ‘vampiri’
”.
Caroline
s’immobilizzò all’istante e
allargò gli occhi “Sa
di noi?”.
“Stiamo
cercando di scoprirlo” disse Damon con aria annoiata
“E’ qui che entri in gioco tu: se tu le tieni la
mente occupata, lei non avrà
tempo di pensare a Zach e di indagare sulla sua misteriosa partenza;
ergo le
probabilità che venga a sapere della nostra natura
vampiresca si riducono
praticamente a zero”.
“Blu
o rosa?” domandò Caroline mostrandogli due
camicie,
senza prestare attenzione al suo discorso.
Damon
indicò svogliatamente quella rosa. Caroline
s’infilò
la camicia blu.
“Comunque
non contare su di me, Damon. Non ti aiuterò a
prenderla in giro. Ha tutto il diritto di sapere come stanno le cose. Era sua fratello dopotutto …”
si diede
una pettinata veloce ai capelli e continuò “
… che tu hai ucciso; senza contare
che al suo posto avrei potuto esserci io”
puntualizzò rammentando come fosse
scappata a gambe levate dal Pensionato, dopo aver liberato il vampiro.
“Me
lo devi, ti ho salvato la vita!”
s’impuntò Damon.
“Ma
quando mai?” disse con sarcasmo.
“Dopo
l’incidente in macchina. Se io non ti avessi dato il
mio sangue, ora saresti morta” le ricordò con fare
piccato.
“Ma
io sono morta”
lo corresse Caroline “Per colpa di quella psicopatica della
tua ex ragazza” poi
fece una pausa “E se sono ancora qui è solo grazie
ad Elena. Tu mi volevi
conficcare un paletto nel cuore appena hai scoperto che ero diventata
una
vampira” gli rinfrescò la memoria.
“Ma
non l’ho fatto”.
“Non
le mentirò, Damon. Non sarò io a farle crede che
suo
fratello è ancora vivo; non è giusto”
affermò categorica.
Damon
digrignò i denti maledicendo quel ridicolo senso di
onestà che la ragazza aveva sviluppato dopo la
trasformazione. Quanto gli
mancavano i tempi in cui era un’ochetta senza rimorsi, che
puntava solo a
soffiare il trono di reginetta della scuola ad Elena. Ma ci doveva
essere in
lei ancora un lato egoista; per forza.
“Caroline,
questa è una cosa che riguarda anche te” le disse
con un sorrisino.
“La
mia risposta è sempre no” cantilenò
lei, godendosi il
momento. Adorava mettere i bastoni tra le ruote a Damon Salvatore.
Seppe
di aver tirato troppo la corda quando si ritrovò
attaccata alla parete della camera, con una mano di Damon premuta sulla
gola e
il suo volto minaccioso a pochi centimetri dal suo “Non te lo
sto chiedendo,
Forbes” le ringhiò.
Caroline
cercò di levarselo di dosso, ma lui era molto più
vecchio e troppo forte.
“Conviene
a tutti che la mia cara nipotina continui a
brancolare nel vuoto. Non vorrai mica che se ne vada per le strade di
Fell’s
Church ad urlare che i vampiri sono ritornati, vero? È tanto
rischioso per noi,
quanto per te!” allentò un po’ la
stretta “Che direbbe la mammina- sceriffo se
sapesse che sua figlia è una baby vampira?”.
“Va’
all’Inferno!” sibilò Caroline.
“Credo
che ci andremo insieme se il Consiglio dovesse
scoprire il nostro piccolo segreto” suppose liberandola.
“Allora posso contare
sulla tua collaborazione?”.
“Ho
altra scelta?”.
“No”
dichiarò lui “Oh, un’altra cosa.
Controlla se indossa
dei gioielli o qualunque cosa che possa contenere della
verbena” le ordinò.
“Resiste
all’ipnosi?” s’informò lei.
“Pare
di sì … anche se a tratti”.
“Che
vuol dire a tratti???”.
“Fai
un po’ troppe domande, Forbes”.
Caroline
stava per rispondergli per le rime, quando vennero
interrotti dalla voce di Liz Forbes che chiamava la figlia per
colazione.
“Non
ho tempo mamma, sono in ritardo” le urlò di
rimando
“Devo andare ad ingannare l’ennesima poveraccia che
Damon Salvatore ha deciso
di prendere per il culo”. Questo lo disse abbassando di poco
la voce.
“Cosa?”
gridò Liz dalla cucina, non avendo sentito bene
l’ultima parte.
“Niente!”
la tranquillizzò Caroline, poi riportò
l’attenzione su Damon e lo avvertì stringendo gli
occhi “Non farmene pentire”.
Damon
ghignò, avvinandosi alla finestra con tutta
l’intenzione di saltare giù. Prima di sparire
oltre il davanzale, si voltò ancora
una vota “Ehi, Caroline” la richiamò
“Sta’ lontana da Tyler Smallwood. Evita di
metterti in pericolo se puoi evitarlo” le
consigliò. Poi si trasformò in corvo
e volò via.
Non
l’avrebbe mai confessato a nessuno, ma in un certo senso
era finito per affezionarsi a quella vampira formato- barbie.
Gli
sarebbe dispiaciuto se le fosse accaduto qualcosa di
male.
Caroline
parcheggiò la macchina nel posteggio della scuola.
Agguantò la borsa con uno scatto e aprì la
portiera. Dopo aver chiuso l’auto si
diresse come un razzo
in classe
ringraziando di avere la sua supervelocità vampiresca e
maledicendo invece quel
dannato Salvatore!
Si
era fatta incastrare, di nuovo! Come un’allocca!
Entrò
in aula e la sondò in cerca della nuova arrivata. La
individuò all’istante: gracilina, capelli rossi,
occhi grandi e castani, viso a
forma di cuore ed estremamente dolce. Si sentì in colpa al
pensiero di quello
che doveva fare.
Solo
a vederla appariva una ragazza così tenera e fragile.
Il
posto accanto a Bonnie era libero e il professore non era
ancora arrivato. Caroline colse l’occasione per iniziare a
fare amicizia.
Le
si sedette a fianco e, senza neanche darle il tempo di
accorgersi della sua presenza, le parò la mano sotto al naso
presentandosi
“Ciao, io sono Caroline Forbes. Tu sei nuova, vero?
È un piacere conoscerti!”.
Bonnie
la guardò un po’ sorpresa “Piacere mio.
Mi chiamo
Bonnie … Salvatore”.
“Sei
parente di Stefan e Damon?” chiese fingendosi colpita
nell’udire quel cognome.
“Sono
i miei zii, li conosci?”.
“Beh
Stefan è un mio amico” spiegò Caroline
“E Damon …
diciamo che sono stata obbligata a
conoscerlo” cercò di non entrare troppo nei
dettagli “Allora, come mai non ti
ho mai vista da queste parti?”.
“Ho
studiato in Italia” rispose semplicemente.
“Ma
va? Che bello!” Forbes
sei una bugiarda nata! “E come ti trovi
qui?”.
Bonnie
parve impreparata su quella domanda “Bene”
affermò
con poca convinzione, con il solo effetto di far sentire Caroline
ancora più
uno schifo.
La
ragazza si scostò la frangia ramata dagli occhi verdi e
distolse lo sguardo per andare ad incontrare quello di Elena.
L’amica corrugò
la fronte e fece un cenno del capo come a dire ‘che stai
facendo?’, ma Caroline
non sarebbe riuscita ad affrontare quegli occhi blu che si facevano
sempre più
insistenti; così si rivolse nuovamente a Bonnie ed
esibì un grosso sorriso.
“Ti
sei già iscritta a qualche attività
extra-scolastica?”
le chiese.
“In
realtà no. Questo è il mio primo giorno al Robert
E.
Lee. Devo ancora imparare ad orientarmi” le
confidò Bonnie.
“Ti
aiuto io, dove sta il problema?” si offrì Caroline
che,
missione a parte, cominciava già a provare una certa
simpatia verso Bonnie
“Praticamente sono a capo di ogni club o associazione in
questo posto. Credimi,
nessuno meglio di me potrebbe consigliarti”.
“Grazie,
mi faresti davvero un favore” le sorrise Bonnie.
Improvvisamente
le cadde l’occhio sul bracciale con i
ciondoli che l’altra ragazza portava al polso e un campanello
di allarme le
suonò in testa.
Ricordi
che ti ha detto
Damon? Devi scoprire se ha addosso della verbena.
“Che
bel braccialetto” si complimentò “Posso
vederlo?”.
“Certo”
acconsentì Bonnie sganciandoselo “Me
l’ha regalato
mio fratello”.
Caroline
lo prese tra le mani con cautela; sapeva che se ci
fosse stata della verbena all’interno, le avrebbe bruciato le
dita. Lo sfiorò
allertando tutti i sensi, ma non accadde nulla. Sospirò di
sollievo: era un
braccialetto comunissimo. Controllò se Bonnie indossasse
qualche altro
gioiello, ma non vide niente. Neanche una cavigliera sulle gambe
scoperte dalla
gonna di jeans.
Decise
di cambiare totalmente discorso, prima di destare
sospetti.
“E
conosci qualcun altro, a parte Stefan ovviamente?”
s’informò Caroline.
“Sì
Elena, la ragazza di Stefan e Meredith … lei mi
dà
ripetizioni di matematica”.
“Sul
serio? Sono le mie due migliore amiche!” esclamò
Caroline “Allora hai già conosciuto tutti quelli
che contano”. Ogni tanto la
vecchia snob Caroline ri-saltava fuori “Ti mancano solo Tyler
Smallwood, che è
quello laggiù – e lo indicò con un
dito- e Matt Honeycutt che è …”.
Non
continuò la frase perché Bonnie la interruppe
“E’ il tuo
ragazzo” concluse per lei, piuttosto sicura di cosa stava
dichiarando.
“N-
no … perché dici questo?”
negò Caroline mentre le guance
le si arrossavano.
“E’
per caso quel biondo seduto in seconda fila?”
domandò
Bonnie.
“Sì”
confermò Caroline.
“Non
ti ha staccato gli occhi di dosso da quando sei
entrata”.
L’aveva
già detto che
quella ragazza le stava oltremodo simpatica?
Quando
Stefan rientrò in casa, dopo aver riaccompagnato
Elena, pensò subito che un ladro si fosse intrufolato per
sgraffignare qualche
cimelio di famiglia. Almeno quella era l’impressione che
chiunque si sarebbe
fatto, se avesse sentito tutto quel fracasso provenire dal primo piano.
Stefan
con il suo udito sovrumano poteva distinguere
chiaramente il rumore di mani che raschiavano nei cassetti, gettando
per terra
tutto ciò che trovavano.
In
un attimo salì le scale e si trovò di fronte alla
camera
di Bonnie. La porta era spalancata e Stefan ci mise meno di due secondi
a capire
il perché di tutto quel casino. Non era stato un ladro a
provocarlo, ma Damon.
“Mi
piacerebbe tanto sapere che stai facendo?” gli
domandò
con tono da inquisitore.
“E
a me piacerebbe che tu non mi fossi sempre intorno. Non
possiamo avere tutto dalla vita, fratellino” lo
zittì, mentre si appoggiava
alla scrivania e si voltava a fronteggiarlo con il suo solito ghigno da
sbruffone.
Stefan
alzò le sopracciglia, constatando quanto disordine ci
fosse in quella stanza “Seriamente che hai in
mente?”.
“Mi
ha chiamato Caroline, mi ha assicurato che Bonnie non
indossa niente che possa contenere verbena”.
“Cosa
c’entra Caroline adesso?”.
“Le
ho detto di tenere d’occhio Bonnie. Distrarla se
può,
togliercela dai piedi per un po’ e controllare se porta
gioielli o cose simili.
Ma a quanto pare non ha nulla su di
sé,
quindi deve avere la verbena dentro di
sé; ed è quello che sto
cercando”.
“Credi
che abbia delle foglie di verbena nascoste sotto il
cuscino?” chiese Stefan con evidente sarcasmo.
“No
lì ho già controllato”
dichiarò perlustrando la stanza
con sguardo attento, poi s’illuminò “Non
sotto il materasso, però!” esclamò,
lanciandosi verso il letto e sollevando il materasso. Tirò
fuori trionfante un
libro dalla copertina rossa.
Lo
dicevo che non è mai
stata originale nei nascondigli.
Quel
tomo, però, non aveva niente a che spartire con la
verbena, ma il titolo era comunque notevole: ‘Il diario del
Vampiro’.
Lo
girò davanti e dietro e lo mostrò a Stefan.
Questi glielo
tolse dalle mani e lo esaminò “E’ di
Zach” dichiarò.
“Ne
sei sicuro?”.
“Sì,
lo leggeva a volte … è difficile non
notarlo” disse
alludendo alla copertina rossa sgargiante.
“Perché
mai Zach possedeva un libro del genere?!”.
“Avere
per parenti due vampiri centenari penso sia una buona
motivazione; soprattutto quando capita che uno di questi è
un assassino fuori
di testa”.
Damon
ignorò la frecciatina e si concentrò sulla sua
scoperta “Pensi che sappia?”.
“Il
fatto che abbia quel libro non significa nulla, potrebbe
averlo trovato frugando tra le cose di Zach”
ipotizzò Stefan.
“Vero”
concordò Damon “Ma questo potrebbe anche darle un
paio di idee interessanti sulla scomparsa di suo fratello”.
“Rimettilo
a posto, Damon” gli ordinò Stefan “Se
non lo
trovasse più, potrebbe insospettirsi sul serio”.
Il
fratello sbuffò sedendosi sul letto “Dio, quanto
odio
quella ragazzina!” imprecò.
Stefan
si spostò verso di lui con molta lentezza, esibendo
un sorrisino di chi la sapeva lunga e iniziò un discorso
totalmente diverso
“Allora …” e fece una lunga pausa
“Come mai hai graziato Sissi permettendole di
restare?”.
“Abbiamo
fatto una piccola chiacchierata” rispose evasivo
“Sono saltate fuori delle cose … sembra che Zach
ci abbia fregati tutti e tre”.
“Ammetti
quindi di aver fatto un errore nel giudicarla
male?”.
“E’
stato un fraintendimento, non un errore” ci tenne a
precisare Damon “ … e so anche a cosa stai
pensando e ti dico di non farti
strane idee”.
“Andiamo,
Damon!” sbottò esasperato Stefan “So
perfettamente
che in un modo tutto tuo sei contento che Bonnie stia qui.
L’hai riportata qui
l’altra notte, sei uscito a cercarla e l’hai
trovata, perché eri preoccupato
per lei”.
“Ero
preoccupato per me” lo corresse “Non volevo che ci
cacciasse nei guai con lo sceriffo ed è per lo stesso motivo
che la lascio
vivere qui. Preferisco tenerla sott’occhio” poi il
suo sguardo s’indurì “Ma
puoi star certo che se dovesse mai fare qualcosa che metta in pericolo
il
nostro segreto, non esiterò a squarciarle la gola”
gli intimò mentre rimetteva
il libro al suo posto.
“Non
le farai del male, Damon. Dovrai passare sul mio
cadavere”.
“Minaccia
piuttosto blanda dato che sei morto cinquecento
anni fa” gli ricordò riprendendo tutta la sua
ironia. Gli passò accanto e gli
batté una mano sulla spalla “Metti in ordine
tu?” gli chiese prima di scivolare
con grazia fuori dalla camera, diretto verso la sua.
Si
chiuse la porta alle spalle e si lasciò cadere sul letto
a peso morto. Non ne poteva più di tutti quei problemi.
Né di suo fratello. Né
di Bonnie.
Non
l’avrebbe mai uccisa, di questo ne era certo. Non ci sarebbe
riuscito. Per quanto detestasse ammetterlo, Bonnie era la prima che gli
era
entrata dentro dopo secoli. Nessuna
ossessione, nessuna perversione, nessun secondo fine. Semplice e puro
affetto,
del tutto innocente e autentico.
Non
l’avrebbe mai toccata con un dito. A meno che non fosse
stato ubriaco e incazzato; in quel caso tutto sarebbe stato possibile.
Ma
prendere in giro Stefan era diventato ormai il suo sport
preferito (dopo il sesso ovviamente). Adorava tenerlo in continuazione
sul filo
del rasoio, sulla difensiva. Atteggiarsi da mina vagante, sempre sul
punto di
esplodere, era il modo migliore per farlo impazzire. Dopo tutto se lo
meritava:
gli aveva portato via prima la madre, poi Katherine e infine Elena.
Elena;
la sosia di Katherine. Tanto simile a
lei fisicamente quanto diversa nei comportamenti. Elena era forte,
sicura di sé
e inflessibile e soprattutto non manipolava le persone e
quest’ultimo punto
andava di sicuro in favore del fratello. Elena era totalmente devota a
Stefan e
non lo avrebbe mai lasciato per stare con lui,
un vampiro assetato di sangue e di potere, cui non importava di ferire
gli
altri.
Nonostante
fosse dura da accettare, Stefan si era
all'altezza di Elena; Stefan era degno di Elena; Stefan era
l’uomo giusto per
Elena. Ma Damon non riusciva a togliersela dalla testa. Quello che era
cominciato soltanto come un altro modo di tormentare suo fratello, era
finito
in qualcosa di più grande e incontrollabile. Damon aveva
iniziato a tenerci, ad
innamorarsi. La storia si stava
ripetendo e lui sapeva benissimo che non sarebbe andata diversamente
dall’ultima volta.
Non
sarò scelto. Quel
pensiero lo logorava notte e
giorno, senza tregua.
Aveva
permesso a Bonnie di rimanere a Fell’s Church in parte
per Elena; lei era stata capace di toccarlo nel profondo con il suo
discorso,
di farlo sentire in colpa. Poi ci si era messa anche Bonnie con quegli
occhioni
da cane bastonato e lui aveva ceduto; non aveva potuto far altro.
Sei
schiavo di due donne
che ti odiano.
Si vergognava solo a
pensarlo.
Dov’era
finito il Damon Salvatore senza sentimenti? Gli
mancava così tanto.
La
notte prima, quando Bonnie era scesa in salone tutta
spaventata per via del temporale, gli era sembrato di tornare indietro
di anni,
di vedere quella bambina che correva da lui perché aveva
paura del buio.
Era
in quel momento che aveva sentito un pensiero della
ragazza. Si era stupito parecchio. Credeva che Bonnie avesse
costantemente
addosso della verbena, ma evidentemente le cose non stavano
così.
Questo
portava con sé un dubbio ancora più grande, un
mistero che si andava ad infittire ancora di più: quanto ne
sapeva di loro?
Si
supponeva che una ragazza a conoscenza di un segreto così
pericoloso, come poteva essere dividere la casa con due vampiri,
cercasse di
proteggersi in tutti i modi possibili. La verbena era in cima alla
lista delle
difese contro i giochi mentali dei vampiri, rendeva immuni dagli
attacchi
psicologici e dava un gran vantaggio.
Perché
mai non accertarsi di assumerla regolarmente?
Dopo
che Caroline gli aveva confermato che Bonnie non
portava gioielli né nient’altro che potesse
contenere verbena, Damon era
arrivato alla conclusione che Zach non le avesse raccontato la
verità; almeno
non tutta.
Sentì
la rabbia ribollire ripensando a quel grandissimo
infame del suo pro- pro- pro-pro nipote. Come aveva potuto mentire a
tutti e
tre in maniera così sfacciata? Come aveva potuto far credere
ad una ragazzina
di undici anni di non essere voluta dalle uniche persone che le erano
rimaste
al mondo?
Quindi
ora non sei più
arrabbiato con lei?
Ecco
di nuovo che la sua coscienza faceva la sua comparsa
con la voce di suo fratello. Che cosa fastidiosa!
Era
ancora arrabbiato con Bonnie. Molto.
Lei
che con la sua inattesa ricomparsa gli aveva riportato
alla mente ricordi che avrebbe preferito lasciare nel dimenticatoio.
Lei con
tutta la sua voglia di giocare alla famigliola felice. Lei che si
aspettava di
essere riaccolta a braccia aperte, di trovare tutto esattamente come lo
aveva
lasciato, che pretendeva di sistemare tutto tornando a casa come se il
tempo
non fosse mai passato. Cosa credeva? Di riesumare ciò che
era ormai sepolto,
ciò che era morto?
Damon
non riusciva a perdonarla.
Perdonarla
di cosa?
Di
avermi abbandonato.
Si
pentì subito di averlo pensato. Scosse la testa
indignato; si stava rammollendo, si stava decisamente trasformando in
un
mollaccione.
Controllare
Bonnie era l’obiettivo primario, scoprire che
diamine avesse in mente diventava di vitale importanza, tutto il resto
passava
in secondo piano.
Aveva
tutta l’eternità per analizzare se stesso e per
ritornare ai tempi d’oro della sua cattiveria. Ora doveva
solo rimanere
concentrato.
Era
passata quasi una settimana da quando era arrivata a
Fell’s Church e la situazione in casa non era affatto
cambiata.
Stefan
la trattava splendidamente come al solito, si
prendeva cura di lei, le faceva da mangiare e appena aveva tempo si
precipitava
a farle compagnia.
Damon
invece si ostinava ad ignorarla. Non la insultava più,
non le rispondeva male, non si comportava da stronzo. Semplicemente
faceva come
se non esistesse. Ed era anche peggio.
Insomma
le aveva permesso di restare al Pensionato, non
aveva più accennato a rimandarla in Italia, doveva pur
essersi un po’
addolcito!
Nonostante
Stefan si adoperasse per farla sentire in
famiglia, Bonnie avvertiva la solitudine farsi sempre più
pesante.
Tutto
quel tempo trascorso con se stessa le aveva, però,
dato la possibilità di studiare più e
più volte il libro sui vampiri.
Aveva
letto delle cose davvero curiose, ma totalmente
campate per aria. Non credeva a una singola parola. Erano tante belle
storie
per spaventare i più suggestionabili, niente di
più.
Un
particolare l’aveva colpita, però. Era un
paragrafo
dedicato alle debolezze dei vampiri; spiegava come la luce del sole
fosse
fatale per quegli esseri maledetti e fin qui nulla di nuovo. La parte
interessante arrivava qualche riga più sotto.
Per
secoli, generazioni
di uomini si sono illusi di poter individuare un vampiro in maniera
facile e
veloce: chi camminava alla luce del sole, era automaticamente escluso
dalla
cerchia dei sospetti.
L’errore
dei nostri
predecessori stava nel considerarsi più furbi dei vampiri.
Non avrebbero mai
immaginato che i vampiri potessero aver un alleato-nemico che avrebbe
concesso
loro l’immunità dai raggi solari: le streghe.
Streghe,
maghi, sciamani
o come li si vuol chiamare erano, infatti, in grado di incantare degli
oggetti
(solitamente gioielli o comunque qualcosa che si potesse indossare) che permettevano ai
cosiddetti non-
morti di camminare tranquillamente di giorno,
sotto il sole.
A
Bonnie erano subito venuti in mente gli anelli di Damon e
Stefan, quelli con lo stemma di famiglia. Non sapeva perché
avesse fatto quel
collegamento. Si era data della paranoica. La misteriosa partenza di
Zach la
stava mandando fuori di testa; doveva essere così. Ormai la
cosa diventava
talmente assurda che apriva la strada ad ogni congettura, anche la
più
improbabile ( in questo caso anche impossibile).
Posò
il libro accanto a sé e si stese sul copriletto. Era
quasi sera, aveva finito tutti i compiti e aspettava Stefan per cenare.
Damon
doveva essere fuori chissà dove.
Bonnie
guardò il cellulare e, colta da uno slancio
improvviso, lo afferrò e compose il numero del telefono di
Zach. Dopo pochi
secondi rispose la segreteria.
Con
uno scatto di rabbia, riagganciò e buttò il
cellulare
dall’altra parte della stanza. Questo si aprì in
due e Bonnie inveì.
“Sissi?
Va tutto bene?”.
La
rossa si girò verso la porta aperta e vide Stefan
appoggiato allo stipite che la guardava con preoccupazione.
“Splendidamente”
sorrise falsamente lei; per fortuna Stefan
non ci badò molto, pensando che forse la ragazza fosse in quel periodo del mese.
“Mi
ha chiamato Elena, mi ha invitato a cena. Vieni anche
tu?”.
E
fare dal terzo incomodo tutta sera, mentre la coppia
perfetta le sbandierava in faccia tutta la sua felicità? No,
grazie.
“Ti
ringrazio Stefan, ma sono un po’ stanca”
mentì.
“Ok,
allora la richiamo e le dico che non vado neanche io”.
“Co
… cosa? Perché?”.
“Non
mi va di lasciarti sola, Bonnie”.
“Stefan”
incominciò lei “Hai tutto il diritto di passare
una
sera romantica con la tua ragazza senza che la nipotina sfigata ti stia
tra i
piedi”.
“Tu
non sei sfigata” la interruppe lui.
Bonnie
sorrise teneramente “Starò bene, ok? Posso
sopravvivere un paio d’ore senza di te. Tu vai e goditi la
serata. Io farò
qualcosa da mangiare poi m’infilerò a letto e se
Dio vuole non dovrò neanche
incrociare Damon” sperò con tutto il cuore. Stare
con lui nella stessa stanza
non la metteva a suo agio. Era come se un muro di cemento se ne andasse
in giro
piazzandosi ogni volta tra loro due. Era come se Bonnie potesse vedere
Damon,
ma Damon no. Non la degnava di uno sguardo. Invisibile. Era diventata
invisibile.
“Lascialo
perdere” le consigliò Stefan
“E’ entrato in
modalità ‘non posso ammettere di aver sbagliato,
quindi faccio ancora il finto
incazzato’ ”.
“Incazzato
per cosa???” sbottò Bonnie.
“Un
motivo vale l’altro. Damon ce l’ha con il
mondo” spiegò
Stefan “Puoi star certa che una scusa per essere arrabbiato
la troverà sempre.
Tornando al nostro discorso: sei sicura che non ti dispiaccia rimanere
qui da
sola?”.
“No
Stefan, ci sono abituata tanto. Una volta in più o una
in meno non fa la differenza” non lo disse con tono triste o
seccato, ma caricò
la frase con una certa ironia che fece ridere Stefan.
“Ci
vediamo dopo, Sissi” la salutò dandole un bacio
sulla
guancia.
“A
dopo!”.
Ma
guardalo! Se ne va in
giro con le scarpe slacciate. Pensò
quando le cadde lo sguardo sui piedi del ragazzo. Fu
sul punto di avvertirlo quando lui si piegò e le
allacciò “Grazie!”.
“Di
cosa?”.
“Di
avermi detto delle stringhe”.
“Ma
io …” niente da fare; se n’era
già andato. Strano,
avrebbe giurato di non averlo detto ad alta voce. Stava perdendo i
colpi.
Lo
stomaco brontolò per la fame. Quel giorno a scuola non
aveva mangiato molto. In mensa avevano servito una strana brodaglia
verde che
non prometteva nulla di buono. Erano quelli i momenti in cui avrebbe
voluto
tornare in Italia, nel suo collegio con la cuoca interna.
Ritirò
il libro sotto al cuscino, riaggiustò il cellulare e
poi scese in cucina. La casa era vuota e Bonnie stava già
progettando di
attaccare la musica a tutto volume, accendere le luci e cucinare tutto
quello
che avesse trovato nel frigorifero.
I
suoi buoni propositi andarono in fumo nel giro di dieci
secondi. A sinistra della scala, un po’ nascosta dalla vista,
se ne stava una
porta dello stesso colore della parete. Non la prima volta che la
notava, ma
non le aveva mai dato molta importanza. Da che ricordasse era sempre
stata
chiusa.
Nessuno
scendeva mai nello scantinato; di sicuro non lei,
dato che là sotto doveva essere estremamente buio. Ma ora
era attratta da
quella porticina. Era come se la stessa chiamando, come se qualcosa
nella sua
testa la incitasse a varcarla per scoprire che cosa celasse.
Guardò
a destra e a sinistra, si accertò che davvero
la casa fosse deserta e poi girò
la maniglia. Si sentiva un po’ come Jack Skeletron in
“Nightmare before
Christmas”, quando per caso si ritrova davanti alla porta
della “Città del
Natale”. Per un attimo temette di venire risucchiata come nel
film, ma questo
non accadde. Scese i gradini. Era buio, ma non completamente: qualche
spiraglio
di luce giungeva dalle lunghe finestre poste in alto. Il sole fuori
era, però,
quasi del tutto tramontato e la luce era fioca. Bonnie
schiacciò l’interruttore
e accese le lampade. Sul soffitto c’erano delle macchie di
umidità e tutto era
pieno di polvere. Bonnie storse il naso. Chissà da quanto
tempo nessuno andava
a pulire.
Arrivata
in fondo alle scale si trovò in uno stretto corridoio.
Lo percorse tutto fino in fondo. Là c’era
un’altra porta di ferro, con una
piccola grata in alto. Bonnie rabbrividì: sembrava una
prigione.
Aprì
anche quella ed entrò nella stanza. La mascella le
arrivò fino a terra. Un tavolo enorme occupava quasi tutto
lo spazio, sopra
c’erano tanti vasi di quella che aveva tutto
l’aspetto della pianta che aveva
visto pochi minuti prima raffigurata sul libro. Verbana? O verdena?
Qualcosa
del genere.
Perché
diamine c’era un’intera coltivazione di una pianta
che serviva a proteggersi dagli attacchi mentali dei vampiri? E a quel
punto
un’altra domanda diventava lecita: aveva qualcosa a che fare
con il misterioso
“Diario del Vampiro”? O era solo una coincidenza
molto sospetta? Una
coincidenza, però, non sarebbe dovuta risultare sospetta,
giusto?
Cominciò
ad indietreggiare colta da un attacco di panico
misto a spavento. Saltò praticamente due metri
più in là, quando la sua schiena
toccò qualcosa di robusto e definito, che aveva tutta
l’aria di essere un
torace.
Si
voltò mettendosi una mano sul petto “Damon
…” esalò,
cercando di calmare i battiti del cuore “Da dove
…? Quando …? Come sei
entrato?”. Perché ogni volta che c’era
lui nei paraggi non riusciva ad
elaborare una frase di senso compiuto?
“Dalla
porta” rispose Damon divertito nel vederla in
difficoltà “Quello che mi piacerebbe sapere
è come ci sei arrivata tu
qui” affermò.
“Per
le scale” replicò Bonnie con il suo stesso
sarcasmo.
Damon
alzò un sopracciglio e bevve un sorso dal bicchiere di
vino rosso che teneva in mano. Era ovvio che non fosse quello il
significato
della domanda.
“Non
ero mai scesa quaggiù, ero curiosa”
continuò Bonnie.
“Credo
che faresti meglio a salire” la gelò Damon.
“Cos’è
questa pianta?” chiese con foga la rossa
“Perché la
tenete nello scantinato?”.
“Non
è roba mia” disse Damon con tono piatto
“E in ogni caso
non sono affari che ti riguardano”.
“E’
verdena, vero? A che cosa serve?” insistette
imperterrita.
“Si
dice verbena” la corresse Damon non riuscendo a
trattenere un ghigno per quell’errore “Ora che
abbiamo appurato di cosa si
tratti, vuoi gentilmente portare il tuo sedere di sopra?”.
Non era una
richiesta; Bonnie lo intese subito. Sospettava che l’avrebbe
portata di forza
di sopra, se lei non l’avesse seguito di sua spontanea
volontà.
Damon
la precedette su per le scale e richiuse la porta a
chiave. Guardò ancora un attimo Bonnie, poi le diede le
spalle e si diresse in
salotto.
Bonnie
lo imitò e spinta da non so quale coraggio gli
confessò di aver trovato la sella nella stanza di Zach.
Voleva vedere la sua
reazione. Forse si sarebbe un po’ ammorbidito ricordando dei
tempi in cui
andavano a cavallo insieme.
Damon
s’irrigidì d’un colpo e rimase in
silenzio. Continuava
a non guardarla negli occhi e la ragazza capì di essere
sulla strada giusta.
“Il
vecchio maneggio … c’è
ancora?”.
Il
vampiro grugnì qualcosa in risposta e aveva tutta
l’aria
di essere un sì.
“Sai
pensavo che potremmo farci una cavalcata un giorno di
questi. Io mi sono tenuta in allevamento in Italia; il collegio aveva
una
scuderia”.
Per
un istante Bonnie credette di avercela fatta, credette
di aver scalfito il suo animo di pietra e di averlo intenerito, ma fu
una cosa
momentanea.
Damon
finalmente riportò gli occhi su di lei. Erano
infuocati.
“Sentimi
bene ragazzina, solo perché non ti ho cacciato, non
vuol dire che diventerò la tua nuova amichetta del
cuore”.
“Io
non ti voglio come amica del cuore” ribatté Bonnie
piuttosto stupidamente.
Damon
non diede segno di averla ascoltata “Due sere fa ti ho
detto che potevi restare ad una condizione: non darmi fastidio ed
è proprio il
contrario di quello che stai facendo! Sto cercando in tutti i modi di
ignorare
la tua presenza, di far finta che tu non sia qui ad annoiarmi con il
tuo forte
senso per la famiglia, ma mi stai rendendo le cose molto difficili. Ora
ascoltami bene, apri le orecchie perché è la
prima e l’ultima volta che te lo
dico: non me ne importa nulla di te; se domani mattina tu decidessi di
sparire
da qui, io non me ne accorgerei nemmeno. Stammi
lontano, Bonnie, o ti pentirai di essere rimasta”
lo disse con magistrale
cattiveria e picchiò con forza il bicchiere ancora mezzo
pieno sul tavolino di
vetro. Poi lasciò la stanza e uscì di nuovo di
casa.
Bonnie
rimase come una cretina in mezzo al salotto e fece di
tutto per ricacciare le lacrime che prepotenti si erano presentate agli
angoli
degli occhi.
Con
rabbia afferrò il bicchiere e buttò
giù quello che era
avanzato del vino. O almeno quello fu l’intento. Non
poté neanche mandarne giù
un sorso che lo risputò fuori disgustata.
La
mano le tremò e fece quasi cadere il bicchiere mentre lo
riappoggiava sul tavolino. Poi prese a fissarlo in un misto di
incredulità,
paura e orrore.
Non
era vino. Non aveva affatto il sapore del vino. Sembrava
più …
Ma
non poteva essere. Lui lo stava bevendo come acqua. Lui
non poteva farlo.
Infine
le lacrime iniziarono a scenderle copiose quando ogni
dubbio venne spazzato via, quando realizzò di non essersi
sbagliata.
Damon
non stava bevendo del vino. Quello che aveva bevuto
lei non era vino.
Era
… tremò ancora scappando in camera sua.
Sangue?
“Have you come
here for forgiveness?
Have you come to raise the dead?
Have you come here to play Jesus?
To the lepers in your head
Did I ask too much?
More than a lot.
You gave me nothing,
Now it's all I got”
(One-
U2)
Il
mio spazio:
Ta-
dan! Nuovo capitolo, fresco, fresco. Sono stata quasi
veloce ‘sta volta.
Cavolo
siamo già al settimo! Forse a voi sembrerà poco,
ma
per me è un traguardo!
È
arrivata Caroline! Non vedevo l’ora, l’adoro!
Piano, piano
introdurrò bene tutti gli altri personaggi.
Per
il prossimo capitolo, mi scuso in anticipo, ma non sono
bene quando riuscirò a postarlo. Perché il 4
maggio ho un esame e mi devo
preparare; poi ora ci sono le vacanze di Pasqua e penso che
andrò via, quindi
non posso portarmi dietro il computer. Sicuramente scriverò
qualcosa sul mio
fedelissimo “quaderno adibito alle storie” e spero
che troverò il tempo per
ricopiare tutto sul pc. Lo so, sono una pigrona, ma voi non mi
abbandonate mi
raccomando! Le vostre recensioni sono una grandissima soddisfazione!
Ogni volta
che le leggo mi rendono felice e di questo vi ringrazio.
Allora
in questo capitolo abbiamo un altro scorcio dei
sentimenti molto complicati e contradditori di Damon. Quando devo
scrivere di
lui mi metto sempre le mani nei capelli perché non so mai
dove andrò a parare
=)
E
Bonnie ha fatto un’inquietante scoperta, ormai siamo
vicini al fatidico momento, manca molto poco e verrà a
sapere tutta la verità.
O magari no (eheh).
Bene,
credo di avervi detto tutto.
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto e che mi lasciate un
commentino! Ringrazio anche tutti i lettori silenziosi.
Ora
vado a vedere la nuova puntata di The Vampire Diaries!
Buona
Pasqua in anticipo ;)
Fran!.
*Per
quanto riguarda Caroline ogni riferimento sarà alla
serie TV ( anche perché quella che vado a rappresentare io
non è di certo
quella del libro), solo per l’aspetto fisico sono andata a
consultare i libri.
**
Mi piace l’idea che per trasformarsi in lupi mannari sia
necessario far scattare una maledizione =) Volevo solo avvertirvi che
questa
storia non segue la serie TV, ci sono degli accenni, come anche al
libro, ma
procederà in un modo tutto suo. Quindi niente maledizione
del sole e della
luna!
|
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Capitolo 8 *** Don't let me be the last to know ***
Ashes &Wine
Capitolo otto: Don’t let me be the
last to
know
“Don't, don't
let me be the last to know
Don't hold back, just let it go
I need to hear you say
You need me all the way
Oh, if you love me so
Don't let me be the last to know”
(Don’t let me
be the last to know- Britney Spears)
Si
gettò dell’acqua gelata sul viso per svegliarsi.
Incrociò
i suoi occhi riflessi nello specchio e inorridì. Non
ricordava di aver mai
avuto così tante occhiaie in vita sua.
Aveva
passato tutta la notte in piedi, a scervellarsi per
trovare un altro motivo plausibile per cui un comunissimo umano potesse
trarre
piacere nel bere sangue.
C’era
solo una parola che le continuava a lampeggiare sotto
il naso: vampiro.
Tutti
i pezzi ora andavano al proprio posto; tutto ciò che
le era parso strano ora trovava una spiegazione, in gran parte grazie
al
manuale “Il Diario del Vampiro”.
Gli
anelli con lo stemma dei Salvatore in primis: Damon non
se lo toglieva mai.
“Zio
Damon mi fai provare
l’anello?”.
“No
Sissi, è prezioso”.
“Ma
lo voglio anche io!”.
“Sissi,
lo zio rischia di
farsi male se lo toglie. Vuoi che lo zio si faccia male?”.
“No!”.
Le
erano rimaste impresse nella memoria quelle parole, di
solito Damon non le impediva di fare niente.
In
quel momento le cose apparivano più chiare: era ovvio che
Damon non volesse togliersi l’unica cosa che potesse
proteggerlo dai raggi
solari.
“Perché
non entri?” gli chiese nuovamente Bonnie che nel frattempo
stava
lasciando le chiavi sul tavolino all’ingresso.
“E
perdermi una giornata bella come questa?”.
Bonnie
lo guardò interdetta dal suo comportamento
“Fa’ come vuoi” gli rispose
“Se vuoi entrare, la porta è aperta” e
se ne andò in cucina. (Dal quarto
capitolo)
I
vampiri non potevano entrare in una
casa effettivamente abitata da umani senza prima essere invitati da chi
ne
aveva diritto.
Lei
aveva deciso di stabilirsi al Pensionato
solo pochi giorni prima e ricordava perfettamente di come Damon fosse
rimasto
immobile sulla soglia. Le era parso un comportamento parecchio strano,
ma Damon
era strano, perciò non ci aveva fatto molto caso.
Ora
capiva il vero motivo: non era
entrato in casa perché non poteva.
Infine
c’era la questione controversa della verbena. Bonnie
era certa che il libro dicesse la verità riguardo quella
pianta. Era ben
nascosta e sigillata in una stanza nel seminterrato e Damon se
n’era tenuto
lontano per tutto il tempo che avevano passato là sotto,
voleva premurarsi di
non entrarci in contatto.
Ma
perché mai dei vampiri avrebbero dovuto coltivare
un’erba
dannosa per la loro specie? Era una sorta di difesa contro altri
vampiri?
D’altra
parte la verbena forse era di Zach, che di sicuro
conosceva il loro segreto. A quel punto le cose si facevano
più sensate: era
lui quello che voleva proteggersi e chi avrebbe potuto biasimarlo?
La
stessa Bonnie non aveva chiuso occhio tutta la notte per
il timore che qualche mostro (‘sta volta reale) entrasse in
camera sua per bere
il suo sangue.
Era
rimasta semplicemente stesa, sotto le coperte, con il
lenzuolo ben stretto tra le mani e l’orecchio teso a
percepire ogni singolo
rumore.
Ogni
qual volta che aveva sentito o le era parso di sentire
il suono di passi che si avvicinavo, aveva trattenuto il respiro,
cominciando a
tremare come una foglia. Era stato tutt’altro che piacevole e
la mattina si era
fatta attendere per quello che era sembrata un’eternità.
Quella
parola la obbligava a riportare l’attenzione su
un’altra della tante circostanze anormali. I vampiri vivevano
per sempre e il
loro aspetto rimaneva lo stesso del momento in cui erano stati
trasformati. Né
Damon né Stefan erano cambiati di una virgola da quando li
aveva visti quasi
dieci anni prima.
Senza
contare quella scusa inconcepibile che Stefan si era
inventato per giustificare appunto il suo non-
cambiamento fisico. Bonnie avrebbe giurato che fosse lui
quello che stava
per finire le superiori quando lei era bambina e non Damon. Quindi anche Stefan era un
vampiro? E se sì
da quanto? Damon era stato trasformato con lui? Ma chi poteva averlo
fatto?
Il
quesito più doloroso, quello che imperterrito la
martellava, che la portava sull’orlo delle lacrime era un
altro: la scomparsa
di Zach c’entrava qualcosa con il fatto che due dracula
avevano deciso di
prendere residenza in casa Salvatore?
Zach
si era allontanato per paura? O era stato costretto?
Perché non chiamava? Perché non l’aveva
avvisata del pericolo? Era per questo
che l’aveva mandata in Italia, per salvarle la vita? E lui era ancora vivo?
Quel
pensiero le fece salire i brividi lungo la schiena.
Scosse la testa.
Stefan
la chiamò dall’ingresso intimandole di muoversi o
sarebbero arrivati in ritardo alla prima ora.
Bonnie
si guardò di nuovo allo specchio e tremò.
L’idea di
stare nella stessa macchina con un potenziale vampiro non era proprio
un
incentivo a scendere, ma ci sarebbe stata anche Elena e la cosa la
tranquillizzava.
Chissà
se la bionda sapeva. Avrebbe forse dovuta avvertirla?
Stefan
la richiamò.
Ok,
Bonnie. Si
disse. Comportati normalmente e non si
accorgeranno di niente. Scoprirai che
diamine c’è sotto questo casino. È una
promessa.
S’infilò
la prima cosa che trovò, prese lo zaino e raggiunse
Stefan giù all’entrata; e lì ebbe la
prima brutta sorpresa di quella giornata:
Elena non c’era.
“Dov’è
Elena?” dritta al punto, senza nemmeno augurare buon
giorno.
“Oggi
l’andiamo a prendere noi” chiarì Stefan
mentre cercava
le chiavi della sua Jaguar nel mucchio sul tavolino.
Bonnie
divenne un pezzo di pietra. L’assenza dell’amica la
stava mandando in agitazione. Sarebbe riuscita a non destare sospetti
anche senza
Elena? E soprattutto quanto sarebbe resistita senza dare di matto?
Cercò
al più presto una scusa per non salire in macchina con
lui “Stefan forse dovresti andare da solo a prenderla; io
sono sempre in mezzo,
magari preferireste stare senza di me”.
Stefan
corrugò la fronte “Non dire sciocchezze, Elena ti
adora e anche io. Poi sono solo pochi minuti; non è che ti
stiamo invitando a
un nostro appuntamento”.
“No
davvero” insistette Bonnie “Non mi sento molto
bene,
magari vi raggiungo per la seconda o terza ora”.
“E
con cosa? Non hai la macchina” le fece notare lui che non
si era bevuto una singola parola e aggiunse “Bonnie da quando
è diventato un
problema andare a scuola con me e Elena?”.
“Magari
la nostra nipotina è stufa di assistere alle vostre
smancerie, non ci hai pensato?” s’intromise una
terza voce alle spalle di
Bonnie.
La
rossa la riconobbe all’istante e chiuse gli occhi in un
gesto di rassegnazione; ora due opzioni le si presentavano davanti:
condividere
con Stefan, che si era sempre dimostrato carino e attento con lei,
l’abitacolo
dell’auto giusto quei cinque minuti che li separavano da casa
Gilbert; o
rimanere al Pensionato da sola chissà quanto a lungo con
Damon che non aveva
mai nascosto il rancore che conservava nei suoi confronti e che dava
chiari
segni di squilibri mentali. Lui beve
sangue. L’ho visto, l’ho provato. Si
ricordò con ribrezzo. Si trattenne dal
tremare ancora. La sola presenza di Damon bastava a terrorizzarla, non
si era
nemmeno voltata per guardarlo in faccia, non voleva rimanere un minuto
di più
con lui.
La
risposta arrivò rapida e solerte “Però
guido io”
sentenziò prendendo le chiavi dalla mani di Stefan e
dirigendosi verso la
macchina.
Mise
in moto e si affrettò ad uscire dal cortile del
Pensionato. Stefan accanto la osservava con aria ambigua. Si era
accorto che
lei si stava comportando in maniera decisamente insolita, ma chi non
l’avrebbe
notato? Le mani di Bonnie erano letteralmente arpionate al volante,
sembrava
quasi che volesse stritolarlo con le dita, romperlo, mandarlo in
frantumi. Lo
sguardo fisso sulla strada e terribilmente inquieto.
“Sissi
sembri tesa” disse “Va tutto bene?”.
“Sto
benissimo” rispose troppo velocemente per apparire
sincera e forse con voce troppo acuta “E’ che non
ho dormito molto bene
stanotte”.
Non
ho dormito affatto.
“Che
cosa ti preoccupa? Ancora Damon?” indagò Stefan.
“No,
no, ci ignoriamo e basta” mentì sorridendo appena.
Si
chiese se Damon avesse detto a Stefan di averla beccata
la sera prima giù nella ‘stanza della
verbena’.
“Mi
ha detto che ieri sera sei andata giù in
seminterrato”.
Ovvio
che gliel’avesse
detto.
“Sì,
ero curiosa, non ci ero mai stata, ma mi ha delusa un
pochino. Insomma mi aspettavo di trovare chissà che cosa e
invece era pieno di
una pianta di cui non mi ricordo nemmeno il nome” finse
così bene che si
sarebbe data l’Oscar da sola.
Fermò
la macchina davanti casa di Elena. Stefan prese il
cellulare per chiamare la ragazza e avvisarla di uscire, ma gli cadde
dalle
mani finendo sotto il sedile.
Si
abbassò per recuperarlo e accidentalmente sfiorò
la mano
di Bonnie poggiata sul cambio. La rossa ritrasse di scatto il braccio
portandoselo vicino al petto, quasi si fosse scottato. Stefan rimase
immobile
senza capire il perché di quella reazione spaventata
“Bonnie sei sicura di star
bene?”.
La
ragazza sentì la gola secca, ma venne salvata da Elena
che li aveva visti arrivare dalla finestra ed era uscita.
“Ciao
ragazzi” salutò entrando in macchina e dando un
bacio
a Stefan “Come va?”.
“A
quanto pare tutto
benissimo” rispose Stefan riportando le esatte
parole di Bonnie con un tono
decisamente più ironico, cosa che non sfuggì ad
Elena. La bionda decise di
cambiare in fretta discorso “Ho sentito Meredith ieri sera.
Sta prendendo molto
seriamente questa storia delle ripetizioni. Preparati perché
credo ti farà
sudare parecchio” disse rivolgendosi a Bonnie.
“Perfetto!
Ci mancava solo la matematica …”
commentò Bonnie
un po’ acidamente, mentre faceva ripartire l’auto
alla volta della scuola.
“Elena
ti posso parlare un attimo?” chiese Caroline
all’amica alla fine della pausa pranzo.
Elena
annuì e la seguì in un aula vuota, dove nessuno
avrebbe potuto origliare la loro conversazione. Caroline appariva molto
agitata
mentre si mordeva le unghie con insistenza “Penso che
sappia” dichiarò.
“Chi
sa cosa?” domandò Elena che non ci stava capendo
niente.
“Bonnie”
rispose Caroline “Credo sappia che sono un vampiro”
spiegò abbassando la voce come se temesse che qualcuno fosse
nei paraggi a
spiarle.
“Perché
dici questo?”.
“Prima
stavamo mangiando fuori, sotto il sole e di punto in
bianco mi ha chiesto di mostrarle l’anello”
raccontò alzando la mano su cui
luccicava l’anello di Katherine che i fratelli Salvatore le
avevano dato per
proteggerla dalla luce del sole “Così
gliel’ho fatto vedere, ma a lei non è
bastato, voleva provarlo”.
“Non
ci vedo nulla di strano, magari le piace” suppose
Elena.
“No,
era come … come se stesse cercando di farmelo togliere
per vedere che cosa succedeva, quasi volesse mettermi alla
prova”.
Elena
si portò una mano alla fronte con fare pensieroso
“Non
l’hai ancora detto anche nessuno vero?”.
“Se
ti stai riferendo a Damon no” replicò Caroline che
aveva
colto al volo ciò che quel ‘nessuno’
stava a sottintendere “Non sono la sua
spia”.
Elena
arcuò le sopracciglia, poco convinta da quelle parole.
“Sto
dicendo la verità” ribadì Caroline
“Ho indagato su
Bonnie per me stessa, ok? C’è anche la mia vita in
ballo; se mia madre sapesse
cosa sono diventata mi impaletterebbe nel sonno”
chiarì concitata “Ma Bonnie mi
sta simpatica e mi sembra una brava ragazza; non voglio che Damon si
faccia
delle strane idee per delle miei supposizioni. Per questo lo sto
dicendo a te e non a lui”.
Elena
si sentì in colpa per averla accusata senza esitazioni
“Mi dispiace Caroline. So quello che hai passato per Damon e
so che non faresti
nulla di male se non fossi costretta” si scusò
“Ma non posso aiutarti. Per
quanto ne so io e per quanto ne sa Stefan, Bonnie è
all’oscuro di tutto, ma sta
cercando di scoprire la verità e forse ci è
davvero vicina”.
“Credo
che se lo meriti”.
“Cosa?”.
“Di
sapere la verità. Se io l’avessi saputa prima, mi
sarei
risparmiata un bel po’ di guai” ammise con voce
amareggiata Caroline.
“Care,
io …”.
“Non
ti preoccupare Elena, non sto incolpando te. Dico solo
che sarebbe la cosa migliore raccontarle la verità; prima di
tutto Stefan e
Damon si guadagnerebbero la sua fiducia e potrebbero convincerla a
mantenere il
segreto. E poi è sempre più piacevole sentirsi
dire le cose dai diretti
interessati piuttosto che da estranei”.
“Caroline
sei un genio!” esclamò Elena mentre le si
illuminavano gli occhi.
“Davvero?
Perché?”.
“Stefan
e Damon devono giocare d’anticipo! Se le diranno
come stanno le cose per primi, lei crederà a loro. Possono
raccontarle la loro
verità, dal loro punto di vista, possono calmarla, possono
gestirla. Bonnie non
sarebbe più un pericolo, ma un’alleata”.
“Elena
era una cosa così ovvia, possibile che non ci sei
arrivata prima?” la prese in giro Caroline.
“Forse
era così scontata che non l’ho nemmeno presa in
considerazione” ammise Elena “Certo forse
bisognerà sorvolare sulla faccenda
di Zach”.
“Beh
non è che deve sapere per forza tutta la
verità”
incominciò Caroline “Magari potremmo modificarla
un pochino”.
“Che
hai in mente, Care?”.
“Bonnie
deve sapere che suo fratello è morto, ne ha tutto il
diritto, però si potrebbe omettere il fatto che è
stato Damon ad ucciderlo”.
“Non
sarebbe come mentirle ancora?”.
“Senti
Elena, anche a me non piace questa situazione e non
vorrei prendere in giro Bonnie, davvero è l’ultima
cosa che m’interessa, ma
dobbiamo fare in modo che non dia di matto, che non corra dritta dallo
sceriffo
a spifferare tutto. Dirle che suo fratello è morto per mano
di Damon è il modo
perfetto per rivoltarcela contro. È soltanto una piccola
bugia per il bene di
tutti” concluse Caroline nel tentativo di convincere
più stessa che Elena.
L’amica
fu d’accordo. Sebbene non fosse il modo più
corretto
di agire, sentiva che era la cosa giusta da fare. C’erano
troppe persone da
proteggere: Stefan, Caroline, Tyler che con la sua licantropia era
legato
indissolubilmente al destino dei vampiri e poi anche Damon.
Sarebbe
arrivato il giorno in cui Bonnie sarebbe stata
pronta ad accettare davvero tutta la verità. Ma fino ad
allora, quello sarebbe
stato un segreto che nessuno avrebbe mai rivelato.
Si
sentiva come sbalzata in una versione deformata di ‘True
Blood’. Vampiri ovunque. Era l’unico pensiero che
martellava nella sua testa.
Ormai
era sicura che anche Caroline fosse un vampiro. Aveva
visto l’anello così simile a quelli di Stefan e
Damon. Aveva provato a
farglielo togliere mentre erano a pranzo insieme, ma non era servito a
nulla.
Caroline era volata via come una scheggia inventandosi una banalissima
scusa,
cosa che aveva rafforzato la sua convinzione. Si era pentita di averla
forzata
a rivelarsi; sicuramente Caroline avrebbe raccontato tutto a Stefan,
forse
l’aveva giù fatto.
Bonnie
trasse un bel respiro e decise di batterla sul tempo:
avrebbe chiesto lei stessa la verità a Stefan, una volta per
tutte!
Lui
era sempre stato così comprensivo e Bonnie sapeva di
potersi fidare, sapeva di poter contare su di lui senza temere nulla.
Si
stupì perfino di averla presa così bene; non
aveva
urlato, non si era fatta prendere dal panico, anzi aveva mantenuto la
calma
meglio di quanto avesse mai potuto credere, almeno fino a quel momento.
Entrò
nella stanza di Stefan e la trovò vuota. Poteva
sentire lo scrosciare della doccia nel bagno lì a fianco.
Decise di aspettarlo
e si sedette sul letto.
Si
stese lentamente e avvertì qualcosa di duro sotto la sua
schiena. Si rialzò e guardò dietro di
sé: sul materasso c’era un libro aperto.
Lo
prese tra le mani e lo sfogliò. Era il diario di Stefan.
Bonnie
diede un’occhiata alla porta del bagno e riportò
gli
occhi sulle pagine un po’ ingiallite. Sapeva che leggere il
diario di altri era
una cosa oltremodo sbagliata, era una violazione della privacy, ma non
poté
proprio resistere.
1
settembre 2010
Caro
diario,
sono
tornato a Fell’s
Church per trovare Zach e ricominciare daccapo la mia vita, ma ho fatto
una
scoperta sconvolgente. A scuola ho visto una ragazza uguale e identica
a
Katherine; credo si chiami Elena Gilbert.
3
settembre 2010
Caro
diario,
Elena
ha messo gli occhi
su di me e per quanto vorrei conoscerla e lasciarmi andare, so che devo
resistere; per il suo bene. Non potrebbe mai essere felice con me,
perché non
potrei mai dirle la verità.
5
settembre 2010
Caro
diario,
un
vecchio è stato
attaccato giù a Wickery Bridge e io ho un vuoto di memoria.
6 ottobre 2010
Vickie
Bennet è stata
aggredita al cimitero. Io ero lì con Elena. Alla fine ho
ceduto, non ho saputo
resisterle; in fondo non deve per forza sapere la verità,
almeno non ancora.
Voglio far finta di essere un diciassettenne qualunque che si
è innamorato
della più bella della scuola. Voglio solo passare del tempo
con lei.
2
novembre 2010
Caro
diario,
Mr.
Tanner è stato
ucciso. È stata Meredith a trovarlo, non credo di averla mai
vista così agitata
in vita mia, era completamente fuori di testa. Elena alla fine ha
scoperto il
mio segreto. Sono stato costretto a svelarmi per salvarla e inoltre
penso sia
più sicuro per lei conoscere la verità. Damon
è tornato, ne sono quasi certo e
temo possa farle del male.
L’ho
detto anche a Zach e
quando ho pronunciato il suo nome è quasi impazzito.
È da un paio di notti che
dorme con un paletto di legno sotto il cuscino.
8
novembre 2010
Caro
diario,
sì,
Damon è tornato. Si è
fatto vivo ieri notte con tutta la sua voglia fare casino. Zach
vorrebbe che io
lo cacciassi di casa, ma non so davvero come fare. Vorrei cacciarlo
perfino
dalla città, ma lui si nutre di sangue umano ed è
troppo forte per me. Si è
avvicinato a Caroline, la sta chiaramente usando come riserva ambulante
e l’ha
messa sotto ipnosi. Farò in modo che Elena le dia un
ciondolo alla verbena, è l’unico
modo in cui posso aiutarla.
15
novembre 2010
Caro
diario,
Zach
è morto.*
Bonnie
lasciò il libricino di scatto, senza neanche finire
di leggere e si portò una mano alla bocca. Gli occhi le si
riempirono in un
istante di lacrime che premettero sulle ciglia.
No.
Non poteva essere. Stefan … lui le aveva assicurato che
suo fratello stava bene. Lei si era fidata.
Non
aveva creduto a tutta la storiella della partenza
improvvisa, ma era certa che Stefan non le avrebbe mai mentito su quel
punto,
sulla vita di Zach.
Il
vampiro uscì dal bagno con un asciugamano legato in vita
e si sorprese di trovare la rossa in camera sua con un aspetto
decisamente
sconvolto.
“Sissi,
che succede?” chiese allarmato.
Lei
si voltò ed emise un gemito tra l’addolorato e
l’impaurito “Stammi lontano”.
Stefan
si stupì di quelle parole, ma gettando un occhio sul
suo diario aperto sul letto capì tutto.
“Sissi”
la chiamò facendo un passo verso di lei.
“Ti
ho detto di starmi lontano!” strillò Bonnie quasi
istericamente “Che diavolo sei?” chiese con un
coraggio che non credeva di
avere.
“Ti
giuro che posso spiegarti ogni singola cosa” disse
Stefan tentando di calmarla.
“Zach
è morto” pianse “E tu mi avevi giurato
che stava
bene!” urlò.
Stefan
abbassò lo sguardo colpevole “Mi
dispiace”.
“Ti
… ti dispiace?” ripeté Bonnie sconvolta
“Mi hai mentito,
mi hai tradito” gli
rinfacciò “Mi
sarei aspettata una cosa del genere da Damon, ma non da te. Almeno lui
è stato
zitto, non ha negato, non mi ha dato spiegazioni, tu invece
… tu mi hai detto
un sacco di cazzate fissandomi dritto negli occhi!” lo
accusò.
“Sissi,
ti prego … lascia che ti spieghi” la
supplicò Stefan
muovendosi verso di lei.
“NON
TI AVVICINARE!” gridò Bonnie indietreggiando
mentre un
tremito incontenibile l’assaliva. Aveva la vista appannata
dalle lacrime, cercò
di fermarle, ma fu tutto inutile “Anche
Caroline è un … è
come te, vero? Le
ho visto l’anello. È quello che vi protegge dal
sole”.
“Bonnie,
per favore …”.
“Rispondimi”
ordinò. Stava giocando con il fuoco, Stefan
avrebbe potuto ucciderla in qualsiasi momento, ma lei aveva troppa
rabbia in
corpo, troppa delusione.
“Sì”.
“E
chi altro lo sa, a parte Elena?”.
Stefan
si passò una mano tra i capelli rassegnato.
“Meredith
lo sa?”.
Stefan
annuì.
“E
Matt?”.
Stefan
annuì di nuovo.
“Magari
anche Tyler?”.
“No,
Tyler non sa nulla. Ma lui è un lupo mannaro”
tanto
valeva essere sinceri fino in fondo.
Bonnie
boccheggiò “E’ un lu … un
cosa?” quasi non aveva
fiato per far uscire le parole dalla bocca. Quello non stava succedendo
a lei.
Era tutto così irreale.
Si
ritrovò a singhiozzare anche più forte di prima
“Voi …
tutti voi sapevate e non mi avete detto niente! Tutti conoscevano il
vostro
segreto e me l’hanno tenuto nascosto” fu costretta
a prendere un paio di
respiri profondi per calmare il pianto tanto quanto bastava per
permetterle di
parlare “Tu, Caroline, Damon … siete …
siete dei … vampiri”
finalmente l’aveva detto “O mio Dio!
Voi
siete degli assassini. MIO DIO, bevete sangue umano!”.
“No,
Bonnie” negò con forza Stefan “Io e
Caroline beviamo
sangue animale. Noi non uccidiamo nessuno”.
“E
Damon?”.
Il
silenzio di Stefan fu eloquente. Bonnie iniziò a
respirare affannosamente, sembrava sul punto di esplodere. Agitazione,
angoscia, rabbia, sconforto, debolezza, tutte sensazioni che andavano
mescolandosi tra loro, mentre il suo cervello si ostinava ad mandarle
un unico
impulso: fuggire. Il ragazzo si girò verso
l’armadio per prendere qualcosa da
mettersi addosso e proseguire con più calma. Ma fu un attimo
di distrazione che
permise a Bonnie di scappare dalla stanza.
La
ragazza si lanciò giù per le scale e per poco non
cadde
arrivata agli ultimi gradini. Corse lungo il corridoio
d’ingresso fino alla
porta che si spalancò ancora prima che lei potesse toccarla
rivelando la figura
statuaria di Damon.
Il
vampiro entrò senza prestarle molta attenzione e si tolse
la giubbotto nero.
“Lasciami
andare, per favore” lo pregò Bonnie.
Damon
si stupì di quella frase, dato che non la stava
trattenendo in alcun modo, ma quello che lo colpì
maggiormente fu l’espressione
distrutta che deformava il volto di Bonnie.
Damon
si ritrovò a annuire come automa dandole il suo tacito
permesso di lasciare la casa. Ma perché Bonnie aveva
così fretta di uscire?
Dopo
neanche un secondo Stefan scese coperto ancora dal solo
asciugamano legato attorno ai fianchi. E la cosa divenne alquanto
bizzarra.
A
Damon vennero in mente un paio di idee per cui una ragazza
dovesse fuggire da uno coperto solo da un pezzo di stoffa, ma
trattandosi di
Stefan con la sua ferrea condotta morale e di Bonnie che era ancora
convita di
avere uno stretto legame di parentela con entrambi, si sentì
di escluderle
senza esitazioni.
“Dov’è
andata?” domandò Stefan frettolosamente.
“E’
appena volata fuori dalla porta. Ma che diamine le hai
fatto? Sembrava avesse il diavolo alle calcagna”.
“No,
ma un vampiro sì”.
“Che
significa questo?” chiese corrugando la fronte.
Non
poterono continuare il discorso. Furono interrotti dal
rumore di una macchina che sfrecciava via per il viale.
“Non
ci credo! Mi ha fregato di nuovo la Mustang!”
esclamò
Damon.
“No,
no Damon, non capisci. Lei ha scoperto tutto”.
Il
vampiro più vecchio lo fissò con occhi infuocati
“Che
cazzo stai dicendo, Stefan?! Come ha fatto?”.
“E’
entrata in camera mia, ha trovato il mio diario …”.
“Sei
un’idiota!” ruggì Damon “Che
ti salta in mente di
lasciare incustodito quel fottuto diario con quella razza di ficcanaso
in giro
per casa!” imprecò “Dio! Lo sapevo, lo
sapevo! Aveva ragione a volerla
rimandare in Italia, ma no! Facciamo a modo tuo invece! E guarda il
risultato!
Non sei stato capace di gestire una ragazzina”.
“Non
è che tu mi abbia proprio aiutato sai!”
replicò Stefan
“Tu hai fatto il casino e io come al solito ho dovuto
rimediare. Se non avessi
ucciso Zach, tutto questo non sarebbe mai successo”.
“Merda,
merda, merda!” proruppe Damon “Dobbiamo trovarla
prima che vada dallo sceriffo. Pensi sia andata da Elena o da qualcuna
delle
altre?”.
“No,
si sente tradita anche da loro. Credo sia andata a
nascondersi da qualche parte dove si sente protetta, dove crede che noi
non
andremmo mai a cercarla”.
Damon
rimase qualche secondo in silenzio a riflettere, poi
parlò “Muoviti, so
dov’è” affermò rimettendosi
il giubbotto.
Il
vecchio maneggio di Fell’s Church era situato appena
fuori dalla città, al limitare del bosco. Non era molto
grande, di certo non
quanto quello che avevano costruito un paio di anni prima, ma era ben
tenuto e
tranquillo, perfetto per chi voleva farsi una bella cavalcata in mezzo
alla
natura e starsene lontano da sguardi indiscreti. Perfetto per chi
voleva
nascondersi in un angolo di mondo che pareva quasi sparato da tutto il
resto.
Quella
sera il cielo era limpido e luminoso. La luna
svettava alta nel cielo e le stelle erano ben visibili lì,
lontano dalle luci
della città.
Non
c’era un filo di vento, non si muoveva una foglia;
alcuni cavalli se ne stavano con la testa a penzoloni fuori dai box,
altri
erano già stesi a dormire sul loro morbido letto di fieno.
“Ricordati
di tenere la tua aurea nascosta, non vogliamo
fare imbizzarrire i cavalli” intimò Damon gettando
una veloce occhiata agli
animali.
“Mi
sono sempre chiesto come facessi a non farti
disarcionare” disse Stefan mentre scandagliava la zona in
cerca di Bonnie.
“Loro
non hanno paura di me perché io
non li mangio” lo freddò ghignando. Procedette
lungo le scuderie
a forma di ‘L’, dritto verso la staccionata che
delimitava il campo di pratica.
Sapeva perfettamente dove Bonnie si trovava.
“Sissi
… Sissi che ci fai
nascosta lì dietro?”.
La
bambina singhiozzò con
la schiena appoggiata al tronco della grossa quercia. Le ginocchia
tutte
sbucciate piegate al petto e le mani che cercavano di pulire le ferite
dal
sangue con scarsi risultati.
Damon
sbuffò chiedendosi
perché quella bambina dovesse essere così
dannatamente cocciuta. Dopo essere
caduta da cavallo, raschiando le ginocchia sul terreno, era scappata
via
rifiutandosi di farsi medicare.
Il
disinfettante brucia! Aveva
gridato ed era corsa a rifugiarsi sotto la chioma di quella grande
quercia che
faceva ombra a gran parte della scuderia.
“Dammi
qua” le disse
Damon con un tono che non ammetteva repliche e prese saldamente tra le
mani la
gamba destra, iniziando a pulirla con un batuffolo di cotone imbevuto
di
disinfettante.
Bonnie
cercò di scostarsi
ma Damon non la lasciò “Ti spiace stare
ferma?”.
“Ma
fa male!” si lamentò
lei mordendosi il labbro inferiore.
Damon
sfregò il cotone in
modo più delicato, mentre tentava in tutti i modi di pensare
a qualcosa che non
fosse il sangue di Bonnie che colava dalle piccole abrasioni. Fosse
stata una
qualsiasi altra persona probabilmente non avrebbe neanche provato a
combattere
l’istinto di leccarlo e succhiarlo.
Ma
si trattava di una
bambina. Si trattava di Sissi e anche volendo non avrebbe potuto farle
del
male. Avrebbe provato disgusto per se stesso.
“Forza
devi ritornare in
sella” la incitò dopo averle messo due bei
cerottoni sulle ginocchia.
Bonnie
negò con decisione
“No, io non ci torno lassù”.
Damon
sorrise
considerando quanto dovesse sembrare alto quel cavallo ad una bambina
di sette
anni.
“Perché?
Sei stata tu a
voler prendere queste lezioni”.
“E
se cado di nuovo? E se
mi faccio male? E poi quel cavallo mi fa paura, è tutto nero
e ha un aspetto
spaventevole” mormorò.
“Non
ti facevo una
bambina che si arrende, sai” le confidò lui
sapendo di andare a colpire il suo
punto debole. Per essere così piccina, era davvero
orgogliosa. La degna nipote
di suo zio!
“Voglio
un altro cavallo”
dichiarò neanche fosse ad una trattativa.
“Se
ne può parlare”
l’accontentò Damon.
“E
tu starai lì con me?”
chiese Bonnie innocentemente.
Damon
la fissò dritto
negli occhi “Ti prometto che non ti accadrà niente
di male”.
Bonnie
lo abbracciò di
slancio “Ti voglio bene, zio Damon”.
Lui
non rispose. Si
limitò a guardarla mentre correva di nuovo verso il recinto.
La seguì con più
calma urlando all’istruttore che se sua nipote fosse caduta
ancora una volta,
ci sarebbero state serie conseguenze.
E
lei, dieci anni dopo, era proprio sotto quello stesso
albero, nella stessa identica posizione, solo più cresciuta.
Gambe al petto,
corpo scosso dal pianto, testa rossa che brillava sotto la luce della
luna.
Bonnie
li aveva sentiti arrivare ancora prima che mettessero
veramente piede nel maneggio. Non sapeva nemmeno lei spiegare come, ma
li aveva percepiti.
Non
alzò il capo, anzi si nascose ancora di più tra
le
braccia e si rifiutò di affrontarli. Non ne aveva la forza.
Gli
eventi l’avevano travolta come un uragano ed ora si
trovava a rimpiangere i tempi in cui si sentiva sola e abbandonata in
Italia.
“Bonnie”
la chiamò Stefan.
Lei
lo ignorò, voltò la testa dall’altra
parte e sperò che
la lasciasse sola. Ma si parlava di Stefan Salvatore, il buono e caro
Stefan
che non avrebbe sopportato di essere la causa della sue sofferenze
ancora a
lungo.
Il
vampiro si piegò davanti a lei e le sfiorò la
guancia.
Bonnie si ritrasse al tocco.
“Ti
prego, parlami” la scongiurò.
Bonnie
scosse la testa come una bambina capricciosa.
“Ho
bisogno che tu mi ascolti” le disse Stefan mettendole
una mano sotto al mento. La ragazza non solo si scostò, ma
si alzò in piedi
allontanandosi.
“Cosa
vuoi dirmi ancora?” domandò con voce rotta
“Tutto
quello che mi hai detto era solo una bugia, non mi serve sentirne
altre”.
“Ho
sbagliato, lo so” ammise lui “Ma ti giuro che tutto
quello che ho fatto, è stato per proteggerti. Non volevo che
soffrissi e non
volevo che qualcuno ti facesse del male” spiegò
lanciando una veloce occhiata a
Damon che, incurante della situazione, si era messo ad accarezzare il
muso di
un cavallo.
“Mi
hai preso in giro da quando sono arrivata qui, Stefan!”
gli puntò il dito contro
“Su
Zach, sulla vostra natura! Mi hai assicurato che Zach
stava bene, mi hai fatto credere che i miei ricordi fossero tutti
sballati, che
tu avessi appena iniziato il liceo quando me ne sono andata, che fosse
Damon
quello all’ultimo anno”.
“Quella
è stata una mossa davvero stupida”
s’intromise Damon
“Insomma, io al liceo? Potevi inventartene una
migliore”.
Sia
Bonnie che Stefan si trovarono d’accordo a fulminarlo
con un’occhiata.
“E
adesso che succede?” chiese Bonnie.
“Che
vuoi dire?” replicò Stefan confuso.
“Ho
scoperto il vostro segreto. Avete intenzione di
uccidermi o che ne so … non avete paura che io possa andare
dallo sceriffo?”.
Stefan
avrebbe voluto rispondere, ma ancora una volta Damon
prese la parola “Credimi, se avessi pensato che tu fossi un
pericolo, ti avrei
già chiuso la bocca da tempo” asserì
con tono quasi divertito. L’intenzione era
quella di tranquillizzarla; l’unico effetto fu di farla
tremare.
“Damon,
così non sei di aiuto” gli fece notare Stefan,
zittendolo. La domanda che gli pose Bonnie un attimo dopo lo
spiazzò.
“Come
è … morto?” aveva quasi paura a
chiederlo.
“E’
stato un incidente” si affrettò a mettere in
chiaro
Stefan, mentre Damon si tendeva come una corda di violino. Finalmente
il momento
della verità era arrivato; chissà come avrebbe
reagito la sua cara nipotina
scoprendo che quello che una volta considerava come il suo zio
preferito le
aveva ammazzato il fratello.
“E’
stato ucciso da un vampiro” completò Stefan
“Era fuori
controllo e non sono riuscito a fermarlo”. Quella in fondo
era la verità, non
tutta, un po’ distorta, ma pur sempre la verità.
Damon
si voltò stupito verso il fratello. Perché
diamine lo
stava proteggendo?
Bonnie
d’altro canto cominciò a far qualche passo in
tondo,
tenendosi la pancia con le mani. Le lacrime scendevano senza tregua e
lei prese
a mormorare frasi sconnesse su suo fratello. Sembrava impazzita, forse
lo era.
Continuò
per qualche secondo, finché non si accasciò a
terra
in ginocchio rannicchiandosi su se stessa.
Damon
inizialmente osservò quasi con disprezzo la scena e
ringraziò di essere un vampiro. Tutti quei sentimenti, quei
dolori costituivano
solo una seccatura. Essere un umano faceva schifo, non si poteva
semplicemente
spegnere le emozioni; no, si era costretti a provarle una a una e a
soffrire
come dei dannati.
D’un
tratto tutta la sua sicurezza vacillò. Il motivo della
sua indifferenza verso il male altrui lo colpì come un
fendente. Lui era morto. Per questo
non sentiva
niente di niente. Per questo non riusciva a comprendere il dolore di
Bonnie.
In
quel momento invidiò la ragazza, invidiò la
facilità con
cui era riuscita ad esternare i suoi sentimenti,
a sfogarsi, invidiò la naturalezza del
pianto, invidiò il modo in cui tutte le emozioni venivano
buttate fuori
lasciando un gran vuoto.
Lui
non poteva più farlo. Lui aveva rinchiuso tutte le sue
debolezze in una pietra.
Si
ricordò con un moto di nostalgia di quando era umano. Si
ricordò della ragione per cui gli umani erano obbligati a
soffrire.
Soffrire
era ciò che li rendeva vivi. Soffrire
assicurava loro di essere ancora vivi. Soffrire era
ciò
che di più umano potesse esistere.
Senza
sapere bene come o perché, si ritrovò a muovere
qualche passo incerto verso Bonnie, fino a raggiungerla. Si
abbassò su di lei e
l’avvolse tra le braccia.
La
ragazza provò a divincolarsi, a tirargli qualche spallata
senza troppa convinzione; poi si arrese, abbandonando pesantemente la
testa sul
petto del vampiro. E riprese a piangere se possibile con più
intensità.
“I
miei genitore sono morti. Zach è morto” gemette
“Come
faccio?”.
“Ssshh”
la calmò Damon accarezzandole i capelli
“Andrà tutto
bene”.
“Io
… sono … sola” affermò lei
avvertendo il nulla davanti a
sé.
“Non
sei sola. C’è Stefan” le
sussurrò nell’orecchio con
voce tenue “Lui ci sarà sempre. E io …
non ti lascio. Adesso mi prendo io cura
di te”.
Bonnie
si artigliò alla giacca di Damon.
La
mise nel letto, esattamente come era abituato a fare
quando era piccola. Le tolse le scarpe e la coprì con il
piumone stando ben
attento a non svegliarla. Nel tragitto verso casa gli si era
addormentata in
braccio. Non era riuscito neanche a posarla sul sedile per guidare, lei
gli si
era attaccata addosso così tenacemente che sarebbe stato
impossibile staccarla
senza disturbarla. Aveva guidato Stefan.
Lasciò
la stanza e si richiuse la porta dietro. Stentava
quasi a credere di essere stato quello che l’aveva consolata
e coccolata,
quando solo qualche ora prima avrebbe voluto metterla sul primo volo
per
l’Italia. Vederla là per terra, affranta e confusa
aveva risvegliato l’istinto
di protezione che aveva sempre avuto verso Bonnie. Non voleva che lei
si
sentisse abbandonata, non era giusto.
“Damon”
lo chiamò Stefan dalla sua camera “Puoi venire un
attimo?”.
Damon
lo raggiunse stranamente accondiscendente “Che vuoi,
Stefan?”.
“Come
facevi a sapere che Bonnie era al maneggio?” gli
chiese curioso.
“Beh
fratellino, per quanto la tua analisi sia stata molto
da dr. Freud, hai toppato in pieno. Bonnie non voleva nascondersi,
voleva
essere trovata. Voleva essere certa che noi tenessimo ancora a lei.
Quello era
il suo posto preferito” rispose senza nemmeno pensarci due
volte. Lui conosceva bene Sissi.
Stefan
fece una faccia impressionata.
“Ora
posso chiederti io una cosa?” disse Damon
“Perché hai
mentito sulla morte di Zach? Perché non le hai detto che
sono stato io?”.
“Elena
me l’ha suggerito” lo informò Stefan
“Ha detto che
avremmo potuto raccontarle la verità senza entrare troppo
nei dettagli. Era un
modo per farci odiare di meno, quanto bastava per non farla correre
dallo
sceriffo a consegnarci”.
“Elena
piccola manipolatrice” commentò Damon
“Quella ragazza
mi stupisce ogni giorno di più …”.
Stefan lo interruppe subito “Non è per
questo che ti ho coperto”.
Damon
con un cenno del capo lo invitò a proseguire.
“E’
talmente chiaro che voi due siete legati da qualcosa di
speciale. Sei stato tu a trovarla qualche sera fa, sei stato tu a
ritrovarla
oggi. T’importa di lei, ti è sempre importato,
anche se non lo vuoi ammettere.
D’altra parte per qualche strana ragione a me ignota, lei ti
ha idealizzato,
non riesce a vedere la tua parte cattiva. Non sarò io a
rivelarle che il suo
eroe ha ucciso suo fratello e non sarò io ad allontanarti
dall’unica persona
capace di tirare fuori la tua umanità”.
Damon
ascoltò in silenzio, non avendo nulla da replicare.
Perché sapeva che Stefan aveva dannatamente centrato il
punto.
“Ti
avverto, però” aggiunse Stefan
“E’ l’ultima volta che ti
do una mano, che mi prendo la colpa per te. Manda ancora tutto a
puttane per
colpa del tuo orgoglio e saranno solo fatti tuoi” lo
avvisò con voce cupa.
Damon
ricambiò lo sguardo di sfida. Stefan aveva ragione e
ammetterlo a se stesso era già un gran passo avanti, ma non
poteva certo
permettergli di trattarlo come un ragazzino che non era in grado di
cavarsela
da solo.
“Ragazzi”
s’intromise una terza voce. Entrambi si voltarono
verso la porta.
“Che
diamine ci fai ancora in piedi?
Torna a letto” le ordinò Damon.
“Noi
abbiamo deciso di essere sinceri,
giusto?” chiese la rossa inaspettatamente.
“Certo”
rispose prontamente Stefan,
mentre scambiava un’occhiata preoccupata con Damon temendo
che Bonnie avesse
origliato la loro conversazione.
“Vi
devo confessare una cosa” iniziò
lei “Io non sono tornata solo per … per Zach,
c’è un altro motivo” raccontò
“Non mi sentivo più al sicuro in collegio.
È iniziato tutto un paio di anni fa.
Io non so spiegarlo bene, era come se qualcuno mi spiasse. Mi dava
fastidio
avvicinarmi alle finestre, non mi piaceva andare in giro da sola, di
notte
chiudevo a chiave la porta della stanza anche se era contro il
regolamento. Era
come se una telecamera mi seguisse costantemente e io non potessi
sottrarmi ed
era una sensazione che cresceva sempre più. Poi è
successa quella cosa …” si
fermò un attimo “ … Era uno degli
ultimi giorni di scuola, avevamo appena
finito gli esami, la direttrice non c’era e noi abbiamo fatto
festa, come al
solito. Era una specie di tradizione di fine anno. Io, però,
non stavo bene e
sono rimasta in camera. Mi stavo per addormentare quando ho sentito
come una
presenza pericolosa lì nel collegio, ho
sentito i suoi passi. I corridoi erano pieni ragazze che
stavano
festeggiando, ma io sapevo che non appartenevano a nessuna di loro. I
passi si
sono avvicinati, erano sul mio corridoio; hanno superato la mia stanza
e sono
saliti su per le scale. Io mi sono alzata di botto e sono uscita a
controllare,
ma c’era troppo casino, troppa confusione e non ho sentito
più niente. Il
giorno dopo il notiziario annunciava la scomparsa di Giada Presti,
un’alunna
della mia scuola. La polizia ha interrogato le ragazze del suo
corridoio: hanno
detto che era lì con loro, erano tutte piuttosto euforiche e lei si è versata
l’alcol addosso. È andata in camera a
cambiarsi e non è più tornata. Nessuno
l’ha vista uscire, nessuno l’ha vista
lasciare l’istituto, nessuno di estraneo avrebbe potuto
entrare, quindi nessuno
riesce a capire come abbia potuto sparire senza lasciare traccia. La
sua camera
era proprio sopra la mia”.
Stefan
e Damon la guardavano senza
capire dove volesse arrivare. Bonnie chiarì subito
“L’hanno rapita, io so
che l’hanno portata via. C’era
qualcuno di cattivo quella sera, io
l’ho
sentito”.
“Sissi”
cercò di calmarla Stefan
“Capita che a volte gli esseri umani abbiamo una specie di
sesto senso per
queste cose, avvertono che sta per succedere qualcosa di male, un
po’ come gli
animali. Ma forse la tua è stata solo una coincidenza, forse
ti sei fatta
suggestionare”.
“Lei
è sparita davvero, Stefan. Non era
suggestione”.
“Hai
detto che non stavi bene, hai
detto che ti sentivi spiata. Magari hai creduto di udire qualcosa di
strano e
il giorno dopo ti sei convinta che fosse la realtà, ma non
è detto che lo sia”.
“E
se invece ho ragione io? E se fossi
uscita prima a controllare? E se stesse cercando me? Forse ero io,
forse ha
sbagliato stanza …”.
“Ok,
adesso basta” tagliò corto Damon
“Sei sconvolta, sei stanca e hai bisogno di
dormire” le disse poggiandole le
mani sulle spalle e girandola verso camera sua.
“Toglimi
solo una curiosità” insinuò il
vampiro riaccompagnandola a letto “Che ti ha detto tuo
fratello per convincerti
a prendere la verbena?”.
“Verbena?”.
“Sì
e mi piacerebbe anche sapere dove
l’hai nascosta. Praticamente ho rivoltato la camera, ma non
ho trovato niente”.
“Damon,
non ho mai preso della verbena
in vita mia”.
“And you can’t
fight the tears that ain’t coming
Or the moment of truth in your lies
When everything feels like the movies
Yeah you bleed just to know you’re alive”
(Iris-
Goo Goo Dolls)
Il
mio spazio:
Salve
a tutti!!!! Come sono andate le
vacanze? Spero bene!! Io ero talmente presa da questo capitolo che sono
riuscito a scriverlo prima di partire, quindi era pronto per essere
pubblicato.
Ecco
a voi il capitolo tanto atteso!
Come vi è sembrato? Non so proprio come sia venuto! Io mi
sono davvero
impegnata, ma non ho mai sperimentato una perdita come quella di
Bonnie, quindi
ho cercato di calarmi un po’ nelle sue possibili sensazione e
reazioni; non so
se l’intento è riuscito.
Comunque
finalmente, posso annunciare
che Bonnie ha scoperto la verità!!! Che ne pensate? Secondo
voi Stefan ha fatto
bene a coprire suo fratello per dargli una seconda
possibilità con Bonnie? O
doveva essere sincero del tutto?
Damon
alla fine ha ceduto, non potendo
più sopportare di vedere Bonnie così rotta
per il dolore e ha fatto il possibile per rimediare ai suoi stessi
errori. Ma
non preoccupatevi, Damon non si trasformerà d’un
tratto in un romaticone tutto
zuccheroso! Hanno ancora un po’ di strada da fare questi due.
E
nelle ultime righe si sono sollevati
altri due enigmi: il racconto di Bonnie e questo mistero sulla verbena.
Bonnie
sta dicendo la verità e non ha mai assunto della verbena o
non si fida ancora
del tutto e sta cercando di proteggersi?
Bene
e con questo capitolo si conclude
la parte certa di questa storia! Ora ho in mente la linea generale, ma
non per
ogni singolo capitolo. Se volete darmi qualche idea, o se vi piacerebbe
leggere
qualche scena, ditemi pure e io cercherò di accontentarvi
come posso =)
Finalmente
poi sono riuscita ad
inserire l’immagine; vi piace la “Bonnie”
che ho scelto?
Volevo
solo avvertirvi di una cosa: la
frase è tratta dalla canzone “Ashes and
wine” di A Fine Frenzy da cui la storia
prende il nome. In un mio delirio di onniscienza ho scritto quella
frase senza
controllare il testo originale. Risultato? Ho fatto un errore. La
versione corretta sarebbe “Is there a chance you may change
your mind?”. Io
ho scritto “might”
invece che “may”; il significato cambia poco
(praticamente è lo stesso), ma mi
sembrava giusto segnalarlo. Anche perché non ho voglia di
rifare tutta
l’immagine per correggerlo, quindi mi limito a indicarlo qui.
Sappiate però che
è sbagliato ehehe.
Ultima
cosa e poi vi lascio in pace: ho
sempre inserito i testi della canzoni in inglese senza la traduzione in
italiano, più che altro per questione d’immagine
(mi piace di più vedere solo
la versione originale senza la traduzione a fianco), ma se qualcuno di
voi ha
qualche problemino con l’inglese o magari non conosce qualche
parola e vi
piacerebbe avere la traduzione, non esitate a chiedermela!
Vi
ringrazio ancora tantissimo per le
recensioni, per aver inserito la storia tra seguite/ ricordate/
preferite e
anche solo per aver letto.
Al
prossimo capitolo!
Baci,
Fran ;)
*Questi
piccoli estratti del diario
ripercorrono in breve gli eventi del primo libro, ovviamente con
qualche
piccolo aggiustamento per compensare l’assenza di Bonnie.
|
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Capitolo 9 *** Tomorrow's a new day ***
Ashes &Wine
Capitolo
nove: Tomorrow’s a new day
“Sometimes
in our lives
We all have pain, we all have sorrow
But, if we are wise
We know that there's always tomorrow
Lean on me, when you're not strong
And I'll be your friend, I'll help you carry on
For, it won't be long
Till I'm gonna need somebody to lean on”
(Lean
on me- Bill Withers)
“No,
questo non è
possibile” affermò Damon convinto
“Bonnie smettila di fare la recita, so che
prendi della verbena”.
“Non
ho mai preso della verbena” ribadì
lei “Non sapevo neanche che cosa fosse finché non
l’ho vista giù nello scantinato”.
“Ho
provato a soggiogarti, ho provato a
leggerti nel pensiero e non ci sono riuscito. La verbena è
l’unica difesa per
un umano contro gli attacchi mentali dei vampiri. Tu devi aver preso
quella
dannata erbaccia!”.
“Ti
ripeto che non … un momento, mi hai
letto nel pensiero?!” esclamò con tono sdegnato
come se sentisse la sua privacy
violata.
“E’
questo il punto: non sono riuscito a farlo”.
“Fallo”
ordinò Bonnie “Leggimi ora
nella mente, così ti potrò dimostrare che non
assumo verbena”.
Damon
la guardò un po’ di sottecchi
cercando di capire dove stesse l’inganno, ma Bonnie sembrava
veramente
risoluta. Avvicinò il suo volto a quello della ragazza e la
fissò dritto negli
occhi. Aprì la mente, pronto ad accogliere qualsiasi
pensiero. Non successe
nulla, neanche una piccola, minuscola parola.
Damon
si allontanò scocciato “Se questa
è una presa per il culo, non è per niente
divertente”.
Bonnie
allargò gli occhi “Non hai
sentito niente?”.
“No”.
“Ed
è grave?”.
Damon
non rispose, diede le spalle alla
ragazza e fece per uscire.
“Damon
…” lo richiamò “Non ti sto
prendendo in giro. Devi credermi”.
Lui
si voltò e annuì lentamente, poi la
lasciò sola chiudendosi la porta alle spalle.
Salì
in camera sua, dribblando Stefan
che certamente lo stava aspettando in qualche antro della casa per
fargli un
agguato e cominciare a parlare e parlare di quello che era successo.
Si
tolse i vestiti, li buttò per terra
ed entrò in bagno accendendo la doccia. Aspettò
qualche minuto che diventasse
calda poi si mise sotto il getto bollente. Rimase fermo. Non
s’insaponò, non
sfregò i capelli con lo shampoo. Restò
semplicemente con le braccia lungo i
fianchi a fissare davanti a sé mentre lo scrosciare
dell’acqua lo aiutava ad
estraniarsi da tutto il resto.
Aveva
bisogno di tempo per stare da
solo e riflettere sulle sue prossime mosse, perché gli
eventi di quella sera
avevano rivoluzionato un bel po’ i suoi piani.
Avrebbe
voluto prendere a testate il
vetro della doccia. Non c’era una spiegazione razionale per
il suo
comportamento. Non avrebbe mai pensato di essere quello che
l’avrebbe convinta
a restare, che l’avrebbe consolata, abbracciata, calmata.
Semplicemente non
aveva potuto fare altro. Vederla lì per terra, a
singhiozzare per la morte del
fratello era stato penetrante; per un momento aveva pensato che non
avrebbe più
smesso di piangere. Piangere per causa
sua.
Non
poteva permetterlo. Poteva
sopportare di non vederla mai più, sopportare
l’idea di essere cancellato dalla
sua vita, poteva mentirle, poteva urlarle addosso, respingerla,
ignorarla,
insultarla, mortificarla, ma non avrebbe mai e poi mai potuto
sopportare di
essere la causa primaria del suo dolore senza muovere un dito.
Con
che coraggio avrebbe lasciato
quella piccola e fragile ragazzina in preda agli spasmi, quando lui per
primo
l’aveva privata dell’unica persona che costituiva
la sua famiglia?
Neanche
il grande Damon Salvatore
avrebbe avuto quella faccia tosta! Orgoglio, arroganza,
superiorità,
presunzione, menefreghismo, tutto andava a farsi fottere quando si
parlava di
Bonnie.
Ormai
poteva anche ammetterlo a se
stesso: Bonnie era importante. Si era affezionato, inevitabilmente.
L’aveva
vista crescere e avrebbe fatto di tutto per proteggerla. Non avrebbe
mai
pensato che sarebbe stato lui stesso il motivo della sua sofferenza. Ma non c’era
bisogno di farlo sapere agli
altri. Non c’era bisogno di farlo sapere a lei.
Chiuse
l’acqua e uscì dalla doccia.
Completamente nudo si buttò sul letto. Aveva sonno, ma non
sarebbe riuscito a
dormire, ne era certo.
Tralasciando
le sue paranoie mentali,
c’era una questione piuttosto cruciale: la verbena. Se
davvero Bonnie stava
dicendo la verità, come diamine faceva a combattere i suoi
attacchi
mentali?
Giunse
alla conclusione che stesse
mentendo, perché era l’unica spiegazione
possibile. Nessuno avrebbe potuto resistere
al suo Potere, soprattutto una semplice ragazzina che era vissuta anni
e anni
lontano da qualsiasi cosa di paranormale. Forse voleva solo
proteggersi, forse
temeva che le avrebbe fatto del male, forse non si fidava ancora di
loro.
Di
te non si fida. Di Stefan sì.
Si
tirò su di scatto. Aveva bisogno di
sangue.
E
anche un po’ di whiskey.
Era
sveglia ovviamente. Per la quarta
notte di fila non aveva chiuso occhio. Come avrebbe potuto?
Due
vampiri in giro per casa erano il
minore dei problemi, anzi non costituivano neanche un problema.
Se
qualche notte prima era terrorizzata
al solo pensiero, ora che finalmente la verità era saltata
fuori, si sentiva
come tranquillizzata su quel fronte.
Si
girò dall’altra parte, mentre
avvicinava una mano al viso per asciugare le lacrime. Non aveva pianto
molto,
meno di quello che si sarebbe aspettata. Per lo più era
stata con il viso
rivolto verso il soffitto e la mente completamente svuotata.
La
morte di Zach le sembrava una
notizia così assurda che quasi stentava a credere che fosse
vera. Non l’aveva
ancora assimilata.
Se
ripensava a tutti gli anni passati
lontano da suo fratello, a tutte le occasioni sprecate per stare con
lui, a
tutte le telefonate non fatte, a tutte le volte che lo aveva incolpato
di
averla lasciata sola. Tutto solo per proteggerla.
La
verità era che aveva passato così
tanto tempo a biasimarlo da non aver mai voluto indagare suoi veri
motivi che
l’avevano spinto a mandarla in Italia. Non le era interessato
sapere il perché,
non si era preoccupata di metterlo alle strette, di costringerlo a
raccontarle
come stavano veramente le cose, aveva solo voluto punirlo per essere
sparito
dalla sua vita.
Le
lacrime di colpo si ripresentarono
copiose e Bonnie dovette mettersi una mano sulla bocca per trattenere i
singhiozzi. Non voleva farsi sentire.
Zachary
Salvatore era stato sepolto in
una buca dietro il Pensionato. Nessuna tomba, nessuna lapide, neanche
un’epigrafe, un’indicazione.
Nessuno
in città era a conoscenza della
sua morte. Erano tutti convinti che fosse partito. Per questo non
poteva essere
sepolto come conveniva, non bisognava far insospettire il Consiglio,
non ora
che Liz Forbes si fidava di Damon.
Ma
Bonnie voleva un bene dell’anima a
suo fratello e sapere che tutti si erano scordati di lui faceva ancora
più male
della sua scomparsa.
Aveva
sempre creduto di essere sola al
mondo, ma era chiaro che Zach lo fosse molto più di lei.
Nessuno si era
preoccupato di scoprire dove fosse, nessuno aveva trovato strano che
fosse
sparito senza lasciare traccia, nessuno aveva mai telefonato per avere
sue
notizie.
E
mentre suo fratello rimaneva a Fell’s
Church a gestire il terrore per i vampiri, lei se ne stava
dall’altra parte
dell’oceano, al sicuro, e cercava tutti i pretesti di questo
mondo per odiarlo.
Si sentì terribilmente in colpa per essere stata
così cieca e stupida. E pure
credulona.
Tirò
la coperta fin sopra la testa. Non
si sarebbe mai più mossa da quel letto.
Qualcuno
bussò.
Bonnie
guardò la porta e velocemente si
voltò dall’altra parte e finse di dormire. Non
aveva voglia di parlare né con
Stefan né tantomeno con Damon. Il rapporto con lui era
decisamente in bilico.
Dopo
la dimostrazione di simil- affetto
di qualche sera, Bonnie non avrebbe proprio saputo come comportarsi.
Che fare
se lui fosse tornato a disprezzarla? Non avrebbe sopportato anche
quello.
Perdere una persona, ritrovarla e riperderla nel giro di pochi giorni
era
qualcosa che nessuno cuore avrebbe retto; di certo non il suo,
già abbastanza
compromesso.
La
porta si aprì lentamente e Bonnie si
sorprese di udire delle voci femminili. D’istinto
alzò il capo in direzione
delle tre figure che la fissavano apprensive: Elena, Meredith e
Caroline.
Si
scoprì felice di vederle. Le serviva
una presenza femminile accanto a lei. Tre erano ancora meglio.
Fu
buffo vedere come cercarono di
approcciare nel modo meno invasivo possibile. Erano a disagio, non
sapevano da
dove cominciare e probabilmente si sentivano in parte responsabili per
aver
mantenuto il segreto.
“Bonnie”
iniziò Meredith che tra le tre
pareva l’unica ad avere il controllo della situazione
“Ci dispiace così tanto”.
Le
altre due annuirono ed Elena prese
subito la parola “Ti abbiamo mentito, ti abbiamo fatto
credere cose non vere,
ma ti assicuro era solo un modo per aiutare St …”.
“Non
dovete scusarvi, Elena” la
interruppe Bonnie “Voi non mi conoscete bene. Per quanto ne
sapete, avrei
potuto fare qualcosa di stupido … avete protetto le persone
cui volete bene.
Anche io avrei fatto lo stesso” le rassicurò la
rossa.
“No,
no, non abbiamo scusanti. Noi non
avevamo il diritto di dirti niente sulla questione dei vampiri, quello
spettava
a Stefan e a Damon, ma non avremmo dovuto mentirti riguardo
Zach” insistette
Meredith.
“Tutto
questo discorso è per dire che
…” parlò finalmente anche Caroline
“ … è vero, non ti conosciamo bene, ma
tutte
abbiamo avuto fin da subito la sensazione di poterci fidare di te e
vogliamo
farti sapere che anche tu puoi contare su di noi. Per qualunque cosa ci
saremo”.
“Grazie,
lo apprezzo davvero”.
“Siamo
amiche, è per questo che ci hanno
inventante” disse Elena come se fosse la cosa più
ovvia del mondo.
Bonnie
si ritrovò a sorridere dopo
giorni di pianto. Aveva un bisogno
disperato di amiche.
“Allora
come … ti senti?” chiese un po’
incerta la bionda.
“Così”
rispose con una debole alzata di
spalle Bonnie “Sto cercando di capire alcune cose. Non credo
di aver ancora
accettato questa storia dei vampiri e …”.
“Oh
per quello puoi chiedere a me. È
una materia su cui sono piuttosto ferrata” si
offrì Caroline esibendo un grosso
sorriso.
“Da
quanto …?”.
“Un
mese più o meno. Stefan mi sta
aiutando a gestire tutti gli effetti collaterali. Pensavo sarebbe stato
molto
più difficile, invece è una cosa a cui ci si
abitua”.
“Chi
ti ha trasformato?”.
Caroline
aspettò qualche secondo prima
di rispondere “Dovresti chiederlo a Stefan e a
Damon”.
“Sono
stati loro?”.
“No”
intervenne Elena “E’ una storia un
po’ complicata, ma nessuno dei due ha ucciso
Caroline”.
“Ti
spiace se apro la finestra? C’è un
odore di chiuso insopportabile?” domandò Meredith
in un chiaro tentativo di
cambiare discorso. Non era il momento di toccare l’argomento
Katherine; non
ancora.
“Ottima
idea, Meredith!” concordò
Caroline “Da quant’è che non ti alzi dal
letto, Bonnie? Ti sei almeno fatta una
doccia?”.
“Care”
la rimproverò Elena per la solita
mancanza di tatto.
“Che
c’è? Deve lavarsi se vuole venire
alla festa di sabato prossimo al Grill!” esclamò
cambiando di colpo tono come
se stessero facendo una normale conversazione tra ragazze.
“Non
penso sia in vena di festeggiare” ipotizzò
Elena piuttosto sicura di quello che stava affermando.
“Una
festa invece è proprio quello che
le serve, vero Bonnie?” disse Caroline rivolgendosi di nuovo
alla ragazza
seduta su letto “E poi Christopher Rydell mi ha chiesto di te
l’altro giorno”.
“Chi
è Christopher Rydell?”.
“Un
ragazzo inglese che si è trasferito
qui qualche settimana prima che arrivassi tu. Un bravo ragazzo,
carino” spiegò
Meredith.
“Carino?!”
ripeté Caroline incredula
“Solo carino? È un figo allucinante!” la
corresse, poi si voltò di nuovo verso
Bonnie “Sai all’inizio aveva puntato me, ma io sono
troppo presa da Matt,
quindi te lo cedo volentieri” scherzò.
“Ma
che animo nobile” commentò Elena
con tono sarcastico.
“Stai
mettendo in dubbio la mia
generosità? Ti ricordo che sono stata io a organizzare la
raccolta fondi
quest’anno. L’autolavaggio sexy ha avuto un enorme
successo” disse con un moto
di orgoglio.
“Mi
viene male solo a ripensarci …”
mormorò Meredith.
Caroline
la guardò male.
“Sono
passata da Dunkin’ Donuts* prima
di venire qui” annunciò Elena frugando nel suo
zaino, ben decisa a chiudere
quel discorso che stava degenerando “Chi vuole una
ciambella?”.
Bonnie
sorrise di nuovo, confortata
dall’idea di aver trovato non una, ma ben tre ragazze
fantastiche disposte ad
essere sue amiche, ad aiutarla e a supportarla. Le cose sembravano
più facili se
non dovevano essere affrontate da sole. Tutto sarebbe andato meglio;
bisognava
solo aspettare e il tempo avrebbe portato via la sofferenza, giorno
dopo
giorno.
“Ho
praticamente saccheggiato la
nostra libreria, ma non ho trovato nulla”.
Damon
si voltò svogliatamente verso
suo fratello “E questo che vuol dire?”.
“Parlo
di Bonnie e del fatto che
resiste al nostro Potere pur non assumendo verbena”
spiegò Stefan lasciandosi
cadere su una poltrona del salotto.
“Chi
lo dice che non assume
verbena?”.
“L’ha
detto lei”.
“Appunto,
non credo ci stia dicendo
la verità”.
“Perché
non dovrebbe?”.
“Ha
paura di noi, è ovvio. Ma dato
che non voglio saltare subito alle conclusioni affrettate, ho deciso di
chiamare i rinforzi”.
“Ovvero?”.
In
quel momento il campanello di
casa Salvatore suonò. Damon andò ad aprire e
ricomparve nel salone poco dopo,
seguito da Alaric Saltzman.
“Spero
che tu abbia un buon motivo
per avermi fatto venire qui alle otto del mattino durante il mio giorno
libero”
disse l’uomo ancora parecchio assonnato.
“E’
un caso davvero interessante per un
cacciatore dell’occulto come te” rispose Damon con
il suo solito sarcasmo che
Alaric non apprezzò molto.
“Abbiamo
un problema con Bonnie”
chiarì subito Stefan “Non prende la verbena
eppure non riusciamo né a soggiogarla né a
leggerle nel pensiero”.
“Cosa
normalissima per un vampiro
deboluccio come te, ma sono io quello che ha fallito e non avrebbe
dovuto
succedere” lo interruppe Damon “Tu hai mai sentito
di qualche altro rimedio per
difendersi dai vampiri che non implichi la verbena?”.
Alaric
scosse la testa “No, non esiste
nessun altro modo”.
Damon
guardò Stefan con un’espressione
che sapeva tanto di “visto?!”.
“Sicuro
che non esista? Che so, tipo un
amuleto o qualcosa del genere?” insistette Stefan.
“Sì
ma dovrebbe contenere comunque
della verbena” precisò Alaric.
“E
abbiamo già appurato che Bonnie non
indossa niente del genere, a parte quello stupido braccialetto, ma
Caroline ha
detto che è un comunissimo bracciale con tanti ciondoli che
fanno rumore”
concluse Damon “La ragazzina ci sta prendendo in
giro” affermò.
“Ma
a che scopo? Dopo tutto quel
discorso sulla sincerità!”
s’intestardì il fratello.
“Non
si fida di noi! Suo fratello è
stato ucciso da un vampiro, noi siamo vampiri; sinceramente mi sarei
stupito se
avesse accettato tutto senza battere ciglio. Si vuole proteggere e ha
paura che
noi le porteremo via la verbena se dovessimo scoprire che ce
l’ha”.
“No,
no, questo non ha senso; l’altra
sera ti ha chiesto di leggere nella mente”.
“E
non ci sono riuscito”.
“Ma
perché chiedertelo allora? Se
sapeva di avere della verbena in corpo, perché farti
insospettire ancora di
più?.
“Forse
credeva di averla smaltita”.
Alaric
stava assistendo a quello
scambio di battute in assoluto silenzio. Era troppo stanco per
intromettersi
nella discussione, in quel momento avrebbe voluto essere nel suo letto
a
dormire e non lì ad ascoltare strane congetture sul
perché Bonnie assumesse o
no verbena.
“Tu
sei riuscito a sentire un suo pensiero!”
rincarò Stefan puntandogli un dito contro quasi ad
incolparlo.
“E’
successo una sola volta! E non l’ho
nemmeno fatto apposta, me ne stavo lì sulla poltrona e quel
pensiero mi è
arrivato dritto in testa. Non era tanto gentile, avrei preferito non
sentirlo”.
Quella
frase ebbe il potere di
risvegliare Alaric; fu come una secchiata di acqua gelata in faccia.
Alzò il
capo verso Damon e chiese “Ripeti quello che hai
detto”.
Damon
restò sorpreso dall’improvviso
cambiamento di tono dell’uomo ma lo accontentò
“Dicevo che il suo pensiero non
era tanto carino …”.
“No,
no, no” lo rifermò Alaric “Prima
hai accennato qualcosa sul fatto che ti è arrivato
così dal nulla”.
“Sì,
è vero. Non mi ero neanche accorto
che lei fosse lì. Non capisco che cosa c’entri con
il nostro discorso”.
“Andiamo
ragazzi, mi stupisco che non
ci abbiate neppure fatto caso” dichiarò Alaric
agitando le mani “Da quello che
mi hai detto sembra che sia stata Bonnie a mandarti quel pensiero
– Damon
confermò con un cenno del capo- ma è una cosa
impossibile. Non è comune per gli
umani mandare pensieri; siete voi vampiri a
percepirli, siete voi quelli con il Potere. Voi potete
parlare
mentalmente, noi no. Una semplice ragazza come Bonnie non
dovrebbe essere in grado di farlo”.
“Stai
suggerendo che mia nipote non è
normale?” domandò Damon con una nota un
po’ infastidita.
“Sto
dicendo che è insolito” replicò
Alaric “Verbena o no, comunicare telepaticamente non
è una capacità prettamente
umana”.
“Fantastico!”
commentò Damon “E qual è
il tuo piano, signor Giles**?”.
Alaric
sorvolò sulla battuta e annunciò
che da lì a poco sarebbe dovuto partire alla volta della
Scozia per alcuni
studi sui druidi, ma che avrebbe fatto delle ricerche. Da qualche parte
avrebbe
trovato certamente qualcosa.
La
loro conversazione non poté
continuare poiché furono disturbati dalla tre ragazze che
scesero in salone
dopo aver lasciato la camera di Bonnie.
“Ah!
Le tre Grazie!” esclamò Damon
“Giusto voi cercavo” disse avvicinandosi e
abbassando un po’ la voce “Non una
parola sulla vera morte di
Zach”
intimò.
“Non
abbiamo detto niente Damon, non
siamo stupide” ribatté Elena piccata.
“Tanto
per essere sicuri” ghignò Damon.
“A
proposito di questa storia” parlò
Meredith “Ci stiamo cacciando in un guaio ancora
più grosso. Mentirle di nuovo
non ci porterà a nulla di buono”.
“Nessuno
ha chiesto la tua opinione,
miss Inquietudine” l’apostrofò il
vampiro.
“Damon!”
lo riprese Alaric.
“Senza
offesa Ric” disse a mo’ di
scusa. Anche se era la ragazza del suo unico pseudo amico, rimaneva lo
stesso inquietante.
“Mi
dispiace ma io non voglio essere
tirata in mezzo” affermò Meredith con
un’autorevolezza disarmante “Perché
quando scoprirà la verità e vedrete che
succederà” li avvertì “Ci
odierà
tutti”.
“Alaric
potresti portare la tua ragazza
e tutta la sua positività fuori
di
qui?” chiese Damon ironicamente fronteggiando Meredith dritta
negli occhi.
“Trova
un modo di dirle la verità,
perché altrimenti lo farò io”
minacciò Meredith per nulla intimorita per poi
marciare fuori dalla porta seguita da Alaric che si voltò
verso Damon e,
vedendo una vena pulsare pericolosamente sulla sua fronte, lo
pregò con gli
occhi di non intervenire. Avrebbe risolto tutto lui.
Caroline
seguì la coppia mormorando tra
i denti qualcosa che suonava tanto come uno
“stronzo”. Damon fu sicuro che si
riferisse a lui.
“Come
sta?” domandò Stefan ad Elena,
l’unica rimasta in casa.
“Non
male” rispose lei “Ha mangiato
metà ciambella”.
“Rispetto
a quello che ha spiluccato in
questi quattro giorni è un record” disse il
vampiro con un occhio puntato sulla
schiena del fratello che era immobile a fissare il punto in cui poco
prima
stava Meredith.
Damon,
senza aggiungere una parola,
lasciò la stanza.
“Mere
non dirà niente” assicurò Elena
rivolgendosi al suo ragazzo “E’ solo un
po’ contrariata ma terrà il segreto”.
Stefan
annuì “Lo so”. Prese lo zaino da
terra “Andiamo a scuola?”.
Elena
lo prese per una mano e lo tirò
verso di sé “Ehi, calma” gli
sussurrò “Stamattina non mi hai ancora dato il
bacio del buongiorno”.
Stefan
sorrise “Sono un fidanzato
imperdonabile” mormorò mentre avvicinava le labbra
al volto della bionda.
Erano
passati sette giorni. Era lunedì
e Bonnie decise di lasciare il suo letto. Spostò le coperte
lentamente e andò
subito ad aprire la finestra. Quella stanza aveva bisogno di un cambio
d’aria e
di un po’ di luce.
Il
sole di mezzogiorno l’accecò mentre
tirava le tende. Si era talmente abituata alla penombra di camera sua
che
dovette tenere per qualche minuto una mano davanti agli occhi. Fece una
doccia
e si cambiò.
Infine
guardò la porta, incerta se
oltrepassarla o no. Fuori da quelle quattro mura avrebbe dovuto
fronteggiare la
realtà. Il che voleva dire affrontare davvero la morte di
Zach, confrontarsi
con Damon e cercare di superare questa folle favola horror che era
diventata la
sua vita.
Fece
un bel respiro e chiuse gli occhi
finché non percepì di non essere più
in camera, ma in corridoio. Sembrava una
cosa da stupidi ma per Bonnie lasciare il caldo rifugio della sua
stanza
appariva come un’impresa emotivamente devastante.
Si
trovò quasi senza accorgersene
davanti alle scale. Prima cosa da fare: scendere. Seconda: trovare
qualcuno che
potesse chiarirle le idee. Voleva sapere tutto sui vampiri, soprattutto
su
Damon e Stefan. Quando erano stati trasformati, perché, da
chi. Quella era una
questione che aveva cercato di risolvere durante quei giorni, ma da
sola non
sarebbe riuscita a venire a capo.
“Bonnie”.
La
ragazza s’irrigidì e strinse la
balaustra delle scale. Non adesso, ti
prego.
“Ti
sei alzata”.
Già,
grande idea di merda.
“Vorrei
guardarti in faccia”.
Io
no.
Con
molta calma si girò fino ad
incontrare gli occhi neri e penetranti del vampiro. Il suo sguardo era
diverso
dall’ultima volta che lo aveva incrociato. Temeva di trovarlo
impenetrabile,
scuro e rancoroso; invece era stranamente aperto.
Damon
d’altra parte era rimasto senza
parole; insomma lei aveva appena scoperto che suo fratello era stata
ucciso da
un vampiro, che diamine si poteva dire a una persona passata attraverso
uno
shock del genere. Come va?
Vederla
in piedi, pulita e cambiata era
stato un sollievo. Non indossava niente di che: una maglietta bianca e
un paio
di Jeans, ma almeno si era tolta quel dannato pigiama che aveva tenuto
addosso
per una settimana di fila.
Calò
un silenzio imbarazzante. Bonnie
avrebbe voluto scappare, ma s’impose di stare lì e
non abbassare la testa.
“Hai
fame?” chiese Damon “Certamente
troverai qualcosa di tuo gradimento nel supermercato in
cucina”. Era vero. Da
quando Bonnie era tornata a Fell’s Church, Stefan non aveva
fatto altro che comprare
e comprare roba. Il frigorifero era ormai strapieno.
Bonnie
scosse la testa. “Ho bisogno di
farti alcune domande”.
Damon
acconsentì “Scendiamo in
salotto”.
Bonnie
si accoccolò su una poltrona,
mentre Damon rimase in piedi davanti a lei, facendo saettare lo sguardo
per
tutta la stanza. Aveva paura di quello che Bonnie gli avrebbe chiesto,
ma lei
meritava delle risposte e Meredith in fondo aveva ragione: lui aveva
fatto il
casino, lui doveva rimediare.
“Cosa
vuoi sapere?”.
Bonnie
ragionò un attimo prima di
rispondere. Voleva chiarezza, solo quello. Le bastava soltanto
ricomporre con
ordine e precisione i pezzi della storia. Di tutta la storia. La sua
storia di
famiglia.
“Da
quanto sei così? Voglio dire è
successo in questi anni? O lo eri anche prima? E Stefan, è
stato trasformato
con te?”.
“Siamo
così da parecchio tempo” affermò
vagamente. Sospettava che se avesse rivelato la sua vera età
alla ragazza,
questa sarebbe svenuta dritta sul tappeto.
“Quanto?”
lo incalzò lei che al
contrario voleva sapere ogni singolo dettaglio.
Damon
sbuffò e decise di accontentarla
“Siamo nati nel ‘500, a Firenze”.
Bonnie
spalancò gli occhi e boccheggiò
“O mio Dio” scandì queste tre parole con
una lentezza smisurata “Siete voi i
Salvatore di Firenze! Zach mi aveva detto che la nostra famiglia era
originaria
dell’Italia ma … siete
voi quella
famiglia originaria dell’Italia!!”.
“Risposta
esatta” la prese in giro “Mio
padre aveva un fratello, così la casata dei Salvatore non
è finita con me e
Stefan. Credo che gli altri Salvatore si siano trasferiti qui nel 1800
o giù di
lì”.
“Chi
è stato?” domandò di slancio
Bonnie. Non c’era bisogno di continuare la frase; era fin
troppo chiara.
“E’
una lunga storia” sviò Damon restio
a trattare di quel particolare argomento.
“Non
ho altro da fare” lo mise con le
spalle al muro lei.
“Dovresti
chiedere a Stefan, lui è
molto più bravo di me in queste cose, ci mette
più pathos. Adora raccontare
della sua vita da eroe e della mia da depravato”.
“Fai
un piccolo sforzo. Io ho bisogno
di sapere!”.
“A
quale scopo? Perché dovrei sprecare
fiato se alla fine risulterei lo stesso io il fratello
cattivo?!”.
“Perché
io voglio sentirlo da te”.
Damon
ci rimase di sasso. Era la prima
volta che qualcuno voleva ascoltare anche la sua versione dei fatti, ma
non era
ancora pronto.
“Ma
io non voglio dirtela” senza
aggiungere altro, se ne andò. Aveva ripreso a comportarsi da
stronzo, ne era
ben consapevole, ma la ‘questione Katherine’ non
era proprio il suo argomento
di conversazione preferito. Non dopo averla amata per quasi mezzo
millennio,
non dopo essere stato preso in giro in quel modo, non dopo aver
scoperto che
lei era ancora viva e vegeta, mentre lui aveva passato secoli a
tormentarsi per
aver contribuito in parte alla sua morte, anzi finta
morte.
Bonnie
aveva tutto il diritto di
sapere, ma non sarebbe stato lui a raccontarle di come aveva ucciso suo
fratello per colpa di una donna che non lo aveva mai voluto. Non che se
ne
pentisse (era da tempo ormai che non conosceva il pentimento), ma se ne
vergognava; un po’ per essersi fatto abbindolare come il
più stolto degli
stolti, un po’ perché aveva realizzato che Stefan
era l’unico della sua
famiglia rimastogli. Ma adesso c’era anche Bonnie; anche lei
era rimasta sola.
Per
colpa sua.
Non
le avrebbe mai rivelato la verità
sulla morte di Zach e non le avrebbe mai chiesto scusa per il suo
comportamento. Ma si sarebbe fatto perdonare comunque in qualche modo,
prima o
poi.
D’altronde
aveva tutta l’eternità. Il
domani non era certo un problema.
Bonnie
restò in salotto. Alzarsi per
inseguirlo era l’ultima cosa che avrebbe fatto. Damon aveva
eretto di nuovo quel
maledetto muro e in quel momento lei non avrebbe avuto proprio la forza
di
abbatterlo. Non era arrabbiata, ma piuttosto dispiaciuta; aveva capito
che il vampiro
non si era innervosito per colpa sua. Ricordarsi e raccontare della sua
trasformazione doveva essere per Damon un’esperienza troppo
dolorosa;
evidentemente non voleva rivangare il passato. C’era
qualcos’altro sotto, di
questo ne era sicura. Non era il processo in sé che faceva
stare male Damon. Forse
il come. Forse il chi. Forse
c’entrava Stefan; risultava una coincidenza piuttosto curiosa
che entrambi
fossero stati trasformati in vampiri, entrambi nello stesso periodo.
Guardò
l’ora sul cellulare: mezzogiorno
e mezzo. Avrebbe potuto andare in cucina e farsi qualcosa da mangiare.
Ma quella
poltrona era così calda e comoda e lei era così
stanca. Chiuse gli occhi per un
istante e si addormentò come una bambina.
Quando
si risvegliò era buio. Quanto aveva
dormito?.
“Che
ore sono” sbiascicò a se stessa
con la bocca ancora impastata dal sonno mentre a tentoni cercava il
cellulare.
“Sono
quasi le dieci” rispose una voce.
Bonnie sobbalzò e si girò. La luce della lampada
sul tavolino si accese illuminando
la figura di Stefan. Aveva un libro in mano. La rossa si chiese come
facesse a
leggere al buio, poi si rispose da sola: lui era un vampiro, aveva una
vista
sovrasviluppata.
“Perché
non mi hai svegliata?”.
“Dormivi
così bene” disse il ragazzo “Sono
notti ti sento girarti e rigirati nel letto, volevo lasciarti
tranquilla”.
Bonnie
si liberò della coperta avvolta
intorno a sé e si alzò dalla poltrona dandosi una
leggere spinta con le
braccia.
“Grazie
per questa”.
“Cosa?”
chiese Stefan distrattamente.
Bonnie
sventolò il plaid. Era certa di
essersi addormentata senza coperta, doveva per forza averla messa
Stefan.
“Oh,
non sono stato io” precisò subito,
ma non diede molta importanza alla cosa, almeno non la stessa
importanza che
gli diede Bonnie; perché se non era stato Stefan, allora era
stato …
“Come
ti senti?” s’informò lui.
“Meglio”
rispose di getto “Riposata”.
“Hai
fame?”.
“Da
morire”.
“Bene,
perché ho preparato le lasagne. Vado
ad accendere il forno” annunciò dirigendosi verso
la cucina “Ah, credo che ti
sia arrivato un messaggio, il tuo telefono prima ha vibrato”.
Bonnie
trovò finalmente il cellulare e
lesse il nome sul display: Clara.
Ciao
rossa! Indovina chi sta per venire a trovarti? Ho convinto i miei
genitori, mi hanno dato il permesso, se per te va bene ovviamente =)
Bonnie
esplose in urlo di felicità
“STEFAN!!!!”.
Corse in cucina, tenendo il telefonino in mano per mostrare al ragazzo
il
messaggio.
“E’
la tua compagna di stanza, giusto?”.
“Esatto!
Può venire a trovarmi? Ti prego,
ti prego!!!” supplicò come una bambina che voleva
le caramelle. Clara sarebbe
stata una boccata di aria fresca; doveva assolutamente vederla.
“Sì,
non ci sono problemi” acconsentì lui.
“Neanche
per sogno” tuonò una voce dal
piano superiore “Questa casa non è un
ostello!” si oppose perentorio Damon.
“Per
favore” mugolò Bonnie che in un
nanosecondo abbandonò Stefan in cucina per salire due rampe
di scale verso la
camera di Damon.
Lo
trovò in corridoio con un
espressione severa e irreversibile sul volto “Non voglio
ragazzine urlanti per
casa”.
“Giuro
che è la prima e l’ultima cosa
che ti chiedo. Non ti accorgerai nemmeno che è qui. Non
urleremo e non ci
comporteremo da stupide ragazzine. Ti pregooo” e fece il
broncio.
“Cosa
non capisci della parola ‘no’?”.
“Damon”
diventò improvvisamente seria “E’
la mia migliore amica. Mi conosce meglio di chiunque altro, sa cosa
deve dire e
quando lo deve dire. Per favore, ho bisogno di lei”.
Damon
distolse lo sguardo, non potevo
più sopportare quegli occhi così lucenti da
commuovere “So già che me ne
pentirò” sibilò.
“Sarebbe
un sì?”.
“Sparisci
dalla mia vista, prima che
cambi idea” l’avvisò.
“Grazie,
grazie, grazie” esultò Bonnie
prima di tirarsi su, in punta di piedi e stampargli un sonoro bacio
sulla
guancia, poi riscappò in cucina.
Damon
sorrise leggermente. Senza saperlo
Bonnie gli aveva suggerito il modo perfetto per riottenere la sua
fiducia.
Avrebbe
potuto sopportare anche
centinaia di ragazzine urlanti se fosse servito a renderla
così contenta.
Quando
due giorni dopo Bonnie andò ad
aprire la porta e si trovò di fronte Clara, entrambi
proruppero in un grido di
gioia.
E
Damon seppe per certo che se ne
sarebbe pentito amaramente.
“Never thought I'd say I'm sorry
Never thought I'd be the one to bring you down
Now when I look out my window
But there doesn't seem to be anyone around
And I, I think I'll change my ways
So all your words get noticed
Tomorrow's a brand new day
Tomorrow's a new day”
(Brand new day- Forty Foot Echo)
Il
mio spazio:
Ed
eccoci arrivati al nono capitolo.
Scusate
per il ritardo, ma la scuola mi
ha assorbito completamente.
Non
succede nulla di che in questo
pezzo, volevo lasciare un po’ di respiro ai nostri
protagonisti, dato che già
nel prossimo ricominceranno i guai.
Che
ne dite? Lo trovate noioso?
Scrivere questo è stato peggio di quello scorso. Entrare
nella mente di Bonnie
e cercare di esprimere i suoi pensieri è stata
un’impresa difficile, spero di
averli resi al meglio.
Damon
sta cercando di rimediare ai suoi
errori, ma non è ancora pronto ad affrontare la storia della
sua
trasformazione. Parlarne lo fa star male e teme che Bonnie possa
guardarlo con
disprezzo una volta saputa la verità. Stefan è
colpevole quanto lui, ma Damon
sa che suo fratello passerebbe lo stesso come il povero santo,
perché Stefan si
è pentito davvero di quello che ha fatto, Stefan non avrebbe
mai voluto
uccidere suo fratello. Ma la strada di Damon verso la redenzione
è ancora
lunga.
Dal
prossimo capitolo conosceremo un po’
di più Clara, spero che apprezzerete questo personaggio
inventato.
Inoltre
tra un po’ potrete leggere di
intesa chiacchierata con Meredith; so che molte di voi la adorano,
quindi ho deciso
che sarà lei quella che darà una bella scrollata
a Bonnie.
Ho
un piccolo sondaggio da fare: per
Caroline preferite Matt o Tyler? All’inizio io preferivo
Matt, ma guardando la
serie Tv ho cominciato a rivalutare anche la coppia Care/Tyler.
Vi
ringrazio tantissimo per le
splendide recensioni che mi avete lasciato! Siete fantastiche!
Al
prossimo capito, Fran;)
*Dunkin
Donuts è una famosa catena
americana di negozi di ciambelle.
**Citazione
da “Buffy, l’ammazza vampiri”.
Giles è l’osservatore di Buffy e l’uomo
più informato su tutte le implicazioni
soprannaturali.
|
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Capitolo 10 *** And I'm lying like a child in your arms ***
Ashes &Wine
Capitolo dieci:
And I’m lying like a child in your arms
“Turnaround, every now and then I
get a
little bit restless and I dream of something wild
Turnaround, every now and then I get a
little bit helpless and I’m lying
like a
child in your arms
Turnaround, every now and then I get a
little bit angry and I know I’ve got to get out and cry
Turnaround, every now and then I get a
little bit terrified but then I see the look in your eyes”
(Total eclipse of the heart- Bonnie
Tyler)
Aprì
la porta e urlò.
Poi
saltò e urlò più
forte.
Infine
l’abbracciò,
continuando a saltare e a urlare.
“Sei
qui! Sei qui! Sei
quiiii!!!”.
“Ehi
ragazza mia,
calmati, mi stai strozzando!”.
Bonnie
la liberò dalla
sua stretta soffocante, ma non smise di fissarla, quasi non credesse
che lei
era davvero lì.
Clara
si guardò un po’
intorno lanciando un fischio di approvazione
“Però! Questa è casa tua? Cavolo,
la mia potrebbe starci quattro volte”.
“Non
è poi così grande”
le assicurò Bonnie “Dopo un po’ ti ci
abitui. Dai, ti aiuto a portare su i
bagagli”.
Prese
lo zaino di Clara e
se lo caricò sulla spalla, mentre l’amica la
seguiva su per le scale con il
borsone.
La
ragazza era talmente
presa ad ammirare quella casa meravigliosa che non badò
assolutamente a dove
posava i piedi ed inciampò su un gradino.
Il
borsone le cadde e
scivolò giù dalle scale fino
all’ingresso. Bonnie si voltò sentendo il fracasso
“Quanto sei sbadata” commentò.
Clara
le sorrise
colpevole e riscese per recuperare il borsone. Si piegò per
prenderlo ma
un’altra mano le si parò davanti e
sollevò il bagaglio senza alcuna fatica,
porgendoglielo.
Clara
alzò lo sguardo per
incontrare i più begli occhi che avesse mai visto. Neri come
la pece. Facendo
scorrere lo sguardo sulla figura del vampiro, poté appurare
che quei bellissimi
occhi appartenevano a un bellissimo ragazzo che la stava fissando con
un
sopracciglio alzato.
“Damon”
disse Bonnie
dietro di lei.
Damon?
Pensò Clara. Lo zio Damon? Questo
gran figo è suo zio???
“Avevamo
detto niente
urli da ragazzine” pronunciò il vampiro con la sua
voce calda e ferma.
“Scusami
… è che mi
mancava” si giustificò Bonnie “Damon,
questa è la mia amica Clara. Clara lui è
mio zio” li presentò.
Damon
diede un’altra
occhiata sospettosa a Clara “Immagino che questo sia
tuo” suppose passandole il
borsone.
Clara
lo prese titubante
farfugliando un ‘grazie’.
Bonnie
da dietro le
spalle dell’amica, intanto, incitava Damon a comportarsi un
po’ più
gentilmente. Lui colse subito il messaggio e alzò gli occhi
al cielo scocciato
“I patti erano che lei poteva venire a trovarti, non che io
dovessi essere
gentile” le ricordò con una vena ironica
“Ora avrei un paio di cose da
sbrigare, quindi se volete scusarmi …”
salutò con un veloce gesto della mano e
salì verso lo studio.
Bonnie
gli lanciò
un’occhiataccia mentre lui spariva lungo il corridoio, poi si
rivolse verso
Clara, che se ne stava immobile, ancora attonita dalla bellezza dello
zio della
sua migliore amica.
“Beh,
che fai lì?” la
smosse “Forza, camera mia è di qua!”.
Appena
entrante nella
stanza, Clara lasciò cadere i bagagli sul pavimento e chiuse
la porta con un
botto.
“Quello-
è- tuo –
zio????” chiese ancora incredula.
“Sì,
perché?”.
“Perché?!
Tuo zio è un
figo pazzesco e tu non me l’hai mai detto!”
spiegò abbassando un po’ la voce
per paura che Damon la sentisse. Bonnie non si premurò
nemmeno di avvertirla di
quanto fosse inutile parlare piano. Cosa avrebbe potuto dirle: mio zio
è un
vampiro e ha l’udito sovrasviluppato?
“Ti
ho detto che era
bello” rispose Bonnie.
“Bello?
Solo bello? Bonnie ma lo hai visto?
Toglie il fiato”.
“Adesso
non esagerare!”.
“Mi
prendi in giro o sei
cieca?”.
“E’
mio zio, Clara, io
non lo guardo in quel senso”.
Bugiarda.
Sì,
forse doveva ammetterlo, un paio di
volte le era capitato di rimanere a guardarlo proprio in quel senso, ma
chi non
l’avrebbe fatto?
Damon
era di una
perfezione quasi sovrumana. Non era solo bello, ma aveva un fascino
indescrivibile. Chiunque si sarebbe sciolto sotto il suo sguardo
enigmatico e
orgoglioso.
“Non
ti ho detto di
intrecciare una relazione incestuosa, ti ho detto solo che non puoi
negare che
sia stupendo”.
“Non
lo nego” affermò
Bonnie “Ma deve essere una cosa genetica, anche suo fratello
è molto bello” era
meglio sviare il discorso sull’altro Salvatore. Stefan era un
territorio meno
pericoloso di Damon. Stefan, per quanto fosse bello, gentile e dolce,
non era capace
di rigirarle lo stomaco come Damon.
“Stefan
è più piccolo,
vero?”.
“Sì,
ha più o meno la
nostra età” confermò la rossa.
“Presentamelo!”
gridò
quasi Clara.
“E’
innamoratissimo della
sua ragazza”.
“Oh”
disse delusa Clara
“Sembra proprio che mi dovrò accontentare di
Damon. Quanti anni ha?”.
“Quasi
trenta” mentì
Bonnie. Damon non dimostrava assolutamente trent’anni, ma
quella era la
versione ufficiale per non fare insospettire Clara.
“Sembra
più giovane”.
Bonnie
ridacchiò pensando
che Damon fosse molto, ma molto più vecchio di quello che
appariva a tutti “Si
mantiene bene” rispose stortando un angolo della bocca
all’insù.
“E
tuo fratello? Alla
fine hai scoperto perché non rispondeva alle
chiamate?”.
Bonnie
tentennò. Alla
fine erano giunte alla domanda che temeva di più. Sapeva
esattamente come
rispondere, ma soltanto il nominare Zach le provocava una stretta al
cuore
opprimente. Non poteva e non voleva
parlarne.
“Sì,
è dovuto partire per
lavoro, un viaggio improvviso” respirò
profondamente per cercare di asciugare
gli occhi che si erano fatti parecchio lucidi “Io devo
… devo andare a
controllare una cosa, ma tu sistemati pure, come se fossi a casa
tua” pronunciò
tutto alla velocità della luce e scattò fuori
dalla porta per non scoppiare a
piangere di fronte a lei.
Trattenendo
i singhiozzi
con una mano, uscì di casa e si accucciò sotto il
porticato.
E
lì lasciò
cadere le lacrime.
Stefan
sapeva che ci
sarebbe voluto del tempo. Non si era mai illuso che Bonnie da un
momento
all’altro si sarebbe scordata di suo fratello. Non si poteva
semplicemente fare
finta di niente.
Vederla,
però, in
veranda, rannicchiata su se stessa a piangere, faceva male lo stesso.
Faceva
male perché Stefan era in parte responsabile. Faceva male
perché Bonnie non se
lo meritava. Faceva male perché lei stava piangendo sulle
basi di una mezza
verità. E quando finalmente non ci sarebbero stati
più segreti, avrebbe fatto
ancora più male.
Le
si sedette accanto e
passò un braccio attorno alla vita sottile della ragazza,
avvicinandola un po’
a sé.
“Mi
consideri una
piagnona, vero?” chiese lei tirando su con il naso.
“Hai
tutti i motivi per
essere una piagnona” la rassicurò Stefan
buttandola sul ridere “Non è ancora
arrivata Clara?”.
“Sì,
è di sopra. Penserà
che sono una pazza. Mi ha chiesto di Zach e le ho detto che
è partito, poi …
che so … mi è venuto improvvisamente da piangere
e sono scappata dalla stanza
come un’idiota”.
“Non
sei un’idiota”.
“Sono
contenta che almeno
uno di noi due ne sia così sicuro”
ironizzò “Possiamo stare qui finché non
mi
passa?”.
“Possiamo
rimanere tutto
il tempo che vuoi”.
Bonnie
sorrise
timidamente ringraziandolo. Poggiò la testa sulla sua spalle
e fissò per
interminabili minuti la targa dell’auto di Stefan, poi
domandò a bruciapelo
della sua trasformazione.
Damon
non aveva voluto
raccontarle niente, ma lei voleva sapere. Non poteva aspettare che il
vampiro
fosse psicologicamente ed emotivamente pronto. Avrebbe preferito
sentire la
storia da Damon, perché in quei giorni aveva capito di
quanto bisogno avesse di
essere ascoltato. Avrebbe voluto aiutarlo, ma non sapeva da dove
cominciare.
Era chiaro che lui non volesse collaborare e lei non era proprio
dell’umore per
mettersi a discutere, ad insistere.
Stefan
era la via più
facile.
“Sei
sicura di voler
sentire tutta la storia? Ti avviso che non è piacevole e
forse alla fine vorrai
scappare per il disgusto”.
“Sono
sicura e ti giuro
che non andrò da nessuna parte. Qualunque cosa tu o Damon
abbiate fatto, è
ormai passata. Io non voglio giudicare, voglio solo capire”.
E
così Stefan cominciò a
raccontare. Era un fiume in piena, rovesciò una
quantità infinita di
informazioni partendo dalla sua infanzia: la morte della madre,
l’avversione di
Damon che si era poi trasformata in odio, il difficile rapporto tra il
padre e
il fratello, la vita sregolata di Damon, l’arrivo di
Katherine e tutto ciò che
ne era conseguito.
Bonnie
ascoltava
affascinata, spinta da una voglia di sapere irresistibile. Sembrava che
Stefan
le stesse leggendo uno di quei libri per adolescenti,
sull’amore immortale tra
vampiri e umani. Solo che quella era la realtà.
“Vi
siete uccisi?” chiese
Bonnie incredula.
Stefan
annuì “Ed è una
cosa che mi dà il tormento da cinquecento anni”.
“Tutto
per una donna?”
rincarò lei che non avendo mai sperimentato una passione
così forte, non poteva
capire cosa si era portati a fare per amore.
“Una
donna che non è
morta” confermò Stefan sganciando
un’altra bomba. Bonnie strabuzzò gli occhi e
lui proseguì “Katherine ha finto di uccidersi,
perché voleva che noi ci
riappacificassimo, l’ha fatto per noi … anche se
il risultato non è stato
quello sperato”.
“Quindi
l’hai rivista?”.
“No,
ho scoperto che è
ancora viva circa un mese fa. È stata lei a trasformare
Caroline”.
Al
che Bonnie saltò quasi
sul posto “P – perché
l’avrebbe fatto?”.
“Non
lo so, Sissi. È una
delle tante cose che vorrei sapere. Ancora non capisco
perché è sparita in
tutti questi anni”.
“Sei
ancora innamorato?”
domandò Bonnie “Pensi alla possibilità
che se dovesse tornare, tu e lei
potreste stare ancora insieme”.
“Innamorato”
sbuffò lui
“Avevo diciassette anni non so se fosse amore vero. Qualunque
cosa fosse, mi ha
fatto uccidere mio fratello. Non ho alcun interesse a riavvicinarmi ad
un
sentimento del genere. E poi adesso c’è
Elena”.
“Damon
invece la ama
ancora, vero? È per questo che non ne vuole
parlare” era una domanda, ma appariva
molto più come un’affermazione.
Stefan
confermò la sua
teoria “Lui è sempre stato legato al ricordo di
Katherine … non l’ha mai
scordata. Scoprire che lei è viva e che per tutto questo
tempo non l’ha
cercato, lo ha shockato molto più di me”.
“Cosa
è successo dopo?
Dopo che vi siete trasformati?” continuò Bonnie.
“Vedi,
Sissi, la vita da
vampiri può essere estremamente facile e meravigliosa. Se
spegni le emozioni e
ti abbandoni alla tua natura, proverai piaceri
indescrivibili” spiegò Stefan
quasi con una nota di malinconia nella voce “Ma fai del male
a moltissime
persone, fisicamente, emotivamente, mentalmente e prima o poi il peso
delle tue
azioni ti schiaccia. Le emozioni non si possono spegnere per sempre,
alla fine
sei costretto a sentirle”.
“Perciò
hai deciso di non
nutrirti più di sangue umano” completò
Bonnie per lui, ricordandosi di cosa le
aveva rivelato giorni prima.
“Sì”
dichiarò lui “Il
sangue animale non mi rende forte come Damon e il mio Potere
è piuttosto
debole, ma per me va bene così”.
“Perché
… perché Damon
non ha smesso di bere sangue umano?”.
Poteva
apparire stupido
continuare a chiedere di Damon. Non voleva dare l’impressione
che le importasse
soltanto dell’altro vampiro, perché non era
così. Ma Damon era così difficile
da decifrare rispetto a Stefan. Non diceva mai una parola in
più, non si
sbilanciava, si nascondeva dietro il sarcasmo, era talmente riservato
da cadere
nel criptico.
Una
volta loro due
avevano un rapporto più aperto, probabilmente dovuto al
fatto che Bonnie era
una bambina e ancora non capiva molte cose. Ora era cresciuta, era
più
consapevole e percepiva il disagio e l’inquietudine che
circondavano Damon.
Sentiva di doverlo aiutare, ma lei per prima aveva bisogno di una mano
per
comprenderlo.
“Damon
ha sempre avuto un
approccio diverso dal mio” rispose Stefan “Lui non
pensa alle conseguenze,
agisce e basta, ha sempre fatto così. Si lascia guidare
dall’istinto, cerca di
soddisfare ogni suo piccolo desiderio: sangue, sesso, vendetta,
ebbrezza, tutto
diventa un bisogno primario per lui. Non ha freni, non ha un motivo per
smettere. Anche se devo ammettere che da un po’ di tempo
è cambiato, si è
calmato … oserei dire che è diventato quasi
più responsabile”.
Bonnie
si tirò i capelli
all’indietro in un gesto nervoso “Non mi sono mai
accorta di niente, Stefan”.
“Come
avresti potuto?
Quando c’eri tu, diventava la persona più brava di
questo mondo. Non ti avrebbe
mai fatto del male, come non te lo farebbe ora. Semplicemente non ci
riesce. Tu
gli ricordi che una volta è stato umano”.
C’era
di tutto in quella
libreria. Di tutto, tranne l’unica cosa che gli serviva.
Non
si era fidato di
Stefan, aveva voluto controllare personalmente, ma non aveva trovato
niente che
lo aiutasse a capire perché la mente di Bonnie era
impenetrabile. Che gran casino.
“Wow!”
esclamò una voce
dietro di lui “Che posto è questo?”.
Damon
si girò, sorpreso
di non averla sentita arrivare. Era l’amica di Bonnie
… Chiara o qualcosa di
simile. Ma perché era lì? E soprattutto,
perché gli aveva rivolto una domanda
così stupida?
“La
biblioteca” rispose
con tono ovvio riportando l’attenzione sui libri.
“Questo
l’avevo capito”
replicò lei tagliente.
Damon
si stupì. Adesso si
permetteva anche di rispondere a tono?
“Hai
visto Bonnie?”
chiese la ragazza.
“No,
era con te in
camera”.
“E’
scappata via e non so
perché”.
Damon
increspò le labbra
infastidito. Sicuramente quell’idiota le aveva chiesto di
Zach. Lo sapeva che
era una cattiva idea ospitarla, lo sapeva che avrebbe solo riaperto
vecchie
ferite. Ma nessuno ovviamente gli aveva dato ascolto!
“T’immaginavo
molto
peggio” confessò Clara di punto in bianco.
“Ma
va?!” esclamò lui con
voce piatta per nulla interessato ad ascoltarla.
“Sì,
da come ti ha descritto
Bonnie, credevo mettessi molta più soggezione”.
Damon
piegò un angolo
della bocca all’insù. Povera ragazza, non sapeva
di che cosa stava parlando.
“Credimi quando ti starò soggiogando, te ne
accorgerai”.
O
forse no. Pensò
malignamente.
“Sai
non pensavo
esistessi davvero” saltò su lei.
Damon
per la seconda
volta si trovò costretto a voltarsi verso la ragazza, con
espressione
accigliata. Questa affermazione lo aveva colpito.
“Prego?”.
“Sì,
Bonnie parlava così
spesso di te, ma nessuno ti ha mai visto. Ho creduto che tu fossi
… tipo un
amico immaginario o qualcosa di simile”.
Damon
stentava a credere
alle sue orecchie. Non tanto per quel paragone che già di
per sé rasentava
l’assurdità, ma perché aveva capito
benissimo la piega che stava prendendo quel
discorso.
Clara
si avvicinò e,
senza guardarlo in faccia, prese a scrutare i libri impilati uno
sull’altro nei
ripiani della libreria. Damon sentì il suo spazio violato,
tutta quella
confidenza, quella naturalezza lo infastidirono.
“Bonnie
è una ragazza molto
fragile, lo sai vero?” domandò Clara tenendo lo
sguardo fisso davanti a sé “Al
collegio non aveva molte amiche; era gentile con tutti e sempre molto
carina ma
non ha mai legato veramente con qualcuno, a parte me, ma io ero la sua
compagna
di stanza … ci è stata costretta”.
“E
questo mi dovrebbe
interessare perché …?” la interruppe
Damon con il suo solito ghigno, mentre
studiava un modo per togliersela di torno.
“Ha
la sindrome
dell’abbandono” tagliò corto Clara
“I suoi genitori sono morti, a undici anni suo
fratello l’ha mandata in Italia e praticamente non si
è più visto e tu sei
sparito nel nulla … ti senti davvero di biasimarla per non
aver stretto
legami?” lo criticò con una determinazione
sorprendente.
“Non
so se ti hanno
informata, ma non sono l’unico che è
sparito” la corresse un po’ acidamente,
alludendo a Stefan.
Era
stufo di marcio di
affrontare quel discorso un’altra volta. Perché la
colpa doveva sempre e
comunque ricadere su di lui? Stefan era responsabile quanto lui! E Zach
… era
lui che aveva architettato tutto. Soprattutto Damon trovava parecchio
seccante
che un’estranea si permettesse di fargli la morale senza
sapere come erano
davvero andate le cose. Chi era lei per giudicarlo?
“Ho
intenzione di fare lo
stesso discorso anche a tuo fratello, appena avrò il piacere
di incontrarlo” lo
rassicurò lei con sarcasmo.
“Bene,
fantastico! Lui
sicuramente ti darà più soddisfazione di
me” rispose Damon, riprendendo la sua
ricerca, ignorandola.
“Sto
solo cercando di
proteggere la mia migliore amica” continuò decisa
Clara, nel vano tentativo di
riavere l’attenzione del vampiro.
“Scommetto
che vincerai
il premio di amica dell’anno” ironizzò
Damon.
“Lei
… voi … ho preferito
parlare prima con te che con Stefan, perché so che tu e
Bonnie avevate un
rapporto speciale” disse quasi a fatica “Ora lei
è contenta di essere tornata
qui e io …” si stropicciò le mani con
fare nervoso “Io ti chiedo solo di non
ferirla …” lo pregò “
… di nuovo”.
La
mano di Damon posata
sulla mensola artigliò il legno così tenacemente
che questo si sgretolò per la
forza della presa.
Ora
era infuriato. Primo
perché quella ragazzina aveva osato disturbarlo, secondo
perché si era
intromessa nella sua vita senza conoscere la verità e terzo
perché tutto ciò
che aveva detto, era terribilmente vero.
Ma
una sconosciuta con la
lingua così sferzante non poteva mettersi a dargli lezioni
di vita.
Si
girò a fissarla dritto
negli occhi e schioccò la lingua contro il palato. Diceva
che non lui non la
metteva abbastanza in soggezione?
Adesso
avrebbe constatato
di persona cosa era capace di fare un vampiro arrabbiato e nel pieno
dei suoi
Poteri.
“Ecco
cosa faremo Claudia”
sibilò calando su di lei come un falco sulla preda. La fece
indietreggiare fino
al muro e la bloccò con le braccia.
“Clara”
lo corresse lei con
voce più tremante, mentre la spavalderia di poco prima
scemò via in un istante.
“Te
ne andrai da questa
stanza e la smetterai di fare domande. Non osare nominare mai
più Zach davanti
a Bonnie, perché se scopro
un’altra
volta che si è messa a piangere per colpa della tua fottuta
voglia
d’impicciarti nei fatti suoi, ti squarto da parte a parte,
hai capito?” le
intimò mandando un’ondata di Potere e vide che le
pupille di Clara si erano
allargate. Lei annuì.
Solo
allora Damon notò che
non era affatto un brutta ragazza. Capelli castani, lunghi e lisci,
occhi
chiari, non molto alta ma con un fisico proporzionato.
La
giovane, seppur in
ipnosi, era spaventata e il suo cuore batteva più forte
pompando il sangue
lungo la giugulare, che pulsava lì sul collo in maniera
molto invitante. Il
richiamo del sangue si fece sempre più prepotente e Damon fu
colto dall’istinto
di morderla. Avvertì che il suo volto stava cambiando, che
le vene attorno ai
suoi occhi si facevano più scure e che i canini premevano
per scendere.
Clara
sussultò.
“Sshh”
la tranquillizzò
Damon accarezzandole una guancia “Non farà male se
anche tu lo vorrai e tu lo
vuoi, vero?”. Un’altra sferzata di Potere.
Clara
piegò leggermente
la testa di lato, esponendo il collo.
“Brava
ragazza” commentò
Damon e si piegò su di lei.
“Che
sta succedendo
qui?”.
Quell’interruzione
non
era prevista.
Damon
si affrettò a
riprendere un aspetto umano e si voltò pronto ad incrociare
gli occhi severi di
Bonnie.
O
cazzo.
“Che
cosa sta succedendo?” ripeté con
voce ferma.
“Due
chiacchiere” rispose vagamente
Damon.
Bonnie
guardò la sua amica: era ferma
contro il muro, il viso inespressivo, lo sguardo vuoto. Non sembrava
nemmeno
cosciente.
“L’hai
soggiogata?” chiese Bonnie
incredula.
“Può
darsi”.
Bonnie
riportò gli occhi furenti su di
lui “Qualunque cosa tu le abbia detto, ritirala
subito!” ordinò.
Damon
sbuffò come un bambino privato
del suo giocattolo. Si avvicinò nuovamente a Clara, le mise
le mani sulle
guance e la costrinse a guardarlo “Dimenticati di tutto
quello che ti ho detto
poco fa”.
Clara
sbatté un paio di volte le
palpebre e arrossì di colpo, trovando Damon così
vicino al suo volto. Poi si
accorse anche della presenza di Bonnie, immobile dietro Damon, con le
sopracciglia inarcate. Si affrettò a spostarsi da Damon.
“Bonnie!”
la chiamò “Perché diamine sei
scappata così prima? Va tutto bene? I- io mi dispiace se ho
detto qualcosa che
ti ha turbato, non vol- ”.
“Non
preoccuparti” le sorrise Bonnie
“Non hai detto niente di sbagliato” la
rassicurò “Ti va di aspettarmi di sopra?
Io vorrei parlare con Damon un attimo”.
“Certo”
acconsentì Clara. Lanciò
un’ultima occhiata a Damon e lasciò la stanza.
Bonnie
aspettò di non sentire più i
passi dell’amica, prima di girarsi verso il vampiro e
urlargli addosso “Come ti
è saltato in mente?!”.
“Credimi,
stavo facendo un favore anche
a te” le confidò sfogliando distrattamente un
libro che aveva preso dagli
scaffali. Damon Salvatore era un vero campione nell’arte del
dissimulare.
“Stavi
per morderla” lo accusò Bonnie.
Gli
occhi neri di Damon saettarono
sulla figura della rossa. Sperava che non ne se fosse accorta, ma
l’aveva
beccato con le mani nel sacco.
A
quel punto gli restava solo una cosa
da fare: negare, negare e negare!
“Non
è il mio tipo” sviò con una alzata
di spalle.
“L’hai
soggiogata per poterla
mordere!”.
“Non
mi serve l’ipnosi per morderla;
crede che io sia uno strafigo. Ho sentito che ne parlavate prima
… e a
proposito, Stefan bello? Ma ti
prego!”.
“Ascoltami
bene, Damon Salvatore: tu
non userai la mia migliore amica come snack! Chiaro?” lo
minacciò puntandogli
il dito contro.
“E’
un sfida?”.
“Sta’
lontano da lei!” gli intimò e con
un’occhiata di fuoco se ne andò.
Damon
rimase in biblioteca, allibito.
Perché diamine Bonnie gli si era rivoltata contro in quel
modo? Era vero, lo
aveva colto in flagrante, ma lo aveva incolpato senza nemmeno attendere
spiegazione. Non era un atteggiamento tipico di Bonnie. Stefan e Elena
si
sarebbero comportati così, ma loro due conoscevano la sua
natura crudele e
menefreghista. Bonnie era ancora all’oscuro di tutto
ciò. A meno che …
Soffocò
un ringhio, mentre un nome si
materializzava nella sua testa.
Stefan.
Erano
le sette di sabato
sera. Clara era in bagno a prepararsi. Bonnie fissava a vuoto
l’armadio aperto
davanti a lei.
Avrebbe
dovuto vestirsi
per la festa di cui le aveva parlato Caroline, ma la sua testa era
decisamente
altrove.
Dopo
l’incedente nella
biblioteca lei e Damon non si erano più rivolti parola. La
rossa lo ignorava e
lui se ne stava alla larga, senza provare neppure a farsi perdonare. E
Bonnie
ci stava da schifo.
Si
era pentita. Si era
pentita moltissimo di aver incolpato Damon in quel modo; non era da
lei. Non
avrebbe voluto aggredirlo così, senza lasciargli il tempo di
difendersi, ma
dopo il racconto di Stefan qualcosa era scattato in lei.
Damon
era diverso da
Stefan, lui non ostacolava la sua natura di vampiro, non combatteva la
sete di
sangue e questo lo rendeva pericoloso.
Bonnie
aveva fatto bene a
comportarsi in quel modo, aveva ragione, era lui a essere in torto, ma
la
ragazza non poteva fare a meno di sentire un gran rimorso per
ciò che gli aveva
detto.
Era
troppo buona, troppo
buona. Damon non si meritava nemmeno tale preoccupazione. Probabilmente
in quel
momento si trovava in qualche angolo della città a bere e ad
adescare povere
ingenue. Probabilmente si era già dimenticato tutto.
E
lei che faceva?? Invece
di prepararsi per la festa al Grill, se ne stava seduta sul letto a
rimuginare
sulle sue azioni e progettava già di chiedergli scusa.
“Bonnie,
ma non ti sei ancora
cambiata?” la riprese Clara.
La
rossa si riscosse e
formulò in fretta una scusa “Sto ancora
scegliendo” era una bugia bella grossa,
dato che non sapeva nemmeno cosa mettere “Tu piuttosto stai
veramente bene” si
complimentò.
Clara
indossava un
vestito di un bel rosso corallo, semplice e corto. Avrebbe di sicuro
fatto un
figurone alla festa.
“Ma
che? Questa
cosuccia?” chiese con finta modestia
“L’ho messa in valigia all’ultimo, in
caso
ci fosse stata un’occasione come questa. Non si sa
mai!”.
Bonnie
le sorrise
debolmente e ritornò a fissare il suo armadio.
“Ok,
adesso basta” disse
Clara “Non posso più sopportarlo!”.
Bonnie,
confusa, la
guardò sedersi sul letto accanto a lei “Qualunque
cosa tu debba dirmi, fallo e
basta! Sono giorni che hai il muso”.
“Cla,
non so di cosa tu
stia parlando” le fece notare Bonnie, presa totalmente alla
sprovvista.
“Non
sono scema sai? Mi
sono accorta che tu e Damon non vi parlate da quel fatto in biblioteca
e in
qualche modo mi sento responsabile”.
“Clara,
no. Non è colpa
tua” le assicurò Bonnie.
“Mi
dispiace davvero
tanto” si scusò sinceramente l’amica
“Io non riesco proprio a ricordarmi come
io e Damon siamo finiti così vicini! Stavamo parlando e poi
mi sono trovata
contro il muro con lui davanti a me. Non so come sia
successo”.
“Non
mi devi chiedere
scusa, non hai fatto niente di male …”.
“Ehi,
è giusto che tu sia
turbata. Voglio dire, se io ti avessi trovata in quella posizione con
mio
fratello, avrei reagito molto peggio”.
Bonnie
si schiaffò una
mano sulla fronte. Perfetto! Clara credeva che lei stesse mostrando una
forma
latente di possessività nei confronti di Damon! Un misto di
gelosia e controllo
che suonava tanto come un “Ehi, quello è mio zio
quindi tu non hai diritto di
provarci”.
Chissà
se avesse saputo
il vero motivo per cui Bonnie era così irrequieta! La
faccenda era ben più
complicata di un semplice attaccamento nei confronti di un parente;
perché il
parente in questione era un vampiro che solo qualche giorno prima stava
per
fare merenda con la sua migliore amica. Bonnie non sapeva come gestirlo.
“Clara,
sei lontanissima
dalla verità, te lo posso assicurare” la
tranquillizzò “E’ solo che …
ogni
volta che io e Damon facciamo un passo avanti, poi ne facciamo altri
cinque
indietro ed è demoralizzante”.
“Ti
vuole bene” dichiarò
Clara. Bonnie la guardò sorpresa “Come fai ad
esserne certa?”.
“L’altro
giorno in
biblioteca abbiamo parlato di te. Fingeva che non gliene importasse
niente, ma
non me la sono bevuta. È un pessimo attore”.
Perché
risultava a tutti
così palese tranne che a lei? Le voleva bene? E quando
glielo aveva mostrato
ultimamente?
Lei
non era così certa
che non le avrebbe mai fatto del male, perché non era il
Damon che si
ricordava. Quel Damon non
l’avrebbe
mai ferita in nessun modo, ma questo? In fondo per poco non aveva morso
Clara,
la sua migliore amica, se davvero le avesse voluto bene, non gli
sarebbe
nemmeno passato per la testa di fare una cosa del genere.
Era
diventato tutto così
dannatamente complicato.
“Ehi
mi rispondi? Allora
hai deciso cosa mettere?” la richiamò Clara
sventolandole una mano davanti agli
occhi.
Bonnie
guardò ancora
l’armadio. Una maglietta e i Jeans sarebbero andati benissimo.
Un
quarto d’ora dopo
scesero. Clara aveva dipinto in volto un’espressione di pieno
disappunto per
l’abbigliamento dell’amica. Troppo semplice, ma
d’altronde da Bonnie Salvatore
non si poteva pretendere molto altro.
L’ingresso
era vuoto. La
rossa aggrottò la fronte non vedendo Stefan in giro.
Sentì dei rumori in salone
e immaginò che fosse lì.
Quando
scorse un figura
abbandonata sciattamente sul divano, capì che non poteva
essere Stefan.
Chiese
dunque dove fosse
finito il minore dei due vampiri.
Damon
non alzò nemmeno lo
sguardo su di lei, segno che doveva essere ancora parecchio arrabbiato
per il
fatto della biblioteca. E il senso di colpa di Bonnie
aumentò ulteriormente.
“E’
andato a prendere
Elena” disse Damon atono “Mi ha chiesto di
accompagnarti”.
Bonnie
alzò le braccia
mimando un “Che aspetti!”, che l’uomo
colse anche se i suoi occhi erano rivolti
altrove.
“Lui
me l’ha chiesto … io
non ho detto che l’avrei fatto”.
Perfetto,
era decisamente
incazzato.
“Ho
capito, guido io”
asserì Bonnie facendo dietrofront verso il tavolino con le
chiavi delle auto.
“Tu
non hai una macchina”
le fece presente Damon “E non userai le mie”.
“Come
ci arriviamo al
Grill allora?” chiese Bonnie un cenno stizzito.
“Non
è un problema mio.
Chiama un taxi”.
Bonnie
strinse i pugni
lungo i fianchi, prese Clara per un braccio e la trascinò
via verso la porta.
Il fuoco che crepitava nel camino aumentò improvvisamente,
ma nessuno ci fece
caso. Le due erano ormai lontane per notarlo e Damon gli
gettò una rapida
occhiata senza emozione. Con l’uscita delle due ragazze le
fiamme si quietarono
e tornarono come prima. Damon classificò la cosa come non
rilevante.
“Così
questo è il Grill?”
domandò Clara un po’ delusa.
“Non
giudicare da fuori”
la rimproverò Bonnie “Dentro è
carino”.
“Sono
solo contenta di
divertirmi un po’. Non vado ad una festa da quando
…” lasciò la frase in
sospeso ma Bonnie conosceva il resto: da quando l’estate
prima Giada Presti era
sparita nel nulla durante la festa di fine anno.
“Ci
sono state novità?”
si informò Bonnie.
Clara
la guardò allarmata
“Non hai saputo …?”.
“Ehm,
no”.
“Hanno
ritrovato il suo
corpo, poco dopo che sei partita. E- era seppellito in un campo non
molto
lontano dal collegio. Non so perché ci abbiamo messo
così tanto tempo a
trovarlo”.
Bonnie
gelò sul posto. Il
discorso, però, cadde nel vuoto, perché Caroline
comparve dietro di lei con il
suo solito sorriso a trentadue denti “Bonnie sei arrivata
finalmente! Ti
aspettavamo tutti! Tu devi essere Clara! Bonnie chi ha parlato molto di
te, io
sono Caroline” si presentò porgendo la mano con la
manicure perfetta.
Clara
gliela strinse e
Caroline spinse tutte e due dentro il locale, verso il loro tavolo.
Erano già
tutti lì. Intorno c’era una baraonda che Bonnie
non aveva mai visto in vita
sua. La sala era strapiena, tutta la gente era accalcata intorno al
palco su
cui stava cantando una bella ragazza dalla voce un po’
graffiante.
“Allora
loro sono
Meredith, Matt, Tyler” disse Caroline indicando i tre seduti
su una panca “Poi
lei è Elena …”.
“Sì
ci siamo vista
l’altro giorno, al Pensionato” la interruppe la
bionda “Ti ricordi?”.
“Sì,
sì” confermò Clara
“La ragazza di Stefan, giusto?”.
Elena
sorrise e le fece
spazio accanto a lei, invitandola a sedersi.
“Grazie
per avermi
lasciata a piedi” grugnì Bonnie piegandosi
sull’orecchio di Stefan.
“Mi
dispiace, sono dovuto
passare a prendere Elena. Ma ho detto a Damon di
accompagnarvi” si scusò il
ragazzo.
“Sì,
la prossima volta
però accertati della risposta. Abbiamo dovuto prendere un
taxi” gli raccontò e
fece per sedersi accanto a lui, quando Caroline la agguantò
per un braccio
“Cosa pensi di fare tu? Forza, ti devo presentare
qualcuno”.
“Cosa?
Chi? Caroline che
hai fatto?” si preoccupò Bonnie.
“Io?
Niente! Ti avevo
parlato di Christopher Rydell. Mi ha detto che voleva conoscerti, quale
migliore occasione di una festa?” le spiegò
costringendola a seguirla verso il
bancone.
“No,
non credo sia una
buona idea … e poi c’è Clara, non posso
lasciarla sola” cercò di divincolarsi
dalla presa di Caroline.
“Non
dire sciocchezza,
Clara starà benissimo con noi! Tu pensa a divertirti. Guarda
è quel ragazzo
laggiù. Non è bellissimo?”.
Bellissimo
era troppo
poco. Aveva i capelli biondi, un po’ lunghi, gli occhi verdi.
Indossava una
camicia azzurra e un paio di Jeans chiari. Se ne stava seduto,
leggermente
rivolto verso di loro, con un bicchiere in mano.
Bonnie
rimase qualche
secondo attonita, con la bocca semiaperta. Si ricompose velocemente e
si
rivolse a Caroline scuotendo la testa “No, Care, è
troppo imbarazzante. Non
posso andare semplicemente là e presentarmi!”.
“E
chi lo dice?” replicò
Caroline “Senti Bonnie sei una bella ragazza e …
beh magari potevi metterti un
vestito invece che quei Jeans sgualciti, ma il punto è che
lui ti vuole
conoscere. Che male c’è? Vai e buttati”
la incitò.
“Mi
avrà vista due volte
se è tanto” ribatté Bonnie.
“Allora?”
Caroline
proprio non vedeva il problema “Abbiamo diciotto anni,
è un nostro sacrosanto
diritto divertirci ed è quello che stai per fare”
dopodiché le diede una
leggera spinta verso Christopher.
Caroline,
però, era un
vampiro e il suo concetto di “spinta leggera” era
piuttosto relativo. Bonnie si
ritrovò praticamente tra le braccia di Christopher che si
era sporto apposta
per impedirle di cadere a terra.
Quando
Bonnie alzò la
testa e incrociò gli occhi del ragazzo, pensò che
forse non sarebbe stato così
male.
“Tutto
bene?” chiese
Christopher con le mani ancora sui fianchi di Bonnie.
“Sì,
scusami … sono
inciampata” inventò lei.
“Sono
Christopher Rydell.
Frequentiamo la stessa scuola” si presentò.
“Bonnie
Salvatore”
sorrise la rossa.
“E’
da un po’ che non ti
vedo in giro” disse lui per rompere il ghiaccio.
“Ehm,
sì … problemi in
famiglia” rispose Bonnie un po’ vaga.
“Scusa,
sono stato
inopportuno” sembrava davvero dispiaciuto “Spero
che si sia risolto per il
meglio”.
Certo!
Mio fratello è morto, ucciso da
un vampiro. I miei zii sono dei vampiri e uno di questi vorrebbe tanto
assaggiare la mia migliore amica. Va tutto alla grande!
“Diciamo
che ci sto
lavorando”.
E
fu così che
incominciarono.
Un’ora
dopo Bonnie sapeva
che Christopher era arrivato un paio di settimane prima di lei a
Fell’s Church,
veniva dal Galles, dove la sua famiglia possedeva un podere, ma aveva
frequentato il liceo a Londra. Adorava i cavalli; praticava
l’equitazione fin
da bambino, dato che la sua tenuta comprendeva anche una scuderia. Era
stato
parecchie volte in Italia e si era letteralmente innamorato di Firenze,
patria
della più grande letteratura trecentesca. Grande
appassionato di cinema, più
che altro quello dell’epoca d’ora hollywoodiana, ma
non disprezzava nemmeno le
pellicole contemporanee purché gli lasciassero un segno.
Bonnie
ascoltava
estasiata. Gli sembrava di parlare con la sua versione al maschile.
All’inizio
aveva ritenuto quella assurda situazione totalmente imbarazzante, ma
ora era
contenta di aver dato ascolto a Caroline.
Christopher,
pur essendo
così attraente e sveglio, non era per niente sfacciato o
presuntuoso. Aveva uno
charm, un’educazione di altri tempi. Mentre parlava, pareva
quasi fosse
circondato da un’aurea sfumata, come quella dei vecchi film
in bianco e nero.
Bonnie non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, ma
l’aspetto fisico
c’entrava ben poco.
Bonnie
pensò che sarebbe
rimasta lì a chiacchierare con lui anche tutta la notte, ma
guardando
distrattamente l’orologio si rese conto di aver lasciato
troppo a lungo Clara
sola con gli altri.
“Ti
devo proprio aver
annoiato tanto, se guardi così intensamente il tuo
orologio” disse il ragazzo
con un mezzo sorriso.
“Oh,
no! No, no!” si
affrettò a contraddirlo lei “Mi ha fatto davvero
piacere parlare con te, ma è
venuta una mia amica a trovarmi dall’Italia e dovrei tornare
da lei. Puoi …
puoi unirti a noi, se vuoi” lo invitò con non so
che coraggio.
“No,
ti ringrazio, ma è
meglio se me ne torno a casa. Mia madre diventa fastidiosamente
assillante
quando rientro tardi. In ogni caso sono venuto solo per incontrarti e
ora che
l’ho fatto, nulla mi trattiene qui” le sorrise
mostrando i denti perfetti e
quasi scintillanti. Bonnie per poco non si sciolse.
“Spero
di rivederti a
scuola” le confessò lui.
Bonnie
annuì
energicamente “Certo, ci vediamo lunedì”.
Stettero
un po’ a
guardarsi, finché Bonnie, non riuscendo a reggere oltre, lo
salutò arrossendo
leggermente e si girò per andare dai suoi amici.
Sentì,
però, la mano di
lui toccare leggermente la sua “A presto, Bonnie”
le disse baciandole
dolcemente il dorso della mano. Poi si alzò dallo sgabello e
sparì dalla folla.
Bonnie rimase in iperventilazione per un altro minuto.
Raggiunse
il tavolo e
trovò Clara e Meredith immerse in una fitta conversazione.
Quando la videro, smisero
di bisbigliare e aspettarono trepidanti il verdetto.
“Oddio!
È supercarino”
esplose Bonnie saltellando come una liceale alle prime armi. Clara e
Meredith
la imitarono e incominciarono a tempestarla di domande.
Bonnie
si lanciò
volentieri in una dettagliata descrizione. Era così contenta
di poter occuparsi
per una sera di un fatto così assolutamente banale. Le erano
mancate moltissimo
quelle chiacchiere da adolescente.
Meredith
e Clara la
ascoltavano in silenzio, senza interromperla, prese dal discorso almeno
quanto
lei, se non di più.
“Lo
sai che Caroline ti
farà ripetere tutto almeno tre volte?”
l’avvertì Meredith.
“Aveva
ragione, no? Mi
sono divertita, mi sono divertita un sacco!”
esultò la rossa.
“Ok,
frena l’entusiasmo,
ci stanno fissando tutti” l’ammonì
bonariamente Clara “Allora voglio che mi
racconti tutto un’altra volta, perché sono certa
che ti sei dimenticata
qualcosa, ma prima fammi andare in bagno, non la tengo
più” alluse al bicchiere
vuoto che prima conteneva della coca cola “Mere, mi
accompagni?”.
La
bruna acconsentì e insieme
si alzarono dirette verso la toilette.
Bonnie
non rimase a lungo
da sola. Lo spazio lasciato vuoto sulla panca di fronte a lei venne ben
presto
occupato da Stefan.
“Da
quando conosci Chris?”
le domandò con fare inquisitorio.
“Da
stasera, è stata un’idea
di Caroline … Chris? Lo
conosci anche
tu?” replicò Bonnie sorpresa del tono
confidenziale di Stefan.
“Sì,
è nella mia squadra
di football. Rispondi alla mia domanda”.
“Ti
prego dimmi che non
stai per farmi uno di quei discorsi da ‘fratello
maggiore’ ” ridacchiò Bonnie.
“No,
sono solo curioso”.
Bonnie
gli lanciò
un’occhiata eloquente.
“Davvero!
È un bravo
ragazzo” cercò di convincerla della sue buone
intenzioni “Mi chiedevo solo come
facessi a conoscerlo, dato che non sei praticamente mai uscita di
casa”.
“Già
sono cose che
capitano a una ragazza che deve gestire un fratello morto, ucciso da un
vampiro.
E comunque non sono affari tuoi” replicò tagliente.
Stefan
abbassò gli occhi
mortificato.
“No,
senti, mi dispiace …
sono stata cattiva” si scusò Bonnie immediatamente
“Tu sei stato un angelo con
me, non ti meriti la mia rabbia”.
“Va
tutto bene, Sissi.
Penso di meritarmela tutta”.
“Questo
non è vero” negò
Bonnie “Sono stata stupida io e tu hai tutto il diritto di
intrometterti nei
miei affari. Sei parte della mia famiglia, Stefan, ed è
questo che deve fare la
famiglia”.
Stefan
fece per
rispondere, ma furono interrotti da Elena e Caroline. La seconda non
perse
tempo e le chiese subito di Christopher. Un secondo dopo tutti e tre
avevano le
orecchie ben tese ad ascoltare il racconto di Bonnie.
Mezz’ora
dopo Clara e
Meredith non erano ancora tornate.
Era
risaputo che le donne
potevano anche metterci le ore prima di uscire dal bagno, ma in quel
momento
era davvero troppo. Bonnie sentiva che qualcosa non quadrava e ne ebbe
la
certezza quando Meredith uscì dal bagno e corse verso di
loro, affannata “Clara
è sparita”.
“Che
stai dicendo Mere?”
chiese Elena.
“Appena
siamo entrate in
bagno, qualcuno mi ha tramortito e sono svenuta. Quando mi sono
svegliata Clara
non c’era più”.
“Che
vuol dire che non
c’era più?!” esclamò Bonnie
tra l’isterico e il terrorizzato.
Un
urlo agghiacciante
superò la musica, facendo sobbalzare tutti quelli che erano
nelle vicinanze
dell’ingresso.
Bonnie
fu la prima a
precipitarsi fuori, seguita a ruota da Stefan.
La
ragazza che aveva
urlato era davanti alla porta, in piedi, con una mano sulla bocca e
l’altra ad
indicare qualcosa che giaceva a terra, scompostamente.
“CLARA!”
gridò Bonnie
gettandosi sul corpo immobile dell’amica: aveva la gola
squarciata, piena di
sangue. Bonnie mise una mano sulla carotide, tentando ingenuamente e
invano di
fermare l’emorragia. Tastando la pelle del collo,
avvertì sotto le dita dei
piccoli forellini. Sbiancò e le mancò il respiro.
Incominciò a scuoterla e a
chiamarla “Clara! Clara svegliati! Ti prego, forza
…”.
Stefan
s’inginocchiò
davanti a lei, mentre la folla iniziava ad accalcarsi alle sue spalle.
Il
vampiro prese il polso di Clara per sentire il battito.
“Stefan!
Stefan, non
respira, non sta respirando” continuò a ripetere
Bonnie in preda al panico e
alle lacrime “Fa’ qualcosa, fa’ qualcosa,
non respira”.
“Bonnie
…”.
“Per
favore, Stefan! Ti
prego fa’ qualcosa, non respira, non respira”.
“Bonnie,
non posso fare
niente”.
“No,
no. Non è vero!”
s’intestardì Bonnie “Clara, apri gli
occhi! Clara mi senti? Per favore
svegliati, svegliati …”.
“Bonnie,
mi dispiace …”.
“Non
dirlo! Non dirlo
come se fosse già finita!” gli ordinò
Bonnie fuori di sé “Lei non è morta,
non
può essere mor- ” un singhiozzò troppo
forte la sopraffece e non riuscì a
continuare.
Stefan
sentì le sirene
della polizia e dell’ambulanza. Capì che Bonnie
non sarebbe stata in grado di
affrontare l’ospedale e l’interrogatorio in quelle
condizioni. Si alzò e si
piegò di fianco a Bonnie, prendendola delicatamente per le
spalle “Bonnie, ti
porto a casa”.
“NO!”
si divincolò lei
“Non possiamo lasciarla qua, Stefan … non
…”.
“Sta
arrivando
l’ambulanza, Sissi, se ne occuperanno loro. Fidati di me,
andiamo a casa” le
disse dolcemente, aiutandola ad alzarsi e sorreggendola. Bonnie si
lasciò
condurre alla macchina come se non sapesse più camminare.
Quando
vide dallo
specchietto retrovisore i paramedici tirare fuori un telo bianco, non
ebbe il
coraggio di voltarsi indietro.
“Allora
com’è andata la
festa? Vi siete ubriacati e avete fatto casino?” li accolse
la voce di Damon al
loro rientro “Cosa sono quei musi lunghi? Siete andati ad una
festa o a un
funerale?” continuò cogliendo le espressioni buie
che scurivano il
viso dei due.
“Damon”
cercò di zittirlo
Stefan.
“Ma
non manca qualcuno?
Te ne sei dimenticata una, Stef?” chiese sempre con il suo
tono strafottente.
Il suo atteggiamento cambiò in un secondo quando vide le
mani piene di sangue
di Bonnie.
“Che
è successo?” domandò
seriamente questa volta.
“Come
hai potuto?” mormorò
una Bonnie completamente sconvolta.
“Scusami?”.
“Era
la mia migliore
amica, come diavolo hai potuto?” ripeté lei.
“Di
cosa stai parlando?”.
“E’
morta!” strillò sta
volta Bonnie “Ed è tutta colpa tua! Ti ho visto
l’altro giorno, volevi il suo sangue!”.
“Bon-”.
“Perché?
Ti ha
infastidito che ti abbia detto di no? Volevi farmi vedere che nessuno
può darti
ordini? Che puoi fare quello vuoi?”.
Damon
guardò Stefan
stralunato “Ma che le prende? È
impazzita?”.
“L’hai
uccisa tu!” gli
gridò addosso Bonnie “Sei stato tu!”.
Damon
non seppe come
reagire. Davvero lo stava accusando di aver ucciso la sua migliore
amica? Lo
credeva capace di un’azione simile?.
“Senti.
Per quanto mi
sarebbe piaciuto tapparle quella boccaccia, hai preso il vampiro
sbagliato” le disse
con estrema calma.
“Ah
sì? Quanti altri
vampiri sanguinari ci possono essere là fuori?!”.
“Non
te lo immagini
nean-” Damon non finì la frase; Bonnie gli si
buttò addosso cercando di
spingerlo e picchiando le mani contro il suo petto.
“Io
ti odio!” gli sibilò
in faccia “Non sei nemmeno capaci di frenare i tuoi istinti.
Sei una bestia!
Perché mi hai fatto questo? Ti odio … non hai un
cuore, non hai un anima, sei
solo un animale!”.
Damon
le prese facilmente
i polsi e la bloccò, fissandola dritto negli occhi
“Bonnie, non sono stato io …
non mi sono mosso da casa”.
Bonnie
parve calmarsi, ma
il suo petto continuava ad alzarsi e abbassarsi freneticamente. Gli
occhi rossi
e gonfi, faceva quasi impressione.
“Sissi,
non è stato lui”
le disse anche Stefan, staccandola da Damon “Ma ti prometto
che troveremo il
colpevole”.
Bonnie
annuì mestamente e
diede le spalle ad entrambi i fratelli scappando in camera sua.
“Non
sei stato tu, vero?”
chiese di nuovo in conferma Stefan.
Damon
lo fulminò e
rispose duramente “No, fratellino, non sono stato
io”.
Stefan
indugiò un attimo
e seguì Bonnie su per le scale, mentre Damon si chiedeva
quando diamine fosse
successo? Da quando tutto a un tratto era diventata Bonnie quella
ostile nei
suoi confronti e lui quello a rimanerci male?
La
morte di Zach era
stato un duro colpo. Un fratello era pur sempre un fratello. Bonnie
aveva
creduto di non poter provare un dolore più grande, ma si
sbagliava. La perdita
di Clara era stata straziante. La sua migliore amica, la sua compagna
di
stanza, colei con cui aveva vissuto per sette anni della sua vita;
tutti i
giorni, tutte le ore, tutte le lezioni, le feste e le vacanze. Era una
seconda
famiglia.
E
adesso? Cosa le
rimaneva? Le sembrava di essere rimasta senza un passato, solo ricordi,
niente
di concreto. Solo un mucchio di cenere in mano.
“Non
sei sola. C’è
Stefan. Lui ci sarà sempre. E io … non ti lascio.
Adesso mi prendo io cura di
te”.
Parole
le martellavano in
testa. Parole che aprivano alla speranza di non essere sola. Lei,
però, aveva
mandato tutto all’aria accusando Damon in quel modo.
Ma
come le era saltato in
testa?
Lui
non c’entrava niente,
non era stato lui, l’aveva capito dallo sguardo che si erano
scambiati quando
lo aveva attaccato.
Non
sapeva dire che cosa
le era preso. Dopo il racconto di Stefan sulla vita dissoluta di Damon,
dopo
averlo trovato così vicino a Clara, pronto a morderla, non
era riuscita a
ragionare lucidamente.
Alla
vista del cadavere
di Clara, aveva sentito il bisogno di identificare un colpevole al
più presto,
Damon era diventato il capro espiatorio perfetto.
Doveva
chiedergli scusa. Doveva
farsi perdonare.
Sentì
dei rumori davanti
alla porta della camera. Qualcuno stava passando.
“Damon”
chiamò sperando
che fosse lui.
Un
attimo dopo l’ombra
del vampiro strisciò lungo il pavimento.
Bonnie
non riusciva a
vederlo dal letto, ma era certa che fosse lui “Damon, puoi
venire qui un
attimo?”.
“Che
c’è? Devi incolparmi
di qualcos’altro di cui non sono al corrente?”
disse la voce proveniente dal
corridoio.
“No,
ma vorrei guardarti
in faccia”.
Lentamente
Damon fece il
suo ingresso nella stanza, ma rimase vicino alla porta.
“Contenta?”.
Bonnie
annuì tirando su
con il naso. Non sapeva come cominciare “Damon”
tentennò torturandosi le mani “Mi
dispiace. Tu non hai idea di quanto sia mortificata. Io non avrei
dovuto dirti
quelle cose”.
“Non
devi dispiacerti se
è quello che pensi”.
“Non
lo è” si affrettò a
mettere in chiaro “Ero solo arrabbiata, non ragionavo. Non
penso nessuna delle
cose che ho detto. Avevo solo … bisogno di
sfogarmi”.
“Certo
e io ero un
pungiball coi fiocchi” ironizzò.
“Damon,
ti chiedo scusa. Vorrei
poter rimangiarmi tutto quello ho detto” affermò
Bonnie cercando gli occhi di
Damon che la stavano evitando.
Damon
sbuffò
avvicinandosi “Non preoccuparti, sono abituato a passare per
il cattivo” la
informò “Ma sai una cosa? Io sono il
cattivo”.
“So
che non sei stato tu”
riprese la parola Bonnie “E so che non sei il cattivo, vuoi
solo fare il
cattivo”. Su quel punto non era tanto convinta, ma lo disse
con ugual fermezza,
perché prima o poi ne avrebbe avuto la conferma.
Damon
allungò una mano e
fece per spostarle una ciocca di capelli, ma Bonnie si ritrasse con uno
scatto.
La
mano di Damon rimase a
mezz’aria “Hai paura di me, Bonnie?”.
La
ragazza abbassò il
capo avvilita. Per quanto cercasse di fidarsi di lui, non riusciva a
levarsi
dalla testa l’immagine della biblioteca. Damon non aveva
ucciso Clara, ma se ne
sarebbe approfittato senza esitare se lei non lo avesse fermato. E non
poteva
dimenticarlo. Sentiva di non essere in grado di controllare Damon e
questo non
le metteva sicurezza.
Damon
interpretò alla
perfezione il silenzio di Bonnie “Mi sarei stupito del
contrario” si voltò e
fece per lasciare la stanza, quando le dita esili della rossa si
chiusero
intorno al suo polso.
“Stai
qui finché non mi
addormento?”.
Sì,
aveva paura ma aveva
anche bisogno di lui.
Damon
esitò un secondo. Non
era il tipo da fare certe cose; una volta Bonnie era una bambina, il
che era un
alibi perfetto, ma ora era grande e Damon aveva tutto il diritto di
dirle di
no, di fregarsene, di ignorarla.
Gli
sovvennero le parole
di Clara, tutto il discorso sulla sindrome dell’abbandono,
sul fatto di non
ferirla. E alla fine cedette.
Andò
fino in corridoio,
controllò che Stefan non fosse nei paraggi e si chiuse la
porta alle spalle.
“Sia
chiaro: non ho
intenzione di abbracciarti, coccolarti o accarezzarti i capelli
finché non ti
addormenti!” le intimò.
“Mi
basta che tu stia qui”
rispose lei accondiscendente, facendogli spazio sul letto. Damon si
stese
accanto a lei e la guardò chiudere gli occhi.
Inconsciamente
chiuse gli
occhi pure lui e in breve tempo si addormentò.
Venne
svegliato dal suo
cellulare che aveva preso a vibrare insistentemente nella sua tasca.
Si
mosse con grazia dal
letto fino a scendere e uscì dalla camera per non disturbare
Bonnie. Controllò un’ultima
volta che stesse dormendo e accostò la porta.
“Caroline”
rispose dopo
aver letto il nome sul display del telefono “Spero che tu
abbia un buon motivo
per chiamarmi alle …”.
“Tyler
ha avuto un
incidente” lo interruppe frettolosamente lei.
“E
questo mi dovrebbe
interessare?”.
“Un
ragazzo ubriaco si è
buttato in mezzo alla strada. Tyler lo ha investito. Il ragazzo
è morto”.
Damon
ammutolì di colpo.
“Ha
scatenato la
maledizione” proseguì Caroline “Tyler
è un lupo mannaro”.
Damon
pensò che qualcuno
lassù dovesse volergli molto, ma molto male.
“Don't you
cry tonight
I still love you baby
Don't you cry tonight
Don't you cry tonight
There's a heaven above you baby
And don't you cry tonight”
(Don’t cry-
Guns ‘n Roses)
Il
mio spazio:
Allora
prima di ricevere insulti o
padelle in testa ho due precisazione da fare.
Primo,
no, non sono impazzita del
tutto! So che può apparire strana questa mia scelta di
introdurre un nuovo
personaggio e farlo sparire nel giro di un capitolo, ma volevo farvi
percepire
appieno l’immediatezza con cui la stessa Bonnie ritrova e
perde una persona
molto importante.
Secondo,
no, non sono nemmeno
affetta da sadismo! Ho deciso di far morire Clara perché
credevo che fosse la
cosa migliore per Bonnie. Clara era l’ultima che teneva
Bonnie legata al
passato e la nostra strega aveva bisogno di un taglio netto per poter
finalmente accettare la sua nuova vita!
Ora
passo alle scuse! Lo so, vi ho
fatto aspettare un’eternità, ma sono in un periodo
davvero folle e vi chiedo di
pazientare! È tutta colpa di questi esami!
Vi
ringrazio davvero tanto dell’interesse
che state mostrando per questa storia e l’ultima cosa che
vorrei fare è
deludervi! Quindi spero che sia valsa la pena aspettare!
Un
ringraziamento speciale va a irene862
che nella sua recensione mi ha
suggerito, forse inconsapevolmente, la scena del confronto tra Damon e
Clara;
non era prevista all’inizio poi mi sono detta che invece era
proprio una buona
idea. Vi invito ovviamente a lasciarmi tutte le vostre opinioni e
consigli perché
sono davvero preziosi!
Bene,
allora alla prossima!
Fran;)
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Capitolo 11 *** The heartaches come and go and the scars, they're leaving ***
Ashes &Wine
Capitolo undici: The
heartaches come and go and the scars, they’re leaving.
“You see the smile
that's on my mouth
It's hiding the words that don't come out
All of these lines across my face
Tell you the story of who I am
So many stories of where I've been
And how I got to where I am
But these stories don't mean anything
When you've got no one to tell them to”
(The
Story- Brandi
Carlile).
Tyler
Smallwood era un lupo mannaro.
Non poteva esserci cosa peggiore.
Damon
in tutti quei secoli aveva avuto
modo di incontrare esseri di tutte le specie sovrannaturali, ma i
licantropi
erano sempre stati difficili da gestire.
I
vampiri erano individui solitari,
vivevano al massimo in piccoli gruppi e non erano molto leali
l’uno con
l’altro, dividerli e sconfiggerli era abbastanza semplice. Un
vampiro da solo
non era più pericoloso di uno in gruppo. Per battere un
vampiro era necessario
valutare il suo singolo Potere, senza badare a chi lo accompagnava.
Le
streghe erano fedeli solo ai loro
ideali e alla loro famiglia. Erano poche le streghe che decidevano di
mettersi
contro le discenti della loro stessa linea di sangue. D’altra
parte non ogni
strega possedeva una grande Potere, alcune erano deboli, altre avevano
sfruttato troppo le loro abilità e soprattutto erano umane e
in qualche modo
vulnerabili.
I
lupi mannari erano tutt’altra storia:
erano abituati a vivere in branco da cui traevano tutta la loro forza.
Il
branco non era un gruppo chiuso, ma accettava chiunque si meritasse di
farne
parte. Erano legati da un forte senso di solidarietà che li
spingeva ad aiutarsi
l’un l’altro, specialmente quando si trattava dei
novellini. Se si fosse sparsa
la notizia che il giovane Smallwood aveva scatenato la maledizione,
Damon era
certo che una valanga di cani rabbiosi si sarebbe riversata su
Fell’s Church,
pronta a prendere Tyler sotto la sua ala protettiva.
Damon
in passato aveva avuto a che fare
con i licantropi, ne aveva uccisi alcuni, aveva anche rischiato un paio
di
volte di essere morso. Si era fatto un nome nella loro
comunità, ma la sua fama
era tutt’altro che positiva.
I
lupi mannari lo odiavano, almeno
tanto quanto lui odiava loro, e se avessero saputo che abitava
lì, sarebbero
stati guai.
Tutto,
dunque, riconduceva a Tyler.
Damon era deciso ad eliminare il problema alla radice. Fatto sparire il
ragazzo, sarebbe sparito anche il problema.
Ma
prima c’era un’altra questione da
risolvere, prima doveva fare due chiacchiere con Stefan.
Entrò
nella stanza del fratello, che,
data l’ora tarda, stava dormendo. Damon gli tirò
via le coperte con forza.
Stefan si mise a sedere e guardò l’orologio.
“Damon,
sono le quattro del mattino!”
si lamentò “E’ successo
qualcosa?”.
“Sì
in effetti è successo qualcosa”
confermò Damon “Chi ti ha nominato racconta storie
ufficiale di Villa
Salvatore?” chiese astioso.
“Scusami?”.
“Hai
raccontato tutta la nostra storia
a Bonnie. Come diavolo ti sei permesso?”.
“Me
l’ha chiesto, cosa dovevo fare,
rifiutarmi?”.
“Sì,
avresti dovuto”.
“Ha
il diritto di sapere come sono
andate lo cose o non riuscirà mai accettare che questa
è la realtà! Che male
c’è?”.
“C’è
di male che ti sei premurato di
sembrare il solito santo, mentre io sono stato classificato ancora una
volta
come una minaccia!” gli ringhiò in faccia
“L’hai fatto per metterla contro di
me? Per attirarla dalla tua parte?”.
“Ehi!
Sono io quello che ha mentito
sulla morte di Zach per far sì che voi due vi riprendeste il
vostro rapporto!”
gli ricordò “Le ho solo raccontato la
verità, le ho raccontato anche dei miei
sbagli!”.
“Sì,
come no!” sbuffò Damon
“Chissà
come mai ha puntato il dito dritto contro di me per la morte della sua
amica.
Chissà perché tra te, me e Caroline, sono io il
pazzo assassino”.
“Non
c’è bisogno di me per farti
sembrare un pazzo assassino. Ci riesci benissimo da solo”
replicò Stefan con
altrettanta freddezza.
I
canini di Damon si allungarono
mostrandosi a Stefan. Lo tirò giù dal letto
afferrandolo per la canottiera che
indossava per dormire “Non dovevi raccontare la mia parte della storia”.
“Allora
perché non gliel’hai raccontata
tu?” lo affrontò Stefan scrollandoselo di dosso.
“Non
sono affari tuoi”.
Stefan
lo guardò sorridendo amaramente
“Non glielo hai detto perché sei un codardo,
Damon, perché ti vergogni del tuo
passato e non vuoi che lei sappia che razza di persona sei”.
Damon
ringhiò sommessamente e indurì
gli occhi in direzione di Stefan; tuttavia non lo contraddisse.
“Allora
c’è qualcuno che riesce ancora
a farti provare un po’ di vergogna”
rincarò Stefan “Qualcuno che non sia la mia ragazza” precisò.
Damon
avrebbe potuto davvero ucciderlo.
Sentiva il sangue salirgli agli occhi, i canini più lunghi,
la rabbia che gli
montava dentro.
Il
cellulare vibrò nella sua tasca.
Damon avrebbe voluto ignorarlo, ma sapeva chi lo stava chiamando e non
poteva
non rispondere.
“Io
scenderei in salone se fossi in te”
disse a Stefan e scese all’ingresso, andando ad aprire la
porta. Caroline se ne
stava sulla soglia, un’espressione stravolta in volto, niente
a che vedere con
l’aspetto raggiante di qualche ora prima.
“Caroline
che ci fai qui a quest’ora?”
domandò Stefan alla spalle di Damon.
“Le
ho chiesto io di venire” rispose
quest’ultimo, spostandosi per permetterle di entrare.
“Perché?”.
Caroline
si voltò confusa verso Damon
“Non gliel’hai ancora detto?”.
“Me
ne sono dimenticato, colpa mia!”
disse Damon con un’alzata di spalle “Tyler ha
ucciso un ragazzo stanotte,
questo lo rende a tutti gli effetti un grazioso lupacchiotto”.
“Non
l’ha ucciso” lo corresse Caroline
“E’ stato un incidente”.
“Ma
è morto, giusto?” continuò Damon
“Il risultato è lo stesso, incidente o
meno”.
“Fermi
un attimo” li bloccò Stefan
“Tyler ha scatenato la maledizione?” richiese in
conferma.
“Cento
punti al Golden Boy” ironizzò
Damon.
Stefan
lo ignorò e si passò le mani tra
i capelli “Che vuoi fare, Care?” le
domandò escludendo apposta Damon dalla
conversazione. Conosceva già la soluzione del fratello.
“Non
lo so” ammise Caroline “Per ora è
in ospedale con la sua famiglia per degli accertamenti. Non sa ancora
che cosa
gli accadrà”.
“Non
aggirate l’ostacolo con queste
stupide digressioni” li rimproverò Damon
“Sapete entrambi cosa è necessario
fare. Dobbiamo evitare che la notizia si diffonda e possibilmente
impedirgli di
attirare troppo l’attenzione con altre morti, inclusa la
nostra” dichiarò “E
c’è un unico modo per …”.
“No”
lo fermò Caroline che finalmente
aveva capito le intenzioni del vampiro “Tyler è un
mio amico, non possiamo
fargli del male!” si oppose.
“Sei
per caso impazzita, Baby Vamp? Il
suo morso è letale per noi! Non puoi addestrarlo come un
cagnolino da
compagnia!”.
“Lo
aiuterò io” si offrì la ragazza
“Lo
aiuterò a tenere un profilo basso, lo chiuderò da
qualche parte durante la luna
piena, nessuno saprà cosa è diventato”.
“No,
no, niente da fare” negò Damon con
forza “Un solo passo falso e tu sei morta. E noi saremo tutti
in pericolo,
perché questa città sarà infestata da
un branco di sudici lupi che verranno in
aiuto del cucciolo!”.
“Noi
non uccideremo Tyler” s’impose
Stefan.
“Nessuno
ha chiesto la tua opinione
frat-”.
“Ti
prego” mormorò Caroline con un
groppo in gola “Ti prometto che baderò io a lui,
ci starò attenta, ma non
fargli del male. Me lo devi, Damon” questa era una chiara
allusione a ciò che
Caroline aveva passato per colpa del vampiro.
“Siete
tutti e due degli idioti” li
insultò Damon “Fa’ come vuoi”
acconsentì seppur malvolentieri “Ma se per caso
lo becco a scodinzolare in giro quando non dovrebbe, tu sarai la
seconda a
morire … dopo di lui”.
Spiegare
ai genitori di Clara come era
stato possibile che la loro figlia venisse uccisa in una cittadina
apparentemente tranquilla come Fell’s Church, era stato
oltremodo straziante.
Fortunatamente
Liz Forbes, in quella
circostanza, era stata d’aiuto. Appena era arrivata sul
posto, aveva capito
subito che si trattava dell’opera di un vampiro.
Perciò aveva cercato
d’insabbiare la cosa, spacciandola per l’ennesimo
attacco animale. Che animale
fosse, rimaneva un bel mistero per la maggior parte dei cittadini, che
iniziavano a chiedersi se fosse ancora sicuro girare per le vie del
paese con
una bestia così pericolosa in circolazione.
Bonnie
aveva affrontato l’interrogatorio
con una calma che rasentava quasi la rassegnazione. Una perfetta
maschera che
si era frantumata in un istante non appena aveva lasciato
l’ufficio dello
sceriffo e aveva incontrato lo sguardo severo dei genitori di Clara.
Uno
sguardo accusatorio.
Il
funerale si sarebbe tenuto due
giorni dopo, in Italia. Bonnie era stata freddamente invitata a non
presentarsi
ed in ogni caso non avrebbe avuto il coraggio di partecipare alla
cerimonia.
Non sotto gli occhi di amici e parenti della ragazza che la incolpavano
per la
sua morte.
Non
avresti dovuto farla uscire da sola! Avresti dovuto avvertirla del
pericolo, avresti dovuto tenerla d’occhio. Le
aveva urlato addosso
la madre di Clara quel giorno al commissariato di polizia.
Bonnie
si era ritrovata senza parola,
con la gola intoppata dai singhiozzi. Aveva sentito Stefan abbracciarla
e
portarla verso l’uscita, verso la macchina.
Bonnie
non poteva biasimare i genitori
di Clara, anzi dava loro completa ragione: era tutta colpa sua se Clara
era
stata uccisa. Non avrebbe dovuto permetterle di venire a trovarla,
avrebbe
potuto trovare qualche scusa, avrebbe dovuto tenerla lontana, ma voleva
così
tanto riavere un assaggio di normalità che non aveva pensato
che una città come
Fell’s Church non fosse affatto un luogo sicuro.
Oltre
a Stefan, Damon e Caroline, là
fuori ci potevano essere centinaia di vampiri, che sembravano parecchio
attratti da quel piccolo paese della Virginia.
“Bonnie,
Bonnie mi stai ascoltando?”.
La
rossa alzò la testa dal foglio pieno
di equazioni “Hai detto qualcosa, Meredith?”.
La
bruna sbuffò, posando con un gesto
secco la penna “Non hai sentito una sola parola della mia
spiegazione, vero?”
il tono era quello di una domanda, ma sembrava più un dato
di fatto.
“Mi
dispiace … credo di essermi
distratta” si scusò con voce flebile.
“Bonnie,
se non te la senti di fare
ripetizioni, va bene” la rassicurò Meredith
“Basta che me lo dici, però! Non
possiamo stare qui tutto il pomeriggio con te su un altro pianeta e con
me che
parlo a vuoto!”.
“No,
no, io voglio fare
lezione” disse convinta
“Scusami, Mere! Starò attenta, promesso”
le assicurò mettendosi una mano sul
cuore.
Meredith
le diede un’occhiata poco sicura,
poi s’incurvò di nuovo sui libri, pronta a
riprendere la spiegazione daccapo,
ma fu a quel punto che Bonnie la interruppe di nuovo “Secondo
te passerà mai?”.
Meredith
riportò gli occhi sulla
ragazza seduta di fronte a lei “Cosa?”.
“Questo
senso di vuoto, questo senso di
colpa, questa confusione che ho in testa, questa sensazione di
irrealtà.
Secondo te smetterà di fare così male?”.
Meredith
aspettò un attimo prima di
rispondere; non si sentiva proprio la persona più adatta.
Lei non aveva mai
sperimentato la perdita di qualcuno amato. Elena forse poteva essere
più d’aiuto,
ma lei …?
Elena,
però, in quel momento non c’era
e Bonnie stava cercando così disperatamente delle certezze
che Meredith non
poté negargliele.
“Tutto
passa prima o poi” affermò con
un tono talmente deciso che riuscì a trasformare quella
frase così banale in
una verità assoluta.
“Ho
paura di non riuscire a resistere
ancora molto. Vorrei solo smettere di sentire, almeno per
poco” confessò Bonnie
dondolandosi sulla sedia come una bambina.
“Ti
serve solo del tempo” continuò
Meredith “Non sarà sempre tutto così
nero”.
“E
cosa faccio mentre aspetto i
colori?” chiese Bonnie con un sarcasmo non molto adatto a
quel discorso.
“Respira,
mangia, dormi, svegliati e
rifallo daccapo finché un giorno non sarà
più tutto così difficile*”.
Bonnie
annuì mestamente e fece per
ritornare ai suoi esercizi di matematica, quando Meredith riprese a
parlare “Ascoltami,
Bonnie, so che questa per te può sembrare la fine di tutto,
ma non lo è. La
vita va avanti e … è giusto che tu ti senta
afflitta, ma non lasciare che il
dolore ti vinca. Tu hai attraversato la morte di tuo fratello, la
scoperta che
Stefan e Damon sono vampiri, sei riuscita a superarlo. Ce la farai
anche questa
volta. Solo … non pensare che la vita non possa essere
migliore di così, perché
tutto andrà al suo posto e tu ti sentirai bene alla
fine” le disse prendendole
le mani, quasi come una mamma a una figlia “Guarda Elena, per
esempio, è
rimasta orfana, ma si è fatta forza e è riuscita
a trovare un po’ di
tranquillità” tralasciò il fatto che il
suo ragazzo fosse un vampiro e che il
fratello di questo fino a poco meno di un mese prima si divertisse ad
insidiarla e minacciarla “Oppure Caroline: è
diventata un vampiro, ci ha messo
un po’ ad imparare a gestire la sua nuova natura,
è maturata e adesso sta bene,
nonostante tutto quello che Damon le ha fatto”.
“Perché
che cosa le ha fatto Damon?”.
Meredith
avrebbe voluto mordersi la
lingua dopo aver pronunciato quelle parole. Ecco un’altra
cosa che i fratelli
Salvatore avevano tenuto nascosto a Bonnie. Meredith non era una
pettegola e
non ricavava nemmeno tanto piacere nell’immischiarsi nei
fatti altrui, ma
riteneva una cosa davvero ingiusta ciò che tutti stavano
facendo a Bonnie (lei
compresa). Impedirle di conoscere la verità sulla morte del
fratello, tutti
quei segreti riguardo alla sua famiglia, quel tacito accordo per cui
nessuno
aveva il coraggio di svelarle tutto. Era sul serio il modo migliore di
agire?
A
quel punto Meredith si trovò di
fronte ad un bivio: inventarsi in fretta una scusa e lasciare cadere il
discorso nel vuoto o essere sincera.
Optò
per la seconda scelta; non perché
volesse fare la guastafeste a tutti i costi, ma perché
credeva fermamente che
Bonnie dovesse sapere con chi condivideva casa. Meredith non si fidava
ancora
di Damon. Non si era mai fidata. Lei non era Elena, né
tantomeno Caroline. Lei
non aveva mai subito il fascino del bel vampiro, lo aveva inquadrato
nel primo
momento in cui lo aveva visto.
Stava
cambiando? Questo non era ancora
in grado di dirlo. Forse era solo una messinscena per entrare nelle
grazie di
Elena, forse il peso di tutte le sue scelleratezze cominciava a
schiacciarlo,
ma chi era lei per poterlo giurare?
Per
questo decise di parlare, per
proteggere Bonnie. Bonnie che stava cercando così
ostinatamente di ritrovare le
sicurezze che aveva da bambina, Bonnie che lottava per distinguere
realtà da
finzione, Bonnie che vedeva il suo futuro così ambiguo.
Forse quello che la
bruna le stava per dire l’avrebbe confusa ancora di
più, forse l’avrebbe
aiutata a fare chiarezza, ma in ogni caso sarebbe stata la
verità e Bonnie se
ne meritava almeno un po’.
“Qualche
mese fa Stefan è arrivato qui
a Fell’s Church” incominciò Meredith
“Stava solo cercando di fare una vita
normale, da persona normale. Si è unito alla squadra di
football, è diventato
amico di Matt e ha iniziato a frequentare Elena. Certo non è
stato semplice
all’inizio, ma poi si è integrato alla grande. Nel
frattempo ci sono stati
incidenti, alcuni sono morti, il signor Tanner è stato
ucciso alla festa di
Halloween” qui rabbrividì al ricordo del cadavere
senza vita del suo insegnante
“Vicki Bennett è stata attaccata al cimitero
… nessuno riusciva a capire che
diamine stesse accadendo, finché Damon non ha fatto la sua
entrata in scena.
Era ritornato solo per rendere la vita di Stefan un inferno, come sta
facendo
praticamente da mezzo millennio. All’inizio voleva che la
colpa di tutti quegli
incidenti ricadesse su Stefan, poi ha cercato di intromettersi nella
sua
relazione con Elena” fece una pausa per riprendere fiato, poi
proseguì “Ma per
farlo gli serviva una specie di aggancio ed è qui che
è entrata in gioco
Caroline. Damon l’ha sedotta, l’ha incantata,
l’ha usata per i suoi bisogni di
sangue e sesso, l’ha usata per intromettersi nella vita di
Elena. Quando ha
capito che Caroline non lo stava aiutando a raggiungere il suo
obiettivo, l’ha
mollata. Poi Stefan ha dato a tutte dei ciondoli con la verbena e Damon
si è convinto
a lasciarla stare una volta per tutte**” finì il
suo discorso senza distogliere
lo sguardo dagli occhi di Bonnie.
La
rossa rimase in silenzio, con le
labbra contratte. Meredith non seppe dire che cosa passò
nella testa della
ragazza in quel momento, ma si sorprese quando Bonnie ruppe il silenzio
con una
domanda un po’ inattesa “Ma ora è
cambiato?”.
Appariva
quasi come una speranza e a Meredith
fece un’immensa tenerezza. Dopo tutto quello che aveva
sentito, cercava ancora
di difenderlo, di cercare una giustificazione.
“Non
lo so, Bonnie” ammise Meredith “Ti
posso dire che ha smesso di andare in giro a squarciare gole, almeno credo. Ma temo che
l’unica
ragione sia la sua cotta per Elena- Bonnie sentì lo stomaco
contrarsi per
qualche ragione sconosciuta- Damon ha capito che non
riuscirà mai a conquistare
il suo cuore se continua a comportarsi da pazzo
irresponsabile***”.
Meredith
vide che Bonnie era ancora più
crucciata di prima e aggiunse “Senti Bonnie, io non voglio
turbarti, ok? Voglio
solo che tu stia attenta. Questa non è una favola horror,
è la realtà, per
quanto sia difficile crederci, è la
pura
e semplice realtà ed è più
complicata di quello che sembra. Tu vuoi
ritrovare la tua serenità, ma per farlo devi sapere come
stanno davvero le
cose, non è più come quando eri una bambina,
perciò … non fermarti alle
apparenze” le consigliò con un tono estremamente
serio “Ma per qualsiasi cosa
di cui tu abbia bisogno, io, Elena e Caroline siamo dalla tua parte,
siamo qui
per te, ok?”.
Bonnie
sorrise mentre si asciugava una
lacrima che capricciosa le era scivolata lungo la guancia
“Grazie, Mere, lo
apprezzo tantissimo” e l’abbracciò.
“Ti
spiace se finiamo qui la lezione?
Vorrei andare a casa” le chiese quando si sciolsero
dall’abbraccio.
Meredith
acconsentì e guardò Bonnie che
ritirava le sue cose e usciva dall’aula. E si chiese se
avesse fatto la cosa
giusta o se avesse incasinato ancora di più tutto.
Bonnie
volò praticamente fuori dalla
classe, tirandosi più su sulla spalla la borsa a tracolla.
Fece due passì e si
scontrò con un ragazzo. Christopher.
“Bonnie”
disse lui con voce stupita
“Non mi aspettavo di trovarti qui”.
“Stavo
facendo ripetizioni di matematica”
spiegò lei.
“Bonnie”
la chiamò di nuovo Christopher
“Ho sentito della tua amica. Mi dispiace davvero tanto. E se
volessi sfogarti o
qualsiasi cosa, io ci sono”.
Il
volto della rossa si scurì “Ti
ringrazio, ma ora ho bisogno di tempo per stare sola e sistemare un
po’ di
cose”.
Christopher
annuì comprensivo
“Tranquilla, non ti voglio forzare, volevo solo che lo
sapessi”.
“Grazie
ancora” gli disse Bonnie con un
mezzo sorriso e si diresse verso l’uscita.
Damon
cominciava a trovare la cosa
piuttosto irritante. Si sentiva sotto osservazione, come un animale
chiuso in
una gabbia tenuto costantemente sotto controllo per qualche strano
esperimento.
Quando
non poté più resistere, si volse
verso la porta aperta della biblioteca e fissò di sbieco la
ragazza che se ne
stava in piedi senza staccargli gli occhi di dosso. “Ti serve
qualcosa,
Bonnie?”.
Bonnie
non rispose, ma si diresse verso
di lui e poggiò le mani sui braccioli della poltrona su cui
era seduto e la
girò aiutandosi con le rotelle sottostanti, verso la
finestra. La luce del sole
inondò Damon che si coprì gli occhi con una mano,
senza capire cosa volesse
fare Bonnie.
“Tu
non luccichi” dichiarò lei.
Damon
pensò che la morte di Clara
dovesse averla mandata completamente fuori di testa.
“Dovrei?” le chiese
incerto.
“No”
mormorò Bonnie con uno sbuffo “E’
che sto cercando di trovare informazioni sui vampiri, voglio farmi una
cultura
e ho chiesto a Caroline se a casa aveva dei libri che potessero
aiutarmi, ma
aveva solo la saga di Twilight; non mi sembra che corrisponda alla
realtà, però
…”.
“Oh
no” gemette Damon “Non un’altra fan
dei vampiri vegetariani! Non ho mai letto tante cazzate come in quel
libro”
disse con disgusto “Vuoi leggere qualcosa
d’interessante e vero sui
vampiri? Chiedi a me” le consigliò alzandosi e
dirigendosi
verso gli scaffali della libreria. Fece scorrere l’indice
sulla mensola fino al
titolo che stava cercando “Ecco, questo sì che
è un libro come si deve!”.
Bonnie
lo prese tra le mani e aggrottò
le sopracciglia “Intervista col vampiro? Ho visto il film, mi
è piaciuto”.
“Si
non era fatto male” concordò Damon
“Ma devi assolutamente leggere qualcosa di Anne Rice, quella
ne sa di vampiri.
Sospetto che sia una di noi o che ne abbia conosciuto almeno uno.
Magari
‘Intervista col vampiro’ è una specie di
autobiografia, magari era lei
l’intervistatrice” suppose piuttosto compiaciuto.
“Teoria
interessante, prova a venderla
a qualche giornale. Magari farai i soldi” lo prese in giro
Bonnie.
Damon
in risposta ghignò e riportò
l’attenzione alla libreria “Da qualche parte ci
dovrebbe anche essere il
Dracula di Stoker …” solo in quel momento
notò com’era vestita la ragazza e per
poco non saltò fuori dai suoi stessi indumenti. Una divisa
da cheerleader. La
bocca del vampiro si piegò in una posa sconcertata. Non che
Bonnie stesse male,
anzi stava fin troppo bene, con
quella gonna così corta da mostrare le gambe non molto
lunghe ma sottili e
toniche, così corta che Damon quasi poteva figurarsi il suo
sed-. Damon si
riscosse prima di aver la possibilità di formulare quel
pensiero poco casto.
Bonnie aveva un lato B favoloso, piccolo e ben definito ( era una cosa
fin
troppo evidente sia che lei indossasse i Jeans o una gonna), ma non era
quello
il punto.
Il
punto era Bonnie, ragazza pompon.
Bonnie che non aveva
l’aria di una ragazza pompon, che era riservata e pudica, che
non si sarebbe
mai messa in mostra in quella divisa così aderente di sua
spontanea volontà.
“Che
c’è?” chiese Bonnie imbarazzata
dal modo in cui Damon la stava guardando “L’ho
provata per vedere se mi stava
bene” si lisciò un po’ la gonna
“N-non sto bene?”.
“Io
la uccido!” sentenziò Damon senza
nemmeno risponderle.
“Chi?”
domandò Bonnie sorpresa.
“Caroline”
disse Damon “Le avevo
chiesto di coinvolgerti in qualche attività extrascolastica,
non le aveva detto
di trasformarti in una sua copia!”.
“Non
prendertela con Caroline! Mi fa
piacere far parte di una squadra, mi distrae”
replicò Bonnie.
“Ci
sono centinai di squadre oltre le
cheerleader!”.
“Che
c’è di male ad essere una
cheerleader?” protestò Bonnie incrociando la
braccia sul petto.
“Sono
stupide” disse Damon “Tu non lo
sei”.
“Care
non è stupida!” ribatté Bonnie
arrossandosi.
“Si
vede che non la conosci bene!
Caroline è la capo oca! Guarda solo cosa ti ha consigliato:
Twilight! La cagata
più cagata tra le cagate!”
s’infervorò Damon.
Questa
era una bugia. Caroline era
stata il colonnello di tutte le oche, ma da quando era diventata un
vampiro era
cambiata. Più matura, più seria, più
consapevole della vita. Meno ragazzina e
più donna.
Ad
essere sinceri Damon era piuttosto
orgoglio di lei. Questo, però, non poteva certo farlo sapere
a Bonnie.
“Non
dire queste cose di Caroline! Sei
tu che non la conosci” lo contraddisse lei “Dopo
tutto quello che le hai fatto,
non dovresti avere nemmeno il coraggio di chiamarla per nome”.
Damon
s’irrigidì. Dopo quello
che le hai fatto. Bonnie sapeva? Anche questo?
“Hai
fatto un’altra chiacchierata con
Santo Stefan?” s’informò, già
pronto a spezzare il collo del fratello, questa
volta definitivamente.
“No,
non è stato Stefan a dirmelo”.
Damon
assottigliò gli occhi. Allora chi?
Poi si diede dello stupido
da solo per non averci pensato prima. Chi altri poteva averglielo
rivelato se
non colei che una settimana prima aveva declamato la
necessità di essere
totalmente onesti.
“Ma
certo, la ragazza inquietante!”
esclamò Damon “Dovrò suggerire ad
Alaric di dire alla sua fidanzata di farsi un
po’ più gli affari suoi”.
“Ha
fatto bene a dirmelo” la difese
Bonnie “Io voglio sapere tutto”.
“Allora
buon per te!” si congratulò
Damon “Comunque se proprio lo vuoi sapere: la nostra
neovampira mi ha preso a
calci quando ha scoperto che cosa le avevo fatto. Direi che si
è vendicata
ampiamente”.
“L’hai
soggiogata, l’hai usata come
riserva di sangue ambulante, ti sei approfittato di lei e poi
l’hai scaricata
come spazzatura. Non credo esista vendetta abbastanza
soddisfacente” e con
questo lasciò la stanza.
Damon
rimase attonito al centro della
biblioteca. Gli sembrava di essere stato sbalzato tutto a un tratto in
uno di
quei programmi ad eliminazione, in cui il conduttore gli annunciava che
era stato nominato.
In
quel caso la frase suonava più come
“Damon Salvatore sei appena stato freddato”.
“Chi
ha smesso di credere in Dio o nel bene, continua a credere lo stesso
nel diavolo. Non so perché. No, anzi lo so: il male
è sempre possibile. E il
bene è eternamente difficile****”.
Bonnie
chiuse il libro e lo appoggiò
sulle ginocchia, tenendo il segno con un dito.
Era
forse quella la soluzione? La
facilità del male? Era per quello che Damon nemmeno provava
a fare la parte del
buono, perché il bene costava una fatica continua? Forse
quello voleva dire
essere dei vampiri: scegliere la via più facile.
Spegnere
le emozioni, far finta di non
vedere il male che si provocava, inebriarsi del sangue e fuggire dai
problemi,
dai legami e dagli affetti.
Bonnie
si sentì male per Stefan e
Damon. Erano vampiri da così tanto tempo e forse si erano
dimenticati cosa
significasse voler bene a qualcuno. No, Stefan lo sapeva: lui amava
Elena, lui
aveva combattuto la sua natura e aveva riscoperto il suo lato umano.
Quanto ce
n’erano come lui, però? Uno su un milione?
Damon
era così diverso da Stefan, aveva
abbracciato la sua natura senza esitazioni. Lei poteva davvero
biasimarlo?
Forse si sarebbe comportata allo stesso modo. Una vita senza sofferenze
era il
sogno di chiunque, ma Bonnie non era tanto certa che Damon non
soffrisse, anzi
probabilmente era diventato così insensibile proprio per il
sentir troppo.
Bonnie
era così confusa. Voleva di
fidarsi di Damon, ma c’era qualcosa che glielo impediva;
quello stesso qualcosa
che due sere prima l’aveva spinta ad incolparlo senza indugi.
Perché era stato
così facile accusarlo.
Il
vampiro perfido, egoista e senza
rimorsi; un colpevole coi fiocchi. Bonnie aveva sentito il bisogno di
trovare
un capro espiatorio, qualcuno con cui prendersela, qualcuno con un
motivo e con
la forza di compiere un atto tanto orribile, perché la morte
di Clara non
poteva rimanere così, senza senso.
Allo
stesso modo aveva bisogno anche di
convincersi che le uniche due persone rimastale al mondo non le
avrebbero mai
fatto una cosa simile.
Perché
se Damon avesse davvero ucciso
Clara, per Bonnie avrebbe voluto dire perdere anche lui e proprio non
avrebbe
avuto la forza di sopportarlo. Non due persone nella stessa sera.
Ora
si aggiungeva anche la storia di
Caroline e ancora una volta Bonnie non si era trattenuta dal
rimproverare Damon
per il suo atteggiamento. E ancora una volta, in quel preciso istante,
sentiva
la voglia di andare da lui e sistemare le cose.
Per
questo stava cercando di capire che
cosa volesse dire essere un vampiro. Se l’avesse scoperto,
forse l’avrebbe
accettato, forse l’avrebbe smessa di comportarsi come una
schizofrenica.
“Sono
stufo della gente che parla di me
alle mie spalle. Vuoi sapere come sono andate le cose? Allora chiedi a
me!”
ringhiò Damon entrando come una furia
in
camera e sbattendo la porta.
Bonnie
seduta sul letto, sobbalzò
violentemente e per poco non le cadde il libro che stava leggendo dalle
mani.
“Che
cosa hai detto?” chiese lei un po’
intontita da quell’ingresso così burrascoso.
“Hai
sentito benissimo” la gelò Damon
“Non accetto di essere preso in giro! Sono giorni che mi
accusi per quello che
altri hanno detto di me, poi dici di perdonarmi, fai tutta la carina e
di nuovo
mi tratti come il peggiore degli assassini. Vuoi odiarmi? Va bene,
odiami! Ma
smettila di contraddirti”.
“Io
non ti odio” rispose senza
esitazioni Bonnie “Io … ho provato a chiederti di
raccontarmi della tua vita,
ma non hai voluto!” si giustificò.
“Perché
mi avresti creduto dopo le
parole di Stefan e Meredith?”.
“Te
l’ho chiesto prima” gli fece notare
Bonnie. Damon distolse lo sguardo e si sedette sulla poltrona a fianco
al letto,
con fare scocciato. C’era qualcosa nella sua espressione di
diverso, sembrava …
deluso? Bonnie si maledì!
Alla fine
era sempre lei quella che si sentiva in colpa!
“Ricordi
quando l’altro giorno mi hai
chiesto se avevo paura di te?” incominciò Bonnie
“E che io ti ho risposto di
sì? Beh, è vero, a volte mi fai paura”
confermò nuovamente “Ma io non voglio
avere paura di te”. Era la verità.
“Anche
io vorrei un sacco di cose,
ragazzina, non per questo accadranno” la demolì
Damon con il suo solito
cinismo.
“Raccontami
della tua vita da vampiro”
lo incalzò lei.
“A
che servirebbe? Stefan ti ha già
detto tutto”.
“Stefan
non … non m’interessa di quello
che ha detto Stefan. Raccontami la tua versione”
cercò di incitarlo Bonnie.
“Non
c’è una mia versione, tutto quello
che ti hanno detto Stefan o Meredith è vero. Io sono
così. Non provo rimorso
per quello che ho fatto. Sono un vampiro, mi comporto da tale,
è nella mia
natura. Sono senza cuore, d’altronde l’hai detto
anche tu non meno di qualche giorno
fa” affermò convito Damon “Penso solo
alla mia felicità, degli altri me ne
frego”.
Allora
Bonnie capì, capì in pieno il
senso della frase che aveva appena letto.
Essere
un vampiro non voleva dire per
forza possedere la felicità assoluta, anzi forse per un
vampiro la felicità
consisteva in un sogno irrealizzabile. Come si poteva essere felici
quando la
propria sopravvivenza dipendeva dalla violenza verso altri? Le emozioni si potevano
spegnere, ma Stefan
le aveva assicurato che non era una condizione eterna, prima o poi
sarebbero
ritornate. Ma era la loro natura, non potevano sottrarsi alla loro
indole,
quindi erano legati indissolubilmente a un destino
d’infelicità? Cominciava
finalmente a comprendere i continui cambi di umore di Damon, a
comprendere la
sua finzione. Damon aveva bisogno della sua maschera da menefreghista
crudele o
non sarebbe riuscito a sopravvivere al dolore di
una vita a metà.
“So
che t’importa, Damon, puoi anche
non ammetterlo, ma di qualcuno t’importa” lo
riprese Bonnie.
“Ah
sì? E di chi?”.
“Di
me t’importa” dichiarò con un
coraggio che non pensava neanche di avere.
“Ma
va? Cosa ti fa credere di essere
così importante per me? Non sei un po’ troppo
vanitosa, ragazzina?” la prese in
giro, ma Bonnie era serissima. Si avvicinò a lui e gli si
inginocchiò di
fronte. Si tirò su la manica della maglia e gli
offrì il polso “Allora mordimi”
comandò.
“Cosa?”.
“Se
non t’importa di me, trattami come
tutti gli altri. Mordimi” Bonnie stava giocando con il fuoco,
ma in quel
momento era più risoluta che mai.
Damon
alzò le sopracciglia e le scostò
il polso “Ti farà male”.
“Che
t’importa?” lo incastrò Bonnie,
rimettendo il polso davanti alla sua bocca.
“Non
ti morderò Bonnie, rinunciaci”
cedette Damon, allontanando la mano della ragazza di nuovo.
“Perché
t’importa” ne concluse Bonnie
“E anche a me importa di te” gli confidò.
“Non
fai un grande affare, sai? Ne
rimarrai delusa” l’avvertì.
Bonnie
sorrise, ma di un sorriso che
sapeva tanto di canzonatorio “Ti credi tanto spietato, Damon?
Ti credi un
essere disumano? Sei terribilmente umano, Damon, a volte sei
più umano di
Stefan”.
Damon
scoppiò a ridere “Questa non me
l’avevano ancora detta!”.
“Hai
sofferto nella tua vita” disse
Bonnie “E ti sei lasciato andare all’istinto, per
distrarti, per non sentire
più, per smettere di soffrire e questo è un
atteggiamento tipicamente umano.
Per noi, quando stiamo male, è molto più normale
avere reazioni incoerenti,
estreme, a volte violente, piuttosto che cercare di controllarci come
fa
Stefan. Noi abbiamo voglia di spaccare tutto, mandare il mondo a quel
paese,
far finta che i problemi non esistano, cancellarli e ignorarli. Tu non
sei
molto diverso di tanti uomini che sono là fuori”.
Sei
uno schiavo della sofferenza esattamente come noi.
“Ne
conosci tanti che insidiano giovani
fanciulle a donare il loro sangue? Che seducono mamma e figlia per
portarle a
letto, morderle e infine ucciderle?” stava cercando di
evitare il discorso, di
nascondersi, di farla arrabbiare ed essere lasciato in pace, ma Bonnie
non
demorse.
Ripensò
alle parole di Meredith.
“Tu
vuoi ritrovare la tua serenità, ma per farlo devi sapere
come stanno davvero le
cose, non è più come quando eri una bambina,
perciò … non fermarti alle
apparenze”.
Lei
non si sarebbe fermata alle
apparenze, perché Damon poteva apparire
un vampiro sanguinario, ma era solo uno schermo e di questo Bonnie ne
era
convinta come mai in vita sua.
“Ma
per qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno, io, Elena e Caroline siamo
dalla tua parte, siamo qui per te, ok?”.
Chi
c’era per Damon? Chi stava dalla
sua parte? Era forse per questo che si era così tanto chiuso
nel suo
personaggio? Perché nessuno voleva capirlo?
“Sei
un vampiro, è nella tua natura” ripeté
le stesse parole che poco prima proprio Damon aveva pronunciato
“Non approvo
quello che fai, ma non posso cambiarti perché lo voglio io.
Quando ti sentirai
pronto, quando sarai tu a voler diventare migliore, allora lo farai.
Per
adesso, ho capito che ti devo accettare così come sei e ti
difenderò … sarò
dalla tua parte”.
Damon
restò sbalordito dalla parole di
Bonnie. Era la prima volta che qualcuno non lo spingeva ad essere
“l’uomo
migliore”, a fare l’eroe, che qualcuno decideva di
stargli accanto pur sapendo
che forse non sarebbe mai cambiato.
Era
come avere un’amica ed lo faceva
stare bene. I suoi occhi si rabbuiarono quando gli sovvenne che Bonnie
non
conosceva ancora la vera morte di Zach. Se mai l’avesse
scoperta, si sarebbe
rimangiata tutto.
“Aspetta
a parlare” l’avvisò con tono
tetro.
Bonnie
assottigliò gli occhi un po’
ferita da quella affermazione, perché aveva capito che Damon
non voleva aprirsi
di lei. Fu lì per lì per rispondere, ma il
campanello suonò.
Si
mossero contemporaneamente. Uscirono
dalla stanza, giù per la scala fino all’ingresso.
Bonnie aprì la porta. Sulla
soglia stava Elena tutta sorridente.
“Elena?”
disse Bonnie sorpresa “Non
dovevamo trovarci da te tra un’ora?”.
Il
sorriso di Elena s’incrinò
leggermente ma riprese subito vigore “Sì, ho
pensato di salutare Stefan. Poi
possiamo andare insieme a casa mia” si offrì
“Ciao anche a te Damon” salutò.
“Ok,
va bene! Intanto che saluti
Stefan, io devo ancora fare la doccia e cambiarmi. Forza,
ent-”.
“Bonnie,
non invitarla” ordinò Damon
che non aveva distolto lo sguardo da Elena.
Bonnie
si girò verso di lui “Che stai
dicendo?”.
“Quello
che ho detto, non devi
invitarla, non è la benvenuta” dichiarò
fissando Elena dritto negli occhi. Lei
ricambiò lo sguardo di sfida.
“Non
essere così scortese!” lo
rimproverò Bonnie.
“Va’
in camera tua” le impose Damon.
“Cosa?
Perché? Ma che hai?”.
“Bonnie,
obbediscimi, va’ in camera tua
e restaci!” le ripeté.
Bonnie
titubante abbandonò l’ingresso e
salì al piano superiore. Quando Damon non la vide
più, si girò verso la bionda
“Hai davvero una bella faccia tosta a presentarti qui,
Katherine”.
“E’
un piacere rivederti, Damon. Un po’
mi sei mancato sai?”.
“Stefan!”
esclamò Bonnie entrando in
camera del vampiro “Tuo fratello è completamente
impazzito!”.
“Che
è successo?” chiese preoccupato
saltando giù dal letto.
“Non
so che gli è preso. È arrivata
Elena, è giù all’ingresso. Lui ha
cominciato a trattarla male e mi ha ordinato
di non invitarla. Non so perché! Ehi, ma dove
vai?” s’indispettì Bonnie
vedendolo correre verso la porta.
“Sta’
in camera tua, Bonnie” le gridò
lui che aveva già capito il problema.
Bonnie
non si fece persuadere così in
fretta! Lei voleva sapere che diamine stava accadendo.
Perciò lo seguì di nuovo
all’entrata, dove Damon se ne stava ancora davanti ad Elena,
fuori dalla casa.
Stefan
raggiunse il fratello e Bonnie
rimanendo alle loro spalle urlò “Qualcuno mi
spiega perché vi state comport-”
non poté finire la frase.
I
due Salvatore si voltarono e le
gridarono all’unisono “Ti ho detto di stare in
camera tua!” poi non la
degnarono più della loro attenzione.
Bonnie
strinse i pungi e fece
dietrofront verso la sua stanza, come una bambina mandata in castigo
dopo aver
fatto qualcosa di male.
Si
buttò sul letto e incrociò le
braccia sul petto e mise il broncio. Attese. Prima o poi sarebbero
saliti a
spiegarle tutto. O almeno sperava.
Passarono
alcuni minuti e sentì
vociferare lungo il corridoio. In punta di piedi raggiunse la porta e
allungò
il collo fuori, guardando a destra e a sinistra. Damon e Stefan erano
in fondo,
vicino alla camera di quest’ultimo.
“Come
si è permessa di ritornare?”
stava inveendo Damon.
“Dopo
tutti questi anni ci deve essere
un motivo. Non può aver deciso così di punto in
bianco di tornare” ipotizzò
Stefan.
“Se
proprio devi spiare, fallo in modo
più discreto” disse Damon girandosi verso Bonnie.
La ragazza arrossì per essere
stata colta in flagrante.
“Suppongo
che tu non abbia raccontato a
Bonnie un particolare molto interessante su Katherine”
ipotizzò Damon
rivolgendosi a Stefan.
Il
fratello scosse la testa “Speravo
non si facesse più vedere e non volevo coinvolgere
Bonnie” spiegò Stefan.
“Oh
certo!” ghignò Damon “Scopriamo che
quella pazza è viva, viene in città, trasforma
Caroline e tu non pensi di dire
a Bonnie che Katherine è la copia di Elena!”.
“Cosa?”
strabuzzò gli occhi Bonnie.
“Ti
ho detto che non volevo metterla in
pericolo! Stavo facendo esattamente il contrario!” si
arrabbiò Stefan.
“Ragazzi!”
li richiamò Bonnie “Io sono
qui!” entrambi si voltarono verso di lei “E voglio
sapere che cosa sta
succedendo”.
“Succede
che la vampira sgualdrina ha i
giorni contati, perché se si rifà viva, la uccido
con le mie mani” grugnì Damon
dileguandosi.
“Tu
devi andare da Elena, giusto?” le
chiese Stefan.
Bonnie
annuì.
“Ti
accompagno io. Ti spiego strada
facendo”.
“Katherine
si è presentata a casa tua?”
disse Caroline allibita.
“Che
ti aspettavi?” saltò su Meredith
“E’
tornata in città, ti ha trasformata nella moglie di Dracula
e davvero credevi
che sarebbe sparita per altri 500 anni?”.
“Giusto
questa mi mancava!” esclamò
Elena “Un altro pericolo per zia Judith e Margaret. Mi
spiegate come faccio a
proteggerle? Se dicessi la verità, mi prenderebbero per
matta. Che casino di
famiglia!”.
“Non
dirlo a me!” si lamentò Bonnie “Damon
si è chiuso in camera sua e dai rumori sembra sia esplosa
una bomba. Stefan tra
un po’ scoppierà per tutte queste preoccupazioni.
Non so come aiutarli”.
“Senza
offesa Bonnie, ma prima di tutto
devi cominciare a stare bene tu, prima di fa star bene gli
altri” le consigliò
Meredith.
“Ed
è per questo che sei qui” esultò
Caroline battendo le mani.
Bonnie
guardò stranita le tre.
“Sai,
oggi, quando abbiamo parlato, ho
avuto l’impressione di averti scombussolata un po’,
quindi ho pensato di
rimediare” spiegò Meredith.
Elena
apparve alle spalle della rossa e
con delicatezza le allacciò una catenina al collo. Era la
stessa collana che
indossavano in quel momento le altre tre.
“Noi
siamo sempre state grandi amiche,
fin da piccole” cominciò a raccontare la bionda
“Eravamo sempre insieme, c’eravamo
l’una per l’altra, tanto da sentirci come delle
sorelle”.
“Allora
abbiamo iniziato a pensare un
nome, come una specie di club” continuò Caroline
“Dopo varie proposte, ne è
uscito ‘sorellanza velociraptor’ ”.
“Sorellanza
velociraptor?” ripeté
Bonnie alzando un sopracciglio.
“Sì,
sai … sorellanza perché siamo come
sorelle e velociraptor perché se una ha bisogno le altre
arrivano alla velocità
della luce”.
“Perciò
da oggi tu fai ufficialmente
parte della nostra sorellanza!” le sorrise Elena.
Bonnie
rimase di sasso.
“Se
ti va …” titubò Elena, spiazzata
dalla non- reazione della rossa.
Poi
Bonnie scoppiò in una fragorosa
risata e corse ad abbracciare le tre. Caddero sul letto di Elena e
rotolarono
fino a terra ridendo.
Bonnie
si strinse la catenina che
pendeva al suo collo.
Forse
le cose cominciavano davvero ad
andare al loro posto.
“Chiquitita, you and I know
How the heartaches come and they go and
the scars they're leaving
You'll be dancing once again and the pain will end
You will have no time for grieving
Chiquitita, you and I cry
But the sun is still in the sky and shining above you
Let me hear you sing once more like you did before
Sing a new song, Chiquitita
Try once more like you did before
Sing a new song, Chiquitita”
(Chiquitita- ABBA)
Il
mio spazio:
Ciao
a tutti!!! Sono riuscita ad
aggiornare in tempi decenti stavolta!
Vi
confesso che sono abbastanza
soddisfatta di questo capitolo, ma è la vostra opinione
quella che conta quindi
mi raccomando fatemi sapere! ;)
Dunque
vi annuncio che per qualche
capitolo per Bonnie ci saranno solo buone notizie, basta morti e
tristezze per
un po’. Questa ragazza ha decisamente bisogno di riprendersi
e di aggiustare le
cose e io ho il dovere di darle il tempo per farlo.
Allora
Katherine ha fatto finalmente la
sua comparsa, credo che ve lo aspettaste! Tranquille la sua
conversazione con i
fratelli Salvatore non è stata completamente eliminata, la
potrete leggere nel
prossimo capitolo, così come di Tyler. Ho pensato di
rimandare la scioccante rivelazione
sulla sua licantropia, ma dal prossimo capitolo iniziamo a entrare
davvero nel
vivo della storia (finalmente direte voi!).
So
di scrivere capitoli molto lunghi,
ma non riesco a farne a meno. Li trovate noiosi o vanno bene?
Perché se li
trovate troppo pesanti, posso sempre rimediare.
Ringrazio
ancora una volta tutte le
fantastiche persone che mi supportano, è davvero
gratificante! Per favore
continuate così J.
*OK,
lo ammetto, questa è una frase
rubata direttamente dalla bocca di Elena Gilbert
dall’episodio 2x22. L’ho
trovata perfetta per la situazione.
**
Vorrei ricordarvi ancora una volta
che tutto ciò che riguarda Caroline è preso dalla
serie TV.
***
Meredith non parla delle volte in
cui Damon si è intrufolato nella camera di Elena per
scambiare il sangue con
lei. Questo fatto è accaduto anche nella mia storia, ma da
quanto ricordo Elena
nella serie della Smith all’inizio non lo racconta alle sue
amiche, per questo
Meredith non ne parla. Inoltre vi voglio informare che ora Damon ha
smesso di
scambiare il sangue con Elena, perché sta cercando di
diventare un uomo
migliore per lei e ha capito che quello non è il modo
migliore per farsi amare.
Anche Stefan non ne è a conoscenza.
****
Frase tratta dal libro “Intervista
col vampiro”.
Bene,
ora vi lascio.
Alla
prossima, Fran!!!
|
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Capitolo 12 *** The day's still ashes and wine? ***
Ashes &Wine
Capitolo dodici:
The day’s still ashes and wine?
“Is there a chance?
A fragment of light at the end of the tunnel?
A reason to fight?
Is there a chance you may change your mind?
Or are we ashes and wine?
The day's still ashes and wine
Or are we ashes?
(Ashes
and wine- A Fine Frenzy)
“Hai
davvero una bella faccia tosta a
presentarti qui, Katherine”.
“E’
un piacere rivederti, Damon. Un po’
mi sei mancato, sai?”.
“Non
dirmelo”.
Era
vera? Era lei?
Ovvio
che era lei! Quel ghigno da
seduttrice poteva essere solo suo, ma Damon faticava a crederci lo
stesso.
“Mio
Dio” mormorò Stefan appena giunto
all’ingresso.
“Qualcuno
mi spiega perché vi state
comport-”.
Damon
si voltò “Ti ho detto di stare in
camera tua!” sentì Stefan urlare la stessa cosa,
poi osservò Bonnie stringere i
pungi e salire al piano superiore.
Nella
sua mente tirò un sospiro di
sollievo.
“Allora,
non m’invitate ad entrare?”.
Damon
riportò l’attenzione su Katherine
“Vuoi anche fermarti a prendere un
caffè?”.
“Penso
sia meglio che tu te ne vada” le
consigliò Stefan con voce ferma.
“Stefan!”
s’indignò Katherine “Dopo
tutto questo tempo vuoi sbattermi la porta in faccia senza nemmeno
chiedermi
come sto?”.
“E
dove sei stata per tutto questo
tempo, Katherine?”.
“Un
po’ qua, un po’ là” fu vaga
“Il
mondo è grande, ci ho messo un po’ a girarlo
tutto” spostò il peso su una gamba
con fare un po’ scocciato.
“In
cinquecento anni non hai trovato
nemmeno un minuto per farci sapere che non eri morta?” Damon
assottigliò gli
occhi, ancora indeciso se baciarla o strangolarla.
“Ho
avuto da fare” rispose
semplicemente Katherine “Tante cose da fare”.
“Come
trasformare Caroline in vampiro”
suggerì Stefan.
“Mi
sono sempre piaciute le entrate ad
effetto” alzò le spalle Katherine
“Suvvia, non guardatemi con quegli occhi
astiosi” li pregò con un finto broncio
“Anche voi due vi siete rifatti una
vita, giusto? Soprattutto tu Stefan … mi sembra di averti
visto con una
biondina che è praticamente la mia brutta copia. Elena, se
non sbaglio. Davvero
poco originale”.
“Lascia
Elena fuori da questa storia” le
intimò Stefan.
Un
inquietante luccichio passò negli
occhi di Katherine “E chi è la pargoletta che
volete tenere lontano da me?”
chiese alludendo a Bonnie.
“Nessuno”
questa volta era stato Damon
a parlare “Hai qualcos’altro da dirci?”.
Katherine
scosse la testa “Per ora no”.
“Bene,
allora ti consiglio ti spostarti
se non vuoi beccarti la porta sul naso. Sarebbe davvero poco elegante
per te
cadere come un sacco di patate”.
Poi
la porta si chiuse con un botto.
Un
altro botto scosse i
muri del Pensionato quando Damon scagliò con tutta la sua
forza un quadro
contro lo specchio di camera sua.
Perché
era tornata ora?
Perché non poteva semplicemente sparire per altri
cinquecento anni?
La
morte di Katherine era
stata al contempo l’inizio e la fine delle sue inquietudini. E in quel momento stavano
crescendo più forti
che mai: prima fra tutte, il confronto con Stefan. Con Katherine non
era
riuscito ad imporsi su Stefan, con Elena stava perdendo miseramente, ma
adesso
che la vampira si era rifatta viva, chi avrebbe scelto? E lui sarebbe
stato
disposto a perdonare tutti quei secoli di silenzio?
Per
Katherine sì. Se solo
lei gli avesse confessato il suo amore, Damon avrebbe mollato tutto e
tutti e
l’avrebbe seguita anche in capo al mondo.
Katherine
lo amava? E
lui? Era amore quello che sentiva per la donna?
Katherine
era sempre
stata una contraddizione: dolce e fragile, ingenua e riservata, ma
quando
serviva sapeva essere vendicativa, sfacciata e tagliente.
Forse
era iniziato tutto
come un modo per infastidire Stefan, un modo per mostrargli ancora una
volta
tutto il suo rancore, poi si era trasformato in
qualcos’altro. Katherine lo
aveva stregato, attirato, legato a sé, perché lei
era così buona, tanto quanto
lui non lo era da tempo.
La
sua vita da umano non
era stata molto diversa da quella da vampiro: aborrire le
responsabilità,
andare a donne, ubriacarsi appena ne aveva l’occasione,
sperperare i soldi al
gioco d’azzardo, rovinare l’esistenza a suo
fratello. Sì, decisamente non era
cambiato molto, eccetto la sete di sangue e
l’immortalità.
Ma
Katherine gli aveva
ricordato che anche lui poteva essere una brava persona,
perché anche in lui
c’era del buono. La sua morte era stato un colpo al cuore,
tanto forte da
fermare il battito per sempre.
La
sua Katherine. Sua. Era mai stata
davvero sua?
Probabilmente no. Avrebbe tanto voluto poter definirla sua, ma lei era
sempre
stata qualcosa di condiviso. Con Stefan. Come tutto il resto
d’altronde.
Damon
da che aveva
memoria aveva dovuto combattere per tutto: l’amore di
Katherine, l’affetto
della madre, il rispetto del padre.
Quando
aveva visto il
corpo incenerito della vampira, aveva provato quasi sollievo: basta
competere,
non c’era più nulla da vincere.
Katherine,
però, non era
mai morta. Ora era tornata e da quanto Damon aveva potuto constatare,
era
cambiata parecchio. Era diventata una vampira vera.
Non
c’era traccia di
dolcezza nei suoi occhi, solo malizia e sfida.
Sentì
Stefan e Bonnie
andare via. Chiuse gli occhi e buttò giù un altro
sorso di bourbon. Poi scagliò
il bicchiere contro il muro.
Picchiò
la testa contro
il volante. Era davanti casa sua da quasi mezz’ora, ma non
aveva nessuna
intenzione di uscire dalla macchina e suonare il campanello.
Era
andata per spiegargli
cosa gli stava succedendo, ma cosa poteva dire? Ciao Tyler, lo sai di
essere un
lupo mannaro?
Nella
migliore delle
ipotesi avrebbe chiamato sua madre e l’avrebbe fatta
arrestare. Il
coinvolgimento dello sceriffo era la prima cosa da evitare.
Ricordava
ancora quando
aveva scoperto di essere un vampiro; sapeva che qualcosa era successa
al suo
corpo, lo poteva percepire, ma non ci aveva voluto credere. Non subito,
pur
provandolo sulla sua stessa pelle.
Tyler
non si sarebbe
comportato diversamente.
Caroline
sentiva il
bisogno di aiutarlo. Aveva promesso a Damon che lo avrebbe tenuto
d’occhio,
aveva giurato a se stessa che non gli avrebbe permesso di commettere i
suoi
stessi errori. Tyler aveva già sulle spalle la morte di un
ragazzo (seppur
accidentale), non poteva caricarsene altre.
Presse
un bel respiro e
aprì la portiera. Era sopravvissuta alla morte, avrebbe
superato anche quello.
Si
diresse con decisione
alla porta di casa Smallwood e suonò il campanello. Fu la
madre di Tyler ad
aprirle con un grosso sorriso.
“Caroline,
che piacere, è
da molto che non ci vediamo!”.
“Buongiorno
signora
Smallwood, come sta?”.
“Non
c’è male! Sto giusto
andando ad una riunione indetta da tua madre” le disse
“Sei venuta per vedere
Tyler?”.
“Ehm
sì … c’è?”.
“Certo,
è in camera sua a
fare i compiti. Raggiungilo pure”.
Caroline
dopo aver
ringraziato cordialmente, salì velocemente le scale fino a
trovarsi davanti
alla soglia della camera del ragazzo.
Ricordava
quando da
piccoli giocavano in quella grande casa, lei si perdeva sempre. Quella
volta,
però, raggiunse subito il suo obiettivo, senza sbagliare
nemmeno una volta
porta. Era talmente determinata che il suo istinto la guidò
con estrema
precisione. Sapeva che se avesse esitato, tutto il suo coraggio sarebbe
andato
in fumo.
Bussò.
Nessuna risposta.
Riprovò. Ancora niente. Allora decise di entrare. Mise la
mano sulla maniglia e
la girò.
Tyler
era steso sul
letto, cuffie nelle orecchie, occhi chiusi. Un libro mezzo aperto
infondo al
materasso.
Caroline
si schiarì la
gola, ma Tyler non la sentì per via della musica troppo alta.
La
ragazza si avvicinò
ulteriormente e lo toccò sul braccio. Lui
sobbalzò spalancando gli occhi.
“Care!”
esclamò
togliendosi gli auricolari “Che ci fai qui?”.
“Volevo
vedere come stavi”
gli disse cercando di metterlo a suo agio.
“Ora
meglio” rispose lui “I
miei hanno parlato con tua madre. Ha confermato che è stato
un incidente, quel
ragazzo era completamente ubriaco. Almeno non sarò
perseguito penalmente”.
“E’
una sensazione
orribile, vero? Sentirsi responsabile per una cosa di cui non si ha
veramente
colpa”.
Il
ragazzo annuì
mestamente e si affrettò a cambiare discorso “Vuoi
qualcosa da bere? O da
mangiare?”.
“No
Tyler, io in realtà
sono qui per un altro motivo … dobbiamo parlare”.
“Uh,
il tono sembra serio
… mi devo preoccupare?” scherzò lui
iniziando a giocherellare con l’I-pod.
Caroline
iniziò il suo
discorso prendendola molto alla larga “Ti ricordi quando
eravamo piccoli e
guardavamo quel film con Micheal J. Fox, ‘Voglia di
vincere’? Quello in cui lui
scopriva di essere un lupo mannaro?”.
“Sì,
Caroline, me lo
ricordo. Era il mio film preferito”.
“Ecco
e ti ricordi che
facevi finta di essere un lupo mannaro pure tu? Dicevi che avresti
voluto
essere un lupo mannaro, ricordi?”.
“Sì,
mi ricordo, ma avevo
dieci anni! Tu volevi essere l’Imperatrice Bambina della
Storia Infinita!” si
mise a ridere lui ripensando a come già da piccola Caroline
volesse essere la
reginetta della situazione.
Anche
Caroline sorrise.
Certo che se lo ricordava! Andava sempre in giro con un vestito bianco
a dare
ordini a tutti. Il sorriso si congelò quando si
focalizzò nuovamente sul motivo
per cui era andata a trovare Tyler.
“Ok,
forse è meglio se ti
siedi”.
“Riempilo
ancora”.
“E’
il sesto”.
“Questo
non ti deve
interessare finché ti pago”.
Il
barista prese la
bottiglia di whiskey e riempì il bicchiere fino
all’orlo. L’uomo davanti al
bancone afferrò il bicchierino e buttò
giù d’un sol colpo.
“Ma
guarda: un uomo della
tua età che si ubriaca come un ragazzino” lo
sbeffeggiò una voce alle sue
spalle.
“Pensavo
te ne fossi
andata” disse di rimando Damon picchiando il bicchiere sul
bancone. Con gli
occhi fece cenno al barista di riempirlo di nuovo.
“Non
senza salutare”
replicò Katherine sedendosi sullo sgabello accanto.
“Non
sarebbe la prima
volta” grugnì lui.
“Come
sei scortese. Una
volta eri molto più gentile”.
“Una
volta ero anche più
ingenuo”.
Katherine
ghignò
tamburellando le dite sul legno del tavolo “Non ho visto
Stefan in giro. È da
qualche parte insieme alla mia dolce copia?”.
“Quando
Stefan ti ha
detto di stare lontano da Elena, era serio. E io lo sono più
di lui” dichiarò
duramente.
Katherine
liberò una
risata canzonatoria “Sta succedendo di nuovo! I fratelli
Salvatore in lotta in
la stessa ragazza. La storia si ripete”.
“La
storia non si sta
ripetendo”.
“Oh,
no … giusto! La
piccola Elena ha occhi solo per Stefan. Sembra che tu sia sempre la
seconda
scelta” cantilenò la vampira.
“Non
c’è nessuna scelta
da fare. Ora vattene”.
Katherine
sospirò
rumorosamente “Damon, Damon, Damon” disse
“Povero Damon” continuò “Non
c’è più
traccia di umanità in te. Io ero l’unica che
poteva aiutarti a essere una
persona migliore, ma ora hai spento completamente le emozioni. Lo
percepisco.
Come puoi solo pensare che un’umana come Elena possa provare
affetto per te?
Quando Stefan ogni giorno le dimostra di meritarsi il suo
amore?”.
Nemmeno
Katherine con i
suoi sensi sovrasviluppati poté impedire a Damon di
sbatterla in un angolo al
buio, lontano dagli occhi della gente.
“Anche
tu sei cambiata, sai?
Cinquecento anni fa non eri una puttana così
saccente” le ringhiò a poco
centimetri dalla bocca.
“Sono
cose che succedendo
quando una finge la propria morte per la pace di due fratelli e poi
scopre che
si sono uccisi” sibilò lei con rancore togliendosi
la mano di Damon dal collo,
poi il suo tono tornò beffardo “Che parole
volgari! Sei così duro anche con la
rossa che vive in casa tua? Mi sembra una tipetta piuttosto
sensibile”.
“Ti
ho già detto che non
è nessuno”.
“Perché
ti ostini così
tanto a tenermela nascosta? Piuttosto importante per non essere
nessuno”
insinuò lei.
Le
dita di Damon
strinsero nuovamente il collo sottile della vampira “Dammi un
solo buon motivo
per non ucciderti!” disse mentre l’altra mano
premeva sotto il seno sinistro,
all’altezza del cuore.
“Vuoi
uccidermi, Damon?
Riusciresti a farlo? A guardare negli occhi la donna che hai amato per
tutti
questi anni mentre le strappi il cuore?”.
Katherine
sapeva che
tasti toccare con Damon. Era certa di aver ancora un certo ascendente
su di
lui. Dopotutto era stata il suo primo amore e il primo amore non si
scordava
mai.
Damon
la lasciò libera
come se la sua pelle scottasse “Ho solo bisogno di sapere una
cosa …” le
confessò con un cambiamento di umore di 360°.
“Damon”.
“Dopo
tutto questo tempo
me lo devi!”.
“Ti
prego non
chiedermelo, perché non ti piacerebbe la risposta”.
Damon
incassò e distolse
lo sguardo. Fece per dirigersi all’uscita, ma venne bloccato
per un braccio da
Katherine.
“Non
sono venuta qui per
niente, Damon. Devo parlarti”.
“Non
m’interessa niente
di quello che hai da dirmi” se la scrollò di dosso
e uscì dal locale più
abbattuto di quando era arrivato.
“Se
è uno scherzo, potevi
inventartene uno più credibile” la
freddò Tyler dopo l’assurdo racconto della
ragazza su come la famiglia Smallwood fosse stata colpita dalla
licantropia e
su come lui avesse scatenato la maledizione investendo quel giovane
ubriaco.
Che
non sarebbe stato
facile, Caroline lo aveva capito fin da subito e Tyler sembrava
più che
intenzionato a non ascoltarla.
D’altra
parte credeva
davvero che lui le avrebbe dato retta senza scomporsi? Era la cosa
più assurda
del mondo. Lei stessa conosceva bene quella sensazione di
incredulità e
smarrimento, perché l’aveva provata sulla propria
pelle. Era entrata subito in
fase di negazione, prendendo tutto per scherzo.
Sentiva
che nel suo corpo
qualcosa era cambiato: gola secca, sensibilità alla luce,
suoni più
amplificati, ma era appena scampata ad un incidente, chiunque sarebbe
stato
frastornato.
Solo
dopo aver rubato una
sacca di sangue e essersela bevuta tutta in un unico sorso, aveva
iniziato a
spaventarsi veramente.
Senza
l’aiuto di Stefan
ed Elena non sarebbe sopravvissuta a quella notte e senza il supporto
di
Meredith sarebbe impazzita. E Matt, anche lui era stato così
dolce e premuroso,
anche dopo aver saputo che lei aveva ucciso un ragazzo.
Gli
amici erano
importanti per chiunque dovesse affrontare una situazione anche
lontanamente
simile. Perciò non voleva lasciare Tyler da solo. Doveva
sapere che lei era lì
per sostenerlo, doveva sapere che tutti loro erano dalla sua parte.
“Tyler,
ti prego devi
ascoltarmi”.
“No,
Care, no!” la fermò
lui “Ti rendi conto di quello che mi hai detto? E ti aspetti
che ti creda?
Lasciami stare, Caroline. Devo studiare” cercò di
cacciarla via.
“No,
non me ne vado” si
rifiutò lei “Non me ne vado finché non
mi crederai!”.
“Non
voglio ascoltare una
parola di più. Vattene o ti …”.
“O
cosa?” lo sfidò la
ragazza “Cosa vuoi fare? Cacciarmi fuori a forza? Sto solo
cercando di aiutarti
e ti sto dicendo la verità”.
“Basta!”
gridò lui
“Smettila, non ti voglio ascoltare, non voglio!” si
mise le mani sulle orecchie
e le diede le spalle.
Caroline
in un attimo fu
davanti a lui e gli prese gentilmente le mani “Sei agitato,
Tyler” gli disse
“Ti vedo che sei agitato. Fai di tutto per ignorarmi
perché sotto, sotto sai
che non ti sto mentendo. Il tuo corpo sta cambiando e tu lo senti e non
sai
perché e ne se tremendamente spaventato”.
“Non
so di cosa tu stia
parlando”.
“Come
ti senti dopo
l’incidente?” gli chiese a bruciapelo.
“Come
vuoi che mi senta?!
Un ragazzo è morto finendo sotto la mia macchina, tu come ti
sentiresti?” Tyler
cercava di evitare la risposta.
“Non
fingere come me” gli
ordinò Caroline “Parlo del tuo corpo, dei tuoi
sensi … come sono cambiati?”.
Tyler
distolse lo sguardo
allontanandosi dalla ragazza.
“Sono
diversi, vero? Più
sviluppati” dichiarò lei.
“Gli
odori sono più forti
e anche i suoni. A volte perfino io sono più forte e mi
capita di essere più
aggressivo, come se non riuscissi a controllarmi” cedette
infine Tyler “Ma
questo non c’entra niente. Immagino sia qualche reazione
postraumatica”
suppose.
Questa
volta fu Caroline
a non riuscire a sostenere gli occhi di Tyler.
“Reazione
postraumatica”
ripeté atona “Anch’io avrei voluto che
fosse stato solo quello”.
“Perché
dici così? Hai
scoperto di essere un licantropo anche tu?” la prese in giro.
“So
come ti senti” gli
confessò Caroline “Ogni singola emozione che stai
provando, l’ho provata anche
io e non mi sono mai sentita così persa in vita
mia”.
“Caroline,
ora inizi
davvero a spaventarmi” si allarmò lui.
“Tyler
ti giuro che ti
racconterò tutto senza tralasciare niente, ma tu devi
promettermi su ciò che
hai di più caro che terrai il segreto su quello che
dirò. Io voglio
proteggerti, Tyler, non voglio che ti accada nulla di male, ma dovrai
darmi
retta e fare come ti dico, perché non tutti la pensano come
me” questa era
un’allusione a Damon, ma Tyler non poteva saperlo.
Si
limitò a sedersi sul
letto e a prestare infine attenzione a Caroline. La ragazza
pensò di cominciare
dall’inizio, dall’arrivo di Stefan. Era certa che
dopo aver spiegato tutto con
chiarezza, Tyler avrebbe iniziato a prendere sul serio la cosa.
Non
gli staccò gli occhi
di dosso per tutto il racconto. Vide la sua espressione passare da
divertita a
preoccupata, da tranquilla a arrabbiata, infine si
stabilizzò in una maschera
contratta e inquieta.
“I
fratelli Salvatore
sono vampiri?” domandò come un automa.
“Sì”.
“E
la loro ex- ragazza
vampira che si era finta morta, è ritornata giusto in tempo
per vampirizzare
te?”.
“Ok,
detta così sembra
una cosa che non sta né in cielo né in
terra” concordò Caroline
attorcigliandosi nervosamente una ciocca di capelli ramati tra le dita.
“Provamelo”.
Caroline
allargò gli
occhi “Provarti cosa?”.
“Che
sei una vampira.
Insomma non ti aspetterai davvero che ti creda così su due
piedi … è la storia
più assurda che abbia mai sentito e ho bisogno di vederlo
con i miei occhi”.
Caroline
scosse la testa
con forza. Non voleva accontentare Tyler, sarebbe stato troppo
pericoloso.
“Forza
Care, sei venuta
qui tutta decisa e ora ti tiri indietro?” la
incitò lui “Voi vampiri bevete
sangue, giusto? E se io mi tagliassi un polso?” si
alzò di scatto dal letto
verso la scrivania e afferrò il tagliacarte, ma non fece
nemmeno in tempo ad avvicinarlo
al polso.
Caroline,
con la sua supervelocità,
si avventò sulla mano del ragazzo e gli strappò
il tagliacarte, poi si
allontanò altrettanto velocemente.
Incominciò
a respirare
profondamente, sebbene non ne avesse bisogno, ma doveva calmarsi.
Sentiva le
vene intorno agli occhi pulsare e i canini le facevano male e premevano
contro
il labbro inferiore. Il solo pensiero del sangue di Tyler
l’aveva mandata
completamente fuori controllo.
Lui
la guardava
schiacciato contro la scrivania, atterrito. Caroline si
voltò dall’altra parte
vergognandosi come una ladra “Eccoti la tua prova”
sussurrò amaramente.
“Non
stavi mentendo”
mormorò lui.
“N-
no”.
“O
… mio … Dio …” si
affannò Tyler “Questo non sta accadendo! Non a
me!”.
“Tyler
… calmati. Io sono
qui per te, posso aiut-”.
“Vattene”.
“Tyler
…”.
“Vattene
via. Fuori di
qui!”.
“Per
favore …”.
“Vattene,
Caroline. Sono
serio. Non ti voglio qui” la gelò indicando la
porta.
La
ragazza lo guardò
un’ultima volta e sparì oltre la porta. Scese in
fretta le scale e si diresse
verso la macchina.
Era
stato un disastro, un
vero disastro! Damon l’avrebbe ammazzata! E poi avrebbe
ammazzato Tyler, tutto
per colpa sua e per la voglia di sistemare le cose.
Ritrovare
la donna che
aveva amato con tutto se stesso e perderla il giorno dopo. Damon
Salvatore
credeva di aver sperimento ormai tutto nella vita, ma vedere scappare
via
l’amore per cui aveva lottato e ucciso era riuscito a
sconvolgerlo di nuovo.
Chiuse
dietro di sé la
porta facendola cozzare rumorosamente contro gli stipiti, senza curarsi
di
svegliare Stefan o Bonnie.
Non
fece nemmeno due
passi lungo l’ingresso, che una furia dai capelli rossi
piombò giù dalla scale
in pigiama e piedi nudi.
“Dove
sei stato?”.
Damon
inarcò le
sopracciglia indeciso se essere più stupito dal fatto che la
ragazza lo avesse
aspettato sveglia fino alle due di notte o più infastidito
dal tono da mammina
con cui lo avevo apostrofato.
“Davvero?
Ti sembro un
quindicenne?” la liquidò sorpassandola.
“Puzzi
di alcol” constatò
Bonnie storcendo il naso.
“Scusa,
mamma, non lo farò
più” la prese in
giro.
“Cos’è
successo?”.
“Vino”
disse Damon
ignorandola “Mi serve del vino” andò in
cucina in cerca della bottiglia di Pinot
che aveva adocchiato il giorno prima. Prese un bicchiere dalla credenza
e se lo
versò.
“Damon
sei sconvolto”
asserì Bonnie seguendolo.
“Niente
che un bicchiere
di vino non possa aggiustare” continuò ad eludere
le domande della rossa. Si versò
altro vino e si diresse in salotto sedendosi pesantemente sulla sua
poltrona.
“Cos’è
successo?”.
“Niente,
Bonnie. Rilassati”
bevve un sorso “Piuttosto non dovresti essere a
dormire?”.
La
ragazza assottigliò le
labbra e marciò a gran passi verso Damon, strappandogli il
bicchiere di mano. Lo
appoggiò con forza sul tavolino versando un po’ di
vino.
“Torni
a casa nel mezzo
della notte, ubriaco e con una faccia stravolta e ti aspetti che io me
la beva?
Cos’è successo?”.
“Vuoi
sapere che c’è,
Bonnie?” s’infervorò anche Damon
alzandosi per fronteggiarla “Succede che tutto
questo è inutile” allargò le braccia
come ad indicare qualcosa d’indefinito “Noi,
voi. Umani e vampiri. Tutti ci sbattiamo nella vita, facciamo qualsiasi
cosa
per ottenere quello che desideriamo. Stiamo male, commettiamo errori,
soffriamo
e facciamo soffrire e per cosa? Per un attimo di
felicità?” rise beffardamente “La
felicità non esiste ed è tutto inutile! Finiremo
come cenere, torneremo alla
cenere” sostenne prendendo un pugnetto di fuliggine dal
camino e lanciandolo
per la stanza “Mi chiedi perché bevo?
Perché mi ubriaco? Perché da sbronzi è
tutto più facile, perché così ho
l’illusione che questo schifo passerà
più in
fretta. Anche l’immortalità prima o poi
dovrà finire”.
Bonnie
sbatté un paio di
volte le palpebre incredula “Mi stai dicendo che noi siamo
questo? Un mucchietto
di cenere e un po’ di vino?”.
“Se
vuoi metterla così”
si risedette sulla poltrona.
“No”
affermò con
decisione Bonnie “Mi dispiace, ma io non ci sto, non ci
credo”.
“Sei
ancora una
ragazzina, non puoi capire”.
“No,
sei tu che non
capisci” lo contraddisse lei “Non hai nessun
diritto di buttarti via in questo
modo”.
“Ah,
non ne ho il
diritto?” chiese mentre gli venivano in mente un paio di
motivi per cui si
sentiva pienamente autorizzato a comportarsi in quel modo.
“Stai
facendo la vittima
e tu non lo sei”.
“Cosa
vuoi da me, Bonnie?”
chiese rassegnato.
“Voglio
che mi dimostri
di non essere questo rottame autodistruttivo in cui ti sei trasformato.
Tu sei
diverso”.
“Pensavo
avessimo
appurato che io sono esattamente questo rottame.
I vampiri ogni tanto fanno così” le disse finendo
il vino.
“Smettila,
maledizione!”
imprecò Bonnie “Ti ho già detto che non
me la bevo. Io so che non sei questo,
tu una volta non eri questo” replicò ricordandosi
di un Damon diverso, il Damon
di quando era bambina.
“Va’
a dormire, Bonnie,
lasciami in pace” mormorò il vampiro chiudendo gli
occhi per la stanchezza.
“Ho
ragione, vero?” lo
incalzò Bonnie “Non permettere che una stronza
qualunque abbia un tale potere
su di te” lo pregò con sguardo comprensivo
“Lo sai che con me non ti devi
nascondere dietro a un bicchiere di vino. Puoi essere te
stesso”.
Per
un attimo le parve di
vedere una scintilla di gratitudine negli occhi di Damon, ma venne
subito
coperta da un velo di rabbia.
Il
vampiro si alzò e la
fissò dritto nelle iridi marroni “Io sono me
stesso, Bonnie! Smettila di
cercare qualcos’altro in me, perché non troverai
niente”.
Abbandonò
la sala e una
Bonnie più scossa di prima.
“Caroline
sei in ritardo
per la scuola” la chiamò sua madre dal piano
inferiore.
La
ragazza finì di
mettere i libri nello zaino e si caracollò giù
per le scale.
“Scappo,
mamma. Ci vediamo
stasera” non attese nemmeno che sua madre la salutasse.
Volò fuori dalla porta
diretta alla macchina.
L’aprì
e lanciò lo zaino
sul sedile di destra.
“Caroline”.
Lei
si voltò per vedere
Tyler attraversare la strada nella sua direzione.
“Perché
sei qui?” domandò
tra il sorpreso e il sospettoso.
“Care
… mi dispiace”.
“No,
non devi …”.
“Non
avrei dovuto
trattarti così. Stai solo cercando di aiutarmi e io ho
reagito male. Ma stanotte
ci ho pensato e credo di aver davvero bisogno del tuo aiuto”.
“Non
preoccuparti, non
devi scusarti” lo rassicurò lei.
“Allora
è tutto vero?
Alla prossima luna piena mi trasformerò in un
lupo?”.
“Ho
paura di sì”.
“Come
… come è potuto
accadere che la mia famiglia fosse colpita dalla maledizione della
licantropia?”.
“Credo
che un lupo
mannaro abbia morso un tuo antenato e da lì è
iniziato tutto” spiegò
appoggiandosi con la schiena alla macchina.
“Caroline
ho guardato sul
calendario: la prossima luna piena è tra meno di due
settimane” l’avvertì con
voce tremante.
“Ti
aiuterò io” gli
promise “Ti chiuderò in un posto sicuro, dove non
potrai fare male né a te né
agli altri. Ti giuro, Tyler, che non lascerò che accada
nulla di male. Ti starò
vicina. Non sei solo ad affrontare questa cosa”.
Tyler
piegò la testa in
segno di ringraziamento e si mise di fianco alla ragazza, nella sua
stessa
posizione “Così sarà questa la mia vita
d’ora in poi? Ululare alla luna e
alzare la gamba quando devo fare pipì?”.
“Ehi,
lo dici a me che
vivo come una zanzara?”.
“Don't
know what to do anymore
I've lost the only love worth fighting for
I'll drown in my tears
Don't they see?
That which show you, that which make you hurt like me”
(Ashes and
wine- A Fine Frenzy)
Il
mio spazio:
Salve
a tutti!
Prima
di tutto vorrei fare una comunicazione di servizio: il 31
partirò e per un po’
non riuscirò ad aggiornare. Cercherò di
impegnarmi per postare il capitolo
tredici entro questo fine settimana, ma non riesco a promettervi nulla
=(
Dovrei
comunque riuscire ad aggiornare ad agosto, ma in caso non potessi,
spero
davvero di ritrovarvi tutti a settembre!
Passando
al capitolo: non è molto lungo, ma sinceramente non ritenevo
di dover scrivere
di più.
Poca
interazione tra Damon e Bonnie (anche se le loro scene sono sempre
molto
intense), ma un bel confronto tra lui e Katherine. Per il personaggio
della
vampira ho voluto fare un mix tra quello del libro e quello della
serie, non so
se ci sono riuscita, ma approfondirò più avanti
il suo carattere.
E
infine un bel momento tra Caroline e Tyler. Come vi è
sembrato?
Chissà
ora che succederà! E Katherine che cosa vuole in
realtà? I fratelli Salvatore
saranno disposti ad ascoltarla. Damon riuscirà a superare
l’ennesima delusione?
E
Bonnie darà una risposta definitiva alla domanda se tutto si
riduce davvero
solo a cenere e vino?
La
mia personalmente è no! Credo che Caroline e Tyler siano un
bell’esempio. Voi che
ne pensate?
Domani
risponderò anche alle vostre magnifiche recensioni, non vi
ringrazierò mai
abbastanza!
Alla
prossima e buone vacanze!
Fran
;)
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Capitolo 13 *** Love is only a feeling ***
Ashes &Wine
Capitolo tredici: Love is only a feeling.
“Love is only a feeling
(Drifting away)
When I'm in your arms I start believing
(It's here to stay)
But love is only a feeling
Anyway, anyway
Love is only a feeling
(Drifting away)
And we've got to stop ourselves believing
(It's here to stay)
‘Cause love is only a feeling”
(Love is only a felling- The Darkness)
L’amore
non esiste.
Quella
era una frase che Damon
Salvatore aveva ripetuto centinaia di volte in vita sua, senza crederci
veramente. Perché in fondo, nel suo cuore ormai fermo da
secoli, aveva
conservato una piccola speranza che anche per lui prima o poi ci
sarebbe stato
il lieto fine.
C’era
sempre un lieto fine, cazzo.
Era
quello che andavano a ripetere
tutti. Stefan, Elena, Bonnie, tutti ne sembravano convinti e Damon
aveva finito
per crederci. Ma dopo cinquecento anni passati a cercarlo, anche
l’ultima
scintilla era scomparsa.
C’era
sempre un lieto fine, questo
era vero, ma per gli altri. Lui non ne era degno. Come poteva un mostro
essere
amato? Come poteva un mostro amare? Non era quello il suo destino, non
lo era
mai stato. L’amore non esisteva, non per lui. E
più ripensava alle parole di
Bonnie, più se ne convinceva.
Quella
piccola sciocca ragazzina si
era intestardita che in lui ci fosse qualcosa di più, che
lui potesse essere
dopotutto un bravo ragazzo, che anche in lui ci fosse nascosta da
qualche parte
la luce.
Nessuna
luce, solo buio in lui fin
dal giorno in cui era nato. La trasformazione in vampiro lo avevo
semplicemente
aiutato a far uscire la sua vera essenza. Malvagia, subdola e perversa.
“Per
favore …”.
Damon
trovava davvero fastidioso
tutto quel lamentarsi per niente. Era solo un graffietto sul collo,
niente di
che paragonato a cuori strappati e a gole squarciate.
Quella
donna doveva ringraziarlo di
non averle ancora fatto davvero
male.
Suppose
che per un’umana fosse
legittimo essere spaventata dalla situazione. Non capitava certo tutti
i giorni
di trovarsi immobile contro la propria volontà, abbandonata
lungo il muro del
retro di un supermercato con un vampiro seduto scompostamente accanto
che
meditava su quanto facesse schifo la sua morte.
Gli
occhi di Damon vagarono sulla
donna tremante come una foglia, con una mano premuta sul collo.
L’aveva
notata subito, appena fuori
dalle porte automatiche del negozio, carica di pacchi tra le mani, il
cuore che
pompava il sangue per la fatica di non farli cadere; e
l’odore lo aveva fatto
impazzire.
In
un secondo l’aveva trascinata in
una stradina sul retro e l’aveva morsa, tappandole la bocca
per soffocare le
urla. L’aveva poi costretta a restare ferma contro il muro
mentre lui decideva
della sua sorte.
Da
quanto non assaggiava sangue
fresco? Da troppo tempo. Tutto per colpa di Elena. Lei e la sua stupida
storiella sull’uomo migliore, lei e la sua voglia di
trasformarlo nella copia
di suo fratello.
Damon
le aveva fatto da cagnolino
troppo a lungo, solo per la speranza che i suoi sentimenti prima o poi
sarebbero stati ricambiati. Ma Elena amava Stefan e nel frattempo
conosceva
bene l’effetto che aveva su di lui e lo sfruttava a suo
favore per tenerlo
sotto controllo.
Nessuno
poteva tenere sotto
controllo Damon Salvatore, lui non poteva essere lo schiavetto di una
semplice
umana.
Tu
ne sei innamorato ed è una cosa che non puoi cambiare.
Damon
ringhiò sommessamente. L’amore
era una perdita di tempo. Cinque secoli a cercare la donna di cui
credeva di
essere innamorato per poi rimanere fregato. Katherine lo aveva
raggirato,
tenendolo legato a sé anche dopo la morte. Aveva avuto molte
donne ma nessuna
era stata lei. Non si era mai sentito libero di poterla sostituire. Chi
avrebbe
potuto prendere il posto di quell’angelo che si era
sacrificato per la pace tra
lui e suo fratello?
Quell’angelo,
però, non c’era più.
Si era tramutato in un demone ingannatore e malizioso che infestava i
suoi
sonni.
Ora
c’è Elena.
Rise
sconnessamente. Elena. Elena che
provava attrazione per lui. Elena che stava sempre e comunque dalla
parte di
Stefan. Elena che amava alla follia Stefan, esattamente come Katherine.
Quindi
perché sprecare energie a
comportarsi bene solo per amore, se quell’amore guardava
altrove?
“Che
vuoi farmi?”.
La
voce tremolante della donna lo
riscosse.
Damon
si alzò di scatto, la
strattonò per la camicia e la spinse contro il muro. Con il
naso percorse tutta
la lunghezza del collo fino alla mascella “Sto decidendo se
lasciarti andare o
no” confessò abbastanza divertito dalla situazione.
“Ti
prego …”.
“Sshh”
la zittì “Non farà male, se
lo vorrai anche tu, sai? E tu lo vuoi, lo posso sentire … tu
muori dalla voglia di essere
morsa”.
“Per
favore … ho due bambini” lo
supplicò la donna singhiozzando.
La
sicurezza di Damon s’incrinò per
un frangente di secondo, ma fu solo un attimo. Davvero avrebbe dovuto
provare
pietà per quella donna? Aveva sul serio il coraggio di
lasciare due bambini
orfani di madre?
Quel
pensiero lo scosse
percettibilmente. Lui era stato orfano di madre. Lui non aveva potuto
godere
delle carezze materne, delle coccole, del suo amore.
Perché quei bambini sì e lui no? Che diritto
avevano di
stare meglio?
Quando
si portò di fronte al volto
della donna il suo viso si erano trasformato in quello di un vampiro.
“Credi
di farmi pena?” la sfidò per
poi soffiarle nell’orecchio “Ti svelerò
un segreto: noi vampiri siamo senza
cuore”.
La
donna non ebbe nemmeno il tempo
di registrare quelle parole che Damon si era abbassato sulla sua gola e
aveva
conficcato i canini allungati nella giugulare.
Il
sapore del sangue gli inebriò i
sensi offuscandogli quasi la vista dal piacere.
La
morte più dolce che si possa desiderare.
Quella
era la sua natura, quello era
il suo lieto fine; l’amore a che cosa serviva? In fondo era
solamente un
sentimento, un sentimento come tanti altri. E doveva essere rinchiuso
nella sua
pietra, doveva essere represso.
Mentre
lasciava cadere il corpo
della donna, ormai senza vita, Damon ricordò che essere un
vampiro significava
poter vivere senza sentire e si
costrinse a premere con forza il pulsante che avrebbe messo fine alle
sue
sofferenze, amore compreso.
Spento.
Stefan
osservò rassegnato il casino
che suo fratello aveva lasciato in salotto la sera prima. Un paio di
bottiglie
vuote sul tappeto, la giacca di pelle buttata sulla poltrona, le scarpe
lanciate e abbandonate in un angolo. Per non parlare della scia di
vestiti che
Damon doveva essersi tolto mentre saliva in camera sua.
Stefan
poté affermare con sicurezza
che l’altro vampiro doveva essere rimasto nudo già
al primo piano da tanto era
ubriaco.
Si
affrettò a ripulire quel
disordine prima che Bonnie scendesse per colazione; la ragazza aveva
già troppi
pensieri per la testa per accollarsi anche le ansie di un vampiro
depresso.
In
casa poi c’era anche Elena,
rimasta per la notte, e Stefan preferiva non renderla partecipe della
ricaduta
di Damon. Sapeva che per il fratello la fiducia di Elena era
indispensabile e
se da una parte avrebbe tanto voluto che lei ricominciasse ad odiarlo,
dall’altra non poteva fare a meno di proteggerlo. Come al
solito.
Si
piegò per raccogliere la prima
bottiglia, ma la sua mano si bloccò a mezz’aria.
Con uno scatto si volse verso
la porta, le orecchie tese, la mente aperta alla ricerca della fonte
dell’aura
che aveva percepito.
La
seconda ondata di Potere che
avvertì gli tolse ogni dubbio. Si diresse
all’ingresso e aprì la porta
trovandosi davanti esattamente chi si aspettava.
“Allora
hai ancora abbastanza Potere
da sentirmi” ghignò la snella figura della vampira
fasciata in un abito così
stretto da togliere il fiato.
Stefan
alzò gli occhi al cielo “Che
cosa vuoi, Katherine?”.
“Beh
per iniziare potresti invitarmi
ad entrare” suggerì la bionda muovendo qualche
passo verso la soglia.
“Scordatelo”.
Katherine
sbuffò “Tu e tuo fratello
cominciata a essere fastidiosi” commentò un
po’ acidamente “Come se aveste
qualche motivo di fare gli offesi”.
“Risparmiarti
la messinscena … sai
benissimo dove hai sbagliato con noi” replicò
Stefan duramente.
Katherine
non si scompose
minimamente, sebbene dentro di lei si stesse scatenando una battaglia
interiore
come non ne provava da secoli. Stefan aveva sempre avuto il potere di
farla
sentire all’Inferno e in Paradiso nello stesso tempo.
“Sono
venuta per parlare con te”
tagliò corto lei “E’
importante”.
“Credo
che tu abbia sprecato
l’occasione di parlarmi tanti anni fa”.
“Stefan
ho davvero bisogno che tu mi
ascolti, riguarda tutti voi” cercò di convincerlo.
“Katherine,
qualunque cosa tu debba
dirmi, io non riuscirei mai a crederti. Mi hai
preso in giro fin dall’inizio, per me tu sei
solo una bugia, quindi per
favore vattene e lasciaci in pace”.
“Non
ti ho mai mentito né su chi ero
né su quello che provavo per te. Ti amavo, di questo
dovresti esserne sicuro”
Katherine non era la tipica ragazza che girava attorno alla questione;
era
abituata ad andare dritta al punto, sfacciatamente onesta.
“Mi
amavi” ripeté Stefan “Ma eri
così capricciosa da non poter rinunciare a Damon. Ho ucciso
mio fratello per
te, Katherine, perché lo
incolpavo della tua morte, l’ho condannato a questa vita. Ma
tu non sei morta e
tutto quello che ho fatto ha perso perfino una
giustificazione” disse con voce
palesemente incrinata dall’amarezza “Non conti
più niente per me ormai”.
Katherine
tremò appena, colpita nel
profondo da quella dichiarazione così sincera e distruttiva.
Il suo sguardo
s’intenerì per un momento, ma
s’indurì subito dopo sentendo la voce di Elena
chiamare il suo ragazzo.
“Stefan
dove sei?”.
Il
vampiro si girò e le rispose
“Arrivo subito” poi riportò
l’attenzione su Katherine.
“Tu
credi di non provare più nulla
per me, ma ti sei messo con una ragazza che è identica a me.
Qualcosa mi dice
che stai cercando semplicemente di sostituirmi, ma ti
svelerò un segreto:
nessuna copia è come l’originale”
sussurrò lei piegando un angolo della bocca
all’insù.
“Tu
non sarai mai al livello di
Elena” la freddò lui.
“Stefan
ma con chi stai parlando?”
chiese la sopracitata guardando oltre alla spalla del ragazzo.
Trattenne
il respiro per qualche
secondo; aveva sentito spesso parlare di Katherine, ma era la prima
volta che
se la trovava di fronte ed era scioccante. Si assomigliavano molto,
quasi
gemelle. Ad osservarli bene, però, i capelli e gli occhi
erano leggermente
diversi, ma solo un occhio attento avrebbe colto quelle minime
differenze.
Elena
restò lì attonita finché non
si riprese e assottigliò le palpebre “Che ci fai
qui?”.
Katherine
aprì la bocca
piacevolmente sorpresa “Uh, uh piccola Elena, non ti facevo
così aggressiva”.
“Te
ne devi andare” ordinò Elena con
fermezza.
“Tranquilla,
me ne stavo già andando
… il tuo ragazzo aveva paura che tu scoprissi che ero
qui”.
Stefan
le lanciò un’occhiataccia.
“Te
ne devi andare da Fell’s Church”
precisò Elena.
A
quel punto Katherine corrugò le
sopracciglia “E chi saresti tu per dirmi quello che devo
fare?”.
“Che
razza di faccia tosta!” le urlò
addosso Elena che con fin troppo coraggio si slanciò verso
la vampira
intenzionata a spingerla via, ma Stefan la fermò appena in
tempo per impedirle
di uscire dalla casa “Con tutto quello che hai fatto dovresti
vergognarti di
essere ancora in vita!” rincarò Elena
“Prima Clara, poi quella signora trovata
morta dietro un supermercato! Aveva due figli, lo sai?
Dannata!”.
Katherine
adesso sembrava confusa
“Quale donna?”.
“L’hanno
appena detto al
telegiornale”.
“Per
la ragazzina del pub mi assumo
tutto il merito, ma questa donna … mi spiace ma non sono
stata io”.
“Non
prendermi in giro! Solo tu
avresti potuto fare una cosa simile”.
“In
realtà a me viene in mente
qualcun altro assolutamente pazzo e senza pietà”
disse Katherine.
Stefan
e Elena si scambiarono
un’occhiata preoccupata, immaginandosi già a chi
si stava riferendo la vampira.
“A
quanto pare la nostra
chiacchierata deve averlo sconvolto più del
previsto” Katherine scosse la testa
e sorrise tra sé e sé “Ora me ne vado,
ma ricordarti Stefan che ti devo
parlare” e in un attimo sparì lungo il vialetto.
Rimasero
qualche secondo in
silenzio. Stefan si voltò verso la sua ragazza che guardava
il punto in cui era
scomparsa la sua sosia con occhi carichi di delusione. “Non
può essere stato
lui” mormorò.
“Elena
…”.
“No,
Stefan” lo interruppe
bruscamente “Mi aveva promesso che si sarebbe comportato
bene”.
“E’
di Damon che stiamo parlando.
Devi dargli tempo” le fece notare Stefan “Non
possiamo sapere se Katherine stia
dicendo la verità, lei è una bugiarda
nata”.
“Che
motivo avrebbe di mentirci
su questo? Voglio dire … avrebbe
avuto molto più senso negare di c’entrare qualcosa
con la morte di Clara. Che
le importa di ammettere un omicidio in più?”.
“Non
lo so, Elena. Ti chiedo solo di
non saltare a conclusione affrettate” la pregò,
memore dell’ultima volta che
Damon era stato accusato di qualcosa. Anche se sta volta il suo istinto
gli
suggeriva di dare ragione a Katherine, l’ultima cosa che gli
serviva in quel
momento era che Elena andasse fuori di matto; non con Bonnie in giro
che si
stava lentamente riprendendo. Perciò intimò alla
bionda il silenzio su quella faccenda.
Almeno finché non fosse riuscito a fare chiarezza.
Aveva
capito subito che qualcosa non
andava. Il comportamento schivo di Stefan e Elena era stato un
bell’indizio e
anche il fatto che il vampiro non volesse dirle chi avesse suonato alla
porta
non li aveva certo aiutati a scagionarsi. C’entrava
sicuramente Damon, ma sta
volta Bonnie non aveva la forza e la voglia di mettersi ad indagare.
Dalla
loro ultima chiacchierata, non
l’aveva più nemmeno visto. Tornava tardi alla sera
(quando tornava) e se ne
stava rintanato nella sua camera da letto. Bonnie aveva provato un paio
di
volte a bussare e a parlargli, ma dall’altra parte non aveva
ricevuto risposta
e alla fine ci aveva rinunciato. L’avrebbe cercata lui quando
ne avrebbe avuto
voglia.
Bonnie
al momento aveva cose più
importanti a cui pensare. Prima tra tutte sbarazzarsi di Caroline che
la stava
tormentando per convincerla a partecipare alla recita scolastica in
onore della
fondazione della città.
“Dai
Bonnie, perché no?”.
“Perché
non sono brava a recitare e
sono timida! Non riuscirei mai a stare su un palco davanti a tutta
quella
gente”.
“E’
solo una recita scolastica,
nessuno richiede la perfezione”.
“Care,
ho detto di no …”.
“Perché?
Dai io e Elena partecipiamo
e Meredith ha scritto la sceneggiatura. Manchi solo tu”
cercò di convincerla.
“Non
hai nessun altro da tormentare?”.
“No,
sei tu la mia Honoria Fell.
Avrai un abito bellissimo, rosso, ti starà
d’incanto e poi hai letto chi
interpreterà Thomas Fell?”.
Bonnie
buttò un occhio sul foglio su
cui c’era scritto l’elenco dei partecipanti e il
rispettivo ruolo.
Thomas
Fell- Christopher Rydell.
Arcuò
le sopracciglia “Sul serio?”
domandò scettica “Caroline, è tutto un
piano per procurarmi un appuntamento con
Christopher?”.
“No”
rispose subito l’altra “Ma è un
bell’incentivo ad accettare”.
Bonnie
si voltò verso Meredith in
cerca di aiuto. La mora per risposta scrollò le mani in
senso di diniego “Non
guardare me. Ho provato a dirle di lasciarti in pace, ma non sente
ragioni. Se
vuoi un mio consiglio, accontentala. È l’unico
modo che hai per disfarti di
lei”.
Caroline
guardò torva Meredith, poi
riportò l’attenzione su Bonnie
“E’ l’ultimo favore che ti chiedo, ma ti
prego, ti prego, dimmi di
sì”.
Bonnie
alzò gli occhi al cielo rassegnata
e annuì un po’ irritata “Va bene, va
bene! Ma ti avviso che sono una pessima
attrice quindi non lamentarti se farò schifo!”.
“Aaawww!
Grazie, grazie” esultò
Caroline saltandole addosso per abbracciarla. Batté le mani
come una bambina e
gettò una breve occhiata sul campo da football dove si stava
allenando la
squadra. Aveva dato alle cheerleader qualche minuto di pausa
cosicché lei e
Bonnie potessero raggiungere Meredith sugli spalti e farle compagnia.
“Bene
ora torniamo ad allenarci”
disse trotterellando giù per i gradini richiamando le altre
ragazze pompon.
“Mi
farà morire prima o poi” si
lamentò Bonnie salutando mestamente Meredith e seguendo con
più calma Caroline.
Fu
alla fine degli scalini che vide
Elena, in disparte poggiata alla rete che delimitava gli spalti.
“Ehi,
Elena!” la chiamò “Che ci fai
qui?” le sorrise mentre si avvicinava “Sei venuta a
vedere Stefan?”.
“No,
sono venuta per te in realtà”
le rispose la bionda “E non sono Elena”.
Bonnie
sbarrò gli occhi e fece
lentamente qualche passo indietro, ma si trovò con la
schiena attaccata al
petto della vampira “Calma, piccola rossa, non voglio farti
del male” le
sussurrò tenendole le braccia.
Bonnie
si sottrasse alla presa e si
girò a fronteggiarla “Che vuoi?”.
“Wow
… allora sai parlare!” la
sbeffeggiò “Considerando come si affannano tutti a
tenerti nascosta non credevo
fossi nemmeno in grado di reggerti in piedi”.
“Mi
metto ad urlare” la minacciò
Bonnie.
“Fidate
non ne avresti nemmeno il
tempo” le sconsigliò Katherine “Senti,
Bonnie … è così che ti chiami, giusto?
Voglio solo fare una chiacchierata”.
“Lasciami
andare, per favore” la
pregò Bonnie che voleva solo scappare il più
lontano possibile.
“Bonnie,
non devi aver paura di me”
le assicurò “Io non sono la cattiva, sono qui per
aiutarvi”.
“Come
hai aiutato Caroline?” le domandò
forse un po’ troppo avventatamente.
“Ancora
con questa storia” sbuffò la
vampira “La supererete mai?” ghignò
“In ogni caso sono seria. So delle cose che
potrebbero interessare tutti voi”.
“Parlane
con Stefan o Damon allora”.
“Ci
ho provato, ma non sono proprio
la loro vampira preferita al momento. Non posso obbligarli ad
ascoltarmi, con
te invece la cosa è molto più facile”.
“Non
credo” la contraddisse Bonnie
“Lasciami stare” fece qualche passo avanti ma
Katherine la prese con forza per
le spalle e la sbatté contro la rete di ferro.
Bonnie
trattenne un gemito di
dolore.
“Tu
devi” le ordinò Katherine
mandando istintivamente un’ondata di Potere che
s’infranse come era successo
tutte le altre volte che avevano cercato d’incantare Bonnie.
Quel giorno, però,
accadde qualcosa di diverso: alla ragazza parve quasi di percepire
l’energia
che la vampira aveva usato contro di lei. Era una sensazione nuova e
strana,
come se potesse controllare quell’energia, come se potesse
ributtargliela
contro.
“Lasciami
andare” le disse con voce
ferma e si stupì nel vedere Katherine obbedire come un
automa.
Katherine
liberò una risata sorpresa
“Impressionante” commentò, poi
sparì con la sua supervelocità.
Elena
entrò in casa Salvatore. C’era
un silenzio quasi irreale.
Non
cercava né Stefan né Bonnie.
Sapeva che entrambi erano impegnati con allenamenti di football e
cheerleader.
Lei voleva Damon.
Doveva
essere certa che Katherine
avesse detto la verità. In cuor suo sperava che avesse
mentito; Damon aveva
fatto dei progressi da quando era arrivato in città e non
avrebbe sopportato di
vederlo tornare quello che era un tempo.
Non
vi era traccia del vampiro in
giro, probabilmente doveva essere rintanato ancora nella sua stanza; se
lo
immaginava buttato sul letto, a pancia in giù in un
groviglio di lenzuola.
La
camera invece era vuota. Elena
corrugò la fronte: era certa di trovarlo. Aveva bisogno di
parlare da sola con
lui. Dove diamine poteva essere?
E
poi comparve alle sue spalle
“Principessa”.
La
bionda sobbalzò voltandosi.
Eccolo lì, davanti a lei, con la solita camicia sbottonata,
sorriso furbo,
bicchiere in mano, espressione piacevolmente sorpresa. Poteva avere
Elena tutta
per lui per chissà quanto poco tempo, non voleva lasciarsi
sfuggire la
situazione.
“Stefan
non è ancora tornato”.
“Non
cercavo lui”.
“Lo
sospettavo dato che sei in
camera mia”.
“Sono
venuta per te”.
Ora
sì che la cosa si faceva interessante.
“A
cosa devo la visita?” sorseggiò
il suo drink e posò il bicchiere sul comò.
“Oggi
ho visto Katherine” andò
dritta al punto, senza giri di parole.
“Stai
bene?” s’informò Damon
tradendo una certa apprensione. Per quanto si sforzasse di essere
distaccato,
quando si trattava di Elena non poteva fare a meno di apparire
preoccupato.
“Sì,
voleva parlare con Stefan … io
l’ho vista per caso” lo tranquillizzò
“Ma ha detto una cosa … su
di te”.
“Cos’ha
da dire la puttana?”
ridacchiò “Si è messa a fare anche i
gossip?”.
“Ieri
sera è stata uccisa una donna”
Elena sospirò “Sei stato tu?”.
La
testa di Damon si girò
così velocemente verso Elena che la ragazza pensò
che si fosse staccata dal
collo. La sua attenzione si concentrò sugli occhi del
vampiro percorsi da uno
strano scintillio; sembrava di vedere un cielo nero tempesta illuminato
da
fulmini.
“E’
per questo che sei
venuta?” chiese Damon così freddamente che Elena
non seppe che cosa rispondere.
Cominciò a temere una reazione tipica del vecchio Damon.
Il
vampiro comunque non
attese e continuò “Cos’è,
Elena? Hai paura che io non stia più ai tuoi ordini?
Che il cane si sia liberato dal guinzaglio?!”.
“Io
non ti considero il
mio cane” replicò lei incredula dalla piega che
stava prendendo la
conversazione.
“Ah,
no?” la derise
“Davvero … mi devo essere sbagliato”.
“Damon,
che è successo?”
domandò Elena tenendo ferma la voce. Quello che aveva
davanti assomigliava
molto al Damon che aveva incontrato nella palestra la sera di
Halloween, il
Damon che aveva dissanguato il signor Tanner, perciò
s’impose di rimanere calma
e di non mostrare paura. Era chiaro che ci fosse un motivo alla base di
quel brusco
cambiamento, forse la stessa Katherine. Elena voleva andare a fondo di
quella
storia.
“Niente,
Elena, niente
rispetto al solito”.
“Tu
sei diverso”.
“No,
no … è qui che ti
sbagli. Io sono esattamente come dovrei essere. Forse mi confondi con
la copia
di Stefan in cui stavi cercando di trasformarmi”.
Elena
si accigliò
chiedendosi da quando Damon era così ostile nei suoi
confronti.
“E’
brutto, vero? Sentire
qualcosa che eri convinta di aver domato sfuggirti dalle
mani” ghignò Damon.
“Io
non ho mai voluto domarti”
affermò Elena sempre più sconcertata.
Damon
contrasse la
mascella prima di scoppiare in una sonora risata. Questa era davvero
bella,
avrebbe dovuto registrarla.
“Per
favore, sii sincera
almeno con te stessa! Tutta la storia dell’uomo migliore, di
come io sotto
sotto potessi cambiare, potessi meritarti …”.
“Non
è una storia, è la
verità!”.
“Stronzate”
la interruppe
“Sono un vampiro. Fin’ora mi sono comportato bene
per te, ma non è la mia
natura. Io non voglio essere così”.
“Le
tue sono stronzate”
s’infiammò anche Elena “Non devi
comportarti bene perché te lo dico io, ma
perché lo vuoi tu”.
“Ho
appena detto di non
volerlo”.
“Invece
sì” ora stava gridando “Tu fingi che non
t’importi
di niente, ma la verità è tutto
l’opposto. Ogni volta che fai qualcosa di
sbagliato o che qualcosa va storto, cominci a fare il matto non
perché tu lo
sia, ma perché ti struggi dai sensi di colpa e il tuo unico
sfogo è giocare al
vampiro assassino. Non freghi più nessuno con questa recita,
men che meno me! Io ti
conosco”.
“Non
mi conosci affatto, se mi conoscessi mi lasceresti in
pace”.
“Damon”
lo richiamò lei avvicinandosi e poggiandogli una
mano sulla spalla “Io voglio aiutarti”.
Damon
la osservò in un attimo di malinconia; non erano
così
vicini e soli da quando si erano scambiati il sangue.
“Vattene
via Elena, non puoi continuare a fare la brava
mogliettina con Stefan e la crocerossina con me o finirai come
Katherine” le
consigliò scostandosi.
“Io
non sarò mai come Katherine”.
“Oh
piccola Elena Gilbert, tanto ingenua e pura. Tu non hai
nemmeno idea di quanto sia simile a lei”.
“Io
non vi farei mai quello che vi ha fatto”.
Damon
mosse qualche passo verso la bionda che indietreggiò
fino ad incontrare il muro “Lo stai già facendo.
Hai i fratelli Salvatore in
pugno” alzò la mano per accarezzarla la guancia.
La ragazza fremette appena, ma
non sfuggì alla vista sovrasviluppata di Damon
“Innamorata di un fratello, ma
inevitabilmente attratta dall’altro”.
“Io
non sono attratta da te” mormorò lei.
“Quante
bugie Elena, quante bugie. Mi dici che non devo fare
la recita? Sei tu l’attrice da queste parti”
abbassò la testa fino a posare la
fronte su quella della ragazza “Lo so che lo vuoi anche
tu” con il naso segnò
il contorno delle sopracciglia, poi la guancia e si fermò
all’angolo della bocca.
Elena
inspirò a fondo e per un momento pensò di
lasciarsi
andare a tutte quelle fantastiche sensazioni. Puntò gli
occhi dritti in quelli
di Damon e si perse nel buio. Almeno fino a che le iridi nere si
schiarirono e
brillarono di verde.
Si
ritrasse per quanto possibile e posò una mano sul petto
di Damon. Stava per fare la cosa più infame che potesse
immaginare.
Damon
strinse i pugni, ma non si mosse. Avvertì la pietra
nel suo stomaco indurirsi, come se si stesse creando un nuovo strato.
Portò
le labbra all’orecchio di Elena e sussurrò con
tutta
la cattiveria che trovò in corpo “L’ho
uccisa io quella donna. Lei mi pregava
di risparmiarla per i suoi bambini, ma l’ho ignorata. Ho
succhiato tutto il suo
sangue fino all’ultima goccia e sai una cosa? … me
la sono goduta”.
Elena
lo spinse via e Damon non oppose resistenza.
“Forse
il mio corpo sarà anche attratto da te, ma il mio
cuore è di Stefan e un mostro come te non proverà
mai una sensazione del
genere, perché non ti meriti l’amore di
nessuno”.
Si
guardarono freddamente negli occhi. Si erano feriti a
vicenda e non c’era più nient’altro da
dire. Elena scappò dalla stanza.
Damon
inspirò a fondo. L’odore della
ragazza era ancora nell’aria. Chiuse gli occhi e
inspirò di nuovo. Gli pareva
quasi che lei fosse lì, che non fosse fuggita. Ma la
verità era che ancora una
volta lui aveva incasinato tutto. Non aveva potuto evitarlo.
Quando
l’aveva vista in camera sua,
quando gli aveva confessato di essere lì per lui e non per
Stefan, qualcosa gli
aveva scaldato il cuore. Si era, però, gelato un momento
dopo, appena lui aveva
scoperto il motivo della visita.
Perché,
per quanto si sforzasse,
tutti avrebbero continuato a puntargli il dito contro.
Perché tutti gli
ripetevano che avrebbe potuto essere un uomo migliore, ma nessuno ci
credeva
davvero.
Non
che sta volta Elena avesse
torto. Era stata onesta: non lo aveva accusato, gli aveva solo chiesto
se
c’entrasse o no. Voleva la verità e lui
gliel’aveva data.
Avrebbe
potuto starsene zitto,
negare … magari gli avrebbe anche creduto, ma a che sarebbe
servito?
Elena
non aveva occhi che per
Stefan, così come Katherine, quindi perché mai
nascondere la propria natura?
Per sentirsi premiare come un cagnolino obbediente?
Ed
essere così vicino, così in
sintonia, in intimità con lei e venire rifiutato, sentire i
pensieri della
ragazza su suo fratello, lo aveva annebbiato, lo aveva annullato. Damon
si era
richiuso in se stesso e aveva mostrato il peggio di sé.
Elena,
Elena, Elena. Sempre Elena.
Tutto per Elena. Soltanto per Elena. Quando sarebbero stati ripagati
tutti i
suoi sforzi?
Un
mostro come lui non poteva amare
una creatura come Elena; non poteva amare nessuno, tanto valeva farsene
una
ragione. Lei aveva ragione.
Si
buttò sul letto, stravolto e
staccò la spina. In pochi secondi si addormentò.
Fuori
era ormai buio quando decise
di alzarsi. Era ora della sua dose serale di bourbon e di sangue fresco.
Si
fece una doccia veloce e si
vestì. Prese il suo cellulare e lasciò la stanza.
La casa appariva vuota.
Stefan doveva essere da Elena. Gli venne da vomitare solo a pensarci.
Ma
Bonnie? Possibile che a quell’ora fosse ancora fuori casa e
non lo avesse
avvertito?
La
risposta arrivò da sé: mentre
scendeva le scale, avvertì distintamente il rumore di
pentole spostate
provenire dalla cucina.
Trovò
lì la piccola rossa, con i
capelli sciolti e bagnati e una maglietta troppo grossa per lei, che
arrivava a
coprire il sedere. Rimase appoggiato allo stipite della porta della
cucina,
intento a seguire con occhio vigile i movimenti della maglietta che a
ogni
spostamento faceva intravedere l’incavo tra gluteo e coscia.
Ok,
sarà stata pure sua nipote, ma
doveva ammettere che era dotata di un gran bel culo e osservarlo era un
piacere
per la vista*.
“Santo
Cielo, Damon!” strillò la
ragazza che dopo aver messo su l’acqua per la pasta, lo aveva
notato “Devi
smetterla di comparire dal nulla, mi farai venire un infarto prima o
poi!”.
Damon
sollevò le braccia in segno di
scuse “Colpa mia”.
Bonnie
torturò il bordo della maglia
tentando inutilmente di allungarla. Anche se Damon era suo zio, si
sentiva
ugualmente in imbarazzo a farsi vedere conciata in quel modo
“Credevo che non
ci fosse nessuno in casa” ammise.
“Tranquilla”
disse Damon intuendo il
suo disagio “Considerando a quello cui sono abituato, sei
anche fin troppo
vestita”.
Tentativo
di calmarla? Fallito.
Bonnie arrossì figurandosi in che razza di situazioni doveva
essersi trovato il
vampiro.
Si
voltò verso la dispensa e prese
la confezione degli spaghetti.
“Mangi
a quest’ora? Sono quasi le
dieci” disse lui.
“Lo
so, ma prima avevo gli
allenamenti delle cheerleader, poi Caroline mi ha praticamente
costretta a far
parte della recita scolastica e mi ha tenuta in auditorium fino a
mezz’ora fa”.
“Lo
sai che abbiamo uno scantinato
pieno di verbena?” le butto lì lui
“Voglio dire se Caroline ti stressasse
troppo e avessi voglia di mandarla a fare un pisolino
…”.
“Damon!”.
“Scherzavo”
più o meno.
Bonnie
versò il sugo di pomodoro in
una padella e accese il fuoco. Tentennò un istante prima di
girarsi e raccontare
“Oggi ho visto Katherine”.
“Anche
tu?” fu la risposta istintiva
di Damon. Non avrebbe sopportato un altro terzo grado.
Bonnie
lo ignorò totalmente e
proseguì “Mi voleva parlare, non so di cosa, ma
l’ho mandata via”.
“Hai
fatto bene. Quella sa dire solo
bugie … il più delle
volte”.
“Non
è questo che volevo dirti. È
successa un’altra cosa … strana. Ha usato
l’ipnosi su di me e …”.
“Quella
bastarda” commentò Damon.
“Mi
fai finire?!” replicò Bonnie
piccata “Ha usato l’ipnosi ma non ha
funzionato”.
Damon
non ne fu stupito. Sapeva
perfettamente che Bonnie non era un elemento soggiogabile.
“Lei
non è riuscita ad ammaliarmi,
ma forse io sì”.
Damon
allargò gli occhi.
“Io
… ho sentito l’energia che ha
usato per ipnotizzarmi, lo sentita nella mia testa, poi le ho ordinato
di
lasciarmi andare e lei ha obbedito, senza opporsi”.
Damon
si appuntò che quella era
un’altra delle cose da riferire ad Alaric, ma non lo diede a
vedere. Dissimulò
lo stupore e minimizzò il fatto “Probabilmente si
è resa conto che non era
saggio farti del male o insistere o che ne so di quello che passa nella
mente
di quella pazza”.
“Sì,
ma io ho sentito la sua
energia” protestò Bonnie.
“Prima
di tutto si chiama Potere e
non energia. Secondo devi aver creduto di sentirlo, forse eri talmente
decisa a
mandarla via che hai immaginato di avvertire qualcos’altro.
Gli umani non
possono ipnotizzare nessuno, Bonnie”.
La
rossa annuì e ritornò ad
occuparsi della sua cena “Vuoi un po’?”
gli offrì.
“Grazie
per l’offerta ma passo. Nel
mio armadietto degli alcolici c’è qualcosa di
meglio che mi aspetta”. Sparì
oltre la porta.
Bonnie
spense i fornelli e scolò la
pasta. Dal salotto arrivava un silenzio tombale e lei era quasi sicura
di
conoscere la ragione di quella calma. Prima della tempesta.
Poco
dopo udì Damon imprecare
sonoramente e materializzarsi di nuovo in cucina. Aprì tutti
gli armadietti e
li scannerizzò con la sua vista da vampiro.
Quando
capì che non avrebbe trovato
quello che cercava, richiuse lentamente le ante e si rivolse alla
ragazza
“Bonnie, sono spariti tutti i miei liquori”.
Lei
non lo degnò di uno sguardo
continuando a condire i suoi spaghetti con il sugo
“Uh” grugnì.
“Ne
sai qualcosa?”.
“Perché
lo chiedi a me?”.
“Dubito
che qualcuno si sia
intrufolato in casa solo per rubare tutto l’alcol. E Stefan
non è il tipo da
farsi fuori tutta la mia scorta”.
“Io
invece ti sembro
un’alcolizzata?”.
“Mi
sembri furba”.
Bonnie
abbassò la testa non
riuscendo ad evitare di sorridere “Ok, mi hai
beccata” confessò.
“Dove
li hai messi?”.
“Buttati”
rispose semplicemente
assaggiando una forchettata di pasta. Serviva del formaggio.
“Cosa
hai fatto?!” proruppe Damon “E
quando l’avresti fatto?”.
“Quando
sono tornata. Li ho presi
tutti e gettati via, poi mi sono fatta una doccia e ho cucinato.
Possibile che
tu non mi abbia sentita? Ma che razza di superudito hai?” lo
stava prendendo in
giro. Quella situazione la stava divertendo parecchio.
“Perché
diamine l’hai fatto?”.
Bonnie
posò il piatto sul bancone
della cucina e si ricompose. Ora era il momento di ritornare seria
“Sono stufa
di sentirti tornare ubriaco fradicio a orari improponibili. E sono
stufa di
Stefan che cerca in tutti i modi di coprire le tracce dei tuoi casini.
Dato che
continuate imperterriti a non dirmi niente, ho deciso di agire per
conto mio”.
Damon
ci restò di sasso; perché
doveva essere così maledettamente cocciuta?
“Tutto
questo non serve a niente,
posso ricomprarli”.
“Butterò
anche quelli”.
“Posso
bere fuori, al bar, che per
inciso è la ragione per cui torno ubriaco ogni
notte”.
“Limito
i danni come posso. E per inciso l’alcol non
risolverà i tuoi problemi con
Katherine” gli fece notare “Ti
farebbe meglio parlarne con
qualcuno”.
“Suggerisci
qualche seduta dallo psicologo” ironizzò il
vampiro.
“Da
quanto non ricevi un abbraccio?” lo spiazzò
totalmente Bonnie. Damon non sapeva
bene come rispondere a quella domanda. Optò per il suo
solito atteggiamento equivoco
e indifferente “Dipende da che tipo di abbraccio
intendi”.
“Uno
disinteressato. Non come quello che condividi con le donne che ti porti
a
letto. Uno dato da un amico, da qualcuno che vuole solo confortarti
senza
secondi fini. Uno di quelli che ti fanno sentire meglio”.
“Mai
ricevuto uno”. Forse solo la sua mamma era abituata a
trasmettergli quel tipo
di sensazioni, ma ormai i ricordi erano sfocati.
“Vuoi
sentire che si prova?” gli domandò Bonnie incerta
se fosse la cosa giusta da
fare o meno.
“Io
non voglio provare più
niente” asserì
Damon “E comunque non
c’è nessun problema con Katherine. L’ho
superata. Lei non mi ha mai amato, io
l’ho fatto per quasi cinquecento anni. Conclusione?
L’amore fa schifo e io ho
chiuso”.
“Non
è vero” lo contraddisse Bonnie
“Tu ora sei innamorato di Elena”.
Damon
s’irrigidì. Non seppe dire se
essere più sorpreso dal fatto che Bonnie se ne fosse accorta
o se essere più
irritato a sentire il nome della bionda.
Negare,
negare, negare. “Non
so come ti vengano in mente certe idee”.
“Davvero,
Damon? Credi di darmela a
bere?” gli disse Bonnie “Ti uccideresti per lei
… è abbastanza palese. Ti ho
già detto che non devi nasconderti con me”.
“Non
mi nascondo. Solo che non c’è
nulla da dire”.
Bonnie
sospirò “Senti, non che io
approvi questo tuo cercare di fregare la ragazza a tuo fratello, ma non riuscirai mai a
conquistare il rispetto
di Elena se continui a comportarti così”.
“Non
andare avanti” la bloccò Damon
alzando la mano “Non ho intenzione di stare ad ascoltare
un’altra favola sull’uomo
migliore”.
“Non
mi riferivo a quello” si
affrettò a precisare Bonnie “Tu sei contorto,
incasini tutto, te ne freghi, ma
non è questo che fa arrabbiare tutti” fece una
pausa “E’ il tuo rifiuto verso
ogni tipo di sentimento, e invece è così evidente
che tu senti più di
tanti altri. Soffri ma non lo ammetti. Fingi di non
aver debolezze e questo, fattelo dire, è una delle cose
più vigliacche che tu
possa fare. Sei come … come un bambino
capriccioso”.
Damon
ascoltò senza fiatare.
“Quindi
il punto qui non sta tanto
nel diventare un uomo migliore” concluse Bonnie
“Quanto nell’iniziare a
comportarti da uomo” prese il piatto di pasta ormai diventata
fredda e parlò
un’ultima volta prima di salire nella sua stanza
“Smettila di fare il
ragazzino”.
Damon
represse l’impulso di seguirla
e strozzarla. Perché la ragazzina aveva ancora una volta
c’entrato il fulcro
della questione.
Il
giorno dopo Elena stringeva
tenacemente il volante della sua mini, immaginando che quello tra le
sue mani
fosse il collo di Damon.
Bonnie
seduta al suo fianco ogni
tanto le lanciava un’occhiata divertita. Per un momento le
parve un semplice
sfogo di una ragazza di diciassette anni alle prese con un ragazzo
libertino,
restio a comportarsi bene e a mantenere promesse.
Si
rabbuiò ricordandosi il motivo
per cui la bionda era così arrabbiata con Damon. Quella
volta l’aveva combinata
davvero grossa e Bonnie si chiese
perché
dovesse per forza rovinare sempre tutto.
Lei
aveva cercato di stargli vicina,
capirlo. Non lo aveva giudicato, diamine non si era nemmeno arrabbiata!
Eppure
Damon continuava a sbatterle la porta in faccia ogni volta che lei
tentava da
farlo ridere, di essergli amica, di non lasciarlo solo. Bonnie voleva
solamente
farlo stare meglio. Chiedeva troppo?
“Non
ci posso credere che l’abbia
fatto davvero! Ti rendi conto? L’ha uccisa e poi me
l’ha confessato con quel
tono così compiaciuto, come se ci trovasse gusto a farmi
provare orrore”.
“Credimi,
Damon non troverebbe mai
piacevole farti star male. È solo che …
è colpa di Katherine. Il suo ritorno lo
ha stordito parecchio” tentò di smorzare la cosa
Bonnie.
“Ora
lo difendi pure?!” scandalizzò
Elena.
“Non
lo sto difendendo” ribatté la
rossa “Anche io non sono per niente contenta di quello che ha
fatto. Nessun
bambino dovrebbe crescere senza la sua mamma e io e te lo sappiamo fin
troppo
bene! Però devi capire che Damon ha vissuto cinquecento anni
senza freni e ora
sta cercando di darsi una regolata, soprattutto per
te, e ogni tanto la sua rabbia si sottrae al suo
controllo” si
morse il labbro nervosamente non sapendo bene come continuare
“Non dico che
dobbiamo fare finta di niente, ma si sta impegnando quanto
può per rigare
dritto, noi dobbiamo avere un po’ di pazienza. Tu
più di tutti, considerando
che lo sta facendo per te”.
“Non
voglio che lo faccia per me”
ripeté Elena per l’ennesima volta “E
comunque dall’ultima conversazione che
abbiamo avuto, direi che non ho più tutto questo ascendente
su di lui”.
“Se
lo dici tu” rispose Bonnie poco
convinta dall’affermazione dell’amica.
“Ma
perché non si muovono!!!”
sbraitò Elena pigiando con forza il clacson “Sono
in super ritardo, Margaret
penserà che sono una sorella orribile!”.
“La
scuola è lì dietro l’angolo,
siamo quasi arrivati” la tranquillizzò Bonnie.
“Come
ho fatto a dimenticarmi di
passarla a prendere?” si lamentò “Vorrei
sapere cosa cavolo ho per la testa in
questi giorni”.
“Ma
non so” suppose la rossa
“Vampiri, lupi mannari? La ex ragazza del tuo ragazzo
ricomparsa
dall’oltretomba? O forse il fatto che siete
uguali?”.
Elena
scosse la testa ridendo e le
diede una leggera spinta sulla spalla. Parcheggiò
l’auto e si fiondò fuori,
seguita da Bonnie.
La
scuola era vuota eccezion fatta
per i bidelli che stavano pulendo le aule. Elena raggiunse la classe
della
sorella e si sciolse dal sollievo nel trovare la sua insegnante seduta
alla
cattedra.
“Signora
Fabrey, mi dispiace così
tanto per il ritardo! Ho avuto un contrattempo” si
scusò.
La
donna parve stranita “Elena, che
cosa ci fai qui?” le chiese.
“Sono
venuta a prendere Margaret”
rispose “Dov’è?”.
“Ti
senti bene, Elena?”.
“S-
sì” tentennò un po’ confusa
Elena “Dov’è mia sorella?”.
“Sei
venuta a prenderla mezz’ora fa,
quando è suonata la campanella di fine lezioni” le
ricordò “Sei sicura che sia
tutto a posto?” le domandò di nuovo vedendola
sbiancare di colpo.
“Mi
scusi, è che … è un periodo un
po’ incasinato” senza aggiungere una parola fece
dietrofront e uscì dalla
classe incrociando Bonnie che la stava aspettando fuori.
“Dov’è
Margaret?” le chiese.
Elena
non fiatò. Con mani tremanti
compose il numero di Stefan sul cellulare e pregò Dio di
ricevere risposta.
“Pronto?”.
“Stefan
è successa una cosa
terribile” si affannò la ragazza.
“Elena,
calmati … cosa c’è?”.
“Katherine
… ha preso Margaret. Ha rapito mia sorella”.
“But
everytime I try to make you smile
You'd always grow up feeling sorry for yourself
Everytime I try to make you laugh
You stand like a stone
Alone in your zone
Is it too much that I'm asking for?”
(Too much
too ask- Avril Lavigne)
Il
mio spazio:
Ben
ritrovate a tutte voi! Come sono andate le vacanze? Spero bene,
così magari
sarete più di buon umore e mi perdonerete per questo
terribile ritardo.
Ma
ho un’ottima scusa, più o meno: le mie previsione
di avere internet ad agosto
si sono rivelate sbagliate e non ho potuto aggiornare. Inoltre ero
impegnata
come al solito con gli esami e mi sono ritrovata a settembre con il
capitolo da
scrivere.
Mi
dispiace davvero di avervi fatto aspettare così tanto,
cercherò di non farlo
più.
Dunque
ora passiamo al capitolo:
1)
Damon/Elena
:
prima scena dedicata a loro. Non avete idea di quanto tempo ci abbia
messo a
scriverla. Prima di tutto perché odio scrivere di loro e
secondo perché temevo
di essere andata completamente fuori strada. Il loro incontro non
è andato
molto a buon fine, ma non credete che Damon abbia chiuse con lei; ci
vorrà
ancora parecchio prima che se la tolga dalla testa. Anche se non tratto
molto
spesso della loro relazione, non vuol dire che lui se la sia
dimenticata quindi
non fatevi troppe speranze per adesso:P In questa storia sto cercando
di
rendere Elena un po’ più simpatica e coerente. Non
posso eliminare l’attrazione
che prova per Damon (anche se lo vorrei), ma lei non si
dimenticherà di Stefan.
Cercherò sempre di renderla il più onesta e
corretta possibile nei suoi
atteggiamenti. Apprezzate il cambiamento? Notate il cambiamento? =)
2)
Damon/Bonnie:
poca interazione tra i due o meglio poca interazione sentimentale. Per
adesso i
due sono semplici amici e lei cerca di aiutarlo in tutti i modi
possibili. Vuole
fargli riscoprire il suo lato umano, ma per riuscire
nell’impresa anche lui
deve collaborare e per ora non sembra intenzionato ad aprirsi. Ma noi
confidiamo che la streghetta prima o poi lo scioglierà.
Ricordiamoci che Bonnie
è la sua unica vera alleata, che non lo giudica e non lo
vede come una bomba
sul punto di esplodere, e Damon dovrà ripagarlo di tutto
questo affetto. Bonnie
lo difende, soprattutto con Elena, facendole notare che lui sta
cercando di
comportarsi bene per lei. Una piccola precisazione sul punto in cui
Damon
osserva in modo piuttosto malizioso il sedere di Bonnie: non prendetelo
come un
manico che ha certe fantasie su sua nipote, ma come un uomo che si
trova di
fronte una ragazza ormai cresciuta. Damon non vede Bonnie da quasi
dieci anni
ed è difficile considerarla solo come la sua nipotina, senza
contare che il
loro legame di parentela è mooooolto alla lontana.
3)
Katherine.
Lovely Katherine. Che diamine ha in mente questa vampira? Che cosa
dovrà dire
di così importante? Perché ha rapito la sorella
di Elena?
Con
questi
quesiti e con tutti quelli che vi verranno in mente, vi lascio.
Preparatevi
per
il prossimo capitolo che vedrà comparire un Damon molto
protettivo ;)
Grazie
mille a
chi mi sostiene recensendo, leggendo e seguendomi! Spero di non
deludervi mai!
Alla
prossima,
Fran!
|
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Capitolo 14 *** I will leave a key for you outside my doorway ***
Ashes &Wine
Capitolo quattordici: I will leave a key for
you
outside my doorway
“Tear down the mountains
Yell, scream and shout like you can say what you want
I'm not walking out
Stop all the rivers, push, strike and kill
I'm not gonna leave you
There's no way I will”
(And I’m telling you I’m
not going-
Jennifer Hudson).
Cercare
di tranquillizzare Elena era
stata un’impresa piuttosto difficile, considerando il fatto
che la stessa
Bonnie aveva avuto seri problemi a mantenere la calma. Ma era
abbastanza
orgogliosa del risultato: non aveva urlato, non si era fatta prendere
dal
panico e non aveva pianto dall’ansia.
Elena
d’altra parte aveva lanciato
la macchina verso il vecchio Pensionato infrangendo ogni regola
esistente della
strada.
Bonnie
poteva capirla; c’era in
ballo la vita della sorella.
Quando
arrivarono alla villa,
trovarono ad aspettarle i due fratelli. Elena non parve molto contenta
di
vedere anche Damon, ma non disse niente. Scese dalla macchina e si
rivolse
direttamente a Stefan, senza degnare di uno sguardo l’altro
vampiro; Bonnie la
seguì.
“Mi
ha chiamato Katherine” annunciò
Stefan “Ci aspetta vicino a Wickery Bridge”.
Bonnie
non volle nemmeno sapere come
Katherine avesse ottenuto il numero di Stefan.
“Cosa
vuole da mia sorella?” chiese
Elena con voce leggermente rotta dall’apprensione.
“Niente”
rispose Damon “Vuole solo
attirare la nostra attenzione. Non le farà nulla se noi
l’accontentiamo”.
“E
andrà sempre avanti così?”
insinuò Elena “Dargliela vinta ogni volta per
stare al sicuro?”.
“No
mia cara Elena” le disse Damon
dirigendosi verso la Mini e facendo cenno alla ragazza e a Stefan di
seguirlo “Ora
noi andiamo là, recuperiamo tua sorella e le strappiamo il
cuore. Problema
risolto”.
“E’
questo il tuo grande piano?
Andare là e ucciderla? Katherine non mi sembra il tipo che
si fa cogliere di
sorpresa e se mia sorella si farà male in tutto questo
…”.
“Ehi,
ehi” le disse Stefan parandosi
davanti a lei e prendendola per le spalle “Non le
accadrà nulla di male, ok? Ti
fidi di me?”.
Elena
annuì ricacciando giù il
groppo che le si era fermato in gola.
Bonnie
che fino al quel momento non
aveva pronunciato parola, si avviò alla macchina,
intenzionata a salire e ad
accompagnarli.
Tuttavia
non fece nemmeno in tempo
ad aprire la portiera che Damon l’afferrò per un
braccio tirandola indietro
“Dove pensi di andare?” le chiese quasi ringhiando.
Bonnie
lo guardò spaesata “Vengo con
voi”.
“No”
fu la decisione di Damon “Te ne
resti qui”.
Bonnie
socchiuse gli occhi
contrariata “Non penserai davvero che vi lasci andare da
quella vampira
psicopatica, mentre io me ne sto al sicuro in casa?!”.
“Tu
non c’entri niente in questa
storia, ok? Non ha senso che rischi la vita” le impose lui
“Voglio che rimani
qui”.
Bonnie
si divincolò dalla stretta e
ricambiò lo sguardo deciso “Non sono una bambina!
Non puoi pretendere che io vi
lasci andare da soli con la paura di non vedervi tornare. Voi siete la
mia
famiglia”.
Damon
abbassò gli occhi. Per un
attimo parve cedere, poi la prese nuovamente per il polso
allontanandola dalla
macchina “Torneremo, te lo prometto” la
rassicurò “Ma fino ad allora non ti
muoverai dalla tua camera, intesi?”.
Bonnie
strinse le labbra. Avrebbe
voluto urlargli in faccia, ma si trattenne. Fece dietrofront e corse in
casa.
“Mi
piacerebbe sapere perché ogni volta che parla con te o
scappa o piange” commentò
Stefan quando Damon salì in macchina.
“Zitto
e guida, razza di vampiro sdentato” borbottò Damon
distogliendo lo sguardo
dalla mano del fratello che stringeva quella di Elena. Si chiese
perché lo
stava facendo? Dopotutto a lui che importava se Katherine aveva rapito
Margaret? Chi era Margaret? Non ci aveva neanche mai parlato.
Poi
i suoi occhi caddero sul volto stravolo di Elena
riflesso nello specchietto retrovisore e Damon seppe per certo che non
avrebbe
mai potuto sopportare di vedere quell’espressione
così angosciata sfigurare il
viso della bionda.
Bonnie
forse aveva ragione: lui non
poteva rinunciare all’amore, anche rifiutandolo con tutte le
proprie forze.
Poteva
urlare al mondo di essere
ancora il vecchio vampiro egoista e senza scrupoli, poteva fingere di
essere
indifferente a tutto ciò che gli accadeva intorno, poteva
uccidere, poteva
ubriacarsi fino a non ricordarsi più il suo nome, ma la
verità rimaneva solo
una: lui avrebbe smosso mari e monti ad un semplice gesto di Elena.
Perché
quello che sentiva per lei era la cosa più simile
all’amore che avesse mai
avuto. Katherine era stato un amore passionale e travolgente. E finto.
Elena,
al contrario non aveva mai ceduto al suo fascino, seppur attratta da
lui, non
aveva tradito Stefan. Damon in fondo apprezzava questa sua
lealtà e qualunque
cosa lo legasse alla ragazza, che fosse davvero amore o no, si era
trasformato
in una forza che lo obbligava a fare il possibile per vederla felice.
In
modo disinteressato.
L’avrebbe
respinta, come era
successo il giorno prima, ma alla fine l’avrebbe
accontentata, perché era
giunto al punto di non poter più far a meno di lei.
Stefan
fermò la macchina. Entrambi i
vampiri avvertirono l’aura di Katherine. Li chiamava come la
miglior delle
delizie.
“E’
qui vicino” disse Damon
scandagliando la zona.
“Dietro
di te” cantilenò la voce
della vampira.
I
tre si voltarono e si trovarono di
fronte Katherine che teneva delicatamente Margaret per una spalla.
“Meggie”
la chiamò Elena facendo un
passo avanti “Lasciala subito andare o giuro che
…” non finì la frase che la
sua sosia rise di gusto interrompendola.
“Cosa
vuoi fare, piccola Elena?” la
derise “E poi Margaret si è trovata benissimo con
me, vero tesoro?” chiese alla
bimba che si morse il labbro tremolante, troppo spaventata per
contraddirla.
“Che
cosa vuoi, Katherine?” si
spazientì Damon “Non dirmi che vuoi macchiare la
tua fedina penale con un
sequestro di minore?!”.
“Non
mi avete dato scelta” spiegò
lei “Ho cercato di parlarti, ho cercato di parlare con
Stefan, anche con la
rossa che volete nascondermi, ma non mi avete dato retta”.
“Lascia
andare Margaret” le propose
Stefan “E poi ti ascolteremo”.
“Ahah,
ho più di cinquecento anni,
secondo te sono così scema? Appena presa la bambina ve ne
andrete e forse
cercherete anche di uccidermi”.
“Sull’ultima
ci puoi contare” ghignò
Damon.
Katherine
ricambiò la smorfia “La
piccola resta con me” dichiarò Katherine
stringendo la presa sulla spalla “E
voi dovreste aprire le orecchie” socchiuse le labbra senza
emettere altro
suono. Mosse leggermente la testa verso la boscaglia e scosse la chioma
bionda
“Perché non ammettiamo alla nostra conversazione
anche la nuova arrivata?”.
Gli
occhi di Stefan ed Elena
scattarono verso la direzione indicata da Katherine, Damon invece non
si mosse
nemmeno. Sapeva già di chi stava parlando. L’aveva
sentita parcheggiare e
nascondersi dietro un albero. Non si era stupito che Stefan con il suo
debole
Potere non avesse percepito la sua tenue aura, ma aveva sperato
ardentemente
che Katherine non se ne accorgesse.
“Bonnie,
vieni fuori da lì” la
richiamò la vampira.
La
testa rossa della ragazza fece
capolino da dietro un tronco e lei avanzò con gli occhi
bassi, non osando
incrociare quelli di Damon. Affiancò Stefan.
“Ora
che ci siamo tutti, possiamo
anche cominciare” iniziò Katherine
“Sarò breve e concisa: Klaus sta
arrivando”.
La
mascella di Stefan si contrasse,
Elena e Bonnie corrugarono la fronte e Damon sbuffò
sonoramente “Hai
orchestrato tutta questa cosa solo per raccontarci una storia di
fantasmi?”.
“Non
è una storia di fantasmi,
Damon. Lo sai bene” replicò Katherine
“Klaus è reale. Io l’ho visto”.
“Perché
un vampiro originario
dovrebbe venire a Fell’s Church?”
domandò Stefan.
“Non
le senti? Le linee di energia
che attraversano questa città? Hanno una forza
così inebriante che ti entra
nelle ossa” tremò dal piacere “E poi qui
c’è qualcuno che gli interessa”.
“Di
che stai parlando?” incalzò
Stefan.
“Non
ci credo che nessuno di voi ci
abbia mai pensato. Insomma non è una cosa normale che al
mondo esistano due
persone identiche con secoli di differenza”.
Osservò
le reazione sorprese dei
quattro non appena capirono a chi si riferiva. “Esatto, Klaus
vuole la vostra
preziosa Elena”.
“Ti
do quattro secondi per
spiegarti” ringhiò Damon “Poi vengo
lì e affondo i miei canini nel tuo collo”.
“C’è
un motivo se Klaus ha deciso di
salvarmi secoli fa” chiarì Katherine
“Credeva che il mio sangue avrebbe potuto
aumentare il suo già immenso Potere, ma non è
stato così. Gudren aveva
barattato la mia salvezza con gran parte del mio sangue. Klaus
accettò solo per
motivi egoistici, ma non ottenne l’effetto sperato. Fu un
esperimento fallito”
una pausa “Anni più tardi Klaus scoprì
che quello non era il momento, avrebbe
dovuto attendere ancora prima di poter accrescere il suo Potere. Elena
è uguale
a me, il che fa presumere che sia una mia discendente, il che fa
presumere che
il suo sangue abbia le mie stesse qualità. Klaus sa bene
queste cose e prima o
poi se la verrà prendere”.
“E
che cos’avrebbe di speciale il
tuo sangue?” le chiese Damon.
“Non
lo so” rispose sinceramente
Katherine “Klaus non è mai stato chiaro su quel
punto, ma non puoi negare che
il mio sangue fosse incredibilmente buono”.
Damon
non la contraddisse. Doveva
ammettere che, pur essendo umano, aveva sempre bevuto con piacere il
sangue
delle vampira, l’idea non lo aveva mai ripugnato, anzi ogni
sorso aveva un
qualcosa di eccitante. E il sangue di Elena era paradisiaco,
così pieno di
forza e destabilizzante.
“Come
fai ad avere queste informazioni?”
continuò Stefan.
“Dopo
aver lasciato Firenze, tornai
da Klaus e mi raccontò tutto. Lo aiutai per un
po’. Girammo mezzo mondo in
cerca di novità, ma ogni volta ci veniva detto che non era
ancora giunto il
momento, che non era ancora nato nessuno di così potente da
rendere Klaus
invincibile …”.
“Perché
ci stai dicendo queste
cose?” la interupper Elena.
“Voglio
aiutarvi ad ucciderlo”.
“Perché
dovresti volere morto il tuo
creatore e maestro?”.
“Perché
lui vuole me morta” rivelò
Katherine “La ricerca di Potere era diventata
un’ossessione per Klaus e io non
volevo più essere coinvolta. Ma non è
così facile allontanarsi da lui e ho
tentato di liberarmene. Non sono riuscita ad ucciderlo e sto scappando
da due
secoli. Ora mi sono stufata” sentenziò
“Quando ho sentito che qui a Fell’s
Church abitava una ragazza totalmente identica a me e che aveva
attirato le
cure dei fratelli Salvatore, ho pensato che fosse
un’occasione unica per
sconfiggere Klaus una volta per tutte”.
“E’
per questo che sei tornata”
soffiò Damon “Ti serve protezione”.
“Sei
incredibile!” esclamò Stefan
con una nota delusa nella voce “Pensi davvero che ci fideremo
di te? Dopo tutte
le bugie che ci hai detto? Dopo tutto il male che ci hai
fatto?”.
Katherine
assottigliò le labbra e
gli occhi le si arrossarono “Tutto il male che vi ho
fatto?” ripeté incredula
“Tutto quello che ho fatto è stato solo per
aiutarvi! E voi mi avete ripagato
uccidendovi a vicenda. E quando finalmente vi ritrovo, cosa scopro? Che
tutti e
due vi siete presi una cotta per una stupida umana uguale a me e che il
mio
anello è al dito di quell’oca capo
cheerleader” li accusò con un fremito. Il
suo volto si era trasfigurato e Margaret al suo fianco aveva preso a
piangere.
Elena avrebbe voluto avvicinarsi e abbracciarla, ma temeva la reazione
della
vampira che in quel momento appariva più instabile del
solito.
“Eppure
sono qui ad offrirvi il mio
aiuto!” adesso strillava istericamente “Avrei
potuto rapire Elena, portarla da
Klaus e pagare il mio debito. Invece sono qui. Voi non avete diritto di
incolparmi di niente”.
“Non
ho intenzione di stare qui ad
ascoltarti mentre fai la vittima” la beffeggiò
Damon “Nessuno qui è disposto a
crederti e non è che
tu ci stia dando
una mano. Rapire una bambina solo per attirare la nostra attenzione!
Davvero
poco di classe”.
“Proprio
tu dici queste cose, Damon?
Tu che non meno di qualche settimana fa hai minacciato di uccidere
questa
stessa bambina per ottenere il sangue di Elena?” gli
sbatté in faccia
Katherine.
Un
attimo dopo tre paia di occhi
scattarono verso Damon: quelli mortificati di Elena, quelli stupiti di
Bonnie e
quelli adirati di Stefan.
“Uh,
uh ho forse detto qualcosa che
non dovevo?” si finse dispiaciuta la vampira “Vi
tengo d’occhio da parecchio.
Tutti voi. Non potete nascondermi niente e così non
è riuscito a fare Klaus.
Credetemi, sono la vostra unica speranza di sfidarlo e uscirne
vivi”.
Stefan
spostò l’attenzione da Damon.
Sebbene la voglia di fargliela pagare fosse forte, decise comunque di
rimandare
il loro scontro. Non si poteva permettere di rompere quel delicato
equilibrio
che si erano creati. Se quello che Katherine andava dicendo era vero,
avrebbero
dovuto rimanere il più uniti e possibile.
“Hai
ottenuto quello che volevi. Ti
abbiamo ascoltata. Ora lascia Margaret” Stefan era stanco e
lo si percepì dal
tono di voce basso e strisciato.
Katherine
acconsentì e tolse la mano
dalla spalla di Margaret che corse senza farselo ripetere dritta nelle
braccia
della sorella.
Elena
si inginocchiò e la tirò su,
accarezzandole i capelli.
“Non
m’importa se sei qui davvero
per aiutarci. Prova a usare o a fare del male ancora a una sola delle
persone
che amo e te la farò pagare”.
Le
diede le spalle e si avviò alla
macchina. Stefan dietro di lei.
Damon
lanciò un’ultima occhiata
adirata a Katherine poi si voltò pure lui e
incontrò gli occhi di Bonnie. Fisse
sulla donna, carichi di apprensione.
Non
aveva fiatato per tutto il
tempo, non si era quasi mossa, pietrificata dalla paura, sconvolta
dalle
rivelazioni, più di Elena che era la diretta interessata.
Un
vampiro antico stava per arrivare
nella loro cittadina con l’intenzione di usare quella che era
diventata una
della sue migliori amiche per rendere se stesso imbattibile e avrebbe
ucciso
tutti coloro che si sarebbero intromessi. Questo includeva Stefan e
Damon. La sua famiglia.
La
ragazza iniziò a tremare e gli
occhi le divennero lucidi non appena realizzò che la sua
vita avrebbe potuto
essere stravolta per l’ennesima volta, in modo definitivo e
irreparabile, non
appena realizzò che avrebbe potuto rimanere di nuovo sola al
mondo. E sta volta
per davvero.
“Bonnie,
andiamo” le ordinò Damon.
Lei
non mosse un muscolo.
Paralizzata. Continuò a fissare negli occhi Katherine,
sperando con tutto il
cuore di vederla sparire, di accorgersi che era solo un incubo.
“Bonnie”.
“Sembra
che la piccolina di casa
abbia qualche problema” s’intromise Katherine.
Damon
la ignorò e scosse leggermente
Bonnie. Una lacrima le rigò il volto.
“Perché
sei venuta?” le chiese. Non
era arrabbiato “Ti avevo detto di rimanere a casa”.
“Mi
dispiace” mormorò Bonnie “Avevo
paura che vi accadesse qualcosa di brutto e non volevo starmene ad
aspettare da
sola. Avevo paura che non saresti tornati”.
“Grazie
della fiducia” scherzò un
po’ inopportunamente Damon.
“Non
volevo essere esclusa” ammise
lei “Tu e Stefan siete la mia famiglia e voglio sapere sempre
che state bene”.
“Ce
la siamo cavata per cinquecento
anni” sospirò Damon “La tua presenza non
risolverà la situazione, forse la
peggiorerà. Una ragazza alla volta da salvare”.
Bonnie
avrebbe voluto ribattere che
non era più una bambina, che alla fine era sempre stata in
grado di sopportare e
superare tutto, che non le importava di essere debole e inutile, che
avrebbe
contribuito senza pestare i piedi a nessuno, ma qualcosa nello sguardo
di Damon
la indusse a rimandare quel discorso. C’era una sorta di
preoccupazione nei
suoi occhi e questo la convinse a cedere. Raggiunse Stefan ed Elena.
“Che
tenera la cara Bonnie” commentò
Katherine con tono beffardo “Non capisco proprio
perché me la volgiate tenere
nascosta, ancora più di Elena. È così
dolce che non avrei mai il coraggio di
farle del male”.
“Elena
ha Stefan che la protegge”
disse Damon “Ma se mai oserai alzare un dito su Bonnie,
dovrai vedertela con
me”.
Meredith
si chiese nuovamente chi
diamine glielo avesse fatto fare.
Poi
la risposta arrivò: Caroline
Forbes. Quella pazza, opportunista! La odiava, la odiava.
Già farsi coinvolgere
nella recita era stata un’idea suicida, ma lei aveva
accettato solo di scrivere
la sceneggiatura, nessuno aveva mai accennato alla regia. Eppure senza
sapere
bene come Meredith si era trovata a dirigere insieme a Caroline quella
buffonata per il giorno dei Fondatori.
Insieme.
Forse era una parola troppo
forte, considerando che la vampira era talmente presa
dall’organizzazione di
tutta la festa che spesso la lasciava da sola ad occuparsi delle prove,
sparendo e ricomparendo giusto per mettere il naso in tutto
ciò che Meredith
aveva deciso.
La
cosa si era comunque rivelata
superabile ed erano arrivati indenni ad un paio di giorni dalla prima.
La
ragazza mora, seduta in platea,
guardava i suoi compagni mettersi in posa per la foto per il giornale
locale.
Non avrebbe mai creduto che l’impresa più
difficile sarebbe stata quella di
farli stare fermi.
Sembrava
una speranza vana: c’era
chi provava il suo profilo migliore, chi continuava a spostarsi per
paura di
non entrare nell’obiettivo, chi si lamentava dei costumi di
scena, troppo
pesanti e chi semplicemente non riusciva a stare fermo.
Meredith
avrebbe voluto fucilarli
tutti o legarli o almeno farli smettere di urlare. Si
massaggiò le tempie:
aveva così tanto mal di testa.
“Ehi,
Mere” salutò Bonnie buttandosi
sulla poltrona accanto alla sua.
Meredith
si voltò “Oh tranquilla,
non scusarti per il ritardo” l’accolse con sarcasmo
accavallando le gambe.
“Non
hai nemmeno idea di quello che
è successo. Giuro che comincio ad odiare i
vampiri” si confidò la rossa.
“Stefan
e Damon litigano?”.
“Noo”
disse Bonnie “Almeno non
ancora” aggiunse ripensando a ciò che aveva
rivelato Katherine su Damon ed
Elena “E’ stata quell’altra”.
“Cos’ha
combinato stavolta la
vampira sgualdrina?” s’informò
intendendo subito a chi si stesse riferendo
l’amica.
“In
poche parole? Pare che Katherine
sia stata coinvolta con un vampiro originario, un certo Klaus, che ora
vuole il
sangue di Elena per accrescere il proprio Potere. Non chiedermi che
cosa
significhi perché non ci ho capito niente. Ero paralizzata
dalla paura, mi sono
sentita una bambina piccola” poi entrò nei
dettagli e più li raccontava più si
rendeva conto di quanto fossero assurdi.
“E’
per questo che Stefan e Elena
sono così turbati” ne dedusse Meredith guardando
la coppia sul palco, una di
fianco all’altro, in silenzio, sguardi perplessi e tesi.
“Credo
che dovremo stare vicine ad
Elena e non solo per Klaus e Katherine” suggerì
Bonnie un po’ enigmatica. Non
voleva essere lei a spifferare i segreti di Elena. Credeva che la
bionda fosse
già abbastanza in imbarazzo per gli scambi segreti di sangue
con Damon.
Meredith
annuì “Tutte noi dobbiamo
stare unite. Abbiamo bisogno l’una dell’altra. E
per la cronaca, Bonnie, non
permetteremo a Stefan e Damon di farsi ammazzare mentre difendono
Elena, lasciando sola te”.
Bonnie
sentì il suo cuore aggiungere
un battito; era la prima volta da tanto che qualcuno si ricordava anche
di lei
e si preoccupava di confortarla.
Non
che Stefan o Damon non si
fossero occupati di lei, ma le era parso che lo facessero specialmente
per
dovere; Meredith invece era stata spontanea.
“O
mio Dio che stanno facendo Dick e
Jesse con quei cappelli?!” si lamentò Meredith
“Scusami, Bonnie, ma devo
sistemare un paio di cose. Tu va’ a cambiarti; tra poco
arriverà il fotografo”.
La
rossa la guardò alzarsi, salire
sul palco e inveire contro i due ragazzi. La imitò poco
dopo, infilandosi
dietro le quinte, nei camerini. Trovò il suo abito appeso
sullo stand, avvolto
nel cellophane. Era rosso, abbastanza scollato, ma non le importava
dato che
non c’era molto da far vedere. Corpetto stretto da togliere
il fiato e gonna
gonfia. Lo prese e si tolse i suoi vestiti e lo indossò.
Fece passare le
braccia nelle maniche aderenti e se lo aggiustò.
Si
ammirò nello specchio, spostò i
capelli di lato e lisciò la gonna con le mani. Si
ritrovò a sorridere contenta:
si piaceva. Le stava bene e si sentiva quasi bella.
Portò
le mani dietro la schiena e
cercò di raggiungere la zip. Tentativo vano. La cerniera
terminava troppo in
basso e non sarebbe mai riuscita a portarla
fino alla fine. Fece un paio di volte
il giro su se stessa sbatacchiando le braccia per prenderla.
“Serve
una mano?”.
Momento
di gelo.
Bonnie
rimase con le mani in aria e
non ebbe il coraggio di voltarsi. In quel momento fronteggiare un
vampiro le
parve una bazzecola rispetto alla figura che aveva appena fatto con
Christopher
Rydell.
Sentì
le guance colorarsi di rosso
tanto che era difficile dire dove fosse il viso tra capelli e vestito.
Cercò di
darsi un’aria composta.
“Non
arrivo alla cerniera” ammise
così ingenuamente che chiunque si sarebbe intenerito.
“Ti
aiuto io” si offrì il ragazzo
posizionandosi dietro di lei. Le mise una mano sulla spalla e con
l’altra prese
la linguetta della zip e la tirò verso l’alto.
Bonnie
osservò la scena dallo
specchio e non poté fare a meno di pensare a quanto fosse
provocante quella
situazione. Christopher non stava facendo nulla di male, non
c’era malizia nei
suoi gesti, ma era proprio l’innocenza dell’azione
a rendere tutto molto più
ambiguo.
Quando
poi le dita del ragazzo le
sfiorarono la schiena a lavoro terminato, Bonnie non riuscì
a trattenere un
tremito che non sfuggì a Christopher.
Da
bravo gentiluomo finse di non
essersi accorto di nulla e cominciò a fare conversazione per
mettere Bonnie a
suo agio “Tra due giorni debuttiamo”.
“Eh
già …” tremolò la rossa
“Non
dirmelo neanche! Sono super agitata e non abbiamo neppure finito di
provare le
battute”.
“Quello
non è un problema” la
rassicurò lui “Possiamo vederci per finire di
studiarle. In realtà volevo
chiederti di uscire una di queste sere; così ne parliamo un
po’, soprattutto
del bacio … sai non vorrei creare
dell’imbarazzo”.
La
testa di Bonnie scattò in alto
“Bacio?”.
“Non
hai letto il copione?”.
Lei
scosse la testa. Non aveva
nemmeno fatto in tempo a finire di leggerlo. Era stata troppo impegnata
a
preoccuparsi del ritorno di Katherine, a salvare Damon dalla sua fase
autodistruttiva e a non impazzire.
“Alla
fine della nostra scena ci
dobbiamo baciare” spiegò lui “Ma non
preoccuparti, io pensavo a un bacio a
stampo o sulla guancia, potremmo girarci un po’ dando al
pubblico l’impressione
che il bacio sia vero …”.
“Non
ti va di baciarmi?” chiese
Bonnie di getto pentendosi subito di averlo detto. Ma che cavolo le era
saltato
in testa?! Si morse la lingua pregando di poter rimandare indietro il
tempo e
rimangiarsi tutto.
“Non
mi va di farlo se tu non sei
convinta” rispose Christopher.
Bonnie
sbatté un paio di volte le
palpebre, incredula. Era una sua impressione o quel ragazzo bellissimo
di
fronte a lei aveva appena detto di volerla baciare?
“Ha
- ai ragione. Credo ci dovremo
vedere per parlarne bene. Stasera al Grill?” propose
fingendosi indifferente.
Christopher
sorrise “Stavo per
chiederti la stessa cosa”.
Sul
palco, nel frattempo, Stefan ed
Elena se ne stavano zitti uno accanto all’altro. Entrambi
volevano chiarire
quella situazione spiacevole ma nessuno osava cominciare il discorso,
perché
avrebbe voluto dire ammettere il problema, ammettere che Damon alla
fine era riuscito
a intromettersi tra loro, costringendo Elena ad avere dei segreti con
Stefan.
Alla
fine fu lei a cedere, ben
conscia di essere in torto. Era lei a dover cominciare, a dover
sistemare le cose.
Perché Stefan era il suo unico
pensiero.
“Mi
dispiace” si scusò “Avrei voluto
dirtelo, ma non volevo che ti accadesse niente di male. Non volevo che
affrontassi Damon, avevo paura che …”.
“Che
mi avrebbe ucciso? Perché io
sono il più debole” concluse Stefan.
“Dovevo
essere sincera con te. Tu
meriti la verità. Sempre” mormorò Elena
“E parlando di sincerità mi sono
vergognata come una ladra”.
“Non
sei tu che ti dovresti vergognare;
aveva minacciato tua sorella …”.
“No,
non farlo” lo interruppe “Non
dare la colpa a Damon, per piacere” gli prese le mani
“E’ cambiato nella ultime
settimane e anche se gli capita di sbagliare ancora, credo si stia
impegnando
per essere migliore. Ha bisogno anche di te, Stefan; non attaccarlo,
ok?”.
Il
vampiro non era affatto d’accordo
con Elena. Damon non poteva continuare a fare quello che più
gli piaceva,
qualcuno avrebbe dovuto porgli un freno. Avrebbe voluto continuare il
discorso
con Elena, ma Meredith arrivò come una furia costringendoli
a mettersi in posa
con gli altri.
“Bonnie,
Christopher! Volete farvi
una mossa?!” urlò la bruna vedendo sopraggiungere
i due.
Osservò
tutti prendere il proprio
posto. Tirò un sospiro di sollievo per essere finalmente
riuscita a farli stare
fermi.
Qualcosa,
però, non quadrava. C’era
un buco sulla destra. Perché aveva l’impressione
che mancasse qualcuno? Poi
realizzò …
“Dove
diamine sono Matt e
Caroline?!”.
“Matt!
Ehi Matt” bisbigliò una voce.
Matt
Honeycutt si fermò in mezzo al
corridoio che portava all’auditorium e si girò
verso l’aula da cui proveniva la
voce.
Caroline
spuntò da dietro la porta e
gli fece cenno di entrare. Matt si guardò intorno ed
entrò nell’aula
chiedendosi il perché di quell’essere
così furtivi.
“Caroline,
perché sei nascosta qui
dentro?”.
“Sshh”
lo zittì “Se ci becca
Meredith, ci uccide”.
“Che
succede?”.
“Ti
devo chiedere un favore che
neanche t’immagini”.
Matt
si rabbuiò all’istante. Per una
frazione di secondo aveva pensato che Caroline lo avesse chiamato
lì per
parlare di loro. Il ragazzo aveva avuto l’impressione che tra
loro si fosse
instaurata una certa complicità, che si fossero avvicinati,
specialmente dopo
averle donato il sangue per completare la sua trasformazione *. Insieme
a
Stefan l’aveva aiutata ad abituarsi alla sua nuova vita,
sebbene avesse voluto
scappare a gambe levate.
Lui
era un ragazzo al limite della
normalità e dei cliché: biondo, occhi azzurri,
bel fisico, capitano della
squadra di football, aveva frequentato la bella del liceo; perfino il
suo nome
sprizzava banalità da tutti i pori. Matt.
Era,
però, anche un ragazzo buono,
gentile e altruista. Non avrebbe mai lasciato una sua amica
d’infanzia sola a
gestire una tale situazione.
La
conosceva da quando era nato,
l’aveva vista crescere, erano stati nello stesso gruppo da
che riusciva a
ricordare.
Soltanto
dopo la sua vampirizzazione
l’aveva riscoperta per davvero: Caroline era cambiata, si era
responsabilizzata. Era diventata più attenta, più
emotiva, per assurdo appariva
più umana.
Matt
credeva avessero stabilito un
legame di supporto reciproco e fiducia. Si erano trovati più
volte in
situazioni intime, vicinissimi a baciarsi, intenti ad aprirsi e a
sfogarsi con
l’altro, a sfiorarsi le mani e a condividere le stesse idee.
Quando
si trovavano nella stessa
stanza, magari da soli o a pochi metri di distanza,
l’attrazione era
percepibile. Non era passione, era qualcosa di più puro e
innocente, come un
amore tra due quindicenni. Tutto delicato, tutto tenero.
Matt
adorava quella sensazione.
Forse,
però, la sua immaginazione
aveva lavorato un po’ troppo, perché Caroline da
un paio di settimane si era
allontanata. Magari non ricambiava i suoi sentimenti o ne aveva per
qualcun
altro …
Perciò
s’irritò ascoltando la
ragazza, perché iniziava a essere stufo che tutti dessero
per scontato la sua
disponibilità.
Matt,
il bravo ragazzo, Matt che
aiuta tutti, Matt che rimane fregato.
“Certo,
che vorresti altrimenti?!”
s’indispettì.
Caroline
colse il cambiamento di
tono e si accigliò “Perché dici
così, Mattie?”.
“Non
ho più tre anni, non chiamarmi
Mattie”.
“Matt”
si corresse Care “Qualunque
problema tu abbia, puoi parlarmene”.
“Dimmi
solo che ti serve”le disse
Matt.
“Tyler
…”.
Il
biondo sbuffò “Mi pareva strano
che non c’entrasse lui”.
“Si
può sapere che ti prende? Sembra
che tu stia facendo il geloso”.
“Forse
perché lo sono!” sbottò lui
“Fino a due settimane fa eravamo sempre insieme, ci sentivamo
tutte le sere, ti
vedevo tutti i giorni e poi che diamine è successo? Mi hai
rimpiazzato con
Tyler! Probabilmente con lui ti trovi meglio a parlare di
soprannaturale”.
Caroline
si portò una mano alle
labbra trattenendo a stento le risate.
“Faccio
così tanto ridere? Mi credi
così patetico?”.
“Ti
credo adorabile”.
Matt
tese il collo sorpreso. Cosa
voleva dire quella frase? Aveva una sfumatura di tenerezza fraterna
oppure …
“Sono
stata parecchio con Tyler, è
vero” gli diede ragione la ragazza
“Perché è un mio amico,
perché io ho provato
sulla mia pelle quello che sta passando lui e mi sono sentita il dovere
di
aiutarlo. Senza contare che sto cercando di salvargli la vita: non
voglio che
Damon gli faccia del male”.
“Care
…” iniziò Matt “Io non
… sto
facendo la figura dello stupido, me ne rendo conto, è solo
che … non ne farò
una tragedia se preferisci Tyler, lo posso capire, ma vorrei che fossi
onesta
con me”.
“Non
voglio stare con Tyler, voglio
aiutarlo, te l’ho detto e … tra pochi giorni
c’è la luna piena e lui si
trasformerà per la prima volta. Abbiamo deciso di andare
fuori città, nella sua
tenuta nel Maryland. È una vecchia casa coloniale e nel
basamento ha una stanza
che potrebbe contenere la forza di un lupo mannaro. Volevo chiederti di
accompagnarci.
Io non posso farcela da sola e mi fido di te. Ho bisogno di
te”.
“Caroline,
io non so se è una buona
idea”.
“E’
anche un tuo amico e se non
stiamo attenti potrebbe fare seriamente del male a se stesso e agli
altri”.
Matt
alzò gli occhi al cielo. In un
modo o nell’altro finiva sempre per essere tirato in mezzo.
Quella
sera Damon si era programmato
una serata tranquilla: un bicchiere di vino (l’unica
bottiglia che era riuscito
a nascondere), un buon libro, magari una sacca di sangue e soprattutto
tanta
calma e solitudine.
Comprese
al volo che i suoi piani
sarebbero stati stravolti non appena sentì il rumore di
tacchi che scendevano i
gradini.
Dopo
poco apparve la figura snella
di Bonnie fasciata in un abitino blu, abbastanza corto. Scarpe chiuse
con un
tacco non smisuratamente alto ma che la slanciava ugualmente.
Stava
bene, stava parecchio bene,
stava un po’ troppo bene.
“Io
esco” gli comunicò.
“E
dove vai?”.
“Al
Grill”.
“Ci
vai vestita così?”.
“Perché?”
domandò la rossa con
intonazione intimorita “Non sto bene?”.
“Ho
visto di meglio” fu la risposta
disinteressata di Damon.
“Tu
sì che sai come fare un
complimento ad una donna!”.
“Come
mai sei tutta in tiro?”
riprese l’argomento il vampiro “Non è la
prima volta che ti vedi con le altre
ma non ti sei mai vestita così”.
“Oh
no, non mi vedo con le altre …
ho una specie di appuntamento”.
“Con
chi?” tuonò Damon forse con
troppa enfasi dato che Bonnie sobbalzò“Christopher
Rydell, viene nella mia
scuola. Stefan non te l’ha detto?”.
“No”.
“Ma
come? Non passate tutto il
giorno a parlare di me? Di come potrei esplodere da un momento
all’altro perché
voi siete vampiri, mio fratello è morto, la mia ex compagna
di stanza pure e un
vampiro originario sta venendo a Fell’Church in cerca della
mia migliore amica
per colpa della sua sosia vampira?”.
“Ah!
Fai anche la spiritosa
adesso?”.
Bonnie
ridacchiò, prese la sua borsa
e si diresse verso la porta.
“Non
mi pare di averti detto che
puoi andare” l’apostrofò Damon
raggiungendola all’ingresso.
“Che
fine ha fatto Mr. Va’ e divertiti,
non scocciarmi con queste cose inutili?”.
“Prima
di sapere che uscivi con un
ragazzo” precisò lui.
“Davvero
non capisco dov’è il
problema …”.
“Il
problema sta nel fatto che tutti
i ragazzi della tua età hanno in mente solo una
cosa” spiegò Damon lasciando
sottointeso a cosa si riferisse.
“Se
tu sei sesso- dipendente non
vuol dire che tutti sono come te”.
“Primo
non stiamo parlando di me,
secondo nella mia vita non c’è solo il
sesso”.
“Giusto,
mi ero dimenticata il
sangue” disse Bonnie con un’espressione di
rimprovero stampata in volto “Senti,
è un bravo ragazzo, educato, simpatico, ottimi volti a
scuola e gioca in
squadra con Stefan”.
“Questo
mi conferma che è un
imbecille”.
“Non
è la prima volta che gli parlo,
sai? E il suo comportamento è sempre stato
impeccabile!”.
“Tutti
i ragazzi fanno i perfetti
quando vogliono mettere le mani nei pantaloni di una ragazza. Fidati,
è un
trucchetto che funziona”.
“Non
dirmelo! Ma tu non ammagliavi
le donne per portartele a letto?”.
“Tesoro,
non ho bisogno di stupidi
giochi mentali per entrare nelle mutande di una donna” si
pavoneggiò.
“Damon,
ti stai comportando come un
fratello geloso”.
“Non
sto facendo il geloso, voglio
solo avvertirti” replicò lui “Ma sai che
ti dico? Fa’ come vuoi, ma quando ti
lascerà dopo essersi infilato sotto le tue lenzuola, non
venire a piagnucolare
da me”. Perché se lo
scopro, gli taglio
la gola.
Le
diede le spalle e se ne andò. Da
quando aveva bisogno di uscire con un ragazzo? Damon credeva che stesse
ancora
raccogliendo i cocci della sua vita e che l’ultima cosa cui
pensasse fossero
gli uomini!
Era
stato talmente occupato a
controllare Katherine ed Elena che doveva essersi qualche pezzo di
Bonnie.
Non
era geloso, quello no.
Semplicemente non voleva che qualcun altro la ferisse; per quello
bastava già
lui.
Si
rendeva conto di essere una
grandissima testa di cazzo e di non riuscire a rigare dritto per troppo
tempo.
L’aveva già fatta soffrire abbastanza e
l’avrebbe fatto ancora inevitabilmente,
perché lui era così. Ma se non poteva proteggerla
da se stesso, almeno avrebbe
evitato ad altri di farle del male.
“Bonnie
esce con un ragazzo”
annunciò a suo fratello che se ne stava seduto alla
scrivania a scrivere il suo
diario.
“Sì,
lo so. Christopher Rydell, è un
bravo ragazzo”.
“Perché
non me l’hai detto?”.
“Sono
fatti suoi”.
“Non
avevamo deciso niente più
segreti?”.
“Quella
regola è per Bonnie. Tu non
c’entri niente” gli disse Stefan “E
adesso dove vai?” chiese vedendolo uscire
come una furia dalla stanza.
“Al
Grill” gli urlò di rimando Damon
mentre scendeva le scale.
Stefan
su momento non vi prestò
molta attenzione e continuò a riportare i suoi pensieri sul
libricino aperto
davanti a lui; finché, come un fulmine, le intenzioni del
fratello non gli
furono chiare. Abbandonò penna e diario e corse a inseguirlo
“No, Damon! Non le
rovinerai la serata!”.
“Queste
battute sono così stupide!”
si lamentò Bonnie “Ci credo che nessuno riesca a
recitare bene … sono
irreali!”.
Christopher
ridacchiò proseguendo la
lettura del copione poggiato sul tavolo del locale. Bonnie,
d’altra parte, ci
rinunciò e prese a bere il suo analcolico.
“Tu
credi che queste siano irreali?”
domandò lui “Leggi qua sotto!”.
Bonnie
fece come le aveva detto e
arrivata alla fine della scena di schiaffò una mano sulla
fronte. Erano le
battute più sdolcinate che avesse mai letto! Caroline quella
volta
gliel’avrebbe pagata cara!
“Non
ci credo nemmeno morta che
Honoria e Thomas Fell si siano detti queste cose prima di
ufficializzare il
fidanzamento” disse.
“E’
un testo teatrale … è normale
che esagerino un po’ ” non si scompose Christopher
“Più che altro io avrei
qualcosa da dire sui vestiti. Il mio ha il colletto che
pizzica”.
“Vogliamo
parlare del mio costume?!
È così stretto e scollato e poi è rosso e
appariscente! Non bastava obbligarmi a stare su un palco davanti a un
sacco di
persone. No! Dovevano pure vestirmi come un semaforo”.
“Io
trovo che ti stia molto bene” le
confidò lui “Non è un male che la gente
ti noti, anche se potrei essere un po’
geloso”.
Bonnie
lo guardò cercando di trattenere
un sorriso “In che senso geloso?”.
“Non
fare la modesta; qualunque
ragazzo si riterrebbe fortunato ad uscire con te e quando ti vedranno
su quel
palco, con quel vestito
… beh diciamo
che non mi andrebbe proprio di vedere qualcun altro seduto qui, al mio
posto,
con te”.
“Non
sono così bella” lo
contraddisse Bonnie “Niente paragonata ad Elena”.
“Non
a tutti piacciono le ragazze
come Elena, sai? Certo lei è bellissima, sembra un angelo,
ma mi dà
l’impressione di essere troppo perfetta, appare finta. Tu sei
molto più vera,
Bonnie” allungò una mano e le spostò
una ciocca di capelli che le era finita
davanti al volto “Non dubitare mai di te stessa”
mormorò “Ti ho osservata
parecchio in questi giorni. Il modo in cui hai superato la morte della
tua
amica è stato ad dir poco sorprendente. Sei molto
più forte di quello che
pensi”.
Bonnie
non riusciva nemmeno a
sbattere le palpebre. Aveva paura a socchiudere gli occhi anche per un
secondo,
aveva paura che una volta riaperti Christopher non ci sarebbe stato
più.
Aveva
una voglia matta di prendere
la mano nella sua, ma dall’altro lato si vergognava troppo.
Sebbene le avesse
detto, nemmeno troppo velatamente, di essere interessato a lei, Bonnie
proprio
non riusciva a credere che un ragazzo del genere potesse stare dietro a
una
come lei. Non con ragazze tipo Caroline, Elena o Meredith in giro per
la
scuola.
“C’è
Stefan” disse Christopher.
Bonnie
non ci badò ancora incerta su
come comportarsi. Sentiva di star facendo la figura della bambina
impacciata e
non sapeva in che modo uscirne.
“E
quello è suo fratello? Com’è che
si chiama … Damon?”.
Al
che Bonnie iniziò a registrare
tutte le informazioni.
C’è
anche Stefan.
Fin
lì niente di strano … forse era
venuto per Elena.
Quello
è suo fratello?
Che
cosa ci faceva al Grill in una
serate per i liceali?
Com’è
che si chiama?
Bonnie
si girò e fece vagare gli
occhi per il locale alla ricerca del vampiro. Voleva una conferma che
fosse
davvero lì e che Christopher non si fosse sbagliato.
Damon?
Incontrò
le iridi nere di Damon un
attimo dopo. Era seduto al bancone, su uno sgabello, voltato verso di
loro.
E
quello è suo fratello? Com’è che si
chiama … Damon?
Damon.
DAMON!
“Ora
lo uccido” pensò Bonnie
“Scusami un momento” disse al suo accompagnatore,
poi si diresse a passo di
marcia verso i due vampiri.
Stefan
alzò le mani, mortificato
cercando di farle capire a gesti di non essere riuscito a fermarlo.
Damon le
sorrise, più che altro ghignò.
“Che-
diamine- ci- fai- qui?” scandì
bene le parole per apparire più minacciosa.
“Avevo
voglia di uscire” rispose
innocentemente Damon.
“Tu
non vieni mai al Grill di
mercoledì. Dici che è una sera da sfigati
perché è pieno di liceali”.
“Volevo
bere qualcosa”.
“Non
potevi farlo a casa?”.
“Lo
avrei fatto, ma qualcuno ha
buttato tutti miei alcolici” le ricordò.
“Sei
venuto per spiarmi?” si fece
sospettosa Bonnie.
“Tsk!”
sbottò lui “Vuoi sempre stare
al centro dell’attenzione, eh? Ho di meglio da fare,
ragazzina”.
“Questa
è la prima cosa normale che
mi capita da quando sono arrivata qui. Prova a rovinarmi la serata con
Christopher e non ti parlerò mai più!”
gli intimò.
“E’
una minaccia o una promessa?” la
prese in giro.
Bonnie
girò sui tacchi e tornò al
tavolo. Disse qualcosa al ragazzo che si alzò; poi entrambi
si spostarono verso
il tavolo da biliardo, parzialmente nascosto da un muro.
Dovrai
fare di meglio per nasconderti da me, scricciolo. Pensò
Damon.
“Sarebbe
carino che tu la lasciassi
in pace, sai?” lo richiamò alla realtà
Stefan.
“Sarebbe
carino che tu lasciassi in pace me, ma ormai ho perso le
speranze” cercò
di scrollarselo di dosso “Comunque è appena
arrivata la tua dolce metà”.
Stefan
si voltò in tempo per vedere
Elena entrare nel locale con Meredith. Le salutò e
riportò l’attenzione sul
fratello “Non voglio parlare con te di questo, abbiamo
già abbastanza
preoccupazioni senza che ci sbraniamo a vicenda; ma se scopro che
continui ad
infastidire o a usare Elena o un’altra delle sue amiche,
giuro che non te la
farò passare liscia”.
“E
cosa vorresti fare fratellino?
Nelle tue vene scorre solo il Potere dei conigli”.
Stefan
ricambiò lo sguardo duro
“Fatti da parte, Damon, o stavolta la perderai per
davvero” gli diede le spalle
e raggiunse le due ragazze.
Damon
digrignò i denti infastidito.
Ordinò da bere e diede un’occhiata veloce al
tavolo da biliardo: Bonnie e il
bell’imbusto erano spariti.
“Scusa
per la fuga, non avevo voglia
di stare là dentro con mio zio a tenermi
d’occhio”.
Erano
seduti su una panchina, poco
lontani dal Grill. Bonnie aveva visto Damon distratto da Stefan e aveva
colto
l’occasione per sgattaiolare via.
“Vivi
con lui adesso?” le chiese
Chris.
Bonnie
confermò “Si occupa di me,
mentre mio fratello è via” si fermò
respirando a fondo; ogni volta che doveva
ripetere quella bugia, avvertiva il cuore rallentare.
“Prende
molto sul serio i suoi
doveri di tutore” constatò il ragazzo.
“La
maggior parte delle volte si
ricorda di me nei momenti meno opportuni. Mi reputa ancora una bambina
che non
sa prendere le proprie decisioni”.
“Si
preoccupa per te … non ci vedo
nulla di male”.
“Non
c’è nulla di male” concordò
Bonnie “Vorrei solo un po’ di fiducia”.
“Forse
scappare così non è stata una
gran prova di maturità” suggerì
Christopher.
“L’ha
voluto lui” disse decisa
Bonnie “In ogni caso dobbiamo provare quella maledetta scena
e non mi andava
proprio di farlo davanti a tutti”.
“Uh,
uh è di questo che si tratta?
Non vuoi che i tuoi amici ci vedano baciarci?”
insinuò lui. Bonnie si chiese
come facesse a passare dalla dolcezza alla sfrontatezza in
così poco tempo.
La
rossa abbassò la testa, incerta.
Christopher le piaceva e questo lo aveva capito dalla prima volta in
cui
l’aveva incontrato. Ci stava bene, il tempo passato con lui
era l’unico
instante in cui poteva fingere di vivere una vita normale. Una normale
adolescente alle prese con una normalissima cotta.
Doveva
ammettere, però, di non
conoscerlo così bene, non era sicura di voler condividere
qualcosa di serio con
lui. Baciarlo avrebbe significato esattamente il contrario e quello era solo il loro primo
appuntamento. Voleva
davvero baciarlo al primo appuntamento? Un appuntamento, tra
l’altro, non
ufficiale.
Christopher
aveva intanto avvicinato
il viso e lo sguardo di Bonnie cadde sulle sue labbra. Sembravano
così morbide
e attraenti. In fondo stavano solo provando una scena, giusto? Non
sarebbe
stato un vero e proprio bacio.
Ce
ne sarebbe stato di tempo per
conoscersi. Quello era solo un piccolo esperimento, per capire cosa
avrebbe
provato a baciarlo.
Bonnie,
però, non lo scoprì mai.
“La
mezzanotte è scoccata,
ragazzina. La zucca ti sta aspettando”.
Bonnie
spalancò gli occhi e si voltò
lentamente. No, si disse, non poteva averlo fatto davvero. Non poteva
averla
messa così in imbarazzo.
“Che
cosa ci fai qui?” chiese la
rossa.
“Cosa
ci fai tu qui?”
rigirò la domanda Damon “In un vicolo buio, con un
ragazzo”.
“Stavamo
solo provando una scena”
spiegò Chris “Non facevamo niente di
male”.
“Non
mi sembra di averti chiesto
niente, Justin Bieber”.
“Damon!”
Bonnie avrebbe voluto
scavarsi una buca sotto i piedi.
“Andiamocene”
le ordinò.
“No!”
s’intestardì lei.
“Bonnie
non rendere difficile una
cosa facile” l’avvisò.
“Tu
non puoi obbligarmi a fare
niente”.
“Conto
fino a tre e ti vengo a
prendere io. Uno”.
“Damon
non osare …”.
“Due”.
“Giuro
che mi metto a urlare …”.
“L’hai
voluto tu” il vampiro la
afferrò per la vita sollevandola e se la caricò
in spalla. Bonnie iniziò a
scalciare e a battere i pugni sulla schiena di Damon comandandogli di
metterla
giù.
Christopher
fece qualche passo nella
loro direzione ma Damon lo bloccò “Stammi lontano,
se sai cos’è meglio per te”
e si allontanò con una Bonnie che a stento tratteneva
lacrime di nervoso e
frustrazione.
Damon
parcheggiò la macchina davanti
al Pensionato. Per un attimo valutò l’idea di
scendere, chiudersi in camera sua
e rimandare la discussione con Bonnie il più in
là possibile.
La
rossa era seduta accanto a lui,
labbra serrate, braccia incrociate, sguardo puntato sul cofano
dell’auto.
Appariva proprio una bimba capricciosa, ma Damon preferì non
dirglielo o
l’avrebbe fatta arrabbiare ulteriormente.
“Hai
intenzione di tenermi il
broncio ancora per molto?”.
“Sì”
fu la risposta secca di Bonnie
“A meno che tu non mi chieda scusa”.
“Scusa
di cosa?!” esclamò Damon.
“Di
avermi fatto fare la figura
della bambina! Mi hai messa in imbarazzo!” trillò
lei “Non credo di essermi mai
vergognata tanto in vita mia”.
“E’
lui quello che dovrebbe
vergognarsi. Avresti dovuto sentire i pensieri che aveva su di
te”.
“Che
cosa c’è di male? Probabilmente
gli piaccio. Ha diciott’anni! Ogni diciottenne ha certi
pensieri sulla ragazze
che gli piace. Si chiamano apprezzamenti”.
“Fidati,
erano più che apprezzamenti
…”.
“Tu
sei l’ultimo che gli dovrebbe
fare la predica. Lui almeno non uccide le donne che gli
interessano”.
“Ehi!
Qui non si parla di me, ma di te
che potresti finire come quelle donne!”.
“Dissanguata?
Impossibile.
Christopher non è un vampiro”.
“Intendevo
con il cuore spezzato”.
La
rabbia di Bonnie scemò in un
istante. Non poté sostenere lo sguardo oltre. Dentro di
sé si ritrovò a
sorridere: era la prima volta da quando era arrivata a Fell’s
Church che Damon
le rivolgeva parole così sincere. Era la prima volta che si
mostrava
preoccupato. Bonnie sapeva che nel profondo Damon teneva a lei, ma non
gliel’aveva
mai dimostrato apertamente. Voleva
proteggerla.
“Prima
o poi dovrà succedere” gli fece
notare “Capita quando si cresce. Non tutti possono rimanere
Peter Pan come te”.
“Bonnie
…”.
“Non
ho finito” lo bloccò “Quello
che hai fatto prima è stato imbarazzante, ma posso capirlo,
sai? E lo apprezzo”
sospirò “Insomma vuol dire che tieni a me,
giusto?” Damon non si permise di
controbattere “Ma non ho più dieci anni. Non devi
più controllare che io non
cada da cavallo e mi sbucci le ginocchia. Sono grande adesso e non puoi
evitare
che qualcuno mi ferisca”.
“Mi
sottovaluti, rossa”.
“Anche
tu, Salvatore” replicò Bonnie
“Ho superato la morte di mio fratello, quella di Clara e tra
poco dovremo fare
i conti con un vampiri originario. Credi che una delusione
d’amore possa
davvero buttarmi a terra?”.
“Com’è
che si dice? Meglio prevenire
che curare”.
“Ti
devi fidare di me” dichiarò la
ragazza “Non puoi continuare ad escludermi come hai fatto
oggi con Katherine.
Io ho già perso tanto e quando vi succede qualcosa
d’importante voglio saperlo,
non posso restare a casa aspettando di avere notizie perché
rischio d’impazzire.
Ti devi fidare di me, perché io sto imparando di nuovo a
fidarmi di te e … tu …
tu non mi dai fiducia. Non ti apri con me, non mi dici che ti passa per
la
testa nonostante io sia l’unica che cerca di esserti
amica”.
“Credimi,
sei l’unica qui che può
dire di avere la mia completa fiducia” le confessò
senza esitazioni “E
probabilmente sei anche l’unica a cui devo
qualcosa” proseguì considerando di
essere la causa di gran parte del suo dolore.
“Quindi
la prossima volta che sarai
turbato per qualcosa verrai a parlarne con me invece di uccidere
giovani donne
con una famiglia e un futuro?”.
“Non
ti assicuro niente ma farò uno
sforzo” era tutto quello che poteva mettere in gioco. Non
sarebbe cambiato da
un giorno con l’altro, non avrebbe smesso di essere un
vampiro e non poteva
dare nessuna certezza, ma il solo fatto che qualcuno fosse
lì per lui gli
trasmetteva una nuova serenità.
Bonnie,
dopotutto, aveva ragione: si
era affidata totalmente a lui e a Stefan, era saltata nel buio senza
sapere
dove sarebbe atterrata. Era stata sbalzata in una realtà
fuori controllo ed era
riuscita a mantenere la calma, a sopportarla. Era giunto il momento di
darle
qualcosa in cambio. Si era guadagnata la sua fiducia.
“Ma
ti deluderò” l’avvertì
cupamente.
“So
quello che fai: tu respingi le
persone che ti vogliono stare vicino, ma non m’importa di
quello che dirai o
farai, io non me ne vado”.
Ti
voglio bene. avrebbe
voluto confidargli ma non ne ebbe il coraggio.
“Promettimi
solo che d’ora in poi
non ci saranno più segreti” gli chiese.
Il
vampiro gelò sul posto. Di Damon
Salvatore si potevano dire molte cose, ma non che non mantenesse le
promesse.
Come poteva stringere la mano che Bonnie gli porgeva sapendo di doverle
tenere
nascosto il più terribile dei segreti?
Si
ritrovò a chiedersi da quando si
facesse certi problemi morali. Poi rifletté meglio sulle
parole della ragazza:
aveva detto “d’ora in
poi”, perciò
tutto ciò che era accaduto prima apparteneva al passato e
non rientrava nella
promessa.
Si
decise a risolverla così e accontentò
la nipote “Lo prometto, contenta?”. Fece per
scendere dalla macchina ma si
accorse che Bonnie non accennava a muoversi e che lo fissava con
insistenza
“Che c’è?”.
“Non
suggelliamo il nostro patto con
un abbraccio?”.
“Sei
appena stata nominata mia confidente
sentimentale … non tirare troppo la corda,
ragazzina”.
Bonnie
scosse la testa rassegnata e
aprì la portiera. Poté definirsi soddisfatta per
il momento. Sapeva che Damon
non avrebbe ceduto subito a tutte le sue richieste, si sarebbe stupita
del contrario,
ma sentiva di avere fatto gran passi avanti con lui.
Finalmente
si stava ricostruendo una
famiglia e tutta la preoccupazione per Klaus, Elena, Katherine fece
spazio
all’immagine di una bambina dai capelli rossi che giocava con
vampiro dagli
occhi color dell’onice.
“Woe is me
faithless you and selfish me
I will leave a key for you outside my
doorway
[…]
Woe is me
Sentimental you and faithful me
And I will be the one to gaze on you discreetly”
(The ladder- Andrew Belle)
Il
mio spazio:
Capitolo
numero quattordici è arrivato! In ritardo, ma rispetto
all’ultima volta ho
fatto passi da gigante.
Che
ne dite? È bello lungo quindi sicuramente ci saranno delle
parti che non vi
piaceranno; ho fatto un po’ fatica a tenere tutto sotto
controllo.
Avete
scoperto perché Katherine ha rapito la sorellina di Elena:
sostanzialmente non
le serviva a nulla, solo a richiamare l’attenzione su di
sé.
Ha
portato anche un’inquietante notizia: Klaus sta arrivando in
cerca di Elena. Vi
avviso fin da subito che non vi tedierò con la storia del
rituale, con il voler
proteggere a tutti i costi Elena, per questo mi sono già
bastati i 22 episodi
della seconda stagione.
Inoltre
la mia storia prende solo spunto dalla serie e dai libri per cui gli
sviluppi
saranno diversi; fidatevi di me ;)
Bonnie,
finalmente aggiungerei, sta cercando di ritrovare la sua
normalità e lentamente
sta approfondendo il suo rapporto con Chris. L’attrazione che
ha per lui è
palese e in fondo vorrebbe lasciarsi andare come una qualunque liceale.
Chi se
ne frega se lo conosce poco, se si vuole solo divertire o se la cosa
diverrà
seria. Quello che per la rossa conta è che con lui si trova
bene, in pace con
se stessa e riesce a dimenticare la sua vita straincasinata! Vedremo
come
proseguirà, anche perché c’è
qualcuno che si oppone …
E
qui arriviamo al pezzo forte: Damon che come al solito non si
risparmia. Come un
fratello geloso arriva pronto a difendere e salvare la sua sorellina.
Ma Bonnie
non vuole essere salvata, è stufa di essere salvata e cerca
di dimostrare di
essere cresciuta. Ci riesce? Più o meno, ma alla fine Damon
la lascia entrare
nel suo mondo e d’ora in poi, vi posso assicurare, che da
parte sua non ci
saranno ripensamenti sul suo rapporto con la ragazza, ma solo passi
avanti. La riconosce
come l’unica alleata e
amica, quindi perché
continuare a respingerla?
Piccola
parentesi tra Matt e Caroline (che sarà approfondita tra un
paio di capitoli) e
prima apparizione di Matt!
Con
gli ultimi due episodi della serie ho iniziato ad innamorarmi di lui,
l’ho
trovato assolutamente adorabile, anche se a volte un po’
idiota eheh.
Questo
mi riporta al dilemma lui o Tyler con Caroline? Boh, probabilmente lo
deciderò
negli ultimi capitoli. Per ora, comunque, è in vantaggio lui!
Tenetevi
forte per il prossimo capitolo: sarà quasi interamente
incentrato su Damon e
Bonnie e il titolo è “I want to be your
obsession”.
Ci
vediamo alla prossima!
*Nel
libro Matt dona il suo sangue ad Elena. Ho voluto mantenere questo
particolare
con Caroline.
Ringrazio
chi ha messo questa storia nelle preferite:
angelogiu
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2 - Bambola_Assassina
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3 - Bonnie98
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4 - BonnieMora
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5 - cyclopis
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6 - DamonElenaVampire
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7 - immy
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8 - irene862
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9 - JaneYumi
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10 - Kamelie
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11 - lisetta95
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12 - luna
nueva 96
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13 - Lunetta921
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14 - mapi93
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15 - meiousetsuna
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16 - noe
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17 - oversize
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18 - Paow
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19 - real
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20 - rippa91
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21 - roxxx
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22 - sarachan93
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24 - Selene_DW
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25 - Skin
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26 - strega78
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27 - TheGentle95
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Chi
tra le seguite:
Amicamia
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2 - Amy
In Wonderland
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3 - angelogiu
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4 - ania2692
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10 - cyclopis
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11 - Desyree92
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14 - gaga96
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15 - immy
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16 - indienerd
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17 - InsaneLady
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18 - iosnio90
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19 - irene862
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20 - ke_95
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21 - KiAmAtEmI_BoS
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22 - Marti_18
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23 - mary
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24 - meiousetsuna
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25 - MIR
edition
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26 - musa83
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27 - Osaka
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28 - oversize
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29 - polli10
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30 - RedAnneRose
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31 - Refia
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32 - rose_dawson
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33 - Samirina
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34 - Scillutta
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35 - sonnensystem
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36 - Sophia_
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37 - stefania502
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38 - sweet_ebe
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39 - The_WerewolfGirl_97
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40 - tykisgirl
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41 - veggente
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Chi
tra le ricordate:
-
Alessia
Killyourself
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2 - melita
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E
naturalmente chi recensisce e anche solo a chi legge!
Grazie
davvero, Fran ;)
|
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Capitolo 15 *** I want to be your obsession ***
Ashes &Wine
Capitolo quindici: I want to
be your obsession.
So here's my
confession (This time)
Don't just want you to love me
I want to be your attention (This time)
Want my name on the Marky
I want you (To want me)
I want you (To need me)
I want you to hear my confession
I want to be your obsession
(Obsession-
Sky Ferreira)
“Credi
che Katherine abbia detto la verità?” chiese
Stefan entrando nella camera del
fratello.
“Non
lo so … è quello che andrò a scoprire
stasera”.
“Ti
perdi la recita?”.
Damon
alzò un sopracciglio “La cosa ti sorprende? Ti
aspettavi davvero che venissi a
vedere la tua recita?”.
“La
recita di Bonnie” lo corresse Stefan.
“Sa
come la penso su certe cose. Non si offenderà”.
Stefan
storse la bocca poco convinto ma non provò nemmeno a fargli
cambiare idea.
Ultimamente aveva notato che lui e Bonnie andavano abbastanza
d’accordo, quindi
ci avrebbe pensato lei.
“Qual
è il tuo piano?”.
“Voglio
andare a Greensboro”.
“Dalla
colonia di vampiri?”.
“Sì,
quelli se ne vanno avanti indietro per la Dimensione Oscura, sapranno
certamente
come si accresce il Potere di un Antico e come ucciderlo”.
“Rischi
di farti ammazzare; sbaglio o l’ultima volta sei stato
cacciato dal loro
covo?”.
“E’
stato tempo fa e ora i vertici sono cambiati. Fratellino, ti stai
preoccupando
per me?”.
“Mi
preoccupo per la mia ragazza. Dato che stai andando a cercare
informazioni per
salvarle la vita, mi piacerebbe che tornassi vivo”.
“Non
ti crucciare, troverò il modo di salvare Elena. Lascia le
cose pericolose ai
grandi … tu va’ a recitare”.
Stefan
s’impose di mantenere la calma. La voglia di piantargli un
paletto nel cuore
era forte, ma lo voce di Bonnie fu provvidenziale “Stefan,
sei pronto? Caroline
mi ha già chiamato quattro volte: siamo in
ritardo”.
Damon
alzò la mano e scrollò le dita in segno di
saluto, mentre un sorrisino
soddisfatto e irritante andava a formarsi sulle sue labbra.
Stefan
lo trucidò con lo sguardo.
QQqqqmm
qQQ\
Bonnie
osservò la gente applaudire divertita alla fine dello
spettacolo. Non era stato
perfetto: tanti si erano inceppati, si erano dimenticati battute e non
proprio
tutti erano dei grandi attori, ma era piaciuto. In fin dei conti si
trattava di
festeggiare la fondazione della città e parte del ricavato
sarebbe andato in
beneficienza. Ma ormai era finita e Bonnie ne era ben contenta.
“Ma
quello è Damon?” le chiese Meredith alludendo alla
figura del vampiro in fondo
al teatro, poggiata contro il muro. La rossa annuì.
Alla
fine era venuto. Bonnie non poté evitare di sorridere
teneramente. Che avesse
assistito alla recita per lei, per Elena o per chiunque altro, poco le
importava. Lui era lì e questo dimostrava che sotto, sotto
ci teneva.
Il
vecchio vampiro scorbutico ad uno spettacolo di liceali! Sembrava
l’inizio di
una barzelletta. In quella città era sempre tutto
così dannatamente assurdo!
Bonnie
lo tenne d’occhio per un po’, fino a che non lo
vide sparire tra la folla e
dileguarsi. Ignorò Caroline che la esortava ad andare a
cambiarsi per il
rinfresco del dopo-spettacolo e scese dal palco. Zigzagando, si fece
largo tra
la gente urtando qualcuno e inciampando un paio di volte nel suo stesso
vestito.
Non
seppe dire perché si fosse lanciata ad inseguire Damon;
probabilmente se ne
stava tornando a casa, ma il suo istinto le suggeriva che il vampiro
stava
nascondendo qualcosa. E Bonnie Salvatore ormai era diventata una maga
ad
immischiarsi nei fatti altrui.
Uscì
dall’auditorium e proseguì per il corridoio
silenzioso fino al portone. Lo aprì
e sentì l’aria fredda della sera colpirla in volto.
L’abito
che indossava era pesante da portare, ma estremamente leggero se si
trattava di
tenere caldo. Rabbrividì e cercò con lo sguardo
Damon.
Era
in fondo al parcheggio, stava aprendo la portiera della sua Ferrari.
Tra lui e
la sua macchina era difficile dire chi veniva notato di più.
Costituivano una
combinazione vincente: un ragazzo figo su una macchina altrettanto figa.
“Dove
vai?” urlò Bonnie scendendo a fatica i gradini per
via dei tacchi.
Damon
non si voltò neanche “A casa” rispose.
“Non
mentirmi” gli intimò Bonnie. Vide Damon tendersi e
sbuffare, prima di girarsi
verso di lei “Sul serio, perché non ti occupi
delle tue faccende da teenager?”.
“Lo
stavo facendo due sere fa, prima che tu arrivassi a strapparmi dal
divertimento” gli ricordò “Dove stai
andando?” gli richiese.
“Voglio
scoprire se quello che ci ha detto Katherine è vero e
conosco chi può dirmelo”
le spiegò appoggiandosi all’auto.
“Ok”
asserì Bonnie “Vengo con te”.
“Scordatelo”.
“Damon!
Ricordi quello che ci siamo detti l’altro giorno? Sul fatto
che non sono più
una bambina e che ti devi fidare di me?”.
“Vagamente”.
Bonnie
lo fulminò con gli occhi.
“Perché
t’interessa tanto? Vado solo a cercare delle informazioni,
non è una gran
cosa!”.
“Considero
Elena come una delle mie migliori amiche. Con me è stato
buona e onesta, mi ha
accolto in casa sua quella volta che sono scappata e … mi
conosceva da un
giorno, ma mi ha trattato come se fossimo amiche da sempre. Voglio
aiutarla,
voglio che stia con la sua famiglia, voglio che viva”.
“Ti
perderai il rinfresco” l’avvertì Damon.
“Ne
posso fare a meno. Hai qualche altra obiezione o possiamo
andare?”.
“Accomodati
pure, ma … io parto ora, non posso aspettare che ti cambi,
perciò … sarà per la
prossima volta” alzò le spalle, la
salutò con la mano ed entrò in auto.
Bonnie
strinse i pugni e arrossì dal nervoso. Marciò
verso la portiera di destra e l’aprì.
Lei e il suo vestito ingombrante
si sedettero sul sedile in pelle sotto lo sguardo seccato di Damon.
“E
va bene” l’accontentò lui cedendo alla
testardaggine della ragazza “ Ma prova
ad infastidirmi e ti lascio sul ciglio della strada, intesi?”.
“Starò
muta come un pesce”.
Dopo
mezz’ora Damon si accorse che Bonnie non aveva la
più pallida idea di cosa
significasse l’espressione “stare muti come dei
pesci”.
Negli
ultimi trenta minuti Bonnie aveva abbassato e rialzato il riscaldamento
una
decina di volte, aveva fatto il giro di tutte le stazioni radio in
cerca di
qualcosa che le piacesse e aveva continuato a blaterare su quanto fosse
stato
imbarazzante stare su quel palco davanti a tutti.
Ma
ciò che in assoluto lo irritava maggiormente era quello
stramaledetto abito che
ingombrava tutto il sedile di destra e buona parte di quello di
sinistra,
ovvero dove lui era seduto.
“Potresti
gentilmente togliere quella tenda dal mio cambio?”.
“Non
è una tenda!” replicò Bonnie offesa
“E lo terrei volentieri lontano dal tuo
cambio se riuscissi a sgonfiare un po’ la gonna!”
guardò fuori dal finestrino
“Dove siamo diretti?”.
“A
Greensboro”.
Bonnie
allargò gli occhi “E’ nel Nord
Carolina” dichiarò.
“Già,
grazie per le coordinate geografiche” disse Damon
“Se per te è troppo lontano,
fai sempre in tempo a scendere e farti venire a prendere da
Stefan”.
“Non
è troppo lontano; ero solo curiosa! Perché stiamo
andando lì?”.
“C’è
una colonia di vampiri che mi possono aiutare”
spiegò Damon con fare un po’
sfinito “Non hai sonno? Non hai voglia di rilassare la voce
dopo tutto quel
declamare sul palco?”.
“Scusami,
cercavo di fare un po’ di conversazione”
si sdegnò la ragazza cambiando nuovamente la
stazione radio. Quella
volta, però, il pezzo fu di suo gradimento e lo
lasciò.
“Let’s spend the night
together” dei Rolling Stones. L’ascoltava
sempre quando era più piccolina; aveva
tutto il cd e spesso le capitava di metterlo proprio durante i viaggi
in
macchina.
Una
volta lei e Clara erano partite con la famiglia di
quest’ultima per un viaggio
on the road attraverso la Francia e Bonnie aveva portato quel cd
d’ascoltare.
Senza
rendersene conto, si ritrovò a canticchiarla.
Appoggiò la testa la finestrino e
prese a guardare la strada. Avevano abbandonato le luci delle
città da tempo e
ora procedevano per le strade secondarie circondate solo dalla
campagna. Un
paesaggio da far venire i brividi, così immerso nel buio e
nel silenzio, ma con
Damon accanto acquistava sfumature quasi piacevoli.
Bonnie
aveva girato tutta Europa, ma non aveva mai visitato nessun luogo negli
Stati
Uniti che non fosse Fell’s Church. Era la prima volta che si
allontanava dalla
cittadina per vedere un angolo di America.
“Avrebbero
dovuto farti cantare, non recitare” Damon la distolse dai
suoi pensieri.
“Come?”
Bonnie lo fissò interrogativa.
“Ho
detto che avresti fatto un figura migliore come cantante che come
attrice” le
ripeté “Eri rigida come un palo su quel
palco” constatò facendo arrossire
Bonnie fino alla punta dei capelli “Ma forse era colpa del
tuo compagno di
battute; non sapeva trasmetterti la passione di cui avevi bisogno. Mi
sono
commosso di più guardando una puntata di Lost. Jack e Kate,
quei due sì che
avevano chimica”.
“Ho
sempre detto a Caroline che non ero brava a recitare” si
difese Bonnie “E Chris
ha fatto un ottimo lavoro, è entrato perfettamente nel
personaggio e mi ha
messa a mio agio.
“Certo”
asserì Damon sarcastico chiedendosi da quando in qua fosse
diventato Chris e non
più Christopher
“Talmente a tuo agio che non vi siete nemmeno
baciati”
ghignò “E per inciso, se vuoi far vedere le
scintille, non devi sentirti a tuo
agio” le consigliò.
“Ci
siamo baciati!” lo contraddisse Bonnie. Ok, era stato un
bacio a stampo
all’angolo della bocca, velocissimo; perché
nessuno dei due aveva piacere a
condividere il loro primo vero
bacio
sulla scena.
“Se
quello lo chiami bacio, allora, fattelo dire, nessuno ti ha mai baciato
veramente” la informò Damon senza riuscire a
trattenere un sorriso di schermo.
Bonnie
diventò color ciliegia e assottigliò le labbra
“Per tua informazione so
cosa significa baciare. Io e Chris
abbiamo preferito qualcosa di leggero perché lui
è un gentiluomo e non voleva
baciarmi per la prima volta su un palco”.
“Chiamasi
stoccafisso”.
“Sai,
non tutti infilano la lingua nella gola di una donna alla prima
occasione come
fai tu” lo ribeccò lei.
“Che
ne sai di come bacio?” le domandò girando di
scatto la testa verso di lei
“Credimi, rossa, una volta provata, non riusciresti
più a fare a meno della mia
lingua” la stuzzicò piegando il viso
verso le labbra della ragazza.
“La
strada” lo freddò Bonnie spingendolo via
“Tieni gli occhi sulla strada”.
Damon
scosse la testa e continuò a guidare senza badare
più alla rossa seduta
accanto. La ragazza d’altra parte riprese a cantare il
ritornello finale della
canzone ad alta voce e poco ci mancò che non coinvolgesse
anche il vampiro.
A
Damon era sempre piaciuti i Rolling Stones, più dei Beatles.
Li trovava una
versione meno censurata dei Fab Four, più trasgressiva e
dopo cinquecento anni
di vita essere eccessivi diveniva l’unica soluzione per non
annoiarsi.
Era
quasi l’una quando l’auto superò il
cartello di Greensboro. Bonnie fece due
calcoli e realizzò che ci avevano impiegato quasi quattro
ore. Chissà
a che ora sarebbe tornata a casa.
La
città era piuttosto grande e passando per il centro Bonnie
poté constatare che
quanta gente vi abitasse. Le vie principali erano intasate dal traffico
nonostante fosse tardi e i marciapiedi erano affollati da gente che si
accalcava nei vari locali.
A
Fell’s Church non aveva mai visto tutta quella vita notturna.
A parte il Grill,
non c’erano altri locali frequentati da ragazzi. Era un
paesino tranquillo, più
che altro residenziale; d’altro canto l’alto tasso
di sopranaturalità
compensava la calma che pervadeva quella cittadina.
Greensboro
era tutta un’altra storia, ma presto abbandonarono tutte le
luci, il vociare e
si addentrarono in stradine di periferia e lo scenario
cambiò: lampioni qua e
là e non sempre funzionanti, case dai muri anneriti e un
po’ ammuffiti, vie mal
lastricate con qualche ciottolo mancante. Le sembrava di essere finita
in uno
di quei quartieri londinesi in cui venivano ambientate le storie
dell’orrore su
vampiri e licantropi. E voltandosi verso Damon, ricordandosi che cosa
fosse,
pensò di non essere tanto lontana dalla realtà.
Damon
parcheggiò al lato di un marciapiede, davanti ad un divieto
di sosta grande
come una casa, ma Bonnie non considerò nemmeno di farglielo
notare. Tanto non
l’avrebbe spostata lo stesso.
Scese
dalla macchina e tremò. Se quando aveva seguito Damon fuori
dalla scuola, aveva
creduto di sentire freddo, ora si era accorta che non era niente
paragonato
all’aria dell’una di notte.
L’uomo
non disse una parola; si limitò ad un cenno della mano
indicandole di seguirlo
e di fare silenzio.
Oltrepassarono
un portone in pietra, entrando in un cortile, se possibile, ancora
più
malconcio dell’isolato in cui si erano fermati.
Era
il retro di uno strano negozio che emanava un odore insopportabile.
Bonnie fece
una smorfia disgustata e si portò una mano al naso.
Damon
girò subito a sinistra e scese una piccola scala in pietra e
la ragazza lo
imitò felice di sottrarsi a quel fetore.
Arrivarono
di fronte ad una porta di legno, scardinata in basso.
“Damon,
sei sicuro che sia il posto giusto?”. Insomma degli unici
vampiri che
conosceva, due vivevano in una reggia e l’altra aveva una
casa più che
confortevole. Le veniva difficile credere che altri della loro specie
si
accontentassero di stare in una bettola del genere.
“Più
che sicuro” rispose lui “Stammi vicino”.
Spinse
la porta e l’aprì rivelando un corridoio deserto e
illuminato da torce alle
pareti. Damon si avviò con Bonnie alle calcagna che si
guardava attorno
affascinata: era tutto in legno dall’aspetto un po’
malandato, sembrava una
casa fatta di cunicoli che si snodavano nei basamenti degli edifici
superiori.
Tanto
era presa dal muovere la testa a destra e a sinistra che non fece caso
a Damon,
fermo e andò a sbattere sulla sua schiena. Lui non le diede
conto.
“Hai
una bella faccia tosta per ripresentarti qui dopo quello che hai
combinato”.
Bonnie
si sporse oltre le spalle del vampiro e scorse due donne. Entrambe
bionde, ma
molto diverse fisicamente. Apparivano tanto belle quanto pericolose.
“Signore”
le salutò Damon “Verrò qui
più spesso se sarete voi ad accogliermi”.
“Dovrei
staccarti la testa solo per esserti avvicinato a Greensboro”
ringhiò la più
alta tra le due.
“Ecco
la prima lezione, Bonnie” le si rivolse Damon “Le
donne sono delle maghe nella
vendetta, ma le vampire sanno serbare rancore per secoli”.
“Togliti
quel sorrisino del cazzo dalla faccia” gli intimò
sempre la solita donna “Non
costringermi a venire lì”.
“Non
sono venuto qui litigare con te, Julia, ma non rifiuto mai una bella
scazzottata con una donna”.
“E’
Juliet, figlio di pu-”.
“Che
sta succedendo qui?” tuonò una voce alle spalle
delle due donne.
Bonnie
allungò il collo per individuare il nuovo arrivato: era un
uomo abbastanza
alto, capelli ramati e lunghi fino alle spalle, torso nudo.
“Damon
Salvatore” disse “Sei venuto per farti
ammazzare?”.
“In
realtà sono venuto per te, Sage”.
“Vorrei
sapere dove è finita!” esclamò Caroline
sedendosi al tavolo di fronte a
Meredith e sbattendo il cellulare sul tavolo.
“Chi?”
le chiese la mora.
“Bonnie!
Con il vestito” spiegò Caroline
“L’avrò chiamata una decina di volte e
non mi
risponde, a scuola non c’è e il vestito non era
sullo stand, quindi vuol dire
che se n’è andata che ce l’aveva
addosso”.
“Può
riportartelo domani”.
“Deve riportarmelo domani! È il
vestito
che Honoria ha indossato al fidanzamento! La famiglia Fell mi uccide se
gli
succede qualcosa”.
“Non
preoccuparti, Care, se ne sarà andata da qualche parte con
Christopher; è da un
po’ che non vedo nemmeno lui”.
“Se
osa fare delle porcherie con quel vestito addosso
…”.
“Solo
perché tu lo faresti, non vuol dire che lei faccia lo
stesso” sentenziò l’amica
con una nota un po’ velenosa nella frase.
“Meredith!”
s’indignò Caroline “Hai davvero
così una brutta opinione di me?” finse di
offendersi e poi tornò seria “Comunque
è da parecchio che non faccio certe
cose. E lo ammetto … inizia a
mancarmi”.
“Non
dirmelo: hai deciso di preservare la tua virtù
vampiresca?”.
“Prendermi
in giro se vuoi, ma essere un vampiro è anche peggio.
È tutto più forte”
sussurrò abbassando un po’ la voce
“Parliamo di te piuttosto! Dov’è sparito
Alaric? La supplente di storia fa schifo!”.
“E’
in Scozia, a studiare i Druidi o qualcosa del genere. Dovrebbe tornare
tra
pochi giorni, a meno che non ci siano ancora cambi di
programma”.
“Perché?
Doveva essere già di ritorno?”.
“Sì,
ha allungato di qualche giorno il viaggio … pare che stia
facendo ricerche per
conto di Damon, ma non ha voluto aggiungere altro”.
“Per
Damon? Che cosa c’entra Damon con i Druidi?” chiese
Caroline un po’ sospettoso.
“Ormai
non mi stupisco più di niente” commentò
Meredith e subito dopo si tese come una
corda di violino.
Caroline
non comprese subito quel cambiamento finché di fianco a loro
non comparve
Christopher Rydell “Ehi ragazze, sapete per caso
dov’è Bonnie? Ci dovevamo
incontrare qui ma non la vedo”.
Caroline
e Meredith si guardarono allarmate.
“Vado
ad avvertire Stefan” disse la mora.
“Ahah!”
rise Sage “Mon ami,
è un plaisir vedere che
sei ancora vivo*”
esclamò.
“Non
è così facile sbarazzarsi di me”
replicò quell’altro.
“E
chi è questa petite rossa?”
domandò
Sage piegandosi su Bonnie.
“Sage!”
urlò la donna più bassa “Non puoi
permettergli di stare qui dopo quello che ha
fatto!”.
“L’ultima
volta che ho controllato ero io il capo qui dentro” la
gelò il vampiro dai capelli
color bronzo “E poi sono sicuro che Damon farà il
bravo, vero?”.
“Croce
sul cuore che possa crepare” confermò
l’altro con la sua solita ironia fuori
posto.
In
un batter d’occhio le due vampire scomparvero lanciando un
ringhio cupo.
“Non
dovevi presentarti qui” lo rimproverò Sage
“Sai di non essere il benvenuto
e io non posso tenerli tutti a bada”.
“Sono
venuto per discutere con te di una cosa importante” disse
Damon rivolgendosi
all’amico.
“Così
importante da non poter aspettare che io uscissi per la
caccia?”.
Bonnie
gettò un’occhiata severa a Damon.
L’aveva portata in un covo pieno zeppo di
vampiri sebbene ci fosse la possibilità ottenere
informazioni in un modo più
sicuro? Così tipico di Damon.
“Si
tratta di Klaus”.
Sage
divenne d’un colpo rigido “Non qui. Vieni con
me” gli diede le spalle e sparì
dietro una delle porte del corridoio.
“Aspettami
fuori” ordinò Damon a Bonnie.
“No!”
si oppose la ragazza “Non puoi lasciarmi qui! Quei vampiri
…”.
“Non
oseranno fare niente. Sage è il loro capo ed è
dalla mia parte. Non gironzolare
e vedrai che non succederà niente” poi raggiunse
Sage.
Bonnie
digrignò i denti. Tutti quei discorsi sulla fiducia e poi la
tagliava fuori
quando era vicina a sentire la verità.
Se
ci fosse stata Elena non
l’avrebbe mai lasciata sola qua fuori. Si
ritrovò a pensare con una nota di disappunto.
Che
senso aveva portarla fino a Greensboro e poi non permetterle di
ascoltare
quello che Sage aveva da dire.
Una
bambina. L’avrebbe sempre vista come la piccolina di dieci
anni prima. Bonnie strinse
i pugni lungo i fianchi innervosita. Quanto lo odiava quando si
comportava così
da cazzone.
Udì
il vociare degli altri vampiri; dovevano essere in molti a giudicare
dal
baccano che stavano facendo. Bonnie avrebbe dovuto sentirsi intimorita,
avrebbe
dovuto starsene lì buona e ferma finché Damon non
fosse uscito, sperando che
nessuno degli altri la notasse. Invece fece esattamente
l’opposto.
Oltre
ad essere affascinata da quel posto inquietante ma nel contempo
suggestivo,
aveva anche una voglia matta di osservare tutti quei vampiri. Dopo
tutto stava
ancora cercando di capire che cosa significasse essere un non-morto e
quale
migliore occasione se non quella?
Erano
vampiri veri, non vegetariani come Stefan e nemmeno adolescenti come
Caroline,
ma cacciatori come Damon.
Bonnie
iniziò ad addentrarsi nei cunicoli di quella strana casa.
Procedeva seguendo le
voci. Vagò lungo il corridoio che si snodava sottoterra e
appariva
attorcigliato come un labirinto. Bonnie temette che non sarebbe
riuscita a
ritrovare la via per tornare indietro.
“Quel
grandissimo bastardo!”.
Bonnie
si bloccò sul posto. Guardò verso sinistra: una
porta era aperta. Si avvicinò
in punta di piedi e rimase ad ascoltare.
“Dopo
che ha ucciso mio sorella, ha avuto il coraggio di tornare qui e
prendermi pure
in giro!”.
Bonnie
riconobbe all’istante la voce: era Juliet, la vampira bionda
e alta.
“Davvero
non capisco come Sage possa permettere che rimanga impunito”.
“Ho
sentito un’altra voce? Chi c’era con
lui?” questo invece era un uomo.
“Un
topolino rosso” rispose Juliet “E qualcosa mi dice
che ci sta ascoltando in
questo preciso istante”.
Bonnie
chiuse gli occhi lentamente: beccata.
“Forza,
unisciti a noi” improvvisamente Juliet comparve davanti a lei
e la prese
malamente per un braccio costringendola ad entrare nella stanza.
“E’
umana!” esclamò un ragazzo dai capelli rosso scuro.
“Certo
che è umana, Bert! Deve essere la sacca di sangue di
Salvatore” sibilò Juliet.
“Non
sono la sua sacca di sangue!” ribatté Bonnie.
“Il
topolino parla” scherzò l’altra bionda
di cui Bonnie non aveva ancora afferrato
il nome.
Tremò
visibilmente. Quella stanza era piena di vampiri: a parte i tre che
avevano
parlato, tutti gli altri erano stesi sui divani e assistevano alla
scena
incuriositi.
“Tranquilla
non ti faremo del male” la rassicurò Bert.
“Anche
se sarebbe divertente fare incazzare Damon” disse Juliet
“Bel vestito” si
complimentò scannerizzando l’abito “Ti
ricorda qualcosa, Dana?”.
La
bionda più bassa di nome Dana le diede man forte
“E’ praticamente uguale a
quello che indossavi quando sei stata trasformata”.
“George
voglio quel vestito” tuonò Juliet.
Bonnie
in quel momento notò un altro vampiro nascosto dalla luce,
seduto in un angolo.
Sembrava piuttosto crucciato e assolutamente indifferente a
ciò che gli stava
accadendo attorno “Prenditelo” fu la risposta.
Bonnie
non aveva mai incontrato dei vampiri abituati a vivere in gruppo, ma
non le
risultò difficile capire le dinamiche di quelli che le
stavano davanti.
Juliet
appariva come una bambina viziata, ma con una certa influenza sugli
altri; Dana
doveva essere una sua vecchia amica o addirittura un’altra
sorella considerando
la somiglianza; George era solitario e guardava tutti con una sorta di
disgusto, tutti tranne Juliet; probabilmente erano compagni e infine
Bert, un
ragazzino al comando della vampira bionda.
Gli
altri nella stanza erano spettatori silenziosi e attenti allo
spettacolo.
“Bert!”
trillò Juliet “Prendimi quel vestito”.
Bonnie
sgranò gli occhi e fece qualche passo indietro mentre il
giovane vampiro avanzava
verso di lei. Si trovò presto con le spalle attaccate alla
parete e nessuna via
di fuga. Cosa avrebbe fatto?
Non
poteva strapparglielo di dosso o sì? Bonnie non voleva
assolutamente cedere ma
se questo comportava essere ferita, non sarebbe stato meglio mettere da
parte
l’orgoglio?
Damon
era un vampiro potente e in quel momento era insieme al loro capo. Le
avrebbero
lo stesso fatto del male andando incontro all’ira dei due?
Bert
le posò le mani sulle spalle e abbassò il viso
fino a guardarla direttamente
negli occhi. Si concentrò come gli aveva insegnato Juliet e
si preparò ad usare
il suo Potere dato che la rossa non pareva collaborativa.
“Togliti
il vestito e dammelo” pronunciò mandando una
sferzata di Potere.
“No!”
si oppose Bonnie “Levami le mani di dosso”. Non
seppe nemmeno lei dove avesse
trovato il coraggio di parlare ma fu un bene perché Bert
sollevò subito le mani
e si allontanò.
Appariva
confuso e frastornato, come se fosse stato influenzato. Bonnie
deglutì
rendendosi conto che era accaduto esattamente la stessa cosa che aveva
fatto
con Katherine qualche giorno prima. Ma ciò che la
terrorizzò davvero fu la
reazione di tutti gli altri vampiri. Se prima se ne stavano seduti,
assistendo
sì alla scena ma badando anche ai fatti loro, ora si erano
alzati e non le
staccavano gli occhi di dosso. Si sentì come un pezzo di
carne fresca in mezzo
ai leoni.
“L’avete
sentito anche voi?” chiese titubante Bert.
Juliet
stentava quasi a trattenere un sorriso di gioia “Avete idea
di quanto sia
buono?” si rivolse a tutti gli altri.
“Non
l’ho mai assaggiato! Non credevo nemmeno di poter incontrarne
una!” batté le
mani Dana saltellando felicemente.
“Questa
sembra anche inesperta” asserì George alzandosi
dalla sedia e venendo alla fine
sotto la luce “Non dovrebbe essere difficile farla stare
ferma”.
“Siete
sicuri che sia una buona idea?” s’intromise di
nuovo Bert “Voglio dire … è
venuta con Damon Salvatore e io non ci tengo molto a vederlo
arrabbiato”.
“Nessuno
ti obbliga a farlo” gli assicurò Dana
“Vorrà dire che ce ne sarà
più per noi”
poi si rivolse a Bonnie “Forza topolino vieni qua, nessuno ti
farà del male”.
“Non
ti avvicinare” le intimò Bonnie “Damon
ti strapperà il cuore se solo mi
toccherai”. Dana rise e Bonnie impallidì. Come le
era uscita quella frase?
Suonava così patetica, ma era l’unica che le fosse
venuta in mente.
Aveva
ben inteso che tutto quel parlare di assaggiare, di essere buono, si
riferiva
al suo sangue; anche se non aveva ancora capito che cosa avesse di
speciale.
Aveva
tanto sperato che quella minaccia fosse sufficiente a farli desistere,
ma
quando alla risata di Dana si aggiunse quella di tutti gli altri
iniziò ad
avere sul serio paura.
“La
cosa non fa che eccitarci di più, topolino. A Damon non
farà piacere scoprire
che qualcun altro ha mangiato la sua cena”
cantilenò Dana.
“Io
non sono la sua cena!” la contraddisse Bonnie.
“Dana”
chiamò Bert “La ragazzina ha ragione: quel vampiro
ci farà a pezzi!”.
“Ti
abbiamo già detto che puoi startene in disparte. Nessuno
sentirà la tua
mancanza” Juliet mosse qualche passo verso Bonnie in modo
così strisciato da
sembrare un serpente.
Bonnie
non ebbe neanche il tempo di urlare che Juliet scattò in
avanti e protese le
zanne. La ragazza ebbe solo la forza di scansarsi di lato appena prima
che la
vampira si schiantasse contro il muro.
Bonnie
finì contro un tavolo di legno che si spezzò per
l’impatto. La rossa cadde a
terra tra i pezzi del tavolo e si ferì. La manica del
vestito si era strappata.
Il sangue uscì a gocce dal suo braccio; ci mise una mano
sopra provando a
fermarlo e a pulire la ferita ma un ruggito la distrasse. Torse
lentamente il
collo fino a incrociare gli sguardi affamati dei vampiri. Il sangue
aveva
solleticato i loro sensi e li aveva spinti al massimo.
Bonnie
ebbe la certezza che non ne sarebbe uscita viva. La sua mano si strinse
istintivamente intorno ad un pezzo di legno che aveva
l’aspetto parecchio
appuntito. Ma chi vuoi prendere in giro!
Non sai neanche come si impugna un paletto di legno.
Era
vero: non era propriamente la versione reale di Buffy, ma doveva pur
tentarci
no? L’alternativa era morire.
Voleva
con tutto il cuore chiamare Damon, ma temeva di peggiorare
ulteriormente la
situazione. L’unica soluzione era prendere tempo.
“Tirati
su” comandò Juliet prendendola per un braccio e
obbligandola ad alzarsi. Senza
battere ciglio, le piegò il polso e se lo portò
alla bocca. Leccò la ferita e
la lavò di tutto in sangue emettendo mugolii di godimento
“Dove sei stata
nascosta tutto questo tempo, topolino?”.
Bonnie
sollevò di poco l’altro braccio e a tutta
velocità diresse il paletto verso lo
stomaco della vampira. Juliet, però, non era una novellina e
senza sforzo le
afferrò il braccio, glielo storse e Bonnie fu costretta a
lasciar cadere il
paletto, ovvero l’unica arma che possedesse.
Juliet
la spinse indietro e altri due vampiri la presero e la bloccarono per
le
braccia. Bonnie si dimenò inutilmente.
“Adesso
tocca a te, Dana” la invitò.
“Possiamo
farlo insieme” propose Dana. Le due si sorrisero e rivolsero
tutta l’attenzione
a Bonnie.
Capendo
di essere spacciata, si decise finalmente ad urlare
“DAMON!”.
“Quindi
mi stai dicendo che Katherine ha detto la verità?”
chiese un incredulo Damon.
“Sto
dicendo che quello che ti ha raccontato ha senso. Il sangue degli
esseri
soprannaturali ha sempre un qualcosa di speciale; quello dei vampiri ad
esempio
ha poteri curativi. Le doppelgaenger sono considerate come
supernaturali e il
loro sangue di solito è associato a maledizioni o rituali,
per cui è molto
potente. Se Klaus sta cercando di accrescere il suo Potere, il sangue
di una
doppelgaenger è l’ingrediente indicato”
spiegò Sage.
Damon
non proferì parola e rimase a riflettere su ciò
che aveva appena ascoltato.
Qualcosa dentro di lui s’incrinò: per la prima
volta cominciava a realizzare
che la vita di Elena era in pericolo. Non si trattava più di
una competizione
amorosa con suo fratello; quella volta avrebbe dovuto affrontare un
avversario
molto più potente e abile, con anni di esperienza e una
determinazione che non
si sarebbe fermata di fronte a due fratelli in difesa di
un’umana.
Avrebbe
rischiato sul serio di perderla e non riusciva nemmeno a pensare ad un
mondo
senza Elena Gilbert.
Damon
Salvatore era forte, scaltro e aveva sempre la situazione in pungo; non
era il
tipo da ritrovarsi impreparato, ma ora si sentiva impotente come un
bambino.
“Come
faccio a fermarlo, Sage?” il tono sembrava proprio quello di
un bimbo che
chiedeva aiuto ad un adulto.
“Non
puoi” gli svelò l’altro vampiro
“Uccidere un antico è pressoché
impossibile.
Possono essere feriti solo dal legno di frassino bianco, ma
è rarissimo, praticamente
introvabile”.
“Ed
è l’unico modo?”.
“E’
tutto quello che so, mon ami, mi
dispiace ma non posso aiutarti” si scusò Sage
rammaricato “Anche se …”.
“Anche
se?” lo incalzò Damon.
“I
riti di questo genere sono legati alla magia e forse la magia
è la soluzione”
suggerì il vampiro francese.
“In
poche parole dovrei chiedere aiuto alle streghe”
semplificò Damon e vedendo
Sage annuire, aggiunse in un sussurro “Fantastico! Le streghe
mi odiano”.
“Allora
trovane una a cui stai simpatico o la tua diventerà una
missione suicida”.
Damon
s’incupì ancor di più. Rintracciare una
strega che non lo volesse morto
risultava più difficile di sconfiggere Klaus.
Poi
arrivò qualcosa che lo scollegò completamente da
Elena, dal vampiro originario
e da tutti gli altri problemi. Un urlo. Bonnie.
“DAMON”.
Sage,
nonostante la sua vista sovrumana, quasi non percepì
l’altro vampiro volare
fuori dalla stanza.
Damon
raggiunse in un soffio la grande sala dove si erano riuniti tutti i
vampiri. Si
fece spazio, scostandoli malamente fino a scorgere Bonnie trattenuta da
Juliet
e Dana. La prima le aveva tappato la bocca per impedire che gridasse
nuovamente, la seconda aveva già allungato i canini e aveva
preso a carezzare
il collo di Bonnie.
Damon
le afferrò entrambe per le maglie e le tirò
indietro con forza. Bonnie fu
strattonata e cadde per la seconda volta a terra; si sbrigò
a rintanarsi in un
angolo, portando le ginocchia al petto impaurita.
Aveva
azzeccato a classificare Bert come lo schiavetto di Juliet. Il giovane
vampiro,
come vide la sua adorata trascinata indietro malamente, si
gettò su Damon con
l’intenzione di morderlo.
Non
riuscì nemmeno a metterli le mani addosso: Damon con una
facilità sorprendente
chiuse la mano a pugno attorno al suo cuore e lo strappò
dalla gabbia toracica.
Bonnie
dovette mettersi una mano sulla bocca per trattenere un conato di
vomito.
Gli
occhi di Juliet s’infiammarono per l’umiliazione e
gli ringhiò addosso. Damon
raccolse il paletto usato precedentemente da Bonnie e alzò
la mano pronto a
colpire la vampira.
Venne
bloccato da George, che infine si era messo in mezzo per proteggere la
sua
compagna. Gli bloccò entrambe le mani e lo spinse al muro.
Bonnie
per un attimo ebbe timore per la vita di Damon; ma
quest’ultimo non si lasciò
sopraffare: gli assestò un calcio in pieno stomaco e lo
spinse fino alla parete
opposta. Strinse il paletto di legno e procedette verso George. Tutto
il suo
Potere era concentrato su di lui e non fece caso a Juliet che,
rifiutandosi
categoricamente di perdere un’altra persona cara, si
piazzò dietro a Damon
pronta ad attaccare.
Bonnie
fu presa dal panico, perché sapeva che con buone
probabilità Juliet sarebbe
riuscita nella sua impresa di uccidere una volta per tutte Damon
Salvatore. La
rossa valutò velocemente le due opzioni e si accorse subito
che l’unica cosa
possibile per fare uscire entrambi da quel posto vivi, era distrarre
Juliet.
Così colta da un improvviso istinto di sopravvivenza, si
mise in piedi e saltò
sulla schiena della vampira.
La
scena doveva anche risultare comica per chi vi stava assistendo, ma
Bonnie se
la stava letteralmente facendo sotto.
Juliet
allargò gli occhi, sorpresa anche lei da
quell’atto di coraggio, e iniziò a
scuotersi e a girare per scrollarsela di dosso.
Damon
rimasse di stucco, come tutti gli altri del resto, a osservare la lotta
tra le
due. Con tutto quello che stava facendo per salvarle la pelle, quella
ragazzina
si era buttata senza pensarci tra le fauci del mostro.
Si
ripromise di ucciderla con le sue mani, se mai fossero riusciti a
scamparla.
George
approfittò di quel momento di esitazione per attaccare e a
lui si unì Dana.
Fino a quel momento tutti erano stati presi dal dramma di Juliet che
nessuno si
era accorto che Dana fosse combattiva quanto lei se non di
più.
Damon
ebbe serie difficoltà a gestire sia la vampira che George e
più di una volta
rischiò grosso.
Juliet
nel frattempo cercava in tutti i modi di sbarazzarsi di Bonnie che le
si era
avvinghiata addosso come un koala; probabilmente sarebbe anche riuscita
a
liberarsi della piccola umana se non avesse inciampato nel tavolo
precedentemente rotto. Tutte e due caddero: Bonnie, però,
scivolò sul pavimento
senza farsi male; Juliet invece capitò proprio su un pezzo
appuntito di quello
che rimaneva di una gamba del tavolo e le si conficcò in un
fianco. Muggì di
dolore.
Damon
riuscì a bloccare Dana e la impalettò mancando
volutamente il cuore e si girò
per affrontare George.
“Ora
basta!” li fermò la voce adirata di Sage.
“Mi
chiedevo giusto quando saresti venuto a rimettere in riga i tuoi
cani” disse
Damon sfacciatamente.
“Avevi
promesso che ti saresti comportato bene” Sage non sembrava
così ben disposto a
fare battute.
“Questo
prima che cercassero di assaggiare la mia ragazza”.
Bonnie
non poté fare a meno di arrossire. Nonostante Damon avesse
dato a quella frase
sfumature ben diverse da ciò che si poteva pensare, Bonnie
si chiese,
involontariamente, come ci si dovesse sentire ad essere la ragazza di
Damon
Salvatore.
“Credo
che faresti meglio ad andartene, Damon” era stato formulato
come un consiglio,
ma era un comando molto palese.
“No!”
si oppose Juliet “Non puoi lasciarlo andare via
così! Ha ucciso mio sorella, ha
ucciso Bert! E avrebbe ucciso anche Dana se non avesse
sbagliato”.
“Ho
sbagliato di proposito, razza di gallina”.
“E
guarda cosa mi ha fatto quella sgualdrina” si
lamentò indicando il legno che le
trapassava il fianco “Ci metterò ore a togliere le
schegge!”.
“Cosa
vuoi che faccia, Juliet?” le chiese pazientemente Sage.
Lei
aprì la bocca, ma Sage la fermò prima che potesse
emettere suono “Qualcosa che
non comporti la morte di nessuno, se possibile …”.
Juliet
mise il broncio e incrociò le braccia come una bambina
“Voglio il suo vestito”
e puntò il dito contro Bonnie.
“Cosa?”
saltò la ragazza.
“Il
vestito, lo voglio” ripeté Juliet caparbia.
“No!”
si rifiutò Bonnie.
“Toglilo”
l’ordine non era arrivato né da Juliet
né da Sage.
“Damon
…” boccheggiò Bonnie “Non
dirai sul serio!”.
“Dalle
quel maledetto vestito” la voce era ferma e non ammetteva
repliche.
Bonnie
strinse le labbra tra i denti per non piangere. Si portò le
mani sulla cerniera
dell’abito e la tirò giù. Fece
scivolare le maniche sulle braccia scoprendo la
parte superiore, poi con una leggera pressione sulla gonna
sgusciò fuori dal
vestito restando in sottoveste rossa e tacchi.
Non
si era sentita mai così nuda in vita sua e nei suoi occhi
non si leggeva altro
che vergogna. Senza aggiungere altro, voltò le spalle e
s’incamminò verso
l’uscita.
Un
attimo dopo Damon la imitò.
Stefan
tirò una spallata alla porta dell’auditorium e
l’aprì. Entrò ed Elena lo
seguì
“Pensi che sia ancora qui?” gli chiese.
“Caroline
ha detto di aver controllato tutto il teatro e di Bonnie non
c’era traccia, ma
forse è tornata a riportare il vestito” suppose
Stefan “Tu la stai chiamando?”.
Elena
annuì con il cellulare attaccato all’orecchio
“Squilla ma non risponde”.
Stefan
si mosse tra le poltrone della platea, fino al palco e salì
sulla scaletta.
Elena fece lo stesso dall’altra parte e
s’infilò dietro le quinte a cercare nei
camerini. Continuava a chiamare il cellulare di Bonnie senza ottenere
risposta.
Poi all’improvviso sentì una vibrazione. Si
voltò verso la porta aperta sulla
sua destra, quella della stanza dei costumi. Lì sul tavolo
con lo specchio
c’era il telefono di Bonnie; il display illuminato a
segnalare il nome di
Elena.
“Stefan!”.
Elena
prese fra le mani il cellulare e lo mostrò al suo ragazzo
“Non è tornata a
prendere la sua roba. La borsa con il cambio è ancora
qui”.
Stefan
si passò un mano tra i capelli senza sapere bene cosa fare,
cosa pensare. Non aveva
idea del perché fosse sparita in quel modo, senza avvertire
nessuno, senza
portare con sé il cellulare, senza cambiarsi.
Stefan
non riusciva a calmare le sue ansie poiché tutto in quella
situazione faceva
pensare che a Bonnie fosse successo qualcosa di male. Non
c’era altra
spiegazione o la ragazza non sarebbe scomparsa senza lasciare traccia.
“Dove
può essere andata?” domandò Elena.
“C’è
un nome che mi gira in testa” rispose Stefan “E non
promette niente di buono”.
“Parli
di Katherine?”.
“Sempre
ad accusare me” s’intromise la voce calda e
divertita della vampira “E’ già la
seconda volta che mi prendo la colpa per tuo fratello”.
Katherine comparve alle
loro spalle e si appoggiò al muro in una posa da diva. Era
incredibile come
quella donna trasudasse sensualità e malizia da ogni poro.
“Che
ci fai qui?” indagò Stefan mettendosi davanti ad
Elena.
“Bazzicavo
qui intorno e vi ho visti entrare. Ho pensato che steste cercando la
rossa”
disse lei “Posso aiutarvi”.
“Cosa
sai? E cosa c’entra mio fratello?”.
“Perché
devi sempre essere così aggressivo?”
domandò Katherine facendo qualcosa passo
in avanti fino a stargli di fronte “Quando capirai, Stefan,
che di me ti puoi
fidare?”.
Elena
alle spalle di Stefan ribolliva di rabbia e gelosia, ma non poteva fare
nulla:
Katherine era troppo forte, le avrebbe spezzato la schiena con un dito.
“Bonnie
e tuo fratello se ne sono andati poco dopo la fine dello spettacolo,
con la
Ferrari di Damon. Non so dove, non l’hanno detto”
riferì “A quanto pare, non
sono io quella ad avere dei segreti con te” e con questa
frecciatina sparì
dalla loro vista.
Il
vampiro rimase imbambolato a fissare il punto in cui pochi istanti
prima se ne
stava Katherine. E le sue parole gli rimbombavano già in
testa.
“Se
dice la verità, allora Bonnie è al sicuro con
Damon!” esclamò Elena
“Giusto?”
titubò leggermente notando l’incertezza di Stefan.
Lui
conosceva il luogo in cui Damon era diretto: un covo di vampiri della
Dimensione Oscura che avevano più di un motivo per detestare
suo fratello.
Bonnie
era tutt’altro che al sicuro.
“Damon”
ringhiò sommessamente.
“Damon!”
urlò Bonnie una volta uscita da quella vecchia casa
sgangherata. Era tutta
decisa a fargli un bel discorsetto ma, girandosi, si ritrovò
a fronteggiare due
occhi furiosi.
“Cosa
diamine ti è saltato in testa?”
s’imbestialì Damon squadrandola minacciosamente
“Che cosa non hai afferrato del mio aspettami
qui ?”.
“Mi
stavo annoiando a morte!” si giustificò Bonnie
facendosi piccola, piccola.
“Ottima
scelta di parole dato che è proprio dove stavi finendo:
dritta tra le braccia
della morte” l’afferrò in malo modo per
le spalle e la scosse “Che cosa c’è di
sbagliato in te?”.
“Che
cosa c’è di sbagliato in te?!” gli
rigirò la domanda “Se quei vampiri ce
l’avevano così tanto con te, non avresti dovuto
portarmi là dentro” provò a
divincolarsi ma Damon non mollò la presa.
“Sei
tu che hai insistito per venire!” le rinfacciò
“E se tu mi avessi ascoltato
standotene buona, tutto questo non sarebbe mai successo”.
“Dopo
tutto quel discorso sulla fiducia, mi hai lasciato fuori, mi hai
escluso
un’altra volta! Credevi davvero che ti avrei aspettato come
un cane?”.
“Oh
brava, fatti ammazzare per una questione di orgoglio” la
schernì lui “Anzi sai
che ti dico? La prossima volta col cazzo che ti vengo a riprendere.
Razza d’ingrata!”
berciò lasciandola andare.
“Osi
parlare di orgoglio proprio tu!” strillò Bonnie
“Ho rischiato di morire per
colpa del tuo stupido orgoglio, per colpa dei tuoi problemi con quella
vampira,
con tutti quei vampiri e … dove credi di
andartene?!” s’indispettì Bonnie
vedendo che Damon le aveva voltato le spalle e, dopo aver attraversato
la via,
si stava allontanando. Lo inseguì con passo deciso e
proseguì con il suo
discorso “Non vedevano l’ora di farti un dispetto
dissanguando me. E guarda
come mi trovo: mezza nuda in mezzo ad una strada. Come hai potuto
permettere
che mi umiliassero così?” chiese tra le lacrime
che alla fine avevano preso il
sopravvento.
Damon
si fermò e per un attimo valutò l’idea
di tornare da lei e sistemare le cose;
non avrebbe voluto vederla così scossa tra i singhiozzi, ma
non poteva lasciar
correre. Era stata una tale sconsiderata e lui aveva avuto una tale
paura
quando l’aveva sentita urlare e Damon Salvatore non si poteva
permettere di
aver paura. La colpa era di entrambi, ma lui non era pronto ad
ammetterlo.
Doveva prima sbollire la rabbia e la preoccupazione, poi forse sarebbe
stato in
grado di parlarle senza urlare in faccia.
“Ringrazia
che ti abbiano tolto solo il vestito” le disse sottintendendo
che avrebbe
potuto perdere molto di più. Riprese a camminare.
“D-
dove vai? La macchina è dall’altra
parte” lo richiamò Bonnie asciugandosi le
lacrime.
“Non
sto andando alla macchina” l’avvertì
“Ho bisogno di rilassarmi” non si girò
neanche a guardarla, ma continuò ad allontanarsi lungo la
via.
Il
labbro di Bonnie tremolò leggermente. Non voleva rimettersi
a piangere ma
l’indifferenza di Damon le mandava i nervi in fiamme. Il
fatto di essere presa
così poco in considerazione dopo il pericolo che aveva corso
la faceva sentire
insignificante. Davvero aveva il coraggio di abbandonarla ancora a se
stessa
con la possibilità che Juliet o Dana spuntassero di nuovo in
cerca di
vendetta? Improvvisamente
la voglia di
piangere sparì.
Bonnie
tenne la testa alta e seguì Damon. Non sarebbe rimasta
indietro quella volta.
Faceva un freddo da lupi ma Bonnie non lo percepiva;
l’adrenalina la stava
riscaldando.
Passò
un paio di incroci e cambiò tre volte via fino a quando
Damon, sempre senza
curarsi che lei fosse dietro o no, entrò in un locale.
Tutto
Bonnie si sarebbe aspettata di trovare in quella zona tranne che un
locale
notturno. Si era convinta che ci fossero solo case e vecchie fabbriche.
D’altra
parte l’aspetto del locale non stonava affatto con tutto il
resto: molto
squallido e poco rassicurante.
Bonnie
si guadagnò l’entrata e si trovò la
strada sbarrata da due bodyguard. Festa
finita. Pensò. Sicuramente
l’avrebbe fermata per colpa dei suoi
“vestiti” o per colpa della minore età.
Al
contrario la fecero passare senza fare storie, ma una volta dentro,
Bonnie non
si stupì. Ditemi che è
uno scherzo!
Era
finita in un nightclub, in un locale per spogliarelliste.
L’abbigliamento della
ragazza era più che adatto per quell’ambiente.
Bonnie
si maledisse. Ma perché non se n’era stata a casa?
Se pensava che a quell’ora
avrebbe potuto essere con Chris …! E invece si ritrovava in
un ritrovo di
pervertiti, con un vampiro mezzo schizofrenico che non si trovava da
nessuna
parte, senza cellulare e coperta da una sottoveste leggerissima e
cortissima.
Damon
non si vedeva da nessuna parte, ma Bonnie sapeva bene dove cercare.
Dove si
sarebbe potuto rilassare se non al bancone ad ubriacarsi? E infatti
eccolo là,
seduto ad uno sgabello, di spalle, appoggiato al bancone con i gomiti.
“Sei
davvero un … uno …” lo
apostrofò Bonnie prendendo posto al suo fianco.
“Sei
sempre molto convincente” disse con sarcasmo lui.
“Mi
hai lasciata sola in strada! Dopo tutto quello che è
successo!”.
“Smettila
di petulare, ragazzina, sono un vampiro, sapevo perfettamente che mi
stavi
seguendo. Non ti ho lasciato proprio da nessuna parte”.
“Non
sembrava” mise il broncio Bonnie “Almeno hai
scoperto qualcosa?”.
Gli
occhi di Damon si scurirono e si portò il bicchiere alle
labbra; Bonnie lo
interpretò come segnale di cattive notizie. Qualunque
fossero le informazioni
che aveva ottenuto da Sage non dovevano essere buone.
Bonnie
era ammirata e allo stesso tempo spaventata dal sentimento che Damon
provava
per Elena. Non poteva dire per certo che si trattasse di amore, ma
sicuramente
di un’ossessione. Il loro non era un rapporto sano, a tratti
appariva
squilibrato, disonesto, ma non poteva negare che fosse potente e
inebriante. Le
sarebbe piaciuto che qualcuno fosse ossessionato in quel modo da lei,
anche se
avrebbe potuto rivelarsi un danno.
Ma
chi voleva prendere in giro? Chi mai si sarebbe potuto innamorare di
lei così
intensamente? In fondo non era Elena, né Meredith o
Caroline. Sembrava così
facile amare una di loro, perché ognuna brillava di luce
propria. Erano donne.
Bonnie,
invece, era solo una ragazzina, come la chiamava sempre Damon. Non si
sentiva
matura come le altre, la maggior parte delle volte si sentiva persa e
non
sapeva come comportarsi.
Chi
avrebbe potuto essere ossessionato da una così assolutamente
normale?
“Come
hai fatto a resistere così a lungo senza di me tra quei
vampiri?” Damon la
risvegliò dai suoi pensieri.
“Q-
quello che è successo con Katherine”
spiegò Bonnie “Ma tu tanto sostieni che
è
impossibile quindi non spreco neanche tempo a dirtelo”
c’era una sfumatura di
amarezza nelle sue parole, perché nonostante tutti i suoi
tentativi per
dimostrare il contrario, lui continuava a considerarla una bambina
“Che ci
facciamo qui, Damon?”.
“Ho
bisogno di bere. Dopo lo spavento che mi hai fatto prendere, direi che
me lo
merito”.
Lo
spavento che mi hai fatto
prendere.
Bonnie
non poté che gioire per quell’affermazione
“Non possiamo andare in un altro
posto?”.
“Certo!
Magari in uno dei tanti locali del quartiere”
ironizzò.
“Abbiamo
una macchina, possiamo spostarci”.
“Ti
mettono in imbarazzo le spogliarelliste, Bonnie? Curioso considerando
che
alcune di loro sono più vestite di te” le fece
l’occhiolino.
“Non
sono in imbarazzo!” replicò Bonnie ma il rossore
sulle sue guance la tradì.
La
ragazza si prese qualche momento per scannerizzare il locale. In
confronto
all’aspetto esterno, dentro non era poi così male.
C’era un grosso palco che si
protraeva fino ai tavoli. Le ragazze che si esibivano non si limitavano
a
togliersi pezzi di vestiti ma facevano piccoli show: canzoni,
stacchetti, lap
dance (Bonnie si chiese come diamine facessero ad arrampicarsi su quei
pali e
apparire comunque sensuali). Anche le persone ai tavoli erano invitate
a
partecipare nella postazione karaoke; in quel momento cantava una donna
poco
intonata ma divertente.
Bonnie
notò che il locale non era occupato solo da uomini, ma
c’erano anche parecchie
donne; probabilmente attirate dagli addominali di quei due strip dancer
che
facevano compagnia alle ragazze.
In
definitiva l’atmosfera non era così perversa come
credeva all’inizio.
“Cosa
stai bevendo? Bourbon?” Bonnie tentò di cambiare
discorso.
“Tequila”.
“Ne
voglio una”.
“Ti
piacerebbe, ragazzina! Arriva ai ventun anni, poi ne
riparliamo”.
“Oh
non fare il guastafeste, Damon!” mugugnò Bonnie
“E’ stata una serata lunga
anche per me e me lo sono guadagnata anche io”.
“Non
voglio rogne e la tua espressione sta gridando MINORENNE”.
Bonnie
si accigliò “E’ un modo per dire che
sembro inadeguata?”.
“Una
liceale spaurita, ecco cosa sembri … forse perché
lo sei”.
Bonnie
si stizzì. Spinta da una strana sensazione di spavalderia
saltò giù dallo
sgabello e si diresse sul palco. La donna aveva appena lasciato il
posto del
karaoke e lei la sostituì subito.
Damon
credeva che fosse una piccolina senza coraggio? Gliel’avrebbe
fatta vedere lei!
Afferrò il microfono mentre le luci la abbagliarono. Era
già stata su un palco
quella stessa sera; decise che una volta in più non le
avrebbe fatto male. Dopo
qualche secondo iniziò la musica e sullo schermo apparvero
le parole della
canzone. Bonnie la conosceva: Obsession di Sky Ferreira.
Parlando
di ossessioni.
Bonnie
era brava a cantare; gliel’avevano sempre detto anche in
collegio, ma era anche
molto timida, perciò non era una cosa che capitava spesso.
Quando
partì la melodia e fu il momento di cantare, il tirare fuori
la voce non costituì
un problema. Non la preoccupava la parte vocale, piuttosto quella delle
movenze. Damon aveva ragione: lei sul palco aveva il sex- appeal di un
tostapane.
Era
tutta una questione di atteggiamento e di sicurezza; Bonnie non era
forte in
nessuno dei due casi.
Con
lo scorrere delle note, però, iniziò a
divertirsi. In quel locale non la
conosceva nessuno, chi se ne importava se avesse fatto la figura
dell’idiota? E
allora iniziò a muoversi con una grazia che non pensava di
possedere. Scese dal
palco, passò tra i tavoli, scherzò con i clienti,
sempre cantando, sempre
ballando. Improvvisò anche una piccola danza al palo. Niente
di serio, una cosa
per ridere, ma lo fece.
La
parte più incredibile giunse quasi alla fine del brano,
quando lei avanzò verso
Damon con andatura da diva e incominciò a stuzzicarlo. Gli
mise una mano sulla
spalla, vicina all’incavo del collo, lo guardò
intensamente e poi gli girò
intorno cantandogli nell’orecchio. Non c’era
malizia nei suoi gesti, si vedeva
lontano un miglio che era solo un gioco, ma per Bonnie fu un atto di
coraggio
fino a quel momento mai sperimentato.**
Ritornò
sul palco giusto per concludere l’esibizione e ricevere gli
applausi. Damon ci
aveva definitivamente azzeccato: Caroline avrebbe dovuto farla cantare,
non
recitare.
Con
un sorriso che andava da un orecchio all’altro e rossa come
un pomodoro, fece
ritorno da Damon che non le staccava gli occhi di dosso, completamente
a bocca
aperta: non si sarebbe mai aspettato uno show simile.
“Sembro
ancora una liceale spaurita?”.
“Sì”
riconfermò Damon “Ma permettimi di offrirti da
bere”.
Bonnie
accettò e trangugiò lo shot di tequila non appena
il barman lo appoggiò sul
bancone.
“Vacci
piano, Dita***! Non voglio che mi vomiti tutto in macchina”.
“Damon,
posso farti una domanda?” Bonnie trascurò
palesemente le parole del vampiro e
si concentrò sul nuovo dubbio che le era sorto.
Damon
le fece segno di continuare.
“Perché
non hai ucciso Dana?”.
“Dana
e Juliet sono sorelle” svelò il vampiro
“E Juliet mi odiava già abbastanza per
aver ucciso la loro terza sorella, non volevo farla incazzare
più di quanto già
fosse. Se le avessi tolto anche Dana non ci avrebbe lasciati andare
così
facilmente”.
“L’hai
fatto per proteggermi, vero? Sapevi che se la sarebbe presa con
me”.
Damon
piegò un angolo della bocca all’insù
“Forse”.
Dopo
altri tre chupiti di tequila Bonnie era parecchio euforica e Damon
decise che
era tempo di riportarla a casa.
La
ragazza camminava davvero in maniera traballante su quei tacchi; Damon
l’aiutò
a stare in piedi e la coprì con il suo giubbotto di pelle
cosicché non
prendesse freddo. A quell’ora l’aria era gelida.
Raggiunta
l’auto Bonnie si buttò sul sedile, si tolse le
scarpe, tirò su le gambe e si
appoggiò al sedile sul fianco sinistro, il capo pesantemente
abbandonato sul
poggiatesta.
“Caroline
mi strozzerà per il vestito” osservò
quando l’occhio le cadde sulla sottoveste.
“E’
stato il tuo lasciapassare per uscirne viva. Caroline
capirà”.
“Preferirei
dover affrontare di nuovo quei vampiri che Care” sbiascicava
mentre formulava
quella frase. Non si sentì più allegra, aveva un
sonno fortissimo, ma aveva
ancora la forza di restare sveglia.
“Non
avrei dovuto andarmene in giro da sola. Mi dispiace” ammise
flebilmente.
“Non
potrei essere più d’accordo”.
“E
tu non avresti dovuto lasciarmi là fuori”.
Damon
si girò verso la ragazza “No, non avrei
dovuto” asserì serio guardandola
intensamente. Gli occhi di lei, però, erano concentrati
sulla sua bocca. Bonnie
alzò la mano e con le dita sfiorò le labbra di
Damon che non mosse un muscolo.
Bonnie
era ormai in preda all’alcol e alla stanchezza. Non avrebbe
mai detto o fatto
certe cose se fosse stata sobria, ma la sua mente non aveva
più freni e vagava
libera.
“Chissà
come dev’essere baciare un vampiro …”
mormorò in modo disconnesso. La sua mano,
che si era fermata sula guancia del ragazzo, le scivolò sul
fianco e lei
abbassò le palpebre. Damon tentennò un attimo
prima di inserire la chiave e
mettere in moto.
Quando
parcheggiò l’auto nel cortile di fronte al
Pensionato era l’alba passata.
Bonnie aveva dormito profondamente per tutto il viaggio e non accennava
a voler
interrompere il suo riposo.
Damon
scese dalla macchina, ci girò attorno e arrivò
davanti alla portiera di destra.
La spalancò e, dopo aver fatto passare le braccia attorno
alla vita della
ragazza e sotto le sue ginocchia, la prese in braccio.
Udì
la porta della villa sbattere e chiuse gli occhi capendo già
che cosa lo stesse
aspettando.
“Cosa
diavolo ti è saltato in mente?!” proruppe uno
Stefan su tutte le furie.
“Ti
spiace abbassare la voce?” sussurrò Damon
indicando con il capo la ragazza che
dormiva tra le due braccia.
“Sei
stata un incosciente” lo insultò Stefan con un
tono leggermente più basso
“Portarla a Greensboro è stata una delle tue mosse
più stupide!”.
“Rilassati,
fratellino. Sta bene” cercò di calmarlo mentre
salivano le scale diretti alla
camera di Bonnie “E comunque è stata una sua
idea”.
“Potevi
dire di no”.
“E’
tutta intera, ok?” si spazientì Damon
“So occuparmi di lei!”. Pareva una
litigata tra due genitori che discutevano sull’educazione del
figlio.
Stefan
storse il naso e lasciò cadere la discussione, tanto sarebbe
stata una causa
persa in partenza; troppo testardo, troppo orgoglioso. Non avrebbe mai
ammesso
di aver sbagliato.
Il
minore dei Salvatore decise quindi di chiedere ciò gli
premeva come un macigno
sul cuore fermo “Hai saputo qualcosa? Sage ti ha detto come
proteggerla da
Klaus?”.
Damon
non rispose e abbassò gli occhi. Superò il
fratello ed entrò nella stanza, ma
temporeggiò qualche secondo sulla soglia immobilizzato dalla
domanda di Stefan
“Elena è spacciata, vero?”.
Damon
gli rivolse un’ultima occhiata stravolta
“Va’ a dormire, Stefan” gli
consigliò
troppo spossato per ripetere tutto ciò che gli aveva
riferito Sage, per
ricordare che disgrazia stesse per piombargli addosso.
Adagiò
Bonnie sul materasso, le infilò le gambe sotto la coperta e
poi le coprì anche
il busto.
Ripensò
con un moto di affetto al momento che avevano condiviso poche ore prima
in
macchina: il tocco di lei era stato così delicato che per un
istante gli aveva
fatto dimenticare tutto l’affanno.
Con
qualunque altra ragazza la situazione sarebbe parsa equivoca; con
Bonnie era
stato talmente innocente che Damon non era stato nemmeno sfiorato
dall’idea di
approfittarsi di lei in quello stato così vulnerabile.
Stanca e poco lucida.
Sorrise
appena scostandole una ciocca di capelli dal viso. Uscì
dalla stanza conscio
del fatto che in un altro tempo, in un altro luogo, in altre
condizioni, Bonnie
avrebbe potuto decisamente essere la sua ossessione preferita.****
“This doesn't happen to me everyday
(oh my)
Let's spend the night together
No excuses offered anyway (oh my)
Let's spend the night together
I'll satisfy your every need (every need)
And I now know you will satisfy me
Oh my, my, my, my, my
Let's spend the night together
Now I need you more than ever
Let's spend the night together now”
(Let’s spend the night together- The
Rolling Stones)
Il mio spazio:
Salve
a tutti!! Come state? Avete passato bene halloween??
Io
ovviamente mi sono ammalata!
Ho
letto che è uscito Mezzanotte, ma è vere che
è solo metà del libro originale? Che
cosa senza senso! Quanto odio ste cavolate!
Io
invece ho appena finito di leggere Phanton e sono rimasta abbastanza
sconcertata. Però ammetto che non mi è
dispiaciuto pur non essendo stato
scritto dalla Smith. Ho letto fa qualche parte che prima di essere
licenziata
ha lasciato alla casa editrice alcune idee molto interessanti per Damon
e
Bonnie e Phantom mi pare proprio abbia messo le basi per sviluppare
queste idee
nel prossimo libro, quindi non dispero.
Anche
perché se così non fosse mi premurerò
personalmente di scrivere alla Harper and
Collins che se proprio dovevo essere presa in giro, avrei preferito che
lo avesse
fatto l’autrice stessa e non una ghost writer!
Sfogo
a parte, che ve ne pare del capitolo?? Confesso: sono quasi venti
pagine di
Word, è lunghissimo. Mi dispiace un sacco, ma quando inizio
a scrivere di
Bonnie e Damon non mi fermo più e dato che questo capitolo
è praticamente
dedicato a loro mi sono lasciata un po’ prendere la mano.
Il
rapporto tra la strega e il vampiro sta prendendo una piega
interessante …
chissà quando durerà questa ritrovata armonia?
Pare
proprio che anche Elena dovrà affrontare settimane pesanti;
non c’è modo di
uccidere un Originario. Certo, Damon potrebbe sempre rivolgersi ad una
strega,
ma dove trovarla? Guarda caso ce n’è una che abita
in casa sua! Le coincidenze
della vita! Eheh.
Davvero
non so come ringraziarvi per il sostegno; è il mio lavoro
più lungo e
impegnativo quindi fa sempre piacere vedere che è apprezzato
=)
Anticipazioni
per il prossimo capitolo: Elena fa di testa sua e prende in mano la
situazione,
Matt, Tyler e Caroline si preparano per partire per il Maryland e
Bonnie si
ribella a una decisione di Damon.
*Non
so una parola di francese, quindi tutto quello che
c’è scritto è stato tradotto
da google traduttore. Se qualcuna di voi conosce il francese e vede
degli
errori per favore me lo dica e correggerò subito!
**Questa
scena è ispirata ad un’altra tratta
dall’episodio “Victor Victrola” di Gossip
Girl.
***Riferimento
a Dita Von Teese, regina del burlesque.
****
Allora prendete quest’affermazione con “le
pinze”. Damon intende che se non ci
fosse stata Elena, se fosse stato ancora umano, se Bonnie non fosse sua
parente, forse avrebbe potuto innamorarsi di lei o comunque di una
ragazza come
lei, pura e semplice.
So
che voi lettrici non siete stupide e ci arrivate da sole, ma a volte mi
sembra
di spingermi troppo in là e mi sento il dovere di chiarire =)
Bene,
allora alla prossima!!
Fran
;)
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Capitolo 16 *** Take me to the riot ***
Ashes &Wine
Capitolo sedici:
Take me to the riot
“I wonder if
you're happy or just glad to see me scarred
took my drunken self-confession
sober up your bleeding heart
I am bending over backwards to get close to you
but still I feel so far”
(I
wonder- Diffuser)
Come
era giunta lì?
Corridoio
lunghissimo, soffitto talmente alto che quasi non si vedeva.
Bonnie
aggrottò le sopracciglia. C’era silenzio assoluto,
inquietante; i suoi passi
rimbombavano nell’aria. Perfino respirare le risultava
pesante, perché poteva
sentire distintamente il suono dei suoi polmoni che si dilatavano e
stringevano.
Abbassò
gli occhi e studiò la sua stessa figura: aveva ancora
addosso la camicia da
notte ed era a piedi nudi.
Non
ricordava proprio di aver lasciato il letto, non sapeva come era
arrivata in quel
posto. Precisamente, poi, dove cavolo era finita?
Era
lì per qualcosa. Ma cosa? Nel suo petto,
all’altezza del cuore, un peso le
diceva di continuare a cercare. L’angoscia le attanagliava la
gola; era così
secca che se avesse
provato a parlare,
si sarebbe strozzata con la sua stessa voce.
Perché
provava tutta quella preoccupazione? Che cosa la stava turbando? Non
riusciva a
capirlo.
Un
motivo l’aveva portata fino a quel posto. Era importante, era
vitale. Sapeva
che se non fosse riuscita nel suo intento, sarebbe morta di dispiacere.
Camminò
per minuti interminabili e fu come perdere e ritrovare la strada
centinaia di
volte, fino a che la parete di sinistra scomparve, lasciando posto a
vetrate
spesse come porte blindate.
Bonnie
si avvicinò e guardò attraverso: centinaia di
uomini con i piedi immersi nella
sabbia. Sembrava una prigione in cui i detenuti erano costretti ai
lavori
forzati. L’utilità, poi, di quello che stavano
facendo era oscura:
trasportavano pesanti martelli e pale. Scavavano nella sabbia. Attorno
al
perimetro quelle che sembravano guardie. Bonnie non poteva udire le
loro voci;
la stanza doveva essere insonorizzata.
Istintivamente
girò la testa e notò un’apertura nel
vetro, abbastanza grande per passarci
attraverso. Senza pensarci due volte, s’infilò e
sbucò dall’altra parte; e
all’improvviso tutto le fu chiaro.
Non
badò alle guardie, che comunque non diedero segno di averla
vista, e con
apprensione cercò con gli occhi la persona per cui era
venuta.
Anche
lui la stava osservando da lontano. Le iridi scure puntate nelle sue.
Bonnie
sentì gli occhi pizzicarle e si mise a correre nella sua
direzione. Era
completamente sudato ma non le importava. Gli saltò addosso,
buttandogli le
braccia al collo e si avvinghiò come se fosse la sua ultima
occasione di averlo
così vicino.
Lui
la strinse con egual intensità, una mano ad accarezzarle i
capelli, l’altra
attorno ai fianchi, le dita chiuse intorno alla camicia da notte. (Dio,
quanto
non avrebbe voluto lasciarla!).
Bonnie
si scostò leggermente solo per guardarlo in viso, con le
mano gli prese le
guance e lo avvicinò.
“Perché
sei qui?” le chiese lui, fronte contro fronte.
“Mi
dispiace così tanto! È tutta colpa mia”
Bonnie singhiozzava .
“Sshh”
la tranquillizzò asciugandole le lacrime con le dita
“Devi andare. Se ti
scoprono …”.
“Non
ti lascio qui. Vieni via con me” lo pregò. Ormai
le sue dita erano scivolate
nel capelli del ragazzo.
“Non
è così facile, Bonnie. Per favore va’
via, non puoi restare qui”.
“Come
faccio senza di te?” sussurrò lei. Non poteva
credere di averlo trovato e di
dovergli dire addio così presto “Vorrei tornare
indietro. Vorrei non essere
stata così stupida. Potessi rifare tutto daccapo”.
“Ehi,
ehi. Tu sei salva e io non mi pentirò mai di questo.
Preferire passare qui
dentro tutta l’eternità che
…”.
Non
poté finire la frase. Bonnie venne strappata brutalmente
dalle sue braccia e
trattenuta indietro,
“Damon!”.
Una
della guardie colpì con un pugno il vampiro che si
piegò emettendo un rantolo.
“Pare
che non sia stata proprio una bella idea venire qui” le disse
la guardia
estraendo un paletto di legno dalla manica.
“No,
Damon” Bonnie si dimenò e iniziò a
scongiurare “No, ti prego, è stata tutta
colpa mia. Non fargli del male, ti prego, non …”.
“Dovevi
pensarci prima, tesoro” la guardia riportò la sua
attenzione su Damon. Gli
occhi del vampiro non lasciarono un secondo quelli della ragazza che
davanti a
lui si disperava e urlava come una matta, neanche quando il paletto
colpì il
suo cuore fermo da secoli.
Bonnie
riuscì a liberarsi dalla presa della guardia e si
gettò a terra cercando di
prendere il corpo di Damon prima che cadesse.
Si
tirò a sedere ad una velocità sovrumana e si
trovò impigliata nella coperta.
Era di nuovo in camera sua. Aveva ancora le guance bagnate.
Non
aspettò nemmeno due secondi che saltò
giù dal letto e a piedi nudi schizzò
letteralmente fuori dalla porta. Fece alla velocità della
luce la strada che la
separava dalla stanza di Damon. La camera era immersa
nell’oscurità: Bonnie non
riusciva a vedere niente, ma sapeva perfettamente dove si trovava il
letto di
Damon. Prese la rincorsa e balzò sul materasso.
Avvertì sotto di lei il corpo
del vampiro tendersi e muoversi bruscamente. Gli avviluppò
le braccia attorno
al torace e strinse forte.
“Sei
qui! Sei qui!” sospirò di sollievo.
“Maledizione
Bonnie!” imprecò Damon alzando il capo.
Squadrò la figurina della ragazza
avvinghiata a lui. Tese la mano in cerca dell’interruttore
della luce e lo fece
scattare “Che fai? Adesso controlli se sto in camera mia di
notte?!”.
“Ho
fatto un brutto sogno”.
Damon
sbuffò “Non dirmelo! Mostri?”.
“Peggio
… c’eri tu”.
Damon
si accigliò “E sarebbe un incubo?”.
“No,
non hai capito: ti facevano del male” gli rivelò
lei.
Il
vampiro scoppiò a ridere, stentava a credere alle proprio
orecchie. Quella ragazzina
era un vero spasso. Così fragile, così
tremendamente umana.
“Non
c’è niente da ridere! Mi sono presa uno
spavento”.
“Beh
uno a ciascuno, non ti pare?” disse Damon alludendo alla sera
prima, quando
Bonnie si era quasi fatta ammazzare “Che hai
sognato?”.
“Non
lo so. Era una specie di prigione e tu ci eri finito per colpa mia. Io
ti stavo
cercando e sono riuscita ad entrare. Volevo farti scappare, ma mi hanno
beccato
e per punirci … ti hanno ucciso”.
“Bonnie”.
“Ti
hanno conficcato un paletto nel cuore, sei morto davanti ai miei occhi
ed era
talmente reale” tremò leggermente.
“Era
solo un sogno, io sono ancora vivo. Più
o
meno”.
Bonnie
si strinse di più a lui, aveva la guancia appoggiata sul suo
petto e sentiva
che quello era il suo posto.
“Sto
bene, Bonnie” la rassicurò Damon “Puoi
tornare a dormire nel tuo letto”.
“Te
lo puoi scordare” dichiarò caparbiamente la rossa
andando ad avvolgere le gambe
attorno a quelle del vampiro “Io me ne resto qui”.
Damon
allargò le braccia e le lasciò cadere
pesantemente sul materasso “Fa’ come
vuoi, basta che mi lasci dorm-” Damon tese le orecchie e
ascoltò il ritmo
regolare del respiro di Bonnie: si era addormentata.
Damon
spense la luce e si spostò leggermente su un fianco tentando
di non svegliarla.
Chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno, evitando di
soffermarsi sul perché
avere Bonnie stesa nel suo stesso letto lo facesse sentire
così bene.
“Sei
sicuro che serva tutta sta roba?” chiese Caroline caricando
delle pesanti
catene nel retro del pick-up di Matt.
“Come
faccio a esserne sicuro, Care?” replicò Tyler
“Non è che io conosca molti lupi
mannari. Ho rovistato in casa e ho trovato un vecchio libro che parlava
della
trasformazione. E a giudicare da quello che c’è
scritto ne serviranno altre”.
Se
il cuore di Caroline fosse stato ancora pulsante, probabilmente ci
sarebbe
stato un vuoto per la preoccupazione.
Voleva
aiutare Tyler, lo voleva davvero, ma si accorse di essere stata troppo
avventata a proporre quella “gita”.
C’erano un sacco di cose che potevano
andare storte: Tyler avrebbe potuto scappare, liberarsi, uccidere
qualcuno. Lei
poteva essere morsa e, essendo un vampiro, le sarebbe stato fatale. E
Matt …
era quello che rischiava più di tutti. Non era sovrumano,
non aveva la
supervelocità o una forza esagerata. Un lupo mannaro lo
avrebbe sbranato vivo.
Lei
doveva badare a tutti e tre.
“Care”
la chiamò Tyler “Tutto bene?”.
“Alla
grande” sorrise lei. Non poteva mostrare la sua insicurezza.
“Perché
hai chiesto anche a Matt di venire?”.
“Avevo
bisogno di una mano”.
“Dio
… è tutto così strano”
commentò Tyler passandosi una mano nei capelli
“Voglio dire:
tu sei diventata un vampiro, io domani notte mi trasformerò
in un lupo mannaro
e … mi sorprende che tu sia riuscita a convincermi
così velocemente!”.
“Mi
è bastato mostrarti i miei denti”
ridacchiò Caroline “Senti, so che è
difficile
crederci e sarà ancora più difficile accettarlo e
conviverci, ma non è detto
che sia un male” cercò di consolarlo.
“Da
quello che ho letto nel libro è una trasformazione molto
dolorosa e una volta
completata io non avrò più il controllo delle mie
azioni, mi lascerò guidare
dal mio istinto … sarò solo un animale”.
“A
tutti fa bene lasciarsi un po’ andare ogni tanto”
scherzò lei.
“Potrei
fare del male a qualcuno”.
“Sarai
legato in un sotterraneo di una tenuta in mezzo al nulla …
non avrai nemmeno la
possibilità di fare del male”.
“Il
mio morso è letale per te”.
“Sì,
deve avermelo detto qualcuno”.
“Potrei
ucciderti”.
“Prima
mi devi prendere”.
“Caroline
sono serio!” s’indurì Tyler.
“Anche
io” ribatté la ragazza con lo stesso tono.
“Perché
lo fai?”.
“Per
un sacco di motivi. Ma penso possano essere riassunti tutti dicendoti
che sei
mio amico” disse Caroline “E poi tra scherzi della
natura ci si deve aiutare!”.
Tyler
la osservò con attenzione e si chiese come diamine facesse a
sorridere sempre
anche quando ci sarebbe stato da piangere.
“Sai
qual è il lato positivo di tutto ciò?”
iniziò “Passare questi due giorni con
una delle ragazze più fighe della scuola”.
“Tyler!”
esclamò Caroline sdegnata.
“Non
fare la finta tonta … come se non lo sapessi di ess
… quella è Bonnie?”.
La
ragazza si voltò verso il cancello e alzò la mano
in segno di saluto.
“Ehi
Caroline!” rispose Bonnie “Ciao Tyler”.
“Bonnie”
piegò leggermente il capo. Non conosceva da molto la rossa e
non era il tipo da
dare subito confidenza. Si sentiva anche un po’ in imbarazzo
perché Bonnie
sapeva del suo segreto.
“Te
lo portata” disse la ragazza all’amica e le
passò una boccetta di vetro.
“Cos’è?”
s’incuriosì Tyler notando il liquido giallastro
all’interno.
“Strozzalupo”
spiegò Care “Anche io ho fatto le mie ricerche,
sai?”.
“Il
nome non è invitante” dichiarò Tyler.
“E’
un erba velenosa per i lupi mannari. T’indebolirà
un po’ così saremo sicuri che
non scapperai da nessuna parte”.
“Mi
vuoi avvelenare?” si finse sospettoso “Dove
l’hai presa?” s’informò
rivolgendosi a Bonnie.
“Me
l’ha data Damon”.
“Il
vampiro sanguinario che mi vorrebbe morto?! Ora sono certo che tu mi
voglia
avvelenare!”.
“Non
fare il bambino, Tyler!” lo rimproverò Caroline
“Non ti può uccidere, è come la
verbena per noi vampiri. Ci fiacca ma non ci ammazza”.
“Cos’è
questo? Il tuo nuovo motto?”.
Caroline
gli lanciò un’occhiata di fuoco. Tyler
capì di doverla lasciare sola per un po’
con Bonnie. Aveva decisamente bisogno di chiacchiere femminili prima di
avventurarsi in quell’impresa. Salutò tutte e due
e con una scusa rientrò in
casa.
“Sembra
che l’abbia presa bene” constatò Bonnie.
“Già”
concordò Caroline “Ma ho l’impressione
sia una finta” sospirò “Fa tanto lo
spavaldo ma in realtà è spaventato a morte. Ha
paura di trasformarsi, del male,
di ferire qualcuno … e io comincio a pentirmi di aver
chiesto aiuto a Matt”
fece un’altra pausa come se non riuscisse a trovare le parole
giuste “Ci sono
troppe cose che possono andare storte. Tyler potrebbe scappare, io
potrei
essere morsa, Matt pure e io sono l’unica che deve badare a
tutti, ma … mi
serviva una mano, capisci?
Elena è
troppo presa con Katherine e Klaus, Meredith questo week end
è via con i suoi;
Matt era l’unico! E se devo essere sincera, sono contenta che
venga. Ti potrà
sembrare egoista, ma Matt riesce a calmarmi con uno sguardo e io ho
bisogno di
rimanere concentrata … niente attacchi di panico”.
In
quel momento Bonnie ebbe un’idea illuminante. Chiunque altro
l’avrebbe trovata
completamente folle e avventata, ma lei la vedeva piuttosto come una
possibilità di rendersi davvero utile.
“Che
Matt tra tutti sia quello meno pratico del soprannaturale, è
una cosa su cui
siamo tutti d’accordo” disse e Caroline
capì al volo che l’amica stesse
macchinando qualcosa “D’altro canto sappiamo che
farebbe di tutto per te, anche
rischiare la sua vita”,
“Ora
sì che mi stai tranquillizzando!”.
“Porta
anche me”.
Caroline
alzò le sopracciglia in un’espressione sorpresa
“Cosa?!”.
“Ci
vuole qualcuno che tenga a bada Matt mentre tu ti occupi di
Tyler” chiarì
Bonnie “L’hai detto tu stessa che qualcosa potrebbe
andare male e Matt si
butterebbe tra te e Tyler pur di proteggerti. Risultato? Nessuno di voi
tre ne
uscirebbe vivo”.
“Bonnie
…”.
“Fammi
finire” la pregò la rossa “Tu sei
l’unica che può fronteggiare Tyler in caso di
pericolo. Sei forte, veloce, agile e hai i riflessi pronti; sei
l’unica che
potrebbe fuggire alla sua furia animale e riuscire a renderlo
inoffensivo. Io
vivo con due vampiri, ormai non mi sorprendo più di niente
… sono preparata!
Mentre tu ti occupi di Tyler, io impedirei a Matt di farsi ammazzare
per
salvarti. Non ti dovrai preoccupare per lui”.
“Dovrei
lasciare il ragazzo per cui ho una cotta in mano a colei che
l’altro ieri si è
buttata nella fossa dei vampiri?!”.
“Ho
imparato la lezione, Care. Basta con le mosse avventate” le
assicurò Bonnie
“Poi l’altra sera si trattava solo di me, non
metterei mai qualcun altro in
pericolo”.
“E
mentre tieni d’occhio Matt, chi terrà
d’occhio te?”.
Bonnie
le rivolse un sorriso carico di fiducia.
Caroline
considerò l’idea “Non dico che non mi
farebbe piacere averti con me e con Matt
…”.
“Fantastico!”.
“Non
cantare vittoria troppo presto”
l’avvertì l’altra “Chiedi
prima il permesso a
Damon o a Stefan; non voglio trovarmi un paletto nel cuore per averti
portata
senza il loro consenso”.
“Non
c’è problema” disse Bonnie
“Stefan è via a caccia, ma Damon mi
farà di sicuro
venire”.
L’importante
è crederci.
Quando
Meredith Sulez si ritrovò di fronte alla porta di casa Elena
Gilbert capì
subito che da lì a poco sarebbero arrivati i guai.
Dal
momento in cui Stefan era arrivato a Fell’s Church con il
fratello, la sua vita
era stata sconvolta: la sua migliore amica si era innamorata di un
vampiro,
l’altra sua migliore amica era
diventata un vampiro, Mr. Tanner era stato ucciso, lei lo aveva trovato
il
cadavere e poi si era innamorata dell’insegnante di storia.
Se i suoi genitori
l’avessero scoperto avrebbero probabilmente rinchiuso a vita
lei e denunciato
lui. Motivo per cui avrebbe aspettato fino alla fine del liceo prima di
rivelare il suo piccolo segreto.
In
fondo Alaric era solo un insegnate; c’era di peggio
… avrebbe potuto essere un
vampiro. Ottima motivazione per i suoi genitori; avrebbe potuto usarla.
Alaric
cominciava a mancarle; era via da quasi un mese e per via del fuso
orario non
riusciva a sentirlo con regolarità.
Non
sapeva nemmeno che cosa fosse andato a fare in Scozia. Lui continuava a
fare il
misterioso e il fatto che tutta la faccenda riguardasse anche Damon non
la
metteva a suo agio.
Lei
era sempre stata abituata ad avere tutto sotto controllo, ora sentiva
che
qualcosa incominciava a sfuggirle di mano.
E
non appena Elena le disse per quale ragione fosse andata a trovarla,
Meredith
seppe per certo che la sua vita ormai aveva preso una direzione
così
inaspettata da risultarle impossibile tornare indietro.
Perché
la vecchia Meredith non avrebbe mai acconsentito ad una tale cazzata!
“Tu
sei fuori come un balcone, Elena”
l’apostrofò con tono turbato “Giuro, non
so
come ti sia venuta in mente un’idea così
… te l’ha consigliato Bonnie per
caso?” si accertò con sospetto. Si era davvero
affezionata alla piccola rossa,
ma non poteva negare che fosse la regina dei piani sconsiderati.
“No,
non ho parlato con Bonnie, ma la capisco, sai?” la difese
Elena “Non è bello
essere esclusi da qualcosa che ti riguarda. Alaric è in
Scozia da un mese e tu
non sai nemmeno che cosa stia facendo! Non vorresti andare
là e scoprirlo da
sola?” insinuò toccando un tasto dolente.
“Sì,
Elena … muoio dalla voglia, ma non è una buona
ragione per farlo”.
“Senti,
so che può sembrare una pazzia e … forse lo
è, ma io ho bisogno di sapere che
cosa sta succedendo. Bonnie non ha potuto raccontarmi niente
perché Damon l’ha
lasciata fuori dalla stanza e Stefan non vuole dirmi niente
perché mi
preoccuperei per nulla. Non hanno ancora la soluzione, non sanno se io
sono la
doppelgaenger che Klaus cerca e non mi vogliono allarmare inutilmente.
Come se
io potessi stare calma!”.
“Cercano
di proteggerti, Elena” le disse Meredith “Tu
vorresti fare di testa tua e loro
ti tengono all’oscuro per impedirti di peggiorare le cose.
Con la tua fortuna
finiresti tra le braccia di Klaus prima del previsto”.
“Grazie
per la fiducia” berciò Elena “Dai, Mere,
ti prego” e le fece gli occhioni dolci
“Ti chiedo solo di accompagnarmi a Greensboro per parlare con
quei vampiri”.
“Oh
sì! Una cosuccia da niente” sminuì con
sarcasmo la mora.
“Voglio
solo parlare con questo Sage … non dobbiamo per forza farci
vedere dagli altri”
cercò di convincerla.
“Non
posso Elena, devo partire questa sera con i miei. Lo sai che devo
andare a
trovare i miei nonni, non li vedo da una vita”.
“Torneremo
in tempo. Ho guardato gli orari dei treni, ce n’è
uno che parte tra mezz’ora e
non ci mette nemmeno due ore per arrivare. Per tornare indietro
possiamo
prendere quello delle cinque. Sarai in casa prima che i tuoi genitori
si
accorgano che sei uscita”.
Meredith
alla fine cedette alle richieste dell’amica.
Pensò, infatti, che se avesse
rifiutato, Elena sarebbe andata lo stesso da sola e si sarebbe cacciata
in un
guaio davvero serio. Meglio tenerla d’occhio.
“Dimmi
almeno che sei in macchina, perché non ho intenzione di
camminare fino alla
stazione”.
Elena
esultò e saltò ad abbracciarla.
Mentre
il treno sfrecciava sui binari, Meredith non aveva trovato niente di
meglio da
fare che osservare Elena dormire.
Per
quanto a volte desiderasse ardentemente che i Salvatore non fossero mai
arrivati a Fell’s Church, doveva ammettere che Stefan era
stato un vero
toccasana per ridimensionare Elena.
La
bionda era sempre stata la reginetta di turno, otteneva tutto senza
sforzi, era
amata, coccolata e ammirata. Meredith la considerava come una sorella,
ma a
volte avrebbe voluto che non le fosse tutto così facile.
Poi
i suoi genitori erano morti in un incidente stradale, si era lasciata
con Matt
e Stefan era giunto a Fell’s Church e per parecchio tempo non
l’aveva degnata
di uno sguardo. Meredith si era sentita tremendamente in colpa, come
sei lei
fosse la responsabile di ciò che era accaduto
all’amica.
Elena,
però, ne era uscita forte e più matura.
Più consapevole dell’effetto che aveva
sulle persone e più restia
ad usarlo a
suo favore come in precedenza. Elena Gilbert grazie a Stefan era
decisamente
cresciuta e Meredith non poteva che esserne orgogliosa.
D’altra parte era anche
preoccupata dall’influenza che Damon incominciava ad avere
sulla ragazza.
Meredith
era sicura che Elena provasse per lui una forte attrazione e non voleva
assolutamente che quello compromettesse la relazione con Stefan.
Con
tutto il cuore sperò che l’amica sarebbe stata
abbastanza assennata per non
buttare tutto al vento per una fissazione da ragazzina.
“Adesso
che facciamo?” chiese dopo essere scesa dal treno.
“Bonnie
mi ha detto che il posto è in periferia, è un
quartiere un po’ squallido, con
un night club per spogliarelliste”.
“Accattivante!”
ironizzò Meredith “Non vedo l’ora di
arrivarci. Come lo troviamo, genio?”.
Elena
si guardò intorno un po’ smarrita
“Ottima osservazione. Ehi! Scusi lei! Non è
che mi potrebbe aiutare?” urlò ad un passante e
gli corse dietro.
Meredith
si schiaffò una mano sulla fronte. Ogni tanto la vecchia,
sfacciata Elena
tornava a galla.
Cominciarono
a camminare nella direzione indicata dal signore, cercando con lo
sguardo
d’individuare l’insegna del locale, almeno per
accertarsi di essere nel
quartiere giusto.
“Così
tu vorresti incontrare questo vampiro con cui ha parlato
Damon?”.
“Esatto”
rispose Elena “Dato che sia Stefan che Damon tacciono come
delle tomba, mi
tocca andare dritta alla fonte”.
“Certo!
Perché te l’ha ordinato il medico”.
“Non
c’è bisogno di essere così
acide!” la ribeccò Elena “Comunque
dovremmo essere
vicine ormai … guarda là, è un night
club, no?”.
“Mai
credevo che nella mia vita sarei andata alla ricerca di un
night!”.
Le
due si scambiarono un’occhiata e scoppiarono a ridere,
perché nell’assurdità
della situazione quella era assolutamente la cosa più
stramba.
“Katherine?”.
Entrambe
gelarono sul posto e non ebbero il coraggio di voltarsi.
Bonnie
fissava indecisa un paio di felpe stese sul letto. Stava facendo lo
zaino per
partire con Caroline e non sapeva bene cosa portarsi dietro.
“Vai
da qualche parte?”.
Si
girò verso la porta per incrociare gli occhi incuriositi di
Damon, appoggiato
allo stipite con aria scanzonata.
“Ehi”
lo salutò Bonnie.
“Com’è
che non mi sgridi per essere uscito senza avvisarti? Non hai
più paura che mi
mettano sotto chiave e mi torturino?” la prese in giro.
“Non
è divertente!” replicò Bonnie
“Stanotte ho davvero pensato di dover venirti a
riprendere da qualche parte”.
“Mi
fai sciogliere il cuore con queste belle parole” la
canzonò mettendosi una mano
sul petto.
“Prima
dimostrami di avere un cuore”.
“Ahia!”
finse di offendersi il vampiro “Così mi
ferisci”.
Bonnie
scelse infine una felpa vecchia e un po’ consumata; stava per
andare a fare da
babysitter ad un lupo mannaro, poteva permettersi di non essere vestita
come
una modella.
“Il
fatto che tu stia ritirando quel maglione mi suggerisce che non stai
per fare
un fuga d’amore con Christian”.
“Christopher”
lo corresse Bonnie “E comunque accompagno Caroline e Matt nel
Maryland per
aiutare Tyler” aveva dato per scontato che Damon avrebbe
acconsentito senza
fare storia.
Grandissimo
errore.
“Dove
hai detto che vai?” tuonò l’uomo tra
l’incredulo e il teso.
“N-
non va bene?” balbettò Bonnie colta di sorpresa.
“No
che non va bene” dichiarò Damon “Tu sei
pazza se credi che ti lascerò andare
dopo quello che hai combinato a Greensboro”.
“Mi
è servita di lezione. Non farò mai più
mosse avventate, te lo giuro”.
“E
sei arrivata a questa conclusione nel lunghissimo tempo tra scorso tra
ieri e
oggi? Non si cresce in una notte, ragazzina”.
A
certa gente non bastano nemmeno
cinquecento anni.
Pensò con irritazione la giovane “Damon,
perché? È una specie di punizione?”.
“Questa
volta è sul serio pericoloso. Tu non ci andrai, fine della
discussione”.
“Ma
non sono da sola … Caroline è un vampiro, lei mi
può difendere”.
“Chi?
Baby vamp? Non sa badare nemmeno a se stessa” .
“Viene
anche Matt e lei non lo porterebbe mai se pensasse di non poterlo
proteggere”
gli fece notare come se fosse un’ovvietà.
“Sinceramente
se dovesse succedere qualcosa a quell’umano, non me ne
importerebbe nulla. E
poi Caroline ha una cotta per quel tipo; credi che si preoccuperebbe di
te se
lui fosse in pericolo?”.
Bonnie
incassò il colpo a fatica. Odiava sentirsi
l’ultima arrivata, quella non
così importante.
“Ha
bisogno del mio aiuto” continuò imperterrita.
Aveva la testa troppo dura, non
si sarebbe arresa facilmente.
“Sono
certo che potrà fare a meno di te”.
“Perché
mi vuoi costantemente tenere sotto una campana di vetro? Non sono fatta
di
porcellana!” gli gridò addosso
“Preferivo quando te ne fregavi di me”.
“Bonnie”.
“No,
Damon!” lo interruppe “Perché devo
essere io quella diversa? Perché Elena,
Caroline e Meredith possono giocare a fare le grandi, ma io rimango
sempre la
bambina?! Cosa c’è di sbagliato in me?”.
Damon
abbassò lentamente le palpebre con stanchezza
“Meredith e Caroline non sono mie
nipoti”.
“Ed
Elena?” lo incalzò.
Damon
rimase in silenzio.
“Scusa,
dimenticavo: lei può comandarti a bacchetta. Ha un potere
che io mi sogno”
commentò in modo più velenoso di quanto volesse.
“Cazzo,
Bonnie!” sbottò Damon e innervosito la prese per
le braccia e l’attirò a sé
“Farai mai quello che dico! Non capisci che cerco di tenerti
al sicuro? Stiamo
parlando di un licantropo durante la luna piena, non sarà
più il tuo amico
Tyler. Ti sbranerà senza esitazioni, nemmeno ti
riconoscerà. Credi davvero che
affiderei la tua vita ad una neovampira che deve occuparsi anche di un
altro
umano e nel frattempo evitare di farsi mordere?
Non sono così sconsiderato” questa
volta aveva alzato lui la voce “L’altra
sera eri con me e quasi ti sei fatta uccidere. Eri
con me, ma non è bastato. Ho passato i cinque
minuti più brutti
della mia vita e non mi era mai capitato di provare
una così fottuta paura” la voce ora si era fatta
bassa, quasi un sussurro
“Faccio di tutto per proteggerti, perché me la
devi rendere così difficile?”.
Gli
occhi di Bonnie si addolcirono in un istante. Le sue mani scattarono
tra i
capelli del vampiro e avvicinarono le due fronti “Io sono
qui, non vado da
nessuna parte, Damon, non mi perderai” mormorò
“E’ solo che non mi sento libera;
mi sembra sempre di dover dimostrare qualcosa. Ogni volta devo
prendermi la tua
fiducia, tu non me la dai mai …”.
“Mi
fido di te … è degli altri che non mi
fido”.
Bonnie
ridacchiò. Sembrava uno di quei genitori apprensivi.
“Vorrei
solo che la smettessi di paragonarmi alla bambina di dieci anni
fa”.
Damon
si scostò appena e le accarezzò la guancia con
delicatezza “Forse sei davvero
cresciuta”.
E
il campanello suonò. Bonnie non ci volle credere. Damon
stava finalmente per
concederle il suo permesso, pareva disposto ad ammettere che non poteva
controllare la sua vita, che la riteneva ormai abbastanza matura.
Bonnie valutò
seriamente di strozzare chiunque li avesse interrotti.
“Sparisci
per cinquecento anni e ora ti vedo un giorno sì e due
pure” commentò acidamente
Damon dopo aver aperto la porta e aver rivelato Katherine.
“Ritieniti
fortunato considerando che sto per salvare il tuo amore”
rispose lei.
“Ovvero?”.
“Stavo
gironzolando intorno alla casa di quella mora, quella inquietante
… a proposito
la casa più brutta che abbia mai visto
…”.
“Sto
per chiudere la porta” l’avvertì Damon.
“Elena
ha deciso di fare una piccola gita a Greensboro. Non credo sia molto
soddisfatta di quello che le avete raccontato”
spiegò Katherine “Da che mi
ricordo quei vampiri mi odiano. Non credo che sia sicuro per la mia
doppelgaenger andarsene in giro per quelle strade”.
“Damon”
lo chiamò Bonnie alle sue spalle “Se Elena
è andata da quei vampiri dobbiamo
andare a riprenderla” si allarmò ricordando quello
che le avrebbero fatto se
Damon non fosse intervenuto.
“Rimani
qui, ok?” le disse “Sistemo io questo
casino”.
“Sì
tesoro, lascia le cose da grandi a noi” le disse Katherine
con un sorriso di
circostanza.
“Io
vado, tu no” la freddò Damon e si
trasformò in corvo volando via.
“Pf!”
sbuffò Katherine “Come se fosse l’unico
che possiede un paio di ali” dopodiché
si tramutò in una bellissima civetta bianca e
seguì Damon.
Bonnie
rimase sulla soglia a guardare due puntini sparire oltre gli alberi.
Richiuse
la porta mestamente.
Perché
ogni volta che Damon sembrava concederle un po’ di
libertà poi ritirava tutto,
troppo preoccupato che si facesse male? Non era una bambola di pezza!
Perché
con lui doveva sempre essere due passi avanti e cinque indietro?
Non
si aspettava certa che le avrebbe dato il permesso di aiutare Tyler, ma
qualcosa di base era sbagliato. C’era ancora qualcosa di
irrisolto, altrimenti
non si sarebbe sentita così incompleta.
Con
un ultimo sbuffo salì in camera per chiamare Caroline.
“Katherine?”.
“N-
no … mi chiamo Elena” rispose la bionda che al
nome della vampira si era tesa
come una corda di violino.
“Ma
certo, come ho potuto confondermi! Damon mi ha parlato di te”
disse l’uomo.
“Tu
… sei Sage?” gli domandò Elena
facendosi avanti. Meredith rimase in disparte
osservando la scena in silenzio.
“Oui, mademoiselle, al tuo
servizio” le
sorrise il vampiro “Damon ti ha mandato da me?”.
“Non
proprio” fu vaga Elena “Ma so che avete parlato
l’altra sera … di me”
.
Sage
annuì “E’ stata una chiacchierata
interessante, poi una piccola rossa ci ha
interrotto”.
“C’è
un motivo se sono qui” continuò Elena
“Speravo che tu potessi darmi delle
risposte”.
“Siete
venute qui da sole? Senza protezione?”.
“I
nostri amici … non credo sarebbero felici di trovarci
qui” questa volta era
stata Meredith a parlare. Sperava che Sage sarebbe stato disposto a
raccontare
ciò che sapeva o sarebbe stato un viaggio a vuoto
“Abbiamo preso un treno e
abbiamo camminato fino a qui, quindi … per favore
… spiegaci che cosa sta
succedendo”.
Sage
acconsentì ma insistette a scortarle fino alla stazione.
Lì in giro c’erano
vampiri che avevano parecchi conti in sospeso con Katherine e la
somiglianza
con Elena avrebbe messo la ragazza in serio pericolo.
Avrebbe
chiarito tutti i loro dubbi nel tragitto verso i treni, ma voleva
essere certo
che le due ragazze arrivassero a casa sane e salve. Damon lo avrebbe
ammazzato
se fosse accaduto loro qualcosa. Senza contare che lo avrebbe odiato lo
stesso
per aver detto ad Elena i piani di Klaus.
“Katherine,
lei ha detto che sono la sua doppelgaenger, non so nemmeno che cosa
significhi,
ha detto che Klaus ha bisogno del mio sangue per accrescere il suo
Potere e …”.
“Ferma,
partiamo dall’inizio” la interruppe Sage
“Partiamo dalla parola doppelgaenger,
perché è la chiave di tutto. È nata
per definire un doppio di sé, un doppione
di qualcuno già esistente, di solito in seguito ad uno
sdoppiamento della
personalità, ma è qualcosa di temporaneo, prima o
poi il sosia viene
riassorbito dalla figura principale. Nel tempo, poi, il suo significato
è
traslato ed è passato ad indicare quel fenomeno
soprannaturale per cui ogni tot
anni compare una persona totalmente uguale ad una esistita nel passato;
stesso
fisico, stesso patrimonio genetico, se si dovesse fare
l’esame del DNA, ci
sarebbe completa corrispondenza. Ma è l’unico
aspetto che condividono, perché
caratterialmente si è del tutto indipendenti. È
come se una tua antenata fosse
stata clonata e tutte le sue sosia comparissero negli anni a intervalli
irregolari”.
“Quindi
Katherine non è la prima doppelgaenger?”.
“No,
è troppo giovane. Io parlo di un fenomeno molto
più antico. Proprio per questa
periodicità il loro sangue è usato per legare
incantesimi, riti, maledizioni”.
“Perché
il sangue?”.
“Perché
è la vostra linfa vitale, è quello che trasmette
il vostro gene, è lì che sta
tutta l’energia. Tutti i rituali sono creati per accrescere i
Poteri ed è una
strega a sigillarli, ma le streghe sono serve della natura, devono
mantenere
l’equilibrio, non possono permettere che qualcuno sia troppo
più potente,
troppo diverso. Alcune di loro sono costrette dalle circostanze
perciò hanno
trovato questa scappatoia. Non si sa mai dove o quando
comparirà la prossima
doppelgaenger , è difficilissimo trovarle,
c’è quindi una buona possibilità che
il rito non venga mai eseguito”.
Elena
e Meredith ascoltavano zitte e attente, come a scuola. Affascinate da
quella
mitologia, preoccupate per il destino della bionda.
“Ho
incontrato Klaus una volta” proseguì Sage
“Bel ragazzo, ma con manie di
grandezza. È un originario e il più potente al
mondo, ma è ossessionato che
qualcuno possa batterlo. Quando uno è abituato per
così tanto tempo a essere il
primo, è dura accettare di essere superato, ti rende
vulnerabile. Non mi ha mai
accennato a come era intenzionato ad aumentare la sua forza, ma
suppongo che
quello che ti ha detto Katherine sia possibile. Insomma siete identiche
e lei
ha avuto a che fare con Klaus. Non so se sia vero, ma è
molto verosimile”.
“Non
c’è un modo per ucciderlo?”.
“Ho
spiegato a Damon che l’unico modo per uccidere un Antico
è il legno di frassino
bianco, ma è introvabile. In alternativa potrebbe chiedere
ad una strega; la
magia ha creato il rito, la magia può spezzarlo. Non
sarà facile, però: prima
di tutto dovrebbe trovarne una che non lo odi e deve essere anche
abbastanza
potente da contrastare un incantesimo così antico”.
“Hai
detto che il fulcro di tutto è il mio sangue. C- come
può averlo?”.
“Il
modo più semplice per un vampiro è morderti.
Parliamo di una magia antica, legata
ad una concezione sacrificale. È necessario che tu muoia per
completare
l’incantesimo”.
Elena
ammutolì. La sua espressione s’impietrì
ma cercò di non darlo a vedere, anche
se fu palese.
“Non
c’è niente che possiamo fare per
fermarlo?” s’intromise Meredith “Forse
non sa
nemmeno di Elena …” suppose.
“Damon
è un mio amico e gli devo un favore. Ho intenzione di andare
nella Dimensione
Oscura e cercare informazioni. È tutto quello che posso
fare”.
Sia
Meredith che Elena non avevano la più pallida idea di cosa
fosse la Dimensione
Oscura, ma in quel momento non era la questione più
importante.
“Io
… ti ringrazio, Sage, per tutto quello che hai fatto e che
farai” gli sorrise
Elena.
Sage
ricambiò con un cenno del capo “Spero di portarti
notizie migliori la prossima
volta che ci vedremo” si piegò a fare il baciamano
a entrambe le ragazze “Au revoir,
cheris” le salutò
“E’ stato
un piacere conoscervi”.
Elena
si appoggiò alla carrozza del treno e osservò con
sconforto la figura del
vampiro francese.
Quando
quella mattina si era svegliata con l’idea di andare ad
indagare, aveva intuito
che avrebbe ricevuto brutte notizie. Pensava di essere preparata.
Invece dopo
le parole di Sage si sentiva come in un altro mondo, come se quella che
le
stava davanti fosse un’altra realtà,
un’altra Elena Gilbert. Non la bionda,
bellissima, affascinante, popolare, ma una
ragazza estranea, diversa che non condivideva la sua
stessa vita.
Come
era arrivata a quel punto? Quando era cominciato tutto? Con Stefan? Ma
forse se
lui non fosse mai giunto a Fell’s Church sarebbe stato
peggio. Lei non avrebbe
mi potuto sospettare che un vampiro antico le avrebbe dato la caccia.
Poi il
suo pensiero si rivolse a Margaret e a zia Judith e a tutti i suoi
amici.
Sarebbero stato sbalzati nel pericolo più buio e la colpa
era solo sua.
“Elena”.
Avrebbe
dovuto farsi forza, per loro, per salvarli. Avrebbe affrontato Klaus,
avrebbe
fatto di tutto per proteggere le persone che amava. Non avrebbe
permesso a
nessuno di far loro del male; sarebbe morta piuttosto.
“Elena”.
“Hn?”.
“Sage
non è stato preciso … potresti non essere tu la
doppelgaenger che Klaus cerca”
la confortò Meredith.
“Hai
ragione, deve essere un’altra, perché il mondo
è pieno di doppelgaenger”
ironizzò Elena distogliendo lo sguardo “Scusami,
Mere, non volevo risponderti
male. Sono solo un po’ scossa”.
“Non
ti succederà niente, ok?” la
tranquillizzò Meredith “Stefan e Damon non ti
lasceranno morire e anche noi faremo del nostro meglio anche se non
abbiamo i
superpoteri”.
Elena
l’abbracciò stretta. Il supporto delle sue
migliore amiche, della sorellanza
velociraptor era ciò che di più importante
possedeva. Nient’altro avrebbe
potuto farle superare quel momento difficile.
“Dimmi
se non è quella puttanella di Katherine Von
Swartzschild!” esclamò una voce alle loro spalle.
Per
la seconda volta in
poche ore il nome di Katherine fece tremare le due giovani.
Lì a pochi metri da
loro se ne stavano due uomini a fumare. Meredith ed Elena capirono al
volo che
quell’incontro non sarebbe stato così piacevole
come quello condiviso con Sage.
“Con
quello che mi hai
fatto l’ultima volta non so con che coraggio ti ripresenti
qui a Greensboro”.
Elena
fece scivolare la
mano sul braccio di Meredith senza farsi notare e lo tirò
leggermente verso di
lei. Dovevano andarsene alla svelta.
La
stazione era deserta e
quei due vampiri (era palese che lo fossero) avrebbero potuto
attaccarle in
qualsiasi momento.
“Corri”
le mormorò quasi
non emettendo suono.
Le
due diedero loro le
spalle e fuggirono più veloce della luce, ma non abbastanza.
Si trovarono la
strada sbarrata dopo pochi metri.
Non
le lasciarono nemmeno
il tempo di chiarire il malinteso; uno di loro prese Elena per il collo
e
l’attaccò al muro sollevandola leggermente.
“Sono
anni che sogno di
staccarti il cuore” le ringhiò a pochi metri dal
volto.
“N
– non sono Kat-
therine” annaspò lei tentando con le dite di
smollare la presa.
“Smettetela!”
strillò
Meredith in modo autoritario “Levatele le mani di
dosso!”.
“Tu
stanne fuori” le
intimò l’altro vampiro.
“Non
è Katherine! Non è
Katherine” ripeté istericamente e si
appigliò alle spalle del vampiro che
teneva l’amica con l’intenzione di liberarla
“Lasciala, dannazione! Non senti
che il suo cuore batte!”.
Il
vampiro tese le
orecchie e, rendendosi conto dell’errore, tolse subito le
mani dalla ragazza.
Elena cadde in ginocchio tenendosi il collo rosso e dolorante e
tossì un paio
di volte. Meredith le fu subito accanto.
“Come
è possibile?” si
accigliò il vampiro “Sei uguale a lei”
tirò un pungo al muro facendo sobbalzare
le due ragazze “Maledizione!” imprecò
“Un’altra occasione buttata in fumo”.
“Prima
o poi la troverai
e ti vendicherai” gli disse l’altro quasi a dargli
il contentino.
Gli
occhi del primo
vampiro vennero attraversati da un lampo di rabbia e in un attimo
artigliò il
braccio di Meredith e la costrinse ad alzarsi “Non siete
quello che stavo
cercando, ma capitate nel momento giusto. Ho una sete
terribile” detto questo
sfoderò le zanne e calò sul collo di Meredith.
La
mora sentì le punte
dei canini sfiorarle la pelle ma non andarono oltre. Il corpo del
vampiro
divenne improvvisamente rigido e crollò a terra.
“Vampiri
della Dimensione
Oscura” sentenziò Katherine gettando il suo cuore
sulla strada “Sempre così
coglioni” commentò “Oh eri tu
Joseph?” chiese fintamente dispiaciuta al
cadavere “L’uomo dagli attributi più
piccoli che abbia mai visto. Beh tu che
hai da guardare?!” esclamò in direzione
dell’altro compare “Sparisci prima che
ti spezzi il collo”.
Quello
indietreggiò e si
girò con la chiara intenzione di darsela a gambe, ma Damon
lo intercettò
staccandogli la testa di netto “Schifoso codardo”.
“Damon”
bisbigliò Elena
stupita quanto Meredith di vederlo lì con Katherine a
difenderle.
“Tu
sei davvero nei guai”
la informò puntandole un dito contro.
“Perché
sei qui con lei?”
gli domandò di rimando, un po’ scocciata.
“Siamo
venuti a salvare
il tuo regale culo, Principessa, nel caso non te ne fossi
accorta” la freddò
lanciandole un’occhiata tagliente “Ora filate su
quel treno, tutte e due, prima
di fare altri spiacevoli incontri”.
“Non
volevo fare niente
di male” si giustificò Elena che solo in
quell’istante, studiando lo sguardo
glaciale di Damon, si rese conto di quanto irresponsabile fosse stata.
“Sul
treno” ordinò Damon
“Ora”.
Meredith
annuì, prese
Elena per mano e si avviò alle porte del vagone
più vicino senza proferir
parola. Damon le imitò e Katherine per ultima
seguì il trio.
Prima
di salire sulla
carrozza Elena si girò “Lei non viene con
noi” dichiarò indicando Katherine.
“Cosa?!”
si sdegnò la
vampira.
Elena
non controllò
nemmeno se le avrebbe dato retta o no. Entrò nel vagone e
con Meredith andò a
occupare dei posti.
“Sta
scherzando, vero?”
chiese incredula Katherine “Le ho appena salvato la vita e mi
ripaga così!”.
Damon
era piuttosto
divertito dal battibeccare le due “L’hai sentita,
no? È lei il capo”.
“Ti
fai comandare così a
bacchetta come se fossi una foca ammaestrata?”
insinuò la donna alzando un
sopracciglio.
“Ti
dà fastidio di non
essere più tu ad avere questo potere su di me?” le
rinfacciò Damon.
“Sono
venuta da te perché
sapevo che Elena era in pericolo. Voglio solo un po’ di
fiducia. So di aver
ferito sia te che Stefan, ma devi capire Damon che non sono io il tuo
nemico,
non più”.
Damon
assottigliò le
labbra e un velo di tristezza pervase i suoi occhi “Hai
ragione, ci hai
ferito”.
Salì
sul treno senza
voltarsi.
Elena
richiuse con
delicatezza la porta del Pensionato. Erano arrivati Fell’s
Church in ritardo,
Meredith era schizzata dentro casa appena avevano fermato la macchina
mormorando qualcosa sul fatto che i suoi l’avrebbero uccisa.
Elena
valutò che avrebbe
preferito cento volte affrontare i genitori di Meredith piuttosto che
una sola
volta Damon Salvatore arrabbiato.
Il
vampiro stava davanti
a lei, girato di spalle, immobile. Elena sgattaiolò via
verso la cucina. Aveva
bisogno di bere dell’acqua e di stare lontano da lui,
perché in quel momento la
faceva sentire come una bimba beccata con le mani nella marmellata; una
piccola
e stupida irresponsabile.
“Chiariamo
una cosa”
proruppe Damon irrompendo in cucina “Io mi preoccupo per te e
non me ne frega
niente se pensi che io non ne abbia diritto solo perché non
sono Stefan. So di
non essere Stefan, sono grato di
non
essere Stefan, ma continuo a preoccuparti
per te. Potrà anche sembrarti una cosa patetica,
fastidiosa, potai anche
odiarmi, però io farò tutto ciò che
è in mio potere per proteggerti”.
“Damon”.
“Fammi
finire” la bloccò
prima che potesse ribattere “Quello che hai fatto oggi
è stato incosciente e da
idioti. Che senso ha cercare informazioni per salvarti da Klaus quando
ti fai
ammazzare da sola? Hai idea di cosa sarebbe successo se quei vampiri ti
avessero presa? Stefan non si sarebbe mai perdonato, tu saresti morta e
io …”.
“Mi dispiace” si
scusò Elena con gli occhi lucidi posando una mano
su quella del vampiro “E ti ringrazio per essere venuto ad
aiutarmi. Ci
avrebbero uccise se non ci fossi stato tu”.
Gli
di Damon incastonati
in quelli di Elena brillarono. Sapere di essere stato quello che aveva
tenuto
Elena in vita era la ricompensa più gratificante che potesse
ricevere.
“Beh
… anche Katherine ha
aiutato”.
Elena
rise “Già … sono in
debito con lei. Chissà perché ma non credo sia
una cosa buona” spostò la mano
“Darò ascolto sia a te che a Stefan
d’ora in poi, ma mi dovete promettere che
ascolterete anche la mia opinione. L’altro giorno mia sorella
è stata rapita,
ora non c’entro solo io, altri sono coinvolti, quindi
… non fate tutto da soli,
ok?”.
“Mi
pare abbastanza
giusto” acconsentì Damon.
Sentirono
la porta della
villa aprirsi e richiudersi. Dopo un attimo Stefan comparì
in cucina. Li fissò
allarmato “Che succede?”.
“Niente”
rispose Damon
con nonchalance “Elena mi stava annoiando con le sue
chiacchiere da
femminuccia. Meno male che sei tornato”.
Elena
si girò verso Damon
strabuzzando gli occhi. Era certa che avrebbe raccontato a Stefan
quella che
aveva combinato, invece l’aveva coperta.
Stefan
si avvicinò ad
Elena e la baciò; la bionda lo abbracciò con
trasporto e chiuse gli occhi
beandosi del profumo del ragazzo. Qualche ora prima aveva temuto di non
vederlo
mai più.
“Ti
fermi per cena?” le
domandò con dolcezza.
Elena
annuì scuotendo la
testa.
“Vado
a chiamare anche
Bonnie, vorrà unirsi a noi” suppose Stefan.
“Non
è in casa” disse
Damon “Mi ha mandato un messaggio poco fa, ha raggiunto
Meredith, dice che passerà
la notte là”.
“Non
può essere” lo
contraddisse Elena.
“Non
fare l’offesa,
Principessa” la prese in giro Damon “E’
tutto il giorno che sei con Meredith, è
comprensibile che non ti voglia più tra i piedi per un
po’ ”.
“No,
no, non hai capito:
Meredith non c’è per tutto il week end.
È partita stasera con i suoi genitori”.
Damon
contrasse le
sopracciglia e serrò le labbra. Intuì subito dove
fosse andata quella piccola
peste. Ribollì di rabbia. Perché lei uniche due
ragazze cui teneva dovevano per
forza essere delle testarde e sconsiderate amanti del rischio.
Avevano
per caso un
desiderio di morte? Forse lui avrebbe potuto accontentare una di loro.
“Stefan
quando torna,
tienimela lontana. Perché se la prendo le rompo il
collo”.
“Ehi
Bonnie, sei sicura
che Damon sia d’accordo con questa cosa?” le chiese
per la centesima volta
Caroline mentre guidavano verso il Maryland.
“Sì,
Care” mentì la rossa
abortendo, senza farsi notare, l’ennesima chiamata di Damon.
Premette il
pulsante rosso e spense il cellulare.
Quando
sarebbe tornata a
casa, sarebbe scoppiato l’inferno. Probabilmente
l’avrebbero rinchiusa a vita
in camera sua.
Poteva
apparire un’altra
delle sue idee da folli, ma in realtà quello era un modo per
dimostrare a se
stessa di non essere inutile, di potere fare qualcosa di buono. Sapeva
cavarsela da sola, l’aveva fatto per tutti quegli anni, si
era presa cura di se
stessa da quando era andata in Italia. Sentiva di dover accompagnare
Caroline.
Era cresciuta ormai, non era una bambina, non lo era più da
tempo.
E
forse anche Damon prima
o poi l’avrebbe capito.
“You sprung me, I'm grateful
I love when you tell me not to speak
I owe you but I know you, you'll have me back but it's gonna take a
week
What now kid?, which way love?
Will we ever make up and be friends?
[…]
Saturday nights in neon lights,
Sunday in the cell
Pills enough to make me feel ill, cash enough to make me well
Take me, take me to the riot
Take me...”
(Take me to the riot- Stars)
Il
mio spazio:
101
recensione! Voi siete
pazze e io vi adoro!!!!!
Non
credevo che una delle
mie storie avrebbe raggiunto un risultato del genere; non
finirò mai di
ringraziarvi! Siete davvero fantastiche!
E
io come vi ripago?
Aggiornando ogni morte di papa. Ormai le scuse sono imbarazzanti e
questo
capitolo non mi convince nemmeno granché, per cui forse vi
lascio con qualcosa
di orripilante.
Però
ho buone notizie! Si
avvicinano le lunghe vacanze natalizie
dell’università e, anche se dovrò
preparare gli esami, avrò sicuramente più tempo
per scrivere.
Altra
cosa positiva: la
pausa invernale di tutte le serie tv! Io sono una drogata di serie tv,
le
guardo praticamente tutte e in questo periodo se avevo un momento
libero
guardavo una nuova puntata togliendo tempo alla scrittura. Sono davvero
imperdonabile =(
Che
ve ne pare della
prima parte della terza stagione di TVD? A me è piaciuta
molta per tre motivi:
1)
Klaus.
Dovrebbe esserci un Klaus per
ogni show e un Joseph Morgan per ogni città.
2)
Il
cambiamento di Stefan. Già amavo il
suo personaggio (a volte più di Damon), ora lo trovo
superbo! Spero davvero che
gli autori proseguano con questa vendetta.
3)
Bonnie
e Jeremy hanno rotto! Giuro non
credo di aver esultato così tanto dai tempi in cui Lindsay
Gardner se ne era
andata da New Port lasciando finalmente Ryan libero di tornare tra le
braccia
di Marissa.
Ammetto
che sono anche
riusciti a non farmi detestare i momenti Delena (anche se rimango una
fan di
Stelena).
Ora,
digressione a parte,
passiamo al capitolo.
Il
sogno di Bonnie è in
realtà un mio sogno ( non chiedetemi cosa avevo mangiato
quella sera) e ho
pensato subito di scriverlo. È da tre capitoli che volevo
inserirlo ma non
c’era mai spazio.
Voi
che ne pensate?
Credete che i sogni di Bonnie siano dettati dalla soggezione o siano
premonitori?
Poi
ovviamente la nostra
piccola rossa deve per forza fare la ribelle e ovviamente disobbedisce
a Damon
e parte con Caroline, Matt e Tyler. Credere che abbia fatto bene? io
credo di
sì; magari avrà sbagliato, potrà
sembrare una che non impara mai, ma sta
crescendo anche lei, deve trovare una sua dimensione, per cui
… diciamo che
farà parecchi tentativi prima di arrivare al traguardo.
Damon
finalmente dice
chiaro e tondo di tenere a lei. Non usa queste specifiche parole ma
è
palesassimo. Morirebbe se dovesse succedere qualcosa a Bonnie e si
arrabbia
perché sente che lei gli sfugge dalle mani.
L’ultima
scena ricorda un
po’ l’ultima di TVD 3x09
“Homecoming”. L’ho fatto apposta :P
… in fondo le due
situazioni mi sembrano molto simili.
A
questo proposito vorrei
precisare una cosa, perché questa storia è
improntata sulla relazione
Damon-Bonnie e non si è ancora vista una scena romantica tra
i due.
Mi
spiace ma dovrete
aspettare ancora un bel po’. Ora come ora non credo siano
ancora pronti per
condividere un bacio o qualcosa di simile. Sentono qualcosa, certo,
però sono
appena diventati amici e si sono ritrovati da poco
e non riescono a pensare all’altro in quel senso.
Non
dimentichiamo inoltre
che Bonnie deve ancora scoprire che Damon ha ucciso suo fratello.
Dovranno
attraversare la fase dell’odio, della negazione, del perdonoe
poi di nuovo
amicizia, fiducia e infine qualcosa accadrà.
Ovviamente
non tratterò
tutte queste fasi singolarmente ( se no finiamo davvero
l’anno prossimo), ma si
completeranno.
Il
loro è un percorso e
cerco di renderlo il più realistico possibile; spero che non
vi annoierete di
questa attesa, che continuerò ad appassionarvi, che avrete
pazienza e seguirete
la Strega e il Vampiro fino alla fine.
Consolatevi
nel sapere
che è una sofferenza anche per me dover continuare a
interrompere i loro
momenti, inserire scene con alcune distrazione (vedi Christopher ed
Elena). Non
vedo l’ora di arrivare al punto che tutte aspettate
perché lo attendo anch’io
con ansia!
Parlando
appunto di
parentesi Delena, che vi è parsa la loro scena? Non sono
molto brava a scrivere
di loro, quindi mi scuso se c’è qualche loro fan
che segue la mia storia. Non
so se sto trattando del loro rapporto nel modo giusto. Anche se io non
sono una
appassionata di questa coppia, so che è molto importante
quindi vorrei darle
giustizia.
Nello
scorso capitolo mi
sono dimenticata di menzionare tra le note Sage! Errore mio!
Sì lo so, è solo
una comparsa e dopo questo capitolo non lo vedremo per un
po’, ma sono riuscita
a trovare uno spazietto anche per lui.
Non
sarà l’unica guest
star a comparire in questa storia. Tra un po’ ne
arriverà un’altra.
Dopo
questo sproloquio vi
lascio e ringrazio nuovamente chi mi segue, recensisce e legge. Tutto
questo va
avanti grazie a voi
Anticipazione
del
prossimo capitolo: Trasformazione di Tyler e ritorno di Alaric!
Titolo: We can be heroes just for
one day.
Fran ;)
|
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Capitolo 17 *** We can be heroes just for one day ***
Ashes &Wine
Capitolo diciassette: We can be heroes just
for one day
“Though nothing, will keep us
together
We could steal time,
just for one day
We can be Heroes, forever and ever
What d'you say?
Oh we can be Heroes
just for one day
We're nothing, and nothing will help us
Maybe we're lying,
then you better not stay
But we could be safer,
just for one day”
(Heroes- David Bowie).
Cinquecento
anni.
Cinquecento
dannatissimi
anni a squarciare gole, ad ubriacarsi, a corrompere centinaia di donne
e a
fottersene della gente.
Ed
era stato benissimo.
Nessuna
preoccupazione,
nessuno rimorso, nessun legame. Un paradiso!
Allora
qualcuno potrebbe spiegarmi che
diavolo è successo?!
La
risposta era semplice:
Bonnie Salvatore era nata. Nata per rovinargli la vita.
Dopo
tutti quegli anni sentire qualcosa nel petto era stato
strano, a tratti fastidioso, in altri tremendamente confortante.
Poi
Bonnie gli era stata portata via e, sfumata la rabbia,
aveva ritrovato la sua dimensione, si era sentito di nuovo come un dio,
ma la
vita è una grandissima stronza e ovviamente il suo cammino
aveva dovuto
intersecarsi con quello di Elena Gilbert e da quel momento era stato un
turbinio di emozioni. Su e giù. Montagne russe pure. Per
tutta la sua eternità
Damon avrebbe continuato a ringraziare Elena per quel dono e a dannarla
per
quella maledizione.
Per
un po’ era riuscito a tenere i suoi sentimenti a bada,
chiusi nella sua pietra costruita con tanta fatica; il piano era
semplice:
fregare la ragazza a suo fratello, trasformarla in vampiro e renderla
la sua
Principessa delle Tenebre. Innamorarsi di lei non era previsto.
Il
ritorno di Bonnie non
era previsto. Casa
Salvatore
improvvisamente si era riempita ancora una volta, di bontà,
altruismo e una
buona dose di sani principi morali; che non potevano certo accettare un
vampiro
sanguinario, senza cuore, approfittatore e disonesto. Damon era stato
costretto
ad adattarsi a quel nuovo clima e da lì in poi la pietra non
aveva più retto;
si era crepata e piano, piano tutte le emozioni era fuoriuscite.
Per
qualche grazia divina il suo autocontrollo era quasi
sempre riuscito a rimanere intatto e Damon non aveva perso la
concentrazione.
Non si era fatto prendere dal panico, era rimasto focalizzato sul suo
obiettivo
senza lasciare che tutta la sua interiorità lo sopraffacesse
impedendogli di
compiere ciò che si era prefissato: tenere in vita Bonnie ed
Elena.
In
quei due giorni si era dato parecchio da fare, con le due
ragazze impegnate a farsi mangiare da dei vampiri della Dimensione
Oscura, ma
era riuscito a salvare la situazione. Almeno fino a che, dopo essere
ritornato
a casa, non aveva scoperto che la rossa era sgattaiolata via per farsi
mangiare
(questa volta) da un lupo mannaro. Delle serie: non faceva in tempo a
metterne
una in salvo che l’altra si gettava tra le braccia della
morte.
Perciò
Damon, scolandosi la sua dose mattutina di bourbon,
si stava chiedendo perché le uniche due donne di cui gli
importasse, dovevano
essere anche due pazze suicide con strani desideri di autolesionismo.
Perché
una persona sana di mente non sarebbe mai andata spontaneamente ad un
picnic
con un licantropo.
Avrebbe
fatto meglio a tornare tutta intera, perché
altrimenti Damon avrebbe dovuto diventare decapitare metà
del gruppetto di
Elena, il che non sarebbe stato utile al suo piano di conquistarla.
D’altra
parte se Bonnie fosse tornata viva, ci avrebbe
pensato lui a porre fine ai suoi giorni. Aveva già deciso:
l’avrebbe chiusa nel
seminterrato e avrebbe buttato via la chiave. Per
sempre. Forse le avrebbe tolto la voglia di scappare di casa
ad
ogni occasione.
Stupida
umana.
“E’
tutta la mattina che provo a chiamarla. Non risponde”.
Vampiro
fastidioso.
“Ha
staccato il telefono” spiegò Damon con voce
annoiata.
“Anche
Tyler, Caroline e Matt? Non credo siano tutti
complici della sua fuga”.
“Non
ci sarà campo”.
Stefan
allargò le braccia esterrefatto “Come fai ad
essere
così calmo?!”.
“Cerco
di stare calmo, ma tu mi stai rendendo la cosa
difficile” iniziò ad alterarsi.
“Con
chi coraggio l’hai lasciata sola?”
sbottò Stefan “Non è
che in queste settimane ti abbia mai dato retta. La domanda mi sorge
spontanea:
che diamine ti è passato per la testa?”.
“Uh,
non so, fammi pensare … forse la tua ragazza che stava
per essere dissanguata con la sua amica? Sì, mi sembra che
il motivo fosse
quello!”.
Stefan
s’irrigidì e torse il collo con un gesto
innervosito.
Damon sospirò e socchiuse lentamente le palpebre. Si era
ripromesso di tacere
al fratello riguardo alla piccola avventura vissuta da Meredith ed
Elena; un
po’ perché non voleva mettere ulteriormente nei
guai quest’ultima, un po’
perché voleva risparmiarsi scenate di panico e ansia.
“Di
che cosa stai parlando?” indagò Stefan.
Damon,
per quanto restio a rispondere, si trovò costretto a
raccontare la verità “Elena voleva sapere di
Klaus; è andata con Meredith a
Greensboro a parlare con Sage. Io e Katherine siamo arrivati appena in
tempo
per impedire che venissero attaccate da due vampiri”.
“Che
cosa c’entra Katherine?”.
“E’
stata lei ad avvertirmi. Sembra che la sua brutta
abitudine di ficcanasare si sia rivelata utile”.
“Quindi
mi stai dicendo che sono stato via dodici ore ed
Elena si è quasi fatta ammazzare e Bonnie è
riuscita a fuggirti da sotto il
naso” Stefan era arrabbiato, era terribilmente arrabbiato e
non vedeva l’ora di
ferire il fratello infilando più e più volte il
dito nella piaga.
“Sono
dovuto volare
a salvare Elena” ringhiò Damon “Non
è colpa mia se quella ragazzina ha deciso
di essere l’eroina della situazione!”.
È
questa la tua scelta
allora. Fu
il pensiero di Stefan
che lo colse come un fulmine a ciel sereno. Damon non l’aveva
mai considerata
da quel punto di vista. Non credeva si potesse ridurre ad una scelta,
lui
odiava scegliere; preferiva avere tutto. Stefan, però, aveva
ragione: Damon
aveva scelto senza nemmeno accorgersene. Aveva scelto Elena.
Sapeva
che Bonnie se ne sarebbe andata, dentro di sé lo
sospettava; il dubbio c’era, ma lui aveva preferito
ignorarlo, metterlo a
tacere. In quel momento tra proteggere Elena o Bonnie, era prevalso il
sentimento travolgente che lo spingeva verso la bionda.
Si
diede mentalmente dello stupido. Perché non aveva
riflettuto un attimo prima di lasciare Bonnie da sola? Il giorno
precedente non
era sembrata una brutta idea; in fondo Elena rischiava
nell’imminente molto più
di Bonnie, ma la rossa ora aveva le stesse possibilità di
morire dell’amica.
Una
volta Damon non avrebbe commesso un tale errore, una
volta sarebbe riuscito a difendere una e a badare all’altra.
Aveva
permesso ai sentimenti di prendere il sopravvento e
gli avevano annebbiato la lucidità. Dannate
emozioni.
“Non
mi piacciono i segreti, Damon” rincarò Stefan
conscio
della lotta interiore che aveva scatenato
nel fratello “Soprattutto non mi piace che tu abbia dei
segreti con la mia
ragazza. E questo è già il secondo”.
“Cosa
c’è, fratellino?” chiese Damon maligno
“Ti dà fastidio
che Elena non te l’abbia detto o che sia stato io quello a
tenerla in vita
mentre tu eri a caccia di cervi?” sputò
velenosamente.
Stefan
ruggì e gli si lanciò contro. Lo
afferrò per il collo
e lo sbatté a terra. Damon cadde dal letto su cui era seduto
e rotolò sulla
schiena. Si mise accovacciato in posizione di attacco e
mostrò la sua maschera
da vampiro.
Era
pronto a ripagare Stefan dell’offesa quando una voce
bloccò entrambi.
“Sono
arrivato nel momento sbagliato?”.
Damon
guardò verso la porta della stanza. Lo stesso fece
Stefan. I loro volti tornarono normali e i due fratelli decisero di
rimandare
ad un altro momento il loro scontro. Tra Elena e Bonnie quella volta
vinse la
seconda.
Sulla
soglia stava Alaric Saltzman.
Bonnie
si rigirò nel letto coprendosi la testa con la
coperta. La luce del sole filtrava attraverso le tende e le picchiava
fastidiosamente sugli occhi, ma lei si rifiutava di svegliarsi.
Erano
arrivati a casa Smallwood nel Maryland a notte fonda,
Bonnie in macchina non aveva chiuso occhio, troppo presa dalla nausea,
e appena
Tyler le aveva mostrato la sua stanza, si era buttata a capofitto nel
letto. La
voglia di lasciarlo era molto poca. C’era del lavoro da fare,
però.
Dovevano
preparare la stanza per la trasformazione di Tyler.
Nessuno
di loro si era mai trovato di fronte ad un
licantropo, non sapevano come comportarsi. Avevano bisogno di tutto il
tempo
disponibile.
Alla
fine si alzò, anche se malvolentieri, si lavò,
cambiò e
scese in cucina da dove provenivano le voci degli altri tre.
“Finalmente!
Credevo di doverti strappare le coperte di
dosso” esclamò Caroline
“Caffè, latte o tè?”.
“Latte”
rispose ancora un po’ assonnata, prendendo posto con
gli altri “Allora, qual è il piano?”.
“Beh,
andiamo nel seminterrato, prepariamo tutto e
aspettiamo che arrivi la luna piena” spiegò Tyler.
“Tutto
qui?” Bonnie appariva un po’ delusa.
“Per
ora sì” confermò Caroline
“Poi improvviseremo”.
“Oh
… i piani più semplici sono quelli più
efficaci, no?”.
“Questo
è lo spirito giusto!” esultò Caroline
“Non dobbiamo
perdere tempo. Abbiamo un mucchio di cose da fare” tolse la
tazza di Bonnie dal
tavolo, obbligò Tyler ad alzarsi e lo spinse su per le scale.
Bonnie
rimase attonita a fissare il punto in cui stava la
sua tazza ancora mezza piena “Io veramente non avevo ancora
finito” bisbigliò
intristita.
“Concordo
con te” disse Matt pronto a raggiungere gli altri
due “Siamo fottuti”.
Bonnie
lo seguì con lo sguardo senza trattenere un sorriso
divertito. Sentire Matt dire certe parole le avrebbe fatto sempre uno
strano
effetto.
Uscirono
dalla grande villa e
girarono subito a sinistra. Lì, dietro due grossi cespugli,
era nascosta una
porticina di legno.
Tyler
l’aprì rivelando un’angusta
rampa di scale. I quattro scesero i gradini fino a trovarsi di fronte
ad un
lungo corridoio stretto da due pareti altrettanto lunghe costeggiate da
porte
di legno spesso.
“Cos’è
questo posto?” chiese Matt
girando la testa a destra e a sinistra.
“Una
piccola prigione” spiegò Tyler
“E’ qui che venivano rinchiusi i prigionieri
dell’Unione durante la guerra
civile”.
“Vuoi
rinchiuderti dentro una di
queste celle?” domandò Bonnie titubante costatando
quanto fragili sembrassero.
Tyler
non rispose, proseguì fino
alla fine del corridoio, oltrepassò un arco di pietra e
scese ancora alcuni
gradini.
Arrivò
finalmente a destinazione,
attraversando un cancello, fermandosi di fronte ad una porta di legno
(dall’aspetto decisamente più robusto), coperta da
un’ulteriore grata.
“Questa
doveva essere per i
prigionieri molto agitati” commentò Matt.
“Questa
non era per prigionieri comuni. Penso che l’abbiano
costruita per i lupi mannari della famiglia Smallwood” disse
Tyler “Da quanto
mi ha detto Caroline, la licantropia è un gene che viene
tramandato di
generazione in generazione e la maledizione viene scatenata
dall’omicidio.
Questa casa è stata costruita in epoca coloniale e a quel
tempo c’era il
delitto d’onore, gli schiavi non era considerati persone;
uccidere era molto
più semplice. Poi c’è stata la guerra
di secessione e sicuramente qualche
Smallwood è stato un soldato, è andato in guerra
e ha ucciso. Spesso quando
eravamo piccoli, io e i miei cugini venivano qua sotto a giocare di
nascosto e
ci siamo sempre chiesti perché questa cella sembrasse
più rinforzata rispetto
alle altre. Solo ora ne capisco il motivo” Tyler
entrò nella stanza e guardò
dietro la porta “Questo me lo conferma”. Il legno
scuro e massiccio era
rovinato da profondi graffi.
Caroline
batté le mani “Che fortuna, no?!”
esclamò per
allentare la tensione “Questo ci conferma che esiste una
camera a prova di lupo
mannaro che t’impedirà di uscire durante la luna
piena! Te l’aveva detto,
Tyler, che sarebbe andato tutto bene”.
Bonnie
si avvicinò al muro in fondo, dove sotto il muschio
creatosi per l’umidità s’intravedevano
delle catene. Ne prese in mano una
“Queste sono marce ormai” li informò
“Dobbiamo sostituirle con le nostre”.
Caroline
si avvicinò, le afferrò tra le mano e usando la
sua
forza vampiresca le tirò via dall’anello
principale, buttandole in un angolo.
“Potremo
mettere anche della strozza- lupo per terra e sulla
porta” suggerì Matt.
Gli
altri lo guardarono interrogativi.
“Dai
graffi si capisce che i tuoi avi- lupi riuscivano a
raggiungere la porta nonostante le catene. Possiamo mettere la strozza-
lupo
sul pavimento qui vicino all’uscita e direttamente sulla
porta, così ti terrà
lontano per un po’, almeno finché non si
asciuga”. Il ragionamento non faceva
una piega, pensò Caroline. Lei non poteva nemmeno
avvicinarsi alla verbena,
figuriamoci toccarla o camminarci sopra; per Tyler sarebbe stato lo
stesso.
“E
i proiettili d’argento funzionano?” chiese Bonnie
d’un
tratto “Nei film sui lupi mannari li usano sempre per
ucciderli”.
“Vedi!”
saltò su Tyler rivolto a Caroline “Ora sono certo
che Damon Salvatore l’abbia mandata per farmi
fuori!”.
“Non
voglio ucciderti” negò Bonnie “Dico solo
che potremmo
usarli per indebolirti nel caso tu riesca a fuggire. Se Stefan
improvvisamente
impazzisse e cercasse di mordermi, prenderei un paletto di legno e
glielo
conficcherei nello stomaco; senza ucciderlo, solo per fiaccarlo, per
avere la
possibilità di mettermi al sicuro” appena
pronunciate quelle parole Bonnie si
morse la lingua, rendendosi conto di aver peggiorato le cose. Tyler era
già
abbastanza impaurito di ferire qualcuno dei suoi amici; non aveva certo
bisogno
di qualcuno che gli ricordasse quanto fosse pericoloso. “Era
solo una domanda
per precauzione. Non credo che ce ne sarà bisogno”
si corresse la ragazza
“Questa cella sempre piuttosto sicura”.
“Sul
mio libro non c’è scritto niente riguardo le
pallottole
d’argento, ma la tua è una buona idea”
disse Tyler cercando di farla sentire
meglio. Non voleva che Bonnie si preoccupasse di aver urtato i suoi
sentimenti.
Dopo tutto era lì per aiutarlo e Tyler non poteva che
ringraziarla.
“E’
meglio se cominciamo ad andare a prendere le catene, che
ne dite?” propose Matt “Bonnie mi
accompagni?”.
La
rossa annuì e lo seguì fuori dalla cella, non
prima di
aver lanciato a Tyler un’altra occhiata di scuse.
Il
ragazzo contrasse la mascella e diede la schiena a
Caroline, con la scusa di staccare le ultime catene rimaste.
Lei
gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
Lui si
scostò.
“Tyler
…”.
“Lo
dice anche Bonnie” sbottò bruscamente Tyler
“E’ convinta
che io scapperò e che farò del male a
qualcuno”.
“E’
solo preoccupata … voleva solo essere più
sicura”.
“Perché
l’hai fatta venire, Care? Ero già terrorizzato
all’idea che venissi tu. Poi si è aggiunto Matt,
ora anche Bonnie. Io non posso
avervi tutti sulla coscienza se le cose dovessero andare
storte”.
“Niente
andrà storto” dichiarò la ragazza
prendendogli il
viso tra le mani “Mi hai sentito? Non lascerò che
ti succeda quello che è
successo a me” gli assicurò mentre un velo di
tristezza le coprì lo sguardo al
ricordo del ragazzo che aveva ucciso alla fiera, in preda ai suoi
istinti di
vampira.
“Ti
chiedo solo un favore” sussurrò Tyler
“Matt … io, so che
sono stato un coglione, che è da tanto che non ci
frequentiamo ma lo conosco da
tutta la vita, l’ho sempre considerato come il mio migliore
amico. Promettimi
che non gli accadrà niente”.
Caroline
annuì con gli occhi lucidi. Matt. “Te
lo giuro”.
Tyler
ricambiò lo sguardo e si commosse quasi dalla
sincerità
che vi lesse. Avrebbe tanto voluta abbracciarla, stringerla, magari
anche baciarla.
“Ehilà!!!”
li richiamò la voce di Matt dal corridoio “Qui
sarebbe utile la vostra superforza. Le catene stanno per schiacciare
Bonnie”.
“Non
mi stanno schiacciando!” replicò l’altra
piccata “Mi
sono fermata per una pausa”.
Tyler
e Caroline si scambiarono un’occhiata divertita e
andarono ad aiutarli.
Sistemarono
tutto con cura. Agganciarono le catene
all’anello principale, incastrato nel muro di pietra.
Cosparsero la strozza-
lupo sul pavimento adiacente alla porta e sul legno della porta stessa.
Controllarono che non ci fossero altre uscite, nessuna finestra,
nessuno
spiraglio.
Ogni
tanto si fermavano a scherzare per allentare un po’ la
tensione. Rimasero lì sotto a mangiare dei panini che
Caroline aveva preparato.
Risero e si dimenticarono per un momento della notte che dovevano
affrontare.
Fino
a che Matt, controllando l’orologio, si rese conto
dell’ora tarda. Erano le sei di sera, il sole stava
tramontando ma la luna sembrava
ancora lontana.
Tyler
insistette lo stesso per restare nella cella e
iniziare ad incatenarsi.
“Tyler
c’è ancora tempo” gli disse Matt.
“Non
so come funziona questa cosa” ammise Tyler
“Preferisco
rimanere qui per essere sicuro. Voi salite pure in casa, io me la
caverò”.
Matt
e Bonnie annuirono, augurarono buona fortuna a Tyler e
si avviarono all’uscita. Caroline si trattenne.
L’amica se ne accorse e la
chiamò.
“Non
preoccuparti: resto io qui” la tranquillizzò Care.
“E’
rischioso” si oppose Tyler.
“Serve
qualcuno che ti aiuti con quelle catene e finché non
ti trasformerai del tutto, voglio rimanere con te …
è giusto così”.
“Caroline
so che hai la supervelocità ma non credo sia una
buona idea” le fece presente Bonnie un po’
allarmata.
“Andrà
tutto bene” le sorrise l’altra “Tu
occupati di Matt,
ok? Assicurati che Matt non scenda qua sotto e anche tu cerca di stare
buona”
le intimò lanciandole un’occhiata circospetta.
“Va
bene” acconsentì Bonnie incerta “Ma se
hai problemi,
urla, ok?”.
“Spaccherò
i vetri” e le fece l’occhiolino.
Bonnie
raggiunse Matt che l’attendeva all’uscita
“Caroline?”.
“Sale
tra poco” lo prese per un braccio e lo trascinò
via.
“Perché
non ora?” s’insospettì Matt.
“Sta
controllando che tutto sia a posto, la conosci”.
“Bonnie
…” il tono del ragazzo si fece d’un
tratto acuto.
“Maaat”
gli fece il verso lei.
Le
sopracciglia del biondo si arcuarono.
“Andiamo,
Matt! Sa quello che fa! Si sta solo occupando che
vada bene. Quando la situazione comincerà a farsi rischiosa,
ci raggiungerà
qui” Bonnie non sembrava molto convinta, non era nemmeno
sicura di quello che
aveva appena detto. La verità era che si stava seriamente
preoccupando per la
sua amica e si sentiva uno schifo a cercare di calmare Matt.
Si
buttò sul divano e guardò fuori dalla finestra:
il sole
era totalmente tramontato, da lì a poco la luna piena
sarebbe comparsa e Tyler
…
“E’
difficile stare calmi” si lamentò Matt
“Insomma Tyler è
un vecchio amico e io mi sento inutile a stare qui”.
Benvenuto
nel club.
“Mi
sento quasi in colpa”.
Bonnie
alzò la testa e lo guardò confusa. Per quale
motivo
avrebbe dovuto sentirsi in colpa?
Matt
era l’unico, insieme a Meredith, a potersi definire del
tutto normale. L’unico; eppure eccolo lì ad
aiutare il suo amico licantropo o a
donare il sangue alle sua amica vampira per la trasformazione.
Gli
altri avrebbero dovuto sentirsi in colpa per averlo
coinvolto.
“Caroline
sta facendo di tutto per aiutare Tyler. Le sue
intenzione sono le migliori e mi dispiace così tanto per
quello che deve
affrontare Tyler ma c’è un pensiero fisso e non
riesco a levarmelo dalla testa”
fece un sospiro il ragazzo “Sono geloso. Sono geloso
perché tengo davvero a
Caroline e la considero più di un’amica
… so che sto facendo un discorso da
egoista, ma vorrei avere le attenzioni che sta dando a Tyler. Sono una
persona
orribile”.
Bonnie
pensò che Fell’s Church dovesse essere la
città con
il più alto tasso di triangoli amorosi tra liceali
soprannaturali.
S’intenerì
immensamente ascoltando le parole di Matt. Le
piaceva per una volta avere a che fare con un banalissimo caso di
gelosia
adolescenziale.
Normale,
normale, normale; era tutto ciò che riusciva a
pensare e lo trovava fantastico. Pura e semplice emozione umana.
Ringraziò
il cielo che Matt fosse suo amico, ringraziò che
fosse così ingenuamente dolce, ringraziò che non
fosse ancora inquinato. Era
così adorabile osservarlo mentre arrossiva parlando di Care.
“Non
sei egoista, Matt” gli disse “Sei solo
innamorato”.
Quella
dovette essere una rivelazione anche per lui perché
strabuzzò gli occhi e quasi si strozzò con la sua
stessa saliva.
“Forse
quello è un termine un po’ forte”
azzardò.
“Forse”
concordò Bonnie “Ma qualunque cosa tu senta per
Caroline è molto forte e credo che anche lei provi lo
stesso. Tyler è solo un
amico in difficoltà ed è capitato che lei fosse
l’unica a poter dargli una
mano”.
“Lo
so, me l’ha detto” parve rifletterci un attimo
“Mi sto
comportando da idiota” e scosse la testa.
“Quando
tutto sarà finito, quando saremo al sicuro, parlale.
Sii sincero. Dopotutto Caroline ti adora, sei il suo eroe”.
Matt
corrugò la fronte “Io? Eroe? Sono solo un umano di
diciott’anni”.
“Sei
qui, ci sei sempre stato per lei. Le hai donato il
sangue rischiando la tua sicurezza. Qualunque ragazza sarebbe
impressionata”.
Matt
distolse lo sguardo un po’ imbarazzato. Parlare con
Bonnie era spossante: sapeva sempre cosa dire in un modo
così maledettamente
innocente da farti sentire sporco.
“Ti
sei mai innamorata, Bonnie?”.
La
rossa venne colta di sorpresa dalla domanda, ma conosceva
perfettamente la risposta “No”.
Probabilmente
perché aveva solo diciott’anni e non aveva
ancora incontrato la persona giusta, o probabilmente era ancora troppo
giovane
per comprendere il significato della parola amore. O magari
perché lei era una
sognatrice che desiderava l’amore totale. Appartenersi,
questo per lei era
amore.
Non
credeva di avere la maturità per donarsi completamente
ad un’altra persona e di certo non aveva ancora trovato chi
potesse farle
cambiare idea.
La
luna era quasi piena e dalle celle sotterranee iniziavano
a provenire degli strani gemiti che si trasformarono presto in ringhi.
Matt
si agitava allarmato; continuava a guardare fuori dalla
finestra e poi verso la porta nella speranza di vedere Caroline entrare.
“Bonnie
vado a vedere perché non sale”
sentenziò.
“No!”
urlò Bonnie tagliandoli la strada. Caroline
l’avrebbe
ammazzata se l’avesse lasciato scendere “Matt
è pericoloso”.
“Anche
per Caroline”.
“E’
un vampiro, può scappare molto più in fretta. Non
stiamo
parlando di una sprovveduta”.
“TYLER”
gridò la sopracitata e la sua voce rimbombò per
tutta la tenuta “Tyler ti prego smettila!”.
Matt
si mosse e Bonnie lo afferrò per un braccio bloccandolo
nuovamente.
“Bonnie”
la pregò Matt “Hai detto che sono l’eroe
di
Caroline. Permettimi di essere veramente”.
Bonnie
si morse il labbro inferiore. Le urla di Caroline
aumentarono d’intensità.
“Però
io vengo con te” gli impose.
Matt
acconsentì con un cenno della testa ed entrambi corsero
giù.
Alaric
Saltzaman in tutta la sua stanchezza, bagagli ancora
in mano, espressione abbastanza affaticata. Aveva tutta
l’aria di essere
arrivato direttamente dall’aeroporto.
Dopo
un mese passato in Scozia avrebbe solo voluto andarsene
a casa, chiamare Meredith, buttarsi sul letto e dormire fino al giorno
dopo. Ed
era stato molto tentato di farlo, ma quello che aveva scoperto era
parecchio
importante.
“Ric!”
si stupì Stefan; per quanto ne sapeva doveva rimanere
in Europa ancora per qualche giorno; invece eccolo lì. Con
un perfetto
tempismo, tra le altre cose.
“Ho
delle cose da dirvi” annunciò Alaric.
“Non
sei nemmeno passato da casa?” chiese Stefan mortificato
che l’amico si fosse precipitato lì solo per loro.
“Da
cosa l’hai capito? Dalle occhiaie lunghe fino alla
mascella o dalle valigie sparpagliate in camera mia?”
ironizzò Damon che non
aveva ancora smaltito la rabbia di un secondo prima. Era un periodo di
tensione
tra loro, molto peggio rispetto ad altre volte. Era tanto che non erano
costretti a condividere un rapporto così ravvicinato e tutti
quei legami non
contribuivano a migliorare la situazione. Tra Elena e Bonnie. Klaus e
Katherine.
Stefan
gli lanciò un’occhiata di fuoco e per un momento
pensò davvero di saltargli nuovamente alla gola e metterlo a
tacere per un
periodo di tempo seriamente lungo. Si trattenne per Alaric.
“E’
importante. Questa dovreste davvero sentirla” li
avvisò
Alaric.
“Perfetto,
Ric, mi serviva giusto un’altra buona notizia”
sbottò Damon intuendo che da lì a poco avrebbe
ricevuto un altro colpo.
Alaric
si piegò sulla sua borsa e estrasse un libro che
andò
a posare sulla scrivania di Damon. Lo aprì.
“Sono
andato in Scozia per studiare i Druidi, lo sapete,
no?” iniziò “Quello che non sapevo
è che avrei scoperto questo” e indicò
un
paragrafo del tomo “Parla di antica magia celtica legata
all’energia della
natura. All’inizio non mi era sembrato molto rilevante, non
con tutta la roba
che avevo da studiare, poi ho ripensato a ciò che mi aveva
detto Damon,
riguardo Bonnie e quella volta che aveva sentito un suo pensieri. Da
che mi
ricordo non stavi cercando di leggerle nella mente, ti è
arrivato così,
giusto?”.
Il
vampiro annuì “Va’ avanti” lo
incitò.
“Non
è una cosa normale. Noi umani
non possiamo parlare con il pensiero, non possiamo leggere le
menti altrui e non possiamo mandare messaggi telepatici”.
“Questo
lo avevi già detto” lo interruppe Damon.
“Sì,
mi era fatto un’idea del motivo ma non potevo esserne
certo. Poi ho approfondito i miei studi e ho avuto le mie conferma. La
telepatia è propria solo di chi ha poteri soprannaturali:
vampiri, lupi
mannari, demoni e streghe”.
“Mi
sentirei di escludere le prime tre ipotesi” disse Damon
senza essere troppo meravigliato da quella novità. Qualche
sospetto in fondo
gli era già venuto.
Stefan
lo guardò un po’ insospettito da tutta quella
calma
ma preferì non indagare “Quindi mi stai dicendo
che Bonnie, la piccola Bonnie,
è una strega?” domandò un po’
frastornato. La rossa non aveva mai dato segni di
essere diversa da tutti gli altri. Ci rifletté un
po’ su e giunse alla
conclusione che qualcuno dei suoi Poteri avrebbe dovuto manifestarsi
quando era
piccola, quando non aveva bene il controllo delle sue emozioni, ma
così non era
stato “E’ possibile che noi non ce ne siamo mai
accorti? Siamo vampiri, certe
cose dovremmo percepirle. Almeno un accenno di aura”.
“E’
strano ma non impossibile. L’aura di Bonnie è
molto
debole dato che non hai mai praticato la magia, ma credo che siano i
suoi
stessi Poteri a nasconderla” rispose Alaric. Non aveva
rivelato tutta la
verità, il bello doveva ancora arrivare.
“Come
si può nascondere la propria aurea se nemmeno si sa di
averne una?” ora Damon appariva sorpreso.
“Ho
cominciato ad interessarmi della cosa quando ho ricevuto
la tua telefonata, quella in cui mi dicevi che Bonnie sosteneva di aver
influenzato Katherine”.
“Non
me l’avevi detto!” accusò Stefan.
“Me
ne sono dimenticato” lo liquidò Damon riportando
l’attenzione su Alaric che proseguì con la sua
spiegazione “Non si può
soggiogare un vampiro, nemmeno una strega può farlo. Inoltre
mi pareva strano
che lei stessa fosse immune dai vostri attacchi mentali, ma alla fine
tutto mi
è stato chiaro grazie a questo” e puntò
di nuovo il dito sulla pagina aperta
“Bonnie non è una strega comune, è una
specie di canale di energia”.
“Tutta
sta storia fa tanto Dragon Ball” commentò Damon
fuori
luogo come al solito.
“Cosa
intendi per canale di energia?” chiese Stefan
ignorando completamente il fratello.
“E’
un Potere che posseggono solo alcune streghe, sono
veramente poche, parliamo di alcune decine nel corso di millenni. Loro
riescono
ad assorbire l’energia di qualunque essere vivente e usarla a
loro piacere per
manipolare le menti. Esattamente come i vampiri, solo che funziona anche con i vampiri. È
impossibile
ipnotizzarle o invadere i loro pensieri perché hanno un
meccanismo di difesa
che respinge i vostri Poteri, possono soggiogarvi perché
assimilano la vostra
energia mentale e la incanalano verso di voi, buttandovela contro,
nascondo la
propria aura senza nemmeno accorgersene. È un fenomeno
straordinario” chiarì
Alaric incredulo della sue stesse parole.
“Bonnie
non sa di questa cosa” affermò convinto Damon
“Non
può aver fatto tutto quello che hai detto”.
“E’
istinto”rispose Alaric “Sono processi spontanei. La
sua
mente percepisce il pericolo e fa di tutto per proteggersi. Al momento
lei può
solo avvertire le energie molto forti, come quelle dei vampiri,
perché non è
allenata. Non riuscirebbe mai a influenzare un umano come lei, parliamo
di
un’energia mentale troppo fiacca per poter essere avvertita
da una strega
inesperta. Ma se dovesse fare un po’ di pratica, imparare a
riconoscere le
diverse auree, imparare a gestirle … beh …
sarebbe una forza abbastanza
incontrastabile”.
“Questo
mi convince che sia una buona idea non dirglielo”
sentenziò il vampiro più anziano.
“Damon!”
lo rimproverò Stefan.
“Andiamo
fratellino, preferirei prima capire che cosa può
davvero fare un canale di energia. Ti ricordo che la ragazzina non sa
ancora
che io le ho ucciso il fratello, vorrei che non fosse nel pieno dei
suoi Poteri
quando lo scoprirà”.
“Forse
sarà la volta buona che qualcuno ti brucerà quel
cu-”.
“Mi
fa piacere notare che non è cambiato niente da quando
sono partito” s’intromise Alaric per scongiurare
l’ennesima lite non
necessaria.
Damon
e Stefan si rilassarono un attimo, distogliendo lo
sguardo uno dall’altro.
“Cosa
pensi che sia meglio fare, Ric?” glie chiese consiglio
Stefan.
“Se
volete la mia opinione: avete un’arma potentissima tra
le mani e se fossi in voi, io farei di tutto per insegnarle tutto
ciò che
dovrebbe sapere sulla stregoneria. Damon, tu mi hai parlato di Klaus e
ho fatto
un paio di ricerche: è un nemico forte, non possiamo
sottovalutarlo. Il Potere
di Bonnie ci potrebbe essere di molto d’aiuto”
suggerì Alaric.
“No”
si oppose Stefan “Assolutamente no! Sissi non
verrà
coinvolta in questa guerra con Klaus. Basta già
Elena” scosse la testa convinto
di quello che stava dicendo “Se vorrà imparare
delle cose sulla magia, sarò il
primo ad aiutarla come posso, ma non permetterò che si metta
in mezzo con Klaus”.
Alaric
annuì capendo appieno l’apprensione
dell’amico “Non
devi usarla come un agnello sacrificale” lo
rassicurò “Ma sarebbe più sicuro
anche per lei sapere usare la sua magia. La proteggerebbe anche da un
Antico”.
“Facciamo
un piccolo riassunto” propose Damon “La rossa
è
una strega, con una magia sovra potenziata, la cui mente non
può essere
influenzata o letta, ma che ha la capacità di fare uno scudo
e influenzare a
sua volta. E unito a tutto ciò abbiamo i Poteri standard di
una strega?”.
Alaric
annuì.
“Sono
spacciato”.
Bonnie
seguì Matt con il cuore in gola. Sperò con tutta
se
stessa che non fosse niente di grave, di rischioso perché se
Matt si fosse
ferito, Caroline l’avrebbe ammazzata.
Le
urla della vampira aumentavano man mano che i due si
avvicinavano alla cella. Non ebbero nemmeno bisogno di scendere, ma la
trovarono schiacciata contro la prima porta di legno mentre cercava di
tenerla
chiusa con il suo peso. La porta tremava violentemente per i colpi che
riceveva
dall’altra parte. Bonnie si chiese come Tyler avesse fatto a
liberarsi dalle
catene e a superare anche l’altra porta.
“Tyler,
smettila! Sono io” urlò Caroline.
“Che
succede?” chiese Matt.
Caroline
si girò premendo la porta con la schiena. Li
guardò
sconcertata “Che diamine ci fate qua? Non dovevate starvene
di sopra?” scambiò
un’occhiata eloquente con Bonnie che avrebbe dovuto fare in
modo che lei e Matt
rimanessero al sicuro in casa.
“Ti
abbiamo sentito urlare” spiegò Matt “Che
cosa sta
succedendo?”.
“Non
lo so” ammise Caroline “All’inizio era
tranquillo. Ha
ingerito la strozza- lupo, era incatenato, poi … ha
cominciato a trasformarsi
ed è cambiato all’improvviso. Sembrava impazzito.
Sono scappata fuori, ma non
ho chiuso bene la prima porta, per questo è già
qui”.
“Le
catene si sono spezzate?”.
“Credo
di sì. Non possono essere così lunghe da farlo
arrivare fino qui” Caroline si appoggiò
pesantemente alla porta. Tyler pareva
essersi calmato.
“Dobbiamo
andarcene subito” disse la vampira.
“E
Tyler?” si preoccupò Bonnie.
“Starà
bene, dobbiamo solo aspettare che la luna piena se ne
vada, poi tornerà tutto come prima”.
Bonnie,
sebbene titubante, acconsentì. Diede le spalle alle
cella e fece per guadagnare l’uscita, quando la porta riprese
a traballare. Sta
volta più forte.
Caroline
le diede una spallata e spinse con le mani,
tentando di farla stare ferma. Matt si mise a fianco a lei, puntando
anche con
i piedi.
“Va’
via!” gli strillò Caroline presa dal panico
“Andatevene
tutte e due”.
“Non
ti lascio qui da sola” s’intestardì Matt
rifiutandosi
categoricamente di spostarsi “E’ rimasta della
strozza- lupo?”.
“No”
disse Caroline “L’ho finita spargendola sul
pavimento.
Mi chiedo come faccia a starci sopra con le zampe”.
“Ormai
si sarà asciugata” suppose Bonnie
“Dobbiamo trovare
un modo per tenerlo dentro o di calmarlo”.
La
rossa non ebbe nemmeno il tempo di concludere la frase.
Accadde tutto molto in fretta: dopo l’ennesimo colpo di
Tyler, più violento
rispetto agli altri, un pezzo di legno s’incrinò
conficcandosi nella mano di
Caroline. La ferita era superficiale ma la vampira d’istinto
abbassò la
guardia. Quell’attimo fu fatale perché Matt da
solo non poté contrastare la
forza di Tyler. La porta venne spalancata con un boato ed entrambi
finirono a
terra.
Davanti
a loro apparve un grosso lupo nero, con le zanne
scoperte in posizione d’attacco. Sembrò puntare
prima Caroline, poi Matt, ma
era indeciso chi colpire per primo.
“Non
muovere un muscolo” sibilò Caroline senza staccare
gli
occhi dall’animale di fronte a lei.
Bonnie
alle loro spalle era atterrita. Iniziava a capire
cosa intendesse Damon quando si era rifiutatati di lasciarla partire.
Una bestia.
Tyler non era più lui, era stato sopraffatto
dall’istinto, non aveva il
controllo della sua mente. Era come posseduto dalla rabbia. Voglia di
mordere,
di carne, di uccidere.
Poi
gli occhi di lui s’incatenarono in quelli di Bonnie e la
ragazza sentì una scossa elettrica su per la spina dorsale.
Era come se la sua
mente si fosse fusa con quella del lupo. Menti collegate.
Aveva
già sperimentato quella sensazione: con Katherine al
campo da football e con Bert a Greensboro.
“Caroline,
porta Matt fuori di qui” mormorò a denti stretti.
Sapeva cosa fare, ma doveva essere da sola, doveva avere la certezza
che gli
altri fossero al sicuro.
“Sto
pensando come fare per portare via tutti e tre”.
“Dovete
uscire voi due” replicò Bonnie.
Tyler
ringhiò più forte.
“Andate
via” ripeté Bonnie, aveva il respiro pesante
“Care,
fidati di me”.
Caroline
chiuse gli occhi combattuta. Voleva solo portare
tutti in salvo, ma qualcosa nella voce di Bonnie la induceva a seguire
l’ordine
dell’amica.
Perché?
Se
fosse successo qualcosa a Bonnie, Damon non le avrebbe
lasciato un giorno di vita in più. Altro motivo per non
accontentarla. Idea
totalmente folle.
La
scelta era una sola: scagliarsi su Tyler e dare a Matt e
a Bonnie il tempo di scappare.
Il
piano geniale venne stroncato sul nascere. Tyler si era
stufato di aspettare, riuscì a distogliere lo sguardo da
Bonnie rompendo la
connessione. Piegò le zampe posteriori e balzò
con le zanne scoperte su
Caroline.
La
vampira si ritrasse come una bambina.
Rischiare
di morire per salvare i suoi amici. Morire per
salvare Matt. Sì, poteva accettarlo, le sembrava una fine
abbastanza onorevole.
Tyler
non la raggiunse mai. Matt si frappose tra i due,
spingendo Caroline di lato. Il lupo saltò direttamente su
Bonnie, in piedi
dietro tutti, buttandola a terra. Le ringhiò in faccia ma
non diede segni di
voler fare altro. I loro occhi si erano di nuovo incontrati e le loro
menti
unite. Tyler chiuse la bocca con uno scatto vicinissimo al viso della
ragazza,
ma non per morderla. Appariva più come un gesto di sfida.
“Ci
penso io! Andatevene”
si era quasi stufata di ripeterlo. Girò il volto per
incontrare quello di
Caroline, fortemente allarmato.
Capiva
la sua
preoccupazione. Perché avrebbe dovuto fidarsi di lei? Cosa
aveva Bonnie di
speciale per poter tener testa a un lupo mannaro?
Evidentemente
qualcosa
negli occhi di Bonnie la convinse perché afferrò
Matt per la vita e lo trascinò
fuori alla velocità della luce.
Il
lupo l’annusò fino
alla pancia e poi di nuovo fino al collo.
“Tyler”
mormorò
impaurita.
Lui
riprese a ringhiare.
“Tyler
sono io” supplicò
cercando di tirare quel contatto mentale dalla sua parte
“Tyler smettila!” urlò
e qualcosa parve cambiare.
Il
lupo si zittì di colpo
e si levò dal suo corpo, fissandola intontito. Bonnie
capì di essere sulla
strada giusta. Avvertiva la stessa energia che aveva condiviso con
Katherine e
l’altro vampiro.
“Tyler”
lo chiamò “Devi
tornare nella cella, ok? O farai del male a qualcuno e tu non lo
vorresti. Ti
prego, rimani nella cella”.
Il
lupo piegò la testa di
lato, ammansito; fece dietrofront e si avviò nella piccola
prigione. Bonnie lo
seguì a debita distanza e quando fu sicura che Tyler fosse
dentro la stanza,
richiuse la porta di metallo e quella di legno.
Tirò
un sospiro di sollievo.
Non sapeva che cos’era accaduto, ma ce l’aveva
fatta.
Fuori
e al sicuro Matt e
Caroline si stavo riprendendo dallo shock. La vampira era del tutto
intenzionata a tornare indietro a prendere anche Bonnie, ma Matt la
bloccò per
un braccio “Sa quello che fa”. Era un frase dettata
dall’istinto.
Un’intuizione. Nulla gli confermava che Bonnie avrebbe potuto
gestire la
situazione. Semplicemente le stava dando fiducia. Sapeva che Bonnie
avrebbe
dimostrato di essere utile.
“Non
ti aspetterai mica
che la lasci lì dentro?” gli chiese prima di
avviarsi all’entrata dei
sotterranei.
“Vengo
con te”.
“NO”.
“Tu
puoi rischiare la
vita per salvarla e io no?”.
“Non
è la stessa cosa,
Matt. Io sono già
morta”.
“Ti
considero più viva
adesso di quando eri umana” le confessò in un moto
di onestà.
“Mattie!”
lo riprese la
ragazza con tono intimidatorio.
“Care”
la imitò lui.
La
vampira sbuffò
incrociando le braccia intuendo che non sarebbero arrivati da nessuna
parte.
Entrambi volevano tenersi al sicuro, quindi nessuno dei due avrebbe
ceduto.
Caroline
si chiese per
quale motivo Matt fosse così sicuro che Bonnie avrebbe
potuto cavarsela da
sola. Dopotutto era un’umana, una ragazza di
diciott’anni che da poco aveva
scoperto il mondo del sovrannaturale, inesperta e con una certa
tendenza a
cacciarsi nei guai.
Dovette
ammettere, però,
che Bonnie si era mostrata molto determinata e sicura di sé
quando aveva
ordinato loro di lasciarla sola. Non sembrava una scelta dettata dal
pericolo,
piuttosto dalla consapevolezza di sapere come comportarsi.
Caroline
aguzzò l’udito
tentando di captare qualunque segno che le confermasse che Bonnie e
Tyler
stavano bene.
Silenzio.
Assoluto
silenzio.
Non
seppe se
interpretarlo come un cattivo o un buon segno.
“Sto
beneeee!” urlò la
rossa. La sua voce rimbombò per il corridoio e
arrivò dritta alle orecchie dei
due.
Dopo
pochi minuti Bonnie
spuntò dalla porta togliendosi di dosso la polvere dai
vestiti. Alzò la testa
per incrociare gli sguardi allibiti di Caroline e Matt che tutti si
aspettavano
tranne di vederla tutta intera, senza un graffio e soprattutto senza
Tyler che
cercava di farla a pezzi.
“Come
hai fatto?!” chiese
Caroline correndo ad abbracciarla. Per un momento aveva davvero temuto
di non
vederla più.
“E’
tornato nella sua
gabbia” rispose Bonnie “Care … mi
soffochi così”.
“Come
è tornato nella sua
gabbia?!” si sorprese l’amica “Due
secondi fa stava cercando di mangiarci!”.
“Non
so perché si sia
calmato” mentì Bonnie. Sapeva perfettamente
perché si era calmato; era stato
per merito suo, ma preferiva non rivelarlo a Caroline. Era una cosa
assurda e
incredibile, inspiegabile; non voleva che la guardassero in modo
strano. Già si
sentiva quella fuori dal gruppo, avrebbe volentieri evitato di essere
etichettata come quella strana.
Caroline
annuì un po’ incerta,
poi diede un’occhiata al cielo “La luna sta
svanendo” disse “Tyler tra poco
dovrebbe ritornare umano. Vado a prendere dei vestiti in casa; dovrai
portarglieli più tardi” si rivolse a Matt.
Il
ragazzo acconsentì con
un cenno del capo. Aspettò che Caroline entrasse in casa
prima di voltarsi
verso Bonnie sorridendo “Lei potrà anche essersela
bevuta, ma non credere che
funzioni con me” la canzonò “Che
è successo là sotto?”.
“Davvero
non lo so, Matt”
ripeté Bonnie convinta “Gli ho detto di tornare
nella cella e lui l’ha fatto.
Era come se riuscissi a parlare con la sua mente”
chiarì apertamente. Non aveva
problemi a confidarsi con Matt. Era anche lui un semplice umano che,
come lei,
tentava di mettere un po’ d’ordine in quel casino
che era diventata la sua vita
dopo l’arrivo dei fratelli Salvatore.
Matt
fece per rispondere
ma Caroline uscì nuovamente in giardino con un groviglio di
vestiti in mano
“Eccomi qua!”.
“Glieli
porto io” si
offrì Bonnie. Dopo tutto quello che era successo sentiva che
Matt e Caroline
aveva bisogno di un po’ di tempo da passare da soli. Entrambi
avevano rischiato
la vita per salvarla all’altro; era talmente chiaro che tra
loro ci fosse
qualcosa di più di una normale amicizia.
Prese
gli indumenti dalle
mani di Caroline e si diresse nuovamente verso i sotterranei.
“Hai
visto!” esclamò Matt
“Te l’avevo detto che se la sarebbe
cavata”.
Caroline
aveva lo sguardo
fisso sul punto in cui poco prima c’era Bonnie. Stentava
ancora a credere che
si fosse salvata. Poi in un moto improvviso di rabbia si
girò verso Matt
puntandogli il dito contro “TU!” urlò.
Il
ragazzo indietreggiò
di un passo.
“Che
cosa ti è saltato in
mente?! Mettersi in
quel modo davanti a
me! Mentre Tyler cercava di mordermi! Hai perso del tutto il
cervello?”.
“I-
io volevo solo
aiutarti” davvero non capiva il motivo di quella sfuriata.
“Ottimo
modo di aiutarmi!
Farti ammazzare. Volevi per caso farmi morire di paura? Non so, ti
diverte
vedermi così dannatamente spaventata?”.
“No
che non mi diverto
…”.
“Beh,
sembrerebbe il
contrario! Ti ho detto di stare in casa e sei sceso lo stesso, ti ho
detto di
andartene e per poco non ti fai sbranare. Già che ci sei la
prossima volta
chiuditi nella stanza con Tyler!”.
“Solo
un morso dei suoi
ti potrebbe uccidere! Credi davvero che io ti lascerei morire
così solo perché
vuoi salvarmi la vita?”.
“Sì!
Avresti dovuto”.
“Sei
una mia amica, non
esiste che io ti lasci in pericolo quando so di poterlo
evitare” le disse Matt
risoluto.
“Anche
Bonnie è una tua
amica eppure non sei tornato indietro a soccorrerla” gli
rinfacciò Caroline.
“Bonnie
non era in
pericolo” affermò Matt “E comunque
nemmeno tu sei tornata indietro”.
“Perché
tu volevi
scendere con me!”.
Matt
si avvicinò
pericolosamente alla ragazza fissandola intensamente negli occhi
“Che cos’ho io
di speciale, Care? Perché non hai esitato un attimo a
portarmi via di lì ma hai
lasciato Bonnie? Perché io e non lei?”.
Caroline
tirò su col naso
avvertendo che gli le si facevano lucidi “Sono solo
un’egoista” piagnucolò
“E’
che … non avrei sopportato … tu non potevi
morire” confessò “Sono una pessima
amica, lo so. Ma in quel momento l’unico mio pensiero eri
tu”.
Matt
le prese una mano
“Ti devo dire una cos-”.
Caroline
lo fermò
mettendogli la mano libera sulla guancia e attirandolo a sé.
Le loro labbra
vennero dolcemente a contatto e rimasero lì, pressate le une
contro le altre,
finché Matt non decise di aprire leggermente la bocca.
Quella di Caroline si
mosse immediatamente seguendo i suoi movimenti.
Sciolsero
le mani. Quelle
di lei andarono ad avvinghiarsi al suo collo, quelle di lui le
strinsero i
fianchi; tutto nel più classico dei baci.
Caroline
sorrise contro
le labbra del ragazzo. Considerò che quello fosse un ottimo
motivo per tenerlo
sempre al sicuro.
Bonnie,
intanto,
attendeva seduta contro la porta della cella, con gli abiti di Tyler in
grembo.
Era da un pezzo che non proveniva nessuno rumore da dentro la stanza,
ma lei
prudentemente rimaneva lì. Fino a che non avesse avuto prova
che Tyler era
ritornato umano, non si sarebbe mossa.
Appoggiò
la testa alla
grata della porta e aspettò con pazienza. Alla fine
udì distintamente dei colpi
di tosse. Si girò di scatto verso la stanza e si
alzò. Con una mano bussò
lievemente “Tyler?”.
“B-
bonnie?” fu la
flebile risposta dall’altra parte.
Senza
esitazione la ragazza
aprì entrambe le porte ed entrò nella cella. Era
buio, ci mise qualche secondo
ad abituarsi e a individuare la figura rannicchiata di Tyler in un
angolo. Era
nudo ma c’era talmente poca luce e lui era talmente
arrotolato su se stesso che
non era possibile scorgere nessuna parte compromettente.
“Stai
bene? Sei ferito?”
gli chiese Bonnie apprensiva.
“Ho
male dappertutto”
bisbigliò lui.
“Suppongo
sia normale”
ipotizzò Bonnie “Ti lascio i vestiti qui, ok? Ti
aspetto fuori,
quando te la senti …”.
Passarono
altri dieci
minuti prima che Tyler lasciasse finalmente quella cella maledetta. Si
richiuse
la porta alle spalle e si preparò ad affrontare Bonnie.
Aveva ricordi confusi
della notte passata da lupo, ma sapeva di aver rischiato di fare del
male a
tutti i suoi amici. Si sentiva così in colpa.
“Dove
sono Caroline e
Matt?” domandò agitato.
“Di
sopra, in casa”.
“Stanno
bene?”.
“Sì,
avevano solo bisogno
di un po’ di tempo da soli” lo rassicurò.
Tyler
abbassò il capo
frastornato. Aveva vergogna. Vergogna di quello che era diventato,
vergogna di
quello che avrebbe potuto fare.
“Mi
dispiace, Tyler” si
scusò Bonnie “Avrei voluto aiutarti di
più”.
Tyler
si stupì perché
avrebbe dovuto essere lui quello a chiedere scusa “Non
dispiacerti per me,
Bonnie” le disse “Non me lo merito”.
“Non
dire stupidaggini.
Non hai fatto niente di male”.
Il
ragazzo scoppiò a
ridere “Stai scherzando, vero? Niente di male? Avrei potuto
causare molto male
… mi è semplicemente andata bene”.
“Ringraziamo
la fortuna,
allora!” sorrise Bonnie “E’ bello sapere
che non siamo perseguitati solo dalla
sfiga”.
Tyler
sospirò e si
sedette sul gradino accanto a lei “Sento di aver deluso tutti
voi. Sento di non
aver fatto del mio meglio per controllarmi”.
“Non
hai deluso nessuno.
Era la tua prima luna piena. Sinceramente mi sarei stupita se fossi
rimasto
buono e tranquillo in quella cella. Andrà meglio le prossime
volte; la prima è
sempre la peggiore”.
“Non
posso credere che
tutti i mesi sarà così, che mi
trasformerò in questa specie di bestia, di
mostro”.
“Non
sei un mostro” lo
contraddisse lei.
“Come
definiresti un lupo
incontrollabile con un solo desiderio: dilaniare tutto quello che
incontra. Il
licantropo non è mai l’eroe”.
“Nemmeno
il vampiro è mai
l’eroe, ma tu reputi Caroline un mostro?”.
“Caroline
si nutre di
sangue animale e dalle sacche. Ha imparato a controllarsi” le
fece notare.
“Avrebbe
potuto
fregarsene e dare libero sfogo alla sua inclinazione da
assassina” replicò
Bonnie “Non è stata la sua natura a determinare
chi dovesse essere, ma è stata
lei stessa. Tu avresti potuto seguire l’istinto, lanciarti
nel bosco senza
timore di ferire qualcuno. Invece sei venuto in questo posto smarrito,
ti sei
chiuso in una cella, legato con delle catene, hai bevuto la strozza-
lupo.
Nessuno è mostro e eroe
di nascita.
Siamo noi a fare la scelta e tu oggi sei stato decisamente
l’eroe”.
Stefan
ripose un altro
libro sugli scaffali della libreria. Damon era sparito il giorno prima,
dopo
che Alaric se n’era andato, e non era ancora tornato a casa.
Stefan
se lo immaginava
ad ubriacarsi al bar o nel letto con qualche donna abbordata in strada.
Lui
invece era rimasto al Pensionato a fare qualche ricerca per trovare
più
informazioni su questi canali di energia.
Nessuno dei suoi libri della biblioteca gli era stato utile.
Bonnie
gli aveva mandato
un messaggio qualche ora prima assicurandogli che tutto era andato per
il
meglio. Almeno non avrebbe dovuto preoccuparsi di quello.
“Che
stai facendo,
fratellino?” chiese Damon facendo il suo ingresso nella
stanza. Appariva
tranquillo, sobrio e padrone della situazione. Stefan si era aspettato
molto
peggio.
“Controllo
alcune cose.
Voglio approfondire quello che ci ha detto Alaric”.
“Mi
è parso piuttosto
chiaro, no?”.
“No,
Damon, altrimenti
non sarei qui”.
“Cos’è
che ti turba?”
scherzò buttandosi su una poltrona.
“La
magia è un gene,
giusto? Può saltare qualche generazione ma prima o poi
rispunta sempre. Viene
trasmesso lungo la discendenza”.
“Qual
è il punto,
Stefan?”.
“Noi
siamo in giro da
cinquecento anni. Non ti pare strano che nessuno della nostra famiglia
abbia
mai dato segni di avere dei Poteri?”.
“Non
molto, in realtà”
Damon alzò le spalle “Non è che
frequentassi molto gli altri Salvatore … tanti
non ho avuto nemmeno il piacere di conoscerli”.
“Beh
io sì. Tutti quanti
e nessuno di loro ha mai avuto un’aura sospetta”.
“C’è
anche da dire che la
tua dieta non aiuta molto ad individuare le auree
soprannaturali” gli ricordò
il fratello.
“Ho
controllato nei diari
di famiglia. Li hanno scritti tutte le generazioni di Salvatore e non
c’è
nessun accenno alla magia. Niente di niente”
ribadì Stefan “La magia è
ereditaria, i nostri successori non la possedevano, quindi è
geneticamente
impossibile che Bonnie sia una strega”.
Damon
sapeva di non
essere un eroe, non lo era mai stato, non ci era portato. In
realtà era
l’antieroe: subdolo, egoista, a tratti meschino e soprattutto
disonesto. Non
che non mantenesse le promesse, quello sì; e non gli piaceva
nemmeno mentire in
modo spudorato; piuttosto ometteva particolari, faceva il vago, ma
all’occorrenza era in grado di insabbiare la
verità in maniera egregia.
Ma
quella bugia … quella
bugia sarebbe stata letteralmente una bomba. Aveva mantenuto il segreto
per
anni e si era giurato di non rivelarlo per nessuna ragione. Solo che
Stefan era
troppo risoluto, determinato a capire non cosa non andasse nel quadro
che aveva
figurato Alaric; avrebbe scoperto per conto suo come stavano realmente
le cose
e sarebbe stata una catastrofe.
Scrutando
gli occhi del
fratello, Stefan comprese che quello che Damon stava per dire avrebbe
cambiato
per sempre le loro sorti.
“Hai
ragione: nella
nostra famiglia non ci sono mai state streghe”
confermò Damon “Ma forse
nella sua sì”.
“When the full
moon turns white that’s when I'll come home,
I am going out to see what I can sow,
And I don't know where I'll go,
But I don't know what I'll see,
But I'll try not to bring it back home with me.
Like the morning sun your eyes will follow me,
As you watch me wander, curse the powers be
'Cos all I want is here right now,
But it’s already been and gone,
Our attentions always last that bit too long”
(Full moon- The Black Ghosts).
Il
mio spazio:
Allora
prima che mi prendiate a
padellate per I miei soliti tempi biblici di aggiornamento, vi volevo
informare
che venerdì scorso sono ufficialmente terminate le mie
lezioni quindi per un
paio di mesi non avrò l’università per
cui … più tempo per scrivere! Sta volta
sul serio!
Non
aspettatevi un aggiornamento ogni
settimana, ma almeno ogni due invece di tre; mi pare già un
buon miglioramento
=)
Credo
che il capitolo si spieghi da
solo, non ci sono molte precisazioni da fare.
Non
ho descritto tutta la trasformazione
di Tyler perché crede che tutti l’abbiamo
già vista nella seconda stagione e
non volevo annoiarvi con qualcosa di già conosciuto. Matt e
Caroline si sono
finalmente dichiarati e chissà come
s’inflirà Tyler in tutto ciò!
Alaric
è tornato con un bel po’ di
novità, eh? Credete che la storia del canale di energia sia
stupida?
Come
avevo detto nel primo capitolo,
questa storia era nata inizialmente con un personaggio originale come
protagonista
femminile, poi l’ho adattata usando Bonnie. Nelle mie
intenzioni iniziali la
protagonista era solo un canale di energia; sostituendola con Bonnie
non ho
potuto eliminare la sua natura di strega, ma nel contempo mi piaceva
l’idea di
qualcuno che non poteva essere assolutamente influenzato ma che poteva
influenzare tutti gli altri. (E’ un Potere che ho iniziato ad
apprezzare
guardando la serie della “Spada della
Verità”; la figura della Depositaria
ha questa capacità).
E
infine la frase finale di Damon
cambierà parecchie carte in gioco. Qualcuna di voi ci aveva
azzeccato nelle
recensioni, ma tutto verrà spiegato bene nel prossimo
capitolo che, fidatevi,
non vorrete perdere.
Sto
lavorando anche a una piccola
one-shot di Natale, spero di riuscire a pubblicarla in tempo!
Qualunque
dubbio vi venga, chiedete
pure nei commenti ;).
Vi
ringrazio tantissimo come al solito!
Mi fate sempre molto felice!
A
presto, Fran;)
Ps:
stasera risponderò alle recensioni
dello scorso capitolo.
|
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Capitolo 18 *** Because losing you is something I always did so well ***
Ashes &Wine
Capitolo diciotto: Because losing you is
something I always did so well.
“She wants to go home
But nobody's home
That's where she lies
Broken inside
With no place to go
No place to go
To dry her eyes
Broken inside”
(Nobody’s
home- Avril Lavigne).
“Cosa
intendi per forse nella sua
sì?”.
In
realtà era piuttosto
chiaro cosa significasse. O meglio sarebbe stato chiaro se Stefan non
fosse
stato sicuro al cento per cento che non potesse essere vero.
“Credo
tu abbia capito
benissimo cosa voglio dire” Damon odiava ripetersi, ma in
quel caso non poteva
sopportare di pronunciare ancora quelle parole. Si sentiva inadeguato,
si
sentiva additato, come se tutti gli occhi fossero su di lui, come se
fosse
l’unico al centro dell’attenzione (fatto che
avrebbe apprezzato in altre
circostanze).
“Voglio
sentirlo da te,
perché a me sinceramente la
cosa mi
pare assurda e spero di essermi fatto un’idea
sbagliata”.
Stefan
di solito non
l’aveva mai vinta, ma quella volta seppe metterlo alle spalle
al muro e Damon
si rese conto che non sarebbe servito fare il vago. Aveva sempre
sospettato che
prima o poi la verità sarebbe venuta a galla, tanto valeva
dirlo una volta per
tutte e liberarsi da quel peso.
“Bonnie
è una trovatella.
Non c’è nessun motivo di stranirsi del fatto che
lei abbia poteri magici perché
non è una Salvatore”.
Non
l’aveva mai detto ad
alta voce prima di allora; l’aveva fatto sembrare meno reale.
Poteva fingere
che tutto fosse normale, che Bonnie fosse davvero una di famiglia. Lui l’aveva sempre considerata
come
parte del suo stesso sangue.
Stefan
era entrato in
quella fase di shock incredulo che impediva qualsiasi espressione
emotiva.
Sembrava una statua di marmo, non un movimento delle palpebre, non un
cenno
delle labbra, nessun arricciamento di naso.
Damon
si preparò perché
da lì a poco il fratello si sarebbe ripreso, esplodendo nel
migliore dei suoi
rimproveri. Non poté biasimarlo. Se i ruoli fossero stati
invertiti, lui
l’avrebbe già preso per la gola e scaraventato per
tutta la stanza. Ad essere
sinceri, ammirava tutta la compostezza del fratello.
“No”
fu la prima di
Stefan. Passarono altri interminabili minuti prima che il vampiro si
riprendesse del tutto, riacquistando pienamente le sue
facoltà raziocinative.
Aveva bisogno di ogni briciola della sua lucidità per
affrontare quella
conversazione.
“Mi
rifiuto di credere ad
una sola parola!” affermò convinto.
“Temo
che te ne dovrai
fare una ragione” lo avvertì Damon “Per
la prima volta in vita mia sto dicendo
la verità, tutta la verità vostro
onore”. Dannata
ironia.
Finalmente
il viso di
Stefan venne segnato da un’emozione; non proprio quella
sperata da Damon: ira.
“Sapevo
che eri capace di
tante cose ma questa …” sibilò Stefan
al limite della delusione “Hai ucciso i
suoi genitori?” lo accusò come se fosse
l’unica soluzione possibile.
“NO!”
negò con forza
Damon “Santo cielo, non sono uno sterminatore di
famiglie!” si difese
sentendosi per la prima volta davvero offeso.
“Allora
quello che mi hai
detto è una bugia” lo ribeccò Stefan
“Perché per nessun motivo al mondo Arthur
e Monica* avrebbero tenuto a tutti nascosta l’adozione di
Bonnie se tu non
avessi fatto qualcosa di male e non li
avessi minacciati”.
“Grazie
per la fiducia,
fratellino” s’indignò Damon
“Ma ti è andata male. Non ho fatto niente di male,
anzi …”.
“Spiegami
perché tu sai
certe cose e io no. Perché te l’hanno detto? Non
si fidavano di te! Perché tu e
non io?” c’era una punta di gelosia nella voce di
Stefan. Damon si era sempre
comportato male con i loro successori, tutti lo odiavano, tutti
avrebbero
voluto ucciderlo. Perché mai rivelare una cosa talmente
speciale proprio a
lui?.
“Ho
chiesto io di
mantenere il segreto” precisò Damon “E
so certe cose perché sono io
quello che l’ha trovata”.
Fell’Church
era stata da quanto
riusciva a ricordare un paradiso per i vampiri. Un tempo in quel luogo
erano
state eseguite grandi magie e la traccia di quel Potere era ancora ben
marcata
nel terreno. Ogni essere soprannaturale ne era inconsapevolmente
attratto. Una
volta giunti lì ci si accorgeva, però, che era un
normalissimo paesino della
Virginia abitato da persone altrettanto normali nelle cui vene scorreva
un
comunissimo sangue umano.
Ci
si poteva divertire un paio di
giorni, l’aura veniva ristorata da tutta
quell’energia sovrannaturale ma alla
fine non c’era niente di così straordinario da
trattenere tutti i vampiri che
erano passati per la città.
Damon
Salvatore ci ritornava
saltuariamente a fare visita ai suoi parenti, a infastidirli, a
trascorrere un
po’ di tempo nel grande Pensionato, senza venire disturbato.
Dopo Firenze
quella, dopo tutto, era la sua città, sapeva muoversi e
adorava andare a caccia
nei dintorni.
Se
poi aveva anche la fortuna di
incontrare suo fratello, la giornata migliorava. Dargli noia era il suo
sport
preferito, subito dopo insidiare giovani donne e lì, a
Fell’s Church, poteva
avere entrambi.
Appena
entrato nel paese aveva
scandagliato la zona in cerca dell’aura del fratello senza
successo. Ne era
rimasto scontento, ma nell’istante successivo qualcosa aveva
colpito i suoi
sensi. Sangue, tantissimo sangue. Un odore intenso e fortissimo che
quasi lo
stordì.
Immaginò
che dovesse esserci stato un
incidente o qualcosa di simile. L’unica spiegazione logica
per la presenza di
quell’enorme quantità di sangue.
Seguì
la scia, pregustando già il
sapore del dolce nettare. Si figurava un bel collo di un maldestro
guidatore
finito fuori strada, offertogli su un piatto d’argento.
Occasione che non
poteva farsi scappare.
Quando
raggiunse, però, la zona da cui
l’odore proveniva più intenso, si accorse che
qualcosa non quadrava. La via era
pulita, deserta. Nessuna macchina fracassata contro un muro, nessuna
moto a
terra. Ma l’odore era persistente.
Individuò
subito la fonte: una casa in
fondo alla strada, un pelo più scostata dalle altre. Dopo
aver finalmente
raggiunto il vialetto d’entrata, fece un passo indietro
disgustato perfino lui
dallo spettacolo che gli si presentava davanti.
Una
bambina a terra, sotto un’altalena,
in una posizione scomposta. Non una goccia di sangue usciva dal suo
corpo ma
Damon intuì che fosse morta. Non percepì nessuno
battito.
L’orrore
non era finito.
Sui
primi gradini dell’ingresso, appena
fuori dalla porta, era steso un uomo, presumibilmente il padre, con lo
sguardo
vitreo e un buco all’altezza del cuore.
Damon
non ci mise molto a capire che
fosse opera di un vampiro. Ma chi poteva essere così
spietato da uccidere una
ragazzina?
La
porta era aperta, Damon vedeva
l’interno della casa. Un altro corpo era a terra poco
più avanti. Una donna e
si muoveva.
Impercettibilmente, ma Damon
lo notò, il petto si alzava e si abbassava a fatica.
La
donna percepì la presenza del
vampiro e girò lentamente la testa verso di lui. La prima
cosa che impressionò
Damon furono i suoi occhi: grandi e coloro nocciola.
Aveva
un profondo taglio sulla gola.
Non c’erano speranze di salvarla e lei sembrava saperlo ma
prima di morire
doveva fare una cosa.
Piegò
le dita della mano come per
invitarlo ad entrare. Damon provò ma venne bloccato da una
barriera invisibile.
“E-
entra” mormorò la donna
flebilmente. Lui la udì e in un secondo le fu in ginocchio
accanto.
La
donna non aveva la forza di parlare,
ma era al corrente di chi le stava di fronte. Poteva percepire la sua
aura
sovrannaturale, quindi gli parlò con il pensiero.
Trovala.
Era un ordine.
“Chi?”
domandò Damon.
Devi
proteggerla, ti
prego.
“Voglio
aiutarti” cercò di calmarla
Damon “Ma devi spiegarti”.
Non
c’è tempo. Non ho più
tempo. Gli rispose telepaticamente. Prometti
che ti prenderai cura di lei. Promettimelo.
Damon
arricciò le labbra incerto sulla
risposta. Se solo avesse saputo di cosa stesse parlando.
Per
favore.
Damon
annuì “Te lo prometto”.
La
donna sorrise quasi sollevata. È
qui in casa. Puoi entrare anche lì,
hai il mio permes …
Damon
non avvertì più nessuna aura. La
donna era morta, non era rimasta più la forza di finire la
frase. Il vampiro ne
restò leggermente scosso. Era la prima volta che vedeva
qualcuno morire non per
mano sua.
Una
cosa era uccidere, un’altra
assistere impotente ad una morte lente e certa. Non aveva nemmeno preso
in
considerazione l’idea di donarle il suo sangue, non sarebbe
bastato a salvarla.
Certo l’avrebbe trasformata in vampiro concedendole
un’altra possibilità, ma
Damon ebbe l’impressione che la donna non ne sarebbe stata
contenta.
Si
tirò in piedi e diede un’occhiata in
giro: la casa era un vero casino. Era evidente che il vampiro
responsabile di
tutto ciò era giunto in quella casa in cerca di qualcosa;
probabilmente proprio
quel qualcosa che la donna gli aveva pregato di proteggere.
Perché avesse
accettato? Aveva promesso.
Perché
avesse promesso? Neanche lui
poteva essere così senza cuore da rifiutarsi di esaudire
l’ultimo desiderio di
una donna brutalmente uccisa.
Damon
poteva a stento ricordare tutte
le giovani cui aveva tolto la vita, erano troppe, ma era certo di non
aver mai
commesso uno scempio del genere.
Una
madre, un padre, una figl-
Damon
dovette ricorrere a tutta la sua
forza per non voltarsi dall’altra parte quando
incontrò gli occhi spenti di
un’altra bambina, appena più giovane della prima,
distesa sul divano con un
braccio a penzoloni e il collo sporco di sangue.
Cominciò
a cercare in giro, deciso a
trovare in più in fretta possibile ciò che doveva
proteggere. Desiderava solo
andarsene.
Sulla
libreria, accanto al divano,
riposto su uno scaffale c’era un libro bianco, dalla
copertina lucida e spessa.
Attirò l’attenzione di Damon. Lo prese e lo
aprì. Era un album di fotografie;
lo sfogliò fino ad arrivare ad una pagina con tre foto. Le
prime due erano le
bambine che aveva visto qualche minuto prima, sotto le immagini
c’erano scritti
i loro nomi: Mary e Jane.**
La
terza ritraeva un bebè, di al
massimo un anno o anche meno. Bonnie.
Eccola.
Era lei di cui si doveva
occupare, ma dove poteva essere. Chiuse l’album e lo rimise a
posto, poi tese
le orecchie. La casa era immersa nel silenzio, nessuno avrebbe potuto
udire
quei piccoli gemiti ovattati. Presto i lamenti si trasformarono in
pianti.
Provenivano da sotto il pavimento.
Damon
si mise in ginocchio e iniziò a
tastare il parquet in cerca di una botola e di un passaggio, fino a che
una
lista del legno traballò sotto il suo tocco. Premette
sull’estremità e questa
scattò verso l’alto. Un attimo dopo una piccola
porticina si aprì sul
pavimento.
Il
vampiro sostò all’entrata di quella
stanza segreta. I singhiozzi erano più forti.
È
qui in casa. Puoi
entrare anche lì, hai il mio permesso.
Comprendeva
solo in quel momento il
significato. A giudicare dalle pareti quelle dovevano essere le
fondamenta
della casa su cui era stata costruita quella attuale.*** Ecco
perché l’altro
vampiro non era riuscito ad entrare, non era stato invitato.
Scese
le scale di ferro. Lo spazio era
buio, ma con la sua vista sovrasviluppata non fu difficile individuare
il
fagottino che si agitava in una piccola culla.
Damon
non sapeva che fare. La piccola
non accennava a voler smettere di piangere; lui voleva portarla via ma
non
aveva la più pallida idea di come si prendesse in braccio un
neonato.
Il
primo approccio fu disastroso: la
bambina si ritrovò a cadere di nuovo nella culla, questa
volta a pancia in
sotto. Il risultarono fu l’aumento delle urla.
Damon
ci riprovò e andò meglio. Quando
raggiunse finalmente la luce del salotto, poté incrociare i
suoi meravigliosi
occhi; gli stessi della madre. Rimase incantato.
Si
ritrovò a pensare che avrebbe voluto
torturare fino alla pazzia il responsabile dello sterminio della sua
famiglia.
Anche
lei ricambiava lo sguardo; rossa
come un peperone e con il respiro affannato. Era palese che volesse
essere
cullata dalla madre o comunque da qualcuno che ci sapesse fare
più di lui.
Le
labbra sottili e rosse tremolarono
pronte per una nuova crisi di pianto.
Damon
avvicinò il suo volto e le
accarezzò una guancia “Andrà tutto
bene” mormorò in un soffio “Ora
dormi” e
mandò una sferzata di Potere. La piccola Bonnie parve
resistere un attimo
all’ipnosi ****, poi chiuse gli occhi e cadde in un sonno
profondo.
C’era
un solo posto dove sarebbe stata
al sicuro.
“Così
l’ho portata qui e
ho pregato Arthur, Monica e Zach di non rivelare mai a nessuno che
Bonnie non
fosse loro”.
“Pregato?” Stefan
alzò un sopracciglio.
“Ok,
li ho minacciati di
morte!” si corresse Damon “Darle una nuova
identità era l’unico modo per
metterla al sicuro. Inoltre qui potevo tenerla d’occhio senza
dare sospetti;
dopotutto è casa mia”.
“E’
per questo che da
quando è nata Bonnie, sei venuto molto più spesso
qui? È per questo che ti sei
arrabbiato quando Zach l’ha mandata in Italia?
Perché non potevi più
proteggerla” disse Stefan che infine vedeva le cose
più chiare.
“Con
tutto quello che
avevo fatto per tenerla sana e salva, quell’imbecille la
spediva oltreoceano,
chissà dove, alla mercé di chiunque”
ribollì Damon al ricordo di quel giorno.
“Hai
promesso a sua madre
di occuparti di lei, l’hai portata al Pensionato, le hai dato
una famiglia,
l’hai trattata come se fosse stata davvero tua nipote
… che incantesimo ti ha
fatto quella ragazza?” si meravigliò Stefan.
“Che
stai blaterando?”
borbottò Damon intimorito dall’entusiasmo del
fratello.
“Avresti
potuto tenerla
d’occhio da lontano, invece sei entrato nella sua vita. Non
eri tenuto a
farlo”.
“Non
viaggiare troppo con
la fantasia, fratellino. Ho fatto una promessa a sua madre e ho
ritenuto che
questo fosse il modo migliore per mantenerla”.
“Hai
scoperto chi ha
ucciso la sua famiglia?”.
Damon
scosse la testa
“Nessuno si è più fatto vivo, ma
chiunque fosse, sapeva dei Poteri di Bonnie.
Che fosse speciale l’avevo capito dalla caparbietà
di sua madre di salvarle la
vita, ma non credevo fosse così
tanto
speciale” ammise Damon alludendo alle scoperte di
Alaric.
“Non
posso credere che tu
non mi abbia mai detto niente in tutti questi anni” si
sdegnò Stefan, sfumata
la sorpresa iniziale “Avrei potuto aiutarti, avrei potuto aiutarla …”.
“Meno
gente sapeva,
minori erano le possibilità di metterla in pericolo. Niente
di personale, Stef”
ghignò ironicamente.
Il
fratello più piccolo
scosse la testa in un moto di sconforto “Non cambierai mai.
Sempre a fare di
testa tua, sempre ad agire da solo, come se credessi di essere migliore
degli
altri”.
“Non
mi sembra mi aver
fatto un cattivo lavoro considerando che è ancora viva e
vegeta” gli fece
notare Damon.
“Ma
davvero?” rispose
Stefan con tono derisorio “Trovati una scusa più
convincente perché questa
volta non te la caverai così facilmente quando lo
saprà”.
“Frena,
frena, frena”
ripeté Damon alzando le mani “Qui nessuno
scoprirà niente. Qui nessuno
dirà niente”.
“Ha
diciott’anni, Damon,
non puoi tenerle nascosta una cosa tanto grande. Come le spiegherai il
fatto
che ha dei Poteri magici?”.
“Vuoi
dirle che è una
strega? Fa’ pure” gli concesse “Ti
proibisco di dirle che è stata adottata, a
costo di strapparti le corde vocali”.
“E’
ovvio che non vuoi
che lo sappia” sentenziò Stefan “Si
arrabbierebbe parecchio, magari ci
metterebbe anni a perdonarti. Sei il solito egoista, pensi solo a te
stesso! Ti
vuoi proteggere, perché fai una cazzata dopo
l’altra ma poi non sai come
rimediare” lo accusò “Non voglio essere
complice di questa cosa. Ha tutto il
diritto di sapere la verità sulla sua natura, sulla sua
famiglia. Deve sapere
che potrebbe essere in pericolo, che qualcuno la cerca. Da quando
è tornata
continui a ferirla, come se fosse una tua proprietà. Tu
…”.
“Io
cosa, Stefan?” lo
interruppe Damon con uno scatto “Io ho fatto di tutto per
tenerla al sicuro. Forse
avrò sbagliato, ma l’ho fatto per lei. Le ho dato
una madre, un padre e un
fratello; le ho dato una casa, le ho dato un’infanzia felice,
l’ho trattata
come una principessa, l’ho tenuta d’occhio e se
quell’idiota di Zach non
l’avesse mandata in Italia, probabilmente le cose sarebbero
anche andate
meglio. Avresti preferito che le dicessi che è una bambina
adottata? Che la sua
famiglia è stata fatta a pezzi da un vampiro? Che le sue
sorelle sono morte?
Che è una fottutissima strega con Poteri straordinari che
potrebbero portarle
più male che bene? Vorresti questo? O magari preferiresti
dirglielo tu, così io
fare ancora una volta la figura del bastardo senza cuore?!”.
Stefan
aprì la bocca per
replicare ma il rumore di una porta che sbatteva in modo violento e
nervoso
gelò entrambi.
Damon
schizzò in
corridoio trovando lo zaino di Bonnie per terra. I due fratelli si
precipitarono giù per le scale, fino all’ingresso.
Porta spalancata a rivelare
il buio della sera. Damon stritolò la maniglia
“Non può continuare a fare
così”
mormorò esausto “Non può continuare a
scappare quando sente qualcosa che non le
piace”.
“Qualche
buon motivo
questa volta ce l’ha” disse Stefan.
“Secondo
te ha ascoltato
tutto?”.
“Credo
sia bastata
l’ultima parte”.
Aveva
sentito male.
Aveva
sicuramente sentito male.
Perché
scappi?
Era
passato un altro giorno dalla
trasformazione di Tyler. Avevano dormito fino alle quattro del
pomeriggio
(Caroline e Matt non avevano proprio dormito), poi avevano chiuso casa,
caricato le cose in macchina ed erano ritornati a Fell’s
Church.
Bonnie
era entrata nel Pensionato
aspettandosi di trovare entrambi i fratelli infuriati e pronti a
metterla in
punizione.
Invece
le si era presentato un ingresso
buio e vuoto, un salone altrettanto desolato e una quiete opprimente.
Aveva
accesso qualche luce e si era
diretta al piano superiore, dove finalmente aveva udito le voci dei due
vampiri. Sembrava parlassero di una cosa importante e, immaginandosi si
trattasse di Klaus o Elena, si era avvicinata alla porta della
biblioteca in
punta di piedi per origliare.
Mai
si sarebbe sognata di essere
l’argomento della conversazione. O meglio, non credeva che
una conversazione
del genere potesse riguardare lei.
Anche
se era arrivata a fine
discussione, le ultime parole di Damon avevano riassunto pienamente il
discorso: parlavano di una ragazza, una
strega, che era stata adottata.
Non
aveva nemmeno atteso che Damon
terminasse la frase. Aveva fatto dietrofront ed si era caracollata
giù per le
scale verso l’uscita, senza voltarsi indietro. Dal casino che
aveva fatto,
Damon e Stefan dovevano essersene accorti per forza, ma per il momento
nessuno
la stava seguendo.
Quella
ragazza non poteva essere lei.
Bonnie
non era stata adottata, Bonnie
aveva conosciuto i suoi genitori, Bonnie aveva un fratello, Bonnie era
una
Salvatore.
In
realtà c’erano alcuni dettagli che
non le erano mai risultati chiari, come ad esempio il colore dei
capelli;
nessuno li aveva rossi. Ma era una cosuccia insignificante; poteva
averli presi
dalla nonna o da un lontano parente. Non era necessariamente indicativo
di una non-parentela.
Un
altro fatto era la grande differenza
di età tra lei e Zach: quindici anni. Arthur e Monica non
erano più
giovanissimi quando Bonnie era nata, forse non cercavano nemmeno di
avere un
altro figlio, semplicemente era capitato.
Era
pieno il mondo di casi del genere!
In collegio aveva anche incontrato un’altra ragazza che era
nata ben
diciassette anni dopo la sorella.
Magari
non era un evento comune, ma in
ogni caso normale, possibile. Bonnie non aveva mai neppure lontanamente
pensato
di non essere una di loro.
Non
ricordava molto dei suoi genitori.
Erano morti quando aveva solo sette anni. In
un incidente stradale. Un ubriaco al volante, un semaforo
rosso non rispettato. Una disgrazia come tante che si sentivano al
telegiornale, ma vederle in tv faceva tutto un altro effetto.
Ricordava
la volta in cui
aveva trovato Zach piangere nelle camera dei genitori, qualche giorno
dopo il
funerale. Lei era troppo piccola per capire che non li avrebbe mai
più rivisti.
Certo ci stava male, aveva pianto, aveva chiamato la mamma, ma non
aveva ancora
la consapevolezza di un adulto. Era solo una bambina, innocente, con
una gran
voglia di vivere.
“Piangi
per la mamma e il papà?” chiese
sedendosi accanto a Zach sul letto.
Suo
fratello alzò la testa accorgendosi
solo in quel momento della presenza della bambina “Vieni
qui” le disse
prendendola sulle ginocchia e stringendola forte.
“Non
devi essere triste” lo consolò
Bonnie “Sono in cielo adesso. Non se ne sono andati per
davvero”.
Zach
sorrise e le accarezzò i capelli
“Lo so” sussurrò “Nessuno se
ne va per sempre. Te lo ricorderai, vero?”.
Bonnie
annuì “Ieri sera ho provato a
chiamare la
mamma”.
“E
ti ha risposto?”.
“Penso
di sì” affermò Bonnie “Le ho
detto che doveva leggermi la favola della buona notte e che poi doveva
passare
anche da te perché eri tanto triste”.
“Te
l’avevo già letta io la favola
della buona notte” protestò Zach.
“Sì
ma lei lo faceva meglio”.
“Aveva
un dono naturale. Papà lo diceva
sempre” mormorò Zach sorridendo al ricordo dei
suoi genitori.
“Anche
io sono brava, sai?” saltò giù
dal letto Bonnie “Stasera te ne leggo una! Così
non ti senti solo e non
piangi”.
“Va
bene” acconsentì lui “Ma la scelgo
io”.
“Vado
a prendere il libro!” esultò
Bonnie agitandosi tutta. Arrivata alla porta, però, si
fermò, si girò e corse
di nuovo ad abbracciare il fratello.
“Tu
non mi lascerai mai, vero?”.
Zach
con un sospiro poggiò il mento
sulla testa della piccola “No Sissi, non ti lascio”.
Bonnie
non si era nemmeno
resa conto delle lacrime che le rigavano le guance. Ancora.
Era stufa di piangere, ma non poteva farne a meno.
Tutte
le persone che
aveva amato, se n’erano andate, l’avevano lasciata.
I suoi genitori, suo
fratello, Clara. E non riusciva a togliersi dalla testa
l’idea che fosse tutta
colpa sua, che lei c’entrasse qualcosa.
Quello
che avevano detto
Damon e Stefan l’aveva gettata nello sconforto più
totale, perché se fosse
stato vero, non solo avrebbe stravolto la sua vita, ma avrebbe aggiunto
altre
persone alla lista di coloro che l’avevano abbandonata.
Genitori,
sorelle.
Aveva delle sorelle.
No,
tu non hai delle sorelle, cercò
di convincerla la voce nella sua
testa, non sei tu la ragazza di cui
parlano.
Il
che sarebbe risultato
ancora più strano del contrario, perché avrebbe
voluto dire che lì a Fell’s
Church viveva un’altra che era stata mandata in Italia per
molti anni dal
fratello. Fatto poco probabile.
Bonnie
respirò a fondo
cercando di riprendere il controllo del battito del suo cuore. Si
sentiva di
nuovo presa in giro. Da Damon, il che rendeva tutto molto
più difficile
d’accettare.
Da
quello che aveva
potuto ascoltare, Stefan non ne sapeva niente. Ne era al corrente solo
Damon e
ovviamente Arthur, Monica e Zach. Ma perché tacere?
Perché mai mentire su una
cosa del genere? L’avevano creduta davvero così
fragile da non poter sopportare
la notizia di essere stata adottata?
Damon
aveva detto di
averla salvata. Bonnie suppose dal vampiro che aveva nominato nel suo
discorso.
Forse
con la mente più
lucida e calma avrebbe anche potuto accettare quella piccola bugia,
avrebbe
potuto comprendere che l’intenzione era solo quella di
proteggerla, ma in quel
frangente era tutto talmente confuso.
Forse
avrebbe dovuto
fermarsi e chiedere spiegazioni. Sarebbe stata di sicuro la scelta
più
assennata.
Invece
si era sentita
mancare il fiato, si era sentita in trappola e non aveva avuto il
coraggio di
affrontare quella che poteva essere la rivelazione più
sconvolgente della sua
vita.
Iniziava
a ricordare con
nostalgia gli anni trascorsi in collegio in Italia. In confronto quelli
erano
stati tempi sereni.
Ammetteva
che la
solitudine e la mancanza di casa spesso si facevano insopportabili, ma
se le
avessero chiesto cosa avrebbe preferito tra rimanere lontano dalla sua
famiglia
vivendo nell’ignoranza e tornare a Fell’s Church a
scontrarsi con tutte quelle
dolorose verità, avrebbe scelto cento volte la prima ipotesi.
La
questione sulla magia,
per assurdo, era ciò che la disturbava meno. In quelle
settimane si era resa
conto di avere qualcosa di speciale. Katherine, Bert, Tyler; tutti loro
erano
stati influenzati per opera sua.
Era
in un certo senso
preparata alla notizia e sollevata di possedere un Poter che potesse in
qualche
modo proteggerla nelle situazioni critiche.
Bussò
più volte alla
porta di Elena, sperando di trovarla in casa. Aveva un disperato
bisogno di
confidarsi con la sua amica.
Le
luci erano tutte
spente e dopo qualche minuto Bonnie si rese conto che nessuno le
avrebbe
aperto.
Rassegnata
diede le
spalle a casa Gilbert e si avviò lungo la via senza una meta
precisa.
La
rivelazione peggiore
doveva ancora arrivare.
Con
gli anni doveva
proprio essersi rimbecillito.
Questo
era l’unico
pensiero di Damon Salvatore; non trovava altra spiegazione alla sua
stupidità.
Una volta non si sarebbe mai messo a urlare in quel modo, una volta
avrebbe
sentito i passi di Bonnie su per le scale.
Se
è per questo, una volta non ti
saresti nemmeno infilato in questo casino.
Sacrosante
parole!
Ormai
era perfino stufo
di analizzarsi da solo. Era cambiato, non c’era nulla da
fare. Tanto valeva
accettarlo e cercare di sistemare le cose.
Non
sarebbe diventato da
un momento all’altro un santo, non ne aveva neanche
intenzione, ma non poteva
evitare di comportarsi meglio con certe persone.
Elena.
Bonnie. Stefan.
No, Stefan, no.
Era
suo fratello, teneva
a lui, ma non aveva ancora riguardi nei suoi confronti. Aveva un
passato in
comune con Stefan, un passato che a volte preferiva scordare. Sentiva
di aver
troppo rancore da superare. Un giorno,
forse ce l’avrebbe fatta. Lo avrebbe perdonato
perdonando anche se stesso.
Prima
di perdonarsi,
avrebbe dovuto ammettere di aver fatto qualcosa di sbagliato e quello
era
decisamente un passo troppo lungo.
“Ho
chiamato Elena” lo
informò Stefan entrando nella stanza “Dice di
essere in giro con Caroline e non
hanno visto Bonnie”.
“E
Meredith?”.
“Non
è in città”.
Damon
annuì
distrattamente e sperò che Stefan capisse di dover lasciarlo
solo. Non avrebbe
sopportato una chiacchierata come quella precedente. Gli sembrava di
aver
parlato già abbastanza quella sera.
“Forse
mi sono spinto un
po’ in là prima” Stefan ruppe il
silenzio “Non che non creda che tu sia un
egoista, che pensi solo a te stesso, che non volessi dire niente a
Bonnie per
coprirti le spalle, perché ne sono
più
che certo …”.
“Se
non hai niente di
diverso d’aggiungere” Damon gli indicò
la porta invitandolo ad andarsene. Aveva
ascoltato la ramanzina una volta ed era stata sufficiente.
“Si
tratta di Sissi
quindi è diverso. Lo è sempre quando
c’è lei di mezzo” continuò
Stefan “Non
vorresti essere la causa del suo dolore, non vuoi perderla e cerchi
d’impedirlo
con metodi che non approvo, ma le tua intenzioni sono b-
buone” tentennò un
attimo prima di usare quel termine
“Ho esagerato
e mi dispiace che Bonnie sia venuta a saperlo in questo modo”.
“Anche
a me” concordò
Damon apatico “E non scusarti per aver detto delle cose vere.
Piuttosto pensa
ad una scusa per pararmi il culo
quando tornerà”.
Se
tornerà.
“Tornerà,
Damon” rispose
Stefan al suo pensiero “E’ confusa. Quando si
sarà calmata, tonerà pronta ad
ascoltare tutto quello che hai detto a me. Dopotutto le hai salvato la
vita”.
Mentre
Stefan abbandonava
la stanza, Damon si gongolò di quell’ultima frase.
Salvare la vita forse era un
termine un po’ forte, alla fine l’aveva
semplicemente portata via da quella
casa e gliene aveva donata una nuova. Niente di che. Era capitato da
quelle
parti per caso e chiunque avrebbe potuto farlo.
Ma
per la prima volta
sentiva di potersene assumere tutto il merito. Era stato lui a
proteggerla, era
stato lui quello buono e non Stefan.
Bonnie,
in fin dei conti,
era un po’ sua. Non
doveva dividerla
con nessuno. Aveva agito da solo per il meglio della ragazza e quella
sensazione di appagamento non poteva essergli strappata via.
Probabilmente
Bonnie non
gliel’avrebbe fatta passare liscia così
facilmente, ma prima o poi l’avrebbe
perdonato.
Lo
preoccupava
maggiormente ciò che gli aveva raccontato Alaric. Non gioiva
del fatto che
anche Bonnie avesse dei Poteri sovrannaturali, perché stava
a significare che
la ragazza non avrebbe mai potuto vivere una vita normale.
Senza
contare, poi, che
Bonnie aveva una certa disposizione a buttarsi a capofitto nei guai.
Chissà
cosa avrebbe fatto dopo aver scoperto di essere praticamente immune a
qualsiasi
Potere.
Forse
Stefan aveva
ragione, forse il modo migliore per tenerla a bada era proprio
accontentarla,
aiutarla a gestire la sua magia, ma d’altra parte quello
l’avrebbe resa ancora
più libera.
Damon
detestava non poter
controllarla; una volta, quando era bambina, Bonnie era totalmente
dipendete da
lui. Gli bastava guardarla con occhi un po’ più
severi che capiva subito di
aver sbagliato.
Non
che Damon ci trovasse
un particolare piacere a comandarla, ma era l’unico modo che
conosceva per
tenerla al sicuro.
La
situazione, però, era
cambiata: Bonnie era cresciuta nei suoi anni in Italia, si era abituata
a
vivere per conto suo, aveva imparato a cavarsela. Lui non poteva
più
permettersi di dirle cosa fare.
Non
sono più una bambina. Questo
ripeteva sempre Bonnie.
Era
vero: non aveva più
dieci anni, ma Damon credeva che aver raggiunto la maggiore
età non significava
automaticamente essere adulti e responsabili.
Damon
lo sapeva bene: non
gli erano bastati cinquecento anni per crescere e lui di esperienze ne
aveva
fatte. Fin troppe.
Bonnie
non aveva idea dei
pericoli che rischiava di correre: fisici, sentimentali, psicologici.
Il
ragionamento del
vampiro era egoista, se ne rendeva conto, ma non poteva fare a meno di
vegliare
su di lei costantemente.
Non
avrebbe permesso a
nessun’altro di ferirla; per quello bastava e avanza
già lui.
Si
abbandonò su una
panchina in fondo alla strada di casa Gilbert.
Non
aveva nessun altro
posto dove andare. Avrebbe solo voluto rifugiarsi a casa e asciugare le
lacrime.
Momentaneamente,
però, si
sentiva come senza casa, nessun luogo dove stare al sicuro, tranquilla
a
riflettere.
Senza
famiglia, non senza
casa. Lei era senza famiglia, perché tutti i suoi cari erano
morti, adottivi e
non.
Non
aveva una mamma da
abbracciare, non aveva un padre che la proteggesse, non aveva un
fratello con
cui litigare e poi fare pace.
Si
stese sulla panchina e
si rannicchiò appoggiando la testa sulle mani unite.
Perché Damon non le aveva
detto niente?
Faceva
così male scoprire
ogni volta che era lui quello ad avere dei segreti. Forse con Stefan
sarebbe
stato diverso. Era affezionata al più piccolo dei vampiri,
ma con Damon era
tutta un’altra storia; avevano sempre condiviso un legame
particolare. Tutte
quelle bugie avevano il sapore del tradimento.
Non
si sentiva nemmeno
arrabbiata, piuttosto amareggiata e confusa e non riusciva a fare
chiarezza
nella sua mente.
Troppe
informazioni si
stavano accavallando, troppe verità e non aveva mai la
certezza di quale fosse
quella giusta.
Si
girò con la pancia in
su e poggiò la testa di lato sullo schienale della panchina.
Chiuse gli occhi.
Era
una notte abbastanza
calda. Bonnie indossava dei Jeans e una giacca leggera ma stava bene.
Certamente sarebbe stata meglio nel suo letto, tra le coperte, a
raccontare a
Stefan e a Damon della sua avventura con Caroline, Matt e Tyler. Al
momento,
però, il Pensionato le risultava l’ultimo luogo
dove avrebbe voluto stare.
“Bonnie”.
La
ragazza alzò il capo
di scatto e scorse Elena che camminava verso di lei “Stavo
rientrando in casa e
ti ho vista quaggiù. Mi cercavi?” e sorrise.
Bonnie
fece ricadere la
testa sulla panchina “Cercavo Elena, non te”.
La
bionda ghignò quasi
soddisfatta “Stai diventando piuttosto furba, piccola testa
rossa”.
“Non
credere che io sia
così stupida, Katherine. Non trattarmi come una
bambina” la pregò senza
metterci davvero la cattiveria che avrebbe voluto.
“Non
voglio trattarti
come una bambina” la rassicurò la vampira
sedendosi accanto a lei “Non ho mai
pensato che fossi stupida, solo non ti facevo così
coraggiosa” si guardò un po’
intorno con fare annoiato “Toglimi una curiosità:
sono così una cattiva
attrice? Alla fine scoprite sempre che non sono Elena
…”.
“Oh,
adiamo Katherine”
sbuffò Bonnie “Sappiamo entrambe che se volessi
davvero passare per Elena,
t’impegneresti molto di più. E poi quei tacchi
… Elena non li metterebbe mai”.
Katherine
accavallò le
gambe e si fissò i piedi “Fantastico! Non solo
devo fingere di essere una
piccola smorfiosa, ma devo pure adeguarmi al suo pessimo
stile”.
Bonnie
incomprensibilmente si trovò a ridacchiare per la battuta
della vampira.
“Che
ci fai in giro a
quest’ora della notte da sola? Sei in cerca di qualche altro
vampiro che ti
voglia fregare i vestiti?”.
Bonnie
la fulminò con lo
sguardo chiedendosi come facesse a saperlo.
“Oh
ti prego!” sbottò
Katherine cogliendo al volo la sua espressione “Tutta la
comunità di vampiri di
Greensboro ne parla! Pare si stato proprio un bello spettacolo, mi
spiace
essermelo perso”.
Bonnie
rimase zitta
ignorandola.
“Non
hai ancora risposto
alla mia domanda” le fece notare Katherine.
“Non
ne avevo
intenzione”.
Katherine
allargò gli
occhi mentre un guizzo di acume li attraversava “Non mi dire
che ci sono
problemi nella famigliola felice? Fammi indovinare: qualche scheletro
nell’armadio? E non sto parlando letteralmente
…”.
“Mi
stupisce che tu non
lo sappia già. Da quando sei qui non hai fatto altro che
immischiarti nelle
nostre vite”.
“Sono
sinceramente
divertita” ammise Katherine “Adoro questo tuo lato
aggressivo”.
Bonnie
roteò gli occhi.
La presenza della vampira non la infastidiva, ma avrebbe preferito che
tenesse
per sé certi commenti.
La
ragazza si cucì la
bocca e s’impose di non raccontarle niente.
L’ultima cosa che le serviva era
rendere partecipe quella vipera della sua situazione famigliare.
Katherine,
però, la
sorprese come al solito “Comunque hai ragione: so esattamente
cosa sta
succedendo e mi stupisce che tu ci abbia messo così tanto a
capirlo”.
“Non
so di cosa tu stia
parlando”. Era vero. Non ne aveva la più pallida
idea. Con Katherine avrebbe
potuto trattarsi di qualsiasi cosa.
“Parlo
dei tuoi Poteri
magici, Sabrina”.
Bonnie
avvertì un colpo
al cuore. La questione “stregoneria” era passata in
secondo piano rispetto a
quella dell’ “adozione”.
Le
parole di Katherine le
avevano riproposto anche quel problema, ma non aveva la più
pallida idea di
come risolverlo.
Poteva
affrontare il
fatto di non avere sangue Salvatore nelle sue vene, ma avere quello
delle
streghe. Era decisamente troppo!
Significava
che il
soprannaturale faceva parte non solo della sua vita, ma anche di lei e
non
sapeva come gestirlo.
“Come
fai a saperlo?”.
Katherine
alzò un
sopracciglio “Ora sei tu che mi tratti come una
stupida” la ribeccò “Quella
volta al campo da football mi hai raggirato come se fossi stata una
pivellina. Gli umani normali non possono
influenzare i
vampiri”.
“No,
non possono” ripeté
Bonnie a pappagallo con tono monocorde.
Katherine
scosse la testa
con fare rassegnato e scoppiò a ridere “Non
riuscirete mai a sconfiggere Klaus
se continuate così”.
“Così
come?”.
“A
mentirvi” rispose con
semplicità la bionda “Klaus userà tutte
le vostre bugie per dividervi e
affonderete come il Titanic”.
“Non
ho mai avuto segreti
con nessuno” affermò Bonnie convinta
“Non è colpa mia se gli altri non fanno lo
stesso”.
“E
a te sta bene?” chiese
Katherine “Ti fa piacere essere sempre l’ultima a
sapere le cose, anche quelle
che ti riguardano? Essere lasciata da parte? Non aver mai voce in
capitolo su
niente?”.
“No,
non mi fa piacere”
concordò Bonnie “Ma non sono discorsi che dovrei
fare con te” scattò a sedere
per guardare negli occhi Katherine “E’ vero: non
sono sempre sinceri con me e
spesso mi tengono da parte, ma lo fanno per proteggermi e le loro
intenzioni
non sono cattive. Stefan e Damon sono la mia famiglia. Non mi farebbero
mai del
male”.
Era
scossa e turbata per
ciò che aveva sentito dire da Damon. Non l’avrebbe
superato in fretta, ma non
si fidava di Katherine; qualunque fosse il suo piano, non le avrebbe
permesso
di metterle in testa strane idee.
Damon
e Stefan potevano
non essere perfetti, ma le volevano bene.
“O
mio Dio!” inveì
Katherine “Odio dover essere la guastafeste, ma qualcuno deve
darti una
svegliata. Stefan e Damon sono bravi a tenere nascosto ciò
che ritengono
ingombrante. Non credere che cerchino sempre di proteggere te, la
maggior parte
delle volte vogliono solo proteggere loro stessi. Sono egoisti, lo sono
sempre
stati. Dei bambini che non apprezzano chi vuole aiutarli, che non
apprezzano
tutto ciò che si fa per loro” nel suo tono
c’erano una nota acutissima di
amarezza “Non pensano di poter far del male a chi li ama; i
loro bisogni
vengono prima degli altri”.
Bonnie
si alzò in piedi
decisa ad andarsene. Non le piaceva la direzione che aveva preso il
discorso.
Katherine in quello stato la intimoriva. Smetteva di essere la fredda e
cinica
vampira che aveva conosciuto e si faceva trascinare dal rancore.
“Devo
tornare a casa”.
La
mano gelata dell’altra
le artigliò il polso “Sai
cos’è successo a tuo fratello?”.
“Lasciami,
Katherine”
domandò esitante. Non voleva che le parlasse di Zach
“Mio fratello è morto,
tienilo fuori da questa storia”.
“Lo
sai come è morto,
Bonnie?”.
“Un
vampiro” rispose la
rossa tirando su con il naso. Gli occhi cominciavano ad appannarsi per
le
lacrime e non voleva farsi vedere da Katherine. L’argomento
“Zach” l’abbatteva
ogni volta che si sentiva così vulnerabile.
Katherine
si lasciò
sfuggire una risata. Era incredibile come Stefan e Damon riuscissero
sempre a
cavarsela.
“Non
è stato un vampiro
qualunque, piccola rossa” le rivelò Katherine
“Non ti hanno raccontato tutta la
verità”.
“Katherine,
lascia il mio
braccio” ordinò Bonnie cercando di ripetere
ciò che era successo con Tyler ma
non riuscì. L’angoscia bloccava i suoi Poteri.
“Chiedi
a Damon” le
consigliò la bionda “Chiedigli
com’è stato spezzare il collo al fratello della
sua adorata nipotina”.
Ora
qualche goccia salata
era scivolata giù per le guance di Bonnie “Che
stai dicendo?”.
Katherine
era scomparsa e
Bonnie si sentiva più persa che mai.
Rientrò
in casa con lo
sguardo completamente nel vuoto. Non voleva tornare al Pensionato, non
era
stato intenzionale. Aveva semplicemente iniziato a camminare e si era
trovata
davanti alla grande villa.
Pensò
che se avesse avuto
un paletto (e se avesse saputo come usarlo), lo avrebbe ficcato dritto
nel
cuore di Katherine.
Non
poteva assolutamente
essere vero. Di sicuro era stato un altro tentativo della vampira di
mettere
discordia tra loro. Era noto che Katherine trovasse gusto nel rendere
infelici
gli altri, quindi perché preoccuparsi?
Perché
aveva dei dubbi?
Perché era come se un pezzo della storia le mancasse?
Perché?
“Sissi”.
Alzò
gli occhi e incontrò
quelli verdi di Stefan.
Il
ragazzo sapeva che
Bonnie doveva essere sconvolta per ciò che aveva origliato,
ma non avrebbe mai
creduto di trovarla così rotta.
Tralasciando
la scia
delle lacrime ancora luccicanti e gli occhi scavati, tutto il resto era
un
disastro: sembrava più pallida, quasi malata, tremava, come
se stesse per
svenire da un momento all’altro, e lo fissava come se non lo
riconoscesse.
“Stefan?”
la voce era
incerta e fioca.
“Bonnie
vieni dentro” le
disse chiudendo la porta che la ragazza aveva lasciato aperta
“Stai bene?”
cominciò apprensivo “Sei sicura che Tyler non ti
abbia fatto niente?”. Prima di
tutto voleva accertarsi che non fosse ferita, poi avrebbe affrontato
anche l’altra questione.
Bonnie
annuì e spostò gli
occhi per l’ingresso in cerca di qualcosa. Damon.
Damon,
dov’è Damon?
Si
era quasi dimenticata
del fatto di essere una strega, si era dimenticata di essere stata
adottata, di
aver vissuto con persone che non erano veramente i suoi genitori.
Tabula rasa.
Non c’era niente nella sua mente. Un solo pensiero.
Infine
il vampiro incriminato
si affacciò oltre la porta del salone e rimase fermo, in
attesa di una
sfuriata, di un pianto, di una richiesta di spiegazione.
Non
si sarebbe certo
aspettato una Bonnie calma al limite dell’apatia.
“Forse
… è meglio se vai
a riposare” le suggerì con altrettanta calma
intuendo che non era il momento
per parlarle. Non gli pareva troppo lucida.
“Dam-”.
“Lo
so, lo so” la
interruppe lui “Ne parleremo domani, ma ora hai bisogno di
dormire. Sei stanca
e la prenderesti peggio di quanto non lo stia già
facendo”.
“Ho
visto Katherine”.
Stefan
e Damon gelarono
sul posto. Quella non portava mai
buone notizie.
“Non
ti ha fatto niente,
vero?” domandò Stefan.
Bonnie
non si premurò
nemmeno di rispondergli “Mi ha detto una cosa”
portò il suo sguardo su Damon “E
io vorrei tanto non crederle”.
“Che
cosa ti ha detto?”.
“Che
non è stato un
vampiro qualunque a uccidere Zach” prese un bel respiro prima
di dirlo “Che sei stato tu”.
L’espressione
di Damon
cambiò di colpo. Una doccia d’acqua gelata.
“Ti
prego non ti arrabbiare
se te l’ho chiesto! So che non devo ascoltarla
perché mente sempre” parlò come
una bambina in cerca disperatamente di rassicurazioni “E tu
… non lo faresti
mai, non me lo faresti mai. Ti ho
detto che avrei creduto solo a quello che mi avessi detto tu, che avrei
sempre
chiesto la tua versione, che sarei stata dalla tua parte. Per questo te
lo sto
chiedendo, perché io crederò solo a quello che mi
dirai tu”.
Damon
tacque e distolse
lo sguardo da quegli occhioni marroni che volevano penetrarlo. Non
avrebbe potuto
mentirle guardandola in faccia. Non avrebbe potuto dirle la
verità e sostenere
i suoi occhi.
“Damon”
lo chiamò “E’
solo una bugia, giusto?”.
Il
vampiro sospirò e
scambiò un’occhiata con Stefan che sembrava
affranto quanto lui, ma questa
volta non si sarebbe intromesso. Avrebbe lasciato la scelta al fratello.
“Damon”.
Al
suono del suo nome il
vampiro riportò l’attenzione su di lei. Il suo
silenzio era valso più di mille
parole e Bonnie non era stupida; aveva percepito la sua vergogna e
aveva
intuito subito la risposta.
“No”
iniziò a
singhiozzare “Non è vero, non sei stato
tu” ma vedendo che Damon
non accennava a contraddirla (anzi si era
girato nuovamente) alzò la voce strillando
“Smettila! Guardami in faccia! Di’
qualcosa … per favore”.
Infine
realizzò di essere
stata una sciocca, realizzò che Damon non avrebbe mai
smentito, perché
Katherine aveva completamente, fottutamente
ragione.
“Come
hai potuto, come
hai potuto ucciderlo?” urlò senza fare un passo
“Era mio fratello, avevate lo
stesso sangue! Che razza di bastardo sei per togliermi
l’unica persona che mi
era rimasta?!”.
“Bonnie
…” sussurrò Damon
muovendosi verso di lei e sfiorandole un braccio.
La
ragazza si ritrasse
disgustata “Non toccarmi! Non osare
nemmeno avvicinarti” cercò di riprendere
un respiro regolare ma sembrava
una cosa impossibile “Non t’immagini nemmeno lo
schifo che provo guardandoti”.
“Non
farlo” la pregò
Damon che per la prima volta sentì davvero
il terreno crollargli da sotto i piedi.
“Non
parlarmi!” gli gridò
addosso lei, voltandosi dall’altra parte. Non riusciva a
stare nella sua stessa
stanza, non trovava nemmeno le parole per insultarlo, per fargli
provare l’odio
che sentiva dentro. Voleva solo scappare. Voleva chiudere gli occhi,
tapparsi
le orecchie e nascondere la testa tra le gambe.
Poi
si ricordò anche di
Stefan “ E tu!” lo indicò con il dito
“Tu mi hai mentito un’altra volta. L’hai
protetto, l’hai …” il groppo in gola le
impediva perfino di formulare una frase
decente “Che cosa vi ho fatto di male per meritarmi
questo?”.
“Sissi,
noi …” provò
Stefan.
“Non
chiamarmi così” gli
intimò “Solo Zach ne aveva il diritto”
si asciugò le lacrime con un gesto secco
“Non voglio stare qui, non sopporto di avervi così
vicino. Torno in Italia,
torno alla mia scuola, alla mia vita”
e prima di fuggire di sopra in camera sua si rivolse
un’ultima volta a Damon
“Contento? Alla fine sei riuscita a mandarmi via”.
Damon
era un vero
portento a deludere le persone, lo era sempre stato. Le raggirava a suo
piacere, se ne fregava, le trattava come oggetti.
Ma
con Bonnie, una delle
poche che non avrebbe mai voluto far soffrire, la cosa si amplificava.
Evidentemente i suoi errori erano proporzionati all’affetto
che provava per
quella piccola peste rossa.
E
quella volta ebbe
veramente paura di averla persa per sempre.
“I feel swell, oh well
Because losing you was something I
always did so well
I guess I just can't tell anymore
[...]
Sorry, I really lost my head
I'm sorry, I really lost my head
But you know those words that you said
They get stuck here in my head
And this feeling I dread, it makes me wish I was dead
Or just alone instead, I'll be alone instead”
(Happiness is overrated- The Airborne Toxic).
Il mio spazio:
Buone
feste a tutti!!! Anche se in
ritardo!
Come
sono andate le vostre vacanze?
Le mie bene, anche se sono stata una settimana senza internet e credevo
di
morire. Sono web- dipendente -.-
Ma
bando alla ciance!
Due
bombe sganciate nello stesso
capitolo, mi sembra abbastanza intenso non credete? Ora le cose sono
ancora
parecchio confuse per Bonnie, nel prossimo aggiornamento
spiegherò un po’
meglio.
La
ragazza si è arrabbiata e a buon
diritto. Per Damon non si prospettano momenti felici; Bonnie gliela
farà pagare
in tutti i modi che conosce, anche se sottilmente, come solo una donna
sa fare.
Damon
per una volta in vita sua si è
comportato davvero da eroe: ha ascoltato la madre di Bonnie, le ha
fatto una
promessa e l’ha mantenuta.
È
stato lui a trovare la streghetta,
la considera un po’ sua e perciò condividono
questo legame fortissimo.
Questa
è stata la mia idea iniziale,
da sempre: non volevo stravolgere troppo la storia. Ho voluto partire
da una
situazione completamente diversa rispetto a quella dei libri per poi
tornare
lentamente all’originale.
Lo
so, forse questa cosa dell’adozione
fa un po’ Beautiful, ma mi sembrava l’espediente
più logico per spiegare l’affetto
che Damon prova per Bonnie.
Inoltre,
ammetto anche di essere
stata influenzata dal rapporto romantico che prima o poi questi due
condivideranno. Non credo che Bonnie sarebbe mai riuscita ad
avvicinarsi fisicamente a Damon se
fossero stata
comunque parenti, anche alla lontana. Non mi sembrava un comportamento
molto da
Bonnie =)
Alla
fine è stata Katherine a
rivelare la vera morte di Zach.
Alcune
di voi mi avevano chiesto di
farlo dire da Elena e inizialmente l’idea mi aveva
stuzzicato; poi ho pensato
che per quanto volesse essere onesta con Bonnie, non avrebbe mai
tradito Stefan,
mettendolo così nei guai.
Credo
che Katherine sia un buon
compromesso: è sempre un passo avanti a tutti e gode nel
togliere la felicità
agli altri.
Vi
ringrazio moltissimo come al
solito! La storia va avanti soprattutto grazie a voi che recensite,
leggete e
mi seguite =D
Come
al solito se avete idee e
vorreste vedere qualche scena in questa storia, scrivetemelo.
Cercherò di
accontentarvi il più possibile!
Grazie
ancora e a presto!!
Fran;)
*Non
so come si chiamino i genitori
di Zach. Ho inventato i nomi di sana pianta.
**
Nel libri della Smith si dice che
Bonnie ha due sorelle, una si chiama Mary, l’altra non
è mai nominata (non che
io ricordi), perciò le ho dato io un nome.
***Ok,
lo ammetto: ho preso l’idea
di “una casa bella casa” da uno dei primi libri (mi
sembra “La lotta”), in cui
Elena per sfuggire a Damon si rifugia in camera sua che apparteneva
alla
precedente casa.
****
Bonnie qui è molto piccola, per
cui la sua mente non è ancora abbastanza potente per
resistere all’ipnosi.
|
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Capitolo 19 *** I can't erase the things that I've done ***
Ashes &Wine
Capitolo diciannove: I can’t erase
the
things that I’ve done
“So I try to hold onto a time when
nothing mattered
And I can’t explain what happened
And I can’t erase the things that
I’ve
done
No I can’t
How could this happen to me
I made my mistakes”
(Untitled-
Simple Plan).
Elena
era bella.
Nessuno
avrebbe mai potuto negarlo.
Pareva
un angelo, con quei suoi
capelli lunghi, biondi, talmente lucenti da catturare i raggi del sole
e con
quei suoi occhi blu, tanto grandi e incantevoli da ammagliare tutti
quanti.
Elena
Gilbert era una ragazza forte,
coraggiosa, sicura di sé, determinata, leale agli amici,
pronta a sacrificarsi
per chi amava. E ciò contribuiva a renderla ancor
più eterea e assolutamente
stupenda.
Come
si poteva non amarla sempre e
comunque?
Contro
tutte le aspettative Stefan,
il suo fidanzato, credeva che esistesse un momento in cui sentiva di
amarla
maggiormente: mentre la osservava dormire.
Elena
era l’unica che potesse
trasmettergli la calma e l’amore necessario per non lasciarsi
andare ai suoi
istinti da vampiro. Per lei sopportava la presenza di Damon. Per lei
non
impazziva.
Ma
quando la vedeva riposare nel suo
letto, estranea a tutte le preoccupazioni, così fragile e
giovane, abbracciata
al cuscino, i capelli sparsi sulla coperta e il respiro leggero che
quasi non
si sentiva. Tutto così perfetto da non sembrare nemmeno una
creatura della
Terra.
Quelli
erano i momenti che più
amava, i momenti in cui erano loro due soli ed Elena era tutta sua, solo sua.
Le
si avvicinò e si stese sul letto,
accanto a lei. Le fece passare un braccio intorno alla vita attirandola
dolcemente a sé senza svegliarla. Elena d’istinto
di girò verso di lui e si
accucciò sul suo petto. Stefan iniziò ad
accarezzarle delicatamente i capelli,
come se quel gesto da solo potesse riportargli un po’ di pace.
Aveva
dovuto andarsene dal
Pensionato, si era sentito soffocare. Tra Bonnie chiusa in camera sua
che
minacciava di fare le valigie e partire, e Damon rintanato in salone a
scolarsi
tutto ciò era aveva un sapore quanto meno etilico, non
sapeva dire chi fosse
peggio.
Come
erano arrivati a quel punto?
Mentendo.
Stefan
promise a se stesso che non
avrebbe mai più detto una bugia.
Credeva
che alterando la verità
avrebbe protetto Bonnie e invece l’aveva fatta soffrire
ancora di più.
Damon
aveva creduto che tenere
nascosto il segreto sull’adozione avrebbe risolto tutti i
loro problemi e
invece li aveva creati.
Era
così strano pensare a Bonnie non
più come una Salvatore. Per tutti quegli anni
l’aveva trattata come una vera
nipote, non gli era mai venuto nemmeno il sospetto che potesse non esserlo.
Ricordava
quando era tornato al
Pensionato per far visita a Monica, Zach e Arthur, ricordava quando si
era
trovato di fronte una piccola furia rossa che lo fissava stranita e
braccia
conserte.
“E
tu chi sei?”.
“Sono
Stefan … Salvatore. E tu?”.
Poi
Bonnie aveva sorriso e gli era
salata in braccio urlando “Zio Stefan”, come se lo
avesse aspettato per tutto
quel tempo.
Aveva
sbagliato tutto con lei. Fin
dall’inizio.
Avrebbe
dovuto starle più vicino,
avrebbe dovuto cercarla nei suoi anni in Italia, avrebbe dovuto
impedire a
Damon di uccidere Zach. Avrebbe dovuto essere onesto. Dopo tutto la
verità
infine era saltata fuori, in un modo che Stefan avrebbe evitato. Il
risultato
era stato solamente quello di farsi odiare.
Bonnie
non si sarebbe più fidata di
loro, di lui, perché le
aveva fatto
del male.
Non
avrebbe mai creduto di diventare
un giorno quello che l’avrebbe ferita. Su Damon non aveva mai
avuto dubbi, ma
su se stesso; si era sempre ritenuto una persona migliore di suo
fratello,
eppure alla resa dei conti, erano egualmente colpevoli.
Avrebbe
voluto andare in camera di
Bonnie, abbracciarla e sussurrarle che tutto si sarebbe sistemato; ma
ormai ne
aveva perso ogni diritto e non poteva starci peggio. Vigliacco.
Era stato un vigliacco, troppo spaventato dalla bomba
che avrebbe minato il suo già precario equilibrio famigliare.
“Stefan?”
mormorò Elena ancora mezza
intontita mentre lentamente apriva gli occhi “Che ci fai
qui?”.
“Ti
ho svegliata?” le domandò lui
dispiaciuto.
“No”
lo tranquillizzò Elena
“Comunque non sarebbe stato un brutto risveglio”.
Stefan
le posò un bacio leggero
sulla fronte e inspirò il suo profumo. L’unico che
fosse capace di annebbiargli
la mente più del sangue.
Elena
controllò la sveglia sul suo
comodino e aggrottò la fronte “Sono le cinque del
mattino. Stefan che succede?
Qualcosa non va?”. Solo qualche settimana prima avrebbe
pensato che il suo
adorabile fidanzato fosse venuto a farle una sorpresa, ma con tutta la
storia
di Klaus e Katherine non aveva potuto fare a meno di allarmarsi
all’istante.
“Sshh,
sshh” la prese Stefan tra le
sue braccia “Va tutto bene, non ti devi preoccupare. Ti
volevo solo parlare”.
“Stefan,
ti conosco. So che non va
tutto bene”.
“Ho
scoperto perché Bonnie ha poteri
magici” rivelò di getto.
Elena
si tirò su leggermente
“Perché?”
s’incuriosì.
“E’
una trovatella. I Salvatore non
sono la sua vera famiglia”.
Elena
arcuò le sopracciglia
sconcertata “Come fai a saperlo? Come ti è venuto
in mente?”.
“Me
l’ha detto Damon. A quanto pare
la sua famiglia è stata sterminata da un vampiro e Damon
l’ha trovata …” si
lanciò in una spiegazione più dettagliata mentre
l’espressione della ragazza
passava da meravigliata ad inorridita, da intenerita a tormentata.
“Bonnie
quindi non sa niente?”
chiese Elena ingenuamente.
“Vorrei
poter dirlo, ma ci ha
sentito parlare ed è scappata”.
“O
mio Dio! Se n’è andata da sola
con Katherine e Klaus là fuori? Ti prego, Stefan, dimmi che
l’avete ritrovata”.
“E’
tornata a casa da sola” la
rassicurò lui “Con un’altra brutta
notizia”.
“Non
so cosa ci possa essere di
peggio che scoprire di essere una trovatella con una famiglia devastata
alle
spalle”.
“Forse
scoprire che tuo fratello è
stato assassinato da una delle persone cui tieni di più al
mondo”.
“NO!”
esclamò Elena “No, no. Non è
possibile”.
“Gliel’ha
detto Katherine”.
Elena
si trattenne dal lanciarsi in
una serie di epiteti poco educati verso la vampira e tentò
di rimanere lucida e
trovare una soluzione “Santo Cielo, si sentirà
tradita da tutti noi” si
rammaricò “Forse dovrei andare a
parlarle”.
“Non
credo sia una buona idea. Si è
chiusa a chiave nella sua stanza e sembra decisa a tornare in
Italia”.
“Come
tornare in Italia? No, Stefan,
sarebbe troppo pericoloso e se quel vampiro la trovasse? Devi
convincerla a
rimanere qui. Non puoi farla andare via”.
“Lo
so” asserì Stefan “Non ho
nessuna intenzione di lasciarla andare, non ora che l’abbiamo
ritrovata” disse
deciso.
Elena
posò pesantemente il capo sul
petto del vampiro e sospirò “E’ tutta
colpa mia, non avrei dovuto suggerirti di
mentirle”.
“Non
è colpa tua. Volevi solo
proteggere lei e me. Non è stata una cattiveria”.
“Mi
dispiace così tanto. Oltre a
Clara noi eravamo le sue uniche amiche e adesso crederà di
essere rimasta
sola”.
“Ci
faremo perdonare, Elena. Te lo
prometto”.
La
ragazza annuì distrattamente e,
facendosi forza sui gomiti, lo baciò con tutta
l’intensità che trovò nel suo
corpo.
Si
aggrappò alla sue spalle e lo
strinse come se fosse la cosa più preziosa che avesse al
mondo.
Stefan
si girò leggermente di lato,
circondandole la nuca con una mano e i fianchi con l’altra,
facendo aderire e
sfregare il loro corpi.
Le
dita di Elena scesero fino
all’orlo della maglia del vampiro e s’insinuarono
sotto la stoffa, carezzando
lievemente il suo torace.
“E-
elena” mormorò Stefan tra un
bacio e l’altro.
“Sshh”
lo zittì lei “Sei esausto.
Permettimi di farti stare meglio” quasi lo
supplicò mentre gli sfilava la
maglia e conduceva la bocca del ragazzo al suo collo.
Il
sangue fu solo la prima cosa che
gli offrì quella mattina.
Dovevano
essere le otto o giù di lì
perché la sua sveglia stava suonando fastidiosamente da
più di cinque minuti.
Si sarebbe fermata prima o poi, o si sarebbero scaricate le batterie.
Di
una cosa sola era certa: non
avrebbe lasciato il suo nascondiglio nemmeno se l’avessero
trascinata fuori con
la forza.
Ovviamente
non aveva dormito; i suoi
occhi avevano rifiutato di chiudersi fino a che la stanchezza non
l’aveva
abbandonata definitivamente; non aveva neppure pianto, avrebbe
richiesto troppe
forze e non ne aveva; era semplicemente rimasta immobile sotto al
letto,
avvolta nel piumone che aveva portato con sé. Stesa su un
lato e rannicchiata
con le ginocchia al petto da tanto di quel tempo che temeva di non
essere più
in grado di allungare le gambe.
La
cosa più intelligente appena
scoperta la verità sull’uccisione di Zach, sarebbe
stato far le valigie,
prendere il primo aereo per l’Italia e sparire per sempre da
Fell’s Church. Era
quello il suo piano, ma qualcosa era andato storto.
Come
aveva raggiunto la sua stanza,
era stata impossessata dalla paura di uscirne. Perché
abbandonare il suo
rifugio avrebbe significato non solo vedere un sacco di cose che le
avrebbero
ricordato il fratello, non solo imbattersi in Stefan, il buono e dolce
Stefan
che le aveva mentito, ma anche incontrare Damon.
Il
suo Damon. Il suo eroe.
Improvvisamente si era trasformato nel cattivo.
Com’era
potuto accadere? E lei come
aveva fatto a non accorgersene?
Si
sentiva una stupida per aver
promesso a Damon che sarebbe sempre stata dalla sua parte, che avrebbe
sempre
cercato di capirlo. Solo in quel momento si era davvero resa conto di
cosa
volesse dire essere un vampiro.
Senza
cuore, senza rimorsi,
spietato, calcolatore, bugiardo, inumano, incapace di frenare gli
istinti.
Questa era la loro essenza.
Stefan
poteva essere diverso, ma
solo fino a un certo punto. Lui non aveva spento le emozioni, ma se mai
lo avesse
fatto, sarebbe diventato esattamente come Damon. Né
più né meno.
Aveva
sbagliato a sottovalutare la
loro natura. Aveva fatto male a dar loro fiducia. Affezionarsi a Damon
era
stato l’errore peggiore che avesse mai commesso.
Era
stato come vedere il mondo
crollarle addosso, come sentire i vetri della sua campana frantumarsi
su di lei;
ed erano stati pesanti e affilati.
Ogni
volta che provava a chiudere
gli occhi, s’immaginava le mani di Damon strette attorno al
collo di Zach, che
lo spezzavano come un rametto, che lo giravano senza esitazione, che
godevano
di quel rumore agghiacciante.
Quanti
colli doveva aver rotto
Damon. Quante gole squarciate e quanti cuori strappati. Tutto a causa
della sua
indole totalmente incontrollata.
Non
lo avrebbe perdonato, non lo
avrebbe perdonato MAI.
Udì
la porta aprirsi. Bonnie si
appiattì sul pavimento e rimase in silenzio senza lasciare
mai le scarpe che
muovevano passi incerti nella camera.
“Bonnie?”.
Era
Stefan.
Ovvio
che era Stefan.
Ti
aspettavi qualcun altro? Certo che no!
Il
vampiro la chiamò un altro paio
di volte e si accigliò parecchio quando non trovò
Bonnie da nessuna parte.
Per
un momento temette che fosse
scappata di nuovo, poi si ricordò di quello che ripeteva
spesso Damon.
Bonnie
non è mai stata originale nei nascondigli.
Ci
mise meno di un secondo a capire
dove si fosse infilata. Si piegò sulle ginocchia e
tirò su il lenzuolo che
penzolava di lato.
“Bonnie”
soffiò “Che ci fai qui
sotto? Non saresti più comoda sul letto?”.
La
rossa mugugnò qualcosa in
risposta tra le coperte.
“Perché
non vieni fuori?”.
Bonnie
scosse la testa con forza in
segno di totale diniego.
“Va
bene! Allora vengo io” fece per
stendersi accanto a lei ma l’occhiata che gli
gettò la ragazza lo
bloccò.
Solo
in quel momento Bonnie si era
girata e aveva puntato i suoi occhi marroni in quelli verdi di Stefan,
lanciandogli un avvertimento.
Stefan
alzò le mani come in segno di
pace e si stese accanto al letto senza invadere il suo spazio personale.
“Non
hai fatto le valigie” constatò
il vampiro.
“No”
rispose secca Bonnie.
“Significa
che non partirai?” chiese
con una nota di speranza nella voce.
Bonnie
sospirò spostandosi su un
lato per guardarlo meglio “No, non partirò. Ci ho
rifletto e non avrebbe senso
ritornare là ora, senza Clara. Non posso fingere che tutto
questo non sia mai
successo; quello non è più il mio
posto”.
Stefan
annuì “Sono contento.
L’ultima cosa che avrei voluto era farti andare
via”.
“Rimango
anche perché non ho nessun
altro” ammise Bonnie “Non mi entusiasma
l’idea di vivere con voi, ma non ho
altra scelta”.
“So
che sei arrabbiata, Bonnie, e
non sai quanto mi dispiace”.
“Non
sono arrabbiata. Almeno non con
te” gli rivelò “Sono più che
altro delusa” una pausa “Dopotutto il tuo non
è
stato un gesto per te stesso, ma per Damon; volevi proteggerlo. Le tue
intenzioni non erano cattive”.
“Volevo
proteggere anche te. Mi
sembrava che tu avessi già sofferto abbastanza”.
“Non
ti sto giustificando” lo
interruppe lei “Però lo capisco. Anche se
è un grandissimo bastardo, è pur
sempre tuo fratello. Non sto dicendo che ti è tutto
perdonato, ma forse un
giorno mi passerà”. Non voleva sbilanciarsi
troppo. Era ancora segnata da
quella bugia e lo sarebbe stata per molto tempo, ma tra i due, era
più incline
a riappacificarsi con Stefan.
“Non
mi fido più di te, però”
continuò “E dovrai lavorare sodo per dimostrarmi
di voler rimediare”.
“Da
ora in poi niente più bugie”
promise Stefan “So che non mi crederai, ma sta volta sono
serio. Ti giuro che
non ci saranno più segreti tra me e te”.
“Allora
comincia a spiegarmi perché
non sono una Salvatore”.
Stefan
contrasse la mascella e
sembrò restio a condividere ciò di cui era a
conoscenza “Questa è una cosa di
cui dovresti discutere con Damon. Me l’ha raccontato solo
ieri sera, non so di
preciso cosa sia accaduto”.
“Non
nominarmi il suo nome” ordinò
Bonnie “Non ci voglio più avere niente a che fare;
almeno non per adesso. Non
riesco nemmeno ad accettare ciò che ha fatto …
vorrei solo che sparisse dalla
mia vita. È quello che sa fare meglio, no?”.
“Ti
vuole bene”.
“NON
MI VUOLE BENE!” strillò Bonnie
“Non avrebbe ucciso mio fratello se mi avesse voluto
bene” questo era stato un
sussurro ma Stefan lo aveva udito perfettamente.
“Se
non hai intenzione di dirmi
della mia adozione, puoi lasciarmi sola?”.
Stefan
abbassò le palpebre
esasperato e, seppur riluttante, ripeté tutto ciò
che il fratello gli aveva
riferito la sera prima.
Damon,
intanto rintanato nella sua
stanza, stava ascoltando tutto. Non poteva farne a meno; in qualche
modo doveva
pur sapere che cosa stava succedendo a Bonnie.
Chiuse
i pugni in maniera così
serrata che le dita avrebbero potuto trapassare la pelle del palmo:
ancora una
volta Stefan l’aveva passata liscia.
Perché
non avrebbe dovuto?
Lui
era quello buono,
compassionevole; lui era l’amico
degli
umani.
In
quella faccenda Stefan aveva meno
colpe di lui, Damon dovette ammetterlo. Lo aveva aiutato, lo aveva
coperto.
Perché a Stefan risultava così facile comportarsi
bene? Cosa diamine aveva di
speciale?
Era
noioso, pesante, a tratti
petulante, sempre pronto a mettersi su un gradino più alto
degli altri, sempre
il primo a giudicare.
Eppure
tutti lo trovavano
fantastico, nessuno si faceva mai problemi a perdonarlo; qualunque cosa
fosse
stato il suo errore, alla fine non veniva punito.
E
ascoltarlo mentre raccontava a
Bonnie la storia della sua famiglia, della sua adozione, quello lo
mandava
davvero in bestia.
Lui
l’aveva trovata! Lui l’aveva
salvata! Avrebbe dovuto essere al posto di Stefan. Invece, stranamente, Bonnie gli aveva preferito
il suo preferito.
Non
poteva prendersela con Stefan,
anche se ne avrebbe avuto una voglia matta, si rese conto che non
sarebbe stato
giusto.
Suo
fratello avevo provato a
difenderlo, ma Bonnie non aveva sentito ragioni. Si sarebbe stupito del
contrario; stava di fatto che urlato in quel modo lo aveva fatto
sentire come
un moscerino.
Damon,
però, non era mai stato il
tipo da rimuginare sulle sue azioni: quel che aveva fatto era ormai
andato. Non
poteva mandare indietro il tempo e in ogni caso non era certo che non
si
sarebbe comportato diversamente.
Avrebbe
aspettato. Avrebbe aspettato
fino a che Bonnie non sarebbe stata pronta a perdonarlo.
Perché prima o poi
sarebbe successo. Per forza.
Stefan
lo raggiunse poco dopo. Non
sembrava molto contento della conversazione. Forse si sarebbe aspettato
un
atteggiamento meno ostile da parte di Bonnie. Era vero: gli aveva fatto
intendere che un giorno tra loro sarebbe tornato tutto come una volta,
ma gli
si era rivolta freddamente, come non aveva mai fatto.
“Da
quanto ho sentito sei stato
graziato” berciò Damon trattenendosi dal tirargli
un pugno ben assestato in
faccia. Bonnie non avrebbe gradito.
“Se
per graziato intendi che mi
rivolge ancora parola, allora sì”
confermò Stefan “Ma penso che l’abbia
fatto
più per un segno di civiltà”.
“Comunque
è un privilegio che a me
non è concesso” ci tenne a
rimarcare l’altro.
“Non
ci hai nemmeno tentato” gli
fece notare Stefan.
“Sai,
non è proprio il mio
passatempo preferito farmi prendere a insulti” disse come se
fosse la cosa più
ovvia del mondo “E non vedo perché dovrei fare
quello che fai già tu così bene!
Sei molto più bravo di me a interpretare il ruolo del
santo”.
“Nel
caso in cui non te ne fossi
accorto: questa volta ho interpretato il ruolo del viscido
doppiogiochista”.
“Nel
caso in cui non te ne fossi accorto
c’era tu nella sua camera, non io”.
Aveva
pensato che non sarebbe stato
giusto prendersela con Stefan? Rettificò tutto: era
giustissimo.
“Non
puoi pretendere che le passi,
mentre te ne stai qui a far niente” lo rimproverò
Stefan ignorando la frecciatina
non tanto velata.
“Illuminami,
fratellino, cosa potrei
fare?”.
“Tanto
per cominciare potresti
scusarti” gli suggerì.
“Questo
puoi anche scordartelo” lo
gelò Damon “Non posso scusarmi di una cosa di cui
non mi pento”.
“Damon!”.
“O
mio Dio! Ti sorprendi tanto?
Consideravo Zach solo una spina nel fianco, sono contento di avergli
spezzato
il collo” con uno scatto si alzò dal letto
“Io sono così, Stefan, sono un
vampiro, i vampiri uccidono e non
si
sentono in colpa dopo averlo fatto” poi squadrò il
fratello quasi con stizza
“Almeno quelli non affettati” poi sembrò
che la frustrazione avesse preso il
controllo “Lei aveva detto che mi avrebbe capito, che sarebbe
stata dalla mia
parte!”.
“Questo
prima di sapere che le hai
ucciso il fratello”.
“Facile
parlare quando le disgrazie
capitano agli altri, vero” disse Damon con una punta di
sarcasmo e cinismo “Non
posso cambiare perché lo dice lei”.
“T’importa
di Bonnie, non è un
motivo sufficiente almeno per dirle mi
dispiace?”.
“Il
punto è che a me non dispiace
affatto! Io non torcerei un capello a Bonnie, ma non chiedermi di fare
queste
pagliacciate se nemmeno ci credo! Non avrei voluto farla soffrire, ma
ormai è
successo e io non ci posso fare niente, non posso tornare indietro e
fermarmi, non posso cancellare ciò
che ho fatto”
marcò bene l’ultima frase “Prima o poi
dovrà accettarmi”.
“E
se non lo farà?”.
Damon
fu sul punto di replicare ma
il suo cellulare iniziò a vibrare nella sua tasca. Lo prese
e lo portò
all’orecchio.
“Liz”
rispose “Cosa? … Cadaveri? …
Ma dove? … Sei sicura? Sì, sì sto
arrivando”.
Riattaccò
e guardò il fratello che
grazie al suo udito sovrumano aveva potuto udire tutto il breve
discorso.
“Credi
che Katherine si sia
divertita ieri notte?” domandò Stefan alludendo ai
cadaveri trovati nel bosco.
“Ci
penso io a farle passare la
voglia di divertirsi” assicurò Damon in tono
minaccioso “E intanto che ci sono
le chiudo per sempre quella dannata bocca!” e detto
ciò volò fuori dalla stanza
deciso a farla pagare a quella vampira saccente, fonte di ogni suo
guaio.
“Quando
li avete trovati?” s’informò
Damon mentre ispezionava i corpi morti di cinque campeggiatori.
“Sta
mattina sul presto” rispose lo
sceriffo “Abbiamo ricevuto ieri decine di chiamate dai loro
parenti che ci
informavano della loro scomparsa. Non ci è voluto molto a
trovarli …”.
Damon
stortò il naso e iniziò a
girare attorno alla zona. Sarebbe stato difficile identificarli
perché erano
stati fatti a pezzi con una ferocia tale da spargere i resti per tutta
la
radura.
“E’
opera di un vampiro, vero?”.
Damon
arricciò le labbra e scosse la
testa “Direi di no”.
Liz
alzò le sopracciglia sorpresa.
Era certa che il responsabile fosse un vampiro. Chi altri avrebbe
potuto
compiere uno scempio del genere?
“I
vampiro non agiscono così, a meno
che non abbiamo a che fare con uno molto esibizionista”
spiegò Damon “Loro
tendono a mordere la vittima senza squartarla in questo modo e lo fanno
per
succhiare il sangue e qui di sangue ne vedo parecchio per terra, tutto
sprecato” si muoveva lentamente in circolo esaminando le
tracce sul terreno
“Opterei più un lupo mannaro”.
“Un
lupo mannaro” ripeté Liz Forbes
“Sei serio?”.
“Tremendamente”
ribadì Damon “E
credimi quando ti dico che sono molto peggio dei vampiri”.
Chiamatela rivalità
tra razza, ma Damon Salvatore non poteva sopportare i licantropi.
Durante la
luna piena erano incontrollabili, facevano carneficine come quella,
senza
preoccuparsi di coprire le tracce e soprattutto puzzavano come dei cani!
“Durante
la luna piena si
trasformano in animali totalmente travolti dall’istinto. Se
incontrano un umano
sul loro cammino, lo sbranano e lasciano i resti. Quando al mattino si
risvegliano, fanno perfino fatica a ricordare quello che hanno
fatto” chiarì il
vampiro “L’altra notte c’è
stata la luna piena. Questi campeggiatori devono
essere finiti sulla strada di un branco di lupi mannari”.
“Perché
parli al plurale?” chiese
Liz allarmata.
“I
licantropi si muovono in gruppo.
È molto difficile trovarne uno solitario. Non posso dire in
quanti hanno fatto
questa strage, ma preferisco non essere troppo ottimista”
concluse.
“Sai
parecchie cose sul
soprannaturale” insinuò Liz. Da quando Damon era
giunto in città, aveva subito
offerto il suo aiuto per identificare le morti per causa di vampiri e
per
catturarne alcuni. Liz lo aveva sempre considerato come una specie di salvatore della città, ma solo
in quel
momento, sentendolo parlare in maniera così precisa anche
dei lupi mannari, si
rese conto che la maggior parte degli omicidi era iniziata con il suo
arrivo.
Non
si era mai chiesta come Damon
fosse a conoscenza di tutte quelle informazioni sui vampiri, ma la
novità sui
licantropi gettava ombre inquietanti sulla figura di
quell’uomo così
misterioso.
“Ho
studiato la storia della mia
famiglia” mentì Damon che non era lasciato
sfuggire il tono sospettoso dello
sceriffo “A casa mia ci sono centinaia di diari che parlano
di queste cose.
Sembra che un tempo questo posto pullulasse di creature del genere.
Posso
portarteli se vuoi. Così potrai farti un’idea tu
stessa”.
“Sì
mi farebbe piacere leggerli”
accettò Liz “Zach
non me ne aveva mai
parlato”.
“Mio
zio non ama condividere i
segreti di famiglia”. Ci mancava
solo
Zach.
“E’
da molto che non lo sento” disse
Liz “Sta bene?”.
“Piuttosto
bene, sì” finse Damon con
una naturalezza tale da far impallidire il migliore degli attori
“Da quanto ne
so ha ricevuto un’offerta di lavoro a New Orleans.
È per questo che io sono
tornato qui a Fell’s Church: per occuparmi di Stefan, di
Bonnie e di tutto il resto”.
La
carta del bravo ragazzo che
sacrificava la sua giovinezza per occuparsi della famiglia funzionava
sempre.
“Hai
lasciato l’università?”.
“Non
sono mai andato all’università.
Non sono il tipo da stare sui banchi di scuola. Quello è
Stefan”.
“Beh
non posso che esserne felice. A
quanto pare la dedizione alla tua famiglia ci è stata molto
più utile”.
“Oh
Liz, non esiste nessuno
più attaccato alla famiglia di me”. Non credeva
di aver mai detto una quantità tale di cazzate nel giro di
dieci minuti. Tutto
pur di convincere Liz che poteva fidarsi ancora di lui.
“Su
questo ci può giurare, sceriffo”
concordò una voce alle spalle dei due “Damon non
potrebbe mai far del male al
sangue del suo sangue. Mai l’ha
fatto e
mai lo farà”.
“Elena
non dovresti essere a
scuola?” domandò Liz alla bionda che titubante si
avvicinava a loro.
“La
gattina di mia sorella è
scappata sta notte. Margaret mi ha praticamente supplicato di venire a
cercarla. Ho ancora un quarto d’ora prima che inizino le
lezioni” la
tranquillizzò poi il suo sguardo cadde sui corpi mutilati
“O mio Dio!” si coprì
la bocca con le mani nauseata e preoccupata nello stesso tempo
“Che cosa è
successo?”.
“E’
stato un attacco di un animale …
Elena credo che dovresti andare …”.
“Sì,
Elena, ti accompagno io a
scuola” s’intromise Damon guardando la
ragazza con occhi intimidatori “Non hai più
bisogno di me, Liz?”.
“No,
per favore portala via”.
Damon
la salutò con un cenno del
capo e si allontanò con Elena dopo averla presa per un
braccio.
Attese
finché ritenne di aver messo
una buona distanza tra loro due e lo sceriffo, dopodiché
afferrò la bionda per
entrambe le spalle e la sbatté contro un albero. Le
ringhiò in faccia
mostrandosi per il vampiro che era.
“Deve
seriamente starne fuori” la
minacciò.
L’altra
lo fronteggiò allo stesso
modo e se lo scrollò di dosso “Odio quando diventi
così rude. Una volta mi
trattavi come un fiore delicato”.
“Quando
ti ho conosciuto non avevi
ancora vinto il premio per la vampira più stronza della
storia”.
“Damon,
Damon, Damon” cantilenò
Katherine per nulla turbata “Non so proprio da dove ti escano
certe battute”.
Il
vampiro non rispose, si limitò a
tenerle testa stando fermo e fulminandola con gli occhi, aspettando la
sua
prossima mossa.
“Mi
pare di aver capito che dovremo
dividere il territorio con i licantropi. Santo Cielo, fa tanto
Twilight* …”.
“Non
sono affari tuoi” la stroncò
Damon sul nascere.
“Certo
che lo sono!” lo contraddisse
lei quasi indignata “Ti ricordo che il loro morso
è letale anche per me”.
“Se
sentissi mai odore di pericolo,
scapperesti a gambe levate. Non è forse la tua
specialità?”.
Katherine
non parve più disposta a
sorvolare su tutte le frecciatine e replicò con
malignità “La tua sembra invece
deludere chiunque ti stia intorno. Da quanto ho potuto vedere ieri
sera, la
piccola rossa appariva piuttosto sconvolta”.
Neanche
il tempo di finire la frase
che si ritrovò con la schiena a terra schiacciata dal peso
del vampiro. L’aveva
presa per la gola e le alitava sulle labbra come una bestia affamata
“Ti ho
detto che devi starne fuori. Non credere di avere il diritto di venire
nella
mia città a dettare legge. Avvicinati ancora a Bonnie e io
…”.
“Tu
cosa?” lo stuzzicò lei facendo
passare una mano dietro la nuca del vampiro, attirandolo ancor
più a sé “Cosa
vuoi fare? Uccidermi? Sappiamo entrambi che non ci riusciresti mai.
Potrai
anche non amarmi più, ma non avrai mai il coraggio di
strapparmi il cuore”.
“Perché
no? Tu hai strappato il mio”.
“Fai
il romantico adesso?” ironizzò
la bionda dandogli una spinta con la mano che lo fece volare a metri da
lei.
“Mi
dispiace, Damon, ma questo
vostro castello di bugie che vi siete costruiti attorno sarà
un lasciapassare
per Klaus. Se non risolverete i vostri problemi prima del suo arrivo,
vi
distruggerà tutti mettendovi l’uno contro
l’altro. Io non ho intenzione di
morire perché tu non hai avuto abbastanza palle per dire ad
una ragazzina che
hai ammazzato suo fratello” disse Katherine squadrandolo
dall’alto al basso,
poi si voltò per andarsene.
Appena
gli diede le spalle, però, si
ritrovò un ramo conficcato nel suo addome con violenza.
Gemette dal dolore incontrando
gli occhi minacciosi di Damon “Non sottovalutarmi,
tesoro” le sussurrò
all’orecchio girando il paletto nella pelle
“Godrò a stringere tra le dita il
tuo cuore esattamente come è successo con il collo di
Zach” poi le strappò con
altrettanta violenza il ramo dallo stomaco, si trasformò in
un corvo e volò
via.
Riprese
la sua forma umana solo
quando raggiunse la porta del Pensionato. Entrò sbattendola
e gettò con rabbia
la sua giacca di pelle sul pavimento. Avrebbe potuto uccidere
Katherine,
avrebbe potuto conficcare quel ramo appena più in alto e
tutto sarebbe finito.
Ma
la vampira aveva ragione: non
avrebbe avuto il coraggio di essere il suo carnefice, almeno non ancora.
Avrebbe
solamente voluto che
sparisse di nuovo dalla sua vita, questa volta per sempre, che lo
lasciasse
definitivamente in pace, che non s’intromettesse nei suoi
affari. Era tutta
colpa sua se Bonnie in quel momento se ne stava nascosta sotto al
letto,
disorientata, affranta e distrutta. Con molte probabilità
non lo avrebbe mai
perdonato e la responsabile era soltanto Katherine.
Damon
guardò sconsolato in cima alle
scale chiedendosi se Bonnie fosse finalmente riuscita ad addormentarsi.
L’aveva
ascoltata singhiozzare e
sussurrare il nome del fratello tutta la notte senza aver la
possibilità di confortarla.
Era
così frustante sapere di essere
l’unico che non meno di una settimana prima avrebbe saputo
calmarla e ora … era
quello che l’avrebbe fatta piangere ancora di più;
era quello per cui Bonnie aveva iniziato a
piangere.
Salì
le scale fino a ritrovarsi di
fronte alla porta della camera della ragazza. Pareva si fosse
tranquillizzata
ma non dormiva ancora; il respiro era troppo accelerato.
Per
un momento pensò di bussare,
solo per accertarsi delle sue condizioni poi cambiò subito
idea. Cosa avrebbe potuto
dirle?
Era
serio quando aveva detto a
Stefan di non essere pentito del suo gesto. Non avrebbe mai voluto fare
del
male a Bonnie, ma
Zach era un semplice
umano come tanti altri. Di nessun valore.
Ucciderlo era stato come uccidere centinaia di altre
persone. Ne aveva
mai sentito il rimorso? No.
Non
avrebbe mentito a Bonnie
propinandole delle false scuse, era stufo marcio di tutte quei segreti
e bugie.
Toccò
delicatamente il legno della
porta con la mano e ci posò sopra la fronte. Quello era
l’unico contatto che si
poteva permettere, quello era il modo per starle più vicino
possibile.
Il
campanello suonò mandando in
frantumi quel momento. Damon imprecò perché in
quella pace, gli era sembrato di
poter connettersi a Bonnie.
Ritornò
all’ingresso e aprì a quello
scocciatore. Corrugò la fronte non appena si accorse che lo
scocciatore non era
uno qualunque.
Ed
eccolo lì, in quell’arrogante
posa da liceale fighetto, Justin Bieber dei poveri.
La
tentazione di spezzare il collo
anche lui lo stuzzicò pesantemente, ma se la fece passare.
Non sarebbe stata
una mossa proprio intelligente.
Invece
indossò una maschera di
totale indifferenza, che coprisse il disprezzo palese, e disse con tono
fin
troppo gentile “Cosa posso fare per te, Cyrus?”.
“Christopher”
lo corresse l’altro.
Damon
schioccò la lingua contro il
palato. Ha pure il fegato di
contraddirmi.
“Sono
qui per Bonnie” spiegò il
ragazzo per nulla intimorito “E’ dalla sera della
recita che non la vedo e
volevo controllare se era tutto a posto”.
“Va
tutto splendidamente, ma grazie
per il pensiero” rispose Damon.
“Elena
mi ha detto che Bonnie è
malata” disse a bruciapelo “Ho provato a chiamarla
ma ha il cellulare spento.
Mi sono preoccupato”.
“Non
si è sentita molto bene in
questi giorni” confermò Damon “Sei stato
carino a passare, le porterò i tuoi
saluti” mentì e fece per chiudere la porta ma
Christopher mise il piede in
mezzo “In realtà preferirei vederla”.
Damon
lo fissò incredulo, colpito da
tale impudenza “Beh sai, Chris,
anche
io vorrei essere un sacco di cose ma non credo che arriverà
mai la fata
turchina ad esaudire i miei desideri quindi …”.
“Con
tutto il rispetto Damon, ma a
meno che Bonnie non si trovi sul letto di morte, non capisco
perché io non
potrei vederla”.
Ok,
ora lo ammazzo.
“Punto
primo: io sono il signor
Salvatore. Punto secondo: credi davvero di poter venire qui e dirmi che
può
entrare o no in casa mia?” gli chiese freddamente facendo un
passo avanti per
intimidirlo.
Christopher
non si mosse di un
millimetro e ricambiò lo sguardo “Non volevo
sembrare scortese, signor
Salvatore” lo pronunciò con lo stesso tono con cui
Damon aveva detto il suo
nome “E’ solo che ci terrei davvero molto a
salutarla di persona e credo che
anche a lei farebbe piacere vedermi”.
Con
quell’ultimo appunto centrò il
segno.
Damon
era certo che Bonnie sarebbe
stata più che contenta di vedere il ragazzo. Aveva una cotta
per lui e
sicuramente le avrebbe tirato su il morale.
“Se
tra dieci minuti non sei
ritornato qui, l’ultima cosa di cui dovrai preoccuparti
sarà essere stato
scortese” lo minacciò “La stanza
è …”.
“Grazie,
so dove si trova la sua
camera” detto questo salì le scale.
Come
“so dove si trova la sua camera”? Come cazzo fa a
saperlo?
Basito
prese il cellulare e compose
il numero di Stefan. Non passarono molti secondi
che il fratello rispose.
“Ehi
Golden Boy! Come procede a
scuola? Spero che porterai a casa ottimi voti o dovrò
prendere provvedimenti”
scherzò con il suo solito umorismo fuori luogo.
“Che
vuoi Damon? È successo
qualcosa?”.
“Niente
di particolare” disse lui
con fare quasi annoiato “Ho raggiunto Liz, ho esaminato quei
cadaveri … non è
stato un vampiro”.
“Finalmente
una buona notizia”
sospirò di sollievo Stefan.
“E’
opera di un lupo mannaro” rivelò
stroncando tutto l’entusiasmo del fratello.
“Ne
sei certo? Non è che magari
abbiamo a che fare con un normalissimo serial killer, umano?”
chiese speranzoso.
“Fidati
di me, vorrei proprio
conoscere l’umano capace di fare quello scempio; gli
stringerei la mano”.
“Non
può essere stato Tyler, non era
nemmeno in Virginia”.
“No”
gli diede ragione Damon “Quindi
aggiungi un altro problema alla lista. Sembra che i lupetti siano
tornati in
città”.
Sentì
Stefan lamentarsi dall’altra
parteuiQQq
Della cornetta.
“Come sta Bonnie?”.
“Sempre
nascosta sotto il letto … ma
adesso Justin Bieber è con lei”.
“Christopher?
Che ci fa lì?”.
“E’
venuto a trovarla”.
“E
tu l’hai lasciato entrare? Vivo?”
quella notizia era ancora più
sconvolgente della precedente.
“Beh
in realtà l’idea di staccargli
la testa mi ha sfiorato, poi ho pensato che la rossa non ne sarebbe
stata
entusiasta”.
“Almeno
stai imparando a
controllarti” disse Stefan.
“C’è
solo una cosa che mi sfugge. Ha
detto di sapere dove si trova la camera di Bonnie? Come diamine
è possibile?”.
“Chris
è già stato a casa nostra, per
le prove della recita. Tu ovviamente non c’eri”
chiarì Stefan ridacchiando,
certo di aver sganciato una bella bomba.
Damon
soffocò un ringhiò e rimase
sorprendentemente calmo “Farò finta che la linea
sia disturbata e metterò
gentilmente giù il telefono per evitare di urlarti in
faccia” dopodiché
riattaccò.
Quando
Bonnie vide lo spiraglio di
luce entrare dalla porta aperta, si chiese perché non
potessero lasciarla sola,
in santa pace.
“Non
ho voglia di vedere nessuno,
Stefan!” esclamò irritata come non mai.
“Bonnie?”
chiamò quella voce che la
ragazza conosceva tremendamente bene. Dopo un secondo il viso di
Christopher
comparve a pelo del pavimento, rivolto verso di lei “Che ci
fai lì sotto?”.
“Christopher!”
si stupì alzandosi di
botto e picchiando una testa contro le doghe del letto
“Perché sei qui?!”.
“Elena
mi ha detto che non ti
sentivi molto bene. Sono venuto per vedere come stavi”
spiegò “Posso?” domandò
indicando lo spazio accanto a lei. Bonnie annuì.
“Perché
siamo sotto al letto?”
s’incuriosì il ragazzo.
“Mi
nascondo”.
“Da
chi?”.
“Dalla
mia famiglia”. Non è la
tua famiglia, comincia ad
accettarlo.
“Avete
litigato? Ti è successo
qualcosa?”.
“Niente
di grave” dissimulò Bonnie
“Ho solo scoperto delle cose … su di me, su di
loro, sul mio passato. Cose che
non mi avevano detto”.
“Fa
sempre male quando scopri che le
persone cui vuoi bene, hanno dei segreti con te, vero? Si suppone che
la
famiglia dovrebbe proteggerti, ma la maggior parte delle volte ti
tradisce”
Chris parlò come se fosse un esperto
dell’argomento.
“Sì,
più o meno la sensazione è
quella” concordò Bonnie.
Si
avvicinò a Christopher e poggiò
la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi. Trovava una strana pace a
stare
con lui. Forse perché era l’unico davvero estraneo
a tutta l’anormalità che la
circondava. Forse perché era l’unico a non averla
delusa, dato che non poteva
sapere di Zach.
Quando
aveva intorno Christopher,
poteva fingere di star vivendo una vita normale. Si sentiva solo come
una
ragazza con una cotta per un ragazzo fighissimo appena arrivato da un
altro
stato.
Non
poteva dire che il
loro fosse un rapporto sincero come
avrebbe voluto. Avevano dei segreti, lei aveva dei segreti e per questo
si
odiava; ma d’altra parte Christopher non le aveva nascosto
niente, come se
fosse sempre dalla sua parte, sempre lì per lei, senza
secondi fini, senza un
tornaconto, semplicemente per lei.
“Ti
sei calmata?” mormorò il
ragazzo.
“Sì”
soffiò Bonnie. Ed era vero. La
sua sola presenza era bastata per tranquillizzarla, per farle
rallentare il
respiro. Il peso sul cuore si era alleggerito. Sarebbe potuto restare
in quella
posizione per tutta la vita.
“Che
farai?” riprese a parlare
Christopher “Rimarrai qui sotto finché non ti
sarà passata? Anche se sarà per
molto tempo?”.
“L’idea
era quella, sì!” asserì
Bonnie “So cosa vuoi dirmi: che dovrei farmi forza,
affrontare miei problemi e
non nascondere la testa sotto la sabbia …”.
“No,
in realtà volevo dirti tutto il
contrario” la interruppe lui “Odio le persone che
fanno quel genere di
discorsi; una persona avrà pure il diritto di stare male
senza che gli altri
s’intromettano? Chissà perché quando
succede qualcosa di brutto tutti ti
ripetono che devi alzarti e riprenderti la tua vita! Se hai voglia di
startene
sotto al letto fino a quando non ti sarà passata, allora
fallo! Non credo che
cadrà il mondo nel frattempo”.
“Dici
sul serio?”.
“Sono
serissimo” affermò il ragazzo
“Anche se questo vuol dire che non ti vedrò per un
po’ ” continuò dispiaciuto
sfiorandole una guancia con le dita.
“Hai
ancora venti secondi prima che
ti privi per sempre della possibilità di
riprodurti!” lo avvisò Damon urlando
dal corridoio.
“E’
meglio che vada” sussurrò
Christopher.
Bonnie
lo trattenne per un braccio
“Sai che non devi fare quello che ti dice”.
“Lo
so” ripeté Christopher “Ma ammetto
che mi spaventa abbastanza” poi si avvicinò al
viso di Bonnie, le diede un
bacio sulla fronte e dopo averle regalato un bellissimo sorriso,
abbandonò la
stanza.
Bonnie
sbuffò e rotolò dall’altra
parte immaginandosi che lui fosse ancora lì. Erano stati
insieme meno di un
quarto d’ora, ma in così poco tempo era riuscito a
farla stare bene.
Chris
non le metteva pressione, non
insisteva per sapere quali problemi avesse, non la importunava mai con
domande
stupide. Le permetteva di soffrire in pace.
Era
l’unico che provava a capirla
pur non chiedendo dettagli. Era rassicurante, gratificante. Christopher
a volte
dimostrava di conoscerla più di Stefan e Damon e Bonnie lo
considerava un po’
come suo. Con lui non si sentiva messa da parte, con lui non era
l’ultima
arrivata. Non doveva condividere la sua amicizia, il suo affetto con
nessun
altro.
Bonnie
lo ringraziò mentalmente per
le parole di conforto che le aveva rivolto, avevano avuto un effetto
positivo e
motivante.
La
cosa più sensata sarebbe stata
quella di alzarsi, di uscire dalla sua camera e ritornare lentamente
alla sua
quotidianità. Ma a che pro?
Certo
l’avrebbe fatto prima o poi;
si sarebbe fidata di nuovo di Stefan, avrebbe ricominciato ad uscire
con le sue
amiche e avrebbe accettato di non essere una Salvatore e di avere
poteri
magici. Tutte cose fattibili. Tutte tranne una. Una cosa che la bloccava. Damon e
Zach. Questo proprio
non avrebbe potuto superarlo. Non voleva superarlo, perché
avrebbe significato
perdonare Damon.
Io
non voglio concedergli il mio perdono.
Perciò
avrebbe continuato per la sua
strada fino a che non sarebbe stata pronta a tornare indietro e
riprende in
mano la sua vita con tutte le sue assurdità.
Si
rigirò dall’altra parte e
socchiuse le palpebre; si ritrovò addormentata senza nemmeno
accorgersene. Quando
si risvegliò era sera tardi.
Fissò per
un po’ la parte più bassa della porta; piano,
piano striscò sul pavimento
finché la sua testa non spuntò da sotto al letto
e lei ebbe piena visione della
sua stanza.
Christopher
le era stato di grande
aiuto: non solamente perché le aveva fatto capire che andava
bene soffrire e
non voler smettere; ma senza volerlo le aveva anche dato una scarica di
energia, le aveva trasmesso una voglia matta di ritornare a scuola solo
per
vederlo, per passare del tempo con lui.
Perché
quel quarto d’ora era
sembrato così giusto, così perfetto. Se mai un
giorno fosse guarita da tutta
quell’afflizione, probabilmente sarebbe stato grazie a Chris.
Senza
rendersene bene conto, si
ritrovò con la mano sulla maniglia e
l’abbassò. Mosse passi incerti per il
corridoio e poi giù per le scale. Aveva sete. Aveva
dannatamente sete.
Raggiunse
la porta della cucina,
esattamente accanto ai grandi archi che portavano al salone e soltanto
in quel
momento notò una figura sulla soglia di questi. Erano
passate meno di dodici
ore dall’ultima volta che l’aveva visto, ma le
erano parsi anni. Le sembrò
d’incontrare uno sconosciuto. Uno di cui avere paura.
Perché lui non era più il
tenero zio che le aveva insegnato ad andare a cavallo, ma il mostro che
aveva
ucciso suo fratello.
Tuttavia
non abbassò la testa e
sostenne lo sguardo buio come l’oscurità che
avvolgeva la stanza. Bonnie,
ovviamente, lo aveva riconosciuto ugualmente. Gli occhi di Damon
brillavano
come nient’altro al mondo, erano inconfondibili.
Un
tempo li avrebbe adorati, ma in
quell’istante provava solo disprezzo.
Disprezzo,
ira, rancore, delusione,
astio.
Era
tutto ciò che Damon leggeva in
quelli di Bonnie e avvertì qualcosa spezzarsi dentro di lui;
la pietra. Che cosa gli stava
succedendo?
Non
si stava creando un nuovo
strato, era piuttosto il contrario, come se un grosso pezzo si fosse
rotto e si
fosse staccato sparendo chissà dove.
Non
credeva che Bonnie avrebbe
lasciato così presto la sua camera, il suo rifugio. Non si
sarebbe mai
aspettato di affrontarla dopo poche ore. Non era preparato, aveva
bisogno di
più tempo.
La
ragazza si era tesa come una
corda e quasi non respirava. Aveva i pugni chiuse lungo i fianchi e il
suo
petto si alzava pesantemente.
Damon
per un attimo pensò che
sarebbe scoppiata a piangere. Invece indietreggiò di poco e
poi si diresse
velocemente in cucina sbattendo furiosamente la porta.
Damon
si perse a contemplare il
punto in cui era scomparsa Bonnie e si portò una mano sul
petto. Percepì il suo
stesso respiro diventare affannoso e si chiese come fosse possibile
dato che i
vampiri nemmeno avevano bisogno di respirare.
Mentre
tornava mestamente nella sua
camera realizzò dopotutto di rimpiangere una cosa sola nella
sua vita; di non
avere più il potere di farla sentire al sicuro.
Perché
non poteva tornare indietro e cancellare
ciò che aveva fatto.
“I can’t remember why
I’m lying here tonight
And I can’t stand the pain
And I can’t make it go away
No I can’t stand the pain
How could this happen to me
I’ve got nowhere to run
The night goes on
As I’m fading away
I’m sick of this life”
(Untitled-
Simple Plan).
Il
mio spazio:
Buona
sera a tutte mie care lettrici!
Sono
riuscita ad aggiornare in due settimane e mi
ritengo incredibilmente soddisfatta!
Ho
un paio di comunicazioni di servizio da farvi:
la prima è che ho buttato giù una scaletta dei
prossimi capitoli e vi posso
anticipare ( non so se con vostra gioia o dispiacere) che Bonnie e
Damon
avranno la loro prima conversazione civile tra cinque capitoli; la
seconda che,
sempre grazie alla suddetta scaletta, ho calcolato che questa storia
consterà
in tutto di una quarantina di capitoli.
Ora,
dato che non siamo nemmeno al numero venti,
vi voglio chiedere di avvisarmi se man mano trovate che la storia sia
troppo
lunga o noiosa. Posso sempre tagliare qualcosa e modificare i miei
piani ;)
Passando
al capitolo: non succede niente di che. È
solo un capitolo post rivelazione, scritto per mostrare i diversi modi
di
reagire dei personaggi; anche la canzone è la stessa proprio
perché volevo
analizzare i comportamenti di Bonnie e Damon partendo dallo stesso
punto di
partenza
Non
si prospettano bei tempi per il nostro
vampiro. Bonnie non ha assolutamente intenzione di perdonarlo (e ha
tutte le
ragioni) e lui non vuole chiedere scusa neanche morto. Chi
cederà per prima? Resisteranno
a stare lontani?
Stefan,
come dice suo fratello, è stato
“graziato”
ma non credete che per lui sarà facile. Bonnie si
mostrerà dura e tagliente
come non è mai stata, soprattutto più avanti.
Inoltre vuole farla pagare ad
entrambi e si riserverà delle piccole vendette quotidiane.
Muahahaha!
Sono
arrivati anche i lupi mannari; so che sembra
di rivivere la seconda stagione di TVD, ma non è
così, fidatevi di me! Più che
altro questi teneri animaletti mi servono per una scena che (spero)
adorerete,
ma ora sto anticipando troppo quindi la smetto!
Nel
prossimo capitolo: Christopher e Bonnie si avvicineranno
sempre più. Bonnie si divertirà facendo diventare
matti Damon e Stefan, mentre
tutta la combriccola sarà alle prese con il problema
“licantropia”. Forse arriverà
un nuovo personaggio e forse comparirà uno già
conosciuto.
Come
al solito vi ringrazio di tutti i vostri bei
commenti! E ovviamente ringrazio anche i miei lettori silenziosi e
coloro che
hanno la mia storia tra le preferite/ seguite/ ricordate!
*Ovviamente
tutti questi riferimenti a Twilight
sono solo battute. Non voglio assolutamente offendere eventuali fan; io
stessa
ho adorato i libri, quindi non mi permetterei mai. Ho notato che sono
due modi
di concepire il vampiro del tutto diversi e ho trovato simpatica
l’idea di
mostrare la differenza facendo dell’ironia sulla saga della
Meyer.
Alla
prossima,
Fran!
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Capitolo 20 *** Mustn't let them see me cry. I'm fine, I'm fine ***
Ashes &Wine
Capitolo venti: Mustn’t let
them see my cry. I’m fine, I’m fine.
“Does anybody
know what we are living for?
I guess I'm learning
I must be warmer now
I'll soon be turning round
the corner
now
Outside the dawn is breaking
But inside in the dark I'm aching to be free
The show must go on
The show must go on
Inside my heart is breaking
My make-up may be flaking
But my smile still stays on”
(The show must
go on- Queen).
“Scusate
sono in ritardo” Elena si sedette davanti alle sue
amiche “Ero con Stefan e ho perso la cognizione del
tempo”.
Meredith
e Caroline non ci badarono molto. Erano solo molto
curiose di sapere perché Bonnie si era rinchiusa in casa.
“Non
ci interessano i dettagli sconci sulla tua relazione
vampiresca” tagliò corto Caroline “Cosa
diamine è successo? Ho provato a
chiamare Bonnie tutto il giorno e oggi Stefan aveva una faccia da
funerale!”.
“Lo
sa” rispose Elena.
“Sa
cosa?” ripeté Meredith.
“Sa
che Damon ha ucciso Zach”.
“O
no!” esclamò Meredith “Io
l’avevo detto che era una
pessima idea, dovevamo dirle la verità”.
“E
non avete ancora sentito il peggio” le avvisò
Elena.
“C’è
di peggio?!” si sorprese Caroline.
“Bonnie
è una strega ed è stata adottata” la
bionda lanciò
la bomba e aspettò la reazione delle altre due.
Ci
furono alcuni secondi di silenzio, poi sia Meredith che
Caroline esplosero a raffica in una serie di domande. Elena
cercò di spiegare
in modo esauriente tutto ciò che Stefan le aveva raccontato.
Non
fu facile calmarle. Quella era una notizia piuttosto
scottante e non c’era da stupirsi che avesse lasciato tutti
senza parole.
“Dobbiamo
andare da lei” sentenziò Meredith.
“Non
è una buona idea” la scoraggiò Elena.
“Sei
impazzita?” s’indignò la mora
“Sarà distrutta ed è
anche colpa nostra se sta così. Noi siamo le sue amiche,
dovremmo mostrarle che
ci siamo per lei”.
“Hai
detto bene” concordò Elena “E’
anche colpa nostra e non
credo che ora Bonnie abbia molta volta di vederci. Lasciamole il tempo
di
digerire la faccenda, non stiamole troppo addosso”.
“Ma
…”.
“Ha
ragione Elena” intervenne Caroline
“Penserà che siamo
andate da lei solo perché ci sentiamo in colpa, non
perché le vogliamo bene”.
Meredith
parve rifletterci su qualche istante e infine annuì
“E’ che sento di non aver fatto abbastanza per
lei” confessò “Sento di averla
presa in giro e questo non mi piace. Io non sono
così” una pausa “Noi
non siamo così”.
“Immagino
che sia stata una bella lezione” iniziò Elena
“Ci
siamo fatte prendere troppo dagli eventi. Eravamo così
concentrate a proteggere
Stefan e Damon che non abbiamo pensato di poter far soffrire qualcun
altro”.
“Così
la prossima volta impariamo a decidere per le vite
degli altri” commentò Caroline amaramente
“Ma queste cose dovremo dirle a lei”.
“Lo
faremo” Elena rassicurò entrambe “Non
appena Bonnie si
sentirà meglio, le parleremo. L’abbiamo ammessa
nella sorellanza velociraptor,
è come se fosse diventata nostra sorella e alle sorelle non
si dovrebbero fare
certe cose”.
“Adesso
ho capito perché Alaric era così strano quando
l’ho
rivisto. Continuava a ripetere di aver fatto delle scoperte incredibili
ma che
non poteva parlarmene perché non era ancora il momento.
Probabilmente aspettava
che Stefan lo dicesse a Bonnie” suppose Meredith.
“Spero
solo che non faccia qualcosa di stupido” auspicò
Caroline “Con tutto quello che le è capitato, non
mi stupirei se si lasciasse un po’
andare”.
“Bonnie
non è una sprovveduta” le fece notare Meredith
“Non
mi pare il tipo che si scoraggia facilmente e non farà
nessun gesto avventato”
la ragazza appariva piuttosto convinta di ciò che stava
dicendo “Al massimo
cercherà di mandare Damon in overdose da verbena. Non posso
dire che l’idea mi
dispiaccia”.
“Il
tuo amore per me è oltremodo commovente”
sussurrò il
vampiro in questione comparendo alle spalle della giovane.
Tirò
indietro una sedia e si accomodò al loro tavolo
“Non
smettete di spettegolare solo per me. Adoro i segreti tra
ragazze”.
“Che
ci fai qui?” s’insospettì Caroline
alzando un
sopracciglio.
“A
dire il vero sono venuto a parlare con te” rivelò
Damon
“A proposito del tuo uomo- lupo”.
“Non
è il mio … Ehi! Non chiamarlo
così!” si arrabbiò
Caroline.
Damon
alzò gli occhi al cielo, scocciato dalle continue
interruzioni “C’è stato un attacco
animale l’altro giorno. Tua madre ha trovato
cinque cadaveri nel bosco. Ed è opera di un lupo
mannaro”.
“Non
è stato Tyler” replicò la ragazza
“Non era nemmeno a
Fell’s Church”.
“Su
questo non posso essere più che
d’accordo” disse Damon
con un ghigno “Il che significa che qualcun altro
è il responsabile”.
“Cosa
c’entra con Tyler?”.
“Se
altri licantropi sono arrivati in città, lo hanno fatto
per lui. Lupi e vampiri non vanno d’accordo e qualcuno
finisce sempre per
morire. Ora, non mi turba che siano loro le vittime, ma non gradirei
essere
morso. Tieni d’occhio il tuo amichetto, perché
sono certo che questo casino
abbia a che fare totalmente con lui” spiegò mentre
spiluccava patatine fritte
dal piatto di Elena.
“Damon
… quanto potrebbe essere pericoloso?” chiese la
bionda agitata.
“La
luna piena è appena passata. Abbiamo un mese di tempo
per disfarcene” chiarì il vampiro “Prima
è, meglio è”.
“Va
bene, gli parlerò” accettò Caroline.
“No,
Baby Vamp” scosse la testa Damon “I lupi mannari
hanno
una specie d’istinto di stare dalla parte del branco. Non
devi dirgli niente o
potrebbe mandare a puttane i nostri piani di scacciarli da
qui”.
“O
certo!” sbuffò Meredith intromettendosi
“Andate pure
avanti con le bugie, visto che portano a risultati così
grandiosi” ironizzò.
Damon
si voltò verso di lei visibilmente irritato “Qui
nessuno ha chiesto la tua opinione”.
“No?!
Dimmi, Damon, come sta Bonnie?” insistette Meredith
sapendo di toccare un punto debole.
“Credimi:
non vuoi cominciare questa conversazione”
l’avvertì lui riducendo gli occhi a due fessure.
“Damon,
noi vorremo veramente
sapere come sta” lo pregò Elena.
“Chiusa
in camera, oltremodo depressa, oltremodo incazzata”
rispose il ragazzo facendo un gesto con la mano come per sminuire la
questione.
“Sei
così tremendamente irritante” sbottò
Meredith “Le hai
fatto male, l’hai ingannata, l’hai resa infelice e
te ne stai qui, tutto
tranquillo, senza un minimo di rimorso! Dovresti essere davanti alla
sua porta
a supplicarla in ginocchio!”.
“Chiariamo
un paio di cose” propose Damon con voce
tutt’altro che amichevole “Punto primo: io non
proverò mai rimorso per niente
di ciò che ho fatto; punto secondo: non è la mia
occupazione preferita
strisciare per chiedere perdono; soprattutto quando sono certo di
ricevere solo
insulti in cambio. Bonnie non mi vuole intorno e io la sto
accontentando. So
quando non sono desiderato”.
“Davvero?”
proruppe Caroline con tono falsamente sorpreso
“Allora non mi spiego perché tu sia ancora qui a
Fell’s Church”.
“Care!”
la sgridò Elena.
Damon
rimase in silenzio per alcuni secondi, fissando
Caroline. Non gli importava molto che la ragazza non lo volesse
lì, ma sapeva
che non era l’unica.
Stefan
non lo voleva. Elena … chissà quanto volte si era
chiesta come sarebbe stato se lui non fosse piombato nelle loro vite.
Bonnie,
lo detestava e forse avrebbe preferito vederlo
morto.
No,
decisamente non era il benvenuto in quella piccola
città. Più volte aveva pensato di andarsene, ma
qualcosa lo tratteneva lì; come
se si sentisse in debito, come se avesse delle questioni in sospeso.
“Bastava
dirlo, non c’è bisogno di essere così
scontrosa”
regalò un ultimo sorriso sarcastico alle tre e poi le
lasciò sole.
“Era
proprio necessario?” Elena lanciò ad entrambe
uno sguardo di rimprovero.
“E’
tutta colpa sua” replicò Meredith “Se
non
avesse ucciso Zach, noi non avremmo dovuto mentire per
coprirlo” aggiunse
abbassando la voce.
“Forse
ho un po’ esagerato” ammise Caroline “Ma
…
sai … quando si comporta così, da stronzo
arrogante e menefreghista, mi fa
tornare in mente tutto quello che mi ha fatto e … beh, non
riesco proprio ad
essere gentile!”.
“Damon
è un vampiro, uno di quelli che
sanno come spegnere le emozioni. È imprevedibile
e tu troppo spesso te ne dimentichi” insinuò
Meredith.
“So
perfettamente chi è Damon Salvatore”
ribatté
Elena “So che ha fatto delle cose orribili, so che ne
potrebbe fare ancora, ma adesso sta
cercando di cambiare, di
trattenersi … ha dimostrato più di una volta di
tenere a noi”.
“Di
tenere a te,
Elena” la corresse Caroline “Sappiamo tutti che si
sta comportando bene solo
per te”.
“Ma
lo sta facendo!” sottolineò la bionda “E
a
volte penso che se cominciassimo a trattarlo meglio, forse sarebbe
tutto più
facile”.
Caroline
era pronta a rispondere, quando la porta
del Grill si aprì. Tyler Smallwood entrò nel
locale. Caroline fu lì per alzare
la mano e salutarlo, ma fermò il braccio a
mezz’aria. Con lui c’era una
ragazza.
Capelli
lunghi e neri, occhi chiari, alta e fisico
snello. Caroline arcuò le sopracciglia e attirò
l’attenzione delle amiche su i
due “E quella chi
è?” berciò.
Era
strano ritornare a scuola dopo tutto ciò che le era
accaduto. Pochi giorni erano trascorsi, ma vampiri, lupi mannari e
streghe
l’avevano allontana dalla realtà studentesca. Le
sembrava di non esserci più
abituata.
Quel
giorno il cielo era sereno, c’era un bel sole caldo;
non sembrava nemmeno di essere appena usciti dall’inverno.
Bonnie
se ne stava seduta sugli spalti ad assistere
all’allenamento della squadra di football. L’aveva
fatto solo per vedere
Christopher, altrimenti non avrebbe mai abbandonato il suo rifugio
sicuro.
Le
era stato molto d’aiuto, le aveva ricordato la parte
normale della sua vita e l’aveva spinta a combattere per
tenersela bene
stretta.
Non
le aveva fatto particolari discorsi d’incoraggiamento
(tutto il contrario), non l’aveva rimproverata per essersi
nascosta come una
bambina, era stato oltremodo comprensivo. Christopher non conosceva la
verità
sul conto di Bonnie, probabilmente aveva pensato che si trattasse di
uno dei soliti
problemi da diciottenni, niente di grave, ma era proprio ciò
di cui Bonnie
aveva bisogno.
Improvvisamente
le era venuta voglia di sentire l’aria
fresca sul viso, di stare tra i suoi coetanei, di uscire semplicemente
di casa.
Stefan
aveva fatto i salti di gioia quando gli aveva chiesto
di accompagnarla a scuola. Bonnie l’aveva subito smorzato
chiarendo che non
stava andando per lui ma per qualcun
altro, ma il vampiro l’aveva interpretato comunque
come un miglioramento.
Damon
non si era visto e Bonnie ne era stata ben felice. Non
voleva rovinarsi la giornata già di prima mattina.
Il
ritorno a scuola non era stato in ogni caso un idillio.
Bonnie era stata per conto suo quasi tutto il tempo e soprattutto aveva
cercato
di evitare le sue amiche.
Non
poteva dire di essere davvero arrabbiata con loro; si
erano ritrovate in una posizione scomoda: proteggere Stefan e non farla
soffrire.
Le
capiva. Come aveva capito Stefan quando aveva mentito per
Damon. Forse lei per prima avrebbe fatto la stessa cosa se i ruoli
fossero
stati invertiti.
Non
le sembrava, però, ancora il momento adatto per
chiarirsi; lei non poteva fare a meno di sentirsi ingannata e quindi
non
avrebbe potuto affrontare una tale discussione con la mente lucida.
Soprattutto
provava una grande disillusione e tristezza,
perché tutti, pur essendo combattuti, avevano scelto di
difendere Stefan e
Damon.
Era
come se nessuno le volesse sufficientemente bene da
prendere le sue difese, era come se non contasse abbastanza per tutti
loro, era
come tentare in tutti i modi di far parte di un puzzle già
completo. Così
maledettamente frustrante!
“Vuoi
un po’ di compagnia?” chiese una voce alla sua
sinistra.
“Matt!”
esclamò Bonnie “Non dovresti essere giù
in campo?”
gli domandò notando che non indossava la divisa da football.
“Sono
fermo per due settimane. Mi sono slogato il polso
mentre aiutavamo Tyler” le spiegò sedendosi
accanto a lei.
“Non
mi ero accorta che ti fossi fatto male” si
accigliò
Bonnie.
“Nemmeno
io. Sarà stata l’adrenalina o che so!”
si girò a
guardarla “In realtà volevo sapere come stavi
tu”.
“Magnificamente!”
rispose la rossa con sarcasmo “Sto solo
cercando di capire come mai è così facile
prendermi in giro. Sono una tale
stupida e ingenua!”.
“Non
sei una stupida” la rassicurò Matt “Ti
fidi delle persone
che ami. È una cosa buona”.
“Sì,
sarebbe meglio se non ricevessi in cambio bugie” si
lamentò Bonnie “Perché è
quello il peggio: che tutti mi abbiano raccontato
frottole. Soprattutto Stefan”.
Matt
sospirò “A volte la famiglia preferisce non dirti
certe
cose, perché pensa di farti soffrire inutilmente”.
“Loro
non sono la mia famiglia” lo contraddisse Bonnie
“Non
ti hanno raccontato la novità? Non sono una
Salvatore”.
“Sì,
Caroline mi ha accennato qualcosa … ma non posso dire
di averci capito molto” ammise Matt.
“Benvenuto
nel club” scherzò Bonnie “Se credevo che
vampiri
e lupi mannari fossero un’assurdità …
beh avrei dovuto aspettare questo!”.
Matt
rise con lei perché poteva capirla perfettamente.
Quando Stefan si era presentato da lui con una Caroline appena
trasformata e
desiderosa di sangue, aveva pensato che non avrebbe più
assistito ad una scena
così sconvolgente. Quanto si era sbagliato!
“Mi
dispiace davvero tanto” si scusò con voce sincera
“E’
anche colpa mia se hai scoperto così la verità su
tuo fratello. Avrei dovuto
dirtelo prima”.
“Non
ce l’ho con te, Matt” lo tranquillizzò
Bonnie “Prima
del week end scorso non ci siamo mai parlati molto. Non mi dovevi
niente”. La
ragazza s’intenerì all’istante cogliendo
lo scintillio di felicità passare per
gli occhi azzurri di Matt.
Le
dispiaceva non averlo scoperto prima come amico; avrebbe
potuto aiutarla molto; in fondo Matt era come lei, era stato costretto
ad
entrare nel mondo dei vampiri e l’aveva fatto solo per
affetto verso i suoi
amici.
“Sei
una ragazza a posto, Bonnie” la confortò lui
“E sono
certo che passerà. Devi solamente dargli un po’ di
tempo. Farai pace con Stefan
e sistemerai con Damon”.
Bonnie
annuì accondiscendente, convinta dalla prima ipotesi,
molto meno dalla seconda “Vorrei solo che non mi dessero per
scontata. Non
voglio essere sempre quella brava e buona; voglio fargliela pesare e tanto” aggiunse “Se
soltanto avessi il
coraggio di ... non so … non sono molto brava con le
vendette”.
“Senza
esagerare, ci sono tante cose che potresti fare”.
“Del
tipo?”.
“Ehi
Tyler!” chiamò Matt. La squadra stava facendo una
pausa
e il ragazzo in questione alzò la testa appena
sentì il suo nome “Puoi venire
qua un attimo?” gli chiese Matt. Tyler fece un cenno
d’assenso e si apprestò a
raggiungerli.
“Che
stai facendo?!” esclamò Bonnie.
“Fidati
di me. Lui è un genio in queste cose”.
“Ti
serve qualcosa, Matt?” domandò Tyler dopo aver
salutato
la ragazza.
“Oh
sì” confermò il biondo
“Bonnie mi stava giusto chiedendo
dei consigli per non farla passare liscia ai suoi zii …
senza ricorrere a
metodi estremi” precisò.
“Beh
è facile!” rispose Tyler posando il casco da
football
su uno dei gradini degli spalti “Devi solo fare leva sul loro
senso di colpa e saranno
ai tuoi piedi”.
Bonnie
alzò un sopracciglio un po’ scettica. Forse
avrebbe
funzionato con Stefan, ma Damon e senso
di colpa? No, decisamente fuori da ogni schema.
“Spiegati
meglio”.
“Immaginati
il solito quadretto familiare” approfondì Tyler
“Genitori e figli. Normalmente sono i figli a fare dei casini
e i genitori ad
arrabbiarsi, ma quando succede il contrario allora sì che le
cose si fanno
divertenti. Prima di tutto ti si senti autorizzato a fare tutto
ciò che prima
ti era proibito e i tuoi non si oppongono perché sanno di
aver sbagliato quindi
cercano di addolcirti. Poi puoi farti compare tutto quello che vuoi,
loro
farebbero di tutto per zittire il senso di colpa e credono che i regali
siano
la via più breve. Sei tu che hai il coltello dalla parte del
manico e loro non
possono dire niente”.
“E’
… mi sembra un po’ infantile”
obiettò Bonnie.
“Lo
è” confermò Matt “Ma
è anche estremamente divertente e
ti dà senso di potere”.
“La
tua è una situazione particolare”
proseguì Tyler “Vivi
con i tuoi zii. Uomini centenari intrappolati in corpi da adolescenti, con gli stessi impulsi” qui il
suo tono
divenne malizioso “Sei una ragazza attraente, Bonnie. Prova
ad andare in giro
per casa in intimo e li farai impazzire”.
“Sono
praticamente la loro nipotina!” si scandalizzò
Bonnie
“Non mi vedono in quel senso, non
potrei
mai attrarli in quel senso”.
“Non
siete davvero parenti” le fece notare Tyler “E poi
non
ti hanno nemmeno vista crescere. Te ne sei andata che eri una bambina e
sei
tornata quasi donna. In linea teorica non ci sarebbe nulla di male, ma
in
pratica sarebbe moralmente scorretto. Non ti possono toccare e
sarà una
seccatura immensa”.
Bonnie
spalancò la bocca incredula. Era una cosa malata e
senza senso! Ok, non erano effettivamente parenti, ma lei li aveva
sempre visti
come degli zii e loro come una nipote.
“No,
assolutamente no!” si oppose “Sei totalmente fuori
strada” gli assicurò “Aggiungiamoci pure
che Stefan è talmente preso da Elena
da non riuscire nemmeno a staccarle gli occhi di dosso!”.
“Forse
su Stefan hai ragione” convenne con lei Matt “Ma
non
ci scommetterei su Damon”.
Bonnie
si mise le mani nei capelli e abbassò la testa, non
volendo più ascoltare una parola. Si era appena alleata con
il Gatto e la Volpe
e se ne stava già pentendo.
Era
al centro di una stanza piuttosto grande, tutt’attorno
c’erano delle porte. Doveva trovarsi in un appartamento e
quello sembrava
l’ingresso. C’erano
un divanetto, un
tavolino e un appendiabiti nell’angolo. Le porte avevano la
cornice di legno e
il centro di vetro opaco e scanalato; non riusciva a vedere oltre, ma
di certo
davano su altre stanze. Provò a girare la maniglia di una,
ma era chiusa a
chiave. Fece la stessa cosa con tutte le altre e con orrore
scoprì che erano
tutte sigillate.
Venne
presa per un momento dal panico: era bloccata in una
stanza di un appartamento sconosciuto e da quello che poteva dedurre
era sola.
Poi un rumore alle sue spalle attirò la sua attenzione.
Si
voltò giusto in tempo per vedere un ragazzo chiudere una
delle porte. Bonnie poteva scorgere la sua figura attraverso il vetro.
Aggrottò
la fronte, sicura di averlo riconosciuto: era
Damon. Perché era lì?
Si
diresse verso la porta e l’aprì ritrovandosi in
una
camera da letto, ma del vampiro neanche l’ombra. Bonnie
iniziò a stranirsi.
Controllò ovunque: nell’armadio, sotto al letto.
Niente.
Ritornò
nell’entrata e ritentò con tutte le altre porte:
questa volta si aprirono. Portavano sempre in altre stanze, tutte
vuote.
L’ultima rivelò un corridoio lunghissimo che non
pareva nemmeno fare parte
della casa. Non poteva vederne la fine e le diede la nausea quel senso
di
infinito.
Damon
era scomparso e quella era l’unica via per
allontanarsi. Bonnie decise di percorrerla. Sapeva di essere ancora
furiosa con
lui; in realtà non voleva parlargli, ma sentiva che qualcosa
non andava.
Il
suo sesto di ragazza o di strega le stava dicendo che
avrebbe dovuto andare a cercarlo. S’incamminò
lungo il corridoio chiamando a
gran voce il vampiro.
Nessuno
rispondeva e Bonnie iniziò a preoccuparsi
seriamente. Aveva già sperimentato quel tipo di angoscia;
ricordi confusi le
venivano in mente: un altro corridoio costeggiato da vetrate, una
prigione
surreale, Damon in catene*.
“Damon!”
urlò aumentando il passo.
La
prima volta l’aveva trovato, ma ebbe la sensazione che
non sarebbe stata più così fortunata. Ma
perché aveva tanta paura? Che senso
aveva tutto quello?
Probabilmente
Damon era semplicemente andato da qualche
parte a divertirsi, mentre lei si stava crogiolando nella
preoccupazione senza
averne un motivo ben preciso.
Avrebbe
dovuto essere tutta contenta di non avere Damon tra
i piedi, giusto?
Continuò
a camminare fino a che non s’imbatté in un
ragazzo.
Non l’aveva mai visto prima, non sapeva proprio riconoscerlo.
Decise di non
prestargli attenzione e di attraversare l’ennesima porta che
era comparsa alle
sue spalle.
Oltrepassò
il ragazzo ma venne bloccata per un braccio. Si
voltò e strattonò il polso
“Lasciami”.
“Se
n’è andato” le disse quello liberandola
dalla sua presa.
“Non
so di che parli” fece per proseguire, ma il ragazzo le
si parò di fronte.
“Si
può sapere chi sei?!” chiese Bonnie indispettita.
“Se
n’è andato e non tornerà”.
La
situazione iniziava a farsi decisamente strana e Bonnie
fece qualche passo indietro “Smettila!”
ordinò con voce incrinata “Devo solo
attraversare quella porta e …”.
“E
non troverai niente” la interruppe lui “Non lo
troverai
mai più”.
“No”
lo contraddisse
Bonnie scuotendo decisa la testa.
“Non
tornerà indietro. Ti ha abbandonata”.
Bonnie
stentava a credere alle proprie orecchie. Era come se
tutti i suoi sospetti si fossero rivelati fondati. Dal momento in cui
l’aveva
visto sparire dietro la porta, aveva percepito un vuoto allo stomaco,
aveva
capito che qualcosa mancava, aveva temuto che fosse una cosa definitiva.
E
si era inoltrata in quel corridoio alla cieca, sperando
con tutta se stessa di rivederlo. D’un tratto si era resa
conto che per quanto
lo detestasse, non sarebbe riuscita a vivere senza di lui. Non era
pronta.
Forse un giorno l’avrebbe cacciato via dalla sua vita, ma
quel giorno non era
ancora vicino.
Perché
si doveva sentire in quel modo? No, no, era tutto
sbagliato.
Damon
aveva ucciso suo fratello, non le sarebbe dovuto
mancare e lei non avrebbe dovuto rivolerlo indietro.
“Fammi
passare” sentenziò rivolta a quel ragazzo. Damon
non
se n’era andato veramente; non l’avrebbe mai
lasciata senza preavviso, senza
salutare.
“Credevi
che sarebbe rimasto con te per sempre? Credevi di
valere qualcosa per lui?” la derise quel ragazzo.
“Chi
sei tu? Cosa ne vuoi sapere! Spostati”.
“Lo
conosco molto meglio di te e devi prendermi sulla parola
quando ti dico che non gli è mai importato niente di te. Ti
ha protetto solo
per via della promessa fatta a tua madre, ma ora è libero di
andare e non
cambierà idea”.
Bonnie
lo guardava raccapricciata “Dimmi chi sei”.
“Sai
che ti sto dicendo la verità, Bonnie”
mormorò quel
ragazzo “Perché io sono la sua parte
più nascosta”.
Bonnie
si artigliò al cuscino mentre un tremito le scuoteva
le gambe.
Quanto
odiava quegli incubi! A parte il fatto che le
impedivano di dormire sonni tranquilli, le mettevano anche in testa una
confusione
assurda.
Probabilmente
era la sua mente a giocarle dei brutti
scherzi; con tutto quello che stava accadendo, sentiva lo stress
accumularsi e
si ripercuoteva anche sui suoi sogni. Realizzò con gran
stupore che tutti i
sentimenti di vuoto, ansia e mancanza, era spariti non appena aveva
aperto gli
occhi.
Questo
la rincuorò. Per un attimo aveva temuto di essere
ritornata la ragazzina che aveva un bisogno disperato di Damon. Si
sarebbe data
della stupida, altrimenti. Si sarebbe sentita debole e infantile.
Il
vampiro l’aveva ferita in ogni modo possibile, non
meritava nemmeno un po’ di comprensione e nemmeno tutta
quella pena che aveva
provato nel sogno.
Certo,
Damon l’aveva salvata quando era piccola, ma solo per
una promessa fatta ad una donna in punto di morte; le aveva dato una
famiglia,
ma gliel’aveva tolta brutalmente. In definitiva
l’aveva protetta per motivi
totalmente egoistici.
Non
provava affetto per lei, quindi perché lei avrebbe
dovuto provarlo per lui?
Aveva
fatto di tutto per capirlo, per stargli vicino, gli
aveva concesso infinite possibilità per essere onesto, per
dimostrare di voler
davvero sistemare le cose e lui se n’era stato sempre zitto.
Si era nascosto
dietro le spalle di Stefan.
Bonnie,
però, conosceva i suoi punti deboli, sapeva come
farlo soffrire, ma aveva deciso di trattenersi. Doveva mostrare di
essere
superiore, di non godere nell’infliggere pene ad altri. Lei non era un mostro.
Si
sarebbe solo presa delle piccole rivincite. Damon aveva
voluto prendersi l’impegno di occuparsi di
un’adolescente? Bonnie gli avrebbe
fatto vedere cosa significava veramente aver a che fare con
un’adolescente!
Il
mattino dopo si svegliò verso le dieci, ma decise di
prendersela con comodo. Rimase nel letto a riposare, poi si
andò a lavare e
vestire. Scese in cucina per fare colazione e si rese conto di essere
sola in
casa.
Perfetto!
Era proprio ciò che le serviva.
Si
rigirò il cellulare tra le mani per un po’,
indecisa sul
da farsi. Inizialmente aveva pensato di chiamare Matt; in fondo
l’idea era
stata sua e si meritava un po’ di divertimento, ma Bonnie non
aveva molta
voglia di trascorrere del tempo con lui. Il ragazzo conosceva tutto
ciò che la
riguardava e sarebbero di certo finiti a parlare ancora una volta di
Damon e di
tutto il resto.
No,
Bonnie aveva bisogno di svagarsi, di chiudere
momentaneamente con il paranormale e di concentrarsi su se stessa.
Si
chiese: che cosa l’avrebbe resa davvero felice?.
Con
un sorriso abbastanza soddisfatto, afferrò le chiavi
della macchina dal tavolino all’ingresso e compose un numero
sul telefonino.
“Ehi,
Chris!” lo salutò uscendo di casa “Hai
qualcosa da
fare oggi?”.
Gioì
nel sentire che il ragazzo era libero per tutto il
giorno “Sai, volevo fare un giro e mi chiedevo se avessi
voglia di
accompagnarmi …”.
Christopher
accettò e si offrì di passare a prenderla, ma
Bonnie rifiutò.
“Non
preoccuparti, vengo io” disse mentre alzava la
basculante del garage. Strinse con possessività le chiavi
dell’auto “Sei mai
stato su una Ferrari?”.
Non
era felice. Non lo era mai stato; fin dalla sua
infanzia, per tutta la sua vita, per tutta
l’eternità.
Si
divertiva, se la spassava, aveva possibilità che la
maggior parte delle persone non sognava nemmeno di avere.
Ma
la felicità? Quella per lui non esisteva.
Damon
valutò che dopo tutti quei secoli avrebbe dovuto
essersi abituato e invece giorno dopo giorno si sentiva sempre
più miserabile.
Quello
che gli aveva detto Caroline lo aveva … colpito?
Sì, lo aveva segnato. Nessuno
lo voleva a Fell’s Church. Lo odiavano tutti, lo ritenevano
un pericolo,
qualcuno da cui stare lontani.
Tutti
loro sarebbe morti l’uno per l’altro, tranne che
per
lui; perché non se lo meritava. Damon non era degno di
niente e ne era ben
consapevole.
Aveva
fallito con ogni persona che era entrata nella sua
vita: con suo padre, con Stefan, con Katherine, con Elena.
Quella
ragazza gli aveva fatto provare sentimenti che non
credeva potesse ancora possedere; e invece erano lì,
nascosti sotto strati di
pietra, e lei era stata capace di farli riemergere.
Ad
Elena stava a cuore Damon, questo era certo; ma non lo
avrebbe mai amato quanto amava Stefan e quel pensiero uccideva il
più grande
dei Salvatore e non faceva altro che aumentare la sua
infelicità.
Ma
in quel momento, quello non rappresentava la sua
preoccupazione più urgente; dopo aver ascoltato le parole di
Caroline, infatti,
una ragazza aveva occupato la sua mente e non
era Elena.
Già,
perché Damon, più di tutti, aveva deluso Bonnie.
Bonnie;
l’unica che gli aveva voluto bene
incondizionatamente fin dall’inizio e non aveva mai smesso,
anche quando lui
aveva fatto di tutto per mortificarla. E ora quel bene si era
trasformato in
disprezzo.
Lei
non lo voleva a Fell’s Church, lei non lo voleva nella
sua vita e quello … quello lo rendeva estremamente infelice.
Damon
Salvatore, però, non era mai stato il tipo da
piangersi addosso. Come aveva già ribadito più
volte: non poteva mandare
indietro l’orologio e rimediare a tutti i suoi errori; tanto
valeva dunque
mettersi il cuore in pace e cercare di accettare la nuova
realtà.
E
la realtà era solo una: aveva perso Bonnie e forse non
sarebbe mai stato in grado di riaverla indietro.
Stava
male? Sì.
Lo
avrebbe mostrato? No.
Damon
non poteva permetterselo, perché avrebbe significato
rendersi vulnerabile
al mondo, palesare
i suoi sentimenti e quindi ammettere la sua umanità.
MAI.
Era,
oltre tutto, necessario. Damon rappresentava l’unico
capace di gestire al meglio le situazioni pericolose, era quello che
avrebbe
salvato tutti. Di ciò ne aveva la certezza.
Non
si trattava di superbia, ma era proprio un dato di
fatto.
Damon
era scaltro, studiava il nemico, interpretava le sue
mosse ed era sempre un passo avanti. Si era abituato a cavarsela da
solo ed era
diventato estremamente abile ad arrangiarsi.
Si
sentiva in parte responsabile per quei piccoli umani,
sentiva di essere il loro pilastro; sarebbero andati a fondo senza di
lui.
Suo
fratello aveva bisogno di lui per salvare Elena e Damon
voleva disperatamente proteggerla.
Non
poteva farsi sopraffare da vari sensi di colpa e
rimpianti, perché non gli avrebbero permesso di pensare
chiaramente e
soprattutto gli avrebbero tolto la credibilità.
Lui
era un vampiro, vero.
Il rimorso non apparteneva alla sua razza. O almeno questo
era ciò che gli
altri dovevano credere.
Perciò
scacciò via quell’attimo di debolezza e decise di
indossare la sua maschera di perfetta indifferenza. Di tornare
ad indossarla.
In
fondo non si era sempre trattato di portare una maschera?
Avvertì
il cellulare vibrargli nella tasca. Roteò gli occhi
quando vide che il mittente era Stefan.
“Dimmi
fratellino”.
“Dove
sei?”.
“Di
fronte a casa del lupo. Lo sto controllando”.
“Vieni
subito verso l’Old Wood” gli intimò
Stefan piuttosto
agitato.
“Cosa
c’è? Ti serve una mano per cacciare i
conigli?”.
“No!”
negò Stefan “Si tratta di Bonnie”.
Damon
si tese all’istante “Sta bene?”.
“Lei
sì” lo tranquillizzò il fratello
“La tua macchina un
po’ meno”.
Damon
se possibile sbiancò terribilmente. Chiuse la chiamata
e si fiondò lungo la strada per il bosco come gli aveva
detto Stefan.
Da
lontano poteva distinguere una voltante della polizia,
alcune persone intorno a qualcosa e suo fratello un po’ in
disparte.
Avvicinandosi
meglio capì che cosa aveva attirato i due
poliziotti: ed eccola là, con il cofano spalmato contro il
guardrail, la sua
Ferrari nera.
Damon
percepì una sorta d’irritazione mista rabbia
salirgli
dallo stomaco mentre identificava gli autori di quel delitto.
Ed
ebbe la netta impressione che qualcuno avrebbe perso la
testa!
Stefan
gli andò incontro piazzandosi davanti forse per
impedirgli di saltare alla gola del primo mal capitato
“Damon” lo ammonì.
“La
mia bambina!” balbettò il vampiro in preda alla
collera
“Ha ucciso la mia bambina!”.
“Non
potresti essere contento che Bonnie non si sia fatta
neanche un graffio” gli disse Stefan con chiaro tono polemico.
“Uh,
a questo posso rimediare io! Stanne certo” gli assicuro
con voce tutt’altro che tranquilla, poi lo
oltrepassò volgendo tutta la sua
attenzione alle altre quattro persone intorno alla macchina. I due
poliziotti,
Bonnie e Justin Bieber.
“Chissà
perché non mi sorprende che tu sia coinvolto” lo
fulminò come un padre nei confronti del ragazzo
irresponsabile della figlia.
“E’
sua quest’auto, signore?”
s’informò uno dei due
poliziotti.
“Sì”
annuì Damon tagliente, guardando dritto negli occhi
Bonnie che non piegò la testa ma parve quasi sfidarlo
“Cos’è successo?”.
“Sembra
che la ragazza qui abbia perso il controllo del
volante” spiegò lo stesso poliziotto
“Queste non sono macchine per
adolescenti”.
Damon
vi lesse una chiara critica. Quell’uomo lo stava giudicando
per il modo in cui Bonnie era stata educata. Quell’insulsa
pulce umana!
“Ok,
è chiaro che mio fratello non esporrà
denuncia”
s’intromise Stefan per calmare gli animi.
Ah
no? Gli
parlò con la mente Damon. In
realtà ci stavo facendo un pensierino.
Non
essere ridicolo. Gli
rispose Stefan “Quindi chiamate
pure il carro attrezzi e fatela portare in carrozzeria”
continuò “Bonnie
torniamo a casa”.
Entrambi
i ragazzi si mossero verso la Jaguar del vampiro,
ma Christopher venne fermato dalla voce di Damon “Non mi pare
che abbia
chiamato anche te”.
Bonnie
indurì lo sguardo e serrò la mascella. Avrebbe
voluto
urlare addosso a Damon ma si trattenne. Aveva deciso
d’ignorarlo, di farlo
sentire un insetto, nemmeno degno della sua voce.
Gli
diede le spalle e si girò verso Christopher “Mi
dispiace”.
“Non
preoccuparti. Mi faccio venire a prendere dai miei” la
rassicurò.
“Penserai
che sono una pazza” s’imbarazzò Bonnie.
“Per
cosa? Per aver lanciato spontaneamente una macchina del
genere contro al guardrail? Perché dovrei darti della
pazza?!” ironizzò Chris.
“Lanciato!
Non esagerare” cercò di sminuire Bonnie
“Non
andavo nemmeno a dieci allora. Volevo solo che il cofano si
accartocciasse un
po’ ”.
“Devi
odiare proprio tuo zio per avergli fracassato l’auto
in quel modo” suppose il ragazzo ancora stupito dal gesto
della rossa.
“Ho
paio di ragioni dalla
mia parte” rispose criptica “Ci
vediamo lunedì a scuola, ok?” lo salutò
lasciandogli un lento e dolce bacio sulla guancia, poi si
affrettò a salire in
macchina.
Non
poté non notare l’occhiata di fuoco che Damon le
mandò
attraverso lo specchietto retrovisore. Bonnie sorrise soddisfatta
perché era
proprio l’effetto desiderato.
Aveva
sperato con tutto il cuore che Chris accennasse al
fatto che quello non fosse stato un incidente. Era certa che sia Stefan
che
Damon con il loro superudito avrebbero ascoltato.
Era
solamente un piccola vendetta, una piccola soddisfazione
personale, niente di che, ma le aveva lasciato un senso appagamento
immenso.
Aveva
tutto il diritto di comportarsi come le pareva e loro
non potevano farle niente, perché sapevano di essere in
torto.
Per
cui la mattina dopo, pur consapevole di aver combinato
un bel guaio, non ebbe remore nell’avanzare una richiesta un
po’ sfacciata.
“Voglio
una macchina” esordì entrando in cucina ancora in
pigiama.
Damon
si stava rifornendo della sua razione giornaliera di
sangue e per poco la tazza non gli cadde dalle mani “Sta
scherzando?!” esclamò
in direzione di Stefan “Sta scherzando, vero?”
ripeté sempre più allibito.
Stefan
per una volta si trovava in pieno accordo con il
fratello, ma sapeva anche che non accontentare Bonnie non sarebbe stata
la
soluzione.
Quello
era il suo modo di fargliela pagare e forse, se loro
si fossero mostrati più comprensivi, avrebbero risolto
più in fretta i loro
problemi.
“Mi
sembra giusto” le disse.
“Tu
sei più matto di lei!” scoppiò Damon
“Ha appena spalmato
una macchina da centinaia di migliaia di dollari, la mia
macchina, contro un muro e tu cosa fai? Gliene compri
un’altra?”.
“Almeno
non dovrà più chiederla a noi” rispose
Stefan.
“Quando
mai ce l’ha chiesta! Di solito se la prende e
basta!” continuò il vampiro assolutamente
contrario a soddisfare questo nuovo
capriccio.
Preferisci
che vada
avanti ad odiarti per il resto della sua vita? gli
chiese telepaticamente Stefan.
Mi
odierà lo stesso, con
o senza auto. Non è l’auto il problema, Stefan.
Queste
sono le uniche
occasioni in cui possiamo starle vicino. Vuoi sprecarle così?
Damon
sbuffò e non replicò. Stefan
interpretò quel silenzio
come una resa, perciò si rivolse a Bonnie “Ti
accompagno domani dal
concessionario, va bene?”.
La
ragazza mugugnò qualcosa in assenso mentre prendeva una
grossa cucchiaiata di cereali con il latte.
Stefan
sorrise impercettibilmente e uscì dalla cucina,
sperando che i due approfittassero di quel momento soli per scambiare
due
parole civilmente.
Damon,
però, non appariva per niente disposto a lasciar
correre. L’atteggiamento di Bonnie lo mandava in bestia; non
si stava
comportando da ragazza ferita ma da mocciosa viziata.
Avrebbe
preferito che fosse rimasta in camera sua a
piangere, che avesse mostrato qualche segno di cedimento e non che si
preoccupasse
di stupidate superficiali come la macchina. Quella non sembrava
più la sua
Bonnie.
“Potrai
aver raggirato Stefan con questa messinscena, ma non
credere di fregare me” affermò “Non
m’interessa se è una specie di ripicca, non
m’interessa se credi di poter ottenere qualcosa in questo
modo. So
perfettamente che non te ne frega niente della macchina, so che
vorresti solo
vedermi morto, quindi smettila di comportarti come una bambina
spocchiosa e
reagisci”.
Bonnie
aumentò la presa sul manico della tazza. Non badò
nemmeno alla faccia tosta di Damon, lui che avrebbe solo dovuto tacere
e
vergognarsi, ma si sentì punta sul vivo. Continuò
a fissare un punto sul
pavimento.
Quel
gesto non fece altro che aumentare l’irritazione di
Damon; in un attimo fu davanti a lei e le prese il mento tra le dita
obbligandola ad alzare il volto “E guardami in faccia quando
ti parlo” le
sibilò.
Il
vampiro si pentì subito di quella mossa. Bonnie
scattò
indietro fulminea, la tazza le cadde dalle mani e volò a
terra, in frantumi con
tutto il latte e i cereali.
La
ragazza si aggrappò al piano della cucina dietro di lei,
impaurita come poche volte nella vita e fissò
l’uomo davanti a lei come un
cerbiatto braccato dal lupo.
Damon
si maledisse per la sua avventatezza. Avrebbe dovuto
essere più delicato, più cauto perché
Bonnie, sebbene tentasse di non darlo a
vedere, era ancora tremendamente scossa e spaventata da lui.
Il
vampiro non provò neppure a fermarla quando la vide
scappare via dalla cucina. Ottimo lavoro,
Salvatore, tu sì che sai come mandare tutto a puttane.
Bonnie,
intanto, chiuse con una botta la porta di camera sua
e ci si appoggiò cercando di calmare il respiro.
Damon
le aveva messo addosso una dannata paura. La ragazza
chiuse gli occhi stravolta; non avrebbe dovuto permettergli di
controllarla
così, ma il vampiro aveva il potere di farle
quell’effetto. Non poteva evitare
si esserne spaventata, non dopo aver scoperto che per lui non
esistevano
limiti.
Per
tutta quella settimana aveva finto di essersi un po’
ripresa, si era riempita la testa per non pensare a Zach e ai suoi
genitori, ma
sembrava quasi che Damon fosse lì per ricordarle tutto il
male che doveva
patire.
Ammetteva
anche lei di essersi fissata su quelle ripicche
infantili che non l’avrebbero portata da nessuna parte, ma
l’aiutavano a
sentirsi più normale, come tutti gli adolescenti con
problemi familiare;
attenuavano il suo dolore e Bonnie aveva bisogno di provare meno male.
Damon
come al solito aveva la capacità di riportarla
giù nel
baratro, ma Bonnie si ripromise di non permettergli più quel
lusso. Non
meritava le sue lacrime, non meritava di vederla piangere per colpa
sua; quindi
trattenne i singhiozzi.
Doveva
migliorare, doveva solo continuare a ripetersi di
stare bene.
Io
sto bene, sto bene …
sto bene, sto bene, sto be …
“Mi
stai prendendo per il culo?” fu il primo commento di
Damon quando qualche giorno dopo vide una BMW nuova fiammante
parcheggiata in
cortile “La prossima volta intanto che ci sei comprale un
Jet”.
“Che
altro ti aspettavi?” gli rispose Stefan “Io ho una
Jaguar e tu una Ferrari”.
“Correzione:
avevo una Ferrari. La ragazzina me l’ha
distrutta, di proposito”
ci tenne a
sottolineare ritenendolo un fatto molto rilevante.
“Io
ringrazierei che non ti abbia ancora ucciso nel sonno”
lo sbeffeggiò Stefan.
“Io
ringrazierò quando ucciderà te
nel sonno” rigirò la frase Damon.
Stefan
non si diede nemmeno la pena di controbattere; suo
fratello si sarebbe cucito la bocca piuttosto che affrontare
l’argomento
‘Bonnie arrabbiata e in modalità
vendicativa’.
In
ogni caso non ci sarebbe stato nemmeno il tempo per
cominciare quel discorso; Elena entrò nel Pensionato un
attimo dopo, chiedendo
di chi fosse la macchina nuova ferma lì fuori. Damon
alzò gli occhi al cielo
per il pessimo tempismo.
“Amore”
esordì Stefan baciandola “Che cosa ci fai
qui?”.
“Caroline
mi ha mandato un messaggio. Mi ha detto di venire
subito qui, perché ha delle novità”.
Fantastico!
Pensò
Damon seccato. Adesso organizzano riunioni in
casa mia e
nemmeno mi avvertono.
“Dovremo
aprire un centro congressi, fratellino” ironizzò
mentre lasciava i due piccioncini a sbaciucchiarsi. Si diresse nel
salone e
cercò una bottiglia di liquore. Bonnie aveva ormai smesso di
buttare via
l’alcool. Era totalmente disinteressata alla sua vita e Damon
non poteva
biasimarla.
“Stai
bene?”.
Il
vampiro si voltò per incontrare gli occhi color cielo di
Elena.
“E’
una domanda a trabocchetto?”.
“No,
volevo solo sapere come stavi” gli confidò lei
“L’altro
giorno mi è sembrato che le parole di Caroline ti abbiamo
ferito”.
Damon
si ritrovò a sorriderle dolcemente, come non aveva mai
fatto “Non preoccuparti per me, principessa”
mormorò “Per ferirmi ci vuole ben
altro”.
Tipo
una ragazza che
rifugge ogni contatto con te. Non
seppe dire nemmeno lui come mai l’immagine di Bonnie,
che si ritraeva quasi schifata al suo tocco, gli si parò
davanti agli occhi, ma
seppe affermare con certezza che quello lo aveva ferito.
“Nessuno
di noi ti vuole lontano da Fell’s Church”
continuò
Elena.
“Già”
ghignò lui “Scusami se non ti credo”.
“Io non ti voglio
lontano da Fell’s Church” precisò la
ragazza “Ci tengo a te e non mi va di
vederti stare male”.
Damon
istintivamente trattenne il fiato, pur non avendone
bisogno, ma era una reazione naturale. Ogni volta che Elena gli parlava
in quel
modo, gli sembrava di poter di nuovo sentire il cuore battere.
Ma
l’euforia scemò con la stessa fretta con cui era
salita.
Stefan era nella stanza lì accanto; era lui l’uomo
della vita di Elena e Damon
avrebbe fatto bene a ricordarselo senza farsi strane illusioni.
“Ragazzi
non avete idea di cosa ho scoperto!!” Caroline
irruppe nella stanza, seguita da Stefan.
“Non
sto nella pelle” borbottò Damon buttandosi sul
divano.
“Elena,
ti ricordi quella ragazza che era con Tyler al
Grill?”.
La
bionda annuì.
“E’
un lupo mannaro” rivelò l’amica.
I
tre sgranarono gli occhi e si guardarono a vicenda
sorpresi “Come fai ad esserne certa?”
incalzò Elena.
“L’ho
drogata con la strozza- lupo” confessò
l’altra.
“Caroline!”.
“Che
c’è! In questa città ne succedono di
tutti colori: con
Katherine, Klaus, questi nuovi lupi mannari e poi …
improvvisamente Tyler si
presenta al Grill con una mora tutta gambe? Io non ci casco!”.
“Brava,
Baby Vamp!!” esultò Damon alzandosi di scatto
“Sapevo che doveva esserci un po’ di stronzaggine
vampiresca in quelle vene. E
dov’è ora?”.
“A
casa mia, chiusa in cantina” disse lei “Mia mamma
è via
fino a domani sera, quindi abbiamo tutto il tempo
d’interrogarla”.
“Andate
voi” li incitò Stefan “Io devo fare una
cosa con
Sissi. Ho avuto un’idea su come farla stare meglio”.
“Non
vuoi andare con lui Damon?” gli suggerì Elena
spingendolo ad avvicinarsi a Bonnie per riappacificarsi.
“Neanche
per idea!” si sottrasse il vampiro “Cedo volentieri
l’adolescente schizzata al mio fratellino”.
Stefan
non se la prese minimamente per le parole di Damon,
anzi lo osservò quasi sollevato andarsene via con le due
ragazze.
Era
una cosa che voleva fare da solo perché sapeva che suo
fratello maggiore non avrebbe approvato; inoltre Bonnie non sarebbe
stata
contenta di passare del tempo con Damon e con molte
probabilità si sarebbe
rifiutata di seguirlo.
La
prima domanda, infatti, che la ragazza pose fu proprio
riguardo a Damon; voleva essere sicura di starli lontano.
Saputo,
poi, che sarebbero stati soltanto lei e Stefan,
accettò di salire in macchina con lui anche se con qualche
rimostranza.
“Si
può sapere dove stiamo andando?” chiese
infastidita per
l’ennesima volta guardando fuori dal finestrino
“Perché siamo in campagna?”.
“Il
posto in cui voglio portarti è fuori città, ma ci
siamo
quasi, cinque minuti al massimo” le promise Stefan.
“Di
cosa si tratta?” insistette lei.
“Bonnie,
so che non vuoi parlare di quello che è accaduto, ma
c’è una cosa che devi sopportare”
incominciò Stefan “Tu sei una strega e non
puoi cambiarlo. Hai bisogno di fare pratica, devi imparare a gestire il
tuo
Potere”.
“E
se io non volessi?”.
“Devi
farlo per te stessa” tentò di convincerla
“Se è vero
che Klaus arriverà a Fell’s Church, saremo tutti
in grave pericolo. Tu possiedi
una magia fuori dal comune e se saprai usarla, potrai
proteggerti”.
“O
potrò proteggere Elena?” insinuò la
rossa con una nota
ambigua.
“Che
tu ci creda o no, sto facendo tutto questo solamente
per te” dichiarò Stefan mentre
parcheggiava la Jaguar in un vialetto di una casetta di periferia.
Scese
dall’auto e Bonnie lo imitò.
“Io
e Damon non siamo esperti di incantesimi. Noi vampiri
non andiamo molto d’accordo con le streghe”
chiarì Stefan dirigendosi verso la
porta.
“Ma
non mi dire!” commentò con sarcasmo la ragazza
appoggiandosi al muro di quella casa con fare annoiato
“Comunque non ho ancora
capito dove vuoi arrivare”.
“Ho
semplicemente pensato che ti servisse un po’ di
aiuto”
le disse bussando.
Poco
dopo un’anziana signora aprì con un sorriso a
trentadue
denti “Credevo non sareste mai arrivati”
trillò “Tu devi essere Bonnie”.
La
rossa annuì allungando la mano per stringerla alla
signora.
“Io sono
Teophilia Flowers”.
“I am not a child
now
I can take care of myself
I mustn't let them down now
Mustn't let them see me cry
I'm fine, I'm fine”
(I’ll
try- dal film Peter Pan 2:
ritorno all’Isola Che Non C’è).
Il
mio spazio:
Buona
sera a tutti!! Eccomi qua con il mio aggiornamento
bisettimanale!
Ammetto
di non ritenerlo il mio pezzo migliore,
non scrivere di Damon e Bonnie insieme mi uccide e forse si nota! Ahah
Non
ho molte precisazioni da fare. È un altro
capitolo un po’ di passaggio, sempre per spiegare come Bonnie
stia reagendo.
I
nostri eroi hanno catturato una dei lupi mannari
e chissà se riusciranno a scoprire qualcosa!
E
poi Bonnie incontra una strega che potrebbe
aiutarla a capire il suo Potere. Mrs Flowers! Sarà anche lei
una guest star, un
po’ come Sage; non ho davvero la capacità di
aggiungere un altro personaggio principale,
ma il suo lavoro sarà essenziale per la crescita della rossa
come strega.
Nel
prossimo capitolo mi concentrerò parecchio
sulla sua relazione con Christopher, spero che non mi ucciderete! =)
Ho
una notizia per tutte voi fan di Bonnie. Dato che
si avvicina l’uscita del prossimo libro del Diario del
Vampiro, sono andata in
cerca di un po’ di informazioni e ho trovato sulla pagina in
inglese di
Wikipedia una lettera scritta dalla Smith in cui vengono spiegate tutte
le sue
idee per Moonsong. Visto che, purtroppo, lei non è
più l’autrice del libro, c’è
la possibilità che non vengano utilizzate; ma spero
fermamente che il ghost
writer le terrà in
considerazione. Sono davvero
delle buone idee e non solo su Bonnie e Damon, ma su tutti.
Perciò se avete
voglia di qualche spoiler, andate a dare un’occhiata =)
Ringrazio
tutti voi che sostenete questa storia;
VI ADORO!!! E stasera o domani risponderò alle vostre
magnifiche recensioni!
Alla
prossima,
Fran!
*Mi
riferisco all’altro sogno che Bonnie ha avuto.
|
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Capitolo 21 *** Let the rain come down and wash away my tears ***
Ashes &Wine
Capitolo vent’uno: Let the rain come
down
and wash away my tears.
“I knew I'd
make it through
And the world thought I had it all
But I was waiting for you
Hush Now
I see a light in the sky
Oh, it's almost blinding me
I can't believe
I've been touched by an angel with love
Let the rain come down and wash away my
tears
Let it fill my soul and drown my fears”
(A new day has
come- Celine Dion).
Erano
passate due settimane da quando Stefan aveva portato
Bonnie dalla signora Flowers.
La
ragazza era scappata non appena aveva scoperto che quella
gentile vecchietta era una strega e che voleva iniziarla alle arti
magiche.
Ma
il giorno dopo aveva chiesto a Stefan di riaccompagnarla
là. Si era convinta che fosse la decisione migliore
Bonnie
si era scoperta curiosa di queste sue nuove capacità.
Era giunta alla conclusione che ormai quella era la sua nuova vita e
non
avrebbe più potuto lasciarsela alle spalle.
Se
voleva riacquistare un minimo di serenità, se voleva
davvero riprendere il controllo, doveva smetterla di piangersi addosso
e
mostrare di sapersi rialzare e tornare più forte di prima.
La
signora Flowers si era rivelata una fantastica
insegnante. Era una persona empatica, aveva capito subito lo stato
d’animo di
Bonnie e si era adeguata. Avevano passato la prima settimana a parlare,
soltanto a parlare. Bonnie aveva spiegato tutto ciò che le
era successo da
quando aveva lasciato l’Italia. La signora Flowers sosteneva
che solo in questo
modo la ragazza avrebbe potuto usufruire appieno dei suoi Poteri,
perché dirlo
ad alta voce costituiva sempre un fattore di accettazione,
indispensabile per
entrare in contatto con la propria magia.
Nei
giorni successivi, poi, l’anziana le aveva spiegato in
che cosa consisteva il suo Potere e Bonnie non credeva di aver mai
sentito
niente di più affascinante.
Se
fosse riuscita a sviluppare quel Potere che possedeva
solo lei, sarebbe stata al di sopra di qualsiasi forza, sarebbe stata
sempre al
sicuro; nessuno l’avrebbe più ferita. Controllare
la mente era una possibilità
molto allettante, ma allo stesso tempo le incuteva timore. Se tutto
ciò le avesse
dato alla testa? Se l’avesse trasformata in una donna tanto
superba da
ritenersi invincibile?
Aveva
più volte espresso le sue paure alla signora Flowers
che l’aveva sempre rassicurata. Una creatura pura di cuore
come Bonnie non
avrebbe mai potuto corrompersi e abusare della sua magia. Inoltre le
streghe
erano serve della natura, avevano un istinto innato nel riconoscere
ciò che era
sbagliato e ciò che era giusto. In passato erano esistite
streghe malvagie, ma
non era il caso di Bonnie; l’anziana lo poteva percepire.
Così
da due settimane a quella parte, Bonnie spendeva la
maggior parte del suo tempo tra compiti, scuola e esercizi per la
mente.
Avrebbe ancora dovuto aspettare un po’ per compiere i primi
incantesimi.
In
quei giorni, però, era successo ben altro. Christopher.
Era accaduto Christopher. E Bonnie si sentiva su di giri ogni volta che
pensava
a lui.
Soprattutto
dopo il loro primo bacio.
“Sei
sicura che i tuo zii
non si arrabbieranno?” le chiese il ragazzo “Voglio
dire … è piuttosto tardi”.
“Non
preoccuparti, non ho
il coprifuoco” gli assicurò Bonnie
“Almeno non più”.
“Più
che altro mi
spaventa Damon” ammise con un po’
d’imbarazzo lui “Non credo di piacergli”.
“Grazie
a Dio, non è a
lui che devi piacere” gli fece notare Bonnie con uno sguardo
eloquente
“Comunque vorrei sapere dove mi stai portando”.
“Suono
banale se ti dico
che è una sorpresa?”.
Bonnie
alzò le spalle “Me
l’aspettavo”. Appoggiò la testa al
finestrino e osservò il paesaggio passarle
davanti agli occhi troppo velocemente per riuscire a vedere veramente
qualche
cosa. La macchina procedette lungo dei tornanti in salita fino ad
arrivare
sulla sommità di una collina. Christopher
parcheggiò e scese dall’auto.
Bonnie
confusa lo imitò.
Si guardò un po’ in giro poi portò la
sua attenzione su Christopher “Dove
siamo?”.
“Questo
è il belvedere di
Fell’s Church”.
Bonnie
alzò le
sopracciglia “Mi hai portato dove vengo le coppiette a
divertirsi?!” domandò
incredula indicando con il dito l’area circostante.
“Sono
le due di notte,
Bonnie, le coppiette ora sono a nanna” scherzò lui
“Comunque no, ti ho portato
ad ammirare lo spettacolo più bello del paese”.
Bonnie
si avvicinò
all’orlo della collina e lanciò uno sguardo verso
il basso “Intendi la vista
della città di notte? Dimentichi che ho vissuto quattro anni
a Roma” non voleva
risultare scortese o ingrata. In realtà la sua intenzione
era solo fare una
battuta, ma non appena ebbe pronunciato quelle parole si accorso di
quanto
fosse stata arrogante.
Per
fortuna Christopher
non parve nemmeno farci caso. Si avvicinò a lei e con la
mano la obbligò ad
alzare il volto dritto davanti a lei “Riuscivi a vedere anche
questo a Roma?”
le chiese in un sussurro.
Bonnie
deglutì
meravigliata. Di fronte ai suoi occhi si presentava la stellata
più luminosa
che avesse mai visto. Fell’s Church era solamente una piccola
città e le sue
luci non potevano minimamente coprire quella delle stelle.
Ed
eccolo lì, al centro,
sull’orizzonte, il mezzo spicchio della luna. Bonnie
sollevò la mano e la
protese verso il cielo, perché appariva così
vicino da poterlo toccare.
“Certo,
con la luna piena
avrebbe fatto decisamente più effetto” disse Chris
“Ma non potevo aspettare
ancora così a lungo”.
“Tu
sì che sai come
stupire una ragazza di città” sorrise Bonnie.
“Quando
stavo nella mia
tenuta nel Galles, mi capitava spesso di vedere un panorama simile. Da
quanto
mi hai detto hai sempre vissuto in grandi città e ho
immaginato che tu non
abbia mai potuto godere di notti del genere”.
Normalità.
Ecco
cosa facevano i
ragazzi normali: portavano le ragazze a vedere le stelle e non a
trovare
strambe vecchiette con poteri magici.
“Hai
immaginato bene”
asserì lei “Credo che sia stato il gesto
più carino che abbia ricevuto in
questi due mesi”.
“Oh
beh, se Damon mi
staccherà la testa, almeno ne sarà valsa la
pena” si consolò Chris
ridacchiando.
Bonnie
non aspettò un
momento di più; gli posò le mani sul viso e si
alzò in punta di piedi,
posandogli un delicatissimo bacio sulle labbra.
Fu
una cosa velocissima,
di qualche secondo perché la giovane si ritrasse quasi
subito per paura di aver
fatto qualcosa di sbagliato.
Ma
Christopher non le
permise di allontanarsi troppo, anzi la ri-attirò in un
attimo a sé e la
coinvolse in un bacio decisamente meno timido.
Bonnie
si spinse più in
su sulle proprie punte dei piedi appoggiandosi completamente al corpo
del
ragazzo che l’accolse stringendola con una mano sulla schiena
e l’altra alla
base del collo.
Si
staccarono giusto per
riprendere fiato, ma sentirono all’istante la mancanza
l’uno dell’altra.
Le loro labbra si incontrarono di nuovo e poi
ancora e ancora.
Bonnie
pensò che
dopotutto Chris avesse perfettamente ragione. Non
si era mai goduta un’altra serata
come quella.
Bonnie
si passò una mano sulla bocca arrossendo al solo
pensiero del bacio. Continuò a pettinarsi davanti allo
specchio mentre altri
ricordi di quella notte si affollavano nella sua mente.
Era
tornata tardi; erano le tre passate quando si era
richiusa la porta di casa alle spalle. Non si aspettava di trovare
qualcuno in
piedi ma dopo pochi passi si era dovuta ricredere.
Il
camino era ancora acceso e il crepitio del fuoco l’aveva
costretta a girarsi verso il salone adiacente all’ingresso. E
lì, seduto sul
divano, di schiena, stava Damon. Non aveva dato segni di averla
sentita. Non si
era nemmeno voltato, aveva mantenuto la sua posizione con le spalle
ricurve,
probabilmente rigirandosi un bicchiere di liquore tra le mani; ma la
ragazza
non ci aveva fatto molto caso.
Era
andata dritta in camera sua non curandosi neppure di
essere stata beccata a rientrare così tardi.
Seppe
il giorno dopo che la cosa non era stata gradita al
vampiro, perché venne buttata giù dal letto dalla
musica, proveniente dalla
stanza di Damon, sparata a tutto volume. Alle
sei del mattino.
I
rapporti con lui non miglioravano né peggioravano. Non si
erano scambiati una parola per tutte le settimane, neanche in caso
strettamente
necessario. Per lo più s’ignoravano e se, per
disgrazia, si incontravano per il
Pensionato evitavano perfino di fare incrociare i propri occhi.
Con
Stefan le cose andavano meglio o per lo meno si
parlavano civilmente. Bonnie apprezzava l’impegno del vampiro
per ottenere il
suo perdono e riacquistare la sua fiducia. Non erano ancora tornati
amici o
confidenti e a volte pure Stefan doveva subire la freddezza di Bonnie,
ma la
tensione tra loro era meno soffocante.
Con
Elena, Caroline e Meredith non aveva fino allora
risolto; la situazione con loro era diversa; non aveva,
però, trovato il
coraggio di chiarire.
Mentre
raccoglieva i capelli in una coda bassa, Bonnie si
scrutò allo specchio e cercò di auto motivarsi
perché era giunta l’ora di
affrontarle.
E
lo avrebbe fatto quel giorno stesso a scuola.
Si
mise lo zaino sulle spalle e scese le scale. Da quando
aveva una macchina tutta sua, non doveva più aspettare che
Stefan la portasse a
scuola. Decise, perciò, di iniziare ad avviarsi. Se fosse
arrivata in largo
anticipo magari avrebbe potuto passare del tempo con Chris.
Il
suo buon umore venne subito rovinato da colui che aprì la
porta di casa fischiettando. Un Damon Salvatore stranamente allegro
fece la sua
comparsa lanciando la sua giacca di pelle sull’appendiabiti
nell’angolo.
“Buongiorno,
Bonnie!” esclamò.
La
ragazza tentò in tutti i modi di trattenere la sorpresa
per quell’atteggiamento così espansivo ( e molto
poco tipico di Damon) e senza
degnarlo di un’occhiata, uscì con lo sguardo
dritto davanti a sé.
“Anche
io sto bene! Grazie dell’interessamento!” le
urlò
dietro per nulla turbato da quell’indifferenza.
“Sei
posseduto?” gli chiese Stefan che scendeva in quel
momento dal piano superiore, completamente allibito.
“Un
vampiro centenario non può essere di buon umore?”.
Stefan
aggrottò la fronte “Hai avuto per caso notizie del
lupo mannaro che era con Tyler?”.
“Chi?
Quella che è riuscita a scappare dalla cantina di
Caroline prima che noi arrivassimo? Direi proprio di no”
rispose con
noncuranza.
“Allora
scusami ma non capisco tutto questo entusiasmo”.
“Non
lo senti, Stef?” domandò Damon come se fosse la
cosa
più ovvia al mondo “Sta arrivando la primavera, la
stagione degli amori. La
città è piena di adolescenti con gli ormoni
impazziti e il sangue è
delizioso!”.
“Dimmi
che non ti sei nutrito di nessuna ragazza” lo
pregò
Stefan.
“Sono
ancora tutte vive e in forze, se è questo che vuoi
sapere” lo tranquillizzò Damon “Ma non
è per questo che sono così contento”.
Stefan
lo invitò a proseguire.
“Stamattina
stavo tornando dalla mia fantastica serata,
passavo vicino all’Old Wood e mi è sembrato di
sentire qualcosa. Così ho
fermato l’auto e sono sceso per scandagliare la zona e
indovina cosa ho
trovato? Tracce di aura canina, evidentemente i lupi non sono riusciti
a
coprirla del tutto”.
“Pensi
che si stiano nascondendo nel bosco?”.
“Probabile”
disse Damon “Ma prima di buttarmi nella fossa
dei leoni, voglio parlare con quella ragazza. Magari non si sono
nemmeno
accorti che in città ci sono dei vampiri e non vedo
perché stuzzicarli. Abbiamo
già abbastanza problemi senza dover strigliare i
cani”.
“Ok,
ora sono davvero confuso” ammise Stefan “Tu che
rinunci
a una zuffa con i lupi mannari, tu che non marchi il territorio?! Hai
bevuto
del sangue avariato?”.
“Io
spero che tu prima o poi perda l’uso della parola”
lo
apostrofò Damon per tutte quelle domande così
cretine. Poi salì verso camera
sua saltando tre gradini alla volta lasciando uno Stefan assolutamente
sconcertato.
Il
mondo doveva essersi capovolto e lui non se n’era
accorto.
Caroline
era ferma da un buon dieci minuti sulla stessa riga
del nuovo capitolo di storia. Credeva che avere come insegnante il
fidanzato
della propria migliore amica sarebbe stato un vantaggio, invece si era
rivelato
ancora peggio. Alaric li caricava di compiti per non favorirli e non
accettava
scuse se per caso uno di loro si presentava impreparato. Nemmeno per
motivi particolarmente eccezionali.
Il
paragrafo trattava della seconda guerra mondiale,
l’attacco a Pearl Harbor. Aveva visto il film una volta,
bello! Ben Affleck da
schianto e un sacco di lacrime alla fine, ma aveva
l’impressione che non
avrebbe preso propriamente una A raccontando quelle cose durante
l’interrogazione.
Come
faceva a concentrarsi quando una ragazza lupo era
riuscita a scappare da casa sua e probabilmente stava aspettando la
prossima
luna piena per farla fuori? Senza contare la furia nera di Damon.
Aveva
cercato anche di chiamare Tyler, ma non le aveva mai
risposto e a scuola sembrava un fantasma. Invisibile.
La
stava forse evitando? Se sì, per cosa?
Caroline
sbuffò e tamburellò le dita sul tavolo annoiata.
Se
solo avesse potuto parlargli, magari l’avrebbe aiutata anche
con quella
ragazza.
Come
per esprimere i suoi desideri, Tyler passò proprio
dietro del vetrate della biblioteca. Caroline non perse tempo, chiuse
il libro
e lo infilò in borsa e uscì a schizzo
inseguendolo “Tyler!”.
Il
ragazzo non diede nemmeno segno di averla sentita, ma
Caroline sapeva che era impossibile dato che aveva urlato a
squarciagola come
una gallina!
Lo
raggiunse in un attimo e lo prese per un braccio
facendolo voltare “Tyler” ripeté
“Dove sei stato tutta la settimana? Ti ho
chiamato ma non mi hai risposto, a scuola mi eviti … ho
fatto qualcosa di
male?”.
Tyler
esibì un’espressione fintamente pensierosa
“Non so?
Forse rinchiudere la mia amica nella cantina di casa tua non
è stata proprio la
mossa migliore”.
Caroline
gelò sul posto “Lo sai?”.
“Sono
stato io a liberarla. Ti ho visto sparire nel bagno
del Grill con lei e nessuna delle due è più
uscita. Così ho aspettato che
tornassi alla tua macchina e poi ti ho seguita”.
Caroline
ora era basita “Sei entrato in casa mia di
nascosto? Hai commesso effrazione in casa dello sceriffo?!”.
“Parla
quella che ha sequestrato una ragazza in casa dello
sceriffo” le rinfacciò Tyler.
La
vampira arricciò le labbra “Cerca di
capire” lo pregò
“Volevamo solo farle delle domande! Con tutto quello che sta
succedendo, la
presenza dei lupi mannari ci è parsa sospetta; tra vampiri e
licantropi non c’è
molto feeling”.
“E
questo chi l’ha detto? Damon?” le chiese lui con
tono
pressante “Lei non sapeva nemmeno che qui ci fossero dei
vampiri. Era venuta
qui per me, per aiutarmi e io non le ho detto niente”.
“Come
ha fatto a sapere che hai scatenato la maledizione? La
conoscevi già?”.
“No”
negò Tyler “Deve essersi sparsa la voce
… non so come funzionano queste
cose. So
solo che tra quelli come noi esiste una regola: aiutare sempre i
novellini” le
spiegò “Ma dopo la tua fantastica idea di drogarla
e chiuderla nella tua
cantina, ha scoperto della vostra esistenza e non ne è stata
contenta”.
“Sa
che sono un vampiro?”domandò Caroline allarmata.
Tyler
annuì “Ha visto una tua foto mentre la portavo
fuori
da casa tua e ha collegato. Ora si sta nascondendo con la sua famiglia
da
qualche parte”.
“Con
la sua famiglia?” la ragazza spalancò gli occhi
“Non è
qui da sola?”.
“No,
i lupi mannari si spostano in branco”.
“Aspetta:
stiamo parlando di famiglia o di branco? Perché ho
il sospetto che un branco sia molto
più grande di una famiglia”.
“Non
so con precisione quanti siano, altri potrebbero
raggiungerli. Non le ho parlato molto durante questa settimana, visto
che pensa
che sono dalla vostra parte”.
“Certo
che sei dalla nostra parte” replicò Caroline
stringendo la tracolla della borsa “Noi siamo
amici!”.
“Sei
stata tu a sbagliare, Care”.
Lei
stentava a credere alle proprie orecchie “Stai dicendo
che sei contro di me?”.
“No,
certo che no!” obiettò Tyler con forza
“Dico solo che
loro non hanno fatto niente di male e che voi siete stati
prevenuti”.
“Devi
smettere di vederla, Tyler” gli ordinò Caroline
“Potrebbe essere qui per qualunque cosa, potrebbe averla
mandata Klaus, non ti
puoi fidare di lei, non la conosci
…”.
“Penso
che tu stia esagerando” replicò lui.
“Ok,
senti questa: per scatenare la maledizione bisogna
uccidere qualcuno, giusto? Ti sembra normale che una ragazza della
nostra abbia
già commesso una cosa del genere?”
argomentò Caroline con decisione.
“Io
l’ho fatto” controbatté Tyler
“E non stiamo parlando di
un omicidio volontario, ok? Basta essere responsabili per la morte di
qualcuno.
Gli incidenti capitano Care, soprattutto a quelli come noi”
chiarì “Ma se
proprio vuoi saperlo Layla mi ha detto che è stata legittima
difesa: un anno fa
un ragazzo ha cercato di rubarle la borsa, lei è riuscita a
spingerlo via e lui
è scivolato battendo la testa”.
Layla?
Caroline
si concentrò sul nome prima di
tutto Come la principessa di Guerre Stellari?
No, quella forse si chiamava Leila.
Poi
elaborò anche tutte le altre informazioni e rispose
“E
il padre? Anche lui ha il gene? Anche lui ha scatenato la
maledizione?”.
“Sì
anche suo padre” ma prima che la ragazza ribattesse con
qualche insinuazione velenosa, lui aggiunse “E’ un
poliziotto”.
“Quindi
è una famiglia a cui capita occasionalmente
di uccidere, per lavoro o per sfiga? Ne parli come
se le morti avvenissero da sole, per mano del destino.
Cos’è? Final
Destination? Adesso magari mi dirai che la mamma è un
chirurgo!”.
“Non
mi ha accennato della madre ma non credo abbia il gene
della licantropia” rispose Tyler con una strana calma
“Ora me ne vado perché la
conversazione sta prendendo una piega assurda. Se scopro
qualcos’altro, ti
avverto” dopodiché fece dietrofront e se ne
andò.
Caroline
batté un piede a terra irritata. Forse non aveva
portato le migliori argomentazioni per convincere Tyler che quella
ragazza
sarebbe stata solo una fonte di guai, ma lui avrebbe dovuto capirlo da
sé.
Come
poteva fidarsi della prima spuntata dal nulla a
reclamare il diritto di aiutarlo per le prossime lune piene.
Dov’era stata
durante la prima trasformazione?
Forse
Tyler ci era cascato, ma Caroline non era così stupida
da farsi incantare. Quelle cose potevano essere percepite solamente dal
sesto
senso femminile e lei aveva intenzione di andare in fondo a quella
faccenda.
“Ehi,
pensavo dovessimo trovarci in biblioteca” Matt le
diede un bacio sui capelli “Va tutto bene?”.
Caroline
scosse la testa “No, non va bene: Tyler ha scoperto
che sono stata io a rapire quella
là”
raccontò “E credo di aver fatto un bel casino
… potrei aver scatenato il loro
istinto di difesa/ vendetta”.
“Wow!”
esclamò Matt bombardato in un secondo da tutte quelle
notizie “E sei riuscita a fare tutto questo prima di
pranzo?” la buttò sul
ridere.
“Non
è uno scherzo!” strillò Care
“Io … ora devo andare,
Bonnie ci vuole parlare. Tu … puoi tenere d’occhio
Tyler? Sarebbe davvero
un’ottima cosa se riuscissimo a ritrovare quella ragazza. Non
so, cerca di
parargli. Devo sistemare le cose prima che scoppi una guerra per colpa
della
mia impulsività”.
“Vedrò
se riesco a convincerlo”.
“Grazie”
gli stampò un bacio sulle labbra e corso in mensa.
Meredith
ed Elena erano già sedute al loro solito tavolo;
Caroline le raggiunse e li aggiornò sui nuovi sviluppi
mentre aspettavano
Bonnie.
Quando
la ragazza arrivò, le tre avevano appena finito di
discutere di quel nuovo problema; decisero di rimandare ogni
preoccupazione
perché in quel momento Bonnie era più importante.
“Sono
davvero contenta del tuo messaggio” le sorrise Elena
“Siediti con noi!”.
Bonnie
parve visibilmente imbarazzata “Oh no … scusatemi
ma
ho promesso a Christopher di pranzare con lui. Però volevo
parlarvi prima”.
“Beh
non c’è problema!” sorvolò
Caroline “Ti sei trovata un
ragazzo da urlo e devi godertelo!” le suggerì con
entusiasmo.
Bonnie
non poté fare a meno di scoppiare a ridere; doveva
ammettere le era mancata la costante allegria di Caroline.
“Mi
dispiace di essermi nascosta fino adesso da voi …”.
“Non
sei tu che ti devi scusare, Bonnie” la interruppe
Meredith.
“No,
no, fatemi finire” le pregò lei “Ci tengo farvi sapere che non sono
arrabbiata con voi,
sul serio. Avete solo protetto un amico e un fidanzato e probabilmente
avrei
fatto lo stesso se fossi stata al vostro posto” prese un bel
respiro “Ma … beh,
il problema è che mi sono sentita ingannata, no …
mi sono sentita esclusa. Ho
cercato in tutti i modi di essere una di voi ma nel vostro gruppo vi
conoscete
tutti da molto tempo ed è ovvio che ci sarà
sempre qualcuno che arriverà prima
di me”.
“Bonnie
… non è così. Noi ti siamo molto
affezionati” le
assicurò Elena mortificata.
“Lo
so” disse la rossa accennando un sorriso “Siete
delle
brave ragazze e delle brave amiche e sono certa che un giorno anche io
mi
sentirò alla pari di tutte voi; solo che quel giorno non
è oggi” fece un altro
sospiro “Adesso ho bisogno di stare con qualcuno che mi metta
al primo posto.
Non sto dicendo queste cose perché ce l’ho con
voi, ma mi servirebbe davvero
starmene un po’ per conto mio, credo che mi farebbe bene, che
mi aiuterebbe a
essere un po’ più sicura di me”.
“Prenditi
tutto il tempo che vuoi, Bonnie, quando sarai
pronta a tornare, noi saremo qui ad aspettarti” la
rassicurò Meredith.
Bonnie
fu sollevata; aveva avuto paura che non la capissero,
e invece erano disposte ad accontentarla in ogni suo capriccio pur di
farsi
perdonare. Sapevano di aver sbagliato, lo ammettevano e volevano
sistemare le
cose.
Bonnie
fu confortata da quel gesto di amicizia perché
avevano compreso di doverla lasciare andare; ma nel frattempo sarebbero
state
lì in attesa e pronte ad aiutarla.
Mentre
elaborava tutti pensieri, si sentì rasserenata e
piena di energia. Proprio ciò che le serviva per la nuova
lezione con la
signora Flowers.
Aveva
mentito alle ragazze, non doveva vedersi con
Christopher ma con la sua insegnante di magia. Non aveva voluto dirlo
alle sue
amiche; era una cosa troppo personale e non era ancora il momento per
tornare a
quel tipo di confidenze.
Avrebbe
saltato anche le ore di scuola pomeridiane ma non le
importava. Era solamente eccitata all’idea che avrebbe
imparato finalmente
qualcosa di pratico.
“Perché
siamo qui?” chiese alla vecchia strega quando la
condusse fuori in giardino e la fece sedere sul prato.
“Oggi
t’insegnerò a percepire i diversi tipi di aura, a
partire
dalla tua” le spiegò “E’ la
prima volta che fai questo esercizio, quindi dovrai
prendere un po’ di Potere in prestito dalla natura. Metti le
mani con l’erba,
coraggio!” la incitò.
Bonnie
ubbidì.
“E
ora chiudi gli occhi e concentrati su te stessa”.
Bonnie
abbassò le palpebre e ascoltò attentamente tutto
ciò
che la signora Flowers le stava dicendo.
“Mi
hai raccontato che hai già usato i tuoi Poteri
inconsapevolmente”.
“Sì”
sussurrò Bonnie.
“Ricordi
cosa hai provato?”.
“Una
scarica di energia lungo le ossa che si è rigettata
tutta fuori; era come …” ma si bloccò
per paura di suonare ridicola.
“Va’
avanti” la incoraggiò la signora.
“Ok”
Bonnie si lasciò sfuggire una risata imbarazzata
“Mi
sentivo come un conduttore elettrico, come se fossi stata investita da
un’ondata di energia”.
“Devi
cercare di ricreare quella sensazione perché è
proprio
la tua aura. Tutte le streghe hanno bisogno di incanalare energia per
compiere
i loro incantesimi, ma tu sei speciale, tu riesci anche ad assorbirla.
È questa
la tua componente più forte ed è su questa che ti
devi focalizzare per
percepire la tua aura”.
Bonnie
strinse tra le dita i fili d’erba e si concentrò
tentando di visualizzare uno di quei momenti in cui la sua magia si era
manifestata.
Rivide
Katherine ad un centimetro dal suo volto e poi Bert,
li rivide sferzarla con la loro ipnosi, convinti di avere il controllo;
invece
era stata lei a batterli. Ricordava la sensazioni di Potere,
l’energia lungo il
suo corpo, la determinazione a salvarsi. Ed ecco che tutto
ritornò chiaro come
il sole, nella sua testa.
In
quel momento era soltanto una cosa mentale. Bonnie stava
facendo tutto in maniera consapevole e volontaria.
“La
senti?”.
Eccome
se la sentiva, anzi la vedeva. Bianchissima e
luminosissima, quasi accecante; la sua aura.
“Ora
prova con la mia” le disse la signora Flowers
prendendole le mani e stringendole.
Bonnie
si focalizzò sulla strega di fronte a lei e poté
scorgere anche la sua di aura: bianca ma un po’ meno
luminosa. Limpida e
benevola.
La
ragazza le lasciò le mani e aprì gli occhi
“Ce l’ho
fatta!” esultò alzando le braccia in segno di
vittoria.
“Non
dubitare mai delle tue capacità, Bonnie”
l’ammonì la
signora Flowers “E’ la fiducia in te stessa che ti
permetterà di sviluppare
appieno il tuo Potere. Ora torna a casa e prova a individuare le aure
dei due
Salvatore, sarà un ottimo esercizio” le
consigliò.
“Va
bene” acconsentì Bonnie “Ora devo
andare, ma ci vediamo,
giusto?”.
Poco
dopo, alla guida della sua macchina, la ragazza si
sentiva esaltata come non mai. Finalmente qualcosa nella sua vita stava
andando
per il verso giusto e non vedeva l’ora di continuare ad
esplorare quel lato di
se stessa.
Quando
si fermò al semaforo rosso, frugò nella borsa in
cerca del cellulare e controllò se qualcuno
l’avesse cercata. Trovò un
messaggio di Christopher che le chiedeva d’incontrarsi al
maneggio verso le tre
e mezza.
Bonnie
guardò l’ora: le quattro. Cavolo!!
Appena
scattò il verde, girò a destra su per una
stradina un
po’ in salita, sperando che il ragazzo fosse ancora
lì ad aspettarla.
Fortunatamente
Christopher non se n’era ancora andato.
Bonnie lo trovò, poco dopo aver parcheggiato
l’auto, nelle scuderie a finire di
sellare un cavallo.
Lo
abbracciò da dietro e nascose il volto nel suo collo
“Sono una pessima ragazza, vero?” gli disse in
segno di scuse “Ho il messaggio
solo poco fa”.
Lui
si girò e sorrise genuinamente portandole le mani alla
base del collo in una morbida carezza “Non preoccuparti, sono
abituato al
ritardo di voi ragazze”.
Bonnie
s’imbronciò “E questo cosa vorrebbe
dire?”.
“Vuol
dire che adoro quando fai la gelosa” le sussurrò
avvicinandosi mentre faceva sfiorare le punte dei loro nasi.
“Io
non sono gel-” non poté nemmeno controbattere che
le
labbra del ragazzo piombarono sulle sue in un bacio esigente e lei non
esitò ad
accontentarle.
Christopher
normalmente si comportava in modo impeccabile,
sempre dolce, sempre delicato, quasi avesse paura di offenderla;
sembrava un
ragazzo di altri tempi, molto attento a trattarla con il dovuto
rispetto. Per
ciò Bonnie impazziva quando lui si lasciava andare; diveniva
improvvisamente
più provocante e irresistibile. E lei si sentiva molto
più apprezzata.
Bonnie
sospirò nel momento in cui si separarono e subito
arrossì. Non era abituata a certi
suoni,
non era soprattutto abituata ad esserne l’artefice e temeva
ogni volta di
risultare un po’ troppo sfacciata. Ma d’altro canto
facevano parte della natura
umana, facevano parte della sua natura di donna e prima o poi avrebbe
dovuto
accettare che a certe sensazioni
seguivano certe reazioni.
“Perché
mi hai chiesto di venire qua?” gli domandò
sciogliendosi dall’abbraccio.
“Non
è ovvio?” rispose Christopher “Andiamo a
cavalcare” e
indicò il cavallo che aveva appena sellato e un altro
già pronto poco più in
là.
Bonnie
per un soffio non si mise a saltare di gioia. Da
troppo tempo non andava a cavallo, da troppo tempo non galoppava con
l’aria
fredda contro il viso, da troppo non si sentiva più
così libera.
“Io
prendo quello bianco!” esclamò correndo verso il
cavallo
prima che Christopher potesse replicare.
Aspettò
che il ragazzo finisse di preparare il suo, poi
insieme condussero fuori gli animali tirandoli per le briglie; poi
saltarono in
groppa e lentamente procedettero lungo il sentiero che li avrebbe
guidati verso
il bosco, uno a fianco all’altro.
Bonnie
si prese un po’ di tempo per guardarsi attorno; era
tutto così famigliare. Aveva passato in quel posto la
maggior parte della sua
infanzia a Fell’s Church. A sette anni era montata per la
prima volta su un
cavallo. Voleva essere come la principessa Sissi ed era andata da suo
fratello
pretendendo di prendere lezioni di equitazione. Zach non era stato
molto
d’accordo. I loro genitori erano morti da poco tempo e temeva
che la bambina
potesse farsi seriamente male. Bonnie aveva pianto, aveva fatto i
capricci,
aveva tenuto il muso ma suo fratello era stato irremovibile. Almeno
fino a
quando non era arrivato Damon e, fregandosene totalmente
dell’opinione di Zach,
l’aveva portata al maneggio.
Passarono
di fianco all’ultimo campo- pratica prima del bosco
e senza nemmeno accorgersene si ritrovò a sorridere
malinconicamente.
“Ma
è piccolo!” si
sorprese la piccola Bonnie quasi lamentandosi.
“E’
un pony”.
“Ma
la principessa Sissi
non andava sui pony” obiettò lei.
“Sì
invece” replicò Damon
scanzonato “Quando era una bambina come te”.
“Io
voglio un cavallo!”
dichiarò lei stringendo i pugnetti lungo i fianchi e
battendo un piedino a
terra.
“Di’
un po’ scricciolo:
quanto credi di essere alta?!” la prese in giro abbassandosi
alla sua altezza.
“Non
lo so” ammise Bonnie
apparendo un po’ confusa “Perché? Anche
qui è come al Luna Park? Che non posso
salire sulle giostre per i grandi perché sono
piccola?”.
Damon
colse la palla al
balzo “Sì, esatto!” confermò
“Non puoi salire su un cavallo fino a che non
diventi alta così” le disse mettendo la sua mano
un buon dieci centimetri sopra
la testa di Bonnie.
“Uffa”
sbuffò lei “Essere
bambini fa schifo, non posso fare niente”
s’intristì incrociando le braccia al
petto “Devo andare a dormire presto, non posso mangiare i
dolci e di notte ci
sono sempre i mostri sotto al mio letto.
Perché i mostri non
vengono anche da voi adulti?”.
Alcuni
di noi sono già mostri, pensò
Damon con un po’ di amarezza.
“I
mostri sono solo degli
esaltati” chiarì il vampiro “Tu
ignorali, prima o poi si stuferanno”.
“Forse
non mi dispiace
che stanno in camera mia” ci ripensò Bonnie.
Damon
non si curò nemmeno
di correggerla, voleva vedere dove sarebbe andata a parare
“Perché?”.
“Perché
quando loro vengo
da me, io posso dormire nel tuo letto, che è mooooolto
più grosso del mio”
aggiunse molte “O” per enfatizzare “E poi
posso stare sotto le coperte con te e
tu mi difendi, come un cane da guardia”.
Damon
tralasciò l’ultimo
paragone, davvero poco poetico, e si concentrò su tutto il
bene che Bonnie gli
dimostrava ogni volta. Quella bambina non perdeva occasione per
ricordargli di
avere un bisogno disperato della sua presenza.
Damon
non era abituato a
essere così bel voluto; nessuno l’aveva mai fatto
sentire indispensabile;
nessuno eccetto Bonnie.
“E’
il tuo giorno
fortunato, piccola pulce rossa” le comunicò
“Perché si dà il caso che io possa
salire su un cavallo vero e posso portarti con me”.
Bonnie
allargò gli occhi
“Davvero?”.
“Sì”
asserì Damon “Ma non
dirlo a tuo fratello. Non ho proprio voglia di subirmi le sue urla da
ragazzina”.
Avevano
fatto un piccolo giro intorno al maneggio e Damon le
aveva fatto anche tenere le redini. La volta dopo Bonnie era salita sul
pony
senza fare storie.
“Sei
ancora tra noi?”.
La
voce di Christopher la riportò bruscamente alla
realtà.
La ragazza sbatté le ciglia e lo fissò
“Sì, sì” balbettò
“Hai detto qualcosa?”.
“In
realtà ti ho appena invitata alla fiera di
venerdì sera
e ammetto che il tuo silenzio è stato abbastanza
imbarazzante” scherzò facendo
aumentare al cavallo l’andatura.
Bonnie
lo seguì “Fiera? C’è una
fiera?”.
“Ne
deduco che tu non abbia ancora risolto con le tue
amiche” ghignò Christopher
“C’è la fiera di primavera. Sai le
solite cose:
bancarelle, giochi a premi, dolci … ruota
panoramica” aggiunse esibendo
un’espressione da furbetto.
“Uh,
ammetto che sembra tutto molto …”
cominciò Bonnie.
“Cliché?”.
“Romantico”
specificò Bonnie “E’ il nostro primo
appuntamento ufficiale” arrossì mentre pronunciava
quella frase, ma doveva
ammettere di essere abbastanza agitata per quell’invito. Non
aveva mai avuto un
vero e proprio appuntamento. Certo le era capitato di frequentare
qualche
ragazzo, ma niente di speciale. Nessuno era mai riuscito a conquistarla
e lei
per prima non era il tipo da far breccia nel cuore dei ragazzi. Con
Christopher
era diverso, era giusto e perfetto.
“Quindi
è un sì? Ci andremo insieme come
coppia?” domandò in
conferma lui.
“Mi
piacerebbe molto” Bonnie si aprì in un sorrisone a
trentadue denti.
“Bene!”
esclamò Christopher “Ma c’è
un’altra cosa che ti
voglio chiedere” le rivelò lui “Spero
che non ti sembri troppo affrettato e
credimi, non ti voglio fare pressioni, è solo che
… l’altro giorno potrei avere
accennato ai miei genitori di avere una ragazza e loro vorrebbero tanto
conoscerti”.
“E
così sono già la tua ragazza?”
ripeté Bonnie senza
trattenere un moto di soddisfazione “Comunque mi farebbe
piacere incontrarli.
Ho voglia di conoscere la tua famiglia. È un modo per
conoscere meglio anche
te”.
“Suppongo
di sì” concordò Christopher
“Se t’invitassi a cena
a casa mia stasera?”.
“Mi
presenterei alle otto”.
“Che
fortuna! Noi mangiamo proprio a quell’ora” le disse
“Allora Bonnie, che ne dici di una gara?”.
La
ragazza non capì subito che cosa intendesse, fino a che
non lanciò il cavallo al galoppo per il campo in mezzo al
bosco. Lei rimase un
attimo a fissarlo mentre scompariva in lontananza e colpì i
fianchi
dell’animale con il tallone cominciando ad inseguirlo.
“Spiegami
ancora che cosa ci facciamo qui?” chiese Alaric
per la terza volta mentre Damon parcheggiava la Mustang al limitare del
bosco “E
perché hai voluto che portassi i miei fucili alla
verbena?”
Damon
non rispose, si limitò ad aprire la portiera e a
scendere. L’altro uomo lo imitò e lo
osservò scaricare le armi dal baule.
“Questi
funzionano a fiale, giusto?” si accertò Damon.
Alaric annuì.
“Bene!
Allora si va a caccia!” esclamò il vampiro
lanciando
un paio di boccette contenenti un liquido giallino all’amico
“Sostituisci la
verbena con queste”.
“Che
roba è?” appena posta la domanda Alaric
capì di cosa si
trattava “Strozza- lupo?. Vuoi andare a caccia di lupi
mannari?!”.
“Cento
punti al professore di storia; ti sarà spedito un
premio a casa”.
“Damon”
lo ammonì Alaric.
“Andiamo!”
lo incitò l’altro “Sono qui, da qualche
parte nel
bosco. L’altro giorno ho sentito una traccia della loro aura,
potrei percepirla
anche oggi”.
“E
cosa hai intenzione di fare se li troviamo? Offrirgli da
bere e chiacchierare civilmente?” ironizzò Alaric.
“Pensavo
di stordirli con la strozza- lupo e obbligarli a
dirci perché sono a Fell’s Church, ma anche il tuo
piano non è male”.
Alaric
si trattenne dallo sparagli con il fucile ancora
carico di verbena. Ogni volta Damon riusciva a coinvolgerlo nei suoi
folli
progetti che comportavano come minimo il pericolo da farsi molto male.
Quando
era accaduto? Cos’era cambiato? Perché Alaric
Saltzam
si era trasformato da un semplice insegnante di storia con il pallino
per il
soprannaturale in un cacciatore dei misteri, unico amico di un vampiro
di
cinquecento anni incazzato con il mondo?
E
soprattutto perché ogni sacrosanta volta si faceva
incastrare in situazioni ingestibili? All’inizio temeva che
Damon, ad un suo
rifiuto, potesse reagire in modo sconsiderato, magari mettendo in
pericolo
proprio Meredith, ma poi cos’era cambiato?
Alaric
poteva dire con un buon grado di certezza di aver
capito l’animo complesso che si celava dietro la maschera di
freddezza di Damon
e forse era proprio per questo che continuava ad accettare le sue
proposte
fuori dal mondo.
Damon
aveva bisogno di un amico, un amico umano che gli
ricordasse ogni tanto la differenza tra vampiri e persone normali.
Alaric
rappresentava per Damon un punto di vista lontano dal
suo modo di concepire la vita e questo lo aiutava a rapportarsi meglio
con
tutti gli altri.
Inoltre
il vampiro era solo e lo avrebbe capito anche un
imbecille. Damon vagava nella solitudine e per quanto fingesse di
esserne
contento e di non aver bisogno di nessuno, la verità era ben
altra.
La
verità era che Damon apprezzava molto il suo rapporto con
Alaric, aveva un certo valore quell’assurda amicizia. Dopo
una giornata passata
a proteggere l’una o l’altra ragazza, a combattere
contro qualche vampiro
spaccone, era davvero piacevole poter trovarsi al bar con un amico e
ubriacarsi
come due adolescenti.
La
loro era un’amicizia strana, ma era il legame più
autentico che Damon avesse da secoli. Tra loro non c’erano
segreti,
s’intendevano piuttosto bene e soprattutto si fidavano
l’uno dell’altro. In
aggiunta Alaric era l’unico che riuscisse a psicoanalizzarlo
senza dargli sui nervi.
“Damon,
non possiamo controllare tutto l’Old Wood. Per
quanto ne sai, quella traccia potrebbe essere arrivata da molto
lontano” gli
fece notare Alaric dopo quasi un’ora che vagavano per il
bosco senza una meta,
in circolo.
“Non
stai parlando con un novellino” lo freddò Damon
“So
riconoscere una traccia e so anche localizzarla. Quella che ho
percepito
stamattina era solo un residuo, per questo non sono riuscito a
rintracciarla.
Prima o poi dovranno abbassare di nuovo la guardia”.
“E
ti aspetti che succeda di recente?” chiese l’uomo
“Perché, sai, io avrei anche una vita, una ragazza
e mi piacerebbe vederla un
giorno di questi, ma per un motivo o per l’altro sono sempre
bloccato con te da
qualche parte”.
“Sono
certo che Miss Inquietudine possa fare a meno di te
per un altro paio d’ore”.
Alaric
roteò gli occhi rinunciando ad insistere perché
sarebbe stata una causa persa in partenza. Cambiò, dunque,
argomento “Come sta
Bonnie? Meredith mi ha detto che non si parlando molto
ultimamente”.
“E’
una tua alunna non mia, dovresti saperlo meglio di me”
rispose il vampiro con voce apparentemente neutra, in realtà
sussultò in
maniera impercettibile al nome della rossa.
“Vive
in casa tua, non mia” replicò Alaric.
Damon
sbuffò decidendosi ad accontentarlo “Non la vedo
molto
in realtà. Ma da quello che ho capito si sta riprendendo.
È sempre in giro con
quel tipo, credo che la cosa la faccia contenta”.
“Contenta?”.
“Contenta”.
“Credi
sia contenta?”.
Damon
si fermò e si voltò per guardarlo dritto negli
occhi
“Non dovrebbe?”.
“Non
è contenta” affermò Alaric sicuro
“Non può esserlo. Ha
perso troppi affetti in poco tempo e ha solo diciott’anni.
Forse non lo dà a
vedere, ma è tutto fuorché contenta”.
“E’
solo una ragazza, è giovane. Presto le passerà
tutto e
dimenticherà. Gli umani superano facilmente il
dolore”.
“Non
dopo poche settimane. Bonnie non è
un’insensibile”.
“La
sottovaluti, Alaric. Tutti voi la sottovalutate. La
ragazzina è più forte di quanto sembri, sa
gestire se stessa” gli promise il
vampiro.
“Continua
a ripetertelo se ti fa stare meglio” lo provocò
Alaric “Bonnie non sta bene, perché è
stata ferita da chi le voleva più bene”.
“Sì
lo so” disse Damon con fare annoiato “Stefan ha
tradito
la sua fiducia mentendole. Bonnie ci passerà sopra prima o
poi, non è così grave”.
“Mi
riferivo a te” gli svelò l’amico con uno
sguardo
tremendamente serio “Adesso Bonnie è in fase di
negazione. Ti conviene starle
vicino perché non durerà per sempre: prima o poi
esploderà e non vorrei che
fosse troppo tardi”.
Damon
venne colpito da quelle parole ma non ebbe il tempo di
elaborarle perché entrambi si girarono verso dei cespugli
con i fucili
puntanti. Avevano sentito dei rumori, ma mentre Alaric non riusciva a
capire
che cosa li provocasse, Damon aveva semplicemente reagito
d’istinto imitando le
mosse dell’altro. Era il rumore di zoccoli sul terreno;
evidentemente qualcuno
si stava facendo una cavalcata.
Abbassò
l’arma e proseguì fino a superare i cespugli:
davanti a lui si apriva un prato molto esteso, lungo cui due cavalli
correvano
al galoppo in lontananza.
Damon
riconobbe all’istante le due figure: Bonnie e il
biondino.
Li
osservò fermasi e smontare da cavallo. Christopher stava
indicando qualcosa a terra, probabilmente un riccio o un altro
animaletto.
Un
moto di gelosia invase il vampiro. I cavalli erano una
cosa sua e di Bonnie e di nessun altro. Era stato lui a portarla per la
prima
volta al maneggio, lui le aveva insegnato a tenere le redini, lui
l’aveva
medicata ogni volta che era caduta da cavallo e sempre lui
l’aveva rimessa in sella
nell’istante successivo.
Da
quando la ragazza era tornata a Fell’s Church non avevano
avuto tempo di fare una passeggiata con i cavalli; anzi la quando lei
glielo
aveva proposto, lui aveva rifiutato senza pensarci più di
tanto. Non aveva dato
molto peso alla cosa, non si era mai reso conto di quanto fosse
speciale per
entrambi. Cavalcare era il loro modo per passare del tempo insieme, era
metaforicamente
il loro rifugio segreto e in quel momento Christopher aveva preso il
suo posto.
Chi
era quel ragazzino per arrogarsi un tale diritto? Chi
gli aveva dato il permesso di portarla a cavallo? Chi era per violare
così
sfacciatamente il suo spazio?
Nemmeno
Damon sapeva da dove provenisse tutto quel fastidio;
se Bonnie avesse frequentato Matt, non si sarebbe sentito
così irritato. Certo
avrebbe pensato che la ragazza avrebbe potuto scegliersi qualcuno di
migliore,
ma niente di più. Con Christopher, invece, c’era
qualcosa che non andava. Damon
non si fidava di lui, per un migliaio di ragioni che potevano essere
riassunte
in una sola: era troppo attaccato a Bonnie.
E
quando lo vide prendere la ragazza per le mani e baciarla,
prima di risalire in groppa, fu certo di una sola cosa: Justin
Bieber doveva morire.
Quando
Damon la sentì rientrare in casa quella sera,
all’inizio
non ci fece nemmeno molto caso. Era troppo preso dal problema lupi
mannari per
poter accorgersi che in Bonnie c’era qualcosa di diverso.
La
ricerca nei boschi era stata un totale fallimento; il
sole era tramontato e i due aveva deciso di abbandonare il piano. Quei
lupi si
erano nascosti chissà dove e a Damon non era rimasta altra
scelta che sperare
in Caroline. Forse la vampira sarebbe stata capace di scoprire qualche
novità.
In che modo avrebbe ottenuto nuove informazioni, a lui non importava.
Che circuisse
Tyler, che si spogliasse davanti a lui, che lo facesse ubriacare fino
alla
nausea … un metodo valeva l’altro.
L’importante era ritrovare quella dannata
ragazzina e il suo branco.
Damon,
steso sul divano, di fronte al camino, ripensò poi
alla conversazione avuta con Alaric riguardo Bonnie. Il suo amico di
sicuro
aveva ragione; d’altronde era quello che continuava a
ripetergli anche Stefan.
Doveva trovare il modo di farsi perdonare. Più facile a
dirsi che a farsi.
Avrebbe
potuto partire da delle semplici e umili scuse, ma
rivalutandola bene, quell’ipotesi era fuori discussione. Era
serio quando aveva
confessato a Stefan di non provare pentimento per l’omicidio
di Zach e la cosa
dal suo punto di vista risultava pure normale. L’equazione
era semplice: “vampiro+morte=
niente rimpianti per il suddetto”.
Non
avrebbe mentito a Bonnie solo per entrare nella sue
grazie, non l’avrebbe presa in giro simulando un finto
dispiacere per la morte
del fratello.
Dal
punto di vista umano era un gesto inconcepibile, dal
punto di vista di un vampiro era la normalità. Damon non
poteva rinnegare se
stesso; non l’avrebbe mai fatto per nessuno, nemmeno per
Elena.
Stava
cambiando, stava migliorando, ma ciò non significava
che avrebbe cancellato tutto il male che aveva causato in passato.
E
comunque Bonnie stava cento volte meglio senza di lui e lo
poteva capire perfettamente dall’ euforia che
l’aura della ragazza irradiava
dalla sua camera.
Damon
si tirò su a sedere. Un momento: aura? Da quando in
qua riusciva a percepire l’aura di Bonnie? La ragazzina non
aveva una specie di
meccanismo automatico per nasconderla? Come diamine aveva fatto a
sprigionarla?
E
poi da dove arrivava tutta quell’entusiasmo? La cosa
cominciò ad assumere contorni veramente strani nel momento
in cui Bonnie scese
nuovamente verso l’ingresso, vestita elegantemente e prese le
chiavi della
macchina pronta ad uscire.
Damon
guardò l’ora: le otto meno un quarto. Non era
tardi,
non era affatto tardi. Aveva fatto orari peggiori, tipo quella volte
quando era
tornata alle tre; ma il vampiro s’insospettì lo
stesso.
In
un secondo si parò davanti alla porta di casa impedendole
di uscire “Dove stai andando?”.
Bonnie
ci rimase di sasso, attendendosi di tutto tranne
quella scena. Si guardò intorno in cerca di una via di fuga
da quella
situazione così imbarazzante. Non voleva parlare con Damon,
ma d’altra parte
doveva uscire di casa. Christopher e i suoi genitori la stavano
aspettando e
lei non poteva mancare. Che figura avrebbe fatto a disdire
all’ultimo?
“Devo
uscire” rispose brevemente sperando che bastasse.
“Per
andare dove?” incalzò Damon.
“Devo
vedermi con le mie amiche a cena”.
Damon
piegò un angolo della bocca all’insù e
si piegò
lentamente verso la ragazza “A chi vuoi darla a bere? So che
non vi parlate
ancora”. Ringraziò mentalmente Alaric per
averglielo riferito solo qualche ora
prima “Ti vedi con quel tipo, vero?”.
“Non
sono affari tuoi. Ora mi fai passare?” chiese irritata
cercando di aggirarlo.
Damon
si appoggiò alla porta impedendole ogni tentativo
“Credo che invece siano proprio affari miei,
perché qualunque cosa tu stia
combinando con quel tipo, fa brillare la tua aura come un lampione e
sarà solo
questione di tempo prima che tutti i vampiri della zona piombino qui
per
cercare di assaggiarti”.
Bonnie
spalancò gli occhi e impallidì. Era talmente
contenta
dell’invito di Christopher e della lezione con la signora
Flowers che aveva
lasciato libera la sua aura di esprimersi senza pensare di nasconderla
una
volta rientrata in casa.
“Ora
mi piacerebbe tanto sapere come diamine è possibile che
tu sia riuscita a sbloccarla?” continuò Damon
fingendosi pensieroso.
Bonnie
intuì di essere con le spalle al muro. Avrebbe
preferito tenere le sue lezioni con la signora Flowers private, ma era
sicura
che il vampiro non avrebbe mollato finché non gli avesse
detto la verità.
“Qualcuno mi sta aiutando”.
Damon
non fece una piega, forse perché non gli importava o
forse perché non voleva mostrare il suo turbamento
“Dovrebbero aiutarti a
tenerla sotto controllo, non a esibirla come un trofeo”.
“Mi
è sfuggita, ok? Pensavo ad altro, ma non
succederà più.
Tranquillo, non verrà nessuno a disturbare la tua pace. Ora
se non ti dispiace,
sono già in ritardo …”.
“Cosa
devi fare?”.
“Sono
stata invitata a cena a casa di Christopher, va
bene?!” scoppiò Bonnie.
“Ti
presenta già i suoi genitori? Non vede proprio
l’ora di
arrivare in casa base”
commentò Damon
acidamente “Chiamali e disdici la cena”
ordinò.
“Cosa?!
Nemmeno per sogno! Chi ti credi di essere per dirmi
cosa fare?!”.
“Quel
tipo non mi piace”.
“Beh,
non mi sembra di aver mai chiesto il tuo parere”.
“Sei
sempre con lui; non ti vedi con nessun altro. Ti sembra
normale?” le fece notare Damon.
“Christopher è
normale” replicò Bonnie “Lui non mi fa
pressioni, mi lascia fare quello che
ritengo giusto e soprattutto non ha segreti”.
“Certo
perché tu lo conosci così bene”
sbottò Damon “Non ti
fa pressioni perché non ha la minima idea di cosa tu stia
passando; è un umano,
Bonnie, non s’immagina neanche cosa c’è
davvero lì fuori! Tu non appartieni al
suo mondo, non appartieni a lui” sottolineò
con enfasi.
“Non
appartengo nemmeno al tuo di mondo” controbatté
Bonnie
“E sto bene con lui proprio perché non ha niente a
che fare con tutte le
assurdità che tu e Stefan avete portato nella mia
vita”.
“Ha
qualcosa di strano” continuò Damon come se non
l’avesse
neanche ascoltata.
“Mi
fido di lui”.
“Il
tuo radar della fiducia allora si deve essere guastato”.
“Su
questo non c’è dubbio: mi sono fidata di
te” lo gelò.
“Me
lo merito” Damon accettò di buon grado quella
frecciatina
“Ma non è necessario che tu esca con quel tipo
solo per farmela pagare”.
Bonnie
scoppiò a ridere “Pensi che il mondo giri attorno
a
te!”.
“Ascoltami
…”.
“No”
lo interruppe “No, Damon! Cosa vuoi da me? Quando sono
tornata qui dall’Italia mi ha trattato come il peggiore degli
zerbini, volevi
mandarmi via perché avevi paura che scoprissi cosa avevi
fatto, mi hai tenuto
sotto una campana
di vetro, non mi hai
mai dato fiducia; poi tutta la verità è venuta a
galla e io non ho fatto
niente. Non sono andata dallo sceriffo. Ti ho semplicemente ignorato,
quindi
dimmi Damon, cosa diavolo vuoi dalla mia vita? Perché non
puoi lasciarmi in
pace?”.
“Prova
a dirlo agli altri! Sono settimane che mi dicono di
fare il contrario”.
“E’
per questo che ti stai inventando questa storia di
Christopher? Perché volevi che la smettessero di starti
addosso?!” lo accusò
Bonnie sempre più inviperita.
“Non
mi sto inventando niente, sono serissimo” la corresse
lui “E qui non si tratta né di me né
degli altri, si tratta di te che ti sei
fatta raggirare dal primo pirla che ti è passato sotto al
naso”.
Bonnie
ricorse a tutta la sua pazienza per non tiragli uno
schiaffo ben assestato in faccia “Io non sono un vampiro, non
sono capace di
spegnere le emozioni. Non posso andare avanti come se niente fosse
successo.
Christopher mi ha aiutato molto e tu … non sei nemmeno la
metà dell’uomo che è
lui”.
Damon
strinse le labbra con stizza “Sei convinta che
rimarrà
con te per sempre? Svegliati, ragazzina, sei soltanto la prima
abbastanza
carina con cui ci ha provato e che ci è stata. Ti
mollerà appena ne troverà
un’altra e tu rimarrai sola perché sei stata
troppo orgogliosa per fare pace
con le tue amiche”.
Bonnie
trattenne il respiro al suono di quelle parole.
Sentiva un groppo in gola, sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi e
abbassò la
testa per non farsi vedere “Grazie, Damon, grazie per avermi
ricordato ancora
una volta che ci sarà sempre qualcuno migliore di
me” lo scostò dalla porta.
Damon
ammorbidì immediatamente lo sguardo e maledì il
suo cattivo
temperamento. Perché non riusciva a tenere chiusa quella
maledetta boccaccia?
Come faceva a rovinare sempre tutto?
“Bonnie
… non era quello che intendevo”. Si
spostò
accondiscendente al tocco delle sue mani sul suo braccio. La sua voce
la fermò
prima che oltrepassasse la porta “Non permetterò
che ti faccia il cuore a
pezzi”.
Bonnie
rimase di spalle, con la mano sulla maniglia della
porta. Si girò leggermente senza però guardarlo
in faccia “Non ti preoccupare,
ci hai già pensato tu” e chiuse la porta con un
botto.
Damon
sussultò. Si era sbagliato. Si era dannatamente
sbagliato: Bonnie non stava affatto bene e prima o poi sarebbe esplosa.
Sì,
ma quando?
Come
si permetteva? Dopo tutto quello che le aveva fatto
passare, come si permetteva d’intromettersi ancora nella sua
vita?
Era
un tale bambino! Si arrampicava sugli specchi solo per
non essere rilegato nello sfondo. Era altezzoso, adorava stare al
centro
dell’attenzione, nel bene o nel male, e non poteva sopportare
di essere
ignorato; soprattutto non da lei che fino a qualche settimana prima
pendeva
dalle sue labbra.
Bonnie
non sapeva più cosa pensare. Forse Damon desiderava
trattenerla con forza nella depressione, forse preferiva vederla sola e
infelice. Aveva continuato a ripeterle che il mondo degli umani non era
più il
suo, che avrebbe dovuto abituarsi alla sua nuova vita, che nella sua
realtà non
c’era spazio
per uno come Christopher.
In
un altro momento, in altre circostanze Bonnie avrebbe
apprezzato i consigli di Damon e magari li avrebbe anche presi in
considerazione; un tempo avrebbe pensato che il vampiro si stava
solamente
occupando del suo bene; e preso dal punto di vista logico quel
ragionamento non
faceva una piega: non era una buona idea coinvolgere Christopher in
quel casino
che era diventata la sua vita, perché non avrebbe potuto
capire, non ci avrebbe
neppure creduto. Ma Bonnie non voleva lasciarlo andare. Era un atto
egoistico e
da viziata, ne era consapevole. Non avrebbe potuto comportarsi
altrimenti: quel
ragazzo era l’unica cosa normale che le era rimasta,
ciò che condividevano era
genuino e rassicurante e la faceva stare bene. Non ci avrebbe mai
rinunciato.
Damon non poteva mettersi tra di loro.
E
poi perché doveva essere sempre così cattivo?
Perché
è
cattivo.
Doveva
immaginarselo: Damon era un vampiro centenario,
abituato a studiare l’avversario e a trovare le sue
debolezze; sapeva che tasti
toccare anche con lei.
Bonnie
soffriva molto il fatto di essere l’ultima arrivata.
Aveva passato quasi otto anni della sua vita a sentirsi insignificante.
Quando
Zach l’aveva mandata in Italia, lei aveva solo undici anni e
non ne aveva
capito la ragione. Credeva di aver fatto qualcosa di male, credeva
fosse una
specie di punizione per aver fatto infuriare suo fratello per qualche
motivo
sconosciuto. Damon e Stefan erano scomparsi, non aveva mai ricevuto una
visita
o una chiamata; e lo stesso Zach era andato a trovarla davvero poche
volte.
Bonnie era giunta alla conclusione di non essere sufficientemente
importante;
non del tutto irrilevante, solo non era
abbastanza.
Tutto
ciò aveva fatto nascere in lei un complesso
dell’abbandono/ inferiorità che non era ancora
riuscita a scrollarsi di dosso.
Damon conosceva il suo lato debole e lo usava contro di lei per farla
crollare.
Ma
quella volta non gli avrebbe dato ascolto, non si sarebbe
fatta influenzare. Damon non avrebbe rovinato la sua relazione con
Christopher;
non gli avrebbe permesso di metterle in testa certe idee.
Chris
era migliore
degli altri, era migliore di Damon e forse era proprio per quello che
il
vampiro non poteva sopportarlo.
“Bonnie,
ti senti bene? Sei stata strana per tutta la sera”
le fece notare Chris.
La
cena non era andata benissimo, per colpa sua. Era stata
taciturna per quasi tutta la sera, troppo nervosa per il suo scontro
con Damon.
I
genitori di Christopher erano stata carinissimi e molto
ospitali. L’avevano accolta gentilmente e avevano fatto finta
di non accorgersi
del malumore della ragazza. Avevano colmato i silenzi imbarazzanti con
domande
o battute divertenti, la maggior parte sull’infanzia del loro
ragazzo.
Il
signore e la signora Rydell erano molto attraenti, alti e
ben educati e Bonnie non stentava a credere che Christopher fosse
figlio loro.
Apparivano come la famiglia perfetta e lei era terribilmente
mortificata di essere
stata una tale musona.
Dopo
la cena, Christopher le aveva fatto fare un giro della
casa e infine l’aveva portata in camera sua. Bonnie si era
seduta sul letto e
il giovane aveva iniziato a raccontare la storia di un trofeo posato
sul
comodino accanto a letto; quando si rese conto che lei non lo stava
ascoltando,
le rivolse quella domanda.
Bonnie
sbatté le ciglia come scossa da un sogno “O mio
Dio!
Sono una persona orribile” si lamentò “I
tuoi mi avranno presa per pazza. Mi
dispiace così tanto di aver rovinato tutto”.
“Non
hai rovinato niente, Bonnie” la tranquillizzò lui
“I
miei genitori non sono tipi da formalizzarsi su certe cose. Hanno
capito che
c’era qualcosa che ti turbava. Sai che puoi sfogarti con me,
vero?”.
Bonnie
annuì lentamente e posò il capo sulla spalla del
ragazzo “Soliti problemi in famiglia”.
“Damon?”.
“Sì.
Mi ha detto delle cose che … beh, sa come farmi
male”.
“Non
credo che siano quelle le sue intenzioni” lo difese
Christopher mentre faceva passare un braccio intorno alla vita di
Bonnie e la
faceva stendere accanto a lui sul letto “Vuole fare il meglio
per te”.
“Non
sa che cos’è meglio per me; non lo ha mai
saputo”
dichiarò lei con un moto di ostinazione “Vorrei
solo che sparisse dalla mia
vita, almeno per un po’ ”.
“Ok,
ora cominci a preoccuparmi” si allarmò Christopher
“Perché ce l’hai a morte con lui? Ti ha
fatto qualcosa?”.
“Niente
di serio” Bonnie fu costretta a sminuire anche se
moriva dalla voglia di raccontargli tutto “Vuole solo
controllarmi, ma non è
mio fratello e non ne ha nessuno diritto”.
“Sei
così arrabbiata che sprigioni energia negativa per
tutta la stanza” scherzò lui “Vediamo se
riesco a distrarti” e in un attimo le
fu sopra.
Bonnie
trattenne il respiro sentendo le sue mani
accarezzarle i fianchi. Il ragazzo scese sulla sua bocca e
iniziò a
massaggiarle lentamente con le proprio labbra.
In
un istante tutte le preoccupazioni di Bonnie svanirono e
tutto ciò che le importava era il corpo del giovane premuto
contro il suo e le
sue dita che erano scivolate appena sotto la maglietta a sfiorarle la
pancia.
Brividi
cominciarono a correrle lungo la pelle elettrizzata
da quei tocchi provocanti.
“Ci
sono riuscito?” domandò Christopher in un sussurro.
“Direi
di sì” gli sorrise lei “Chi è
il ragazzo nella foto?”
domandò di gettò non appena vide una cornice
appesa alla parete proprio di
fronte a loro. Christopher si girò leggermente a guardarla
“Oh … è … mio
fratello, ora è al college”.
“Non
mi hai detto di avere un fratello”.
“Ci
sono un sacco di cose che non sai di me” la prese in
giro lui, stampandole un bacio sulla bocca “Ad esempio a
quest’ora scendo
sempre a guardare la pagina sportiva con mio padre. Ti vuoi
unire?”.
“Grazie,
ma passo” declinò lei “Credo che
aiuterò tua mamma
a sparecchiare, così magari mi farò
perdonare”.
Entrambi
scesero nel soggiorno e Bonnie raggiunse subito la
signora Rydell in cucina, che stava sciacquando i piatti prima di
metterli in
lavastoviglie.
“Posso
darle una mano?”.
“Non
preoccuparti, cara, ho quasi finito” le sorrise
dolcemente la donna.
“Mi
dispiace di essere stata così intrattabile a cena.
È che
ho litigato con mio zio prima di venire qua ed ero ancora un
po’ scossa”.
“Non
ti devi scusare, non sei stata affatto intrattabile” la
calmò “Comunque ti capisco, non deve essere facile
convivere con due ragazzi
così giovani. Dovrebbero occuparsi di te e probabilmente non
sono nemmeno in
grado di occuparsi di se stessi” scherzò.
Bonnie
ridacchiò “Lei ne deve sapere qualcosa. Voglio
dire
ha cresciuto due figli”.
L’espressione
della donna si fece d’un tratto confusa “Che
vuoi dire?”.
“Ho
visto la foto del fratello di Chris di sopra. Deve
essere stato difficile gestire due maschi, no?”.
“Tesoro,
ti devi essere confusa. Christopher è figlio
unico”.
Bonnie
ci rimase di sasso. Strinse gli occhi sconcertata e
si guardò intorno smarrita senza comprendere che cosa stava
accadendo.
“Mi
scusi tanto, ma devo proprio andare. Si è fatto
tardi”
balbettò prima di andare in salotto, agguantare la sua
giacca e la sua borsa e
volare fuori dalla quella casa alla velocità della luce.
“Ehi!
Miss Inquietudine”.
Vedere
Damon in giro di mattina presto era un evento
inusuale; vedere Damon in giro di mattina presto nei pressi della
scuola era un
evento più unico che raro; vedere Damon in giro di mattina
presto nei pressi
della scuola e in cerca di Meredith Sulez era un evento epico.
Per
questo gli occhi sospettosi della ragazza non lo
abbandonarono un secondo mentre le si avvicinava con fare guardingo.
“Non
ho tempo, Damon”.
“Mi
servono solo cinque minuti” le chiese lui “Mi devi
fare
un favore”.
Meredith
inarcò le sopracciglia “Di che cosa si
tratta?”.
“Di
Bonnie e Christopher”
spiegò Damon “Ieri sera Bonnie è andata
a casa sua ed è tornata sconvolta.
C’è qualcosa che non va nel loro
rapporto. Vorrei che li tenessi d’occhio e che mi avvertissi
se notassi
qualcosa di strano”.
“Perché
lo stai chiedendo a me?”.
“Perché
Caroline e Elena si farebbero prendere dal panico e
farebbero solo dei gran danni”.
“Scusami
Salvatore ma non sono la tua spia” si rifiutò e
gli
diede le spalle iniziando a camminare.
“Andiamo
Meredith” la seguì lui insistente
“Bonnie è in un
momento delicato, è facilmente plagiabile, darebbe piena a
fiducia a chiunque
non sia del nostro gruppo. Non dirmi che tutto questo ti sembra
normale. Sei
una ragazza intelligente e credo che ti sia accorta che Christopher
è un po’
troppo interessato a Bonnie”.
Meredith
si fermò “Ti ascolto”.
“Correggimi
se sbaglio, ma Bonnie ultimamente esce solo con
lui – Meredith annuì e il vampiro
proseguì nel suo discorso- chiunque le
avrebbe consigliato di cercare di sistemare il rapporto con voi e
invece quello
che fa? Non la molla un secondo e sembra quasi contento che lei non
abbia più
amici”.
“Mi
trovo d’accordo con te” confessò
Meredith “E’ da un po’
che li osservo qui a scuola e sai … non è tanto
il comportamento di Bonnie che
mi stupisce ma quello di Christopher. Voglio dire tra di noi ci sono
state
delle incomprensioni, è normale che lei preferisca starsene
un po’ lontana, ma
lui? Non l’ho mai visto con nessuno. A parte qualche parola
scambiata in
classe, Christopher non ha nessun amico”
“Stai
dicendo che mi aiuterai?”.
“Forse
ti sembrerò paranoica e un po’ possessiva, ma
credo
che quando delle amiche litighino, si debba far di tutto per sistemare
le cose.
Bonnie per il momento non è disposta a farlo e non penso
siano tutte sue idee.
Non dico che Christopher l’abbia di proposito messa contro di
noi, ma forse è
così felice di averla tutta per sé che vuole
tenersela stretta”.
“Bene”
asserì Damon “Tienimi aggiornato”.
Meredith
rispose con un cenno di assenso e proseguì verso la
scuola mischiandosi tra i suoi compagni.
Damon
ritornò alla macchina, sollevato di aver trovato
finalmente qualcuno che condividesse la sua idea. Meredith era sveglia
e
sarebbe stata un’alleata perfetta.
“Saranno
vent’anni che non ti vedo, Salvatore”.
La
mano di Damon si bloccò sulla maniglia della portiera. Si
voltò piuttosto scocciato, chiedendosi chi osasse
importunarlo. Appena
riconobbe la figura davanti a lui, agghiacciò fiutando guai
all’orizzonte.
“Ho
sentito che mi stavi cercando”.
Merda.
“Then I saw,
what it was, that I had done
And last night we fell apart,
and broke to
pieces
Our love was in the hall, all packed in boxes
And I saw, what it was, that I had done to you
I was wrong, I
was wrong
I was wrong, I was wrong”
(I was wrong-
Sleeperstar).
Il mio
spazio:
Buon
venerdì sera a tutteee!
Ho
aggiornato con un capitolo un po’ più lungo del
solito. Ho sentito che era il momento di dare un po’
più spazio anche ad altri
personaggi e forse mi sono lasciata un po’ prendere la mano,
ma spero di aver
scritto qualcosa ugualmente interessante. Sapete che ho sempre paura di
cadere
nel noioso =D
Cominciamo
dall’inizio:
-
Bonnie
inizia finalmente a
riprendersi e il merito è quasi tutto di Christopher. Ho
letto dai commenti che
una parte di voi è pro- Christopher e l’altra
è contro. Sono contenta che nel
bene o nel male abbiate sviluppato un certo interesse per questo
personaggio.
Bonnie, forse non sta ancora bene (come sostiene Alaric e come comincia
a
credere Damon), ma di certo con Chris si sente bene e per ora
è tutto ciò che
le importa. Lui non sa quanto gravi siano i veri problemi di Bonnie e
per
questo non le pressioni, le parla s’altro, la fa divertire e
soprattutto la fa
sentire come l’unica ragazza sulla terra. Invito ufficiale
alla fiera di
primavera, presentazione ai genitori che sembrano perfetti tanto quanto
il
figlio; insomma un sogno d’amore in piena a regola, ma
qualcosa arriva a
rovinare tutto. Il fratello di Christopher esiste o no? E se non
esiste, perché
lui le ha mentito?
Non
preoccupatevi, nel prossimo
capitolo tutti i nodi verranno al pettine e verrà data una
spiegazione più che
logica.
-
Tyler
e Caroline iniziano ad avere
delle divergenze su come affrontare la questione dei lupi mannari.
Prima di
tutto vi ricordo ancora (probabilmente non mi sopporterete
più) che non sto
ripercorrendo la secondo stagione di TVD. Ho preso ispirazioni sia dal
libri
sia dalla serie; la base di partenza può essere la stessa ma
porterà a
risultati molto diversi, per cui in questa storia non vedrete mai Tyler
versione lobotomizzato che se ne sta a guardare mentre Caroline viene
spalmata
contro una roulotte con una pistola puntata alla testa ( vedi 2x13).
Qui
nessuno zio Mason è stato ucciso e Caroline è
stata sincera fin dall’inizio,
perciò Tyler non ha motivo di non fidarsi di lei. Questo non
toglie che i due
abbiano idee diverse.
-
Damon
ha due problemi: il primo
riguarda i lupi mannari, il secondo Bonnie.
Ho
voluto esplorare un po’ la sua
amicizia con Alaric perché credo che sia l’unico
che possa infilargli un po’ di
senno in testa ed è l’unico cui Damon dia retta.
Alaric gli fa notare che
Bonnie non sta così bene come tutti pensano e che forse
sarebbe meglio starle
vicino perché potrebbe esplodere e arrabbiarsi sul serio
senza via di ritorno.
Poi
c’è la questione Christopher. Credete
che Damon sia solo molto possessivo e anche un po’ geloso o
che abbia ragione? Potrebbe
essere entrambe le cose; sta di fatto che Damon inizia a capire quanto
gli
manchi non essere più il punto di riferimento di Bonnie;
ovviamente non sto
ancora parlando in senso romantico, ma servirà per fare
passi avanti. Damon non
aveva valutato di tenere così tanto alla ragazzina e magari
capirà di dover
lottare di più per tenersela stretta, perché da
un momento all’altro potrebbe arrivare
un qualunque Justin Bieber a portargliela via.
Infine
stringe una strana alleanza
con Meredith, l’unica ad avere notato il comportamento
ambiguo di Christopher.
E
poi chi è l’ultimo personaggio che
è entrato in scena? Damon non sembra molto felice di vederlo
e nel prossimo
capitolo scoprirete che ne ha tutte le ragioni.
Ho
postato a fine capitolo le foto delle tre
macchina che ho immaginato per Bonnie, Damon e Stefan. AriaSolis me
l’aveva
chiesto nella recensione e ho pensato che anche a qualcun altro avrebbe
fatto
piacere.
Potrei
fare la stessa cosa con i personaggi della
mia storia. Potrei caricare le foto dei protagonisti dal prossimo
capitolo, se
vi va. Fatemi sapere che ne pensate.
Ringrazio
moltissimo tutti voi che recensite,
leggete e seguite questa storia. Mi date il giusto entusiasmo per
andare avanti
=)
Ci
vediamo tra due settimane,
Fran
;)
Bonnie
Damon
Stefan
(per questa mi sono ispirata a quella della serie tv).
|
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Capitolo 22 *** Even if you cannot hear my voice ***
Ashes &Wine
Capitolo ventidue: Even if you cannot hear
my voice.
“You don't even
know the meaning of the words "I'm sorry"
You said you would love me until you die
And as far as I know you're still alive, baby
You don't even know the meaning of the words "I'm sorry"
I'm starting to believe it should be illegal to deceive a woman's
heart”
(Illegal-
Shakira).
Meredith
stava scarabocchiando l’angolo del suo quaderno di
matematica da qualche minuto. Era la sua materia preferita, ma al
momento non
aveva proprio la testa per stare attenta alla lezione.
Stava
ancora pensando alla conversazione avuta con Damon. Le
era parso strano che avesse chiesto aiuto proprio a lei, considerando
che non
erano esattamente in buoni rapporti, ma d’altro lato la
rincuorava.
Quando
Bonnie il giorno prima aveva chiesto loro un po’ di
spazio per stare da sola, le era parso subito un po’
avventato.
Che
la ragazza fosse sconvolta, era chiaro. E Meredith
trovava anche sensato non riallacciare subito i rapporti come se niente
fosse
successo.
Ma
ormai erano passate due settimane e si sarebbe aspettata
qualche progresso e non un altro allontanamento.
Era
convinta che bisognasse lavorare insieme per risolvere
le incomprensioni e temeva che se Bonnie si fosse attaccata troppo a
Christopher, sarebbe finita per dimenticarsi di tutte loro.
Meredith
odiava non poter rimediare ai suoi errori, odiava
che non le venisse nemmeno data la possibilità e incolpava
Christopher per
questo.
All’inizio
aveva pensato di essere paranoica, di manifestare
una gelosia ritorta nei confronti del ragazzo, perché era
colui che teneva
Bonnie lontano. Il discorso che Damon le aveva fatto poco prima fuori
da scuola
era stato rivelatore.
Non
che il vampiro fosse proprio il miglior termine di
paragone, in fondo era la quintessenza della paranoia,
possessività e gelosia,
ma era anche intuitivo e aveva una certa capacità di
classificare le persone.
Di certo essere al mondo da così tanto tempo lo aveva
aiutato a studiare con
attenzione tutto ciò che lo circondava. Per assurdo,
Meredith in quel frangente
si fidava del giudizio di Damon, perché lei stessa aveva
avuto la stessa
impressione.
La
campanella di fine lezione iniziò a suonare e la ragazza
quasi non se ne accorse da tanto era immersa nelle sue valutazioni.
Vedendo
che tutti avevano ritirato la propria roba e stavano
lasciando l’aula, anche lei fece lo stesso. Una volta in
corridoio ebbe la
prova di ciò che le aveva riferito Damon.
Bonnie
le passò davanti senza nemmeno notarla; aveva gli
occhi stanchi e sembrava molto turbata, stringeva i libri al petto in
maniera
nervosa guardandosi intorno come se avesse paura di incontrare
qualcuno. Doveva
essere successo qualcosa la sera prima con Christopher.
Meredith
la seguì fino all’armadietto e non resistette
“Bonnie,
stai bene?”.
La
rossa sobbalzò al suono della voce della mora e si
girò
di scatto; un quaderno le scivolò di mano e cadde in terra.
Si chinò per
raccoglierlo e approfittò di quel momento per risponderle
senza guardarla negli
occhi “Certo, va tutto bene”.
Meredith
non era il tipo da credere alla prima bugia buttata
lì senza nemmeno troppa convinzione. Le pareva quasi che
Bonnie da una parte
non volesse esporsi, dall’altra che volesse confidarsi.
“Sei
sicura? Sai che con me puoi parlare e che non dirò
niente ad anima viva”. Eccetto
Damon, ma
dopotutto non è un’anima viva.
“Niente
d’importante … voglio dire, ci sarà
sicuramente una
spiegazione logica” disse Bonnie in un susseguirsi di parole
che avevano senso
solo nella sua testa.
“Spiegazione
per cosa?” insistesse Meredith che iniziava a
preoccuparsi.
“Giurami
che non lo dirai né ad Elena né a
Caroline” le fece
promettere, sicura che le due sarebbe corse subito da Stefan a
raccontare
tutto.
“Non
ne farò parola con loro” garantì
Meredith.
“Ieri
sera Christopher mi ha detto una cosa sulla sua
famiglia e poi … sua madre me l’ha
smentita” dallo sguardo di Meredith capì di
essere stata ancora più confusionaria di prima
e si spiegò meglio entrando nei dettagli
“Ha detto di avere un fratello.
Al momento mi è sembrato strano perché non me ne
aveva mai parlato, ma non ci
ho dato molto peso, fino a che sua madre non mi ha detto che
Christopher è
figlio unico”.
“E
lui come ha replicato?”.
“Non
c’era quando ne ho parlato con la madre. Sono scappata
subito, non credo nemmeno sappia il motivo del mio comportamento. Mi ha
chiamato un sacco di volte ma non ho mai risposto”.
Meredith
corrugò la fronte non sapendo che pensare
“Perché
dirti di avere un fratello se non è vero? A che
scopo?”.
“Ho
provato ad immaginarmi per tutta la notte il motivo per
cui mi abbia mentito, ma onestamente non riesco a pensare a niente di
verosimile”.
“Oggi
non l’hai ancora incontrato?”.
“No”
negò Bonnie “Stamattina c’era un
allenamento
straordinario della squadra di football, i giocatori sono tutti
esonerati dalle
lezioni. Dovrebbero tornare dopo pranzo”.
“Forse
posso controllare nell’archivio della scuola.
L’anno
scorso davo una mano in segreteria. Userò
l’account di Alaric … conosco la sua
password da mesi e non se n’è mai
accorto” propose Meredith “Raggiungimi in
biblioteca quando hai finito di mangiare, ok?”.
“Grazie,
Mere” le disse Bonnie; sapeva che poteva fidarsi di
Meredith. Tra tutte era quella che aveva cercato di essere il
più sincera
possibile. In più era una ragazza riflessiva, razionale e
molto pratica e il
suo giudizio di solito era obiettivo e piuttosto azzeccato.
La
mora le strinse una spalla in segno di conforto, poi la
sorpassò, diretta alla lezione successiva.
Damon
ci aveva dannatamente visto giusto. Christopher
nascondeva qualcosa di grosso e Bonnie sarebbe stata l’unica
a rimetterci. Ancora.
Non
ci poteva credere.
Di
tutte le sfortune che gli erano piovute in testa, quella
era la più eclatante. Da più di
vent’anni non vedeva quel maledetto spaccone.
Fred Lehmann era il lupo
mannaro che più aveva odiato in tutti i suoi cinquecento
anni di vita.
Ricordava
ancora quando ci era quasi rimasto secco. Avrebbe
voluto staccargli il collo, ma era stato drogato con la verbena, era
debole e
il vigliacco era scappato prima che lui potesse mettergli le mani
addosso.
Non
ne aveva più sentito parlare e mai avrebbe pensato di
rivederlo. Mai avrebbe pensato che il lupo avesse il coraggio di
affrontarlo di
nuovo.
Eppure,
eccolo lì, invecchiato di vent’anni, ma con la
stessa identica espressione di sfida e con la stessa voglia di creare
problemi.
Erano
in un luogo pubblico, ma in quel momento tutti gli
studenti erano in classe e attorno a loro c’era il deserto.
Damon allertò i
sensi e si preparò per un eventuale attacco. E quella volta
non lo avrebbe
lasciato andare vivo.
“Chissà
perché ma temevo che tu saresti stato la mia nuova
spina nel fianco” gli disse avvicinandosi.
“Speravo
in un saluto più caloroso … dopo tutto questo
tempo” lo stuzzicò l’altro.
“Ok,
per qualunque cosa tu sia qui, finiamola in fretta
perché ho altro di cui occuparmi”
tagliò corto Damon “Fammi indovinare: la
solita storia della vendetta? Seriamente, dopo vent’anni
è andata fuori moda”.
L’altro
uomo rise amaramente “Immagino che sarà meglio non
aspettarmi delle scuse da parte tua. Credevo che la biondina da cui sei
così
preso ti avesse insegnato un po’ di umanità. Per
la cronaca: è fuori moda
innamorarsi di nuovo della ragazza di tuo fratello”.
Damon
indurì gli occhi. Come faceva a sapere di Elena?
“Da
quanto mi stai spiando?”.
“Da
qualche settimana” rivelò Fred “Ero
venuto qua per
tutt’altri motivi. Se avessi mantenuto un profilo basso
nemmeno avrei scoperto
che ti eri trasferito qui; ma voi vampiri dovete sempre fare le scene
plateali”.
“Arriva
al punto. Io sono immortale, ma tu, se continui così,
potresti morire di vecchiaia ancora prima di avermi detto cosa
vuoi”.
“Non
mi piace minacciare tirando in ballo persone che non
c’entrano niente, soprattutto se si tratta di umani
innocenti, ma dato che voi
vampiri avete toccato ciò che non dovevate, io mi sento
libero di fare lo
stesso con la tua bionda. O anche con quella ragazzina rossa che vive
in casa
tua”.
Damon
si diede altri cinque minuti prima di saltargli
addosso. Quel lupo andava nella sua città, invadeva il suo
territorio, si
permetteva di sfidarlo e di minacciare le sue ragazze. Se
quell’uomo non aveva
un desiderio di morte, allora era completamente impazzito. Non
c’era altra
soluzione.
“Non
ho toccato niente. Non so neppure di cosa stai
vaneggiando. So solo che sto per strapparti il cuore una volta per
tutte. Hai
un ultimo desiderio?”.
“La
ragazza che avete rapito”
iniziò Fred “E’ mia
figlia”.
Damon
contrasse la mascella. Questa non se l’aspettava. Un
padre in modalità “proteggi la prole”
era un elemento molto pericoloso. Se tale
padre era pure un lupo mannaro, allora la faccenda si faceva veramente
seria.
“Non
c’entro niente in quella storia. Non l’ho rapita
io,
non so neanche che faccia abbia tua figlia. Se mi passasse davanti, la
riconoscerei solamente per l’odore di cane”.
“Non
sono venuto qui per giocare a chi fa le battute
migliori, Salvatore” annunciò Fred
“Voglio proporti un patto: mia figlia per le
tue ragazze. Tu e i tuoi amichetti ci lascerete stare e io non
torcerò un
capello a nessuno di voi”.
“Io
ho un’idea migliore: ti uccido subito e mi tolgo il
pensiero”.
“Se
mi uccidi, altri ti verranno a cercare. Noi ci muoviamo
in branco e qualcuno verrà a vendicare la mia
morte” lo avvertì Fred per nulla
intimorito “E anche se riuscissi a scappare, questa volta non
puoi pensare solo
a te stesso …”.
“Perché
vorresti una
tregua?” Damon si fece sospettoso.
“Perché
sono venuto qui con la mia famiglia solo per aiutare
Tyler. Non ho intenzione di essere coinvolto nei casini di voi vampiri.
Voglio
semplicemente fare finta che tu non sia nemmeno qui. Ti do la mia
parola che
nessuno ti farà del male durante la luna piena. E quando
Tyler sarà in grado di
cavarsela da solo, ce ne andremo per sempre”.
Damon
arricciò le labbra “Scusami se non ti stringo la
mano”
berciò “Tanto per essere chiari:
fingerò di crederti; ma al primo passo falso,
ti farò rimpiangere di non essere morto vent’anni
fa”.
“Hai
cominciato tu questa battaglia, Salvatore” gli
ricordò
Fred prima di dargli le spalle e allontanarsi con le mani in tasca.
Damon
rimase a fissarlo finché non scomparve dietro
l’angolo, poi mandò un messaggio a Stefan
chiedendogli di incontrarsi nel
parcheggio della scuola.
Mentre
lo aspettava in macchina, considerò che la vita era
una vera puttana e che il karma ne era un degno consorte ed entrambi
avevano
uno strumento molto efficace per fotterti: il passato che ritorna, il
passato
che ti tormenta.
Damon
nella sua esistenza aveva compiuto gli atti peggiori
che si potessero immaginare ed era certo che prima o poi le conseguenze
gli
avrebbero dato la caccia fino a fargli purgare tutto il male che aveva
causato.
Certamente
non si sarebbe mai sognato che la punizione per
tutte le sue scelleratezze gli sarebbe piombata addosso in una volta
sola.
Evidentemente
non bastava l’improvviso l’innamoramento per
Elena che lo stava rammollendo a poco a poco, non bastava
l’astio di Bonnie,
non bastava Katherine che cercava in tutti i modi di farli impazzire o
la
minaccia incombente di Klaus, non bastava nemmeno avere tra le palle
quel
grandissimo imbecille di Christopher, buono solo ad insidiare la rossa
per
chissà quali voglie; oltre a tutto ciò, ci si
metteva anche un lupo mannaro
potenzialmente pericoloso, in cerca di vendetta e deciso a proteggere
la
figlia.
Stefan
aprì la portiera di destra e si sedette di fianco al
fratello “Spero che sia una cosa importante. Ho dovuto
soggiogare l’allenatore
per far finire l’allenamento prima del previsto. Che cosa
c’è di così urgente
da mettere un’intera fila di punti esclamativi a fine
messaggio?” domandò
piuttosto irritato.
“Qual
è la cosa peggiore che potrebbe capitare?”.
“Ok,
se hai intenzione di parlare per indovinelli, me ne
torno in classe”.
“Aspetta
un attimo, vampiro emo” tornò
all’istante serio
Damon “Ho incontrato uno dei lupi mannari che si aggirano nel
bosco”.
“C’è
da nascondere il cadavere? È per questo che mi hai
chiamato?”.
“Non
sto giocando a GTA*, Stef” lo smorzò Damon
“Non
massacro ogni persona che incontro. Ha detto di voler stringere una
tregua.
Pare che siano venuti solo per aiutare Tyler e non hanno intenzione
d’incominciare una guerra con noi vampiri; mi ha dato la sua
parola”.
“Non
ne sembri convinto”.
“Ho
già incontrato quell’uomo, più o meno
vent’anni fa”
raccontò Damon “Mi ha colto di sorpresa,
è riuscito a stordirmi con la verbena
e mi ha quasi ucciso. Non aveva tenuto conto che un vampiro di
cinquecento anni
non è così facile da mettere fuori
gioco”.
“Se
ha già cercato di ucciderti una volta, ci
riproverà”
concluse Stefan altrettanto preoccupato, senza esserne però
stupito. Damon si
era fatto molti nemici, tra cui parecchi licantropi. Non era una
novità che lo
volessero morto definitivamente.
“Questa
volta è diverso” puntualizzò Damon
percependo i
pensieri del fratello “Questo qui ha un motivo per volere la
mia testa”.
Stefan
aspettò in silenzio che l’altro vampiro gli
rivelasse
la ragione.
“E’
orfano di madre per colpa mia”.
Stefan
chiuse gli occhi lentamente, rassegnato. Erano
fregati.
“L’avevo
incontrata in un bar, era molto che non mi nutrivo
e la situazione mi è sfuggita di mano. Non aveva scatenato
la maledizione
quindi non avevo idea che fosse un lupo mannaro, non pensavo che
qualcuno
potesse intuire il coinvolgimento di un vampiro. Suo figlio mi ha
cercato per
molti anni, finché non mi ha trovato vent’anni fa.
Il resto lo sai”.
“Perché
l’hai lasciato andare? Potevi liberartene subito …
non dirmi che ti sei fatto prendere dai sensi di colpa!”.
“NO!”
Damon lo guardò come se avesse ricevuto il peggiore
degli insulti “Se l’avessi ucciso, altri sarebbero
venuti a vendicarlo. Volevo
evitare di scatenare una reazione a catena”.
In
realtà l’aveva fatto per proteggere Elena e
Bonnie; era
ovvio che le due fossero nel mirino di quegli animali, erano la loro
merce di
ricatto.
Se
lui avesse anche solo ferito Fred o qualcuno della sua
famiglia, tutto il branco sarebbe piombato sulle sue ragazze.
“Quindi
cosa facciamo?” chiese Stefan “Aspettiamo e
speriamo
che mantenga la parola data?”.
“Aspettiamo”
concordò Damon guardando dritto davanti a sé
“Ultimamente non possiamo fare altro”.
Bonnie
fece rotolare con la forchetta un’oliva
nell’insalata
che aveva comprato poco prima alla mensa.
Non
aveva fame, nemmeno un po’, ma si era sforzata di
mandare giù qualcosa almeno per arrivare fino a sera.
Era
contenta di aver parlato con Meredith, anzi si sentiva
sollevata. Non le piaceva tenere tutto dentro e non ne era neanche
capace.
Bonnie
era una ragazza molto riflessiva, rimuginava e
ripensava e spesso arrivava a conclusioni sbagliate, affrettate e
totalmente
campate per aria.
D’altronde,
si era detta, c’erano sicuramente un mucchio di
motivi per cui un ragazzo avrebbe potuto inventarsi un fratello. Al
momento non
gliene veniva in mente nessuno, ma ci dovevano per forza essere.
E
se Christopher non le avesse dato una motivazione
convincente, allora Meredith avrebbe potuto aiutarla a vederci chiaro.
Bonnie
aveva intenzione di parlare con il suo ragazzo (ora
si permetteva di considerarlo suo);
e
se non si fosse fatta prendere dal panico, gli avrebbe anche chiesto
subito
spiegazione.
Ma
Bonnie aveva sviluppato proprio un disgusto e
un’intolleranza verso i segreti e le bugie, di qualunque
tipo, anche a fin di
bene.
Troppe
volte le persone cui voleva bene l’avevano tenuta
all’oscuro dei fatti, troppo volte aveva assaggiato il gusto
del tradimento e
non desiderava provare di nuovo quella sensazione. Perciò
aveva ignorato le
chiamate e i messaggi che Christopher le aveva lasciato la sera prima,
perché
aveva preferito passare la notte fingendo che niente fosse successo,
aveva
preferito riflettere, dormirci un po’ su e affrontare la
faccenda con più calma
il giorno successivo.
Era
comunque spaventata da ciò che Christopher avrebbe
potuto dirle; il ragazzo costituiva il suo unico appiglio per il
momento e
perderlo avrebbe significato essere di nuovo sola.
Tutti
gli altri premevano per riallacciare i rapporti, si
davano tutti un gran da fare per starle vicino, ma lei non riusciva
proprio a
passare sopra alle loro divergenze. Aveva solamente bisogno di ancora
un po’ di
tempo; il tempo avrebbe sistemato tutto, ma Christopher …
era colui che non la
faceva sentire persa.
“Bonnie”.
La
ragazza gelò sul posto e fece cadere la forchetta.
O
no! Non subito, non adesso! Era nel pieno delle sue
meditazioni, non era psicologicamente pronta.
Non
si girò né rispose, ma Christopher non demorse e
si
sedette di fronte a lei fissandola intensamente.
“N-
non avevi l’allenamento?” chiese Bonnie balbettando
un
po’.
“Il
coach ci ha lasciati andare prima” spiegò
Christopher
chiaramente poco interessato a quell’argomento “Va
tutto bene, Bonnie?”.
“Uh,
uh” mugugnò la ragazza mentre masticava una bella
forchettata d’insalata.
“Sei
sicura? Perché ieri sera sei scappata da casa mia senza
nemmeno salutare e non hai risposto a nessuna delle mie chiamate. Mi
stai
evitando?”.
“Evitando?
No, perché mai …” mentì (per
altro in modo
pessimo).
“Ti
stai comportando in modo strano. È perché non
vuoi più
venire alla fiera con me? Ti ho infastidita in qualche modo?”.
Davvero
non s’immagina
nemmeno perché sto facendo così.
“Niente
del genere” dichiarò Bonnie con una voce
innervosita.
“Bon,
dimmi che c’è che non va” le
domandò il ragazzo “Se ho
fatto qualcosa di male, mi dispiace tantissimo e voglio
rimediare” la scrutò
con i suoi occhi chiari e limpidi, così intensi che la rossa
non poté reggerli
a lungo e alla fine cedette.
“Ieri
sera in camera tua mi hai detto di avere un fratello
che è al college, ricordi?” incominciò
e quando lo vide annuire proseguì “Tua
madre sostiene che sei figlio unico … ora mi chiedo come la
cosa sia possibile”.
Christopher
rimase impassibile per qualche secondo, poi si
sciolse in un lungo sospiro e abbassò la testa. Quando la
rialzò i suoi occhi
erano lucidi.
Bonnie
si allarmò tendendosi istintivamente verso di lui con
la mano. Studiando l’espressione del ragazzo,
sentì di aver commesso un errore,
di averlo ferito ma davvero non riusciva ad immaginarsi in che modo.
“Mi
dispiace è colpa mia … avrei dovuto dirtelo
subito ieri
ma n- non … stavamo bene e non volevo rovinare il momento
con …” una lacrima
gli scivolò sulla guancia ma lui la spazzò via
prontamente con un gesto della
mano.
“Chris,
mi stai facendo preoccupare”.
“Io
avevo un fratello” disse lui “E’ morto un
anno e mezzo
fa in ospedale. Aveva avuto un attacco di appendicite ed era stato
ricoverato.
L’operazione era di routine ma qualcosa è andato
storto” raccontò “Mia mamma ne
è stata devastata più di tutti, è
entrata in depressione e ha cominciato a
negare la sua morte, come se non fosse mai esistito. Da qualche mese va
da uno
psicologo e sta migliorando, ma con le persone che non conosce bene ha
ancora
una specie di blocco”.
Bonnie
ascoltava senza parole “Perché mi hai detto che
era
all’’università”.
“Perché
mi è sembrata la scelta più semplice. Io non me
la
sentivo ancora di parlartene e non volevo nemmeno rattristirti o
metterti in
imbarazzo. Lo so che sembra stupido … io sono stato stupido;
ma da quando mi
sono trasferito qui non ne ho mai parlato con nessuno. Non ho nessuno
con cui
parlare di questa cosa e alla fine me la sono tenuta dentro continuando
a
rimandare”.
Bonnie
si portò una mano agli occhi vergognandosi di se
stessa. Aveva pensato le cose peggiori, aveva dubitato al primo segnale.
Se
solo avesse saputo che
Christopher era nella sua stessa situazione.
“Te
l’avrei detto prima o poi. È che la ferita
è ancora
fresca e a volte mi sembra che nessuno possa capirmi; sai come ci si
sente?”.
Eccome
se lo so.
Si
sentiva una persona orribile; essere scappata in quel
modo, saltare alle conclusione senza chiedere chiarimenti. Si era
ripromessa di
finirla con le bugie, di andare sempre dal diretto interessato e non
pensare
subito male.
Non
aveva potuto evitarlo: con tutto quello che le era
successo, ormai fidarsi delle persone era diventato difficile. Al primo
sospetto era portata a credere che le stessero nascondendo qualcosa di
brutto,
qualcosa che l’avrebbe ferita.
Damon.
Era tutta colpa di Damon se si stava piano, piano
trasformando in una ragazza diffidente con strane manie di persecuzione
e
complotti.
“Chris”
lo chiamò Bonnie dolcemente alzandosi. Si portò
dietro di lui, si abbassò sul collo del ragazzo nascondendo
il viso e gli
accarezzò i capelli “Ti capisco, non hai nemmeno
idea di quanto ti capisca e mi
dispiace così tanto
…”.
Christopher
le circondò i fianchi e se la fece scivolare
sulle ginocchia “Dove sei stata nascosta tutto questo
tempo?”.
“Sotto
al letto” ridacchiò Bonnie.
La
sera dopo Meredith era ancora più dubbiosa del giorno
prima.
Era
nell’appartamento di Alaric e avrebbe dovuto godersi
quel tempo con lui, dato che non si erano praticamente visti per un
mese.
Alaric
era stato impegnato in Scozia per fare delle
ricerche, poi era tornato ma Damon lo aveva sequestrato per le loro
bevute al
bar, per le pattuglie in giro per la città, per altre
ricerche e per ogni altra
cazzata che veniva in mente al vampiro.
Alaric
avrebbe tanto voluto sottrarsi ma sapeva che il suo
amico era leggermente instabile e preferiva tenerlo d’occhio
di persona
piuttosto che lasciarlo andare libero di combinare casini.
I
momenti che poteva trascorrere con la sua ragazza erano
davvero pochi e Meredith si sentiva parecchio in colpa di avere la
testa
completamente da un’altra parte quella sera.
Il
giorno prima Bonnie era corsa da lei immediatamente dopo
aver chiarito con Christopher e le aveva raccontato tutto.
Francamente
la spiegazione le era parsa completamente assurda,
ma aveva visto la sua amica così euforica per il fatto che
Chris non stesse
facendo nulla di male, che non era proprio riuscita a rovinarle la
festa.
La
mora aveva fatto delle ricerche e aveva scoperto cose
interessanti ma niente di compromettente, niente che potesse suggerirle
che
Bonnie fosse in pericolo.
Perché
poi avrebbe dovuto esserlo? Christopher era un bravo
ragazzo e aveva sempre trattato Bonnie come una principessa; possibile
che
Damon le avesse instillato quel dubbio così insistente? Che
prove avevano?
L’istinto.
Il
suo istinto le urlava praticamente che c’era qualcosa di
sbagliato in quel quadro perfetto e pure Damon era del suo stesso
avviso. Non
che quella per lei fosse una gran discriminante, ma aveva dovuto
ammettere che
il vampiro poteva anche essere un omicida psicopatico senza rispetto
per la
vita umana, ma non era uno sprovveduto.
“Alaric
ti devo dire una cosa” proruppe Meredith
interrompendo il fidanzato.
“Non
hai sentito una sola parola di quello che ti ho detto,
vero?” Alaric alzò un sopracciglio.
“Assolutamente
no” confermò Meredith “Si tratta di
Bonnie”.
Alaric
tagliò un pezzo di carne e attese che la sua ragazza
continuasse.
“Ieri
Damon mi ha cercata: voleva parlarmi di Christopher;
ha detto di non fidarsi, che stava prendendo in giro Bonnie”.
“O
no, è venuto addirittura da te?!” si
stupì lui “Damon non
sa più nemmeno da che parte è girato. Ho
completamente rovinato il suo rapporto
con Bonnie e invece di rimediare, punta il dito contro gli
altri”.
“Io
gli credo”.
Alaric
strabuzzò gli occhi “Gli credi?”.
“Gli
credo!”.
“Fai
sul serio?”.
“In
realtà mi ha solo confermato un sospetto”
precisò
Meredith “Mi sembra che Christopher sia troppo attaccato a
Bonnie. Non ha un
amico, non esce mai con nessuno e ultimamente si è
concentrato solo sulla sua relazione
con Bonnie. Ho paura che la stia allontanando da noi e penso che lo
stia
facendo intenzionalmente”.
“E’successo
qualcos’altro, giusto?” insistette il ragazzo
“So che ti fidi del tuo istinto, ma non saresti
così preoccupata se non avessi
qualcosa di concreto”.
Meredith
gli riportò tutto ciò che Bonnie le aveva
confidato. Non esitò un attimo a raccontare tutto per filo
per segno, non lo
aveva preso come un tradimento di fiducia nei confronti
dell’amica, era solo un
tentativo di proteggerla. E se anche Alaric le avesse dato ragione,
allora
sarebbe stata sicura al cento per mille.
In
effetti l’espressione del suo fidanzato si faceva sempre
più incredula man mano che proseguiva nel racconto.
“Non è inverosimile quello
che ha detto Chris, ma devo ammettere che sembra anche a me abbastanza
assurdo”.
“Mi
ero offerta di fare delle ricerche nell’archivio della
segreteria, ma poi Bonnie mi ha detto che non era più
necessario”.
Alaric
storse un angolo della bocca “Le hai fatte lo
stesso”.
“Ovviamente”
rispose Meredith “Non c’era niente riguardo un
fratello morto, ma ho recuperato l’indirizzo di casa sua. Ho
fatto un altro
controllo e ho scoperto che non meno qualche mese fa la casa
apparteneva a una
certa famiglia Carlyle, il cui figlio si è diplomato un paio
di anni fa al
Robert Lee ed ora è al college. Ho stampato una
foto” si alzò da tavola e prese
la fotografia dalla sua borsa porgendola ad Alaric.
“Pensi
che sia la stessa foto che Bonnie ha visto?”.
“Non
lo so, questo sta a te e a Damon scoprirlo”.
“A
me e a Damon?”.
“Puoi
smetterla di ripetere tutto quello che dico?”.
“Cosa
c’entriamo io e Damon. O meglio, posso capire Damon,
ma io?!” replicò Alaric. Non si sentiva molto a
suo agio in quella situazione,
gli sembrava una violazione della vita privata di Bonnie e credeva che
la sua
ragazza e il suo amico stessero un po’ esagerando.
“Damon
è l’unico che può entrare in camera di
Christopher
senza destare sospetti; basta andare a casa sua quando lui è
fuori e
ipnotizzare i suoi genitori. Tu sei il suo compagno di scampagnate, non
vorrai
mica lasciarlo solo?” Meredith la buttò
lì e sbatté le ciglia con civetteria.
“Tu
credi che Damon abbia il Potere della persuasione? Voi
donne siete molto peggio” borbottò
l’uomo distogliendo lo sguardo.
“Sarebbe
un sì?” canticchiando la ragazza abbracciandolo da
dietro e strofinando il naso sul colletto della camicia.
Alaric
mugugnò qualcosa in risposta ancora indispettito per
essere stato coinvolto nell’ennesima pazzia. Dopo un secondo
il suo telefono,
posato sul tavolo, cominciò a squillare.
Meredith
buttò un occhio sul display e scoppiò a ridere
“Sembra che la tua fidanzata ti stia chiamando”.
Alaric,
prima di rispondere, le lanciò un’occhiata di
fuoco
commentando “Cominci ad assomigliare a lui in maniera inquietante”.
Meredith
alzò un sopracciglio con cipiglio dato che Alaric
aveva appena usato l’aggettivo con cui Damon la definiva
sempre.
Recuperò
la sua giacca, si attorcigliò la sciarpa intorno al
collo e si mise la borsa in spalla. Salutò l’uomo
con un appassionato bacio
mentre poteva sentire Damon dall’altra parte della cornetta
lamentarsi e
suggerire di prendersi una camera.
Alaric,
appena ripresa la parola, lo zittì diede un’ultima
carezza sul viso della mora prima di chiudere la porta di casa.
Meredith
raggiunse la sua macchina, aprì la portiera
buttando la sua borsa sul sedile di destra e poi si
accomodò. Girò la chiave e
pigiò l’acceleratore partendo.
Fell’s
Church era una città piccola, ci s’impiegava al
massimo venti minuti ad attraversarla tutta e di notte le strade erano
perlopiù
deserte.
Qualunque
ragazza si sarebbe sentita un po’ intimorita a
girare per la città da sola con quel buio, anche se protetta
dall’auto, ma
Meredith non era decisamente un tipo impressionabile, pur sapendo che
là fuori
si nascondevano esseri ben più pericoli di semplici brutti
ceffi.
Accese
la radio e tamburellò le dita sul volante a tempo di
musica. In quel momento stava percorrendo una strada poco frequentata,
al
limitare del bosco, dove non c’erano nemmeno i lampioni.
Accese gli abbaglianti
per vedere meglio e si trattenne dall’urlare quando vide una
figura in mezzo
alla strada, immobile.
La
ragazza non era certo stupida ed aveva la quasi certezza
che non fosse una semplice persona colui che la stava aspettando. Chi
mai si
sarebbe piazzato al centro di una strada così buia?
La
soluzione migliore sarebbe stata non fermarsi, scartarlo
e proseguire il più velocemente possibile. In ogni caso non
avrebbe avuto
nemmeno il tempo di schiacciare il freno. Formulò
velocemente quei pensieri e
riuscì solo a rallentare un po’ prima
d’investire in pieno quella figura.
Nel
momento dell’impatto, Meredith ebbe la conferma che
quello non era un umano, perché la sua macchina prese una
botta pazzesca,
facendo un testacoda da capogiro e finendo con il fianco contro il
guardrail.
L’airbag
si gonfiò immediatamente e Meredith dovete
scivolare sul sedile di destra per liberarsi. Capì di essere
spacciata: sia che
fosse rimasta in macchina sia che fosse uscita, quella
cosa l’avrebbe presa.
L’unica
possibilità era chiamare aiuto; cercò in fretta
il
cellulare nella borsa ma non ebbe nemmeno la possibilità di
sfiorarlo con le
dita che la portiera si aprì di colpo e due mani
l’afferrarono buttandola sulla
strada.
Se
non fosse stato per la giaccia di pelle, si sarebbe
graffiata tutto il braccio su cui era caduta. Alzò il capo e
non vide nessuno
intorno a lei. Poté percepire il suo cuore aumentare
vistosamente i battiti per
la paura.
Si
tirò in ginocchio e guardò ancora a destra e
sinistra ma
la strada era deserta. Apparentemente.
Dove si era cacciata quella bestia?
Scappare
era fuori discussione, non sarebbe servito a
niente, anzi avrebbe solo dato più soddisfazione a quello
schifoso.
L’unica
speranza era raggiungere il cellulare e far partire
la chiamata rapida verso Alaric. Meredith scattò in piedi e
corse alla macchina
con la mano già protesa.
“E’
il momento che preferisco” sibilò una voce
maschile,
bassa e canzonatoria. Il vampiro le circondò i polsi con le
sue dita ferree e
la strattonò facendo aderire la schiena della ragazza al suo
torace. Le
circondò con un braccio la vita attirandola ancor
più vicino e con l’altra la
obbligò a piegare il collo spostandole i capelli con un
gesto secco, tanto da
strapparne alcune ciocche “Quando credete ancora di potermi
sfuggire, perché
l’adrenalina rende il vostro sangue così
dolce”.
Meredith
gemette e sentì gli occhi pizzicarle. Non per la
paura ma per il male, anche se non era neanche una minima parte di
quello che
avrebbe sofferto da lì a poco.
Avrebbe
voluto girarsi per vedere in faccia il suo
assalitore, ma i canini del vampiro piombarono sulla sua pelle
lacerandola e
non curandosi minimamente di del dolore che le stavano provocando.
Meredith
urlò. Non era abituata ad avere delle reazioni
così
potenti e si stupì perfino di poter raggiungere note
così acute.
Le
forze l’abbandonarono troppo presto e si afflosciò
contro
il corpo del vampiro. Questi, dopo essersi accertato di averla lasciata
in fin
di vita senza possibilità di salvarsi, la lasciò
cadere sul ciglio della strada
e si dileguò nel buio.
Matt
non smetteva di accarezzare i capelli di Caroline
mentre questa singhiozzava istericamente sulla sua spalla. Aveva
cercato di
calmarla invano. Era troppo scossa e così spaventata. Anche
lui si sentiva
parecchio nervoso ma non voleva darlo a vedere; doveva essere forte,
per Care,
per Meredith.
L’avevano
trovata stesa scompostamente ai margini della
strada, tornando da una serata romantica fuori città.
Caroline
con la sua vista sovrumana aveva subito individuato
la figura umana che giaceva a terra apparentemente immobile e senza
vita, ma
non l’aveva riconosciuta. Non appena Matt aveva fermato la
macchina, la vampira
era scesa per controllare e in un attimo si era lanciata sul corpo
dell’amica
prendendolo tra le braccia e scuotendolo in preda al panico.
Al
che, anche il ragazzo era sceso, avvicinandosi alla scena
e inginocchiandosi accanto alle due. Come aveva visto il viso di
Meredith, così
pallido in confronto alla sua solita carnagione olivastra, aveva perso
il
respiro.
Caroline
si era portata il polso alla bocca, lacerandolo, e
l’aveva premuto con forza contro la bocca
dell’amica. Aveva avuto la prontezza
di percepire il lievissimo battito della mora e si era affrettata ad
aiutarla.
Matt aveva inteso all’istante ciò che stava
cercando di fare e l’aiutò facendo
passare una mano dietro la nuca di Meredith obbligandola a piegare il
collo e
ad alzare il capo per facilitare l’accesso del sangue. Dopo
quelli che parvero
anni, la ragazza iniziò a deglutire, seppur ancora svenuta.
Matt
e Caroline l’avevano portata immediatamente
all’ospedale, dove era stata operata d’urgenza. A
detta dei medici, tutto
sembrava essere andato per il meglio, ma data l’ingente
perdita di sangue,
avrebbero dovuto aspettare fino al risveglio.
I
due fidanzati non avevano lasciato il reparto per tutta la
notte e nemmeno alla mattina per andare a scuola. Con Elena, Stefan,
Bonnie e
Tyler avevano deciso di fare dei turni in modo che rimanesse sempre
qualcuno in
ospedale ad attendere notizie. Caroline, però, era
così sconvolta che si era
rifiutata di lasciare la struttura e si era piantata su una sedia con
caparbietà. Matt non se l’era sentita di lasciarla
sola e aveva convinto gli
altri a raggiungerli nel pomeriggio e dar loro il cambio, nella
speranza che
Caroline si sarebbe convinta a riposare un po’ a casa.
Anche
Alaric non si era mosso. Era crollato su una sedia con
espressione vuota e non aveva proferito parola se non per rispondere ai
dottori.
La
famiglia Sulez attendeva impazientemente come tutti loro.
Anche
Liz Forbes, la mamma di Caroline, era passata sia per
verificare di persona le condizioni dell’amica della figlia,
sia per ritirare
il rapporto medico sull’incidente. Attacco
animale; anche se lo sceriffo era di tutt’altra
idea.
“Se
… se non ce la facesse?” singhiozzò
Caroline contro la
spalla di Matt.
“Stiamo
parlando di Meredith, ricordi? Meredith è la più
forte di tutti noi; sono sicuro che appena si sveglierà, ti
rimprovererà per
tutte queste lacrime” la rassicurò Matt baciandole
teneramente i capelli più
volte.
“Non
capisci” s’intestardì lei “Le
ho dato il mio sangue e
se dovesse morire … diventereb-”
abbassò la voce ma non riuscì comunque a
terminare la frase colta da un altro singhiozzo “Mi odierebbe
per averla
trasformata”.
“Le
hai salvato la vita” la corresse Matt.
“I-
io … non v- voglio cond-dannarla a ques- sta male
–
dizione” si sentiva come una bambina che non riusciva nemmeno
a parlare per il
pianto.
“Care,
Care” la richiamò Matt prendendole il volto tra le
mani “Andrà tutto bene. Meredith tra poco si
risveglierà e sarà esattamente
come prima” la baciò dolcemente sulle labbra e le
sussurrò “Non pensare mai più
di essere maledetta. Non ho mai incontrato una ragazza che si avvicini
agli
angeli più di te”.
Caroline
inspirò forte. Nemmeno
Elena? Avrebbe voluto chiedere ma proprio la sua amica
bionda, Stefan e
Bonnie fecero la loro comparsa.
“Allora?
Si sa qualcosa?” chiese Elena con apprensione.
Caroline
scosse la testa e sarebbe stato sul punto di
piangere ancora se un medico non si fosse avvicinato ai genitori di
Meredith
annunciando che la figlia si era finalmente svegliata.
Il
gruppo di amici scattò a quella notizia e Alaric per poco
non attraversò il muro per arrivare prima alla camera di
Meredith, ma venne
fermato da Stefan.
Prima
avrebbero dovuto vederla i suoi famigliari, poi
gli amici.
Fortunatamente
dopo nemmeno mezz’ora i signori Sulez diedero
loro il permesso di entrare nella stanza a patto che non affaticassero
la
giovane.
Alaric
parve non sentire nemmeno quelle raccomandazioni,
dato che si fiondò accanto al letto di Meredith e se la
strinse addosso come se
stesse per sparire da un momento all’altro.
La
ragazza gemette leggermente per la ferita al collo ma non
si sottrasse all’abbraccio. Si sarebbe fatta saltare i punti
piuttosto che
lasciarlo!
“Stefan!”
lo chiamò Caroline con impazienza “Controlla che
sia tutto a posto”.
Il
vampiro si avvicinò a Meredith e la guardò dritto
nel gli
occhi, scandagliano la sua mente con il Potere “E’
ancora umana” confermò.
Tutti
nella stanza tirarono un sospiro di sollievo.
“Non
dovrei?” chiese Meredith confusa.
“Avevi
il mio sangue nelle vene” spiegò Caroline
“Avevo
paura che …” lasciò sottointeso il
senso.
“Cos’è
successo là fuori, Mere?” indagò Elena
in cerca di
risposte.
“Ho
dei ricordi confusi” ammise l’amica
“C’era qualcuno in
mezzo alla strada, ha fermato la mia macchina e non so …
credo di aver sbattuto
la testa” poi si passò una mano sul collo
sfiorando la fasciatura “A giudicare
questa, direi che non ho solo
sbattuto la testa”.
“Non
l’hai visto in faccia?” domandò Bonnie
“Non ti ricordi
niente che possa aiutarci a capire chi ti ha fatto questo?”.
Meredith
scosse la testa.
“E’
stata Katherine, di sicuro” affermò Elena
più risoluta
che mai.
“No”
negò Meredith sfiorandosi le tempie come per cercare di
ricordare “Ho sentito la sua voce … era
maschile”.
Bonnie
si tese e lanciò a Stefan un’occhiata pensierosa
“Non
credete che sia …”.
“Klaus?”
concluse il vampiro per lei “Non credo proprio. Non
credo che un Antico mostrerebbe così palesemente la sua
presenza. Potrebbe
essere stato un novellino, uno cui non interessa coprire le
tracce” chiarì
“Comunque sia, preferirei che qualcuno rimanesse sempre con
Meredith finché non
verrà dimessa. Non vorrei che chi ti ha fatto questo,
tornasse qui per finire
il lavoro” suggerì Stefan rivolgendosi
direttamente alla ragazza.
“Non
è necessario” cercò di scoraggiarlo
Meredith.
“No,
no” la interruppe Alaric “Stefan ha perfettamente
ragione: finché quel bastardo non finirà
all’inferno, tu non te ne andrai più
in giro da sola”.
Meredith
si accigliò e stava per opporsi, ribattendo di non
essere più una bambina e di non aver bisogno della balia, ma
qualcosa nello
sguardo di Alaric le fermò la voce in gola. Piegò
la testa e acconsentì con un
cenno della testa.
Il
cellulare di Bonnie suonò e la ragazza, un po’ in
imbarazzo, guardò lo schermo sorpresa. Era un messaggio di
Christopher.
La
rossa corrugò le sopracciglia e si scusò con
tutti gli
altri “Mi dispiace Mere, ma devo andare: Chris è
venuto a prendermi. È in
anticipo … io, posso dirgli di aspettare” si rese
conto che sarebbe stato
davvero poco carino andarsene con quello che era accaduto alla sua
amica.
Christopher si era offerto di passare a prenderla solo dopo aver
ricevuto una
sua chiamata, quindi Bonnie si stupì molto nel leggere quel
messaggio.
“Non
preoccuparti, Bonnie” la tranquillizzò Meredith
“Ho già
abbastanza guardie del corpo qui”.
Bonnie
annuì e l’abbracciò con affetto prima
di lasciare la
stanza. Era quasi arrivata all’uscita, quando le porte
scorrevoli si aprirono
rivelando la figura scura di Damon. Probabilmente era stato avvisato da
Alaric.
Alla
buon ora! pensò
Bonnie, dato che non si era
nemmeno degnato di presentarsi all’ospedale per confortare
Alaric durante le
ore più incerte dell’operazione.
La
ragazza gli passò accanto ignorandolo come al solito e
Damon non fece nulla per attirare la sua attenzione. Bonnie
considerò che se
avessero continuato con quell’indifferenza reciproca, sarebbe
stato decisamente
più semplice sopportarsi.
“Chris,
perché sei qui?” chiese Bonnie dopo aver chiuso la
portiera dell’auto “Meredith si è appena
svegliata, avrei voluto stare ancora
un po’ con lei”.
“E’
da parecchio che sei lì dentro, volevo che prendessi un
po’ d’aria fresca. Scusami, pensavo avessi bisogno
di una pausa. Stamattina a
scuola eri un fascio di nervi” disse il ragazzo mentre
metteva in moto la
macchina.
“Non
fa niente. Tornerò più tardi”
liquidò in fretta la
faccenda Bonnie che non aveva assolutamente la forza di reggere una
discussione. In fondo le intenzioni di Christopher erano buone.
“Come
sta?” s’informò lui.
“Bene.
Sembra tutto a posto, a parte lo spavento”.
“C’è
un articolo sul giornale locale. Dicono che è stato un
attacco animale”.
“Così
dicono” fu vaga la giovane.
“Non
credi sia stato un animale?” evidentemente Chris aveva
colto il suo tono un po’ incerto.
“Sì”
disse con più forza “Certo che è stato
un animale!
Voglio dire che altra spiegazione può esserci per i segni di
morsi sul collo”.
“Un
vampiro!” scherzò lui alzando le spalle.
“COSA?” quasi
strillò Bonnie saltando sul sedile.
“Era
solo una battuta” rise Christopher stupito che la sua
ragazza avesse preso così seriamente un semplice scherzo.
Bonnie
sorrise forzatamente e girò la testa dall’altra
parte, verso il finestrino. Era stata proprio una stupida a reagire in
quel
modo. Ovviamente Christopher la stava prendendo in giro, come aveva
potuto solo
pensate che fosse serio!
Christopher
parcheggiò l’auto nel cortile del Pensionato e
si piegò verso Bonnie per baciarla e salutarla, ma lei gli
mise una mano sul
petto “Stefan e Damon sono in ospedale”
mormorò rossa come un pomodoro “Ti va
di entrare?”.
Il
ragazzo ghignò alzando un sopracciglio “Stai
cercando di
sedurmi, Bon?” insinuò con voce calda.
Lei
rabbrividì e sorrise imbarazzata “Pensavo che
fosse
un’occasione per starcene un po’ da soli e
tranquilli”.
Il
tempo di scendere dalla macchina, aprire la porta di
casa, fare le scale e si erano già stesi sul letto di Bonnie
a baciarsi.
La
giovane sentì il cuore battere all’impazzata
perché era
la prima volta che si trovava in una situazione così intima
con un ragazzo. In
realtà intendeva davvero passare solamente del tempo con
lui, senza malizia o
secondi fini, ma le cose si erano fatte in fretta molto più esigenti.
Christopher
smise di baciarla e sollevò leggermente la testa
per bisogno di respirare. Guardò quella piccola ragazza dai
capelli rosso fuoco
e le accarezzò una guancia “Sei bella”
le confessò con ammirazione.
Bonnie
sgranò gli occhi e arrossì di nuovo. Non era
abituata
a certi complimenti, soprattutto detti con quel tono premuroso.
“Chris”
incominciò con una nota tremolante “Mi dispiace
davvero per tuo fratello e mi dispiace di averti costretto a
raccontarmelo”.
“Sono
felice di averlo fatto” la rassicurò lui
“Ero stufo di
parlarne solo con i miei genitori. Non voglio avere segreti con te,
Bonnie”.
“Puoi
parlarne con me” ribadì lei “Io
– avrebbe voluto dire
di essere nella sua stessa situazione, ma tacque- mio fratello
è via da tanto
tempo e non lo sento da mesi, un po’ ti posso
capire”.
“Non
pretendo che tu mi capisca, mi basta avertelo detto. È
come se mi avessi sollevato da un peso” le confidò
“Ma ora non voglio parlare
di mio fratello” cambiò discorso “Ora
sono con te” e scese a baciarle il collo.
Bonnie
sospirò e gli prese il volto tra le mani portandolo
alle labbra. Il bacio s’infuocò in un attimo e lei
strinse così tanto i capelli
del ragazzo che temette di strapparglieli.
Christopher
fece scivolare le mani lungo i fianchi e
raggiunse l’orlo della maglia che la rossa indossava. Le sue
dita trovarono
immediatamente la strada per raggiungere la pelle della pancia e
iniziarono a
coccolarla con movimenti circolari.
Mentre
una mano continuava a stuzzicarle l’ombelico,
l’altra
scese fino alla sua gamba destra, coperta dai Jeans, ed
iniziò ad accarezzarla
sempre più audacemente, sempre
più su.
Bonnie
sorrise contro le sue labbra, chiedendosi fino a dove
si sarebbero spinti. Non lo scoprì mai. Udì
distintamente la porta di casa
sbattere e interruppe bruscamente il bacio.
Maledì
mentalmente il loro disturbatore. Sicuramente
si trattava Damon; Stefan non avrebbe mai
lasciato l’ospedale così presto.
“Festa
finita?” intuì Christopher leggermente deluso.
“Mi
dispiace” Bonnie si morse le labbra.
“Non
preoccuparti” le disse alzandosi e liberandola dal suo
peso “E’ meglio che torni a casa. Ti chiamo
più tardi, ok?”.
Bonnie
lo seguì fino alla porta della camera e decise di
vendicarsi di Damon. Il vampiro odiava Christopher, odiava vederlo in
casa,
odiava vederlo con lei e la giovane seppe come sfruttare al meglio quel
risentimento.
Baciò
Christopher un’ultima volta, strusciandosi su di lui e
spingendolo contro lo stipite della porta. Lui rispose con altrettanto
ardore.
Damon
con il suo superudito ovviamente aveva sentito ogni
singolo suono da quando era entrato e si trattenne dal salire al piano
superiore e staccare il collo a quello stronzetto.
Restò
all’entrata e aspettò che scendesse. Il biondino
comparve dopo poco con un’espressione talmente idiota e
soddisfatta che Damon
sentì il desiderio incontrollabile di tirargli un pungo sui
denti.
“Non
hai una casa tua?” disse il vampiro ironicamente.
“Non
stavamo facendo niente di male” si difese Christopher
innocentemente.
“Risparmiati,
ragazzino, so perfettamente cosa fanno una
ragazza e un ragazzo in una camera. Ma preferirei che non lo faceste in
casa
mia”.
“E
anche casa di Bonnie e finché lei avrà piacere ad
avermi
qui, io non mi scuserò con te”.
Damon
si tese, chiedendosi da dove arrivasse
quell’improvviso cambiamento di tono e di atteggiamento.
“Tu
non mi piaci” dichiarò Damon piegandosi su di lui
minacciosamente “E non è un mistero. Ma se mi
accorgo che Bonnie torna ancora a
casa sconvolta come qualche sera fa per colpa tua, ti farò
così male che non
guarderai mai più una ragazza in vita tua”.
“E’
una minaccia?”.
“Sì”
Damon non aveva nessun bisogno di nascondersi.
“Con
tutto quello che le hai fatto, non dovresti nemmeno
pronunciare il suo nome” replicò Christopher
“Lo vedo come l’hai ridotta, so
che è tutta colpa tua. Settimane fa era uno straccio, non
parla più con le sue
amiche. Io sono quello che
è riuscito
a farla stare meglio e sono io l’unico che ha il diritto di
proteggerla”.
Damon
restò allibito mentre osservava il ragazzo uscire di
casa. Era senza parole (cosa più unica che rara), non aveva
ribattuto perché
quel fottuto sosia di Baby** aveva
ragione quasi su tutto.
Vero,
era Damon il responsabile del tracollo emotivo di
Bonnie. Falso, non era Christopher colui che avrebbe dovuto occuparsi
di lei.
Quel
ragazzo era furbo, aveva raggirato tutti con una
facilità impressionante (tutti tranne Meredith, lei era
troppo intelligente),
era viscido, perché aveva la capacità di cambiare
faccia da un momento con
l’altro, ed era anche un ottimo osservatore: aveva capito
subito che Damon era
il meno amato, sapeva che qualunque cosa avesse detto contro di lui,
Bonnie non
gli avrebbe mai creduto.
Si
stava scontrando con qualcuno molto più esperto,
però. Il
vampiro non si sarebbe fatto sottomettere così facilmente.
Avrebbe allontanato
Christopher da Bonnie a costo di farsi odiare per tutta la vita.
Salì,
dunque, al piano superiore con l’intenzione di
proibire a Bonnie di farlo entrare in casa, ma la visione che si
trovò di
fronte lo spiazzò totalmente.
La
ragazza era in corridoio, appena fuori da camera sua, in
biancheria intima. Niente di sexy, un semplicissimo completo nero senza
nemmeno
un po’ di pizzo o di trasparenze, ma la sua gola si
seccò ugualmente.
Bonnie
non aveva delle grandi forme. Una prima scarsa di
reggiseno e un sedere piccolo, ma sodo. Non era una cosiddetta
“bomba sexy”, ma
essendo così bassina le proporzioni erano azzeccate e
… beh forse non era
proprio la classica ragazza da poster in camera, ma faceva ugualmente
la sua
figura.
Provò
immaginarsi per un attimo come doveva essere toccare
la sua pelle così bianca da sembrare trasparente, cosa si
provava a sfiorare
quel collo da ballerina con i denti, che sapore avevano le labbra
ancora rosse
dai baci di Christopher.
Scosse
la testa scacciando quei pensieri saltati fuori da
chissà dove.
D’altra
parte mancò poco che Bonnie scappasse di nuovo nella
sua stanza per nascondersi.
Da
qualche giorno il suo bagno privato era inagibile, per
colpa di una tubatura rotta. L’idraulico aveva detto che ci
sarebbe voluto un
po’ per cambiare tutto l’impianto che ormai era
vecchio.
Così
Bonnie aveva iniziato ad usare il bagno in fondo al
corridoio. Di solito andava avvolta in un asciugamano o si cambiava
direttamente là per fare la doccia. Quella sera,
però, era uscita semplicemente
in intimo credendo che Damon fosse rimasto in salotto. Dopotutto il
bagno era a
tre metri da camera sua, ci sarebbe voluto un secondo per raggiungerlo;
non
aveva proprio previsto che il vampiro sarebbe salito in
quel preciso secondo.
Fu,
quindi, lì per lì per coprirsi poi le vennero in
mente i
consigli di Matt e Tyler, che per quanto apparivano ridicoli, erano
anche abbastanza
diabolici.
Decise,
perciò, di restare dov’era, d’ignorare
Damon come al
solito, di superarlo e dirigersi verso il bagno come niente fosse.
L’uomo,
superato il primo momento di stordimento e ritornato
in sé, le sbarrò la strada “Dobbiamo
parlare”.
No.
Gli
inviò Bonnie mentalmente. Non
voleva sprecare neanche una parola.
“Va
bene, io parlo tu ascolti” propose Damon “Non
voglio più
vedere quel tipo in questa casa”.
Bonnie
scoppiò a ridere “Damon, fatti una vita tua e
smettila d’intrometterti nella mia” gli
intimò.
“Non
lo voglio qui” ripeté lui.
“Ma
io sì” obiettò Bonnie.
“Ti
va male che la casa sia mia e che tu sia sotto la mia
custodia, quindi devi fare quello che dico io”.
“Io
non devo fare un bel niente!”
s’infervorò lei “Qual è il
tuo problema? Perché non mi vuoi lasciare in
pace?”.
“Non
mi piace quel ragazzo, non è una bella persona, non mi
fido di lui e se potessi ti proibirei di vederlo. So che non mi daresti
mai
ascolto, ma almeno posso impedirti di farlo entrare in casa”.
Bonnie
aprì e richiuse la bocca più e più
volte senza
trovare le parole per esprimere tutta la rabbia.
“Con
tutto quello che hai fatto … non so nemmeno come mai
t’importi tanto che io esca con il ragazzo sbagliato. V- vuoi
vedermi infelice
per sempre? Ti dà fastidio che qualcuno possa essere buono
con me? Pensi che
non mi meriti qualcuno che mi ama?”.
Qualcuno
che mi ama. Damon
ripeté nella sua testa. Un
momento: da quando in qua si parlava di amore?
“Ti
sta mentendo, Bonnie! E tu sei così stupida da cascarci!
Ma non lo vedi? È tutto troppo perfetto per essere
reale”.
“E’
così difficile credere che un ragazzo come Christopher
sia interessato a una come me?” urlò Bonnie in
preda al furore “Perché non
accetti il fatto che io valgo qualcosa! Solo perché tu mi
consideri una
cretina, non vuol dire che siano tutti come te!”.
“Non
ho mai detto di considerati una cretina”.
Ma
lei nemmeno lo ascoltava più “Se non lo avessi
ancora
notato, qui l’unico che mi ha mentito, che mi ha raggirato
sei tu! Tu sapevi che ero stata
adottata, tu hai ucciso mio
fratello …. Tu, tu e
tu, solo tu. Eppure hai ancora il coraggio di accusare
l’unica persona che mi
sta aiutando”.
“Bonnie,
Bonnie, guardami ora” ordinò Damon circondandole
il
viso tra le mani. Le cercò di divincolarsi, ma non
c’era verso di sfuggire alla
presa “Guardami negli occhi e dimmi se non sono sincero in
questo momento”.
Bonnie
non rispose e si rifiutò di ricambiare lo sguardo.
Odiava essere così debole ma non poter sottrarsi a quel
tocco. Desiderò che la
signora Flowers le avesse già insegnato qualche incantesimo
per proteggersi dai
vampiri.
“Sai
che ho ragione” parlò Damon “Dentro di
te sai che
Christopher vuole qualcosa da te e quando l’avrà
ottenuta, scomparirà”.
“Lasciami”.
“Non
devi stare con lui solo per dimostrare il punto, non
devi stare con lui solo per fare arrabbiare me”.
“Sto
con lui perché mi piace”.
“Torna
dalla tue amiche, Bonnie” sembrava quasi una supplica
“Stai con persone che tengono davvero a te, che non ti
lasceranno mai”.
“Come
hai fatto tu?” lo sfidò la ragazza.
“Non
ho intenzione di andare da nessuna parte”.
“Rimarrai
qui?” chiese Bonnie senza credere nemmeno per un
attimo alle sue stesse parole.
“Sì”.
Risposta
spiazzante; Bonnie dovette ammetterlo, ma un
leggero disorientamento fu tutto quello che suscitò.
“Non
sei niente nella mia vita” disse con convinzione
“Sei
il primo che non vorrei intorno e vorrei davvero che sparissi come
sette anni
fa. Ora lasciami” tolse con le sue mani quelle del vampiro
ancora appoggiate
alle sue guance e corse in bagno chiudendosi la porta alle spalle.
“Come
sta la nostra inferma oggi?” chiese Damon
entrando nella stanza dove riposava Meredith.
“Damon,
vattene” gli ordinò Alaric, seduto accanto
al letto “Il tuo sarcasmo non è
richiesto”.
“Ok,
solo perché non puoi fare sesso con la tua
ragazza per qualche giorno, non c’è bisogno di
essere così acidi”.
Alaric
divenne livido in volto, mentre Meredith
scoppiò sorprendentemente a ridere. Da tre giorni era
circondata da persone
tremendamente serie che continuavano a chiederle delle sue condizioni
di
salute. In quel momento le battute fuori luogo di Damon erano
più che
apprezzate.
“Comunque
non sono venuto qui per dilettarvi con
la mia dirompente simpatia. Ho intenzione di fare visita ai genitori di
Christopher e mi serve la fotografia di cui mi hai parlato per
confrontarla con
quella che ha visto Bonnie”.
“E’
a casa mia. Devi proprio andarci oggi?”
rispose Alaric.
“Sì;
so per certo che il biondino è alla fiera con
Bonnie, quindi ho via libera”.
“Accompagnalo”
la ragazza si rivolse ad Alaric
“Va’ con lui”.
“No,
Mere” si oppose lui “Non voglio lasciarti
sola”.
“Ci
sono i miei genitori qui fuori. E poi Tyler si
è offerto di venire a trovarmi più tardi dato che
non vuole andare alla fiera.
Voglio che andiate tutti e due e voglio che risolviate questa faccenda
entro
stasera”.
“Uuuh,
adesso capisco perché impazzisci per questa
ragazza, amico” commentò Damon con un fischio
“E’ così autoritaria anche nel
letto?”.
“FUORI!”.
Mezz’ora
dopo i due uomini osservavano la casa
incriminata seduti nella macchina di Damon.
“Credo
che dovresti andare solo tu” suggerì
quest’ultimo.
“Perché?”
s’insospettì Alaric.
“Come
dovrei presentarmi io?” sbuffò Damon
“Come
lo zio della ragazza del loro adorato figlio? Tu sei il suo insegnante
di
storia; puoi inventarti una palla su qualche compito andato male o su
una
punizione”.
“Sei
un vampiro. Non devi presentarti, puoi influenzarli
per farti entrare” gli fece
notare Alaric.
“Ottima
idea!” sbottò l’altro con sarcasmo
“E se
Bonnie gli avesse dato della verbena? Mi beccherebbero in un
attimo!”.
“Mi
devi una birra” concluse l’amico infilandosi
la fotografia stampata in tasca e dirigendosi verso la porta di casa
Rydell.
Damon
attese pazientemente in auto, ma passata
un’altra mezz’ora iniziò prima ad
annoiarsi, poi a insospettirsi. Perché ci stava
mettendo così tanto?
Scese
anche lui dalla macchina e decise di bussare
alla porta, palesando la sua presenza. Voleva controllare che il suo
amico non
si fosse messo nei guai.
Aprì
una donna che assomigliava molto a
Christopher; una bella donna e Damon ci avrebbe fatto anche un
pensierino se le
circostanze fossero state diverse.
“Signora
Rydell, credo che non ci siamo mai
presentati ufficialme-”.
“So
chi sei” lo interruppe lei freddamente “E non
posso farti entrare in casa”.
Damon
si sconcertò per quella risposta. Si portò
più vicino alla donna e la fissò negli occhi,
mentre un dubbio gli s’insinuava
nella mente.
L’espressione
della signora era vuota e sembrava
proprio che qualcuno le avesse inculcato quell’ordine e che
lei lo ripetesse a
macchinetta.
Non
ci volle molto per capire che era stata
soggiogata. In quell’esatto momento Alaric scese le scale
ritrovandosi
all’ingresso, dopo essere finalmente riuscito ad intrufolarsi
in camera di
Christopher, e sventolò davanti a Damon la cornice con
l’immagine del presunto
fratello di Christopher e il foglio con la foto che aveva stampato
Meredith.
Raffigurava entrambe lo stesso ragazzo.
“Cazzo”
esclamò Damon lanciandosi verso la
macchina, seguito da un Alaric altrettanto agitato.
Quel
venerdì sera di fine marzo era singolarmente caldo.
Bonnie si era vestita con un vestito un po’ pesante con un
motivo a fiori, ma
non aveva messo le calze. L’aria era particolarmente tiepida
e non sentì
nemmeno la necessità di portarsi dietro una giacca.
Perché
poi prendere qualcosa per coprirsi quando c’erano
già
le braccia di Christopher a tenerle caldo?
La
fiera era esattamente come se l’era immaginata e Bonnie
non aspettava altro che salire sulla ruota panoramica e baciare
Christopher sul
punto più alto. Era una fantasia da quindicenne malata di
film romantici fino
alla nausea, ma non poteva farne a meno.
Non
si sarebbe mai stancata di ripeterlo, ma ciò di cui
aveva bisogno era normalità e il bacio sulla ruota
panoramica alla fiera della
scuola era il cliché più gettonato tra le
adolescenti.
Le
era parso di vedere Elena e Stefan alla bancarella dei
premi e Caroline e Matt a quella dei dolci. Aveva parlato alle sue
amiche solo
all’inizio della serata, si erano aggiornate sulle condizioni
di Meredith e poi
ognuno per la sua strada.
Bonnie
dovette ammettere che quella distanza che si era
frapposta fra loro la rendeva triste. Era stata lei la prima a metterla
e non
se ne pentiva, perché era convinta che le sarebbe servita,
ma a volte le
mancava il rapporto che avevano condiviso.
Quando
qualche giorno prima aveva confidato a Meredith i
suoi dubbi sulla sincerità di Christopher, si era sentita
subito sollevata,
come se fosse tornata indietro di qualche tempo.
Non
voleva pensarci, però proprio in quel momento, non
quando era con Christopher che la stringeva contro di sé con
un braccio attorno
alle spalle, mentre giravano per la fiera.
“Guarda”
lo richiamò Bonnie “La ruota ha quasi finito il
giro, dai mettiamoci in coda!” lo pregò
saltellando.
“No
ho molta voglia di stare tra la gente, Bonnie” ammise
Chris “Vorrei starmene solo con te”.
“Ma
è il nostro primo appuntamento ufficiale … volevo
fare
qualcosa di romantico” mise il broncio la ragazza indicando
ancora la giostra.
“Non
voglio allontanarmi per molto” promise lui “In
realtà
avevo programmato una passeggiata vicino al bosco. Con questa luna deve
essere
molto romantico”.
Bonnie
guardò verso gli alberi, che le parvero terrificanti,
ma sicuramente insieme a Christopher avrebbero avuto
tutt’altro aspetto.
“Vuoi
per caso approfittarti di me?” chiese Bonnie stando al
gioco.
“Ti
darebbe fastidio?”.
Bonnie
arricciò le labbra, gli prese la mano lo tirò
leggermente verso il bosco, in segno di assenso.
Superarono
il limitare degli alberi e si addentrarono per un
po’ tra le radici e i cespugli, in cerca di privacy. Infine
giunsero in una
zona abbastanza appartata, la musica della fiera arrivava fioca e
indistinguibile e attorno a loro non si muoveva una foglia.
In
altre circostanze Bonnie avrebbe avuto brividi di paura
lungo tutto il corpo, ma la presenza del giovane le trasmetteva una
sicurezza
disarmante.
Si
ritrovò contro il tronco di un albero, premuta da un
Christopher piuttosto spinto che
non
vedeva l’ora di sentire il corpo della ragazza vicino al suo.
Bonnie
lo strinse a sé come era solita fare e non si
sorprese di percepire le mani di Christopher vagare per i suoi fianchi
e
fermarsi una appena sopra il suo sedere e una appena sotto. Lo sentiva
più
coinvolto del normale, più agitato, quasi fremente e Bonnie
rimase un po’
scombussolata da tutta quella passione. Non
avrà in mente di farlo in un bosco, contro un albero, vero?
Fu la domanda
che si pose da sola.
Le
labbra di lui si scostarono e Bonnie fu sul punto di
protestare, ma quelle trovarono presto la via per il suo collo che
s’inarcò
istintivamente.
Christopher
riportò le mani più in alto sulla schiena e
l’attirò, se possibile, ancora più a
sé e continuò a baciarle il collo come se
fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto. E fu lì che
Bonnie, inizialmente persa
dai brividi che quella bocca le provocava, capì che qualcosa
non andava.
Improvvisamente
avvertì come due puntine lambirle la pelle e
fare sempre più pressione. Entrò nel panico in un
nanosecondo.
Non
può essere, no, no, è
impossibile.
Si
divincolò come un animale in trappola e Christopher la
lasciò andare senza opporre resistenza.
Bonnie
poté verificare con i suoi occhi quanto i suoi sospetti
fossero fondati: il viso di Christopher era trasfigurato in quello di
un
vampiro, denti allunganti, occhi rossi.
L’istinto
fu quello d’indietreggiare ma l’albero glielo
impedì. Si schiacciò contro il tronco, portandosi
una mano alla bocca.
“Delusa,
Bon?” le chiese il vampiro “Dovresti essere
abituata a quelli come me” la sua voce era cambiata, non
più dolce e
rassicurante, ma strafottente.
“Questo
è un incubo, è solamente un incubo”
seguitò a
ripetere la ragazza tenendo gli occhi chiusi.
“Mi
dispiace rovinarti la festa, ma è tutto terribilmente
reale” la contraddisse Christopher, il suo
Christopher, il ragazzo normale. Un
vampiro.
“Come
può essere?” tremolò Bonnie
“Nessuno se ne è mai
accorto”.
“Sono
vecchio, tesoro. Sono veramente troppo
vecchio e sono capace di nascondere alla
perfezione la mia aura” spiegò “E poi i
tuoi amici vampiri sono una tale banda
d’imbecilli che non se ne sarebbero mai accorti”.
“Devo
andarmene” sentenziò Bonnie prossima al vomito. Si
girò senza pensare che Christopher l’avrebbe
bloccata al primo passo.
Infatti
le si parò di fronte impendendole il passaggio
“Non
così in fretta”.
“Cosa
vuoi?” domandò lei con una calma innaturale.
“Non
è ovvio?” la prese in giro lui posandole le mani
ai
lati del collo “Voglio te e il tuo sangue”.
Bonnie
si sottrasse al tocco e fece un passo indietro.
Christopher non la trattenne, gli piaceva da matti giocare al gatto e
al topo.
“E’
da tanto che ti seguo, Bonnie, da quasi un anno, eppure
non sono mai riuscito ad avvicinarti”.
La
rossa aveva le gambe deboli ma non voleva cedere. Lo
fronteggiò con una certa spavalderia, sebbene dentro di lei
morisse dalla
paura, e cercò di prendere tempo sperando di trovare una via
di fuga o che
qualcuno venisse in suo aiuto.
“Eri
tu quella volta a Roma, vicino al mio collegio***” era
più un’affermazione che una domanda.
“Intuizione
azzeccata!” confermò lui “E sono anche
riuscito
ad intrufolarmi nel dormitorio una volta, ero certo di aver raggiunto
la tua
stanza. Immaginati la mia rabbia quando ho scoperto di aver tra le mani
la
ragazza sbagliata”.
Giada,
la ragazza
scomparsa, ritrovata morta in un campo.
“Sono
stato punit per quell’errore” Bonnie non
trovò il
senso di quella frase ma lo lasciò proseguire
“Così quando ti sei trasferita
qui, ho ottenuto la mia occasione di riscattarmi e di averti”
era così contento di averla in pungo che si perse nei
racconti “Eppure non potevo toccarti, non potevo assaporarti,
non potevi rivelarmi
fino al momento giusto. È stato così frustrante
resistere al richiamo del tuo
sangue”.
“Che
cosa t’impediva di mordermi?”.
“Dovevo
aspettare che scoprissi la verità sul tuo conto,
sciocchina. Giuro, credevo non sarebbe mai successo e quando
improvvisamente
sei venuta da me dicendomi che avevi litigato brutalmente con la tua
famiglia,
ho capito che finalmente la verità era venuta a galla. Ma ho
dovuto lavorare
per far sì che ti fidassi di me, pensavo che non ti saresti
mai più staccata
dalla sottana di Damon. Chi avrebbe mai immaginato che
l’idiota avrebbe
incasinato tutto da solo. Anche nelle mie fantasie più
originali, non mi sarei
mai sognato che avesse ucciso tuo fratello” disse
sinceramente colpito “Beh …
meglio per me!”.
“Tutto
quello che mi hai detto sulla tua famiglia è una
bugia? Non sono i tuoi genitori e non hai nessun fratello
morto” Bonnie stava
piano, piano mettendo tutti i pezzi al posto giusto.
“Dio,
no!” esclamò Christopher “Il ragazzo che
hai visto
sulla parete della stanza è il loro vero figlio.
È al college per cui sapevo
che non mi avrebbe dato problemi. I suoi genitori non vivevano
più a Fell’s
Church da anni, ma possedevano ancora la casa, quindi mi è
bastato trovarli,
ipnotizzarli, cancellare loro la memoria e crearmi una famiglia.
Sarebbe tutto
andato splendidamente se tu non avessi mai visto quella foto, ma
è stato un mio
errore; lo ammetto: mi era sfuggita”.
“Ti
sei inventato tutto? Dalla prima all’ultima parola”
Bonnie era sconvolta, si sentiva come in una realtà
parallela, come in una vita
non sua.
“Sono
molto creativo” fece le spallucce Christopher “Poi
sei
talmente facile da ingannare. Avresti creduto ad ogni mia singola
parola. Il
tuo unico sbaglio è stato confidarti con Meredith, quella
mossa ha complicato
parecchio le cose”.
Bonnie
spalancò gli occhi “Sei stato tu ad
aggredirla!”.
“Colpevole”
confessò lui “Non potevo permettere che
indagasse su di me, perché mi avrebbe smascherato.
L’ho ridotta in fin di vita,
ero convinto sarebbe morta e invece quella stupida coppia di
fidanzatini l’ha
trovata!”.
“E’
una delle mie migliori amiche”.
“Lo
stai dicendo come se la cosa mi dovesse importare”.
Il
suo tono era terribilmente simile a quello di Damon.
“Tutto
quello che ho detto e fatto, le parole dolci, i baci,
gli appuntamenti, era tutta una recita, Bonnie. Tu per me sei stata
soltanto
lavoro e francamente non me ne frega nulla se devo uccidere qualche tuo
amico
per ottenere quello che voglio” le rivelò e lo
stomaco della ragazza si
contrasse.
“Perché
mi stai dicendo queste cose adesso?”.
“Meredith
non è morta, quindi è solo questione di tempo
prima che i tuoi amici mi scoprano. Ho deciso che ti porterò
via stanotte.
Ormai hai accettato i tuoi Poteri e li stai allenando, sei sbloccata
per quanto
mi riguarda. Completerai i tuoi studi da un’altra parte e io
avrò finito la mia
missione. Ti lascerò a chi ha realmente bisogno di
te” concluse con fare
pragmatico “Ma prima voglio assaggiare il tuo sangue, lo
bramo da mesi e non
posso più resistere”.
Prima
che Bonnie potesse anche solo respirare, il vampiro le
fu addosso, la spinse di nuovo contro un albero mormorando in modo
disconnesso
“Si arrabbierà, si arrabbierà con me,
ma il desiderio è troppo forte”.
Bonnie
credette che stesse delirando e si preoccupò
maggiormente di ciò che avrebbe subito.
I
canini di Christopher stuzzicarono ancora la sua pelle e
si prepararono ad affondare. Bonnie chiuse gli occhi e
iniziò a piangere.
Due
mani, furiose e decise, strapparono il corpo del mostro
da Bonnie e lo buttarono per terra.
La
ragazza ebbe appena il tempo per riconoscere Stefan,
prima che Christopher si scagliasse contro di lui prendendolo per le
spalle.
I
due vampiri iniziarono a lottare forsennatamente, come
indemoniati, ma era chiaro che Christopher fosse molto più
forte.
Stefan
parava i colpi e riusciva a schivare, ma
controbatteva debolmente e per ogni pugno o calcio andato a segno, ne
riceveva
il doppio.
Era
più giovane di Christopher e non si nutriva di sangue
umano, questo lo rendeva inoffensivo.
Damon
dove sei?
Si chiese Bonnie.
In
due avrebbero avuto più chance e inoltre Damon era
più
potente e più spaventoso.
Bonnie
si accovacciò su se stessa sentendosi inutile e
fragile. Non aveva ancora sviluppato i suoi Poteri da strega per
potersi
difendere e non aveva idea di come aiutare Stefan.
Christopher
stava decisamente avendo la meglio. Aveva
inchiodato l’altro vampiro contro un tronco e lo teneva fermo
mentre Stefan si
dibatteva tentando di morderlo.
Fu
allora che Bonnie scorse un pezzo di legno appuntito a
terra, a neanche un metro da lei. Si allungò lentamente e lo
afferrò e notò con
sollievo che Christopher era troppo occupato per accorgersene.
Fece
un bel respiro e agì in fretta: si alzò e
spiccò una
corsa verso la schiena del suo ex- fidanzato e gli conficcò
il ramo dritto
all’altezza del cuore.
Il
vampiro s’irrigidì e crollò a terra in
un mucchio di
ceneri.
Stefan
guardò Bonnie e Bonnie guardò Stefan. La ragazza
aveva il fiato corto e scoppiò a piangere istericamente
fissando le polveri del
giovane di cui si era così cecamente fidata.
Lo
aveva ucciso, lo aveva ucciso! Si sentiva sporca, in
colpa, anche se non avrebbe dovuto.
Le
braccia di Stefan la circondarono e lei quasi non se ne
rese conto. Non fece nemmeno caso alla voce di Damon, infine
sopraggiunto, che
ringhiando chiedeva al fratello di raccontare l’accaduto.
Le
gambe le cedettero e svenne nell’abbraccio del vampiro
dagli occhi verdi.
Si
risvegliò in auto, stesa sui sedili posteriori. La testa
le doleva ed era tutta frastornata. Si tirò su a sedere e
guardando fuori dal
finestrino vide che stavano imboccando il vialetto di casa.
“Bonnie”
la chiamò Stefan girandosi dal sedile di destra
“Come ti senti?” allungò una mano
indietro.
Bonnie
la strinse forte e scosse la testa
tranquillizzandolo. Non era ferita, stava bene fisicamente, ma era
ancora
troppo impaurita e scombussolata per parlare.
Scesero
tutti e tre dall’auto e si diressero verso il
Pensionato. Bonnie li lasciò andare avanti e si
fermò sul portico.
Si
voltò verso l’enorme cortile, dove solo il giorno
vi era
parcheggiata la macchina di Christopher. Si appoggiò ad una
colonna della
veranda e si lasciò scivolare fino a sedersi sui gradini.
Restò
immobile con lo sguardo vacuo. Non riusciva a
piangere, aveva esaurito le lacrime e nemmeno voleva.
Non
sentiva più niente, niente tristezza, rabbia, delusione,
niente emozioni. Vuoto totale.
Assenza di sentimenti. Avrebbe soltanto desiderato addormentarsi e
dimenticare
tutto.
Damon
tornò indietro non appena la notò seduta sui
gradini
del portico. La raggiunse e si mise nella sua stessa posizione,
dall’altra
parte rispetto a lei.
“Dillo”
pronunciò Bonnie monocorde.
“Cosa?”
“Che
me l’avevi detto”.
Damon
avrebbe voluto dirlo, davvero con tutto il cuore, ma
si trattenne. Bonnie non aveva bisogno di rimproveri. “Mi
dispiace di non
essere arrivato in tempo” mormorò “Avrei
dovuto essere lì con te questa sera”.
Bonnie
non rispose, non diede neanche segno di averlo
ascoltato.
“Ti
prometto che nessuno ti farà più del
male”.
“Avevi
ragione, Damon” lo accontentò Bonnie “Ma
non ti ho
perdonato e non voglio la tua compassione, quindi puoi anche
rientrare” non
sapeva neppure lei da dove provenisse quella cattiveria.
“Non
me ne vado” replicò Damon “Io
sono qui”.
Ed
era dannatamente vero.
Era
lì e non se ne sarebbe mai andato. Anche se lei lo
avessi respinto, gli avesse urlato addosso, lo avesse cacciato o
odiato,Damon
sarebbe stato sempre lì per lei.
L’aveva
delusa, l’aveva ferita e l’aveva ignorata. Non
avrebbe mai più commesso un errore simile.
E
anche se avrebbe voluto abbracciarla, stringerla fino a
toglierle il respiro, coccolarla fino a farla addormentare,
restò fermò sul
quel gradino lontano da lei.
In
quel momento forse Bonnie non lo avrebbe voluto troppo
vicino o forse sì. Forse aveva bisogno di lui, ma non lo
avrebbe mai ammesso.
Ma
Damon lo sapeva. Se Bonnie gli avesse chiesto un
abbraccio, lui glielo avrebbe concesso e se fosse stata in silenzio
tutta notte
a fissarsi i piedi, lui le avrebbe tenuto compagnia.
E
perciò non si mosse.
Perché
lui c’era.
“Light up,
light up
As if you have a choice
Even if you cannot hear my voice
I'll be right beside you dear
Louder, louder
And we'll run for our lives
I can hardly speak, I understand
Why you can't raise your voice to say”
(Run- cover by
Leona Lewis).
Il
mio spazio:
Scusate,
scusate, scusate!! So di essere in megaritardo
ma sono stati giorni da delirio: è ricominciata
l’università e settimana era a
letto con febbre e non sono riuscita a scrivere =(
Come
avete notato è un capitolo molto lungo e
denso; non mi andava di scriverlo in fretta e male e quindi mi sono
presa una
settimana in più; spero ne sia valsa l’attesa.
Ricordate
quando, qualche capitolo fa, vi ho
assicurato che per Bonnie non ci sarebbero state più
delusioni? Ecco, mi era
dimenticata di questa piccola
svolta.
Ora
probabilmente la maggior parte di voi saranno
divise tra coloro che mi vorrebbero uccidere per aver eliminato
l’unico in
grado di scatenare la gelosia di Damon, e coloro che stanno
festeggiando per la
dipartita di Justin Bieber.
Quando
ho inserito il personaggio di Christopher,
avevo già in mente come sarebbe andata a finire e ammetto di
aver accelerato
parecchio i tempi in questo ultimi due capitoli. Sapevo che se avessi
messo
vari indizi qua e là, voi avreste intuito subito tutto e non
volevo rovinare l’effetto
a sorpresa, ecco perché ho scelto di farlo sparire
così in fretta.
Comunque
non preoccupatevi, anche se Christopher
non c’è più, ha svolto benissimo il suo
lavoro: Damon si è reso di poter
perdere Bonnie in un attimo, che chiunque gliela può
soffiare davanti agli
occhi e si sarà una bella regolata; specialmente nei
prossimi due capitoli.
La
fine è volutamente un po’ affrettata, ma nel
prossimo pezzo analizzerò la reazione di Bonnie, che
(anticipo) non sarà
certamente delle migliori.
Damon,
poi, inizia ad avere certi pensieri
sulla sua nipotina e non saranno certo gli ultimi. Secondo
voi quanto ci metterà Bonnie a ricambiare? Non dimentichiamoci che in
mezzo c’è
anche Elena!
Per
adesso i lupi mannari sembrano in modalità
“facciamo
la pace”, ma quanto durerà la tregua? Chi
sarà il primo a fare un passo falso?
Ragazze,
come al solito siete invitate a lasciarmi
i vostri pareri su questi quesiti e a lasciarmi anche tutte le vostre
richieste
=)
Ho
in mente anche un sacco di idee per storie
future e la prossima volta ve ne sottoporrò alcune,
così magari mi potrete
aiutare a decidere su quale iniziare a lavorare una volta finita
Ashes&Wine.
Come
al solito sono anche in ritardissimo con le risposte
alle vostre recensioni. Prometto che tra oggi e domani
risponderò a tutte
quelle del capitolo precedente!
Vi
ringrazio immensamente per tutti i consigli che
mi date, ringrazio chi legge, recensisce e segue!!
E
ora vi lascio con le immagini dei personaggi
originali che sono apparsi fino ad’ora
Ps:
vi consiglio di leggere il capitolo con le due canzoni segnate =)
Christopher
Rydell.
Clara.
Layla
Lehmann.
*GTA: Grand Theft Auto (abbreviazione: GTA,
letteralmente Grande Furto di Auto, cioè
furto d'auto aggravato) è il nome di una serie di videogiochi
multipiattaforma catalogabile come "simulazione della vita criminale",
distribuita da Rockstar Games. Il
protagonista di ogni episodio è infatti un criminale
esperto. Il gioco è chiamato "Grand Theft Auto" per indicare
la frequenza con cui il giocatore si ritroverà a dover
compiere furti di automobili (nessun protagonista della serie possiede
una macchina propria, infatti). Per guadagnare soldi e farsi una
reputazione all'interno della città in cui si svolge il
gioco, il giocatore dovrà scontrarsi con i criminali e le gang rivali,
portando a compimento le missioni che gli saranno assegnate dagli
amici, dagli alleati, dai boss o dalla gang di appartenenza
(definizione presa da Wikipedia)
** Baby: canzone di Justien Bieber.
***: Mi riferisco al primissimo sogno avuto da Bonnie, nel quale si
descrive un momento realmente accaduto in cui si è sentita
inseguita da qualcuno quando ancora viveva a Roma.
|
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Capitolo 23 *** I will try to fix you ***
Ashes &Wine
Capitolo ventitre: I
will try to fix you
“And the
tears come streaming down your face
When you lose something you can't replace
When you love someone but it goes to waste
could it be worse?
Lights will guide you home
and ignite your bones
And I will try to fix you”
(Fix you-
Coldplay).
Caro diario,
È
passata una
settimana da quando Christopher si è rivelato per il mostro
che era. È stato
uno dei momenti peggiori della mia vita, non solo perché ho
rischiato di
morire, ma perché per un soffio non abbiamo perso Bonnie.
Mi
ha
raccontato tutto ciò che Christopher le ha confessato prima
di attaccarla, ma
ci sono ancora dei punti non chiari: perché la cercava? Come
poteva essere a
conoscenza dei suoi Poteri? Di che missione stava parlando?
Ci
ha fregati
tutti: me, Caroline, Damon; soprattutto Damon. Mio fratello non lo
ammetterà
neanche sotto tortura ma non si perdonerà mai di non essere
arrivato prima.
Era
l’unico ad
aver fiutato qualcosa di sbagliato e nessuno gli ha creduto. Credevamo
fosse
solo un’infantile forma di protezione e gelosia, invece aveva
maledettamente
ragione.
Lui
sapeva di
essere nel giusto e non ha fatto niente per paura di ferirla ancora di
più. Un
mese fa se ne sarebbe fregato e avrebbe ucciso Christopher al primo
sospetto.
Ma ora è diverso, si è trattenuto per Bonnie,
perché sperava di sbagliarsi.
Damon
Salvatore
su certe cose non si sbaglia mai.
Bonnie
non l’ha
presa bene. E’ in fase di negazione, ma è chiaro
come il sole che è stata
l’ennesima delusione. Non ha ancora dato cenni di cedimento;
cerca di mostrarsi
forte, finge che non sia successo niente. Dopo quella sera non ne ha
più
parlato, non vuole nemmeno sentire il suo nome e se qualcuno di noi
cerca di
tornare sull’argomento, lei cambia discorso.
Non
so come
aiutarla, non la riconosco più. A tratti è
allegra, a tratti è scontrosa, esce
di casa tutte le volte che può, il rapporto con le altre
è un po’ migliorato ma
è ancora lontano da ciò che condividevano prima;
con Damon, invece, non è
cambiato nulla e con me non si confida.
Credo
non
voglia più aprirsi con nessuno, che non voglia
più far entrare nessuno nella
sua testa e nel suo cuore. Non vuole soffrire di nuovo.
Due
giorni fa
c’è stata la luna piena e i lupi mannari hanno
mantenuto la parola: se ne sono
stati nel bosco, lontani dalla città e da noi.
Caroline
non
era per niente convinta a lasciar andare Tyler con il branco, ma per
fortuna è
tornato sano e salvo e senza aver fatto del male a qualcuno.
È
una pace
apparente e non so quanto durerà.
Stefan.
Il
vampiro posò la penna e chiuse il suo diario.
Ogni
parola era maledettamente vera, soprattutto quelle riguardanti Bonnie.
Non
scherzava quando aveva scritto degli sbalzi di umore della ragazza.
Capitava
che entrasse in casa salutandolo con un gran sorriso e poi
c’erano le volte in
cui scoppiava come una bomba, freddando chiunque osasse rivolgerle
parola.
Era
piena di rabbia, per essere
stata
ingannata, per essere stata delusa, per avere permesso di nuovo a
qualcuno di
ferirla, per non essere riuscita a difendersi, perché Damon
aveva ragione e per
essere diventata un’assassina.
Stefan
aveva provato a spiegarle che non aveva fatto niente di male, che il
suo gesto
gli aveva salvato la vita e che uccidere un vampiro non significava
uccidere davvero qualcuno. Quella
era stata una delle
volte in cui Bonnie era esplosa.
“Questa
storia deve finire” dichiarò Damon entrando nella
stanza del fratello.
Stefan,
seduto alla scrivania, non si girò neanche. In quel periodo
Damon si lamentava
di qualsiasi cosa.
“Potresti
dire gentilmente alla pargola di vestirsi un po’ di
più?”.
Al
che Stefan torse la schiena fino ad incontrare gli occhi
dell’altro vampiro “Di
che cosa stai parlando?”.
“Parlo
di Bonnie che gira tranquillamente per casa in canotta e
mutande!”.
Stefan
capì al volo cosa intendesse Damon. Da quando il bagno della
stanza di Bonnie
era inagibile, la ragazza se ne andava a fare la doccia in fondo al
corridoio
senza preoccuparsi di coprirsi.
Solo
che il bagno era stato riparato. Bonnie si ostinava a girare per casa
come se
fosse stata sola.
Stefan
non ci faceva molto caso e poi l’aveva vista così
poche volte e talmente di
sfuggita che nemmeno se lo ricordava.
Per
Damon era tutt’altra storia. Sembrava quasi che Bonnie
mettesse in scena le sue
sfilate ogni volta che il vampiro si aggirava nei pressi della sua
camera.
Non
ci era voluto molto a Stefan per capire cosa stesse facendo: stava
provocando
Damon. Doveva essere uno dei suoi metodi contorti per fargliela pagare
e stava
funzionando.
Il
fratello maggiore dei due Salvatore era particolarmente sensibile al
fascino
femminile, soprattutto se si trattava di qualcosa di proibito. E sopra
Bonnie
aleggiava un cartello con scritto “INTOCCABILE”.
Stefan
si era stupito parecchio del comportamento della ragazza; non era
affatto da
lei. La Bonnie che conosceva si sarebbe vergognata perfino a mettersi
in
costume.
Questo
cambio di atteggiamento doveva essere sicuramente attribuito al
tradimento di
Christopher. Da quella notte Bonnie si era rinchiusa in se stessa e
sembrava
quasi che niente le importasse.
Giocare
con Damon per la “nuova Bonnie” era una
questioncina da poco.
“Damon
stai facendo dei pensieri sporchi su Sissi?”.
“Non
sto facendo pensieri sporchi su nessuno” negò
Damon “Ma se non la smette di
gironzolare mezza nuda, potrei seriamente iniziare”.
“E’
tua nipote!”.
“Primo,
non è mia nipote; secondo, sarò pure morto, ma
rimango sempre un uomo e certe
cose mi turbano”.
“Anch’io
sono un uomo eppure l’idea non mi ha neanche sfiorato la
mente”.
“Sei
un vampiro che si nutre di scoiattoli; questo dovrebbe darti un indizio
sulla
tua virilità” lo schernì Damon, poi
accorgendosi dello sguardo da puritano che
aveva assunto il fratello aggiunse “Non fissarmi come se
fossi un pervertito!
L’ultima volta che l’ho vista era alta un metro e
trenta, correva per il
giardino in salopette di Jeans e adorava la principessa Sissi. Ora
è cresciuta.
Ha diciott’anni e l’hai vista bene? Ha un culo che
parla; permetti che la cosa
mi faccia un attimo effetto” si giustificò.
“Perché
non puoi dirglielo tu?” replicò Stefan.
“Ottima
idea, fratellino!” esclamò con sarcasmo
“Sono settimane che non ci rivolgiamo
una parola carina e adesso le vado a chiedere di vestirsi di
più perché c’è una
parte di me che l’apprezza
un po’
troppo!”.
“Va
bene, se per te è così un problema”
cedette Stefan “Ma non ti sembra strano?
Non è se stessa ultimamente”.
“A
me sembra più normale adesso di quando frequentava quello
stronzetto”.
“Normale?”
ripeté Stefan incredulo “Certo perché
Bonnie normalmente se va in giro in
biancheria intima senza pudore, normalmente sta sempre fuori casa,
normalmente
ha sbalzi d’umore degni di una donna incinta. Questo
è tutto perfettamente
normale secondo te?”.
“Sta
attraversando uno shock! Dalle tregua” la scusò
Damon “Cerca solo di
dimenticare e divertirsi”.
“Siamo
bel oltre il divertimento” lo avvertì Stefan
“L’altra notte è tornata molto
tardi, l’ho sentita cadere dalle scale un paio di volte
… credo avesse bevuto”.
“Si
è presa una sbronza! Come il novanta per cento delle sue
coetanee” sminuì
l’altro.
“Si
sta lasciando andare, Damon” disse seriamente Stefan
“Sta oltrepassando i
limiti e si farà del male se non stiamo attenti”.
“E’
passata solo una settimana” gli ricordò Damon
“Non sta andando avanti così da
mesi, ma da qualche giorno. È semplicemente entrata nella
fase ribelle
dell’adolescenza ed è la cosa più normale
che le potesse accadere”.
Se
ne andò dalla stanza prima che Stefan avesse il tempo di
formulare la risposta.
Che
Bonnie apparisse un tantino strana, era un fatto assodato, ma Damon non
credeva
che fosse un gran problema; anzi era convinto che la ragazza avesse
tutto il
diritto di soffrire in santa pace come più preferiva.
Chi
se ne importava se usciva tardi, si divertiva, beveva? Stava solo
cercando di
dimenticare, di pensare ad altro. Era così chiaro che il suo
unico desiderio
fosse tenere la mente occupata.
In
realtà si era messa anche sotto con lo studio. Damon la
vedeva spesso piegata
sui libri. E passava gran parte delle sue giornate dalla signora
Flowers a
esercitarsi con i suoi Poteri.
Non
aveva parlato di Christopher con nessuno, non si era sfogata e Damon
apprezzava
la cosa. Voleva che quel bastardo passasse sotto silenzio, che venisse
scordato
da tutti, precipitando nell’oblio. Non si meritava nemmeno
l’infamia.
C’era
solo un atteggiamento di Bonnie che lo turbava. Parecchio.
Quel
suo continuo vagare per casa come se attorno non ci fossero due vampiri
maschi,
di cui uno particolarmente devoto
alla bellezza femminile.
Il
peggio era che Bonnie pareva quasi farlo innocentemente, come se
incappasse per caso in lui, come se
non si
aspettasse di trovarlo lì.
La
cosa, invece, era palesemente voluta, perché ogni volta non
faceva una piega.
Si addentrava nella stanza o proseguiva per il corridoio come se niente
fosse.
Non arrossiva, non cercava di coprirsi, non si scomponeva minimamente.
Di
solito quando lo incrociava, lo guardava con una faccia del tipo ‘Oh, anche tu qui?’ e
continuava a
occuparsi dei fatti suoi ignorandolo.
Ogni
tanto era Damon quello a sentirsi in imbarazzo e ad abbandonare
più che
volentieri la stanza.
Lei
così tranquilla e pacifica e lui che avrebbe voluto renderla
invisibile o
sparire. O saltarle addosso, ma questo
è
meglio negarlo.
Ricordava
ancora che qualche giorno prima, mentre lui stava scaldando una tazza
di caffè*
nel microonde, Bonnie era piombata in cucina con un completo che
rispetto ad
altri era quasi da suora.
Una
canotta bianca con le spalline sottili e delle culottes sempre bianche
con un
fiocchetto rosa a stringerle la coulisse intorno alla vita. I bordi di
entrambi
gli indumenti erano ricamati in pizzo san gallo.
Era
l’intimo più sobrio che avesse mai visto ma Bonnie
appariva maledettamente
provocante, soprattutto nell’attimo in cui si era allungata
per prendere i
biscotti dagli armadietti in alto.
Damon
era arrivato alla conclusione di aver toccato il fondo quando si era
accorto
che quelle che indossava la ragazza non erano culottes, ma dei
pantaloncini
bianchi molto corti e che quello non era affatto un completo intimo, ma
un
pigiama. Un pigiama!
Si
era fatto abbindolare da un pigiama!
E
Stefan nemmeno ci faceva caso! Che diamine di problema aveva quel
ragazzo?
Lui
ha Elena,
tu no.
Gli
ricordò fastidiosamente la sua mente.
Se
tu avessi
una ragazza come Elena tutta per te, non vedresti
nessun’altra.
Forse.
Ma non ne era così sicuro. Aveva il forte sospetto che
Bonnie non gli sarebbe
stata così indifferente anche se avesse avuto Elena e
Katherine nello stesso
letto contemporaneamente.
Non
che la rossa avesse quella gran sensualità, ma era
decisamente fuori dalla sua
portata, era letteralmente inviolabile e questo era un fattore di
attrazione.
Era
come profanare qualcosa di sacro.
La
soluzione si riduceva a una sola, lontano dagli occhi, lontano dal
cuore:
Bonnie doveva ricominciare a rivestirsi!
Ma
su una cosa era costretto a concordare con Stefan: Bonnie non stava
bene. E la
tremenda magrezza ne era il segno più evidente.
Bonnie
era sempre stata piccola di costituzione, ma nell’ultima
settimana aveva perso
peso. Sembrava quasi sgonfiata.
Damon
l’aveva potuto appurare proprio grazie al nuovo piano che la
ragazza aveva
ideato per torturalo.
Coperta
solo da poca stoffa, Bonnie svettava in tutta la sua
gracilità, specialmente
sulla schiena, dove si potevano scorgere senza difficoltà
tutte le vertebre
della spina dorsale.
Un
corpo normale avrebbe impiegato molto di più a svuotarsi in
quella maniera, ma
quello di Bonnie, già sottile di suo, si mostrava in tutto
il suo malessere
molto più apertamente.
È
una fase. Si
continuava a
ripetere Damon. Solo una fase che sarebbe finita in fretta. Purtroppo
non
riusciva ad esserne così sicuro.
Le
parole di Alaric gli ritornavano alla mente senza tregua. Bonnie prima o poi scoppierà.
Non
l’aveva ancora fatto e Damon si aspettava
l’esplosione più potente cui avesse
mai assistito.
“Che
diamine ci fa qui?!” berciò Caroline stritolando
la cannuccia con cui stava
bevendo la sua coca cola.
Meredith
seguì il suo sguardo fino ad incontrare la chioma scura di
Layla Lehmann, il
lupo mannaro che avevano rapito qualche settimana prima e che Tyler
aveva
liberato.
“Si
è iscritta a scuola ieri, non lo sapevi?”.
“Sono
la presidentessa di ogni associazione in
questa scuola. Com’è possibile che io non lo
sappia?” si indignò Caroline.
“Forse
sei stata troppo occupata a divertirti con
Matt negli spogliatoi” suppose Meredith mentre addentava un
hamburger.
“Come
fai a saperlo?”.
“Non
lo so” ammise lei “Ma ti conosco e ho tirato
ad indovinare”.
Caroline
mise il broncio “Con tutto quello che sta
capitando è assurdo che nessuno sospetti della principessa
Leila” ormai Layla
Lehmann era diventata per la vampira Leila Skywalker “Lei e
tutta la sua bontà,
la sua voglia di aiutare un suo simile! E Tyler ci è cascato
come un pollo!”.
“Forse
sono sinceri. In fondo la luna piena è
passata e loro non si sono nemmeno avvicinati alla
città”.
Caroline
non la stava neanche ascoltando “Credo
che ci dovremo presentare”.
“Cosa?!”.
“Hai
ragione tu: dobbiamo essere superiori e
mature. Andiamo a darle il benvenuto che si merita” propose
Caroline prendendo
l’amica per una mano e trascinandola al tavolo dei due
licantropi.
Tyler
guardò le due avvicinarsi e
fiutò subito odore di guai. Sapeva che era Caroline a
guidare la carica e non
poteva significare niente di buono.
Tenne
d’occhio anche Layla per paura che le saltasse al collo.
Dopotutto Caroline era
colei che l’aveva rapita, era un po’ la sua nemica
e si sa che tra ragazze la
rivalità è molto più accesa e duratura.
“Ehilà!”
salutò Caroline sedendosi proprio di fronte alla giovane
“Tu devi essere Layla.
Lei è Meredith e io sono Caroline …” e
allungò la mano.
“La
ragazza che mi ha drogata, rapita e chiusa in cantina?”.
Ecco
appunto! Tyler era certo che una delle due prima o poi avrebbe morso
l’altra.
“A
proposito di quello …” tentennò un
po’ “Non si è mai troppo previdenti.
Niente
di personale … volevo solo sapere da che parte
stessi”.
Meredith
si girò lentamente verso l’amica. E quelle
dovevano essere delle scuse?
“Io
sto dalla parte di Tyler” rispose Layla molto sicura di
sé.
Caroline
impietrì ma non lo diede a vedere “Allora siamo
tutti dalla stessa parte”
dissimulò da vera maestra “Dunque”
continuò con un battito di mani
“Com’è
andata l’ultima luna piena?”.
“Molto
bene” rispose Tyler “Meglio della prima volta,
comunque”.
“Dove
vi siete nascosti? So che eravate nel bosco, ma non mi viene in mente
nessuno
posto dove potevate legarvi” continuò Caroline.
“No
niente corde, niente catene” chiarì Layla
“Senza costrizioni soffriamo meno la
trasformazione. Siamo liberi e non ci svegliamo alla mattina con
lividi, non
abbiamo male alle ossa. È tutto molto meno
logorante”.
I
sensi di Caroline scattarono a quelle parole, completamente allibita
“Non vi
legate? Andate in giro per il bosco, liberi?”
ripeté sperando di non aver
capito bene “Sei completamente impazziti?”. Al
diavolo la diplomazia! Non
sarebbe stata zitta di fronte ad un gesto di tal
irresponsabilità “Potevano
esserci campeggiatori! Potevate fare del male a qualcuno!”.
“Layla
e suo padre hanno controllato la zona per accertarsi che nessuno fosse
nei
paraggi. Eravamo in mezzo al bosco. Laggiù non viene mai
nessuno” replicò
Tyler.
“Non
è la Foresta Proibita di Hogwarts!”
esclamò Caroline alzando la voce e
riabbassandola subito dopo, dopo essersi resa conta di aver attirato
l’attenzione di un po’ di persone “Non ci
sono zone inaccessibili. Le coppiette
vanno in continuazione nel bosco per stare da soli. Poteva esserci
chiunque,
poteva entrare chiunque a qualunque ora! E voi non vi siete legati
perché così
alla mattina non avete mal di ossa?! Non avete controllo di questa
cosa!”.
“Parli
di controllo proprio tu?” ribatté Layla mostrando
tutto l’odio che intercorreva
tra le due specie “Sei una morta che vive succhiando il
sangue delle persone.
Sei schiava della tua stessa fame. È la tua specie quella
fuori controllo, non
la nostra”.
“Caroline
ha imparato a controllarsi” la difese Meredith “E
sono d’accordo con lei Tyler”
questa volta di rivolse direttamente all’amico
“Credo che dovresti prendere
delle precauzioni più serie”.
“No
Mere” la fermò Caroline “Layla ha
ragione: anche io ho perso il controllo e so
cosa si prova quando te ne rendi conto. Il senso di colpa non se ne va
mai e vi
auguro davvero di non scoprirlo mai. Ma non potete giocare ai lupi
liberi nella
prateria, non a spese delle altre persone” li
avvertì.
Si
alzò e lasciò al tavolo. Era arrabbiata con
Tyler. Era arrabbiata come poche
volte in vita sua.
Ricordava
quando Tyler l’aveva pregata di non permettergli di fare del
male ai suoi
amici. Era spaventato a morte. No, era terrorizzato! Sembrava un
bambino,
sembrava un cucciolo in difficoltà di fronte al mondo.
Poi
era arrivata la prima lupa della zona e lo aveva convinto che correre
liberi
per il bosco durante la luna piena rischiando di fare del male a
qualcuno, che
andava tutto sommato bene perché in questo modo loro
soffrivano molto di meno.
Aveva
ascoltato Layla darle del mostro fuori controllo, del parassita e Tyler
non si
era intromesso.
Caroline
aveva passato i primi momenti della sua nuova condizione sentendosi uno
schifo.
Aveva una bruttissima percezione di sé: un abominio, un
qualcosa che non dovesse
esistere.
Aveva
completato la trasformazione con il sangue di Matt e questa prima cosa
l’aveva
fatta sentire dannatamente in colpa. Poi alla fiera aveva ucciso un
ragazzo.
L’odore del sangue era stato troppo forte e lei non era stata
capace di resistere
alla tentazione. Aveva rischiato di cedere
un’infinità di volte e si era sempre
fermata per un pelo o qualcun altro l’aveva fermata.
Conosceva
il significato di ‘essere fuori controllo’, lo
aveva provato sulla sua pelle.
Tyler era un suo amico e avrebbe voluto proteggerlo da quella terribile
situazione.
Come
poteva lui non capirlo? Come poteva dare retta a quella sconosciuta? E
se mai
fosse giunto il momento di schierarsi, da che parte sarebbe stato?
Delle
braccia le avvolsero le spalle e delle dita delicate le asciugarono le
lacrime.
Nemmeno si era accorta di star piangendo. I ricordi degli scempi che
aveva
commesso l’avevano scossa parecchio.
Sorrise
a Meredith che la strinse a sé, appoggiando la testa alla
sua.
Tyler
intanto aveva osservato le due ragazze andarsene piuttosto turbate,
specialmente Caroline.
“Sanno
di cosa parlano, Layla” la riprese il ragazzo
“E’ stato carino l’ultima luna
piena, ma questi boschi sono piuttosto frequentati. Siamo stati
fortunati a non
fare del male a nessuno”.
“Non
sanno di cosa parlano” lo contraddisse lei “Non
sono come noi, non possono
capire che cosa vuol dire stare legati, sentirsi soffocare e rompersi
tutte le
ossa nel tentativo di liberarsi” si pulì le mani
con il tovagliolo “Poi non mi
faccio dare delle lezioni di moralità da una succhia
sangue”.
“Caroline
ha fatto i suoi errori, ma ha imparato a controllarsi. Siamo molto
più
pericolosi noi durante la luna piena che lei in un ospedale”.
“Non
mi riferisco alla sua capacità di resistere al sangue, ma
alla facilità con cui
i vampiri spengono le emozioni” precisò Layla
“Forse adesso ti sembra la solita
Caroline, ma prima o poi sceglierà la via più
facile”.
“Tu
non la conosci” tagliò corto Tyler “Non
ha chiesto lei di diventare un vampiro;
è stata trasformata contro la sua volontà, ma si
è impegnata e sta facendo un
ottimo lavoro”.
Layla
non parve molto persuasa ma decise di cambiare soggetto “So
che in città ci
sono anche i fratelli Salvatore. Mio padre conosce quello
più vecchio. Mi ha
detto che è un bastardo”.
L’espressione
di Tyler fu abbastanza eloquente. Non aveva una gran stima di Damon,
anche se
personalmente non ci aveva mai avuto a che fare.
“Quello
più piccolo invece com’è?”
s’informò Layla.
“Non
frequento molto casa Salvatore. Me ne tengo lontano” disse il
ragazzo “So che
le mie amiche si fidano di loro e per quanto mi riguarda mi
basta”.
Per
Tyler la discussione finì lì. Non era un fan di
Stefan e Damon, ma non volle
parlare male di loro davanti alla ragazza.
L’odio
tra i vampiri e i lupi mannari era secolare; non voleva alimentare il
rancore.
Apprezzava davvero l’aiuto che Layla e la sua famiglia gli
stavano dando, ma
non sarebbe diventato il loro accesso verso i segreti dei Salvatore.
Elena
passò accanto al loro tavolo e salutò Tyler. Non
si fermò a parlare; Stefan la
stava aspettando dietro gli spalti del campo da football. Avevano
pensato di
mangiare da soli in un luogo poco frequentato.
A
Elena mancava Stefan; il tempo con lui era molto prezioso e lei
custodiva
gelosamente ogni attimo insieme.
Aveva
paura che da un momento all’altro tutto le sarebbe stato
strappato via; per
colpa di Klaus, di Katherine o di Damon. Ma ad essere sincera, temeva
se stessa
più di tutti gli altri.
Erano
inutile negarlo: Damon le era entrato nelle pelle**; ogni giorno
dimostrava di
tenere a lei, le dimostrava che ormai non era più solo un
modo per far soffrire
Stefan, che si era davvero innamorato.
E
lei? Lei iniziava ad avvertire segni di resa.
Damon
era come una calamita: ogni volta che era nei paraggi
l’attirava
inesorabilmente a sé ed Elena sapeva che presto o tardi
avrebbe ceduto.
Da
un po’ di tempo a quella parte aveva iniziato ad evitare di
stare sola con lui
in una stanza o di ritrovarsi in situazioni scomode.
Non
avrebbe mai rinunciato a Stefan, perché era tutto per lei e
si sarebbe
strappata i capelli se per una stupida tentazione avesse buttato tutto
all’aria.
Stefan
era il suo centro, doveva solamente tenerlo bene in testa.
In
ogni caso cercava di godersi tutti i loro momenti insieme,
perché aveva il
brutto presentimento che non sarebbero duranti a lungo.
“Avevo
paura che mi avessi dato buca” le sussurrò il
vampiro all’orecchio stringendola
da dietro.
Elena
si girò tra le sue braccia e sorrise “Ciao a
te”.
“Ciao
bellissima” e la baciò lentamente senza
preoccuparsi che qualcuno li potesse
vedere.
Elena
si appoggiò alle sue spalle rispondendo con altrettanta foga
al bacio. Niente
studenti, niente professori. Solo Stefan e Elena.
“Perché
non facciamo questa cosa più spesso?” propose la
bionda “Insomma, mi sembra
quasi un miracolo non avere nessuno attorno”.
“Sì,
possiamo” assentì Stefan “Domani
sera?”.
“Signor
Salvatore, mi sta chiedendo un appuntamento?”.
“Andiamocene
fuori città, dove nessuno ci conosce”.
“Possiamo
fingere di essere due ragazzi normali? Niente vampiri, niente
doppelgaenger”
era entusiasta come una bambina a Natale.
“Tutto
quello che vuoi” l’accontentò Stefan
“Saremo Stefan White ed Elena Smith”.
“Due
perfetti anonimi adolescenti” concluse lei stampandogli un
bacio.
Elena
si sedette a terra e prese l’hamburger dal sacchetto.
“Allora” s’incuriosì
“Hai
parlato con Damon?”.
Stefan
si accovacciò accanto a lei “Sì, ma non
è servito a niente. Dice che è la cosa
più normale che ci potesse capitare”
raccontò “Non so cosa mi aspettassi!
Bonnie ha adottato il Damon- metodo. Era ovvio che lui avrebbe
approvato”.
“Stefan,
questa volta sono d’accordo con tuo fratello: Bonnie non ha
fatto niente di
male. Torna a casa tardi e forse l’altra sera ha bevuto un
po’. Sai quante
volte sono rientrata ubriaca?”.
“La
cosa mi preoccuperebbe meno se sapessi con chi esce. Prima era sempre
con
Christopher ma ora …”.
“Christopher
era un vampiro che la pedinava da un anno e progettava di rapirla e
assaggiare
il suo sangue. Con chiunque stia uscendo, non può essere
peggio” gli fece
notare.
Stefan
si passò una mano nei capelli “E’ che
… è stato tutto così improvviso. Si
è
tutto accumulato ed è esploso in una sola volta. Ho paura
che questo non sia un
semplice modo per dimenticare”.
“E’
solo una fase, ok?” cerco di tranquillizzarlo lei
“Bonnie non è sull’orlo
dell’autodistruzione.
Fidati, io so che vuol dire: dopo la morte dei miei genitori ho agito
nello
stesso modo; credevo che uscire, ubriacarmi, mi avrebbe aiutata a
riprendermi e
invece alla mattina mi svegliavo peggio. Poi mi sono guardata intorno:
c’era
Margaret, c’era zia Judith, c’erano le mie amiche e
Matt. Tutti lì per me.
Bonnie sa che noi la stiamo aspettando e tornerà
presto”.
Stefan
sospirò e si abbassò fino ad appoggiare la testa
sul grembo di Elena che prese
ad accarezzargli i capelli.
“Dici
che sto esagerando?”.
“Dico
che saresti stato un perfetto fratello maggiore”.
Bonnie
prese dal suo armadietto la divisa delle cheerleader. Non aveva molta
voglia di
partecipare all’allenamento, ma avrebbe fatto qualunque cosa
pur di occupare la
mente.
Quella
settimana era stata particolarmente pesante. Stava ancora rielaborando
tutto
ciò che era successo alla fiera e stentava ancora a credere
a certi fatti.
Le
sembrava un brutto sogno, talmente irreale e doloroso che non poteva
essere
concepito nella sua vita.
Invece
era tutto terribilmente vero: lei, Bonnie Salvatore(?) aveva ucciso il
ragazzo
di cui avrebbe potuto innamorarsi in un futuro non tanto lontano.
Non
aveva rimorsi, perché Christopher si era rivelato un vampiro
spietato che aveva
compiuto gesti terribili, ma era comunque scioccante.
A
volte chiudeva gli occhi e le pareva di rivivere l’istante in
cui gli aveva
piantato il ramo nel cuore e lo aveva visto dissolversi in un mucchio
di
polvere.
Al
momento non aveva realizzato la gravità della cosa, non
avrebbe mai pensato a
cosa l’avrebbe portata quell’ennesima delusione.
La
botta era arrivata il giorno successivo all’incidente, quando
si era svegliata
rendendosi contro di non provare niente.
Certo,
si era data della cretina per esserci cascata ed era scossa, ma a parte
ciò,
nel suo animo non c’era nient’altro.
All’inizio
si era preoccupata. Cos’era diventata? Una specie di fantasma
apatico?
Poi
le cose si erano fatte più chiare e Bonnie, dopo aver
analizzato la cosa con
attenzione e con una freddezza quasi innaturale, era giunta alla
conclusione di
essere una presenza totalmente irrilevante nella vita degli altri.
Tutti
coloro che l’avevano cercata, avevano una ragione, un secondo
fine. Nessuno le
si era avvicinato spontaneamente e senza propositi.
Christopher
l’aveva corteggiata per il suo sangue e l’avrebbe
rapita e ceduta chissà a chi,
senza pensarci un secondo di più.
Stefan
tentava in tutti i modi di rimediare alle sue bugie solo per calmare il
senso
di colpa che lo avrebbe ucciso poco a poco.
Elena,
Caroline e Meredith erano diventate sue amiche perché era la
nipote di Stefan,
perché dovevano proteggere i due vampiri e tenerla
d’occhio.
Damon
le aveva salvato la vita e era rimasto con lei solo per una promessa
fatta a
sua madre. Una madre che Bonnie nemmeno ricordava.
Nessuno
era interessato soltanto a lei. C’era sempre un motivo dietro
le attenzioni che
tutti le davano.
E
dopo tutte queste riflessioni, una nuova consapevolezza era nata dentro
al suo
cuore: nemmeno a lei importava di se stessa.
Non
aveva ragioni di credersi speciale, di sentirsi amata e di amarsi. Non
aveva
nemmeno la forza di provare al mondo di valere qualcosa. Non ne aveva
la
voglia.
Questo
vuoto che le si era creato dentro la spaventava da matti; lei non
viveva, lei
tirava avanti. Tremendamente triste e terrificante a soli
diciott’anni.
Perciò
trascorreva più tempo che poteva fuori casa, a studiare, ad
esercitarsi dalla
signora Flowers, a parlare con perfetti sconosciuti che non potevano
ferirla. A
volte beveva; non che le piacesse, ma doveva ammettere che era un
ottimo metodo
per staccare la spina. Di solito fregava delle bottiglie dalla scorta
di Damon
o si intratteneva in qualche locale, dove s’incontravano
anche delle persone
interessanti capaci di farli sorridere, seppur per poco.
Aveva
preso, poi, l’abitudine di girare per casa con pochi
indumenti a coprirla. Il
suggerimento di Matt e Tyler era stato davvero lungimirante.
Non
avrebbe mai pensato di poter fare quell’effetto a Damon; ma
non si stupì più di
tanto. Tutto si ricollegava al ragionamento precedente. Gli altri la
usavano,
si servivano di lei e Damon non era diverso.
Era
chiaro che avrebbe voluto avere il corpo di Bonnie tutto per
sé, ma non perché fosse
Bonnie. Se al suo
posto ci fosse stata un’altra ragazza, con un bel fisico, non
sarebbe cambiato
niente.
Quindi
la rossa gli aveva sostanzialmente dato ciò che desiderava;
tanto non le importava essere vista
così. Anzi
provava una sorta di potere.
Con
la divisa tra le mani si diresse verso gli spogliatoi femminili per
cambiarsi,
ma si scontrò con qualcuno appena prima di raggiungere la
porta.
Jesse***
Evans si scusò e l’aiutò a raccogliere
i vestiti che le erano caduti. Jesse era
il miglior amico di Dick, e faceva parte di un gruppo di teppisti che
Tyler
aveva frequentato fino a qualche mese prima. Ma questo Bonnie non lo
poteva
sapere, perché nessuno l’aveva mai avvertita.
“Bonnie,
giusto?” chiese il ragazzo.
“Sì”
confermò lei “Tu sei Jesse? Abbiamo fatto la
recita insieme”.
“Mi
ricordo! Sei stata una splendida Honoria Fell” si
complimentò “Ieri sera eri
per caso al Grill, mi sembra di averti vista lì”.
Bonnie
annuì “Ero andata per bere qualcosa”.
“Io
e i miei amici spesso andiamo al Grill anche durante la settimana, se
ti va
puoi unirti a noi. Ho notato che ieri eri sola”.
Stranamente.
“Sarebbe
carino”.
“Stasera
andiamo a fare un giro vicino al bosco, ti va di venire? Ci
sarà anche Vicki
Bennet! L’hai conosciuta, no? Dovrebbe fare scienze nella tua
classe”.
“Sì,
sì, so chi è. Mi farebbe piacere”
accettò. Jesse non le dava l’impressione di
essere un bravo ragazzo e questo le piaceva un sacco.
Cosa
c’era di meglio per distrarsi se non un gruppo di ragazzi
dediti solo al
divertimento?
Si
segnò il suo numero di cellulare, lo salutò e
filò a cambiarsi. Poté già
immaginarsi le urla di Caroline per il suo ritardo.
Dopo
dieci minuti uscì sotto la luce nel sole caldo del primo
pomeriggio e raggiunse
le sue compagne a bordo campo.
Si
avvicinò ad una panchina e prese una bottigliata
d’acqua, facendo caso, in
quell’istante, a chi era seduto proprio lì accanto.
“Elena?
Che ci fai qui?”.
La
bionda alzò un sopracciglio “Ragazza sbagliata,
rossa”.
“Katherine”
intuì subito lei “Vattene prima che Stefan ti
veda” le consigliò lanciando
un’occhiata verso il vampiro che si stava allenando con la
squadra.
“Sono
venuta per te, in realtà” rivelò
Katherine “Ho sentito della tua piccola
disavventura. Chi l’avrebbe mai immaginato che quel
bellissimo ragazzo fosse un
vampiro. Siamo davvero dappertutto” commentò con
una risata.
“Ci
vediamo, Katherine” Bonnie terminò la
conversazione, allontanandosi.
Non
fece un passo che la mano della vampira si artigliò attorno
al suo polso
“Avanti, Bonnie, non essere scontrosa. In fondo io sono
l’unica che non ti ha
mai ferito, sono stata molto sincera con te”.
“Tu
sei la causa di tutti i miei problemi” le fece notare Bonnie
strattonando il
braccio.
“Io
sono quella che ti ha aperto gli occhi” la corresse Katherine
“Senza di me, ora
staresti ancora trattando Damon come se fosse il tuo orsacchiotto e non
come
l’assassino di tuo fratello”.
“Lasciami
in pace” chiese con fermezza “Non mi hai rivelato
quelle cose per un moto di
bontà; volevi che scoppiasse questa bomba, quindi non fare
l’amica”.
“Lungi
da me essere tua amica … voglio dire, non è che
la gente attorno a te faccia
una bella fine”.
Bonnie
assottigliò gli occhi.
“I
tuoi veri genitori, quelli finti, tuo fratello, la tua amica italiana,
Meredith
… la lista è lunga”.
“Perché
sei venuta qui? Vuoi provare a tutti di essere una stronza senza cuore?
Beh,
missione compiuta”.
“Sono
venuta qui per ricordarvi che tra poco arriverà la minaccia
più pericolosa che
ci potesse capitare e tu con i tuoi drammi stai incasinando
tutto”.
“Va’
a quel paese, Katherine!” si arrabbiò la ragazza
“Non ho chiesto io di essere
immischiata con le faccende di voi vampiri”.
“Non
hai altra scelta” disse la bionda “Sei una strega.
Le streghe sono sempre
legate ai vampiri. E tu invece di esercitare il tuo Potere
…”.
“Non
andare avanti” la interruppe Bonnie “Quello che
faccio con la mia magia sono
affari miei, non sono tenuta ad aiutare nessuno” mise bene in
chiaro “E di
sicuro non ho intenzione di aiutare te, quindi lasciami
stare”.
“Ti
preferivo quando era una piagnucolona” ammise Katherine
“Damon avrebbe dovuto
uccidere te, non tuo fratello”.
“Non
nominare Zach” le intimò.
“Perché?
Parliamo di un buon a nulla che non è riuscito a farsi una
famiglia e nemmeno a
tenersi la sua. Non mi stupisce che tu abbia rovinato tutti i tuoi
rapporti se
sei come lui …”.
Caroline
strillò il nome di Stefan non appena vide Bonnie lanciarsi
su Katherine.
“Mi
ha chiamato il preside dicendomi che Bonnie si è azzuffata
con Elena” disse
Damon, una ventina di minuti dopo, quando raggiunse suo fratello
davanti alla
presidenza “E’ uno scherzo, vero?”.
Stefan
scosse la testa confermando ogni singola parola “Non era
Elena, era Katherine”
lo corresse.
Damon
spalancò gli occhi. Bonnie aveva fatto a botte con
Katherine. Oh, avrebbe
proprio voluto vederla “E lo scricciolo è ancora
vivo?”.
“Erano
davanti a tutta la scuola, Katherine non poteva usare la sua forza da
vampiro.
E comunque io e Caroline le abbiamo divise subito”.
“Dove
adesso la vampira sgualdrina?”.
“Scappata,
ovviamente. Ho chiamato Elena ed è corsa qui per prendere il
suo posto e non
destare sospetti”.
Damon
si sedette sulla panca accanto a lui “Prima mi chiama la
polizia per dirmi che
Bonnie ha distrutto la mia aiuto, adesso questo. Stef, stiamo crescendo
una
criminale?” chiese con evidente sarcasmo che velava,
però, una nota più seria.
Stefan
non poté rispondere; la porta dell’ufficio del
preside si aprì rivelando le due
ragazze. Avevano entrambe una faccia contrariata.
“Un
giorno di sospensione” dichiarò Elena
“Quando becco Katherine, l’ammazzo. Tu
sei sicura di stare bene, Bonnie? Non ti ha fatto del male?”.
“No”
assicurò la ragazza “Mi ha solo strappato un
po’ di capelli” disse
massaggiandosi il punto della testa incriminato
“Perché lui è qui?”
domandò a
Stefan indicando Damon.
“Mi
ha chiamato il tuo preside per venirti a prendere. E comunque io sono
qui, puoi
chiedere direttamente a me”.
Elena
capì al volo che la situazione si stava facendo tesa e si
affrettò a cambiare
argomento “Stefan, ti raggiungo più tardi per
studiare biologia?”.
Il
ragazzo annuì e l’accompagnò verso
l’uscita.
Damon
si volse verso Bonnie. Non poteva credere che quella ragazzina
così piccola
avesse avuto il coraggio di affrontare fisicamente una vampira vecchia
come
Katherine.
Sicuramente
qualcosa in lei stava cambiando, ma Damon non era ancora in grado di
stabilire
se fosse positivo o meno.
Sospirò
e fece un cenno verso l’uscita “Forza, Mike
Tyson****” la prese in giro “Ti
porto a casa”.
Qualche
ora più tardi, quello stesso pomeriggio, Elena
tentennò davanti alla porta del
Pensionato. Stefan le aveva detto che si sarebbero incontrati
lì, ma lei non
era sicura di voler oltrepassare quella soglia senza la certezza che il
suo
ragazzo fosse davvero in casa.
Paura
stupida! Era stata decine di volte in quella villa ad aspettarlo, a
fargli
sorprese. Capitava spesso che lei si presentasse senza che lui
l’avesse
invitata.
Allora
qual era il problema? Semplice: aveva una fifa blu di incrociare Damon,
di
essere sola con lui in una stanza.
Si
chiese quando era successo? Quando aveva permesso a
quell’attrazione che
provava per il maggiore dei Salvatore di diventare un sentimento
così
destabilizzante.
Solo
qualche settimana prima la sola idea di stare insieme a Damon la
nauseava ed
ora sembrava una tentazione così allettante.
Perché?
La
risposta era fin troppo scontata: il vampiro era cambiato. Le aveva
mostrato un
lato di sé nascosto e bellissimo, aveva dato prova di essere
capace di
sentimenti fortissimi. Damon risvegliava la sua parte più
oscura, la metteva al
centro della sua eternità, la faceva sentire potente e
irraggiungibile.
Si
stava forse ritrasformando nella vecchia Elena? La ragazza egoista,
vanitosa ed
egocentrica. Quella che dava tutto per scontato, che si circondava di
ragazzi
solo per gioco; quella stessa ragazza che aveva avuto il coraggio di
ferire
Matt?
No,
lei era cambiata. Damon certo rappresentava il pericolo eccitante del
proibito,
ma non tirava fuori la sua parte migliore. Quello era Stefan.
Inspirò
infondendosi coraggio e girò la maniglia procedendo lungo
l’ingresso.
“Stefan?”.
Mosse
qualche passo fino al salone dove trovò la figura di Damon
sfogliare con fare
piuttosto interessato un catalogo di intimo femminile. Ovviamente
interessato
alle ragazze e non ai capi in sé.
Si
accorse subito della presenza della giovane e le fece cenno di
avvicinarsi
“Cercavo qualcosa di carino per Bonnie”
incominciò sorprendendo Elena “Se
proprio deve fare la sfilata tutte le sere mezza nuda, preferirei che
indossasse qualcosa di un po’ più osé.
Che mi suggerisci?”.
Per
quanto Bonnie cercasse di essere provocante la sua scelta di completi
intimi
lasciava un po’ a desiderare: tutti indumenti monotoni,
monocolori, senza pizzi
e trasparenze; in poche parole: una vera noia.
Nonostante
il tono evidentemente sarcastico, Elena avvertì lo stomaco
contrarsi
immaginandosi un Damon assorto in contemplazione di una Bonnie in
biancheria.
“Da
quello che stai pensando ne deduco che invece Stefan
sia autorizzato a guardare” la provocò Damon con
un moto di
soddisfazione.
Elena
era gelosia di lui.
La
bionda arrossì d’imbarazzo e rabbia
“Stai fuori dalla mia testa, Damon!” lo
avvertì
“Dov’è Stefan? Dovevamo vederci per
studiare”.
“E’
uscito mezz’ora fa” rispose meccanicamente Damon
proseguendo nella sua lettura
“Appena abbiamo riportato a casa
Bonnie, è uscita di casa come una scheggia. Stefan
l’ha seguita. Vuole scoprire
che cosa fa sempre in giro” sospirò fingendosi
pensieroso “Lo beccherà in un
minuto”.
“Tu
non preoccuparti troppo, mi raccomando” ironizzò
Elena. Era scandaloso quanto
Damon se ne fregasse di tutti, soprattutto di Bonnie.
“Non
vuole il mio aiuto, ecco perché non mi preoccupo”
disse Damon tagliente “Non mi
vuole intorno, le do fastidio. Peggiorerei le cose se le stessi con il
fiato su
collo. E non vuole nemmeno Stefan, ma questo il mio fratellino non
l’ha
capito”.
“Perché
lui ci tiene alle persone! Soprattutto a quelle cui vuole bene; ecco
perché”
replicò Elena rigirando le stesse parole che Damon aveva
usato poco prima. Si
diede dell’incoerente da sola, considerando che poche ore
prima aveva difeso la
teoria di Damon.
“Oh
certo Stefan Salvatore, il vampiro dal il cuore
d’oro” cantilenò lui “Peccato
che il suo cuore d’oro non basti a soddisfarti”.
“Me
ne vado” sentenziò Elena intuendo la piega del
discorso “Di’ a Stefan che sono
passata” si girò e allungò il piede per
compiere il primo passo ma fu costretta
a tirarsi indietro. Damon le si era parato davanti sfoderando un
sorriso a 250
kilowatt e scuotendo la testa “Elena, Elena, Elena, il tuo
ragazzo passa la
maggior parte del suo tempo dietro a quella testa rossa e tu non ne sei
minimamente turbata. Invece salti come una molla all’idea che
io possa guardare
Bonnie in mutande e reggiseno” quanto adorava poter leggere
nella mente
“Chiamami tradizionalista, ma qui c’è
qualcosa che non va”.
“Stefan
considera Bonnie come sua sorella. Non ho nessun motivo per
preoccuparmi”.
“Questo
è lampante” concordò Damon
“Quello che non mi è chiaro è la
ragione per cui sei
gelosa di me”.
“Non
sono gelosa di te” dichiarò con un tono che non
convinse neppure lei.
“Ho
cinquecento anni, Elena. So riconoscere quando una donna intende
esattamente
l’opposto di quello che ha detto”.
“Tu
vaneggi”.
“Perché
non lo ammetti, principessa?” il vampiro si piegò
sul suo collo e strofinò il
naso contro la sua pelle morbida, mentre la cingeva con le mani sulla
vita
facendola indietreggiare fino al muro “Perché non
ammetti di sentirti
trascurata?”.
“Damon
… per favore” lo pregò Elena chiudendo
lentamente gli occhi al suo tocco.
“Perché
non ammetti che vorresti sapere cosa prova a stare con me?”
le mormorò
all’orecchio mentre ne vezzeggiava il lobo “Sai
perfettamente che se fossi mia,
nessuno si metterebbe in mezzo. Saresti la mia principessa e niente
potrebbe
distrarmi da te. Nemmeno Bonnie”.
“S-
smettila” poggiò le mani sul petto del ragazzo e
tentò di spingerlo, senza
metterci tuttavia abbastanza forza. Non avrebbe spostato nemmeno un
bambino con
quella pressione, figuriamoci un vampiro.
“Noi
due siamo uguali, Elena” continuò Damon come se
non l’avesse neanche sentita
“Siamo capaci di azioni inaccettabili, lottiamo per quello
che vogliamo senza
guardare in faccia nessuno, abbiamo l’istinto di prevalere
nelle vene. Siamo
forti e irresistibili. Devi accettare che solamente insieme a me puoi
essere te
stessa, solo con me puoi seguire la tua natura”
disegnò una scia di baci
dall’orecchio fino alla mascella, per poi risalire e fermarsi
all’angolo della
bocca “Ma la scelta è tua” le
sussurrò.
Elena
si tirò indietro giusto quanto bastava per guardarlo negli
occhi.
Tentazione.
Proibito. Gioco pericoloso. Chiamatelo come volete, ma per
quell’insieme di
sensazioni travolgenti la ragazza si tuffò sulle labbra
tanto agognate e
impazienti.
Damon
la schiacciò contro la parete, tendendola ferma con le mani
premute
possessivamente sui fianchi di lei.
Da
quanto attendeva quel bacio? Da quanto lo sognava?
Qualcosa
dentro di lui iniziò a festeggiare. Forse era solo un
momento, forse era
soltanto un bacio e forse, anzi sicuramente, Elena sarebbe tornata
subito tra
le braccia di Stefan. Ma chi se importava! Erano insieme, si stavamo
baciando e
c’era qualcosa tra loro che ormai non si poteva
più negare.
Liberò
Elena dalla sua presa per permetterle di riprendere il respiro, ma non
staccò
gli occhi da quelli di lei. Due cieli in contrapposizione e nel
contempo
complementari: sereno e in tempesta.
Fu,
però, una sensazione fastidiosa, un brivido lungo la spina
dorsale, a rovinare
quel momento; come se qualcuno li stesse spiando.
Elena
non si era ancora resa conto di niente e continuava ad accarezzargli
amorevolmente il viso. Damon si sentì gelare e
spostò delicatamente le dita
della giovane, voltandosi per controllare se ci fosse effettivamente
qualcuno
in quella sala oltre a loro.
Anche
lo sguardo di Elena viaggiò per la stanza fino alla porta,
fino ad incrociare
due occhi color caramello.
Damon
continuò a fissare Bonnie, immobile sulla soglia del salone
con un’espressione
talmente fredda da gelare l’Inferno.
Era
un gelo rivolto totalmente ad Elena; come al solito Bonnie non lo stava
minimamente considerando e quello fece male.
Era
ovvio che la ragazza non avrebbe sprecato la sua delusione per lui. Lo
reputava
una mina vagante, uno capace di gesti terribili, uno buono solo a
rovinare la
vita degli altri. Non c’era bisogno di altri rimproveri.
Ma
Elena era un’altra storia. Era colei che declamava amore
eterno per Stefan,
colei che non aveva mai ceduto al fascino maledetto di Damon. E invece
si era
mostrata ipocritica esattamente come tutti.
Damon
poteva avvertire il disgusto di Bonnie. Dio, quanto odiava il potere
che quella
ragazzina aveva su di lui!
La
rossa sparì su per le scale senza proferire parola ed Elena
si mise una mano
sulla bocca rendendosi finalmente conto di ciò che aveva
fatto.
Si
vergognò come una ladra.
Forse
la vecchia Elena non se n’era andata del tutto.
Era
notte fonda. Forse le due o giù di lì. Stefan si
era stufato di guardare
l’orologio. Bonnie non aveva ancora fatto ritorno.
Aveva
fatto un enorme buco nell’acqua quando l’aveva
seguita quello stesso
pomeriggio: era semplicemente andata dalla signora Flowers. Niente di
compromettente o allarmante.
Stefan
si ritrovava ancora con un pungo di mosche in mano e la brutta
sensazione che
Bonnie si stesse rovinando da sola ma senza averne prove certe.
Improvvisamente
un rumore lo attirò: la chiave ch girava nella serratura, la
porta principale
che si apriva e che si richiudeva. Poi un tonfo.
Stefan
si affrettò a raggiungere l’ingresso e la scena
che gli si parò davanti aveva
dell’incredibile: Bonnie stesa sui gradini delle scale che
cercava di rialzarsi
con poco successo e un fortissimo odore di alcol.
Alla
fine si tirò in piedi e si appoggiò alla
ringhiera chiudendo gli occhi per
evitare di vedere la stanza girare alla velocità della luce.
Quella
sera aveva esagerato. Anche se aveva la mente un po’
annebbiata, se ne rendeva
conto.
Fece
altri due gradini e scivolò di nuovo ma Stefan
l’afferrò al volo prima che il
suo viso picchiasse contro la scala.
“Hai
bevuto” disse lui.
“Sei
sempre stato così perspicace” ribatté
Bonnie appoggiandosi completamente a lui
per non cadere di nuovo.
Sentiva
la testa pesante e avrebbe voluto mettersi direttamente nel letto e
sprofondare
in un sonno senza sogni.
Stefan
la sorresse e l’aiutò a finire le scale, per poi
dirigersi verso la camera
della ragazza “Cos’hai bevuto?” le chiese
prendendole il mento tra le dita e
avvicinandole il volto: aveva gli occhi persi e stanchi.
“Non
lo so” sbiascicò lei.
“Dove
sei stata? Chi c’era con te?” Stefan non era certo
che Bonnie sarebbe stata in
grado di rispondere, ma preferì comunque tentare.
C’erano molte più possibilità
di ottenere la verità ora che ubriaca rispetto alla mattina,
quando sarebbe
stata terribilmente irritabile per il mal di testa e quando si sarebbe
rifiutata di dare spiegazioni.
“Con
nessuno” lo accontentò lei.
“Bonnie”
il suo tono di voce si era fatto quasi
minaccioso.
“Rilassati,
Stef” lo riprese la ragazza cercando di scostarsi da lui, ma
traballò sulle
proprie gambe come se fossero di pastafrolla “Ho preso una
bottiglia di Damon …
e … ragazzi della scuola …”.
Sebbene
quello che stesse dicendo non avesse molto senso, Stefan
capì lo stesso: aveva
rubato una bottiglia dall’armadietto degli alcolici e doveva
aver fatto un
festino con altri ragazzi della scuola.
Sì,
ma dove? E soprattutto con chi?
“Devo
… ho la nausea” e in un attimo schizzò
in bagno chiudendo la porta.
Stefan
si stupì di come una ragazza così piccola ed
evidentemente ubriaca, che a
malapena si reggeva in piedi, potesse scattare in bagno a quella
velocità senza
neanche sbandare.
Era
passato parecchio tempo dalla sua ultima sbronza, ma suppose che
nemmeno un
tale stato di euforia potesse dominare certe necessità.
Udiva
distintamente il rumore del rigetto, ma non pensò neppure
per un attimo di
andare a darle una mano. Era infastidito dal comportamento della
giovane; Damon
aveva ragione: si stava atteggiando da bambina infantile e capricciosa
e loro
non avrebbero dovuto darle corda.
Stefan
capiva che cosa stesse attraversando Bonnie, capiva che cercasse una
piccola
rivincita, ma adesso stava oltrepassando il limite.
Poteva
accettare che avesse distrutto la macchina di Damon o che riducesse al
minimo
il contatto con loro, ma tornare a casa completamente disfatta, dopo
aver
trascorso la serata con perfetti sconosciuto a fare
chissà cosa … quello era inammissibile.
Dopo
poco Bonnie uscì dal bagno. Un disastro: i capelli
arruffati, la pelle
cadaverica e un po’ sudata, l’andatura incerta.
Liberarsi di tutto quell’alcol
l’aveva certamente aiutata a riacquistare un po’ di
lucidità, ma non un aspetto
migliore.
“Non
puoi continuare così, Sissi” le disse mentre le
circondava la vita con braccio
e la conduceva verso la sua camera.
“N-
non chiamarmi così” tenne la voce molto bassa ma
marcò bene quell’ordine. Non
voleva sentire quel nome, non da lui, non da loro.
“Ti
ho sempre chiamato così. Non è cambiato niente
per me” replicò Stefan.
“Per
me sì”. Bonnie si liberò dalla stretta
del vampiro e gli diede le spalle; si
tolse il vestito e s’infilò la camicia da notte.
Stefan
si voltò dall’altra parte nell’istante
in cui la ragazza, sfilandosi l’abito,
tirò via anche il reggiseno. Non che avrebbe visto comunque
niente dato che lei
stava di schiena, ma non voleva invadere la sua intimità.
Bonnie
sorrise nel percepire il disagio del vampiro; in realtà si
era presa quella
confidenza solamente perché sapeva che Stefan non si sarebbe
soffermato a
guardarla, a studiarla, a memorizzarla
(come invece faceva qualcun altro). L’intento non era stato
provocatorio.
Si
stese lentamente sotto le coperte augurandosi che Stefan capisse di
dover
lasciarla sola a riposare. Speranza vana.
“Cosa
cerchi di dimostrare, Bonnie?”
l’affrontò lui “Di essere cresciuta? O
di essere
diventata insensibile ed egoista?”.
“Voglio
solo che tu te ne vada. Puoi pensare di me quello che vuoi”.
Stefan
si piegò accanto a letto e portò una mano sui
suoi capelli rossi “Mi dispiace per
tutto”, la sua espressione si
addolcì e sentì l’istinto di
abbracciarla, ma la frase che uscì dalla bocca
della ragazza lo spiazzò totalmente.
“Non
preoccuparti per me” mugugnò Bonnie mentre
chiudeva gli occhi colta dal sonno
“Pensa a … pensa ad Elena”.
Stefan
si accigliò “Cosa c’entra
Elena?”.
Bonnie
sbadigliò e finalmente si rilassò sul cuscino
pronta per cadere tra le braccia
di Morfeo “Tuo fratello è uno stronzo” e
si addormentò.
Stefan
le rimboccò le coperte e abbandonò la camera.
Il
fatto che i nomi di Elena e di Damon si fossero susseguiti nel
discorso, seppur
disconnesso, di Bonnie lo aveva mandato in bestia.
Che
cosa stava facendo suo fratello alla sua ragazza? La stava forse
costringendo
di nuovo a scambiarsi il sangue? La minacciava in qualche modo?
Doveva
affrontare Damon su quella questione; era inevitabile che prima o poi
sarebbero
arrivati alla lotta per Elena.
Ma
Stefan era anche estremamente assennato; così tanto da
accantonare per il
momento la rivalità con il fratello e concentrarsi solamente
su Bonnie.
Era
lei quella cui serviva aiuto, era lei quella a rischio.
Perciò
la mattina dopo raccontò tutto a Damon. Gli
raccontò in che stato avesse
trovato la ragazza, come si fosse comportata e cosa gli avesse rivelato.
Bere
alcol ( alcol di Damon, ergo pesante),
nel cuore della notte, lontano da luoghi pubblici, con ragazzi (termine
vago)
della scuola. Qui non si trattava più di una ragazza che
cercava di distrarsi;
c’era qualcosa sotto, qualcosa di più grave.
Damon,
come da copione, gli scoppiò a ridere in faccia.
Una
diciottenne
che torna ubriaca alle due di notte. Questo sì che
è trasgressivo. Commentò
il
maggiore dei Salvatore senza dare peso al fatto.
Stefan
rise a sua volta della stoltezza di suo fratello che non aveva ancora
avuto il
piacere di occuparsi di Bonnie in quello stato.
Come
per esaudire le preghiere di Stefan, Damon ne ebbe un assaggio quella
sera
stessa.
Il
suo fratellino ed Elena erano andati fuori città per la loro
cena romantica.
Damon avrebbe voluto essere una mosca per spiare la scena. Gli sarebbe
piaciuto
vedere come Elena avrebbe gestito la situazione. Si sarebbe vergognata
per
quello che era successo, per quello che avevano fatto a Stefan o
avrebbe
continuato la recita con eccellente maestria?
Più
probabile la seconda ipotesi.
Il
piano, in realtà, era quello di trasformarsi in corvo e
spiarli durante il loro
appuntamento, ma Stefan gli aveva fatto promettere che non si sarebbe
mosso da
casa e avrebbe dato un’occhiata a Bonnie. E Damon Salvatore
manteneva sempre le
promesse, anche quelle che avrebbe volentieri infranto.
Ed
eccolo lì, bloccato sul suo letto a fare zapping sul suo
televisore a schermo
piatto, appeso al muro, in cerca di qualcosa che gli occupasse la
serata.
Bonnie
era uscita ore prima e Damon non si aspettava di vederla tornare tanto
presto.
Sbuffò rotolando sul letto.
Infine
decise di lasciare su Mtv. Stavano trasmettendo le repliche di True
Blood.
Damon trovava quel telefilm un po’ irreale e da vampiro non
poteva che sentirsi
abbastanza offeso.
Tralasciando
i canini che sembravano più denti da castoro, tutta la
storia non stava in
piedi. Avevano infilato di tutto in quello show: oltre ai canonici
vampiri,
lupi mannari e streghe, ci si erano messi pure i mutaforma e le fate.
Le
fate,
per l’amor di
Dio!
Il
tutto condito dal solito triangolo amoroso tra due vampiri e
un’umana (ok,
quella storia gli suonava familiare). Un’umana piuttosto
insulsa e irritante,
tra le altre cose.
Presto
scivolò nel sonno, annoiato come non mai. Quando si
risvegliò la lancetta
dell’orologio segnava le quattro.
Tese
le orecchie: Stefan ed Elena non erano ancora tornati. Probabilmente si
erano
fermati da lei.
In
casa, però, c’era qualcuno. Un tintinnio di vetro.
Bonnie doveva essere
rientrata.
Damon
in un attimo fu in salone, giusto in tempo per beccare la ragazza con
le mani
nell’armadietto degli alcoli che riponeva una bottiglia presa
precedentemente.
“Sai
preferirei che me li chiedessi” la sgridò
bonariamente Damon “Sono piuttosto
costosi”.
Bonnie
ghignò “Come se li avessi pagati”.
“Touchè”
esclamò lui “E’ curioso … non
eri tu quella che me li aveva buttati perché, e
cito testualmente, non avrei risolto i miei problemi con
l’alcol?”.
“Non
mi farai la predica proprio tu?” gli chiese Bonnie e lo
superò verso il piano
superiore.
Aveva
bevuto, ma non quanto la sera prima.
Riusciva a stare benissimo in piedi, la stanza non girava e non le
sembrava di
sentire tutto ovattato.
Era
alticcia, non tanto da barcollare come aveva
fatto tra le braccia di Stefan, ma abbastanza da mostrarsi totalmente
disinibita e senza peli sulla lingua.
“No,
no. Sono piuttosto contento che tu sia
passata al lato oscuro” la seguì Damon
approfittando del momento. Erano
settimane che Bonnie non parlava così civilmente con lui e
quella sera sembrava
disposta a sostenere un discorso senza cercare di ucciderlo con gli
occhi “La
prossima volta invita anche me, però” le
suggerì “O potremo fare un festino
solo noi due. Sono sicuramente più divertente di quei
ragazzini che frequentano
il tuo liceo”.
“Di
certo sei più attraente” osservò lei.
Fu
lì che qualcosa s’incrinò.
Damon
ghignò compiaciuto. Adorava la nuova
versione sfacciata di Bonnie, adorava stuzzicarla e adorava il fatto
che lei
stesse al gioco.
Si
rese, però, subito conto di essersi spinto
troppo in là. Inizialmente pensò che Bonnie
stesse ancora scherzando, che
stesse fingendo di essersi trasformata all’improvviso nella
ragazza seducente.
Poi lei continuò a camminare nella sua direzione con uno
sguardo tremendamente
lascivo, quasi osceno. Uno sguardo che la vecchia Bonnie, la vera Bonnie non si sarebbe mai sognata
di esibire.
Damon
restò ammaliato dalle movenze della rossa;
non aveva mai fatto caso a quanto potesse essere aggraziata nel
portamento, di
quanto potesse essere consapevole dell’effetto che i suoi
movimenti avevano
sugli altri.
Perché
si trattava proprio di questo: di sicurezza
personale. Bonnie si stava comportando in quel modo perché
sapeva che Damon non
sarebbe riuscito a staccarle gli occhi di dosso.
Il
vampiro notò con una sorta di piacere la
contraddizione che la giovane stava mettendo in scena. Si poteva
tranquillamente pensare che una ragazza, che si stava esibendo in una
camminata
degna di Jessica Rabbit, indossasse un vestito corto e aderente, un
paio di
tacchi, che fosse truccata almeno un po’.
Bonnie
invece incarnava la fidanzatina d’America:
maglietta bianca, Jeans stretti, scarpe da ginnastica e neanche un filo
di
trucco.
Come
poteva una persona sola trasudare innocenza e
malizia nello stesso momento? Come poteva Bonnie?!
Totalmente
spiazzato e incredulo, Damon le lasciò
condurre le danze e indietreggiò fino a toccare la parete.
Di solito era lui
che metteva le ragazze con le spalle al muro e non il contrario. Che
diamine
gli stava succedendo quella sera?
“Bon-”
provò a dire ma lei lo zittì subito
mettendogli una mano sulla bocca.
“Non
provarci, Damon” gli intimò con voce bassa
“La recita del bravo ragazzo non funziona su di te”
tolse la mano dalle sue
labbra e piegò leggermente la testa di lato “Lo
vedo come mi guardi, so che ti
metto in imbarazzo quando giro in biancheria. Non ti vergogni a fare
certi
pensieri su di me?” domandò sbattendo le ciglia
ingenuamente.
Dove
diavolo ha imparato a fare la civetta in questo modo?
“Non
sei certo il tipo che si fa questi scrupoli,
vero?” continuò lei “Ma in fondo ti do
ragione: noi non siamo parenti e non c’è
niente di male” si avvicinò fino a far sfiorare i
loro nasi e lo tormentò
fermandosi un millimetro prima che le loro bocce
s’incontrassero “Non vedi
l’ora di toccarmi, Damon” non era una domanda.
Bonnie si alzò in punta di piedi
e strinse le dita dietro la nuca del vampiro “Non vuoi
baciarmi?”.
Damon
pensò a quanto la fortuna fosse una buffa
entità. Solo il giorno prima le ragazze cui teneva di
più lo ignoravano e lo
disprezzavano, ed ora nel giro di dodici ore entrambe gli si erano
buttate tra
le braccia.
Voltò
la testa dell’altra parte appena in tempo
per evitare le labbra di Bonnie che si posarono sulla sua guancia
“Sei ubriaca”
disse freddandola.
“E’
un problema?” lo stuzzicò lambendolo con altri
leggerissimi baci che avrebbero trovato presto la strada per il suo
collo se
lui non le avesse preso i polsi e non l’avesse staccata
brutalmente “Ho un po’
più di esperienza in questo campo, ragazzina”
sibilò “Non mi faccio abbindolare
dalla prima adolescente con l’alito che sa di
alcol”. Era stato duro, ma era
l’unico modo per farla rinsavire.
Bonnie
si divincolò dalla sua stretta, sdegnata.
Lanciò attraverso gli occhi dardi infuocati
“Improvvisamente ti è tornata una
coscienza?” lo derise “Non te
n’è mai fregato niente di ferire i miei
sentimenti e adesso decidi fare il gentiluomo soltanto
perché ho bevuto?”.
“So
cosa stai facendo, ragazza interrotta*****”
l’ammonì Damon “Stai sempre fuori casa,
torni sbronza, fai la sgualdrina con
me. Stai cercando di attirare l’attenzione. Scusami, ma non
sarò il tuo
antistress”.
La
mano di Bonnie scattò così velocemente che
Damon non si diede nemmeno la pena di bloccarla.
Lasciò
che colpisse la stessa guancia che poco
prima lei stava baciando e girò il capo per assecondare lo
schiaffo in modo che
Bonnie non si rompesse qualche osso.
La
rossa sapeva che da lì a poco il vampiro le avrebbe
staccato la mano dal polso, ma se ne fregò.
L’aveva chiamata sgualdrina,
l’aveva umiliata per l’ennesima volta; che altro si
aspettava di ricevere?
“Che
ne sai di quello che faccio?” urlò “Cosa
vuoi
che me ne importi della vostra attenzione! Siete tutti lì
che vi preoccupate
perché credete che mi stia rovinando la vita; se mi fossi
comportata come al
solito non vi sareste nemmeno sprecati a chiedermi come
stavo” ormai si era
fatta travolgere dal risentimento e tanto valeva scoprire le carte
“Cosa vuoi
che me ne importi se la mia vita è sregolata, se nemmeno
ritengo di averne una!
Tutti voi volete qualcosa da me: Stefan vuole che gli calmi il senso di
colpa e
tu mi stai intorno solo per quella stupida promessa fatta a mia
madre!”.
“Adesso
hai attivato la modalità vittima?” la
sfidò Damon “Sono stato tutta la notte sotto quel
cazzo di portico con te!”.
“Nessuno
te l’ha chiesto” replicò Bonnie
istericamente.
“Allora
cosa vuoi?” gli chiese stremato dall’esasperazione
“Perché sembra che qualunque cosa che faccia sia
sbagliata”.
“Non
voglio niente” rivelò Bonnie sinceramente
“Non sto facendo la capricciosa, non sto facendo la vittima;
essere importante
o no per voi, non mi cambia niente. Io
non sono importante per me stessa”.
Damon,
se fosse stato umano, sarebbe impallidito
per quella confessione. Iniziava a vederci chiaro nella nebbia che
circondava
il ragionamento di Bonnie e constatò quanto fosse grave.
“Cosa
stai suggendo? Di voler porre fine alla tua
miserabile vita?” era solo una provocazione, ovviamente.
“Vuoi
provvedere tu?” gli offrì Bonnie “So che
non
vedi l’ora di sbarazzarti di me, sono solo una
seccatura” anche questa era una
provocazione “Fallo, Damon, strappami il cuore. Non pensare a
mia madre,
STRAPPALO!”.
Damon
inorridì. Era completamente impazzita?
“Stai
sragionando. Vattene a letto”.
“Smettila
di trattarmi come una bambina” gli
ordinò strillando, poi indurì lo sguardo e
scatenò i suoi Poteri contro di lui.
Damon
sentì una fitta lancinante alla testa. Fissò
stupito la ragazza di fronte a lui, che se ne stava dritta in mezzo al
corridoio cercando di fargli più male possibile
“Sto diventando forte, Damon.
Farai meglio a liberarti di me, prima che io ti faccia fuori”
lo avvertì poi
scappò in camera sbattendo la porta.
Il
male scemò e Damon riprese fiato. Ebbe
l’impressione di aver peggiorato parecchio lo stato emotivo
di Bonnie.
Infine
l’esplosione c’era stata.
Anche
se gli era parso più che altro di vedere
Bonnie implodere e afflosciarsi su se stessa.
Ma
l’avrebbe guarita.
Era
stato lui che l’aveva ridotta in quello stato,
che l’aveva rotta togliendole il sorriso. Qui non
c’entrava niente la promessa
fatta diciott’anni prima.
L’avrebbe
guarita e basta.
“Avevi
ragione” ammise Damon la mattina dopo, al telefono con Stefan.
“Su
cosa?” domandò l’altro con circospezione.
“Su
Bonnie” precisò il fratello “Ieri
è tornata a casa piuttosto sbronza. Si è
esibita in uno show da delirio. Sembrava esaurita … ha detto
delle cose …”.
Stefan
studiò il tono dell’altro vampiro: appariva
seriamente preoccupato; qualunque
cosa Bonnie gli avesse detto, doveva averlo scosso nel profondo.
“Comunque
me ne sto già occupando” lo informò
“E per questa volta mi piacerebbe che
seguissi anche tu il mio metodo”.
“Damon,
che cosa hai fatto?” chiese Stefan con tono allarmato.
Il
fratello estrasse dalla tasca una chiave e se la sventolò
sotto al naso.
“DAMON!!!” un urlo
rimbombò dal piano di sopra “FAMMI
USCIRE SUBITO!”.
“L’hai
chiusa in camera?” Stefan allargò gli occhi,
udendo la voce di Bonnie, e
realizzò subito cosa aveva fatto suo fratello.
“Voglio
vedere se riuscirà ancora a sgattaiolare fuori. Il
divertimento è finito per la
nostra streghetta”.
“Non
pensi che aprirà lo stesso la porta con i suoi
Poteri?”.
“Non
ho niente da fare in questi giorni. Me ne starò qui a
controllarla. Può
friggermi il cervello quanto vuole. Se desidera lasciare questa casa,
dovrà
passare sopra al mio cadavere”.
Cosa
che
farebbe più
che volentieri.
Damon
chiuse la chiamata e finì di versare in un bicchiere il
liquore che la sera
prima Bonnie aveva rimesso a posto.
Salì
le scale fino alla camera della ragazza e si appoggiò allo
stipite “Non farti
venire il mal di gola, Bonnie. Uscirai quando sarai pronta a parlare
come una
persona con un po’ di buon senso”.
“Butto
giù la porta!” lo avvisò lei.
“Fai
pure”.
“E
ti uccido!”.
“Voglio
proprio vederti provare”.
“Damon
se non mi fai uscire, dirò a Stefan che cosa avete fatto tu
ed Elena”.
Carta
disonesta! Doveva essere proprio disperata.
“Tesoro
…” la vezzeggiò Damon “Mi
faresti solo un favore”.
Mentre
lei continuava ad urlare e a tirare pugni contro la porta, il vampiro
si
allontanò per il corridoio sorseggiando il suo drink.
Ora
era lui che controllava la situazione, che stabiliva le regole.
Ghignò
con soddisfazione.
Finalmente
la terra era tornata nel suo asse.
“To all of you who've wronged me
I am, I am a zombie
Again, again you want me to fall on my head
I am, I am, I am a zombie
How low, how low, how low will you push me
To go, to go, to go, before I lay, lay down dead”
(Zombie-
The Pretty Reckless).
Il
mio spazio:
Buona
sera a tutti!
Questa
volta ho aggiornato nei tempi
prestabiliti!
Prima
di analizzare questo capitolo,
volevo parlare un secondo di quello precedente.
Non
voglio sembrarvi affetta da
“ansia da recensione”, ma ho notato che i commenti
sono un po’ calati.
Magari
non avete avuto (giustamente)
voglia o tempo per lasciarmi il vostro parere, ma mi piacerebbe davvero
sapere
se il capitolo non vi è piaciuto. Era molto lungo e denso e
anche a me in certi
punti non convinceva molto, quindi se qualcuna di voi ha delle critiche
da
farmi, vi prego fatevi avanti! Così mi darò una
regolata anche per i prossimi
capitoli =)
Comunque
ho cercato di rendere
questo un po’ più leggero (esclusa la parte
Damon-Bonnie). Avrei voluto farlo
anche un po’ più corto, ma quando comincio a
scrivere non mi fermo più e
sinceramente non volevo tagliare nulla … perciò
ecco a voi un altro capitolo da
venti pagine! Giuro che per le prossime storie mi limiterò.
Damon
ha avuto un gran bel da fare
tra Elena e Bonnie; ma partiamo da quest’ultima.
Ci
terrei a precisare che Bonnie non
ha davvero intenzione di togliersi la vita; era solo una provocazione.
Semplicemente
si è resa conto che tutti quelli che le si sono avvicinati,
l’hanno fatto con
un secondo fine. Ha capito di non avere costruito niente nella vita, di
non
essersi creata degli affetti, quindi non ha sostanzialmente niente da
perdere. Non
le importa più di quello che pensa la gente di lei, non le
interessa di essere
vista in intimo, non dà peso a se stessa e non crede di
avere un valore. Ovviamente
questo è solo il suo pensiero.
Damon
si è accorto di avere tra le
mani un soggetto pericoloso che non solo non ha pudore nel provocarlo,
ma che
ha rinunciato anche a battersi per se stessa. Si è
ripromesso di guarirla e
testardo com’è sicuramente ce la farà.
I
suoi metodi non sono proprio
ortodossi, ma almeno sono efficaci. Non è come Stefan, non
cerca di analizzare
il problema. Lui preferisce sbatterlo in faccia e dare una forte
scossa. Ed è
chiaro che quello che ha detto ad Elena è una
falsità: Bonnie sarà sempre in
mezzo.
In
una recensione Amy in Wonderland mi
aveva chiesto di
inserire questa Bonnie che fingeva di rovinarsi la vita. Ho accettato
il suo
consiglio e l’ho trasformato in qualcosa di reale
… sperò che apprezzerai lo
stesso!
Mi
rendo conto che Bonnie possa risultare un po' fuori dal personaggio in
questo capitolo, ma considerate che è parecchio provata e
che nei suoi confronti con i due fratelli è molto
più disinibita per via dell'alcol. La vecchia e dolce Bonnie
tornerà presto!
Ora
passiamo ad Elena. Posso quasi
sentire i vostri insulti ahaha. Prima che la o che mi uccidiate, fatemi
spiegare. (mio Dio, sto davvero per lanciarmi in difesa di Elena?).
Questa
non è la stessa ragazza che
ha creato la Smith, non sta giocando con i sentimenti dei due vampiri
da otto
libri, è sempre rimasta fedele a Stefan.
Ma
ha solo diciott’anni ed è
palesemente attratta da Damon; ha cercato di resistergli il
più possibile ma
alla fine ha ceduto. Quante lo hanno già fatto anche nella
vita reale?
Mi
spiego meglio: è giovane e si è
gettata in questo amore con Stefan, senza pensare che forse si sta
perdendo
tante altre esperienze. In questo capitolo non viene messo in dubbio il
suo
amore per Stefan, ma capisce di provare dei sentimenti anche per suo
fratello. Che
fare? Come fa a sapere se si tratta solo di attrazione o se
c’è qualcosa di più
profondo? Questo è stato un momento di debolezza, non aveva
programmato di
tradire Stefan, ma ora è successo, quindi si
porrà qualche domanda.
Ripeto
che non è la stessa Elena dei
libri e cercherà di risolvere la situazione alla luce del
sole senza tirarla
troppo per le lunghe.
Infine
Tyler e i licantropi. A me
sembra che la sua amica Layla sia interessata un po’ troppo
alle faccende dei
vampiri, a voi no? ;)
Ora
vi lascio con alcune idee che mi
sono venute in mente per le prossime storie. Avevo già
postato la prima trama
un po’ di tempo fa ed ora convinta di cominciare con quella,
poi sono arrivate
tutte le altre e non so davvero quale sia la migliore, quindi mi
rivolgo a voi
per un aiuto.
Non
assicuro niente; queste cose
vanno ad ispirazione e potrei non averne molta per quella
più votata, ma m’impegnerò
per accontentarvi!
Le
prime due sono pensate per questo
fandom, le ultime due sono invece per la serie tv. Ho notato che la
sezione per
la serie tv manca di fan fiction su Damon e Bonnie; forse
perché Bonnie non è
molto amata e la loro coppia non è considerata nello show.
Io ci vedo un gran
potenziale!
Grazie
mille a real, Refia, bonniemc e meiousetsuna per
le splendide recensioni e
a tutte voi che mi seguite!!!
*Non
mi ricordo in che episodio di
TVD Damon spiega che alcuni alimenti come il caffè aiutano a
tenere la
temperatura dei vampiri più alta e quindi a destare meno
sospetti.
**
Questa e l’ultima frase, sono
tratte dall’episodio 3x16, 1912.
***
Nel primo libro della Smith si
parla di Tyler amico di un certo Dick, ragazzo di Vicki Bennet. Dato
che io ho
preso in prestito il Tyler della serie tv, ho inserito questo Jesse al
suo
posto. Ne parlerò maggiormente nel prossimo capitolo.
****Mike
Tyson, famoso pugile.
*****Ragazze
interrotte
(Girl, Interrupted) è un film
del 1999
diretto da James Mangold
con Winona
Ryder
e Angelina Jolie.
È tratto dal diario
di Susanna Kaysen
La ragazza interrotta.
(definizione presa da
wikipedia).
Crazy
little thing called love:
Bonnie
McCullough ha diciassette anni, i capelli rosso fuoco, il fiso a forma
di cuore
ed è sempre stata considerata da tutti la classica ragazza
dalla porta accanto.
Circondata da amiche più popolari e speciali di lei, non si
è mai distinta tra
la folla e nemmeno ha mai desiderato farlo. La sua esistenza in fondo
è
tranquilla e ha tutto quello che una ragazza possa desiderare, compreso
un
migliore amico premuroso, affettuoso e piuttosto figo: Stefan
Salvatore. Tanto
è legata a quest’ultimo quanto non sopporta il
fratello, Damon, tipico
universitario rubacuori, menefreghista e arrogante. I due Salvatore
hanno
sempre avuto degli attriti (specialmente dopo la morte della madre), ma
ultimamente le cose si sono fatte più tese: Stefan
è riuscito a conquistare il
cuore della bella Elena, la giovane per cui Damon ha sempre avuto un
debole e
che non è mai caduta ai suoi piedi. Ma cosa succederebbe se
la gemella di
Elena, Katherine, ricomparisse a Fell’s Church dopo anni
trascorsi a Parigi?
Caroline di certo impazzirebbe nel vedere un’altra Gilbert
rubarle la corona di
reginetta della scuola e Damon finalmente realizzerebbe il suo sogno di
avere
qualcuno fisicamente uguale ad Elena, ma con un carattere
più forte, più sicuro
e sfacciato. Qualcuno da non dover dividere con il fratello. Ma se
Katherine si
volesse divertire con entrambi?
E
se Bonnie, dopo
un’estate passata con le amiche in Spagna, tornasse
più matura, più bella, più
affascinante, insomma più donna
e
iniziasse ad attirare gli sguardi dei ragazzi? Damon continuerebbe a
considerarla solo come la migliore amica di suo fratello o cercherebbe
di
aggiungere il suo nome alla sua già lunghissima lista di
ragazze con cui è
stato?
Senza
dimenticarci
ovviamente di Meredith, alle prese con una cotta allucinante per il suo
professore di storia, Alaric Saltzman.
Niente
vampiri, streghe,
lupi mannari. Nessuna complicazione paranormale. Solo dei semplici
ragazzi che
dovranno affrontare i soliti problemi adolescenziali. Il mondo non
dovrà essere
salvato, ma chissà se i nostri protagonisti ce la faranno a
superare indenni
l’ultimo anno del liceo e la loro prova più
grande: crescere.
Highway
to Hell:
È passato un anno dalla fine di
Midnight. Tante cose sono cambiate: i kitsune sono stati distrutti,
Elena ha
fatto chiarezza nel suo cuore scegliendo Stefan definitivamente, Bonnie
e Damon
si sono avvicinati fino a innamorarsi. Tutto sembra perfetto a
Fell’s Church,
ma nel loro quadretto romantico qualcosa deve andare storto.
Un
giorno, durante una passeggiata nel bosco, Bonnie
incontra Shinichi, invecchiato e debole, che la incolpa della morte
della
sorella. Allo stremo delle sue forze, il suo tempo è quasi
finito ma la sete di
vendetta lo tiene in vita abbastanza da permettergli di eseguire un
ultimo
incantesimo: Bonnie si ritroverà nella Dimensione Oscura, in
una realtà
completamente diversa dalla sua. Ai suoi amici è stata
cancellata la memoria,
non si conoscono, abitano tutti lì, ma non hanno
praticamente rapporti. E lei
sarà costretta a diventare la schiava personale di Damon
Salvatore. Un Damon
Salvatore che non ha ancora riscoperto la sua umanità e che
non si ricorda più
del suo Uccellino Rosso.
Always
where I need to be :Bonnie odia Damon. Gliel’ha
fatto capire in più di un
modo. Ha cercato di dargli fuoco, gli ha fritto il cervello e lo
avrebbe
osservato molto volentieri morire in preda ai dolori del morso di
Tyler, ma per
il bene di tutti sa che devono collaborare se vogliono tenere Elena al
sicuro.
Bonnie
crede si essere l’unica che vede il vampiro per
quello che davvero è; tutti gli altri, per quanto cerchino
di tenerlo nascosto,
hanno una sorta di debole per Damon, gli
sono affezionati.
L’unica
che sembra darle un po’ di supporto è Emily, la
sua
antenata che più di una volta ha cercato di fermare i piani
di quel pazzo.
Una
notte però Bonnie sogna la donna che le dà uno
strano
avvertimento e la convince ad eseguire un incantesimo.
La
giovane strega si ritroverà nel 1864, bloccata a suo
malgrado a Mystic Falls durante le guerra di secessione e durante la
vita umana
di Stefan e Damon. Cosa ci potrebbe essere di peggio? Semplice: Damon
è molto
lontano dall’immagine spietata che lei ha del vampiro.
È umano,
è un gentiluomo, è affezionato a suo
fratello e dà valore ai sentimenti.
E
non sarà facile stargli alla larga.
Thank
you for the venom: una
sera durante un giro di pattuglia,
Bonnie ed Elena vengono attaccate da un vampire. Bonnie per salvare la
sua
amica si mette in mezzo e viene brutalmente ferita. Elena capisce che
la strega
non ha scampo e chiede a Damon di darle il suo sangue e trasformarla in
vampiro.
Bonnie
nei suoi ultimi attimi di vita, cerca di rifiutarsi
ma Damon è troppo forte e non rispetta il suo desiderio,
sollecitato da Elena.
Bonnie
quindi si sveglierà con una difficile decisione da
prendere: completare la trasformazione o lasciarsi morire?
A
presto,
Fran;)
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Capitolo 24 *** Lord, I need to find someone who can heal my mind ***
Ashes &Wine
Capitolo
ventiquattro: Lord, I need to find someone who can heal my mind.
“Tender is the night lying by your
side.
Tender is the touch
of
someone that you love to much.
Tender is the day the demons go away.
Lord, I need to find someone who can heal my mind”
(Tender-
Blur).
Avrebbe
dovuto essere al settimo
cielo. Avrebbe dovuto sentire la sua pietra rompersi di gioia. Dopo un
evento
del genere, se non proprio felice, avrebbe dovuto come minimo ritenersi
soddisfatto.
Elena
aveva ceduto. Non era una
dichiarazione d’amore, ma comunque un gran passo avanti.
Damon
sapeva che non ci sarebbe
voluto molto per farla capitolare definitivamente. Avrebbe dovuto
portarla via,
allontanarsi da Fell’s Church, da Stefan e farla la sua
principessa delle
tenebre.
Il
piano era sempre stato quello ed
Elena prima o poi avrebbe imparato ad amarlo, dimenticando finalmente
tutto ciò
che la teneva legata alla sua vita umana.
Il
vampiro avrebbe dovuto
festeggiare per essere così vicino al suo obiettivo. Il
vecchio Damon lo
avrebbe fatto.
Allora
perché l’unica emozione che
lo assillava in quel momento era il tormento?
Capelli
rosso fuoco, pelle
trasparente, occhi grandi e castani, viso a forma di cuore, corpo
sottile e
fragile. Ecco perché.
Non
era quella la vita che Damon
aveva programmato per Bonnie. L’aveva portata via per
metterla al sicuro, per
darle una famiglia, per darle un futuro lontano dalle sofferenze che la
madre
le aveva prospettato.
Si
supponeva che Damon fosse colui
che avrebbe dovuto occuparsi di lei e invece aveva fallito miseramente.
Non
tanto per tutte le volte che
Bonnie si era trovata in pericolo di vita, quanto per il cambiamento
che aveva
investito la ragazza trasformandola in una versione di se stessa
distorta e
distruttiva.
Come
poteva anche solo pensare di
non essere importante? Di non aver legato a sé tutti quelli
che aveva
incontrato?
Bonnie
era intelligente, di buon
cuore, altruista e tremendamente determinata ad aiutare tutti quanti, a
dispensare consigli. Parlava con passione ed era
vera.
Ma
la ragazza che Damon aveva
incontrato il giorno prima era totalmente l’opposto:
vendicativa, insensibile e
annichilita.
Aveva
distrutto tutto il buono che
c’era nel suo cuore o forse l’aveva sepolto sotto
strati pietra, così come
aveva fatto lui tanti secoli prima.
Damon
aveva avuto l’impressione di
vedere una versione senza controllo di se stesso. Era come se Bonnie
aveva
preso tutti i suoi difetti e li avessi spinti all’ennesima
potenza non per
ferire gli altri, ma per ferire se stessa. O forse voleva proprio
ferire gli
altri ferendosi.
Damon
per la prima volta dopo tanto
tempo, non solo si sentiva colpevole, ma non sapeva nemmeno come
rimediare.
L’avrebbe
guarita, questo era certo.
Doveva ancora stabilire un piano, però.
Avesse
dovuto tenerla rinchiusa
nella sua stanza per settimane, l’avrebbe fatta rinsavire.
Perché Bonnie era la
cosa più luminosa che gli fosse capitata nella vita e non le
avrebbe permesso
di spegnersi.
Dociott’anni
prima la madre della
rossa, gliel’aveva affidata, no, gliel’aveva donata perché se ne occupasse.
L’aveva designato suo protettore.
Damon non aveva potuto tirarsi indietro e dopo anni si era reso conto
che non
avrebbe ringraziato mai abbastanza la donna per quella bellissima
bambina
piombatagli tra le braccia. Lei e i suoi grandissimi e dolcissimi occhi.
Damon
grugnì: stava diventando un
po’ troppo smielato. Ma dopotutto, era la verità.
Gli occhi di Bonnie sarebbero
stati magici con o senza Poteri.
La
prima volta che lo aveva guardato
completamente indifesa era stato sotto la botola di casa sua.
C’era stata
un’intesa in quel momento, anche se dopo era scoppiata a
piangere come una
fontana.
Damon
a quel tempo era ancora troppo
distante e chiuso nei confronti della bambina per cogliere quella
connessione.
Se
n’era accorto solo quattro anni
dopo. Era la prima volta che ritornava al Pensionato da quando aveva
portato
Bonnie ad Arthur e Monica chiedendo (ordinando) di accoglierla come
figlia
loro.
Aveva
visto la piccola di sfuggita,
nascosta dietro una colonna, con i suoi grandi occhioni puntati verso
di lui
quasi a riconoscerlo. Non ci aveva fatto molto caso, non
l’aveva salutata, non
l’aveva cercata. Gli era bastato vedere che fosse viva e in
salute, non gli
importava d’altro. Il suo compito si riduceva solo a quello.
Si
era rinchiuso in camera sua; il
piano era di fermarsi una notte e ripartire la mattina successiva.
Non
aveva dormito bene: c’era il
temporale e ad ogni tuono Damon sobbalzava per via del suo superudito.
Infine
era riuscito ad addormentarsi anche se per poco. Si era risvegliato
un’ora dopo
ed era ancora notte fonda. Era appoggiato su un fianco e si sentiva
terribilmente scomodo ed indolenzito, perciò si era
stiracchiato e si sarebbe
anche girato se, allungando un braccio sull’altro lato del
letto, non avesse
toccato qualcosa.
Con
uno scatto si era voltato
posando gli occhi su una figurina lunga neanche un metro, rannicchiata
contro
la sua schiena. Anche nel buio i suoi capelli fiammeggiavano.
Damon
era rimasto scottato da
quell’immagine. Era al limite dell’assurdo il
pensiero che quella piccola,
innocente creatura si fosse nascosta nella tana del mostro per paura
del
temporale. Ed era proprio il paradosso il fatto che fosse riuscita ad
addormentarsi
profondamente.
Una
strana sensazione di calore
aveva avvolto il cuore di Damon. C’era Zach,
c’erano i suoi genitori, c’era
perfino Stefan e lei aveva scelto di rifugiarsi lì, con lui;
non proprio
l’elemento più affidabile della casa.
Ma
Bonnie aveva sempre avuto fiducia
in lui, soprattutto quando non se la meritava. Bonnie credeva in lui.
Era
giunto il momento di renderle il
favore.
Inserì
la chiave nella serratura e
girò aprendo la porta e serrandola di nuovo. Come se niente
fosse infilò la
chiave nei suoi pantaloni sentendola cadere nei boxer. Era il luogo
più sicuro
dove custodirla in presenza di Bonnie, perché lei non
avrebbe mai messo le mani
lì. Due occhi si posarono
su di lui
con odio; gli stessi che una volta lo scrutavano con affetto.
Non
si aspettava di certo che lo
accogliesse a braccia aperte dopo quello che si erano urlati la sera
prima. In
effetti si era perfino stupito che non lo avesse di nuovo reso vittima
dell’incantesimo friggi- cervello.
Lo
sguardo di Bonnie era talmente
gelido che Damon per un secondo ebbe timore che la rossa cercasse di
trasformarlo in un ghiacciolo.
Si
avvicinò al letto su cui era
seduta con le gambe al petto e posò sul comodino un vassoio.
Bonnie
alzò un sopracciglio: un
toast e un bicchiere d’acqua.
Era
diventata per caso una
carcerata? Sfamata a pane e acqua?
Ignorò
il cibo e continuò a fissare
un punto per terra. La presenza di Damon la infastidiva, specialmente
alla luce
di ciò che aveva fatto la sera prima.
Ma
come le era saltato in mente di
provarci così spudoratamente? Era allegra per via
dell’alcol, ma non così tanto
da non avere il controllo di sé.
Aveva
solo sentito l’irrefrenabile
istinto di togliergli quel ghigno strafottente dalla faccia. Aveva
voluto
sfidarlo, destabilizzarlo, scandalizzarlo.
Quel
punto era stato pienamente
soddisfatto, ma Bonnie non aveva fatto i conti con l’innata
sfrontatezza del
vampiro. E si era ritrovata battuta nel suo stesso gioco, arrabbiata e
mortificata con il solo desiderio di annientarlo.
Si
era comportata da stupida e aveva
permesso alle sue emozioni di prendere il sopravvento.
Per
tutta la settimana aveva
resistito proprio perché le aveva represse. Non era in grado
di eliminarle del
tutto, ma rilegarle in un angolo era un buon inizio.
Non
aveva pianto una sola volta, era
stufa di sprecare lacrime per chi non se le meritava; non aveva pensato
ai
momenti vissuti con Christopher, non ne aveva parlato con nessuno.
Aveva
semplicemente finto di non avere nessun problema, come se non fosse mai
accaduto niente.
E
in effetti così era stato perché a
rifletterci bene era chiaro che tutta la sua storia con Christopher
fosse
frutto della sua immaginazione. La verità stava davanti a
lei, chiara e
lampante: il fatto che qualcuno di così assolutamente
straordinario si fosse
interessato ad una comunissima ragazza come lei, senza secondi fini,
senza
brutte intenzioni … era del tutto inconcepibile.
Damon
lo aveva capito subito, ma
nessuno gli aveva dato retta. E questo aveva fatto sentire Bonnie
ancora più
insignificante. Sembrava che, per quanto cercasse di dimostrare di
poter
cavarsela da sola, in un modo o nell’altro Damon dovesse
essere sempre lì per
salvare la situazione.
La
piccola Bonnie, la povera Bonnie, la sfortuna Bonnie.
Non
era né piccola, né povera, né
sfortunata. Basta con la commiserazione, basta con il bisogno di essere
difesa.
Accettare
la realtà delle cose era
la miglior soluzione. Accettare di non essere importante e agire di
conseguenza. Accettare di non essere stata capace di costruirsi degli
affetti,
di rendersi indispensabile per gli altri.
Sì,
ma che bisogno c’era di buttarsi addosso a Damon in quel modo?
Cosa,
tra l’altro, piuttosto inutile
dato che il vampiro l’aveva rimessa al suo posto in due
secondi. E adesso si
ritrovava chiusa nella sua stessa camera da letto.
Non
credeva che nella sua vita
avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, soprattutto con Damon. Non
era da
lei atteggiarsi in quella maniera o ritenersi così seducente
da far capitolare
un uomo come il maggiore dei Salvatore.
Si
era sentita così potente e sicura
di sé e poi … poi aveva fallito miseramente.
Nella
sua testa quei momenti erano
molto confusi, non ricordava bene la sequenza degli eventi,
né con che coraggio
si fosse spinta oltre il limite. Ricordava, però, una
piacevole sensazione
nell’avere il corpo di Damon così vicino al suo,
le mani quasi a sfiorargli i
capelli e le labbra a pochi centimetri. Senza contare, poi, quello che
gli
aveva detto … baciare …
toccare …
termini che le avevano mandato i brividi per tutta la schiena; ma in
fondo si parlava
di un bel ragazzo e qualunque donna avrebbe reagito nello stesso modo.
Se
Damon non l’avesse rifiutata, lei
fino a che punto sarebbe arrivata? Era cominciato come un gioco, ma
avrebbe
potuto trasformarsi in qualcosa di più serio e complicato?
Non
poteva dare una risposta
definitiva, ma era certa di un fatto: Damon in pochi minuti
l’aveva incasinata
di nuovo, l’aveva costretta a sentire
ancora. Frustrazione, collera e amarezza; tutti i sentimenti che Bonnie
aveva
faticato a spazzare via, per non soffrire ancora.
Lo
odiava, lo odiava, lo odiava.
Damon
d’altro canto non voleva
arrendersi. Aveva compreso quanto la ragazza fosse decisa a seppellire
tutte le
sue emozioni, in un malato meccanismo di difesa e non poteva
permetterlo.
Avrebbe
cominciato a lavorare sulla
rabbia e sull’astio nei suoi confronti per far ritornare la
vecchia Bonnie, la sua Bonnie.
Afferrò
una sedia, la trascinò
vicino al letto e si sedette a cavalcioni appoggiando le mani e il
mento sullo
schienale.
“Dobbiamo
parlare, ragazzina”.
E
magari si sarebbe fatto anche
perdonare.
Cosa
c’era di sbagliato in lei?
Alzò
la mano e toccò titubante la
superficie dello specchio, sfiorando la sua immagine riflessa. Era
così simile
a Katherine.
Capelli
d’oro e occhi che sembravano
lapislazzuli, fisico perfetto. Tanto
bella fuori quanto brutta dentro.
Era
proprio così che Elena si
sentiva: una brutta persona. Più simile alla sua gemella
vampira di quanto
pensasse.
Non
voleva diventare quel tipo di
ragazza; non voleva giocare con nessuno. Si era divertita fin troppo
negli anni
passati e non voleva più scendere a quel livello.
Eppure
non poteva fare a meno di
chiedersi se non avesse sbagliato tutto con Stefan, se non si fosse
buttata
troppo in fretta nella loro storia.
Non
riusciva ad immaginarsi una vita
senza di lui che l’aveva aiutata così tanto, che
l’aveva cambiata. Ma era
chiaro che ci fosse qualcosa di storto nel quadro.
Non
avrebbe dovuto nutrire quei
sentimenti nei confronti di Damon. Non lo amava, di ciò ne
era certa, ma
comunque si trattava di qualcosa di molto forte; abbastanza
irresistibile da
offuscare la figura di Stefan, mentre stava baciando suo fratello.
In
quel momento le era sembrata
l’unica cosa sensata da fare, perché sarebbe stato
ancora più ipocrita negare
la connessione che condividevano. Ed era sembrato anche così
maledettamente
giusto.
Le
labbra di Damon erano morbide e
insaziabili ed Elena non avrebbe voluto abbandonarle mai. Cosa le stava
succedendo?
Quando
aveva smesso di essere una
mera questione fisica per trasformarsi in una con implicazioni
sentimentali?
Se
ripensava poi allo sguardo di
Bonnie. Disgustato e per nulla sorpreso, come se fosse una cosa
destinata ad
accadere.
Avrebbe
mantenuto il segreto o lo
avrebbe rivelato a Stefan? Elena non l’avrebbe biasimata se
avesse scelto la
seconda opzione.
Aveva
tradito il ragazzo di cui era
innamorata, con il fratello che cercava di rovinargli
l’esistenza da
cinquecento anni. Quando Elena Gilbert doveva commettere un errore, lo
faceva
in grande.
Per
la loro cena romantica Stefan
l’aveva portata in un ristorante a Danville*; aveva prenotato
una sala solo per
loro ed era stato come al solito un perfetto gentiluomo. Elena non
aveva avuto
il coraggio di guardarlo in faccia per la maggior parte della serata,
troppo
segnata dalla vergogna. Combattuta se confessare tutto o stare zitta.
Ovviamente
era rimasta in silenzio.
Non aveva avuto il fegato di rovinargli la serata e non voleva essere
guardata
con disprezzo anche da Stefan.
Per
quanto potesse amarla, non
l’avrebbe mai perdonata. Non con Damon.
E
quando durante la notte Stefan
l’aveva fatta sua trattandola con la solita cura, con la
solita dolcezza, con
la solita intensità, Elena aveva tenuto gli occhi serrati
per tutto il tempo;
un po’ in preda al piacere, un po’ per trattenere
le lacrime che avrebbero
voluto inondare le sue guance.
Non
avrebbe sentito lo stesso senso
di colpa, se si fosse trattato di un altro ragazzo, ma Stefan non se lo
meritava. Lei non si meritava
Stefan.
E forse non ne sarebbe mai stata degna.
La
ragazza si strinse l’accappatoio
addosso e si diresse in camera per cambiarsi. Non fece in tempo ad
aprire
l’anta dell’armadio che si ritrovò
stretta tra due forti braccia e sospirò
colta da un bellissimo bacio.
“Mi
sei mancato” gli disse.
Intendeva ogni parola, ma si rendeva conto di quanto suonassero false.
“Sono
solo passate poche ore” le
fece notare Stefan dandole lo spazio per respirare “Ma sono
contento di
sentirtelo dire”.
Elena
sorrise timidamente e si voltò
verso l’armadio per prendere dei vestiti puliti. Sciolse il nodo alla
cintura dell’accappatoio
e se lo sfilò restando nuda. Non era una ragazza timida da
quel punto di vista
e di certo non si sarebbe nascosta da Stefan che l’aveva
vista centinaia di
volte. “Sei stato al Pensionato?”.
“Sì”
confermò lui stendendosi sul
letto e osservando la sua ragazza in tutta la sua bellezza.
“Bonnie
è ancora chiusa in camera
sua?”.
Il
vampiro annuì “Non so quanto ci
resterà. Ho paura che butterà giù la
porta se Damon non la farà uscire”
arricciò le labbra un po’ contrariato nel vedere
Elena coprirsi con gli
indumenti scelti “Non c’era bisogno che ti
vestissi, sai? Da quaggiù la vista
era perfetta”.
Elena
finì d’infilarsi la maglietta
e sorrise arrossendo. Quel commento era così da Damon.
Subito dopo il sorriso
si cancellò dalle labbra della bionda.
Ora
cominciava pure a fantasticare
su Damon mentre era con Stefan? Era caduta davvero così in
basso?
“E’
davvero necessario tenerla
chiusa in camera?” Elena continuò il discorso per
non destare sospetti
e sperò che Stefan con la sua ferrea
condotta morale non le avesse letto nel pensiero.
“E’
abbastanza fuori controllo”
affermò lui “Peggio di così non
può andare, quindi tanto vale provarle tutte.
Spero che questa sia la soluzione”.
“Sarà
una fase, Stefan” cercò di
tranquillizzarlo Elena sedendosi accanto a lui sul letto
“Qualunque cosa abbia
detto o fatto, era dettata dalla confusione. Non posso credere che
Bonnie sia
diventata come me la descrivi tu”.
“Tu
non c’era l’altra sera … non sai
cosa mi ha detto e comunque questa è stata un’idea
di Damon. E se mio fratello
si preoccupa, significa che è una cosa seria”.
Su
quello Elena non poteva
controbattere. Se c’era qualcuno che poteva instillare ancora
un po’ di senno
in Bonnie, quello era Damon.
Era
l’unico che riusciva a capirla
davvero, che poteva calmarla, che sapeva come gestirla. Anche se negli
ultimi
tempi non erano stati molti uniti, era ovvio che continuassero a
condividere un
legame speciale.
Ed
era altrettanto evidente quanto
entrambi tenessero all’altro. Bonnie cercava di negarlo, ma
nonostante tutto
voleva ancora bene a Damon, altrimenti non avrebbe provato
così tanto rancore
nei suoi confronti; e lui non poteva più nascondere
l’affetto che sentiva.
Elena
dovette ammettere di sentirsi
un po’ gelosa del loro rapporto perché andava
oltre alla comprensione di
chiunque. Era come se fossero incatenati indissolubilmente uno
all’altra e
niente e nessuno potesse dividerli. Avrebbero potuto farsi le cose
peggiori, ma
sarebbero sempre ritornati insieme.
Era
più forte dell’amicizia,
dell’attaccamento, della famiglia. Qualunque cosa li unisse,
viaggiava ad un
livello nettamente superiore.
“Elena”
la voce di Stefan la riportò
alla realtà “L’altra sera Bonnie mi ha
detto una cosa … strana”. Aveva provato
a non pensarci durante l’appuntamento con Elena e lo aveva
trascurato, ma da un
paio di giorni la sua fidanzata appariva confusa e turbata. Le parole
di Bonnie
erano ben ancorate alla sua memoria e il dubbio lo tormentava
“Ha detto
qualcosa riguardo te e Damon”.
Elena
trattenne il respiro.
A
Stefan non sfuggì, ma tralasciò
“Era completamente sbronza e probabilmente stava solo
delirando e si è
addormentata prima che potesse spiegarmi di che stesse parlando. Volevo
solamente essere sicuro che Damon non ti stesse più
minacciando”.
Minacciare
non è proprio la parola che userei. Elena
chiuse gli occhi e si girò
dall’altra parte. Non avrebbe mentito, non voleva fare niente
alle spalle di
Stefan e soprattutto
non avrebbe negato
l’evidenza.
“Ti
ha fatto del male?” insistette
il vampiro allarmato.
“Stefan”
iniziò Elena, interrotta
subito dagli squilli del cellulare del ragazzo. Lui le fece cenno di
fermarsi
un attimo e rispose a Damon.
Lupus
in fabula.
“Pollyanna
è scappata**”.
Stefan
per un momento pensò che si
trattasse di un linguaggio in codice, poi realizzò il
significato di quella
frase “Scappata dove?”.
“Non
sarei al telefono con te se lo
sapessi. Mi devi aiutare a cercarla”.
“Damon
…”.
“Sì,
lo so” tagliò corto il fratello
“Me la farai dopo la paternale, ora vedi di trovarla,
perché se la prendo prima
io, questa volta le faccio davvero male” e chiuse la
comunicazione.
“Bonnie
se n’è andata” spiegò Stefan
appena agganciò “Io vado dalla signora Flowers,
potrebbe essere là. Tu puoi
controllare il Grill?”.
“Certo”
si offrì Elena,
precipitandosi fuori dalla stanza, seguita da Stefan.
Era
preoccupata per la sua amica, ma
non poteva che sentirsi sollevata per quell’interruzione.
Aveva bisogno di più
tempo per trovare il modo giusto di dire a Stefan tutta la
verità e per
schiarirsi le idee.
“E’
un mese che non ci parliamo, non
vedo perché incominciare adesso”.
“Mangia”
ordinò Damon indicando con
un cenno il piatto “O hai intenzione di consumarti
lentamente?”.
“O
certo! Perché un toast mi salverà
la vita” commentò lei acida.
Damon
non staccò gli occhi dai suoi,
irremovibile. Nessuno dei due sarebbe uscito da quella camera se prima
non
avesse risolto. Damon non pretendeva il suo perdono, voleva
semplicemente che
Bonnie ritornasse alla sua vita, voleva farla stare bene.
“E
va bene” acconsentì lei sbuffando
“Di cosa vuoi parlare?”. Sapeva che
l’unico modo per liberarsi di Damon sarebbe
stato accontentarlo.
“Potremmo
partire dal tuo piccolo
show di ieri notte. Ti ricordi che mi sei saltata addosso come
un’assatanata?”.
“Non
ero tanto ubriaca come credi.
Mi ricordo di quello che ho fatto” rispose come se fosse un
nonnulla.
“E
ti sta bene?”.
“Non
capisco davvero dove vuoi
arrivare” com’era diventata brava a temporeggiare
“Non è che ti abbia molestato
o cose simili. Ci ho provato ed mi è andata male”.
“Potrei
anche crederti se poi non
fossi crollata com’isterica farneticando su quanto non ti
ritenga importante e
su come gli altri ti usino e basta”.
“Ho
detto la verità. Da quando ho
lasciato l’Italia non ho più avuto un amico
sincero. Tutti mi hanno nascosto
qualcosa e l’ultima volta per poco non ci rimango
secca” le mancava Clara, le
mancava qualcuno che le volesse bene per quella che era “Sono
stufa di
piangermi addosso e struggermi perché non mi considerate una
di voi; sono stufa
di dover dimostrare di essere degna del vostro eroico
gruppo” qui era ovviamente ironica “Non valgo
niente per
nessuno. Me ne sono fatta una ragione”.
“Quindi
quello di ieri era un piano
perverso per incastrarmi? Volevi provare di avere ragione: che io me ne
sarei
fregato di te e me ne sarei approfittato per il mio
piacere?”. Damon si chiese
come mai ogni volta che parlava con Bonnie finiva sempre per riferirsi
solo a
se stesso. Forse perché quella era una questione tra loro e
basta, forse perché
sotto, sotto era consapevole di essere il colpevole di tutto. Bonnie si
sentiva
tradita soprattutto da lui e di riflesso aveva gettato anche sugli
altri tutto
il suo rancore.
“Su
per giù” confermò la ragazza
“Chi l’avrebbe mai detto che in questo mese ti
saresti trasformato nel grillo
parlante”.
Damon
sogghignò. Potevano anche non
avere lo stesso sangue, ma l’influenza che aveva avuto su di
lei era
innegabile. Adorava averle inculcato un po’ del suo sarcasmo.
La rendeva ancora
più interessante di quello già era.
O
forse non sono bella come Elena.
Damon
storse il naso avvertendo quel
pensiero. Bonnie iniziava a diventare davvero abile con i suoi Poteri,
ormai
era in grado di comunicare telepaticamente senza problemi.
Decise
d’ignorare quell’ultimo
appunto.
“Beh,
ragazzina, dovresti baciare il
culo a questo grillo parlante. Senza i miei scrupoli ora ti staresti
disperando
per aver perso la tua virtù, ubriaca e con un vampiro che
odi” replicò Damon.
“Chi
ti dice che qualcuno non se la
sia già presa?” chiese a bruciapelo Bonnie.
Gli
occhi neri di Damon vennero
attraversati da un lampo, ma si rilassò subito dopo
“Puzzi ancora di latte,
Bonnie. So riconoscere quando una ragazza è ancora
vergine”. In realtà l’aveva
capito quando aveva percepito la sua aura: era così bianca e
pura, innocente.
Un’aura di quel tipo apparteneva solamente a qualcuno che non
aveva ancora
sperimentato certe cose.
“Comunque
mi sarei fermata prima”
precisò lei senza obiettare “Ti ripeto che non ero
così tanto ubriaca, non
sarei mai venuta a letto con te”.
Ok,
sentire Bonnie usare un
linguaggio del genere rasentava l’assurdo.
“Bene
ora che abbiamo chiarito
quest’incomprensione, sono libera di andare?”
domandò la ragazza visibilmente
impaziente e seccata.
“Ti
piacerebbe” la prese in giro lui
“Non sono venuto qui a parlare dei tuoi ormoni. Voglio sapere
cosa ti passa per
la testa”.
“Allora
leggimi nel pensiero” lo
provocò lei “Oops, non puoi” finse di
aver fatto una gaffe portandosi una mano
alla bocca.
Damon
con uno scatto improvviso si
alzò dalla sedia e prese posto sul letto davanti a Bonnie.
Si piegò sul suo
viso per scrutarla intensamente come se volesse trapassarla con lo
sguardo “Lo
so che sei ancora lì”
sussurrò.
La
rossa allargò gli occhi e si
guardò attorno confusa “Sono davanti a
te” gli rispose “Certo che sono ancora
qui”.
“Parlavo
della vera Bonnie” disse
Damon “Quella che mi pregava di darle fiducia
perché sapeva di valere molto di
più”.
La
giovane si spostò dal letto,
sottraendosi all’interrogatorio serrato del vampiro, e si
avvicinò alla
finestra “Non sono bipolare” ribatté
“Non esiste una vera o una falsa Bonnie.
Ce n’è solo una ed è questa
qua” e con un dito indicò se stessa “Le
persone
cambiano”.
“Tu
no” la contraddisse “Non in
peggio” aggirò il letto per trovarsi ancora una
volta di fronte a lei “Stai
mettendo in scena soltanto una recita che non ti si addice neanche. Tu
non sei
così, Bonnie”.
“Che
ne sai di come sono?” chiese
lei alzando la voce di un tono “Non mi vedi da otto anni, non
hai idea di chi
io sia”.
“Ce
l’ho” affermò l’uomo convinto
“Sei la ragazza che per questi due mesi mi ha sbattuto in
faccia la realtà, che
non è corsa dallo sceriffo a denunciarci, che mi ha buttato
tutti i liquori,
che mi ha inseguito in quel covo di vampiri per aiutare Elena, che si
è messa
davanti ad un lupo mannaro per salvare i suoi amici, che mi ha
affrontato ogni
volta che pensava stessi facendo qualche cazzata. Sei stata dalla mia
parte, mi
hai obbligato a parlare dei miei sentimenti, hai creduto che fossi
migliore di
quello che mostravo. Non hai rinunciato a me”.
E
io non mi arrenderò con te. Avrebbe
voluto aggiungere.
“Smettila!”
ordinò Bonnie mettendosi
le mani sulle orecchie “Smettila! Non sai niente di me
… non permetterti di
categorizzarmi! Non importa di quello che pensi, che pensate tutti.
Questa è la
mia vita e ci faccio quello che mi pare. Non hai idea di quello che ho
passato,
non puoi sapere come sto reagendo!”.
“Stai
scherzando, Bonnie?!” si
sbalordì Damon “So benissimo quello che stai
facendo, perché è quello che
faccio io ogni giorno! Nascondi i tuoi sentimenti, ti chiudi a riccio e
poi
sputi veleno su chi prova ad aiutarti. Ciliegina sulla torta: ora stai
praticamente urlando al mondo di usarti a suo piacimento! Abbiamo
già
affrontato questa conversazione, a ruoli scambiati, ricordi?”
la sollecitò
“Eravamo in salotto e tu mi hai urlato in faccia che non ci possiamo ridurre
a un mucchio di
cenere e ad un bicchiere di vino. Hai detto che io non ero un rottame
autodistruttivo. Beh, nemmeno tu sei questo rottame
autodistruttivo”.
Bonnie
rimase in silenzio un secondo
per poi rispondere con l’intenzione di apparire tagliente ma
ne uscì solo una
voce rotta “Io non sono un cavolo di vampiro! Non posso
spegnere le emozioni
quando voglio. Non voglio più illudermi, non mi aspetto
niente da nessuno,
nemmeno da me stessa, se non il peggio. Se dovessi essere ferita
un’altra
volta, non saprei più come riprendermi. Mi fa male il cuore,
mi fa un male cane
e non riesco a farlo smettere”.
Ecco,
l’aveva detto!
Aveva
stabilito di comportarsi nel
modo opposto, di manifestare solo indifferenza, freddezza e apatia e,
invece,
aveva appena mandato tutto a rotoli.
Bonnie
aveva smesso di essere sempre
positiva e disponibile, aveva smesso di fare l’amica e di
seguire la via del
giusto; non perché fosse diventata una bambola di pezza
senza emozioni, ma
perché quelle stesse emozioni la stavano uccidendo.
Così
si era creata una specie di
barriera difensiva che se da un lato la proteggeva da eventuali
delusioni,
dall’altro la rendeva estremamente vulnerabile. Si era
arresa, aveva rinunciato
a combattere per se stessa perché era troppo difficile.
“Benvenuta
nel mio mondo” borbottò
Damon tirando un sospiro di sollievo e si abbandonò sul
letto. Finalmente era
riuscito a farle ammettere la verità ed era quello che gli
premeva.
Bonnie
si appoggiò al muro e si
lasciò scivolare fino ad inginocchiarsi. Era stato un
confronto estenuante e
non era nemmeno finito. Rimanevano ancora delle questioni in sospeso.
“Non
ti ho perdonato” mormorò.
Damon
spostò l’attenzione su di lei
“Lo so” disse debolmente “Ma posso
aspettarti per un’eternità”.
Bonnie
incrociò gli occhi del suo
interlocutore. Era proprio di fronte a lei e sarebbe stato facilissimo
buttarsi
tra le sue braccia e lasciarsi cullare come quando era bambina.
Sentire
la sua stretta protettiva,
inspirare il suo profumo, godere della calma che riusciva a
trasmetterle, della
sua presenza, del fatto che fosse lì per lei.
Avrebbe
potuto dimenticarsi per
qualche minuto di ciò le che aveva fatto, fingere che non
fosse cambiato niente
e nascondere il viso nel suo collo. Poteva quasi immaginarsi le mani di
lui
accarezzarle i capelli. Bonnie si trovò sul punto di cedere;
aveva
maledettamente bisogno di un abbraccio, del suo
abbraccio.
Ma
non si mosse.
Passarono
minuti infiniti di
silenzio prima che uno dei due si decidesse a dire qualcosa.
Iniziò Damon
“Perché non hai detto niente a Stefan? Di me ed
Elena?”.
Bonnie
spalancò gli occhi con stizza
e si diede della stupida. Si era appena ripromessa di non farsi
illusioni, di
non darsi troppo credito ed ecco che i suoi buoni propositi si
frantumarono in
maniera assordante.
“E’
per questo che sei venuto qui?”
lo accusò tirandosi in piedi “Per assicurarti che
non svelassi a Stefan il
vostro piccolo segreto?”.
Damon
corrugò la fronte per
l’improvvisa aggressività che Bonnie stava
sfoderando “Cosa? No!”.
“Credevo
fossi venuto per me! E
invece ancora una volta stai badando solo a te stesso”.
“Era
solo una domanda!” affermò
Damon con forza.
“Non
posso credere di esserci
cascata. Mi avevi quasi convinto” urlò lei
“Ma cosa potevo aspettarmi da uno
che se ne va in giro a baciarsi la fidanzata del fratello?”.
“Certo!
Stefan il Santo” fu l’aspro
commento di Damon “Lui non sbaglia mai, invece. Ti ricordo
che ti ha mentito,
esattamente come me”.
“L’ha
fatto per proteggerti! Perché
sei suo fratello!” continuò Bonnie “E
dopo cinque secoli ti vuole ancora bene
per una ragione che non capisco proprio. Tu come lo ripaghi?
Fregandogli la
ragazza di cui è innamorato?”.
Damon
si chiese come fossero passati
a parlare del legame tra lui e Stefan, ma sapeva che si stavano
addentrando in
un campo minato ed era meglio troncare il discorso “Te lo
ripeto: non sono
venuto per questo. Che vantaggi ne trarrei? Sarei solo felice se Stefan
lo
scoprisse!”.
“Sei
qui per Elena, allora” ne
dedusse Bonnie “Quella ragazza ti tratta come il suo
cagnolino personale,
eppure cerchi ancora di usarmi per fare un favore a lei”.
“Sei
fuori strada”. Damon non voleva
parlare di Elena. Era andato lì per Bonnie,
davvero solo per
Bonnie.
“Sveglia
Damon!” inveì lei “Elena
non lascerà mai Stefan; non hai visto come si guardano?
È la sua anima gemella.
Ti sta palesemente usando e quando si sarà divertita, ti
getterà via come un
giocattolo rotto” gli gridò addosso
“Eppure lei è perfetta e tutti darebbero la
vita pur di salvarla. Io invece sono solamente una cretina che non si
merita
nemmeno un po’ di sincerità. PERCHE’
NESSUNO MI VUOLE UN PO’ DI BENE?!”
concluse picchiandosi una mano contro il petto.
“Bonnie
… ti prego” la supplicò
Damon. Perché era così instabile?
Perché era scattata come una molla al solo nome
di Elena. Non voleva che finisse così, non doveva finire
così.
Tutta
la rabbia che aveva provato
anche il giorno prima, riaffiorò in Bonnie e si
convertì in un’ondata di Potere
fortissima.
Damon
sentì come se tutte le vene
del cervello gli stessero esplodendo e gemette per il dolore,
artigliandosi i
capelli con le mani, cercando di resistere.
Bonnie,
però, era molto più
determinata della sera prima e concentrò tutte le sue
energie su di lui,
osservandolo mentre cadeva a terra e si contorceva per il male.
Solamente
quando il vampiro perse i
sensi, la strega si fermò. Dovette appoggiare una mano sulla
scrivania per non
barcollare. La forza dell’incantesimo l’aveva
prosciugata. Guardò verso la
porta chiusa a chiave. Non avrebbe potuto usare la magia per aprirla o
sarebbe
svenuta anche lei.
E
prendere la chiave dalle mutande
di Damon era fuori discussione. Non avrebbe mai messo le mani
lì. Rimaneva
un’unica via di fuga.
Damon
si risvegliò quasi un’ora dopo
e fuori era buio. Gli servì qualche secondo per ricordarsi
che cos’era
accaduto. La stanza attorno a lui era vuota. Avvertì un
leggero venticello
muovergli i capelli e notò la finestra aperta.
Schioccò
la lingua contro il palato
con fare infastidito e prese il suo cellulare.
“Pollyanna
è scappata”.
Bonnie
fermò la macchina nel
parcheggio del Grill e riprese fiato. Era talmente tanto arrabbiata che
per
tutto il tragitto aveva respirato affannosamente.
Scese
dall’auto e chiuse la
portiera. Il cielo si era annuvolato in pochi minuti; avrebbe voluto
prendersene il merito ma non era ancora abbastanza forte per governare
i
cambiamenti climatici quindi suppose che si dovesse trattare di
qualcosa di
naturale.
Entrò
nel locale e si diresse subito
al bancone sedendosi su uno sgabello. Era un luogo molto frequentato e
ci
avrebbero messo davvero poco a trovarla lì, ma non le
importava. Non avrebbe
permesso a nessuno di loro di riportarla a casa.
Al
Pensionato si sentiva soffocare e
non solo per essere stata segregata in camera sua. Era come avere
costantemente
degli occhi puntati addosso, era come se tutti si aspettassero che da
un
momento all’altro sarebbe ritornata la ragazza sorridente che
era sempre stata.
Non
doveva niente a nessuno ed era
stanca di venire psicoanalizzata ad ogni singolo sbalzo
d’umore. Non potevano costringerla
a tornare come una volta, non potevano costringerla a parlare di
ciò che non
voleva.
Dopotutto
chiedeva solo di essere
lasciata in pace, a struggersi come più preferiva. Non aveva
dato fastidio a
nessuno, non si era rivoltata contro nessuno, non aveva fatto scenate.
Odiava
il loro finto buonismo,
odiava il loro interessamento, sentito solo come un dovere. Volevano
semplicemente assicurarsi che lei non desse di matto, che tornasse la
solita
vecchia Bonnie. La Bonnie che accettava tutto grazie al suo cuore
troppo
grande.
Anche
se, per un momento aveva
creduto, o meglio aveva voluto credere, che Damon fosse andato a
parlarle per
una reale preoccupazione. Invece era solo un modo come un altro per
proteggere
Elena; perché Stefan non avrebbe mai dovuto sapere
ciò che era successo, perché
altrimenti la loro storia sarebbe finita, perché la perfetta
signorina Gilbert
non poteva ammettere di aver commesso un errore.
Che
fosse per la sua preziosa
principessa o per la promessa fatta a sua madre o per qualsiasi altro
motivo,
Damon non era mai stato sincero con lei. Eppure era stato in grado di
farle
abbassare la guardia ancora una volta.
Il
vampiro era abile e la conosceva
fin troppo bene; sapeva di avere un certo ascendente su di lei e lo
sfruttava a
suo favore. E se avesse giocato meglio le sue carte, forse sarebbe
anche
riuscito a convincerla.
Ma
ormai non si parlava più della
Bonnie che senza esitazione lo aveva accolto a braccia aperte
totalmente
fiduciosa; ora c’era una ragazza ferita e inquieta che non si
sarebbe più fatta
ingannare.
Non
bastavano più delle belle parole
per raggirarla, né delle stupide frasi su quanto lei fosse
importante, su
quanto lui ci tenesse. Bonnie non ci credeva più.
Ma
faceva male ugualmente. Perché
nonostante facesse di tutto per negarlo, il suo legame con il vampiro
era
ancora molto forte da parte sua.
Per
anni Damon era stato il suo
eroe. Lo aveva considerato uno zio, uno scudo, un confidente, un amico,
un
protettore, un punto fisso. Quando qualcosa andava storto, lui sapeva
sempre
come sistemarla. Damon era un luogo sicuro, un rifugio. Damon era casa.
O
almeno lo era stato.
Tutto
le era stato tolto nel momento
in cui aveva scoperto di essere una strega adottata, nel momento in cui
il
vampiro non era riuscito a guardarla in faccia mentre lei lo accusava
di aver
assassinato Zach.
Come
poteva ancora fidarsi di un
mostro del genere? Di un uomo che dopo averla vista soffrire in quel
modo,
affranta e persa, non si era nemmeno degnato di chiedere scusa. La
ragione era
semplice e ovvia: non si era pentito quindi non avrebbe dovuto neanche
dispiacersi.
Di
conseguenza Bonnie non poteva
essere così importante per lui, perché, in caso
contrario, avrebbe dovuto
mostrare un po’ di sensibilità.
Non
si sarebbe mai permesso di
ferire Elena in quel modo: non avrebbe mai fatto del male a Margaret o
a zia
Judith, perché la ragazza non lo avrebbe mai perdonato e
vivere con il suo odio
sarebbe stato inconcepibile.
Bonnie
era arrivata a tutte quelle
conclusioni nell’arco di quelle settimane e aveva deciso di
mettere un muro tra
lei e Damon Salvatore; e la cosa le era risultata anche abbastanza
facile,
almeno fino a quello stesso pomeriggio.
Forse
era troppo provata, forse
aveva bisogno di qualcuno che le ridesse sicurezza, forse aveva sperato
con
tutto il cuore che Damon finalmente avesse scelto di prendersi veramente cura di lei; tutti questi
fattori insieme l’avevano spinta ad aprirsi. Risultato?
Un’altra musata contro
il muro.
L’importante
era solo che nessuno
rovinasse la storia perfetta tra Stefan ed Elena.
Come
al solito.
“La
Rossa Salvatore” l’apostrofò
qualcuno da dietro “Ci stavamo giusto chiedendo se saresti
venuta stasera”
Jesse e Dick le si sedettero ognuno ad un lato e ordinarono da bere.
“Io
mi chiedevo quando sareste
arrivati” rigirò la frase lei “Non mi
danno alcolici senza di voi”.
“La
fortuna di avere le conoscenze
giuste” scherzò Jesse, poi si girò
verso il barman e chiese una tequila per
Bonnie.
La
ragazza prese lo shot e lo buttò
giù d’un colpo. Distrarsi.
Distrarsi.
Distrarsi.
Rimasero
a parlare per una
mezz’oretta. Dick e Jesse più che altro prendevano
in giro chiunque entrasse al
Grill, a volte in maniera molto arrogante, ma Bonnie si divertiva da
morire.
Erano
l’esatto opposto di tutti
quelli che era abituata a frequentare: non avevano rispetto per le
regole, si
godevano la vita senza preoccuparsi del futuro; erano in sostanza dei
cazzoni,
ma Bonnie apprezzava proprio quella loro leggerezza.
Avevano
ordinato dopo i primi shot,
un cocktail a testa e Bonnie aveva appena finito il suo Long Island,
quando
Jesse pronunciò una frase che le fece gelare il sangue nelle
vene.
“Guardate
chi è arrivata! La
reginetta della scuola, Miss Gilbert” esclamò
indicandola all’amico “Ed è
sola!”.
“Il
suo cane da guardia l’ha fatta
uscire senza scorta?” disse Dick “Ci sono problemi
in paradiso?”.
Bonnie
storse il naso sentendo come
avevano insultato Stefan, ma non fiatò. Se Elena era
lì, significava che da lì
a poco sarebbero arrivati anche i due vampiri.
Era
passata più di un ora da quando
aveva lasciato il Pensionato e Damon si doveva essere ripreso e doveva
aver
avvertito tutti.
“Quanto
me la farei!” desiderò Jesse
“Peccato che sia frigida come un ghiacciolo”.
“Già”
concordò Dick “Se non sei come
minimo un fotomodello, non ti caga neanche”.
Bonnie
iniziava a sentirsi a disagio
e piegò ancora di più la testa in basso per non
essere vista.
“Andiamocene”
propose Dick “Non ho
voglia di spendere altri dieci dollari per un cocktail di merda. Ho una
bottiglia in macchina”.
Bonnie
colse l’occasione, saltò giù
dallo sgabello e seguì i due fuori dalla porta. Non
c’erano altre vie d’uscita
quindi fu costretta ad incrociare Elena ferma sulla soglia ad
aspettarla. La
bionda l’aveva scorta appena aveva messo piede nel locale,
non ce n’erano molte
con i capelli rossi come i suoi. Erano rimasta scioccata nel
riconoscere i due
ragazzi accanto alla sua amica; Jesse e Dick non erano dei bei
soggetti.
Ricordava ancora dopo il Ballo, quando era andata con loro al cimitero;
se non
fosse stato per Stefan …
“Bonnie”
l’afferrò per un braccio
appena ebbe la possibilità di agguantarla “Eravamo
tutti preoccupati”.
L’altra
ragazza fece un cenno ai due
di aspettarla fuori, poi si rivolse ad Elena “Avevo bisogno
di un po’ d’aria …
sai com’è, dopo un giorno chiusa a forza in una
camera”.
“Dai
vieni via con me. Non devi per
forza tornare al Pensionato, possiamo farcene un giro noi
due”.
“Grazie,
ma sono già qui con
qualcuno”.
Elena
spalancò gli occhi “Bonnie, da
quant’è che li frequenti?”.
“Non
li sto frequentando … abbiamo
passato qualche serata insieme, tutto qui” spiegò
con calma, anche se le dava
terribilmente fastidio il tono da terzo grado che Elena aveva assunto.
“Non
sono dei bravi ragazzi”
l’avvisò Elena “Voglio dire …
so che sembrano solo degli imbecilli che si
ubriacano e fanno festa, ma sono molto peggio. Non è gente
con cui vorresti
trovarti in un vicolo buio”.
“Con
tutto il rispetto, Elena, sei
l’ultima persona che può farmi questi discorsi da
moralista. Non è che tu sia mai
stata tanto onesta con
me” le fece notare con un tono più tagliente di
quello che aveva in mente.
Elena
sospirò “Non voglio
giustificarmi, ma non era mia intenzione ferirti. Era una situazione
delicata e
non sapevo come gestirla”.
“Hai
scelto di mentirmi”.
“Damon
aveva …” non continuò la
frase un po’ per non urtare ulteriormente Bonnie, un
po’ per non farsi sentire
“Tu eri molto legata a Damon. Come potevo venire a dirti che
era colpa sua ciò
che è accaduto a Zach? Ti conoscevo da così poco
e non sapevo come avresti
reagito. È stato un modo per proteggere tutti, per
proteggere anche te. Per
questo abbiamo scelto di mentire”.
“Voi
non volevate proteggermi,
volevate controllarmi” sibilò Bonnie
“Eravate terrorizzati che io potessi
correre dallo sceriffo per vendicarmi, che potessi sbandierare il
vostro
segreto a tutto il Consiglio!”.
“Non
sono fiera di quello che ho
fatto, Bonnie” ammise Elena “Ma da quando Stefan e
Damon sono entrati nella mia
vita, ho dovuto prendere decisioni che non mi sono piaciute. Con te non
mi sono
trovata in una posizione facile e non mi sono comportata come avrei
dovuto, ma
ti giuro che non avrei mai voluto vederti sconvolta come sei ora. Che
tu ci
creda o no, mi ritengo sul serio tua amica”.
“Non
sono sconvolta” replicò Bonnie
ignorando l’ultima frase di Elena “Vorrei solo
poter uscire da casa mia quando
preferisco”.
“Damon
era preoccupato per te.
Voleva soltanto aiutarti”.
“No,
voleva solo essere sicura che
io tenessi la bocca chiusa”.
Elena
corrugò la fronte senza capire
che cosa volesse dire quella precisazione. Sorvolò,
poiché l’unica cosa che le
premeva in quel momento era portare Bonnie il più lontano
possibile da Dick e
Jesse.
“Andiamo
a parlare in un posto più
tranquillo” suggerì.
La
rossa si divincolò dalla presa
che l’altra ragazza aveva anche sul suo braccio “Ti
ho detto che sono già impegnata”.
“Bonnie
non scherzo quando ti dico
che sono dei tipi pericolosi!” Elena cercò di
sembrare più seria e categorica possibile
“Dopo il Ballo d’Autunno Jesse mi ha messo le mani
addosso*** e se non fosse
arrivato Stefan …”.
“Beh,
magari sei tu che hai dato
l’impressione sbagliata” la interruppe Bonnie
proseguendo in un commento
davvero velenoso “Non è che tu sia proprio una
santarellina”.
Elena
era scioccata; quel
comportamento non era assolutamente tipico di Bonnie e inoltre le sue
parole
erano intrise di una cattiveria gratuita. No, non era una santa e non
c’erano
dubbi. Ma quello che Jesse le avrebbe voluto fare era gravissimo e
nessuna
ragazza se lo sarebbe mai meritato.
“Se
è per quello che hai visto
l’altro giorno …”.
“Stai
parlando di te avviluppata
come un polipo al fratello del tuo ragazzo? No, non è per
quello” ironizzò
Bonnie “Tu ti spacci per quella che non sei, Elena e forse
Damon è la tua anima
gemella, perché entrambi vi siete trasformati in
traditori” la accusò.
“E’
una cosa complicata … non
l’avevo certo programmato”.
“Non
l’hai nemmeno impedito” ribatté
Bonnie “Non hai baciato un ragazzo qualunque, ma Damon, il
fratello del tuo
fidanzato! Vai in giro a sputare sentenze, giudichi chiunque, ti metti
sopra un
piedistallo quando sei tu la prima a non rispettare le persone che ti
amano” la
biasimò “Quindi scusami se non accetto le tue
ramanzine. E per inciso Damon non
voleva aiutarmi, voleva solo assicurarsi che io non spifferassi tutto a
Stefan.
Dovresti essere contenta: potrai ancora fare avanti e indietro da un
fratello
all’altro”.
Elena
abbassò la testa mortificata.
Quello che Bonnie stava asserendo era assolutamente falso: non aveva
mai avuto
intenzione di destreggiarsi tra i due Salvatore, ma apprendere che
l’amica
aveva una così bassa opinione di lei, fece male. Non voleva
che Bonnie la
credesse capace di pugnalare alle spalle le persone cui voleva bene.
Doveva
fare chiarezza nel suo cuore,
questo tuttavia era vero ed era stata anche vigliacca a non dire nulla
a
Stefan, ma avrebbe rimediato.
“Senti
Elena” la richiamò Bonnie
“Non m’interessa cosa fai nella tua vita. Voglio
solo che tu la smetta
d’intrometterti nella mia”.
Elena
non mosse un dito per
fermarla; la lasciò andare via mentre quelle parole pesanti
le gravitavano
ancora in testa. Infine si decise a chiamare Stefan.
Bonnie
marciò verso l’auto di Dick,
irritata come non mai. In realtà voleva bene ad Elena e le
doveva molto; era
stata lei ad accoglierla la prima volta che era scappata di casa e
l’aveva
protetta per quanto possibile da Damon. E in fondo poteva anche capire
il
motivo per cui le aveva mentito sulla morte di Zach.
Ma
quella sera Bonnie si sentiva
intrattabile e nervosa e gelosa. Gelosa di Elena. Sapeva che se fosse
mai
giunto il momento di una scelta, Damon e Stefan, coloro
che costituivano la sua famiglia, l’avrebbero
volentieri
sacrificata per la vita del loro prezioso angelo.
Bonnie
non valeva quanto Elena per
loro.
E
dire che per tanto tempo la bionda
era stata un po’ il suo modello: così bella,
ammirata, così passionale e
coraggiosa. Eppure anche una persona perfetta come Elena poteva essere
tentata
dal brivido della corruzione.
Aprì
la grande portiera del Defender
di Dick e si aiutò con il gradino per entrare e sedersi su
uno dei due sedili
rimasti liberi.
Jesse
le passò la bottiglia ma lei
rifiutò. Iniziava a sentire un po’ di mal di testa
e voleva aspettare che
l’altro alcol facesse effetto prima di prenderne
dell’altro.
Dopo
qualche minuto passato a
parlare, il mal di testa la stava stordendo. Lentamente
cominciò ad avere la
mente annebbiata, più del dovuto. Dopodiché si
sentì libera come se tutto il
fastidio che provava fosse scemato e si trovò in uno stato
di calma surreale.
Solo
in quel momento realizzò di
essere a pochi centimetri dalla bocca di Jesse. Come ci era arrivata?
Piano,
piano perse il controllo delle sue azioni, come se i freni inibitori
fossero
spariti, come se agisse solamente per impulsi e non per
volontà. Niente a che
vedere con la situazione creatasi la sera prima con Damon; per quanto
fosse
stato lo sbaglio più clamoroso della sua vita, era rimasta
lucida tutto il
tempo; forse un po’ disinibita ma comunque in sé.
Improvvisamente
le labbra di Jesse
premettero sulle sue. Bonnie non si mosse e lasciò che il
ragazzo la
stuzzicasse fino a che non si decise a rispondere al bacio senza
però aprire
troppo la bocca. C’era un allarme nella sua testa che le
diceva che qualcosa
non quadrava, ma non gli diede retta. Non aveva ben compreso la
gravità della
faccenda.
Si
ritrovò a sospirare quando le
mani del ragazzo risalirono a massaggiarle il seno attraverso la stoffa
della
maglietta e del reggiseno.
E
lì capì che cosa non andava in
quel quadro scabroso.
Se
le mani di Jesse erano sul suo
petto, di chi erano quelle sui suoi fianchi?
In
un barlume di lucidità si staccò
bruscamente e la sua schiena toccò il torace
dell’altro ragazzo. Non riusciva a
ricordare l’istante in cui gli si era seduta in braccio. Si
guardò il corpo per
accertarsi che non fosse soltanto la sua immaginazione. Con orrore
appurò che
la scena era più grave di quanto pensasse: era seduta sulle
ginocchia di Dick e
le sue mani le stavano ancora accarezzando il seno, mentre Jesse era
sul sedile
davanti a lei e le sue di mani facevano lo stesso con i fianchi.
Scappa,
Bonnie, scappa.
Cercò
di alzarsi e di sottrarsi al tocco
troppo sfrontato dei due, ma Dick la riacciuffò per la vita
e la costrinse a
risedersi su di lui.
“Bonnie,
è solo per divertirsi” le
mormorò Jesse.
“No!”
si oppose lei dibattendosi con
più forza “Non voglio”.
Il
giovane per tutta risposta la
prese le spalle spingendola ancora di più contro il corpo
dell’amico.
Bonnie
venne attraversata da una
scarica di paura e urlò “Lasciami!”.
Jesse
venne sbalzato indietro e lei
riuscì a togliersi di dosso Dick e si caracollò
giù dall’auto, aprendo con
qualche difficoltà la pesante portiera. Non usò
il gradino come appoggio per
scendere e per poco non cadde sull’asfalto, mentre sentiva i
due imprecare e
insultarla, ma non ci badò molto.
Aveva
pensato che l’aria fresca le
avrebbe rischiarito la mente e invece non fu così. Avvertiva
ancora la stessa
confusione, la stessa sensazione di annebbiamento. Gli occhi le
bruciavano e
tutt’intorno sembrava girare.
Non
poteva essere così tanto
ubriaca. Aveva bevuto solo uno shot e un cocktail; magari brilla, ma
non tanto
sbronza da non stare in piedi.
Il
cuore iniziò a batterle
furiosamente e delle goccioline di sudore le bagnarono la fronte.
Perché stava
così male?
Proseguì
per il parcheggio senza
vedere davvero dove si stesse dirigendo, barcollando. Ormai Jesse e
Dick erano
un ricordo lontano, quasi non era neppure più preoccupata
che la seguissero.
Voleva
solo riprendere il controllo
del proprio corpo, voleva calmare il respiro e il suo cuore, voleva che
la
testa la smettesse di girare e dolerle.
Dei
fari l’accecarono e Bonnie si
rese conto di essere finita in mezzo alla strada. In uno scatto si
tirò
indietro e perse l’equilibrio. L’auto le
passò di fianco e lei cadde a terra
sbattendo la testa.
Tutto
era bianco. Probabilmente se
avesse avuto una vista più acuta, avrebbe potuto distinguere
gli elementi della
stanza, ma per lei era tutto solo maledettamente bianco.
Le
sembrava che la testa le stesse
per scoppiare da un momento all’altro. Era stordita e
assonnata, spossata come
se si fosse rotta tutte le ossa.
L’atmosfera
appariva quella di un
sogno: i contorni sfocati, la luce intensa e accecante, i suoni
ovattati.
Bonnie
faticò a tenere gli occhi
aperti che si ostinavano a rimanere socchiusi, troppo stanchi per
spalancarsi,
troppo curiosi per serrarsi.
C’era
una porta in fondo alla stanza
o almeno così sembrava e qualcuno stava parlando oltre
quella stesse porta, o
meglio stava urlando.
“Dov’è?!
Stefan, fammi entrare o ti
rompo il collo”.
“Sta
dormendo e non ha proprio
bisogno delle tue urla; anzi se potessi abbassare un po’ la
voce … siamo in un
ospedale”.
“Non
dirmi che cosa devo fare!”
tuonò l’altro “Mi vuoi spiegare come ci
è finita qui?!”.
“L’hanno
drogata, le hanno messo
qualcosa nel bicchiere”.
“Chi?”
“Damon,
non è il momento …”.
“Nessuno
ha chiesto la tua opinione,
Elena! Chi è stato?”.
Il
capo di Bonnie crollò sul cuscino
e lei ricadde in un sonno profondo e ristoratore; senza sogni e senza
ansie.
Quando
si risvegliò, le sue
condizioni erano decisamente migliorate: non aveva più la
vista offuscata e
sentiva la mente lucida. Aveva ancora l’emicrania e aveva
ancora qualche
difficoltà a ricordarsi com’era finita
lì, ma almeno riusciva a riconoscere
l’ambiente: era in una stanza di ospedale. Tutti bianco,
tutto pulito e
assolutamente tranquillo. Fece scorrere lo sguardo intorno fino a che
non si
accorse di non essere sola: una testa scura appoggiata sulle braccia
incrociate
sul letto e un corpo che, seppur immerso nel sonno, non appariva per
niente
rilassato.
Bonnie
fece ruotare il capo per
assicurarsi di non essersi persa qualcun altro, ma, eccetto loro due,
la camera
era vuota. Quando riportò l’attenzione su Damon,
lui aveva alzato la testa per
incrociare i suoi occhi.
La
ragazza si aspettò di leggervi
rabbia ed invece venne palesemente smentita: si avvicinava
più allo sguardo intenerito
rivolto ad un cucciolo che aveva appena combinato un disastro. Della
serie: dovrei essere furioso con te, ma
proprio non
ci riesco.
“Come
ti senti?” le chiese e allungò
la mano per toccare quella della ragazza ma si fermò a
mezz’aria e la ripose sul
materasso.
“Come
se fossi finita dentro una
lavatrice” rispose Bonnie e si accorse di avere un terribile
mal di gola.
“Ti
hanno fatto una lavanda
gastrica, hanno dovuto intubarti” spiegò Damon
“Faresti meglio a non parlare se
non vuoi rimanere senza voce”.
Bonnie
corrugò la fronte chiedendo
chiaramente ulteriori dettagli. Perché diamine le era
servita una lavanda
gastrica?
“Ringrazia
i tuoi amici” ringhiò
Damon “Pare che abbiano corretto il tuo cocktail. Elena ti ha
trovata poco dopo
sull’asfalto; hai picchiato anche la testa. Una leggera
commozione, niente di
grave. Ti ricordi qualcosa?”.
Bonnie
si portò istintivamente una
mano alla fronte per toccare una grosso cerotto vicino alla tempia
destra. I
momenti passati al Grill con Jesse e Dick erano molto confusi; aveva
ordinato
da bere, poi si era confrontata con Elena e aveva raggiunto gli altri
due in
macchina.
Bonnie
trattenne il respiro mentre
le immagini di ciò avvenuto dentro il Defender la colpivano
come un pungo in
faccia: le mani di Jesse e Dick sul suo corpo, il primo tentativo non
riuscito
di andarsene, poi il totale smarrimento nel parcheggio e infine la
caduta per
evitare una macchina.
Incominciò
a tremare al pensiero di
ciò che avrebbe rischiato se i suoi Poteri non fossero
intervenuti ancora una
volta a salvarla.
“Bonnie”
la chiamò Damon “Cosa è
successo?”. Aveva capito subito dalla sua espressione che si
trattava di
qualcosa di grave.
“Non
avevo bevuto molto eppure mi
sembrava di essere ubriaca fradicia” raccontò
Bonnie “Credo che mi abbiamo drogata
per approfittarsi di me”.
“Cosa
vuol dire credi?”.
“Vuol
dire che ci hanno provato”
confessò Bonnie terribilmente a disagio “Santo
Cielo, che stupida! Elena mi
aveva avvertito”.
Damon
non l’ascoltò nemmeno si alzò
di scatto, deciso a sistemare le cose a modo suo. Prima si era
trattenuto
perché suo fratello l’aveva pregato di non fare
sciocchezze, ma non aveva idea
che le cose si fossero spinte così oltre il limite.
“No”
lo bloccò Bonnie con voce
flebile prendendolo per un polso “Non farlo”.
Damon
guardò in basso, nel punto in
cui le dita sottili della ragazza si era chiuse sul suo braccio. Anche
lei si
accorse di quel contatto e ritirò subito la mano.
Il
vampiro sbuffò e si lasciò
ricadere sulla sedia accanto a letto. Si prese la testa tra le mani e
dopo
pochi secondi di riflessione si decise a pronunciare quelle maledette
parole
che avrebbe dovuto dirle molto tempo prima.
“E’
chiaro che siamo arrivati ad un
punto di non ritorno” cominciò “Avrei
preferito evitare questa conversazione,
ma la prossima volta potrei non averne più
l’occasione quindi ascoltami bene
perché non te lo ripeterò”.
“Damon
lascia stare … non ho voglia
di altri rimprov-”.
“Mi
dispiace” dichiarò spiazzando
completamente la ragazza davanti a lui “Non di avere ucciso
tuo fratello; era
una spina nel fianco e per me non significava niente, sono contento di
essermene liberato. Ma mi dispiace di averti fatto soffrire; questa
è una cosa
di cui mi pento e che non mi perdonerò mai”
ammise. Scusarsi non era nella sua
natura, esporsi così apertamente lo faceva sentire
vulnerabile, ma era l’unico
modo per convincere Bonnie di quanto fosse importante. Per lei aveva
messo da
parte il suo orgoglio, per lei aveva accettato di avere dei rimpianti.
“Non
posso tornare indietro e
sistemare le cose e nemmeno vorrei perché altrimenti tu non
saresti mai
ritornata e io sono felice di riaverti nella mia vita. Ci tengo a te,
Bonnie;
anche quando mi comportavo da completo stronzo, nel profondo ero
contento di
averti di nuovo qui e odio vederti così sconvolta,
soprattutto per colpa mia.
Lo so; avrei dovuto pensarci prima, avrei dovuto sapere che uccidendo
tuo
fratello ti avrei causato tutto questo dolore, ma sto ancora imparando
a
frenare i miei istinti. Non sono abituato al fatto che le mie azioni
hanno
delle conseguenze”.
Bonnie
ascoltava in silenzio, senza
osare interrompere. Un sacco di emozioni si erano scatenate in lei a
quelle
parole, la maggio parte contrastanti tra loro.
“Tutto
quello che ho fatto non è
stato per ciò che ho promesso a tua madre, né per
Elena. L’ho fatto perché
volevo, perché sei l’unica cosa buona che ho fatto
nella mia vita. E se non ti
ho detto subito la verità sul tuo conto, è stato
solo per tenerti al sicuro e
riguardo tuo fratello … beh, non avrei sopportato che tu mi
guardassi come mi
hai guardato per tutto questo mese”.
Damon
Salvatore non era mai stato
così sincero in tutta la sua vita e questo lo spaventava
parecchio.
“E
adesso tutti i tuoi amici sono
fuori da questa stanza solo per te. Non vogliono niente in cambio, non
hanno
secondi fini. Sono qui solo per te, perché ti ritengono
importante per loro”.
Durante
il suo lungo discorso non
aveva staccato nemmeno per un attimo i suoi occhi da quelli di Bonnie
che
ricambiava con la stessa intensità.
“E’
tutta colpa mia, sono io che ti
ho ridotto così” mormorò “Mi
dispiace, mi dispiace, mi dispiace” e poi d’un
tratto tirò un pugno al comodino “E dannazione a
te, Sissi, se dovevi finire in
ospedale per farmi dire queste cose!”.
Bonnie
nonostante il dolore alla
schiena per via della caduta, si tirò su a sedere. Era
rimasta calma per tutto
il monologo, ma quel nome l’aveva fatta balzare in aria come
una molla “Come mi
hai chiamata?”.
Damon
non comprese subito quella
domanda, ma si accorse presto di ciò che aveva detto,
trascinato dall’onda del
suo discorso.
Bonnie,
dal canto suo, lo interpretò
come un segnale di resa da parte di Damon. Da quando era tornata
dall’Italia,
il vampiro non aveva mai usato il soprannome
“Sissi”, neanche per sbaglio.
Sembrava
quasi che nel suo cervello
ci fosse una specie di blocco che gli impediva di lasciarsi andare a
quel tipo
di intimità. Sarebbe stato come ammettere di essere
ritornato il Damon che
Bonnie aveva sempre cercato.
Per
lei quel nomignolo pronunciato
dal vampiro aveva una valenza molto rilevante; era come se le si fosse
messo
davanti e le avesse rivelato di essere pronto a comportarsi come
l’uomo che lei
avrebbe voluto accanto.
L’uomo
ridacchiò quasi
inconsapevolmente: era andato per curare la mente di Bonnie e ancora
una volta
era stata lei ad aiutare lui.
Aveva
bisogno di qualcuno che lo
guarisse dal buio che aveva dentro di sé e Bonnie si
confermava l’unica in
grado di aiutarlo, di dargli sollievo dai tormenti che lo dilaniavano.
Dopo aver
pronunciato quel nome, Damon si sentì liberato da un peso,
come se la sua
pietra si fosse alleggerita.
E
forse lui era l’unico capace di
fare altrettanto con Bonnie, l’unico che, per assurdo,
potesse allontanare l’oscurità
dal suo cuore. Avrebbe raccolto i pezzi e li avrebbe sistemati.
L’avrebbe
rimessa in piedi, avrebbe scacciato quel fantasma che le stava appresso
succhiandole tutta la forza, l’autostima e la
positività.
Sarebbe
stato il suo guaritore e le
avrebbe curato la mente, così come lei aveva fatto con la
sua per quasi diciott’anni.
“Damon”
disse la giovane strega “So
di avere esagerato e apprezzo quello che mi stai dicendo. Voglio
credere che tu
sia sincero, ma ho bisogno di tempo. Non è facile perdonarti
dopo quello che
hai fatto, non so quando riuscirò a passarci
sopra”.
Damon
annuì e mostrò un mezzo
sorriso “Prenditi il tempo che ti serve. Ti ho già
detto che ho un’eternità per
aspettarti”.
Bonnie
sprofondò nuovamente sul
cuscino e avvertì la stanchezza sopraffarla di nuovo; eppure
aveva paura di
chiudere gli occhi e scoprire che era stato tutto solo un sogno.
“E’
meglio che vada ad avvisare gli
altri che ti senti meglio” suppose Damon avviandosi alla
porta.
“Ringraziali
per essere qui” gli
chiese Bonnie.
“Ora
dormi, rossa” la rabbonì Damon
“E se hai bisogno, io sarò qua fuori”.
Bonnie
mugugnò qualcosa in risposta
coprendosi con le coperte. Il vampiro si accertò che si
fosse addormentata
prima di chiudersi la porta alle spalle.
Aggiornò
in fretta Stefan e gli
altri sulle condizioni di Bonnie poi si allontanò
dall’ospedale. Sarebbe stato
via per poco, una mezz’oretta al massimo.
Il
tempo di evirare un paio di
ragazzi.
“Tender is the
ghost
the ghost I
love the most hiding from the sun
waiting for the night to come.
Tender is my heart, it's screwing up my life.
Lord, I need to find
someone who can heal my mind”
(Tender-
Blur)
Il
mio spazio:
No,
vi assicuro che non è un miraggio: ho davvero
aggiornato con qualche giorno di anticipo!
Domani
mattina parto e starò via fino a domenica,
per cui non avrei potuto postare per un po’. Allora mi sono
messa d’impegno e
ho finito il capitolo stamattina in modo da non lasciarvi ancora ad
aspettare
=)
Finalmente
Damon chiede scusa! Giuro, non ne
potevo più, non vedevo l’ora di scrivere quella
scena. E adesso saranno solo
rose e fiori per lui e Bonnie. Beh, non proprio … ci
sarà ancora qualche
difficoltà da superare (es: Elena), ma da adesso in poi ci
saranno dei bei
momenti per loro due!
La
scena con Dick e Jesse è stata un po’ forte e
forse anche un po’ banale, però credo che Bonnie
avesse bisogno di un brusco
risveglio per tornare alla realtà.
Era
troppo vulnerabile, troppo debole, si era
lasciata andare e solo uno spavento di quel genere poteva farle capire
quanto
si stesse sbagliando.
Spero
di aver risolto i vostri dubbi e di aver
sistemato qualche contraddizione; ho cercato di mettere tutto al propri
posto
in modo che la storia fosse coerente, ma ovviamente voi siete molto
più
obiettive di me e mi darete un parere sincero se secondo voi qualcosa
non
funziona ancora.
Damon
si è arreso all’inevitabile: le sue scuse
erano necessarie per aiutare Bonnie. Ora può davvero
iniziare a guarirla e a
riacquistare la sua fiducia.
La
questione dei lupi mannari è rimandata al
prossimo capitolo, qui non ci stava più niente e poi volevo
incentrarlo
principalmente sulla nostra strega.
Ci
saranno anche altri confronti con Elena, più
pacati di questo e Bonnie si renderà anche conto di aver
alzato un po’ troppo i
toni e di aver detto cose che non pensava; ovviamente non parlo del
triangolo
Damon- Elena- Stefan, su questo punto Bonnie ha le idee ben chiare e le
ha
espresse forse con un po’ di cattiveria già in
questo capitolo, quindi non se
le rimangerà.
Stasera
cercherò di rispondere alle vostre
fantastiche recensioni, ma se non dovessi riuscirci, prometto che
rimedierò al
mio ritorno! Scusatemi in anticipo.
Ringrazio
ovviamente tutti voi che seguite,
leggete e recensite questa storia!
Vi
auguro una buona Pasqua e mi raccomando
mangiate tantissime uova di cioccolato!!!
Alla
prossima,
Fran;)
*Danville:
città della Virginia.
**
Pollyanna per andare alla festa del paese, esce
dalla finestra arrampicandosi su un albero.
***Mi
riferisco ad una scena del “Risveglio” che
in realtà vede protagonista Tyler non Jesse. Ho cambiato un
po’ le cose per
adattarle alla mia storia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** I know you've got a lot of strenght left ***
Ashes &Wine
Capitolo
venticinque: I know you’ve got a lot of strength left.
“I know you've
got a little life in you yet
I know you've got a lot of strength left
I should be crying but I just can't let it show
I should be hoping but I can't stop thinking
All the things we should've said that I never said
All the things
we should have done that we never did
All the things we should have given but I didn't”
(This woman’s
work- Greg Laswell).
Percepiva
una strana
calma a quell’ora ed era talmente rasserenante che
l’aveva fatta diventare
un’abitudine.
Si
svegliava molto presto
alla mattina, metteva i libri nello zaino, si preparava per andare a
scuola, ma
una volta salita sulla sua BMW, dirigeva la vettura verso il vecchio
maneggio.
La
prima volta era
capitato per caso: l’orologio segnava le sei e mezza del
mattino e Bonnie non
aveva per niente sonno. Così si era cambiata ed aveva deciso
di fare un giro in
macchina. Si era ritrovata davanti al maneggio senza sapere bene come.
Il
vecchio custode era già in piedi e stava preparando il
mangime per gli animali.
Era stato così gentile e disponibile da permetterle di
prendere uno dei cavalli
e fare una passeggiata.
Bonnie,
poi, era tornata
il giorno dopo e quello dopo ancora. Andava avanti così da
un settimana circa,
tanto che la ragazza incominciava a reputarlo come un rito mattutino
prima
delle lezioni.
Con
tutto quello che le
era accaduto, soltanto una pazza se ne sarebbe andata in giro per il
bosco,
alle sette di mattina, da sola. Bonnie, però, non avrebbe
potuto reputarsi più
al sicuro di così.
Aveva
sentito parlare di
pet therapy, la cura attraverso l’affetto degli animali, e
iniziava a credere
che non ci fosse rimedio migliore per la sofferenza che aveva patito.
Cavalcare
le era sempre risultato molto rilassante.
Adorava
galoppare in
mezzo alla natura, lontano dai rumori della città, lontano
dai giudizi altrui,
a pieno contatto con l’animale che, così
docilmente, le permetteva di stare sulla
sua groppa, che le offriva conforto senza richiederne.
Bonnie
fece aumentare
l’andatura al destriero e s’inspirò
l’aria fredda del mattino. Era un ottimo
modo per cominciare la giornata perché l’aiutava
ad affrontare molto più
serenamente la realtà. Era trascorsa solo una settimana dal
suo ricovero in
ospedale, eppure Bonnie si sentiva decisamente meglio.
Tutta
la rabbia e il
rancore era scemati, come se tutti i sentimenti negativi si fossero
sgonfiati,
cedendo il posto a quelli positivi.
Non
andava ancora tutto
bene, almeno non come un mese prima, ma ci stava lavorando. Finalmente
riusciva
a guardare in faccia tutte le persone che le avevano mentito e a non
provare
più risentimento.
Aveva
immagazzinato
tutto, l’aveva rielaborato ed era giunta alla conclusione che
si era lasciata
trascinare troppo dalla delusione; non aveva pensato lucidamente.
Non
aveva dimenticato le
bugie e i segreti, non aveva dimenticato la sensazione di
nullità e irrilevanza
che l’aveva fatta quasi andare matta, non aveva dimenticato i
dubbi sulla
sincerità dei suoi amici, ma ora sapeva di poter superarli,
di poter
ricominciare daccapo.
Nessuno
rapporto era
semplice: bisognava mettersi in gioco, bisognava ammettere le proprie
colpe,
bisognava impegnarsi a mantenere saldi i legami e a sistemare
ciò che non
andava bene.
Come
avrebbe saputo che
si trattava di amicizia vera, se non avesse dovuto affrontare nemmeno
un
ostacolo?
Tutta
quell’esperienza
l’aveva aiutata a crescere.
Anche
con Damon la
situazione non era più così tesa e in gran parte
dipendeva dal fatto che il
vampiro era diventato oltremodo accondiscendente e protettivo nei suoi
confronti.
E
anche se a volte Bonnie
avrebbe ancora voluto vendicarsi di ciò che aveva fatto a
Zach, l’amarezza si
addolciva in fretta di fronte alle premure che Damon le riservava. Si
stava
davvero impegnando per rimediare ai suoi errori e lei finalmente
riconosceva il
suo sincero interessamento.
Chi
l’avrebbe mai detto
che delle scuse avrebbero potuto farla sentire così bene?
Sapeva quanto Damon
fosse orgoglio e non avrebbe mai creduto che si sarebbe abbassato a
chiedere
perdono proprio per lei.
Poi
quando l’aveva
chiamata con il suo soprannome da bambina, aveva avvertito un tuffo al
cuore.
Era come se si fosse totalmente arreso, come se avesse buttato via
tutti i suoi
limiti solo per renderla contenta.
Bonnie
non poteva
perdonargli tutto, non ancora, ma sperava che quella fase le sarebbe
passata in
fretta, perché non vedeva l’ora di gettarsi tra le
braccia del vampiro e
stringere tanto da farsi male. Voleva addormentarsi nel suo letto,
voleva
averlo vicino come se fosse perfettamente normale.
E
le veniva quasi da
piangere al pensiero che avrebbe dovuto aspettare per farlo, dato che
non era
ancora il momento giusto.
Per
il resto tutto era
andato al suo posto: Dick e Jesse erano stati condannati ai lavori
sociali per
sei mesi per uso di sostanze illegali e molestie. Avevano anche
blaterato
qualcosa riguardo un mostro orribile che quella stessa notte li aveva
minacciati e aggrediti ma nessuno aveva creduto ad una parola. Nemmeno
Liz
Forbes, che pur era a conoscenza della presenza di vampiri in
città; ma i due
ragazzi erano talmente fatti, quando erano stati arrestati, che nessuno
aveva
dato loro credito. In ogni caso avevano fatto la loro comparsa a scuola
con
entrambe le mani rotte e ingessate.
Bonnie
ridacchiò: Damon
aveva avuto davvero un’idea geniale. Evirarli sarebbe stato
un po’ troppo
drastico, perciò li aveva privati per qualche tempo della
possibilità di usare
le mani per togliersi qualche fastidio.
Era
talmente chiaro che,
dopo quello che avevano fatto, nessuna ragazza si sarebbe
più avvicinata a
loro, per cui per qualche settimana avrebbero dovuto accontentarsi di
docce
fredde. Parecchie docce fredde.
Bonnie
guardò l’orologio
che aveva al polso e si accorse di aver indugiato un po’
troppo. Tirò le redini
e condusse il cavallo di nuovo verso le scuderie.
Da
lontano, appoggiato ad
uno steccato del recinto, grazie alla sua supervista, il suddetto
vampiro la
stava tenendo d’occhio.
La
seguiva ogni mattina
senza farsi scoprire, per accertarsi che non le succedesse
più niente di male.
Gli
trasmetteva un certo
senso di calma vederla cavalcare come se il mondo intorno a lei non
esistesse.
Era uno sfogo sano, molto appropriato per Bonnie, la riconnetteva con
la sua
essenza, con la sua infanzia e in qualche modo anche con lui; e Damon
percepiva
distintamente tutta la serenità che le alleggiava intorno.
Dopo
tanto tempo era così
contenta che il ragazzo avrebbe sacrificato volentieri tutte le sue
dormite
mattutine pur di controllarla e nel frattempo permetterle di essere
così
tranquilla.
Per
la prima volta aveva
il presentimento che tutto sarebbe andato bene; lui per primo aveva
fatto la
cosa giusta.
Scusarsi
con Bonnie era
stato il gesto migliore che avesse mai compiuto in vita sua. Non era
stato un
sollievo solo per la giovane, ma anche e soprattutto per lui stesso.
Essere il
responsabile della sofferenza di Bonnie era stata
l’esperienza più logorante
che avesse mai sperimentato. Ed era contento che ormai fosse finita.
Le
cose tra loro non
erano ancora sistemate, non del tutto, ma di certo erano sulla buona
strada.
Sapeva
che avrebbe dovuto
rischiare molto di più; delle scuse non sarebbero bastate a
farsi perdonare, ma
per Bonnie non c’erano limiti.
Voleva
che la sua
presenza fosse una costante nella vita della ragazza, voleva che lei
potesse
contare al cento per cento su di lui. Era sempre stato protettivo nei
suoi
confronti, ma mai come in quel momento.
Quando
la rossa era
finita in ospedale, Damon aveva capito che poteva perderla davvero in
un
istante. Era stato ancora peggio di ciò che era successo con
Christopher,
perché Bonnie in quel caso non aveva idea di quanto fosse
pericoloso. Nel
secondo caso invece ci si era buttata spontaneamente, ignorando i
consigli di
Elena e il buon senso comune.
Insomma,
infilarsi in una
macchina con due ragazzi di dubbia fama, appena conosciuti, non era
stata
potenzialmente una buona idea. Bonnie in condizioni normali non
l’avrebbe mai
fatto.
Il
sangue di Damon
ribolliva al pensiero delle mani di quei due sudici sul corpo piccolo e
indifeso di Bonnie. Nessuno avrebbe dovuto toccarla in quel modo,
nessuno
avrebbe dovuto toccarla e basta!
Nessuno
avrebbe mai
potuto comprendere quanto fosse preziosa, nessuno avrebbe mai potuto
apprezzarla
a sufficienza. Il valore di Bonnie era inestimabile e tutti quei
ragazzini che
le giravano intorno non sarebbero mai stati abbastanza degni di averla
come
compagna.
Damon
valutò che
probabilmente Bonnie sarebbe rimasta zitella a vita, perché
lui non l’avrebbe
ceduta a nessuno.
Il
vampiro stesso non ne
aveva approfittato, quindi proprio non capiva che diritto ne avevano
gli altri.
Quando
Bonnie ubriaca e
sconvolta gli era saltata addosso, il primo istinto di Damon era stato
tutt’altro che casto. La voglia di baciarla, toccarla e
assaporare il suo
sangue … il ricordo lo faceva quasi arrossire.
Non
avrebbe dovuto
considerarla in quel modo, non avrebbe nemmeno dovuto vederla come una
“ragazza”, ma in quel preciso frangente era stato
impossibile. Bonnie non si
era comportata da Bonnie e si era messa sotto una luce completamente
diversa.
Damon,
comunque, aveva
saputo fermarsi; con tutto quello che era successo, non aveva idea di
come
sarebbero andate le cose tra loro, ma non avrebbe mai sfruttato un
momento di
debolezza come quello solo perché i suoi impulsi maschili
gli suggerivano di
cogliere l’occasione.
Non
aveva mai usato
quella cortesia con nessuna, ma comportarsi diversamente gli sarebbe
costato
davvero tanto.
In
ogni caso quel momento
di pazzia da parte della rossa gli aveva aperto gli occhi e si era reso
conto
di quanto Bonnie potesse rendersi desiderabile. E questo aveva convinto
Damon a
controllarla per evitare che situazioni spiacevoli si ripetessero.
In
quell’istante, quando
l’aveva vista pronta a dare via il suo corpo (per finta o sul
serio, era ancora
da appurare), totalmente vulnerabile e rassegnata, aveva avuto paura
che non si
sarebbe più ripresa, che non sarebbe più tornata
a essere la ragazzina
fantastica di una volta.
E
invece poteva constatare
l’esatto contrario mentre la osservava cavalcare con i
capelli rossi mossi
dall’aria fredda del mattino.
Damon
non avrebbe mai
dovuto preoccuparsi: Bonnie non era una che mollava, aveva ancora un
sacco di
forza in quel corpicino; serviva solo qualcuno che glielo ricordasse,
che le
ridesse fiducia in se stessa.
Se
Damon avesse mostrato
prima un po’ di umiltà, se solo le avesse parlato
sinceramente, si sarebbero
risparmiati molto di quel dolore. Eppure il vampiro si riteneva
soddisfatto di
come aveva risolto il problema.
Appena
in tempo, ma
almeno ci era riuscito.
E
da lì in poi non
avrebbe mai più smesso di lottare per Bonnie.
La
guardò mentre guidava
il cavallo di nuovo verso il maneggio e la seguì
silenziosamente tenendo
nascosta la sua aura per non farsi scoprire.
Bonnie
smontò dal
destriero e prese le redini lo tirò verso il box. Gli tolse
la capezza* di cuoio
e gli mise quella di stoffa, assicurandola agli anelli attaccati al
muro. Poi
gli slacciò la sella e la lasciò scivolare fino a
prenderla tra le mani.
Uscì
dal box per andare a
posarla e procedere con la pulizia dell’animale ma
inciampò nella sbarra di
scorrimento della porta.
La
sella le scappò di
mano e volò a terra, e lei si preparò a fare la
stessa fine, ma qualcuno la
riagguantò per la vita.
Damon
non avrebbe voluto
mostrarsi, perché Bonnie sarebbe stata furiosa del fatto che
lui la pedinasse,
ma preferì avere a che con la sua rabbia piuttosto che
lasciare che il suo bel
viso picchiasse contro il pavimento in pietra.
Bonnie
inspirò trovandoselo
così vicino: per quanto le cose stessero andando un
po’ meglio, lei provava
ancora disagio quando era costretta a stare sola con lui. E quella
posizione
intima di certo non l’aiutava.
Si
appoggiò sulle sue
spalle e si stabilizzò prima di allontanarsi lentamente.
Cercava di mantenere
le distanza, perché sapeva che altrimenti non avrebbe
resistito alla tentazione
di abbracciarlo. Il che non era propriamente un toccasana per il suo
piano di
‘andarci con i piedi di piombo’.
“Damon”
disse chiedendosi
finalmente perché il vampiro si trovasse lì
“Che cosa ci fai qui?”.
“Mi
assicuro che ritorni
a casa tutta intera” rispose aspettandosi da un momento
all’altro una scenata.
Bonnie,
però, si limitò
ad annuire e si chinò a raccogliere la sella, ma le mani di
Damon la
precedettero “Lascia, faccio io” si
offrì spostandola su una trave apposta. Si
fermò un attimo ad analizzarla e si rivolse a Bonnie
“Questa te l’ho regalata
io”.
“Così
mi ha detto Stefan”
confermò Bonnie rientrando nei box. Si piegò per
prendere una zampa del cavallo
e gliela fece alzare, poi iniziò a pulirgli uno zoccolo.
Le
labbra di Damon si
piegarono in un mezzo sorriso: il fatto che Bonnie non avesse bruciato
quella
sella era già di per sé un traguardo.
“Da
quando accetti così
di buon grado di essere controllata?” domandò
Damon un po’ sorpreso.
“Da
quando il mio ragazzo
si è rivelato essere un vampiro assassino e da quando ho
rischiato lo stupro su
una jeep nel parcheggio del Grill”. Tutte cose vere. Il suo
metro di giudizio
si era un po’ sfasato, quindi non poteva che apprezzare il
fatto che qualcuno
la tenesse d’occhio, per sicurezza.
Damon
rimase allibito dal
cambiamento della ragazza; solo qualche settimana prima lo avrebbe
acceso come la
Torcia Umana**.
“Serve
aiuto con
quelli?”.
“No,
grazie, ho quasi
finito” declinò Bonnie passando
all’ultimo zoccolo.
Damon
mugugnò qualcosa e
si guardò intorno. Non sapeva bene come comportarsi e si
sentiva un po’ fuori
luogo.
“Vuoi
un passaggio a
scuola?”.
Bonnie
si alzò e si
scrollò di dosso del fieno che le si era attaccato alle
ginocchia “Sono venuta
in macchina”.
Damon
notò di essere
stato appena congedato. Non c’era più niente di
cui parlare e non aveva senso
di rimanere lì ancora, dato che Bonnie aveva tutto sotto
controllo.
“Cerca
di arrivare a
scuola sana e salva, ok?” le raccomandò e
s’incamminò verso l’uscita.
Lo
sguardo di Bonnie
s’intenerì; aveva percepito l’imbarazzo
di Damon e se ne dispiacque: era chiaro
che il vampiro ce la stesse mettendo tutta.
“Damon!”
lo richiamò “Ti
ringrazio”.
Lui
si voltò e le rivolse
uno sguardo interrogativo “Di cosa?”.
“Di
esserci”.
Damon
alzò la mano in
cenno di saluto e se ne andò soddisfatto. Non poteva
pretendere che tutto
tornasse come prima magicamente.
Poteva
solo starle
accanto, confortarla con la sua presenza e attendere il giorno in cui
lo
avrebbe accolto nuovamente.
Per
il momento gli
bastava solo quello: esserci.
Layla
si rigirò la busta
tra le mani. Doveva imbucarla ma preferiva non essere vista da nessuno.
Era
mattina presto e la maggior parte delle persone stava andando al lavoro
o a
scuola.
I
suoi genitori
l’aspettavano in auto, poco più in là.
Davvero non capiva perché dovesse essere
lei a farlo. Suo padre le aveva detto che avrebbe destato meno
sospetti, ma la
cosa la disturbava comunque.
Finalmente,
in un momento
di calma, Layla fece la sua mossa. Si avvicinò circospetta
alla buca delle
lettere e vi lasciò cadere dentro la busta.
Come
se niente fosse, si
girò e s’incamminò verso la macchina,
aprendo la portiera e sedendosi sui
sedili posteriori.
“Hai
fatto?” le chiese
suo padre.
“Sì”.
“Bene,
ora dobbiamo solo
sperare che lo sceriffo se ne occupi”.
“Dobbiamo
sperare che non
ci uccidano prima” lo corresse sua moglie.
“Eileen
…”.
“No,
Frank! Ci stai
mettendo tutti in pericolo” lo interruppe lei “Se
Damon Salvatore dovesse
scoprire che hai infranto il patto che tu
hai proposto, ci strapperà il cuore con le sue
mani”.
“Damon
Salvatore è un
abominio che non dovrebbe nemmeno esistere. Proporre quel patto era
l’unico
modo per tenerlo buono mentre elaboravo un piano per
distruggerlo”.
“Spero
che tu sappia cosa
stai facendo, perché se qualcosa dovesse andare storto, ne
pagheremo tutti le
conseguenze”.
Layla
sbuffò: odiava
sentire i suoi genitori litigare, ma questa volta si trovò
in accordo con la
madre. Il piano che Frank aveva ideato era molto azzardato e se Liz
Forbes non
avesse fatto il suo dovere, Damon avrebbe facilmente collegato
l’evento a loro,
lupi mannari.
“Mamma
ha ragione: ci
stiamo mettendo in un sacco di guai” disse la ragazza.
“Tesoro,
sto cercando di
proteggere tutti noi. Il mio piano B è molto più
pericoloso e preferirei
evitarlo” spiegò Frank mettendo in modo la
macchina “Piuttosto, Tyler da che
parte pensi che stia?”.
“Tyler
non sta da nessuna
parte” rispose lei “Non vuole che sia fatto del
male a Caroline, ma non credo
che gliene freghi della sorte dei Salvatore”.
“Non
ho alcun interesse
in Caroline, purché non si metta in mezzo”
chiarì l’uomo “Ma dovrai fare di
più
perché Tyler si unisca a noi; non possiamo permetterci che
ci si rivolti
contro”.
“Ci
penso io a quello” lo
rassicurò la figlia “Non sarà un
problema”.
“Qual
è il tuo problema?”
berciò Caroline facendo un passo indietro per guardare
meglio il ragazzo
davanti a lei.
“Nessuno!
Vorrei solo che
mi lasciassi vivere! Non ho bisogno della balia” le rispose
velenosamente
Tyler.
“Forse
non avrai bisogno
della balia, ma ti stai comportando proprio come un bambino
dell’asilo!”.
“Non
sono io l’immaturo,
Caroline! Sei tu che non riesci ad andare oltre degli stupidi
pregiudizi”.
“Stupidi
pregiudizi?!
Scorrazzate in giro come i cuccioli della giungla e ti aspetti che non
dica
niente!”.
“Stanno
cercando di
aiutarmi. È una cosa che non potrai mai capire”
alzò la voce Tyler,
spazientito.
“Sono
stata io la prima
ad aiutarti” gli rinfacciò lei, ormai stavano
urlando davanti a tutta la
scuola.
“Tu
non mi stavi
aiutando! Mi stavi controllando!” replicò Tyler.
Stavano attirando l’attenzione
di molti loro compagni, ma entrambi se ne fregarono: volavano parole
confuse,
non compromettenti “Come cerchi di controllarmi ora! Chi ti
ha eletto Miss
Perfezione?! Eh, Caroline? Hai fatto molti più errori di me,
eppure non mi sono
mai permesso di giudicarti”.
La
ragazza si ritrasse,
ferita dal tono dell’amico “Bene! La prossima volta
non venire a piangere da
me; arrangiati!” e girò i tacchi. Si
passò velocemente una mano sull’occhio per
non far scappare una lacrima.
“Non
ho bisogno di te!”
continuò ad urlare Tyler “Abbiamo
chiuso!”.
Si
sentiva uno schifo per
aver detto quelle cose, ma era necessario. Non avrebbe voluto iniziare
quella
lite con Caroline; era l’unico modo però per
portare a termine il suo piano.
Aveva
capito che Layla e
la sua famiglia stavano tramando qualcosa e per saperne di
più aveva bisogno di
guadagnarsi la loro fiducia.
Una
lite pubblica con la
giovane Forbes gli era sembrato il modo più veloce ed
efficace per convincere
Layla che lui non voleva più avere a che fare con i vampiri.
Cosa vera fino ad
un certo punto: non aveva interesse verso i Salvatore, ma doveva molto
a
Caroline e le voleva bene. La considerava la sua migliore amica, quasi
una
sorella. Se per proteggerla avrebbe dovuto allontanarla, allora lo
avrebbe
fatto. Anche a costo di rendersi odioso ed ingrato. Un giorno o
l’altro avrebbe
avuto l’occasione di spiegarle tutto e mettere le cose a
posto.
Layla
li aveva osservati
da lontano. Sebbene ne fosse rimasta sorpresa, fu sollevata nel
constatare che
alla fine Tyler si era schierato dalla loro parte. Quel ragazzo la
intrigava e
le sarebbe dispiaciuto molto se suo padre, pur di portare a termini i
suoi progetti,
gli avesse fatto del male.
Meredith
assisté
incredula alla scena, con una tazza di caffè in mano. Era
nell’ufficio di
Alaric e la finestra dava sul cortile interno, dove era avvenuto il
litigio.
Meredith diede ancora un’ultima occhiata a Caroline che
scappava via, fumante
di rabbia.
“Si
può sapere cosa sta
succedendo a tutti?” sbottò, voltandosi verso il
suo fidanzato.
Alaric
alzò la testa dai
compiti che stava correggendo “Scusa?”.
“Mi
sembrano tutti
impazziti!” proseguì senza preoccuparsi di
ripetere “Caroline e Tyler che
litigano come cane e gatto! Bonnie per poco non ci rimette la vita, due volte! Elena è totalmente
confusa e
non si confida più con nessuno, nemmeno con Stefan; Stefan
che è talmente
impegnato ad occuparsi di Bonnie che non si accorge neanche la sua
ragazza si
sta allontanando e Damon che non perde occasione per
intromettersi” Meredith
posò con forza la tazza sulla scrivania di Alaric facendolo
sobbalzare
“Katherine ha ragione a dire che Klaus ci
distruggerà. Ci stiamo dividendo e neppure
ce ne siamo resi conto”.
“Tesoro,
credo che tu
stia cominciando a delirare: hai appena dato ragione a Katherine. La
vampira
sgualdrina, ricordi? Quella che ha dato inizio a tutto
questo”.
“Non
è questo il punto”
s’infervorò la mora “Noi non siamo mai
stati così; non abbiamo mai permesso a
niente di separarci. Ci conosciamo da tanto, siamo una famiglia e non
posso
guardare la mia famiglia che si fa a pezzi da sola”
continuò in un sussurro “Io
parlerò con Caroline; temo che questa storia con Tyler
comprometterà la sua
relazione con Matt ed è l’ultima cosa che ci
serve” poi con una giravolta tornò
a guardare il suo ragazzo e gli puntò il dito contro
“Tu devi occuparti di
Damon”.
Alaric
sbiancò “Io?”.
Sentiva già puzza di guai; ogni volta che Meredith si
metteva in testa
qualcosa, era impossibile farle cambiare idea.
“Sei
l’unico amico che
ha; forse ti darà ascolto. Devi dirgli di smetterla di
inseguire Elena”.
“In
realtà mi pare che
ora stia inseguendo Bonnie, più che altro”
puntualizzò Alaric. Era da un pezzo
che Damon non gli parlava più di Elena: era troppo
concentrato su Bonnie per
poter pensare alla sua principessa.
“Perché
adesso sta male”
disse Meredith “Ma non appena si sarà ripresa del
tutto, Damon riprenderà la
sua caccia per il cuore di Elena. Non mi interessa se vuole rendere la
vita di
suo fratello un inferno, può fare quello che vuole, dopo che
avremo sconfitto
Klaus! Lui e Stefan sono le nostre uniche speranze di vincere. Se
saranno
troppo presi a combattersi, come faranno ad affrontare Klaus? Damon
deve farsi
da parte, almeno per il momento”.
“Tutti
sembrate
dimenticare che Bonnie è una strega e ci potrebbe essere
molto più utile di
quei due” le fece notare Alaric.
“Non
mi pare in
condizione ora come ora” protestò Meredith.
“Siete
talmente convinti
che per Damon esista solo Elena che non vi accorgete neanche del lavoro
che sta
facendo con Bonnie” disse Alaric difendendo il suo amico
“Dirgli di farsi da
parte sortirà solo l’effetto di spingerlo ancora
più verso Elena e trascurare
Bonnie”.
“Alaric
…”.
“Meredith”
la interruppe
lui “Conosco Damon e ti prometto che se mi dovessi accorgere
che sta facendo
qualche cazzata, sarò il primo ad intervenire. Per quanto ne
sappiamo ora si
sta comportando bene e non ho intenzione di accusarlo o
destabilizzarlo”.
Meredith
sospirò “Nella
vita tutto avrei pensato, tranne che Damon Salvatore potesse guarire
una
ragazzina ferita, ma immagino che tu lo conosca meglio”
suppose sedendosi sulle
ginocchia dell’insegnante “Promettimi comunque che
gli parlerai e cercherai di
capire che gli passa per la testa, ok?”.
Alaric
annuì e si protese
per baciarla.
Nel
parcheggio della
scuola, dentro la macchina di Elena, la coppia dell’anno non
stava passando
altrettanti bei momenti.
Elena
sapeva che prima o
poi quel momento doveva arrivare, ma se l’era immaginato
diversamente: credeva
che sarebbe stata lei a raccontare tutto, a prendersi le proprie
responsabilità
e affrontare le conseguenze. Non si sarebbe mai aspettata di trovarsi
in auto
con il suo ragazzo che non solo aveva già capito tutto, ma
che la poneva pure
davanti ad una scelta.
Era
sempre stata una
ragazza coraggiosa, schietta; non si era mai fatta troppi problemi a
perseguire
ciò che desiderava, anche a costo di ferire qualcuno. Qui,
però, si trattava di
un’azione vergognosa ed era Stefan a soffrire. Non avrebbe
mai voluto vederlo
star male, soprattutto per colpa sua.
Che
razza di persona si
sarebbe messa tra due fratelli? Come si era permessa di agire alle
spalle del
suo ragazzo?
Avrebbe
dovuto rendersi
conto di provare dei sentimenti anche per Damon, avrebbe dovuto essere
onesta
con Stefan e prendersi del tempo per pensare, per decidere con chi
avrebbe
voluto stare.
L’idea
di lasciare Stefan
anche se per poco, la terrorizzava e il fatto che Damon fosse
lì ad aspettarla
le metteva tranquillità.
Aveva
rimandato, aveva
trovato mille scuse per non affrontare soprattutto se stessa. Chi era
adesso
Elena Gilbert?
Si
rifiutava di essere
un’altra Katherine, ma si stava comportando allo stesso modo.
No,
no, no! Lei non era
come Katherine. Katherine volevo entrambi i fratelli Salvatore ai suoi
piedi;
Elena doveva solo capire di quale dei due poteva fare a meno. Non le
sarebbe
stato facile e il cuore avrebbe pianto nel vedere uno dei fratelli
allontanarsi
irrimediabilmente da lei, ma era necessario.
Non
sarebbe stata
egoista, non avrebbe giocato con i sentimenti di nessuno. Ma
l’espressione
distrutta di Stefan, seduto di fianco a lei, la fece vacillare. Avrebbe
scelto
lui subito, su due piedi, ma sapeva non sarebbe passato molto prima di
sentire
anche la mancanza di Damon.
“Come
l’hai scoperto?”
gli chiese cercando il suo sguardo; lui teneva gli occhi fissi davanti
a sé.
“Quando
ti ho chiesto che
cosa stesse succedendo tra te e Damon, il tuo cuore ha cominciato a
battere
all’impazzata. Credevo che ti stesse minacciando ancora, ma
non era paura
quella che ho sentito, era imbarazzo, come una bambina beccata a fare
qualcosa
di male”.
Elena
abbassò il capo
esattamente come quella bambina appena descritta “Stefan, io
… non so cosa mi
sia preso”.
“Sapevo
che prima o poi
sarebbe successo” la interruppe Stefan “Ma mi
aspettavo che saresti stata
sincera, mi aspettavo che mi avresti detto che qualcosa non andava,
prima di
baciare mio fratello”.
“Non
c’era niente che non
è andava … non, non me ne sono nemmeno accorta
finché non è successo. Credevo
fosse qualcosa di passeggero, pensavo di poterlo controllare”.
“Elena,
va bene, va bene”
la rassicurò Stefan “Hai solo
diciott’anni e va bene essere confusi. Ti amo e
ti amerò sempre” le disse accarezzandole una
guancia “Ma non posso stare con
te”.
Elena
perse il respiro e
iniziò a scuotere la testa colta dal panico “No,
Stefan, no, no, no … per
favore no”.
“Almeno
finché tu non
farai una scelta” continuò lui “Devi
chiarirti le idee, devi scoprire cosa vuoi
davvero dalla tua vita, se no io non potrò più
fidarmi di te”.
“Stefan
non puoi
lasciarmi” mormorò Elena trattenendo le lacrime
“Non farlo … non posso stare
senza di te”.
“E
Damon? Non puoi stare
anche senza Damon?”.
Elena
strinse le labbra.
Aveva paura a dire quelle parole, perché tutto sarebbe stato
reale “Sì, anche
Damon è importante. Hai ragione”. Tanto valeva
essere completamente sinceri.
Non voleva passare per incoerente: dire una cosa e farne
un’altra.
Stefan
incassò il colpo.
Ormai conosceva i sentimenti di Elena per suo fratello, ma sentirli
dire da lei
era tutta un’altra storia “Prenditi il tempo che ti
serve per riflettere.
Quando avrai deciso io sarò ancora qui; ma non tornare se
non sei certa della
tua scelta” aprì la portiera dell’auto e
scese.
Elena
si portò una mano
alla bocca per trattenere i singhiozzi.
Bonnie
prese un bel
respiro prima di bussare alla porta. Da quando era tornata a casa
dall’ospedale, da quando era tornata in sé, si era
resa conto di doverle delle
scuse. Era stata davvero troppo crudele.
Ricordava
perfettamente
le parole che aveva praticamente sputato contro Elena la sera in cui
Dick e
Jesse l’avevano drogata.
Nessuna
ragazza si
meritava uno scempio del genere, nessuna si meritava di essere forzata
contro
la sua volontà.
Elena
aveva fatto molti
sbagli, sia con lei sia con i due fratelli. Bonnie sentiva di avere il
diritto
di essere arrabbiata, ma non si sarebbe dovuta permettere di darle
della poco
di buono, come se Elena stessa se la fosse cercata***.
Dovevano
chiarirsi. A
Bonnie mancava la sua amicizia; c’erano state incomprensioni,
bugie e tensioni,
ma la rossa non si era dimenticata di come Elena l’avesse
accolta a casa sua la
prima volta che era scappata e di come si fosse messa davanti a Damon
per
difenderla.
Aveva
commesso degli
errori, ma tutti in buona fede. Voleva proteggere tutti e la situazione
le era
sfuggita di mano. Bonnie l’aveva capito ed era pronta a
ricominciare daccapo.
Stava
ancora guarendo e
aveva bisogno di un nuovo inizio; voleva che Elena ne facesse parte.
Ad
aprire la porta fu
proprio la ragazza in questione e i suoi occhi si aprirono di sorpresa
“Bonnie!” esclamò “Che ci fai
qui? È successo qualcosa?”.
Lei
scosse la testa “No”
e sorrise “Volevo parlarti; posso entrare?”.
“Certo!”
rispose con foga
Elena, spostandosi per farla passare. Una volta che furono in camera
sua, si
voltò e cominciò a torturarsi le mani
“Bonnie …”.
“No”
la interruppe
l’amica “Ti ho detto delle cose orrende e ti devo
delle scuse. Mi sento davvero
male per essere stata così cattiva. Non avrei neanche dovuto
pensare così male
di te”.
Elena
sorrise “Non devi
scusarti, Bonnie. Non è stato un periodo facile per te e ti
ho dato qualche
motivo per pensare quelle cose”
s’imbarazzò.
“No,
no … sono stata
cattiva e io non faccio così di solito. Non voglio essere
quel tipo di
persona”.
“Bonnie,
ti ho mentito
due volte, mi hai visto baciare Damon, ho tradito Stefan e avrei dovuto
starti
vicino molto di più e aiutarti non appena hai scoperto la
verità su tuo
fratello, ma non ho mosso un dito. Eppure tu
sei qui a scusarti con me. Non sei
proprio quel tipo di persona” le assicurò Elena
avvicinandosi “Mi dispiace così
tanto per tutto” la circondò in un abbraccio
passandole le mani sulla schiena e
sperando che l’altra apprezzasse e ricambiasse.
Bonnie
rimase qualche
secondo con le braccia a penzoloni, poi fu travolta dal sollievo e
strinse
Elena con egual forza. Fu come se un peso l’avesse
abbandonata: una parte del
rancore che aveva provato fino a quel momento, si era disintegrata. Non
era
capace di fare la guerra; la rabbia l’aveva quasi distrutta.
Voleva disfarsene
per sempre.
Elena
ne fu molto
contenta. Aveva bisogno di buone notizie quel giorno.
Bonnie,
però, non aveva
ancora finito. Era andata a casa sua per sistemare un’altra
questione, per lei importante
quanto la prima.
“A
proposito di quel
bacio”.
Elena
impallidì. Non
aveva le forze per affrontare quel discorso, non proprio quel giorno,
ma si
accorse di non avere altra scelta.
“Riguardo
a Damon e a
Stefan …” proseguì Bonnie.
“Lo
so, lo so!” sbottò
Elena “Ho fatto una cosa tremenda tradendo Stefan e hai
ragione: devo fare una
scelta”si passò una mano nei capelli e si
buttò a peso morto sul letto.
Bonnie
ridacchiò un po’ a
disagio “Ammetto che baciare il fratello del tuo ragazzo non
sia stata la tua
mossa più elegante. E sì, devi
scegliere” fu d’accordo con tutte queste
affermazioni “Però … io volevo parlare
di Damon”.
Elena
aggrottò le
sopracciglia, confusa e lasciò che Bonnie si spiegasse
meglio.
“Credo
che tu sia
arrivata ad un punto in cui non sarai mai sicura della tua decisione,
almeno
non subito” chiarì la rossa “E ti
chiedo, per favore, di pensarci davvero bene
prima di scegliere e di non cambiare idea dopo averlo fatto; e se ti
dovessi
rendere conto di non potere fare a meno di nessuno dei due, lasciali
liberi
entrambi. Non dividerli più di quanto già
siano”.
“Bonnie,
non farei mai
una cosa del genere!” affermò Elena con decisione
“Ho sbagliato, ma non sono
così egoista”.
L’altra
ragazza annuì “Lo
so, ma cerca di capire: si sono già uccisi una volta, per
una vampira che è la
tua identica copia. Non hanno bisogno di essere coinvolti di nuovo in
questo
triangolo distruttivo. Stefan è più forte,
potrebbe sopportarlo e gestirlo, ma
sono preoccupata per come potrebbe reagire Damon”.
“Quindi
mi stai
consigliando di scegliere Stefan?”.
Bonnie
scosse la testa
“Non sono io a doverti dire chi scegliere; però
non tornare sui tuoi passi. Se
vuoi Stefan, che sia Stefan. E se vuoi Damon …”
non riuscì a concludere la
frase, le parole le morirono in gola.
Improvvisamente
le
immagini del bacio cui aveva assistito una settimana prima la colpirono
come
uno schiaffo. L’idea di Damon ed Elena insieme le aveva tolto
per un attimo il
respiro.
Perché?
Sapeva
benissimo che
Damon era innamorato della sua amica e la cosa non l’aveva
mai turbata. Cos’era
cambiato allora?
Elena
era cambiata; fino
a quel momento non aveva avuto altri che Stefan negli occhi, ma ora
anche Damon
era entrato nel suo mondo, ora Damon era diventato una possibile
scelta.
Bonnie
stessa era cambiata:
da quella sera in cui aveva cercato di provocare il vampiro, il suo
corpo
rispondeva in maniera inaspettata; tensione, elettricità,
brividi. Non sapeva
che cosa significasse, ma era abbastanza destabilizzante.
“E’
cambiato tanto in
questi mesi. Sta cerando di tenere a bada la sua natura impulsiva
perché vuole
renderti orgoglioso, sta ricominciando a sentire
e se tu dovessi illuderlo, lo distruggeresti”.
Bonnie
non si era
dimenticata di tutto il male che Damon, volente o non volente le aveva
fatto e
forse avrebbe dovuto ripagarlo con la stessa moneta; ma era inutile
negare a stessa di
tenere comunque a lui. Era parte
della sua famiglia, l’aveva salvata e protetta, a modo suo le
era sempre stato
vicino e stava realmente cercando di riconquistarsi la sua fiducia.
Bonnie
sapeva quanto il vampiro fosse fragile e non voleva vederlo ferito come
lo era
stata lei. Troppi cuori erano stati strappati e quello di Damon
meritava di
rimanere al suo posto, intatto.
“Ti
prometto che non
giocherò con nessuno dei due” giurò
Elena “E credimi quando ti dico che non era
mia intenzione trovarmi in questa situazione”.
“Lo
so” mormorò Bonnie
“Non sei una cattiva persona, Elena” e si
avvicinò abbracciandola ancora “Ti
voglio bene, amica mia”.
“Anche
io” ricambiò la
bionda “Da adesso in poi conta su di me per qualsiasi cosa;
non ti tradirò
più”.
L’altra
ragazza le
sorrise e la salutò dandole le spalle per oltrepassare la
porta.
“Bonnie”
la richiamò
Elena appena sulla soglia “Damon non
sta riscoprendo la sua umanità solo
grazie a me” le fece notare. Avrebbe voluto arrogarsene il
merito, ma sapeva di
doverlo condividere con l’amica.
Quando
vide i capelli
rossi sparire giù dalle scale, Elena si sciolse in un grosso
sospiro e nascose
il viso tra le mani.
Non
le aveva confessato
di essere stata lasciata da Stefan; la ferita bruciava ancora.
Inizialmente
avrebbe voluto sfogarsi con Bonnie, ma quando lei aveva attaccato con
quel
discorso tremendamente assennato, la bionda non aveva avuto il coraggio
di dire
tutta la verità.
Un
po’ per una questione
di orgoglio, un po’ perché Bonnie non poteva
essere neutrale in tutta quella
situazione e aveva preferito non metterla in una posizione scomoda.
Non
poté nemmeno radunare
i pensieri e valutare un secondo tutto ciò era che era
successo, perché la figura
di Damon con un balzo fluente entrò in camera sua attraverso
la finestra
aperta.
Elena
si alzò di scatto,
sentendosi subito in trappola, sebbene lui non avesse ancora detto o
fatto
niente. Semplicemente non era il momento più adatto per
averlo a così poca
distanza.
“Damon”
balbettò “Che
cosa ci fai qui?”.
“Ti
spio, principessa,
come al solito” le rispose sfoderando il suo sorriso a 250
kilowatt.
“Stavi
origliando?” si
agitò. Non voleva che proprio lui tra tutti avesse ascoltato
la conversazione
che aveva avuto con Bonnie.
“Sono
arrivato ora” negò
il vampiro inginocchiandosi sul materasso e molleggiando un poco
“Tu e Sissi
avete fatto pace?”.
“Sì,
ci siamo chiarite”
asserì Elena con voce incerta per via del nome che Damon
aveva appena
pronunciato. Da quando in qua aveva ripreso a chiamarla Sissi? Non era
una
specie di tabù? Un qualcosa che non doveva essere riportato
a galla, legato
alla sua umanità che non avrebbe mai voluto mostrare?
Improvvisamente
si rese
conto di non poter solamente dividere a metà il merito di
aver cambiato Damon;
Bonnie aveva avuto un ruolo molto più rilevante.
Quella
consapevolezza non
la fece gioire, ma ricacciò giù a forza il groppo
che le era salito in gola;
non aveva diritto di arrabbiarsi. Non doveva intromettersi nel rapporto
tra
loro due.
Piuttosto
avrebbe dovuto
occuparsi dei suoi problemi, avrebbe dovuto capire che cosa
significasse Damon
nella sua vita.
Il
vampiro parve
accorgersi del conflitto interiore che si stava scatenando nella bionda
e le si
fece vicino accarezzandola una guancia
“Principessa?”.
Elena
si ritrasse a quel
tocco, sentendo il suo autocontrollo sull’orlo del crollo
“Stefan lo sa” gli
confidò “Sa che ci siamo baciati”.
Damon
non riuscì a
contenere un sorriso di liberazione “Prima o poi lo avrebbe
scoperto.
Finalmente non dovrai tenerti tutto dentro”.
Ad
Elena pianse il cuore quando
incrociò gli occhi del ragazzo: erano così
speranzosi di avere infine ottenuto
una possibilità, così fiduciosi che lei avesse
accettato dopo tanto tempo di
esplorare la loro relazione. Così
terribilmente umani, come non li aveva mai visti.
“E’
complicato, Damon” la
giovane gli prese la mano e fece intrecciare le loro dita
“Non so davvero come
comportarmi”.
Ora
gli occhi di Damon si
erano lievemente rabbuiati “Elena, tu provi qualcosa per
me?”.
“Sì”
rispose lei sapendo
di non poter più negarlo.
“Ma
non hai nessuna
intenzione di lasciare Stefan” concluse Damon per la ragazza,
con tono
amareggiato.
“E’
già successo” lo
informò “Ma sarò onesta: è
stato lui”.
“Quindi
stai facendo tutto
questo solo perché Stefan ti ha dato il benservito? Se lui
non se ne fosse
accorto, tu non avresti mai detto niente, vero?”. Ora
iniziava ad arrabbiarsi.
Si era illuso ancora una volta inutilmente.
“NO!”
Elena lo
contraddisse con forza “Mi ha solo preceduto. Gli avrei detto
tutto; quello che
ho fatto è sbagliato e non potevo andare avanti
così”.
“Sbagliato? Continua, Elena, stai
guadagnando un sacco di punti!” la
incitò Damon sarcasticamente.
“Baciare
il fratello del
mio ragazzo è stato scorretto” precisò
Elena “Ma non lo considero un errore.
Vorrei solo non averlo fatto alle sue spalle”.
“E
cosa vorresti, Elena?
Giocare al trio perfetto anche tu? Perché ti avverto che
l’ultima volta non è
finita molto bene”.
“Non
vi farei mai una
cosa così meschina” s’indignò
lei “Ma ho bisogno di stare sola, di pensare.
Provo sentimenti così contrastanti e voglio essere sicura di
prendere la
decisione giusta e definitiva”
si
ricordò le parole pronunciate da Bonnie poco prima.
Se
vuoi Stefan, che sia Stefan. Se vuoi
Damon, che sia Damon. Per sempre.
Niente ripensamenti.
“Ne
deduco che tu mi stia
chiedendo del tempo” disse Damon arricciando le labbra in un
gesto disincantato
“E va bene, ma cerca di sfruttarlo al meglio” le
consigliò con una nota quasi
intimidatoria. Le prese il mento tra le dita e la baciò con
ardore, poi spostò
le labbra fino al suo orecchio sussurrandole
“Perché io non sono Santo Stefan, non
ti aspetterò in eterno”.
Quando
Elena riaprì gli
occhi, precedentemente chiusi per la forza del bacio, si
trovò in camera da
sola e, attraverso le tende mosse dal vento, vide un corvo dalle piume
nero
lucente volare via.
Damon
si allontanò il più
velocemente possibile dall’abitazione. Non intendeva sul
serio ciò che aveva
detto, almeno non ne era sicuro. Si era proposto di farsi valere con
Elena, di
non renderle vita facile, ma alla fine ci sarebbe riuscito?
Per
il momento fu solo
contento di averla messa con le spalle al muro. Era giunta
l’ora che lei gli
dimostrasse qualcosa, che gli dimostrasse
di amarlo.
Bonnie
poté ritenersi
abbastanza soddisfatta del discorso che aveva fatto ad Elena. Qualcuno
doveva
dirle quelle cose, era il caso che capisse il peso delle sue decisioni.
Si era
trovata coinvolta in una faccenda più grande di lei e Bonnie
poteva comprendere
quanto fosse difficile da gestire per una ragazza di soli diciotto
anni. Elena
rischiava di farsi trascinare dalla passione del momento senza
riflettere,
senza badare alle conseguenze.
Come
faceva ad essere
certa del suo amore per Damon? Se si fosse rivelata solamente una
fortissima
infatuazione, un fuoco che si sarebbe spento dopo poco tempo? Chi
avrebbe
raccolto i cocci sparsi da Elena Gilbert, seppur involontariamente?
Damon
in passato aveva
commesso atti terribili e su ciò che la toccava
personalmente, Bonnie non
avrebbe sorvolato con leggerezza. Ma Damon era anche cambiato e gli
serviva
qualcuno che lo proteggesse.
Forse
era soltanto una
sciocca che credeva nei miracoli e prima o poi sarebbe stata ferita di
nuovo
dalla stessa persona che ora stava cercando di aiutare.
Non
poteva farne a meno.
Qualcosa di incomprensibile li legava e alla fine Damon sarebbe stato
lì per
lei, e Bonnie gli avrebbe coperto le spalle.
Elena
condivideva con il
vampiro un rapporto non sano: era nato di nascosto, all’ombra
della sua relazione
con Stefan. Elena aveva mentito e Damon procedeva su una precaria linea
di
equilibrio; gli sarebbe bastato un soffio di vento per ricadere nella
sua
totale crudeltà autodistruttiva.
Almeno
quella era
l’opinione di Bonnie. Inoltre non poteva evitare di sentirsi
un po’ infastidita
e gelosa. Sapeva di sparire davanti ad Elena.
Avrebbe voluto avere più tempo per sistemare le
cose con Damon, ma se la
bionda l’avesse scelto, lui sarebbe stato risucchiato dal
ciclone Gilbert e chi
si sarebbe più ricordato della piccola Bonnie?
La
casa appariva vuota e
la ragazza decise che sarebbe andata di filato nel letto, ma qualcosa
catturò
la sua attenzione.
Lasciò
la giacca e la
borsa in camera sua, poi si diresse in
quella di Stefan. Aveva percepito attraverso il suo Potere
un’aura triste e
mortificata
Trovò
il vampiro
accovacciato sul letto ad aggiornare il suo diario. Bonnie si
fermò sulla
soglia e bussò.
Stefan
alzò il capo e lei
sussultò nel constatare quanto fosse stravolta la sua
espressione. “Tutto
bene?” chiese avvicinandosi e sedendosi sul materasso,
accanto a lui.
“Ho
lasciato Elena”
sentenziò con tono piatto.
Bonnie
strabuzzò gli
occhi. Era appena stata dall’amica, ma perché non
le aveva detto niente?
La
rossa allungò una mano
per posarla su quella del ragazzo ma lui la scostò
“Sapevo che stava succedendo
qualcosa tra lei e Damon. Così le ho detto che avrebbe
dovuto prendersi una
pausa, almeno finché non si fosse schiarita le
idee” raccontò “Speravo che mi
dicesse di non averne bisogno, di essere innamorata solo
di me e invece …”.
“E’
confusa e non vuole
fare del male a nessuno dei due” tentò di
giustificarla Bonnie.
“Avevo
giurato che la
storia non si sarebbe ripetuta, che non ci sarebbe stata
un’altra Katherine”.
“Elena
non è Katherine”.
“Lo
so, ma il risultato è
lo stesso, no? Io e mio fratello in lotta per la stessa ragazza. Forse
questa
volta ha vinto Damon”.
“Nessuno
ha vinto” Bonnie
liberò uno sbuffò spazientito “Tu e tuo
fratello siete due tali ottusi! Invece
di pensare a chi Elena sceglierà, dovreste preoccuparvi di
come questa cosa vi
allontanerà ancora”.
Stefan
la guardò
colpevole, turbato da quella parola terribilmente vere e sagge.
“Elena
non è Katherine,
non vi vuole entrambi per sé. O meglio, vi vorrebbe ma sa di
non poterlo fare,
sa benissimo che il suo cuore appartiene ad uno solo di voi
due”. E sei tu, avrebbe
voluto aggiungere ma
lo tenne per sé “Io sono più spaventata
dal rancore che ne potrebbe uscire,
piuttosto che dalla perdita della ragazza” ammise.
Stefan
e Damon erano la
sua famiglia, gli unici rimasti. Non poteva lasciare che si facessero a
pezzi ancora
una volta per una donna.
“Credi
che non sappia che
Damon mi odierà ancora di più, se Elena
scegliesse me?” domandò Stefan con una
punta di amara consapevolezza “Ho già perso mio
fratello, avrei preferito non
perdere anche l’amore della mia vita”.
Bonnie
non se la sentì di
controbattere. Stefan era un vampiro di cinquecento anni e sapeva
pesare le
parole. Amava davvero Elena; la considerava la compagna della sua
eternità, la
sua anima gemella. Bonnie poté solo immaginare quanto
potesse essere doloroso.
“Tu
sapevi del bacio,
vero?” chiese a bruciapelo Stefan.
Bonnie
deglutì. Cos’era
quello? Un beffardo scherzo del destino? Come Stefan aveva dovuto
sopportare la
vergogna di averle mentito, ora toccava a lei?
“Ti
riferivi a quello la
notte in cui ti sei ubriacata, quando ti ho portato a letto”
sorrise
tristemente lui. Non era una domanda.
“Era
successo quel giorno
stesso” confessò Bonnie “Avrei dovuto
parlartene ma …”.
“Va
bene” la calmò Stefan
“L’hai fatto per proteggere Elena. E Damon. Lo so
che lui è il tuo preferito.
Qualunque cosa faccia lo sarà sempre”.
“Non
è il mio preferito”
replicò Bonnie quasi a pappagallo.
“Avete
un legame
speciale; non c’è niente di male”.
“Non
è il mio preferito”.
Era
vero: non lo era. Il
rapporto che condivideva con Stefan non aveva nulla a che fare con
quello che
condivideva con Damon. Erano due cose diverse e non paragonabili; non
poteva
favorire uno o l’altro.
Stefan
era il suo amico
più caro, quasi un fratello. Mentre Damon …, non
sapeva ancora come
classificarlo. Solo di una cosa era certa.
“Non
è il mio preferito”
ripeté per la terza volta, portandosi davanti a lui per
guardarlo dritto negli
occhi “Forse per te non sarà molto, ma tu sei
parte della mia famiglia e sarò
sempre dalla tua parte”.
Stefan
le passò una mano
dietro il collo, attirandola a sé per posarle un bacio sulla
fronte; poi
l’abbracciò e la fece stendere sul letto con lui,
accarezzandole con una mano
la nuca e con l’altra la schiena “Per me vali
moltissimo, Sissi”.
Bonnie
mugugnò qualcosa
in risposta e, cullata dalle dita del vampiro, si addormentò
con la testa sul
suo petto. Stefan la seguì poco dopo.
Damon
non nascose un
sorriso osservandoli, un’ora dopo, immersi nel sonno sul
letto del fratello.
Non
gli importava che
Bonnie si fosse lasciata andare prima con Stefan che con lui.
Finalmente aveva
di nuovo permesso a qualcuno di entrare nel suo mondo, finalmente non
era più
timorosa a concedere la sua fiducia, finalmente stava tornando la
vecchia
Bonnie.
E
dopo tutto, Damon
sapeva che la strega non lo odiava per davvero. Aveva ascoltato ogni
singola
parola della conversazione tra lei ed Elena, anche se aveva affermato
il
contrario.
La
piccola rossa lo aveva
difeso. Si era mostrata palesemente team Stelena***, ma Damon non ne
era
rimasto turbato. Bonnie aveva agito per proteggerlo da
un’eventuale delusione,
perché, nonostante tutto, non poteva sopportare di vederlo
soffrire. Era un
pensiero confortante, era un piccolo passo verso la riconciliazione.
L’aveva
detto che quella
streghetta aveva una gran forza dentro di sé e lo dimostrava
perdonandolo
giorno dopo giorno.
L’aveva
ferita in tutti i
modi possibili, eppure non si era arresa, aveva continuato a cercare il
buono
in lui e aveva chiesto ad Elena di non spazzarlo via.
Damon
diede le spalle
alla stanza, volgendosi verso la sua. Sentì che era giunto
il momento di fare
qualcosa di concreto per il suo scricciolo.
L’avrebbe
riconquistata
una volta per tutte. Era una promessa.
Compose
il numero di
Alaric sul suo cellulare e attesa la risposta. Aveva bisogno anche di
lui per
concludere ciò che aveva in mente.
Meredith
probabilmente lo
avrebbe ammazzato.
“I found a place so safe, not a
single tear
The first time in my life and now it's so clear
Feel calm I belong, I'm so happy here
It's so strong and now I let myself be sincere
I wouldn't change a thing about it
This is the best feeling
This innocence is brilliant, I hope that it will stay
This moment is perfect, please don't go away, I need you now
And I'll hold on to it, don't you let it pass you by”
(Innocence-
Avril Lavigne).
Il
mio spazio:
Scusate,
scusate davvero tanto
per il ritardo! Ma ho fatto un po’ di vacanza a Pasqua e non
ho avuto il tempo
di scrivere; poi come avete visto, ho lavorato anche al primo capitolo
di Crazy
Little Thing Called Love, quindi ho ritardato un po’ gli
aggiornamenti.
Colgo
l’occasione per
ringraziarvi tantissimo per come avete accolto la mia nuova storia! Non
credevo
venisse così apprezzata; avevo paura che fosse un
po’ banale e semplice …
grazie mille di cuore!!
Passando
ad
Ashes&Wine: iniziamo a vedere che i lupi mannari si stanno
muovendo;
secondo voi cosa avranno in testa?
Meredith
è l’unica che si
accorge di come il suo gruppo stia cadendo a pezzi e corre a sistemare
tutto.
Riusciranno lei ed Alaric ad instillare un po’ di senno agli
altri?
Il
punto più infuocato?
Beh ovviamente Stefan- Elena- Damon, prima o poi dovevano scoppiare.
Questo
è stata un po’ una
mia rivincita dell’ultima puntata della serie tv. Ho fatto
dire ad Elena tutti
quei “sì” che non gli autori di TVD non
le hanno fatto dire. Mi piace l’Elena
della serie tv (anche se non la vorrei con Damon), ma l’hanno
trasformata in “Miss
I Don’t Know” e comincia a diventare incoerente e
irritante. Che una buona
volta ammettesse i suoi sentimenti per entrambi e la finesse di
piangersi addosso!
Lasciamo
stare questo
sfogo e ritorniamo alla mia sfera di competenza =) I due vampiri stanno
mettendo alle strette la bionda, ma in modi diversi. So che alcune di
voi forse
si aspettavano una reazione di Stefan più forte, ma
personalmente non ce lo
vedo a perdere il controllo o a urlare contro Elena mandandola al quel
paese.
Ha chiarito il punto: non l’accetterà
più a meno che non farà una scelta
definitiva, ma la ama profondamente ed è pronto a concederle
tutto il tempo che
le serve.
Damon
invece si è stufato
di stare in disparte e non vuole attendere in eterno senza essere
nemmeno certo
che Elena rimarrà sua per sempre.
Non
se l’avete notato, ma
provate a confrontare ciò che ha detto a Bonnie nel capitolo
precedente (“Prenditi
il
tempo che ti serve. Ti ho già detto che ho
un’eternità per aspettarti”) e
quello che ha detto qui ad Elena (“Io
non sono Santo Stefan, non ti
aspetterò in eterno”), c’è
una gran bella differenza, eh?
Cominciano
ad emergere
strane sensazioni in questi due, cose che non dovrebbero sentire uno
per l’altra;
quanto ci metteranno a capire che forse c’è
qualcos’altro che li lega a parte
un passato insieme e un’amicizia altalenante.
Bonnie,
intanto, sta
guarendo: ha fatto pace con Elena e con Stefan e piano, piano sta
perdonando
Damon.
Ma
il vampiro sa di
dovere impegnarsi di più per stupirla. Che farà?
Prossimo
capitolo: un bel
dialogo Meredith- Caroline- Matt, il piano dei lupi mannari va in scena
e per
il resto un sacco di Damon- Bonnie!!!
Ringrazio
tantissimo
tutti voi che leggete, seguite e commentate! Come al solito mi riempite
di
gioia!
*Capezza:
La capezza è un
finimento utilizzato per
legare e per condurre a mano un animale. Definizione presa da Wikipedia.
**
Torcia Umana:
personaggio dei “Fantastici Quattro”.
***Stelena:
adoro
scherzava con queste cose degli ship! Scusate ma volevo metterlo da
tempo!
A
presto!
Fran
;)
|
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Capitolo 26 *** I still do care about you ***
Ashes &Wine
Capitolo ventisei: I
still do care about you.
“Lost and
insecure you found me, you found me
Lying on the floor surrounded, surrounded
Why'd you have
to wait? Where were you? Where were you?
Just a little late you found me, you found me”
(You found me- The Fray).
Aveva
fatto centro.
Era
ancora un po’ presto
per dirlo; forse prima sarebbero dovuti atterrare, ma Damon era sicuro
di aver
fatto centro.
Bonnie
accanto a lui
dormiva. Aveva passato le prime due ore a guardarsi intorno preoccupata
un po’
per il lungo volo, un po’ perché non capiva il
motivo di quel viaggio.
Damon
l’aveva tirata giù
dal letto notte e le aveva detto di mettere in valigia abbastanza
vestiti per
qualche giorno.
Poi
l’aveva portata in
aeroporto e si erano imbarcati su un volo per Edimburgo*. Bonnie aveva
provato a
protestare ma il vampiro aveva frenato ogni replica e con
un’occhiata l’aveva
convinta.
Damon
era grato che fosse
crollata dopo poche ore. Non avrebbe sopportato gli occhi indagatori
della
ragazza posati su di lui per capire che cosa avesse in mente.
In
realtà Bonnie non era
la sola ad essere agitata. Lo stesso Damon non aveva idea di come
sarebbe
andata a finire. Sperava di farla felice, lo desiderava davvero tanto,
ma per
quanto lo ritenesse un piano geniale, restava il timore di sconvolgerla
più del
necessario.
Aveva
sequestrato Alaric
per tre notti di fila e Meredith non gliel’aveva perdonato.
L’ultima notte si
era presentata al Pensionato per accettarsi che il suo ragazzo fosse
ancora
vivo.
Damon
si sarebbe risparmiato
volentieri le lamentele di Miss Inquietudine, ma Alaric era
l’unico che potesse
aiutarlo a districarsi nei meandri delle genealogia delle streghe
celtiche.
Quando
aveva iniziato le
sue ricerche, non sapeva nemmeno se ci fosse qualcosa da cercare. Alla
fine
aveva trovato un nome e da quel nome era risalito
all’indirizzo. Da lì era
stato facile accertarsi di aver intrapreso la strada giusta.
Si
girò un’altra volta
verso Bonnie, appisolata con la testa contro il finestrino e le gambe
rannicchiate contro il bracciolo del sedile.
Damon
si stupì di come riuscisse
a dormire in una posizione così scomoda; aveva a
disposizione una poltrona
allungabile, morbida e accogliente come un letto e lei se ne stava
raggomitolata come un gatto.
Invidiò
la facilità con
cui gli umani trovavano conforto nel riposo; per quante preoccupazioni
potessero avere, prima o poi dovevano crollare sfiniti.
Anche
i vampiri potevano
dormire, la maggior parte delle volte anche molto bene, ma capitava che
il peso
degli anni portati sulle spalle si facesse più soffocante ed
era difficile trovare
una via di fuga.
Damon
picchiettò le dita
sulle ginocchia, annoiato e bevve un sorso dello champagne che gli
avevano
offerto poco prima. Trattenne una smorfia. Che cosa serviva comprare un
biglietto in prima classe se non poteva nemmeno gustare del vino
decente!
Sbuffò
e allungò le
gambe. Non sapeva più come mettersi. Era stufo di stare
seduto, si sentiva
intorpidito.
Fece
vagare lo sguardo
sugli altri passeggeri; non erano molti in prima classe. Alcuni
sonnecchiavano,
altri cercavano di seguire un film. Nessuna distrazione disponibile.
Finché un
paio di tacchi non gli passarono davanti agli occhi, catturando la sua
attenzione. Si diede dello stupido da solo.
Hostess!
Ecco la parola magica.
La
donna fece una mezza
giravolta, chiamata da un passeggero che aveva il posto davanti al
vampiro e,
dopo aver soddisfatto la sua richiesta, non scordò di
lanciare una lunga,
maliziosa e provocante occhiata a Damon. Gli diede, poi, le spalle e
sparì
oltre le tende dell’ala riservata al personale di bordo.
Povere
donne. Tutte
indistintamente ammaliate dal suo fascino, speranzose di finire tra le
sue
braccia e convinte di aver vinto alla lotteria quando ricevevano le sue
attenzioni. Nemmeno gli serviva l’ipnosi per adescarle. Se
solo avessero saputo
a cosa stavano andando incontro.
Mors
tua vita mea. Ma
detto era stato più azzeccato.
Posò
il flute sul
tavolino e, dopo essersi accertato che Bonnie dormisse ancora,
seguì la
hostess.
Aveva
bisogno di un altro
tipo di drink.
Quando
riprese il suo
posto, la piccola rossa non si era ancora svegliata. Le labbra del
vampiro si
piegarono all’insù. Aveva tanto sonno arretrato la
sua streghetta e finalmente
aveva ottenuto la tranquillità per recuperare.
Tuttavia
fu costretto a
interrompere la sua pace quando arrivò il carrello con il
pranzo. La scosse
leggermente e lei brontolò, cacciando la testa sotto la
coperta.
Damon
alzò gli occhi al
cielo: certe abitudini non morivano mai.
“Bonnie”
la chiamò con
voce ferma “Non obbligarmi a strapparti via la
coperta”.
La
ragazza si girò di scatto
fulminandolo con gli occhi.
“E’
ora di pranzo” la
informò lui e prese il vassoio che la sua
hostess gli stava porgendo e lo passò a Bonnie
“Devi ancora riprendere il peso
che hai perso nel tuo periodo emo”.
Bonnie
piantò la
forchetta nella pasta “Scusa se non sono
un’insensibile con il cuore ghiacciato
come te” lo punzecchiò.
“Hai
sempre delle belle
parole per me” ironizzò il vampiro “E
vedi di finirle tutte” le intimò
indicando le penne al ragù che fumavano nel suo piatto.
Bonnie
ignorò il suo
commento e prese a mischiare la pasta con il parmigiano “Vuoi
un po’?” gli
offrì.
“No,
grazie” declinò lui
“Ho già mangiato”.
Il
tono con cui lo disse
allarmò Bonnie e si guardò intorno intercettando
lo sguardo appassionato che
una delle hostess stava riservando al vampiro.
“Damon!” lo ammonì
esterrefatta. Non
poteva averlo fatto. Non sull’aereo.
“E’
una vera fortuna che
la divisa delle hostess preveda un foulard intorno al collo, non trovi?
Direi
quasi provvidenziale” commento quanto mai adatto.
“Damon” ripeté Bonnie
come se stesse rimproverando un bambino.
“Che
c’è? Avevo sete!” si
giustificò “E’ ancora viva! Sono stati
solo un paio di sorsi; giusto per
togliermi dalla bocca il sapore di quel pessimo vino!”.
Bonnie
non seppe se
ridere o piangere, ma il sarcasmo di Damon le impedì di
mettere il broncio “Fa’
come ti pare, basta che lasci stare i piloti. Vorrei atterrare sana e
salva”.
“Io
non vado con gli
uomini!” sentenziò lui quasi con tono bigotto. Non
era abituato a mordere
individui di sesso maschile, a meno non fosse particolarmente in vena
di fare
stragi o non fosse molto assetato. Preferiva di gran lunga le donne: la
caccia
era una questione di seduzione, di complicità e di
coinvolgimento. Doveva
sentirsi in un certo modo in connessione
con la sua vittima perché lo scopo era trarne massimo
piacere e, quando era di
buon umore, anche donarlo.
“Anche
se questo aereo
dovesse cadere, ti salveresti lo stesso” la
tranquillizzò “Sono i vantaggi di
avere un accompagnatore immortale. Considerami la tua assicurazione
sulla la
vita”.
Bonnie
alzò un
sopracciglio per niente convinta “Curiosa definizione per uno
che di solito la
vita la toglie!” osservò.
“Nulla
da obiettare a
riguardo” fu la serafica replica di Damon.
La
ragazza prese un’altra
forchettata di penne, nascondendo un sorriso. Era da parecchio che non
riusciva
a scherzare con Damon in quella maniera. Le erano mancate le loro
battutine, le
era mancata la confidenza con cui erano soliti punzecchiarsi. Forse non
avrebbe
dovuto cedere così in fretta. I dubbi su Damon
c’erano ancora e niente poteva
cancellare ciò che aveva fatto. Non poteva, però,
portargli per sempre rancore;
anche lei avrebbe dovuto fare uno sforzo, avrebbe dovuto mantenere la
promessa
fattagli qualche tempo prima: cercare di capirlo.
Il
mondo dei vampiri
funzionava secondo regole totalmente diverse da quelle cui era
abituata. Non
era una scusante, Bonnie non avrebbe accettato e basta; non le
importava che la
loro concezione della vita si discostasse parecchio da quella delle
persone
normali. Non si sarebbe adeguata accondiscendente; ma lei e Damon
dovevano
trovare un punto di contatto, trovarsi a metà strada; una
sorta di compromesso.
E da quanto la giovane poteva constatare, il vampiro aveva
già compiuto molti
passi avanti; ora toccava a lei.
Si
perse nella visione di
un film; non era molto interessata soprattutto per via dello schermo un
po’
piccolo e degli auricolari che continuavano a saltarle via dalle
orecchie.
Probabilmente si abbioccò pure un paio di volte,
l’ultima proprio sul finale.
Venne destata dalla musica dei titoli di coda.
Si
stiracchiò il collo,
torcendolo alla sua sinistra e notò che il sedile di Damon
era vuoto. Bonnie
gelò. Dov’era finito?
Perlustrò
il corridoio di
prima classe ma non vi trovò traccia. Non poteva essere
andato in bagno; i
vampiri non avevano certi bisogni.
Si
diresse nella zona
riservata alle hostess per chiedere se qualcuno lo avesse visto e se si
potesse
chiamare all’auto parlante. Si fermò un attimo
prima di attraversare le tende
tirate. Un gemito.
Immediatamente
Bonnie
colse cosa stesse accadendo. La cosa più sensata sarebbe
stato tornare al
proprio posto e lasciare che Damon si nutrisse, ancora.
La
curiosità prese il
sopravvento. Inizialmente la ragazza pensò di interromperli
e salvare quella
povera donna dalle grinfie del vampiro. Una
volta, ok. Ma due erano troppe.
Quando,
però, scostò il
tessuto blu della tenda rimase incantata dalla scena che le si
presentò: la
donna era appoggiata al muro dietro di lei, la testa leggermente
inclinata, una
mano nei capelli di Damon, gli occhi chiusi e il labbro inferiore
serrato tra i
denti a trattenere i mugolii di piacere. Lui la teneva possessivamente
per la
vita mentre succhiava lentamente il suo sangue. Non era un gesto
brutale come
Bonnie se l’era sempre immaginato. Non poteva dire nemmeno
che fosse delicato o
gentile, ma comunque trasmetteva un qualcosa di allettante e
coinvolgente. Damon
si stava comportando da perfetto amante: non mancava di accarezzarle i
fianchi
o di muoversi sensualmente contro di lei, stuzzicando le voglie fisiche
della
donna. Era una vera scarica erotica.
Le
uniche volte che
Bonnie aveva rischiato di essere morsa, erano state terrificanti,
preludio di
qualcosa di orribile e assolutamente doloroso. Soprattutto quando i
canini di
Christopher le avevano sfiorato il collo, Bonnie si era figurata la sua
pelle
completamente squarciata, un male indescrivibile.
In
quel momento scopriva
che esisteva un altro modo di vivere quell’esperienza, un
modo che non sarebbe
stata restia a provare.
Era
quello che Elena
provava quando Stefan la mordeva? No, non poteva essere. Loro si
scambiavano il
sangue ed era una connessione immensamente superiore. Però
anche il godimento
mostrato da quella hostess non sembrava di poco conto.
Non
appena Damon si
staccò dalla sua gola, Bonnie si riscosse. Aveva visto il
vampiro tendersi,
segno che aveva percepito di non essere solo. La rossa mollò
d’istinto la tenda
che tornò a coprirli e corse al suo posto. Scappò
via perché non voleva vedere
il viso di Damon trasfigurato dai tratti vampireschi; quello non lo
avrebbe
proprio sopportato.
L’uomo
imprecò a bassa
voce scorgendola fuggire; l’ultima cosa di cui aveva bisogno,
era venire
beccato all’opera. Era certo di averla lasciata addormentata,
non aveva
previsto che sarebbe andata a cercarlo.
Si
ripulì la bocca,
cancellò la memoria alla donna e si precipitò ad
inseguirla.
“Bonnie
…” le disse
sedendosi sulla sua poltrona.
La
ragazza tenne lo
sguardo verso il finestrino.
“Bonnie
…” riprovò.
Lei
alzò la mano come per
liquidare il fatto “Non preoccuparti”
mormorò “E’ stata colpa mia”.
Ed era
vero! Se non si fosse impicciata.
Damon
temeva di averla
turbata, spaventata, ma non aveva idea di ciò che avesse
provocato nell’animo
della rossa.
Bonnie
era sì turbata, ma
non per il motivo presunto dal vampiro. Era rimasta scioccata da
ciò che aveva
provato: non disgusto o disprezzo, come avrebbe dovuto; solo una gran
voglia di
essere al posto della hostess.
Passarono
il resto del
viaggio in silenzio.
“Con
che coraggio si
fanno vedere in giro?” sbottò Caroline mentre il
suo sguardo lanciava dardi
infuocati verso Tyler e Layla seduti ad un tavolo poco distante.
“Perché
non dovrebbero?
Non hanno legami con nessuno, loro”
precisò Meredith calcando parecchio sull’ultima
parola. Caroline doveva
decidersi una volta per tutte a farsi da parte. Era talmente presa da
Tyler da
sembrava una fidanzata inacidita e gelosa del proprio ragazzo. Solo che
tale
ragazzo era Matt, non Tyler. E Matt era seduto in quel momento con
loro, con
un’espressione da funerale.
“Lo
sta palesemente
raggirando! Anche un idiota lo capirebbe” continuò
Caroline ignorando del tutto
il commento dell’amica.
“Forse
dovresti lasciarli
in pace” suggerì Matt con tono neutro, ma in
realtà stentava a trattenere lì
irritazione “Ti attirerai l’antipatia di Layla e
porterà solo guai considerando
cosa siete”.
“Adesso
è diventata Layla
anche per te?!” esclamò lei incredula.
“E’
il suo nome, come
dovrei chiamarla?”.
La
cagna. Pensò
malignamente Caroline ma si morse
la lingua per non fiatare.
“Voi
non sapete cosa mi
ha detto Tyler! Non sembrava nemmeno lui”.
“Lo
sappiamo” la corresse
Meredith “Avete urlato davanti a tutta la scuola”.
“Volevo
controllarlo e
non aiutarlo! Come ha potuto dire una cosa del genere?! Dopo che
è venuto da me
piangendo perché non sapeva come affrontare la
trasformazione” trillò Caroline
in un crescendo di rabbia “Ho quasi rischiato di morire per
aiutalo! Tu c’eri,
l’hai visto” puntò il dito verso Matt.
“Abbiamo
tutti rischiato
di morire” puntualizzò lui “E Tyler era
soltanto arrabbiato, sa benissimo che
il tuo scopo era solo aiutarlo. Adesso, però, gli do
ragione: stai cercando di
controllarlo”.
Meredith
chiuse
lentamente gli occhi; rassegnata ad un’imminente litigata.
Era chiaro che Matt
non fosse più disposto a sopportare.
Caroline,
d’altro canto,
spalancò gli occhi indignata e allibita. Ci mancò
poco che divenisse rossa come
un peperone e che le sue orecchie cominciassero a fumare.
“Non
lo sto controllando,
sto cercando di tenerlo lontano dai guai”.
“No,
Care, vuoi
controllarlo” ribadì Matt “Non ti fidi
di lui; credi che potrebbe passare dalla
loro parte. Ma sai una cosa? Se continuerai a comportarti
così, non farai altro
che spingerlo tra le sue braccia. E di sicuro questa
è una cosa che non
vuoi” ora il tono si era fatto molto più freddo.
Si
alzò e dopo aver
salutato Meredith se ne andò.
Lo
sguardo sbalordito di
Caroline lo seguì fino a quando non fu uscito dal Grill, poi
ritornò sull’amica
che la fissava con un sopracciglio alzato.
“Cosa
gli è preso?”
domandò Care.
“Dopo
tutti questi anni a
flirtare con i ragazzi dovresti essere più esperta in
materia” le fece notare
la mora.
“Ok,
Mere, se hai
intenzione di parlare per enigmi …”.
“Non
ci vuole Sherlock
Holmes per capire che Matt è geloso di te che sei gelosa di
Tyler”.
Caroline
si prese qualche
secondo per rielaborare le parole di Meredith. Sherlock Holmes o no,
quello che
aveva appena ascoltato era fuori da ogni logica.
Matt
non poteva essere
geloso per via di Tyler, perché lei non era gelosa di Tyler.
Ragionamento
semplice e lineare, senza rischi di fraintendimenti.
“E’
impossibile”
sentenziò “Non ne avrebbe motivi”.
“Davvero?”
la punzecchiò
Meredith “Perché a me sembra proprio che tu non
possa sopportare quella Layla
vicino a Tyler”.
“Infatti
non la
sopporto!” confermò Caroline con enfasi
“Lo sta manovrando a suo piacimento,
ecco perché non mi piace”.
“Mmm”
Meredith mugugnò
qualcosa poco convinta.
“Matt
non penserebbe mai
una cosa simile!” s’intestardì la
ragazza “Abbiamo già affrontato questo
argomento e ho messo in chiaro che per me esiste solo lui”.
“Forse
dovresti
ripeterglielo allora” le consigliò Meredith
“E fallo il prima possibile prima
che Matt si stufi e ti sbatta la porta in faccia”.
“Adesso
sei ingiusta” si
lamentò l’altra “E cattiva”.
“Sono
sincera” replicò
semplicemente Meredith “Matt è rimasto
già scottato da Elena e non ha bisogno
di trovarsi ancora in una storia complicata. L’hai sognato
per una vita, perché
non riesci a stare con lui senza pensare agli altri?”.
“Ora
mi stai dipingendo
come una poco di buono” fu la risposta “E non penso
a nessun altro. Tyler è
solo un amico”.
“Io
ti credo” le assicurò
Meredith “Ma immaginati la situazione a parti invertite: come
ti sentiresti se
Matt continuasse a parlare di Elena e a preoccuparsi per tutto il suo
coinvolgimento nelle faccende dei vampiri?”.
Caroline
si zittì di
colpo. Si sarebbe sentita da schifo, si sarebbe sentita ancora la
seconda
scelta e soprattutto non sarebbe stata sicura dell’amore di
Matt.
Il
suo cruccio
s’intensificò quando si accorse di non avergli mai
detto quelle famose due
parole. Perché? Davvero nel profondo pensava a qualcuno che
non fosse lui? No,
impossibile. C’era solo Matt nel suo cuore, di ciò
era certa.
“Io
non parlo sempre di
Tyler” disse un po’ stupidamente “O
sì?”.
“Care
sei ossessionata da
lui e Layla insieme. È il tuo unico argomento di
conversazione. Per colpa tua
avete pure litigato”.
“Non
mi piace Tyler, non
in quel senso” specificò Caroline “Mi ci
sono affezionata e non voglio che gli
capiti niente di male. Da quando è arrivata quella
lì, lo vedo cambiato e
vorrei solo capire che cosa gli sta succedendo”
spiegò “Ma sono innamorata di
Matt”.
“Allora
faresti meglio a
dirglielo”.
Bonnie
fu veramente grata
di rimettere piede sulla terra dopo dieci ore di volo. Dieci ore di
volo
soffocanti.
Damon
non aveva fatto
altri spuntini durante il viaggio e aveva tenuto gli occhi ben puntati
sui suoi
piedi per evitare d’incrociare gli sguardi invitanti delle
hostess e di cadere
nuovamente in tentazione.
Non
aveva avuto alcuna
intenzione di inquietare Bonnie, anzi la sua intenzione era stata
proprio
quella di evitare incidenti successivamente. Erano diretti in un luogo
lontano
dai centri abitati, dove al massimo avrebbe potuto incontrare qualche
pecora e,
dato che si rifiutava categoricamente di seguire la dieta Stefan, aveva
provveduto a nutrirsi sufficientemente.
Non
credeva davvero che
Bonnie sarebbe spuntata proprio nel mezzo della sua caccia. Quello era
il
genere d’impulsività che in futuro avrebbe dovuto
imparare a controllare. Non
solo per la rossa, ma anche per Elena.
Se
avesse ottenuto
finalmente la possibilità di stare con la sua principessa,
avrebbe dovuto fare
attenzione a non rovinare tutto.
Elena
non avrebbe certo
approvato i suoi metodi, non avrebbe accettato di buon grado di
condividere la
vita con chi si faceva beccare a compiere un gesto così
sconsiderato. Non si
sarebbe accontentata di uno qualsiasi. Lei voleva l’uomo
migliore.
Osservò
Bonnie, che se ne
stava davanti al rullo in attesa dei bagagli. Osservò come i
suoi capelli rossi
contrastassero con l’azzurro chiaro della camicia che
portava. Osservò come
piano, piano stesse ritornando a riempire i Jeans che fino a una
settimana
prima le stavano tremendamente larghi. La osservò mettersi
in punta di piedi
per avere una migliore visuale. La osservò e basta.
Da
qualche tempo aveva
scoperto quanto fosse piacevole studiarla. In tutti quegli anni gli
erano
sfuggiti un sacco di dettagli: si mordeva le pellicine e non le unghie,
stava
spesso con la mano destra in tasca, ogni due secondi spostava i capelli
di
lato. Cose irrilevanti, semplici gesti ripetuti, ma Damon ne era
rimasto lo
stesso affascinato. Aveva avuto quella piccola pulce in casa per anni
eppure
non l’aveva mai conosciuta fino in fondo.
Certo,
poteva con una
certa sicurezza arrogarsi il merito di essere l’unico a
capirla veramente, ma
ormai non gli bastava più. Voleva sapere ogni singola cosa
riguardo Bonnie,
ogni aspetto e non si sarebbe mai stancato. Perché, per
quanto potesse sembrare
assurdo, quella ragazzina aveva ben poco di ordinario.
Damon
soffocò una risata
quando la vide cercare di prendere una delle valigie. Solo una testa
cocciuta
come la sua avrebbe potuto pretendere di sollevare un trolley
più pesante di
lei.
Bonnie
posò a fatica il
bagaglio a terra e si allungò per afferrare
l’altro, ma una mano s’intromise
nel processo. Si voltò trovandosi di fianco Damon che senza
sforzi tirò giù
anche l’altra valigia. Le scoccò
un’occhiata tronfia poi, con un trolley per
mano, prese a trascinarli verso l’uscita, facendo cenno alla
giovane di
seguirlo. Che fosse stato un vampiro o no, rimaneva comunque
l’uomo e un po’ di
galanteria non guastava mai. Non avrebbe mai fatto portare ad una
ragazza
(specialmente mingherlina come Bonnie) le valigie.
Una
volta fuori
dall’aeroporto di affrettò a fermare un taxi e a
consegnare i bagagli
all’autista perché li caricasse.
A
quel punto Bonnie,
però, si rifiutò di salire “Mi hai
tirata giù dal letto a notte fonda, mi hai
detto di preparare una valigia, mi hai fatta salire su un volo per
Edimburgo e
io ho accettato, ma non muoverò un altro passo se non mi
dici dove stiamo
andando”.
“Possiamo
parlarne quando
saremo arrivati?” propose Damon aprendo la portiera.
“No,
adesso”.
Come
faceva uno
scricciolo alto a stento un metro e sessanta ad essere così
autoritario?
Damon
chiese al tassista
di aspettarli in macchina e si rivolse a Bonnie. Avrebbe voluto
dirglielo in un
momento più opportuno ma non aveva scelta “Ho
fatto delle ricerche sulla tua
vera famiglia. Non è stata tutta sterminata la notte in cui
ti trovai. Il tuo
cognome è McCullough e hai ancora una nonna che abita qui,
ad Edimburgo”.
Per
Bonnie ogni parola fu
un colpo e sulle prime non seppe se voler abbracciare Damon o
ucciderlo.
Prevalse la seconda.
“E
tu mi hai portato qui
senza dirmelo?!”
esclamò socchiudendo
gli occhi.
“Mi
avresti seguito se ti
avessi detto dove stavamo andando?”.
“Certo
che no!” Bonnie
confermò tutti i suoi sospetti “Tu sei pazzo! Io
non sono pronta a incontrare
mia nonna. Mia nonna”
ripeté
incredula “Nemmeno sapevo di avere una nonna fino a cinque
minuti fa. Quando me
lo avresti detto, davanti a casa sua?”.
“L’idea
era quella di
metterti davanti al fatto compiuto” ammise il vampiro.
“Non
salirò su quel taxi”
si oppose lei, dandogli le spalle e iniziando a camminare verso
l’aeroporto di
nuovo.
“Sissi!”
la richiamò
Damon bloccandole la strada “Non sarai mai pronta per una
cosa del genere. Se
te l’avessi detto, avresti continuato a rimandare e alla fine
ti saresti
rifiutata!”.
“Infatti
è proprio quello
che ho in programma di fare”
s’intestardì lei “E’ troppo
per me, Damon. Non
saprei neanche come comportarmi … io … io
…” cominciò ad annaspare in cerca
delle parole.
“Ehi,
coraggio, respira”
la calmò Damon mettendole le mani sulle spalle
“Respira”.
Bonnie
abbassò il capo
mortificata e temette che da un momento all’altro le sarebbe
venuto un attacco
di panico.
“Nessuno
ti obbliga a
farlo, Sissi” mormorò lui “Ma penso che
sarebbe solo un bene. Dovresti fare un
tentativo. Non so quando ti ricapiterà
l’occasione” con tutto quello che stava
accadendo tra Klaus e i lupi mannari, Damon sospettava davvero che non
avrebbe
più avuto modo di ritrovare i suoi cari.
“Perché
lo stai facendo?”
gli domandò Bonnie.
“Perché
ti ho tolto
l’ultimo membro della famiglia che ti fosse
rimasto” rispose Damon senza esitare
“E sto cercando di rimediare a quel vuoto”.
Non
poteva riportare in
vita Zach, ma poteva dare a Bonnie la possibilità di
ritrovare una parte della
sua famiglia. Aveva agito in quel modo così impulsivo e
fulmineo proprio per
non darle possibilità di sottrarsi. Forse era stata
l’ennesima mossa stupida,
ma sinceramente non vedeva altra maniera.
Lo
sguardo della rossa si
addolcì. Capiva che Damon fosse piuttosto impacciato nelle
questioni emotive ed
evidentemente aveva fatto del suo meglio.
Una
nonna. Pensò
con un moto di tenerezza. Ho una nonna. E
per quanto la cosa la
spaventasse a morte, tuttavia il suo cuore si riempì di
gioia.
Cedette
alla richiesta di
Damon e s’infilò con lui sul taxi.
Non
si rese conto di
quanto l’avesse scioccata quella notizia fino a quando non si
trovarono di
fronte alla casa.
Era
situata parecchi
chilometri fuori Edimburgo, totalmente immersa nella campagna. Damon
immaginò
che per una strega celtica il contatto con la natura fosse fondamentale.
Bonnie,
d’altro canto,
aveva speso molto meno tempo ad ammirare il panorama. Teneva lo sguardo
fisso
sulla villetta, titubante. Aveva le mani sudate e il respiro corto. Il
suo
cuore batteva così forte che le parve di averlo in gola.
Non
poteva farlo. Non
poteva farlo.
Due
mesi prima era convinta
che Zach fosse suo fratello, che fosse vivo, che Damon e Stefan fossero
i suoi
zii naturali e che i vampiri esistessero solo nei libri. Poi tutto era
stato
smentito, ribaltato. La sua vita era cambiata. Aveva scoperto di essere
stata
adottata, di essere una strega speciale e che un vampiro aveva ucciso
tutta la
sua famiglia. Ed ora veniva pure a sapere di avere una nonna.
Una
nonna che abitava in
quella casa bianca che si stagliava di fronte a lei e da cui non poteva
più
scappare.
Era
troppo. Troppo da sopportare.
Troppo da gestire.
Cosa
sarebbe successo una
volta che avesse bussato alla porta? E se non l’avesse
riconosciuta? O peggio
se non l’avesse accettata? Bonnie non poteva permettersi un
altro rifiuto.
Scosse
la testa e fece
qualche passo indietro. La sua schiena si andò a scontrare
con un petto
immobile e duro come la pietra.
“Non
ci provare neppure”
le soffiò Damon nell’orecchio
“Fifona”.
Bonnie
fece una giravolta
“Per favore” lo supplicò “Non
ci riesco. Portami via”. Forse lo avrebbe anche
convinto, ma la porta di casa si aprì alle sue spalle e una
voce piuttosto
emozionata pronunciò il suo nome
“Bonnie”.
Gli
occhi imploranti
della ragazza non lasciarono quelli del vampiro che per un attimo
pensò davvero
di aver fatto un’altra cazzata.
Grazie
a Dio, Bonnie si
decise a voltarsi per affrontare sua nonna, in piedi sulla soglia ad
aspettarla.
Ci
furono istanti di
silenzio, in cui nessuno dei tre ebbe il coraggio di proferire parola.
Fu
proprio l’anziana donna a togliere tutti
dall’imbarazzo.
“Ti
sembrerò una totale
sconosciuta” le disse “Non avevi nemmeno un anno
l’ultima volta che ti ho
tenuto in braccio; non puoi ricordarti di me”.
In
realtà il suo volto
non risultava completamente estraneo alla ragazza. Le parve di averlo
già visto
come in un fotogramma. La sua memoria non riuscì a risalire
a niente di
definito, i contorni dei suoi ricordi erano molto sfumati,
però quel viso …
quel viso le risultava famigliare.
“Non
stati lì fuori, si
sta facendo buio. Entrate” li invitò la donna e
fece loro strada verso il
salone “Immagino che vorrete riprendervi dal fuso orario. Vi
mostro le vostre
camere, così potrete rinfrescarvi … voglio dire
…” si accorse solo allora di
aver fatto il passo più lungo della gamba “Vi
fermate qui a dormire?”.
Bonnie
gelò sul posto e
guardò Damon in cerca di aiuto. Non era certa di voler
rimanere in quella casa.
Stava accadendo tutto troppo in fretta.
“E’
la rossa che decide”
rispose il vampiro. Le aveva già fatto troppa pressione per
obbligarla a
passare la notte nella stessa casa in cui una volta aveva vissuto sua
madre.
Voleva farle sapere che sarebbe bastata una sola parola e lui
l’avrebbe
riportata a Fell’s Church. Sperava, però, che la
ragazza scegliesse
diversamente, perché l’avrebbe aiutata
più di quanto s’immaginava.
Bonnie
riportò
l’attenzione sull’anziana che poi tanto vecchia non
sembrava; probabilmente
grazie a qualche incantesimo: il suo sguardo era fiducioso e pieno di
affetto.
Era facile capire che avere lì la nipote fosse il regalo
più bello che avesse
ricevuto in tanto tempo.
Bonnie
non ebbe il cuore
di deludere le sue aspettative; così accolse la sua proposta
con un sorriso un
po’ forzato e si lasciò accompagnare verso la sua
camera. Declinò, però,
l’invito di scendere a cena: aveva bisogno di stare da sola e
le si era chiuso
lo stomaco.
Disse
alla donna che si
sarebbero viste la mattina dopo. La notizia rattristì la
nonna ma cercò di non
darlo a vedere. La salutò gentilmente e la lasciò
sola.
“Stai
bene?” domandò
Damon appoggiandosi allo stipite della porta.
Bonnie
continuò a
guardare la finestra e annuì poco convinta “Non so
neanche il suo
nome”.
“Come?”.
“Non
so come si chiami
mia nonna”.
“Sheila**”
disse Damon
“Il suo nome è Sheila”
tentennò ancora qualche istante sulla porta e poi le
diede la buona notte “Se hai bisogno di me, sono in fondo al
corridoio. Credo
che tua nonna non si fidasse a darci le camere vicine. Le solite
paranoie di
voi streghe” si lamentò.
Bonnie
ridacchiò e
aspettò che se ne fosse andato prima di chiudere la porta e
spogliarsi. Si
buttò sotto la doccia, si mise il pigiama e si
lasciò sprofondare sul
materasso. Come c’era da immaginarsi, il sonno non
arrivò subito, anche se
fisicamente si sentiva distrutta.
Sapeva
di non poterla più
scampare: il giorno dopo avrebbe dovuto affrontare sua nonna e tutto
ciò che ne
sarebbe conseguito.
Era
contenta di averla
trovata? Sì, ma anche spaventata. Le sembrava tutto
così surreale, così
tremendamente da soup opera. Avrebbero potuto scrivere un libro sula
sua vita e
farci anche un film o forse sarebbe stata meglio una telenovela. Molti
colpi di
scena, momenti strappa- lacrime, un pizzico di sovrannaturale. Avrebbe
fatto
invidia agli show più famosi sui vampiri.
Ma
non si trattava più di
vampiri; si trattava di lei che si era appena ricongiunta con un membro
della
sua vera famiglia.
Non
si era mai chiesta se
qualcuno dei suoi parenti fosse ancora vivo, non ci aveva proprio dato
peso. Non
poteva dare tutta la colpa alle disgrazie che le erano capitate dopo
aver
scoperto la verità; lei stessa infatti non ci aveva mai
pensato. Forse perché
aveva paura che chiedendo e cercando, tutto sarebbe improvvisamente
divenuto
reale e avrebbe spazzato via gli anni passati a credere di essere una
Salvatore.
Le
era piaciuto far parte
di quella famiglia: aveva avuto dei bravi genitori e un fratello
adorabile che
non avrebbe scambiato per niente al mondo. Non aveva sentito la
necessità di crearsi una
nuova famiglia … perché non
voleva che sostituisse quella vecchia.
Tutte
scuse, tutte
esitazioni e dubbi che avevano solo il risultato di ritardare il
confronto con
la realtà delle cose: Bonnie non era una Salvatore. O meglio
quello costituiva
solo una parte di lei; i McCulluogh completavano l’equazione.
Bonnie
era il frutto di
due famiglie. Sapeva perfettamente ricondurre le sue radici
nell’albero dei
Salvatore, ma quanto aveva anche dei McCuclluogh?
La
magia proveniva da
loro, quella magia che ormai riconosceva come sua
e di nessun altro. Le appariva difficile immaginare se stessa
senza.
Damon
aveva ragione:
conoscere sua nonna era solo un bene. Magari tutto le sarebbe parso
più chiaro,
magari avrebbe trovato il pezzo mancante che finalmente
l’avrebbe aiutata a
superare il passato.
E
con quell’ultimo
pensiero la stanchezza la colse.
Si
risvegliò la mattina
dopo, tardi. Quasi all’una. Si stupì di aver
finalmente potuto godere di un
sonno tranquillo senza sogni. Si lavò e vestì in
fretta e scese pronta per
parlare finalmente con sua nonna.
Sheila
era in cucina e
stava ritirando le ultime stoviglie che aveva usato per il pranzo.
Quando la vide,
il suo volto s’illuminò
“Buongiorno!!”.
“
‘Giorno” rispose la
ragazza “Damon?”.
“E’
andato a fare un giro
… spero che non uccida nessuna delle mie pecore”
guardò fuori dalla finestra un
po’ preoccupata.
“Oh
no, non è Stefan” la
battuta le venne spontanea ma la donna non poté afferrarla.
“Hai
fame? Posso farti
quello che vuoi!”.
“Mi
bastano un po’ di tè
e dei biscotti”.
“No,
signorina!” replicò
la donna con un trillo “Il tuo vampiro mi ha dato precise
indicazioni di farti
mangiare e non posso dargli torto. Sei troppo sottile!”.
Bonnie
si chiese perché
tutto volessero farla passare per l’anoressica di turno. Era
ancora scossa dal
viaggio e da quella novità e non aveva molta fame. Tutto
lì. Comunque si arrese
alle cure di Sheila che si mise a preparare una colazione inglese con i
fiocchi.
“D’altronde
penso sia la
tua costituzione. Anche tua madre era un grissino”.
L’attenzione
di Bonnie si
risvegliò dopo quel commento su sua madre. Sheila parve
accorgersene “Puoi
giurarci, bambina” rise “E avete anche gli stessi
occhi, anche se i tuoi sono
un po’ più grandi”.
“Non
ho visto sue foto in
giro …”.
“Le
ho messe via dopo …
l’incidente. Faceva troppo male vederla bloccata dietro una
lastra di vetro”.
“Come
si chiamava?” era
così strano parlare della donna che l’aveva messa
al mondo e non sapere nemmeno
il suo nome.
“Gwen,
è celtico.
Significa luminosa. E tuo padre Percy”.
“Avete
vissuto sempre
qui?”.
“Sì,
la tua camera era la
sua e quello che ho dato a Damon è di tuo zio”.
“Ho
uno zio?” Bonnie
strabuzzò gli occhi.
Sheila
annuì mentre
metteva su un piatto il bacon e due uova strapazzate, accompagnate da
pane
tostato “Vive con la sua famiglia in Svizzera. Non sapevo se
avvertirlo, ma ho
ritenuto che fosse meglio aspettare. Credevo non avessi voglia di avere
troppa
gente intorno”.
“Hai
fatto bene” la
rassicurò Bonnie assaggiando il cibo “E come mai i
miei genitori hanno deciso
di trasferirsi a Fell’s Church?”.
“Tua
madre ha conosciuto
tuo padre mentre frequentavano l’università. Si
sono sposati molto giovani, poi
lui ha ottenuto un lavoro a Fell’s Church”.
Per
alcuni minuti l’unico
rumore fu il tintinnio della forchetta sul piatto. Erano entrambe in
imbarazzo
perché sapeva dove le avrebbe condotte quella conversazione
ma nessuna della
sue voleva essere la prima a parlarne.
Oltre
ogni aspettativa,
fu proprio Bonnie che toccò quell’argomento
scottante “Perché non mi hai mai
cercato?”.
“Io
ti ho cercato,
bambina” disse subito la donna “Non hai nemmeno
idea di quanto io ti abbia
cercata, ma a quanto pare il tuo vampiro ha fatto un ottimo lavoro a
nasconderti. Stento ancora a credere che tua madre abbia affidato la
tua vita
ad uno di loro”.
“Damon
non è uno di
loro” le venne istintivo
difenderlo. Non le piaceva che fosse confuso con la marmaglia di
vampiri che
popolavano il mondo. Damon aveva tanti difetti ma aveva anche
dimostrato di
poter diventare migliore.
“Mi
dispiace, non voglio
giudicare” si scusò sinceramente Sheila
“Dopo quello che è successo a Gwen non
riesco a essere molto obiettiva”.
“Perché
è stata uccisa?
Perché sono stati tutti uccisi?”.
“Tu
sei speciale, Bonnie.
Non sei una semplice strega, ma hai un Potere immenso e molto raro e
chiunque
sarebbe praticamente invincibile se ti avesse dalla propria parte.
Molti ti
vorrebbero con loro”.
“Ma
qualcuno è arrivato
prima degli altri” proseguì Bonnie per lei.
“Tua
madre non aveva mai
creduto molto nella magia, cercava d’ignorarla, voleva essere
come tutti gli
altri, ma io avevo insistito per insegnargliela. Non la praticava molto
spesso
però sapeva riconoscerla e percepì subito il tuo
Potere durante la gravidanza.
Quando tuo padre le propose di trasferirsi in un paesino nella
Virginia, lei
accettò subito perché pensava che fosse
più sicuro, pensava di poterti
nascondere. Facemmo costruire una stanza segreta sulla fondamenta della
vecchia
casa per precauzione, in caso ci fosse stato bisogno di ulteriore
protezione
per tutti voi” spiegò la donna “Suppongo
che quella notte ci sia stato il tempo
di nascondere solo te, suppongo che tua madre sia tornata dalla sua
famiglia
per cercare di difenderla. Non posso essere sicura di come siano andate
le
cose, posso solamente fare ipotesi. Ho preso il primo volo per Richmond
e mi
sono precipitata in quella casa, in
quella stanza convinta di trovarti ma tu non
c’eri” raccontò con un moto di
commozione “Piansi perché vi avevo persi tutti. Se
non vi avessi lasciati
partire, forse avrei potuto fare qualcosa, ma avevo fallito; ero una
madre che
non era stata capace di proteggere la propria figlia. Per anni ho
creduto che
foste tutti morti, poi ho avuto una visione: una bambina di cinque anni
al
massimo, con i capelli rossi. Ti ho riconosciuta subito; non so nemmeno
io
come, non ti vedevo da quando eri una neonata, ma certe cose una nonna
le
sente. E ho cominciato a cercarti senza fortuna, finché non
ho ricevuto una
telefonata da Damon”.
Bonnie
ascoltò ogni
singola parola e solo alla fine si accorse di avere gli occhi lucidi.
Divisa
tra il senso di colpa per aver
attirato
il male contro la sua famiglia e la rabbia verso l’essere che
aveva causato
così tanto dolore.
“Io
… ho scoperto da poco
la verità” sentì quasi il bisogno di
giustificarsi per avere aspettato così
tanto a farle visita.
“Damon
mi ha spiegato
tutto. Non sono una grande fan dei succhia sangue ma devo ammettere che
il tuo
vampiro ti ha protetta nel modo migliore”.
Perché
continua a chiamarlo il mio
vampiro? Si
accigliò Bonnie. Non
era abituata a considerare Damon suo; le pareva troppo romantico e
totalmente
fuori luogo considerata la loro strana relazione.
“Posso
vedere delle
foto?” chiese lei incerta. Non desiderava turbare la nonna
più di quanto già
non fosse, però aveva davvero voglia di vedere il volto di
sua madre, di suo
padre e delle sue sorelle. Non le piaceva l’idea di piangere
per persone
invisibili, era stufa di immaginarsele e basta, le serviva qualche
prova della
loro esistenza. E allora, forse, sarebbe stata in grado di accettare le
sue
vere origini.
“Ho
un album in camera
mia” asserì Sheila “Te lo posso
portare”.
“Grazie”
sorrise Bonnie.
“C’è
qualcuno che ti sta
insegnando come gestire i tuoi Poteri?”.
“Oh
sì!” rispose Damon
apparendo improvvisamente in cucina facendo sobbalzare dallo spavento
la nonna
di Bonnie. La ragazza non si scompose; ormai ci aveva fatto
l’abitudine. “Ci
sta pensando la Grimilde*** di Fell’s Church, vero
Sissi?” la canzonò “Racconta
alla tua nonnina di come sei brava con l’incantesimo friggiamo il cervello di Damon”
la incitò ironicamente.
“Hai
imparato a produrre
un aneurisma?!” esclamò sbalordita Sheila
“E l’hai usato su di lui?”
indicò il
vampiro. “Sei proprio mia nipote!”.
E
alla faccia offesa, per
nulla divertita, di Damon, Bonnie non poté fare a meno di
scoppiare a ridere.
Aprì
gli occhi a fatica. Li
sentiva stanchi e, seppur le palpebre fossero alzate, continuava a
vedere nero.
Le
ci volle qualche
secondo per capire che non dipendeva da lei, ma dalla stanza immersa
nel buio.
Bonnie si tirò seduta lentamente, usando le mani per tastare
il pavimento in
cerca di qualcosa che le potesse dire dove si trovasse.
Si
mise in piedi e provò
a scorgere qualcosa nell’oscurità ma ogni
tentativo fu vano. In quel momento la
supervista avrebbe fatto davvero comodo.
Un
urlo agghiacciante la immobilizzò
sul posto e lei alzò d’istinto gli occhi verso il
soffitto da qui provenivano
le grida.
Sebbene
il suo buon senso
le suggerisse di fare il contrario, Bonnie iniziò a muoversi
per la stanza,
strisciando principalmente lungo il muro, per cercare qualcosa che
prima di
tutto le permettesse di uscire da quel posto e secondo che le facesse
raggiungere il piano superiore.
Trovò
infine quella che
sembrava una scala di ferro e cominciò a salire i gradini,
tenendo le mani
sulla propria testa in attesa di entrare in contatto con una porta o
una
botola. Quando toccò la superficie dura di legno, spinse
leggermente e
finalmente un raggio di luce la illuminò.
Il
suo capo fuoriuscì con
estrema cautela dalla botola per valutare la situazione. Era finita in
un
salotto e a prima vista appariva deserto.
Poteva
ancora sentire le
grida di paura e disperazione provenire dall’altro lato della
parete,
probabilmente l’ingresso.
Bonnie
richiuse la botola
sotto di sé e si guardò intorno, pensando ad un
piano per aiutare chiunque
fosse in pericolo, senza farsi scoprire.
Ma
tutti i suoi buoni
propositi svanirono non appena si accorse di non essere sola nella
stanza:
seduta sul divano, stava una bambina con i capelli rossi e gli occhi
chiari.
Non dava segni di averla vista; anzi, benché il suo sguardo
puntasse dritto
verso di lei, sembrava trapassarla, troppo concentrato sulla porta
socchiusa.
Quella bambina doveva essere davvero impaurita per via delle continue
urla.
Sapeva
che stava
succedendo qualcosa di brutto ai suoi genitori, ma aveva troppo timore
per
andare a vedere che cosa stava succedendo.
Bonnie
provò a parlarle,
ad attirare la sua attenzione ma non servì a nulla. Pareva
invisibile. E solo
allora capì di essere in un sogno. No, in un incubo. Stava
rivivendo lo
sterminio della sua famiglia.
Tutto
combaciava: la
botola in cui era stata nascosta, quella bambina (sua
sorella) che le assomigliava così tanto. Si
girò con estenuante
lentezza verso il punto da cui arrivavano le grida: oltre quella porta
stava
avvenendo lo scempio che l’avrebbe resa orfana, oltre quella
porta un vampiro
stava uccidendo la sua mamma.
Aveva
il coraggio di
attraversare la soglia e vedere in faccia il bastardo che le stava
rovinando la
vita? Che stava stroncando una famiglia intera?
No,
ma sarebbe andata lo
stesso. Voleva scoprire il colpevole. Era come se i suoi Poteri le
stessero
dando la possibilità di rivivere quel momento per vendicarsi.
Si
diresse verso la porta
e l’aprì rivelando l’ingresso: una donna
era a terra con una ferita sul collo.
C’era una figura, ma Bonnie non fece nemmeno in tempo a
posarci sopra gli
occhi, perché essa scattò come una furia verso di
lei, sbattendola indietro, di
nuovo in salotto, e gettandosi sull’ultima bambina rimasta.
La
sentì urlare per mezzo
secondo prima che fosse completamente prosciugata. Quando Bonnie si
voltò, il
vampiro era sparito e aveva lasciato sua sorella stesa scompostamente
sul
divano.
Bonnie
si precipitò verso
di lei, incespicando sui suoi stessi piedi.
Non
sapeva come
comportarsi; avrebbe voluto abbracciarla, ma aveva paura di spezzarla
in due;
era talmente piccola.
“Mary”
sussurrò
accarezzandole i capelli, mentre due grosse lacrime le scendevano sulle
guance.
Aveva capito subito che si trattava di Mary, era stato come un istinto.
Incominciò
a piangere,
sentì il cuore accartocciarsi. Non le importava dove fosse
finito l’autore di
tutto ciò, probabilmente in qualche parte della casa a
cercarla invano. La sua
famiglia si era sacrificata per proteggerla da quell’essere
orribile; tutta la sua famiglia e
Bonnie non poté
fare a meno di ritenersi in parte responsabile.
Voleva
che quell’incubo
finisse, voleva tornare alla realtà, in Scozia, dove le era
rimasta ancora una
parente, voleva porre fine a quella tortura, ma non riusciva. Chiudeva
gli
occhi sperando di svegliarsi, eppure ogni volta si ritrovava di nuovo
in quel
salotto, con sua sorella davanti.
Improvvisamente
le mani di
qualcuno la presero per le spalle e la inchiodarono al muro. Bonnie
gemette per
la botta alla schiena.
“Ti
hanno nascosta per
bene” le sibilò una voce.
Bonnie
cercò di
distinguere il volto dell’uomo di fronte a lei, ma non ci
riuscì. Aveva la
vista appannata e stanca e non poteva mettere a fuoco.
“Sai
che prima o poi ti
troverò, vero?” continuò a minacciarla
“Verrò a prenderti e non potrai fare
niente per impedirlo. Se mi combatterai, ucciderò tutti
quelli cui tieni. L’ho
già fatto una volta”.
Bonnie
rabbrividì e
deglutì sentendo la gola secca per il pianto.
Le
dita del vampiro
serpeggiarono fino al suo collo e la schiacciarono ancora
più contro il muro
“Ho aspettato per quasi vent’anni … non
hai idea di quanto sono impaziente di
averti” e poi incominciò a stringere.
Bonnie
cercò di togliere
le mani dal suo collo ma la presa era troppo forte. Annaspò
e le lacrime
riscesero copiose. La stava strozzando; le mancava l’aria sul
serio e per un
momento credette che sarebbe morta in un sogno.
Iniziò,
per quello che
poteva, a dimenarsi.
“Oh,
Bonnie” la canzonò
quello.
Le
sfuggì un singhiozzo;
l’ultimo perché non aveva più fiato
nemmeno per lamentarsi.
“Bonnie”.
Chiuse
gli occhi
rassegnata.
“Dannazione!
Svegliati!”.
Aprì
gli occhi di scatto
e la prima cosa che fece fu tirare un grandissimo respiro per riempire
i
polmoni di aria.
Era
ritornata nel letto
su cui si era addormentata. Finalmente quell’incubo era
terminato, ma il suo
petto si alzava e abbassava ancora affannosamente.
Si
rese conto di avere la
braccia alzate e i polsi imprigionati tra le mani di qualcuno. Mise a
fuoco,
per quanto potesse in quel buio, e riconobbe Damon.
L’aveva
sentita agitarsi
e l’aveva trovata che si rigirava e respirava a fatica,
muovendo freneticamente
le braccia come a scacciare qualcosa.
Aveva
provato a
svegliarla gentilmente, ma era stato inutile. Allora le aveva afferrato
i polsi
ed era salito a cavalcioni su di lei per impedirle di muoversi
ulteriormente e
farsi male. Poi aveva imprecato.
Poco
signorile, ma almeno
aveva funzionato.
“Ancora
i mostri, Sissi?”
le chiese scherzando senza avere idea di cosa avesse effettivamente
sognato.
“E’
stato orribile”
mormorò Bonnie con voce così flebile che se il
vampiro non avesse visto
muoversi le labbra, avrebbe creduto di esserselo immaginato
“E’ colpa mia”.
Delicatamente
le lasciò
le braccia e si abbassò di poco per asciugarle le lacrime
“Cosa hai visto?”.
“L-
la notte in cui è
stata uccisa la mia famiglia e poi quel vampiro è rimasto e
… e … non riuscivo
a respirare” frasi sconclusionate insieme al fiato corto. Era
difficile capire
che cosa stesse tentando di dire, ma Damon lo afferrò.
Le
sfiorò delicatamente
il collo come per assicurarsi che non ci fossero dei segni.
“Perché
non sei arrivato
prima?” chiese Bonnie in un sussurro.
Il
cipiglio segnò il
volto di Damon incerto su cosa intendesse la ragazza. Si riferiva in
particolare al sogno, a come avrebbe potuto svegliarla prima, oppure a
quella
notte?
Nel
secondo caso Damon,
pur rendendosi conto di risultare estremamente egoista, si ritenne
felice di
non essere arrivato in tempo per impedire il massacro della sua
famiglia. Se
avesse fermato quel vampiro, Bonnie non sarebbe mai entrata nella sua
vita.
Niente più mostri da cui proteggerla, niente più
cadute da cavallo, niente più
Sissi.
Non
avrebbe espresso il
suo pensiero ad alta voce; sarebbe stato inopportuno e sicuramente
Bonnie lo
avrebbe ucciso. Come darle torto?
Avrebbe
dovuto sentirsi
un vero schifo eppure non riusciva proprio a dispiacersi fino in fondo.
Lo
considerava un po’ come un segno del destino. Un destino che
gli aveva
consegnato quell’angelo direttamente tra le mani.
Chi
era lui per
disdegnarlo?
Quella
richiesta,
comunque, rimase lì in sospeso, poiché nessuno
dei due approfondì il discorso.
Damon
restò completamente
spiazzato quando Bonnie si mise seduta e attorcigliò le dita
dietro la sua
nuca, avvicinando le due fronti.
“Hai
fatto una promessa a
mia mamma” mormorò.
Damon
non rispose, non
osò spezzare quel sacro equilibrio. Per un momento si chiese
se Bonnie fosse
del tutto sveglia o stesse parlando nel sonno, perché
sembrava tutto troppo
surreale.
“Ora
ne devi fare una a
me” continuò lei.
No,
era decisamente
lucida. Damon attese.
“Prometti
che non mi
lascerai”. Era sorprendente come riuscisse a dire qualcosa di
così innocente,
pur trovandosi in una posizione altrettanto compromettente.
Damon
era ancora seduto a
cavalcioni su di lei e i loro bacini si scontravano ad ogni minimo
movimento,
anche se divisi dalle coperte. Le loro fronti erano a contatto, i loro
visi a
pochissima distanza con i nasi che si sfioravano.
Damon
pensò che gli
sarebbe bastato sporgersi appena per far congiungere le loro labbra. Se
la
sarebbe stretta addosso e l’avrebbe baciata fino a toglierle
il respiro.
Perché
aveva quel tipo
d’impulsi verso Bonnie?
Non
stava girando in
biancheria e non stava cercarlo di sedurlo; la situazione era
tutt’altro che
provocante. Ma era intima, era emotivamente
intima.
Non
poteva rovinare quel
momento, non voleva nemmeno compromettere la loro riappacificazione con
un
gesto totalmente sconsiderato.
Si
limitò a posarla un
leggerissimo bacio sul naso, annuendo silenziosamente alla domanda di
Bonnie.
La
rossa a quel contatto
si accorse di quanto la loro posizione fosse sconveniente e con
lentezza si
sciolse dall’abbraccio e si stese di nuovo sul cuscino.
Damon
la liberò dal suo
peso e si lasciò scivolare accanto a lei, osservandola
mentre chiudeva gli
occhi.
“Non
vado da nessuna
parte, Sissi” le promise.
La
mano destra di Bonnie
si districò dalle coperte e si allungò verso
quella del vampiro che la incontrò
a metà strada.
Dopodiché
il sonno la
sopraffece e cadde addormentata.
Damon
si permise un mezzo
sorriso, stringendo le dita bianche e sottili della ragazza. Finalmente
le cose
andavano meglio.
Andavano
decisamente
meglio.
La
mattina dopo non osò
svegliarla: era ancora profondamente addormentata e Damon non voleva
rovinare
quel momento di pace.
Si
alzò leggermente su un
gomito e rimase in silenzio a contemplarla; aveva dormito con lei
decine di
volte, ma non aveva mai fatto caso all’espressione di totale
beatitudine che le
illuminava il volto. Sembrava di vedere un angioletto riposare su una
nuvola.
Era la prima immagine che gli era venuta in mente; non avrebbe potuto
pensare a
niente di più puro e innocente. E semplice.
Bonnie
non aveva bisogno
di vestiti elaborati o scarpe altissime per apparire bella; le bastava
giacere
su un cuscino candido, totalmente immersa nei suoi sogni. Qualcuno
avrebbe
perfino potuto disegnare un quadro prendendo a modello quella scena e
Damon
avrebbe scommesso tutte le sue ricchezze che importanti collezionisti
avrebbero
fatto a gara per accaparrarselo.
Poteva
figurarsi già la
tela appena alla parete di qualche museo e centinaia di turisti intenti
ad
osservarla e a chiedersi se la sua pelle fosse davvero così
morbida e
trasparente come sembrava e se i suoi capelli fiammeggiassero come il
fuoco.
Bonnie non era di una bellezza canonica eppure Damon trovava difficile
staccarle gli occhi di dosso.
Allungò
una mano per
scostarle una ciocca rossa dal viso, poi con uno scatto felino
saltò giù dal
letto senza fare il minimo rumore.
Scese
in cucina deciso a
prepararsi una tazza di caffè.
“Sai
non ti ho dato la
camera in fondo al corridoio perché tu sgattaiolassi di
notte in quella di mia
nipote”.
Fu
il turno di Damon
sobbalzare, colto di sorpresa. Non l’aveva proprio sentita
arrivare e forse era
esattamente l’intenzione di Sheila.
“Ha
avuto un incubo”
liquidò in fretta la faccenda. Non era in vena di ricevere
prediche, non a
quell’ora del mattino, non da un’estranea.
“Esattamente
qual è il
tuo rapporto con Bonnie?” indagò la donna.
Damon
per poco non si
strozzò con il caffè. Davvero stava per subire un
terzo grado? Davvero quella
donna credeva che tra di loro …?
“Non
insulterò la sua
intelligenza dicendole che non c’è niente di cui
allarmarsi”.
“Chissà
perché sono tutto
fuorché tranquilla” persistette Sheila
“Con tutto quello che è successo a
Bonnie, non credo che le farebbe bene rimanere invischiata con uno di
voi”.
“Sta
parlando con quello
che l’ha tenuta al sicuro per diciott’anni, non se
lo dimentichi” le ricordò
Damon prendendo un altro sorso.
“Non
ti ringrazierò mai
abbastanza per questo” confessò la donna
“Bonnie chiaramente si fida di te e io
non posso che fidarmi di lei; ma non sono cieca, sai?” lo
sfidò.
Damon
non fiatò e attese
che Sheila continuasse il discorso, curioso di sentire dove volesse
andare a
parare.
“Sono
una Psichica e
certe cose le percepisco. La mia vista interiore funziona molto meglio
dei miei
occhi”.
“Sul
serio … non sono
venuto qui per sentire i suoi responsi da Sibilla Cumana****”
la interruppe
Damon con un gesto della mano.
“C’è
qualcosa tra di voi,
una specie di forza che vi attira e vi respinge” Sheila non
diede segno di aver
ascoltato “Ieri sera l’ho sentita per tutta la
casa, quando l’hai raggiunta
nella sua stanza. Qualunque cosa sia, fermala prima che sia tardi.
Bonnie non
ha bisogno di distrazioni, deve concentrarsi sulla sua magia, deve
imparare a
proteggersi da sola, perché là fuori
c’è ancora qualcuno che la sta cercando”.
“Io
non so che cosa il
suo occhio interiore abbia visto, ma credo sia una abbaglio”
le assicurò Damon.
Ancora
una volta Sheila
lo ignorò “Bonnie non può perdere tempo
ad aspettarti, soprattutto dopo che te
ne sarai andato”.
“No,
no, fermi tutti! Chi
ha mai parlato di andarsene?”.
“Hai
intenzione di
fermarti a vivere qui, in Scozia?”.
Damon
iniziò finalmente a
capire lo scopo del discorso “Mettiamo in chiaro una cosa: io
non lascerò
Bonnie qui”.
“Devi!”
insistette la
donna “Ha bisogno di una maestra, di una guida.
Potrò insegnarle a difendersi e
ad usare appieno la sua magia; non può andarsene”.
“Abbiamo
già una strega
che la sta aiutando e capisco che lei sia euforica di aver ritrovato
sua nipote
ma Bonnie non può rimanere qui”.
“Questa
è casa sua”,
“Casa
sua è a Fell’s Church
con Stefan e me”
replicò Damon in
tono fermo “La sua vita è già stata
scombussolata troppo; non ha bisogno di un
altro cambiamento, ha bisogno di tornare a casa dalle persone che le
vogliono
bene”.
“E
tu sei uno di queste?”
chiese con fare polemico “E’ lei che ha bisogno di
te o tu di lei?” lo provocò.
Damon
sorvolò volutamente
su quel commento “Bonnie vuole tornare a Fell’s
Church”.
“Glielo
hai chiesto?”.
Quello
fu un colpo basso.
Per chi stava parlando? Per se stesso o per Sissi? Come faceva a sapere
che
cosa desiderasse veramente la ragazza se nemmeno si era sprecato di
chiederle
la sua opinione?
Non
aveva neppure preso
in considerazione l’idea che lei potesse voler rimanere in
Scozia con sua
nonna, almeno per un po’. Gli pareva così folle.
Sheila
aveva ragione:
Bonnie aveva tutto il diritto di scegliere dove e con chi stare e forse
un
periodo lontano dai vampiri le avrebbe fatto solo bene.
Damon
si rassegnò, seppur
malvolentieri. Non avrebbe voluto separarsi da lei, ma avrebbe
rispettato la
sua decisione.
“Le
parlerò” cedette.
“Ti
ringrazio”.
“Sheila”
la chiamò appena
prima che lasciasse la cucina “Sa chi sta cercando
Bonnie?”.
“Non
ne sono sicura, ma
sospetto che entrambi sappiamo la risposta”.
Quella
frase gli confermò
che Fell’s Church da lì a poco sarebbe stato il
posto meno sicuro per la
piccola rossa.
Damon
passò quasi tutto
il pomeriggio a meditare su ciò che gli aveva detto Sheila.
Il pensiero di
Bonnie così lontano gli dava la nausea.
Cosa
gli era venuto in
mente di portarla in Scozia? C’erano decine di modi per farsi
perdonare e lui
quale sceglieva? Ricongiungerla con la sua vera famiglia! Con il
rischio di
doverla dire se non addio, almeno arrivederci.
Era
coinvolto ormai e non
poteva fingere che quella conversazione non fosse mai avvenuta. Doveva
darle la
possibilità di decidere da sola. Doveva
fidarsi.
La
trovò seduta sul
letto, con le spalle alla porta; stava sfogliando l’album che
le aveva dato sua
nonna.
Damon
s’inginocchiò sul
materasso, dietro di lei.
“Nonna
ha ragione: ho gli
stessi occhi della mamma” gli disse Bonnie alzando un
po’ l’album per
mostrarglielo e, quasi inconsapevolmente, lasciò che la sua
schiena si
appoggiasse al petto di Damon. Lui si tese come una corda e non mosse
un
muscolo; cominciava a capire la tensione di cui parlava Sheila.
“Mary
invece aveva i miei
capelli” continuò lei disinvolta, indicando la
foto di una bambina abbracciata
ad un orsacchiotto di peluche.
“Sarebbe
stato bello
avere una sorella” osservò Damon, in un moto di
compassione.
“E’
stato bello anche
avere un fratello” obiettò la ragazza. Non voleva
lamentarsi o piangere. Si riteneva
fortunata di essere cresciuta nella famiglia Salvatore; non rimpiangeva
di aver
avuto come genitori Arthur e Monica, né Zach come fratello.
Damon,
d’altro canto, si
sentì una merda. Una persona le era rimasta al mondo e lui
gli aveva spezzato
il collo. Bonnie doveva aver davvero un cuore immenso se mai avesse
trovato la
forza di perdonarlo del tutto.
La
giovane avvertì in
quel momento la loro vicinanza e ricordò la scena cui aveva
assistito in aereo
e le perplessità che le erano sorte.
Si
staccò dal corpo di
Damon e si girò per porgergli quella domanda che le frullava
in testa da un po’
“Fa male il morso di un vampiro?”.
L’espressione
di Damon
mutò in un secondo, sfacciata “Perché?
Vuoi provare?”.
“Non
essere ridicolo!” s’indignò
Bonnie indietreggiando “E’ solo che …
tutte le volte che ho rischiato di essere
morsa è stato orribile, ma la hostess dell’altro
giorno sembrava … in estasi”.
“Lo
era” confermò Damon “Fa
male solo se non lo vuoi, se lo combatti” spiegò
“Se sei consenziente diventa l’esperienza
più eccitante della tua vita”.
“E
quella donna lo
voleva?”.
“Sono
bravo a persuadere
le donne a volerlo”.
“Stupida
io a chiedertelo”
commentò tra i denti Bonnie, stendendosi sul letto.
“Ho
parlato con tua nonna
stamattina” le rivelò infine “Mi ha
detto che vorrebbe tenerti qui con lei”.
Bonnie
si tirò nuovamente
a sedere “Non vuoi che torni con te?”.
“Tu
cosa vuoi?”.
“Ci
ho pensato anche io”
ammise lei “Non credo di essere ancora pronta. Forse un
giorno, finita tutta la
storia di Klaus, tornerò qui per conoscere meglio la nonna,
mio zio e i miei
cugini. Ma sono cresciuta a Fell’s Church. Il Pensionato
è casa mia … questa
villa non mi appartiene”.
“Non
vuoi rimanere qui?”.
“No”
affermò sicura “Torniamo
a casa, Damon”.
Caroline
non perse tempo
ad aprire la porta non appena sentì il campanello suonare.
Temeva che non
sarebbe mai arrivato, che ce l’avesse a morte con lei. Non
che potesse
biasimarlo; Meredith ancora una volta aveva centrato il punto.
Caroline
non si era
comportata bene con Matt; sapeva quanto fosse sensibile e in parte
insicuro.
Diamine, era il quarterback della squadra di football e uno dei
più bei ragazzi
della scuola, eppure appariva un nulla in confronto a un vampiro o a un
lupo
mannaro. Solo uno dei tanti.
Nessuna
poteva capirlo
più di lei; lei che per tanti anni era rimasta
all’ombra di Elena ed ora invece
di rassicurarlo si metteva a correre dietro alla coppia più pelosa di Fell’s Church.
Le
sue intenzioni non
erano cattive, Caroline non aveva avuto doppi fini. Era sinceramente
preoccupata per un amico, ma solo grazie a Meredith si era resa conto
che le
sue azioni avrebbero potuto venire fraintese.
Per
quanto tempo aveva
aspettato che gli occhi blu di Matt, troppo accecati dal fulgore di
Elena, si
posassero su di lei?
Caroline
lo abbracciò,
felicissima che avesse accettato di presentarsi nonostante il loro
litigio “Mi
dispiace, mi dispiace!” continuò a ripetere.
Le
mani di Matt le si
posarono sulle spalle allontanandola leggermente “Forse sono
stato io a
esagerare”.
“No,
no è colpa mia”
insistette Caroline “Questa storia di Tyler mi ha presa
talmente tanto che non
mi sono accorta di averti dato l’impressione sbagliata. Non
è cambiato niente
da quando ci siamo parlati prima della sua trasformazione: Tyler
è solo un
amico e resterà sempre un amico”.
“Lo
so” la blandì Matt
“E’ che ultimamente mi riesce difficile pensare che
qualcuno si accontenterebbe
di me”.
“Metà
delle ragazze di
Fell’s Church mi ucciderebbe pur di stare al mio posto;
quindi non direi che mi
sto accontentando!”.
Matt
ridacchiò “Ti
conosco, Care. So che sei una pazza, maniaca del controllo che vorrebbe
tutti
felici e contenti …”.
“Non
risparmiare
complimenti” ironizzò la vampira.
“E
sei una ragazza e voi
ragazze non sopportate quando un’altra invade il vostro
territorio. Non puoi
negare che non ti dia fastidio vedere Layla ronzare attorno a
Tyler”.
“Ok,
forse sono un po’
gelosa” confessò “Ma è sempre
una questione di amicizia. Non mi va che quella
lì improvvisamente mi spodesti … insomma ho fatto
di tutto per aiutare Tyler e
adesso non mi dà più neppure retta”.
“Sono
stato stupido a
pensare che tu provassi qualcosa per lui” si scusò
Matt “Devo avere fiducia in
te e se mi dici che è soltanto un po’ di sana
gelosia al femminile, allora ti
credo”.
“Mattie,
guardami negli
occhi” gli mormorò Caroline prendendogli il viso
tra le mani “Io ti amo”.
Il
ragazzo la baciò
all’istante e la spinse in casa chiudendo la porta con un
calcio. Le chiese se
sua madre fosse in casa e, a risposta negativa, le sfilò in
fretta la maglia.
Dopodiché non ci più spazio per le parole.
Un’ora
dopo erano stesi
per terra e ansanti. Matt ancora sopra di lei con il viso nascosto nel
suo
collo.
“L’abbiamo
fatto davvero
sul pavimento dell’ufficio di tua madre?”
boccheggiò.
Caroline
annuì ridendo
come una pazza “Forse è meglio che ci spostiamo
prima che torni”.
Matt
concordò e liberò la
ragazza dal suo peso. S’infilò di nuovo i boxer e
i Jeans. Nel farlo, buttò
un’occhiata sulla scrivania scorgendo delle immagini sparse
su tutta la
superficie.
Si
avvicinò e ne prese una
in mano; tutte le fotografie in basso a destra riportavano una data.
“Care,
perché tua madre
ha le foto di Damon Salvatore negli anni ottanta?”.
Lei
aveva appena finito
di rivestirsi e si precipitò a prenderne una. Liz stava
indagando sul vampiro?
Il suo non- cambiamento nel corso
di
quel ventennio doveva esserle saltato all’occhio.
Poi
un foglio scritto a
computer catturò la sua attenzione e iniziò a
leggerlo.
“Matt!”
esclamò in preda
al panico “Chiama subito Stefan”.
Bonnie
fu contenta di
rivedere il Pensionato; le era mancato.
Aveva
passato dei giorno
piacevoli, ma era sempre bello ritornare a casa. Fissò Damon
che aiutava il
taxista a scaricare le valigia dall’auto.
Si
rasentava l’assurdo
constatare che colui che l’aveva gettata nella crisi
più nera, era anche colui
che l’aveva aiutata a uscirne.
Quello,
dopo tutto, era
il compito di Damon: trovarla e salvarla. L’aveva trovata e
salvata diciotto
anni prima e aveva fatto lo stesso in quelle settimane.
Era
arrivato per un pelo,
se avesse aspettato ancora un po’, sarebbe stato troppo
tardi. Ma Damon
Salvatore non era il tipo da arrendersi e Bonnie gli era grata per non
aver
rinunciato a lei.
Aveva
avuto dei dubbi sul
vero interesse del vampiro nei suoi confronti; la promessa fatta a sua
madre
aveva fatto vacillare le sue certezze; ma ora ogni esitazione era
sparita.
Damon
teneva a lei; in un
modo tutto suo e contorto, ma non ci si poteva aspettare diversamente.
Aveva
cercato i suoi
parenti ancora in vita, li aveva trovati, aveva cercato di restituirle
quella
famiglia che lui le aveva tolto.
Le
avrebbe perfino
permesso di rimanere con sua nonna. Per una volta lo aveva visto
davvero
preoccupato per la sua felicità.
“Casa
dolce casa” esclamò
Damon tirando i trolley fino al portico “La Scozia sarebbe il
paese adatto a
Stefan; con tutte quelle pecore a spasso”. Non
poté non notare che la rossa
continuava a tenere lo sguardo fisso su di lui “Che
c’è?” chiese temendo di
aver fatto, inspiegabilmente, qualcosa di sbagliato.
“Niente”
sorrise lei
imbarazzata “E’ stato carino quello che hai fatto
per me”.
“Non
c’è di che” scrollò
le spalle Damon “Tua nonna è proprio uno
zuccherino” affermò con sarcasmo.
“L’ho
apprezzato molto”
disse Bonnie e si alzò in punta di piedi
“Grazie”. Voleva solo dargli un bacio
sulla guancia, ma la sorte volle finalmente scuotere gli eventi.
Bonnie
perse l’equilibrio
e Damon per non farla cadere l’accolse tra le sue braccia
piegando leggermente
il capo per accertarsi che stesse bene. Le labbra della ragazza
andarono a
posarsi su quelle dell’altro, involontariamente e
inaspettatamente.
Fu
questione di pochi
secondi perché si staccarono subito, appena registrarono che
cosa stesse
accadendo.
Bonnie
sentì il cuore
partirle a mille, un po’ per l’imbarazzo, un
po’ per l’emozione. Damon per poco
non si ritrovò ad arrossire*****, cosa impossibile per un
vampiro. La giovane fece
qualche passo indietro, confusa e dispiaciuta. Voleva scusarsi, ma non
trovava
le parole.
I
loro occhi non si
lasciarono. Entrambi avvertirono il disagio che aleggiava.
Poi
uno sparo frantumò il
silenzio. Damon cadde a terra con una smorfia di dolore.
“Maybe I could
have loved you
Maybe I could have shown
That I still do care about you
More than you could know
Don’t say it’s to late to try
To make it right”
(Make it right-
Joe Jonas).
Il
mio spazio:
Odio
quando sto leggendo un capitolo e finisce così! Giuro lo
odio; quindi capisco perfettamente come vi sentite. Vi prego non
uccidetemi!
Non
ho molto da dire su questo pezzo, credo sia tutto
chiaro.
Le
parti tra Matt e Caroline, per quanto siano brevi,
servono soprattutto per un confronto tra i momenti Stefan- Elena. Mi
sembra
lampante la differenza tra Caroline che in un giorno chiama Matt per
sistemare
le cose ed Elena che non sa ancora cosa fare.
Passando
a Damon e Bonnie direi che succedono parecchie cose
e su questo vorrei chiedervi un parere: credete che stia andando troppo
in
fretta?
Voi
direte: sono passati ventisei capitolo e non è successo
niente … altro che fretta!
È
solo che non vorrei che tutto apparisse un po’ campato per
aria. Per come la penso io, questo sentimento è nato lentamente, ma in realtà era
già presente dal primo momento in cui
si sono rivisti. Inizialmente c’erano molti ostacoli, ora
invece le cose si
stanno sistemando ed è il momento giusto per chiedersi che
tipo di rapporto
condividono. Però questa è solo la mia opinione e
io non sono molto obiettiva
sulla mia storia, perciò mi affido al vostro giudizio ;)
Spero
che nessuno di voi odierà la nonna di Bonnie per
essere così ostile nei confronti dei vampiri ma provate a
capirla!
Un
grosso ringraziamento va come sempre a tutti voi che mi
supportate!!!
Ci
vediamo al prossimo capitolo con: la scelta di Elena (
oltre che nella serie TV dovrete sorbirvela anche qua!), il ritorno di
Katherine
e ovviamente Damon e Bonnie!
A
presto,
Fran;)
*Non
credo esista un volo
diretto da Atlanta ad Edimburgo. Ho guardato la distanza da Londra e
l’aereo ci
impiega circa dieci ore, quindi fate finta sia lo stesso.
**Sheila:
la nonna di
Bonnie ha il nome di quella della serie TV.
***Grimilde:
strega di
Biancaneve.
****Sibilla
Cumana:
inizialmente volevo mettere Sibilla Cooman, ma non ci vedo molto Damon
come
esperto di Harry Potter. Ho optato per il personaggio classico
dell’Eneide.
*****Sono
certa che voi
appassionate di Damon e Bonnie sappiate a che scena io mi sia ispirata.
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Capitolo 27 *** I could offer you a warm embrace ***
Ashes &Wine
>
Capitolo ventisette: I could offer you a
warm embrace.
“When the rain is blowing
in your face
And the whole world is on your case
I could offer you a warm embrace
To make you feel my love
When the evening shadows
And the stars appear
And there is none there to dry your tears
I could hold you for a million years
To make you feel my love”
(Make you feel my love-
Adele*).
Uno
sparo frantumò il
silenzio. Damon cadde a terra con una smorfia di dolore.
Bonnie
istintivamente si
piegò per accertarsi delle sue condizioni. Il vampiro si
piantò una mano
nell’addome estraendo un proiettile di legno. Entrambi
sgranarono gli occhi, ma
non ebbero il tempo di reagire perché partì un
colpo ferendogli la spalla.
Bonnie
si rialzò e si
mise davanti a Damon mossa da un impulso di protezione e difesa. Si
girò per
fronteggiare chiunque li stesse attaccando e impallidì
quando vide la madre di
Caroline avanzare con una pistola in mano.
“Spostati
da lì, Bonnie” le
ordinò.
“Sceriffo,
cosa sta
facendo?!” si allarmò lei. Il fatto che avesse
usato proiettili di legno era
molto indicativo. Sapeva quanto il Consiglio si stesse impegnando per
epurare
la città dai vampiri. Damon era uno di loro ed era riuscito
ad integrarsi
perfettamente nella vita cittadina, diventando quasi
un’autorità per lo
sceriffo e per lo stesso sindaco. Questo lo rendeva un esemplare
pericoloso,
perché conosceva molti dei loro segreti e progetti.
“Non
te lo ripeterò
un’altra volta, Bonnie, togliti da lì!”.
“Liz,
sta commettendo un
errore” temporeggiò la ragazza. Doveva trovare il
modo di fermarla, ma non
sapeva proprio come impedirle di uccidere Damon.
“So
che cos’è” affermò la
donna senza abbassare l’arma “Si è finto
nostro alleato, si è finto nostro
amico, solo per continuare a fare i comodi suoi. Abbiamo cercato per
mesi il
mostro che depredava la nostra città e ce
l’avevamo davanti agli occhi”.
“Non
stavo fingendo
niente” rantolò Damon in un vano tentativo di
riprendersi. I secondo proiettile
era imbevuto di verbena che lo stava infiacchendo “Vi ho
aiutato a proteggere
questa città”.
“Ci
hai riempito di
bugie!” lo zittì lo sceriffo “Da quando
sei comparso in città, le persone hanno
cominciato a morire. Devo ritenerla una coincidenza?”.
“Liz,
per favore …” la
pregò Bonnie.
“Scommetto
che anche Zach
è sparito per colpa tua” lo accusò.
Damon chiuse gli occhi, arrendevole. “Era
tuo fratello, Bonnie” la richiamò Liz
“Non vuoi che il colpevole venga
punito?”.
“Sì”
rispose senza
esitazione.
Sono
fottuto. Pensò
il vampiro.
“Ma
Damon non c’entra niente con la scomparsa di mio fratello. Il
responsabile ha
lasciato la città e non si farà più
vedere”.
Sia
Liz che Damon rimasero scioccati da quella rivelazione. La prima poteva
anche
bersela, ma il secondo sapeva com’erano andate le cose,
sapeva di aver ucciso
Zach. Perché Bonnie lo stava coprendo? Perché
stava mentendo così
spudoratamente?
La
ragazza rimase sempre davanti a lui e mosse qualche passo vanti in
direzione
dello sceriffo, che continuava a tenere l’arma puntata; ma
non le avrebbe
sparato. Lei era umana e innocente.
“Abbassi
la pistola” le chiese ancora una volta con tono supplichevole
“Non è Damon
l’assassino che state cercando; lui vi sta
aiutando”.
“Come
puoi difendere un essere del genere?!” si
scandalizzò Liz “Mi hai appena detto
che tuo fratello è morto per mano di un vampiro. La tua
amica italiana è stata
uccisa da uno di loro. Che cos’ha di diverso
Damon?”.
“Lui
non è un mostro” urlò Bonnie e la sua
voce acuta ammutolì tutti. C’era
veramente dell’assurdo in quelle parole, considerando che
solo poche settimane
prima lei stessa non solo lo reputava un mostro, ma non poteva neppure
guardarlo in faccia senza provare una rabbia smisurata per tutto il
dolore che
le aveva causato. Eppure, eccola lì: in piedi davanti a lui,
a difenderlo con
il suo corpo, con il cuore a mille per la paura di non poterlo aiutare.
Sperava
in un intervento provvidenziale perché non avrebbe saputo
come fermare Liz, che
sembrava determinata a sbarazzarsi di quello che una volta aveva
considerato
come il più fidato dei membri del Consiglio.
Non
temeva solo per la vita di Damon, ma anche per quella dello sceriffo.
Se il
vampiro si fosse ripreso dall’effetto della verbena,
chissà come avrebbe reagito a quell’attacco.
Bonnie
voleva credere che Damon non avrebbe commesso atti avventati,
soprattutto
davanti a lei, ma come poteva esserne certa?
Si
sentiva tra l’incudine e il martello e non aveva la
più pallida idea di come
uscire da quella situazione.
Sperò
che arrivasse Stefan o Elena, chiunque che avrebbe potuto darle una
mano a far
ragionare lo sceriffo.
A
esaudire le sue preghiere, la macchina scassata di Matt
entrò nel vialetto e si
fermò a pochi metri dalla donna. Caroline si
precipitò giù dall’auto urlando
alla madre di fermarsi.
Bonnie
ringraziò il Cielo. Qualcuno lassù doveva volerle
davvero bene perché in un
modo o nell’altro finiva sempre per cavarsela.
“Caroline,
cosa fai qui? Torna subito a casa!” le intimò Liz,
palesemente colta alla
sprovvista dall’intervento della figlia.
“Mamma,
metti giù quella pistola” disse lei affiancando
Bonnie.
Liz
Forbes rimase a bocca aperta e indietreggiò confusa, ma
tenne comunque sotto
tiro Damon. Aveva paura ad abbassare l’arma.
“Matt
porta a casa mia figlia” comandò la donna
“E anche Bonnie. Voi ragazzi non
sapete di che cosa si tratta!”.
“Invece
sì, mamma” obiettò Caroline
“Lo so molto meglio di te”.
Liz
corrugò la fronte. Dalla conversazione di poco prima aveva
appreso che Bonnie
sapesse dell’esistenza dei vampiri (d’altronde ne
aveva in casa due), ma come
facevano Caroline e Matt ad esserne a conoscenza?
“Credimi,
avrei preferito non essere coinvolta in questa storia” le
assicurò la figlia,
dopo averle letto nel pensiero “Ma ci sono dentro
più di quanto pensi e … per
favore, ascoltami: non sono tutti degli assassini come pensi
tu”.
“Come
puoi dirlo? Come puoi essere coinvolta? Caroline, tu non conosci la
storia di
Fell’s Church come me, non sai di cosa sono capaci questi
esseri”.
“Non
volevo che lo scoprissi in questo modo” disse la ragazza con
le lacrime agli
occhi, ricacciando giù il magone “E ti giuro che
non ho mai voluto fare del
male a nessuno, mi è capitato solo una volta, ma poi ho
imparato a controllarmi
e adesso … adesso sto bene e non sono un pericolo”.
“Care,
cosa stai cercando di dirmi?” provava a tenere la voce ferma,
ma traballava
dall’apprensione. Iniziava a vederci chiaro nel discorso
della figlia, però si
rifiutava di crederci; almeno finché non avesse avuto una
conferma.
“Sono
come loro, mamma” le rivelò Caroline. Era
dispiaciuta di procurar pena alla
madre, ma non abbassò la testa in segno di vergogna. Non era
colpa sua, lei non
lo aveva mai voluto. Era capitato. Non poteva ritenersi del tutto
fiera, né
innocente, perché anche lei aveva stroncato una vita umana,
ma non aveva potuto
fare altrimenti. Si era appena trasformata e non era stata capace di
controllare la sete.
Dopo
quell’episodio, però, si era impegnata e aveva
imparato a tenere a bada i suoi
istinti. Non aveva più ferito nessuno, non ne aveva quasi
sentito più il bisogno.
Stefan era stato un ottimo maestro.
Le
braccia di Liz caddero lungo i suoi fianchi, incurante del rischio che
correva
ad abbassare infine l’arma. Attraversò momenti di
pura confusione e angoscia,
incredulità e rifiuto.
Bonnie
provò una gran compassione per quella donna. Sapeva che cosa
stava passando,
poteva riconoscere ogni singola sensazione, ogni singolo pensiero,
perché li
aveva provati tutti sulla sua pelle quando aveva letto il diario di
Stefan.
Caroline
si mosse verso la madre, mentre lei e Matt rimanevano indietro. Il
ragazzo
rimase in silenzio, osservando madre e figlia impegnate in una fitta
conversazione, mentre Bonnie si rivolse finalmente verso Damon.
Era
ancora a terra, ma l’effetto iniziava a farsi sentire meno; i
suoi occhi
assistevano apprensivi alla scena. La rossa si diresse verso di lui e
si
inginocchiò fino ad arrivare alla sua altezza
“Tutto bene?”.
Damon
annuì e fece per tirarsi in piedi. Il suo viso si contorse
in una smorfia per
via delle gambe ancora intorpidite che gli impedivano di reggersi da
solo.
Bonnie
si affrettò a passargli un braccio intorno al torace per
aiutarlo a sollevarsi.
La situazione con lo sceriffo pareva essersi placata, perciò
decise di portare
Damon in casa. Ora era compito di Caroline gestire la faccenda.
Scambiò
un saluto veloce con Matt e si chiuse la porta alle spalle.
Lasciò Damon solo
quando raggiunsero un divano.
“Sangue”
mormorò lui.
Quando
Bonnie tornò con una sacca di zero positivo, il vampiro si
era steso
completamente sul sofà e teneva gli occhi chiusi, in un vano
tentativo di
rilassarsi e scacciare il mal di testa.
Gli
porse la sacca di plastica e gli spostò le gambe per sedersi
accanto a lui.
Damon grugnì in protesta ma non fece nient’altro.
Si limitò a succhiare
avidamente tutto il sangue.
Bonnie
esibì un’espressione un po’ schifata
“Non sei solo, sai?” lo rimproverò
“Potresti evitare di bere come un cavernicolo?”.
“Nessuno
ti ha chiesto di restare” la freddò lui
chiaramente irritato. Non era
dell’umore per sopportare qualunque tipo di battute, seppur
bonarie.
“Siamo
alle solite!” sbottò Bonnie “Io ti salvo
la pelle e tu mi tratti come uno
zerbino!”.
“Da
che mi ricordo, sono io quello che di solito ti salva la
pelle” precisò il
vampiro.
“Bene”
sentenziò lei istericamente buttandogli di nuovo le gambe
giù dal divano
“Allora la prossima volta fatti impallinare fino a diventare
uno scolapasta” fece
per andarsene, ma Damon con uno sbuffo, alzò la gamba
sinistra e l’allacciò
attorno ai fianchi della ragazza ributtandola sul divano “Non
fare la scontrosa
pure tu, Streghetta”.
“Non
sono io quella scontrosa”.
“Mi
hai difeso là fuori”. Non era una domanda.
“Ah!
Ora te ne accorgi?” ironizzò lei.
“Perché
hai mentito riguardo tuo fratello? Credevo non vedessi l’ora
di farmela pagare”
continuò lui, un po’ sorpreso.
“Non
ho mentito” negò lei “Ho distorto la
verità. Me lo hai insegnato tu” le sue
labbra si piegarono in un sorriso scaltro. Damon, però, non
demorse e seguitò a
guardarla seriamente in cerca di una risposta più
soddisfacente.
“Non
ho mentito, Damon” ripeté lei “Non sei
più quel vampiro; ora non faresti mai
una cosa del genere. Ho passato troppo tempo ad essere arrabbiata con
te e non
dimenticherò mai che sei stato tu ad uccidere mio fratello,
ma non posso
portarti rancore per sempre. Fai parte della mia famiglia e non ti
lascerei mai
morire davanti ai miei occhi senza muovere un dito. Non sono pronta ad
un mondo
in cui tu non esisti, mi sentirei sola”.
La
sincerità di Bonnie era sempre stata disarmante e
destabilizzante. Nessuna
sarebbe mai riuscita a perdonarlo e riaccoglierlo con un animo
più sereno del
suo. Damon si rese conto di voler un bene smisurato a quella pulce dai
capelli
rossi e di non essere pronto, nemmeno lui, a vivere in un mondo senza
Bonnie
McCulluogh; adesso poteva chiamarla così.
“Mi
dispiace per prima” si scusò lei, dal nulla
“Sono scivolata, non era mia
intenzione … baciarti”
divenne tutta
rossa nel dirlo.
Damon
restò un po’ deluso da
quell’affermazione, ma non poté aspettarsi
nient’altro.
Era stato chiaramente un incidente; per quanto gradito!
“Non
ti nascondere, rossa” la prese in giro lui “Nessuno
può resistermi”.
Bonnie
avrebbe voluto ridere, ma i suoi muscoli del viso erano bloccati. Si
sentiva
come colta in flagrante, come se le sue intenzioni fossero state
smascherate.
A
salvarla da quell’imbarazzante situazione ci pensò
Stefan, che entrò come una
furia in casa e con il volto segnato dalla preoccupazione.
“Caroline
mi ha chiamato” disse “Mi ha detto che sua madre ha
scoperto tutto”.
“Sei
sempre un passo avanti a tutti” commentò con
sarcasmo il fratello “Se la mia
vita dipendesse da te, sarei già morto”.
“Liz
Forbes è stata qui poco fa” raccontò
Bonnie “Ha sparato a Damon”.
“Stai
bene?” si accertò il minore dei Salvatore.
“Sì,
fratellino” lo tranquillizzò l’altro
“Ma la prossima volta che lo sceriffo
decide di farmi fuori, prova a mandarmi un tweet, eh!”.
Il
campanello suonò, interrompendo quel divertente siparietto.
Fu Stefan ad andare
ad aprire, dato che Damon aveva tutta l’intenzione di
rimanersene steso sul
divano e Bonnie era bloccata dalle gambe di quest’ultimo.
Sulla
soglia c’era Katherine, in tutto il suo splendore, con un
braccio appoggiato
allo stipite di destra e un ghigno stampato in volto “Credete
ancora che non vi
serva il mio aiuto?”.
“No,
no, no! Lo ho già detto no? NO**!” urlò
Damon per l’ennesima volta, sbattendo
la porta della sua camera.
Stefan
e Bonnie si guardarono esasperati
e
rimasero in corridoio ad attendere. Dopo qualche secondo Damon
uscì di nuovo
dalla sua stanza ribadendo un altro “no” e li
oltrepassò scendendo le scale “E’
inutile che continuate a seguirmi. Niente potrà convincermi
a fidarmi di quella
stronza; neanche morto!” dichiarò una volta
arrivati in cucina.
“Guarda
che ti sento” lo informò Katherine apparendo alla
finestra “E per l’appunto sei
già morto”.
Damon,
furioso, chiuse con un botto le ante e tirò in basso le
tendine.
“Invece
di comportarti come un bambino di tre anni, che ne dici di discuterne
qui
fuori? O potresti dire a Bonnie d’invitarmi ad entrare;
comincia a diventare
ridicola questa conversazione con in mezzo un muro” gli fece
notare la vampira
alzando la voce di due tonalità per farsi sentire.
“Non
scenderò a patti con lei, Stefan” disse fermo
sulle sue convinzioni “Ogni volta
che apre bocca ne esce una bugia, come facciamo a sapere se sta dicendo
la
verità o no? E io propendo per il NO!”.
Bonnie
si sedette su uno degli sgabelli vicino alla penisola della cucina per
godersi
lo spettacolo. La situazione era tragica, ma quei tre rasentavano il
comico.
“Forse
potresti … che ne so … stare zitto un attimo e
ascoltare? Così, come idea!”
propose Stefan prendendo posto accanto a Bonnie.
Damon
si prese un momento per osservare quei due, seduti uno accanto
all’altro, con i
gomito appoggiati al tavolo e gli occhi fissi su di lui “Tu
quoque, rossa? Ti
schieri contro di me?”.
“Io
non ho fiatato” Bonnie alzò le mani in segno di
pace “Ma se vuoi la mia
opinione …”.
“No,
non la voglio” provò a fermarla invano Damon.
“
… dovresti dare retta a Stefan”.
“Ho
già sentito quello che aveva da dire”
replicò Damon “I lupi mannari hanno
infranto il patto, mandando una lettera anonima a Liz Forbes e
denunciandomi.
Se davvero sapeva tutte queste cose, perché non è
venuta qui prima?”.
“E’
Katherine, cosa ti aspettavi? Si presenta solo quando qualcosa le fa
comodo” asserì
Stefan come se fosse un’ovvietà.
“Beh
non mi serve il suo aiuto; li ucciderò uno a uno fino a che
non avrò liberato
il mondo da questa piaga”.
Sei
sempre così catastrofico. Con
una sferzata di Potere Bonnie
mandò quel commento a Damon. Il suo sguardo
saettò su di lei minaccioso.
“Ma
per favore!” esclamò Katherine “Non sai
nemmeno dove trovarli”.
“Perché
tu sì?” la sfidò il vampiro, sperando
di zittirla.
Il
risultato fu quello desiderato, dato che non ricevette risposta. Damon
e Stefan
si scambiarono un’occhiata allarmata e, intendendosi al volo,
si fiondarono
entrambi alla finestra aprendola: Katherine stava lì
appoggiata al davanzale,
in una posa da civetta.
“Tu
lo sai?” chiese Stefan.
“Con
chi credete di avere a che fare?” ribatté lei
quasi offesa “E’ inutile: potete
cercare tutti i miei cloni, ma non ne troverete mai una come
me” e sorrise
maliziosa.
“Damon
la luna piena è tra due giorni” la voce di Bonnie
risuonò limpida alle loro
spalle “Se non li trovate prima di allora, potrebbe diventare
rischioso”.
“Mi
duole ammetterlo, ma la vostra strega ha centrato il punto: non vorrei
diventare cibo per cani” disse Katherine.
“Qual
è il piano? Li andiamo a stanare?”
domandò Damon con un luccichio negli occhi.
Dieci
minuti dopo erano pronti a partire: avevano caricato in macchina alcuni
fucili
con siringhe di strozza lupo, per precauzione.
“Cercate
di tornare tutti interi, ok?” si raccomandò
Bonnie, per niente tranquilla a
lasciare andare i suoi vampiri da soli a caccia di lupi con Katherine.
“Saremo
a casa per cena, Bonnie” le assicurò Stefan
dandole in bacio sulla fronte.
“Che
scena carina!” finse di commuoversi la vampira
“Sulla via del ritorno potremo
passare a prendere delle pizze e un film e poi guardarlo tutti
assieme”.
“Fottiti,
Katherine” rispose Bonnie a denti stretti. Fece dietrofront e
rientrò in casa.
Damon
non provò nemmeno a contenere la risata che salì
spontanea e Stefan lo seguì a
ruota. Katherine salì in auto, sbattendo istericamente la
portiera.
Strega
1; vampira 0.
Bonnie
come prima cosa si buttò sotto la doccia. Dopo un viaggio di
dieci ore, dopo un
salvataggio in extremis, dopo la ri-apparizione della vampira
sgualdrina, non
aveva la forza di fare nient’altro.
Indossò
dei vestiti puliti e si stese sul letto. Una persona normale avrebbe
approfittato
della situazione per recuperare il sonno perso per il fuso orario. La
rossa,
però, continuò a fissare il soffitto mentre una
strana inquietudine si faceva
strada in lei. L’incubo che aveva avuto qualche notte prima,
l’aveva davvero
spaventata. Era come se avesse sentito il Potere di quel vampiro, la
sua aura.
Non aveva mai avvertito niente di più nero e cattivo,
assetato d’immortalità e
invulnerabilità.
Era
stata indubbiamente una visione del passato, ma quell’ultima
minaccia cosa
stava a significare? Era stata la sua stessa mente a produrla? Era un
avvertimento dei suoi Poteri premonitori? O quello stesso vampiro stava
giocando con la sua testa?
E
se chi la stava cercando fosse stato vicino? Così vicino e
potente da riuscire
ad entrare nei suoi sogni e manovrarli a suoi piacimento?
Le
tornarono in mente le parole che Christopher le aveva sussurrato poco
prima di
morire: mi ha mandato a cercarti. Non poteva essere solo una
coincidenza.
Era
evidente che l’avesse ormai trovata e stava solo aspettando
il momento adatto
per fare la sua comparsa.
Cinque
minuti dopo la ragazza stava guidando la sua BMW verso la casa della
signora
Flowers. Era l’unica che potesse aiutarla a proteggere tutti.
Bonnie
era speciale: aveva in sé un Potere latente, che si
manifestava solo in casi
estremi e pericolosi; doveva imparare a controllarlo.
La
vecchia strega fu sorpresa di vederla presentarsi senza prima avvisare,
ma
l’accolse a braccia aperte chiedendole dove fosse scomparsa
in quei giorni.
Bonnie
le parlò della Scozia e dell’incontro con sua
nonna. La donna l’ascoltò
sorpresa e non osò interromperla. Lei si agitava per la
stanza, gesticolando e
raccontando senza tralasciare particolari, specialmente riguardo il
sogno/visione che aveva avuto.
“So
che devo ancora impratichirmi con gli incantesimi standard, ma sembra
che
questa mi capacità sia la chiave di tutto e se riesco a
capire come funziona,
posso risolvere questo problema. Sarei più
preparata”.
“Hai
fatto parecchi progressi da quando sei venuta qui la prima
volta” disse la
singora Flowers “E se per te è importante, non
vedo perché non dovremmo
concentrarci sul tuo Potere speciale”, la invitò
nel salotto e prima di
cominciare la lezione, le offrì una tazza di tè
per calmarla.
“In
realtà non è facile da spiegare”
iniziò lei mentre osservava la sua allieva
sorseggiare il tè “Non c’è un
vero modo per imparare a controllarlo, devi solo
sentirlo. Il tuo è un Potere molto simile a quello dei
vampiri: puoi soggiogare
gli altri, ma non puoi essere soggiogata perché la tua mente
ha creato una
specie di scudo. Hai già imparato a comunicare con il
pensiero, il che vuol
dire che sai come alzare e abbassare a tuo piacimento quello scudo ed
è già un
passo avanti”.
“Non
è stato difficile” Bonnie poggiò la
tazza sul tavolino in vetro “Mi basta
formulare un pensiero e
dirigerlo verso
chi voglio, poi mi basta focalizzarmi sulla mente di quella
persona”.
“Il
principio è più o meno lo stesso”
chiarì l’altra strega “Ricordi la prima
volta
che ti chiesi di sentire la tua aura? E poi di allenarti con quella di
Stefan e
Damon? Devi fare la stessa cosa … devi sentire la loro
energia; non parlo di
Potere, perché non è una cosa che puoi fare solo
con gli esseri
soprannaturali”.
“In
che senso?” s’incuriosì Bonnie.
“Tutti
possiedono un’energia mentale, anche gli animali; per poterla
controllare devi
riconoscerla e sentirla. Qui cominciano a nascere i primi guai:
immaginati di
voler ipnotizzare un semplice umano; la sua energia mentale
è debole e quindi è
complicato percepirla, ma una volta individuata è
facilissimo controllarla.
Avviene il contrario per una mente molto più potente, come
ad esempio quella di
un vampiro”.
“Le
poche volte che ho usato questo Potere è stato con dei
vampiri” obiettò Bonnie.
“Perché
la loro energia è molto più forte ed è
semplice coglierla; ma il controllo è
tutta un’altra cosa. In quei casi hai avuto la meglio,
perché eri spaventata,
quindi la tua mente ha agito istintivamente. Correggimi se sbaglio:
è stata una
cosa momentanea, giusto?”.
Bonnie
annuì.
“Se
quei vampiri avessero insistito, tu forse non avresti potuto fare
niente per
fermarli. L’ipnosi di una mente non allenata ha gli stessi
effetti di quella di
un vampiro che non si nutre regolarmente di sangue umano. È
traballante e non è
sempre certo che funzioni”.
“Lei
crede che … ce la possa fare?” domandò
Bonnie.
“Dipende
tutto da te, da quanto lo vuoi veramente” le disse dolcemente
la donna “Dovrai
incominciare a fare pratica su un soggetto semplice e so come
aiutarti” sparì
su per le scale e tornò in salotto con una gabbietta
“Questo è Kol***”.
Bonnie
arcuò le sopracciglio e si abbassò sulla griglia
della gabbia: dall’altro lato
un gatto nero ricambiava il suo stesso sguardo crucciato.
“E’
il mio micio” trillò la donna “Puoi
portarlo a casa per un po’ e esercitarti.
Ti basterà fissarlo negli occhi, concentrarti e dargli un
ordine. Se lo esegue,
sei a cavallo”.
“E
se non lo fa?”.
“Continua
finché non ci riesci” rispose la strega con
semplicità “Ah, sono piuttosto
affezionata a quel gatto, perciò … non fargli
fare cose pericolose, va bene?”
le raccomandò.
Bonnie
riportò, un po’ sconcertata, gli occhi sul felino
che non appariva per niente
contento di quella notizia.
Lei
non poteva biasimarlo: stava per finire in una casa con due vampiri, di
cui uno
particolarmente ghiotto di sangue animale. Povera
bestia.
“Quindi
una volta che avrò capito come far funzionare questo Potere,
sarò capace di
ipnotizzare chiunque?”.
“Sì”
asserì la signora Flowers “Non credere che sia una
buona cosa, però” l’avvisò
“Se non starai attenta, questo Potere comanderà
anche te. Continuerai ad usarlo
a tua favore, lo sfrutterai al massimo e chi ti starà
intorno sarà solo uno
schiavetto. Per questo non puoi affrontare tutto da sola; ti serve
qualcuno che
ti ricordi costantemente di non approfittartene, che non permetta alla
tua
parte più oscura di prendere il sopravvento”.
“Io
non ho una parte oscura” obiettò fermamente Bonnie.
“Tutti
ce l’hanno” insistette la donna “Non per
questo siamo persone malvagie. È tutta
una questione di scelte, Bonnie. La tua aura è bianca e
pura, così come il tuo
cuore; devi rimanergli fedele e io ti aiuterò”.
“Signora
Flowers” la voce della giovane risultò tremante e
allarmata “Che cosa posso
fare esattamente con il mio Potere?”.
“Praticamente
tutto” rispose quella “Controlli
l’energia del cervello, che è il motore del
corpo”.
Bonnie
tornò a casa più timorosa che mai. Non era sicura
di volere tutto ciò. Aveva
paura di trasformarsi in un mostro, assettato e insaziabile di
controllo.
Doveva
stare molto attenta, doveva imparare a non abusarne.
Non
aveva mai considerato il lato negativo di quella storia, non credeva
nemmeno
che potesse essercene uno. Non le era mai passata per la testa
l’idea di venire
assuefatta da quel Potere; non aveva mai avuto intenzione di usarlo su
tutti,
anche solo per divertimento. L’aveva considerata una grossa
possibilità per
proteggere tutti quanti, se stessa inclusa.
Aveva
affrontato un sacco di disgrazie, di perdite, di dolorose
verità. Si sentiva
più forte, matura e consapevole dei suoi limiti. Poteva
gestire qualunque
ostacolo. Non avrebbe permesso a niente di offuscarle la mente e di
cambiarla
in qualcosa di orribile.
Posò
la gabbia del gatto sul tavolo della cucina e si rimise a fissarlo,
senza
sapere bene cosa fare. Doveva dargli un ordine? Quale?
L’animale
la guardava più scettico che mai, come se avesse saputo
già in partenza che
Bonnie non ce l’avrebbe fatta.
“Cos’è
quello?”.
La
ragazza alzò la testa di scatto e si sorprese di trovare
Damon in piedi davanti
a lei. “Un gatto” rispose.
“Questo
l’avevo capito”.
“Domanda
stupida, risposta stupida”.
Damon
alzò gli occhi al cielo.
“Me
l’ha dato la signora Flowers” spiegò
Bonnie “Devo esercitarmi ad ipnotizzarlo”.
“Ora
ti dà pure i compiti?” si stupì il
vampiro mentre dalla cucina tornava
all’ingresso seguito dalla rossa “Tra qualche
giorno ti vedrò a cavallo di una
scopa a cercare palline volanti in soggiorno****?”
ironizzò prendendo le chiavi
della Mustang dal tavolo all’entrata.
Bonnie
non si diede nemmeno la pena di replicare alla battuta
“Perché sei a casa? Non
dovresti essere a caccia di lupi?”.
“Elena
ha un colloquio per l’università alla UVA. Con
Klaus in giro non è sicuro che
vada da sola, quindi l’accompagno”.
“Non
può farlo Stefan?” forse la domanda
uscì un po’ più acida di quanto avesse
voluto.
“Doveva,
infatti” disse Damon “Se n’è
ricordato poco fa e ha mandato me. Lui ed Elena
non sono proprio in buoni rapporti”.
“E
tu non hai perso tempo a prendere il suo posto”.
Damon
questa volta non poté ignorare l’amarezza nella
voce della ragazza “Vorrei
davvero che la smettessi di essere così ostile”.
“Io
vorrei che tu pensassi un po’ di più a tuo
fratello invece che alla sua
ragazza”.
“Si
sono lasciati, Bonnie” le ricordò Damon marcando
bene il concetto.
Lei
distolse lo sguardo, sbuffando. Indugiò ancora un attimo
prima di alzare una
mano e liquidare la faccenda con un “Lascia stare”.
Poi gli diede le spalle e
ritornò in cucina, dal gatto.
Damon
si sentì punto sul vivo e la imitò,
raggiungendola, deciso una volta per tutte
a sistemare quella questione “E’ chiaro, ok? Mi
è perfettamente chiaro che non
mi ritieni degno di prendere il posto di Stefan. Lui è
buono, è dolce, è
sensibile, è tutto
quello che io non
sono. Ma io farei di tutto per Elena. Le sono stato accanto, sono
cambiato e se
mi desse la possibilità, non la lascerei mai, la metterei al
primo posto.
Quindi smettila di ripetermi che non la merito!”.
“Hai
totalmente mancato il punto” sussurrò lei
scuotendo la testa.
“Allora
qual è il punto”?”.
“Non
si tratta di meritarsela, Damon!” alzò la voce lei
“Anche Matt è un ragazzo
d’oro e si meriterebbe Elena, come un sacco di ragazzi
là fuori; ma questo non
vuol dire che staranno mai insieme! Lei ama Stefan. Adesso è
in confusione
totale e non sa quello che vuole, ma il suo cuore è di
Stefan. L’hanno capito
tutti tranne te e lui!”.
Damon
strinse i pugni fino a farsi diventare le nocche bianche.
“Il
punto è che tu getti sempre tutto all’aria per una
ragazza che non ti vuole sul
serio!” gli urlò addosso.
Odiava
dovergli aprire gli occhi in quel modo, odiava dovergli sbattere in
faccia la
realtà, ma era stufa di vederlo tormentarsi in quel modo per
una storia che non
avrebbe avuto un lieto fine.
“Non
puoi saperlo” si oppose Damon “Lei non ha ancora
scelto. Tu non puoi saperlo”.
“Se dovesse scegliere Stefan, che farai eh?” lo
provocò Bonnie “Ucciderai
ancora tuo fratello? Sparirai dalla città senza tornare mai
più?”.
Damon
calmò la rabbia con respiri profondi, mentre intravedeva
attraverso quelle
frasi il vero punto della discussione: Bonnie aveva paura che lui se ne
andasse,
che lui la lasciasse. Il vampiro era una testa calda e lei lo sapeva.
Rifiutato
dal suo amore, colpito dall’ennesima delusione avrebbe potuto
fare qualsiasi
cosa; anche andarsene per sempre per allontanarsi dal dolore.
Sparirai
dalla città senza tornare
più, abbandonandomi? Ecco
come suonava per davvero ciò che aveva detto Bonnie.
Damon
con due ampie falcate si portò vicinissimo al viso della
giovane “Elena non è
padrona della mia vita. Resterò a Fell’s Church
finché ce ne sarà bisogno”.
Finché
tu ne avrai bisogno. Era
bellissimo come dietro delle
semplici affermazioni si nascondesse una verità molto
più profonda, che nessuno
dei due era disposto ad ammettere.
Bonnie
si morse la labbra e sospirò, cedendo a quegli occhi neri
puntati nei suoi. Avrebbe
tanto voluto sapere da dove proveniva quella voglia di distruggere
tutte le sue
speranze riguardo ad Elena.
Forse
aveva ragione lui, forse l’avrebbe scelto. E il pensiero non
le piaceva per
niente. Neanche un po’!
“Cerca
di tenere quel gatto lontano da Stefan, ok?” le
raccomandò Damon bonariamente.
“E
tu cerca di non fare stupidate”.
“Io
non faccio mai stupidate, Sissi” e dopo averle posato un
bacio sulla fronte, si
dileguò.
Bonnie
si sedette piuttosto imbronciata. Anche Stefan l’aveva
baciata sulla fronte quella
mattina e lei non aveva avuto niente da ridire.
Ora
invece si sentiva delusa, perché una parte di lei avrebbe
voluto che le labbra
di Damon si fossero poggiate da un’altra parte.
Sulla
bocca per esempio. Le
suggerì una vocina.
Da
quando in qua voleva baciare Damon Salvatore?
Solo
perché, per un fortuito incidente, quella mattina le era
capitato di farlo, non
doveva per forza diventare un’abitudine.
Portò
due dita alle labbra, toccandole delicatamente, come ad imitare la
stessa
pressione della bocca di Damon. Non era nulla di paragonabile.
In
quei due secondi di contatto, Bonnie non poteva dire di aver sentito
elettricità e brividi; tutti termini troppo prevedibili e
banali e non
esaurivano la complessità della lotta che le era nata dentro.
Non
avrebbe mai pensato che un bacio a stampo, breve com’era
stato quello, potesse
mettere in serio dubbio l’idea che aveva di Damon.
Era
stata più una scarica di tensione, come se fosse riuscita a
sfogare
un’eccitazione che cresceva di giorno in giorno.
Non
poteva dire con certezza di che tipo di eccitazione si trattasse:
fisica,
emotiva, mentale? Sapeva solo che, dopo la notte in cui aveva cercato
di
sedurlo, ogni volta che lo aveva troppo vicino non riusciva a tenere la
mente
lucida come avrebbe voluta, e quando era lo aveva lontano le sembrava
di
soffocare.
Era
successo anche qualche notte prima, quando aveva avuto
l’incubo sull’uccisione
della sua famiglia. All’inizio era talmente presa dallo
spavento che non aveva
neanche fatto caso alla situazione d’intimità che
si era creata; ma non appena
se n’era accorta, si era tirata indietro come se si fosse
scottata.
Averlo
sopra di lei, abbracciato a lei, con la fronte schiacciata contro la
sua … cosa
avrebbe dato perché si sporgesse e la baciasse? Eppure non
era una voglia
normale: Damon era suo zio, più o meno! Era cresciuta
credendo di essere sua
parante, come poteva provare un sentimento del genere? Da
ciò ne conseguiva che
non potesse essere totalmente pentita del bacio di quella mattina,
anche se
trasgrediva le regole della logica.
Repulsione
e attrazione; perfino
quando avrebbe
voluto odiarlo per ciò che aveva fatto a suo fratello e
avrebbe dovuto cacciarlo
dalla sua vita, non era stata capace di tagliarlo del tutto fuori.
Continuava
a sperare, nel profondo, che prima o poi lui avrebbe fatto qualcosa che
le
avrebbe fatto dimenticare il rancore.
Era
difficile vivere senza Damon.
Elena
rimase sconcertata nel momento in cui in fondo alla strada comparve la
Mustang
e non la Jaguar rossa che si aspettava.
In
realtà fino all’ultimo aveva temuto di non vedere
arrivare proprio nessuna
macchina. Aveva ricevuto la lettera che le chiedeva di presentarsi a
Charlottesville
per un colloquio in vista dell’ammissione all’UVA
(University of Virginia),
settimane prima, quando le cose con Stefan andavano ancora a gonfie
vele. Il
vampiro si era offerto di accompagnarla per proteggerla da eventuali
imprevisti.
Dopo
quella straziante conversazione in macchina, lei e il suo ragazzo non
si erano
più parlati e ovviamente l’argomento
“Charlottesville” non era stato toccato.
Elena non poteva mancare, ne andava del suo futuro scolastico, ma nello
stesso
tempo non aveva avuto il coraggio di chiedere a Stefan che cosa avesse
intenzione di fare a riguardo.
Stefan,
però, non se n’era dimenticato e aveva mandato suo
fratello. Elena proprio non
capiva quella decisione. Era forse un modo per chiudere definitivamente
la loro
storia e consegnarla dritta nelle mani di Damon? Si era arreso
così senza
combattere?
L’intento
del vampiro era molto diverso, ma lei non poteva saperlo. Lasciare che
Damon
accompagnasse la ragazza gli era costato molto. C’era il
pericolo che quella
piccola gita li avvicinasse maggiormente di quanto già non
lo fossero. Doveva
accettare quella possibilità, doveva imparare a conviverci.
Elena doveva
passare del tempo con Damon e capire che cosa voleva davvero dalla sua
vita.
Stefan la stava in un certo senso mettendo anche alla prova, voleva
testare il
suo autocontrollo, voleva verificare fino a che punto si sarebbe spinta
e
quanto avesse in comune con Katherine.
L’esito
di quel lunghissimo giorno gli avrebbe dato nuove speranze o le avrebbe
distrutte completamente.
Anche
Damon era stato spiazzato da quella richiesta. Tutto si sarebbe
aspettato
tranne che il suo fratellino gli permettesse di andarsene fuori
città con
Elena.
Tutta
la sua contentezza era stata smontata pezzo per pezzo dal discorso di
Bonnie.
Non era un segreto che la strega non approvasse la strana relazione che
lui
condivideva con la bionda; quella volta, però, era stata fin
troppo schietta,
quasi cattiva, come se volesse non solo aprirgli gli occhi, ma anche
ferirlo.
Il motivo gli era del tutto estraneo.
Era
forse per via del bacio di quella mattina? Si era trattato di un
incidente, non
era voluto, quindi perché prendersela? Inoltre Bonnie lo
considerava come un
amico, più o meno … qualunque cosa rappresentasse
per la piccola strega non
implicava sentimenti romantici.
Escludendo
la notte in cui mezza ubriaca e parecchio incazzata gli si era buttata
tra le
braccia, la ragazza aveva sempre evitato contatti fisici compromettenti.
Ne
aveva avuto prova qualche sera prima, dopo aver svegliato Bonnie
dall’incubo.
Se avessero voluto combinare qualcosa, quello sarebbe stato il momento
perfetto: una stanza immersa nel buio, in piena notte, lei emotivamente
provata
e abbastanza vulnerabile, lui impaziente di approfondire.
Aveva
frenato i suoi impulsi perché la giovane in questione era
Bonnie, ma se lei
avesse acconsentito, lui non si sarebbe rifiutato.
Purtroppo
la strega, non appena si era accorta della loro compromettente
vicinanza, si
era subito ritratta. Con un certo disappunto da parte di Damon.
Non
sapeva da dove venisse quella voglia fisica
stare con Bonnie, ma preferì non indagare oltre. Era un
uomo, dedito al piacere
e al proibito: la rossa era una bella ragazza ed era intoccabile. Il
ragionamento filava liscio come l’olio.
La
pietra dentro di lui si contrasse in un minaccioso avvertimento:
c’era molto di
più oltre alla delizia della proibizione, ma il vampiro non
era ancora disposto
ad ammetterlo, soprattutto a se stesso.
Alla
vista di Elena tutte le perplessità sparirono lasciando
tabula rasa. Doveva
concentrarsi sul tempo che avrebbe trascorso con lei, perché
forse non avrebbe
avuto altre occasioni simili.
Elena
era tutto ciò che aveva sempre desiderato in una donna: non
solo era la copia
del suo primo amore, ma era anche forte, coraggiosa, con una
volontà di ferro,
a tratti egoista e testarda. Sarebbe stata una perfetta vampira e sua
Principessa delle Tenebre.
Damon
aggrottò la fronte: l’aveva sempre chiamata
così, eppure in quel momento gli
sembrava così stupida e scontata, troppo tipico di quei
romanzetti da quattro
soldi che facevano impazzire le ragazzine.
Era
meglio definirla come
sua compagna per l’eternità.
“Non
sapevo che saresti
venuto tu” gli rivelò Elena salendo in macchina.
“E’
stata una sorpresa
dell’ultimo minuto anche per me” la
informò Damon “Delusa?”.
“No”
replicò lei con
assoluta calma “Solo che non credevo nemmeno che fossi in
città” e gli puntò
gli occhi blu contro.
“Sono
tornato questa
mattina e il comitato di benvenuto è stato davvero
eccellente!” commentò
sarcastico.
Elena
gli rivolse
un’occhiata interrogativa “Che è
successo?”.
“Liz
Forbes mi ha
sparato” raccontò “Prima dei proiettili
di legno e poi della verbena. A quanto
pare i lupi mannari le hanno spedito una lettera anonima per
denunciarmi”.
“O
mio Dio, Damon!”
esclamò Elena sentendo un brivido di paura pervaderla
“Come fai ad essere
ancora vivo?”.
“Qualcuno
lassù mi ama”
rispose con nonchalance ridacchiando “E anche
quaggiù” e tirò le labbra in un
ghigno.
“Parli
di Stefan?”.
“No,
di Bonnie” precisò e
non gli sfuggì il velo che adombrò lo sguardo
prima luminoso della bionda “Poi
è arrivata Caroline e ha convinto sua madre a lasciarmi
andare”.
“Come
ha fatto? Liz è
irremovibile sulla questione dei vampiri”.
“Sua
figlia è una di noi;
credo che dovrà cambiare idea per forza”.
Elena
sgranò gli occhi
“Liz non sa … o Santo Cielo, chi
gliel’ha detto?!”.
“Caroline;
mi scoccia
ammetterlo ma devo la vita a quella piaga di vampira!”.
“Com’è
che io vengo a
sapere queste cose solo adesso? E Bonnie? Sta bene?”.
“Certo
che sta bene; Liz
non le avrebbe mai fatto del male: è
un’umana” le assicurò “Avresti
dovuto
vederla: mi si è parata davanti così velocemente
che pensavo le rubasse la
pistola dalle mani e che mi sparasse. Dopo tutto quello che le ho fatto
non
credevo mi avrebbe difeso così” ammise con voce
debole.
“Bonnie
non ti lascerebbe
mai morire” affermò Elena “Sei
importante per lei”.
Damon
lasciò cadere il
discorso; non voleva parlare di lei mentre era con Elena, eppure per un
motivo
o per un altro la tirava sempre nel discorso.
“A
proposito, dove siete
stati voi due fino ad oggi?” chiese la bionda con una nota
d’invidia nella voce
che fece gongolare Damon.
“L’ho
portata dalla nonna
ad Edimburgo. Mi sorprende che Miss Inquietudine non te
l’abbia detto”.
Elena
restò a bocca
aperta “Bonnie ha una nonna ad Edimburgo? Ed è
tornata lo stesso a Fell’s
Church?”.
“Ahia,
principessa!
Questo è cattivo. Vorresti sbarazzarti di Bonnie per avermi
tutto per te?” la
provocò.
Elena
gli tirò uno
schiaffo sulla spalla “Non dire sciocchezze!”. Una
piccola parte avrebbe voluto
che Damon si concentrasse solo su di lei, ma non a quel prezzo. Bonnie
era una
sua amica e non l’avrebbe mai tradita per stare con il
vampiro. “Intendevo dire
che … insomma, dopo tutto questo tempo scopri che la tua
vera nonna è ancora in
vita e invece di rimanere a conoscerla, torni in questo casino di
città? Non so
se avrei fatto lo stesso”.
“Forse
qui c’era qualcuno
o qualcosa per cui valeva la pena tornare” suppose Damon
“Qui c’è casa sua, la
sua famiglia e i suoi amici. Mi sembrano motivi validi per voler vive a
Fell’s
Church”.
“Forse
hai ragione”
concordò Elena accoccolandosi sul sedile per quanto
poté “La mia vita è
cambiata così tanto negli ultimi mesi che se trovassi un
po’ di normalità, mi
ci fionderei” gli confessò mestamente.
“Io
e Stefan ti abbiamo
sconvolto per bene, eh?”.
“Non
è questo. Sono
contenta di avervi con me” disse Elena con determinazione
“Ma preferirei non
dovermi preoccupare che qualcuno di voi possa morire; soprattutto per
proteggere me”.
“Nessuno
morirà,
principessa” la tranquillizzò Damon “Io
e mio fratello siamo in giro da
cinquecento anni; ci vuole più di un vampiro assettato di
Potere per farci
fuori”.
“Spero
che non siano le
ultime parole famose” borbottò Elena appoggiando
il capo contro il finestrino
della macchina.
“Non
essere troppo
ottimista, mi raccomando” la prese in giro lui.
Distolse
lo sguardo dalla
strada per posarlo sulla ragazza, un po’ preoccupato. Lui e
Stefan le avevano
stravolto la vita; non sapeva dire se in meglio o in peggio. Per quanto
potesse
risultare una storia romantica, non avrebbe augurato a nessuno di
venire
conteso da due vampiri. Prima del loro arrivo a Fell’s Church
lei era una come
tante, certo bellissima e speciale, ma rimaneva una ragazza normale,
alle prese
con i problemi normali di tutte le adolescenti. Damon non
si ricordava nemmeno quando aveva iniziato
ad innamorarsi di Elena.
All’inizio
era stato tutto
un piano per tormentare suo fratello come sempre, poi aveva imparato ad
osservarla e a conoscerla; aveva capito di trovarsi di fronte alla sua
possibile compagna per l’eternità e
l’aveva costretta a scambiare il sangue con
lui, minacciando la vita della sua sorellina.
Dal
desiderio all’amore,
però, c’era un bel salto. Sempre che di amore si
trattasse. Aveva passato così
tanto tempo ad odiare suo fratello e ad amare Katherine che si era
più volte
chiesto se non avesse proiettato quei sentimenti confusi su Elena.
Aveva
creduto di amare
Katherine dal profondo del suo cuore ed invece si era rivelata tutta
un’illusione.
Temeva
di commettere lo
stesso errore di nuovo. Quello che provava per la sua umana era
travolgente e
irresistibile; era intrigato dalla sua personalità e
completamente perso del
suo corpo. Magari non poteva definirlo ancora amore, non al 100%, ma
avrebbe
dato di tutto per vincere il suo cuore, perché in quel
momento sentiva che
nient’altro avrebbe potuto renderlo felice.
Avrebbe
di gran lunga preferito non trovarsi in quella situazione nuovamente:
in lite
con suo fratello per la stessa ragazza e avrebbe preferito che Elena
non si
fosse trovata in mezzo a quella disputa che durava da mezzo millennio.
Damon
e Stefan non erano i migliori che le potessero capitare, ma erano gli
unici in
grado di difenderla. Perciò, accantonate tutte le sue
ragioni egoistiche, Damon
non si pentiva di essere piombato nella sua vita come una bomba.
Lo
stesso discorso valeva per Bonnie. Lui le aveva sconvolto la vita, nei
modi più
atroci che potessero esistere, ma l’aveva anche salvata e
protetta. Finché non
avesse scoperto il responsabile dell’uccisione della sua
famiglia, Damon non le
avrebbe mai permesso di allontanarsi.
Non
gli importava dell’opinione di Sheila. La donna aveva
ragione: andava contro
ogni logica portare via Bonnie dalla Scozia, dalla sua vera famiglia
appena
ritrovata; Damon le aveva dato la possibilità di scegliere e
aveva sospirato di
sollievo quando la rossa si era rifiutata di stare con sua nonna. Non
l’avrebbe
mai obbligata ad andare via contro la sua volontà, ma di
certo non l’avrebbe
costretta a rimanere, sebbene sarebbe stato più saggio e
prudente lasciarla con
qualcuno che potesse insegnarle davvero a difendersi, lontano da ogni
traccia
di vampiro.
Fanculo
alla prudenza! Pensò.
Bonnie era al sicuro soltanto
vicino a lui.
Era
andato tutto benissimo fino a che Zach non l’aveva mandata in
Italia;
Christopher l’aveva trovata, l’aveva seguita,
rapita e per poco non l’aveva
ammazzata. E chi la cercava era ad un passo da lei, almeno quanto lo
era Klaus
da Elena.
Non
aveva intenzione di offrire Bonnie a quel mostro su un piatto
d’argento; non
voleva vivere nella paura che un giorno o l’altro sarebbe
giunta la notizia
della sua morte, nel rimorso per non aver fatto niente per impedirlo.
Sua
madre l’aveva affidata a lui. Lui l’aveva trovata.
Lui l’aveva nascosta. Lui
l’aveva vista crescere. Bonnie era sua!
Damon
non aveva mai brillato per altruismo, ma quando si trattava delle sue
ragazze
diventava estremamente possessivo. Un giorno sarebbe stato pronto a
lasciarle
andare, ma in quel momento le voleva più vicino che mai.
Entrò
in un bar e ordinò da bere, mentre aspettava Elena a
colloquio con il rettore
dell’università. Intorno a lui parecchie
studentesse lo fissavano con
interesse, alcune fin troppo sfacciatamente. Damon grugnì
con disappunto: una
volta ne avrebbe scelte un paio a caso e si sarebbe andato a divertire;
adesso
invece si doveva comportare bene o Elena lo avrebbe castrato.
Restò
seduto al tavolo per più di un’ora prima di
vederla ricomparire con un sorriso
stampato in faccia. Quando si unì a lui, tutte le ragazze
distolsero lo sguardo
deluse e consapevoli di non poter competere con tanta bellezza.
“Dalla
tua espressione sembra che sia andato bene” ne dedusse Damon.
“Credo
proprio di sì” confermò lei tutta
contenta.
“Non
ti capisco; hai tre vampiri a tua disposizione che potrebbero farti
ammettere
ovunque e fatichi tanto per degli stupidi colloqui”.
“Non
scelgo la strada facile” obiettò Elena
“Voglio farcela da sola”.
“Per
favore!” sbuffò lui non credendo ad una singola
parola “Ti conosco e faresti di
tutti per ottenere quello che vuoi, non sei una che si arrende.
Sappiamo
entrambi che se non entrerai nel corso che hai scelto, lascerai che
qualcuno di
noi provveda a rimediare” e bevve un sorso del suo drink
senza staccare i suoi
occhi neri dalla iridi blu della giovane.
“Evidentemente
non mi conosci così bene” lo gelò lei,
piuttosto offesa.
“Ti
conosco perfettamente; siamo uguali io e te”.
Elena
si alzò di scatto e scappò in bagno
così velocemente che Damon pensò che avesse
messo le ali ai piedi.
Con
più calma posò il bicchiere sul tavolo e la
seguì cercando di non farsi notare
mentre entrava nel bagno delle ragazze. Chiuse la porta a chiave.
“Non
la tenevi più, Elena?” scherzò.
La
bionda non si voltò; continuò a dargli le spalle
e a tenere le braccia
incrociate vicino al petto per calmare il respiro “Non posso
farcela, Damon”.
“Di
cosa parli?”.
“Di
questo!” esplose girandosi “Di te che cerchi di
tentarmi, di portarmi dalla tua
parte. Io non sono più quella persona”.
Damon
fece due passi avanti e la tirò contro di sé,
mandando dardi infuocati con gli
occhi “Tu sei esattamente questa persona; solo che sei troppo
vigliacca per
ammetterlo”.
Elena
scosse la testa con fermezza e avrebbe anche replicato se le labbra del
vampiro
non si fossero tuffate sulle sue bloccando sul nascere ogni protesta.
Per
i primi momenti si abbandonò alla forza di quel bacio, ma
ben presto di trovò a
divincolarsi. Damon lasciò la presa e
l’apostrofò con rabbia “Smettila di
combattermi. Lo vuoi quanto me”.
“Non
è giusto!” ribatté lei “Non
vedi quello che stiamo facendo? Io e te tiriamo
fuori il peggio l’uno dall’altra”.
“Perché
tu vuoi che sia così!” le urlò contro
l’uomo.
“E’ così”
lo corresse “Se fosse giusto,
non ci staremmo baciando nascosti in un bagno di un bar sconosciuto di
una
città lontana chilometri da Fell’s
Church”.
“Dobbiamo
nasconderci, Elena, perché tu ti vergogni di me”
l’accusò.
“Non
mi vergogno di te” giurò lei “Ma non
sono pronta a rinunciare a tutto”.
“A
Stefan” precisò il vampiro amareggiato
allontanandosi da lei con fare
frustrato.
Elena
lo riagguantò e gli prese il volto tra le mani,
avvicinandoselo “Io ti amo,
Damon” gli confessò “Anche se non so
dirti di che tipo di amore si tratti. Ti
amo, ma non sono innamorata di te. Stare con te sarebbe bellissimo e mi
piacerebbe darci una possibilità, ma so che alla fine non
riuscirei a
dimenticarmi di Stefan”.
“Come
puoi esserne sicura se non ci abbiamo nemmeno provato? Come puoi sapere
che io
non riuscirò mai a togliertelo dalla testa?”.
“Perché
io non te lo permetterei, perché non voglio
dimenticarlo!” protestò Elena “Non
sono niente senza di lui. Stefan fa emergere la mia parte migliore, mi
fa
sentire viva e crede in me” gli spiegò. Sapeva di
ferire Damon con quelle
parole, ma stava dicendo la verità. Non avrebbe sopportato
di perdere Stefan;
era lui quello insostituibile nella sua vita.
“Il
nostro non è un rapporto sano, Damon” disse mentre
con una mano scacciava via
le lacrime “Ci facciamo del male a vicenda e lo facciamo agli
altri. Io non
potrei portare niente di buono nella tua vita”.
“Sei
la prima persona che abbia risvegliato dei sentimenti in me”
insistette lui,
rifiutandosi di guardarla per la delusione bruciante.
“E
che sentimenti sono? Invidia verso tuo fratello, rabbia verso di me
perché non
posso darti quello che mi chiedi, commiserazione per te stesso
perché credi di
non essere all’altezza. Ce n’è qualcuno
di positivo?”.
“E’
l’unico modo di amare che conosco”
sussurrò Damon come un cucciolo ferito.
“Questo
non è amore. È ossessione, è voglia di
rivincita”.
“Non
ci provare” le intimò lui, d’un tratto
minaccioso “Non osare sminuire quello
che provo”.
“Non
lo sto sminuendo” replicò Elena “Ma
nessuno ti ha mai insegnato che cos’è
l’amore vero e sincero. E se dopo avermi conquistata, ti
stufassi di me?
Avresti sprecato il tuo tempo dietro un sogno e avresti perso del tutto
tuo
fratello”.
“Elena
non farlo” la pregò Damon “Sai bene che
non ti lascerei mai e sai che i miei
sentimenti sono sinceri”.
“Lo
so” la ragazza tirò su con il naso; aveva smesso
di piangere ma il suo cuore
urlava per quello che stava patendo Damon “E’ solo
che … io non ti faccio stare
bene come dovrei, con me non ti sentiresti mai al sicuro
perché non sono quella
giusta”.
“E
io non sono quello giusto per te” concluse lui
“Stefan lo è”.
“Puoi
negarlo quanto vuoi, Damon, ma nel profondo sai che ho ragione. Non
siamo nati
per stare insieme”.
“So
quello che provo ed è tutto vero” rispose lui
“Credo che come al solito tu ti
stia nascondendo dietro delle scuse, ma non ho intenzione di umiliarmi
ancora
chiedendoti di ripensarci. D’ora in poi non ti
disturberò più con i miei
sentimenti così sbagliati”.
“Damon
…” provò a richiamarlo invano; se
n’era già andato come una furia.
Nessuno
dei due parlò per tutto il viaggio di ritorno e, non appena
raggiunsero casa
Gilbert, Elena scese dalla macchina senza guardarsi indietro.
Il
gatto iniziava a trovare la situazione davvero ridicola. Era steso su
quel
letto da qualche ora e avrebbe voluto appisolarsi e trovare pace dalla
voce che
lo stava tormentando, ma la ragazza seduta di fronte a lui non
desisteva,
convinta di potergli dare ordini.
Kol
miagolò infastidito: era un gatto, non un cane
addomesticato. I gatti dominavano
il mondo e nessuno poteva dire loro cosa fare e quando.
Bonnie
si lasciò cadere sul materasso con le braccia aperte,
esasperata e annoiata.
Aveva provato per tutto il pomeriggio ad esercitarsi come la signora
Flowers le
aveva chiesto, senza ottenere risultati.
Sarebbe
stato tutto molto più facile se non avesse avuto la testa da
un’altra parte.
Non aveva mai fatto così tanta fatica a concentrarsi e
trovava pure assurdo il
motivo di quella distrazione: stava morendo dalla voglia di sapere che
cosa stessero
combinando Elena e Damon insieme.
Era
gelosa, tremendamente gelosa.
Rotolò
su un fianco e nascose la testa nel cuscino mugugnando qualche verso di
protesta. Non era così che doveva andare. Lei non avrebbe
dovuto prendersi una
cotta per Damon; non l’aveva previsto e nemmeno avrebbe
voluto.
Poteva
negarlo fino alla morte, ma era palese che il loro rapporto avesse
superato la
fase della semplice amicizia. Era una pillola amara da ingoiare e
Bonnie se ne
vergognava e non riusciva ad accettarlo.
Per
quanto tenesse a Damon, restava pur sempre il vampiro che aveva ucciso
suo
fratello, e quei sentimenti erano totalmente sbagliati e avrebbero
dovuto farla
sentire in colpa. Appunto, avrebbero
dovuto; tuttavia la realtà era ben diversa, era
l’esatto contrario.
Bonnie
non credeva di aver mai provato niente di così giusto in
vita sua. Non c’era
altra spiegazione al bisogno di averlo accanto, alla voglia di renderlo
felice,
alle farfalle che giravano nel suo stomaco quando si sfioravano.
Forse
quelle emozioni erano sempre state lì ma Bonnie non era
stata capace di
riconoscerle. Adesso erano state sbloccate e lei non sapeva come
gestirle,
perché sapeva che prima o poi si sarebbe resa ridicola.
Damon
era innamorato perso di Elena e solo di Elena. Che speranze poteva
avere una
ragazzina dai capelli rossi che niente era in confronto alla bellissima
Gilbert?
Bonnie
avvertì la frustrazione montarle nello stomaco. Damon un
tempo era suo.
Ora,
però, era Elena ad avere potere su di lui e a Bonnie
sembrava quasi di essere
stata spodestata.
Probabilmente
in quel momento si trovavano da qualche parte a baciarsi e a fare
chissà
cos’altro. Forse a confessarsi il loro amore, forse a cercare
un compromesso
per convivere con i loro sentimenti. Forse Elena cercava di convincerlo
a non abbandonarla
anche se lei avesse scelto Stefan.
Ripensò
con tristezza alla scena cui aveva assistito qualche settimana prima,
quando li
aveva beccati a baciarsi in salone come se non ci fosse un domani.
All’impatto
era stato sconfortante, ma Bonnie non si era resa conto di quanto fosse
stato
anche doloroso, non fino a quell’istante almeno.
Immaginò
se stessa al posto di Elena, così come era successo con la
hostess morsa in
aereo. Immaginò di stringere i suoi capelli tra le dita e di
spingersi verso di
lui, immaginò di essere presa con decisione per i fianchi e
di essere
schiacciata contro il muro mentre le loro labbra giocavano, mai
soddisfatte,
mai sazie.
Bonnie
si rigirò nuovamente a pancia all’aria,
completamente sconvolta da quelle
fantasie. Era stata colpita da una vera bomba, improvvisa e fortissima.
Kol
tirò su la testa e percepì l’agitazione
dell’umana vicino a lui. Irritato,
balzò giù dal letto e schizzò fuori
dalla stanza.
Bonnie
se ne accorse subito e corse ad inseguirlo per tutto il corridoio
“Dove pensi
di andare?” gli urlò dietro mentre quello
zampettava veloce su per le scale.
“Torna
qui!” lo richiamò la ragazza facendo i gradini a
due per stargli dietro.
Lo
trovò poco dopo nell’ultima stanza in cui avrebbe
dovuto entrare; più
precisamente lo trovò sul letto, con gli artigli conficcati
nella stoffa del
cuscino a farsi le unghie. “Scendi da
lì!” e si accinse a prenderlo, ma il
felino più veloce si sottrasse e iniziò ad
arrampicarsi su una delle colonne
del letto a baldacchino.
“Vuoi
farci ammazzare tutti e due?!” strillò Bonnie
cercando di riagguantarlo. Damon
li avrebbe uccisi; lei e il gatto.
Probabilmente prima lei.
Raggiunta
la cima, Kol si fermò e puntò le sue iridi in
quelle marroni della ragazza.
Bonnie non ruppe quel contatto, anche provò a focalizzare la
sua magia e ad
incanalarla come le aveva insegnato la signora Flowers.
“Ti
ho detto di scendere e di stare fermo”.
Dopo
un secondo l’animo balzò di nuovo sul materasso e
si sedette con tutta calma di
fronte a lei. Non si mosse, in attesa d’istruzioni.
Bonnie
batté le mani “Ce l’ho
fatta!!!”.
Saltellò
intorno poi riportò l’attenzione su Kol
“Ora torna i camera mia e stacci”.
Il
gatto obbedì.
“Ce
l’ho fatta!” strillò battendo ancora le
mani “Ce l’ho fattaaaaaa!”.
Uscì
dalla camera senza preoccuparsi di sistemare quel disastro. Scese fino
al piano
terra, esaltata dalla magia che aveva compiuto. Era solo un piccolo
passo, ma
sarebbe riuscita nel suo intento; se lo sentiva.
Credeva
di essere sola in casa ma venne presto smentita dalla figura di Damon,
seduta
sul divano con le spalle curve davanti al fuoco.
“Damon!”
esclamò Bonnie “Ce l’ho fatta! Ho
controllato la mente del gatto!”.
“Dieci
punti a Grifondoro” si congratulò lui senza
entusiasmo.
Bonnie
percepì subito dal tono che qualcosa non andava. Si
avvicinò di più per
studiare la sua espressione: era vuota, fissa nelle fiamme, devastata e
sfiancata.
“Che
è successo?” chiese presa da una strana agitazione.
Damon
non rispose.
“E’
stata Katherine, non è vero?” ne trasse Bonnie
senza pensare che Damon non
aveva visto la vampira per tutto il giorno. Non si sarebbe mai sognata che la responsabile di
quella sofferenza
fosse Elena, non credeva che avrebbe fatto la sua scelta
così in fretta. A
dirla tutta, non credeva che avrebbe mai scelto.
Il
vampiro non ascoltò nemmeno una parola della sfuriata della
rossa; aveva
sentito il nome di Katherine ma non vi badò.
Era
svuotato e abbattuto, umiliato. Avrebbe voluto affogarsi nel bourbon,
avrebbe
voluto essere ubriaco marcio per non sentire ancora il tocco delicato
di Elena
sul suo volto. Eppure era sobrio ed estremamente lucido; non riusciva a
scacciare via il dolore.
Forse
Elena non aveva tutti i torti, forse non erano destinati a stare
insieme, ma
lei non aveva nemmeno voluto fare un tentativo: lui
non ne valeva la pena.
Desiderava
con tutte le sue forze spegnere le emozioni, chiuderle di nuovo dentro
la sua
pietra, ma gli sembrava un’impresa impossibile. Aveva bisogno
di alcol, aveva
un bisogno disperato di smettere di sentire.
“Ok,
questa storia deve finire, ne ho abbastanza!”
affermò la rossa “Dove hai
nascosto i paletti? Dov’è che l’hai
lasciata? Le faccio rimangiare …”.
“Bonnie”
la voce di Damon era così fievole che la ragazza smise di
parlare per
accertarsi di aver sentito bene.
“Ricordi
quando mi hai parlato di quei tuoi abbracci disinteressati? Quelli che
ti fanno
sentire bene?”.
“S-
sì”.
“Me
ne servirebbe uno”. O forse aveva semplicemente bisogno della
sua Sissi.
Bonnie
sentì il cuore stretto in una morsa. Riempì la
distanza che la separava dal
vampiro e gli si sedette accanto. Gli circondò le spalle con
le braccia e
delicatamente lo condusse verso di lei, fino ad appoggiare la fronte
contro la
sua tempia destra. Era talmente vicino che i loro respiri si
confondevano e Bonnie
fu colta dalla tentazione di assaporare ancora le labbra soffici
dell’uomo.
Si
trattenne; non si trattava di lei, di quello che voleva.
L’importante era
Damon, che aveva maledettamente bisogno di affetto. Affetto che Bonnie
gli
poteva dare.
“Elena
ha scelto Stefan” mormorò lui.
La
giovane non poté fare a meno di dispiacersi, di provare il
suo stesso male. Non
credeva che Elena fosse la ragazza giusta per lui, ma se lo rendeva
felice, lei
lo avrebbe accettato.
Bonnie
gli accarezzò con tenerezza i capelli, dopodiché
rimasero in silenzio, ad
ascoltare il crepitio delle fiamme.
Con
lentezza la rossa scivolò sui cuscini alle sue spalle e
s’immerse nella loro morbidezza,
portando Damon con sé.
Il
vampiro rannicchiò le gambe sul divano e finalmente
ricambiò l’abbraccio;
strinse con una mano il fianco di Bonnie e appoggiò il capo
sul suo petto.
Cullato
dalle carezze e dal respiro della ragazza, Damon sprofondò
nel sonno e poco
dopo lei lo imitò.
La
mattina dopo Stefan li trovò nella stessa posizione: stesi
sul divano,
accoccolati l’uno contro l’altro, il viso di Damon
nascosto nel collo di
Bonnie.
E
seppe per certo che qualcosa tra loro era cambiato.
“I still think we could
‘cause you and me, we`re good
And I`ll tell you why this hurts, 'cause I`m sober
But I just wanna be drunk
so I can forget about you
and all the stupid things that love has pulled me through
Even when I've had too much,
I still feel your touch
Maybe this just means that I`m not drunk enough”
(Not drunk enough- Adele Erichsen).
Il
mio spazio:
Buona
sera a tutte voi, mie carissime lettrici!
Le
mie lezioni sono finite e io sono più contenta che mai!
Allora dovrei proprio
riuscire a scrivere il prossimo capitolo in tempo per il solito
aggiornamento,
ma dato che dall’11 giugno comincio gli esami,
sarò un po’ presa; per cui
comincio a scusarmi già da ora di eventuali ritardi.
Passando
al capitolo:
-
Elena
e Damon: non so se tra di voi
ci siano dei fan di questa coppia; se così fosse, non aveva
nessuna intenzione
di sminuire il loro rapporto.
L’idea,
però, che io mi sono fatta
di questi due è proprio come la spiega Elena. Non metto in
dubbio che Damon ami
sinceramente Elena, ma i suoi sentimenti sono sempre molto confusi e
tutto è
nato solo come una vendetta nei confronti del fratello.
È
vero che poi conoscendola, si è
reso conto che Elena avrebbe potuto essere davvero la sua compagna
ideale, però
trovo che tutto sia un po’ troppo programmato. Inoltre, sono
molto simili di
carattere e più volte nei libri mi sembra che tirino fuori
il peggio l’uno dall’altra;
non vedo una crescita per i loro personaggi insieme.
Ovviamente questa è solo la mia opinione=)
Mi
spiace che abbiate dovuto
sorbirvi un’altra gita fuori città; potrebbe
ricordavi molto la puntata 3X19,
ma in realtà aveva già in mente questa scena da
parecchio tempo e ho cercato di
cambiare un po’ di cose per non scrivere qualcosa di
già visto e sentito! Anche
la scelta non è stata assolutamente influenzata dalla 3X22.
Per sarà sempre e
solo Stefan, in ogni caso ( a proposito che ne pensate del finale? Io
sono
arrivata alla conclusione che io e gli sceneggiatori di TVD abbia visto
due
stagioni diverse, perché ho bocciato ogni singola cosa!!!).
-
Bonnie
e Damon: ecco, loro anche nei
libri mi sono sempre sembrati più spontanei. Le cose
cominciano a smuoversi e
come aveva detto qualcuna di voi, è lei ad accorgersene per
prima.
Damon
è troppo impegnato con i suoi
drammi sentimentali e con il suo orgoglio per ammetterlo. Bonnie
capisce che
qualcosa è cambiato e dopo averci riflettuto, ammette di
essersi infatuata (per
adesso).
Credo
che ormai fosse inutile
continuare a fare finta di niente, inutile negarlo. Non si fanno certi
pensieri
verso una persona che si considera solo come un’amica. Questa
gelosia non è del
tutto innocente, non è più come tra fratello e
sorella o zio e nipote.
Nel
prossimo capitolo ci sarà una bella svolta e
desterà delle discussioni; spero
positive ma ovviamente sarò contenta di ricevere anche
pareri negativi. C’è
sempre da imparare XD
Penso
di aver detto tutto e vi lascio con le note!
Ringrazio
come sempre tutti voi per i bei commenti e grazie di continuare a
seguirmi,
anche ai lettori silenziosi. Siete tantissimi e mi fa strapiacere!!!
Un
bacio e ci vediamo tra due settimane se tutto va bene!
Fran
;)
*Make
you feel my love: questa canzone è di Bob Dylan, ma in
questo caso è più adatta
la canzone di Adele.
**Battuta
presa dalla puntata 3X22 di TVD. Era troppo bella per non metterla.
***Per
chi non guardasse la serie tv, Kol è uno degli Originari,
fratello di Klaus.
****Non
posso resistere a non mettere i riferimenti a Harry Potter, con tutta
questa
storia della stregoneria ahaha.
|
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Capitolo 28 *** You're in my veins ***
Ashes &Wine
Capitolo
ventotto: You’re in my veins.
“If I should die before I wake
It's 'cause you took my breath away
Losing you is like living in a world with no air
I'm here alone, didn't wanna leave
My heart won't move, it's incomplete
Wish there was a way that I can make you understand”
(No
air- Jordin Sparks).
Damon
intese subito di
non trovarsi nelle sua stanza. Il suo piede sinistro penzolava nel
vuoto e
questo non accadeva mai nel suo grandissimo letto.
Aprì
gli occhi
malvolentieri e ci mise qualche secondo per individuare il soggiorno.
Doveva
essere mattina inoltrata a giudicare dalla luce e il fuoco si era
spento.
Sbatté un paio di volte le palpebre, cercando di ricordare
perché si fosse
addormentato sul divano nel salone. Si era forse ubriacato? No, non
vedeva
bottiglie sparse per terra.
Mentre
si svegliava con
molta calma, le immagini del giorno prima iniziarono a tornargli alla
mente e
la nausea gli montò nello stomaco. Charlottesville. Il bagno
delle donne.
Elena. Stefan. Elena e Stefan per sempre.
Elena
lo aveva rifiutato;
aveva scelto il suo fratellino. Niente di cui stupirsi, fin troppo
prevedibile,
anche se per un attimo aveva pregato e creduto il contrario.
Si
sorprese, costatando
di non essere così affranto come si sarebbe aspettato. Forse
era ancora in fase
di negazione, forse non era ancora arrivato il colpo. No,
c’era qualcosa che non quadrava.
La
stanza intorno a lui
era fin troppo in ordine: non una bottiglia sul pavimento, non un
quadro rotto,
nessuna ragazza mezza moribonda.
Come
diamine si era calmato la sera prima? E come mai era altrettanto calmo
anche in
quel momento?
Sotto
di lui qualcosa si mosse leggermente e Damon metaforicamente
sbiancò, mentre un
ciuffo rosso fuoco gli cadeva davanti agli occhi. Ora era tutto chiaro.
Quale
miglior cura se non trovare conforto tra le braccia
dell’unica ragazza che
sembrava accettarlo per ciò che era, sebbene non se lo
meritasse?
Bonnie
era il ritratto della serenità: respirava silenziosamente,
aveva la testa
piegata di lato, i capelli a coprirle metà volto e le mani
che ancora lo stringevano
al petto, quasi per paura che potesse scappare.
Damon
non era assolutamente intenzionato a spostarsi. Aveva
l’impressione che non
appena avesse lasciato il calore di quel corpicino, sarebbe esploso in
tutta la
sua rabbia ed era l’ultima cosa che voleva.
Stava
bene lì e non aveva alcun desiderio di porre fine a quel
sollievo. Era a dir
poco meravigliato di come Bonnie fosse riuscita a placare la sua
angoscia.
Un
abbraccio.
Un cazzo di abbraccio era stato in
grado di spazzare via i suoi demoni e lenire il dolore. Probabilmente
avrebbe
dovuto focalizzarsi su chi gliel’aveva dato e non sul gesto
in sé.
Intorno
a lei quella fastidiosa sensazione di nullità spariva. Il
fatto che Bonnie
avesse bisogno di lui lo faceva sentire utile e amato.
Tutta
la quiete che percepiva era solo un’ulteriore conferma: la
streghetta sarebbe
stata sempre la miglior medicina al suo malessere.
Alzò
di poco la il capo e le stampò un bacio alla base del collo,
inspirando il suo
profumo. Non era dolce o pungente come quello di tutte le donne con cui
era
stato e non si trattava di qualcosa di confezionato, era proprio
l’odore della
sua pelle. Damon non seppe definirlo e lo giudicò unico.
Bonnie
si mosse e strizzò gli occhi nel dormiveglia. Quando li
aprì apparvero confusi,
evidentemente stupiti alla vista del vampiro.
“Buongiorno,
scricciolo” la salutò a bassa voce.
“Buongiorno”
rispose lei con uno sbadigliò. Si stiracchiò
cercando sollievo a
quell’intorpidimento; aveva i muscoli indolenziti e doloranti
per colpa del
peso del vampiro.
Damon
si spostò per permetterle di mettersi più comoda.
“La
prossima volta sto io sopra” si lamentò Bonnie in
tutta la sua innocenza, senza
pensare minimamente all’enorme doppio senso che ne era appena
uscito.
Il
vampiro lo colse subito “Non ti facevo il tipo che sta
sopra” poi annullò di
nuovo la distanza che li separava e le sussurrò ad un
centimetro dalle labbra
“Ma sono aperto a tutte le posizioni”.
Bonnie
diventò un semaforo e trattenne il fiato presa dal panico.
Non le poteva fare
questo, non di prima mattina! Non dopo aver appurato di essersi presa
una
cotta! Oh, ma questo lui non lo sapeva.
Non
era nei progetti di Damon, voleva solo prenderla in giro, ma
improvvisamente fu
invaso dal desiderio di baciarla; sta volta per davvero.
Il
cockblocker* più talentuoso di tutti i tempi, alias suo
fratello Stefan, decise
di fare la sua comparsa in quel preciso istante e si schiarì
la gola.
Damon
si chiese perché non fosse già a casa Gilbert a
scoparsi la sua adorata Elena,
invece di rovinargli la festa.
“Credo
che andrò a farmi una doccia” disse Bonnie
più che contenta di sgattaiolare via
dalla quell’imbarazzo e magari cambiarsi i vestiti.
Nella
salone rimasero Damon e Stefan, a fronteggiarsi.
“Qualunque
cose tu stia pensando, è sbagliata” lo
rassicurò Damon, alzandosi per versarsi
finalmente un bicchiere di whiskey.
“Non
ho aperto bocca” gli fece notare l’altro con
nonchalance, sebbene entrambi
sapessero che cos’era sottointeso.
“Le
rughe sulla tua fronte parlano per te”.
“E
la tua coda di paglia per te”.
Damon
per poco non si strozzò con il liquore. Da quando Stefan era
diventato così
bravo non solo a fare battute, ma anche ad insinuare? Lo
fissò socchiudendo un
po’ gli occhi e arricciando le labbra.
“Forse
non avrei nemmeno sospettato nulla, se tu non fossi subito saltato a
negarlo”
lo canzonò Stefan senza tuttavia palesare il fulcro della
discussione.
Non
era difficile da immaginarlo: Damon e Bonnie praticamente spalmati uno
sull’altro sul divano, a distanza di un bacio.
Stefan
non era né cieco né stupido e si chiese che gioco
avesse in mente suo fratello.
Dichiarava amore per Elena quando non riusciva a stare per
più di qualche ora
lontano da Bonnie. Non sapeva quanto fossero sinceri i sentimenti per
una e per
l’altra, sapeva solo che a qualcuno si sarebbe spezzato il
cuore.
“Che
cosa stai facendo?” gli domandò con una leggera
velatura di minaccia.
“Di
solito sono io quello che pensa sempre male. Non ti facevo
così lascivo, Stef”
lo prese in giro dondolando la mano con il bicchiere, poi, notando che
suo
fratello non accennava a rilassare la sua espressione corrugata,
sbottò “Santo
Cielo, prima che ti parta una vena! Ci siamo solo addormentati sul
divano. È
successo un sacco di volte nel suo letto
e tu non hai mai detto niente” precisò.
Sì,
ma sta volta è diverso. Pensò
Stefan; quando li aveva
trovati quella mattina, c’era una strana quiete
nell’aria, quasi surreale per i
tempi che correvano. Era come se due pezzi di un puzzle si fossero
perfettamente incastrati sprigionando armonia. Poco prima, invece,
nell’attimo
in cui stavano per baciarsi –perché
è
quello che stavano per fare- aveva percepito pura
elettricità.
Le
frasi ironiche e fuorvianti di Damon non potevano ingannarlo; chiunque
con uno
straccia di Potere avrebbe capito che c’era qualcosa di
diverso.
“Avete
trovato i lupi?” cambiò discorso il diretto
interessato, sperando di riuscire a
distrarlo dall’argomento Bonnie.
“No”
rispose Stefan “Katherine mi ha portato al loro campo, ma era
abbandonato. Si
stanno spostando per il bosco. Oggi continuiamo le ricerche e ci
servirebbe il
tuo aiuto”.
“Questo
è poco ma sicuro. Il tuo Potere non riuscirebbe a trovare
nemmeno una fatina”.
Stefan
non poté che concordare in silenzio. Le sue
capacità erano migliorate da quando
aveva preso l’abitudine di scambiare il sangue con Elena, ma
per ovvi motivi da
qualche settimana era tornato alla sua rigida dieta vegetariana.
Damon
finì il suo drink e si risedette sul divano chiudendo gli
occhi. Sapeva che
quel silenzio avrebbe portato all’argomento Elena e avrebbe
preferito evitarlo.
“Com’è
andata a Charlottesville?”.
Appunto.
“Straordinariamente
bene” dissimulò ancora con gli occhi chiusi
“Mi mancavano le universitarie,
sono molto meno timide della liceali” commentò con
un sorrisino sulle labbra.
Non udendo risposta, aprì gli occhi. Ed eccolo
lì: suo fratello Stefan in piedi
davanti a lui, con l’argomento
Elena scritto
sulla fronte.
“Smettila
di darmi quelle occhiate di biasimo. Sei tu che mi hai
mandato!” gli ricordò.
“Certo
e tu non ti sei tirato indietro” replicò il minore
quasi con tono accusatorio.
“No,
Stefan, non mi sono tirato indietro. Io approfitto delle
opportunità che mi
vengono date e faccio di tutto per raggiungere il mio
obiettivo”.
QUANTE
VOLTE LO DEVO RIPETERE?! Urlò
Damon nella sua mente. Perché
dopo cinquecento anni, suo fratello si stupiva ancora?
“So
che vuoi farmi sembrare uno stupido” disse Stefan a bassa
voce “Io amo Elena,
ma non posso ignorare i sentimenti che ha per te. Deve passare del
tempo con te
per capire che cosa vuole realmente”.
“Sai,
che ti dico?” lo affrontò Damon tirandosi in piedi
“E’ vero: voglio farti
sembrare uno stupido, perché me l’hai consegnata
su un piatto d’argento! Se
Elena fosse stata mia, non ti avrei mai permesso di avvicinarti a lei,
non
l’avrei mai lasciata andare. Questa è la
differenza tra me e te”.
“Non
parliamo di un oggetto. Elena è una persona che pensa con la
sua testa. Non
posso tenerla legata come un cane”.
“Anche
se ti dicessi che con questa tua mossa così generosa, forse
l’hai persa per
sempre?”. Era una bugia, ma voleva fargli male. Non era
giusto che fosse solo
lui l’unico a soffrire.
Qualcosa
si ruppe in Stefan. Sembrò che anche l’ultima
delle speranze gli fosse stata
strappata via brutalmente e illecitamente. La sua paura più
grande si era
avverata perché sentiva di aver perso in una sola volta
l’amore e la famiglia.
Damon
sospirò stancamente e si lasciò cadere di nuovo
sul divano. Ferire Stefan non
sarebbe servito a niente, non gli avrebbe dato la sua principessa e non
lo
avrebbe fatto sentire meglio.
“Ha
scelto te”.
In
modo impercettibile la luce tornò negli occhi del vampiro
“Come?”.
“Hai
capito benissimo: ha scelto te”.
Ora
le sue iridi verdi brillavano come smeraldi “Non mi ha detto
niente”.
“Beh,
lo ha detto a me!” tagliò corto l’altro
“Ho cercato di conquistarla, ho cercato
di portartela via ma è stato inutile. Lei non mi vuole;
anche se sappiamo tutti
e tre che io sono l’unico che tira
fuori la vera Elena, sono l’unico con cui potrebbe davvero
diventare
inarrestabile. Ma non mi vuole e un gentiluomo non importuna mai una
signora;
quindi godetevi pure il vostri lieto fine. Mi faccio da parte. Hai
vinto tu,
Stefan. Hai vinto ancora
tu” sputò
veleno ad ogni parola.
L’altro
vampiro si morse un labbro e per la prima volta dopo tanto tempo,
provò davvero
compassione per Damon. Forse aveva ottenuto la ragazza, ma aveva perso
il
fratello. Si trattava di una vittoria amara.
“Ora
te ne andrai?” non era una speranza ma un timore. Non voleva
che Damon
lasciasse la città, non ora che, nel bene o nel male, erano
costretti a
condividere una sorta di rapporto.
“Elena
non è l’unico motivo che mi trattiene a
Fell’s Church” dichiarò suo fratello
con tono calmo ma deciso.
Stefan
annuì rincuorato. Bonnie. Bonnie era un motivo
più che valido per rimanere; e
poi c’era lui. S’illudeva di potersi annoverare tra
le persone cui Damon
teneva. Probabilmente non era vero, ma gli piaceva pensarla
così.
“Allora
verrai con me e Katherine a cercare i lupi?”.
“Certo
che verrò” asserì
“C’è anche la mia vita in ballo e non la
lascerei mai nelle
vostre mani incompetenti. Però prima voglio
cambiarmi” fece per dirigersi alle
scale ma la voce di suo fratello lo fermò.
“Damon,
mi dispiace”.
“No,
non è vero. Ma grazie” e sparì al piano
superiore.
Non
passò che qualche secondo prima che un urlo fece traballare
i vetri di casa
Salvatore “CHE CAZZO E’ SUCCESSO AL MIO
LETTO?”.
Un
attimo dopo Stefan vide Bonnie scendere furtiva le scale e portare un gatto
giù nella stanza della
verbena.
Gatto?
Caroline
marciava arrabbiata come non mai verso la villa di Tyler Smallwood.
Probabilmente
i suoi genitori si trovavano in casa, quindi non era proprio il momento
adatto
per fare una scenata ma non poteva trattenersi oltre.
Bussò
con prepotenza alla porta in legno bianco e liscio e attese.
Provvidenzialmente
fu proprio il ragazzo ad aprirle. Lei non frenò la rabbia e
gli puntò il dito
sul petto senza dargli il tempo di parlare.
“Dove
sono?” ringhiò.
“Chi?”
Tyler si sentì molto stupido a porle quella domanda ma non
poté fare altro. Era
piombata in casa sua all’improvviso senza una spiegazione.
“Sai
benissimo chi!” strillò lei “La tua lupa
e la sua famiglia; dove diamine si
nascondono?”.
Tyler
sbuffò “Siamo tornati al punto di partenza, Care?
Pensavo che ormai l’avessi
superata! Non ho intenzione di tradirli”.
“Non
hai avuto problemi a tradire me”.
“La
solita esagerata; solo perché non sono stato dalla tua parte
…”.
“Hanno
mandato una lettera a mia madre” lo interruppe lei
“Con delle foto che provano
che Damon Salvatore è un vampiro”.
Tyler
spalancò gli occhi “N- non ne sapevo nulla
… sei sicura che siano stati loro?”.
Caroline
non lo ascoltò nemmeno “Ha preso una pistola ed
è andata al Pensionato, per
poco non uccide Damon”.
“Hanno
parlato anche di te?”.
Caroline
per un momento apprezzò quella preoccupazione, ma presto le
tornò la rabbia “Damon
e Stefan sono la famiglia di Bonnie!” gli ricordò
“Vuoi davvero che rimanga da
sola al mondo?”.
Tyler
chinò la testa mortificato. Non aveva pensato a Bonnie. Per
quanto lui non
avesse interesse nei fratelli Salvatore, non poteva negare di avere un
debole
per la piccola rossa e non avrebbe sopportato di vederla nuovamente
triste. Non
dopo quello che aveva fatto per aiutarlo con la trasformazione.
“Mia
madre lo sa” gli rivelò Caroline “Ho
dovuto dirglielo per impedirle di uccidere
Damon sotto i miei occhi. Adesso dorme con un paletto di legno sotto al
cuscino
e non mi rivolge quasi la parola. Tutto questo per colpa dei tuoi
amichetti;
quindi dimmi subito dove si sono NASCOSTI!”.
“Non
lo so” mentì Tyler. In realtà gli
sarebbe bastato fare una telefonata a Layla
per scoprilo, ma non voleva tradirli. Lo aveva aiutato molto ad
accettare la
sua natura di licantropo e non poteva voltare loro le spalle in quel
modo. I
vampiri li avrebbero uccisi tutti. D’altra parte era chiaro
il loro intento di
sbarazzarsi dei succhia- sangue e quella sera c’era la luna
piena. Erano tutti
in pericolo.
“Tyler”
lo avvertì la ragazza “Dimmi dove si trovano o
…”.
“O
cosa, Caroline?” la sfidò lui “Sono
pieno di verbena e non puoi soggiogarmi. Mi
dispiace per quello che hanno fatto e ti giuro che non ne sapevo
niente, ma non
posso fare altro”.
Caroline
tremò per il nervoso e poco ci mancò che lo
schiaffeggiasse in pieno viso. Dopo
avergli scoccato un’occhiata carica di delusione, gli diede
le spalle e tornò
alla macchina.
Tyler
chiuse la porta e aspettò che l’auto avesse
lasciato il suo cortile. Poi salì
sulla sua e chiamò Layla. Aveva un bel po’ di
spiegazioni da dargli.
Si
nascondevano in un vecchio casolare, nella periferia di
Fell’s Church, dove si
erano rifugiati dopo aver spedito la lettera.
Rimanere
nel bosco era troppo pericoloso, perché prevedibile.
Sebbene
Tyler avesse voglia di entrare ed urlare contro tutti per la poco
consideratezza che avevano mostrato, si trattenne. Si era finto loro
alleato
per proteggere Caroline. Certo, si era affezionato a quella famiglia di
licantropi e avrebbe fatto il possibile per tenere al sicuro anche
loro, ma se
doveva scegliere tra i suoi nuovi amici e i suoi vecchi, non
c’era nemmeno
competizione: Caroline e tutti gli altri vincevano.
“Fantastico”
commentò Frank acidamente, apprese le ultime notizie
“Quindi Salvatore è ancora
vivo e più vendicativo che mai. Se ci trova prima della luna
piena siamo
spacciati”.
“Che
cosa facciamo, papà?” chiese sua figlia,
intimorita.
“Ce
ne stiamo qui fino a sta notte” disse l’uomo
“Da quanto mi hanno detto i miei
esploratori, i vampiri ci stanno cercando per il bosco, con un
po’ di fortuna
li coglieremo di sorpresa e ce ne disferemo una volta per
tutte”.
“Non
staranno mai nel bosco durante la luna piena” gli fece notare
Layla “E’ troppo
rischioso per loro”.
“Lo
so, tesoro, ma noi non possiamo lasciare la foresta; potremmo fare del
male a
qualcuno” obiettò Frank “E comunque non
si nasconderanno mai nelle loro case;
sarebbe troppo facile raggiungerli”.
“Cosa
suggerisci?” domandò Tyler che si era calato
perfettamente nel ruolo di spia
doppiogiochista.
“Ce
ne staremo nel bosco, se avremo fortuna li troveremo, se no, non appena
sorge
il sole, fuggiremo da questa città per sempre. Ti unisci a
noi, Tyler?”.
Il
ragazzo annuì “Non m’importa della morte
dei fratelli Salvatore, ma Caroline
non si tocca. Su questo non voglio discutere”.
Fran
batté le mani soddisfatto “Allora siamo
d’accordo! Non ho interesse per quella
giovane vampira, finché terrà i suoi canini
lontano da mia figlia”.
Layla
alzò un sopracciglio e incrociò le braccia al
petto, per nulla convinta. Quella
era una corsa al suicidio, lo sapeva. Lo aveva sempre saputo.
“E’
una mia impressione o è più scontroso del
solito?” mormorò Katherine
nell’orecchio di Stefan. Stavano perlustrando
un’altra zona dell’Old Wood; lei
e Stefan camminavano uno accanto all’altro, mentre Damon li
precedeva di alcuni
metri, attorno a lui un’aura cupa e il cielo si era fatto
nuvoloso.
Stefan
la ignorò e continuò a guardare dritto davanti a
sé. Non voleva cominciare
quella conversazione, non con Katherine, non con suo fratello
così vicino,
amareggiato non solo per la scelta di Elena, ma anche nervoso per il
casino che
il gatto della signora Flowers aveva combinato al suo letto.
“Che
stupida” ridacchiò la vampira
“Ovviamente c’entra quella piccola ladra
d’identità. Passano i secoli, ma certe cose non
cambiano mai”.
“Non
credo che tu sia nella posizione di giudicare, Katherine”.
“Voi
continuate a giudicare me per una cosa che sta facendo anche la vostra
adorata
Raperonzolo; ma a lei è permesso, giusto?”
sibilò lei con una punta di gelosia.
“E’
stato permesso molto più a te, fidati”
replicò Stefan freddamente “Dovresti
smettere di paragonarti a lei, non avete niente in comune. Mai mettersi
contro
una donna più giovane, ne usciresti solo
afflitta”.
Katherine
mise il broncio “Non mi sembra di essermi conservata
male” sentenziò
“Dev’essere merito del mio elisir della
giovinezza” scherzò liberando una
risata cristallina “Comunque qualcosa in comune ce
l’abbiamo: l’amore dei
fratelli Salvatore”.
“E’
storia vecchia per te” precisò l’altro.
“Una
volta mi amavi” disse con una tristezza disarmante.
Stefan,
comunque, non si fece intenerire e rispose con pacatezza “Eri
la ragazza
perfetta, Katherine: bella, amabile, dolce, un po’ timida.
Solo una cosa non
potevo proprio sopportare: ti portavi a letto mio fratello”.
“Mi
avresti accettato lo stesso, perché mi amavi”.
“Ho
ucciso Damon per te; che razza di amore è?”.
Katherine
si voltò di scatto verso di lui, punta sul vivo. Ricordava
ancora quel giorno,
quando aveva inscenato il suo suicidio, quando i due fratelli si erano
trafitti
a vicenda con la spada. Era stato il giorno più brutto della
sua vita, perché
le avevano strappato il poco bene che le era rimasto in corpo
“Non mi sembra
che abbiate imparato la lezione: dopo cinquecento anni innamorati
ancora di una
ragazza che non sa decidersi e che è la mia copia. Vediamo
quanto durerete
questa volta prima di massacrarvi”.
“Non
succederà” affermò Stefan con fermezza
“Elena non è egoista come te”.
Qualcosa
in Katherine s’incrinò “Non osare darmi
dell’egoista” urlò quasi istericamente
“Mi sono finta morta per darvi una seconda
possibilità e voi l’avete macchiata
con il vostro delitto!”.
Stefan
si fermò sul posto e osservò la vampira che,
furente, ricambiava lo sguardo con
un rancore che lo spiazzò totalmente.
“Se
avete finito di ricordare i bei tempi andati, io avrei trovato
qualcosa”
l’informò Damon per niente toccato dalla
discussione di quei due. Il suo amore
per Katherine era l’ultima cosa che lo turbava.
Considerava
quella storia un capitolo chiuso della sua vita e non era interessato a
rinvangare il passato e portare a galla solo brutti ricordi.
Qualunque
cosa avesse provato per Katherine, ora era sparita dal suo cuore ed era
inutile
accanirsi per ritrovarla.
“E’
un’impronta” disse “Questa non
è una zona molto frequentata; potrebbe
appartenere ad uno di loro, forse il loro campo è
vicino”.
“Allora
muoviamoci a trovarli, comincia a farsi tardi”
suggerì Katherine, mentre Stefan
rispondeva al telefono.
Sentiva
lo stomaco brontolare: erano le due passate e Bonnie non aveva ancora
toccato
cibo.
Dopo
il brusco risveglio, la corsa per salvare il gatto dalle grinfie di
Damon, dopo
lo sguardo insospettito che le aveva rivolto Stefan, l’ultima
cosa cui aveva
pensato era mangiare.
La
casa era vuota, i due fratelli era con Katherine da qualche parte
nell’Old Wood
a caccia di lupi e lei non aveva le forze per uscire di casa e andare a
trovare
le sue amiche. Caroline aveva il suo gran da fare con la madre,
Meredith doveva
essere con Alaric ed Elena … non aveva voglia di vedere
Elena.
Da
una parte l’avrebbe abbracciata per aver finalmente liberato
Damon, dall’altra
ucciderla per averlo ferito così profondamente.
Bonnie
la sera prima si era veramente preoccupata trovandolo in quelle
condizioni. Per
un momento aveva desiderato che Damon spegnesse le emozioni e tornasse
ad
essere un vampiro senza cuore, perché non sopportava la
commiserazione che si
era gettato addosso da solo. Se le fosse stato possibile, lo avrebbe
protetto
da ogni delusione.
Il
vampiro fino a quel momento aveva sperimentato solamente il lato
negativo dei
sentimenti umani che stava riscoprendo e non era giusto;
c’erano così tante
cose di cui gioire ma lui sembrava non notarle.
Bonnie
avrebbe voluto, almeno una volta, che il sorriso gli toccasse anche gli
occhi;
era stufa del perenne ghigno che indossava come maschera.
La
sera prima era crollato nel suo abbraccio, fisicamente ed emotivamente.
Aveva
bisogno di qualcuno che lo cullasse senza fare domande, senza
giudicarlo. Da
tanto tempo aspettava di dargli quel conforto che lui cercava di
rifiutare con
tutte le sue forze. Per quanto l’avesse ferita con le sue
azioni sconsiderate,
Bonnie non poteva non concedergli una seconda possibilità.
Glielo
doveva, a conti fatti, Damon si era preso cura di lei come nessun altro.
Dormire
con il vampiro aveva sempre esercitato su di lei un effetto calmante,
fin da
quando era bambina, e quella notte non era stato diverso; ma per la
prima volta
sentiva di avergli trasmesso un po’ di serenità.
Alla
mattina non si era svegliato urlando o imprecando, anzi appariva
piuttosto a
suo agio e Bonnie poteva dirlo con un certo grado di sicurezza dato che
aveva
percepito la sua aura. Sembrava davvero che si fosse dimenticato il
turbinio di
eventi in cui era stato spinto a forza il giorno prima.
Ripensò
al commento ambiguo che lei stessa aveva detto e arrossì
mordendosi la lingua.
Ma perché non imparava a contare fino a dieci prima di
parlare?
Damon
non si era scandalizzato. Era stato al gioco, forse con un
po’ troppa audacia.
Possibile che non si rendesse conto dell’imbarazzo che le
scatenava?
Probabilmente lo sapeva e se ne approfittava.
Si
era piegato quasi a volerla baciare. L’avrebbe fatto
veramente se Stefan non li
avesse interrotti?
Bonnie
non sapeva più distinguere la realtà dal sogno.
Perché qualcuno così bello come
Damon, innamorato pazzo di un’altrettanto splendida Elena,
avrebbe perso tempo
con una comunissima ragazzina e pure incasinata?
Era
un passatempo? No, Damon non si sarebbe mai preso gioco di lei, non
fino a quel
punto. Allora che stava succedendo?
A
stomaco pieno, si disse, sarebbe stato tutto più chiaro.
Con
disappunto appurò lo stato di abbandono in cui giaceva il
frigorifero: vuoto, a
parte una sacca di sangue.
Bonnie
storse il naso: non voleva quelle cose vicino al suo cibo;
c’era il
refrigeratore in cantina, perché non le mettevano
lì?!
In
quel momento, comunque, non fu così infastidita,
perché non c’era cibo da
contaminare!
Aprì
il freezer sperando di avere più fortuna: i suoi occhi si
illuminarono
scorgendo un vasetto di ragù surgelato.
Perfetto!
Le sarebbe bastato riscaldarlo nel forno a microonde mentre la pasta
bolliva.
Non era un granché ma si doveva accontentare.
Mise
l’acqua sul fuoco e prese un pacchetto di maccheroni.
“Cucini
a quest’ora?”.
Bonnie
lasciò cadere il cucchiaio di legno per lo spavento e si
mise una mano sul
cuore “La devi smettere di comparire
così!”.
La
ignorò completamente “Da
quant’è che non mangi?”.
Bonnie
fu colta di sorpresa da quella domanda: la sera prima non aveva cenato
e quella
mattina niente colazione. “Ventiquattro ore”
borbottò colpevole.
“Spostati”
le ordinò e le prese il pacchetto della pasta dalle mani
versandone ancora
sulla bilancia per aumentare il dosaggio “Ti diverti a
digiunare?”.
“Non
è che avessi molto tempo” replicò lei
piccata “Ieri sera ero con te e
stamattina ci siamo svegliati tardi”.
Damon
le scoccò un’occhiata scettica e non
commentò.
“Tu
piuttosto che cosa ci fai qui?”.
“Sono
venuto a prendere altra strozza- lupo. Ci dobbiamo nascondere durante
la luna
piena; Caroline ha una casa fuori città”
spiegò.
“Come
fai a sapere che non ti cercheranno qui a Fell’s Church?
Potrebbero fare del
male a qualcuno”.
“Il
lupetto è una nostra spia” rivelò lui
“Ha chiamato Caroline; sappiamo i loro
piani: ci daranno la caccia nella foresta, pensano che resteremo
lì. È il loro
elemento e si sentono al sicuro. Non appena si trasformeranno di nuovo
in
umani, li prenderemo e ci toglieremo questa piaga per sempre”.
“Voglio
venire con voi”.
Damon
buttò i maccheroni nell’acqua dopo averla salata e
ridacchiò “Neanche per
sogno, rossa”.
“Ma
…”.
“Niente
ma” la bloccò “Te ne starai qui. Sei
impazzita se pensi che ti porterei fuori
in una notte di luna piena con i lupi mannari in giro. Me
n’è bastata già una”.
Bonnie
arricciò le labbra: ricordarle quella notte era un colpo
basso anche per Damon.
“Credo
che sia più sicuro per te andare da qualcuno delle tue
amiche finché non sarà
tutto finito” continuò lui.
“Meredith”
disse istintivamente la giovane.
“Ti
ci porto io, appena avrai mangiato”.
“Ti
fidi di quello che ha detto Tyler?” gli chiese mentre tirava
fuori il piatto.
“Neanche
un po’ ” ammise il vampiro.
“Credigli”
gli consigliò Bonnie “Tyler è molto
affezionato a Caroline, non la metterebbe
mai in pericolo”.
“Prendi
lo scolapasta, Sissi. È pronto” tagliò
il discorso Damon.
Bonnie
si diresse verso gli armadietti e aprì le ante. Lo
scolapasta stava sulla
mensola più alta. Chi lo ha messo
lì?
Si
allungò per prenderlo.
“Lascia,
faccio io”.
Bonnie
sentì il corpo del vampiro appoggiarsi al suo e si
trovò intrappolata contro il
lavandino. Trattenne il respiro.
O
mio Dio, o mio Dio, o mio Dio! Non
così vicino, non così vicino!!!
Dopo
aver afferrato ciò che cercava, Damon rilassò il
torace e si tirò un po’
indietro; c’era giusto lo spazio per Bonnie di girarsi.
I
loro occhi s’incrociarono e Damon fu colto dalla stessa
voglia di baciarla di
quella mattina. Con
una mano posò lo
scolapasta e con l’altra le accarezzò la guancia.
Bonnie si morse il labbro e
lui non si controllò più.
La
baciò, dapprima castamente, poi aprì le labbra
con movimenti incerti. La rossa
era impietrita e non rispose.
Damon
si staccò lentamente, quel tanto che bastava per guardarla.
Si aspettava lo schiaffo
più doloroso della sua vita e invece Bonnie gli prese il
volto tra le mani e lo
avvicinò di nuovo al suo.
Questo
bacio non aveva nulla d’innocente: entrambi gemettero nella
bocca dell’altro e
Damon la sollevò per la vita e l’adagiò
sulla penisola della cucina,
riattirandola a sé, mentre la ragazza apriva istintivamente
le gambe per fargli
spazio e si aggrappava alle sue spalle.
Le
loro lingue lottarono fino a che quella di Bonnie non cadde vittima
dell’altra.
Non era mai stata baciata così; non che avesse grande
esperienza!
Aveva
gli occhi chiusi e tutto era nero, ma sembrava che dei fuochi
d’artificio le
fossero esplosi in testa.
Mentre
Damon continuava a vezzeggiarle le labbra, un suono a metà
tra un ringhio e un
sospiro gli risuonò in gola e Bonnie tremò per i
brividi, ringraziando di
essere seduta o sarebbe crollata a terra come una pera cotta.
Quando
finalmente il vampiro si allontanò per permetterle di
riprendere fiato, tutti e
due realizzarono che cosa era accaduto.
Il
volto di Damon si scurì. “Mangia” fu
ciò che disse prima di voltarsi e
scomparire, senza guardarsi indietro.
Layla
percorse la stanza per l’ennesima volta. Non le piaceva tutto
quello che stava
succedendo. C’era qualcosa nell’aria che le diceva
che qualcosa sarebbe andato
storto.
Suo
padre aveva chiesto di parlare ancora con Tyler e lei non aveva idea di
cosa
volesse dirgli. Si avvicinò al muro della sala e tese
l’orecchio per captare la
conversazione. Non aveva l’udito sviluppato come quello dei
vampiri ma le
sarebbe bastato per quella distanza.
“Dovreste
andarvene subito” stava suggerendo Tyler “Appena
finita la luna piena vi
verranno a cercare e vi troveranno. Perché non avete
mantenuto il patto? E
perché continuano ad arrivare altri lupi in
città?”.
“Posso
essere del tutto onesto con te, Tyler?” gli chiese Frank
“I vampiri non
staranno mai nel bosco durante la luna piena, non abbiamo nessuna
possibilità
di prenderli con questo piano”.
“Allora
perché rimanere?”.
“Tutti
gli uomini e le donne che vedi qua fuori, sono venuti per aiutarmi ad
uccidere
Damon; hanno tutti dei conti in sospeso con lui. Non
c’importa degli altri
vampiri, noi vogliamo solo quel
Salvatore”.
“Come
pensate di fare? Non credo che Damon si butterà in mezzo a
voi in una notte di
luna piena” suppose Tyler.
“Abbiamo
deciso di tendergli una trappola e questa è la parte che non
ti piacerà”
sospirò l’uomo “Ci sono già
dei miei uomini appostati attorno al Pensionato,
nascosti e io presto li raggiungerò. So che Damon
è molto affezionato alla
ragazzina dai capelli rossi che vive con loro e …”.
“Un
momento” lo fermò Tyler “Volete
attaccare Bonnie per attirare Damon?”.
“Correrà
per salvare la ragazzina”.
“Damon
è nascosto con gli altri da qualche parte; non
può sapere quello che succede al
Pensionato …”.
“So
che la rossa è una strega; possono comunicare
telepaticamente, lei gli chiederà
sicuramente aiuto. E se Salvatore non si dovesse presentare, allora gli
toglierò la ragazza, così come lui mi ha tolto
mia madre”.
“Volete
uccidere Bonnie?” esalò Tyler.
“So
che è una tua amica. Ma devi capire che Damon Salvatore
è troppo pericoloso,
deve essere eliminato. C’è un prezzo da pagare.
Per questo ti devo chiedere di
fidarti di me e di non dire niente a nessuno, perché quello
che stiamo per fare
è troppo importante”.
Lalyla
pensò che suo padre fosse del tutto impazzito.
Aspettò che il ragazzo lasciasse
la stanza e la casa e poi raggiunse suo padre decisa a chiedergli
spiegazioni.
“Cos’è
questa storia? E perché l’hai detto a Tyler? Ci
tiene a Bonnie e sai benissimo
che andrà subito a dirlo alla sua vampira!”.
“E’
proprio quello che spero” rispose suo padre con estrema calma.
“Cosa?”.
“Quello
che ho detto è tutto vero; è il nostro piano e
voglio che Salvatore lo sappia,
voglio che corra a casa a salvarla”.
“Ti
ucciderà ancora prima che ti riesca ad entrare in
cortile”.
“Guarda
fuori Layla, la luna piena sorgerà tra poco. Damon non
avrà il tempo di
prendere la sua strega e scappare; dovrà per forza
affrontarci e noi siamo in
tanti. Per quanto possa essere potente, non avrà scampo
contro cinque lupi”.
“Non
abbiamo il controllo di noi stessi quando siamo trasformati, uccidiamo
chiunque
si metta in mezzo all’obiettivo. Bonnie potrebbe farsi
veramente male” gli fece
notare Layla.
“Come
ho detto, c’è un prezzo da pagare”.
“Ma
è solo una ragazza! È innocente”
obiettò lei.
“Sta
dalla parte dei vampiri, non è così tanto
innocente” commentò Frank.
“Sei
uscito completamente di testa” lo rimproverò
“Non so che cosa ti sia preso, ma
non sperare che io mi faccia coinvolgere. Non contare su di
me”. Abbandonò la
stanza in cerca della madre. Magari lei sarebbe riuscita a far
ragionare Frank.
Forse
dopo tutto, le sue non erano solo fantasie. Forse anche Damon non la
vedeva più
come la piccola Sissi.
Il
bacio che si erano scambiati in cucina non aveva nulla a che fare con
quello
che avevano condiviso il giorno prima sotto al portico, per errore.
Questo
non era stato uno sbaglio; questo era stato voluto
e ricambiato. Molto.
Solo
il giorno prima si trovava in quella stessa camera
a bruciare di gelosia al pensiero di Elena e
Damon insieme, ora stava bruciando al ricordo di quello che era
successo in
cucina.
Nessuno
l’aveva mai baciata in quel modo; credeva che volesse
consumarla con i suoi
tocchi. Damon non aveva esitato un attimo a sollevarla fino al farla
sedere sul
ripiano e l’aveva stretta come se fosse la sua ultima
occasione di starle così
vicino. Bonnie non credeva di essere una gran baciatrice, non aveva
molta
esperienza, ma si era sentita talmente sicura da muovere le mani
attorno al suo
collo e alle sue spalle senza incertezza.
Cosa
le stava capitando? Com’era possibile che lui
l’avesse ammaliata a tal punto?
Perché non riusciva a levarselo dalla testa?
Perché voleva di più?
Chiaramente
quei sentimenti erano sempre stati dentro di lei, latenti, camuffati;
non
potevano essere saltati fuori così all’improvviso.
Erano nati senza che lei se
ne accorgesse, rintanati nel suo cuore in attesa di essere accesi.
Ora
avrebbe solo voluto spegnerli, ghiacciarli, eliminarli. Temeva che le
avrebbero
portato solamente altro dolore.
Damon
aveva preso l’iniziativa, Damon l’aveva baciata,
Damon era scappato
nell’istante successivo. Una sintesi che la diceva lunga su
come sarebbe
finita.
Forse
non erano sue fantasie, forse il vampiro non la vedeva più
come la piccola
Sissi, ma di certo non la considerava una donna alla sua altezza. Non
come
Katherine o Elena.
Bonnie
inorridì: da quando voleva diventare la donna della sua
vita? Da un bacio era
già passata a questo?
Si
riteneva un tipo romantico ma ora stava esagerando. Era confusa. Aveva
un gran
casino in testa; tutte le sue certezze erano appena state ribaltate.
Non
avrebbe mai immaginato di trovarsi a quel punto. Probabilmente Zach si
stava
rivoltando nella tomba; e a buon diritto. L’aveva mandata in
Italia per
allontanarla da quel mondo e lei che faceva? Si metteva a pomiciare in
cucina
con il vampiro che lo aveva ucciso.
No,
non con il vampiro che lo aveva ucciso; lei aveva baciato il nuovo
Damon, il
vero Damon, il suo Damon. Quello che da piccola le teneva compagnia di
notte,
che le scacciava i mostri da sotto il letto, che le
voleva bene. Quello era il Damon di cui avrebbe anche potuto
innamorarsi, l’unico.
Innamorarmi?
Sono già fregata fino a
questo punto? Sto già pensando ad una possibile storia
d’amore? Amore e Damon?
Bonnie
scosse la testa come a scacciare quell’idea; si stava
tormentando per una cosa
che forse non avrebbe avuto un futuro. Un bacio e non ce ne sarebbero
stati
altri. Non si voleva trasformare in una ragazzina depressa per colpa di
un
momento di debolezza. Aveva già fatto la vittima per troppo
tempo.
Rotolò
sul letto e si girò verso la finestra. Strabuzzò
gli occhi, e saltò in piedi:
la luna piena era alta nel cielo.
Damon
le aveva detto di andare da Meredith, perché sarebbe stato
più sicuro, ma se
n’era completamente scordata.
Doveva
uscire subito di casa e allontanarsi o avrebbe causato
l’ennesimo casino.
Udì
un botto al piano di sotto e impallidì.
Poteva
essere qualunque cosa: un libro caduto dalla libreria, un comunissimo
rumore
del legno, o forse erano tornati.
Con
passi incerti raggiunse la porta della sua stanza e
l’aprì; si appoggiò alla
ringhiera della scala e guardò in basso.
L’ingresso era deserto.
“Stefan?
… Damon?” provò a chiamarli sperando di
ricevere una loro risposta.
Poi
lo sentì, basso e intimidatorio, un ringhio.
Le
sembrò di volare mentre si fiondava di nuovo nella sua
camera chiudendo la
porta a chiave. Immediatamente si accinse ad aprire la finestra e a
sgattaiolare fuori. Passare per il tetto che ricopriva la veranda e
arrampicarsi giù dall’albero lì accanto
era la sua unica via d’uscita.
Appena
mise i piedi sulle prime tegole, trovò ad aspettarla una
brutta sorpresa: un
lupo sfondò il vetro della stanza accanto alla sua e le
bloccò la strada
digrignando i denti.
Alle
sua spalle sentì la porta spalancarsi per i colpi degli
artigli. Tornare
indietro non era, quindi, un’opzione e fece l’unica
cosa che le era concessa.
Si voltò e cominciò a correre lungo il tetto
pregando di trovare un’altra
finestra aperta in cui infilarsi per rientrare in casa e cercare una
via di
fuga.
Scivolò
un paio di volte e qualche tegola le scappò da sotto i
piedi. Dietro di lei i
lupi erano vicinissimi, non sapeva dire quanti fossero o se ce ne
fossero altri
anche nella villa. Al momento non le importava.
Ringraziò
il cielo quando scorse l’ultima finestra aperta e si
tuffò dentro cadendo sul
pavimento sgraziatamente. Si affrettò a richiuderla per
guadagnare un po’ di tempo
e si rimise a correre. Non ebbe altra scelta che salire fino al secondo
piano:
con la coda dell’occhio vide che altri lupi stavano popolando
il corridoio
impendendole il passaggio.
Oltrepassò
la camera di Damon e si chiuse dentro l’ultima stanza, un
po’ rialzata rispetto
alle altre, che loro usavano come magazzino. Conteneva tutti i ricordi
della
famiglia Salvatore da quando si era trasferita a Fell’s
Church.
Si
avvicinò alla finestra e guardò fuori: era troppo
alto per saltare e non si
sarebbe potuta aggrappare a niente per scendere almeno fino al tetto.
Era
spacciata. Non c’era scampo. Presto o tardi
l’avrebbero trovata e Bonnie non
osò immaginare che cosa avrebbero potuto farle.
L’unica
soluzione era usare il suo Potere speciale, ma non sarebbe servito a
niente.
Non si trattava di un lupo solo, come l’ultima volta; non
poteva tenere a bada
più lupi contemporaneamente, non si era esercitata
abbastanza.
Si
mise una mano sulla bocca per soffocare i singhiozzi che le premevano
in gola
per la paura. Inspirò profondamente cercando di calmarsi.
Bonnie?
La
ragazza si guardò intorno confusa e il suo cuore prese a
battere per la
speranza di non esserselo immaginato.
Bonnie,
mi senti?
Damon?
La
stava contattando telepaticamente, perciò non doveva
trovarsi molto lontano. La
rossa si accovacciò sotto al davanzale. Damon,
sei tu?
Sei
al Pensionato?
Sì,
squittì
sapendo che quella risposta
lo avrebbe fatto infuriare. Damon, hanno
circondato la casa, sono nascosta ma …
Un
botto e poi un altro. I lupi l’aveva individuata e stavano
cercando di entrare.
Merda,
Bonnie! Damon
aveva percepito l’aura
terrorizzata della strega e aveva intuito che cosa stava succedendo. Sto arrivano. Cerca di non farti ammazzare.
Come?!
Il
legno della porta scricchiolò pericolosamente.
Fa’
in fretta. Lo
scongiurò e non ricevette
risposta.
La
porta tremò ancora e gli artigli degli animali iniziarono a
conficcarsi nella
parte che stava cedendo.
Damon,
stanno per entrare.
Bonnie
non poté fare altro che rannicchiarsi ancora di
più, stringersi le ginocchia e
tenere gli occhi puntati sull’entrata. Dall’altra
parte i lupi ringhiavano.
Damon,
perché non rispondi?
Dove
diamine era? Nella foresta? Forse altri lupi lo avevano preso. Se gli
fosse
successo qualcosa per colpa sua, non se lo sarebbe mai perdonato. Ma
quanti ce
n’erano? Da quanto le aveva detto Tyler erano solo Layla e
suo padre.
La
porta si frantumò sotto le spinte feroci e uno dopo
l’altro entrarono: erano
cinque e si disposero in semicerchio attorno a lei.
Damon!
Bonnie
si alzò in piedi e sostenne lo sguardo di quello al centro,
che sembrava il
capo branco. Forse se fosse riuscire ad ipnotizzarlo ad andarsene, gli
altri lo
avrebbero imitato.
Damon!
Strillò
quando il lupo scoprì le sue
zanne e si avvicinò con movenze da cacciatore. I suoi
compagni si misero in
posizione di attacco, in attesa del segnale.
DAMON!
Si prese le testa tra le mani per
proteggerla e chiuse gli occhi d’istinto: il lupo aveva
piegato le zambe
posteriori e aveva spiccato un balzo verso di lei.
Bonnie
venne colpita in pieno fianco e credette che fosse questione di momenti
prima
che artigli e zanne le squarciassero la pelle.
Furono
delle mani, invece, ad arpionarla malamente per la vita e a trascinarla
nello
sgabuzzino della stanza.
Non
volle aprire gli occhi e continuò a respirare
affannosamente. Forse non sarebbe
morta sbranata da un lupo, ma di crepacuore.
“Cosa
non era chiaro della frase: va a dormire da Meredith?”.
Quasi
si sciolse al suono di quella voce.
Lo abbracciò per assicurarsi che fosse reale. Non si
ricordava nemmeno più del
bacio e di tutto l’imbarazzo che avrebbe dovuto provare. Era
solo contenta di
essere ancora viva e di averlo lì con lei.
“Grazie”
mormorò.
“Mi
hai preso per il tuo Salvatore
personale?” le chiese con sarcasmo senza riuscire,
però, a trattenere un
sorriso per il sollievo di essere arrivato in tempo.
La
porta che Damon aveva chiuso non avrebbe retto ancora molto e lui
sapeva qual
era l’unico modo per fare uscire Bonnie sana e salva.
“Sissi,
ascoltami bene” le ordinò “Promettimi
che qualunque cosa ti dirò, tu mi
ubbidirai”.
Bonnie
rispose flebilmente “Okay”; non voleva discutere e
non era nemmeno il momento
adatto. Mai avrebbe potuto immaginarsi il piano del vampiro o non
avrebbe
acconsentito nemmeno sotto tortura.
Damon
esitò a parlare; poteva essere l’ultimo istante in
cui avrebbe visto Bonnie. Le
accarezzò il viso, soffermandosi in particolare sugli zigomi
massaggiandoli e
asciugandole le lacrime. La baciò dolcemente, premendo le
labbra contro le sue,
scrivendosi nella memoria la morbidezza di quella pelle che forse
sarebbe stata
il suo unico conforto una volta caduto nell’abisso della
morte.
Perché
era lì che si stava dirigendo: dritto sulla falce della dea
nera.
“Non
uscire da qui finché non si farà giorno.
È me che vogliono, tu non c’entri
niente. Quando si sarà tutto calmato, chiama
Stefan”.
“Damon,
che … che stai dicendo?” domandò Bonnie
ancora senza fiato.
“Ti
voglio bene, Sissi” le confessò e in un battito di
ciglia lei si trovò sola.
“No”
sussurrò la rossa sentendo il rumore della porta che si
chiudeva a chiave “No!”
ripeté con più forza, tirando la maniglia
inutilmente.
Fu
presa dal panico, scioccata da quello cui aveva appena assistito.
Batté forte i
pungi contro la porta in un disperato tentativo di aprirla
“Damon!”.
Dall’altra
parte, nella stanza si sentivano i rumori della lotta, dei colpi, dei
ringhi e
infine quello che lei temeva maggiormente: un grido. E poi un altro e
un altro
ancora finché non ci fu pace dalle urla.
“No!
Damon, Damon!” tirò una spallata alla porta
“Apri questa dannata porta! Damon!
Non te la perdonerò mai! Damon, ti prego
…”.
Come
aveva potuto sacrificarsi così? L’aveva ingannata,
lei non glielo avrebbe
permesso se lo avesse saputo.
Riuscì
ad aprì la porta, con la forza di volontà o con
la sua magia … poco le importava,
ma non ebbe il tempo né di vedere né di fare
nulla perché venne sbattuta
indietro da un’ondata fortissima di Potere e
sbatté la testa contro la parete.
Svenne.
Riaprì
gli occhi a fatica e mise a fuoco la stanza. Non c’era
più nessuno. La luna
piena era ancora alta, perciò non doveva essere passato
molto. Forse i lupi
erano scappati spaventati dal Potere di Damon.
Damon!
Bonnie
scattò in piedi e corse in cerca del vampiro, senza fare
molta strada: era
steso lungo il pavimento del corridoio, poco più avanti.
“O
mio Dio” disse lei mentre lo stomaco le si rivoltava.
Damon
era straiato a terra, privo di coscienza e ricoperto interamente di
sangue. I
vestiti strappati e molte ferite sfiguravano la sua pelle bianchissima.
Molti
erano i morsi che lo deturpavano come una sentenza di morte.
Bonnie
si piegò su di lui e allungò la mano per toccarlo
ma tentennò: temeva perfino
di fargli male; come se le sue dita potessero fare peggio degli artigli
dei
licantropi.
“Damon”
lo chiamò con voce rotta “Non dovevi, non
… Perché?”.
Avrebbe
dovuto comportarsi per l’egoista che era, avrebbe dovuto
stare lontano dal
Pensionato, avrebbe dovuto scappare. Invece era tornato e rimasto. Per lei.
“Signora
Flowers, che cosa posso
fare esattamente con il mio Potere?”.
“Praticamente
tutto. Controlli
l’energia del cervello, che è il motore del
corpo”.
Le
tornò alla mente la conversazione del giorno prima con la
vecchia strega e fu
colta da un’illuminazione. Era un’idea assurda e
forse impraticabile, ma tanto
valeva provare.
Con
delicatezza gli circondò le tempie con le mani e si
concentrò, pregando perché
funzionasse. Si focalizzò per percepire l’energia
di Damon e quando l’avvertì
scorrere nella sua testa, iniziò a mandare telepaticamente
l’ordine.
“Ti
prego, ti prego … resisti, Damon, resta con me”
mormorò per fare forza più a se
stesse che a lui.
Il
volto del vampiro divenne mano a mano sempre più grigio e la
pelle si fece più
ruvida fino a raggrinzirsi. Era uno spettacolo straziante ma era anche
un buon
segno. Il sangue di Damon iniziò a scorrere fuori dai graffi
e dai morsi, e con
esso pure il veleno.
Bonnie
continuava a comandare al suo cervello di spingere fuori il sangue
così da
purificare il corpo dalla tossina dei lupi mannari. Lui
grugnì di dolore.
Era
una sofferenza ancora peggiore: si stava dissanguando, essiccando e
indebolendo. La sua forza vitale fluiva fuori dalle sue vene
lasciandolo privo
di forze. Bonnie cercò d’ignorare i suoi lamenti.
Una trasfusione di sangue era
la sua unica speranza di salvezza; una volta prosciugato del tutto,
avrebbe
potuto nutrirsi di nuovo e riacquistare vigore.
“Bon
–n … Bon- nie, smettila” le chiese in un
momento di lucidità ma perse subito
conoscenza.
“Sshh”
lo zittì dolcemente lei “Starai meglio, te lo
prometto”.
Le
lacrime seguitavano a scenderle ma non ci faceva più nemmeno
caso. Si rilassò
solo quando fu certa di aver concluso il suo compito e si
abbandonò ad un
pianto liberatorio appoggiando la testa sul torace del vampiro.
La
porta d’ingresso sbatté e la voce del minore dei
Salvatore rimbombò per il
Pensionato, chiamando lei e suo fratello.
“Stefan!”
urlò Bonnie felice di non essere più sola, felice
che ci fosse qualcuno ad
aiutarla. Guardò ancora una volta Damon che aveva tutto
l’aspetto di un morto e
l affanno s’impossessò nuovamente di lei.
“STEFAN!”.
Bonnie
non riusciva a dormire. Ad ogni singolo rumore, la sua testa scattava
in aria e
con i suoi Poteri scandagliava la casa in cerca di aure sospette.
La
luna piena era passata e i lupi erano tornati uomini; non
c’era più pericolo,
ma lei era letteralmente terrorizzata. E se fosse tornati per finire il
lavoro?
Non
avrebbe sopportato di vedere Damon sul punto di morire per la terza
volta in
due giorni. Se l’attacco di Liz aveva risvegliato qualcosa in
lei, facendole
finalmente capire quanto davvero tenesse a Damon, quello dei licantropi
l’aveva
mandata fuori di matto.
Era
stata sul punto di perdere la persona che più le stava a
cuore al mondo;
l’aveva salvato per un soffio e al solo pensiero le saliva un
groppo in gola.
Artigliò
il cuscino e lasciò cadere qualche lacrima per scaricare
l’angoscia che provava
ancora. Non riusciva a stare tranquilla, non riusciva a calmare la
paura.
Damon
era debole, praticamente privo di sangue. Chiunque avrebbe potuto
sopraffarlo
in quel momento, chiunque avrebbe potuto fargli del male.
Stefan
le aveva ordinato di non avvicinarsi alla camera del fratello
perché sarebbe
stato troppo pericoloso.
Damon
aveva sete, aveva bisogno di sangue umano ed avere intorno una giovane
ragazza,
in piena salute, con le vene pulsanti sarebbe stato un richiamo troppo
forte da
combattere nelle sue condizioni.
Il
minore del Salvatore l’aveva nutrito con copiose sacche di
sangue, ma Bonnie
sapeva che soltanto del sangue fresco lo avrebbe messo completamente,
di nuovo,
in forze.
Quando
si trattava di proteggerla, Damon era sempre stato in prima linea, come
a
Greensboro: si era quasi fatto ammazzare per impedire che quei vampiri
la
mordessero. Quel giorno si era comportato allo stesso modo: si era
buttato in
mezzo a un branco di lupi per salvarla, pur sapendo che anche solo un
morso gli
sarebbe stato fatale.
Davvero
lei se ne sarebbe stata rintanata in camera, lasciandolo soffrire
dolori atroci
per tutto il sangue che aveva perso, solamente perché Stefan
le aveva detto di
stare lontana? C’era il rischio di venire prosciugata, e
allora? Damon non
aveva forse corso lo stesso pericolo?
No,
Damon aveva fatto molto di più: per un vampiro lanciarsi tra
i lupi mannari costituiva
una sentenza di morte; non c’era la possibilità di
restare uccisi, c’era la
certezza assoluta.
Bonnie
mise un piede giù dal letto e poi l’altro. Mosse
lentamente dei passi fino alla
porta e uscì in corridoio. Sembrava tutto deserto e
tranquillo. Non aveva
controllato l’ora, ma doveva essere tardi.
Sperò
con tutto il cuore che Stefan stesse dormendo, che non la beccasse
rispedendola
in camera. Salì le scale con movenze felpate, per quanto
poteva, e si maledì
per ogni scricchiolio del legno. Era arrivata al secondo piano, quasi
alla
stanza del vampiro. Non poteva fermarsi adesso.
Quando
girò la maniglia della porta spalancandola,
ringraziò che una delle tende non
fosse stata tirata; la luce della luna illuminava tenuemente la stanza
e Bonnie
non dovette nemmeno sforzare gli occhi per vedere dove metteva i piedi.
Si
avvicinò al letto: Damon era steso sulla schiena, il capo
voltato dall’altra
parte.
Con
quella luce surreale appariva perfino più pallido del solito
e tremava, scosso
dai tremiti del freddo. Era impressionante come la mancanza di sangue
delle
vene gli procurasse reazione del tutto umane. Bonnie non
l’aveva mai visto così
vulnerabile; sembrava un bambino in preda alla febbre. A guardarlo
così,
nessuno avrebbe pensato di trovarsi davanti ad un pericoloso vampiro.
Bonnie
non sapeva bene come muoversi: non voleva svegliarlo bruscamente, non
voleva
agitarlo né aizzarlo. Doveva procedere cauta.
Si
accinse a chiudere la porta e quando si girò di nuovo, venne
pietrificata dagli
occhi di Damon. Era steso su un fianco verso di lei, con la testa
appoggiata sul
braccio sinistro. La fissava intensamente, ma non con sguardo da
cacciatore.
Sembrava piuttosto curioso di vederla lì. Era stanco e
provato, ma il suo
cervello funzionava perfettamente e se ne avesse avuto la forza le
avrebbe
urlato di andarsene. Perché quella ragazzina doveva sempre
correre in braccio
al pericolo?
Bonnie
trattenne il respiro; non si aspettava di doverlo affrontare
così presto. Era
ancora molto vicino alla porta, le sarebbe bastato voltarsi e scappare
in
camera.
Aveva
fiducia in Damon: non le avrebbe mai fatto del male, sebbene non avesse
il
pieno controllo dei suoi istinti.
La
ragazza camminò un po’ incerta verso il letto,
mordicchiandosi il labbro
inferiore con i denti. Damon non la perse di vista nemmeno un secondo e
ghignò
impercettibilmente. Nemmeno si rendeva conto di quanto fosse invitante
coperta
solo da una canotta scura e pantaloncini abbinati e quella tortura al
suo
labbro non aveva altro effetto che stuzzicargli i sensi.
Forse
non l’avrebbe uccisa quella sera, ma Damon si ripromise di
farlo non appena gli
fossero ritornate le forze. Come faceva ad essere così
sprovveduta! Era come
immergersi in acque piene di squali con una ferita sanguinante sulla
gamba. Un suicidio!
Continuò
ad osservare le sue mosse tentando di capire quali fossero le sue
intenzioni.
Perché aveva l’impressione che non si sarebbe
limitata ad accertarsi delle sue
condizioni fisiche?
Bonnie
s’inginocchiò ai piedi del letto, senza che i suoi
occhioni da cerbiatto
lasciassero quelli neri del vampiro.
Bambi.
Ecco a chi assomigliava; ad un povero Bambi indifeso davanti al
cacciatore. Perché deve sempre
mettersi nei guai, con
tutta la fatica che faccio per tenerla in vita? Pensò
Damon seccato. Rimase
esterrefatto quando la vide abbassare lo sguardo imbarazzata e spostare
i
capelli rossi a lato per esporre il suo collo bianco da ballerina.
Il
vampiro contrasse la mascella, intuendo solo in quel momento il
significato di
quel gesto. Era impazzita del tutto?
Bonnie
rialzò il capo facendo incontrare i loro sguardi ancora una
volta. Sembrò
pregarlo, invitarlo con gli occhi a morderla. Quei suoi grandi occhi
così
sinceri.
Damon
perse il lume della ragione. Scattò verso di lei, la
afferrò per le spalle e la
trascinò sul materasso. Ora era rannicchiata sotto di lui,
aveva il respiro
affannato ma non accennava a voler scappare. Era andata per donargli il
suo
sangue e sarebbe rimasta finché non avesse ottenuto il suo
scopo. A tutti i
costi.
Calò
velocemente su di lei, come un corvo, e Bonnie strinse istintivamente
le
lenzuola preparandosi al morso. Spalancò gli occhi quando la
bocca di Damon si
unì con la sua, lambendole le labbra, con movenze dolci ma
esigenti.
Le
mani della ragazza si chiusero tra i capelli del vampiro e lo
attirarono più
vicino, mentre i due corpi si stendevano uno sull’altro sui
cuscini.
Damon
strinse la vita della giovane, alzandole leggermente il bacino tanto da
farlo
sfregare contro il suo. Bonnie gemette per la sorpresa e lui per il
desiderio.
La
voleva, la voleva. Dio, quanto la
voleva.
Il
labbro inferiore della rossa sapeva di ferro per via delle piccole
ferite che
lei stessa si era procurata; tanto bastò per risvegliare la
sua sete di sangue.
Le
sue labbra si spostarono a sfiorare la linea della mascella e poi il
collo,
fino a fermarsi e succhiare il punto in cui la vena pulsava
maggiormente.
Damon
continuò a stuzzicarle la pelle mentre attendeva un
qualsiasi segnale che gli
desse il via libera ad affondare i denti.
Il
profumo del sangue era forte e anche il bisogno, ma in qualche modo
riusciva a
mantenere un certo autocontrollo e non avrebbe fatto niente se lei non
avesse
voluto.
Bonnie
piegò leggermente il collo e chiuse gli occhi un
po’ per l’ansia dell’attesa,
un po’ per la voglia che cresceva in lei.
Si
ricordò dell’hostess; non le era parsa una cosa
dolorosa, tutt’altro. Sembrava
quasi un’esperienza ogni oltre piacere.
Lei non era stata soggiogata e non si trovava intrappolata
da un vampiro
qualunque. Questo era Damon.
“Fa
male solo se non lo vuoi, se lo
combatti”. Le
aveva detto qualche
giorno prima, in Scozia.
Lo
voleva? Oh, sì. Non era
solo per la propria
curiosità, ma anche per lui, perché guarisse
più velocemente.
“Fa’
piano” gli sussurrò.
Damon
esitò un attimo,
poi si concentrò su quella pelle nivea e sentì il
sangue scorrergli agli occhi
e i canini sporgere famelici. Con estrema lentezza e delicatezza
graffiò la
pelle tesa del collo fino a bucarla quel tanto che bastava per
succhiare il
sangue.
Nessuno
prima aveva mai
assaggiato la linfa vitale di Bonnie e lei era sempre stata piena di
dubbi su
come sarebbe stato. Damon voleva essere dolce e travolgente allo stesso
tempo,
voleva farle conoscere una nuova intimità che poteva
apparire spaventosa, ma
che in realtà era bellissima.
Doveva
diventare il
ricordo più prezioso per Bonnie. Non lascivo o sporco;
doveva essere puro e
naturale.
La
strega si contorse di
poco, tentando di sottrarsi inconsapevolmente. Non le faceva male, era
piuttosto un fastidio, come se stessero cercando di portarle via
qualcosa di
suo. Ma presto quella sensazione sgradevole sfumò: il suo
cuore prese a battere
più velocemente e Bonnie venne colpita da un piacere
inaspettato. Era come se
il suo corpo fosse improvvisamente divenuto sensibile ad ogni minimo
tocco,
come se ogni punto fosse accarezzato dalle labbra di Damon, come se si
stesse
per sciogliere da un momento all’altro. Strinse le mani
ancora nei suoi capelli
e li tirò quasi a reggersi, perché non credeva di
poter resistere a
quell’assalto di emozioni.
Damon
sorrise contro il
suo collo, soddisfatto dell’effetto ottenuto. Lui
d’altra parte non poteva
sentirsi più vivo. Il sangue umano fresco di per
sé portava una forza immensa,
ma quello di Bonnie era una scarica di adrenalina. Era ricco dei suoi
Poteri,
non solo da strega, ma anche di tutta l’energia che aveva
accumulato.
Era
intossicante e il
vampiro venne investito e accecato dalla potenza dell’aura
bianca e luminosa di
Bonnie. Ora quella lucentezza scorreva nelle sue vene.
Di
malavoglia abbandonò
quel dolce nettare e liberò la ragazza dalla sua stretta.
Non si rese conto di
aver mantenuto i suoi lineamenti da vampiro fino a quando le mani di
lei non li
andarono a delineare con tocchi leggeri. Credeva che Bonnie si sarebbe
spaventata a morte vedendolo per il mostro che in realtà
era; e invece stava
esplorando il suo viso, con un’espressione curiosa e
affascinata.
Damon
perse la testa.
Voleva di più, non solo il sangue. Voleva essere il suo
primo in tutti modi
umanamente possibili.
Congiunse
le loro bocche
di nuovo e, come quel pomeriggio in cucina, non si
risparmiò. Appena ne ebbe la
possibilità, intrufolò la sua lingua smaniando
per quella di lei e Bonnie non
gliela rifiutò.
Le
sue mani dai fianchi
risalirono per strusciare ai lati del suo seno e poi ancora
giù, indugiando
qualche momento sull’elastico dei pantaloncini, e alla fine
glieli sfilò per quanto
poté. Bonnie lo aiutò facendoli scendere lungo le
gambe e calciandoli via.
Sapeva
in che guai si
stava cacciando e aveva ancora tempo di fuggire via, nessuno la stava
obbligando a fare niente. Le sue gambe erano molli e non accennavano a
muoversi
per scendere dal letto e la sua mente era talmente annebbiata che aveva
annullato ogni pensiero sensato.
Damon
le alzò il bordo
della canotta e le leccò l’ombelico per poi
prendersi cura di tutta la pelle
attorno. Bonnie s’inarcò e si morse un labbro
appena in tempo prima che un
miagolio le scappasse.
Capì
che le sue chance di
tornare indietro erano ormai passate quando le dita di lui
s’insinuarono tra le
sue mutande e le tirarono verso il basso, con una calma esasperante.
Ok,
Bonnie, ora o mai più. Te ne vuoi
andare? Le chiese
quell’ultimo barlume di lucidità
rimastole. Damon la baciò di nuovo, sospirando sulle sue
labbra.
Assolutamente
no!
“Oh, you’re
in my veins, and I cannot get
you out
Oh, you’re all I taste, at night inside of my mouth
Oh, you run away, cause I am not what you found
Oh, you’re in my veins, and I cannot get you out”
(In my veins- Andrew Belle).
Il
mio spazio:
Ok,
vi do cinque secondi
per riprendervi dallo shock (sempre che ci sia!).
1
2
3
4
5
Credo
di dovervi dare un
paio di spiegazione e inizierei dalla scena finale, sulla quale ho
meditato a
lungo.
Non
sono una grande fan
delle storie in cui i protagonisti in due settimane non solo si giurano
amore
eterno, ma programmano già matrimonio, figli e animali
annessi. Per cui vi
sembrerò totalmente impazzita perché nel giro di
due capitoli Bonnie e Damon si
sono baciati, lei gli ha permesso di bere il suo sangue e sono andati
proprio fino
in fondo.
Quell’ultima
scena era
nei miei progetti fin da quando scrissi i primi capitoli ma al momento
di
inserirla qui ho esitato, perché avevo paura che fosse
troppo affrettato. Poi mi
sono mi sono immaginata la scena: stanza buia, Damon ancora debole,
Bonnie che
gli offre spontaneamente il sangue per guarirlo, l’attrazione
che cresce; io
non mi sarei tirata indietro, non vedo per quale motivo privare Bonnie
di
questo piacere.
Ho
seguito il mio istinto
e non l’ho cancellata. Spero di non avervi deluso; altrimenti
mi auguro che
continuiate a seguirmi in modo che io possa rimediare.
Ho
costruito il loro
rapporto in modo strano; se avete notato ogni volta che si sono aperti
l’uno
con l’altra è stato in seguito ad un grande
pericolo o ad un evento
emotivamente importante.
L’attacco
dei lupi li ha
portati a unirsi in tutti i modi possibili e questo che cosa
comporterà? Cosa cambierà
tra loro?
Anche
la scena nello
sgabuzzino forse è un po’ tragica, ma erano
davvero in un momento tra la vita e
la morte. Damon non ha avuto molto tempo per pensare e non voleva
andarsene
senza prima aver fatto sapere a Bonnie quanto lui le voglia bene.
chissà se
ritratterà tutto nel prossimo capitolo?
Ora
vi do qualche
comunicazione di servizio: il prossimo aggiornamento
arriverà venerdì 22 giugno,
se tutto fila liscio.
Per
quanto riguarda Crazy
Little Thing Called Love dovrete aspettare fin dopo il 27 giugno. Mi
dispiace
davvero molto, ma quella settimana ho due esami e ho bisogno della
mente libera
per scrivere il secondo capitolo. Dopo quella data lavorerò
anche a questa
storia.
Grazie
mille a tutti voi che
mi seguite e che commentate! Ci vediamo tra due settimane.
Un
Bacio,
Fran
;)
*Cockblocker:
non saprei come
tradurlo in italiano. È un’espressione
inglese che si usa per indicare qualcuno quando interrompe una
situazione
intima.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** Sinners are much more fun ***
Ashes &Wine
Capitolo ventinove: Sinners are much more
fun.
“They say there's a heaven for those
who will wait
Some say it's better but I say it ain't
I'd rather laugh with the sinners than cry with the saints
Sinners are much more fun
And only the good die young”
(Only the good die young- Billy
Joel).
Bonnie
chiuse gli occhi con un po’ di
fastidio, il respiro le si bloccò in gola e
piantò le unghie nelle spalle di
Damon, mentre la mano di lui l’accarezzava dove nessuno aveva
mai osato.
“Damon”.
Le
dita del vampiro non si fermarono
finché non furono avvolte dal calore di quelle zone
totalmente inesplorate e si
mossero senza fretta, dando a Bonnie il tempo di prendere confidenza
con quelle
nuove sensazioni.
La
ragazza, quasi istintivamente, alzò
di poco il bacino, andando incontro a quella deliziosa tortura. Damon
le baciò
una guancia.
Bonnie
si svegliò di
soprassalto e strinse la federa del cuscino, in un gesto che rasentava
l’isterico.
Era arrivata davvero a quel punto? A fare sogni erotici su Damon? Aveva
accettato neanche un giorno prima di provare qualcosa per lui e
già passava ad
immaginarsi le scenette intime e romantiche?
Si
girò a pancia in su e
i suoi occhi si trovarono a fissare un lampadario che non era quello
della sua
stanza. Aggrottò le sopracciglia e si tirò sui
gomiti; l’aria passò sotto alle
coperte alzate e lei si sentì improvvisamente … fresca?
Con
estrema lentezza,
quasi non volesse scoprilo, fece scorrere una mano su di sé
e si rese conto che
canotta e pantaloncini, ma soprattutto mutande, non erano dove
avrebbero
dovuto.
Con
la coda dell’occhio,
vide un braccio alzarsi accanto a lei e posarsi pesantemente
sull’altro
cuscino.
Lampadario.
Altro cuscino. Braccio non
suo. Niente vestiti. Questi
indizi non
avrebbero portato a nulla di buono.
Se
ne sarebbe pentita, lo
sapeva, ma si fece coraggio e spostò lo sguardo verso
l’altro occupante del
letto: Damon Salvatore, steso a pancia in giù, braccia
alzate sotto la testa,
viso voltato dall’altra parte; il lenzuolo lo copriva da
età schiena in giù e
aveva tutta l’aria di essere nudo pure lui.
Cazzo.
Fu
l’unico pensiero che Bonnie riuscì a
formulare; quanto mai appropriato alla situazione, se proprio si voleva
essere
maliziosi.
Ci
mancò poco che si
mettesse ad urlare, buttando giù dal letto lui e se stessa,
ma si morse la
lingua.
Il
suo cuore iniziò a
battere così forte da arrivarle in gola in un nanosecondo,
mentre il suo
cervello cercava di elaborare le informazioni appena raccolte per
trarne una
conclusione. Non serviva certo un genio per capire che Bonnie non aveva
sognato
un bel niente; Bonnie aveva fatto proprio
tutto!
Doveva
andarsene prima
che Damon si svegliasse. Non voleva affrontarlo subito, non ne avrebbe
avuto la
forza.
Era
così imbarazzata e
scioccata che non sarebbe nemmeno riuscita a parlare. Per dirgli cosa,
poi?
Come ci si doveva comportare dopo aver donato la propria verginità
all’uomo che fino a due mesi prima
era come uno zio e che, per di più, era innamorato di
un’altra ragazza?
Bonnie
scosse la testa;
detta così sembrava una cosa completamente malata.
Scannerizzò
la stanza in
cerca dei suoi indumenti; individuò la maglietta per terra,
poco lontano dal
letto e a pochi metri c’erano i pantaloncini.
Con
cautela scivolò fuori
dalle coperte e gattonò fino a raggiungere i suoi vestiti.
Si sentiva
tremendamente a disagio a dover girare per la stanza nuda ed esposta,
ma non
ebbe altra scelta. Indossò la canotta, prese gli shorts e si
guardò intorno.
Dov’erano finite le sue mutande? Sbiancò
ricordando improvvisamente dove fossero
nascoste: in fondo al materasso, sommerse da strati di tessuto,
bloccate dal
corpo di Damon.
S’infilò
i pantaloncini rassegnata.
Non poteva prenderle o lo avrebbe svegliato.
Stava
scappando come una
ladra, stava facendo la camminata della vergogna via da quella stanza e
non ne
era per niente fiera. Che altro poteva fare? Non avrebbe sopportato di
sentirsi
dire che era stata solo una notte, un errore. Non voleva vedere il
pentimento
stampato sulla faccia di Damon.
Controllò
per un’ultima
volta che il vampiro fosse ancora beatamente addormentato e
uscì, richiudendo
la porta con estrema delicatezza.
“Bonnie?”.
Oh
no. Non quella voce!
Non lei.
“Elena”
tentò di darsi un
contegno “Cosa … cosa ci fai qui?”.
Non
sei per niente convincente, Bonnie!
La
rimproverò la sua
coscienza.
“Sono
venuta per Stefan;
dovrei parlargli. Stai bene?” le chiese notando
l’agitazione dell’amica. La
squadrò da capo a piedi e si sorprese di trovarla
così poco vestita fuori dalla
stanza di Damon.
“Non
è in camera sua?”
replicò Bonnie con nonchalance.
“No,
sono appena passata
ora ma è vuota. Volevo vedere se era nello studio. Bonnie,
sei sicura di
sentirti bene? Perché sei qui?”.
“Sono
venuta a vedere
come stava Damon” rispose la rossa senza riuscire a
dissimulare come avrebbe
dovuto “Non so dove sia Stefan, non lo vedo da ieri sera.
Forse è giù in
salone” suppose per invogliare la bionda a scendere con lei e
fece un passo con
la chiara intenzione di allontanarsi, ma Elena le prese un braccio
“O mio Dio,
che cos’hai lì?”.
Bonnie
non capì subito ma
le bastò seguire gli occhi dell’altra ragazza.
Portò una mano sul collo e
nascose il morso e la pelle ancora rossa per il sangue che si era
depositato e
seccato.
“Non
è niente”. Questa
sì che è una bugia credibile!
“Damon
ti ha fatto
questo? Ti ha morso?” insistette l’amica
scostandole i capelli per esaminare
meglio il collo “Ti ha obbligata?”
domandò apprensiva temendo il peggio.
“No,
Elena” la interruppe
Bonnie scostandosi “Non è stato lui. Io
… aveva bisogno di sangue. Non mi ha
costretta; sono venuta io nella sua stanza”.
Se
è per questo, sei venuta anche nel
mio letto. La
voce di Damon le
rimbombò in testa e la strega divenne di pietra.
Pregò di essersela immaginata,
ma sapeva perfettamente che il vampiro si stava godendo tutta la scena
grazie
al suo udito super sviluppato. Quel commento la fece tendere come una
corda di
violino e il suo viso arrossì a tal punto che fu impossibile
distinguerlo dai
capelli.
Dopo
un istante la porta
alla sue spalle si aprì “Ti sei dimenticata
queste, cara”.
Damon
allungò una mano
oltre la spalla della giovane e le sventolò davanti agli
occhi le mutande
infami.
Elena
impiegò meno di un
secondo per collegare tutto: il morso, le mutande, Damon a torso nudo
nascosto
parzialmente dietro una Bonnie vestita poco di più.
Spalancò la bocca,
incredula. Mai nella vita avrebbe pensato di assistere ad una scena
simile.
Bonnie
inspirò nervosamente,
poi strappò le mutande dalle mani del vampiro e senza
girarsi marciò via da
quei due, decisa a rintanarsi nella sua stanza per non uscire mai
più!
Senza
più la rossa a fare
da scudo a Damon, Elena poté appurare che il torso non era
l’unica cosa ad
essere nuda del vampiro. Lui se ne stava in piedi, in tutta la sua
gloria, come
mamma l’aveva generato, senza un minimo di pudore.
Elena
restò immobile
fissando il corpo davanti a lei, senza tuttavia mettere a fuoco niente
in
particolare. Era troppo scioccata e intontita.
“Vuoi
un poster?” fu la
domanda derisoria di Damon.
Finalmente
Elena sembrò
prendere atto di ciò che stava accadendo sotto i suoi occhi
e voltandosi
dall’altra parte urlò con tono scandalizzato
“Copriti!!!!!”.
Il
vampiro ghignò,
soddisfatto come non mai e si ritirò nella pace della sua
camera, lasciando
Elena alle prese con l’infarto che da lì a poco
l’avrebbe colta.
Si
ributtò sul materasso
e per la prima dopo tanto tempo, un sorriso vero gli dipinse le labbra,
luminoso e sincero.
Sul
cuscino accanto al
suo c’era una macchia rossa che ancora profumava di Bonnie e
più in basso un
altro tipo di sangue colorava le lenzuola non più
immacolate. Damon schioccò la
lingua contro il palato. Quella era stata una notte epica sotto tutti i
punti
di vista. Già se ne figurava molte altre.
Si
spostò sul fianco,
reggendosi la testa con la mano e si perse contemplando il lato dove
poco prima
dormiva beatamente la ragazza. Damon si lasciò trasportare
dai ricordi.
Avrebbe
davvero volto dirle di
smetterla di mordersi quel dannato labbro, di liberare la tensione,
gemere,
urlare, di non trattenersi; ma non lo fece.
Riusciva
ad essere pudica e timida
anche in quel preciso atto. Lui non voleva sporcarla né
forzarla. Con lei era
giusto così: Bonnie non era un’esibizionista, non
era volgare, non esagerava.
Si vergognava di sciogliersi in suoni troppo osceni e Damon la trovava
assolutamente adorabile.
Lasciò
che le braccia serpeggiassero
dietro e intorno alla schiena di Bonnie e con uno scatto si
tirò a sedere
portandosela al petto.
Lei
boccheggiò per il cambio di
posizione e il vampiro fermò ogni movimento per permetterle
di abituarsi.
Le
accarezzò dolcemente la schiena e si
chiese se stesse andando troppo in fretta, se fosse il caso di
interrompere
tutto perché forse lei non era pronta, forse si era fatta
trascinare in
qualcosa di troppo incontrollabile “Bonnie
….”.
“Non
ti fermare” fu l’ordine della rossa.
Damon
fece scorrere la mano fino a
raggiungere la sua nuca e la obbligò a piegare di poco la
testa, giusto per far
toccare le due fronti. Lei s’inclinò ancora di
più e si baciarono di nuovo. Con
l’altra mano, rimasta appena sopra il sedere, il vampiro la
guidò nelle spinte
e per un po’ le lasciò condurre il gioco, le
lasciò prendere il suo tempo.
Voleva accertarsi che anche lei traesse il suo piacere, come
più desiderava.
Fu
la prima a rompere il contatto tra
le loro bocche ma solo per rivolgergli un sorriso così
luminoso e contento che
Damon restò spiazzato per qualche secondo.
Riprese
subito il controllo di sé,
ricongiungendo le loro labbra e la premette ancora una volta sul
materasso. Bonnie
accettò senza obiezioni quel nuovo ritmo, più
esigente e profondo; un po’
impacciata piegò le gambe e le allacciò intorno
ai fianchi di Damon. Lui quasi
non se ne accorse, drogato del sangue della strega e perso in lei.
Finalmente,
tra il bacio e l’altro, le sfuggì un gemito.
Dolce
melodia.
Alla
fine non aveva urlato.
Solo qualche gemito le era scappato dalle labbra e Damon non credeva di
aver
sentito niente di più vero.
Era
stato con molte donne
nella sua lunga vita e la maggior parte si erano contorte come
serpenti,
avevano strillato tanto da spaccargli i timpani, troppo arrendevoli,
lascive e
rumorose. Erano un vero toccasana per la sua reputazione di amante, ma
alla
lunga stufavano.
Il
vampiro non ricordava
nemmeno l’ultima volta che si era veramente goduto
quell’atto. Il piacere era
ingannevole, durava talmente poco che quasi passava inosservato, e per
raggiungere l’apice Damon era costretto ad inebriarsi
totalmente del sangue
della sua vittima.
Forse
la differenza stava
proprio lì: Bonnie non era una preda.
Da
tanto tempo ormai il
vampiro considerava il sesso un passatempo, un elemento accessorio per
arricchire la sua caccia. Il pensiero di affondare in un corpo caldo
non poteva
soddisfarlo quanto affondare i suoi canini in un collo morbido. Nessuna
donna
lo aveva attratto per un mero piacere fisico e umano.
Elena
era stata l’unica a
suscitargli certe fantasie, ma inizialmente anche con lei era stata
solo una
questione di sangue. L’aveva costretta a donargli la sua
linfa vitale per
compiacere una sua brama. Il desiderio fisico era arrivato dopo.
Non
si sarebbe mai
aspettato, però, neanche nei suoi sogni più
maliziosi, che sarebbe stata
proprio Bonnie a risvegliare i suoi istinti di uomo.
Mai
una volta aveva osato
pensare di morderla, di usarla per sfamarsi. Bonnie non era mai stata
una sua
vittima.
La
notte precedente,
quando gli si era presentata in camera ai piedi del letto, avrebbe
voluto
strozzarla con le sue mani per essersi messa in una situazione
così pericolosa
e compromettente.
Lui
non voleva farle
male, non voleva segnare la sua pelle candida né usare il
suo sangue a proprio
vantaggio.
Quale
mostro avrebbe
potuto trattarla in quel modo barbaro? Lei che era solamente una
bambina.
Va
bene; forse non
proprio una bambina considerando tutte le cose che le aveva fatto, ma
comunque
restava l’incarnazione dell’innocenza. Damon si
sentiva come se avesse
profanato qualcosa di sacro. Non poteva, però, negare che ne
avesse adorato
ogni singolo istante e l’avrebbe fatto e rifatto cento volte.
Chi
avrebbe mai
immaginato che Bonnie, sotto di lui, nuda, totalmente indifesa e un
po’
imbarazzata si sarebbe dimostrata molto più provocante di
tutte le modelle in
lingerie che si era portato a letto.
Non
sapeva che cosa
stesse succedendo tra loro; sapeva solo che non si sarebbe tirato
indietro. Non
era pentito e voleva esplorare quelle nuove sensazioni.
L’umiliante
rifiuto di
Elena incombeva ancora su di lui e bruciava, ma non lo opprimeva come
si
sarebbe aspettato. Quella mattina si era svegliato con la voglia di
sorridere
ed era merito di Bonnie. Sarebbe stato un pazzo ad allontanarla proprio
quando
aveva capito quanto bene potesse fargli.
Forse
per Bonnie sarebbe
stato meglio il contrario, forse avrebbe dovuto fermare la cosa ora che
ne
aveva ancora tempo, ma Damon era un vampiro egoista e non voleva
rinunciare a
quel sollievo che gli aveva circondato il cuore.
E
qualunque cosa fosse,
pregò perché non finisse mai.
Bonnie,
dopo aver
lasciato Damon a sbrigarsela con Elena, corse nel suo bagno e si
guardò allo
specchio.
Il
morso si era
rimarginato un po’ ma era ancora evidente, soprattutto per il
sangue che le si
era seccato intorno. Non poteva essere guarito del tutto
perché non avevano
fatto un vero scambio, Damon non le aveva dato il suo.
Elena
una volta le aveva
raccontato che per un vampiro scambiare il sangue era il massimo dei
piacere e
che stabiliva una connessione. La maggior parte di loro sceglieva di
suggellare
il loro amore condividendo col la compagna anche i pensieri
più intimi e
nascosti. Altre volte quegli scambi portavano al progressivo
Cambiamento, fino
alla vampirizzazione completa dopo la morte.
Damon
non era innamorato
di lei e non voleva trasformarla; era più che logico che non
le avesse permesso
di bere il suo sangue.
Eppure
quella notte era
stata come lei se l’era sempre sognata.
Damon
congiunse le loro bocche di nuovo
e, come quel pomeriggio in cucina, non si risparmiò. Appena
ne ebbe la
possibilità, intrufolò la sua lingua smaniando
per quella di lei e Bonnie non
gliela rifiutò.
Le
sue mani dai fianchi risalirono per
strusciare ai lati del suo seno e poi ancora giù, indugiando
qualche momento
sull’elastico dei pantaloncini, e alla fine glieli
sfilò per quanto poté.
Bonnie lo aiutò facendoli scendere lungo le gambe e
calciandoli via.
Sapeva
in che guai si stava cacciando e
aveva ancora tempo di fuggire via, nessuno la stava obbligando a fare
niente.
Le sue gambe erano molli e non accennavano a muoversi per scendere dal
letto e
la sua mente era talmente annebbiata che aveva annullato ogni pensiero
sensato.
Damon
le alzò il bordo della canotta e
le leccò l’ombelico per poi prendersi cura di
tutta la pelle attorno. Bonnie
s’inarcò e si morse un labbro appena in tempo
prima che un miagolio le
scappasse.
Capì
che le sue chance di tornare
indietro erano ormai passate quando le dita di lui
s’insinuarono tra le sue mutande
e le tirarono verso il basso, con una calma esasperante.
Ok,
Bonnie, ora o mai
più. Te ne vuoi andare? Le chiese
quell’ultimo barlume di lucidità
rimastole. Damon la baciò di nuovo, sospirando sulle sue
labbra.
Assolutamente
no!
Non
si rese conto di non indossare più
nemmeno la canotta finché non la vide volare oltre le spalle
del vampiro.
Si
portò le braccia davanti al seno per
coprirlo. Se n’era sempre vergognata perché era
piccolo. Sapeva di non avere
delle forme molto femminili e non le piaceva mostrarlo; capitava che si
sentisse a disagio anche in costume.
Damon
le prese i polsi e delicatamente
la obbligò ad aprire le braccia. Non disse una parola,
nessun banalissimo “Sei
bellissima”. Si limitò a
far scorrere il suo sguardo per tutto il suo corpo ormai
nudo. Non aveva mai visto niente di così piccolo e fragile e
con una mano le
sfiorò lo sterno, per poi scendere al ventre piatto e ancora
su fino al collo.
Glielo massaggiò e le sue labbra si piegarono
all’insù, intenerite. Bonnie era
la prima ragazza che si concedeva a lui di sua spontanea
volontà pur sapendo
che razza di mostro fosse.
La
rossa, sempre un po’ incerta, liberò
anche l’altra mano dalla stretta del vampiro e raggiunse
l’orlo della sua
maglia. Insinuò le dita sotto ed esplorò la
schiena, risalendo e portando con
sé la stoffa dell’indumento.
Damon
se ne disfò in fretta e
finalmente Bonnie poté sentire le loro pelli venire a
contatto. Il vampiro
iniziò a
lasciare dei dolci baci per
tutte le spalle, il collo e il viso, mentre le loro dita si andarono ad
intrecciare.
Bonnie
strinse così forte che le nocche
diventarono bianche e lo stesso fece Damon. Le sarebbero rimasti i
segni,
sicuramente.
Bonnie
esaminò le sue
mani ma non vide nessun rossore, anche se le faceva un po’
male piegare le dita.
Tornò
in camera e prese
il grimorio che le aveva prestato la signora Flowers in cerca di un
incantesimo
per far sparire quel morso. Voleva evitare che la notizia si espandesse
per
tutta Fell’s Church nel giro di dieci minuti.
Elena
li aveva beccati in
pieno e Stefan sicuramente lo sapeva già o
l’avrebbe scoperto presto. Già se li
immaginava, uno di fianco all’altro, a farle la paternale
come due genitori.
Si
passò una mano nei
capelli e si sedette a terra, con il grosso tomo posato sulle ginocchia
incrociate.
Sfogliava le pagine ma non leggeva niente. La sua testa era ancora da
un’altra
parte.
Come
le era venuto in
mente di spingersi così in là con Damon?
Com’era possibile che una cotta
scoperta appena pochi giorni prima si fosse infiammata a tal punto?
Avrebbe
voluto
rimpiangere tutto, ma la realtà era ben diversa: il suo
cuore non poteva essere
più felice ed si congratulava per aver preso la decisione
giusta.
Povero
stupido.
Lo derise lei. Non sai che finirai in mille
pezzi?
Bonnie
aveva visto come
si era comportato Damon non appena aveva percepito la presenza di Elena
fuori
dalla porta: non aveva esitato a sbandierare le sue mutande come se
fossero un
trofeo, senza riguardi per la sua riservatezza. Non aveva pensato che
forse
Bonnie avrebbe preferito tenere il segreto; no! L’importante
era sbatterlo in
faccia ad Elena, farla ingelosire e punirla.
Forse
stava lavorando
troppo con la fantasia, forse era stata semplicemente una mossa da
Damon, uno
scherzo.
Qualcosa
dentro di lei
l’avvisa di non essere così ottimista;
dall’altro lato non poteva credere che
il vampiro l’avesse usata in quel modo, non dopo aver
affrontato da solo un
branco di lupi per salvarla.
Il
dubbio, però,
rimaneva. L’unico modo per toglierselo definitivamente
sarebbe stato parlarne
direttamente con lui, ma non ne aveva il coraggio.
Un
po’ perché temeva di
mettersi ancor di più in imbarazzo, un po’
perché non si fidava nemmeno di se
stessa. Damon aveva destato in lei emozioni incontrollabili e sarebbe
stata
capace di saltargli addosso se si fossero ritrovati di nuovo soli in
una
stanza.
Il
vampiro l’aveva accesa
come un fiammifero. Era bastato un piccolo strofinamento per mandarla
sulle
nuvole, per eccitarla. Si nascose
il
volto fra le mani arrossendo inevitabilmente. Lei non era il tipo da
fare certi
pensieri così poco pudici. Sentiva di non avere
più il controllo sul suo corpo
ed era frustrante. Le mancavano i suoi tocchi e i baci, i suoni quasi
animaleschi nei momenti più brucianti, i gesti delicati e i
sospiri in quelli
più intimi.
Era
successo solo una
volta e già sarebbe corsa nella camera di Damon per
ricominciare daccapo.
Sono
fregata.
Doveva
parlare con
qualcuno. Doveva sfogarsi perché non capiva più
che cosa le stesse succedendo.
C’era
solo una persona
che poteva darle una mano perché lo aveva provato sulla sua
stessa pelle.
Doveva andare da Caroline.
“Sai
cosa è successo
nella stanza di tuo fratello?”.
Stefan
alzò la testa dal
suo diario e la rivolse verso la porta aperta: sulla soglia, una
splendente
Elena lo guardava allarmata.
Dopo
aver praticamente
colto in flagrante Damon e Bonnie, si era diretta subito nello studio
in cerca
del minore dei Salvatore e lì lo aveva trovato.
Era
andata al Pensionato
per parlare finalmente con Stefan, per dirgli che lo aveva scelto, che
non lo
avrebbe mai più tradito, che Damon avrebbe sempre avuto un
posto nel suo cuore
ma non poteva neanche avvicinarsi all’amore che provava per
lui.
Tutto
era andato a farsi
benedire nel momento in cui aveva visto Bonnie fuori dalla camera da
letto
dell’altro vampiro, tutto era passato in secondo piano.
Era
rimasta sbigottita,
senza parole, un po’ gelosa,
ma
soprattutto un campanello di allarme le era suonato nella testa.
L’invidia
c’era, ma non
la turbava più di tanto. Sentiva più che altro di
dover proteggere la sua amica
o per lo meno metterla in guardia.
Damon
aveva una
venerazione per Bonnie e su questo non c’era dubbio, ma fino
a che punto si
spingeva?
“Sì
Elena. Ho un udito
sovrasviluppato, ricordi?” le rispose Stefan. Certi suoni
erano inequivocabili.
“E
ti sta bene?”.
“No”
ammise sinceramente
lui “Però mio fratello ha rischiato di morire ieri
sera, quindi penso che
aspetterò fino a domani prima di fargli la
predica”.
“Ha
rischiato di morire?”
trillò Elena “Cos’è successo?
Perché io non ne so niente?” premette.
Stefan
realizzò solo in
quel momento che la ragazza non era a conoscenza dell’attacco
dei lupi mannari.
Come poteva? Era capitato tutto così in fretta!
Le
raccontò gli eventi
del giorno prima, nei dettagli, studiando ogni espressione del volto
della giovane
che in cinque minuti passò in rassegna tutte le emozioni
fino a stabilizzarsi
in un cruccio.
“Ecco
perché gli ha dato
il suo sangue” mormorò tra sé e
sé.
Stefan
lo udì ugualmente
e chiese spiegazioni “Chi ha dato il sangue a chi?”.
“Poco
fa ho visto Bonnie
fuori dalla stanza di Damon e il suo collo era tutto sporco di sangue;
c’era il
segno di un morso. Non avevi detto di sapere tutto?”.
Così
credeva Stefan. In
realtà non aveva sentito proprio tutto: si era svegliato nel
cuore della notte
e aveva percepito distintamente i mugugni di piacere di Bonnie; da
lì era stato
facile collegare che cosa stesse accadendo, ma non era stato ad
ascoltare e non
li aveva interrotti.
Non
era contento dei
nuovi risvolti della storia tra suo fratello e Bonnie, ma non si
sarebbe mai
permesso di piombare in camera e violare la loro privacy.
La
rossa doveva aver
offerto a Damon il sangue prima che lui si svegliasse. Non
c’era altra
spiegazione per cui non se ne fosse accorto.
“Prima
o poi si farà
ammazzare” fu il primo commento che sfuggì dalle
labbra di Stefan “Se mio
fratello non le volesse così bene, sarebbe già
morta”.
“Perché
dici questo?”.
“Era
debole ieri sera,
Elena. Bonnie ha dovuto dissanguarlo con i suoi Poteri per togliergli
tutto il
veleno dei lupi. Immaginati un vampiro che non si nutre da qualche
settimana e
capirai quanto poteva essere pericoloso Damon davanti ad una preda
umana. Se
non fosse stato per l’affetto che prova verso Bonnie, non si
sarebbe mai
controllato”.
La
bionda spalancò gli
occhi, capendo solo ora l’importanza dell’atto
consumato dai due quella notte.
Forse aveva sottovalutato le intenzioni di Damon e forse le sue paure
che
Bonnie fosse un rimpiazzo erano totalmente infondate.
“Non
sembri molto
turbato” gli fece notare.
“Sono
arrabbiato” la
corresse lui “Non per il sangue, quello non è
stata colpa sua, la sete era
troppo forte. Sono arrabbiato per quello che è successo dopo”.
“Stefan
…”.
“Non
li sto giudicando”
precisò il vampiro “Ho solo paura che Bonnie
riceverà un’altra delusione e questa
volta non lo perdonerà
mai”.
Elena
conosceva Stefan
meglio di chiunque altro e le bastò un secondo per
interpretare quelle parole:
Damon e Bonnie era legati da qualcosa di indescrivibile e per quanto
cercassero
di respingersi, prima o poi tornavano l’uno
dall’altro. Damon, però, l’aveva
ferita troppe volte e lei non si sarebbe fatta prendere in giro ancora.
Entrambi sarebbero usciti sconfitti da quella storia, entrambi si
sarebbero
persi, senza possibilità di rimediare.
“Perché
sei venuta qui,
Elena?” chiese dal nulla Stefan; non voleva accertarsi delle
condizioni di
Damon perché non ne sapeva niente, quindi perché?
“Per
te” confessò lei
“Voglio parlarti di quello che è successo a
Charlottesville”.
Stefan
chiuse gli occhi
rassegnato: non aveva alcun desiderio di affrontare
l’argomento in quel
momento, ma non aveva altra scelta.
“Eravamo
in un bar e
Damon …. Damon mi ha ricordato quanto egoista e competitiva
io possa diventare,
mi ha ricordato la persona che sono, che ero.
Non mi piace molto quella persona” raccontò con un
sorrisino imbarazzato. “Ci
siamo trovati a discutere dei nostri sentimenti nascosti nel bagno
delle donne
ed è stato orribile e umiliante”.
Stefan
aggrottò le
sopracciglia ma non la interruppe. Non capiva dove volesse arrivare
svelandogli
tutti i dettagli di cui lui avrebbe anche fatto a meno.
“Non
voglio stare con
Damon” disse con fermezza “Forse con lui potrei
essere bellissima e potente, ma
non è quello che voglio, non mi importa. Molti ragazzi mi
hanno idealizzato e
mi hanno messo su un piedistallo, ma presto hanno scoperto che non ero proprio
quest’angelo che
credevano. Tu non hai solo visto la parte migliore di me, ma
l’hai anche tirata
fuori. Mi spingi a fare meglio, credi in me, credi che io possa essere
più di
una reginetta. È come se avessi portato la luce nella mia
vita, sei stato il
primo a farmi sorridere dopo tanto tempo. Tu mi rendi buona, Stefan, mi
rendi
degna di ogni bene”.
“Elena”
la chiamò
stancamente il vampiro “Apprezzo che tu stia cercando di
sistemare le cose, ma
non dobbiamo affrettare niente. Tu hai ancora dei dubbi su mio fratello
o non
ti saresti alterata così tanto per quello è
successo tra lui e Bonnie”.
“No,
no, no” ripeté a
macchinetta la bionda, in preda la panico. Si inginocchiò
davanti al ragazzo,
seduto su una poltrona, e gli prese le mani tra le sue, baciandogliele
“Ero
solo turbata e preoccupata come te; non voglio che facciano la scelta
sbagliata, tutto qui” gli assicurò
“E’ vero: provo ancora qualcosa per Damon,
non posso spegnere le mie emozioni, ma non ho dubbi sulla mia
decisione:
scegliere lui, significherebbe prendere la strada più
facile; siamo cresciuti
molto in questi mesi e stare insieme ci farebbe solo tornare indietro.
Io non
posso crescere con Damon” prese un bel respiro per concludere
il suo discorso
“Sono irrimediabilmente innamorata di te, Stefan. E alla fine
sceglierò sempre
e solo te ed è un fatto che non cambierà
mai”.
Aveva
gli occhi lucidi e
ancora più azzurri del normale; sprizzavano
sincerità e speranza. Rivoleva
Stefan “Non riesco nemmeno a capacitarmi di non averti
più al mio fianco. Ti
prego, perdonami” lo supplicò con voce rotta.
Stefan
si piegò e le posò
un dolcissimo bacio sulla fronte “Ti amo, Elena e non
dubitarne mai” le giurò
“Stanno capitando troppe cose insieme e ho bisogno di un
po’ di tempo. Devo
risolvere questa cosa tra Damon e Bonnie, dobbiamo sconfiggere Klaus e
sono
passati troppi pochi giorni da quando ti ho chiesto una pausa.
Aspettami,
Elena, aspettami fino a che tutto questo non sarà finito e
se siamo destinati a
stare insieme, allora nessuno potrà dividerci
più”.
Alla
giovane si strinse
il cuore: non voleva rimandare, non voleva sprecare altro tempo, ma
Stefan
aveva ragione.
Non
era passato molto da
quando aveva respinto Damon e la sua scelta poteva apparire affrettata.
Come
poteva Stefan essere sicuro che lei non sarebbe corsa
un’altra volta tra le
braccia di suo fratello?
“Ho
perso la tua fiducia,
vero?” domandò timorosa ma certa della risposta.
Stefan
scosse la testa
“Capita a tutti di fare degli sbagli” la
tranquillizzò “Niente è
imperdonabile”.
Non
si sbilanciò oltre.
Faticava a restituirle quella fiducia che le aveva totalmente donato
nel
momento in cui si erano incontrati, perché aveva timore di
rimanere scottato di
nuovo. Prima o poi gliel’avrebbe concessa, gli serviva solo
un po’ di tempo per
riflettere.
Elena
annuì, leggermente
delusa, più che altro da se stessa. Non credeva che sarebbe
mai scesa tanto in
basso da mettersi tra due fratelli.
Stefan
le prese una mano
e la condusse fuori dallo studio, verso l’ingresso. Fu
lì che incontrò Bonnie.
“Esci?”.
La
rossa rispose
chiaramente a disagio “Sì. Vado da
Caroline” non osò incrociare gli occhi con
Elena.
“Ti
accompagno io” si
offrì Stefan. Le doveva parlare.
Bonnie
non parve molto
contenta ma acconsentì e li seguì fuori in
cortile. Dopo aver salutato Elena,
lei e il vampiro salirono sulla BMW.
Un
silenzio fastidioso
calò su di loro. Bonnie si affrettò a rivolgere
lo sguardo fuori dal
finestrino. Sapeva che cosa sarebbe arrivato in pochi minuti: il terzo
grado di
Stefan, seguito dai suoi occhi indagatori e dalle sue parole tanto
assennate da
farle ritrattare tutte le sue convinzioni. E quella volta non sarebbe
stata
diversa.
“Come
ti senti?” le
chiese “Dopo quello che è successo ieri”.
“Bene”
rispose subito
Bonnie “Sono solo un po’ scossa, tutto qua. Non mi
hanno fatto niente”.
“Non
t’immagini nemmeno
che cosa mi è passato per la testa quando Caroline ha
ricevuto quella chiamata
da Tyler” sussurrò Stefan mentre la macchina
usciva dal vialetto del Pensionato
“Era come se mi fosse caduto il mondo in testa”.
Bonnie
finalmente si
voltò a fissarlo: lui aveva la mascella contratta in uno
scatto di rabbia.
“Stef, sto bene” cercò di calmarlo
“Adesso è finita”.
“Eravamo
nascosti nella
casa fuori città di Caroline. Tyler ci ha chiamato e ci ha
detto che i lupi
sarebbero venuti a cercarti. Damon è scattato fuori dalla
porta come un
fulmine, non l’ho neppure visto. Io e Caroline lo abbiamo
seguito ma siamo
stati costretti a passare per la foresta e i lupi ci hanno
intercettato. Quando
sono arrivato al Pensionato e ti ho sentito urlare … poi
Damon era steso e
sembrava morto”
continuò a spiegare e
la sua voce ogni tanto tentennava “Per un attimo ho creduto
di avervi persi
entrambi”.
Bonnie
gli prese una mano
“Ho l’impressione che dovrai sopportarci ancora per
un po’, sai?” scherzò “I
lupi non mi hanno nemmeno sfiorato e tuo fratello si è
già ripreso”.
“Grazie
a te” disse
Stefan “Sei stata piuttosto brava con
quell’incantesimo”.
“Lo
so” sorrise Bonnie
terribilmente compiaciuta di sé “E’
stato un bel trucchetto, non è vero?”.
“Sì”
concordò Stefan “E
ti farei anche i complimenti se poi non avessi donato il tuo sangue ad
un
vampiro debole, instabile e assetato” tono calmo ma
palesemente di rimprovero.
Ecco
la predica, ecco il terzo grado.
“Aveva
bisogno del mio
sangue. Ha affrontato quei lupi per salvarmi pur sapendo che non ne
sarebbe
uscito vivo. Glielo dovevo”.
“No,
Bonnie. Dopo quello
che ha rischiato per proteggerti, tu avresti solo dovuto rimanere
lontano dai
guai. Pensa se non fosse riuscito a controllarsi, se ti avesse ucciso.
T’immagini che tragedia?”.
Bonnie
impallidì, non
aveva preso nemmeno in considerazione l’idea che Damon
potesse farle del male,
ma in quel caso doveva dar ragione a Stefan: era stata una mossa
avventata e
irresponsabile. Se le fosse accaduto qualcosa, Damon si sarebbe
torturato per
il resto della sua esistenza.
Però
l’avrebbe fatto e
rifatto e fatto ancora, perché Bonnie non era capace di
ragionare con la testa,
non era come Meredith. Si faceva trascinare dal cuore e
dall’istinto e non si
era pentita di niente.
“Vorrei
dirti che mi
dispiace, Stefan, ma non è così. Non è
stata una delle mie scelte più
intelligenti, lo ammetto. Potevo fare
altro?”.
Stefan
si stupì del tono
con cui la ragazza pronunciò quelle tre parole: sembrava
affranta di avergli
causato tutta quella preoccupazione; dall’altro lato appariva
intrappolata,
bloccata in un punto di non ritorno, come se non avesse visto altre
soluzioni,
come se l’idea di aspettare che Damon si rimettesse fosse
insopportabile.
Stefan
si diede
dell’ipocrita: non si sarebbe comportato allo stesso modo se
al posto di Damon
ci fosse stata Elena?
Lui
amava Elena, era
tutt’altra cosa. Bonnie non …
Per
poco non inchiodò,
colpito da quella rivelazione. Era chiaro che tra la rossa e suo
fratello ci
fosse qualcosa di più di una semplice amicizia, ma
addirittura amore? Gli pareva un
po’ troppo presto
per parlare di un sentimento così importante; eppure sotto
al suo naso stava
nascendo qualcosa di potente, più di quanto si sarebbe mai
sognato.
E
il paradosso stava nel
fatto che nessuno dei due interessati si fosse accorto di quanto
indomabili
stessero diventando le loro emozioni.
“Perché
vai da Caroline?”
s’informò sospettoso.
“Le
devo parlare”.
“Di
cosa?”.
“E’
da quando sono
entrata in macchina che vuoi chiedermelo” replicò
Bonnie“Falla finita e arriva
al punto, per favore”.
“Voglio
solo che tu stia
attenta” la pregò Stefan “Tutti e due vi
state inoltrando in una zona
pericolosa e poi non si torna più indietro”.
Il
vampiro sapeva quanto
suo fratello tenesse a Bonnie, non le avrebbe mai fatto un torto
così grande
come illuderla. Ma sapeva anche che Damon era spaventato da quel genere
di
sentimenti e confuso per Elena. Un vampiro in preda alla sua sete di
sangue era
trasportato da tutti gli impulsi del suo corpo e forse lui si era
lasciato
andare proprio per colpa di quelle forze.
Stefan
non poteva dire
con certezza se tutto quello che era avvenuto in camera di suo fratello
fosse frutto
di una voglia genuina o se la mente di Damon fosse stata talmente
offuscata da
non distinguere bene cosa si celava nel suo cuore.
Era
un gioco rischioso e
Bonnie doveva stare in guardia “Accertati di essere sulla sua
stessa lunghezza
d’onda prima di buttarti in qualcosa che potrebbe fare male
ad entrambi”.
Bonnie
avvertì il suo
stomaco attorcigliarsi e le salì la nausea. Non era proprio
quello che avrebbe
voluto sentire una ragazza che aveva appena perso la
verginità con qualcuno che
non era neppure il proprio fidanzato.
Salutò
Stefan e scese
dall’auto. Bussò alla porta di casa Forbes quando
ormai il malumore si era
impossessato di lei.
Fu
proprio Caroline ad
aprire e, non appena la vide, il suo viso
s’illuminò di gioia.
L’abbracciò,
stringendola e sollevandola, e non le fece toccare terra fino a che non
furono
dentro “Sei viva! Ho perso dieci anni della mia vita quando
Tyler mi ha detto
il piano dei lupi mannari. Se li avessi qui tra le mie mani, non sai
che farei”
fumò letteralmente di rabbia alzando un pungo in aria.
Bonnie
scosse la testa
divertita. Caroline non le permise nemmeno di parlare, le prese un
polso e la
trascinò di forza in camera sua. La obbligò a
sedersi sul letto quasi fosse una
malata inferma, ma Bonnie non si arrabbiò. Quello era il
modo di Caroline di
prendersi cura delle persone.
“Tu
come stai, Care?
Stefan mi ha detto che siete stati attaccati dai lupi”.
“Niente
di che. Sono
dovuta scappare via, ma loro erano molto più lenti di me e
poi Katherine è
venuta ad aiutarmi”.
“Katherine?”.
“Lo
so; sono sconvolta
anche io. Sto cercando di dimenticare di esserle debitrice”.
“E
con tua mamma? Mi
dispiace così tanto che tu sia stata costretta a rivelarle
tutto, non l’avrei
mai voluto”.
“Prima
o poi se ne
sarebbe accorta lo stesso” liquidò la faccenda con
un’alzata di spalle “Dorme
ancora con un paletto sotto al cuscino ma sta elaborando finalmente.
Con questa
storia dei lupi mannari ha realizzato di poter perdere la sua unica
figlia
quindi … ci stiamo lavorando”.
“Sono
contenta per te” le
sorrise la rossa.
Caroline
ricambiò e si
accinse a cambiare discorso “Damon sta meglio? Ieri sera si
è comportato
proprio da eroe, eh?” le disse dandole una gomitata eloquente.
“Sta
bene” la rassicurò
Bonnie “Soprattutto dopo che gli ho dato il mio
sangue” confessò a bassa voce,
colpevole, in attesa della reazione della vampira.
La
testa dell’amica
scattò così velocemente verso di lei che si
sarebbe potuta staccare “Hai degli
istinti suicidi per caso?” domandò sarcasticamente
“No perché non vedo altra
spiegazione a questa tua voglia di rischiare inutilmente la vita.
È chiaro che
il tuo subconscio ha un desiderio latente di morte” concluse
neanche fosse
stata una psicoanalista di fama mondiale “Per non parlare
della posizione in
cui hai messo Damon: se ti avesse ucciso, non se lo sarebbe mai
perdonato”.
Bonnie
si chiese se
Caroline e Stefan condividessero lo stesso cervello.
S’imbronciò “Va bene, va
bene! Non lo farò più” promise
“Ma non è questo il problema comunque”.
“Ah
no?” si sorprese la
vampira “Cosa puoi aver combinato ancora?”.
“Care,
qualche mese fa tu
e Damon avete avuto una storia, giusto?”.
L’altra
non comprese quel
cambio repentino di argomento ma non si sottrasse alla domanda
“Mi ha
soggiogato per del sesso e del sangue. Se è questo che
intendi per storia, allora
sì”.
“Ma
tu sentivi tutto? Cioè:
il tuo corpo come
reagiva alla sua presenza? Cosa provavi quando eri con lui in intimità?”.
“Perché?
Vuoi fare un
giro sul Damon - express?” scherzò lei.
Il
silenzio di Bonnie fu
molto più espressivo di molte parole.
“O
mio Dio!” esclamò
Caroline portandosi una mano alla bocca “Tu hai
già provato la sua
locomotiva?!”. Era a metà tra una domanda e
un’accusa e bastò per far arrossire
Bonnie fino alla punta dei capelli “Possiamo uscire dalla
metafore ferroviaria,
per favore?”.
Caroline
non si fermò
“Quando è successo? Come?
Perché?” assottigliò gli occhi come se
quel gesto
potesse aiutarla a fare chiarezza “Ma certo, la brama del
sangue!”.
“La
brama del sangue?”.
“Brama,
sete, chiamala
come vuoi. Amplifica le emozioni di un vampiro e capita che sia preso
da voglia
irrefrenabili”.
“Credi
che sia per questo
che … è venuto a letto con me?”.
“Ho
detto che amplifica
le emozioni, non che le crea” le fece notare Caroline
“Damon non ha mai avuto
il fegato di fare il primo passo, ma ti desidera da tempo. Sveglia,
Bonnie!” la
scosse.
“Perché
dovrebbe
desiderarmi?”.
“Perché
non dovrebbe?”
Caroline non vedeva proprio nessuna ragione che potesse contrastarli.
Bonnie
ci restò di sasso:
non aveva mai pensato a se stessa come qualcuno di desiderabile, o
anche solo
attraente.
“Ma
è normale che io mi
senta così …”.
“Dolorante?”
la
interruppe Caroline.
“No,
cioè … a parte
quello! È che quando ripenso a ieri notte mi batte il cuore
e non riesco stare
ferma, mi sento come …” arrossì per
l’ennesima volta quel giorno.
“Eccitata?”
completò la
frase l’amica “Puoi dirlo, non è mica
una brutta parola. E per rispondere alla
tua domanda: sì, è normalissimo”.
“Provavi
lo stesso anche
tu?”.
Caroline
si sedette
accanto a lei sul letto “Damon ha secoli di esperienza,
è un perfetto amante, sa
come far sciogliere il tuo corpo, sa dove mettere le mani e capisce al
volo che
cosa ti piace di più. È
bello, ha fascino ed
è molto persuasivo, ti
entra di forza in testa. Se il tuo corpo non fosse
un’esplosione di ormoni, mi
preoccuperei” le disse sbattendo le ciglia quasi con fare
innocente “Però non
posso paragonare la mia esperienza alla tua, Bonnie. Lui mi ha
ipnotizzato, mi
ha tolto la libertà di scegliere. Avrei accettato lo stesso
di andarci a letto insieme,
ovviamente, dico l’hai
visto? Ma mi
sarei risparmiata tutta la faccenda dei vampiri e del sangue e dei
morsi. Per
lui non ero diversa dalle altre, non provava niente nei miei
confronti”.
“Mi
dispiace, Care. Deve
essere stato orribile” la consolò Bonnie
prendendole una mano “Non avrei dovuto
risollevare l’argomento”.
L’altra
ragazza sorrise
“L’ho superata e non l’ho presa sul
personale” sminuì. Stava mentendo, ma
preferiva non parlarne “E poi hai fatto benissimo a venirne a
parlare con me!
Sai che amo il gossip e questa è decisamente una notizia
bomba!”.
“Bomba
è un eufemismo”.
“Bonnie
posso chiederti
una cosa? Tu che cosa senti per Damon?”.
“Non
lo so” ammise
sinceramente “E’ successo tutto così
velocemente: prima era mio zio, poi un
lontano parente vampiro, poi l’assassino di mio fratello, poi
è diventato colui
che mi ha protetta, che mi ha
aiutata e
salvata. Da quando ho cercato di sedurlo qualche settimana fa, non
riesco più a
guardarlo solo con gli occhi di un’amica”.
“Hai
cercato di
sedurlo?!” si scandalizzò Caroline “Ma
sei posseduta?”.
“No,
no, è tutta farina
del mio sacco purtroppo. Sto davvero perdendo il senso della
realtà”.
“Tesoro
mio, direi che lo
stai trovando invece” la contraddisse la vampira
“Solo un cieco non vedrebbe il
legame che unisce te e Damon. Per questo non dovresti sottovalutare
quello che
è accaduto ieri notte: non sei stata una sua
vittima” sottolineò bene quel
concetto “Però ti consiglio di andarci con i piedi
di piombo, ci sono troppe
questioni in sospeso”.
“Parli
di Elena?”.
Caroline
scosse la testa
con fare sbrigativo “Elena è una tappa obbligata,
tutti s’innamorano di lei ma
pochi sono in grado di starle accanto: presto ci si accorge che non
conta solo
l’aspetto angelico. Comunque sì, anche lei fa
parte delle questioni in sospeso.
Damon non può essersi scordato di lei in tre
giorni”.
Il
viso di Bonnie si
scurì.
“Non
vuol dire che non
abbia dei sentimenti anche per te. Ieri sera ha fatto davvero un gran
bel
gesto, non dimenticarlo. Però tu devi capire da dove nasce
quest’attrazione
insostenibile e lui deve buttarsi alle spalle Elena e
l’ossessione che ha per
lei. Tu hai bisogno di Damon; ho visto come ti sei ridotta quando non
vi
parlavate. Ora vi siete ritrovati, evitate di perdervi di nuovo
perché non
sapete più che direzione prendere”.
“Credi
che dovrei stargli
lontana per il momento?”.
“Cerca
di non finire nel
suo letto” le consigliò l’amica
“E fai molte docce fredde”.
Caroline
l’aveva aiutata
a riflettere molto, anche se non era riuscita a dipanare la matassa che
le
occupava la testa.
Qualunque
cosa sentisse
per Damon era ancora confusa e incerta. Aveva questa fortissima
attrazione che
era esplosa la sera prima e che non l’aveva abbandonata. Per
quanto il suo
corpo la stesse pregando di ritornare da quelle carezze, Bonnie sapeva
che se
si fosse trattata di una mera questione fisica, sarebbe riuscita a
resistere;
lei non era quel tipo di ragazza.
C’era
qualcos’altro di
molto più profondo che la legava al vampiro, qualcosa che
era sempre rimasto
rintanato nell’ombra ma che adesso, poiché
scoperto, scalpitava per non essere
represso.
Come
si era ritrovata in
quella situazione? Come avrebbe convissuto con questi sentimenti per un
uomo
che aveva considerato un parente fino a qualche mese prima?
Le
tornarono alla memoria
le parole di Caroline: tutti se n’erano accorti, tutti
eccetto la diretta
interessata. Mascherati e invisibili quei sentimenti si erano fatti
spazio nel
suo animo e ora erano stanziati lì, senza desiderio di
sparire.
Era
difficile da
accettare ma prima o poi sarebbe stata capace di affrontarli. Il
problema era
un altro, il problema era Elena.
Non
aveva pensato molto
alla sua amica bionda neppure dopo essere incappata in lei uscita dalla
camera
di Damon; eppure, dopo la conversazione con Caroline, l’idea
non le dava
tregua.
Possibile
che Elena
c’entrasse con ciò che lei e il vampiro avevano
condiviso quella notte? Era
stata solo un rimpiazzo, un modo per dimenticare, almeno per poco, la
bellissima Gilbert?
Elena
si era negata a
lui, aveva scelto Stefan; ma se avesse detto sì? Niente di
tutto quello sarebbe
successo.
Damon
sarebbe stato con
lei tutto il tempo e forse non sarebbe nemmeno corso al Pensionato per
salvare
Bonnie.
La
strega si sentì subito
in colpa per aver pensato così male di lui; Damon, dopo
tutto, non se lo
meritava, non dopo quello che aveva fatto per proteggerla.
Ma
il dubbio rimaneva,
perché, in fondo, lei era stata la seconda scelta o forse
nemmeno quello. Forse
era stata solo uno sbaglio, una notte e basta.
Bonnie
era una novellina
in faccende romantiche. L’unica volta che si era avvicinata a
provare qualcosa
di molto forte, il suo lui si era rivelato un vampiro che avrebbe
voluto solo
assaggiare il suo sangue e poi consegnarla a chissà quale
pazzo. Nessuno
l’aveva mai considerata così importante da mettere
tutto il resto in secondo
piano.
Ma
forse era solo
paranoia.
“Mi
stai evitando?”.
Presto
o tardi le avrebbe
causato un infarto.
Bonnie
ripose il libro
nel suo scaffale e impassibile rispose “No”.
I
monosillabi non sono il modo migliore
per mostrare indifferenza. L’avvertì
la sua coscienza.
“Ti
ho cercato per tutto
il giorno ma non c’eri”
sembrava
quasi un’accusa.
“Sono
andata a trovare
Caroline. Volevo vedere se stava bene”.
Damon
parve bersi quella
scusa e comunque non indagò oltre “Ti ha detto
qualcosa sui cani?”.
“Se
ne sono andati” gli
comunicò “Sono scappati come è sorto il
sole. Pare che tu ne abbia ferito uno a
morte”.
“E’
la fine che faranno
tutti non appena li troverò” ruggì con
astio e rancore.
La
porta della biblioteca
sbatté chiudendosi quasi come un rifiuto. Damon si
voltò verso Bonnie “Sei
stata tu?”.
“Tu
non darai la caccia a
quelle persone” ordinò lei ignorando la sua
domanda, ma era evidente che fosse
opera sua “Con quello che ho fatto per tenerti in vita, non
butterai all’aria i
miei sforzi” gli intimò.
“I tuoi sforzi?”
ripeté Damon incredulo “Sono io che ti ho salvato
la vita, ragazzina. Cerca di tenerlo a mente”.
“Anche
io ti ho salvato
la vita” precisò Bonnie.
“Beh,
nessuno avrebbe
dovuto salvare la vita a nessuno, se tu fossi andata da Meredith come
ti avevo detto”
le fece notare con una notare talmente amareggiata da rasentare la
rabbia.
Bonnie
abbassò la testa.
Non l’avrebbe mai scapata in un confronto con Damon.
“Mi
darai mai retta una
buona volta?” le chiese con lo stesso tono.
“Non
mi diverto a
sfidarti, Damon. Non volevo mettere nessuno in pericolo, davvero. Mi
dispiace”
si scusò alzando gli occhi su di lui.
La
fermezza di Damon
tremolò sotto il perso di quello sguardo capace di piegarlo
come un fuscello.
Ma perché doveva avere degli occhi così innocenti?
“Non
posso dire di non
essermela cercata” cedette “Sei testarda come un
mulo. Avrei dovuto accertarmi
io stesso che tu andassi a casa di Meredith”.
“Non
sono testarda come
un mulo” obiettò offesa lei “Non
l’ho fatto apposta, me ne sono dimenticata. Non
credevo che sarebbero venuti qui”.
Damon
alzò un
sopracciglio e sospirò “La prossima volta
ascoltami, però” le mormorò. Con una
mano le scostò una ciocca di capelli che le era finita
davanti al viso e gliela
portò dietro all’orecchio.
Bonnie
si sottrasse al
tocco come se si fosse bruciata e Damon rimase con la mano a
mezz’aria,
sconcertato.
“Sissi
…”.
“No”
la ragazza scosse la
testa “Non farlo”.
“Perché
no?” replicò
Damon “Sei una continua sorpresa, streghetta, non ti facevano
nemmeno il tipo
da una notte e via”. Era stata ovviamente una battuta, molto
simile a quella
che le aveva rivolto la mattina prima, sul divano.
“Perché?”.
Damon
sbatté le palpebre,
perplesso “Perché cosa?”.
“Perché
ieri notte
abbiamo …? Che cos’è
successo?”.
“Correggimi
se sbaglio, ma
quando un ragazzo incredibilmente sexy si trova una ragazza poco
vestita nel
letto, di solito va a finire in quel modo”.
“Quindi
è solamente
capitato?” continuò Bonnie un po’ delusa
“Sono solo una ragazza poco vestita
che si è infilata nel tuo letto e non hai saputo resistere
alla tentazione?”.
Damon
sapeva dove voleva
andare a parare la rossa: sentimenti. Lui preferiva aggirarli e godersi
il
momento.
“Dobbiamo
per forza
analizzare ed etichettare tutto? Non possiamo solo cavalcare
l’onda e
divertirci?”.
“Forse
hai ragione” disse
Bonnie accondiscendente, troppo accondiscendente per essere seria
“Perché
parlare di una cosa che è già finita!”.
Damon
fu colto alla
sprovvista “Finita?”.
“E’
chiaro che nessuno di
noi due lo voleva veramente; ci siamo fatti prendere dal momento,
è stato uno
sbaglio. È inutile continuare a metterci in imbarazzo per
una cosa che non si
ripeterà più”.
“Lo consideri uno sbaglio?”.
Damon odiava trovarsi in quel genere di
situazioni perché non ci era proprio abituato; odiava
restare spiazzato e senza
parole, odiava che le cose non stessero andando come aveva programmato,
anzi l’esatto opposto.
Uno
sbaglio. Perché
tutti lo ritenevano soltanto uno
sbaglio. Che cosa c’era di così sbagliato in lui
da non meritarsi un lieto
fine?
Bonnie
distolse lo
sguardo, incapace di reggere più a lungo quegli occhi in
tempesta, e superò
Damon, decisa ad abbandonare la stanza e il discorso.
La
mano del vampiro si
chiuse attorno al suo polso e lo strattonò senza gentilezza
“Non mi pare di
averti detto che potevi andartene” la fulminò.
“Non
me ne starò qui a
farmi prendere in giro” s’imputò lei e
agitò il polso per liberarsi “Non sono
il tuo giocattolo, Damon, e non sono a tua disposizione. Il tuo scopo
l’hai
ottenuto, no? Elena ci ha beccati in pieno e ora sarà da
qualche parte a
crogiolarsi nella gelosia. Non mi stupirei se piombasse qui e ti
supplicasse di
tornare da lei”. Non credeva ad una singola parola che aveva
appena
pronunciato, ma voleva ferirlo.
Voleva
che si sentisse
piccolo e insulso esattamente come lui l’aveva fatta sentire
poco prima,
riducendo la loro notte ad un semplice divertimento che non meritava
neanche la
sua considerazione.
Aveva
la brutta
impressione che sarebbe stata lei la prima a finire con il cuore
spezzato e
aveva deciso di attaccare prima di difendersi. Non era fiera del suo
comportamento, ma le parole le erano esplose in bocca e non poteva
più
rimangiarsele.
Passarono
attimi di silenzio
e tensione. Damon non aveva ancora mollato il suo polso e i suoi occhi
erano
diventati ancora più neri, ancora più spaventosi.
L’attirò
a sé bruscamente
e Bonnie trattenne il fiato quando le loro fronti si sfiorarono.
“La
devi smettere” era
quasi un ringhio quello che fuoriuscì dalle labbra del
vampiro “La devi
smettere di cacciarti sempre nei pericoli, perché non
t’immagini neanche
lontanamente che cosa voglia dire morire.
Sai che cosa si prova quando la tua pelle viene lacerata dalle zanne di
un
lupo? Io sì. Mi sono
buttato in un
branco per salvare il tuo bellissimo culo – e qui, senza
permesso, una delle
sue mani scese fino al sedere di lei e lo strinse spingendola verso di
sé, in
segno di possesso- Elena non ha niente a che fare con quello che
è successo
ieri notte e mai lo avrà”.
Bonnie
boccheggiò
rendendosi conto di essere sola nella biblioteca. Il suo cervello ci
mise mezzo
secondo ad elaborare quanto accaduto e, inconsciamente, si
ritrovò a rincorrere
il vampiro per il corridoio fino alla sua camera da letto.
“Fuori”
fu la minaccia
che provenne dal buio della stanza.
“Damon,
io …”.
“Fuori”
ribadì comparendo
in un attimo di fronte a lei “Non m’interessa
quello che hai da dire. Sei stata
cristallina su quello che pensi di me; non vedo perché
sprecare altro fiato”.
Non
era il tipo da
vantarsi delle sue imprese da eroe (che si potevano contare sulle dita
di una
mano), ma ci teneva particolarmente a ricordarle di come fosse stato
disposto a
sacrificare la sua vita per proteggerla dai lupi. Non era un gesto da
poco,
soprattutto per lui e non si sarebbe mai e poi mai permesso di
trattarla come
una qualsiasi sgualdrina, né tanto meno di usarla per far
ingelosire Elena.
A
che serviva perdere
tempo per difendersi da un’accusa già data per
vera? Tanto, alla fine, lui
rimaneva sempre il cattivo ragazzo senza possibilità di
redenzione.
“Non
so più cosa fare per
dimostrarti che ci tengo, non so che fare per riprendermi la tua
fiducia” la
sua voce ora era flebile e mortificata.
Il
senso di colpa per
poco non divorò Bonnie; non era capace di essere cattiva,
non le piaceva vedere
le altre persone stare male per qualcosa di cui era responsabile,
specialmente
Damon.
“Mi
fido” gli disse
posandogli una mano sulla guancia. È
di
me stessa che non mi fido. Ma questo non lo aggiunse. Tutto
quello che
aveva detto era nato più da una sua insicurezza interiore
che da un’insicurezza
verso Damon.
Il
vampiro piegò
leggermente la testa verso il palmo della ragazza e chiuse gli occhi. Che diamine mi stai facendo, Bonnie?
“Mi
dispiace se le mie
parole ti hanno ferito”.
Il
vampiro riaprì gli
occhi di botto: era la prima volta che qualcuno si preoccupava dei suoi
sentimenti. Di solito tutti davano per scontato che non li avesse e li
calpestavano senza ritegno. Di solito lui nemmeno ci faceva caso,
perché non
gli importava di niente ma con Bonnie …
Chinò
il capo, incapace
di resisterle, e fu lì per baciarla ma lei si
scostò, indietreggiando “No … non
possiamo”.
Damon
imitò le sue mosse
e le si avvicinò di nuovo “Perché non
possiamo?”.
“E’
sbagliato”.
Il
vampiro si spazientì
“Comincio ad odiare quella parola” ormai
l’aveva intrappolata contro la parete
“Dimmi un motivo per cui non potremmo”.
Bonnie
durante quella
giornata aveva stilato una lista di contro, tutti validissimi, ma in
quel
momento non se ne ricordò nemmeno uno. Aveva il cervello
completamente in tilt.
“Appunto”
ghignò Damon e
questa volta riuscì a premere le sue labbra contro quelle
delle ragazza.
Bonnie
tentò di mantenere
una certa coerenza e si ritrasse picchiando la testa contro il muro.
Lui
ridacchiò e alzò gli occhi al cielo.
“Possiamo
andare avanti
quanto vuoi, streghetta. Ma sappi che ti torturerò giorno
dopo giorno fino a
che non cederai”. Il tono era tremendamente serio, tanto da
far rabbrividire la
rossa.
Damon
scelse un approccio
diverso. Voleva farla capitolare ed era chiaro che un semplice bacio
sulle
labbra non sarebbe stato sufficiente.
Si
diresse, quindi, al
suo collo, al suo bellissimo collo da ballerina e iniziò a
lambire e succhiare
e lasciò una scia fin dietro l’orecchio. Bonnie
fremette di nuovo e le scappò
un gemito. Si morse il labbro.
“Non
vergognarti” le
disse dolcemente l’altro “Non devi trattenerti.
È il tuo corpo che reagisce, è
normale, se lo combatti è peggio” si
allontanò dal suo collo e le prese il viso
tra le mani “Non stiamo facendo niente di male, Sissi, non
è sbagliato” i loro
nasi si sfiorarono “Non mandarmi via, ti prego”.
Damon
si rese conto che
non avrebbe sopportato un altro rifiuto. Katherine, Elena, ma anche suo
padre.
Nessuno di loro lo considerava abbastanza degno.
Qualcosa
s’incrinò in
Bonnie, qualcosa nel tono del vampiro la obbligò ad
arrendersi. Mandò a quel
paese il buon senso, le parole di Stefan e di Caroline, gli sguardi
allucinati
di Elena e la vocina che dentro di lei le urlava di andarsene.
La
bocca di Damon le era mancata
anche per sole poche ore e il vuoto si riempì non appena la
risentì sulla sua.
Gli altri loro baci non erano stato molto innocenti, ma questo fu a dir
poco
famelico.
Le
mani del vampiro
serpeggiarono fino alle cosce di lei e la costrinsero ad aprire le
gambe.
Bonnie si aggrappò alle sue spalle e gli circondò
i fianchi stringendogli le
caviglie attorno alla schiena. Lui la premette contro la parete: voleva
farle
sentire quanto la volesse.
Un
mugolio uscì dalla
bocca di Bonnie tra un bacio e l’altro, avvertendo
l’eccitazione di lui
sfregare contro il suo centro attraverso i pantaloni.
Tenendola
in braccio,
Damon indietreggiò fino al letto e si lasciò
cadere sul materasso portando la
giovane con lui. Il bacio s’interruppe.
Bonnie
si levò la
maglietta e si tirò i capelli indietro in un gesto che,
seppur fatto senza
malizia, infiammò gli istinti del vampiro.
Con
uno scatto di reni,
invertì le posizioni, si tolse pure lui la maglietta e si
prese un momento per
contemplarla: capelli rossi sulla pelle diafana delle spalle e del
petto, nudi
se non per un reggiseno color carne.
Damon
si ripromise di
recuperare quel catalogo d’intimo perché la
biancheria della strega necessitava
di un bel make over.
Le
dita timide di Bonnie
gli accarezzarono gli addominali, ma lui le prese i polsi e le fece
alzare le
braccia sopra alla testa. Quella sera era il suo turno.
“Questa
volta ti farò
urlare, ragazzina” le promise e veloce le sganciò
il reggiseno.
Bonnie
chiuse gli occhi,
abbandonò le braccia sul cuscino e inarcò la
schiena per godersi appieno tutte
quelle attenzioni.
Ripensò
distrattamente ad
una canzone che piaceva tanto a Clara e si trovò a
concordare con le parole
dell’autore.
Damon
si slacciò la
cintura dei pantaloni e Bonnie si morse di nuovo il labbro, non per
trattenere
qualche suono compromettente, ma per la trepidazione di sentirlo ancora
dentro
di sé.
Peccare
era decisamente
molto più divertente.
Oh
sì.
“Don't even talk about the
consequence
‘Cause right now you're the only thing that's making any
sense to me
And I don't give a what they say or what they think.
‘Cause you're
the only one who's on my
mind.
I'll never ever let you leave me
I'll try to stop time forever
Never wanna hear you say goodbye.
I feel so untouched and I want you so much
That I just can't resist you”
(Untouched-
The Veronicas).
Il
mio spazio:
14
recensioni per lo scorso capitolo! 14!! E abbiamo
superato le 200! Io non so come ringraziarvi, siete state fantastiche!
Sono
così contenta che il capitolo precedente vi sia
piaciuto così tanto! Era importante per me e per la storia,
quindi è stata un’immensa
soddisfazione.
Parlando
di questo: so che alcune di voi si aspettavano la
continuazione della scena dell’ultimo capitolo, ma questa
storia ha un raiting
arancione e non potevo scrivere tutto nei dettagli (non credo di essere
nemmeno
capace). Ho preferito inserire questi piccoli flashback tentando di
stare nei
limiti del mio raiting. Non penso che nessuno si
scandalizzerà per qualche
termine un po’ esplicito e per certi riferimenti, non mi pare
di essere stata
volgare però, come al solito, siete voi ad avere
l’ultima parola =)
Non
ho altro da dire su questo capitolo; si commenta da
solo. Voglio che questi due si divertano per un po’.
Ora
vi do un po’ di date:
-
Nella
settimana del primo luglio arriverà il secondo capitolo di
Crazy
Little Thing Called Love.
-
Questo
fa scalare di un po’ l’aggiornamento di A&W
che
dovrei postare intorno al 13 luglio.
Scusate
per l’attesa ma con questi esami non ho molto tempo
per scrivere e mi sembra giusto dedicarmi un po’ anche
all’altra storia. (Poi magari sarò particolarmente
ispirata e posterò in anticipo).
Grazie
mille a tutte voi che commentate, mi seguite e avete
messo le mie storie nelle preferite/ricordate!
Buona
serata!
Baci,
Fran ;)
Ps:
forse Damon vi sembrerà un po’ OOC in questo
capitolo.
Volevo, però, che si mostrasse un po’ vulnerabile
per quello che è successo e
credo che con Bonnie se lo possa anche permettere. Nel prossimo
ritornerà
sempre più affascinante e sempre più deciso a
corrompere la nostra streghetta! Ahah.
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Capitolo 30 *** Sweeter than Heaven and hotter than Hell ***
Ashes &Wine
Capitolo
trenta: Sweeter than Heaven and hotter than Hell.
“I've been
waiting for so long
Now I've finally found someone to stand by me
We saw the writing on the wall
As we felt this magical fantasy
Now with passion in our eyes
There's no way we could disguise it secretly
So we take each other's hand
'Cause we seem to understand the urgency”
(The time of my
life- da “Dirty Dancing”).
Non
voleva svegliarsi, non voleva aprire gli occhi.
Stava
così bene lì dove si trovava, al caldo e
coccolata. La luce di
quella mattina soleggiata le picchiava fastidiosamente contro le
palpebre,
disturbando il suo riposo. Strusciò il viso contro il
cuscino fino a
nasconderlo sotto le coperte; il suo naso accarezzò la pelle
liscia e tesa dei
pettorali appena definiti di Damon.
Non
saltò giù dal letto come il giorno prima,
né si sorprese; quella
volta si ricordava
tutto perfettamente e
un sorrisino soddisfatto apparve sulle sue labbra.
Con
gli occhi ancora chiusi, sentì le braccia del vampiro
stringerla di
più a sé nel sonno, in un riflesso
incondizionato, quasi per paura di farsela
scappare di nuovo. Bonnie non sarebbe fuggita.
La
notte precedente era stata diversa dalla loro prima volta:
più urgente,
più sicura, più passionale. E si era protratta
per alcune ore.
Bonnie
stiracchiò le gambe intorpidite e sentì i muscoli
delle cosce
dolerle parecchio. Forse non era stata una grande idea ripetere quella
fantastica esperienza subito dopo la prima; il suo corpo non era
abituato.
Non
pensò nemmeno di pentirsene. Era appagata come mai nella sua
vita e le
sembrava di aver finalmente trovato il suo posto nel mondo.
Era
tutto sbagliato, tutti i presupposti, tutte le previsioni, ma
sinceramente a chi importava? Bonnie non aveva mai fatto una mossa
avventata in
vita sua, non sentimentalmente almeno, e per una volta non voleva
nemmeno pensare
alle conseguenze ma viversi il momento.
Aveva
passato mesi a cercare una ragione per odiare Damon, eppure era
sempre tornata da lui, incapace di stargli lontano.
Il
vampiro aveva commesso molti errori, troppi per chiunque ma le aveva
dimostrato con la vita quanto lei valesse. Si era guadagnato il suo
rispetto,
la sua fiducia e il suo perdono.
Il
cuore della ragazza le urlava di non tirarsi indietro perché
quella era
la cosa giusta da fare. Chi era lei per contraddire il suo stesso
cuore? Per
voltargli le spalle? Aveva provato ad essere una persona responsabile,
a
seguire la sua testa che le elencava tutte le ragioni per cui non
avrebbe
dovuto. Non era servito a niente e Bonnie aveva deciso di zittire il
buon senso
e di lasciarsi trasportare dall’istinto.
Aprì
lentamente gli occhi e osservò la figura del vampiro, steso
accanto a
lei. La teneva stretta contro il suo petto e le loro gambe erano
intrecciate.
Bonnie non avrebbe potuto andarsene nemmeno se l’avesse
voluto.
Appariva
così innocuo mentre dormiva immerso nei sogni più
profondi;
invece era un animale pericoloso. Un bellissimo animale pericoloso. Ed
era suo.
Bonnie
si accigliò a quel pensiero: era davvero suo?
Essere
passata un paio di volte tra le sue lenzuola non le dava la
certezza di avere l’esclusiva. Trattandosi di Damon niente
era sicuro.
Alzò
una mano e gli accarezzò le punte dei capelli,
scostandogliele dalla
fronte; le attorcigliò delicatamente tra le sue dita.
Dal
nulla la mano del vampiro scattò alla sua guancia e
l’attirò al suo
viso unendo le loro bocche in un bacio mozzafiato. La spinse sul
materasso e la
coprì con il suo corpo mentre l’altra mano
raggiungeva la sua gemella e
prendeva a torturarle il collo.
Quando
la liberò, Bonnie trattenne il respiro e cercò di
calmare il suo
cuore che batteva all’impazzata. Nessuno, ancora mezzo
addormentato, avrebbe
dovuto ricevere un bacio del genere; era un attentato alla salute.
“Non
avrai sul serio pensato che ti avrei lasciato giocare con me senza
prendermi la mia parte” le soffiò ad un centimetro
dalle labbra.
Scivolò
di lato e si stese con le braccia aperte mentre il lenzuolo
scivolava pericolosamente in basso; Bonnie distolse lo sguardo.
“Damon,
l’abbiamo rifatto”.
“Non
ti sfugge mai niente” ridacchiò lui prendendola in
giro.
“Credevo
che fosse stato solo un momento di debolezza e invece
…”.
“E
invece no” completò Damon con forza per
sottolineare che di momenti
come quello ce ne sarebbero stati molti altri.
“Tu
non dovresti farmi questo effetto” dichiarò la
rossa.
“Io
faccio sempre questo effetto”.
“Tu
sei mio zio!” esclamò lei “Tu mi vedi
come una sorella! Non dovrei
fare certi pensieri su di te e non si dovrebbero fare certe cose con
una
sorella”.
“Credo
che tu abbia centrato il punto: io non sono tuo zio ed è
lampante
che non ti considero una sorella” le fece notare alzando le
sopracciglia come
per ribadire un’ovvietà.
Bonnie
sbuffò contrariata e arricciò le
labbra.“Non mi hai morsa questa
volta”.
“Sì,
l’ho fatto” la contraddisse il vampiro scostando
con un gesto secco
le lenzuola, lasciandola completamente scoperta e le aprì le
gambe puntando il
dito sul suo inguine.
Bonnie
impallidì, scorgendo per
metà un morso sul suo interno coscia. Non si
ricordava di quello.
Perché non se ne ricordava?
Doveva averla colta un piacere davvero travolgente per essere stato
cancellato
così dalla sua memoria.
“Non
me ne sono accorta” ammise un po’ stupidamente.
“Pf!
Ieri notte avrebbe potuto entrare il mostro di Loch Ness e tu non
l’avresti nemmeno visto” la punzecchiò.
Bonnie
arrossì fino alla punta dei capelli “Smettila di
fare il figo!” lo
rimproverò “Eri preso abbastanza anche tu.
Cos’è che continuavi a ripetere? Bonnie,
mi farai impazzire” lo
scimmiottò tentando d’imitare il tono affannato
con cui il vampiro aveva
pronunciato quella frase, colpito da un momento molto intenso.
“Non
stuzzicarmi, streghetta” l’avvertì
“Perderesti in partenza con me”.
“Mi
sottovaluti così tanto?” chiese lei fingendo
ingenuità quando in
realtà sprizzava malizia da tutti i pori. Non volle nemmeno
sapere da dove
arrivava quell’audacia, ma lo guardò profondamente
mordendosi un labbro e fece
scorrere le dita sul suo torace.
Damon
le bloccò la mano in un secondo e riprese la posizione
precedente,
sovrastandola con il suo corpo “Ho affinato l’arte
della provocazione in questi
lunghi anni, ragazzina” le sussurrò
all’orecchio “Posso farti diventare matta
con una semplice carezza” e la mano eseguì
ciò che lui aveva appena detto.
Le
sfiorò una gamba, risalendo verso il suo centro e le
solleticò la pelle
attorno al suo punto più caldo. Bonnie deglutì
avvertendo la bocca del vampiro tormentarle
il collo. Durò pochi secondi.
Damon
si sollevò d’un tratto e scese dal letto, senza
preoccuparsi di
coprirsi. Lei per poco non si sciolse a quella vista.
Datti
un contegno;
si
ordinò da sola.
“Smettila
di analizzare quello che c’è tra noi,
Bonnie” le disse lui “So
che lo vuoi quanto me. So che ti fa stare bene, che ci
fa stare bene” si corresse “Accettalo e ti
libererai di un peso”
le consigliò “E se vuoi un altro motivo per non
avere remore, io sono nella
doccia e ti aspetto”.
Ci
mancava solo di farlo di mattina, dopo una notte trascorsa a rotolare
tra le lenzuola come animali. Il suo corpo le avrebbe chiesto
pietà.
Più
discretamente abbandonò anche lei il tepore del letto e si
mise alla
ricerca dei suoi vestiti che, come al solito, erano sparsi per i
quattro angoli
della stanza.
S’impose
di tenere lo sguardo sul pavimento perché il bagno era
collegato
direttamente con la camera da una grande apertura, niente porte. Non
voleva
incappare nella visione di Damon nudo sotto la doccia o non avrebbe
resistito.
Non
fu difficile individuare i pantaloni e la sua maglia, ma fu
un’impresa
recuperare le mutande da sotto un mobile. Come fossero finite
lì, restava un
mistero. Al momento di infilarsele, si sentì tremendamente
osservata e la
tentazione fu troppo forte.
Alzò
gli occhi per incontrare quelli neri di desiderio di Damon che la
guardava con un’espressione così sfacciata,
così oscena da farle tremare le
gambe.
Se
ne stava dritto di fronte a lei, con il getto d’acqua a
lambire il suo
corpo, del tutto a suo agio sebbene fosse nudo e con una parte in
particolare
visibilmente euforica.
L’autocontrollo
di Bonnie andò a farsi benedire e gettò i suoi
indumenti
di nuovo a terra. Entrò nel bagno senza curarsi delle
proprie nudità e
abbracciò Damon che l’accolse più che
volentieri.
La
schiena della ragazza venne a contatto con la parete dalla doccia e
fremette per il contrasto tra il freddo delle piastrelle e il caldo
dell’acqua.
Finalmente
il Paradiso.
Stefan
si chiese come avesse potuto accettare un’idea tanto folle.
Con
la minaccia di Klaus che si avvicinava, Elena era sempre più
in
pericolo. Non si poteva sapere se altri vampiri sarebbero venuti a
cercarla per
conto di Klaus o per ingraziarsi i suoi favori.
Doveva
fare in modo che fosse pronta a difendersi, doveva allenarla o
prepararla in qualche modo.
Lui,
però, era debole. Non era abituato a combattere con altri
vampiri, di
certo non vampiri potenti come Klaus.
Avrebbe
potuto chiedere a Damon, ma aveva messo in chiaro di non voler
stare vicino ad Elena, senza contare che ultimamente era piuttosto
occupato con
Bonnie.
Così
Katherine si era presentata la sera prima al Pensionato, offrendo il
proprio aiuto per addestrare Elena.
Stefan
non era né fiero né contento di dover dividere il
lavoro con la
vampira, ma in fin dei conti era stata l’unica in grado di
uccidere Klaus;
sebbene non avesse funzionato, comunque era riuscita a colpirgli il
cuore.
Era
esperta, era scaltra, era perfetta per quel compito; eppure Stefan
sentiva di non potersi fidare totalmente di quella tentatrice.
Mentre
osservava Katherine spiegare ad Elena come s’impugnava un
paletto,
gli sembrava di vedere due normalissime gemelle battibeccare.
Quelle
due era praticamente identiche; lui per primo avrebbe fatto fatica
a distinguerle se non avesse avuto la capacità di udire il
battito del cuore.
Ricordò
con un moto di nostalgia gli ultimi mesi della sua vita umana,
quando aveva incontrato Katherine per la prima volta, e stentava a
credere che
la vampira fosse la stessa dolce ragazzina di cui si era innamorato.
Era
arrivata nella tenuta dei Salvatore a Firenze in estate, insieme alla
sua cameriera Gudren e subito Stefan se n’era infatuato.
Sembrava un angelo:
così ingenua e innocente, tanto da non capire la
rivalità che si era creata tra
lui e Damon per conquistare il suo cuore.
Appariva
quasi come una bambina, bisognosa di protezione, benché
fosse
molto più forte e pericolosa di qualsiasi essere umano.
Stefan non le aveva
creduto la prima volta che lei gli aveva confessato il suo segreto.
Come poteva
una tale bellezza, così fragile, nascondere un mostro letale?
Ma
Katherine all’inizio era tutt’altro che un mostro.
Non avrebbe mai
fatto volontariamente del male a qualcuno, non voleva essere causa di
sofferenza. Inevitabilmente si era trovata in una situazione
più grossa di lei,
ingestibile e la ragazza si era dimostrata infantile e incapace di
rinunciare
ad uno di loro; fino a preferir fingere
la sua morte piuttosto che compiere una scelta.
La
sua decisione era stata dettata dalla giovane età e dal buon
cuore: non
voleva vederli soffrire e litigare per colpa sua.
Perciò
Stefan si chiedeva come una persona avesse potuto cambiare in modo
così radicale. Katherine era sempre stata un po’
viziata, ma mai cattiva o subdola.
Dopo tutti quei secoli invece era diventata meschina e manipolatrice, a
tratti
lunatica e isterica; una fredda calcolatrice interessata solo al
proprio bene.
Non
la voleva vicino ad Elena, temeva che avrebbe potuto plagiarla o
ferirla; non poteva fidarsi: le sue intenzioni sembravano troppo nobili
per
essere vere, considerando il rancore che serbava in sé.
Stefan,
però, non poteva negare che il suo aiuto fosse stato molto
prezioso e non solo per tutte le informazioni che gli aveva rivelato.
Non si
era scordato di come fosse volata a Greensboro con Damon per recuperare
Elena o
di come solamente poche ore prima avesse salvato Caroline dai lupi
mannari.
Sulla
carta Katherine non aveva ancora commesso errori e si era guadagnata
quanto meno il beneficio del dubbio. Il vampiro poteva sfruttare le sue
doti e
l’avrebbe fatto. Tutto pur di proteggere Elena.
Non
riusciva ad ignorare quello che era accaduto con Damon, quella
maledetta storia che si era ripetuta ancora, però Elena era
il suo amore, il
suo vero amore.
Non
poteva nemmeno essere paragonato a ciò che aveva provato per
Katherine
tanto tempo prima. Aveva solo diciassette anni all’epoca e si
era lasciato
trasportare dal fascino del mistero che circondava la vampira, dalla
passione e
dall’inesperienza. Non era emotivamente pronto per
innamorarsi sul serio.
Cinquecento
anni dopo poteva dire di avere capito la differenza tra
desiderio, infatuazione e amore. Elena era padrona assoluta del suo
cuore e lo
sarebbe stata per sempre.
Stefan
non l’aveva perdonata del tutto, ma non l’avrebbe
abbandonata al
suo destino fatale. Non poteva immaginarsi un mondo senza Elena.
Sarebbe
sceso a patti anche con il diavolo pur di tenerla con sé.
“Il
cuore non è lì!” sbraitò
Katherine “Più al centro! Non ti hanno
insegnato un po’ di anatomia a scuola?”. Non era
proprio l’insegnante più
paziente del mondo.
“So
dove si trova il cuore” replicò Elena astiosa
“Non è facile prendere
la mira”.
“Ottima
scusa; prova ad usarla quando Klaus affonderà i suoi canini
nel
tuo collo” le consigliò ironicamente con un
pizzico di malignità.
“Katherine”
il tono di Stefan era di avvertimento.
“Lasciami
fare il mio lavoro” lo zittì “Non
è fatta di porcellana, sai!
Ora prendi il paletto e colpisci il cuore di quel manichino”
ordinò.
Elena
assottigliò le labbra, strinse il paletto e lo
piantò a pochi
centimetri dall’obiettivo. Katherine le tirò un
leggero schiaffo sui capelli.
“Ehi!
Perché lo hai fatto?” chiese l’altra con
astio.
“Forse
così non lo mancherai la prossima volta!”.
“Sai,
inutile vampirella, forse potrei usare il metodo di Bonnie.
L’ultima
volta le hai prese o mi sbaglio?” la minacciò
Elena piazzandosi di fronte al
viso dell’altra pronta a saltarle addosso.
“Devo
mettervi in punizione come a scuola?!” esclamò
Stefan incredulo per
la scena cui stava assistendo “Katherine, Elena deve prima
allenarsi; non è
abbastanza forte per piantare un paletto nel cuore di un
vampiro”.
“Che
idea geniale” applaudì la vampira e si rivolse
alla sua sosia umana
“Potremmo cominciare con una bella corsa” propose
“Perché non giochiamo al
gatto e al topo; io faccio il gatto”.
Stefan
sbuffò. Per un momento aveva sperato che Katherine fosse
seria, ma
come al solito si era rivelato un modo come un altro per torturare
Elena.
Non
avrebbe dovuto neppure prendere in considerazione quella proposta;
sarebbe finita molto male, lo prevedeva già.
“Che
sta succedendo qui?”.
Damon
apparve alle spalle di Stefan e si fermò di fianco a lui
incrociando
le braccia. Osservò incuriosito le due ragazze litigare.
“Katherine
mi sta aiutando ad allenare Elena per difendersi da Klaus”.
“Sei
impazzito? Ucciderà Elena non appena ti girerai”.
“Katherine
è la sola tra di noi ad avere conosciuto Klaus e
l’ha quasi
ucciso. Può aiutarla molto più di noi”
chiarì Stefan.
“Perché
non hai chiamato me?”.
“Mi
sembravi troppo impegnato a fare altro; anzi mi sorprende che tu abbia
trovato il tempo di scendere fin quaggiù. Già
finita la doccia?”
Damon
lo guardò con occhi assassini. Odiava che suo fratello
potesse
sentirli. Non gli era mai importato con le altre donne che si era
portato a
letto, non l’aveva mai vista come una violazione della
privacy; erano vampiri
con un superudito e non potevano evitare di sentire tutto.
Con
Bonnie era diverso. Avrebbe voluto proteggerla da orecchie indiscrete.
Aveva un forte senso di possessività nei confronti della
streghetta e non gli
piaceva che altri udissero la sua voce e i suoi gemiti,
perché erano riservati a
lui soltanto.
“Dov’è
adesso?” chiese Stefan.
“Sta
dormendo” rispose suo fratello. Dopo essere uscita dalla
doccia, Bonnie
si era stesa di nuovo sul letto ed era crollata. Damon
valutò che forse avrebbe
dovuto andarci un po’ più piano con lei
perché la stava sfinendo: era solo
un’umana che aveva scoperto le gioie del sesso due giorni
prima e lui un
vampiro con cinque secoli di esperienza; decisamente le loro forze non
erano
bilanciate.
“Allora,
c’è qualche speranza di assistere ad una lotta nel
fango tra
doppelgaenger? Io punto su Elena” cambiò discorso
mentre i suoi occhi divertiti
non lasciavano un secondo le figure identiche delle due bionde.
La
testa di Katherine scattò, sentendo quel commento, verso
Damon e lei
ghignò “Che ne dici, Elena, di una dimostrazione
pratica?”.
Neanche
il tempo di battere le ciglia che il vampiro si trovò
schiacciato
a pancia in giù, con il viso contro il terriccio; Katherine
era salita a
cavalcioni sui suoi fianchi e lo teneva fermo con una mano sulla
schiena e
l’altra puntava il paletto sul suo cuore, sfregandogli la
pelle.
“Questo
è quello che si chiama effetto a sorpresa, gemellina”
spiegò la vampira pigiando di più il paletto
contro la
scapola dell’altro “Se non se
l’aspettano, è più facile
ucciderli”.
“Credo
abbia capito” s’intromise Stefan che si era
avvicinato pronto per
soccorrere il fratello nel caso Katherine si fosse spinta troppo in
là.
“Certo,
sarebbe più piacevole se Damon fosse girato verso di
me” suppose
lei ignorando Stefan.
Un
attimo dopo, il maggiore dei Salvatore venne costretto a voltarsi in
modo tale che fosse la sua schiena a toccare il terreno. Katherine lo
pressò in
basso e gli bloccò le braccia vicino alla testa
“Forse questa posizione ti si
addice di più, Elena” insinuò senza,
però, staccare gli occhi da quelli di
Damon.
Fu
obbligata a lasciare la presa e boccheggiò liberando
l’altro vampiro
dal suo peso. La sua sosia umana, con l’aiuto di Stefan, era
riuscita a
conficcarle un paletto nel fianco e le mani di entrambi lo spingevano
in
profondità
“Intendevi
questo per effetto a sorpresa?” le sibilò Elena
all’orecchio,
estraendo il pezzo di legno. Lo buttò a terra con fare
sprezzante e si diresse
in casa.
Damon
si tirò in piedi e si beò
dell’espressione umiliata con cui
Katherine li stava fulminando.
“Questi
sono i momenti in cui vorrei avere un Iphone” disse Stefan,
rammaricato che il suo attuale cellulare fosse veramente scadente per
le foto e
i video.
Katherine,
senza aggiungere altro, si trasformò in una bellissima
civetta
bianca e volò via.
“Lo
sapevo che puntare su Elena sarebbe stato un ottimo affare”
Damon non
riuscì a trattenere un sorriso compiaciuto, mentre
un’incazzatissima Katherine
sbatteva le ali in un cielo improvvisamente fattosi tempestoso
“Credo che oggi
avremo bisogno di un ombrello”.
Bonnie
si guardò allo specchio quella mattina e dopo tanto tempo fu
soddisfatta della sua immagine riflessa sul vetro: era riposata e
felice.
Il
giorno precedente era stato dedicato completamente all’ozio.
Dopo
essersi svegliata in camera di Damon, da sola, si era rifugiata nella
sua per
cambiarsi i vestirsi e trovare un attimo di pace dal tornado di
emozioni che
l’aveva colpita.
Era
rimasta nella sua stanza praticamente tutto il pomeriggio e quando il
silenzio aveva invaso la casa, lei ne aveva approfittato per riportare
il gatto
al sicuro dalla signora Flowers. Kol era stato più che
contento di rivedere la
sua legittima padrona e di salutare per sempre quella gabbia di matti
che era
il Pensionato.
Quando
Bonnie era rientrata, la villa appariva ancora deserta. Si era
fatta da mangiare e poi si era buttata sul suo letto a leggere un
po’. Senza
accorgersene era ricaduta nel sonno e si era svegliata alla mattina
rilassata e
serena.
Spremette
il dentifricio e lo spalmò sullo spazzolino iniziando a
lavarsi
i denti. Era sollevata che Damon la notte prima non si fosse presentato
nella
sua stanza; non avrebbe retto un altro round.
Era
solo un’umana, non aveva la resistenza di un vampiro e il suo
corpo
aveva bisogno di una pausa per recuperare dall’intensa
attività fisica.
Sebbene,
dovette ammettere, da una parte rimpiangeva di non aver trascorso
ancora del tempo con Damon. Si sentiva diversa, un po’ scossa
e incompleta.
Non
si era spinta più in là di un bacio con nessuno e
non era abituata a
quel calore che le pervadeva le membra ogni volta che pensava al
vampiro.
Ci
sarebbe voluto un po’ per riprendere il controllo del suo
corpo che era
in fiamme. Espressione scontata, ma che rendeva alla perfezione
ciò che stava
vivendo. Non aveva idea che un solo uomo potesse sconvolgerla in quel
modo;
almeno non Damon!
Certamente
era un bellissimo uomo, d’indiscutibile fascino e
… beh … era
pure sexy, ma da qui a diventare la sua fantasia sessuale ricorrente il
passo
diventava lungo.
Non era neanche solo
una fantasia, era una realtà concreta!
Bonnie
trattenne un risolino scemo, mentre si legava i capelli rossi in
una coda alta. Sembrava una ragazzina alla prima cotta, con le guance
imporporate d’imbarazzo e un sorriso ebete stampato sulle
labbra.
Ma
non poteva evitarlo e soprattutto non voleva. Stava bene. Stava
dannatamente bene e lo avrebbe urlato a tutto il mondo.
Che
cosa fossero precisamente lei e Damon, non era ancora bene definito.
Non le interessava molto. Non credeva che lui stesse solo giocando o
soddisfacendo qualche voglia. Non si sarebbe permesso dopo tutto quello
che le
aveva combinato.
La
strega sapeva di non essere ancora al livello di Elena e forse non lo
sarebbe mai stata; ma al momento non si voleva sentire in difetto
perché non
aveva la più pallida idea di che posto occupasse Damon nel
suo cuore.
Per
come la vedeva Bonnie, erano pari.
Di
una cosa in assoluto aveva la certezza: non era solo sesso, almeno non
per lei. Ne avevano passate troppo insieme, si erano aperti
l’uno con l’altra,
i demoni più oscuri delle loro anime si erano rivelati. Si
erano amati, odiati,
sopportati, aiutati, salvati in tutti i modi possibili, attraverso vie
incomprensibili e difficili.
Non
poteva ridurre quel crescente desiderio ad una mera questione fisica.
Era una componente molto forte, ma non reggeva il confronto con i
sentimenti
che stavano nascendo in Bonnie.
Sentimenti
che l’atterrivano, se doveva essere sincera.
Anche
Damon provava la stessa cosa? E il fantasma di Elena dove si
collocava in tutto ciò?
La
giornata era cominciata così bene e non voleva rovinarsela
rimuginando
troppo su Elena Gilbert. Non voleva nemmeno prendere
l’abitudine di paragonarsi
a lei; erano due ragazze così diverse e non avrebbe avuto
senso.
Bonnie
applicò un po’ di blush sulle guance per dare un
po’ di colore e si
allungò le ciglia con il mascara. I suoi compagni di scuola
l’avevano quasi
sempre vista in condizioni pietose e voleva mostrare a tutti come fosse
finalmente guarita dalla tristezza e solitudine.
Erano
le ultime settimane di scuola e poteva permettersi di saltare
qualche giorno, ma per svariati motivi ne aveva già persi
tanti e preferiva non
accumulare altre assenze per niente.
Rientrò
in camera sua per cambiarsi e notò che sul letto era posato
un
sacchetto. La stanza era vuota; chiunque l’avesse messo
lì, aveva fatto in
fretta. Bonnie si avvicinò sospettosa alla busta e
tirò un bordo verso di lei
sbirciando il contenuto. La sua bocca si aprì
d’istinto. La ragazza afferrò il
sacchetto e lo ribaltò sul letto: una cascata di reggiseno e
mutande riempì il
materasso.
Bonnie
esaminò incredula quella massa di intimo arruffata per la
caduta.
Non era difficile immaginare chi gliel’avesse regalato; a
meno che Stefan non
le stesse dando il via libera per fare le cose sporche con suo
fratello, ma ne
dubitava seriamente.
Cominciò
a frugare in quell’assortimento di intimo degno di un
catalogo di
Victoria’s Secret e tirò
fuori alcuni
completini davvero carini, altri davvero indecenti e scommise che gli
ultimi
fossero i preferiti del vampiro.
Non
penserà che me
le metta?!
Si scandalizzò quando tra le mani le capitarono un paio di
mutande che …
non avevano nemmeno la stoffa per essere definite tali. Un assemblaggio
di filo
interdentale forse era più adatto. Non osò
nemmeno cercare il pezzo cui erano
abbinate.
Non
seppe se prendere quel regalo come un insulto o che altro.
Gettò
sconsolata un’occhiata al cassettone aperto della sua
biancheria.
Che
cosa c’è che
non va in quelli?
Erano
un po’ più sobri e meno colorati. Non
c’era molto pizzo ma in fondo
erano comodi. Non aveva mai dovuto sedurre nessuno per cui non aveva
sentito il
bisogno di comprare lingerie osé.
In
effetti sono un
po’ tristi. Ammise.
Si
voltò di nuovo verso i suoi nuovi completi e ne scelse uno
color rosa
antico con i bordi di pizzo nero. Il reggiseno aveva ovviamente la
coppa
preformata e le mutande erano trasparenti eccetto qualche decorazione
in nero.
Provocanti
ma raffinate. Per Bonnie era il massimo della trasgressione.
S’infilò un paio di pantaloncini e una blusa scura
e scese a fare colazione.
Con
sorpresa trovò entrambi i fratelli Salvatore in cucina a
bere del
caffè.
“Buongiorno”
li salutò raggiante prendendo il cartone del latte dal
frigorifero.
“Sembri
allegra stamattina” constatò Stefan piacevolmente
sorpreso dal
buon umore della ragazza.
“Lo
sono” confermò lei mentre attendeva che il latte
si scaldasse.
“Chissà
di chi è il merito” borbottò Damon a
bassa voce, ma gli altri due
lo sentirono senza problemi.
Bonnie
si girò per non mostrare il suo rossore e spense il fornello.
“Vuoi
che ti dia un passaggio a scuola?” le propose Stefan
“Devo andare
comunque a prendere Matt, il suo pick-up è morto”.
“Non
ce c’è bisogno” declinò
Bonnie “Ho voglia di guidare la mia macchina;
magari passo da Meredith, è da un sacco che non la
vedo”.
“Adesso
va da Meredith!” esclamò Damon come se lei non
fosse nemmeno nella
stanza “Perché non sei stata colta da questa
brillante idea anche due sere
fa?”.
Bonnie
sbuffò versando il latte nella tazza. L’avrebbe
tormentata per
quella dimenticanza finché avesse avuto memoria. A momenti
era costata la vita
ad entrambi ma se l’erano cavata; perché
continuare a infilare il dito nella
piaga?
“Okay,
io comincio ad andare allora” spezzò il silenzio
Stefan “Matt abita
in periferia e non voglio fare tardi”.
“Che
studente diligente, fratellino” lo derise Damon.
Stefan
non l’ascoltò nemmeno. Baciò sui
capelli Bonnie e lasciò la cucina.
Poco dopo la sua Jaguar rossa abbandonò il cortile del
Pensionato.
Bonnie
finì di riempire la sua tazza di cereali e si
voltò per raggiungere
il tavolo ma il suo naso si spalmò contro il petto di Damon.
“Hai
ricevuto il mio regalo?” le chiese come se non vedesse
l’ora di fare
altro.
“Secondo
te?” la rossa lo aggirò e si andò a
sedere.
“Tutto
qui? Non mi dici neanche se ti è piaciuto?”.
“Sinceramente
mi sono sentita un po’ offesa. Cosa c’è
di male nella mia
biancheria?”.
“Niente,
a parte il fatto che la indossavano
nell’anteguerra” rispose lui.
“Cosa
te ne frega di quello che indosso se intanto me lo strappi
via?!”
domanda più che legittima.
“Okay,
un punto per te” le concesse Damon “Questo non
toglie che mi
piacerebbe vedertela addosso in altri
momenti. Mi mancano le tue sfilate” finse di
piagnucolare piegando il
labbro inferiore.
“Non
ero in me quando facevo quelle cose” replicò
Bonnie ripensando con
disagio a quel periodo della sua vita.
“Eri
una stronza totale, te lo concedo” concordò Damon
beccandosi
un’occhiata di fuoco “Ma non mi dispiacerebbe se
prendessi spunto da quella
ragazza” le confessò “Sai, parlo di
quella Bonnie che camminava verso di me
facendo le fusa”.
“Io
non facevo le fusa!” ribatté lei mettendosi le
mani davanti agli occhi
in preda alla vergogna.
“Non
mi stavo mica lamentando” proruppe Damon in un vago tentativo
di
rassicurarla.
“Mi
farai diventare matta” affermò la giovane
rassegnata.
“E’
proprio quello che spero”.
Damon
le prese le mani e gliele tolse dagli occhi. Due secondi e la miccia
s’incendiò di nuovo. Le loro bocche si scontrarono
in una lotta struggente che
si trasformò presto in un tocco lento e languido e nessuno
dei due volle
trattenere dei gemiti di apprezzamento per essersi finalmente riuniti.
“Sono
quasi impazzito stanotte per non venire da te” le
sussurrò lui
quando si staccarono.
“Perché
non l’hai fatto?” domandò Bonnie con gli
occhi che le brillavano.
“Non
posso mica consumarti tutta subito, streghetta”
ridacchiò l’altro
accarezzandole il volto “Ma ora ho intenzione di
rimediare”.
Bonnie
cacciò un urletto sentendosi sollevare fino a che non fu
seduta sul
tavolo. Lui si piegò per baciarla ancora.
“No,
Damon” si rifiutò lei mettendogli una mano sul
petto “Ho scuola”.
“Saltala”
fu la semplice richiesta del vampiro che aveva trovato un nuovo
obiettivo nel collo.
“Non
posso, mi bocceranno se faccio troppe assenze”.
“Li
soggiogherò io” propose Damon mentre la baciava
dietro l’orecchio
“Risulterai come un’alunna modello”.
“Io
sono un’alun – ah!” non poté
finire la frase perché i canini di Damon
le avevano bucato la pelle delle spalla attraverso il tessuto della
blusa.
“La
mia camicia … me la rovinerai tutta”.
Detto,
fatto. Damon le slacciò i primi bottoni e la
scostò di lato quanto
bastava per esporre la sua spalla e ritornò a bere senza
foga, gustando quel
dolce nettare, stando attendo a non farle male.
Bonnie
mugolò avvertendo un po’ di dolore per la
posizione scomoda. La
spalla non era proprio il punto migliore per farsi mordere.
Damon
si ritrasse immediatamente e le baciò i due graffi per
lenire il
fastidio.
“Devo
andare … sul serio” Bonnie provò a
saltare giù dal tavolo ma lui la
riagguantò al volo.
“Ti
ho fatto male” le disse.
“Non
è stato niente, come una puntura” lo
tranquillizzò lei.
“Devo
farmi perdonare” s’imputò il vampiro
riappropiandosi delle labbra
della rossa che accettò volentieri di essere zittita.
“Salta
la scuola” le chiese ancora Damon con voce roca.
Ecco
di nuovo il caldo assalirla; partiva dal basso ventre e le avvolgeva
tutto il corpo “Forse posso entrare alla seconda
ora” accettò.
Damon
scese a lambirle il collo e ancora la spalla ferita, mentre le sue
mani le arpionarono i fianchi e l’attirarono sul bordo del
tavolo. I loro
bacini si toccarono e l’uomo iniziò a strofinarsi
contro di lei.
“Magari
anche alla terza” azzardò Bonnie. Il suo cervello
aveva staccato
completamente la spina.
Damon
non poté essere più d’accordo. Le
slacciò il bottone dei
pantaloncini, abbassò la zip e li fece scivolare via.
Si
accovacciò e sorrise “Ottima scelta” si
complimentò osservando le
mutande che aveva comprato personalmente.
Le
sfilò pure quelle e le aprì le gambe. Senza
tentennare, la sua testa
s’intrufolò in
mezzo alle sue cosce,
smaniosa.
Bonnie
inarcò la schiena per attutire l’urto di quel
nuovo piacere e per
poco non piantò le unghie nel legno del tavolo.
Al
diavolo la
scuola.
“Dov’è
Bonnie?” s’incuriosì Meredith mentre si
sedeva insieme alle altre
in biblioteca “Sono due giorni che manca da scuola.
È successo qualcosa?”.
“Non
che io sappia” rispose Elena “Ieri ero al
Pensionato; non l’ho vista
ma Stefan mi ha detto che stava dormendo. È molto stanca,
tutto qui”.
“Chi
non lo sarebbe dopo essere stata attaccato da un branco di lupi
mannari” si tranquillizzò un po’
Meredith aprendo il libro di matematica.
Caroline
soffocò una risatina: aveva consigliato a Bonnie di stare
lontana
da Damon fino a che non fosse riuscita a far chiarezza nella sua testa,
ma
sapeva quanto il vampiro potesse essere irresistibile. Ci era passata
anche
lei.
Dai
suoi ricordi, era anche piuttosto sfiancante. Ovvio che la rossa fosse
stanca, ma i lupi non ne avevano colpa.
“Hai
ragione, Elena: non c’è motivo di
allarmarsi” concordò Meredith
“Bonnie sarà a casa a riposarsi. Magari in questo
momento è ancora nel letto”.
“Oh,
su questo ci puoi giurare” si lasciò scappare
Caroline.
Elena
le tirò un calcio da sotto il tavolo.
Meredith
la fissò interrogativa ma non indagò oltre. Si
concentrò sulle
pagine del suo libro e tutte e tre iniziarono a studiare.
“La
cosa sta diventando ridicola” commentò Meredith
dopo mezz’ora.
Elena
e Caroline portarono confuse l’attenzione su di lei.
“E’
da quando ho chiesto di Bonnie che vi scambiate occhiate strane. Cosa
mi state tenendo nascosto?”.
“Niente”
rispose Caroline con una voce talmente acuta che non avrebbe
potuto ingannare neanche un bambino.
“Elena?”
insistette la mora rivolgendosi all’altra amica.
“Nulla
di cui preoccuparsi, Mere” le assicurò la Gilbert.
“Bonnie
sta benissimo” ribadì Caroline “Sta
meglio di tutte noi messe
insieme, credimi” voleva
rimediare e
invece fece più danni.
“Non
mi state tranquillizzando” le avvertì Meredith.
“E’
una sciocchezza …” continuò Caroline
senza riuscire a tenere la bocca
chiusa.
“Care!”
l’ammonì Elena.
“Ma
dai! Stiamo parlando di Meredith! Lei sa tenere un segreto”.
“Come
te?”.
“Ragazze”
le richiamò la terza amica sventolando una mano
“Io sono ancora
qua”.
Elena
sbuffò rassegnata e alzò le braccia in segno di
resa. Era inutile
continuare a fingere: Meredith non era stupida e Caroline praticamente
le aveva
servito lo scoop su un piatto di argento.
Proprio
quest’ultima fu la prima a parlare “Sai che Bonnie
e Damon sono
stati attaccati dai lupi mannari e che Damon ha rischiato di morire,
no?”.
Meredith
annuì incitandola a proseguire.
“Ecco
… quella sera Bonnie gli ha donato il suo sangue e
… sai com’è, una
cosa tira l’altra …”.
“O
mio Dio!” Meredith si portò le mani alla bocca,
incredula “Non dirmi
che … o mio Dio, Bonnie? La nostra piccola e innocente
Bonnie?”.
“Piccola
sì, innocente non più!”
confermò Caroline.
“Voi
credete che non sia a scuola, perché è a casa con
lui?” chiese
Meredith un po’ scettica. Le pareva eccessivo saltare le
lezioni solo per non
reprimere le loro voglie fisiche.
“Non
lo so. Io ed Elena stavamo scherzando ma tutto può
essere” le disse
Caroline “Le ho suggerito di stargli lontana per un
po’ di tempo, però Damon sa
essere molto persuasivo. Io l’ho sperimentato, è
difficile resistergli”.
“Non
posso credere che Bonnie ci sia cascata” fu il commento
improvviso di
Elena, che incrociò le braccia nervosamente.
Meredith
aggrottò le sopracciglia “Che cosa vuoi
dire?”.
“Quello
che ho detto: mi pare assurdo che Bonnie abbia ceduto al fascino
di Damon” ripeté.
“A
pensarci bene la cosa non mi stupisce” rifletté
Meredith “Era solo una
questione di tempo”.
“Su
questo ti do ragione” concordò Caroline
“Quei due non possono fare a
meno dell’altro. Litigano come dei matti ma alla fine non
riescono a stare
lontani. Era inevitabile che succedesse qualcosa”.
“Solo
io trovo che sia un po’ … strano?”
buttò là Elena.
“Dove
vuoi arrivare?” s’incuriosì Meredith.
“Damon
è innamorato di me. O era
innamorato; ora non lo so più”.
“Ahia!”
esclamò Caroline “Se fossi in te questo non lo
direi a Bonnie” la
sgridò freddamente, infastidita dalla presa di posizione di
Elena.
“No,
Care …” si corresse subito “Mi
è uscita male” ed era vero; non
intendeva essere così acida, il suo discorso era un altro
“Io ho rifiutato
Damon ma se gli avessi detto di sì? Dove saremmo
adesso?”.
“Ti
stai pentendo della tua decisione, Elena?”
l’accusò Caroline pronta a
frantumare le esigenze da prima donna della bionda. Meredith, al
contrario,
iniziava a capire qualche fosse il punto dell’amica.
“Voglio
Stefan” asserì Elena “Voglio solo
Stefan, non sono pentita. Avrò sempre un po’ di
gelosia verso Damon, lo sapete
come sono fatta, ma non ho rimorsi riguardo la mia scelta”
chiarì con fermezza
“Però provate a pensare se io avessi detto
sì a Damon o se ora dovessi tornare
da lui, qual è il posto di Bonnie in tutto
questo?”.
Caroline
tacque. Colta improvvisamente dallo stesso timore.
“Sono
solamente preoccupata che Bonnie possa soffrire” disse Elena
“Pochi
giorni fa Damon voleva sapere cosa provassi per lui e adesso
cos’è cambiato?”.
“Credi
che la stia usando come rimpiazzo?” Caroline provò
a dare voce ai
pensieri della Gilbert.
“Non
la userebbe mai come un rimpiazzo, Damon ci tiene a lei”
escluse
Elena “Ammettete, però, che è stato
tutto molto improvviso e che nessuno dei
due si sia fermato a riflettere un attimo. Bonnie è
già stata ferita tanto in
passato, non voglio che ricapiti”.
“Ho
capito quello che vuoi dire” s’intromise Meredith
“E’ vero: è stato
improvviso ma c’era da aspettarselo”
precisò “I loro sentimenti hanno
incominciato a crescere nel momento in cui Bonnie è tornata
a Fell’s Church.
Damon era troppo preso da te per rendersene conto; ora che tu
l’hai liberato
…”.
“Quella
parte di lui può venire a galla senza freni”
concluse Elena.
“Con
questo nessuno di noi sta dicendo che Damon è un santo e
sono sicura
che farà qualcosa per mandare tutto a puttane, passatemi il
francesismo”
sottolineò Caroline “Noi non possiamo immischiarci
più, Elena. Se la devono
sbrigare da soli. E forse … chissà …
magari sono destinati a stare insieme”.
“Non
era mia intenzione fare la stronza” si scusò la
bionda “So di non
avere degli ottimi precedenti ma vorrei solo impedire a Bonnie di
trovarsi a
pezzi”.
“Lo
vogliamo tutti” la confortò Meredith passandole un
braccio attorno
alle spalle “Fidati, sarà Damon quello a finire a
pezzi se prova a far star
male la nostra rossa. Spingerò il paletto così in
profondità che ci metterà
settimane a togliere tutte le schegge” giurò
scoppiando a ridere, sebbene
credesse che il vampiro avrebbe fatto del suo meglio per non procurare
altro
dolore a Bonnie.
“Correggerò
tutti i suoi liquori con la verbena e gliela spruzzerò
perfino
sulla tavoletta del water” Caroline si strofinò le
mani progettando la sua
vendetta.
“I
vampiri vanno in bagno?” fu la domanda spontanea delle altre
due.
“Tendenzialmente
no” spiegò Caroline “Ma tutto
quell’alcol prima o poi
dovrà uscire da qualche parte*”.
Meredith
sorprese se stessa ammettendo che per una volta il ragionamento
di Caroline non faceva una piega.
Bonnie
non era una
piagnucolona. Non si lamentava quasi mai e di notte dormiva come un
ghiro senza
disturbare il sonno della sua famiglia.
Capitava
davvero
raramente che si svegliasse piangendo, ma quelle poche volte recuperava
per
tutte le altre perché urlava come un’ossessa.
Damon
si premette
il cuscino sulle orecchie dannandosi per non essere rimasto a dormire
dalla
bionda che aveva circuito al bar poche ore prima.
Dopo
aver bevuto
il suo sangue, si era reso conto di voler tornare a casa e sdraiarsi
nel suo
letto in pace e tranquillità. Nemmeno aveva pensato a Bonnie
perché di solito
quella bambina era un angelo.
Invece
quella
notte aveva deciso di mostrare a tutta Fell’s Church le sue
prodezze vocali,
con gran gioia dell’udito sovrasviluppato del vampiro.
Perché
nessuno
andava a prenderla? Perché la ignoravano tutti? Come faceva
quel corpicino ad
avere così tanta forza in corpo?
Damon
voleva che
quell’inferno finisse a tutti i costi perché
altrimenti l’avrebbe uccisa con le
sue mani. Fanculo la promessa fatta a sua madre.
Bonnie
strillò più
forte.
“Nessuno
ha pietà
di me?” esclamò nella speranza che qualcuno gli
desse ascolto.
Bonnie
non si
placò.
Con
uno scatto di rabbia
si tolse il cuscino dalla faccia, scese dal letto e furioso si diresse
verso la
stanza della piccola.
Sulla
soglia della
porta incrociò Monica Salvatore, madre naturale di Zach e
adottiva di Bonnie.
“Fa’
qualcosa” le
ordinò quasi supplichevole.
“Ho
provato di
tutto, Damon” si giustificò la donna
“Non ha fame, non ha sete, forse le fa
male la pancia ma non posso fare niente. Capita che i bambini si
mettano a
piangere. Prima o poi smetterà”.
“Mai
far fare ad
un umano quello può fare un vampiro”
borbottò Damon e superò Monica entrando in
camera.
“Sei
la sua nuova
balia adesso?” lo punzecchiò lei.
“No,
sono uno con
il potere di ipnotizzare la gente. Dammi un minuto e dormiremo tutti
benissimo”
rispose annoiato.
La
donna gli
scoccò un’occhiata scettica e se ne
andò lasciandogli campo libero. Non le
piaceva che sua figlia venisse soggiogata, ma non sarebbe mai riuscita
a
distogliere Damon dal suo obiettivo.
Il
vampiro si
avvicinò al lettino e artigliò le dita attorno
alla spondina. Avvicinò il volto
a quello della bambina “Sei una spina nel fianco, lo
sai?” le sussurrò.
Bonnie
puntò i
suoi occhioni marroni in quelli neri dell’altro e si
calmò lentamente fino a
tacere del tutto.
“Beh,
dovevi
proprio farmi alzare dal letto per smettere?” le chiese
irritato. Se avesse
aspettato altri cinque minuti, avrebbe potuto starsene nel letto in
santa pace.
Quella rossa non era un angelo; era un diavoletto!
Damon
si allontanò
dal suo lettino e fece per tornare nella sua camera. Mise un piede
fuori dalla
porta e Bonnie ricominciò a piangere.
No,
non è possibile. Pensò
lui.
Doveva essere per forza uno scherzo.
Ritornò
dentro
“Ascoltami bene, razza di peste!” la
sgridò con tono minaccioso e Bonnie si
zittì nuovamente “Lo stai facendo
apposta?” l’accusò.
Se
qualcuno fosse
entrato in quel momento non avrebbe mai riconosciuto lo spietato
vampiro temuto
da tutti: parlava con una bambina come se si aspettasse che gli
rispondesse.
“Se
ti rimetti a
piangere, giuro che …” le intimò
puntandole il dito contro ma non poté
concludere la frase perché lei glielo strinse in una manina
paffuta e glielo
tirò.
Damon
alzò le
sopracciglia, incredulo. Lo stava sfidando?
Bonnie
rise e
qualcosa in lui s’incrinò. Lei si portò
il dito alla bocca e iniziò a
succhiarlo. In qualunque altra situazione Damon si sarebbe ritratto
schifato, ma
non con Bonnie, perché lei riusciva ad intenerirlo.
Con
l’altra mano
il vampiro le scostò la frangetta dalla fronte
“Cosa mi stai facendo,
scricciolo?” le domandò in un sussurro.
Agguantò
una sedia
e la posizionò vicino al lettino. Si sedette e
continuò a giocherellare e a
parlare con lei finché non la vide addormentarsi.
Finalmente
poteva
godersi il suo meritato riposo ma non riuscì a prendere
sonno per colpa di una
domanda che lo attanagliava.
Cosa
gli stava
facendo?
Damon
aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu una massa di
capelli
rossi sparsi sul cuscino accanto al suo.
Restò
in silenzio a studiarla e solo in quel momento si accorse di quanto
fosse cresciuta quella piccola peste.
Certe
cose per fortuna non cambiavano mai: era ancora lui l’unico
capace
di donarle sonni tranquilli.
Era
inutile negare la loro intesa. Fin dal primo instante in cui i loro
occhi si erano incrociati, un legame inevitabile e indistruttibile li
aveva
connessi.
Damon
credeva che Bonnie fosse stata creata per lui. Non solo per via del
suo corpo che si plasmava e scioglieva ad ogni minimo tocco delle sue
mani, ma
soprattutto per la straordinaria capacità della rossa di
farlo sentire amato.
Già
da bambina era stata in grado di far emergere dei lati del suo
carattere che non sapeva di possedere neanche quando era un umano.
Stare
con Bonnie, la solo sua presenza, gli toglieva ogni pensiero,
ossessione o turbamento. Era come entrare in un mondo dove esistevano
solo loro
due, un posto al sicuro, da cui nessuno avrebbe mai potuto strapparli
via.
Damon
sapeva di essere una persona meschina ed egoista, non era degno di
una tale gioia. Aveva commesso troppe scelleratezza in passato e non
sarebbe
bastata un’eternità per fare ammenda. Ma lui
neppure se n’era mai pentito,
perché quella era la sua natura di cacciatore e assassino.
Perciò sapeva che,
se mai un giorno avesse abbandonato questo mondo, non sarebbe mai
neanche
arrivato alle porte del Paradiso; non se lo meritava.
Con
Bonnie, però, aveva l’impressione di averne un
assaggio. Non avrebbe
mai creduto che un essere così puro si sarebbe concesso ad
un mostro come lui.
Mostro.
Odiava quella
parola; preferiva definirsi un predatore, superiore a chiunque, ma
nella
sostanza rimaneva sempre quello. Un mostro.
Bonnie
non lo credeva tale, Bonnie vedeva solo il buono in lui, Bonnie lo
aveva perdonato.
Dalla
loro prima notte, Damon non riusciva a tenere le mani a posto ed era
sollevato che lei apprezzasse la cosa e non la ritenesse inquietante o
eccessiva. Nessun altro avrebbe potuto capire l’urgenza che
lo prendeva ogni
volta che la coglieva sola in una stanza.
Il
bello in Bonnie risiedeva nella sua totale ingenuità; non si
rendeva
nemmeno conto del potere che aveva su di lui, di quanto potesse
provocarlo.
Era
inesperta, innocente e quando non ce l’aveva tra le braccia
gli
sembrava di bruciare in un inferno.
Da
qualche tempo la considerava qualcosa di più di
un’amica, ma
nell’ultima settimana il desiderio era esploso cancellando
ogni altra
questione.
Averla
vista crescere non costituiva certo un deterrente per lui; non si
sentiva in colpa, non trovava niente di sbagliato in ciò che
gli stava
accadendo. I vampiri avevano un’altra concezione dello
scorrere del tempo e il
suo aspetto di eterno ragazzo poco più che ventenne era solo
un altro dei
vantaggi dell’immortalità.
Non
si era mai fatto degli scrupoli morali e non avrebbe iniziato ora.
Piuttosto che lasciarsi scappare Bonnie, si sarebbe maledetto.
Abbassò
un po’ le lenzuola scoprendo le schiena nuda della ragazza
ancora
profondamente addormentata.
Si
piegò e disegnò una scia di baci seguendo la
linea della colonna
vertebrale. La strega si mosse leggermente tentando di sfuggire a quel
piacevole solletico.
“Damon”
mugugnò nel dormiveglia “No, per favore
… non ce la faccio
ancora”.
Il
vampiro non trattenne una risata schioccandole un sonoro bacio sulla
nuca. Le sfiorò svogliatamente la schiena su e
giù con le dita “Sei così magra,
Bonnie”.
Lei
finalmente si decise ad aprire gli occhi “Sono fatta
così”. Era vero:
ormai aveva ripreso a magiare regolarmente, ma la sua costituzione era
molto
minuta.
“Lo
so, ma a volte ho paura di romperti” le confessò
con un tono che non
riconobbe nemmeno come il suo.
Bonnie
si passò le mani sotto alla testa e sospirò
“Perché non riesco a resisterti?”.
“Nessuno
mi resiste”.
“Io
non sono una qualunque” obiettò con un broncio.
“No”
concordò “Non lo sei”.
“Vorrei
solo capire come siamo arrivati a questo punto. Vorrei riprendere
un attimo fiato e … insomma perché?”.
“Ti
sembra tanto sbagliato?” le chiese Damon fermando le sue
carezze.
“Il
problema è che lo sento giusto” gli
rivelò lei nascondendo il viso nel
cuscino.
“Sarebbe
un problema il contrario, streghetta” le fece notare il
vampiro
“Perché non ho intenzione di lasciarti
andare”.
Bonnie
strisciò sul materasso e si appoggiò al petto di
Damon; allungò una
mano per intrecciarla con quella di lui “Non farlo”
lo pregò “Anche se questa
cosa non dovesse durare, non dimenticarti di me”
ribadì ciò che glie aveva
detto in Scozia, dopo aver sognato il massacro della sua famiglia
“Abbiamo
cominciato insieme e dobbiamo finire insieme”.
Il
volto del vampiro si scurì ma lei non poté
vederlo. Le parole della
ragazza erano state come una scossa: dobbiamo
finire insieme.
Bonnie
era mortale. Quale sarebbe stata la sua fine? Sarebbe potuta
arrivare da un momento all’altro, imprevista e improvvisa.
“Cosa
stava succedendo oggi in cortile?” Bonnie, totalmente
inconsapevole
del turbamento che aveva colpito il vampiro, cambiò discorso.
“Stefan
e le sue idee” rispose lui “Ha chiesto a Katherine
d’insegnare ad
Elena come difendersi”.
“A
Katherine?”.
“E’
una bugiarda e una traditrice, ed è pazza. Non sanno in cosa
si stanno
cacciando”.
“Un
po’ mi dispiace per lei” disse Bonnie
accoccolandosi meglio sul torace
di Damon “Da quello che mi ha raccontato Stefan, una volta
Katherine era molto
diversa”.
“Era
troppo buona per essere vera. Avrei dovuto capirlo che era solo una
piccola truffatrice”.
“L’hai
amata, Damon” gli fece presente la ragazza
“L’hai amata per
moltissimo tempo e hai ucciso per lei. Non fingere che sia una cosa di
poco
conto”.
“Katherine
amava Stefan” replicò lui “E usava
me” si prese una piccola
pausa ma ricominciò subito “Quando la vidi per la
prima volta, stentavo a
credere che stesse capitando a me. Era così bella e
innocente, non avrebbe mai
fatto volontariamente del male a nessuno. Ma era anche infantile e
viziata,
tanto da non poter rinunciare né a me né a mio
fratello. Volevo strapparla a
Stefan, volevo che s’innamorasse soltanto di me
perché lui era sempre il primo
in tutto …”.
Bonnie
ascoltò in silenzio e non lo interruppe neanche una volta.
Le
raccontò di Katherine, di suo padre, del suo perfetto
fratello. Le raccontò di
come avesse lasciato l’università e si fosse dato
al gioco e alle donne. Le
raccontò cose di cui andava fiero, altre meno. Bonnie sapeva
già una parte
della storia, ma non distolse un attimo l’attenzione,
incredula che alla fine
Damon stesse condividendo la sua versione.
Tante
volte lo aveva pregato di farlo, ma lui si era sempre rifiutato;
forse per paura del suo giudizio, forse perché non voleva
apparire ancora più
meschino di quanto già non si sentisse.
Dopo
mesi e mesi Damon stava riponendo in lei completa fiducia e nemmeno
se ne rendeva conto. Parlava come se fosse la cosa più
naturale del mondo, come
se non dovesse più nascondere niente.
Bonnie
lo lasciò fare. C’erano moltissime altre questioni
irrisolte tra di
loro. Prima o poi quell’attrazione si sarebbe attenuata e
avrebbero dovuto
affrontare i sentimenti che si celavano dietro la passione. Prima o poi
avrebbe
dovuto anche capire che cosa rappresentassero l’una per
l’altro.
Per
il momento a Bonnie bastava starsene stesa sul petto del vampiro e
abbandonarsi al suono della sua voce, perdersi in racconti lontani.
Perché
sapeva che, nonostante tutto, ci sarebbe sempre stato
nell’universo
un angolino solo per loro due. Dove essere solo Damon e Bonnie.
Due
anime unite inesorabilmente.
“As I move my
feet towards your body
I can hear this beat it fills my head up
And gets louder and louder
It fills my head up and gets louder and louder
There's a drumming noise inside my head
That starts when you're around
I swear that you could hear it
It makes such an all mighty sound
Louder than sirens, louder than bells
Sweeter than Heaven and hotter than Hell”
(Drumming Song- Florence and The Machine).
Il mio spazio:
Ragazze
oggi sono particolarmente di buon umore perché
mercoledì ho finite la sessione estiva e fino al 5 di
settembre non sentirò più
parlare di esami!!!!
Allora
che dire di questo capitolo? Lo volevo fare un po’
leggero e divertente; niente drammi per una volta.
Vi
avviso che ancora per un paio di capitoli non ci saranno
grossi colpi di scena (Klaus o cose simili); il rapporto tra Damon e
Bonnie è
cambiato radicalmente e vorrei avere lo spazio per risolvere le loro
questioni
in sospeso (es: Elena). Spero davvero di non annoiarvi troppo =(
Però
vi anticipo che nel capitolo 32 avremo il Ballo di Fine
Anno. Mi sono accorta solo ora che questi ragazzi non hanno ancora
fatto una
festa e mi piacerebbe che si godessero una serata da normali liceali!
Il
6 agosto partirò e me ne starò via tutto il mese
senza
internet, però dovrei proprio riuscire a postare ancora due
capitoli prima di
quella data; anche perché dal 33 comincerà la
nuova fase della storia e vorrei
rimandare l’ultimo blocco a settembre.
Spero
di non essere andata troppo oltre i limiti del mio
raiting con qualche scena, non credo di aver scandalizzato nessuno
ahah!
Comunque, a parte un pezzo un po’ spinto all’inizio
del prossimo capitolo, poi
la smetterò di raccontare solo delle loro imprese nelle
lenzuola e passerò ad
un confronto vero e proprio: qui qualcuno dovrà parlare di
sentimenti, che lo
voglia o no!
Forse
la frase finale di questo capitolo risulterà un
po’
banale, ma io ho sempre visto il loro rapporto proprio così:
non importa se la
loro storia funzionerà oppure no, rimarranno comunque uno
accanto all’altra per
sempre perché sono legati da qualcosa che va oltre la
semplice comprensione
umana.
Ora
non posso che ringraziarvi per l’immenso affetto con cui
avete accolto gli ultimi due capitoli di questa storia e il secondo di
Crazy
Little Thing Called Love ( a proposito, presto risponderò
alle vostre
recensioni).
Grazie
davvero infinte a tutti coloro che commentano,
seguono e leggono!! Mi fate sempre felicissima.
Non
so darvi una data precisa per il prossimo aggiornamento,
non ci dovrei mettere molto … magari anche settimana
prossima =)
Un
bacio,
Fran;)
*il
corpo dei vampiri non ha gli stessi bisogni fisiologici
di quello umano, però grazie al sangue funziona
pressoché nello stesso modo; per
cui, immagino, che tutto l’alcol che si accumula nella
vescica di Damon prima o
poi dovrà uscire!
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Capitolo 31 *** So long and goodnight ***
Ashes &Wine
Capitolo trentuno: So long and goodnight.
“Burning on just like a match you
start to incinerate
The lives of everyone you knew
And what's the worst to take, from every heart you break
And like a blade you stake
Well I've been holding on tonight
What's the worst that I could say?
Things are better if I stay
So long and goodnight”
(Helena-
My Chemical Romance)
“Da-
amon”.
Qualche
settimana prima non l’avrebbe mai considerata il
tipo che stava sopra. E gliel’aveva
pure detto, facendola arrossire come un semaforo.
Fu
costretto a rimangiarsi tutto.
Non
aveva certo pensato che tutti quegli anni di equitazione
l’avessero resa, invece, il prototipo della ragazza che stava
sopra.
A
dire il vero, Bonnie sarebbe stata benissimo in qualunque
posizione: il suo corpo era talmente minuto e sensibile da diventare
quasi
plasmabile.
Adorava
che ogni suo tocco la facesse tremare, adorava il
rossore che le imporporava le guance ogni volta che la punzecchiava con
qualche
commento un po’ troppo spinto, adorava lo sguardo di completo
abbandono che gli
riservava quando arrivava al culmine per poi afflosciarsi stremata.
“Da-
amon”.
Bonnie
normalmente aveva vergogna perfino a lasciarsi
sfuggire un piccolo gemito, ma a volte non poteva evitarlo. Eppure
c’erano dei momenti
in cui avrebbe voluto urlare per sfogare il piacere crescente che le si
accumulava nel basso ventre, ma in quei rari casi la voce le si
strozzava in
gola.
“Daaa-
mon”. Era poco più che un sussurro, quasi esalato;
capace comunque di mandare il vampiro su di giri perché
erano gli unici istanti
in cui la ragazza perdeva completamente il controllo di sé.
Bonnie
si aggrappò alle sue spalle e si spinse più
giù,
piegandosi fino a sfiorare con la fronte il torace di lui. Damon le
passò le
mani dietro la schiena nivea e le fece aumentare il ritmo, sentendo di
essere
prossimo all’apice.
La
giovane si tirò indietro e lui la seguì,
contraendo gli
addominali per mettersi seduto, e con delicatezza permise ai suoi
canini di
morderla appena sopra al seno. Entrambi esplosero.
Bonnie
collassò contro il suo corpo, Damon l’accolse tra
le
braccia e si stesero insieme sul
materasso.
Rimasero
in silenzio per infiniti minuti, lei per riprendere
fiato, lui per riprendere un minimo di contegno. Non aveva mai
incontrato
nessuno che lo destabilizzasse quanto quella strega.
“Dobbiamo
darci una calmata, Damon” mormorò Bonnie rotolando
sul fianco in modo da prendere un po’ d’aria.
“Perché
mai?” fu la domanda stupita del vampiro.
“Se
andiamo avanti così, non riuscirò nemmeno ad
alzarmi da
questo letto”.
“La
cosa non mi dispiacerebbe affatto. Sei la benvenuta qui
ad ogni ora del giorno e della notte” la stuzzicò
prendendo a baciarle il
ventre piatto.
“Forse
Caroline avrà qualcosa di cui lamentarsi” suppose
Bonnie.
La
testa di Damon scattò in alto “Che cosa
c’entra adesso
Caroline?”.
“Venerdì
c’è il Ballo di Fine Anno. Ha chiesto a tutti di
aiutare: hai presente? Sistemare i tavoli, alzare scatoloni? Ho bisogno
delle
mie forze”.
“Perché
vuoi aiutare ad organizzare una festa cui nemmeno
parteciperai?” chiese Damon poggiandosi sui gomiti per
guardarla meglio in
faccia.
“Chi
ha detto che non ci andrò?” ribatté
Bonnie.
Damon
alzò le spalle “Credevo che avresti preferito
stare
qui … con me”
le si avvicinò
sfiorando il naso contro il suo con tutta l’intenzione di
baciarla ma ciò che
disse la ragazza lo gelò.
“In
realtà speravo che mi avresti accompagnato”.
Il
vampiro si allontanò subito dal viso della rossa e si
sdraiò nuovamente sul cuscino, cercando di non mostrare il
suo turbamento.
Portarla ad un ballo avrebbe significato rendere tutto molto reale.
Damon si
trovava troppo bene nella bolla che si era creato, solo con lei.
“I
balli non fanno per me, Sissi”.
La
delusione sfigurò il bellissimo volto a forma di cuore
della ragazza; Damon era un tipo solitario, si riteneva superiore alla
massa e
le feste della scuola non erano proprio il suo genere preferito di
svago, ma
Bonnie aveva sperato che potesse fare un piccolo sforzo per lei.
Iniziò
a giocherellare nervosamente con una ciocca di
capelli e, colta da un improvviso sospetto, freddò Damon per
la seconda volta
con una domanda molto diretta “Non vuoi farti vedere con
me?”.
Il
vampiro per un attimo temette che Bonnie gli potesse
leggere nel pensiero. Il problema non stava tanto nel fatto in
sé quanto in ciò
che avrebbe comportato.
Era
il Ballo di Fine Anno; una festa che le ragazze
caricavano di aspettative. Fare da cavaliere a Bonnie avrebbe
significato
urlare al mondo che cosa provasse per lei. C’erano dei
sentimenti, ma di che
intensità non sapeva proprio dirlo.
Aveva
passato talmente tanto tempo a nasconderli che
faticava a comprenderli e a distinguerli. Non si trattava solamente di
attrazione fisica, non si trattava di uno sfizio; era qualcosa di molto
più
profondo ma Damon non riusciva ad esternarlo, non era preparato a
gestire quel tipo di emozioni. Le
considerava private,
da condividere eventualmente con Bonnie, in un futuro non ben definito.
Non
era proprio la sua massima aspirazione far sapere a
tutti che Damon Salvatore aveva ceduto alla forza dei sentimenti come
un
qualsiasi mortale.
“Io
e te stiamo molto meglio da soli, streghetta” le disse
tentando in tutti i modi di girare il discorso a suo favore.
“Non
vuoi che Elena ci veda?”.
Quella
fu la terza volta che Bonnie riuscì a ghiacciarlo nel
giro di pochi minuti.
Elena.
Un
enorme punto interrogativo, un argomento ormai tabù.
La
bionda era a conoscenza della loro storia, li aveva
beccati in pieno, ma per quanto ne sapeva lei, poteva trattarsi solo di
sesso.
Un
altro conto sarebbe stato presentarsi mano nella mano con
Bonnie al Ballo di Fine Anno; avrebbe implicato ufficializzare la loro
relazione.
A
quel punto Damon avrebbe perso Elena per sempre, perché
non si sarebbe mai intromessa nella vita privata dell’amica,
rovinandole il suo
momento. Lui non era ancora pronto per lasciarla andare.
Era
un ragionamento estremamente egoistico e irrispettoso
eppure non poteva fare a meno di trattenere quelle ultime illusioni.
Non
stava usando Bonnie. Elena non aveva nulla a che fare
con ciò che il vampiro nutriva per la rossa, però
la sua immagine era ancora
lì, salda nella sua mente.
Improvvisamente
si sentì un verme perché Bonnie non se lo
meritava.
Ma
certe abitudini erano dure a morire e Damon non poteva
fare altro che rimanere attaccato ad un vecchio sogno, pur consapevole
di ciò
che si sarebbe perso nella realtà.
Guardò
Bonnie negli occhi e le sorrise debolmente ripetendo
in un vano tentativo di tranquillizzarla “I balli non fanno
per me, davvero”.
Fu
come se le iridi marroni della ragazza si rompessero in
mille pezzi per il dispiacere. Era terribilmente ferita e mortificata.
Damon
aveva eluso la domanda ma la risposta brillava chiara come il sole:
Elena,
sempre e solo Elena.
Il
vampiro allungò una mano per accarezzarle una guancia ma
lei scosse la testa con forza e si voltò di lato. A Damon
non rimase che
fissare impotente la sua schiena. Avrebbe voluto abbracciarla e
cullarla fino a
far sparire tutte le sue incertezze ma non era possibile; almeno
finché lui
sarebbe stato il primo a non essere sicuro. Si limitò ad
ascoltare il respiro
affannato della rossa, indice di un animo inquieto; probabilmente stava
facendo
di tutto per non piangere.
Dopo
un tempo indefinito, Damon senza accorgersene sprofondò
in un sonno agitato e al suo risveglio Bonnie se n’era andata.
Caroline
Forbes si era scusata raramente in vita
sua.
Non
perché avesse sempre ragione o si ritenesse
particolarmente intelligente, ma aveva cercato di stare ben lontana da
qualunque litigio. Durante i suoi diciotto anni non aveva mai sentito
l’interesse
di sollevare discussioni. Era sempre stata una ragazza un po’
frivola, per
nulla toccata dai lati più seri della realtà. Con
la trasformazione in vampiro
tutto era cambiato, compresa la percezione di ciò che le
stava attorno.
Non
se n’era mai resa conto fino al giorno
precedente: Matt l’aveva raggiunta
per
cena, i suo genitori erano usciti.
Avevano
la casa tutta per loro e Caroline aveva in
mente di recuperare per tutte le volte in cui non erano riusciti a
concludere
il loro tempo insieme. Aveva preparato tutto nella sua camera da letto
ma a
fine serata non si erano nemmeno baciati.
Matt
non era in vena di effusioni; Matt era andato
con uno scopo.
Quando
Caroline lo aveva sentito nominare Tyler,
per poco non lo aveva sbattuto fuori di casa. Non voleva parlare del
licantropo; era ancora arrabbiata e ferita, ma non voleva mostrare
nessuna di
queste emozioni a Matt perché aveva paura di dargli
l’impressione sbagliata.
Matt,
però, aveva capito tutto, molto meglio di
lei e quando era riuscito finalmente a calmarla, lei aveva aperto gli
occhi
rendendosi conto di quanto fosse stata stupida.
Matt
aveva una sensibilità fuori dalla norma:
entrambi erano due dei suoi più vecchi amici e per colpa di
pregiudizi
infondati si erano schierati l’uno contro l’altra.
Mentre Caroline era rimasta
ferma sulle sue convinzioni, Tyler le aveva sempre guardato le spalle,
assicurandosi che non le capitasse nulla di male.
Caroline
era stata cieca, frenata dal suo stesso
orgoglio; arrabbiata perché Tyler non aveva mai voluto
rivelarle niente su
Layla e la sua famiglia, senza tener conto che se Bonnie e tutti loro
erano
sani e salvi, il merito era solo del ragazzo.
Tyler
era il suo migliore amico e non avrebbe
dovuto mischiarsi con certa gente, non avrebbe dovuto tradirla
così.
Qualche
mese prima Caroline aveva perfino pensato
di provare dei sentimenti per lui ma si erano rivelati solamente dei
falsi
sospetti; comunque ci teneva molto più di quanto avrebbe
immaginato:
condividevano lo stesso destino, si potevano capire perché
avevano vissuto le
medesime esperienze. Erano diversi da tutti gli altri adolescenti e lo
sarebbero sempre stati.
Tyler,
dopotutto, si era comportato in maniera
corretta: non si era dimenticato di come la vampira lo avesse aiutato
ad
accettare la trasformazione e sapeva che lei lo conosceva meglio di
chiunque
altro. Si sentiva in debito con la famiglia di Layla e non
l’avrebbe mai messa
in pericolo, ma d’altra parte si era impegnato
perché tutti i suoi amici
fossero al sicuro.
Caroline
lo aveva accusato di cose non vere ed era
giunto il momento di chiedere perdono.
Il
ragazzo era seduto al suo solito posto e
scarabocchiava qualcosa sul quaderno in attesa del professore. Lei si
avvicinò
e si sedette nel banco di fronte.
Tyler
alzò la testa e la fissò interrogativo.
“Ciao
Ty!” lo salutò allegra.
“E’
successo qualcosa?” si preoccupò subito
l’altro.
“No,
perché dovrebbe?”.
“Sono
settimane che non mi rivolgi parola se non
per insultarmi. C’è sicuramente qualcosa
sotto”.
“E’
vero, c’è un motivo se sono qui ma non
è
niente di grave” disse lei “Ti devo delle scuse;
sono stata una totale stronza
ultimamente. Non concepivo come potessi stare dalla loro parte, credevo
ci
stessi tradendo”.
“Stavo
solo cercando di aiutarvi!” si difese Tyler
“E Layla mi piaceva … mi piace ancora a dire il
vero. Non volevo che nessuno si
facesse male”.
“Lo
so, ma sono una maniaca del controllo, non ci
posso fare niente” sorrise imbarazzata lei
“Però se mi avessi detto che li
stavi spiando …”.
“Me
lo avresti impedito per paura che mi
succedesse qualcosa. Sei una maniaca del
controllo, ti conosco troppo bene!”.
“Certo
che te l’avrei impedito!” ripeté
Caroline
“Ti potevi mettere in un mare di guai. Ci è
mancato tanto così che Damon ti
staccasse la testa. Credeva che fossi dalla loro parte”.
“Non
mi stupisce che Damon non si fidi di me, ma
tu Caroline … tu avresti dovuto capirlo” le fece
notare con tono quasi ferito.
“Come
potevo? Mi hai urlato in faccia davanti a
tutta la scuola! Hai detto che non avevi bisogno di me, che avevamo
chiuso”.
“Era
una recita, Care!” sbottò lui “Dovevo
guadagnarmi
la fiducia di Layla; era l’unico modo per farle credere di
essere totalmente
dalla loro parte”.
“Credevo
che avessi ingannato me e invece hai
ingannato lei” sussurrò Caroline con un moto di
soddisfazione.
“Non
ne vado fiero” confessò Tyler “A Layla
non
piacciono i vampiri, ma non voleva creare tutti questi problemi
… di certo non
voleva coinvolgere Bonnie. È stata tutta un’idea
di suo padre”.
“Non
voglio più sentire parlare di loro!” lo
fermò
Caroline “Non voglio sapere se li stai ancora sentendo
… sono fatti tuoi e ho
deciso di fidarmi del tuo giudizio. Comunque se ti capitasse di
parlarci, metti
bene in chiaro che qui non sono i benvenuti”.
“Ora
ti riconosco; mi sembravi troppo buona
prima”.
“Lo
dico anche per il loro bene” disse lei con
nonchalance “Se li prende Damon, li scuoia vivi. Non vorrei
mai che alla tua
preziosa Layla succedesse qualcosa”.
“Caroline
Forbes non fare la gelosa”.
“Non
sono solo maniaca del controllo, sono anche
una prima donna” scherzò la ragazza
“Sono davvero contenta che abbiamo fatto
pace perché mi servirebbero giusto due braccia forti come le
tue”.
“E’
una proposta indecente?”.
“Dipende:
quando scandaloso credi che sia spostare
dei tavoli?”.
Damon
bevve un altro sorso del suo liquore e guardò fuori
dalla finestra per l’ennesima volta. Bonnie non era ancora
tornata.
Dopo
essersi svegliato solo nel letto, l’aveva cercata ma
lei era già scappata a scuola con la chiara intenzione di
non farsi vedere per
un po’.
Il
vampiro non poteva aspettare di scorgere la sua macchina
rientrare nel vialetto. Sapeva di averla delusa la notte prima e voleva
sistemare per quanto poteva le cose; anche se non sarebbe stato facile.
Bonnie
richiedeva più di quanto lui potesse darle. Quei
giorni trascorsi assieme erano stati bellissimi, ma solo ora la
realtà lo stava
colpendo come un pungo in faccia. Davvero aveva creduto di potersi
divertire
senza pensare alle conseguenze?
Le
aveva già incasinato abbastanza la vita, quindi
perché,
almeno per una volta, non poteva essere un persona responsabile?
Avrebbe
tanto voluto portarla a quel ballo (sebbene non
fosse proprio il suo genere di divertimento), avrebbe voluto renderla
contenta
e dirle che non gli importava dell’opinione degli altri, che
non gli importava
essere visto da lei. Avrebbe detto
solamente un mucchio di bugie.
Desiderava
davvero costruire qualcosa d’importante con
Bonnie, ma aveva deciso che non si sarebbe esposto fino a che non
avesse
risolto la sua ossessione per Elena. Non voleva illudere la sua
streghetta, non
voleva regalarle un sogno che forse non si sarebbe mai avverato, almeno
per il
momento.
Damon
aveva passato tutta la sua esistenza a dannarsi per
due ragazze innamorate di suo fratello. Era una cosa malata e
deleteria, ma,
come aveva già affermato più di una volta, era
anche l’unico modo di amare che
conosceva.
Si
sentiva pronto ad affrontarlo; erano esperienze già
vissute e che sapeva gestire, era un territorio familiare. Ci era
talmente
tanto abituato da esserne assuefatto. Trovava molto difficile
disintossicarsi
da quel rapporto tormentato.
Probabilmente
perché, nel profondo del suo animo, era
consapevole di non meritarsi un lieto fine, di non essere degno della
felicità
a causa di tutto il dolore che aveva inflitto.
D’altro
canto Elena rappresentava tutto ciò che lui aveva
sempre bramato e non poteva accettare di perderla. Il vampiro credeva
di avere
ancora qualche possibilità di riconquistarla sebbene lei
avesse scelto Stefan.
Se avesse insistito maggiormente, magari sarebbe caduta ai suoi piedi;
o per lo
meno era ciò che gli piaceva pensare.
Portare
Bonnie al ballo, tenerla sotto braccio, danzare con
lei e stringerla davanti a tutti, avrebbe significato perdere la sua
ultima
speranza.
A
dire il vero, Damon non progettava neanche di
riavvicinarsi ad Elena. Stava bene con Bonnie e non sentiva di aver
bisogno di
altro, ma non voleva precludersi una chance qualora un giorno gli fosse
tornata
la voglia.
Finì
il suo drink, disgustato dal suo stesso egoismo.
Avrebbe dovuto lasciare libera Bonnie di godersi la sua vita; tenerla
incatenata a sé le avrebbe procurato solo altro dolore.
Quella, però, era
un’altra ipotesi fuori discussione. Non sarebbe mai riuscito
a stare senza di
lei.
In
due parole chiare e concise: era fottuto.
Comunque
per il momento non gli importava molto di Elena.
Voleva solo che Bonnie tornasse al Pensionato e voleva trovare un modo
per
rassicurarla.
Evidentemente
il destino era contro di lui perché sentì
all’improvviso dei rumori in soffitta, come se qualcuno
stesse trafugando tra i
ricordi di famiglia.
Stefan
era fuori in cortile con Katherine ed Elena per una
sessione di allenamento; aveva già appurato che Bonnie non
fosse in casa,
perciò chi poteva essere?
Posò
il bicchiere sul tavolino e salì i due piani di scale.
Una volta arrivato alla botola della soffitta, scoprì che ad
aspettarlo c’era
una vecchia tentazione: Elena Gilbert che rovistava in una cassapanca.
Le sue
riflessioni dovevano averlo risucchiato completamente per non
accorgersi
nemmeno che la sua bionda preferita era entrata nella villa.
Si
prese un momento per contemplare la sua figura
aggraziata. Era bella; bella come poche altre nel mondo; bella come
Katherine.
Damon
restò un attimo perplesso a quel pensiero; la
somiglianza tra le due non lo aveva mai disturbato, ma adesso
cominciava a
notare qualcosa di stonato nell’armonia di quella perfezione.
Non
era un tantino morboso infatuarsi di una ragazza
fisicamente identica al suo primo amore? Era stato facile sostituire
Katherine
con Elena, anche prima di scoprire che la vampira era ancora viva.
Quale delle
due era vera? Ne conseguiva che i sentimenti per Katherine non erano
così forti
e solidi come aveva creduto; e se fosse accaduto lo stesso con Elena?
Più
volte si era chiesto se avesse proiettato l’amore nei
confronti della prima sulla figura della seconda, e altrettante volte
la
risposta era stata negativa, poiché, sebbene
all’esterno potessero apparire
gemelle, caratterialmente erano una l’opposto
dell’altra.
Prima
di allora, però, il dubbio non era mai stato così
opprimente e soprattutto non aveva mai messo in discussione
ciò che provava
verso Elena.
Ricordò
le parole della bionda, al Charlottesville, nel
bagno delle donne.
“Questo
non è amore. È ossessione, è
voglia di rivincita”.
Rivincita.
Verso chi? Verso Stefan che otteneva sempre tutto? Voleva dimostrare al
mondo
che anche lui poteva vincere la ragazza?
Tutte
quelle domande lo
assalirono e non fu
più sicuro di niente. Per tutto quel tempo si era ripetuto
che Bonnie non era
uno sfizio e ora iniziava a sospettare che fosse Elena il capriccio,
mascherato
sotto le spoglie dell’amore.
Damon
si rifiutò di credere che le cose stessero così o
si sarebbe sentito ancora più
miserabile del dovuto.
Per
provare a se stesso il contrario, entrò con forza in
soffitta facendo saltare
Elena dalla paura.
“Damon?”
boccheggiò mettendosi una mano sul cuore “Che ci
fai qui?”.
“Ho
sentito del rumori” rispose sfoderando il suo sorriso da 250
kilowatt “Dopo
l’attacco dei lupi mannari, sono diventato un po’
paranoico”.
Elena
annuì guardandosi intorno imbarazzata. Non si era trovata in
una stanza sola
con il vampiro da quando aveva chiuso la loro storia
a Charlottesville “Sono venuta a cercare dei paletti di
legno. Stefan mi ha detto che li avrei trovati qui”
sentì il bisogno di
giustificare la sua presenza nella casa.
“Perseverate
con questi stupidi allenamenti, eh?”.
“Non
sono stupidi!” replicò Elena “Ma vorrei
che non fosse Katherine ad insegnarmi;
la odio”.
“Sono
sicuro che il sentimento è reciproco”.
“Si
aspetta che io faccia centro al primo colpo” si
lamentò Elena.
“Se
continui a tenerlo così non riuscirai mai” le fece
notare Damon alludendo
all’impugnatura “Katherine è un vampiro
e ha una forza che tu non possiedi.
Dammi qua” le disse prendendole il paletto “Con una
mano lo stringi e prendi la
mira, con l’altra spingi” posizionò la
seconda mano dietro il paletto simulando
il movimento “Poi colpisci con tutte le tue forze”
e conficcò il paletto nel
coperchio della cassapanca “Prova tu”.
“Non
riuscirò mai a trapassare quel legno; è troppo
spesso per me” obiettò lei.
“Lo
so. Voglio solo vedere se hai capito”.
Il
primo tentativo fu un disastro e il paletto le scappò dalle
mani.
“Lascia
stare la cassapanca” Damon provò un nuovo
approcciò “Fingi che il muro sia il
tuo avversario” e si spostò dietro di lei per
aiutarla. La sua mano sinistra si
posò su quella della ragazza e insieme impugnarono il
paletto e lo stesso fece
con la destra. Aveva chiuso Elena in un abbraccio ma nemmeno ci aveva
fatto
caso, tanto era preso dalla sua spiegazione.
Quando
quel pezzo di legno penetrò l’intonaco, Elena
esultò e si voltò verso Damon
incrociando il suo sguardo.
Lui
le sorrise ribadendo a se stesso che sarebbe stato un insegnante molto
più
bravo di Katherine.
Il
momento fu spezzato da una voce melodiosa “Elena?”.
Entrambi
si voltarono verso Bonnie e Damon si rese conto,
solo in quell’istante, di avere ancora le mani sulle braccia
della bionda.
“Scusate
l’interruzione, ma Stefan ti cercava”
continuò la
strega rivolta all’amica.
Senza
aggiungere altro, fece dietrofront e sparì dalla loro
visuale. Un attimo dopo anche Elena lo salutò andandosene,
ma il vampiro quasi
non se ne accorse.
Fissava
ancora il punto occupato da Bonnie fino a pochi
secondi prima; l’espressione della rossa era inequivocabile:
umiliata e offesa.
Damon
avvertì il senso di colpa invaderlo. Non aveva fatto
niente ma era riuscito a farla stare male lo stesso. Ancora
una volta.
Bonnie
marciò via verso la sua stanza. Teneva i pungi
stretti lungo i fianchi e il suo stomaco si era rivoltato
dall’altra parte.
Chiuse
la porta sbattendola e si buttò sul letto sospirando
seccamente. Stava reagendo in maniera esagerata, ma trattandosi di
Damon ed
Elena niente poteva essere lasciato al caso.
Aveva
visto lo sguardo che si erano lanciati, pieno di nostalgia
e desiderio represso. Rimpiangevano quello che avrebbero potuto essere.
Forse
entrambi si chiedevano se fosse stato giusto porre un freno ai loro
sentimenti.
Bonnie
era certa che nel profondo del cuore Elena amasse
solamente Stefan, che lo rivolesse indietro, perciò aveva
cercato di
trattenersi.
Provava
qualcosa per Damon ma non avrebbe più rischiato di
compromettere il suo rapporto con l’altro Salvatore solo per
un’infatuazione.
Damon,
invece, amava Elena e non aveva ceduto ai suoi
istinti solo perché lei lo aveva espressamente rifiutato in
favore del
fratello. Se la ragazza gli avesse detto sì, lui non si
sarebbe posto scrupoli.
Questo
feriva Bonnie più di ogni altra cosa. Che ruolo aveva
lei nella vita del vampiro? Voleva credere di non essere solo un
ripiego ma
ogni giorno diventava sempre più difficile non farsi
divorare dai dubbi e dalla
gelosia.
Aveva
provato a non pensarci, a lasciarsi andare alla
passione e vivere il momento; per un po’ aveva pure
funzionato. La realtà,
però, alla fine era tornata a schiaffeggiarla e avrebbe
lasciato il segno.
Bonnie
non sapeva come comportarsi: Damon non aveva fatto
nulla e lei non poteva pretendere che da un giorno all’altro
si dimenticasse di
Elena. Ci sarebbe voluto del tempo, ma era così frustrante
non essere l’unica.
Ricordava
ancora di come Christopher riuscisse a metterla
sempre al primo posto; con lui Bonnie si sentiva perfetta ed
insostituibile,
come se nessuno potesse raggiungere il suo livello. Per questo motivo
Christopher era stato capace di tenerla legata a sé e
lontana dagli altri. Poi
si era rivelato un vampiro manipolatore e crudele, ma almeno le aveva
regato un
momento di gloria.
La
rossa non si era mai considerata importante, soprattutto
da quando era andata a vivere in Italia. Zach aveva deciso di mandarla
all’estero, nonostante lei fosse l’ultima della sua
famiglia, e non le aveva
permesso di ritornare. Era andato a trovarla poche volte e anche al
telefono
sembrava sempre assente. Damon e Stefan erano spariti nel nulla.
Ora
conosceva tutti i dettagli, sapeva che in realtà non
l’avevano mai abbandonata, ma inevitabilmente tutti quegli
anni trascorsi in
collegio l’avevano indotta a costruire un’idea di
se stessa distorta, come di
un elemento irrilevante.
La
storia si stava ripetendo ancora: Damon ci teneva, non
l’avrebbe fatta soffrire di proposito ma se Elena fosse
tornata, lei sarebbe scomparsa
in un soffio dalla mente del vampiro. E forse nemmeno il tempo avrebbe cambiato qualcosa.
Il
che era davvero un paradosso, perché Bonnie aveva quasi
la certezza di essere la sola a conoscere realmente Damon.
Quanto
volte lo aveva ascoltato, calmato e capito? Quante
volte gli aveva offerto il suo aiuto e aveva cercato di rimanergli
vicino?
Quante
volte lo aveva fatto stare bene?
Si
sentiva come la cosa migliore che gli fosse capitata;
l’unica che potesse donargli un po’ di sollievo,
l’unica che potesse amarlo
come meritava, senza compromessi, senza condivisioni. Soltanto loro due.
Ma
ripetersi di essere la ragazza migliore per lui non
avrebbe risolto niente, perché magari non era quella giusta.
Al
cuore non si comanda.
Diceva così un vecchio proverbio; non
importava quanti dolori e delusioni poteva portare, perché
alla fine si era
costretti a seguirlo, nonostante la ragione dicesse il contrario.
Se
l’amore fosse stato una questione di buon senso, Bonnie
sarebbe corsa via a gambe levate senza guardarsi indietro. Lo stesso
valeva per
Damon.
Pregò
di trovare la forza di uscirne prima di scoprirsi
troppo coinvolta, prima che fosse troppo tardi. Aveva ancora una
dignità e se
la situazione fosse diventata insostenibile, lei avrebbe dovuto lottare
per se
stessa.
Non
voleva diventare un secondo Damon, un burattino perso
dietro un’illusione dannosa. Non si sarebbe mai fatta
intrappolare da uno
stupido triangolo.
“Bonnie?”.
La
strega si girò verso la porta e sorrise debolmente al
vampiro dagli occhi verdi che tentennava sulla soglia.
“Non
volevo disturbarti … è che ho incontrato Elena
che
scappava praticamente fuori di casa e … ti avevo mandato a
cercarla; volevo
solo sapere se andava tutto bene” si accertò.
“Non
hai niente di preoccuparti, Stefan” lo tranquillò
lei.
“Non
sono qui per me, Sissi” obiettò il vampiro
“Voglio
sapere se tu stai bene”.
Bonnie
annuì distrattamente “Stefan, ti ricordi quel
posto
dove mi portavi quando mamma e papà litigavano?”.
Lui
fece un cenno di assenso.
“Possiamo
andarci?”.
Passarono
tutto il resto del giorno in quel capanno nel
bosco, rifugio dei cacciatori, situato vicino ad una sorgente. Stefan
ricordava
perfettamente dove si trovasse perché ci era stato parecchie
volte: capitava,
quando Bonnie era piccola, che tra i suoi genitori scoppiassero liti
molto
accese, la maggior parte delle quali avevano come argomento della
discussione
Damon. Sissi non poteva ascoltare, all’epoca lei non sapeva
niente sulla sua
vera natura e Stefan era obbligato a portarla fuori casa. Aveva scelto
quel
capanno perché rappresentava un luogo fuori dal mondo, in
cui la bambina poteva
svagarsi senza preoccuparsi per la sua famiglia.
Stefan
e Bonnie trascorsero tutto il pomeriggio a ridere e
scherzare, a ricordare gli anni ormai andati. Il vampiro le
raccontò pure
alcuni aneddoti dei suoi secoli vissuti da vampiro e non una volta le
chiese
cosa la turbasse. Un po’ perché poteva immaginarlo
da solo, un po’ perché a
Bonnie serviva una distrazione.
Rientrarono
la sera tardi e si addormentarono sul letto di
lui guardando un vecchio film con Sandra Dee. Alla mattina Stefan
l’accompagnò
a scuola.
Caroline
li aveva segregati tutti affinché
aiutassero ad allestire la palestra
per il Ballo di Fine Anno, ma Stefan riuscì ad eludere la
sua sorveglianza e a
tornare alla villa.
Il
giorno prima aveva visto quanto Bonnie fosse sconvolta e
rattristata. Non si era intromesso fino a quel momento ma aveva giurato
a se
stesso d’intervenire nel caso le cose si fossero aggravate.
Non voleva che
Sissi soffrisse, ne aveva già passate tante e si meritava un
po’ di serenità.
Era
giunta l’ora di fare quel famoso discorso a suo
fratello.
Lo
trovò in salone, con un bicchiere in mano a guardare
fuori dalla finestra come il giorno prima.
“Non
arriverà prima di sera. Caroline vuole che tutti diano
una mano per il ballo” lo avvisò Stefan entrando
nella stanza.
“Uh”
borbottò Damon poco interessato “E
perché tu non sei a
scuola?”.
“Ti
devo parlare”.
“Improvvisamente
ho qualcos’altro da fare”
s’inventò
palesemente e cercò di oltrepassare il fratello ma questi
gli si parò davanti.
“Sei
serio?” era a metà tra una minaccia e una risata.
Notando che il fratello non accennava a muoversi, aggiunse
“Stanne fuori,
Stefan. Non sono affari tuoi”.
“Invece
mi riguardano eccome” obiettò lui “Ieri
ho mandato
Elena a cercare dei paletti in soffitta e dopo dieci minuti la vedo
scappare
dal Pensionato e trovo Bonnie rannicchiata sul letto che mi prega di
portarla
fuori di casa. Cosa diamine hai fatto?”.
“Tra
me ed Elena non è successo niente, fratellino. Non
c’è
bisogno di aggiungere altre rughe alla tua fronte”.
“Non
sono qui per parlare di Elena”.
Damon
sgranò impercettibilmente gli occhi, sorpreso. Si
aspettava che Stefan gli intimasse di stare lontano dalla Gilbert, di
farsi da
parte una volta per tutte; invece appariva molto più
preoccupato per Bonnie.
Chiuse
gli occhi esasperato: sarebbe stata una lunga e
tediosa chiacchierata.
“Allora
cosa vuoi sapere di preciso?”.
“Come
puoi essere così menefreghista? Non t’importa dei
sentimenti di Bonnie? Non hai paura di romperla per
l’ennesima volta?”.
Damon
si sedette sulla poltrona e aprì le braccia “Stai
esagerando come al tuo solito, ho la situazione sotto
controllo”.
“Ma
davvero?!” ironizzò Stefan
“Chissà perché non ti credo.
Santo Cielo, Damon! Non ti basta tutto quello che le hai fatto passare?
Dovevi
per forza trascinarla nella tua storia angosciante con
Elena?!”.
“Chiariamo
questo punto una volta per tutte” dichiarò Damon
“Tra me ed Elena non c’è nessuna storia.
Lei ha scelto te e io non ho
intenzione di farmi strapazzare come un burattino”.
“Ieri
Bonnie era piuttosto agitata; vuoi dirmi che non aveva
niente a che fare con te ed Elena?”.
“Non è successo
niente, NIENTE!” ribadì
l’altro “Non è colpa mia se la tua
ragazza non sa
stare da sola con me senza mangiarmi con gli occhi”.
La
mascella di Stefan si contrasse a quella rivelazione ma
tentò di non mostrare il suo fastidio.
“E’
così tipico di te” sibilò lui
“Non ti prendi mai una
responsabilità, sono sempre gli altri a fare tutto. Non hai
mai pensato,
nemmeno per un momento, che forse Bonnie è così
insicura per colpa tua?”.
Damon
ricordò la discussione della mattina precedente,
quando si era rifiutato accompagnarla al ballo. Non le aveva detto
esplicitamente il motivo, ma Bonnie non era stupida e aveva capito che
c’entrasse Elena.
“Non
la sto usando” giurò.
“Certo
che non la stai usando o ti avrei già strappato i
genitali!” esplose Stefan mandando a quel paese tutto il suo
contegno “Ma non
ti sei nemmeno fatto scrupoli: sai benissimo di non aver ancora
superato la
delusione per Elena, ma questo non ti ha fermato”.
“Non
mi ha fermato” ripeté Damon alzando la voce
“E neppure
mi voglio fermare! Tu devi invece imparare a starne fuori!”.
“Non
puoi chiedermi di starne fuori quando c’è in ballo
la
felicità di Bonnie” ribatté Stefan
“So cos’è successo a Charlottesville,
okay?
So che se Elena ti avesse detto di sì, ora stareste insieme
e dopo nemmeno due
giorni vai a letto con Bonnie? Credi davvero che potrei fare finta di
niente?”.
Damon
si voltò verso il camino rifiutandosi di rispondere.
Era assurdo, se ne rendeva conto anche lui. Probabilmente anche Bonnie
si era
chiesta decine di volte quale fosse la genuinità dei suoi
sentimenti. Damon non
poteva biasimarla data la velocità degli eventi.
Era
così inconcepibile l’idea di provare emozioni
molto
forti per due persone?
Damon
non si sarebbe mai sognato di giocare come aveva fatto
la bellissima bionda eppure a lei era concesso. Voleva Bonnie ma nel
frattempo
era incapace di lasciare andare Elena. Era forse un reato?
Perché nessuno gli
concedeva un po’ di tempo; perché lo ritenevano
sempre e comunque il cattivo
ragazzo?
Non
aveva mai dato prova di grande bontà, ma quella volta
stava davvero cercando di fare le cose per bene.
Avrebbe
voluto accontentare Bonnie con quella storia del
ballo; semplicemente non si sentiva ancora pronto.
Improvvisamente
si rese conto, con sconforto, che sarebbe
sempre stato sotto accusa, qualunque cosa avesse fatto. Era troppo
difficile
credere che lui, il vampiro senza cuore, avesse delle buone intenzioni.
Lui
non era Stefan. Non era il ragazzo buono, ma solo una
mela marcia che presto o tardi avrebbe mostrato la sua vera natura
corrotta.
Non
gli importava che suo fratello lo pensasse, non gli
importava neanche che Elena lo pensasse; aveva, però,
sperato che almeno Bonnie
vedesse un po’ di luce in lui; e invece era lì,
come tutti, in attesa di un suo
errore.
“Questa
storia deve finire” la voce di Stefan lo distolse
dai suoi pensieri. Damon per i primi secondi si convinse di aver
sentito male e
liberò una risata “Scusa?”.
“Tra
te e Bonnie deve finire. Finché tu non sarai sicuro dei
tuoi sentimenti, non dovrai più toccarla” gli
ordinò.
Damon
si alzò dalla poltrona per fronteggiare il fratello
“E
tu chi saresti per dirmi quello che devo fare?”.
“Sono
uno che tiene alla felicità di Bonnie” non demorse
tenendo gli occhi fisse in quelli neri dell’altro vampiro.
“Ma
guardati” lo sbeffeggiò Damon camminando verso di
lui
con movenze un predatore “Il cavaliere nella sua scintillante
armatura, senza
macchia e senza paura” prese a girargli intorno come uno
squalo “Ti stai
godendo questo momento, vero? Non vedevi l’ora di metterti in
mostra salvando
un’altra fanciulla in pericolo, non vedevi l’ora di
affibbiarmi il ruolo del
mostro”.
“Adesso
è questo il problema? La nostra rivalità? Puoi
per
una volta lasciar perdere questo vittimismo e renderti conto che stai
costruendo tu da solo il muro?”.
“Pensi
che non lo sappia?” continuò Damon come se non lo
avesse neppure ascoltato “Vi ho visti ieri sera addormentati
nel tuo letto”.
“Cosa
sarebbe questa? Una scenata di gelosia?”.
“Scommetto
che vi siete divertiti un mondo a parlare male di
me; scommetto che ti è piaciuto consolarla … tu
adori fare l’eroe”.
“Non
ce ne sarebbe stato bisogno se tu fossi stato lì per
lei” disse Stefan con tono tagliente “Ma non ne sei
capace … no, l’unica cosa
che puoi fare è portarla a letto fino allo
sfinimento!”.
La
schiena di Stefan sbatté violentemente contro un mobile
del salotto e lui crollò sul pavimento.
“La
devi smettere di ascoltare quello che non devi” lo
minacciò Damon con il volto sfigurato dai suoi tratti
vampireschi.
“Non
è che io possa proprio evitarlo” gli fece notare
Stefan
con tono di beffa; ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma il suo
superudito
glielo impediva.
“Ancora
una parola e ti strappo le orecchie” ringhiò Damon
“Bonnie è mia e non ti permetterò di
rivoltarla contro di me”.
“Stai
già facendo un ottimo lavoro per conto tuo, fratellone”.
Quello
era troppo. Damon lo prese per un braccio e lo gettò
dall’altra parte della stanza distruggendo un tavolino di
vetro.
Gli
fu addosso in un momento e lo sollevò per la gola
“Davvero non so cosa ci trovino in te … Santo
Stefan, il paladino della giustizia; sei il disonore di ogni
vampiro” e
strinse le dita intorno al suo collo.
Stefan
gli storse il polso e gli diede una spinta
allontanandolo da sé “Non sono io quello solo come
un cane” lo provocò.
Ci
fu poco spazio per le parole e ancora meno per gli
insulti. Damon si sentiva come alla resa dei conti, come se finalmente
fosse
arrivato il momento per riversare su Stefan tutto il rancore che aveva
accumulato in quegli anni.
Il
minore parò una buona parte dei colpi del fratello ma non
aveva la determinazione di quest’ultimo. Non aveva niente
contro Damon, voleva
soltanto fargli capire come le sue azioni influenzassero anche coloro
che gli
stavano attorno e come sarebbe finito per ferire Bonnie se non avesse
fatto
chiarezza nella sua testa.
Damon
riuscì ad atterrarlo e lo bloccò a terra
iniziando a
tempestargli di pugni il volto, sfogando tutta la sua rabbia. Stefan
gli
afferrò entrambe le mani e lo obbligò ad aprire
le braccia allontanandole dal
suo viso, poi con un piede lo calciò via contro uno scaffale.
Damon
era pronto per tornare all’attacco ma una voce lo
bloccò.
“Che
diamine sta succedendo qui?” urlò Bonnie correndo
ad
inginocchiarsi di fronte a Stefan. Gli prese il capo tra le mani ed
esaminò le
ferite che si stavano lentamente rimarginando “Damon sei
completamente
impazzito?” lo rimproverò spostando la sua
attenzione su di lui “Non ci posso
credere” sbottò mentre aiutava Stefan a mettersi
in piedi “State ancora
litigando per Elena?”.
Aveva
apostrofato entrambi ma la critica era rivolta
palesemente a Damon. Il vampiro lo intuì
all’instante dallo sguardo di fuoco
che puntava verso di lui. Si
alzò un po’
a fatica e con una manica si pulì un rivolo di sangue
dall’angolo della bocca
“In realtà stavamo litigando per te”
precisò con tono amareggiato, poi sparì
dal salone.
Bonnie
spalancò gli occhi e lo chiamò più
volte; lui non le
diede ascolto.
La
rossa portò a Stefan delle sacche di sangue e si
accertò
delle sue condizioni. Quando fu sicura che non fosse niente di grave,
lo lasciò
riposare sul divano e si diresse verso la camera di Damon.
Bussò
alla porta ma non ricevette risposta. Entrò con
cautela e cercò con gli occhi il vampiro: era seduto sul
letto, le dava le
spalle e, pur percependo la sua presenza, non le prestò
attenzione.
“Damon”
lei mosse qualche passo verso il letto. Appoggiò un
ginocchio sul materasso e si piegò verso l’uomo;
allungò una mano per toccarlo
sulla spalla.
Lui
si scostò.
“Ehi”
mormorò dolcemente Bonnie “Mi vuoi dire cosa
è
successo?”.
“Daresti
ragione a Stefan, come al solito” la liquidò.
“Siamo
tornati all’inizio?” gli chiese retoricamente
scivolando accanto a lui “Per me non funziona
così. Crederei a qualunque cosa
mi dicessi”.
“Non
è vero” la contraddisse Damon continuando a
guardare
fisso davanti a sé “Sei come tutti gli altri,
sempre a darmi la colpa di
qualcosa”.
“Io
non …”.
“Ti
prego, evita la scena da santarellina” la interruppe con
voce fredda “Quando sei arrivata mi hai subito gelato, hai
dato per scontato
che fossi stato io ad iniziare”.
“Tuo
fratello ha il naso rotto e tu non hai neppure un
graffio. Non stavo dando la colpa a te, stavo solo cercando di capire
perché
l’avessi massacrato di botte”.
“E
questo ti elegge automaticamente difensore di Stefan.
Scommetto che il riferimento ad Elena era casuale”
ipotizzò con una punta di
sarcasmo alzandosi per allontanarsi da lei.
“Vorrei
soltanto farti capire che rischi di perdere l’unica
persona che è con te fin dall’inizio e ci
rimarrà fino alla fine, per una donna
che non ti vuole!”.
Damon
sbuffò scettico e glissò volutamente
l’argomento
Stefan per concentrarsi sulla bionda. Sentiva di aver qualche sassolino
da
togliersi dalla scarpa “Dici di essere dalla mia parte, di
credere a tutto
quello che ti dico; eppure, non appena hai il dubbio che
c’entri Elena, mi
punti sempre il dito contro”.
Bonnie
si ritrovò a corto di parole. Adesso era diventata
lei la cattiva? Adesso Damon faceva pure l’offeso?
“Sono
davvero stanco di questa storia. Sei tu quella che
continua a metterla in mezzo, non io. Cresci una buona volta e supera
le tue
insicurezze!”.
Bonnie
aprì la bocca incredula; da un lato voleva scoppiare
a ridere, dall’altro prenderlo a schiaffi; e la seconda
opzione era più
allettante.
“Non
è che tu sia proprio innocente” gli fece notare.
“No,
Bonnie, non lo sono. Ma tu non mi dai tregua! Ogni
volta che tra me e te le cose non vanno come vuoi, sei sempre
lì ad immaginarti
gli scenari peggiori. Non so più come dirti che niente di
quello che è successo
fra noi ha a che fare con Elena”.
“Beh,
scusami se ho un paio di motivi per pensare il
contrario!” replicò la ragazza alzandosi in piedi
come una furia “Poco più di
una settimana fa sei tornato a casa disperato perché ti
aveva rifiutato e ieri
… in soffitta … ho visto lo sguardo che vi siete
scambiati”.
“O
mio Dio!” tuonò il vampiro “Le stavo
solo insegnando come
impugnare un paletto; non è stato niente e tu sei arrivata
nell’unico momento
in cui …”.
“In
cui?” lo incalzò lei.
“E’
stata solo un’occhiata, Sissi” disse Damon
“Non
significa niente”.
“Ti
manca” asserì Bonnie con gli occhi lucidi
“Vorresti lei
al mio posto”.
“Non
mi sprecherò a negare, tanto non ti fideresti lo
stesso” sospirò Damon passandosi nervosamente una
mano nei capelli.
“E’
passato troppo poco tempo; non puoi essertela
dimenticata” insistette lei.
“Non
me la sono dimenticata!” ammise esasperato “Non
vuol
dire, però, che sia il centro dei miei pensieri; non quando
sono con te” sentì
l’impulso di accarezzarle una guancia, di toccarla, di farle
capire in qualche
modo quanto ci tenesse ma si trattenne. Non era lui quello a sbagliare
per una
volta.
Bonnie
inspirò per ricacciare giù il groppo che si era
fermato in gola: non voleva che la vedesse piangere, non voleva
mostrarsi
debole.
“Ci
sto provando e tu lo sai” mormorò il vampiro
“Evidentemente non mi merito neanche il beneficio del dubbio:
devi sempre
dedurre il peggio di me”.
“Mi
dispiace se non sono capace di darti una mano a capire i
tuoi sentimenti. Vorresti forse carta bianca per passare dal mio letto
a quello
di Elena? Forse ti renderebbe la vita più facile”.
“Tra
me ed Elena è finita!” gridò Damon al
limite della
pazienza.
“Perché
lei ha deciso così!” replicò Bonnie con
la stessa
determinazione “Sei talmente ossessionato che non riesci
nemmeno a portarmi ad
un ballo per paura di rovinare tutto con lei!”.
“Dannazione,
Bonnie” imprecò l’altro e la prese per
le
spalle sbattendola contro il muro, perdendo il controllo
“Sapevi in cosa ti
stavi cacciando quando sei venuta a letto con me la prima volta, sapevi
che
sarebbe stato complicato quindi mi piacerebbe che mi dicessi cosa
diavolo vuoi
da me?!”.
Bonnie
lo spinse via con forza ancora più arrabbiata
“Voglio
che tu sia onesto. Ho capito che sei allergico ai sentimenti, ma se
vuoi stare
con me, dovrai fare uno sforzo perché io non accetto le cose
a metà” lo avvertì
“E io forse dovrò superare le mie insicurezza, ma tu devi smetterla con questo complesso
d’inferiorità verso tuo
fratello” raggiunse la porta con tutta l’intenzione
di andarsene ma, poggiando
la mano sulla maniglia, si girò un’ultima volta
“Non ti compatirò perché pensi
ci sia un complotto contro di te. Fatti una bella autoanalisi, Damon:
ti
lamenti tanto di essere sempre la seconda scelta ma mi stai trattando
esattamente in quel modo”.
“Tu
non sei un rimpiazzo” ribatté subito il vampiro
scuotendo la testa.
“E’
come mi sento” e con quelle parole abbandonò la
stanza
libera finalmente di lasciar cadere alcune lacrime.
Si
trovava a combattere contro qualcosa più grande di lei e
non avrebbe voluto rinunciare a Damon, ma se la situazione fosse
diventata
insostenibile, si sarebbe tirata indietro. Forse condividevano la
stessa sorte
infelice, ma Bonnie non era come il vampiro e non si sarebbe
accontentata di
attimi fugaci, rubati al fidanzato ufficiale.
O
tutto o niente. Mentre si chiudeva la porta del bagno alle
spalle, ebbe una tremenda paura di rimanere proprio con niente.
Elena
finì di spazzolarsi i capelli e si guardò allo
specchio, malinconica.
Sentiva
che tutta la sua vita stesse andando a rotoli.
Stefan non accennava a rivolerla con sé e Stefan era la sua
vita.
Avrebbe
tanto voluto trovare il coraggio d’invitarlo al
Ballo di Fine Anno, ma ogni volta che credeva di potercela fare, si
diceva che
sarebbe stata troppo sfrontata.
Dopo
tutto quello che gli aveva fatto patire, con che faccia
tosta poteva chiedergli di accompagnarla al ballo, come se non fosse
successo
niente?
Quel
pomeriggio aveva sbagliato tutto con Damon e
ringraziava il Cielo che Stefan non fosse stato presente. In
realtà non stavano
facendo niente di male: il vampiro le aveva solamente mostrato come
colpire al
meglio delle forze, ma la situazione era totalmente equivocabile,
soprattutto
per colpa dell’ultimo profondo e lungo sguardo che si erano
scambiati. Era
stato dettato più che altro dalla nostalgia, però
chiunque avrebbe frainteso
vedendoli. Bonnie aveva decisamente travisato ed Elena non se
n’era stupita. A
ruoli invertiti avrebbe dedotto la stessa identica cosa.
Le
mancava Damon, le mancavano le attenzioni che riservava
solo a lei, le occhiate ammiccanti e i tocchi carichi di tensione, ma
si
riduceva tutto lì: ad un po’ di nostalgia. Poteva
vivere benissimo senza. Era
Stefan quello che le toglieva il respiro; sarebbe sempre stato solo
Stefan.
Posò
la spazzola, andò in camera di Margaret e le diede un
bacio sulla fronte poi tornò nella sua stanza.
Una sorpresa l’attendeva seduta sul letto.
L’ultima
persona che avrebbe voluto vedere.
“Damon?”.
“Forse
avevi ragione” disse quello senza spiegarsi.
“Hai
bevuto?” non
sembrava ubriaco ma quella frase l’aveva spiazzata, non
capendone il senso.
“No,
sono più sobrio che mai. Quindi dovrai prendere tutto
quello che dirò molto seriamente, perché intendo
ogni parola”.
Elena
istintivamente indietreggiò. Ogni volta che Damon
iniziava così un discorso non andava mai a finire bene. Uno
dei due veniva
sempre ferito in qualche modo.
“Tu
hai scelto Stefan” sentenziò lui “Sei
sicura che non ti
tirerai indietro?”.
“Damon
…”.
“Rispondi”.
“Sì”.
Una conversazione quasi a monosillabi; non le piaceva
la piega che stava prendendo.
Damon
si alzò dal letto e gironzolò per la stanza
“Puoi staccarti
da quel muro, Elena, non sono venuto qui per circuirti. Voglio solo
mettere
alcune cose in chiaro” la rassicurò voltandosi
verso di lei.
La
ragazza timidamente prese posto sul materasso e attese.
“Avevi
ragione quando hai detto che il nostro era un amore
malato, che avrebbe fatto stare male noi e gli altri, ma me ne sono
accorto
solo oggi. Non ci siamo solo noi due, Elena; adesso le cose sono
cambiate”.
“Damon,
scusami ma mi sto perdendo”
lo interrupe Elena confusa.
“Non
voglio più trovarmi in situazioni come quella di questo
pomeriggio; niente più occhiate ambigue, niente
più commenti fuori luogo,
niente più ripensamenti. Tu hai preso la tua decisione e non
puoi stravolgere
ancora tutto”.
“E’
stato solo un momento, oggi. Nulla di più. Non ho intenzione
di cambiare idea” replicò sicurissima Elena.
“Bene”
ne fu contento Damon “Perché sto guarendo,
principessa, non sono più assillato dal tuo pensiero e non
sopporterei di
essere ributtato in quel tunnel”.
Elena
si accigliò: le faceva un po’ male ascoltare
quelle
parole. Sebbene fosse stata la prima a definire il loro sentimento
sbagliato e
dannoso, non credeva di essere stata un tale morbo per lui.
“Sto
bene, Elena, mi sento davvero bene e
incredibilmente il
merito non è tuo” fu
forse un po’ troppo brusco ma voleva che la sua posizione
fosse ben salda “Sono
sempre stato inquieto, alla ricerca di non so nemmeno cosa, ma adesso
l’angoscia è sparita. Per la prima volta mi sento
sereno e non voglio
allontanare l’unica persona mi dona tutto
ciò”.
Elena
iniziava a capire il punto della questione: Damon non
era andato a casa sua per convincerla a scegliere lui, ma per
proteggere il suo
rapporto con Bonnie.
“Mi
dispiace per quello che ha visto oggi” si scusò
sinceramente la bionda “Le posso parlare, le
spiegherò che è stato un
malinteso. Tra me e te non c’è più
niente” affermazione davvero paradossale
eppure molto vera.
“Il
problema non è quello che è successo questo
pomeriggio.
Il problema siamo io e te. Tu hai scelto Stefan e io ho cercato di
farmene una
ragione, ma la verità è che nessuno dei due ha
lasciato perdere davvero. È come
se ci fosse uno spiraglio di speranza per noi e ci sta
rovinando”.
Elena
abbassò la testa conscia di essere colpevole quanto
Damon. Lo aveva rifiutato a parole, lo aveva evitato ma
l’attrazione c’era
ancora e lei non l’aveva affrontata, l’aveva
semplicemente ignorata e sepolta.
“Le
nostre strade si sono incrociate ma abbiamo preso
direzioni diverse. Se voglio arrivare dove intendo, devo lasciarti
andare una
volta per tutte e tu devi fare lo stesso o non riavrai mai
Stefan”.
Elena
sorrise un po’ imbarazzata e annuì “Sono
stata un po’
egoista, lo ammetto. Ho continuato a considerarti mio anche se non ne
avevo il
diritto. Hai ragione: ci dobbiamo liberare a vicenda. Io forse non
otterrò mai
il perdono di Stefan, ma tu … sembra che Bonnie ti renda
felice e non voglio
mettermi in mezzo”.
“Non
so se sono felice, non credo di sapere come ci si senta
quando si è felici. Ma sto bene e non posso farla soffrire
ancora. Bonnie non
si merita di essere un rimpiazzo, Bonnie non
è un rimpiazzo” precisò
correggendosi da solo.
“Lo
so” mormorò Elena “Non l’ho
mai pensato”.
“Qualunque
cosa ci sia stata fra noi, finisce sta notte, qui,
in questa stanza” ribadì nuovamente, categorico.
La
giovane concordò ma sorrise mestamente “Allora
questo è
l’addio definitivo?”.
“Devo
andare avanti con la mia vita, Elena” disse Damon. Non
era una giustificazione, ma la semplice verità
“Rimarrai sempre importante per
me” le rivelò senza remore. Non voleva
cancellarla; l’avrebbe difesa e aiutata,
ma le avrebbe più concesso il suo cuore.
“E
io sarò sempre un po’ gelosa di te” gli
confidò lei
sorridendogli questa volta teneramente e serenamente.
“Buona
notte, Elena” la salutò il vampiro sparendo dalla
finestra.
“Buona
notte, Damon” rispose lei.
Entrambi
si sentirono improvvisamente liberi da un grande
peso.
Damon
era soddisfatto di come era riuscito a gestire la
situazione. Era andato tutto secondo i piani e non rimpiangeva
ciò che aveva
detto.
Elena
Gilbert era stata un’ossessione, un sogno ad occhi
aperti che gli aveva fatto riscoprire emozioni travolgenti ma non era
reale.
Quella sorta di fissazione, di amore distorto l’aveva tenuto
ancorato troppo a
lungo ed ora che se n’era disfatto, si sentiva molto
più leggero e pronto per definire
il suo rapporto con Bonnie.
Le
ultime velenose parole che gli aveva rivolto la ragazza
erano state un’illuminazione. Improvvisamente
l’aveva immaginata camminare via
non solo dalla sua stanza, ma anche dalla sua vita. Si era sentito
soffocare.
Aveva
passato secoli ad essere la seconda scelta ed era
stato orribile; non avrebbe mai voluto mettere la piccola rossa in
quella
posizione.
Bonnie
non era una seconda scelta; doveva essere messa al
primo posto, in cima a tutto. Meritava di essere protetta, meritava
qualcuno
che si prendesse cura di lei, meritava qualcuno di totalmente devoto.
Non
sapeva se sarebbe stato capace di darle tutto ciò di cui
aveva bisogno; forse non sarebbe mai riuscito a fare le cose per bene,
ma ci
avrebbe provato perché Bonnie aveva dimostrato di tenere a
lui più di chiunque
altro.
Quello
che provava per la strega era ancora molto confuso e
chissà se Damon sarebbe mai riuscito a capire di che si
trattava, ma di una
cosa era più che certo: lasciare andare Elena era stato
difficile, non impossibile;
lasciare andare Bonnie
sarebbe stato inconcepibile.
Con
questa nuova consapevolezza, rientrò in casa e
trovò
l’oggetto dei suoi pensieri rannicchiato sul divano,
già in pigiama,
addormentata.
Le
si avvicinò e s’inginocchiò di fronte a
lei, chiedendosi
come fosse possibile che diventasse più bella ogni volta che
la vedeva.
Le
accarezzò una guancia e Bonnie si mosse svogliatamente,
aprendo di poco gli occhi ancora stanchi “Damon?”
lo chiamò sottovoce.
“Ti
sei addormentata sul divano” le disse lui giocando con
una ciocca infuocata.
“Ti
stavo aspettando” mugugnò voltandosi
dall’altra parte
per riprendere il suo riposo. Probabilmente non distingueva nemmeno il
sogno
dalla realtà.
Il
vampiro passò un braccio attorno alla sua vita e uno
sotto le ginocchia e la sollevò. La ragazza
appoggiò la testa sul suo petto
“Che fai?” sbadigliò accoccolandosi
meglio; i suoi occhi si erano richiusi.
“Ti
porto a letto” le rispose mentre la trasportava sul per
le scale verso la sua camera. L’adagiò sul
materasso e l’aiutò a mettersi sotto
le coperte.
Bonnie
si lasciò guidare nei movimenti come una bambola e
quando fu avvolta dalle lenzuola, strinse il cuscino e si
preparò per cadere di
nuovo tra le braccia di Morfeo “Comunque sono ancora
arrabbiata con te” ci tenne
a puntualizzare mentre sprofondava nel guanciale.
“Riposa,
Sissi” l’ammonì bonariamente
“Domani avrai tutto il
tempo di friggermi il cervello” le concesse. Dopo pochi
minuti Bonnie sprofondò
in un sonno profondo.
Damon
rimase ad osservarla per un tempo che gli parve
infinito, godendosi la pace del momento; quella stessa pace che gli
rasserenava
l’anima ogni volta che Bonnie gli era vicino.
Piegò leggermente le labbra
all’insù.
Quello
che condivideva con la strega era giusto, era
dannatamente giusto e niente gli avrebbe mai tolto quella convinzione.
Lui non
avrebbe permesso che gli fosse portata via.
Quando
tornò nella sua stanza, si era fatta ormai l’alba.
“Want you to make me feel like I'm
the only girl in
the world
Like I'm the only one that you'll ever love
Like I'm the only one who knows your heart
Only girl in the world
Like I'm the only one that's in command
‘Cause I'm the only one who understands
How to make you feel like a man”
(Only girl- Rihanna).
Il
mio spazio:
Vi
ho già detto quanto
adoro le vacanze? Questa settimana mi sono data alla scrittura
finalmente
libera da impegni!
Prima
di tutto voglio
ringraziarvi di cuore perché nonostante sia estate e
probabilmente molte di voi
sono via, continuate a seguirmi in tanti e a commentare! Grazie
infinite del
vostro tempo.
Ora
manca ancora un
capitolo prima della pausa estiva e sarà un po’
come la seconda parte di
questo.
Ci
sono alcuni punti
incompleti che avranno bisogno di ulteriori spiegazioni (come la
decisione
finale di Damon) e troverete tutto nel ballo di fine anno! Non vedo
l’ora di
scriverlo.
Bonnie
e Damon sono due
testoni; non so dire chi ha ragione e chi ha torto … credo
che la colpa sia
condivisa: lei non gli dà tregua e lui preferisce rimanere
legato ad un amore
malato piuttosto che cedere a quei nuovi sentimenti.
Forse
Stefan è risultato
un po’ saccente in questo capitolo ma personalmente trovo che
abbia ragione:
anche se Damon non sta volutamente giocando con i sentimenti di Bonnie,
non è
giusto che continui a prestarle attenzione solo in camera da letto,
tenendo una
porticina aperta per Elena.
Vi
avviso: non penso che
in questa storia i due fratelli faranno mai veramente pace. Ci sono
troppi
secoli di odio da superare e mi ci vorrebbero un sacco di capitoli per
dipanare
quella matassa di astio, bisogno, gelosia e quant’altro
(almeno è solo la mia
opinione). Probabilmente prima o poi raggiungeranno un’intesa
ma niente di più.
Il perdono arriverà in un tempo in cui questa fan fiction
sarà già conclusa.
So
che forse vi
aspettavate un capitolo diverso; so che non vedete l’ora che
Damon e Bonnie si
dichiarino ma non volevo liquidare il problema
“Elena” e tutte le questioni
affettive del vampiro in un solo pezzo … sarebbe stato un
po’ troppo facile. Il
capitolo 32 chiuderà questi problemi =) Spero di non avervi
allungato troppo il
brodo!
Ora
vi lascio e
risponderò a tutte le vostre recensioni il prima possibile!
Buon
weekend!
Fran;)
|
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Capitolo 32 *** You'll always be mine ***
Ashes &Wine
Capitolo
trentadue: You’ll always be mine.
“Watching I
keep waiting still anticipating love
Never hesitating to become the fated ones
Turning and returning to some secret place to hide
Watching in slow motion as you turn to me and say
Take my breath away
Through the hourglass I saw you, in time you slipped away
When the mirror crashed I called you, and turned to hear you say
If only for today I am unafraid
Take my breath
away”
(Take my breath
away- Berlin).
“Hai
qualcosa da dirmi?”.
Era
una domanda che Bonnie avrebbe preferito non ricevere di
prima mattina; soprattutto perché più che una
semplice curiosità sembrava
un’intimidazione.
Non
che Meredith le fosse mai parsa molto spaventosa o
inquietante (come sosteneva qualcun altro), ma gli occhi grigio scuro
dell’amica la guardavano con una tale intensità da
penetrarle nella pelle.
Bonnie
capì subito che Meredith già sapeva. Che glielo
avesse detto Elena o Caroline poco le importava, perché la
ragazza ormai sapeva
e non l’avrebbe lasciata in pace finché non glielo
avesse confessato lei
stessa.
La
rossa avrebbe potuto negare, eludere la domanda, fare la
finta tonta; Meredith non poteva costringerla a parlare di
ciò che non voleva.
Quando
finalmente Bonnie si decise ad aprire bocca, la sua
stessa voce la sorprese. Le sue intenzioni erano di mentire e, invece,
si era
trovata a svelare tutto come un fiume in piena, senza riuscire
né a fermarsi né
a controllarsi.
Non
si era mai confidata con nessuno e tutte le
preoccupazioni, le ansie, le gioie e i timori erano esplosi
contemporaneamente,
felici di potersi liberare.
Bonnie
raccontò tutto dall’inizio fino agli eventi del
giorno precedente, stando bene attenta a non tralasciare nulla.
Non
aveva potuto parlarne con Elena perché era troppo
coinvolta e Caroline era una grande amica, con un buon cuore ma a volte
prendeva le cose con troppa leggerezza, le rendeva facili; Meredith era
l’unica
che poteva ascoltarla e aiutarla in modo obiettivo senza giudicarla.
Fu
felice di potersi sfogare, soprattutto riguardo la sera
prima. Ricordava che, pur essendo ancora arrabbiata con Damon, aveva
riconosciuto in parte le sue ragioni.
Era
ovvio che gli servisse del tempo per smaltire tutta la
passione con cui aveva amato Elena. Sarebbe parso ancora più
sospetto se da un
giorno con l’altro se ne fosse dimenticato. In fondo lui non
aveva fatto niente
di male.
Bonnie
non era il tipo da lasciare le questioni irrisolte;
non si pentiva di quello che gli aveva detto ma avrebbe preferito
chiarire.
Nascondere la testa sotto la sabbia non sarebbe valso a nulla.
Così
si era addormentata sul divano in attesa del ritorno
del vampiro e alla mattina si era risvegliata nel suo letto. Damon
l’aveva
riportata in camera sua o almeno era quello che credeva Bonnie; forse
se l’era
solo sognato.
Alla
mattina, comunque, tutti i suoi buoni propositi erano
svaniti e la ragazza, dopo essersi cambiata alla velocità
della luce, era
schizzata fuori di casa con tutta l’intenzione di evitarlo il
più a lungo
possibile.
Si
stava comportando come una bambina, indecisa e lunatica.
Aveva decisamente bisogno del consiglio della più saggia tra
le sue amiche o
avrebbe fatto un gran casino.
“Capisco
perché ti sei lasciata andare la prima volta,
quello che non capisco è perché tu non ti sia
fermata dopo” fu la prima cosa
che le chiese Meredith.
“Onestamente
non lo so. Anche Caroline mi aveva suggerito di
stargli alla larga, ma non ci sono riuscita”
chiarì Bonnie con voce triste.
“Scusa
se te lo chiedo ma hai una qualche idea di quello che
ti sta succedendo? Mi sembri completamente smarrita. Ci hai pensato un
po’ in
questi giorni?”.
“E’
da parecchio che ci penso” asserì la rossa
“Ma non sono
giunta a nessuna conclusione. Se torno indietro di un mese soltanto,
non
riuscirei mai ad immaginarmi niente del genere, ma nel frattempo quasi
non mi
ricordo come fosse la mia vita quando io e Damon eravamo solo
amici”.
“Bonnie”
sbuffò Meredith “Possiamo ammettere che tu e Damon
non siete mai stati solo amici?” domandò
esasperata “Da quando sei tornata a
Fell’s Church, qualunque cosa vi abbia legato è
sempre stata superiore
all’amicizia”.
“Forse
hai ragione” le concesse Bonnie “E’ come
se questi
sentimenti ci fossero sempre stati ma non me ne sono accorta
finché non ci
siamo baciati la prima volta. Che è assurdo,
perché è stato pure uno sbaglio!
Se ci rifletto bene, però, credo che in me qualcosa sia
cambiato nel momento in
cui ho scoperto di essere stata adottata”.
“Come
se ti avessero dato il via libera?”.
“Sì
… cioè, è brutto detto così
ma da quella notte ho incominciato
a vederlo con occhi diversi. All’inizio pensavo che fosse
solo colpa dell’odio
che nutrivo per l’omicidio di Zach, ma più tardi
ho capito che ero a disagio
perché mi faceva sentire cose che non avrei dovuto sentire
… non per lui”.
“Secondo
te è sbagliato quello che state facendo?”.
“No”
rispose di getto Bonnie “So che potrebbe sembrarlo ma
non è quello che provo quando io e Damon siamo
insieme”.
“Allora
non riesco a vedere il problema” si rassegnò
Meredith “In quest’ultimo periodo ti ho vista
tranquilla come non mai. Okay,
forse sei un po’ più svanita del solito, ma stai
bene; e anche lui sta bene:
Alaric mi continua a ripetere che Damon è in uno stato di
totale beatitudine.
Dice che è diventato sopportabile per la maggior parte del
tempo”.
Bonnie
non trattenne una risata, ma fu fugace “Tra di noi
non c’è stata la fase intermedia”
spiegò “Siamo passati da un bacio innocente,
dato per sbaglio a …”.
“A
copulare come dei ricci senza farvi più vedere in
giro”
concluse l’amica in un commento che sarebbe stato molto
più consono ad una come
Caroline che a lei.
Bonnie
le lanciò un’occhiataccia ma riprese il suo
discorso
“Il concetto è che non riusciamo a toglierci le
mani di dosso e ho paura che
quando questo bisogno passerà, Damon si pentirà
di tutto”.
“Se
fosse solo uno sfizio, non ti avrebbe nemmeno toccata,
ti rispetta troppo. E poi ci sono centinaia di ragazze che potrebbe
usare per
del sesso, perché rovinare il vostro rapporto?”.
“Non
dico che lo stia facendo apposta” precisò Bonnie
“E hai
ragione: dovrei valere qualcosa per lui, ma un giorno si
accorgerà che non sono
quello che vuole. Io non sono Elena”.
“No,
sei Bonnie, l’opposto di Elena” disse Meredith con
tono
quasi scocciato “E sembri anche essere l’unica
persona davvero importante nella
vita di Damon. Ti devo ricordare che si è quasi fatto
ammazzare per salvarti?”.
“No,
grazie” borbottò lei “Me lo ricorda lui
ogni giorno”.
“Ti
voglio bene, Bonnie, sei fantastica ma ti serve una
bella dose di autostima!” la rimproverò la mora
“Chi se ne frega di Elena o di
quello che rappresenta per Damon. Ci sei tu adesso e se continui ad
abbatterti
così, non risolverai la situazione”.
“E
se Elena dovesse tornare?”.
“Elena
ha Stefan e non deve rompere le scatole” sbottò
l’amica “E poi, detto sinceramente: non credo che
farebbe la differenza”.
Bonnie
corrugò la fronte.
“In
altri termini sei tu
quella da battere, non lei. Se Elena fosse così stupida da
rivolerlo, dovrebbe
fare i conti con quello che lui prova per te”.
“Non
so cosa prova per me. Non vuole nemmeno cominciare il
discorso!”.
“Siamo
parlando di Damon! Mi preoccuperei se ti dichiarasse
amore domani mattina!” esclamò Meredith
“Però hai ragione: non può continuare
ad ignorare l’argomento” concordò
“Hai fatto bene a metterlo alle strette: è
l’unico modo per farlo cedere. Damon è il genere
di ragazzo che deve toccare il
fondo prima di capire che sta sbagliando”.
“Non
mi stai consolando” l’avvertì Bonnie
“Come posso dire
che sta sbagliando quando sono la prima a comportarmi così?
È passato talmente
poco tempo ed è comprensibile che non riesca a lasciare
andare Elena. Anche io
non riesco a lasciarlo andare, anche se sarebbe meglio per
tutti”.
“Quello
che avete voi due è reale, non è
un’illusione come
la sua”.
“Lo
sappiamo io e te, ma non posso obbligarlo ad aprire gli
occhi se non vuole. D’altra parte non mi va neanche di tirare
troppo la corda
perché non voglio allontanarlo”.
“Non
ritrattare tutto quello che gli hai detto, Bonnie” le
consigliò caldamente la ragazza prendendole le mani
“Continuare a gettargli la
realtà in faccia è la cosa migliore che tu possa
fare. Se ti mostri decisa,
capirà che sei seria e che non può evitare per
sempre di affrontare le sue
stesse emozioni”.
Bonnie
si torturò il labbro “Figurati!”
proruppe scettica
“Non vuole nemmeno portarmi ad un ballo per paura che gli
altri ci vedano! Il
giorno in cui si deciderà a parlare di sentimenti
sarà l’apocalisse”.
“Beh,
Damon Salvatore non è l’unico cavaliere in
città” le
fece notare la mora “La scuola è piena di bei
ragazzi liberi, invita uno di
loro”.
“Mi
stai suggerendo di farlo ingelosire?”.
“No,
scordati di Damon” le ordinò
“E’ il tuo ultimo anno, la
tua festa, la tua serata! Lui non ti vuole accompagnare? Amen.
Trovatene un
altro e goditi il ballo. Per una notte devi solamente pensare a essere
normale
e a divertirti”.
“Sì!”
esultò Bonnie “Sì, hai ragione! Al
diavolo Damon!
Questo è il mio ballo; se non mi ci vuole portare, peggio
per lui. Inviterò
qualcun altro” si auto-convinse con forza “Ma
chi?”.
Anche
Meredith parve colta di sorpresa da quella domanda “Ci
sarà sicuramente qualche altro ragazzo che trovi
carino”.
“Non
è che abbia avuto molto tempo di guardarmi in
giro”
considerò Bonnie “Ci penserò su
… voglio dire, posso sempre ipnotizzarli no?”
scherzò riferendosi al suo speciale Potere che aveva quasi
imparato a
controllare.
Meredith
le sorrise solidale ed entrambe si diressero verso
la classe di letteratura.
Bonnie
ascoltò poco e niente; da un lato perché il
programma
era finito e ormai era solo un ripasso; dall’altro
perché non riusciva a
smettere di pensare a ciò che le aveva consigliato la sua
amica.
L’idea
era ottima. Bonnie non aveva fatto niente di male e
non sarebbe stato giusto precludersi quella serata per colpa della
testardaggine di Damon.
Non
poteva rimuginare su qualcosa che non poteva neanche
controllare.
Lei
gli aveva aperto il suo cuore, gli aveva praticamente
sbattuto in faccia tutto ciò che non le permetteva di
sentirsi bene come
avrebbe dovuto. Quando si trovavano solo loro due nella pace della loro
intimità, Damon non le faceva mancare niente: si occupava di
lei con devozione
come se davvero fosse l’unica ragazza che occupasse i suoi
pensieri; ma non
appena la bolla si spezzava, non appena erano costretti a fronteggiare
la
realtà il vampiro si tirava indietro, rompendo
l’incantesimo.
Bonnie
desiderava stare con lui, desiderava sentirsi sempre
come in quei momenti, alle sue condizioni però. Niente
condivisioni. Non c’era
posto per Elena nella sua visione delle cose, non c’era posto
per un terzo
incomodo, che fosse lei stessa o la bionda.
Alla
fine aveva dato a Damon un ultimatum, che sebbene non
fosse stato espresso proprio a caratteri cubitali, rimaneva comunque
lampante:
se avessero deciso di intraprendere una relazione seria, anche al di
fuori
delle coperte, allora il fantasma di Elena e tutte le riserve del
vampiro sui
sentimenti dovevano essere cancellate; quantomeno affrontate insieme.
Schizzò
fuori dall’aula come udì il suono della campanella
e
corse verso gli spogliatoi per cambiarsi per la lezione di educazione
fisica.
Fece
per aprire la porta, quando qualcuno la afferrò per un
braccio, catturando la sua attenzione.
“Tyler”
sorrise lei “Come stai? Caroline mi ha detto che
finalmente avete fatto pace”.
“Sì
ma me ne sto pentendo” scherzò il ragazzo
“Sono giorni
che sistemo la palestra per la sua grande festa; non sento
più le braccia”.
“Pensa
al risultato finale” lo consolò Bonnie imitando la
voce della loro amica che continuava a ripetere quella frase per
incitarli a
lavorare.
“Già,
a proposito … è un po’ imbarazzante
perché non vorrei
che ti facessi l’idea sbagliata ma …”
tentennò lui “Ti va di venire al ballo
con me?”.
Bonnie
strabuzzò gli occhi e si trovò la bocca asciutta
per
mancanza di risposte.
“Non
prendere male quello che ti sto chiedendo; intendo come
amici” si spiegò meglio Tyler “Siamo gli
unici due del gruppo a non avere
qualcuno con cui andare: Elena è con Stefan, Caroline con
Matt e Meredith con
Alaric. Ho pensato che avremmo potuto farci compagnia”.
Bonnie
non si premurò nemmeno di avvisarlo che Elena e
Stefan probabilmente non si sarebbero presentati insieme. Era troppo
presa a
capire se quell’invito fosse un complimento o un insulto.
Anche
Tyler se ne accorse “No, cancella quello che ti ho
detto, è uscito malissimo. Non te l’ho chiesto
come ultima spiaggia, davvero!
Mi piacerebbe andare con te al ballo: sei una bella ragazza, mi farai
fare un
figurone! E poi mi trovo bene a stare con te e so che
passerò una bella serata”
parlò a macchinetta “Non volevo solo darti
l’impressione di averci provato, non
volevo offenderti …”.
“Tyler”
lo fermò Bonnie “Va tutto bene, ho
capito” lo
tranquillizzò “Accetto volentieri la tua proposta.
Neanche io voglio andare da
sola al ballo; preferisco avere come cavaliere un amico piuttosto che
un
ragazzo che conosco di vista”.
“Perfetto!”
esultò lui “Di che colore è il tuo
vestito? Devo
comprarti un bouquet che stia bene*”.
Bonnie
sbiancò realizzando di non aver nemmeno cercato un
abito. “Ti mando un messaggio più tardi, va bene?
Sto ancora scegliendo”
inventò per guadagnare un po’ di tempo.
Tyler
annuì e la salutò. Si diresse verso gli
spogliatoi
maschili e rimase sconcertato nel trovare Elena che faceva avanti e
indietro
davanti alla porta.
Quando
la ragazza lo vide, gli sorrise raggiante e gli
chiese se le potesse chiamare Stefan, dato che lei non poteva entrare.
Elena
aspettò che Tyler sparisse negli spogliatoi prima di
tirare un sospiro per liberare la tensione.
Da
che ricordasse non era mai stata nervosa, soprattutto in
materia di ragazzi. Di solito andava sul sicuro: nessuno resisteva al
suo
fascino. Era un gioco già vinto in partenza.
Quella
volta, però, non si trattava di uno qualunque ma di
Stefan. Lo amava con tutto il cuore, eppure era stata capace di tradire
la sua
fiducia nel modo peggiore. Solamente per qualche minuto da brivido.
Il
vampiro avrebbe avuto tutte le ragioni per dirle di no e
lei se lo sarebbe pure meritato. Sapeva di avere una gran faccia tosta;
solo
pensare di chiederglielo rasentava la sfacciataggine ma non poteva
farne a
meno.
Si
era ripromessa che avrebbe lottato per quell’amore e
avrebbe continuato fino a che Stefan non l’avesse perdonata e
ripresa con sé.
“Elena,
è successo qualcosa?”.
La
bionda si girò e per poco non le venne un infarto: non
appena Tyler lo aveva avvertito Stefan era corso fuori, temendo che
Elena
avesse qualcosa di grave da comunicargli, e nella fretta non aveva
indossato la
maglietta.
Tutta
la lucidità della ragazza andò a farsi benedire e
lei
si trovò per la prima volta da tempo ad arrossire come una
quattordicenne alla
prima cotta.
“Stefan”
si schiarì la voce “Non era così
urgente” gli disse
cercando di non fare caso al fisico perfetto del suo ragazzo
… no, ex ragazzo.
“Mi
hai fatto chiamare nello spogliatoio; pensavo non
potesse aspettare”.
“Infatti
non può … se aspetto ancora, mi passa il coraggio
e
non te lo chiedo più” fece un bel respiro e si
buttò “Vorresti venire al ballo
con me?”.
Stefan
alzò un sopracciglio, in un’espressione tra
l’incredulo e il divertito.
Per
Elena furono i cinque minuti più brutti della sua vita,
consumata dall’attesa e attanagliata dall’ansia.
Le
sarebbe scoppiato a ridere in faccia. Ne era certa.
Aveva
tenuto quel maglioncino per sfizio. Non era il tipo
che rubava dei ricordini delle sue conquiste; era entrato in possesso
di
quell’indumento per caso.
Elena
se l’era dimenticato una sera al Grill e Damon
l’aveva
raccolto con l’intenzione di riportarglielo e approfittare
per farle una visita
ma una volta arrivato alla finestra della sua camera, l’aveva
vista con Stefan.
Aveva stretto la stoffa fino quasi a strapparla ed era ritornato come
una furia
al Pensionato.
Non
gliel’aveva più ridato, l’aveva nascosto
in fondo al suo
armadio e lo aveva tenuto per avere l’impressione di
possedere qualcosa di lei.
Damon
se lo rigirò tra le mani e alla fine lo posò sul
letto
di Stefan. Era giunta veramente l’ora di chiudere in modo
definitivo con Elena.
Per
lei, per Stefan, per Bonnie ma soprattutto per se
stesso.
Non
c’è peggior cieco di
chi non vuol vedere e non c’è peggior sordo di chi
non vuole sentire.
Damon si era categoricamente
rifiutato di ascoltare.
Solo
le urla di Bonnie avevano fatto centro, gelandolo e
obbligandolo a ripensare a tutte le sue azioni e a pentirsi di alcune.
“Ti
lamenti tanto di
essere sempre la seconda scelta ma mi stai trattando esattamente in
quel modo”.
Seconda
scelta. Quelle parole erano talmente sbagliate ed
era un paradosso perché Damon non aveva mai provato niente
di così giusto. In
quel frangente si era reso conto di cosa non andasse nella sua piccola
bolla.
Non c’era posto per qualcosa di sbagliato nel rapporto con
Bonnie. Lui non voleva che ci fosse
qualcosa di
sbagliato.
Si
era ritrovato improvvisamente a comparare le due
relazioni; Bonnie ed Elena. Sebbene il vampiro non si fosse mai
interessato
molto alla moralità e sebbene la sua capacità di
discernere tra giusto e
sbagliato fosse decisamente non condividibile, persino lui aveva notato
quanto
stonassero l’una con l’altra.
La
sua testardaggine nel conquistare Elena aveva ferito
innumerevoli persone; da Stefan e Bonnie, passando per la bionda e
arrivando a
se stesso.
Si
era torturato da solo, languendo in un’eterna incertezza,
accontentandosi di momenti brevi e di baci rubati, di sguardi proibiti
e
d’incontri clandestini.
Così
era stato con Katherine, così con Elena. In definitiva
Damon era rimasto intrappolato nella stessa situazione di cinquecento
anni
prima, senza muovere un passo avanti. Finché non era
arrivata Bonnie e gli
aveva mostrato come si potesse amare e tenere a qualcuno senza esserne
necessariamente ossessionati.
Gli
avevano sempre ripetuto che l’amore, se era vero,
avrebbe dovuto migliorarlo, ma Damon non ci aveva creduto. Si sentiva
perfetto
così com’era e non vedeva motivi per cui dovesse
cambiare.
Elena
aveva fatto di tutto per trasformarlo in ciò che lei
voleva, per renderlo l’uomo migliore, uno di cui potesse
innamorarsi, uno che
potesse assomigliare almeno in minima parte a Stefan.
Bonnie
non ci aveva neanche provato; lo aveva accettato e
basta. Eppure era stata quella che gli aveva sconvolto il mondo, senza
accorgersene.
Gli
era entrata nelle vene, nella testa e anche nel cuore;
almeno a se stesso poteva ammetterlo.
Con
Elena non avrebbe potuto avere neanche una chance, non
contro il perfetto Santo Stefan. Non era, però, la paura di
rimanere per sempre
un ripiego a spaventarlo, ma la certezza di perdere Bonnie.
L’aveva
considerata una bambina, fragile e innocente, ma era
stata capace di porre un limite, di proteggere la sua
dignità. Non si sarebbe
mai accontentata di un amore a metà e non sarebbe scesa a
compromessi.
Damon
l’ammirava per la sua forza e si sarebbe maledetto
piuttosto che lasciarla andare. Poteva fare a meno di Elena, poteva
liberarsi di
quel rapporto nocivo. Aveva
passato mesi
ad urlare che tra di loro non c’era niente di sbagliato, che
avrebbero dovuto
concedersi un’opportunità e solo ora comprendeva
la gravità del suo errore. Non
aveva senso struggersi per una donna che gli avrebbe rovinato la salute
mentale: con lei non si sarebbe mai sentito a casa, non
l’avrebbe mai sentita
sua.
Probabilmente
non l’avrebbe mai dimenticata del tutto- aveva
rappresentato un sentimento molto forte e sarebbe rimasto un ricordo
prezioso- ma
finalmente il vampiro era pronto per andare
avanti, verso il futuro, verso Bonnie.
Quella
streghetta era sua, lo era sempre stata e lo sarebbe
stata per l’eternità. Era qualcosa di inevitabile,
non l’aveva deciso lui.
Semplicemente si appartenevano, s’incastravano e si
miglioravano.
Per
cui, dopo una notte praticamente trascorsa insonne,
Damon aveva deciso di accompagnarla al ballo. Non era il suo genere di
divertimento, ma se l’avesse resa contenta e le avesse fatto
capire quanto
tenesse a lei, allora si sarebbe sacrificato.
Nella
sua lunghissima vita aveva presenziato ad
un’infinità
di balli più o meno eleganti, uno in più non lo
avrebbe certo ucciso.
Così
uscì abbandonò la camera di suo fratello e
raggiunse
quella della ragazza.
Al
primo impatto credette che fosse esplosa una bomba per
via del disordine che regnava incontrastato. Una pila di abiti
eleganti,
ammucchiati malamente uno sopra l’altro, troneggiava in mezzo
al letto.
Bonnie
era in piedi davanti allo specchio e continuava a
girarsi a destra e a sinistra con il corpo per vedere come le stesse il
vestito
che indossava: blu scuro, senza maniche, con un corpetto stretto e
cosparso di
Swarovski e con una lunga gonna che aveva un aspetto ampio e pensante.
Era
molto bello, ma non adatto a Bonnie. Un fisico minuto come il suo
scompariva là
dentro.
La
rossa sbuffò, tirò giù uno scatto
nervoso la cerniera che
stava a lato sotto l’ascella e sgusciò fuori
restando solamente in mutande.
Ignara della presenza del vampiro, s’infilò una
sottoveste e riprese la ricerca
nel mucchio.
Damon,
che quasi era arrossito alla vista del corpo
praticamente nudo della ragazza, si vergognò a studiarla in
modo così
indiscreto a sua insaputa, ma non riuscì a toglierle gli
occhi di dosso.
Aveva
comprato lui la sottoveste che stava indossando e si
complimentò
per la scelta azzeccata. Certo, sarebbe stato tutto più
piacevole se avesse
potuto levargliela con le sue mani, ma al momento non ne aveva il
permesso.
Bonnie
prese un abito rosa cipria a sirena, molto stretto,
monospalla. Con un’occhiata Damon poté stabilire
che nemmeno quello sarebbe
stato adeguato al suo corpo ma aspettò di ammirarla prima di
esprimere un
giudizio.
La
ragazza, dopo essersi tolta di nuovo la sottoveste, se lo
mise e camminò fino allo specchio tendendoselo al seno con
una mano affinché
non le scivolasse giù dato che non l’aveva ancora
chiuso.
L’impresa
si rivelò più difficoltosa del previsto
poiché la
zip era stata cucita dietro.
Stava
per rinunciare e provare il successivo, quando due
mani fredde si posarono sulle sue e strinsero i due lembi
dell’abito,
sfiorandole la schiena.
Rabbrividì
e attraverso lo specchio incrociò gli occhi neri
di Damon che la provocavano apertamente. Il vampiro chiuse la cerniera
e con le
dita le accarezzò il profilo delle spalle e del collo.
Bonnie
chiuse gli occhi e si appoggiò al petto di lui,
arrendevole. Li riaprì solo avvertendo le labbra
dell’uomo posarsi sulla sua
pelle e riacquistò un po’ di lucidità.
Si sottrasse alla morsa e si allontanò,
voltandosi verso di lui solo quando fu certa di aver messo tra loro una
ragionevole distanza.
“D-
da quanto sei qui?” chiese a disagio maledicendosi per
essersi cambiata più volte senza controllare la porta.
“Niente
che non avessi già visto” fu la risposta sfuggente
di Damon che aveva intuito i pensieri della rossa “Dove hai
preso tutti questi
vestiti?”. Sembrava che avesse svaligiato una boutique di
alta moda.
“Ho
rovistato negli armadi” spiegò lei
“Devono essersi
accumulati nel tempo”.
“Sei
ancora decisa ad andare a quel ballo?”.
“E’
il mio ultimo anno, non ho intenzione di perdermi questa
festa” replicò Bonnie lapidaria.
Era
ancora arrabbiata. No, si corresse Damon, era proprio
incazzata.
“Credo
di aver risolto il problema dell’accompagnatore”
annunciò lui con il tono più cordiale che potesse
trovare cercando di scalfirla
un po’.
“Non
c’è più nessun problema: Tyler mi ha
invitata”.
Il
cervello di Damon smise di funzionare per un paio di
secondi.
Non
c’è più nessun
problema.
Aveva
trovato una soluzione da sola.
Tyler
mi ha invitata.
Qualcuno
si era permesso prendere il suo posto.
Tyler.
Il
lupo mannaro.
Tyler
l’aveva invitata.
La
sua pelliccia sarebbe presto diventata arredo del
pavimento di casa Salvatore.
“Tyler
quello che ha attirato in città i lupi? Tyler che ci
ha fatto quasi ammazzare? Quel Tyler?”.
“Tyler,
quello grazie cui siamo ancora vivi” precisò
Bonnie
senza prestargli molta attenzione mentre aveva preso ad esaminare
ancora una
volta quei vestiti.
“E
gli hai detto di sì?”.
Bonnie
smise di cercare percependo il tono indifeso con cui
il vampiro aveva posto quella domanda. Si costrinse a non cedere e
ribatté con
voce dura “Non ti aspetterai davvero che mi presenti da
sola?”.
“Credevo
puntassi più in alto di uno che si gratta le
orecchie per spulciarsi” commentò Damon
velenosamente.
Bonnie
ignorò quell’appunto non ritenendolo nemmeno degno
di
attenzione. Il vampiro era un vero asso nell’evidenziare i
difetti altrui, ma
avrebbe fatto meglio a occuparsi dei propri che erano ben
più gravi.
“M’immaginavo
diversamente il tuo accompagnatore” disse lui,
quasi con una nota di malinconia.
“Anche
io, ma i balli non fanno per lui” ribatté Bonnie.
Ogni riferimento era puramente voluto.
“Tyler
manca di galanteria” continuò ostinatamente, come
un
ottuso.
“E’
meno manchevole di qualcun altro” quella frecciatina era
stata cattiva e la rossa se ne rese conto. Odiava essere una tale
carogna.
“Chiamalo
e digli che non puoi andare con lui” le ordinò
Damon.
“Che
cosa …?”.
“Ti
porto io”.
Bonnie
per poco non rimase a bocca aperta come un pesce.
Quanto aveva desiderato sentire quelle parole? Ma in
quell’istante avevano un
gusto amaro. Non voleva che Damon si proponesse perché
spinto dalla gelosia.
“Mi
sono già messa d’accordo con Tyler”.
Lo
sguardo del vampiro si scurì “Bonnie, non era una
richiesta”.
La
giovane sorrise e scosse la testa incredula “Non so
nemmeno perché sto ad ascoltarti”.
“Da
quando in qua tieni così tanto a Tyler?!”
domandò Damon
pronunciando il nome come un insulto.
“Cerco
di non ferire le persone quando posso” spiegò lei
“E
poi vorrei davvero godermi questo ballo e divertirmi lontano dai soliti
drammi”.
“Io
sono un tipo divertente” tentò di persuaderla
ghignando
sornione.
“Damon”
lo chiamò la strega esasperata “Ho già
accettato
l’invito di Tyler e andrò con lui. Fine della
storia”.
“Non
ti voglio con lui” dichiarò Damon “Non
voglio che tutti
ti vedano ballare con lui. Tu sei mia, Sissi”.
“Peccato
che tu non possa fare niente a riguardo” replicò
lei “E sono io a decidere quando
e se sarò tua”.
“Un
po’ troppo tardi per questo non credi?” le fece
notare
l’uomo avvicinandosi e sfiorandole una guancia “Il
tuo corpo la pensa
diversamente”.
“Un
paio di amplessi non mi rendono tua. Non hai nessun
diritto su di me, non a queste condizioni”.
Damon
dovette controllarsi per non liberare il letto da
tutti quei vestiti e mostrare a Bonnie quanto fosse sua. Davvero non
riusciva a
capire cosa stesse facendo di sbagliato. L’aveva pregato di
accompagnarla a
quel ballo ed ora che si era finalmente offerto, lei gli preferiva
Tyler.
“Bonnie,
te le ripeterò solo una volta: sarò io il tuo
cavaliere”.
“Fino
a due giorni fa non volevi nemmeno sentirne parlare!
Lo stai facendo solo perché sei geloso, perché
devi dimostrare di non poter
essere superato da un ragazzino. Beh … a me non sta
bene!”.
Brutalmente
sincera, tanto che Damon sentì il bisogno
d’indietreggiare
ma non lo fece. “Presentati a quel ballo con Tyler, e tra noi
è finita” la
incastrò. Era
risaputo che Damon
manteneva sempre le sue promesse; Bonnie non avrebbe corso quel
rischio. Lui ne
era certo.
“Anche
io te lo ripeterò solo una volta: andrò con
Tyler, mi
divertirò un sacco, ballerò con lui e se a fine
serata mi andrà, lo bacerò per
ringraziarlo!”.
Ora
sì che stai facendo
la donna matura, complimenti! Si
rimproverò da sola.
Trascorsero
interminabili minuti, durante i quali Bonnie
temette seriamente la reazione di Damon. Il vampiro era livido di
rabbia, aveva
contratto tutti i muscoli del viso e i suoi occhi minacciavano tempesta.
“Bene”
sibilò con astio e un secondo dopo lei si trovò
sola.
Bonnie
fece un’altra giravolta davanti allo specchio e poi
guardò l’orologio: erano le sette e mezza, quasi
ora.
Il
vestito era quello giusto. Ci aveva messo mezza giornata
prima di trovarlo, ma alla fine era saltato fuori dal mucchio.
Verde
smeraldo, con una scollatura a V abbastanza profonda e
una grossa spilla d’argento appena sotto al seno. La gonna
scendeva morbida e
regolare fino a coprire le scarpe con un tacco da capogiro.
Aveva
arricciato i capelli e li aveva raccolti in uno
chignon ordinato. Un cerchietto ornato di brillanti completava
l’opera**.
Si
sentiva bella, come mai prima di allora. Qualunque
ragazza sarebbe uscita di casa con un sorriso luminosissimo stampato in
volto.
Lei no.
Stava
iniziando ad odiare quella dannata festa; era stata la
causa di tutti i suoi problemi. Se avesse deciso subito di non andare,
si
sarebbe risparmiata molti inconvenienti.
Tyler
era un bravo ragazzo, un buon amico, simpatico e anche
carino, ma non era il cavaliere che si era immaginata.
Suonava
tanto come un cliché ma quel ballo segnava un punto
di svolta nella vita di una liceale. Non ci sarebbero più
stati momenti come
quello, era un evento unico e irripetibile e doveva essere perfetto.
Tutte
le ragazze sognavano quella sera per mesi, si
preparavano nei minimi dettagli, scattavano foto, affittavano la
limousine, si
consigliavano con le amiche. Volevano essere bellissime e pronte,
volevano
brillare e lasciare il segno perché sarebbe stato uno dei
ricordi più preziosi
della loro vita.
Un
ruolo fondamentale era ovviamente giocato
dall’accompagnatore, ma tutte in un mono o
nell’altro sembravano riuscire ad
accalappiare chi desideravano.
Bonnie
si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore: non
era così che doveva andare. Si diede della stupida
perché era un pensiero
frivolo e non poteva dispiacersi così tanto per una
sciocchezza come quella.
Con tutte le disgrazie che le erano capitate, non avrebbe dovuto
neanche
permettersi di lamentarsi.
Ma
le risultava difficile essere assolutamente contenta.
Dopotutto chiedeva solo un po’ di normalità e
l’unica persona che avrebbe voluto
al suo fianco, gliel’aveva negata.
Era
forse troppo sognare che Damon la mettese al primo posto
almeno per una notte davanti a tutti? Che dimostrasse con i fatti di
non
bramare nessun’altra?
Era
forse presuntuoso da parte sua pretendere di essere l’unica?
Stefan
la chiamò dal piano inferiore. Bonnie si diede un
ultimo tocco di blush e assunse un’espressione spensierata
per non destare
sospetti.
Scese
le scale, arpionandosi alla ringhiera per non cadere.
Odiava i tacchi; che cosa mai le era venuto in mente di indossarli
così alti!
Damon
era steso sul divano e si rigirava un bicchiere di
scotch tra le mani, annoiato. Quella sera si prospettava terribile;
tutti gli
adolescenti stipati in una palestra e nessuna ragazza di cui cibarsi.
Risolse
di andare fuori città non appena Stefan e Bonnie
avessero lasciato il Pensionato.
Udì
suo fratello chiamare la piccola rossa e arricciò le
labbra infastidito. Era ancora estremamente seccato per la loro
litigata. Non
che lui non avesse colpe, ma Bonnie aveva oltrepassato il limite.
Si
era accontentata della compagnia di un cavaliere mediocre
che nulla aveva a che spartire con l’eleganza naturale del
vampiro.
Se
quella era la sua massima aspirazione, allora peggio per
Bonnie! Lui non se ne sarebbe certo dannato.
Si
voltò distrattamente verso l’ingresso chiedendosi
che
cosa avesse deciso di indossare. Tutti gli abiti che Damon aveva visto
non si
adattavano per niente alla figura di lei. Se la immaginò
coperta da un vestito
assolutamente inadeguato, troppo grande o troppo piccolo, se la
immaginò a
disagio come un pesce fuor d’acqua.
Davanti
a lui, invece, si presentava la ragazza più
aggraziata e raffinata su cui avesse mai posato gli occhi.
Non
gli piaceva dispensare complimenti a vuoto, ma dovette
ammettere che era splendida. Niente a che vedere con la ragazzina
impacciata
cui era abituato.
Senza
farsi notare, si tirò seduto per studiarla meglio,
ancora attonito. Lei non lo aveva degnato di uno sguardo; continuava a
parlare
con Stefan stringendo con le dita sottili la sua pochette.
Dopo
pochi minuti, entrambi uscirono dalla villa. Damon non
aveva mosso un muscolo. Restò in quella posizione
riflettendo sul da farsi e
non appena ebbe elaborato un piano, salì in camera sua
pronto a metterlo in
atto.
Stefan
lanciò l’ennesima occhiata preoccupata a Bonnie.
Il
ballo era cominciato da poco più di mezz’ora e la
piccola rossa non sembrava
divertirsi molto, sebbene si sforzasse di mostrare il contrario.
Il
vampiro non sapeva come farla stare meglio, ma anche se
l’avesse saputo, non spettava a lui. Non gli restava altro
che attendere che
suo fratello rinsavisse e finalmente vedesse la luce.
Una
mano gli si posò sulla spalla, delicata ma decisa. Elena
lo trascinò verso la pista da ballo pregandolo con gli occhi
di accontentarla.
Stefan
cedette senza lamentarsi. La musica era piuttosto
veloce e il ragazzo pensò di buttarsi. Non ci sarebbe stato
molto contatto, per
cui sarebbe stato semplice non cadere in tentazione.
In
fondo non si pentiva di aver accettato il suo invito. Si
era ripromesso di non perdonarla subito e di rivalutare la loro
relazione, ma
non voleva nemmeno buttare tutto all’aria.
I
tradimenti capitavano ed Elena era solamente una ragazza
di diciotto anni che aveva commesso un errore. Stefan non era il tipo
da
chiudere ogni rapporto senza possibilità di tornare
indietro. Gli piaceva quel
lato comprensivo del suo carattere, lo faceva sentire molto in contatto
con la
sua parte umana. Aveva scelto di concedere una possibilità
alla bionda, di fare
un passo avanti per chiarire che non tutto era perduto.
In
fin dei conti, lui l’amava con ogni fibra del suo essere.
Dal primo momento in cui l’aveva vista, non era riuscito ad
immaginare
nessun’altra come compagna per la vita.
Elena
era imprevedibile e a tratti sfuggente, ma Stefan
aveva capito come tenerla legata a sé. Sapeva di averla
migliorata, di averla
cambiata; era certo di essere quello giusto.
Quante
volte aveva giurato a se stesso di starle lontano,
perché le avrebbe solo portato confusione e dolore? Quante
volte aveva infranto
quel voto?
Elena
era la sua vita, Elena era casa.
La
tresca con Damon bruciava ancora; il fatto che suo
fratello fosse riuscito ad entrare nella testa della giovane era
frustrante,
umiliante ma Stefan stava imparando a conviverci.
Non
sarebbe servito a nulla serbare rancore; avrebbe solo
finito col perdere due delle persone cui teneva maggiormente.
Elena
e Damon erano una parentesi chiusa, di questo di ne
era certo. Il destino per suo fratello si allontanava di parecchio
dalla
bellissima bionda che gli aveva stregato il cuore all’inizio,
doveva solo
accorgersene.
Per
quanto riguardava Elena, invece, Stefan aveva creduto al
suo dispiacere. Era andata da lui a scusarsi, ad aprirgli il cuore, a
confessargli tutto il suo amore. Dopo cinque secoli trascorsi sulla
Terra, il
vampiro poteva dirsi un esperto nel riconoscere la sincerità
e questa brillava
negli occhi di lei.
Non
sapeva ancora quanto gli ci sarebbe voluto per
perdonarla in modo definitivo, senza ripensamenti o dubbi. Ma Elena si stava lentamente
riconquistando la sua
fiducia e il suo rispetto e si meritava
un’opportunità.
“Non
posso credere che tu abbia accettato il mio invito” gli
confidò Elena.
“Non
posso credere che tu mi abbia invitato”.
“E’
stato un po’ sfacciato da parte mia” ammise lei
arrossendo.
“Sei
sempre stata sfacciata” le fece notare “Ma sono
contento che tu l’abbia fatto”.
Elena
sorrise di gioia e quasi si dimenticò di continuare a
ballare. Se fosse stato per lei, gli sarebbe saltata addosso senza
indugi, ma
Stefan non le aveva ancora dato il via libera ed era costretta ad
aspettare
pazientemente. Inoltre le rimaneva un’ultima confessione
prima di redimersi del
tutto.
“Sono
davvero felice di essere qui con te stasera. Forse mi
sto facendo false speranze, ma lo considero come un gran passo avanti
tra noi
due … solo che … c’è
un’altra cosa che dovresti sapere”.
Stefan
smise di muoversi e si tese d’istinto.
“L’altra
sera Damon è venuto a casa mia …”.
L’inizio
non era per nulla promettente.
“Abbiamo
parlato a lungo di noi, di te, di Bonnie” proseguì
lei “E’ vero: gli avevo detto che non lo volevo a
Charlottesville ma non ci
siamo mai detti addio seriamente. Era come se ci fosse ancora qualcosa
in
sospeso; fino all’altra sera. Tra di noi è finita
per davvero, Stefan. Abbiamo
capito tutti e due di non essere fatti l’una per
l’altro; lui non è quello
giusto e io non sono quella giusta. Per colpa del nostro egoismo per
poco non
abbiamo perso le uniche persone che hanno tirato fuori qualcosa di
buono da noi
e tu sei troppo importante per me, Stefan” si era commossa e
si fermò per
riprendere un po’ di contegno, non volendo scoppiare a
piangere nel mezzo della
pista “Non ti devi più preoccupare né
di Damon né di nessun altro. Sono tua e
basta”.
Stefan
restò abbastanza spiazzato. Benché Elena fosse
una
ragazza molto passionale, non era mai stata così
vulnerabile. La sua anima si
era spontaneamente offerta a lui senza nessuna barriera.
Alzò
una mano e le asciugò una lacrime sfuggita dalle ciglia
“Non voglio che piangi, Elena” le
mormorò “Siamo qui per divertirci e non devi
essere triste. Godiamoci questa serata, okay? Sei troppo bella per
rovinarti il
trucco”.
Elena
ridacchiò e si tirò i capelli indietro, senza
incrociare lo sguardo del vampiro, troppo imbarazzata per il suo
momento di
debolezza. Non era abituata a lasciarsi andare in quel modo, si sentiva
troppo
esposta ma con Stefan veniva tutto così naturale che non era
in grado di
trattenersi.
“Vieni
qui” disse lui passando una mano dietro la sua nuca e
l’avvicinò a sé posandole un bacio sui
capelli. La strinse e la cullò,
incurante della musica assordante che avrebbe richiesto ben altri
movimenti.
Elena
gli allacciò le braccia attorno al torace e nascose il
viso nell’incavo del suo collo. Forse sarebbe stata la sua
ultima possibilità
di averlo così vicino e non voleva perdersi nemmeno un
attimo.
I
suoi occhi vagarono per la sala oltre la spalla del
vampiro e si sgranarono scorgendo una figura elegante vicino
all’ingresso della
palestra.
“Ma
quello è Damon?”.
Stefan
si voltò e strinse i denti ricacciando giù un
ringhio.
Poco
più in là, un’altra coppia stava
condividendo il suo
momento di normalità in maniera più discreta.
Sebbene
Meredith non fosse un’alunna della classe di storia
di Alaric, sarebbe scoppiato uno scandalo se qualcuno avesse scoperto
la loro relazione.
Dopo
il diploma della giovane, non ci sarebbero stati più
ostacoli, ma fino ad allora dovevano mantenere un profilo basso.
Per
Alaric era una vera tortura stare accanto alla sua
fidanzata senza poterla toccare; era bellissima in
quell’abito color avorio che
spiccava sulla sua pelle olivastra. Aveva un fisico alto e slanciato,
particolarmente adatto a portare vestiti da sera e la sua carnagione le
permetteva un trucco molto leggero. Il punto forte di Meredith stava
nell’eleganza e nella pacatezza.
Era
quel tipo di ragazza che si sarebbe potuto adattare a
qualunque situazione e che non avrebbe mai sfigurato; di ciò
Alaric andava
molto fiero.
Restava
comunque frustrante non poter nemmeno ballare con
lei. Avrebbe destato dei sospetti e soprattutto avrebbe distolto
l’attenzione
dagli altri studenti e il livello di sorveglianza si sarebbe abbassato.
Non che
fosse molto concentrato. La presenza di Meredith portava la sua buona
dose di
distrazione.
Lei,
come al solito, era di una compostezza disarmante e si
guardava intorno piuttosto soddisfatta “Sembra tutto
tranquillo” commentò.
“Ti
aspettavi qualcosa di diverso?”.
“Con
quello che è capitato ultimamente, trovo che sia un
successo il fatto che siamo arrivati sani e salvi a fine
anno”.
“Sani
sì, salvi non so. Da quello che mi ha raccontato Damon
il peggio deve ancora venire”.
“Non
essere troppo ottimista, mi raccomando” lo ammonì
sarcasticamente la mora “Sono stufa di aver paura di questo
Klaus; magari non
sa neanche che Elena esiste. Ci siamo affidati alle parole di Katherine
e di un
vampiro francese i cui compagni hanno cercato di uccidere Bonnie
… scusami se
sono un po’ scettica”.
“Siamo
immischiati fino al collo con i vampiri ma siamo due
umani” cominciò Alaric “Non abbiamo
nessuna capacità Meredith, siamo
completamente indifesi. Odio non avere le forze per
proteggerti”.
“So
cavarmela, Ric” lo rassicurò “E poi
nessuno sta cercando
me. Mi terrò lontana dai guai”.
“Come
l’ultima volta?” chiese Alaric alzando un
sopracciglio
“Per poco non sei morta in mezzo alla strada, nemmeno quel
vampiro voleva te”
le ricordò quel terribile incidente provocato da Christopher
che voleva
toglierla di mezzo per impedirle di smascherarlo.
“Sono
le mie amiche, Ric, io ci sono per loro” disse
Meredith “Parli proprio tu? Il migliore amico di quel
disgraziato di Damon!
Ogni volta che uscite insieme ho il terrore che non
tornerai vivo”.
“Siamo
due stupidi” sentenziò Alaric “Potremmo
andarcene in
un’isola da qualche parte nel Mediterraneo e invece ce ne
stiamo qui come dei
martiri”.
“Non
siamo degli stupidi” obiettò lei
“Vogliamo solo aiutare
le persone cui vogliamo bene”.
“Damon
mi dovrà un sacco di bevute alla fine di questa
storia” asserì
l’insegnante.
“E
poi non è vero che tu non hai capacità
speciali” Meredith
tornò al discorso precedente “Sei un professore di
storia di giorno e di notte
ti trasformi in un cacciatore del soprannaturale. Io lo trovo piuttosto
intrigante” lo stuzzicò passandogli un dito sul
braccio.
Lui
si scostò “Sta’ attenta”
l’avvisò “Se ci vedono, siamo
morti”.
“Scusa
… sarà l’imminente pericolo che mi
rende così
intraprendente” scherzò la mora
“Comunque sono davvero contenta di essere qui
stasera” gli confidò “Non sono
un’amante delle feste, ma il Ballo di Fine Anno
è un rito, è un momento di passaggio
all’età adulta e avere qui te e tutti i
miei amici è importante. Senza serate come queste saremmo
impazziti”.
Alaric
le sorrise con affetto e, fregandosene delle
apparenze, le passò un braccio attorno alle spalle e la
strinse “Mere, Mere,
Mere, ti prometto appena saremo al sicuro, organizzerò feste
a casa tutte le
sere”.
“Ti
ricordi il primo party che hai dato?”.
“Come
potrei dimenticarlo? Damon per poco non ha dissanguato
una ragazza all’ingresso”.
Meredith
lo guardò malissimo, quasi volesse disintegrarlo
“Solo questo?”.
“E
naturalmente ci siamo conosciuti io e te” Alaric sapeva
perfettamente perché la ragazza avesse parlato di quella
sera ma lui aveva
preferito prenderla un po’ in giro prima.
Non
avrebbe mai scordato il giorno in cui Meredith Sulez era
entrata nella sua vita. Con lei non solo era arrivato il vero
sovrannaturale,
quello che il ragazzo studiava e cercava da tempo, ma anche
l’amore.
Rimasero
in silenzio per alcuni minuti fino a che la mora
non si staccò da lui, visibilmente sconcertata. Alaric non
ne capì subito il
motivo, anzi inizialmente si allarmò credendo che stesse per
accadere qualcosa
di male.
“Ti
prego, dimmi che ho un’allucinazione e quello non
è
Damon Salvatore” gli disse con un tono che rasentava la
minaccia.
Purtroppo
quello era proprio il vampiro in questione, a
braccetto con una studentessa dell’ultimo anno. Erano appena
entrati e lui le
stava sussurrando qualcosa all’orecchio. Lei
ridacchiò.
Meredith
con gli occhi cercò immediatamente, apprensiva,
Bonnie in quella folla di studenti e la trovò accanto a
Tyler: come a tutti,
neanche a lei era sfuggito l’arrivo di Damon e sembrava
sull’orlo dello
svenimento.
“Alaric”
lo chiamò Meredith “Va’ a parlare subito
con il tuo
amico, prima che lo uccida con le mie mani davanti a tutti”.
“Mettiti
in coda, tesoro, io ho il diritto di anzianità” le
disse Alaric marciando con decisione verso il suo amico non- morto, che
presto
lo sarebbe stato del tutto.
Damon
era vicino al tavolo delle bevande e dall’espressione
si capiva perfettamente che si stesse schifando della mancanza di
alcolici.
Aveva
percepito l’avvicinarsi dell’amico ma aveva provato
ad
ignorarlo. Speranza vana. Grazie al suo super udito aveva potuto anche
ascoltare lo scambio avvenuto tra i due fidanzatini ed era certo che
niente gli
avrebbe risparmiato una bella ramanzina.
Versò
da bere in due bicchieri e si voltò, porgendone uno
all’amico e sfoderando un sorriso noncurante.
Alaric
lo ignorò, trucidandolo con un’occhiata. Prese il
bicchiere e lo riposò sul tavolo, troncando ogni tentativo
di rabbonirlo.
Non
lo attaccò subito a parole, voleva aggirarlo, altrimenti
Damon non gli avrebbe mai detto che cosa gli passava per la testa.
Trattandosi
del vampiro, tutto poteva essere.
Per
cui approcciò nel modo più neutrale che potesse
conoscere “Mi è sfuggito qualcosa?”.
Damon
sorseggiò il suo drink tranquillamente “Non che io
sappia”.
“Perché
sei qui con una delle mie studentesse?”.
“Geloso,
Ric?”.
“Perplesso
piuttosto. Quando ci siamo visti l’altro giorno
mi eri parso molto preso da una certa rossa e ora ti trovo a braccetto
con
un’altra ragazza. Cos’è successo?
L’hai soggiogata per caso?”.
“Perché
tutti avete così poca fiducia nel mio fascino?
Sempre a pensare all’ipnosi” si lamentò
il vampiro eludendo come solo lui
sapeva fare la domanda.
“Possiamo
girarci intorno quanto vuoi, ma prima o poi ti
caverò la verità” lo avvisò
Alaric con tono intimidatorio.
Damon
sbuffò “Volevo imbucarmi alla festa e
l’unico modo era
farmi invitare da qualcuno della scuola”.
“Potevi
chiedere a me”.
“Non
sei il mio tipo”.
“Ti
avrei fatto entrare come chaperon; è già successo
altre
volte! E poi da quando sei interessato ai balli studenteschi tanto da
portarci
una ragazza che non hai mai visto prima?!”.
“Bonnie
è venuta con Tyler”.
Ci
furono secondi di imbarazzante silenzio; primo perché
Damon non poteva credere di aver praticamente ammesso di essere geloso;
secondo
perché Alaric stava tentando in tutti i modi di trattenere
una risata di
scherno e incredulità.
“Quanti
anni hai? Mi sembri un po’ grandicello per questi
giochetti, Damon, se ci sono dei problemi, va’ e
parlale”.
“Credi
che non ci abbia già provato?” esplose il vampiro
“La
risposta è stata sempre la solita: andrò
con Tyler” finì imitando la voce della
strega.
“Ogni
volta che sento la tua versione, tu appari sempre come
la vittima innocente” gli fece notare Alaric socchiudendo gli
occhi con fare
indagatorio “Cos’è che non mi stai
dicendo?”.
“Niente
di rilevante” rispose frettolosamente l’altro
“Ho
fatto un casino ma l’ho sistemato. È lei
che non mi vuole ascoltare”.
“E
pensi che presentandoti qui con un’altra ragazza
risolverai qualcosa? Mi sorprende che il tuo cervello non stia
già friggendo!”.
“Bonnie
non voleva venire con Tyler, voleva venire con
me” specificò il vampiro
“All’inizio
mi sono rifiutato e lei non l’ha presa bene” gli
raccontò “Non avevo proprio i
motivi più nobili del mondo, però ho eliminato il
problema alla radice. Sono
tornato da Bonnie ma Tyler l’aveva già invitata.
Non ha sentito ragioni e non
ha voluto nemmeno darmi una possibilità”.
“E
quindi cos’è questa? Una specie di punizione per
aver
accettato l’invito di un altro, dopo che tu avevi rifiutato
il suo?” le
sopracciglia di Alaric si alzarono tanto da toccare
l’attaccatura dei capelli.
“Dio
mio, potresti far concorrenza alle rughe di Stefan”
commentò con tono quasi disgustato il vampiro.
“Qual
è il tuo problema?!” esclamò Alaric
scandalizzato
dalla totale mancanza d’interesse dell’amico.
“Rilassati”
lo calmò Damon “Le sto solo facendo assaggiare
la sua stessa medicina. A fine serata correrà da me in
ginocchio”.
“Se
ci arrivi a fine serata” gli fece notare Alaric
“Meredith ha mandato me come paciere prima di scatenare
l’inferno*** e a
giudicare dalle occhiate che ti sta lanciando Bonnie direi che sta
cercando un
incantesimo per evirarti”.
“Allora
cerca di tenere a bada la tua ragazza e io penso
alla mia” quelle parole gli uscirono dalla bocca senza che
neanche se ne
accorgesse.
Entrambi
apparvero visibilmente sorpresi ma non commentarono
quell’affermazione tanto spontanea quanto destabilizzante.
Damon
s’infastidì solo di averla pronunciata ad alta
voce,
ma a conti fatti non fu una gran rivelazione. Che Bonnie fosse sua per
lui era
già una certezza; c’era solo da farlo capire lei.
Si
voltò verso la rossa che ormai non gli prestava
più
attenzione ed era tornata a parlare sorridente con Tyler; come se il
vampiro
fosse stato solo una nuvoletta che aveva oscurato il sole per poco,
come se non
contasse niente.
Alaric
notò subito il cambiamento nell’amico e
intuì la sua
voglia di tentare un approccio con Bonnie. Il professore
ghignò maleficamente e
gli passò un braccio intorno alle spalle deciso a rovinargli
i piani.
Damon
voleva davvero far ingelosire Bonnie? Voleva passare
la sera con una bionda sconosciuta e lasciare la rossa a crogiolarsi
nel
rimorso?
Bene!
Allora così sarebbe stato.
Alaric
si decise a tenerlo il più possibile lontano da
Bonnie solo per vedere quanto effettivamente avrebbe resistito; sarebbe
stata
una vera tortura per il vampiro vederla danzare con un altro senza
poter
intervenire per colpa del suo stupido orgoglio.
Lo
guidò verso la sua dama e li lasciò soli,
intimando al
vampiro di starsene al suo posto e non causare danni.
Damon
emotivamente era ancora un bambino e necessitava di
una spinta nella direzione giusta; Alaric sperò davvero che
prima della fine
della serata si sarebbe reso conto dell’errore che stava
commettendo. Da quando
aveva conosciuto Damon, non lo aveva mai visto così sereno
ed il merito era di
Bonnie. Se quei due si fossero persi, sarebbe stata una tragedia e il
professore di storia lo sapeva bene. D’altra parte
perché non divertirsi un po’
alle spalle del suo amico e farlo scottare con il suo stesso fuoco?
Sarebbe
stata una lunga e movimentata notte.
Bonnie
sorrise distrattamente a Tyler senza che avesse
ascoltato un parola di quello che le aveva detto.
Non
li stava guardando, ma la sua mente era tutta
indirizzata a Damon e alla sua accompagnatrice.
Quando
avevano fatto il loro ingresso, Bonnie si era sentita
come se il mondo se lo fosse caduto in testa.
Tante
storie per portarla ad un ballo e poi si presentava
con una bionda, brutta copia di Elena?
Era
per caso diventato un passatempo per il vampiro
umiliarla e ferirla?
Il
primo istinto della rossa fu di provocargli l’aneurisma
più potente che avesse mai sperimentato, di fargli esplodere
tutte le vene nel
cervello e costringerlo ad accasciarsi in mezzo alla palestra.
Aveva
scelto di non prestargli nemmeno attenzione, si era
voltata dall’altra parte e aveva ripreso la sua conversazione
con Tyler. Era
difficile, però, ignoralo del tutto.
“Bonnie,
andiamo a prendere qualcosa da bere?”.
Si
risvegliò dalla sua trance e annuì lasciando che
il
ragazzo la conducesse tra la folla verso il bancone.
Passarono
accanto alla pista e gli occhi di Bonnie non
poterono non cadere sulla coppia che l’aveva sconvolta.
La
bionda era una studentessa dell’ultimo anno ma lei non la
conosceva che di nome: Amber Donovan****. Era una bella ragazza, niente
di più
e pareva avesse vinto alla lotteria ora che portava come cavaliere
Damon
Salvatore.
Li
superò velocemente e si premurò di tenere la
schiena
rivolta verso di loro per non assistere alla scena.
La
curiosità, però, è donna e Bonnie non
resistette molto
alla tentazione e gettò un’occhiata: Damon fece
fare ad Amber una giravolta e
poi un casquè; se la strinse addosso ed entrambi
continuarono ad ondeggiare al
ritmo frenetico della musica. Nel momento in cui gli occhi neri si
unirono con
i suoi nocciola, il vampiro ammiccò nella sua direzione e
ghignò con furbizia.
Bonnie
avvertì la rabbia montare. Cos’era quello? Un
disperato tentativo di ingelosirla o di punirla?
Anche
lei poteva giocare.
Accettò
con un sorrisone il bicchiere che Tyler le porgeva e
poi si appoggiò su di lui con nonchalance e non si
lamentò quando il braccio
del ragazzo le passò attorno alla vita. Era un gesto senza
malizia, ma Damon
non poteva saperlo.
Bonnie
scherzò e stuzzicò Tyler per tutto il tempo
sfiorandogli con naturalezza le spalle o il torace, a volte il viso e
arricciandosi tra le dita le ciocche che erano sfuggite
dall’acconciatura.
Trovava
quel giochetto molto stupido e presto si rese conto
di non essere in grado di proseguire. Non era il suo elemento e se non
si fosse
fermata, non solo si sarebbe sentita a disagio ma sarebbe anche
diventata
impacciata.
Guardò
un’ultima volta Damon e Amber: stavano ballando una
davanti all’altro, una contro
all’altro, in uno spettacolo molto provocante ma che a Bonnie
risultò solo
nauseante.
Damon
sembrava godersi ogni attimo di quella danza e roteava
il bacino con maestria sfregandolo contro il sedere di Amber che
seguiva
estasiata i suoi movimenti. Le mani di lui si alzavano in aria per poi
andare a
stringerle i fianchi.
Bonnie
si morse con forza un labbro e distolse lo sguardo.
Si rifiutò di piangere benché la tentazione fosse
forte.
Si
scusò frettolosamente con Tyler e con passo svelto
abbandonò la palestra sbucando nel corridoio deserto. Si
rifugiò in aula vuota
e si appoggiò alla porta chiusa mentre riprendeva a
respirare regolarmente.
Si
allontanò dalla porta e trovò un nuovo appiglio
nella
cattedra. Si fece aria con le mani e cercò di riacquistare
un po’ di controllo.
Non
poteva tornare in quelle condizioni o tutti si sarebbe
accorti che qualcosa non andava.
Si
chiese perché Damon avesse voluto rovinarle in quel modo
la serata pur sapendo quanto ci tenesse. Era sicuramente un modo per
ferirla;
forse il suo orgoglio non poteva sopportare che lei fosse andata al
ballo con
qualcun altro.
Il
vampiro, però, non si immaginava neanche il male che le
stava infliggendo; o almeno fu ciò che si augurò
Bonnie.
Valutò
seriamente l’idea di lasciare la festa ma non sarebbe
stato carino nei confronti di Tyler e sarebbe parso troppo sospetto.
Si
specchiò alla finestra e si sistemò i capelli per
rendersi un po’ più presentabile; attraverso il
riflesso si accorse di non
essere sola.
Nemmeno
il tempo di sbattere le ciglia e si ritrovò contro
la cattedra intrappolata dal corpo dell’ultima persona che
avrebbe voluto con
sé in quell’istante.
Il
vampiro la baciò irruento, obbliandola quasi ad aprire la
bocca. Bonnie lottò per sottrarsi, ma presto non le
restò che soccombere.
Le
mani di Damon vagarono per tutta la sua figura;
arricciarono la lunga gonna del vestito e s’infilarono sotto
accarezzandole la
pelle delle gambe.
La
giovane sospirò contro la sua volontà mentre
quella
logorante tortura si spostava sulle sue cosce, inesorabilmente verso
l’interno.
“Ti
voglio, Bonnie” le mormorò all’orecchio
con voce
soffocata. Lei dovette aggrapparsi alle sue spalle per non crollare a
terra.
Per
quanto fosse arrabbiata, quel tono, quel corpo, quelle
mani erano irresistibili e Bonnie stava per essere sopraffatta senza
via di
scampo.
Le
baciò il collo, spingendo il suo bacino contro quello
della ragazza; la schiena di quest’ultima toccò la
superficie liscia della
cattedra mentre il corpo del vampiro si stendeva sul suo impaziente. La
gonna
del vestito era completamente arruffata.
Damon
scese a lambirle con le labbra la pelle scoperta dallo
scollo e Bonnie artigliò le dita tra i suoi capelli.
“Odio
quel ragazzo” disse lui stampandole dolci baci sulle
spalle “Odiavo come ti toccava, ti guardava … solo
io posso farlo”.
Bonnie
allentò la presa tra i suoi capelli, improvvisamente
colta da un turbamento.
Damon
le scostò le mutande “Nessuno si deve permettere
di
avvicinarsi a te in quel modo. Tu sei mia, Bonnie, mia
soltanto” risalì con le
labbra fino al mento “Mia, mia, mia”.
Unì di nuovo le loro bocche.
In
quel momento i denti di Bonnie si chiusero attorno alla
sua lingua e morsero.
Il
vampiro si ritrasse per la sorpresa mista al male e lei
ne approfittò per sgusciare via e risistemarsi il vestito.
“Cosa
ti è preso?” ringhiò Damon portandosi
due dita alla
bocca per toccare una sottilissima scia di sangue.
“Cosa
è preso a te!” rigirò la domanda
Bonnie, furiosa “Sei
per caso un animale? Che non riesce nemmeno a controllare i suoi bassi
istinti?”.
“Non
ti sei mai lamentata dei miei bassi istinti. Non vuoi
farlo a scuola? Hai paura che ci becchino? Ti ricordo che abbiamo
entrambi il
Potere dell’ipnosi”.
“Mi
dispiace deludere
le tue aspettative ma non sono il tipo che consuma sulla cattedra del
mio prof.
di letteratura” replicò acida “Forse
potresti chiedere a Amber; sono sicura che
sarà più che felice di accontentarti”.
Damon
sogghignò compiaciuto e si sedette sulla cattedra
“Non
fare la gelosa”.
“Non
era forse il tuo obiettivo?” lo accusò Bonnie
togliendogli il sorriso.
Il
volto del vampiro si scurì “Hai cominciato tu
questo
gioco”.
Bonnie
spalancò gli occhi indignata e gli puntò il dito
contro “Tu mi hai detto di no!
Io te
l’avevo proposto e ti sei rifiutato perché ti
vergognavi di essere visto con
me, perché non volevi rovinare il tuo rapporto con
Elena” ad ogni parola alzava
la voce “E tanto per essere chiari: io non ho accettato la
proposta di Tyler
per fartela pagare! Volevo solamente passare una bella serata con i
miei amici
e tu me l’hai appena rovinata!”.
“Anche
io ti ho invitato, Bonnie” rimarcò Damon.
“Solo
perché hai scoperto che avevo trovato un altro
accompagnatore” obiettò Bonnie “Anche
stasera, non mi hai degnata di uno
sguardo e poi mi sei saltato addosso perché non sopportavi
che Tyler mi
toccasse. Tu non volevi portarmi al ballo, non volevi stare con me;
volevi solo
segnare il territorio” concluse con voce triste e
abbassò la testa.
“Se
anche fosse?” fu la replica di lui “Difendo
ciò che è
mio”.
“Difendere
da cosa?!” chiese la rossa “Non stai parlando di
un oggetto; non sono una proprietà”.
“Che
tu lo voglia o no, sei mia” ribadì Damon
“Mi
appartieni”.
“Non
appartengo a chi non mi appartiene” rispose Bonnie;
dopodiché abbandonò l’aula mentre una
voce metallica che giungeva dagli
autoparlanti annunciava l’imminente elezione del re e della
reginetta.
Bonnie
aveva trascorso molti anni in Italia da sola ma non
era il classico tipo indipendente. Le piaceva l’idea di poter
contare su
qualcuno, di aver bisogno di qualcuno. Non capiva proprio quando nei
film
sentiva ripetere ‘Io sono solo di me stessa’.
Non
era decisamente il genere di ragazza che non poteva
concepire l’inevitabilità di appartenere a
qualcuno; si sarebbe sentita
incompleta altrimenti. Era fermamente convinta, però, che
dovesse essere una
cosa a doppio senso, un appartenersi a vicenda. Con Damon non sembrava
possibile. Il vampiro era troppo sfuggente, allergico ai sentimenti e
restio ad
impegnarsi, se non con chi reputava alla sua altezza.
Bonnie
a che livello stava della classifica? Forse occupava
già il primo posto ma non aveva sicurezze e
finché Damon si fosse deciso ad
esporsi, lei non gli avrebbe più concesso il controllo.
Senza
sorprese Elena e Stefan vinsero. Caroline applaudì
sinceramente contenta. Sarebbe stato bello venire incoronata ma poteva
sopravvivere senza. In quell’anno aveva scoperto cosa fosse
veramente
importante, era maturata e si era lasciata alle spalle le frivolezze
del liceo.
Incrociò
lo sguardo blu di Matt. Il ragazzo le porse la mano
e la condusse verso la pista dove varie coppie avevano iniziato a
ballare sulle
note di “Take my breath away”, dopo che Elena e
Stefan avevano aperto le danze,
come da tradizione.
Gli
circondò il collo con le braccia e posò il mento
sulla
sua spalla; i suoi occhi vagarono per la sala fino a posarsi su una
sconsolata
Bonnie.
“Gliel’avevo
detto di stargli lontano” borbottò crucciata.
“A
chi?” chiese Matt che si tirò leggermente indietro
per
guardarla.
“A
Bonnie; le avevo detto di stare lontana da Damon”
chiarì
Caroline.
Matt
sbiancò: Bonnie e Damon? E da quando?
“Perché
non ne sapevo niente?” si offese.
“Per
colpa di questa festa me ne sono quasi scordata” si
giustificò lei “E poi non posso mica raccontarti
tutti i segreti delle mie
amiche”.
“C’è
qualcosa che non quadra” saltò su Matt
“Bonnie è qui
con Tyler e Damon è con … chi è
quella? Amber?”.
“Appunto”
sibilò Caroline “Quello stronzo! Ma fidati, gli
farò rimpiangere di essersi presentato con quella!
Metterò tanta di quella verbene
nel suo letto che dovrà bruciare il materasso!”.
“Care,
abbassa la voce o ti sentirà”
l’avvertì il ragazzo
riferendosi al super udito vampiresco.
“Lo
spero proprio! Si merita tutti gli insulti. Razza di
insensibile! Come si può ferire una ragazza come Bonnie? Se
fossi in lei, lo
metterei al sole senza il suo anello”.
“Sbaglio
o sento del risentimento personale?” azzardò Matt.
“Posso
sempre unire le due cause” suppose Caroline.
“Forse”
disse il biondo “Ma per adesso vorrei che pensassi
alla tua festa perfetta, al tuo bellissimo abito e al tuo cavaliere
servizievole”.
Caroline
sorrise come una bambina e si sporse per posargli
un dolce bacio sulle labbra “Penso di poterlo fare”.
Tyler
e Bonnie ballavano senza molta convinzione ai lati
della pista. La strega si augurò che la serata finisse il
più presto possibile;
non poteva aspettare di tornare a casa e dimenticarsi del terribile
confronto
avuto con Damon.
Tyler
la guidava nei movimenti. Aveva provato a tirarle un
po’ su il morale e a rendersi una compagnia piacevole, ma
tutti i suoi sforzi
erano inutili: la testa di lei era da tutt’altra parte.
“Mi
vuoi dire che ti succede?” sbottò infine.
Bonnie
parve risvegliarsi “Come scusa?”.
“E’
tutta la sera che sei strana e adesso sembri pure
triste. Hai perfino cercato di flirtare con me”.
“Oh
… te ne sei accorto?” arrossì Bonnie.
“Ti
sei praticamente strusciata su di me. Non che me ne
lamenti, ma non penso d’interessarti in quel senso”.
La
ragazza nascose il suo viso contro la sua spalla.
Perfetto! Si era resa ridicola davanti a tutti; poteva andare peggio?
“Vuoi
dirmi perché sei così distratta?” le
chiese Tyler
dolcemente.
“Mi
dispiace se ti ho messo a disagio” si scusò lei
“Sono
una pessima dama”.
“In
realtà mi sto divertendo molto” la
rassicurò “Vorrei che
anche tu ti divertissi”.
“Non
è colpa tua; ho solo un po’ di cose per la testa
ma
prometto che mi farò perdonare”.
“Vuoi
tornare a casa?” le domandò Tyler “O
possiamo andare
da qualche altra parte; nessuno ci obbliga a stare qui se non
vuoi”.
Bonnie
avrebbe accettato volentieri entrambe le opzioni ma
una voce alle loro spalle la gelò, bloccandole le parole in
gola.
“Veramente
speravo che mi concedessi un ballo”.
Tyler
guardò preoccupato prima Damon poi Bonnie e attese una
reazione dalla giovane; non aveva intenzione di lasciarla se lei non
avesse
acconsentito.
Alla
fine Bonnie annuì in un cenno di assenso e Tyler le
diede un buffetto sulla guancia, prima di dileguarsi.
Damon
non perse tempo: fece intrecciare le dita delle loro
mani destre e la strinse in vita con la sinistra. Bonnie
portò l’altra a
sfiorare la spalla di lui.
“Puoi
avvicinarti, sai” le disse il vampiro.
“Va
bene così, grazie” rispose fredda stando ben
attenta a
non incrociare le sue iridi nere.
Damon
sospirò, determinato a confessare tutta la
verità. Portare
Amber al ballo, cercare di far ingelosire Bonnie aveva solo peggiorato
la
situazione. Non aveva più senso cercare di conquistare
Bonnie con quei
trucchetti o fingere che tra loro non ci fosse qualcosa di
più di una semplice
attrazione.
Lo
sapevano tutti, lo sapeva lui; era il momento di
rivelarlo ad alta voce anche a lei.
“Volevo
già invitarti al ballo prima che tu mi dicessi di
Tyler” le svelò “E quella ragazza con
cui sono venuto non significa niente, non
ho nemmeno bevuto il suo sangue; mi serviva solo qualcuno che mi
facesse
entrare”.
Gli
occhi di Bonnie adesso lo fissavano intensamente,
impazienti.
“Avrei
potuto chiedere Alaric, ma volevo che tu provassi
quello che stavo provando anche io immaginandoti tra le braccia di un
altro”
proseguì lui “Sono stato un idiota, Bonnie. Tu
sapevi già come ci si sentiva; tu
sai già cosa significa vedermi con
un’altra”.
“Allora
perché l’hai fatto?” premette lei con
voce flebile.
“Sei
scesa da camera tua con questo vestito; ti ho vista
così bella ed elegante e ho pensato che dovevo riprenderti
in qualche modo e
nel frattempo che dovevo punirti perché la gelosia mi stava
divorando” le
spiegò “Sono geloso di te, Sissi. Sono
dannatamente geloso di te. Potrei
uccidere se qualcuno ti toccasse come ho fatto io per tutto questo
tempo”.
“Non
ti ha nemmeno sfiorato l’idea di parlarmene, vero?”
chiese lei afflitta.
“Non
sono il tipo che parla, Sissi” disse il vampiro
“Prima
faccio e poi penso; di solito faccio solo cazzate”.
“Sì”
confermò Bonnie “Questa volta non è
stato diverso. Dici
di essere geloso di me; perché? Sono sfuggita al tuo
controllo? Mi consideri
come il tuo passatempo e nessun altro mi deve contaminare?”.
“Sai
perfettamente che non ti userei mai in quel modo”.
“Rispondimi”.
“Sei
la cosa più bella che mi sia capitata, ecco
perché”
ammise “Sei troppo buona per me, io non ti merito. Se avessi
un minimo di buon
senso, ti avrei già lasciata andare da un pezzo, non avrei
dovuto neanche
sfiorarti con la mente. Sono geloso di te perché non
sopporto l’idea di
condividerti con qualcuno; con te non potrei mai accontentarmi di baci
nascosti
o momenti rubati. Ti voglio per me,
con me perché ormai sei dentro di me e non so come farti
uscire”.
Gli
occhi di Bonnie si fecero sempre più lucidi, mentre lei
cercava in tutti i modi di non cedere alla emozioni.
“Non
è una questione di possessività,
c’è molto di più e se
ti lasciassi andare, che ne sarebbe di me?”
domandò Damon, forse più a se
stesso che alla ragazza.
“Neanche
a me piace condividere” puntualizzò Bonnie. Le sue
parole rimanevano fredde ma il suo corpo si stava lentamente
abbandonando al
tocco del vampiro.
Senza
accorgersene, iniziò a piegarsi verso il torace di
Damon fino ad appoggiare la fronte e inspirò forte il suo
profumo, trovando
finalmente quiete per le sue angosce.
“E’
finita, Bonnie” le promise lui “Non devi
più
preoccuparti di Elena, te lo giuro” lasciò che
anche la mano destra si unisse
alla sinistra a stringere la vita della ragazza e la
circondò in un abbraccio
confortante, nascondendo il viso nell’incavo del collo niveo.
Restarono
in silenzio, cullandosi a vicenda e ascoltando i
versi del brano che forse potevano descrivere meglio di tante parole
che cosa
stesse accadendo tra loro.
“Come
puoi dimenticarti di Elena?” gli chiese quasi
impaurita dalla risposta.
“Non
so se la dimenticherò” ammise sinceramente Damon
“Ma
non ho problemi a perderla se significa che potrò tenerti
con me. Posso vivere
senza Elena Gilbert”.
“Nonostante
tutto quello che ti fa sentire?”.
“Mi
sono aperto ad alcune emozioni grazie a lei, ma se devo
fare un paragone, non è niente in confronto a quello che
sento per te” dichiarò
“Ho scelto te,
Bonnie”.
La
ragazza avvertì il suo respiro sulla pelle e
tremò; una
lacrima le segnò il viso. Alzò il capo si spinse
sulle punte per quanto i
tacchi glielo permettessero “Tu mi togli il fiato”
gli sussurrò sulle labbra
senza riuscire a formulare un pensiero più originale
rispetto alla canzone che
stava sfumando sul finale.
Damon
spostò delicatamente la sua mano sulla guancia di
Bonnie e unì le loro labbra, cogliendola di sorpresa.
Nessuno
dei due ci fece caso, ma parecchie teste si erano
voltata verso di loro, incredule.
Fu
il bacio più dolce e sentito che Damon avesse mai dato.
Le loro bocche approfondirono quel contatto e si mossero una
sull’altra
incastrandosi alla perfezione, mordicchiando e sospirando fino a che
non furono
sazie.
“Andiamo
a casa” lo pregò Bonnie, in un’implicita
richiesta.
Damon
la prese per mano e la trascinò fuori. Non guidò
mai
veloce come quella volta e quando furono al Pensionato, fecero giusto
in tempo
a raggiungere il salone.
Si
spogliarono trepidanti e caddero sul tappeto davanti al
fuoco mentre si toglievano gli ultimi indumenti, un po’
goffamente dato che le
loro labbra si erano di nuovo scontrate e si rifiutavano di dividersi.
L’acconciatura
di Bonnie si disfece del tutto, in modo
disordinato; alcune ciocche rimasero intrappolate nella crocchia, altre
scesero
a solleticare il petto del vampiro mentre la strega lo lambiva con
caldi baci.
Le
dita di Damon esploravano il corpo della ragazza ma
avevano perso tutta la brutalità e possessività
di qualche ora prima e la
stavano curando con una devozione mai conosciuta.
Quando
entrò in lei, Bonnie gli graffiò la schiena con
le
unghie, non trovando altro sfogo da quel piacere così
bruciante.
Damon
le afferrò la vita e si piegò a baciarle la linea
della mandibola e su fino all’orecchio. Una spinta
“Ho bisogno di te”. Un’altra
spinta, questa volta più profonda “Mia”.
Ancora una spinta “Sei- solo- mia”.
Bonnie
ebbe la lucidità di invertire le posizioni,
aiutandosi con i suoi Poteri, e gli mise una mano sul bacino tenendolo
fermo e
interrompendo il ritmo “Mio” soffiò.
Il
vampiro mosse i fianchi ma lei lo bloccò ancora “Mio” ripeté con
più forza.
Damon
si portò di nuovo sopra, obbligandola ad alzare le
braccia sopra la testa per guardarla dritta negli occhi lucidi per il
desiderio
“Tuo” si arrese con un sussurro e riprese ad amarla
molto più lentamente,
assaporando ogni fibra di quel corpo sotto di lui.
Ci
fu solo spazio per gemiti, ansiti e suppliche sconnesse.
Un urlo finale di Bonnie, il primo vero grido liberatorio che fosse mai
uscito
dalla sua bocca, squarciò il silenzio, dopodiché
la strega si addormentò
stremata senza preoccuparsi minimamente di essere nuda nel mezzo del
salotto.
Damon la prese tra le braccia e la coccolò, vegliando su di
lei.
Quando
Stefan rientrò in casa, un paio di ore più tardi,
un
ringhio sommesso rimbombando per il Pensionato, gli intimò
di stare alla larga
dal salone.
La
sua presenza era evidentemente non
gradita.
“I think you
know but still I want to say
When we first
kissed I felt it right away
It only took
one touch to know
How very much
you mean to me till eternity
And I know I
will always be your baby until the end of time
All I know I
will always be your baby
And you’ll
always be mine”
(I will always be
your baby- Jenny and the Fentones).
Il
mio spazio:
Lo
so che è un po’ tardi ma volevo davvero aggiornare
questa
sera.
È
il capitolo più lungo che abbia mai scritto e mi scuso se
c’è qualche passo un po’ noioso; questo
ballo è un momento di passaggio molto
importante nella vita di uno studente e volevo dare uno spazietto per
tutti i
personaggi, anche se magari alcune scene potevano essere evitate=)
Ci
ho messo davvero il cuore in questo capitolo e mi sono
impegnata molto per costruire questa dannata dichiarazione.
Forse
non è stata proprio eclatante ma è come me la
sono
immaginata per Damon. Non so quando effettivamente il “ti
amo” arriverà; ora
era troppo presto.
Lui
arranca ancora un po’ con questi sentimenti e ho
impressione che il suo percorso riserverà altre sorprese.
Però
alla fine ha ceduto e sono abbastanza soddisfatta del
momento che hanno condiviso; hanno finalmente ammesso di appartenersi
ed è un
gran punto di partenza.
La
scena in cui ballano insieme è ispirata alla punta 3x19
di Glee (amo alla follia questa serie tv e Rachel Berry è il
mio idolo!), anche
la canzone è la stessa … ok, lo ammetto:
l’ho scoperta guardando proprio quell’episodio!
Un
appunto per Stefan ed Elena: c’è un piccolo
riavvicinamento, ma lui non l’ha ancora perdonata (sono
cattiva e la voglio far
penare).
Mi
sono accorta ora di non aver mai specificato (anche se
l’avrete
capito di sicuro) che Meredith non è una cacciatrice di
vampiri.
Bene
ragazze, questo è l’ultimo capitolo prima della
pausa
estiva e a settembre ritornerò con l’ultima parte
della storia dove si cambierà
decisamente tono: abbiamo un Klaus in arrivo e ancora tantissime cose
da dire
su Damon e Bonnie.
Vi
avviso fin da ora che manca una decina di capitoli alla
fine … lo so, sono ancora molti ma prometto che
farò di tutto per tenere viva l’attenzione.
Vi
ringrazio davvero tantissimo per le risposte che date ad ogni
capitolo che pubblico! Vi sono molto grata che sacrifichiate del tempo
delle
vostre vacanze anche solo per leggere; significa tanto per me!
Ora
per fare il punto della situazione, ci rivediamo a
settembre con:
-
Il
capitolo 33 di
Ashes&Wine
-
Il
capitolo 3 di Crazy
Little Thing Called Love
-
Si
spera con qualche
one-shot che stanziano sul mio pc da tempo e forse è ora di
concluderle e
postarle.
-
E
se tutto va bene,
vorrei riscrivere la prima stagione di Lost. Trovo che la morte di
Boone fosse
un insulto alla serie e mi piacerebbe vedere come sarebbero potute
andare le
cose se gli avessero dato una storia diversa. Probabilmente
sarà un progetto
che non verrà mai alla luce ma volevo condividerlo con voi e
magari sentire
qualche parere!
Bene,
ora vi lascio con un piccolo regalino: se avete del
tempo quest’estate e avete voglia di leggere una storia ben
scritta e
coinvolgente, fate un salto su “The
Guardian” di Emily
Alexandre. E’
ambientata nella Londra moderna, s’ispira ad
“Orgoglio e Pregiudizio” e i due protagonisti
sono due perle rare.
Ora
vi lascio andare per davvero!
Grazie
ancora tantissimo, spero di rivedervi tutti a
settembre!
Buone
vacanze!!!
Un
grosso bacio,
Fran;)
*Nei
balli americani è tradizione che il ragazzo regali un
fiore alla sua dama, di solito da mettere al polso come bracciale.
**
Per il vestito di Bonnie mi sono ispirata a quello
indossato da Charlize Theron ai Golden Globes 2012, con qualche
riadattamento
(la gonna, ad esempio, è lunga senza il fiocco laterale).
***Eco
di una delle battute più famose de “Il
gladiatore”.
****Donovan
è il cognome di Matt nella serie tv.
|
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Capitolo 33 *** Losing what I never found ***
Ashes &Wine
Capitolo trentatré: Losing what I
never
found.
“I shot for the sky
I’m stuck on the ground
So why do I try, I know I’m gonna fall down
I thought I could fly, so why did I drown?
I'll never know why it’s coming down, down, down.
Oh I am going down, down, down
Can’t find another way around
And I don’t want to hear the sound, of losing
what I never found”
(Down-
Jason
Walker).
“Non
andare” fu la richiesta quasi supplichevole del
vampiro.
“Ho
già accettato, non posso disdire adesso” rispose
Bonnie
riponendo con cura un paio di Jeans in una valigia “Si tratta
solo di un
weekend”.
“Datti
malata” le suggerì lui tirando fuori dal bagaglio
ciò
che era appena stato sistemato.
“Ho
voglia di farmi questa vacanza; ho voglia di passare del
tempo con le mie amiche, quindi non inventerò delle scuse
per non andare”.
“Ti
sei già stufata di me?”.
Bonnie
smise di preparare la sua valigia e si girò verso
Damon, fissandolo seriamente “Come potrei?”.
Il
vampiro ghignò, le prese i polsi e, dopo essersi steso
sul letto, la fece sdraiare su di lui. La baciò teneramente,
tenendola ferma
per la nuca.
“Ora
che hai finito la scuola, hai un sacco di tempo libero”
cominciò Damon “Potremmo farci una vacanza io e
te. Ti potrei portare in
Italia, magari a Firenze”.
“Sarebbe
fantastico” mormorò Bonnie mordicchiandosi il
labbro “Però ho passato quattro anni a Firenze, la
conosco come le mie tasche”.
Il
vampiro si corrucciò “Giusto”
asserì “Dove vorresti
andare allora?”.
Bonnie
sorrise imbarazzata e scosse la testa “Non importa”
liquidò “In ogni caso non possiamo lasciare
Fell’s Church. Ricordi? Klaus,
Elena”.
“Fanculo
tutti! Tu dove vorresti andare?” ripeté lui
resolutissimo.
Bonnie
rimase spiazzata dalla risposta. Non sapeva se Damon
si fosse effettivamente dimenticato di Elena (cosa improbabile) ma
sembrava che
avessero chiuso la loro storia in modo definitivo. Il vampiro si
comportava in
modo impeccabile, non parlava più della bionda, non si
nascondeva dalle
occhiate curiose degli altri e soprattutto faceva sempre in modo che
Bonnie si
sentisse come la ragazza più importante della sua vita. L’unica.
La
rossa gli era molto grata, perché finalmente riusciva a
godersi la loro storia senza farsi divorare dalle insicurezze.
Finalmente
poteva affermare che tutte le emozioni che provava, non solo erano
vere, ma
erano anche condivise da Damon.
“Ti
lascio carta bianca per quest’estate” gli concesse
“Ma
voglio andare a New York per Natale”.
“A New York? A
Natale?”.
“Sì,
lo so, è una cosa banalissima ma è uno dei miei
sogni.
Ho girato tutta Europa, ma non ho mai visto niente degli Stati Uniti;
Zach non
ha mai voluto che io tornassi. E New York a Natale deve togliere il
fiato.
Probabilmente ci sarai stato un milione di volte, davvero non ti voglio
essere
di peso però …”.
Damon
la zittì mettendole un dito sulle labbra “Ti porto
dove vuoi, streghetta. Sono stato praticamente in ogni posto su questo
pianeta,
ho già visto tutto. Non m’importa del panorama,
m’importa di stare con te”.
Dov’era
finito Damon Salvatore e chi diamine era costui?
Bonnie
ebbe seri problemi a ritrovare l’uso della parola. Il
cuore le batteva a mille e un bellissimo sorriso le illuminò
il viso che si
colorò di rosa.
Quello
era l’effetto che aveva su di lei il vampiro. E non
si poteva evitarlo.
Damon
si era dedicato totalmente a lei, le aveva donato
piano, piano la sicurezza che le serviva e aveva infine iniziato a
credere nel
futuro del loro rapporto.
Bonnie
era giunta alla conclusione che la vita era
determinata dalle scelte; Damon forse provava ancora dei forti
sentimenti verso
Elena ma aveva scelto di non struggersi più per un amore
senza speranze e di
chiudere quel capitolo. Aveva scelto di aprirsi a tutte le emozioni che
Bonnie
scatenava in lui, emozioni che aveva evitato a lungo perché
vere e
destabilizzanti, troppo belle e positive per qualcuno di
così spietato. Bonnie
gli aveva dimostrato che tutti si meritavano un lieto fine e che una
scelta
giusta poteva rimediare per tante sbagliate.
Damon
aveva scelto Bonnie.
Nessuno
aveva osato chiedere spiegazioni perché la loro
connessione era fin troppo evidente e solo un ottuso avrebbe potuto
negare
l’intesa che li legava.
Bonnie
non sapeva per quanto sarebbe durata; sperava solo
che qualunque cosa il destino avesse deciso per loro, non li avrebbe
separati.
Damon
d’altra parte si era giurato di proteggere non solo la
sua piccola strega ma anche il sentimento che stava crescendo senza
possibilità
di tornare indietro.
Bonnie
era l’unica che gli aveva voluto bene dalla prima
volta in cui i loro sguardi si erano incrociati. Ed era un affetto
sincero,
illimitato, profondo e totale.
Il
vampiro ricambiava in modo quasi viscerale perché stare
lontano da lei era come perdere un po’ di se stesso.
Aveva
trascorso cinquecento anni ad annegare nei piaceri e
nelle proibizioni, ad oltrepassare ogni limite e ad inventare nuove
trasgressioni. E per cinquecento anni era rimasto solo, escluso da ogni
forma
di calore.
Damon
non era degno di Bonnie, del bene che provava per lui,
ma sarebbe stato un pazzo a rifiutarli. Non sarebbe mai diventato
l’uomo
perfetto, l’uomo migliore
ma sarebbe
stato l’uomo giusto per lei. Era una promessa.
L’attirò
a sé e la baciò dolcemente; troppo per i suoi
gusti. Avrebbe voluto divorare quelle labbra così morbide ma
si trattenne: non
voleva dare l’impressione che il suo fosso solo desiderio
fisico.
“Non
c’è proprio niente che possa fare per convincerti
a
rimanere?” le sussurrò esibendo il suo solito
ghigno provocante.
“Con
me non funzionano questi trucchetti, Salvatore” lo
avvisò Bonnie rialzandosi per finire la sua valigia
“Quindi smettila di fare la
voce sexy”.
“Questa
è la mia voce” replicò Damon quasi
offeso “Non è
colpa mia se sono così dannatamente irresistibile in
qualunque cosa che
faccio”.
“Sei
anche dannatamente umile” ironizzò lei.
“E’
per questo che mi ami” scherzò il vampiro
prendendo a
giocherellare con la cerniera del bagaglio.
Era
stata una battuta, una frase fatta, di quelle che si
dicono senza riflettere ma Bonnie per poco non smise di respirare.
Anche
Damon dovette rendersi conto del peso delle sue stesse
parole perché alzò all’improvviso lo
sguardo su Bonnie, un po’ spaesato, in
attesa di una reazione della rossa.
Si
era spinto, involontariamente, troppo in là. Aveva
toccato un argomento davvero delicato e nessuno dei due sapeva gestirlo.
Fu
il cellulare della ragazza a salvarli da quell’imbarazzante
situazione. Bonnie corse a rispondere e Damon, dopo averle accarezzato
una
guancia quasi in segno di scuse, lasciò la camera.
“Seriamente,
non riesci a seminarla?”.
“Elena,
ti prego smettila” la rimproverò Meredith.
“E’
una presenza inquietante” continuò imperterrita la
bionda “Mi sembra di essere sempre sotto
osservazione”.
“Ringrazia
che abbia preso la sua macchina” disse Caroline.
Bonnie
non s’intromise in quel battibecco e si limitò a
sorridere sinceramente divertita. Capiva alla perfezione lo stato
d’animo delle
sue amiche e non poteva biasimare il loro malumore, soprattutto di
Elena.
Qualche
giorno prima, Caroline aveva proposto di organizzare
un weekend per sole ragazze, in nome dei vecchi tempi e per cercare di
alleggerire la tensione.
Alla
fine aveva prenotato in un centro benessere in una
città non molto distante da Fell’s Church ma
quando Damon e Stefan erano venuti
a conoscenza della loro idea, si erano opposti.
Sostenevano
che fosse troppo pericoloso allontanarsi dalla
città senza protezioni, in particolare per Elena.
Nessuno
sapeva se Klaus si sarebbe fatto vivo e nemmeno dove
fosse. Avrebbe potuto piombare su di loro in qualsiasi momento.
Ma
nessuna delle ragazze voleva rinunciare alla tanto
agognata vacanze e alla fine erano scesi tutti ad un compromesso:
Katherine
avrebbe dovuto accompagnarle e proteggerle. Era pur sempre una donna,
perciò
non infrangeva la regola ‘niente uomini’ ed era
anche l’unica che avrebbe
potuto affrontare Klaus in caso di necessità.
Nessuno
era rimasto molto soddisfatto da quella soluzione
(Katherine in primis), ma era l’unica possibile.
Bonnie
non sapeva quanto ci si potesse fidare della vampira
e avrebbe preferito cento volte portarsi dietro Damon;
d’altra parte era giunta
l’ora che Katherine dimostrasse davvero di stare dalla loro
parte e quella era
un’ottima occasione.
La
rossa era migliorata molto e il suo Potere si era
rafforzato in maniera impressionante, tanto da riuscire ad influenzare
volontariamente una mente allenata come quella di Damon, che si
prestava
gentilmente per qualche esperimento. Bonnie era certa di poter tenere a
bada
Katherine se ce ne fosse stato bisogno. Aveva accettato di buon grado
quella
presenza non gradita.
Lo
stesso non si poteva dire per le altre tre, impegnate
ancora a discutere per trovare il modo per sbarazzarsi della vampira.
L’unica
che si era ragionevolmente rassegnata
all’inevitabile era Meredith, che in quel momento stava
guidando.
Caroline
ed Elena progettavano, inutilmente, come due
bambine, un piano per levarsela di torno e si lamentavano.
Il
discorso scottante introdotto da Damon era stato presto
dimenticato dalla rossa; o piuttosto ignorato.
In
realtà nemmeno lei sapeva dare una risposta a quella
questione e aveva preferito accantonarla e far finta di niente, invece
di
tormentarsi inutilmente.
Poteva
prendersi tutto il tempo necessario per capire quanto
fosse profondo il sentimento che nutriva per Damon; per fortuna il
vampiro era
ben riluttante a ricominciare quella conversazione e Bonnie poteva
dirsi libera
da ogni pressione.
“Non
capisco perché non potevamo farci un weekend in santa
pace, da sole”
sibilò Elena, con il
broncio.
“Klaus
potrebbe essere vicino, Elena” le ricordò Meredith
“Neanche a me piace avere Katherine intorno ma abbiamo
bisogno di protezione”.
“In
pratica devi incolpare il tuo maledetto culo che deve
essere sempre salvato” riassunse Caroline con il suo solito
aplomb.
“Non
l’avrei messa in questi termini, ma il concetto è
quello” concordò la mora.
“Però
do ragione alla nostra principessina” disse Caroline
rivolgendosi a Meredith “Se tu riuscissi a seminarla, ce la
potremo togliere
dalle scatole”.
“Stiamo
parlando di una vampira che ha più di cinquecento
anni. Credete davvero che non ci ritroverebbe?” chiese
scettica Meredith “Per
non parlare del suo superudito; probabilmente ha già
ascoltato tutto quello che
abbiamo detto”.
“Trovo
assurdo che Stefan e Damon si siano fidati a
lasciarla venire con noi” si sdegnò la bionda.
“Era
inevitabile” le fece notare Bonnie intromettendosi per
la prima volta nella conversazione “Katherine dal primo
momento in cui ha messo
piedi a Fell’s Church si è presa gioco di noi, ci
ha mentito. È stata lei a
rivelarmi di Zach. Ma ha anche salvato te e Meredith da quei vampiri a
Greensboro e ha aiutato Caroline con i lupi mannari. Fino a che Klaus
non sarà
morto, lei starà dalla nostra parte. Le serviva
un’occasione per dimostrarlo”.
“Ah
fantastico!” esclamò Caroline con finto entusiasmo
“Quindi noi siamo una sorta di esperimento?! Mi sento molto
carne da macello”.
“Katherine
non vi farà niente. Posso tenerla sotto
controllo” assicurò Bonnie.
Le
altre tre si stupirono di quella determinazione, ma non
poterono fare altro che compiacersene: Bonnie stava diventando una
giovane
strega molto potente e sicura delle proprie capacità. Quella
forza d’animo ne
era la prova.
“Va
bene, lasciamo perdere tutti questi pensieri negativi”
propose Caroline “Questo weekend è solo per
rilassarci!”.
“Nonostante
una presenza indesiderata là dietro”
cominciò
Elena alzando volutamente il tono della voce per farsi sentire da
Katherine che
le stava seguendo con la sua macchina “Sono davvero contenta
di essere qua con
voi”.
“Ultimamente
non abbiamo avuto molto tempo per noi” disse
Meredith “Mi siete decisamente mancate”.
“Non
dire bugie” la rimproverò scherzosamente Caroline
“Lo
sappiamo tutte che ne hai approfittato per fare sesso selvaggio con
Alaric!”.
“Care!”
sbottò Bonnie trattenendo una risata.
“Ecco
qua un’altra che fa la finta santarellina”
sbuffò la
ragazza “Chissà come mai non ti si vede in giro
così spesso, eh streghetta?”
la punzecchiò.
Bonnie
arrossì e non rispose. Non voleva cominciare quel
discorso con Elena in macchina; sarebbe stato troppo strano.
“Forse
qui l’unica che si potrebbe lamentare è
Elena”
considerò Caroline che non aveva alcuna intenzione di
chiudere la bocca
“Quand’è che ti decidi a riconquistare
Stefan?”.
“Non
è così facile come sembra”
borbottò la bionda “Non si
fida più di me. Lo capisco … voglio dire, anche
io farei fatica a fidarmi di me
stessa” ammise.
“E’
solamente ferito” la consolò Meredith
“Ha bisogno di
tempo”.
“Posso
aspettarlo quanto desidera” affermò Elena decisa
“Ma
ho paura che non mi perdonerà mai”.
“Lo
ha già fatto” intervenne Bonnie “Vuole
solo essere certo
di non rimanere scottato un’altra volta”.
Elena
la guardò intensamente attraverso lo specchietto
retrovisore, le sorrise dolcemente in un silenzioso ringraziamento.
La
rossa ricambiò il sorriso e pensò che quella
vacanza
sarebbe servita anche a chiarire un po’ di cose. Per colpa di
quell’assurdo
triangolo (o quadrato) che si era venuto a creare, la loro amicizia ne
aveva
sicuramente risentito.
Elena
era stata la prima con cui aveva legato, la prima con
cui aveva avvertito una connessione. Si erano aiutate e capite. Bonnie
non
voleva che ci fosse del disagio. Considerava il rapporto con la bionda
troppo
importante per ignorare le questioni che si erano frapposte tra loro.
Abbandonò
la testa contro il finestrino e chiuse gli occhi.
La scuola era finita e l’estate stava arrivando ma Bonnie si
sentiva ogni
giorno più stanca per via dei continui allenamenti con gli
incantesimi. Presto
cadde in un sonno profondo.
Quando
riaprì gli occhi, l’auto si era appena fermata in
un
grande parcheggio. Le ragazze scesero e, ancora prima di scaricare i
bagagli,
rimasero attonite ad osservare la struttura che si stagliava davanti a
loro.
Molto
moderna, quasi imponente, che stonava con il verde che
la circondava. Il prato attorno perfettamente curato che raggiungeva il
limitare di un giardino molto articolato, a tratti selvaggio; ricordava
un
piccolo bosco.
“Porca
miseria!” proruppe Caroline in un moto di allegria
“Anche la foto del sito era bella ma non credevo così tanto”.
“Volete
darvi una mossa” le riprese Katherine superandole
con la sua valigia sulla spalla, come se non pesasse niente
“Vi comportate come
se non aveste mai visto un albergo di lusso”.
“Visto
sì ma non credevo ci sarei mai entrata”
commentò
Meredith sognante “Caroline quanto ci verrà a
costare questo weekend di relax?”
chiese quando riprese
possesso della sua ragione.
“Niente
di impossibile” assicurò l’altra
“Ho scelto delle
camere standard”.
Alla
reception le attendeva un’altra sorpresa. Caroline ci
rimase davvero di sasso nel momento in cui le fu annunciato che due
suite erano
pronte per loro.
“M-
ma io non ho chiesto delle suite!” obiettò.
“Ho
cambiato io la prenotazione” la informò Katherine
mentre
lanciava il suo trolley praticamente in faccia ad un facchino
“Non ti aspettavi
sul serio che io stessi in qualcosa di standard?”.
Neanche fosse una parolaccia “Una è per me, una
è per voi”.
“Significa
che non starai in stanza con noi?” domandò Elena.
“Sono
venuta qui per proteggervi, non per fare la
babysitter. Non ho intenzione di spendere l’intero weekend
con voi. Sono sicura
che potrete cavarvela per un paio di giorni senza una sorveglianza
costante. Se
vi serve aiuto, avete il mio numero. E per aiuto, intendo circostanze
di vita o morte” detto
ciò sparì
nell’ascensore.
“La
vacanza si prospetta migliore del previsto”
gongolò
Elena alzando le mani al cielo in segno di ringraziamento.
“Non
so come ho fatto a non pensarci” borbottò Caroline
più
a se stessa che alle altre dopo che si furono sistemate nella loro
immensa
camera “Sono un vampiro, ho il Potere di influenzare le
persone. Perché diamine
non ho prenotato una suite fin da subito?”.
“Sei
troppo onesta per questi trucchetti” disse Bonnie.
“O
troppo stupida” aggiunse Meredith a bassa voce pur
sapendo che Caroline l’avrebbe udita comunque. Il ghigno sul
suo viso sparì non
appena la vampira la colpì con un cuscino.
E
lì si scatenò una guerra.
Damon
Salvatore fece il suo ingresso al Grill che il sole
era già calato da un pezzo. Bonnie era da qualche parte a
divertirsi con le sue
amiche, tanto voleva anche lui si divertisse con il suo unico amico.
Prima
di raggiungere il balcone, si concesse qualche minuto
per dare un’occhiata in giro. Era da parecchio che non
metteva piede in quel
locale.
Non
si stupì di beccare molte donne con gli occhi puntati su
di lui, quello ormai era diventato un rito, ma gelò quando
incontrò lo sguardo
minaccioso di Liz Forbes.
Nonostante
gli avesse risparmiato la vita, grazie a
Caroline, non lo aveva ancora perdonato per averla ingannata,
intrufolandosi
nel Consiglio e spacciandosi per un semplice umano in modo da poter
carpire
informazioni utili.
Il
che costituiva davvero una seccatura perché Liz non solo
era un membro del Consiglio, non solo faceva parte delle famiglie
fondatrici,
ma era pure lo sceriffo della città. Avrebbe potuto
smascherarlo in qualsiasi
momento.
La
soluzione migliore sarebbe stata quella di toglierla
dalla circolazione per sempre ma l’idea non aveva mai
allettato Damon.
Il
vampiro considerava quella donna un’alleata,
un’amica e
sebbene tutto fosse nato come una bugia, alla fine si era trasformato
in
qualcosa di reale. Avrebbe sul serio fatto di tutto per aiutarla.
Inoltre
era la madre di Caroline e nemmeno lui poteva essere
così crudele da procurare un dolore così grande a
quella ragazza; almeno non
più.
L’aveva
fatta soffrire oltre ogni misura soggiogandola e
usandola; e benché non se ne pentisse del tutto, cercava di
non ferirla più del
dovuto.
Si
avvicinò al bancone; Alaric era già seduto su uno
sgabello e si rigirava fra le mani un bicchiere di liquore.
“Per
essere uno che ha la super velocità, ce ne hai messo di
tempo per arrivare” lo apostrofò un po’
seccato.
“E’
il bello dell’immortalità: posso sprecare tutto il
tempo
che voglio” rispose Damon, poi chiamò la cameriera
e ordinò da bere.
“Hai
sentito Meredith?” chiese.
“Mi
ha chiamato quando è arrivata. Pare che Katherine abbia
prenotato delle suite e che se ne sia presa una tutta per
sé”.
“Quella
sgualdrina viziata” commentò il vampiro bevendo un
sorso “Avrei fatto esattamente la stessa cosa” e
ghignò.
“Comunque
se era un modo per avere notizie di Bonnie, puoi
sempre alzare il telefono e chiamarla”.
“Come
sai che non l’ho già fatto?”.
“Non
ti crederei; altrimenti non mi avresti mai invitato a
bere”.
“T’invito
sempre a bere” precisò Damon “Dato che
quelle
quattro si sono levate dai piedi, ho colto l’occasione al
volo. Almeno la tua
ragazza non mi maledirà per averti strappato dal vostro
letto”.
“Un’altra
battuta su me e Meredith a letto e me ne vado” lo
avvisò Alaric “Davvero non capisco
perché non riesci a comportarti come una
persona normale. Che cosa c’è di male nel
chiamarla? Non sminuirà certo la tua
virilità vampiresca”.
“Non
mi comporto come una persona normale perché sono un
vampiro e non faccio le cosa da fidanzatini
normali. E poi neanche lei ha chiamato; evidentemente non le
interessa
farmi sapere come sta”.
Alaric
si girò verso di lui come se fosse stato colpito
improvvisamente da un’illuminazione “E’
questo il problema dunque? Bonnie
sembra non sentire la tua mancanza e a te dà
fastidio!”.
“Chi
ti dice che non le manco? Probabilmente starà cercando
una scusa per tornare dritta da me”.
“Però
non ti ha chiamato” gli contestò Alaric
“E tu sei
troppo orgoglioso per fare il primo passo. Sei sempre così
maturo, Damon” lo
prese in giro.
“Pensala
come vuoi” borbottò questi soffocando il suo
disappunto nel liquore.
Alaric
scoppiò a ridere e gli batté una pacca sulla
spalla
quasi con pietà “Giuro, non credevo che questo
momento sarebbe mai arrivato”.
“Quale
momento?”.
“Quello
in cui ti avrei dovuto consolare per le tue pene
amorose. Ti stai rammollendo, Salvatore”.
Damon
si accigliò e trattenne l’istinto di piantargli i
canini nel collo. Continuò a sorseggiare il suo liquore in
silenzio.
Alaric
aveva ragione: per quanto avesse sofferto per Elena,
non ne aveva mai fatto parola con nessuno; forse perché il
loro rapporto non
era nemmeno reale, per cui sarebbe stato inutile anche solo
incominciare il
discorso.
Di
certo non si era mai lamentato di cose così futili come
una telefonata mancata. Bonnie a volte era in grado di trasformarlo nel
più
sciocco degli umani. Era una cosa che lui odiava e amava nello stesso
tempo.
“Non
è un peccato essere insicuri, Damon. Ti rende solo un
po’ più vulnerabile, ma Bonnie non ne
approfitterebbe mai”.
“Non
sono insicuro” obiettò l’altro
“E’ che non sono
abituato a dipendere da qualcuno” chiarì.
“Fattene
una ragione. È così che succede quando decidi di
condividere la vita con qualcun altro” gli svelò
Alaric “Anche con Elena
sarebbe successa la stessa cosa”.
“Non
mi sono mai posto il problema con lei, non è mai stato
vero”.
“Posso
solo dire di essere contento che questa tua stupida
ossessione sia finita perché portava solo danno”
ammise Alaric “Perché l’ha
dimenticata, giusto?”.
“Forse
non l’ho dimenticata del tutto, ma non
mi manca. Ho scelto di andare
avanti e sto dannatamente bene”.
“E
se lei dovesse tornare?”.
“Ama
Stefan, non cambierà idea”.
“Ma
se dovesse?”.
“Come
hai gentilmente sottolineato tu prima: ora sono
dipendente da un’altra ragazza e a né a me
né a Bonnie piace condividere”.
Per
Alaric quella risposta fu più che sufficiente;
sbatté il
bicchiere sul bancone e guardò il suo amico seriamente
“Allora prendi quel
cazzo di cellulare e chiamala!”.
Lo
lasciò lì da solo e Damon si ritrovò a
fissare attonito
lo sgabello vuoto accanto a lui. La sua era una questione di principio
davvero
stupida. Probabilmente Bonnie non lo aveva chiamato per timore di
disturbalo e
perché pensava che non gli importasse.
La
strega non lo avrebbe mai lasciato sulle spine di
proposito, non gli avrebbe mai fatto un dispetto.
Damon
si rese conto ancora una volta di essere il
responsabile: come poteva Bonnie sapere che lui fremeva di avere sue
notizie
quando non era nemmeno certa se le regole base di un rapporto normale
funzionassero
anche tra loro?
Il
vampiro si diede del paranoico: girava sulla terra da
cinque secoli e aveva paura di fare una chiamata solo per orgoglio?
Non
era più un ragazzino, anche se quella situazione era
totalmente nuova; ma non poteva continuare a vivere come aveva sempre
fatto,
ora non si trattava più solo di se stesso, doveva prendersi
cura anche di qualcun
altro.
Tirò
il cellulare fuori dalla tasca e digitò il numero di
Bonnie ma prima di poter premere il tasto, una chiamata in arrivo
illuminò il
display. Era Stefan. Qualcosa era andato storto; se lo sentiva.
Damon
volò fuori dal locale ancora prima di rispondere.
“Lasciatemi
morire qui” esalò Caroline sprofondando nella
piscina con l’idromassaggio “Venire qui
è stata l’idea migliore che potessi
avere”.
“Potremmo
sempre rimanere per tutta la vita” suggerì Bonnie
“Tanto la scuola è finita; e se proprio dobbiamo
nasconderci da Klaus, questa
SPA mi sembra un’ottima soluzione”.
“Non
parliamo di Klaus, per favore” le pregò Elena
“Mi sento
già abbastanza in colpa per tutto; almeno per questo weekend
fingiamo che vada
tutto alla grande”.
“Infatti
sta andando tutto alla grande” ribadì Caroline
“Siamo in un bellissimo centro benessere, abbiamo una suite a
nostra
disposizione, non c’è nemmeno un ragazzo in giro
ad incasinarci la vita e la
nostra bodyguard sembra decisa a non romperci le palle più
del dovuto. Io la
prendo come una conquista!”.
“Come
vi ho già detto prima, trovo che sia una conquista il
fatto che siamo qui tutte e quattro assieme; che sia un hotel di lusso
o una
bettola poco m’importa” ammise Meredith.
“Indubbiamente
anche io sono felice di stare con voi”
aggiunse Caroline “Ma non mi lamento di essere in un albergo
di lusso invece
della bettola”.
“Nemmeno
io” concordarono Elena e Bonnie all’unisono.
“Siete
delle insensibili materialiste!” le accusò
Meredith
scherzosamente schizzando le altre tre.
“Ma
smettila!” la zittì Caroline saltando su di lei
per
tirarla sott’acqua. Come era accaduto alla mattina con i
cuscini, impazzò una
lotta di schizzi.
A
turno qualcuna veniva mezza affogata e riemergeva addosso
a qualcun’altra. L’acqua cominciò a
fuoriuscire dalla piccola piscina e la
schiuma aumentò a dismisura. Solo quando si ritrovarono
praticamente senza
fiato, chiamarono una tregua e si adagiarono addosso ai bordi stremate.
“Non
ho più il fisico per fare cose del genere”
boccheggiò
Meredith mettendosi una mano sul petto.
“Hai
cominciato tu!” le rinfacciò Caroline,
l’unica che non
sembrava provata dopo quella battaglia di gavettoni.
“Parlando
di cose importanti” cominciò Elena mentre si
strizzava i capelli “Dobbiamo prenotare il tavolo per la
cena?”.
“Ragazze
abbiamo una suite” disse Meredith “Possiamo anche
permetterci il servizio in camera, no?”.
“Sulez
finalmente stai diventando una ragazza
irresponsabile!” esultò Caroline.
“Dico
solo che preferirei gustarmi la mia cena sul letto, in
accappatoio, piuttosto che prepararmi per scendere in sala”.
“Mi
trovi d’accordo” la spalleggiò Bonnie
“E’ un weekend tra
ragazze, quindi dobbiamo fare anche una serata tra ragazze”.
“Mi
piace l’idea; ho voglia di mettermi in pigiama e
stendermi sul letto” disse Elena “Credo che
comincerò andare in camera e farmi
la doccia. Anzi no! Mi preparerò un bel bagno”.
Caroline
ridacchiò “Esci da una vasca per entrare in
un’altra vasca” considerò
“Aspettami, ti accompagno. Mi raggrinzendo a furia di
stare nell’acqua”.
“Vedete
di farvi la doccia! Non ho voglia di aspettare
quando salirò!” intimò Meredith.
“Agli
ordini generale Sulez!” scherzò Caroline e
seguì
l’amica fino agli ascensori, dopo aver indossato
l’accappatoio.
Era
felice, quasi raggiante. Per la prima volta da quando
era stata trasformata in vampira, si sentiva normale, ordinaria.
Quella
piccola gita tra amiche era stata un vero toccasana.
Lontana da Fell’s Church, Caroline poteva essere chiunque,
poteva fuggire dai
pericoli, dimenticarsi perfino di non appartenere più ai
mortali.
Non
aveva mai rinunciato alla sua umanità, ma a casa
c’era
sempre qualcosa a ricordarle che era diventata una sorta di mostro, che
le
sarebbe bastata una semplice spinta per spegnere ogni emozione e
trasformarsi
in un essere spietato senza cuore. A Fell’s Church il
soprannaturale alloggiava
in ogni angolo.
In
quell’albergo, invece, a pochi chilometri dalla sua
città
natale, Caroline si sentiva come rinata, merito anche della
spensieratezza
delle sua amiche.
Tutte
loro aveva bisogno di una vacanza, di staccare dal
mondo.
Il
loro non era uno stress da liceali, non si preoccupavano
semplicemente per il college o per la fine delle superiori. La
situazione era
ben più seria: dovevano occuparsi della sicurezza delle
proprie famiglie e cercare
di non farsi uccidere. I loro guai
erano ben più gravi di quelli delle loro coetanee.
Caroline
sapeva di non potersi sottrarre a quel destino, ma
una pausa ogni tanto le serviva per non impazzire.
Non
appena chiusero la porta della suite, la vampira sentì
il suo cellulare suonare. Rovistò nella borsa e
corrugò la fronte leggendo il
nome sulle schermo.
“E’
Stefan” disse ad Elena.
Il
viso della bionda si scurì e abbandonò la sala
dirigendosi in bagno.
Caroline
sospirò, intuendo di averla tubata e rispose “Ehi,
Stef”.
“Grazie
al Cielo, Care!” inveì lui “Ho provato a
chiamare
Bonnie ma non mi rispondeva. Cominciavo a preoccuparmi”.
“Eravamo
al centro benessere, abbiamo lasciato in camera i
cellulari”.
“Come
procede? Va tutto bene?”.
“A
meraviglia” confermò Caroline “La
stronzetta ha cambiato
prenotazione: ora abbiamo due suite. Una se l’è
presa lei, ma noi possiamo
benissimo adattarci” sminuì con falsa modestia.
“Katherine
si sta comportando bene?”.
“Direi
di sì. È da stamattina che non si fa vedere e
… scusa
un secondo, Stefan, hanno bussato alla porta”.
Il
sorriso le morì sulle labbra alla vista della suddetta
vampira “Parli del diavolo” sibilò.
“Sono
qui per la sessione di allenamenti con Elena” la
informò la bionda entrando in camera senza aspettare il
permesso.
“Mi
sembrava troppo bello per essere vero” commentò
Caroline
acidamente, poi riportò l’attenzione su Stefan
“Ora devo andare; devo
controllare che queste due non si uccidano a vicenda”.
Il
vampiro dall’altra parte del telefono ridacchiò ma
non
ebbe tempo di rispondere perché sentì Katherine
aggiungere “Non abbiamo bisogno
della babysitter. So comportami bene”.
“In
un’altra galassia, forse” sbuffò
Caroline “Non ti
lascerò sola con Elena” poi le diede le spalle e
si accinse a salutare Stefan.
“Questa
cosa avrebbe potuto andare diversamente” mormorò
Katherine e con uno scatto repentino spezzò il collo
all’altra vampira che
cadde a terra con un tonfo sordo. Il telefono, con la comunicazione
ancora
aperta, le scivolò dalle mani.
Katherine
lo raccolse “Scusa, Stefan. Niente di personale” e
riattaccò prima che il ragazzo potesse parlare.
La
vampira si diresse a colpo sicuro in bagno. Elena, pur
conscia di ciò che stava accadendo, non poté fare
altro che lasciarsi
trascinare fuori.
“E’
ora di mettere fine a questa storia, mia piccola sosia”
ghignò malignamente Katherine e la obbligò ad
uscire dalla suite. La prese per
le braccia e la spinse verso gli ascensori. La ragazza si
dibatté e cercò di
scappare senza successo.
“Se
ti muovi ancora ti spacco un polso” le intimò
Katherine.
“Non
m’interessa” la sfidò Elena con
spavalderia.
“Allora
mettiamola così: se non farai la brava, ucciderò
tutte le persone che incontreremo nel tragitto. Intese?”.
Elena
fu costretta a seguire i suoi ordini sotto il peso di
quella minaccia. Scesero nella hall, comportandosi entrambe con
disinvoltura
per non destare sospetti e uscirono nell’immenso giardino.
Elena
sbiancò quando
Katherine cambiò bruscamente direzione, verso il piccolo
bosco. La ragazza capì
di essere spacciata.
Non
sapeva se la vampira stesse agendo di sua iniziativa o
per conto di qualcuno, forse proprio di Klaus; sapeva solo che in
ciascuna
delle ipotesi lei avrebbe fatto una bruttissima fine.
Era
contenta che le sue amiche fossero al sicuro; certamente
Caroline si sarebbe risvegliata con un dolore atroce al collo ma nulla
di più.
Continuò
a procedere con passo incerto, spaventata a morte.
Non era pronta per affrontare niente di tutto quello che la vampira
aveva in
serbo per lei, ma si fece forza e pensò che avrebbe
preferito cento volte morire
da sola piuttosto che mettere in pericolo qualcuno dei suoi cari.
Quando
furono abbastanza lontane dall’albergo, Katherine
spintonò la sua doppelgaenger che rovinò sul
terreno.
Elena
si sbucciò i palmi delle mani e rimase ferma, a
quattro zampe, a testa bassa, umiliata e impaurita, totalmente inerme e
alla
mercé di quella pazza.
“Per
chi lo stai facendo?” ebbe il coraggio di chiedere
cercando in tutti i modi di non far traballare la voce “Per
Klaus?”.
Katherine
sbuffò divertita “Pensi sempre di essere al centro
del mondo” la derise.
Elena
si girò finalmente verso di lei corrugando la fronte;
non capiva il significato di quella frase ma non osò
controbattere.
“Klaus
o non Klaus, stasera sarò io a porre fine alla tua
miserabile vita”.
“E’
sempre stato questo il tuo obiettivo, vero? Hai
aspettato tutti questi mesi solo per uccidermi?!” le
domandò in tono
provocatorio e al contempo incredulo.
“Sì
e no” rispose quella piegando la testa prima da un lato
e poi da un altro “Diciamo che sono stata costretta. Non sai
quante volete
avrei voluto staccarti quella testolina così uguale alla mia
ma non potevo …
non era ancora il momento. È stato così
frustrante!” trillò con un lampo di
follia negli occhi.
“Non
avremmo dovuto fidarci di te”.
“E’
saltato fuori che avevi ragione! I Salvatore avrebbero
fatto bene a darti retta” asserì Katherine
“Ti svelo un segreto: non vi
avrebbero mai mandate qui da sole con mia in condizioni normali.
Diciamo che
sono diventata piuttosto brava a condizionare la mente dei
vampiri”.
Elena
spalancò gli occhi “I vampiri non possono
influenzare
altri vampiri”.
“Ma
sentila! Ora sei un’esperta?” esclamò
Katherine un po’
scettica “Comunque no, non li ho influenzati. Ho
semplicemente offuscato la
loro mente e la loro capacità di giudizio; esattamente come
ho fatto quando li
ho attirati a Fell’s Church*”.
“Attirati?”.
“Non
penserai che sia stata solo una coincidenza? Con tutte
le città degli Stati Uniti, i fratelli Salvatore capitano così per
caso,
proprio nell’unico paese in cui abita la sosia del loro amore
perduto? Non
siamo mica in Twilight! Questa è la vita reale:
c’è sempre una ragione
sottesa”.
“I
loro discendenti abitano qui da secoli … loro
…”.
“Erano
anni che non tornavano a Fell’s Church, da quando la
piccola Bonnie è sparita in Italia. Stefan faceva qualche
sporadica visita,
Damon nemmeno quella. Sono stata io ad indurli a tornare e a
trattenersi in
giro, perché ti vedessero” spiegò la
vampira “Da lì il gioco è stato facile:
Stefan si è invaghito di te e Damon è rimasto per
rendergli la vita
impossibile. L’imprevisto è stato che entrambi si
sono innamorati di te”.
“Quindi
uccidi me per punire loro?” continuò Elena.
“Per
quello; e anche perché non sopporto che in giro ci sia
qualcuno d’identico a me”.
“Non
pensi a Klaus, Katherine?” la bionda cercò di
guadagnare tempo e di convincerla a lasciarla in vita “Si
arrabbierà parecchio
quando scoprirà che mi hai uccisa … ti
darà la caccia”.
“Klaus
non se ne fa niente di te, tesoro” le rivelò
l’altra
“Era solo una scusa per inserirmi nel gruppo e conquistarmi
la vostra fiducia”.
Elena
si sentì improvvisamente davvero una stupida. Come
avevano potuto credere che quella storia fosse vera? Katherine era
evidentemente una bugiarda, un’attrice, eppure ci erano
cascati al primo colpo.
Una
cosa, però, non le era chiara “Perché
non mi hai uccisa
subito? Perché hai aspettato così
tanto?”.
“All’inizio
il mio piano era solo quello di farli impazzire
lentamente, poi hanno iniziato ad innamorarsi di te e ho deciso che
dovevano
essere puniti. Ho semplicemente pensato che più tempo fosse
passato, più
avrebbe fatto male”.
Elena
non si bevve una sola parola. Stefan e Damon si erano
innamorati di lei molto tempo prima e la vendetta di Katherine avrebbe
sortito
lo stesso effetto lacerante. Senza contare che Damon era ormai ben
lontano da
quei giorni in cui avrebbe dato tutto per salvarla. Qualcosa non
quadrava, ma
la ragazza sapeva che Katherine non le avrebbe mai dato una risposta
soddisfacente.
“Li
odi davvero così tanto?” le domandò
invece “Ti sei finta
morta per cinquecento anni e ti sorprendi perché alla fine
ti hanno
dimenticata?”.
“Ho
inscenato il mio suicidio per loro, perché ritornassero
ad essere fratelli. E loro si sono uccisi,
hanno sprecato il mio dono! E per tutto questo tempo non hanno fatto
altro che
detestarsi! Li ho persi nel momento in cui le spade si sono conficcati
nelle
loro pelli. Ora devono soffrire quanto ho sofferto io”.
“Li
hai persi nel momento in cui non hai saputo scegliere.
Forse se fossi stata meno egoista, le cose sarebbero andate
diversamente” le
fece notare Elena con una punta di amarezza nella voce.
“Tu
non hai fatto diversamente, principessina viziata”.
“Io
ho scelto Stefan”.
“Anche
io; solo che ci ho messo qualche secolo per capirlo”
disse Katherine con fare da finta innocente “Vedi Elena,
l’unica differenza tra
me e te è Bonnie. L’unico motivo per cui non si
sono ammazzati a vicenda è che
quella piccola peste rossa li ha tenuti uniti. È grazie a
Bonnie che Damon ha
capito quanto tu non valessi niente in realtà”.
La
ragazza trattenne il respiro, realizzando solo in quel
momento di non essere l’unica in pericolo. Sperò
con tutto il cuore che Bonnie
e Meredith avessero già trovato Caroline e che fosse
scappate lontano da quel
posto.
“Anche
la streghetta pagherà” Katherine
confermò le sue
paura “Ma adesso io mi devo occupare di te” la
prese con forza da terra e la
sbatté contro un albero.
“Esprimi
il tuo ultimo desiderio, Elena Gilbert” dopodiché
affondò i canini nel suo collo. Il male arrivò
seguito da un urlo disperato.
“Tra
un po’ diventerò una prugna”
constatò Bonnie
guardandosi le mani.
“Sei
a mollo da più di un’ora, non
stupirtene” le disse
Meredith, stesa sul bordo della vasca a godersi quell’attimo
di pace.
“Forse
dovremmo ritornare in camera; si sta facendo tardi”
suggerì la rossa.
Meredith
l’aiutò ad uscire dalla piscina “Giuro
che se
quelle due non si sono ancora fatte la doccia, le ammaz-” si
guardò intorno
crucciata “Deve essere davvero tardi, non
c’è più nessuno in giro”.
Lo
sguardo di Bonnie fece una veloce ricognizione del grande
spazio intorno a loro, occupato da un susseguirsi di piscine.
Totalmente vuoto.
L’unico
rumore che spezzava il silenzio era il borbottare
delle ultime bolle dell’idromassaggio.
Senza
dire una parola, le due ragazze si diressero negli
spogliatoi per recuperare un paio di accappatoi. Se possibile, i
camerini
risultarono ancora più inquietanti. Bonnie non ci aveva mai
fatto caso, ma
quella luce da obitorio gettava ombre angoscianti sulle pareti dai
colori
freddi.
Gli
spogliatoi erano uno di quel luoghi che di notte
cambiavano totalmente aspetto, al limite dello spettrale.
Nei
film horror succedeva sempre qualcosa di brutto quando
ci si trovava da soli nelle docce o negli spogliatoi. Improvvisamente
un’orrenda sensazione d’impadronì di
lei. Meredith dovette notare la sua
espressione preoccupata perché le strinse un bracco per
attira la sua
attenzione e chiederle che cosa stesse accadendo.
Cominciava
a sospettare che ci fosse qualcosa di strano
nell’aria. C’era una quiete surreale e
l’eco dei loro stessi movimenti sembrava
soffocante.
Ormai
doveva essere quasi ora di cena per cui tutti
probabilmente o si trovavano già in sala da pranzo o si
stavano preparando in
camera.
Eppure
Meredith trovava assurdo non si udisse nemmeno una
voce o il più piccolo suono. Sembrava che qualcuno avesse
imposto il silenzio
assoluto.
Il
turbamento nell’animo delle due giovani crebbe sempre di
più e si affrettarono ad aprire l’armadietto in
cui erano riposti i loro
accappatoi.
La
luce si spense.
“Non
mi piace, Bonnie, non mi piace per niente”
sussurrò
Meredith che richiuse con uno scatto l’anta senza prendere
nemmeno ciò che le
serviva “Andiamocene”.
Bonnie
avrebbe tanto voluto seguire quel consiglio, ma era
letteralmente paralizzata dal timore.
Fu
in quel momento che percepì un’aura nera, fredda e
maligna. Non ne aveva mai sentito di quel genere; non a Greensboro
nella
colonia di vampiri, né quando Christopher aveva cercato di
rapirla. Nemmeno
Damon nei suoi momenti di ira incontrollabile rasentava quei livelli di
mostruosità.
Una
paura primordiale la colse e la scosse fino alle ossa,
mentre un unico impulso continuava a martellarle nella testa
“Corri, Mere,
CORRI”. La spinse nel buio, confidando solo nella tenue luce
che filtrava dalle
finestre strette e poste in alto contro le pareti.
Bonnie
non era mai stata un’amante
dell’attività fisica, men
che meno della corsa, ma in quel momento le parve quasi di mettere le
ali tanto
era terrorizzata. Meredith procedeva spedita davanti a lei e quando
raggiunse
la porta che dai camerini dava direttamente agli ascensori, la
aprì con tanta
di quella forza che sarebbe riuscita a staccarla dai cardini.
Non
poterono oltrepassare la soglia: il passaggio era bloccato
da una figura parzialmente nascosta nell’ombra.
Bastarono
davvero pochi secondi perché le due giovani
facessero dietro front, scappando nella direzione opposta.
C’era
un’altra porta che collegava le docce alle piscine;
entrambe le ragazze avevano l’impressione che si sarebbero
infilate in un
vicolo cieco ma non avevano molta altra scelta. Meredith era totalmente
impotente e Bonnie, l’unica che effettivamente avrebbe potuto
fare qualcosa,
era entrata nel panico più totale.
Non
aveva mai avvertito un’aura così agghiacciante,
non si
era mai sentita così atterrita in vita sua. Il suo cervello
era governato dal
caos, nemmeno riusciva a ricordare gli incantesimi più
semplici.
Doveva
darsi una calmata, doveva recuperare l’autocontrollo
e trovare una via d’uscita. Anche Meredith era coinvolta e
lei non poteva
permettere che le venisse fatto del male.
Meredith.
Non
sentiva più i suoi passi seguirla. Si voltò da
tutte le
parti e non vide altro che buio. Aveva corso talmente velocemente che
neanche
si era accorta di essere arrivata nello spazio delle piscine e della
sua amica
non vi era traccia.
“Meredith”
la chiamò dapprima a bassa voce poi alzando
sempre più il tono, quasi istericamente. Non si curava di
non farsi scoprire.
Chi le inseguiva era certamente un essere soprannaturale che
probabilmente si
stava godendo la scena pronto all’agguato in qualche angolo.
Non c’era modo di
trovare un rifugio.
E
Bonnie restò ferma. Ogni sua mossa sarebbe stata
intercettata; era in trappola. Sperò che Meredith si fosse
nascosta da qualche
o che avesse raggiunto gli ascensori.
Si
sentiva come in quegli incubi in cui le porte che
chiudeva a chiave si aprivano lo stesso, in cui voleva correre ma le
sue gambe
sembravano intorpidite, in cui cercava di urlare senza che la voce
uscisse
dalla sua gola.
Odiava
quel silenzio così opprimente e quel buio che le
infastidiva gli occhi, le impediva la vista.
All’improvviso
quell’aura si fece sempre più vicino,
più
nitida e Bonnie non resse più la tensione e mosse qualche
passo in direzione
della luce proveniente dal corridoio alla fine dell’immensa
sala.
Un’ondata
di Potere la travolse e lei volò in piscina.
“Caroline”
bisbigliò una
voce “Caroline”. La vampira aprì
lentamente gli occhi e osservò confusa le due
figure davanti a lei.
Ci
impiegò qualche
secondo per realizzare dove fosse e soprattutto cosa fosse successo.
Scattò
seduta mettendosi una mano sulla bocca “O mio Dio, Elena!
Dov’è? L’avete
trovata?”.
Stefan
l’aiutò ad alzarsi
e scosse la testa “No, Care, devi dirci cosa ha fatto
Katherine”.
“Non
lo so; voleva
rimanere sola con Elena e poi mi …”.
“Sì,
la sappiamo la
storia” la interruppe Damon immaginando come fossero andati
gli eventi
“Meredith e Bonnie, dove sono?”.
“Ancora
al centro
benessere credo; noi siamo salite prima”.
“Katherine
potrebbe
essere ovunque con Elena, non le troveremo mai”
mormorò Stefan mortificato
guardando fuori dalla finestra “Potrebbero ess- …
Damon!” esclamò “Il bosco, se
fossero nel …”.
Non
concluse nemmeno la
frase che suo fratello era già sparito oltre la porta.
Stefan si rivolse a
Caroline, ordinandole di trovare Bonnie e Meredith e di rimanere in
albergo
finché loro non fossero tornati.
La
scena poi cambiò velocemente.
Un
uomo, voltato di
spalle, teneva la mano stretta attorno al collo di Meredith.
L’aveva sollevata
contro ad un muro. La ragazza annaspava e cercava in tutti i modi di
liberarsi,
graffiava con le unghie le dita che la stavano strangolando.
“Credevi
di potermi
scappare?” sibilò l’uomo
“Credevi di poter avvertire gli amici della tua
piccola gang?”.
“N-
non res- spiro”
ansimò Meredith.
“E’
proprio questo
l’obiettivo” rispose quello crudelmente; poi senza
preavviso girò con uno
scatto la mano e le spezzò il collo**.
Bonnie
rinvenne con un grido ma la sua voce risuonò
soffocata. Una mano era sulla sua bocca per impedirle di fare rumore.
Fu
presa un’altra volta dal panico e iniziò a
dimenarsi e a respirare
ansiosamente con il naso; il cuore a mille non giovò alla
situazione.
“Se
ti agiti avrai ancora meno fiato” le venne intimato. La
mano premette maggiormente sulle sue labbra, mentre l’altra
serpeggiò attorno
alla sua vita bloccandole ogni movimento delle braccia.
“La
tua amica sta bene” le soffiò un respiro caldo
nell’orecchio “Ma se proverai a ribellarti,
sarà esattamente la fine che farà”.
Bonnie
era fradicia, coperta solo dal costume stava gelando
e tremava, per il freddo o per la paura, forse per entrambi. Chiuse
lentamente
gli occhi, ispirando profondamente.
Che
ne sarebbe stato di lei?
“Sembra
che nessuno verrà a salvarti questa volta, sono
tutti presi da Elena” continuò quella voce dietro
di lei “Non c’è più nessun
posto in cui la tua mamma ti possa nascondere, non
c’è più neppure la tua
mamma. Questa volta sei mia”.
Bonnie
sentì come se il mondo fosse sparito da sotto i suoi
piedi. Non aveva mai pensato che prima o poi l’avrebbe
davvero trovata, non
l’aveva neanche mai presa come possibilità reale.
Forse perché in un modo o
nell’altra era sempre stata al sicuro, protetta. In quel
momento era sola.
Faceva perfino fatica a formulare un pensiero coerente.
Avrebbe
voluto solamente raggomitolarsi per terra, chiudere
gli occhi e tapparsi le orecchie. Avrebbe voluto che qualcuno la
stringesse e
le dicesse che sarebbe andato tutto bene.
Perché
non c’era nessuno
ad aiutarla? Perché l’avevano abbandonata?
“Ora
ti dico come faremo” disse il vampiro “Usciremo da
quella porta, da questo hotel e tu non proverai a chiamare aiuto, te ne
starai
attaccata a me. Quando saremo fuori, ti porterò via e tu ti
dovrai dimenticare
della tua vecchia vita, perché non la riavrai mai
più indietro”.
Bonnie
deglutì per ricacciare giù il magone che le era
salito fino in gola. Era incredula, spaesata. Come se
quell’incubo non stesse
veramente accadendo.
L’uomo
le diede uno strattone per ottenere una risposta e
Bonnie si rese per la prima volta conto che i suoi vestiti erano
bagnati,
grondanti d’acqua. Probabilmente si era buttato nella piscina
per recuperarla.
La
strega si ricordò di un incantesimo che le aveva
insegnato la signora Flowers, molto semplice, che non richiedeva un
gran spreco
di energie.
Era
l’unica cosa che le fosse venuta in mente, l’unica
chance che aveva di cavarsela. Non aveva né la forza
né il tempo di ideare un
piano più complesso.
Doveva,
però, trovare il modo di staccarsi dal corpo del
vampiro. Lui la spinse leggermente avanti obbligandola a spostarsi
verso la
porta.
Bonnie
raccolse tutto il suo Potere, facendo di tutto per
tenere a bada il panico, e si concentrò per indirizzarlo
contro al vampiro.
Funzionò:
lui venne sbalzato indietro e Bonnie scattò in
avanti. Si voltò e si focalizzò
sull’immagine di un incendio, proprio come le
aveva spiegato la signora Flowers. Subito il corpo del vampiro prese
fuoco.
Bonnie
non rimase un attimo di più. Si mise a correre verso
la porta, più veloce che poté. Pregò
che le fiamme lo distraessero almeno il
tempo di raggiungere gli ascensori. Sapeva di non averlo ucciso, la sua
aura
era troppo potente; non era un vampiro comune.
La
ragazza cominciò a premere con insistenza il pulsante per
chiamare l’ascensore. Il tempo sembrava scorrere a
rallentatore e lei non
resistette. Scelse le scale e fece i gradini due a due.
“Bonnie!”.
La
rossa arrivò in cima e udì qualcuno chiamarla per
nome.
Vide Meredith e Caroline andarle in contro. Si buttò fra le
loro braccia e
scoppiò a piangere, finalmente libera di sfogarsi,
finalmente al sicuro.
“Stai
bene?” si accertò apprensiva Caroline
“Che ti è
successo? Bon-”.
“E’
stato orribile” gemette Bonnie “Credevo che non vi
avrei
riviste mai più” singhiozzò
“Meredith, sei sparita, avevo paura che … che
…”.
“Sono
corsa a cercare aiuto. Mi dispiace di averti lasciato
da sola ma non sapevo che altro fare. Ho incontrato Caroline; abbiamo
fatto il
più in fretta possibile”.
“E-
elena?” domandò la strega.
Caroline
e Meredith si scambiarono un’occhiata preoccupata
“Katherine l’ha portata via. Stefan e Damon sono
andati a cercarla. Non avevo
idea che tu fossi in pericolo, altrimenti li avrei avvertiti”
raccontò la
vampira in segno di scuse.
Elena
gridò ancora, disperata.
Era
come se Katherine stesse tentando di staccarle il collo
a morsi. Non aveva niente a che vedere con gli scambi di sangue che
aveva
condiviso con Stefan.
Desiderava
con tutto il cuore perdere i sensi ma il suo
cervello si ostinava a rimanere vigile e attivo. Lei era costretta a
provare
tutto il dolore.
Il
corpo di Katherine venne bruscamente strappato via dal
suo ed Elena si accasciò su se stessa.
Finalmente
le sue palpebre iniziarono a farsi pesanti e la
ragazza sarebbe sicuramente sprofondata in un sonno letale se una
sostanza
calda e dal sapore di ferro non le avesse invaso la gola.
Tossì un paio di
volte e poi cominciò a deglutire lentamente.
“Stefan?”
sussurrò con la bocca ancora impastata, non appena
la vista riprese nitidezza.
“Va
tutto bene” disse lui mentre le accarezzava i capelli
“Sei al sicuro, ci sono io”.
“Oh
… Stefan”.
“STEFAN!”.
Questa
volta il suo nome era stata pronunciato con più
determinazione.
“Porta
via Elena! Ci penso io qua” gli ordinò Damon
schivando un colpo di Katherine.
Da
quel momento in poi il maggiore dei Salvatore non badò
più a suo fratello. Katherine era una vampira forte e
più anziana, tutta la sua
attenzione doveva incentrarsi su di lei.
La
bionda era a dir poco furiosa. I suoi progetti erano
appena stati rovinati, le aveva soffiato la preda da sotto il naso e la
sua
copertura era saltata.
Stordì
Damon con un forte getto di Potere e poi gli saltò
addosso, tempestandolo di pugni. Voleva fargli male, terribilmente
male.
Lo
avrebbe messo fuori gioco; poi sarebbe andata alla
ricerca di Stefan ed Elena e dopo averli catturati, avrebbe costretto i
due
Salvatore ad assistere alla tortura e alla morte della loro amata.
Infine li
avrebbe uccisi.
Solo
così avrebbe potuto salvare se stessa.
Non
aveva fatto i conti, però, con la tenacia di Damon. Era
stufo, esasperato da tutti quei continui tentativi per minare la sua
tranquillità.
Katherine
lo aveva ingannato dal primo giorno in cui si
erano incontrati, gli aveva fatto credere di amarlo, si era spacciata
morta,
aveva minacciato la sicurezza delle persone che gli erano care, aveva
sconvolto
la sua città, aveva rivelato a Bonnie la verità
su Zach. E lui era stato così
stupido da mandarla con le sue
ragazze, con la sua streghetta. Ora
doveva pagare per tutto la sofferenza che aveva causato e doveva essere
eliminata.
Con
uno scatto di reni, capovolse le posizioni e,
cogliendola alla sprovvista, l’afferrò per le
spalle e la sbatté contro il
tronco di un albergo, bloccandole ogni via di fuga.
In
un gesto repentino, staccò un ramo e glielo
conficcò
nello stomaco. Katherine grugnì. Un altro nella scapola e
lei gemette più
forte.
Si
procurò un terzo paletto e prese la mira, pronto a
sferrare il colpo mortale.
“Damon,
no!” scongiurò la vampira.
“Troppo
tardi per le suppliche”.
“Non
capisci … posso aiutarti”.
“Dillo
a qualcuno cui interessa” posò la punta di legno
sul
cuore di Katherine “Ora lo infilerò molto
lentamente e mi godrò lo spettacolo.
Questa volta morirai per davvero”.
“Damon,
non mentivo su Klaus … non mentivo”.
Il
paletto le sfiorò la gabbia toracica “Vuole
Bonnie” urlò
tentando il tutto per tutto per salvarsi.
Il
vampiro fermò la sua mano e corrugò la fronte.
Era
un’informazione che già sospettava, ma era curiosa
di sapere perché Katherine
ne fosse a conoscenza.
Lei
proseguì “Non ha mai voluto Elena, non le serve a
niente, non è nemmeno la mia doppelgaenger. Vuole Bonnie, ha
sempre e solo
voluto Bonnie”.
“Perché
dovrei darti retta?”.
“Io
faccio parte del suo piano per riprendersela. Ti prego,
Damon, io so tutto, sono la tua unica possibilità di
proteggerla”.
“Cosa
sai?” ringhiò Damon.
“Te
lo posso mostrare”.
Katherine
sedeva in un
lussuoso ristorante di Parigi; sfogliava distrattamente il
menù. Non c’era
niente che potesse interessarle in quelle pagine ma non poteva mettersi
a
dissanguare l’intera sala solo per soddisfare la sua voglia
di sangue.
S’irrigidì
istantaneamente quando il posto di fronte a lei venne occupato
dall’ultima
persona che avrebbe voluto vedere.
“Saranno
tre secoli che
non ci vediamo” le sorrise.
“Klaus”
tremò lei
resistendo all’impulso di trasformarsi in una civetta proprio
nel mezzo del
ristorante e volare via.
“C’è
qualcosa di buono
sul menù? Ho notato che prima lo studiavi
attentamente” le chiese con
nonchalance.
“Cosa
ci fai qui?”.
“Katherine,
non vorrai
fare una scenata proprio davanti a tutta questa gente” la
rimproverò Klaus,
posando il menù sul tavolo “Potresti trattarmi in
po’ più gentilmente. Dopotutto,
l’ultima volta che ci siamo visti, hai cercato di
uccidermi”.
“Pensavo
di averlo
fatto”.
Klaus
ghignò “Ho sempre
adorato la tua sfacciataggine”.
“Sei
qui per uccidermi?”.
“Sono
qui per riscuotere
il tuo debito. Tu hai cercato di sbarazzarti di me; eppure ti ho
permesso di
rimanere in vita. Questo ha un prezzo”.
“Se
pago questo prezzo,
poi mi lascerai libera? Non mi darai più la
caccia?”.
“Siamo
già alle
richieste, Miss Katherine?” la prese in giro Klaus come era
solito fare quando
l’aveva conosciuta secoli prima “Se fai questa cosa
per me, sparirò dalla tua
vita”.
“Cosa
devo fare?” le
parole le uscirono di bocca ancora prima che lei potesse pensarle.
“Hai
mai sentito parale
di streghe con dei Poteri fuori dalla norma, molto simili a quelli dei
vampiri,
che posso controllare l’energia mentale a loro
piacimento?”.
“Sì”
annuì Katherine
“Credevo che fossero una leggenda”.
“Per
anni le ho cercate
in lungo e in largo senza mai avere successo. Poi circa
diciott’anni fa, la
fortuna girò dalla mia parte: venni a sapere che una di loro
era nata in un
paesino degli Stati Uniti. Sterminai la sua famiglia, entrai nella sua
casa, ma
la madre era riuscita a nasconderla e per me fu tutto inutile. Fui
costretto ad
abbandonare il mio piano e la piccola sparì nel
nulla”.
“Hai
bisogno di aiuto per
ritrovarla?”.
“O
no, quello l’ho già
fatto. Studia in un collegio a Roma. Uno dei miei la sta tenendo
d’occhio. Ha
anche provato a rapirla e portarmela ma ovviamente è andato
tutto storto”
raccontò con tono amareggiato “Con il senno di poi
mi sono detto che era meglio
così. Vedi, la ragazza non sa di essere una strega, nella
condizioni attuali
non mi serve a niente”.
“Non
capisco perché hai
bisogno di me”.
“Si
dà il caso che la
ragazza sia nata a Fell’s Church”.
Katherine
sgranò gli
occhi, intuendo fin da subito che non poteva essere una coincidenza.
“Proprio
la cittadina in
cui tu hai attirato i fratelli Salvatore per la tua insulsa
vendetta” confermò
Klaus “E si dà il caso che la piccola Bonnie sia
stata adottata dai discendenti
dei tuoi due amati. Quale migliore modo di farla entrare in contatto
con il
sovrannaturale se non buttarla in una famiglia piena di
vampiri?”.
“Quindi
vuoi che io la
riporti a Fell’s Church?”.
“No,
cara, a quello ci ha
già pensato il tuo Damon, involontariamente”
chiarì Klaus “Pare che abbia
ucciso l’ultimo vero discendente della famiglia Salvatore,
nonché fratello della piccola
Bonnie. Sono mesi che lei non ha suo notizie e ora sta programmando di
tornare
a casa”.
“Cosa
vuoi che faccia
allora?”.
“Bonnie
non solo non ha
idea di essere una strega, ma non sa nemmeno di essere stata adottata.
Devi
spingerla a sbloccare il suo Potere, devi fare in modo che lei scopra
la verità
e che s’impegni ad esercitare le sue capacità.
Quando sarà pronta, io la verrò
a prendere”.
“E
io cosa ci guadagno in
tutto ciò?”.
“Ti
risparmio la vita, è
già un’ottima cosa, no? Poi ti lascerò
il piacere di uccidere la tua sosia,
come era nei tuoi programmi, ma solo dopo che io avrò preso
Bonnie”.
“Stefan
e Damon mi
credono morta; non posso avvicinarmi a questa strega senza che loro lo
scoprano”.
“Beh
sì, quello lo avevo
già messo in conto” disse Klaus come se non fosse
assolutamente un problema “E’
ora di affrontare la loro ira, Katherine”.
“Non
si fideranno mai di
me”.
“Mi
sono permesso di
inventarmi una piccola bugia per te” la informò
lui “Dirai che sono secoli che
stai scappando da me –questo, in fin dei conti è
vero- dirai che ti serve il
loro aiuto per uccidermi. Dirai che io sto per arrivare a
Fell’s Church con
l’intenzione di portare via Elena, la tua doppelgaenger.
Siete talmente uguali
che ti crederanno subito. Il sangue delle doppelgaenger è
particolarmente
prezioso per vari rituali; è totalmente verisimile che io,
uno dei vampiri
antichi, abbia bisogno di quel sangue per accrescere il mio Potere. Li
distrarrai dal mio vero obiettivo e ti inserirai nel loro gruppo. Nel
giro di
qualche mese, tu avrai la tua vendetta ed io la mia strega”.
Damon
ripiombò nella realtà e fu come una doccia
ghiacciata.
Aveva
già sospettato che il responsabile dello sterminio
della famiglia di Bonnie potesse essere Klaus o uno degli Originali, ma
era
sempre stata un’ipotesi, una possibilità. Nemmeno
credeva che avrebbero mai
scoperto dove si nascondeva.
In
quel momento, invece, tutto era divenuto incredibilmente
vero; o almeno così diceva Katherine.
“Christopher
era uno dei complici di Klaus” continuò la
vampira “Il suo compito era tenerla d’occhio e fare
in modo che si allontanasse
da voi cosicché sarebbe stata più semplice da
manipolare. L’idiota, però, non
ha saputo resistere al suo sangue e si è fatto
scoprire”.
“Come
posso essere sicuro che tu non mi stia raccontando un
sacco di cazzate?”.
“Ti
ho mostrato i miei ricordi, cosa vuoi di più?”
sibilò
lei “Klaus non ha mai voluto Elena, era solo una copertura e
voi ci siete
cascati in pieno. Mentre eravate qui a cercare di salvare la vostra
principessa, lui probabilmente avrà già rapito
Bonnie. Se vuoi rivederla viva,
io sono la tua unica speranza”.
Katherine
non aveva alcuna intenzione di aiutarlo per davvero;
doveva solamente distrarlo e poi sarebbe scappata senza guardarsi
indietro.
Damon
alzò una mano e le accarezzò una guancia
“Mi dispiace,
Katherine, ma non posso fidarmi di te; sai troppe cose”.
Il
paletto si conficcò così rapidamente nel cuore
della vampira
che lei non ebbe neanche il tempo di gemere. I suoi occhi si coprirono
di un
velo di sorpresa mista a tristezza e le sue esili dita strinsero
impercettibilmente la camicia di Damon, quasi in segno di scuse, come
se in
quella frazione fosse ritornata la giovane vampira un po’
viziata e
capricciosa, ma ingenua, di cui lui si era innamorato.
Damon
fece un passo indietro e lasciò che quel corpo ormai
privo di vita cadesse a terra decomponendosi in cenere.
Sentì
un grande vuoto all’altezza del cuore, sentì di
aver
perso qualcosa che nessuno gli avrebbe mai restituito.
Tutto
si era rivelato inutile: aveva amato per cinque secoli
una donna che non lo aveva voluto, aveva seminato morti e terrore,
aveva
continuato quel gioco di torture con suo fratello fino ad invaghirsi di
una
nuova ragazza che comunque non lo aveva scelto. Ed era stata tutto
maledettamente inutile, perché, alla fine, il destino aveva
deciso di beffarsi
di lui, aveva scombinato ancora una volta le carte in tavola
impedendogli di
rimediare ai suoi errori.
Avvertì
una vertigine e le gambe gli tremarono e cedettero.
Si ritrovò in ginocchio sul terreno e fu come se il mondo
non avesse più un
senso, come se le sue certezze si fossero frantumate in un battito
d’ali.
Non
si accorse del ritorno di suo fratello con Elena tra le
braccia, né della voce di Meredith che chiedeva con
insistenza che cosa fosse
successo, men che meno dell’entusiasmo di Caroline nel
constatare la morte di
Katherine.
Cominciò
a riprendere coscienza di ciò che lo circondava
quando una massa di riccioli rossi entrò nel suo campo
visivo. La rossa si
piegò su di lui, evidentemente preoccupata per
l’espressione sconvolta che
deturpava il suo volto bellissimo.
Il
vampiro non ascoltò nemmeno una parola che la ragazza gli
rivolse, ma l’abbracciò, aggrappandosi alla sua
schiena.
Non
gliel’avevano portata
via. Bonnie era lì.
Non
ci fu altro da dire. Damon si alzò in piedi, sempre
stringendola a sé, e la sistemò in modo che
stesse attaccata a lui come un
koala; dopodiché oltrepassò suo fratello e le
altre ragazze e si allontanò da
bosco.
Finalmente
raggiunsero il Pensionato e Damon si affrettò a
lasciare la macchina e ad entrare in casa.
Bonnie
stava bene, suo fratello stava bene, stavano tutti
bene; tranne lui.
Si
rifugiò in camera sua, come un animale solitario e si
prese la testa tra le mani. Cercava in tutti i modi di togliersi da
davanti
l’immagine di Katherine morta, il rumore delle ossa rotte dal
paletto e del suo
cuore pugnalato.
Quel
suono gli avrebbe dato la caccia per anni, un doloroso
ricordo di ciò che aveva perso, di ciò che in
realtà non aveva mai trovato.
Aveva
sprecato secoli della sua vita inseguendo
un’illusione, aveva setacciato il mondo intero nella speranza
che prima o poi
la felicità avrebbe benedetto anche lui. Non era servito a
niente.
Nessuno
avrebbe mai potuto ridargli indietro quegli anni,
nessuno avrebbe potuto convincerlo che dopotutto ne era valsa la pena.
Era
incazzato. Si era trasformato in uno zimbello con le sue
stesse mani, aveva permesso al suo stupido cuore di mettersi in mezzo e
trasformarlo nell’ombra dell’uomo che era stato.
Molto
tempo era passato eppure nulla era cambiato. Aveva
creduto di potersi meritare la felicità ma ancora una volta
era stato smentito,
ancora una volta gli sarebbe stata strappata via.
E
poteva prendersela solo con se stesso.
“Damon?”.
Non
ora, non ora,
vattene.
“Damon,
che cosa … hai bisogno di me? Odio vederti così
turbato”.
Perché
non capisce che
voglio restare solo?
“Sono
solo stanco, Bonnie”.
La
ragazza esitò un attimo “Mi dispiace per quello
che sei
stato costretto a fare. Se ne vuoi parlare o se …”.
“Bonnie,
devi andartene. Lascia questa stanza, sono serio”
le intimò voltandosi verso di lei “Sono arrabbiato
e vorrei solo sbatterti
contro quel muro e prenderti e sfogarmi e … ti farei male, so che ti farei male. Quindi, per favore,
vattene perché non voglio
farti del male”. Era stato di una freddezza disarmante.
Le
diede nuovamente le spalle.
Bonnie
abbassò il capo mortificata ma non obiettò. Non
era
il momento e lei non aveva le forze di gestire Damon in quelle
condizioni.
Tornò
verso la sua stanza senza lasciarsi demoralizzare.
Avevano entrambi bisogno di una notte di riposo prima di poter
affrontare
qualsiasi discussione.
Era
solo certa di una cosa: non lo avrebbe abbandonato in
quello stato, non avrebbe rinunciato a lui. Non si sarebbe fatta
allontanare
dai suoi scatti d’ira e dalle sue cattiverie.
Il
vampiro era impulsivo e autodistruttivo e qualunque cose
fosse realmente accaduta in quel bosco aveva già iniziato a
logorarlo dall’interno.
Bonnie
non poteva permettersi che Damon si perdesse di nuovo
perché questa volta non si sarebbe più ritrovato.
“And when
you're needing your space
To do some
navigating
I'll be here
patiently waiting
To see what you
find
'Cause even the
stars they burn
Some even fall
to the earth
We've got a lot
to learn
God knows we're
worth it
No, I won't
give up”
( I won’t give
up- Jason Mraz).
Il
mio spazio:
Ciao
ragazze!
Scusatemi
davvero tanto per il ritardo ma ho avuto una
specie di blocco. Sapevo esattamente che cosa ci doveva essere in
questo
capitolo ma non sapevo come scriverlo. Dopo l’estate ho perso
un po’ il ritmo e
ho deciso di prendermi più tempo per scrivere. Ovviamente
poi l’ispirazione mi
è tornata con il procedere del capitolo e ora vi siete
dovute sorbire 20 pagine
di word!
Spero
siano venute e che abbiamo compensato il ritardo.
Vi
avevo detto che a settembre avremmo cambiato decisamente
tono! I prossimi capitoli saranno particolarmente delicati e non
garantisco di
essere all’altezza delle idee che mi frullano in testa,
quindi come sempre vi
prego di avvisarmi se notate che la narrazione sta perdendo tono! Mi
fido molto
del vostro giudizio =)
Era
ormai chiaro a molte che Klaus stesse cercando Bonnie,
ma vi aspettavate il coinvolgimento di Katherine e la svolta del ruolo
di
Elena? Credete sia stato un bel colpo di scena?
Avete
visto un Damon un perso nel finale. L’uccisione di
Katherine è stata una bella botta; è come se si
fosse reso conto che la sua
vita è stata sostanzialmente inutile ed è anche
spaventato per il futuro di
Bonnie.
Il
prossimo capitolo sarà un po’ tormentato per lui;
la sua
reazione sarà abbastanza forte e farà cose
decisamente opinabile ma abbiate
fiducia in me, niente di drastico. Credo che il suo personaggio sia in
continua
crescita e qualche errore è accettabile. Il suo è
un percorso lungo che forse
troverà compimento in questa
storia solo quando metterò la parola fine.
Ringrazio
tantissimo tutte le persone che, pur essendo
estate, hanno letto e/o commentato il capitolo precedente!
Grazie
per il continuo supporto!
Da
oggi riprendono regolarmente gli aggiornamenti ogni due
settimane, quindi ci rivediamo il 5 ottobre.
Sperando
che la lettura sia stata piacevole,
un
bacio,
Fran!
Ps:
entro qualche giorno dovrei cambiare nickname. Frankie91
è stato ideato quando avevo 12/13 anni e ormai non ha
più significato per me.
Quello
nuovo sarà Sissi
Bennett; quindi se vedete la mia storia sotto quel nome,
tranquille,
nessuno mi ha rubato l’account.
Sissi
è preso proprio da questo storia, perché Sissi
è anche
un po’ la mia creatura; c’è un
po’ di Bonnie ma anche un po’ di me.
Bennett
arriva dritto dritto da Orgoglio e Pregiudizio; amo
la letteratura inglese e Lizzie è una delle protagoniste con
cui più mi sono
identificata. C’è anche un piccolo riferimento a
una certa di Bonnie di una
certa serie tv, che io apprezzo molto (anche se credo di essere una
delle
poche).
*Nel
libro “Il diario del vampiro- La furia” Katherine
dice
di aver attirato Damon e Stefan a Fell’s Church tramite una
specie di controllo
mentale.
**In
questo caso, entrambe le scene sono opera di Klaus: la
prima accade realmente e la usa in modo che Bonnie si senta abbandonata
dai
suoi amici; la seconda è falsa ed è usata per
minacciarla.
|
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Capitolo 34 *** No feelings ***
Ashes &Wine
Capitolo trentaquattro: No feelings.
“Someone’s at
the door, understanding too demanding
Can this be wrong, it's love that is not ending
Makes him insane again to know
She should not
lock the open door
run away, run away, run away
Full moon is on the sky and he's not a man anymore
She sees the change in him but can't
run away, run away, run away
See what became out of her man”
(Full
Moon- Sonata Artica).
Sarebbe
stato troppo bello chiedere un attimo di pace.
Forse
sarebbe stato anche troppo pretenzioso.
Bonnie,
però ci aveva sperato fino alla fine; ad un certo
punto aveva anche creduto di meritarselo.
Dopo
una notte come quella precedente, avrebbe solamente
desiderato dormire fino al pomeriggio successivo. Le era sembrata una
richiesta
più che legittima.
Non
aveva calcolato il ‘fattore Damon in modalità
depressa e
incazzata’.
Era
da parecchio che non aveva a che fare con quel Damon e,
se proprio, doveva essere sincera, non le mancava per niente.
Quando
il vampiro era ferito, feriva a sua volta, attaccava,
si nascondeva, reprimeva le emozioni e scatenava tutta la sua rabbia su
chi lo
circondava.
Bonnie
sapeva di essere la prima della lista, era pronta a
subirne le conseguenze ma ne era anche spaventata.
Non
avrebbe davvero sopportato di essere maltrattata ed
esclusa, non dopo tutto ciò che c’era stato, non
dopo tutte le parole che si
erano detti.
Era
snervante essere incastrati in una relazione in bilico
perenne; una leggera spintarella avrebbe mandato tutto in frantumi.
La
ragazza aveva davvero creduto di aver trovato un
equilibrio, ma avrebbe dovuto aspettarsi che non sarebbe durato. La sua
vita
non era normale, non poteva pretendere di condividere dei rapporti
normali.
La
sera prima aveva sperimentato il terrore più puro, un
incubo senza via d’uscita; avrebbe voluto piangere e cercare
conforto nelle
braccia dell’unica persona che poteva calmarla, avrebbe
voluto dormire
accucciata contro di lui ma non l’aveva fatto. Damon
l’aveva mandata via.
Era
amareggiato e turbato e voleva restare solo. Bonnie lo
aveva accontentato, quasi rassegnata. Non se l’era presa,
poteva anche capirlo,
ma odiava vederlo ridotto in quelle condizioni, odiava essere l’unica a
lottare per loro, odiava
dover gestire e frenare l’impulso di mandarlo a fuoco per
farlo ritornare in
sé.
Era
andata quindi a dormire con l’unica speranza di
sprofondare in un sonno segna sogni;
aveva temporaneamente accantonato il problema del vampiro.
La
mattina successiva si era presentato più rumoroso che
mai: una scarica di chitarra elettrica la fece sobbalzare violentemente
sul suo
letto.
Non
faticò ad intuire il responsabile di tutto quel baccano,
non era la prima volta che accadeva. La rossa si premette il cuscino
sulla
testa e mugugnò infastidita.
Un
giorno di pace totale sarebbe stato decisamente troppo
bello.
Bonnie
provò ad ignorare quella musica assordante ma fu
un’impresa vana. Era un avvertimento, anzi
un’esortazione ad alzarsi e
affrontare di petto la questione.
Con
uno scatto nervoso, scostò le coperte e scese dal letto.
Iniziò a chiamare il nome del vampiro a gran voce, piuttosto
innervosita e
marciò giù per le scale.
Stefan
non si vedeva da nessuna parte; probabilmente aveva
già litigato con suo fratello e si era rintanato nella sua
stanza.
Bonnie
era preparata a tutto ma non alla scena che le si
parò davanti: Damon seduto su una poltrona con un bicchiere
di whiskey in mano
che osservava piuttosto annoiato tre ragazze ballare poco vestite. Sul
loro
corpo qualche morso.
Lei
contò fino a dieci. Il primo istinto fu quello di
cominciare ad urlare ma si trattenne. Seppur tutto stesse gridando
“tradimento”
a caratteri cubitali, Bonnie mantenne la calma. C’era
qualcosa di strano in
quel quadro: tutto troppo aperto, tutto troppo esibito. Spense la
musica.
“Che
cosa sta succedendo qui?” berciò con una nota
isterica
che non riuscì a rimandare giù.
Damon
alzò lo sguardo e il suo sguardo si coprì di una
maschera impassibile “Bonnie! Era ora che ti unissi alla
festa”.
Ecco
la prova che cercava: Damon per niente toccato dalla
sua presenza, né sorpreso. Damon che non si
premurò neppure di giustificarsi.
Era
tutta una recita architettata per ferirla; questo le era
chiaro. Ma perché? Che cosa aveva fatto di male? Certo, si
aspettava di dover
fronteggiare una vera tempesta di delusione ed ira, non di venire
eletta come
capo espiatorio ancora prima di aver aperto la bocca.
“Cosa
sta succedendo, Damon?” ripeté con gelido
autocontrollo.
“Ho
invitato un paio di amiche a celebrare la dipartita di
Katherine. Attendevamo giusto te”.
Bonnie
gettò un’occhiata alle tre che continuavano a
muoversi indisturbate pur senza la musica “Le hai
morse?”.
Damon
inarcò le sopracciglia ed indicò con un cenno i
segni
evidenti “Pur essendo prima mattina, sei
perspicace”.
“E
le hai soggiogate”.
“Stiamo
giocando a ribadire l’ovvio?”.
“Mandale
via”.
“Non
fare la solita guastafeste”.
“Damon!”.
Il
vampiro sbuffò. Cedette e andò da ognuna delle
ragazze,
ipnotizzandole a non ricordare più niente e a curare quei
morsi.
Quando
le tre si chiusero la porta alle spalle, dopo aver
indossato di nuovo i loro indumenti, Bonnie contò ancora una
volta fino a
dieci. Non poteva permettersi di perdere la testa anche lei o non
sarebbe mai
riuscita a capire che cosa non quadrava, che cosa Damon le stesse
nascondendo.
Lui,
d’altra parte, senza degnarla di uno sguardo si diresse
verso l’armadietto degli alcolici e si versò altro
liquore.
Bonnie
si lasciò cadere sul divano e fissò la schiena
dell’uomo “Posso stare qui con te o hai ancora
voglia di sfogarti e farmi
male?” chiese un po’ velenosamente.
Damon
indurì la presa sul bicchiere. Sentì il bisogno
di
precisare che non avrebbe mai voluto farle del male, per quello la sera
prima
le aveva chiesto di andarsene, eppure tacque. Non era il momento di
farsi
prendere dalla tenerezza.
“Mi
vuoi dire che cos’hai in mente?” insistette Bonnie.
Damon
si sedette accanto a lei “Assolutamente niente.
Katherine è morta, Elena è salva e sembra che la
storia di Klaus sia solamente
stata inventata. Non potrebbe andare meglio”
esultò allargando le braccia.
Elena.
L’attenzione
si era concentrata su
Elena e non c’era stato neanche un accenno al vampiro che
aveva cercato di rapirla
nelle spogliatoi. Decisamente l’intento di Damon era ferirla.
Bonnie
era troppo furba per farsi cogliere dalla rabbia e
dalla gelosia. Il gioco era chiaro e lei non ci sarebbe cascata. In un
moto di
estrema umanità, lo abbracciò, passandogli le
mani intorno al collo e lo attirò
a sé.
Gli
aveva promesso che sarebbe sempre stata dalla sua parte,
che lo avrebbe aiuto e capito. Non aveva gradito
quell’orrendo spettacolo cui
l’aveva sottoposta e in condizioni normali, gli avrebbe
già riversato addosso fiumi
di collera.
In
quel momento, però, Damon era tornato il vampiro senza
sentimenti; talmente schiacciato dal peso della morte di Katherine che
aveva
preferito spegnere le emozioni invece di lasciarsi sopraffare.
Bonnie
come prima cosa doveva guarirlo e confortarlo. Per i
rimproveri ci sarebbe stato tempo.
Lui,
d’altro canto, restò spiazzato da quella reazione,
non
esattamente quella prevista. Non ricambiò ma chiuse gli
occhi godendosi quel
tocco delicato tra i suoi capelli. Quanto amava quelle braccia sempre
pronte ad
accoglierlo e a cullarlo. Quanto avrebbe voluto nascondere il volto nel
collo
di Bonnie e inspirare il suo profumo e dimenticarsi di tutto il resto.
Rimanere
con lei, perdersi in lei. Solo questo avrebbe
desiderato. Il resto del mondo avrebbe anche potuto andare in rovina.
Si
sforzò di riaprire gli occhi. Si detestò per
ciò che
aveva già pianificato. Sarebbe stata una vera tortura, ma
era necessaria.
“Che
stai facendo?” domandò con voce distaccata.
“Ti
sto dando uno dei miei abbracci, quelli per farti stare
bene” gli rispose innocentemente.
Perché
devi rendere tutto
così difficile, Bonnie?
“Oggi
preferisco uno dei miei
abbracci” la stroncò. Veloci le sua mani passarono
sulle cosce della ragazza
fino al suo sedere.
“Damon”
era un richiamo di avvertimento ma lui non
l’ascoltò. Si tuffò sulle sue labbra
famelico e rude. Non l’aveva mai baciata
in quel modo.
Bonnie
si scostò infastidita “Smettila … che
ti prende?”.
“Andiamo,
streghetta, hai detto che vuoi farmi stare meglio.
Allora fallo” la stuzzicò mentre la sua bocca
vagava per il viso di lei.
“N-
non così” la rossa lo spinse via e si
allontanò in
fretta dal divano “Si può sapere che cosa ti sta
succedendo? Perché vuoi farti
odiare a tutti i costi?”.
“Non
so di cosa stai parlando” obiettò Damon con la
massima
indifferenza “Io sono sempre lo stesso”.
“Ah
sì? Allora cos’era la scenetta cui mi hai
obbligata ad
assistere poco fa?”.
“Sei
gelosa?”.
“Le
hai morse, Damon”.
“Sono
un vampiro. I vampiri mordono”.
Bonnie
distolse lo sguardo turbata “Non è mai stata mia
intenzione cambiarti, lo sai. Vorrei solo che non ti chiudessi
così in te
stesso quando vieni ferito”.
“Sto
alla grande” replicò lui.
“Raccontane
un’altra e soprattutto raccontala a qualcun
altro”.
Questa
volta fu Damon a fuggire gli occhi sospettosi di
Bonnie.
“Credevo
che avessimo superato questa fase in cui tu fingi
di essere il vampiro senza cuore, credevo che almeno con me non ti
saresti più
nascosto”.
“E
poi? Credevi che avresti trovato un incantesimo per
trasformarmi in un umano, che ci saremmo sposati e avremmo avuto dei
figli?”
mantenere quella maschera di freddezza risultava sempre più
difficile, ma Damon
era un bravo attore.
“E’
la morte di Katherine?” continuò Bonnie
imperterrita “O
c’è dell’altro?”.
“Vuoi
farmi stare bene?” proruppe Damon eludendo volutamente
la domanda “So io cosa potresti fare. Così magari
capirai come sono davvero
fatti i vampiri”.
Un
secondo dopo la teneva schiacciata contro le rifiniture
in pietra del camino “Questa mattina sono particolarmente
insaziabile”.
Bonnie
gli mise le mani sulle spalle in una vano tentativo
di fermarlo. In genere non aveva problemi a fari mordere, ma in quel
momento
appariva tutto troppo sbagliato, troppo freddo, senza sentimento.
Non
voleva essere soltanto una valvola di sfogo.
“Damon,
no!”.
Lui
non le diede retta. I suoi canini affondarono nella sua
tenera pelle, senza curarsi della suppliche della ragazza. Bonnie aveva
detto
no ma Damon non pensava che lo intendesse davvero, non si sarebbe mai
immaginato il dolore che stava provando.
“Basta,
Damon … mi fai male, mi stai facendo male”.
A
quelle parole il vampiro si tirò subito via, sconcertato.
Il suo intento era solo di spaventarla un po’, ma si rese
conto di essersi
spinto troppo in là.
Bonnie
sgusciò via dalla sua stretta e si portò dietro
al
divano, come se si sentisse più sicura ad avere qualcosa che
la dividesse da
lui.
Tutte
la sua determinazione, i suoi buoni propositi
svanirono. Si era sopravvalutata: non era in grado di affrontare Damon
in
quelle condizioni. Non sarebbe riuscita a superare tutto quel veleno.
Non era
abbastanza forte.
“Ho
capito che sei arrabbiato, ho capito che stai cercando
di ferirmi perché anche tu sei ferito ma non me ne
starò qui a sopportare lo
schifo che mi vuoi tirare addosso. Sono sempre stata accanto a te, ti
ho difeso
e ti ho accettato anche quando non avrei dovuto. Questo è il
ringraziamento?
Non stupirti se nessuno ti ama. Tu non sei un uomo, non sei nemmeno un
vampiro,
sei una bestia”.
Damon
non si voltò per tutto il discorso e incassò ogni
parola, benché bruciasse come il fuoco. Quando finalmente
rimase solo nella
sala, sospirò stravolto.
Non
era fiero di quello che aveva fatto, ma era stato per il
bene di Sissi. Prima o poi lo avrebbe capito anche lei. Forse.
Stefan
aprì a fatica gli
occhi; aveva le palpebre pesanti e la vista sfocata. Si sentiva
intontito,
aveva mal di testa, sebbene non fosse paragonabile al bruciore alla
gola che
quasi gli impediva di parlare. Sentiva del terriccio umido sotto al suo
corpo.
La
vista lentamente si
fece sempre più chiara e il ragazzo riuscì a
distinguere i contorni di ciò che
lo circondava.
Era
notte, di fronte a
lui c’era un bosco. Era ancora vestito con gli abiti del
giorno prima. Si
chiese come mai non fosse nel suo letto e soprattutto come fosse finito
in quel
luogo.
I
ricordi delle ore
precedenti erano confusi. Per un momento temette di soffrire dei
postumi di una
sbornia ma lo escluse subito. Lui non beveva mai se non per un paio di
bicchieri di vino a pasto. Non era come suo fratello.
Cercò
di riordinare gli ultimi
eventi che la sua memoria aveva trattenuto: Katherine aveva scelto
entrambi,
Katherine era scappata ferita dalla loro rabbia, Katherine era
scomparsa.
L’avevano ritrovata, con una lettera e un anello …
Katherine
era morta.
Stefan
si tirò seduto con
uno scatto improvviso mentre le immagini del giorno precedente gli
scorrevano
davanti agli occhi.
Katherine
si era tolta la
vita per loro, perché tornassero ad essere fratelli. Il
rancore era esploso, le
lame delle spade avevano cozzato le une contro le altre fino a
trafiggere il
cuore dei due Salvatore. Damon era caduto a terra agonizzante, Giuseppe
aveva
urlato disperato.
Stefan
si portò una mano
al petto, dove a rigor di logica avrebbe dovuto esserci la ferita. Lui
doveva
essere morto e invece … perché non era morto?
“Per
essere il più
intelligente dei due, ce ne metti di tempo per capire. Meno male che
considerano me il più stupido” disse una voce
ironica alle sue spalle.
“Damon
…”.
“Mi
riconosci!” esclamò
l’altro con la stessa vena di sarcasmo
“E’ già qualcosa”.
“Che
cosa ci è successo?
Perché siamo qui?” domandò a raffica
Stefan “Io dovrei essere morto. Tu mi hai
ucciso!” gli puntò un dito contro.
“Anche
tu, ma non sto
facendo tutte queste scene”.
Almeno
uno di loro non
aveva perso il senso dell’umorismo.
“Sembra
che Katherine ti
abbia fatto bere il suo sangue. Sono un po’ deluso, credevo
di essere l’unico”
continuò con un’alzata di spalle “Di che
mi stupisco poi, io non sono mai
l’unico” aggiunse a bassa voce. Chiunque non
avrebbe potuto udire quell’ultimo
commento ma a Stefan giunse forte e chiaro.
“S-
sono un vampiro?”
titubò il minore dei fratelli, dopo aver messo insieme tutti
i pezzi del
puzzle.
“Sei
in transizione, devi
bere sangue umano per completare la trasformazione”.
Stefan
si prese la testa
fra le mani, sconvolto e smarrito. Tutto era così
maledettamente amplificato
che non credeva avrebbe più riavuto il controllo delle sue
azioni.
Katherine
era morta, lui
si era macchiato di uno dei peggiori peccati che potessero esistere,
era
divento un Caino, un fratricida. Avrebbe dovuto morire,
com’era nel corso della
vita e invece si risvegliava come un non- morto, in una sorta di limbo
in cui
gli si presentavano due vie: perire per davvero con buone
probabilità di finire
all’Inferno o trasformarsi in un mostro. Non solo lui stesso
era intrappolato
in quella terribile condizione, ma aveva anche costretto il suo unico
fratello
a ritrovarsi nella stessa posizione.
L’idea
di divenire un
vampiro non sembrava così terribile con Katherine accanto,
ma senza di lei
niente aveva più un senso.
“Coraggio”
lo incitò
Damon prendendo da sotto le ascelle e obbligandolo ad alzarsi
“Ti porto via da
qui prima che qualcuno ci veda e chiami un esorcista”.
Stefan
si lasciò trascinare
via e guardandosi attorno, si accorse solo allora di trovarsi nel
cimitero
“Come siamo usciti dalle tombe?”.
“E’
stata la cameriera di
Katherine” spiegò Damon “E’
una specie di strega o qualcosa di simile. Ha fatto
un incantesimo per liberarci”.
Si
fece guidare per le
stradine buie e strette in cerca di un riparo. La città era
immersa nel
silenzio.
Stefan
ancora faticava a
realizzare ciò che era accaduto. I suoi pensieri erano tutti
rivolti al loro
povero padre. Quale terribile tragedia doveva essere assistere
impotente mentre
i proprio figli si uccidevano a vicenda? Che dolore poteva aver provato
nel
seppellirli?
Alzò
la testa per
guardare il fratello che camminava accanto a lui sostenendolo. Appariva
così
tranquillo. Stefan proprio non riusciva a capirlo. Morire una volta era
stato
terribile e ora entrambi sarebbero stati costretti a riviverlo una
seconda
volta.
Sapeva
a cosa sarebbe
andato incontro non nutrendosi ma non c’era altra scelta.
Senza Katherine,
senza una guida né lui né Damon sarebbero
riusciti a controllarsi; non potevano
permettersi il lusso di rischiare. Si trattava di vite umane, Stefan
non
avrebbe sopportato il peso di averle sulla coscienza.
L’idea
di morire una
seconda volta era terrificante; si consolò pensando che in
questo caso ci
sarebbe stato anche Damon, non più come suo carnefice ma
come suo compagno.
Suo
fratello si fermò e
sciolse la presa attorno alle sue spalle. Stefan cercò
sostegno in un muro. Si
stava indebolendo per la mancanza di sangue che il suo organismo ora
richiedeva
come acqua.
“Non
muoverti da qua” gli
ordinò l’altro per poi scomparire in un vicolo.
Riapparve dopo poco da un
angolo e con lui c’era un uomo.
Stefan
corrugò la fronte
in una tacita domanda: che intenzioni aveva Damon?
“Avrai
fame” disse questi
“Hai bisogno di nutrimento”.
Stefan
lo guardò come se fosse
impazzito. Aveva dato per scontato che anche suo fratello si sarebbe
abbandonato alla morte; per quale motivo avrebbe voluto completare la
trasformazione ora che Katherine non c’era più?
“Non
possiamo” si
rifiutò.
“Perché
no?”.
“E’
sbagliato”.
“Non
ti facevi tutti
questi problemi quando Katherine ti aveva proposto di
trasformarti” obiettò
Damon.
“Appunto,
c’era
Katherine!” gli ricordò Stefan “Mi
avrebbe aiutato e poi l’avrei fatto solo per
rimanere con lei! Ora non ha più senso … io non
voglio questo”.
“Sei
spaventato,
fratellino, lo capisco” lo tranquillizzò Damon
“Ma non puoi pensare di morire
davvero. Sarebbe da stupidi. Ci è stata concessa
un’altra occasione, perché
sprecarla?”.
“Non
voglio passare il
resto della mia esistenza ad odiami”.
Damon
ghignò “Questa è
proprio la risposta che mi aspettavo” un secondo dopo i suoi
canini si
allungarono e affondarono nel collo dell’uomo lì
accanto che non aveva ancora
proferito parola.
Stefan
fece un passo per
aiutarlo e il suo urlo risuonò per tutta la via. Come aveva
potuto non intuirlo
prima? Era chiaro che fosse stato ipnotizzato e ciò poteva
significare
solamente che Damon si era nutrito precedentemente completando la
transizione.
“Coraggio,
fratellino” lo
incoraggiò il vampiro “Solo un piccolo
morso”.
Stefan
sentì le gengive
dolergli. Non voleva, non voleva, ma l’istinto era forte e
l’odore del sangue
così penetrante; impossibile resistergli.
Si
avventò sull’uomo che
cadde a terra dopo qualche minuto. Il suo cuore aveva smesso di
battere. Stefan
osservò la figura stesa sulla strada, incredulo di essere il
responsabile di
quell’orrore.
Damon,
con le spalle
appoggiate ad un muro, batté le mani, piuttosto compiaciuto.
Stefan
si voltò con gli
occhi ancora iniettati di sangue “Come puoi desiderare tutto questo?”.
“Vedi,
fratellino,
Katherine non era l’unico motivo per cui ho accettato di
diventare un vampiro.
Pensa un attimo ai vantaggi: immortalità, potere, controllo
sulle persone,
superiorità, piaceri a non finire e nessuna regola. Io sono
così, Stefan, sono
nato per diventare questo.
Katherine è morta ma non ho
intenzione di
sprecare il suo ultimo dono”.
“Io
non lo volevo, non
lo volevo” prese a ripetere a macchinetta
l’altro “Perché mi hai obbligato a
nutrirmi?”.
“Ti
ho giurato odio
eterno”.
“Ti
saresti liberato di
me se non mi avessi fatti bere quel sangue!”.
“Ho
un obiettivo molto
chiaro in mente: renderti l’esistenza un vero inferno.
Sarebbe un po’ difficile
se tu non esistessi. Capisci perché non ho potuto lasciarti
morire?” spiegò con
tutta calma Damon.
“Santo
Cielo! Ci siamo
uccisi a vicenda! Non ti pare una punizione abbastanza
dolorosa?”.
“Neanche
lontanamente”
replicò Damon “So perfettamente che tu saresti
diventato un vampiro solamente
per Katherine, so che non hai la stoffa per esserlo. Tu sei troppo
sensibile e
buono e non vorresti mai fare del male a persone innocenti ma purtroppo
non
potrai evitarlo. E io sarò là a godermi lo
spettacolo, sarò là quando il senso
di colpa ti soffocherà, quando il peso di tutte quelle vite
umane ti schiaccerà
e tu cadrai nel baratro. D’ora in poi non sarai
più un santo, un eroe. D’ora in
poi sarai un animale, esattamente come me”.
Stefan
istintivamente
indietreggiò turbato dal veleno che sgorgava da ogni singola
parola “Non hai
pensato all’effetto collaterale? Non hai considerato che
anche tu sentirai quel
peso sulla sua coscienza?”.
“Non
avevo una coscienza
da umano, figuriamoci da vampiro” gli fece notare Damon con
una nota vittoriosa
nella voce “Ricordi quando Katherine ci ha parlato della
possibilità di spegnere
le emozioni? Ho intenzione di sfruttare questo vantaggio. Non sono mai
stato un
amante dei sentimenti e adesso posso finalmente disfarmene del
tutto”.
Stefan
scosse la testa
“Parli così perché non ne hai mai
provati di positivi”.
“E
chi è il responsabile?
Ero felice con Katherine e tu me l’hai rubata!” lo
incolpò.
“Sei
tu che me l’hai
portata via” gli rinfacciò Stefan, rivoltando
l’accusa “Tu sei arrivato dopo”.
Il
voltò di Damon si
rabbuiò “Mi sembra inutile stare a discuterne ora.
Ormai il tuo destino è segnato.
A meno che tu non voglia piantarti un paletto nel petto”
ironizzò, dopodiché
gli diede le spalle, deciso ad andarsene.
“Credi
davvero di essere
immune ai sentimenti?” lo bloccò Stefan
“Credi che prima o poi non torneranno a
tormentarti? Ti conosco da tutta la vita e so per certo che senti più di chiunque altro. Hai scelto di
diventare un vampiro perché
temevi d’impazzire sotto il peso di tutte quelle emozioni;
hai cercato una via
d’uscita, un modo per eliminarle ma se non riuscirai
più a sopprimerle, che
farai?” insinuò “Tu non mi hai costretto
a trasformarmi soltanto per rendere il
mio futuro una tortura perenne, lo hai fatto per sentirti meno solo. Lo hai fatto perché potrai
pensare che anche io sono diventato un mostro come te e starai meno
male. Mettila
come preferisci, Damon, ma tutto torna sempre al solito punto: tu senti troppo e vuoi disperatamente trovare un
modo per smettere”. Fu Stefan il primo ad andarsene mentre
Damon rimase nel
mezzo di quella via silenziosa ad ascoltare il suono dei passi di suo
fratello.
Nella
sua vita umana non
aveva mai brillanto per bontà. Come suo padre amava
ripetergli, era meschino,
egoista, sfaticato e altezzoso; non credeva, però, che un
giorno sarebbe mai
diventato un assassino.
Ne
era fiero? No, ma se
quello era il prezzo da pagare per annientare tutti i sentimenti che lo
stavano
consumando, allora lo avrebbe pagato.
Katherine
era entrata
nella sua vita come un raggio di luce e gli era stata strappata via
rigettandolo nelle tenebre. Nessun altro sarebbe mai più
stato capace di farlo
sentire meritevole di un lieto fine. Era ormai condannato.
Quindi
aveva scelto il
ruolo più semplice: il cattivo.
Camminando
nella notte
Damon scelse di rinunciare per sempre alla redenzione e al pentimento,
scelse
di racchiudere tutte le sue emozioni in un’unica pietra
impenetrabile e
indistruttibile.
E
la sua umanità si
spense.
La
Jaguar rossa rientrò nel viale del Pensionato verso
metà
mattina. Stefan aveva sentito il bisogno di fare un giro per schiarirsi
le
idee.
Si
era svegliato pervaso da una strana inquietudine. Era da
tempo che non sognava più la notte della sua trasformazione.
La notte in cui
lui era stato costretto ad un’eternità di
tormenti, la notte in cui Damon aveva
rinunciato alla sua umanità.
Forse
era stato un presentimento; forse il suo subconscio
aveva voluto avvertirlo del rischio imminente: Katherine aveva sempre
avuto un
effetto devastante su suo fratello ed ora era morta.
Stefan
temeva che le conseguenze di quel gesto estremo si
sarebbe ripercosse a lungo.
Una
conferma lo attendeva già in garage: Bonnie rannicchiata
in un angolo a contemplare il vuoto.
“Sissi?”
la chiamò sorpreso “Che cosa ci fai
qui?”.
“Mi
sto nascondendo da Damon”.
Stefan
per un istante credette di aver sentito male “Da
Damon?”. Fino alla sera prima suo fratello rappresentava per
la piccola rossa
il rifugio più sicuro e ora ne era spaventata? Poteva
davvero cambiare così
tanto in poche ore?
Bonnie
si strinse le ginocchia al petto, come una bambina
“Non capisco perché si diverta a ferirmi. Io
faccio di tutto per stargli vicino
e lui mi scaccia via come se avessi la rabbia. Anche stamattina, quel
teatrino
che ha inscenato … non gli ho detto niente perché
so che sta male, eppure mi ha
trattato come una delle sue schiavette” raccontò.
Stefan
s’inginocchiò accanto a lei “Damon ha
ucciso
Katherine. È sconvolto” cercò di
giustificarlo.
“Pare
che un sacco di donne abbiano questo effetto
sconvolgente su di lui” si
crucciò la ragazza “Tranne me”.
Stefan
liberò una risata “Fidati, nessuno lo ha mai
sconvolto quanto te”.
“Allora
come mai sono io quella che finisce a piangere?”
sospirò “Tu credi che andrà sempre
avanti così? Ad alti e bassi? Tutto perfetto
finché non succederà qualcosa che lo
agiterà di nuovo?”.
“Forse”
suppose Stefan “Damon fatica a mantenere il suo
equilibro. Se si chiude ai sentimenti, può star certo che
nulla lo potrà
turbare”.
“Ho
già sperimentato il Damon senza sentimenti”
affermò lei
ricordando le prima settimane a Fell’s Church “Non
mi è piaciuto”.
“Sissi
… tu non hai idea di come sia Damon senza
sentimenti”
le assicurò “Quanto si tratta di te, lui non
è mai senza
sentimenti”.
“Perché
mi allontana allora?” si lamentò la giovane,
mentre
la sua testa scivolava sulla spalla del suo confidente.
“Non
è mai stato il tipo che esterna le sue emozioni”
spiegò
lui “Le odia. Diventare un vampiro è una vera
salvezza perché puoi spegnerle e
non sentirle più. L’inconveniente è che
prima o poi riaffiorano, magari anche
per poco, ma tornano e costituiscono una bella botta per chi non vi
è abituato.
Damon ha passato centinai di anni a nasconderle e ignorarle poi sei
arrivata tu
e te ne sei andata; è arrivata Elena ma non l’ha
scelto. E tu sei ritornata”
continuò Stefan “E’ stato costretto a
ricominciare a sentire. Cinque
secoli senza emozioni e negli ultimi vent’anni sono
esplose tutte. Non è capace di gestirle”.
“Non
so se sono in grado di gestirle al posto suo”
borbottò
lei seccata.
“Nessuno
ti ha chiesto di farlo” rispose Stefan
“Però sei
l’unica cui dà ascolto. E non devi nemmeno
parlare, ti basta un’occhiata”.
“Gli
ho detto che sarei sempre stata dalla sua parte” gli
confidò “Non immaginavo che fosse così
tanto incasinato e adesso ho paura di
non averne le forze” ammise “Sai, a volte mi
domando se ho fatto bene a
perdonare certe cose, quando per lui è così
facile premere quel dannato
interruttore”.
“Gli
hai perdonato anche la morte di Zach?” chiese Stefan a
bruciapelo.
“Cose
del genere non si perdonano né dimenticano”
s’impensierì Bonnie “La sto superando
ogni giorno. Da quando ho scoperto, la
verità Damon sta provando in tutti i modi di rimediare e ho
cominciato a
credere che tenesse veramente a me, che stesse cercando di migliorarsi
per me
anche se non gliel’ho mai chiesto”.
“E’
così” le confermò l’altro.
“Già,
felici e contenti finché dura” ironizzò
la ragazza “Ma
se un giorno dovesse capitargli qualcosa di veramente brutto? Come
reagirebbe?”.
“Bonnie,
qual è la domanda che vuoi farmi?” la
incitò
Stefan.
“Potrebbe
ritornare ad essere cattivo? Intendo, davvero
cattivo?”.
Stefan
pensò accuratamente alle parole da usare per spiegare
la complessità dell’animo di suo fratello. Non era
una questione facile e
sebbene non approvasse i suoi metodi, era ben deciso a difenderlo.
Bonnie non
doveva arrendersi, doveva capire che sarebbe valsa la pena di
combattere.
“Se
dovessi ascoltare la ragione, ti direi di scappare il
più lontano possibile” le confidò
“Ma Damon è mio fratello e nonostante tutto
gli voglio bene; tu lo rendi felice, gli fai bene e probabilmente ci
saranno
momenti in cui lo odierai, in cui vorrai che sparisca, in cui vorrai
andartene.
Bruciagli il cervello, dagli fuoco al sedere, fagli fare il bagno nella
verbena
ma ti prego non abbandonarlo” si raccomandò
“Mi rendo conto di quanto Damon sia
complicato ma ogni volta che ha sperimentato qualcosa di bello, poi
è andato
tutto a rotoli. Sotto, sotto credo sia spaventato almeno quanto te. Per
quanto
riguarda Zach, non posso dirti se perdonarlo o no, o se sarei mai
pronta per
farlo. È una cosa con cui la tua coscienza deve fare i
conti”.
“Era
mio fratello, Stefan”.
“Non
per Damon” le fece notare lui “Per Damon era una
persona qualunque, non gliene importava niente. Non ha minimamente
pensato a
quanto ti avrebbe potuto ferire. Se ti può consolare
è la cosa che rimpiange di
più al mondo. Non di aver ucciso tuo fratello, lo odiava! Ma
non avrebbe mai
voluto fare del male a te”.
Bonnie
abbassò la testa e prese a tormentarsi il labbro.
“Il
problema qui è solo uno” proseguì
Stefan “Sei disposta a
scendere a patti con la parte più oscura di
Damon?”.
La
rossa non seppe di preciso quanto rimase in garage dopo
che il vampiro se ne fu andato. Sperava che quella chiacchierata le
avrebbe
schiarito le idee e invece gliele aveva ingarbugliate ancora di
più.
Dal
suo punto di vista il problema era un altro: Damon
sarebbe stato capace di scendere a patti con la sua parte umana?
Bonnie
non voleva separarsi da lui, non l’aveva mai voluto;
nemmeno quando undici anni prima Zach l’aveva mandata in
Italia.
Le
serviva, però, un po’ di collaborazione; non
poteva fare
tutto da sola: Damon doveva imparare a non sfogare la sua frustrazione
su di
lei.
Si
alzò dal pavimento e rientrò in casa. Non
incontrò nessuno
nel tragitto fino al bagno. Si spogliò e
s’infilò sotto il getto bollente della
doccia.
Si
sentiva uno schifo per mille ragioni. Aveva promesso che
non avrebbe rinunciato a Damon e già temeva di non avere le
forze di aiutarlo
in quelle condizioni. Se sentiva in colpa per non aver più
affrontato la
questione di Zach, per averla lasciata cadere.
Come
si faceva a capire quando era il tempo giusto per
perdonare? Il gesto di Damon era di una gravità enorme ma
ancora una volta
Bonnie stava ragionando con i parametri umani. Non si poteva certo
biasimare,
dato che erano gli unici che conoscesse.
D’altra
parte, quando qualche mese prima avevano iniziando
lentamente a fare pace, Bonnie sapeva a cosa stava andando incontro.
Con
Damon tutto correva a cento all’ora, tutto era
proiettato all’estremo. Forse il suo subconscio aveva
già messo in conto cosa
effettivamente sarebbe stato il loro rapporto, forse qualcosa in lei
era già
pronto a buttarsi in quella storia, per questo era stato relativamente
semplice
non pensare alla tragedia di Zach.
Il
vampiro aveva dimostrato decine di volte quanto tenesse a
lei, si era aperto, aveva fatto innumerevoli passi avanti.
La
verità era che Bonnie non aveva avuto quasi occasione di
riflettervi a dovere. Damon si era comportato troppo bene per essere
associato
al vampiro che aveva assassinato suo fratello; era come se la piccola
strega si
fosse costruita la sua favola.
La
caduta di quella mattina le aveva ricordato che Damon in
sé teneva una parte difficile da controllare che avrebbe
potuto emergere in
qualsiasi momento.
Un
grosso campanello di allarme era suonato nella testa di
Bonnie: il terrore che il vampiro avrebbe potuto chiudersi di nuovo ai
sentimenti l’aveva paralizzata, facendole sorgere mille dubbi.
Bonnie
desiderava con tutto il cuore superare quella brutta
faccenda; questo la rendeva una persona orribile?
La
sua estrema bontà la portava a credere che si potesse
sempre concedere una seconda possibilità e Damon se
l’era più che meritata,
quindi perché ritornaci su?
Bonnie
sbuffò strizzandosi i capelli per togliere l’acqua
in
eccesso. Avrebbe tanto voluto che fosse tutto così semplice.
Scrollarsi
di dosso il senso di colpa ingiustificato e
vivere serenamente la sia vita. Odiava tormentarsi su una questione che
non
avrebbe mai avuto una risposta certa. Odiava essere lei stessa il
principale
ostacolo.
Uscì
dalla doccia e si avvolse nell’accappatoio;
massaggiò i
capelli con un asciugamano e poi iniziò a pettinarli.
Lo
specchio era appannato dal vapore e lì per lì, la
ragazza
non si accorse di una presenza alle sue spalle.
Fu
solo quando una mano si posò sulla sua, impugnando la
spazzola, che riconobbe all’istante chi era stato a fissarla
tutto il tempo
senza palesarsi.
Un
tremito di paura percorse tutta la sua colonna
vertebrale, che fu subito quietato nel momento in cui quelle dita
presero a
districarle i nodi delicatamente e senza fretta.
Bonnie
deglutì in un vano tentativo di calmare i nervi. Si
sentiva come il topo braccato dal gatto ed era sicura che quel gatto stesse percependo la sua paura.
Il
vapore lentamente sfumò dal vetro dello specchio e
finalmente la giovane poté incrociare quegli occhi affamati.
Restò
immobile ad osservare la figura dietro di lei che
continuava indisturbata a pettinarla. Un gesto del tutto innocente, se
quei
dannati occhi neri non la stessero letteralmente mangiando attraverso
lo
specchio.
La
carica erotica toccava quasi le stelle e la tensione
avrebbe potuto far saltare la luce di casa. Bonnie si chiese come mai
il
brivido del pericolo rendesse tutto così provocante.
Fu
costretta a girarsi fino a trovarsi faccia a faccia con
il suo tentatore. Come al solito quando se lo ritrovava così
vicino, il suo
cervello staccò la spina e i suoi principi morali finirono
nel dimenticatoio.
Il
bacio arrivò dopo un paio di secondi, esigente e
prepotente. Bonnie non poté negare quanto in
realtà le piacesse, ma era
evidente che ci fosse qualcosa di sbagliato. Proprio come alla mattina,
quel
gesto trasmetteva solo disperazione.
“Damon”
sospirò e si divincolò senza nemmeno tanta
convinzione.
“Sshh”
la zittì lui scendendo a lambirle il collo.
La
strega si agitò: non voleva essere morsa ancora; il suo
corpo lo agognava immensamente ma la sua mente era contraria. Le
avrebbe fatto
un male atroce.
“Smettila,
per favore … non farlo”.
“Piccola,
piccola Sissi” cantilenò il vampiro “Io
sono una
bestia, l’hai detto tu stessa. Le bestie non si fanno
impietosire, seguono
l’istinto” sciolse la cintura
dell’accappatoio e le sue mani s’intrufolarono
indisturbate sotto la stoffa. Una serpeggiò attorno alla
vita, l’altra andò a
torturale un seno.
Era
una sensazione così seducente che Bonnie si
abbandonò a
quel tocco. Damon l’avrebbe fatta cedere senza neanche
sforzarsi più di tanto.
Con
l’ultimo barlume di razionalità, lo respinse di
nuovo
“Fermati, Damon. Questo non sei tu”.
“Non
lo darei per scontato” le sussurrò
all’orecchio.
La
rossa non ci cascò; gli prese con forza il volto tra le
mani e lo costrinse a guardarla.
“Sei
l’unica cui dà
ascolto. E non devi nemmeno parlare, ti basta
un’occhiata”.
Le
iridi color nocciola intrappolarono quelle nere del
vampiro e non gli lasciarono via di scampo. Lo sguardo di Bonnie era
sempre
stato il più sincero che Damon avesse mai avuto il piacere
d’incontrare. Lo
penetrava in profondità, riusciva a leggergli
l’animo e lo rendeva
completamente vulnerabile.
Le
sue difese sarebbero cadute miseramente, se un intervento
provvidenziale non fosse giunto in suo aiuto: Stefan bussò
alla porta con
insistenza.
Bonnie
liberò Damon dalla sua dolce stretta e si voltò
sconfitta “Avanti” mormorò.
Il
minore dei Salvatore aprì la porta e fulminò
subito con
un’occhiata suo fratello “Va tutto bene?”.
Bonnie
annuì “Sì, ho finito” disse
flebilmente; dopodiché
uscì dal bagno.
“Mi
cercavi per un motivo, fratellino?” domandò Damon
da un
lato seccato, dall’altro sollevato “O volevi solo
rovinarmi la festa?”.
“Non
so cosa tu stia facendo, ma dovresti fermarti prima che
Bonnie scappi senza guardare indietro” gli intimò
“E comunque credo che faresti
meglio a scendere in salone”.
“Perché
dovrei?”.
“Sage
ti sta aspettando”.
“Sage?”
lo chiamò Damon “Cosa ti porta qui?”.
Il
vampiro era voltato verso il camino e rispose al suono
della voce del suo amico. Non ci furono convenevoli né
saluti. Era fin troppo
chiaro che la sua non fosse una visita di piacere.
“Teme
brutte notizie, mon amis”
gli rivelò “Sono venuto il più in
fretta possibile; devo dirti molte cose”.
Stefan,
appoggiato, alla parete, ascoltò in silenzio la loro
conversazione.
“L’ultimo
volta che ci siamo visti, mi hai chiesto alcune
informazioni su Klaus e sulla doppelgaenger di Katherine”.
“Sappiamo
che Klaus non sta cercando Elena” s’intromise
Stefan “Era una scusa inventata da Katherine per farsi
accettare dal gruppo”.
Sage
non trattenne un ghigno “Non si può certo dire che
non
sia furba. Dov’è adesso che il suo piano
è saltato?”.
“E’
morta” disse velocemente Damon, facendo intendere di non
voler soffermarsi su quella vicenda.
Sage
allargò gli occhi, stupito ma non proferì parola.
Sorvolò sull’argomento e proseguì
“Ho fatto delle ricerche, dopo che sei venuto
da me. Ho scoperto che Katherine non ha mai avuto figli da umana, per
cui non
poteva nemmeno esistere una sua doppelgaenger. Ma le tue parole mi
hanno
ricordato qualcosa; non era la prima volta che sentiva storie su Klaus
e la sua
fame di Potere, perciò sono andato nella Dimensione Oscura,
nella speranza che
qualcuno potesse darmi una mano a capire”.
“L’hai
scoperto?” chiese Stefan.
“Oui”
annuì Sage “Avete mai sentito parlare
di streghe con Poteri speciali, molto simili a quelli dei
vampiri?”.
I
due Salvatore tremarono appena: tale strega stava sotto il
loro stesso tetto.
“Va’
avanti” lo incitò Stefan.
Damon,
d’altro canto, andò a versarsi del bourbon.
Conosceva
già la storia; Katherine gliel’aveva confessata
prima di morire, ma fino
all’ultimo aveva pregato che fosse un’altra delle
sue bugie.
“Queste
streghe sono in grado di assorbire l’energia degli
essere viventi e manipolarla a proprio piacere per controllare la
mente. È una
capacità straordinaria e molto rara. Se una strega riesce a
gestirla alla
perfezione, diventa praticamente inattaccabile; immune perfino ai
vampiri Originali”.
“Cosa
c’entra questo con Klaus?”
s’incuriosì Stefan, dato
che suo fratello aveva deciso di chiudersi nel silenzio più
totale.
“Klaus
non sopporta che al mondo possa esserci qualcuno di
più potente di lui. Anche la più remota
possibilità di venire sopraffatto lo
spaventa. Tanti esseri soprannaturali lo temono, la maggior parte lo
odia;
tutti sono in cerca di un’arma che possa distruggerlo. Queste
streghe sono le
uniche con qualche possibilità”.
Nella
sala non c’era altro rumore che il crepitio del fuoco.
Gli altri due vampiri non osavano interrompere la spiegazione.
“Ho
visto la piccola rossa che vive con voi; Damon l’ha
portata a Greensboro. I miei compagni mi hanno raccontato che
cos’è successo:
l’hanno vista ipnotizzare uno di loro. Per questo
l’hanno attaccata, perché
hanno riconosciuto i suoi immensi Poteri: il sangue di queste streghe
è
inebriante, quasi divino”.
Damon
nella sua mente confermò. Lui
era stato l’unico ad
assaggiare quel sangue.
“Sage,
perché ci stai dicendo tutto questo? Bonnie è in
pericolo?”. Stefan cominciava a sospettare il peggio.
“Klaus
verrà a prenderla e la porterà via”
dichiarò l’altro
vampiro “L’unico modo che ha per rendersi
invulnerabile ai Poteri di Bonnie è
assorbirli. Dovrà compiere un rituale, dovrà bere
il suo sangue”.
“F-fino
alla morte?” tentennò Stefan.
“Non
necessariamente, non serve dissanguare la strega per
prendere i suoi Poteri” ma prima che Stefan potesse sospirare
di sollievo,
aggiunse “In ogni caso, che Klaus si fermi oppure no, non
cambierà il
risultato. Una strega come Bonnie, privata della sua speciale
capacità, è
destinata a morire. Il suo corpo non reggerà una perdita del
genere e si
consumerà”.
Damon,
girato di spalle, chiuse lentamente gli occhi e fu
come se un pugnale gli si fosse piantato nel cuore.
Fino
all’ultimo aveva voluto credere che Katherine gli
avesse rifilato un’altra delle sue menzogne, solo per
salvarsi la pelle, ma
quella era una conferma troppo rilevante per ignorarla.
Se
Sage aveva fatto tutta quella strada non solo per andare
a fondo della storia, ma anche per avvisarli, allora ci doveva essere
almeno un
fondo di verità.
“C’è
un modo per impedirlo?” la voce di Stefan risuonò
distante alle orecchie di Damon.
“Temo
di no” rispose Sage mortificato “L’unica
che potrebbe
avere qualche chance di riuscita, è Bonnie stessa, ma ad una
strega servono
anni di allenamento per poter controllare un Antico e non credo che lei
sia
ancora a quel livello”.
“Se
la portassimo via?”.
“Guadagnereste
un po’ di tempo” gli concesse Sage.
“Klaus
sa perfettamente dove si trova Bonnie” intervenne
infine Damon “Chi pensi che l’abbia attaccata ieri
sera, eh Stefan? È stato lui
a sterminare la sua intera famiglia, la tiene d’occhio da
anni; Christopher era
suo complice Non abbiamo nemmeno la possibilità di mettere
piede fuori da
Fell’s Church senza che lui lo scopra!”
scoppiò sbattendo con forza il
bicchiere sul tavolino.
“Che
cosa suggerisci, allora?” gli rinfacciò Stefan.
“Devo
uscire da qui” affermò Damon senza dar segni di
aver
ascoltato suo fratello. Si diresse verso la porta d’ingresso,
sentendo il
bisogno disperato di allontanarsi da tutti.
Per
Stefan fu un gioco da ragazzi collegare tutte le
informazioni e improvvisamente il comportamento di Damon
acquistò un senso: non
era sembrato sorpreso da quella notizia ed era arrivato troppo in
fretta ad una
conclusione per esserne all’oscuro.
Lo
intercettò prima che riuscisse ad uscire e gli
bloccò la
via “Tu lo sapevi già?”.
L’altro
vampiro era stanco e rassegnato, quasi spossato; non
aveva la forza di negare e di fingere ancora “Me
l’ha confessato Katherine
prima di morire; era anche lei complice di Klaus”.
“Perché
non mi l’hai detto?”.
“Cosa
volevi che facessi, Stefan? Che mi mettessi ad urlare
‘allarme
rosso’ quando non avevo nemmeno idea se fosse la
verità o no? Katherine non ha
fatto altro che mentire e … e …”.
Quanto avrebbe pagato per far sì che anche
quella fosse un’altra bugia!
“E’
per questo che ti stai comportando come uno stronzo?”.
Non aveva ucciso Katherine per la sicurezza di Elena, ma di Bonnie. Non
era
turbato dalla morte della vampira, ma per quello che gli aveva rivelato.
“Sissi
lo sa?”.
La
non risposta di suo fratello fu esauriente.
“Non
possiamo starcene zitti. Abbiamo già visto cosa succede
quando teniamo dei segreti tra di noi”.
“Non
dirle niente” gli ordinò Damon “Non
ancora, per
favore”.
Stefan
venne colto di sorpresa da quella specie di supplica;
nessuna minaccia o intimidazione, solo una semplice richiesta.
Acconsentì
con un gesto della testa e un attimo dopo Damon
era sparito oltre la porta e correva nella notte. Non voleva prendere
la
macchina o trasformarsi in corvo, voleva soltanto sentire
l’aria fredda contro
la sua pelle e perdersi nel buio e nel silenzio.
Doveva
restare solo per ritrovare un certo contegno. Non
poteva tornare a casa in quelle condizioni, perché era
fottutamente spaventato ma
nessuno se ne sarebbe mai dovuto accorgere. Perché se
perfino Damon Salvatore
poteva permettersi di avere paura, allora cosa ne sarebbe stato del
mondo? Cosa
ne sarebbe stato di Bonnie?
Damon
si sentì un verme al solo pensiero della ragazza. Non
avrebbe mai immaginato di poter raggiungere quel grado di
crudeltà nei
confronti della rossa, ma in fin dei conti era per una buona causa. O
almeno
era ciò che continuava a ripetersi per calmare la coscienza.
La
morte di Katherine era stata particolarmente rivelatoria
e lo aveva gettato nello sconforto più totale. Era come se
avesse neutralizzato
in un istante tutta la sicurezza che Damon si era costruito in quei
secoli.
Ora
ogni cosa spiccava di una nuova luce, molto meno
rassicurante.
Se
si voleva essere precisi, il vampiro aveva passato gli
ultimi momenti della sua vita umana ad amare una donna che lo aveva
solamente
usato e durante gli anni successivi aveva fatto sì che a
nessuno fosse più
concesso il potere di ferirlo.
Eppure
la storia ripetuta pressoché uguale ed Elena,
benché diversa
da Katherine sotto molti aspetti, aveva compiuto la sua stessa scelta.
Nel
frattempo, Bonnie silenziosamente gli era entrata nella
pelle e i mesi con lei erano stati i più felici della sua
vita; si sentiva come
se niente potesse andare storto. Ma il fato era stato beffardo e Damon
si era
riscoperto, con suo grande stupore, di
un’inutilità imbarazzante.
In
definitiva lui, il vampiro senza cuore e sprezzante dei
sentimenti, aveva permesso che suddetti sentimenti lo governassero.
Così la sua
lucidità era stata irrimediabilmente compromessa.
Le
cose sarebbero andate diversamente se avesse mantenuto un
certo distacco. Gli venivano i brividi a ripensare alle innumerevoli
volte in
cui Bonnie si era trovata in pericolo per colpa sua; la maggior parte
di quelle
situazioni avrebbero potuto essere evitate se solamente lui avesse dato
retta
al suo istinto.
Una
per tutte: la vicenda travagliata con Christopher. Ogni
singolo osso del suo corpo gli suggeriva di staccargli la testa, di
sbarazzarsene
finché vi era il tempo, perché in un modo o
nell’altro avrebbe fatto del male a
Bonnie, ma infine non aveva mosso un dito; troppo preoccupato a
difendere i
sentimenti della ragazza, restio a ferirla per l’ennesima
volta.
Non
poteva ritenersi orgoglio per come l’aveva trattata quel
giorno, ma era il per meglio. Allontanarla era l’unica
soluzione valida,
l’unica possibilità di riacquistare la sua
capacità di prevedere i pericoli e
annientarli.
Aveva
promesso alla madre di Bonnie che l’avrebbe sempre protetta
e ormai era diventato anche un giuramento verso se stesso.
Poteva
concepire un mondo in cui la sua piccola strega lo
odiasse; non poteva concepire un mondo in cui la sua piccola strega non
esistesse.
Se
per tenerla al sicuro sarebbe stato necessario
trasformarsi di nuovo nel vampiro freddo e calcolatore, allora lo
avrebbe
fatto. Avrebbe spento i suoi sentimenti, si sarebbe dimenticato di
tutto
l’affetto che provava per Bonnie e di tutta la tenerezza e la
passione che
scatenava in lui.
Se
tutto ciò sarebbe servito a salvarle la vita, allora
sarebbe stato più che felice di sacrificare e recidere il
loro legame.
E
forse un giorno lei avrebbe capito e lo avrebbe perdonato
(ancora) e sarebbe ritornata. O forse no, ma almeno sarebbe rimasta in
vita.
Ricordava
benissimo gli attimi di terrore quando Katherine
gli aveva svelato il piano di Klaus e di come l’Antico stesse
cercando di
rapire Bonnie.
Erano
stati i cinque minuti peggiori della sua vita, almeno
finché non aveva visto ricomparire la rossa davanti a lui.
Non le aveva chiesto
cosa fosse successo, nemmeno come stesse. L’aveva solamente
abbracciata, quasi
per accertarsi che fosse veramente lì e che nessuno
gliel’avesse portata via.
Era
rimasto semplicemente paralizzato dal timore di averla
persa. Damon non poteva più permettersi di avere paura; era
una cattiva
consigliera e oscurava il suo giudizio. Doveva sparire come tutti gli
altri
sentimenti.
O
almeno quello era il suo piano originario. Dopo tutto il racconto
di Sage, le spiegazioni e quella terribile rivelazione, gli sembrava
che la sua
testa sarebbe esplosa da un momento all’altro. Era come se il
suo corpo volesse
spaccarsi in due, in una divisione molto semplice: una parte con i
sentimenti e
l’altra senza.
Il
suo vecchio essere scalpitava per ritornare a galla ma
sarebbe davvero riuscito a vincere contro quella pietra che si era
spezzata?
In
via teorica i suoi proposti erano perfetti e
probabilmente avrebbero anche portato ottimi risultati; ma in pratica
avrebbe
sul serio fatto credere a Bonnie di non tenere più a lei?
Dopo tutto ciò che si
erano detti, nonostante tutte le emozioni che provava nel suo animo?
Era
sensazioni fastidiose e le riteneva schifosamente umane
eppure non sapeva se era in grado di vivere senza, ora che le aveva
sperimentate.
E
considerando il modo in cui stava per cedere sotto lo
sguardo innocente della strega … beh … non
sarebbe stato così facile.
Frenò
la sua corsa solo quando l’insegna illuminata del
Grill gli lampeggiò davanti agli occhi. Chissà
come, ma in un modo o nell’altro
finiva sempre a caccia di alcol, perfino quando non lo cercava
spontaneamente.
Entrò
nel locale completamente vuoto, fatta eccezione per il
personale e per una donna bionda appoggiata al bancone, di spalle.
Damon
aggrottò la fronte stupito: non aveva mai visto Liz
Forbes frequentare così tante volte quel bar.
Accantonò
per un momento il desiderio di rimanere solo.
Aveva appena deciso di chiudersi a qualunque tipo di sentimento, ma non
poteva
lasciare che Klaus arrivasse in città, senza avvertire
l’unica persona che
avrebbe potuto fare qualcosa per proteggere Fell’s Church.
“Ti
sei iscritta anche tu al club degli alcolisti?”
scherzò
sedendosi accanto a lei.
La
donna non lo degnò di uno sguardo
“Vattene” sibilò.
“Su,
Liz! Non dirmi che ce l’hai ancora con me per quella
piccola omissione”.
“Piccola
omissione?!” ripeté lei scandalizzata
“Mi hai
mentito sulla tua identità solo per ingraziarti il Consiglio
e conoscere le
nostre mosse”.
“Vero”
ammise il vampiro con un’alzata di spalle
“L’ho fatto
per sopravvivere. Chiamalo istinto di auto- conservazione. Non mi
biasimerai
per questo?”.
“So
solo che da quando sei arrivato in città sono
incominciate le sparizioni e le morti per dissanguamento, gli attacchi
animali.
Coincidenze?” domandò con fare evidentemente
scettico.
“No”
non si sprecò nemmeno a negare “Ma non sono il
colpevole di tutte quelle morti”.
“Ah
no? Il signor Tanner? Il vagabondo al cimitero? E quella
ragazza, l’amica italiana di Bonnie?”.
Damon
si voltò incredulo verso di lei “Era la sua
migliore
amica!” esclamò “Non l’avrei
sfiorata nemmeno con un dito”.
Forse
quell’affermazione era un po’ esagerata dato che
aveva
soggiogato Clara e aveva provato a morderla ma non l’avrebbe
uccisa.
“Come
posso fidarmi di te quando non mi hai dato nessun buon
motivo?”.
“Non
sono qui per riconquistarmi la tua fiducia” disse Damon
“Sono qui per avvisarti che presto qualcosa di potente e
terribile potrebbe
colpire Fell’s Church. Dovete prepararvi o molti
moriranno”.
Liz
parve incerta e turbata “Perché me lo stai
dicendo?”.
“Perché
ti ho sempre detto tutto! Ti ho sempre aiutata e che
tu ci creda o no, ti consideravo un’amica; ti considero
tutt’ora un’amica”
confessò “Ho protetto questa città come
ho potuto e continuo a farlo”.
“Sei
un vampiro, Damon. Siete subdoli per natura”
“Anche
tua figlia?” insinuò tagliente.
“Caroline
è una vittima. Si è trovata in mezzo ma in fondo
è
la …”.
“E’
la stessa Caroline di sempre, lo so” concluse il vampiro
“E’ così che succede quando non spegni
la tua umanità. Non sono un santo, Liz,
non lo sono mai stato; ma se Fell’s Church non è
caduta nel caos è anche merito
mio. Non ho alcun interesse che questo paese venga travolto da una
guerra tra vampiri,
quindi per favore, dammi retta e avverti il Consiglio”.
“Vuoi
che ti ascolti? Bene! Allora comincia dalla verità:
com’è
possibile che mia figlia sia stata coinvolta negli affari di voi
vampiri? E
come mai è tornata a casa dal suo weekend di relax in
anticipo e
terrorizzata?”.
“Non
ti ha raccontato nulla?”.
“Ha
detto che non era niente ma una madre certe cose le
capisce al volo”.
“Mi
fa piacere sapere che non è cambiato molto tra voi. Tu
che cerchi in tutti i modi di fare la madre perfetta e lei che
t’ignora”.
“In
realtà … beh, è come un paradosso ma
da quando ho
scoperto la verità, parliamo molto di più, siamo
sincere, ci siamo ritrovate”
gli confessò “D’altra parte fatico
ancora a credere che quella sia la mia
Caroline; a volte ho ancora paura. Per tutta la mia vita mi hanno
insegnato che
i vampiri non erano più persone, che dovevano essere
eliminate perché dopotutto
erano già morte e non avevano pietà né
cuore. Invece Caroline è sempre la
solita e non riesco a capire perché …”.
Damon
si chiese come fossero passati dalle accuse alle
confidenze. Probabilmente il bicchiere di vino appoggiato sul bancone
davanti allo
sceriffo cominciava a fare il suo effetto.
“Ha
mantenuto la sua umanità!” sbottò Damon
“I vampiri sono
senza cuore perché posso spegnere i sentimenti ma Caroline
non l’ha fatto. Anzi
ora è una bomba di emozioni; la rabbia, la gioia,
l’angoscia, l’entusiasmo è
tutto amplificato a mille; quindi la tua cara figlia è
rimasta la solita
rompiscatole, maniaca del controllo” spiegò Damon
con una punta di disprezzo e
un po’ d’invidia che non sfuggì a Liz.
“Ne
parli come se fossi schifato”.
“Non
stavo offendendo Caroline”.
“Intendevo
i sentimenti. Eri come disgustato”.
“I
vampiri non sono fatti per i sentimenti, ma alcuni di noi
si ostinano a rimanere in parte umani ed è la loro
più grande debolezza”.
“E
tu non ha mai provato niente per nessuno?” domandò
Liz
“Da quanto mi ha raccontato Caroline, hai avuto un periodo
piuttosto
travagliato tra Elena e Bonnie”.
“Mi
fa piacere sapere che Baby Vamp non ha perso la sua
bocca larga” commentò Damon seccato
“Comunque uno scivolone capita a tutti”.
“Non
credo che sminuire i sentimenti ti farà sentire
meglio”
gli fece notare lei “Se è vero quello che mi hai
detto, ti sei legato a questa
città e a qualcuno dei suoi abitanti, in pochi mesi.
È chiaro che sentissi la
mancanza di un po’ di calore affettivo”.
“Sì,
va bene! I sentimenti sono il succo della vita”
scimmiottò il vampiro “Ma per le cose importanti
sono solamente d’intralcio”.
“Che
stai dicendo?”.
“Perché
credi che ai chirurghi non sia permesso di operare i
propri famigliari? Per far sì che non vengano coinvolti
emotivamente” dichiarò
lui “La stessa legge può essere applicata alla
vita di tutti i giorni. Se
Caroline, fosse in pericolo, non preferiresti essere distaccata e
lucida? Non
preferiresti che quello che provi per lei non ti fosse di ostacolo e
non
offuscasse il tuo giudizio? Se fosse per il suo bene, non
l’allontaneresti per
assicurarti che sia al sicuro?”.
Liz
ebbe l’impressione che improvvisamente il soggetto del
discorso fosse cambiato; iniziava a pensare che Damon non stesse
più parlando
di lei e Caroline.
“Farei
esattamente in contrario” asserì “Le
starei vicino,
le farei sentire che le voglio bene; perché se le cose
dovessero andare male,
Caroline avrebbe passato le sue ultime ore ad odiarmi e non lo
sopporterei”.
Un
fastidio nauseante s’impossessò del corpo di
Damon. Perché
mai nessuno gli dava ragione? Perché erano tutti
così accecati dai sentimenti
da non vedere quale fosse la soluzione migliore?
Soluzione
migliore per
Bonnie o per te?
Lo
sguardo di Damon s’indurì. Era convinto di essersi
liberato di quell’irritante coscienza mascherata sotto la
voce di suo fratello.
“Se
fossi stata meno umana, più razionale, forse ti saresti
accorta che qualcosa non andava con Caroline, forse avresti potuto
proteggerla”.
Liz
si alzò dallo sgabello infuriata. Damon cercava di
toccare i suoi tasti deboli ma lei non ci sarebbe cascata. Sapeva di
aver fatto
tutto il possibile per tenere Caroline al sicuro e anche il vampiro lo
sapeva.
“Come
puoi comportarti così? Come puoi essere così
freddo?*”.
“E’
ciò che mi mantiene in vita*”.
“No,
è ciò che ti fa restare solo*” e
uscì dal locale senza
aggiungere altro.
A
Damon non restò altro che darsi da solo dello stupido.
Attaccarla in quel modo non era servito a niente, anzi era stato
davvero un
colpo basso cercare di ferirla nel suo senso di colpa di madre.
Le
parole della donna lo avevano innervosito e spiazzato.
Sperava in una conferma della sue teorie e invece aveva ricevuto
l’ennesima
lezione di vita da un’umana.
Le
sue posizioni, già non molto solide all’inizio,
preso a
traballare pericolosamente.
La
domanda è: ti stai
comportando così per proteggere Bonnie o te stesso?
Ecco
di nuovo quella dannata coscienza.
Hai
trascorso cinquecento
anni a preoccuparti per te stesso e continui a farlo.
Si
prese la testa tra le mani. Sarebbe impazzito, sarebbe di
sicuro impazzito.
La
verità è che hai il
terrore di soffrire ancora se qualcuno dovesse fare del male a Bonnie e
credi
che eliminando i sentimenti, eliminerai anche il dolore.
Ok,
era pazzo.
Pagò
il conto ed uscì dal Grill, ripercorrendo la strada a
ritroso.
Puoi
scappare finché
vuoi, Damon, ma quello che provi per Bonnie non sparirà e se
lo combatti sarà
solo peggio.
Rientrò
al Pensionato immerso nel silenzio. Era tardi.
Salì
le scale e ad aspettarlo c’era la camera della rossa,
con la porta dimenticata aperta. Un segno? Una piccola spintarella del
destino?
La
strega era stesa sul materasso, girata su di un fianco.
Non dormiva, Damon lo intuì dal respiro accelerato.
Sei
davvero capace di
portare avanti questa recita? Di farti odiare così tanto?
Damon
tentennò sulla soglia, lasciando che il suo lato umano
e quello vampiresco continuassero a lottare.
Liz
ha ragione: rimarrai
solo per l’eternità. Hai già passato
cinque secoli in solitudine, ti è
piaciuto?
No.
Se
andrai avanti così,
perderai Bonnie in ogni caso.
No,
non posso perderla.
Ti
lascerà e troverà
qualcuno che le stia vicino e che riesca a darle ciò che
merita.
Bonnie
è mia.
Fece
un passo nella camera senza nemmeno accorgersene. E poi
un altro e un altro ancora, fino a che non si stese sul letto accanto a
lei.
“Vattene”
mormorò la ragazza; il suo sguardo fisso sulla
finestra.
“No”
sussurrò Damon.
“Devi
andartene” s’impuntò Bonnie
“Oggi mi hai ferita, mi hai
fatto male”.
“Lo
so” rispose lui a bassa voce “E mi
dispiace”.
“Non
ti voglio qui”.
“Sissi,
sei arrabbiata e lo capisco. Domani potrai
vendicarti come più ritieni opportuno ma adesso …
adesso ho bisogno che tu mi
stia ad ascoltare perché devo dirti una cosa
importante”.
Damon
si tirò a sedere e Bonnie si girò verso di lui,
colpita dal suo tono serio.
Il
vampiro le raccontò tutto quello appreso da Katherine e
da Sage; raccontò di Klaus, del rituale, di come Elena fosse
solo una
copertura.
La
ragazza ad ogni parola sentì sempre più
l’angoscia che
aveva provato la sera prima quando aveva affrontato Klaus, la paura di
essere
strappata via dai suoi cari, di finire in mani nemiche e sconosciute.
Per
tutto il giorno aveva finto di stare bene, tentando
d’ignorare e dimenticare più possibile quel
vampiro che aveva sterminato la sua
famiglia e che voleva rapirla per usarla, magari torturarla.
Per
tutti gli anni in Italia era stata costretta a stare
divisa dalla sua famiglia e dalla sua città, non voleva
rivivere quel senso di
solitudine e abbandono.
I
suoi nervi non tennero più ed esplose in un pianto
incontrollabile. Nascose il viso nel petto di Damon e
continuò a singhiozzare
cullata dalle sue braccia.
Al
momento non le importava come l’avesse trattata,
né che
l’avesse morsa; si scordò delle ragazze mezze
svestite e della freddezza che le
aveva riservato. Non era una questione conclusa, ma avrebbe potuto
aspettare
almeno fino al giorno dopo.
Voleva
solamente restare nell’abbraccio di Damon, voleva
sentire la sua bocca baciarle i capelli e dirle che sarebbe andato
tutto bene.
Voleva
addormentarsi accoccolata accanto a lui e credere di
poter rimanere così per tutta la vita.
Voleva
sentirsi a casa, almeno finché ne avesse avuto la
possibilità.
“I got no
emotions for anybody else
You better
understand I'm in love with myself
My beautiful
self
A no feelings a
no feelings
A no feelings
For anybody
else”
(No
feelings- Sex Pistols).
Il
mio spazio:
Ehm
… ehm … ehm.
Mi
state odiando? State odiando Damon?
State
tranquille, consideratela solo una caduta; giuro che
nel prossimo capitolo il nostro vampiro si rimetterà in
sesto e striscerà anche
un po’ (non troppo, ma il giusto).
Questo
capitolo è praticamente tutto incentrata sulla lotto
interiore di Damon: era ora che le sue due componenti si scontrassero.
Non
siate troppo severe nei suoi confronti; si è comportato
malissimo con Bonnie ma cercate di capirlo.
Il
mondo gli sta crollando addosso, la sua streghetta
rischia grosso e lui per tutto il tempo non si è nemmeno
preoccupato del
pericolo, troppo impegnato a vivere le emozioni.
Allora
fa ciò che gli riesce meglio: scappa.
Scappa
perché lui per primo non potrebbe sopportare di
perderla e scappa perché crede che sia il modo migliore per
tenerla al sicuro.
È
convinto che i suoi sentimenti siano la causa di tutto, è
convinto che abbiamo offuscato la sua lucidità. Ergo
l’unica soluzione è il
distacco emotivo.
Ben
presto però si accorge che è un’altra
delle sue idee del
piffero, grazie anche a una piccola spintarella da parte di Liz Forbes.
La
verità è che ormai è immerso fino al
collo nei sentimenti
e non vuole nemmeno mandarli via, non vuole far star male Bonnie.
Nel
prossimo capitolo ci sarà spazio per tutte le questioni
lasciate sospese in questo, ma per ora voleva lasciare un momento di
pace e
tenerezza per quei due.
Che
ne dite anche sul flashback sulla trasformazione dei
Salvatore? Ho voluto fare proprio il contrario rispetto al telefilm.
Nel
libro non è mai stata descritta, ma è stato
più volte
ribadito che Damon odiasse suo fratello già prima di
Katherine, per cui ho
pensato che sarebbe stato coerente scrivere di un Damon che
“costringe” Stefan
a nutrirsi solo per vendetta.
Settimana
prossima ricomincia TVD con la quarta stagione!
Non vedo l’ora!
Cosa
vi aspettate?
Io
personalmente spero di vedere una Bonnie diversa; un po’
meno maestrina. Dagli spoiler sembra che si addentrerà un
po’ nel lato oscuro
della magia quindi mi pare illogico che continui con il suo odio verso
i
vampiri!
Ora
vi lascio!
Ringrazio
tantissimo chi commenta, chi mi segue e legge!
Ci
vediamo il 19 ottobre con il capitolo 35 e se tutto va
bene dopo arriverà il quarto di Crazy Little Thing Called
Love (a proposito,
risponderò presto alle recensioni che mi avete lasciato in
quella storia,
scusate il ritardo!).
Buona
serata,
Fran;)
*Queste
tre battute sono tratta dal film di 007, Goldeneye del
1995. Ieri sera c’era la tv accesa; ho sentito questo scambio
di battute e mi
sono detta: sarebbero perfette per Damon e Liz. Beh, eccole qui =)
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Capitolo 35 *** So darkness I became ***
Ashes &Wine
Capitolo trentacinque: So darkness I became.
“And in the
dark, I can hear your heartbeat
I tried to find the sound
But then it stopped, and I was in the darkness,
So darkness I became
The stars, the
moon, they have all been blown out
You left me in the dark
No dawn, no day, I'm always in this twilight
In the shadow of your heart
I took the
stars from our eyes, and then I made a map
And knew that somehow I could find my way back
Then I heard your heart beating, you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you”
(Cosmic love-
Florence and the Machine).
C’era
una prima volta per tutto.
Era
una sensazione che Stefan aveva sperimentato più volte,
senza abituarcisi troppo.
Gli
effetti erano sempre i soliti: nervosismo, sorpresa, insicurezza.
Stefan
stentava perfino a ricordare tutte le innumerevoli
prime volte della sua vita. C’erano state delle prime volte
da umano e ne aveva
ripetuto molte da vampiro. Tante altre invece erano sopraggiunte solo
dopo
essersi trasformato.
Nonostante
i suoi cinque secoli portati egregiamente, alcune
esperienze erano ancora sconosciute e spaventose.
Come
camminare per ore davanti alla casa della propria ex
ragazza, cercando di trovare le parole giuste per riprenderla con
sé.
Non
che fosse colpa di Stefan. Aveva avuto tutto il diritto
di prendersi una pausa e dare tempo ad entrambi di riflettere sulla
loro relazione.
Aveva
desiderato con tutto il cuore stare con Elena ma non
poteva permettersi di venire nuovamente ferito da un altro tradimento,
da altre
incertezze.
Voleva
condividere il resto della sua vita con la sua amata
ma non voleva dividerla più con nessuno, il suo cuore doveva
essere rivolto
solo verso di lui.
Elena
in quei mesi si era veramente impegnata per farsi
perdonare e per rimediare ai suoi errori.
Stefan non poteva scordare la sincerità con cui
lei gli aveva confessato
i suoi sentimenti.
D’altra
parte la ragazza era ancora molto giovane; il
fascino di suo fratello l’aveva già tentata una
volta, avrebbe potuto
ricapitare.
Stefan
aveva preferito temporeggiare perché non avrebbe
potuto sopportare un’altra delusione. Fidarsi di Elena e
contemporaneamente di
se stesso si era rivelato più difficoltoso del previsto.
Almeno
fino a quel giorno.
Chi
lo avrebbe mai detto che Katherine avrebbe segnato la
svolta decisiva nel loro rapporto? Ironia della sorte: voleva separarli
e al
contrario il suo gesto estremo li stava per riavvicinare, probabilmente
in
maniera definitiva.
Elena
aveva confessato tutto a Stefan, aveva chiuso la sua
storia con Damon, si era pentita e aveva accettato di aspettarlo
finché non
fosse riuscita a riconquistare il suo vero amore.
Stefan
forse ne aveva approfittato un po’ troppo. Certo, lui
non aveva colpa, era stato ferito, quindi comprensibilmente non voleva
subito
rigettarsi in una storia che forse non avrebbe avuto lieto fine, ma da
un lato
aveva voluto farla penare un po’, prendersi una piccola
ripicca.
Ma
quanto avrebbe potuto costargli quel moto di orgoglio?
L’apparizione
di Sage e tutte le notizie che aveva portato,
gli avevano fatto capire che in una vita come la loro non
c’era spazio per i
tentennamenti. Tutto avrebbe potuto cambiare da un momento con
l’altro.
Fino
a qualche giorno prima, Elena era la doppelgaenger di
Katherine, Klaus la stava cercando e in qualche modo tutti si erano
preparati
all’idea.
Nel
giro di poche ore, Katherine era morta, Bonnie si era
ritrovata al centro delle mire del vampiro originale. Lo era sempre
stata ma
nessuno se n’era mai accorto.
Stefan
aveva visto lo sguardo di disperazione sul volto di
suo fratello quando aveva dovuto rivelare (e quindi rendere reale) di
essere
già a conoscenza dei nuovi risvolti. Aveva taciuto tutto
nella speranza che
fosse solo una brutta bugia e invece la conferma era giunta puntuale
come un
orologio.
Stefan
non voleva provare quel tipo di dolore; non voleva
assistere impotente mentre l’amore della sua vita gli veniva
strappato via.
Elena
per il momento era salva ma quanto sarebbe durato?
Non
poteva più permettersi di sprecare tempo. Elena era
salvezza, Elena era amore, Elena era casa.
Il
vampiro aveva bisogno di lei; mai come in quel frangente.
Aveva bisogno di qualcuno che gli desse la forza di andare avanti e
trovare un
modo per proteggere Bonnie e tutti loro.
Eppure
non riusciva a suonare quel dannato campanello,
qualcosa lo frenava. Stefan non era mai stato un insensibile, il suo
cuore era
puro e aveva mal sopportato la sua condizione di vampiro; non era capace di spegnere
le emozioni.
Sentiva
di essere colpevole, di aver abbandonato Elena.
Forse se avesse messo da parte prima le sua riserve, la bionda non si
sarebbe
mai trovata ad un passo dalla morte. Non era molto nobile tornare da
lei spinto
dalla paura di perderla nuovamente.
Temeva
che la ragazza lo avrebbe rifiutato perché convinta
che la sua non fosse una decisione presa a mente lucida. Il che da una
parte
era vero.
Ma
se c’era una cosa che Stefan non aveva mai messo in
dubbio era il suo amore incondizionato per Elena. Allora
perché tergiversare
come un ragazzino alla sua prima cotta?! Era un vampiro di cinquecento
anni,
per diamine!
Elena
era sua e solo sua; aveva tutto il diritto di
riprendersela.
Proprio
quando si era finalmente deciso a suonare il
campanello, la manica della camicia si alzò lasciando
scoperto l’orologio da
polso e Stefan si rese conto di essere stato (forse) un po’
troppo precipitoso.
Erano le sei e mezza di domenica mattina. Zia Judith lo avrebbe
ammazzato se li
avessi svegliati a quell’ora.
Piano
B: la finestra di Elena.
Sebbene
non fosse proprio educato sgattaiolare in camera di
una ragazza senza essere stato esplicitamente invitato, Stefan non
vedeva altra
soluzione.
Dopotutto
suo fratello lo aveva fatto decine di volte senza
averne nemmeno il diritto.
Era
passata da poco la metà di giugno e faceva parecchio
caldo anche di mattina presto: la finestra era spalancata e per Stefan
fu
facile entrare.
Si
mosse attorno al letto della bionda che ignara continuava
a dormire tranquillamente. Per Stefan fu un sollievo vederla
così immersa nel
sonno.
Un
po’ di risposo serviva a tutti, ma Elena, dopo Bonnie,
era quella che se l’era passata peggio qualche sera prima e
si meritava un po’
di pace.
Si
stese sul materasso e cominciò a carezzarle i capelli
lisci. Lei si mosse nel sonno e si accoccolò contro il corpo
del vampiro,
strofinando la punta del naso sul suo collo.
“Stefan?”
sussurrò accomodandosi meglio.
“Sshh,
sono qui” la tranquillizzò lui “Continua
a dormire”.
Piano,
piano la consapevolezza di averlo accanto a sé si
fece strada in Elena che di colpo si svegliò come se avesse
ricevuto una
secchiata d’acqua gelata.
“Perché
sei qui? Che ore sono?” chiese a raffica, scattando
a sedere e sottraendosi all’abbraccio “E’
successo qualcosa? È Bonnie? Sta
bene?”.
“Va
tutto bene” cercò di calmarla “Non devi
preoccuparti,
non è successo niente” e la riaccolse tra le sue
braccia stendendosi nuovamente
sul materasso.
“Allora
perché sei qui?” mormorò con un fil di
voce la
bionda.
“Non
avrei dovuto lasciarti andare via con Katherine; sono
stato stupido e ti ho messo in pericolo” ammise subito, senza
tanti giri di
parole.
“Non
dire così” lo consolò lei
“Katherine aveva offuscato la
tua mente e quella di Damon; non avresti potuto fare niente
comunque”.
“Avrei
dovuto stare più attento. Ho permesso a Katherine
d’insinuarsi tra noi, le ho permesso di insegnarti a
difenderti”.
“Quello
è stato utile in realtà. Anche se non sono
riuscita
a difendermi così bene” sorrise Elena un
po’ imbarazzata “Ne è valsa la pena,
Stefan” gli fece notare “Katherine si è
smascherata, ci ha detto del vero piano
di Klaus. Ora possiamo proteggere Bonnie come si merita”.
Il
volto del vampiro si rabbuiò.
Elena
gli posò una mano sul viso girandolo verso di lei
“Non
le succederà niente, Stefan. Tu e Damon la terrete al
sicuro; nessuno ce la
porterà via” tentò di rassicurarlo. Non
sapeva quanto fossero veritiere le sue
parole, ma doveva crederci.
“Se
ti avessero fatto del male, non me lo sarei mai
perdonato” disse lui scostandosi dal tocco leggero della
ragazza “Non ho mai
voluto questo per te, Elena. Avevo ragione, all’inizio, a
tenerti lontana. Tu
non avresti dovuto essere coinvolta in tutto questo casino”.
“Ma
io sono felice” obiettò Elena “Ho fatto
tanti sbagli ma
conoscerti è stata la cosa migliore che mi sia mai capitata
e mi dispiace di
non avertelo dimostrato”.
“Non
ti biasimo per quello che è successo” le
confidò lui
“Mi hai ferito ma non posso continuare a punirti per tutta la
vita perché sto
punendo anche me stesso. Non voglio che il mio orgoglio
m’impedisca di stare
con te, non voglio più sprecare tempo. Io ti amo,
Elena”.
“Anche
io ti amo”.
L’aveva
detto talmente velocemente e con una naturalezza
tale da stupire entrambi. Non era certo la prima volta che si
dichiaravano
amore, ma ora aveva un significato diverso, più maturo,
più consapevole.
“Sono
seria, Stefan. Ci sei sempre stato tu e ci sarai per
sempre. Dal primo momento in cui ti ho visto, ho sentito qualcosa: era
come se
tutto stesse andando al suo posto. Non sono perfetta, ma sei
l’unica persona
per cui vorrei esserlo”.
Stefan
sbuffò sinceramente divertito da quella situazione
paradossale “In questo credo di essere molto simile a mio
fratello con Bonnie”.
“Che
vuoi dire?”.
“Se
avessi un minimo di buon senso ti lascerei in pace. Ma
sono egoista e ti voglio per sempre con me”.
“Allora
tienimi con te”.
Nessuno
si stupì del bacio che arrivò qualche istante
dopo,
irruento e passionale come non lo era mai stato.
Stefan
la schiacciò sul letto con il suo corpo nel disperato
bisogno di sentirla vicina e sua.
La
giovane piegò istintivamente il collo.
Il
vampiro affondò delicatamente i suoi canini nella carne
mentre la nutriva con il suo sangue attraverso il polso.
Non
c’era bisogno di parole o di confessioni. Le loro menti,
le loro anime si erano nuovamente legate, i loro cuori uniti.
Quella
scambio di emozioni era più forte di qualunque
connessione fisica, più eloquente di qualsiasi
dichiarazione. Era una promessa.
Per
sempre e in ogni caso.
Così
come avrebbe dovuto essere fin dall’inizio.
C’era
una prima volta per tutto.
Damon
Salvatore, per quanto lo riguardava, credeva di averne
provate un po’ troppe negli ultimi sei mesi.
Nella
sua lunga esistenza c’erano state parecchie prime volte;
tutte rivolte al suo piacere, tutte rivolte al suo volere. Nessuna di
queste lo
aveva mai infastidito.
Perché
mai? Erano state perfettamente in linea con la sua
indole di vampiro. Certo, da umano non avrebbe mai pensato che un
giorno si
sarebbe trasformato un assassino spietato e senza scrupoli ma infine
quella era
diventata la sua natura e non c’era motivo di stranirsi.
Tutto
aveva continuato a procedere splendidamente; poteva
convivere benissimo con quelle scelleratezza fino a che le sue emozioni
fossero
rimaste spente.
Le
cose erano drasticamente cambiate grazie a Bonnie, o per
colpa sua; dipendeva dai punti di vista.
In
apparenza Damon Salvatore restava un vampiro, senza
scrupoli e senza sentimenti, anche se in pratica si era rammollito
parecchio.
Non nei confronti di tutti, ma almeno verso chi contava qualcosa per
lui.
Bonnie
troneggiava in cima alla lista. Eppure le aveva fatto
del male; l’istinto di proteggerla l’aveva portato
a ferirla nel profondo, più
e più volte. Il giorno prima era stato solamente uno dei
tanti episodi.
Ammetteva
che farsi trovare in mezzo al salotto, circondato
da una banda di danzatrici seminude, non era stata proprio la sua mossa
più
nobile.
Probabilmente
se i ruoli fossero stati invertiti e l’avesse
trovata anche solo a ballare con un qualunque ragazzo, avrebbe ucciso
lui e
segregato lei nel seminterrato fino a data da stabilirsi.
Bonnie,
invece, aveva mantenuto una calma invidiabile; non
solo aveva scoperto subito il suo trucco, ma aveva pure cercato di
aiutarlo,
supportarlo, consolarlo.
Il
risultato? Si era sentito un piccolo vermiciattolo e come
tale ora era giunta l’ora di strisciare per
la prima volta.
Se
gli altri vampiri avessero saputo che il grande e temuto
Damon Salvatore si era ridotto in quello stato per colpa di una
ragazzina,
avrebbero inventato tante di quelle barzellette da far ridere intere
generazioni di esseri sovrannaturali.
Fortunatamente
nessuno obbligava Damon a mostrare quel lato
di sé al mondo. La sua reputazione era ancora intatta e
poteva pretendere un
certo rispetto.
Trattandosi
di Bonnie, però, urgeva un bel cambiamento o
l’avrebbe seriamente persa. Aveva già corso il
rischio in un’infinità di
occasioni, voleva davvero tentare di nuovo la fortuna?
Perdere
Sissi:
quella era una prima volta che non sarebbe
stato disposto a sperimentare; perché non sarebbe stato
possibile rimediare.
Alla
fine, ecco che era giunto il giorno che Damon aveva
evitato per tutti quegli anni come la peste: il giorno in cui doveva
prendersi
le sue responsabilità.
Non
sembrava comunque una prospettiva così spaventosa se lo
avesse aiutato a farsi perdonare definitivamente da Bonnie.
Si
era sempre comportato come un immaturo, come un bambino
ma adesso era deciso ad imparare.
Imparare
a fare le cose diversamente, imparare ad essere
migliore, imparare ad ascoltarla e aspettarla, imparare a non sbagliare
più.
La
rossa era l’unica capace di donargli un po’ di luce
e
dopo tutti quei secoli di tenebre, Damon cominciava davvero ad
apprezzare un
cambiamento.
Gli
piaceva stare nella luce, sebbene non si sentisse ancora
degno ma prima o poi avrebbe trovato anche lui uno spazietto ad
attenderlo.
Perciò
quella mattina si era svegliato abbastanza presto,
ben risoluto a sistemare quel casino che aveva combinato.
Aveva
lasciato Bonnie nel letto, a dormire placidamente come
se niente potesse disturbarla. Vederla così serena era una
gioia per gli occhi.
Girò
un’altra volta la frittata al prosciutto che stava
cuocendo a fuoco lento sulla padella. I vantaggi di essere italiano
cominciavano a risultare utili.
Aveva
già chiamato il centro commerciale di Fell’s
Church,
commissionando un grosso ordine di scarpe e borse firmate e aveva
lavato la
macchina di Bonnie; o meglio aveva ipnotizzato qualcuno a farlo, ma il
risultato era sempre lo stesso.
Certamente
la strega non si sarebbe lasciata comprare così
facilmente, ma almeno era un buon inizio.
Dopotutto,
quello era solo un assaggio; il vero piatto forte
sarebbe arrivato quella sera. Damon aveva programmato una cenetta
solamente per
loro due, accompagnata da musica classica. Al solo pensiero gli
venivano le
carie; avrebbe fatto un grande sforzo e Bonnie lo avrebbe apprezzato.
O
almeno così sperava.
La
ragazza si stiracchiò nel letto e si guardò
intorno un
po’ spaesata. Si voltò istintivamente
dall’altra parte del letto ma non vide
nessuno. Ricordava di essersi addormentata con Damon ma forse si era
sbagliata.
Dopo
la bomba che le aveva sganciato la notte prima, si
doveva essere dileguato per non subire troppe pressioni. Tipico.
Bonnie
si sorprese parecchio di scoprirsi così calma
nonostante la terribile notizia che
le
aveva dato il vampiro.
Tra
le sue braccia aveva avuto un tracollo nervoso,
scoppiando a piangere a dirotto ma ora non sentiva più
niente.
Si
era appena svegliata, era ancora intontita. Probabilmente
il colpo sarebbe arrivato durante il corso della giornata. Al momento
non
voleva preoccuparsene.
Udì
un rumoroso sbattere di pentole al piano di sotto.
Aggrottò la fronte.
Chi
stava cucinando? In casa erano in tre, due dei quali prediligevano
la carne cruda.
Scese
in cucina per trovarsi di fronte alla scena più
surreale cui avessi mai assistito: Damon Salvatore davanti ai fornelli,
con un
canovaccio sulla spalla, mentre spadellava un’omelette da
profumo molto
invitante.
Stava
ancora sognando, non c’era altra soluzione.
“Bonnie!”
esclamò il vampiro con un sorriso smagliante “Sei
arrivata giusto in tempo, la colazione è quasi
pronta”.
“Cos’è
tutta questa roba?” chiese lei ancora incredula.
“Ho
fatto le frittelle e qualche toast. Lì ci sono ciambelle
e brioches, al cioccolato, so che sono le tue preferite. Non stare in
piedi;
siediti!” la incitò, spingendola verso il tavolo e
spostandole la sedia per
farle posto “Fossi in te comincerei con la frittata al
prosciutto, ancora calda”
e le posò il piatto sulla tavola.
Bonnie
afferrò titubante le posate che Damon le stava
offrendo, mentre lo osservava di sbieco.
“Vuoi
del succo d’arancia?” le consigliò
alzando la brocca.
In
che diamine di
universo parallelo sono finita?!
“Grazie”.
“E’
stato divertente. Era da tanto che non cucinavo”.
Praticamente da mai. “Come hai dormito?”.
Bonnie
bevve un sorso della spremuta “Abbastanza bene;
nessun incubo”.
“Questo
lo so” le disse Damon “Ho fatto in modo che non ci
fossero” le svelò.
La
giovane rimase attonita. Era stato un gesto … carino?
“Credevo
che la mia mente fosse impenetrabile”.
“Per
lo più lo è” confermò Damon
“Quando dormi però le
difese abbassano la guardia e … sono riuscito a tenere
lontano qualunque tipo
di sogno”.
Bonnie
sorrise “E’ buona” si
complimentò indicando la
frittata con il coltello “Ma non sono il tipo da farmi
corrompere da un po’ di
cibo”.
La
contentezza lasciò il volto del vampiro; doveva
aspettarselo che la rossa non avrebbe abboccato al suo piano per
rabbonirla.
“E’
un inizio” provò ad intenerirla con un ghigno
stiracchiato.
“Quello
che mi hai detto ieri sera era un inizio, essere
stato sincero con me era un inizio” lo corresse
“Un’ottima colazione e dei modi
gentili non mi faranno dimenticare quello che hai combinato con quelle
ragazze
o con me”.
Non
l’avrebbe passata liscia così facilmente; Damon
doveva
immaginarselo.
“Sta
per arrivare anche un ordine speciale dal centro
commerciale. Il tuo numero è il 37, giusto?” fece
un ultimo tentativo.
“Damon!”
lo sgridò lei fulminandolo con un’occhiata.
“Ci
sto provando, okay!?” sbottò il vampiro
“Sto provando a
comportarmi come vorresti ma non sono bravo a fare il fidanzatino
perfetto”.
“Io
non voglio che tu sia il fidanzatino perfetto”
replicò
Bonnie “Mi sarei semplicemente accontentata di tornare a casa
e non trovarti
nel bel mezzo di un sexy party con tre galline schiavizzate al tuo
volere”.
“Non
ci ho fatto niente, le ho solo morse” si difese lui
“Non è successo assolutamente niente, ma tu dovevi
crederlo perché era giusto …
e io … io non ho
fatto niente”.
Bonnie
faticò seriamente a star dietro al ragionamento
dell’uomo di fronte a lei “Perché dovevo
credere che fosse successo qualcosa?”.
“Era
l’unico modo … ti dovevo allontanare, tu avresti
dovuto
odiarmi”.
“Odiarti?
Ti ricordi che inferno abbiamo passato quando
pensavo di odiarti? Vuoi davvero tornare a quel punto?”.
Damon
abbassò il capo mortificato “Avresti fatto meglio
a
non perdonarmi”.
“Non
è una cosa che posso fare a comando. Odiarti
intendo”
chiarì Bonnie “Sai quando mi sono veramente
arrabbiata? Non per la squallida
scenetta in salone né per l’assalto in bagno.
È stato ieri sera, quando mi hai
raccontato tutto quello che ti avevano rivelato Katherine e Sage. Tu lo
sapevi
e non mi hai detto niente!” lo accusò
“Qualcuno aveva appena cercato di rapirmi
e strapparmi dalla mia vita e io non capivo il perché. Ero
spaventata e confusa
e avevo bisogno che qualcuno mi tranquillizzasse e mi spiegasse. Avrei
dovuto preoccuparmi
di queste cose, ma riuscivo solo a pensare perché ti stavi
comportando così,
che cosa aveva fatto di male per meritarmi un trattamento
così freddo. In un
modo o nell’altro mi ferisci e lo fai di proposito. Questa
è una cosa che non
riesco a sopportare”.
“Ma
è una cosa buona, vero?” chiese Damon con un moto
di
speranza che Bonnie proprio non comprese “Il fatto che io
riesca a ferirti così
in profondità è una cosa buona!”
ribadì “E tu hai lo stesso potere su di me
perché noi teniamo uno all’altra, siamo legati.
Noi ci apparteniamo, Bonnie, è
per questo che c’importa così tanto”.
La
strega non sapeva se essere toccata da quel discorso o
costernata “Io non userei mai quel potere su di te! Non
vorrei mai vederti
soffrire, tu invece non hai problemi a farmi del male”.
“Non
è divertente nemmeno per me, te lo assicuro”
berciò
Damon “E se dipendesse solamente da me, io
…”.
“Dipende
da te!” alzò la voce la ragazza “Sei
stato tu a
portare quella ragazze in casa nostra, sei stato tu a
mordermi!”.
“Non
sono io che ti voglio portare via, dannazione!”
urlò
lui “Sto cercando di proteggerti. Ho bisogno di tutta la mia
lucidità per
farlo, ho bisogno di mantenere la calma e tutti questi sentimenti che
ho per te
mi coinvolgono troppo! Quando ti penso, è come se avessi la
mente offuscata,
non riesco a ragionare. Credevo che l’unica soluzione per
proteggerti fosse
spegnere le emozioni e tornare ad essere il vampiro egoista che ero un
tempo”.
“Stai
dicendo che ti rendo debole?” domandò a bruciapelo.
Damon
sospirò “Sto dicendo che non sono bravo a gestire
quello che provo. Mi rendo conto di aver fatto lo stronzo e so che una
colazione e qualche regalo non risolverà magicamente tutto.
Ti sto chiedendo di
fidarti di me. Sto imparando ma mi serve anche il tuo aiuto”.
“Sai
una cosa, Damon” iniziò Bonnie con una certa
freddezza
“La verità è che tu mi dai per
scontata. Sei convinto che qualunque cosa farai,
io sarò sempre lì ad aspettarti. Il che
è vero, ma c’è un limite anche per me.
Prima o poi smetterò di perdonarti”.
Il
vampiro quasi non si accorse di essere rimasto solo nella
cucina da tanto era rimasto gelato da quelle parole.
Si
era deciso a sistemare tutto e invece aveva solo
peggiorato le cose. Forse Bonnie aveva ragione, forse lui stava tirando
troppo
la corda.
Ma
come poteva ammettere così apertamente l’effetto
che la
streghetta aveva su di lui? L’avrebbe reso ancora
più vulnerabile di quando già
non fosse.
Come
poteva confessare di aver fottutamente paura di non
poterla difendere? Sarebbe scoppiato il panico.
Per
il momento, aveva un violinista da disdire.
“Mi
sono proprio rotta le palle!”
s’infervorò Meredith e
sbatté una grossa balestra sul tavolo della cucina di
Caroline.
“Ti
dispiace toglierla da lì? Mia madre tornerà tra
poco e
non sarà felice di trovare un’arma medievale in
bella vista”.
“Beh
tua madre è lo sceriffo! Dovrebbe fare qualcosa”
replicò Meredith agitando le mani con aria agitata.
“Stai
per caso impazzendo?”.
“Sì!”
confermò “Sto impazzendo, perché qui ci
hanno preso
tutti per il culo e noi nemmeno ce ne siamo accorti!”.
Sentire
Meredith parlare in quel modo era scioccante. Di
solito così calma e composta, si era lanciata in
imprecazioni e scelte
lessicale discutibili.
“E’
il momento di prendere una bella camomilla, che ne
dici?” propose Caroline.
“Così
la istighi a staccarti un braccio,
non a calmarsi” le fece notare Matt sedendosi
accanto a lei intorno al tavolo della cucina.
“Sto
per fare una domanda forse stupida” se ne rese conto da
solo Tyler “Ma quando pensavamo che Klaus volesse Elena, non
ci eravamo fatti
prendere così dallo sconforto. Che cosa cambia ora con
Bonnie? Nessun piano?”.
“Non
avevamo un piano nemmeno per Elena” svelò Meredith
“L’unica
che poteva aiutarla era proprio Bonnie”.
“Allora
Bonnie non potrebbe proteggere se stessa?”.
“Alaric
e Sage hanno setacciato tutti i libri in loro
possesso” spiegò la mora “Ci vogliono
anni di allenamento per poter controllare
un Originale e Bonnie ha scoperto solo da qualche mese di essere una
strega.
Inoltre contavamo sull’effetto a sorpresa: nessuno era a
conoscenza dei suoi
poteri. Sarebbe stato un gran vantaggio”.
“La
verità è che ci siamo seduti sugli
allori” sospirò
Caroline “Ci potevamo basare solo sulla parola di Katherine;
Sage ci aveva
detto che la sua versione era verosimile ma non ne avevamo prova certa.
In
tutti questi mesi Elena non è mai stata in pericolo, nessuno
l’ha cercata, non
potevamo nemmeno dire se Klaus sapeva o no della sua esistenza, poi
c’è stata
la questione dei lupi mannari e ce ne siamo scordati. Forse eravamo
convinti
che non sarebbe arrivato davvero”.
“Ci
siamo fatti ancora una volta accecare dalla luce di
Elena” s’incolpò Matt “Quando
Christopher ha provato a rapire Bonnie avremmo
dovuto capire che c’era qualcosa di sospetto. Dopotutto,
dalla storia di Damon,
qualcuno ha sempre dato la caccia a Bonnie e anche se non potevamo
immaginare
che fosse proprio Klaus, avremmo lo stesso dovuto pensare anche a
lei”.
“Va’
avanti così, Matt; fammi sentire ancora un po’ in
colpa” brontolò la vampira.
“Non
ci daremo già per vinti?!” si indignò
Tyler.
“Per
quanto vorrei aiutarla, non so come potremmo essere utili.
Neanche qualche giorno fa Katherine per poco non uccideva Elena sotto
al naso
di Caroline e Klaus non rapiva Bonnie sotto al mio. Ammettiamolo, io e
Matt
siamo umani e tu e Care non aveva ancora la forza di combattere contro
un
vampiro così anziano” si demoralizzò
Meredith.
Tyler
stentava a credere le proprie orecchie: se anche la
calmissima e imperturbabile Meredith gettava la spugna, allora non
c’era più
speranza.
Gli
pareva assurdo e non poteva accettarlo. Bonnie gli era
stata vicina durante la sua trasformazione sebbene non lo conoscesse
così bene.
Gli aveva impedito di fare del male a Matt e Caroline ed era rimasto
con lui
confortandolo. Aveva sempre avuto delle belle parole per lui, era stata
buona e
non meritava certamente di venire abbandonata in quel modo.
“Bonnie
è una brava ragazza” disse Matt “Ha dato
una mano a
tutti noi. Non l’abbiamo sempre trattata nel modo migliore,
le abbiamo spesso
tenuto segrete delle cose che l’hanno fatta soffrire. Ha
patito troppo dolore
nella sua vita, speravo che almeno ora potesse godersi un po’
di pace”.
“Ne
state parlando come se fosse già morta” si
accigliò
Tyler.
“Cosa
possiamo fare?” chiese Caroline più a se stessa
che
agli altri “Forse dovremmo portarla via finché ne
abbiamo ancora il tempo”.
“Sì
così Damon ci ammazza” sbottò Meredith
“Klaus è arrivato
a tanto così dal prenderla in quel centro benessere;
probabilmente la starà
tenendo d’occhio da un pezzo”.
“Quindi
siamo fregati” concluse Tyler con uno scatto
seccato.
“Non
era così che doveva essere l’ultimo anno di
scuola”
s’intristì Meredith “E Tyler ha ragione!
Non possiamo permettere a quel
bastardo di passarla liscia!”.
“Giuro,
Mere, non credo di averti mai sentito dire così
tante parolacce nel giro di dieci minuti”
considerò Caroline con una risata.
“Ci
serve semplicemente più tempo” continuò
l’altra “Bonnie
ha fatto progressi da gigante in queste settimane con le sue
capacità. Anche
quando non sapeva di essere una strega, è riuscita ad
ipnotizzare Katherine e i
vampiri di Greensboro. Non ne è consapevole ma è
già molto potente. Se
riuscisse ad esercitarsi, magari sarebbe in grado di mettere fuori
gioco Klaus
almeno il tempo di fuggire da qualche parte”.
“Posso
vedere le rotelle girare nel tuo cervello” disse Matt
“Che cos’hai in mente?”.
“In
realtà il mio piano è piuttosto banale: la
rinchiudiamo
in casa fino a che non sarà abbastanza brava. Klaus
è un vampiro, deve essere
invitato per entrare nel Pensionato”.
“Il
vampiro più antico e potente di tutti i tempi che si fa
fermare da un semplice invito?” ripeté Tyler
allibito.
“Hai
un’idea migliore?”.
“Il
piano in sé non è male”
concordò Matt “Potrebbe
funzionare per un po’; il problema è: come pensate
di convincere Bonnie a
restare chiusa in casa? Parliamo della stessa ragazza che a momenti si
fa
ammazzare da una colonia di vampiri, che è scappata per
aiutarci con Tyler”
elencò.
“Senza
dimenticarsi che è finita in ospedale dopo che Jess e
Dick le hanno corretto il cocktail” aggiunse
l’altro ragazzo.
“A
questo punto direi che Klaus se ne può stare tranquillo
dov’è; Bonnie è capacissima di farsi
uccidere senza aiuti esterni” commentò
Caroline con un velo di ironia.
“Bene!”
esclamò Meredith battendo una mano sul tavolo
“E’
ora di chiamare l’unica persona che può tenerla a
bada”.
“Stai
parlando di Damon?” domandò Matt “Non
è una cosa un
po’ inutile? Voglio dire: Bonnie è diventata
piuttosto brava con quegli
aneurismi. Lo metterebbe K.O in un secondo”.
“E’
più furbo di quello che sembra” lo
tranquillizzò
Meredith mentre componeva il numero.
“E
se non funzionano le buone maniere, può sempre
approfittare del suo fascino” suggerì Caroline
“Potrebbe facilmente legarla al
letto in un momenti d’intimità”.
“Stai
ancora leggendo ‘Cinquanta sfumature di
grigio’?”
s’incuriosì Matt un po’ sospettoso.
“Sì!”
affermò lei “E dovremmo proprio provare qualcuno
dei
loro giochetti …”.
“Credo
di non volere più ascoltare questa conversazione”
li
interruppe Tyler davvero poco interessato dalle loro
attività tra le lenzuola.
“COSA
VUOL DIRE CHE NON E’ IN CASA?!” urlò
istericamente
Meredith al telefono, mentre Damon le spiegava con tono molto
più calmo di non
avere la minima idea di dove fosse Bonnie.
“Pare
che la piccola rossa ci è sfuggita di mano” ne
dedusse
Tyler.
“Mi
dicono che il nostro piano sarà attuabilissimo”
commentò
Matt con sarcasmo.
Caroline
si alzò dalla sedia, diretta verso i fornelli:
quella camomilla cominciava ad essere molto allettante.
C’era
una prima volta per tutto.
Bonnie,
però, nella sua vita avrebbe preferito non trovarsi mai
in una situazione simile.
Era
una ragazza onesta e molto innocente, cercava di pensare
il meglio di chiunque, non prendeva in giro le persone e soprattutto
evitava di
ferirle.
Come
avrebbe potuto immaginare che un giorno di sarebbe
trovata invischiata in un triangolo amoroso?
E
chi avrebbe potuto immaginare che la sua avversaria
sarebbe stata una delle sue più care amiche?
Alla
fine aveva vinto lei, Damon l’aveva scelta ed Elena era
ritornata da Stefan, ma qualcosa si era irrimediabilmente incrinato nel
loro
rapporto.
Ricordava
ancora la prima settimana che aveva passato a
Fell’s Church, qualche mese prima, quando Damon era ben
deciso a rimandarla in
Italia con la forza.
Era
scappata di casa correndo quasi involontariamente verso
casa Gilbert; conosceva da pochissimo Elena, eppure aveva sentito di
potersi
fidare.
La
bionda era stata così dolce e protettiva nei suoi
confronti; l’aveva accolta come una sorella. Un tempo
confidarsi con lei era un
istinto naturale.
Ora
anche parlarle era diventato imbarazzante.
Tutto
era incominciato in tempi non sospetti, quando l’unico
triangolo conosciuto era composto da i due fratelli Salvatore e la
bellissima
giovane.
Bonnie
si era trovata in una posizione piuttosto scomoda:
considerava Stefan e Damon come la sua famiglia e non poteva starsene
ferma
mentre l’amore per Elena li divideva sempre più.
Ne
aveva discusso con l’amica, si erano chiarite, sembrava
che tutto fosse tornato alla normalità; questo almeno
finché qualcosa di molto
profondo non era nato tra la piccola strega e il suo vampiro protettore.
Da
quel momento l’amicizia tra Bonnie ed Elena non era stata
più la stessa; entrambe consapevoli della
necessità di una bella chiacchierata
per sistemare la cose, ma entrambe troppo stranite da quella situazione
per
trovare il coraggio e la voglia di confrontarsi.
La
vita ‘tranquilla’
di Fell’s Church non aveva poi favorito la conciliazione.
Bonnie
non poteva certo dire di essersi sentita sola,
Meredith e Caroline erano state delle ottime amiche e le avevano sempre
dato
dei consigli sinceri e schietti, ma con nessuna di loro aveva potuto
ricreare
la connessione che aveva con Elena; si avvicinava molto al legame che
aveva con
Clara.
Bonnie
non credeva di fare un torto alle altre sue amiche, ammettendo
che tra lei e la bionda c’era un’intesa speciale.
Elena era quella che su certi
aspetti poteva capirla meglio, condivideva con lei una bella
complicità.
C’erano
questioni in sospeso che dovevano essere risolte per
riavere indietro quell’amicizia così speciale e
Bonnie avrebbe fatto meglio a
sbrigarsi perché ormai il tempo scarseggiava.
L’attendeva
un periodo difficile da affrontare; aveva
bisogno di fare pace con Elena prima che fosse troppo tardi.
Con
un brivido ripensò a qualche sera prima, nella piscina
del centro benessere. Era una sensazione che non voleva sperimentare
mai più.
L’aveva odiata, l’aveva temuta. E se
l’avesse tormentata per sempre?
La
verità era che non aveva avuto la possibilità di
preoccuparsi per se stessa, di riflettere abbastanza, troppo presa da
Damon per
realizzare quanto fosse reale e vicino il pericolo.
Da
quando era arrivata a Fell’s Church in qualche modo era
stata coinvolta nel ‘Damon show’, perché
tutto, alla fine, riguardava lui.
Era
ora di prendersi un momento per se stessa, per
ragionare, per metabolizzare gli ultimi avvenimenti della sua vita.
Era
stata stupida a credere che l’avrebbe lasciata in pace;
un vampiro così crudele da sterminare una famiglia,
uccidendo due figlie
piccole, non si sarebbe certo fermato al primo ostacolo.
L’aveva cercata e
l’aveva trovata.
Mille
indizi avrebbero dovuto insospettire Bonnie, ma lei
non li aveva ascoltati.
La
scomparsa di Giada, la ragazza del suo collegio; quella
terribile sera nei pressi di piazza di Spagna quando era stata
pedinata;
Christopher che si era finto innamorato di lei e si era rivelato uno
dei più
viscidi esseri su cui avesse mai posato gli occhi. La sua stessa nonna
aveva
insistito perché rimanesse in Scozia, protetta e lontano dai
vampiri.
Bonnie
non aveva voluto sentire ragione. Fell’s Church era
casa sua e per quanto potesse risultare assurdo, i vampiri
l’avevano tenuta al
sicuro per anni.
Si
era messa innumerevoli volte nei guai, rischiando grosso,
ma a conti fatti, si era creata la sua bolla e non credeva che nessuno
potesse
scoppiargliela.
Non
era mai stata il tipo da chiedere tutte le attenzioni,
le piaceva il fatto di passare inosservata, di non essere poi tanto
speciale.
Odiava
i suoi poteri perché la obbligavano ad essere tutto
ciò che non voleva, la obbligavano a mettersi in prima linea
e ad esporsi.
Si
sentiva una di quelle protagoniste da romanzetti, quelle
cui ne capitavano inspiegabilmente di tutti i colori, quelle che
avevano sempre
gli occhi puntati addosso, quelle che avevano il controllo e che
finivano
sempre per salvare la situazione.
Odiava
quel genere di personaggi; troppo perfettine, troppo Mary
Sue*.
Una
parte di lei, però, quella affetta dalla ‘sindrome
del
martire’, era felice che nessun altro fosse direttamente in
pericolo, era
felice che Elena non fosse mai stata nelle mire di Klaus. Con Katherine
morta,
la sua amica era libera di vivere la sua vita, crescere in
serenità.
Meglio
io che lei. Si
ripeté per l’ennesima volta. Almeno
se Klaus si fosse concentrato solamente su di lei, tutti i suoi cari
sarebbe
stati al sicuro.
Perché,
per citare Bella Swan, la regina delle ‘Mary Sue’,
Bonnie non aveva mai pensato alla sua morte, ma morire per qualcuno che
amava
le sembrava un bel modo di andarsene**.
In
teoria poteva anche apparire un sacrificio poetico; in
pratica, purtroppo, la rossa non si sentiva ancora pronta.
Il
cielo aveva cominciato a scurirsi. Da lì a poco avrebbe
cominciato a piovere. Le mancava giusto un bel temporale per stare
tranquilla.
Zia
Judith l’accolse con un gran sorriso e le disse di
raggiungere Elena in camera. Bonnie rimase leggermente sconvolta dal
casino che
trovò; sembrava fosse esplosa una bomba.
“Hai
combattuto contro una tigre?” chiese la rossa
accigliata.
Elena
riemerse da dietro il letto, rimettendo un paio di
grossi cuscini sul materasso. Arrossì.
“Stamattina
è venuto a trovarmi Stefan”
“Ah
…OH!” esclamò intendendo il vero
significato di quelle
parole. Ora si spiegava il disordine “Sembra che sia andata
bene” osservò
Bonnie un po’ a disagio ad immaginarsi Stefan ed Elena
insieme … in quel senso.
“Siamo
tornati insieme” svelò la bionda “Sai,
tra quello che
è successo con Katherine e poi Klaus …”
sbiancò pronunciando quel nome e
divenne improvvisamente apprensiva “Mio Dio, Bonnie! Va tutto
bene, vero? Cioè
… non è successo ancora nulla di grave? Klaus non
è arrivato?”.
Bonnie
scosse la testa “E’ tutto okay … per
adesso” precisò
“Klaus non si è ancora fatto vivo. In
realtà sono qui per una cosa che riguarda
me e te”.
“Di
che si tratta?” chiese Elena sedendosi sul letto mezzo
disfatto e invitando Bonnie a prendere posto accanto a lei.
“E’
qualcosa che avrei dovuto dirti da molto tempo ma non ho
avuto il coraggio perché era ancora troppo fresca. Non devi
interrompermi,
però, va bene?”.
L’altra
ragazza acconsentì con un cenno della testa.
“Mi
dispiace per quello che è successo con Damon” si
scusò “Tu
provavi qualcosa per lui e anche se alla fine lo hai rifiutato, capisco
che non
dev’essere stato carino vederci insieme. Insomma …
quando sono arrivata a
Fell’s Church tu mi hai accolta in casa tua come una sorella
e mi sembra di non
averti ripagato come meritavi. Praticamente non hai fatto in tempo a
scegliere
Stefan che io ero già tra le braccia di Damon. Non era una
cosa programmata,
non avrei mai pensato che potesse accadere. Ci tengo molto alla nostra
amicizia
e avrei dovuto parlartene prima di cominciare questa storia”.
“Bonnie
… non ti devi scusare … tu
…”.
“Per
piacere, non interrompermi” la pregò la rossa. Il
suo
discorso non era proprio così buonista come appariva
all’inizio “D’altra parte
non riesco a sentirmi davvero in colpa. È come se avessi
avuto il diritto di
fare quello che ho fatto. Tra me e Damon c’è
sempre stato qualcosa, fin da
quando ero piccola, una connessione. Non credevo che si sarebbe mai
trasformato
in qualcosa di romantico ma è successo e io lo sento giusto,
capisci? Tu hai scelto
Stefan e quando mi è capitata l’occasione di avere
Damon non me la sono fatta
scappare perché si meritava anche lui un po’ di
felicità e anche io … anche io
me la sono meritata. Nessuno l’aveva pianificato, Elena, ma
è stato inevitabile”.
Bonnie
alzò gli occhi su Elena, un po’ timorosa. Si era
decisa a parlarle chiaramente, a scusarsi da un lato ma
dall’altro a prendere
una posizione e a difenderla. Sperava di non aver rovinato
irrimediabilmente la
loro amicizia.
Inaspettatamente
la bionda non disse una parola ma si
avvicinò all’altra e
l’abbracciò cominciando a ridere come una pazza
nel suo
collo.
“Temevo
che non saremmo mai tornate al punto di essere così
sincere” confessò.
Bonnie
corrugò la fronte “Non sei arrabbiata?”.
“Arrabbiata
di cosa?” domandò Elena incredula “Tutto
quello
che hai detto è giustissimo. Io ho scelto Stefan, non Damon,
non ho nessuno
diritto di fare la gelosa. Lo ammetto: all’inizio ero un
po’ infastidita ma non
mi sarei mai intromessa. Tu non hai agito alle mie spalle e non ho mai
pensato
che stessi aspettando il momento buono per portarmelo via” la
tranquillizzò
“Sinceramente, credo che anche se avessi scelto Damon, non
avrebbe fatto molta
differenza: presto o tardi mi sarei ritrovata da sola. Non sono io la
ragazza
giusta per lui”.
“Vorrei
che avessi ragione, Elena” sospirò lei alzandosi
dal
letto.
“Cosa
c’è che non va?”.
“Damon
non è la mia idea di ragazzo, sai? Da piccola mi
immaginavo una persona molto più dolce e comprensiva,
qualcuno che mi
proteggesse, una specie di Stefan, ecco! Ma da piccola non pensavo
nemmeno che
vampiri e streghe esistessero quindi … direi che sono stata
smentita su tutti i
fronti” scherzò un po’ debolmente
“Damon è un disastro: è orgoglioso,
impulsivo
e introverso, crede di avere sempre ragione ed è
terribilmente egoista. La cosa
assurda? Vicino a lui mi sento più al sicuro che in
qualunque altro posto, è sempre
stato così; in qualche modo mi riesce a calmare e si prende
veramente cura di
me”.
“Bonnie,
scusami ma non vedo il problema” disse Elena
confusa.
“Il
problema è che io non riesco a farlo sentire allo stesso
modo: io lo rendo debole”
si lamentò
ripetendo le stesse parole di quella mattina “Adesso che
Klaus è diventato
davvero un pericolo concreto, Damon è come impazzito. Si
è richiuso un’altra
volta in se stesso, ha cercato di allontanarmi perché dice
che io gli offusco
la mente, che non riesce a ragionare lucidamente se mi ha
vicino” spiegò
agitando le mani “Dovrei preoccuparmi di come poter
sconfiggere Klaus e invece
riesco a pensare solo a Damon; vorrei legarlo a me una volta per tutte,
ma non
solo non sono capace, non sarebbe nemmeno giusto. Se una persona ti ama
davvero
non hai bisogno di costringerla. L’amore dovrebbe farti
crescere, non
regredire”.
“Bonnie”
la chiamò Elena con tono estremamente serio “Tu
sei
innamorata di Damon?”.
La
ragazza si girò verso l’amica come se avesse
appena
pronunciato un’eresia ma si rese conto di essere stata la
prima a parlare di
amore. Le era venuto così spontaneo che neanche ci aveva
prestato molta
attenzione.
Amava
Damon? Bella
domanda.
Non
se l’era mai chiesto, aveva cercato persino di non
pensarci. Non era mai stata innamorata, perciò non aveva
neppure idea di come
ci si sentisse.
“Hai
importanza, adesso?” rispose tornando a guardare la
finestra con occhi tristi “Non credo che lui sia pronto per
affrontare una
relazione; non si rende conto che alcuni suoi atteggiamenti rischiano
di
rovinare tutto. Forse non ci tiene abbastanza”.
“Tu
sai che Damon è venuto qui da me, la sera prima del
ballo?” s’incuriosì Elena.
Bonnie
negò. Non era sicura di voler ascoltare quel nuovo
segreto; temeva brutte notizie.
“E’
venuto qui per dirmi che anche lui aveva fatto una
scelta e non ero io” rivelò la bionda
“E’ venuto per troncare ogni rapporto,
per dirmi addio. Non voleva più farti soffrire, non voleva
perderti” le
raccontò.
“Non
me l’aveva detto”.
“Non
è il tipo che ama vantarsi” sorrise Elena.
“Oddio,
la mia testa scoppierà!” trillò Bonnie
“Dovrei
essere arrabbiata con lui, non farmi intenerire da un gesto carino di
cui per
altro non ero a conoscenza!”.
“Eri
così sicura di voler stare con lui, lo hai sempre
difeso fino alla morte, lo capivi come nessun altro. Che
cos’è cambiato?”
insistette l’amica.
“Lo
voglio ancora ma è dannatamente difficile. E se non
fossi abbastanza forte? E se alla fine Damon decidesse di tornare ad
essere il
vecchio vampiro perché non sopporta i sentimenti che io lo
costringo a
provare?”.
“Io
non credo che tu lo renda debole; credo che tu sia la
sua debolezza ed è ben diverso. Se ti dovesse accadere
qualcosa di male, lui ne
morirebbe, se ti dovesse perdere di nuovo, probabilmente non si
riprenderebbe
più. Grazie a te, si è aperto nuovamente alle
emozioni, molto prima di
conoscere me. Tu non lo rendi più debole, lo rendi
più umano. Sei la sua
debolezza perché per colpire lui, dovrebbero prima colpire
te” chiarì Elena con
una sicurezza disarmante.
“Io
vorrei davvero fidarmi delle tue parole ma c’è
qualcosa
che mi blocca. Damon ha ucciso mio fratello, ha seminato morte
praticamente
fino a qualche mese fa, mi ha tenuta nascosta la verità
sulla mia famiglia ed è
sempre ad un passo dal chiudersi in se stesso …”.
“Ti
ha anche salvata quando eri piccola” le ricordò
Elena
interrompendola “E avrebbe dato la sua vita per proteggerti
da quei lupi, ti ha
dato una famiglia e un luogo sicuro dove crescere. Non ha fatto solo
sbagli
nella sua vita”.
“No”
concordò Bonnie “Ma i suoi errori sono molto gravi
e
non so se sono in grado di sopportarli come se nulla fosse”.
“Okay,
Bonnie, sarò brutale” disse Elena prendendola per
le
spalle “Damon è un vampiro, va bene! Ragiona con i
parametri dei vampiri, non è
una giustificazione ma non puoi pretendere che cambi da un giorno con
l’altro,
lui non è un umano, ha una concezione delle cose
diversissima. Non sto dicendo
che devi fargliele passare tutte lisce, ma devi dargli un po’
di tregua perché
vuole meritarsi di stare con te e si sta veramente sforzando.
Farà sicuramente
degli scivoloni ma non tu non puoi abbandonarlo e arrenderti. Hai
portato la
luce nella sua vita, Bonnie, ma devi accettare dei compromessi, devi
incontrarlo a metà strada. È la sua natura e non
è facile sbarazzarsene. Il
vero problema è che tu hai talmente paura del buio che non
riesci nemmeno a
fare un passo verso di lui”.
“Ho
sempre avuto paura del buio” le confidò la rossa
mordicchiandosi il labbro.
“E’
ora di crescere anche per te” la incitò Elena
“Hai
aiutato Damon a migliorarsi, è il momento che tu gli
permetta di fare lo
stesso”.
“Non
voglio perdermi nel buio, Elena” tremò Bonnie.
“Non
sei sola in quel buio” le fece notare “Nessuno ti
farà
del male” e la fissò sorridendo dolcemente
“Ora dipende solo da te. Dipende se
hai la forza di perdonarlo, di correre il rischio di perdere un
po’ di te
stessa per stare con lui. Dipende da quanta voglia hai di continuare a
combattere”.
Bonnie
annuì debolmente.
“Credo
che Zach sarebbe fiero della persona che sei
diventata” la rassicurò “Portare rancore
non ti servirà a niente”.
Bonnie
sta bene; è
qui da me.
Nonostante
il messaggio rassicurante, Damon un tempo sarebbe
andato a prenderla per i capelli a casa della Gilbert.
Un
vampiro originale solo pochi giorni prima aveva cercato
di rapirla e ora aspettava il momento giusto per attaccare di nuovo;
lei che
faceva? Prendeva la sua macchina e se ne andava in giro da sola per la
città.
Non
che Damon non avesse colpe: dopo la loro litigata in
cucina, aveva lasciato il Pensionato per sbollire la frustrazione, come
al
solito.
Al
suo rientro, la casa era vuota e senza quel messaggio
provvidenziale, il vampiro avrebbe probabilmente raso al suolo la
città pur di
ritrovarla.
Bonnie
era una sfida continua e stare al suo passo era più
complicato del previsto.
Damon
si rendeva conto di aver commesso un grosso sbaglio,
ma si era aspettato almeno un po’ di comprensione.
Dei
bei regali e una cena romantica non potevano risolvere
tutto, però si era sforzato e Bonnie non lo aveva nemmeno
apprezzato.
Non
che lui fosse stato completamente sincero; era ancora in
imbarazzo ad ammettere di avere paura. Ma con che coraggio le avrebbe
detto di
non essere sicuro di poterla proteggere? Non voleva toglierle
l’ultima
speranza.
Lasciò
cadere il libro che stava leggendo, sulle ginocchia e
sbuffò contrariato. Un leggero colpo di tosse
attirò la sua attenzione.
Sissi
era appoggiata allo stipite della porta e lo osservava
in silenzio. Si stava torturando le mani mentre cercava di oltrepassare
la
soglia.
Infine
fece un passo avanti e lentamente salì sul materasso
e s’inginocchiò di fianco al vampiro che la
guardava di sottecchi, sospettoso
di tutta quella calma.
Continuò
ad avvicinarsi procedendo in ginocchio e tenendo la
testa bassa come se fosse colpevole di qualcosa.
“Damon,
io … ti rendo debole o sono la tua debolezza?”.
Il
vampiro non capì subito la differenza tra le due domande.
Riflettendoci un attimo, gli fu facile collegarle al discorso interiore
che
stava facendo con se stesso da giorni. Bonnie era la sua debolezza e la
considerava una cosa positiva. Bonnie lo aveva esposto, lo aveva
sensibilizzato. Una volta il vampiro non avrebbe apprezzato tale
cambiamento,
ma in quel momento quasi non si ricordava come fosse vivere prima.
Non
era certo un tipo da cenette al lume di candela o dal
film strappalacrime; non provava nemmeno troppa empatia per il resto
della
banda, figuriamoci per le altre persone; ma Bonnie era tutta altra
storia.
“Perché
… oggi ho parlato con un po’ con Elena e mi sono
accorta che non mi dispiace essere la tua debolezza”
proseguì Bonnie con un
sorrisino timido.
Non
avrebbe mai pensato che sarebbe stata proprio Elena a
darle una visione più ampia del suo rapporto con Damon, ma
la bionda era
riuscita a stupirla.
Aveva
centrato pienamente il punto: il vampiro non era
perfetto e probabilmente non lo sarebbe mai stato, ma non tutte le sue
azioni
erano stati dei grossi sbagli. Non poteva tornare indietro e cancellare
il
dolore che aveva causato, non poteva resuscitare Zach; poteva solo
impegnarsi
per rimediare e guadagnarsi un po’ di rispetto. Ormai aveva
fatto tutto ciò in
suo potere per redimersi, ora spettava a Bonnie l’ultima
parola.
Elena
aveva ragione: era il momento di crescere, era il
momento di andare avanti.
Quella
era la strada che aveva scelto, con Damon. Avrebbe
dovuto gestire sia il suo lato umano che il suo lato da vampiro
perché le sue
due nature lo rendevano l’uomo di cui Bonnie non poteva
assolutamente fare a
meno.
“Non
mi piace parlare di queste cose” disse lui “Non ci
sono
ancora abituato, ma immagino di dover fare uno sforzo”.
Bonnie
si sedette più comodamente e attese.
“Non
è colpa tua, è mia” chiarì
Damon “E’ come se mi
avessero tolto il lume della ragione. Potrei elencarti ogni singola
volta in
cui sei stata in pericolo per causa mia: non avrei dovuto permetterti
di venire
a Greensboro e invece mi sono fatto intenerire e a momenti diventi lo
stuzzichino di quei vampiri. Avrei dovuto portarti personalmente da
Meredith
prima che quei lupi ci attaccassero e invece sono scappato di casa
perché ero
sconvolto da quel bacio. Tua nonna mi ha implorato di lasciarti da lei
dove
saresti stata molto più al sicuro e io avrei dovuto
obbligarti a stare là ma
non l’ho fatto perché ti volevo a casa con me. Il
mio egoismo sarà la tua
morte”.
“In
realtà il tuo egoismo mi ha salvata parecchie
volte”
obiettò Bonnie.
“Dopo
che ti avevo messo nei guai” precisò Damon
“Credevo
che se avessi spento le mie emozioni e ti avessi allontanata, sarei
riuscito a
proteggerti meglio. Io sono sempre stato freddo e cinico ed
è sempre andato
tutto bene; è l’unico modo che conosco per
cavarmela” poi si zittì meditando
sulle sue stesse parole “La verità è
che sono stato egoista ancora una volta:
non volevo tenere al sicuro solo te, ma anche me stesso
perché se ti dovesse
succedere qualcosa, mi farebbe davvero tanto male. Sono spaventato,
Bonnie, e
la cosa mi spaventa perché non mi è mai
capitato”.
“Oh
beh” tirò su le spalle la rossa “Pare
che ci sia una
prima volta per tutto”.
“Che schifo” fu il
commento disgustato di Damon.
“Noi
non ce la siamo cavata male, dopotutto” considerò
Bonnie “Siamo ancora vivi, siamo insieme, i nostri amici
stanno bene …”.
“Il
tuo ragazzo è il vampiro più sexy
dell’ultimo mezzo
millennio”.
“Anche
il più modesto”.
“Sono
pieno di pregi”.
“Non
voglio odiarti” riprese il discorso Sissi dopo una
piccola risata “Non sono capace di odiarti quindi non
provarci più perché tanto
non funziona”.
“Te
lo prometto” le assicurò il vampiro “Ma
ora sei tu che
mi devi fare una promessa”.
“Di
che si tratta?”.
“Klaus
è veramente lì fuori e ti sta aspettando. Questa
casa
è tua e non può entrare se non invitato quindi
finché non troviamo il modo di
sbarazzarcene …”.
“Vuoi
che me ne stia chiusa dentro il Pensionato” concluse
la ragazza.
“Non
abbiamo un piano migliore” si scusò Damon.
“Va
bene” capì Bonnie “Non voglio
più litigare, non voglio
metterti in ansia inutilmente”.
“Grazie”
disse Damon sorpreso della facilità con cui aveva
accettato la strega.
Lei
si stese sul letto e appoggiò la testa sul petto del
vampiro raggomitolandosi contro al suo corpo “Posso restare a
dormire qui
stanotte?”.
Un
tuono rimbombò facendo tremare i vetri delle finestre e
la luce saltò. Damon imprecò e fece per alzarsi
con l’intendo di andare a
sistemare il contatore.
Bonnie
lo fermò con una mano e lo pregò di rimanere con
lei.
“Non
preferisci che torni un po’ di luce?” le chiese
Damon
stupito “C’è il temporale; non hai paura
del buio?”.
“No”
rispose sicura “Non più”.
E
per quanto quell’affermazione risultasse paradossale alle
orecchie del vampiro, acquistava senso nella mente della ragazza.
Per
tutto quel tempo aveva avuto talmente tanto timore di
venire corrotta dal fascino dell’oscurità che
aveva preferito fingere che
nemmeno esistesse. Damon non era un santo, Damon non era un umano e,
per quanto
non fosse una giustificazione, Bonnie ogni tanto avrebbe dovuto calarsi
nei
suoi panni. Più di una volta aveva cercato di capirlo ma
forse non era stata
capace fino in fondo. E quando il giorno prima le si era rivoltato
contro come
mai prima, lei ne era rimasta così scottata da non voler
sentire ragioni.
Troppo spaventata per addentrarsi in quel buio.
Damon,
però, stava lì: a metà tra la luce e
le tenebre, a
metà tra il vampiro e l’umano. Da solo, forse, non
sarebbe mai riuscito a
trovare un compromesso stabile.
Bonnie
non era più una bambina, aveva ormai imparato che
nessuno mostro si nascondeva nell’ombra. Damon non
era un mostro da temere.
E
quindi almeno per un po’ sarebbe rimasta nei paraggi per
aiutarlo a reggersi in piedi senza il rischio di cadere. Sarebbe
rimasta nel buio.
Con lui.
“I’ll be waiting for you
when you’re
ready to love me again,
I’ll put my hands up, I’ll
do
everything different,
I’ll be better to you, I’ll
be
waiting for you
when you’re ready to love me again,
I’ll put my hands up, I’ll
be
somebody different,
I’ll be better to you, let me stay
here for just one more night,
Build your world around me and pull
me to the light,
So I can tell you that I was wrong,
I was a child then, but now I’m
willing to learn”
(I
will waiting- Adele).
Il
mio spazio:
Scusate
immensamente per
il ritardo ma questa settimana mi sono ammalata e non riuscivo proprio
a
guardare lo schermo del pc per cui ci ho messo un po’ di
più a finire il capitolo.
Mi
spiace dovervi
annunciare che l’università è
ricominciata e ho davvero poco tempo per scrivere
quindi non potrò sempre aggiornare ogni due settimane come
vi avevo detto;
comunque posterò sempre al massimo entro la terza settimana
dall’ultimo aggiornamento.
Scusatemi davvero per l’inconveniente ma è il
meglio che riesco a fare =(.
Secondo
avviso: ci
saranno in tutto 41 capitoli, 39 regolari e due di epilogo. Forse sono
un po’
tanti, ma mi sono sentita di costruire la storia in questo modo e
proseguirò
così facendo ovviamente del mio meglio per tenere vivo
l’interesse.
In
questo capitolo non
succede molto; mi serviva più che altro per mettere a posto
alcune questioni
prima del boom finale con Klaus e prima di qualche altra sorpresina che
non so
se gradirete molto, ma ci sarà tempo per discuterne :P
Mi
è sembrato giusto far
fare a Bonnie qualche passo verso il lato meno umano di Damon
perché anche lei
deve capire fino a fondo che cosa significa stare con un vampiro e
soprattutto
esserlo.
So
che vi avevo promesso
delle scuse striscianti da parte di Damon ma non volevo stravolgere
troppo il
personaggio e quindi ho preferito che lui fosse del tutto onesto con la
sua
streghetta.
Nel
prossimo capitolo la
questione Klaus verrà risollevata pesantemente, per ora
godiamoci un po’ di
momenti Damon/Bonnie in santa pace!
Ammetto
di non essere
totalmente soddisfatta di questo capitolo, c’è
qualcosa che non va ma non
capisco dove (saranno i postumi dell’influenza), quindi se
notate qualcosa di
incoerente o incompleto avvisatemi così sistemerò
un po’ nel prossimo.
Volevo
anche consigliarvi
prima della lettura (soprattutto nei prossimi capitoli) di controllare
i titoli
delle due canzoni che metto sempre. Ascoltatele mentre leggete
perché dovrebbe
dare la giusta atmosfera.
Questa
settimana
risponderò a tutte le recensioni che mi avete lasciato, lo
giuro!! Sia per
A&W sia per Crazy Little Thing Called Love. Vi ringrazio
tantissimo!
Altra
cosa: sto pensando
ad una mini-long a raiting rosso su Damon e Bonnie, un racconto
po’ spinto.
Avevo in mente, però, di pubblicarla solo quando
sarà conclusa. Volevo sentire
anche la vostra opinione, mi raccomando ;)
Ora
vi lascio!!
Grazie
mille come sempre!
Fran.
*Mary
Sue, a volte
abbreviato in Sue, è un termine
peggiorativo adoperato per descrivere un
personaggio
immaginario,
in genere femminile
che si attiene alla maggior parte dei cliché
letterari
più comuni, ritratto con una
idealizzazione eccessiva, privo di difetti considerevoli e soprattutto
che ha
la funzione di realizzare e autocompiacere i desideri dell'autore.
(definizione
presa da wikipedia).
**
Frase tratta dal film
Twilight. Senza offendere nessuno, credo che Bella Swan si possa
definire tranquillamente
la Mary Sue per eccellenza e la più famosa. Insomma tutti
vogliono lei, lei ha
poteri straordinari ecc.
I
libri della serie mi
sono piaciuti (tranne il quarto) ma trovo che i film siano un
po’ bruttini e
non ho una grande opinione delle doti di attrice di Kirsten Stewart,
per cui la
poca simpatia che nutrivo per Bella ne ha risentito ulteriormente.
Ammetto
però che i libri
sono pieni di belle frasi, molto d’effetto e mi sono presa la
libertà di
inserirne una.
Ovviamente
questi sono
pareri personali e non voglio offendere chi tra di voi apprezza tutto
il lavoro
della saga! =)
|
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Capitolo 36 *** Big girls don't cry ***
Ashes &Wine
Capitolo trentasei: Big girls don’t
cry.
“Come into these arms again
And lay your body down
The rhythm of this trembling heart
Is beating like a drum
It beats for you, it bleeds for you
It knows not how it sounds
For it is the drum of drums
It is the song of songs ”
(Love song for a vampire- Annie
Lennox).
Damon
non li sopportava.
Aveva
sempre pensato che fossero degli imbecilli e ogni
giorno ne aveva la prova.
Li
avrebbe ammazzati, tutti, dal primo all’ultimo.
Erano
appena le nove di mattina; i ragazzini delle superiore
avrebbero dovuto godersi il meritato riposo delle vacanze e invece
quella
patetica gang del bosco si era ritrovata nel salotto del Pensionato a
fare
chiasso.
Damon
gettò una veloce occhiata a Bonnie che dormiva
profondamente tra le sue braccia. Quegli idioti dovevano ringraziare il
Cielo
di non averla ancora svegliata; era l’unico motivo per cui
non li aveva ancora
uccisi.
Si
ritrovò a sorridere come un ebete: era felice.
La
loro vita era appena stata sconvolta da una terribile
notizia, Bonnie era in grave pericolo e forse non sarebbero
sopravvissuti a
quella nuova disgrazia, eppure era felice.
Felice
perché per una volta si sentiva in pace con se
stesso. Felice di essere stato totalmente sincero. Felice che Bonnie lo
avesse
finalmente capito.
Cinquecento
anni di solitudine, rancore e cattiveria avevano
trovato infine un senso, lo avevano preparato per quel momento: tutto
si era annullato,
tutto si era quietato per lasciare posto a quella piccola peste dai
capelli
rossi che lo aveva pazientemente guarito.
Damon
era sempre stato convinto che non esistesse una cura
al suo male. Com’era possibile donare un po’ di
luce ad un’anima così nera e
corrotta? Perché poi cambiare? Tutto quel malessere lo
rendeva proprio ciò che
avrebbe sempre voluto essere: potente e temuto. Si era rassegnato alla
sua
condizione di dannato, ad un’esistenza nel buio. Non
conosceva altro modo
d’essere, non si sforzava di trovare un motivo per
migliorarsi.
L’odio,
l’egoismo, la superbia lo rendevano sicuro e
consapevole di se stesso; poteva gestirli. Se li avesse abbandonati, si
sarebbe
perso completamente.
Perché
quei sentimenti distruttivi erano tutto ciò che gli
rimaneva, costituivano la sua ragione di vita. Senza, che ne sarebbe
stato di
lui? Si sarebbe consumato nell’immortalità,
trascinato dalle emozioni, non più
padrone di se stesso.
E
poi era arrivata Bonnie e Damon lentamente si era
dimenticato della sensazione di smarrimento che per tutti quei secoli
lo aveva
tenuto lontano da qualsiasi cosa che si avvicinasse all’idea
del bello e del
buono.
Il
lieto fine non gli era precluso, si stava avvicinando
sempre più. Era minacciato da innumerevoli pericoli, ma
splendeva più che mai e
Damon era felice.
Bonnie
si mosse leggermente nel suo abbraccio e lo chiamò
ancora mezza addormentata.
Il
vampiro abbassò lo sguardo su di lei e le diede un bacio
sui capelli continuando a cullarla nel vano tentativo di farla
riaddormentare.
“Cosa
sono queste voci?”.
Damon
si accigliò, seccato “Mi basta una tua parola e li
zittisco tutti a modo mio”.
Bonnie
scosse la testa e nascose il volto nel collo del
vampiro e lo abbracciò più stretto
“Possiamo rimanere qui ancora un po’?”.
Sì,
cazzo. Voleva
risponderle.
Non
avrebbe avuto problemi a chiudersi in quella stanza con
la sua streghetta. Non aveva bisogno di altro, a parte di qualche
sostentamento
per rimanere in forze; e poi poteva anche privarsi di tutto il mondo
attorno.
Non era essenziale. Per quanto banale potesse essere: non poteva
concepire un
mondo senza Bonnie, ma sarebbe stato disposto a vivere solo con lei
anche
sull’orlo della rovina.
“Di
cosa stanno parlando?” chiese la ragazza, sempre con un
filo di voce, incuriosita dalle voci che soffuse provenivano dal
salotto.
“Niente
di speciale” liquidò Damon.
“Parlano
di Klaus, vero?” intuì Bonnie alzando leggermente
la testa.
“Sono
degli incompetenti, non capiscono niente” disse lui
“L’unica persona che devi ascoltare è
qui accanto a te e ti ordina di
continuare a dormire”.
Bonnie
sorrise e appoggiò nuovamente il capo sul petto del
vampiro “Sì, penso di poterlo fare. Tu non andare
via però”.
Dove
dovrei andare? Pensò
Damon. Con la quella banda di stupidi
giù in salotto a bloccare il passaggio.
“Vi
avverto che sto salendo, quindi se siete nudi, per
piacere rivestitevi”.
Damon
guardò inorridito la porta. La voce di suo fratello
era arrivata forte, chiara e soprattutto minacciosa.
Anche
Bonnie si era nuovamente destata e alzò lo sguardo
oltre la spalla del vampiro “Sta arrivando Stefan?”.
“Ignoralo”
suggerì Damon “Prima o poi capirà di NON essere GRADITO!!”
urlò con la vana speranza di scacciare il suo invadente
fratello.
“Lo
sento che siete svegli!” li informò Stefan mentre
bussava alla porta.
Bonnie
si nascose sotto le coperte come una bambina che non
voleva lasciare il suo caldo giaciglio. Damon squadrò quel
fagotto di coperte
poi a malincuore si costrinse ad alzarsi per lasciar entrare suo
fratello.
Aprì
la porta “Vattene” e la richiuse.
“Ragazzi
è importante” insistette quello
“Dobbiamo
seriamente pensare ad un piano per tenere Sissi al sicuro. Ci servite
anche
voi”.
Damon
riaprì la porta “Sissi è al
sicuro” replicò “Questa
casa è sicura finché Klaus non viene
invitato”.
“Matt
è stato attaccato ieri notte. Niente di grave ma
…”.
“Sai
quel che me frega di quel biond-”.
“Adesso
scendiamo, Stefan” lo tranquillizzò Bonnie
“Dacci
cinque minuti”.
Il
vampiro dagli occhi verdi annuì e li lasciò soli.
Damon
sconsolato richiuse la porta e si sedette sul letto accanto alla sua
ragazza.
“Non
era niente di urgente”.
“Hanno
bisogno di noi” mormorò lei.
“Tu
hai bisogno di dormire” obiettò Damon.
“Posso
farlo più tardi. Non è che io sia così
impegnata,
dopotutto” e sorrise debolmente per darsi forza.
“Guardami
in faccia, streghetta” l’apostrofò lui
“Niente
gesti eroici, okay? I tuoi amici se la devono cavare senza di
te”.
“Va
bene, papà” scherzò la rossa
“Posso andare almeno in
bagno?”.
“Ottima
idea” concordò Damon “Ci vuole una
doccia?” la prese
in braccio e la sollevò dal letto caricandosela su una
spalla.
“Non
abbiamo tempo!!” protestò Bonnie ridendo
“Dobbiamo
scendere dagli altri!”.
Il
vampiro la lasciò solo quando arrivarono alla doccia
“Tesoro, ormai dovresti aver capito che il tempo non
è un problema per me”.
Ogni
obiezione di Bonnie venne bloccata dalle labbra di
Damon.
Quando
Stefan tornò, Elena gli si accucciò vicino, sul
divano, attaccandosi al suo braccio in cerca di rassicurazione.
Quello
che era successo a Matt era grave e gettava ombre
inquietanti e incerte sul futuro di Bonnie. Non sembravano esserci vie
di
scampo, anzi la fine appariva ormai segnata. Era tutto così
ingiusto e
inevitabile.
Gli
altri condividevano il suo umore nero. Se ne stavano
seduti per tutta la stanza, senza proferire parola, guardandosi i
piedi, in
attesa di dare la brutta notizia alla loro amica.
Il
compito ingrato toccava a Matt: Klaus lo aveva scelto
come vittima e messaggero. Avrebbe tanto voluto disubbidire a
quell’ordine,
tacere il fatto a Bonnie e continuare a proteggerla al meglio delle sue
capacità, ma purtroppo non era l’unico coinvolto.
Sapeva
bene che se non avesse riferito quella minaccia a
Bonnie, Klaus avrebbe trovato qualcun altro e forse non sarebbe stato
così
clemente come con lui.
“Spero
che abbiate un buon motivo per presentarvi a casa mia
prima di mezzogiorno” berciò Damon entrando in
salone con passo sicuro. Era
l’unico che professava un velo di ottimismo in quel mare di
pensieri negativi.
“Matt”
intervenne invece la rossa con voce preoccupata,
spuntando subito dopo il vampiro “Cosa ti è
successo?” notò il braccio fasciato
dell’amico.
“E’
solo rotto” la calmò lui.
“Visto?
Sta bene! Tempo tre settimane e andrà tutto a
posto!” commentò Damon sbrigativo
“Possiamo tornarcene di sopra” prese Bonnie
per un braccio ma lei si sottrasse al tocco e fissò Matt in
attesa di
spiegazioni.
“E’
stato Klaus” raccontò il ragazzo “Ieri
sera stavo
tornando a casa dal lavoro e me lo sono trovato in mezzo alla strada.
Il mio
pick-up ha sbandato, sono finito contro il guardrail e ho picchiato il
braccio”.
“Continuo
a non capire come questo ci possa interessare”
insistette Damon.
Bonnie
lo zittì con un’occhiata, lui distolse lo sguardo
sbuffando. Si portò alle spalle della ragazza seduta su una
poltrona.
“Voleva
mandarti un messaggio” continuò il biondo
“Non verrà
a cercarti; sa che qui dentro sei ben protetta e che non potrebbe mai
entrare
senza il tuo invito. Ti dovrai consegnare di tua spontanea
volontà o ucciderà
tutte le persone cui vuoi bene finché non cederai”.
Damon
strinse le spalle di Bonnie, a metà tra una
rassicurazione e un avvertimento: la più grande dote di
Sissi era l’altruismo;
si sarebbe sacrificata volentieri per salvare la vita dei suoi amici.
Non
avrebbe sopportato una tale colpa. Il vampiro doveva trovare il modo di
annientare il suo complesso da martire.
La
ragazza sospirò rassegnata e non ebbe il coraggio di
alzare lo sguardo per incrociare quello apprensivo e probabilmente
impietosito
dei suoi amici.
“Cosa
stai suggerendo? Che dovrebbe cedere al ricatto di
Klaus?” ringhiò Damon rivolto a Matt.
“Certo
che no!” li interruppe Caroline “Noi siamo qui per
ideare un piano. È chiaro che dobbiamo sbarazzarci di Klaus
prima che cominci a
fare del male”.
“Dov’è
Sage?” chiese Damon quando si accorse dell’assenza
dell’amico.
“E’
andato in cerca di qualcuno che potrebbe aiutarci. Non
ha detto chi, non sa nemmeno se potrà tornare …
in tempo” svelò Stefan.
“Quindi
chi abbiamo qui?” disse ironicamente suo fratello
“Un vampiro vegetariano, la sua fidanzata bionda,
l’inutile quarterback, la
versione maschile di Buffy, una ragazza inquietante, Teen Wolf e Baby
Vamp.
Direi che sei in ottime mani, Ginny
Weasley”.
Per
quanto fosse inopportuno quel sarcasmo legato ad Harry
Potter, risultava comunque molto azzeccato.
“Damon,
ascolta …” disse Stefan.
“No,
ascoltami tu, fratellino!” lo bloccò subito
l’altro
“Stare in casa è l’unica soluzione
possibile. Se volete rimanere qui al sicuro,
non ne farò un dramma ma non provate nemmeno a suggerire una
delle vostre
stupide idee perché non la seguiremo”.
“Ti
ricordo che questa
grande idea di rinchiudere Bonnie in casa è stata
mia!” replicò Meredith.
“E
io ti ricordo che ogni volta che Bonnie è venuta da
qualche parte con voi, per poco non ci rimane secca. Vicino a me
è l’unico
posto sicuro”.
“Sì,
come a Greensboro?!” insinuò Tyler difendendo
l’amica.
“Non
hai il diritto d’intrometterti!” lo
freddò Damon “Se
non fosse stato per te, nessun lupo mannaro sarebbe arrivato a
Fell’s Church”.
“Ragazzi!!
Io sono ancora qui!” li richiamò Bonnie
“Apprezzo
davvero la vostra passione, ma se andate avanti a litigare non
risolverete
niente. Sono contenta che siate tutti qui per cercare una soluzione ma
temo che
non esista. Klaus è sempre un passo avanti e a meno che Sage
non torni con un
miracolo, non abbiamo molta scelta”.
“Bonnie
non puoi arrenderti” disse Elena.
“Non
è mia intenzione, ma comunque l’ultima parola ce
l’ho
io, è una mia decisione. Non so ancora cosa farò
ma vi prometto che non vi
capiterà niente per causa mia”.
Si
alzò dalla poltrona e abbandonò la stanza alla
velocità
della luce, troppo scossa per continuare il discorso.
Damon
era pietrificato. Era come se il suo peggior incubo si
fosse avverato. La bontà e l’altruismo della
strega la stavano spingendo a
proteggere i suoi cari anche a costo della sua stessa vita.
Non
aveva ammesso completamente che si sarebbe consegnata a
Klaus ma non l’aveva nemmeno escluso e questo era bastato per
mandare Damon in
panico.
La
seguì con la stessa determinazione con cui lei se
n’era
andata e riuscì a raggiungerla a metà scala. Le
afferrò un braccio e la obbligò
a voltarsi: aveva già gli occhi rossi e lucidi e poca voce
per parlare.
“Damon,
ti prego …”.
“Mi
hai promesso che non avresti fatto niente di stupido”
mormorò con la stessa voce rotta.
L’espressione
ferita del vampiro impietrì Bonnie. Odiava
vederlo così indifeso, quasi impotente, odiava non poter
rimediare, odiava
esserne la causa.
“Non
voglio fare niente di stupido. Non ho detto che cederò
al ricatto di Klaus”.
“Non
hai detto nemmeno il contrario”.
Bonnie
aprì la bocca per parlare ma nessun suono ne
uscì.
Abbassò lo sguardo e si sedette su un gradino nascondendo la
testa tra le ginocchia.
“E’
un gran casino” singhiozzò “Io non
voglio andare via,
non voglio che K-klaus vinca, non voglio che lui … lui
… voglio restare qui …”.
“Nessuno
ti sta obbligando ad andartene. Tu devi
restare qui” ribadì lui.
“M-ma
ucciderà tutti”.
“Che
si fottano!” inveì Damon
“Sarò dannato prima che ti
permetta di varcare quella porta”.
“Come
puoi pretendere che io mandi a morire i miei amici
solo perché sono stata troppo codarda?”.
“Non
devono morire, possono rimanere qui dentro!”.
“Per
quanto tempo? Lo hai detto tu stesso che non c’è
altra
soluzione. Non possiamo nasconderci in eterno”.
Damon
si inginocchiò sullo scalino inferiore e prese il
volto di Bonnie tra le mani “Ti posso liberare da ogni
responsabilità” le
sussurrò “Tu non sarai una martire, Sissi. Non me
ne frega niente se ti
sentirai in colpa per i tuoi amici o se mi detesterai per averti
impedito di
difenderli. Ti proibisco di consegnarti a Klaus” le
ordinò con gli occhi che
lanciavano fiamme.
“Damon”.
“No,
non se ne parla!”.
“Non
ci sono solo gli altri; ci sei anche tu!” mise le mani
sulle sue e le strinse quasi come se volesse fargli capire la
gravità della sua
posizione, come se quel gesto potesse trasmettergli la
tragicità della scelta
“Ricordi quando sono corsa in camera tua perché
avevo avuto un incubo? Ti
uccidevano davanti ai miei occhi senza pietà. E poi
… poi ne ho avuto un altro:
te ne andavi per tornare più, mi lasciavi perché
non t’importava più di me!”.
“Erano
solo dei sogni”.
“Io
sono una strega” ribatté lei “I miei non
sono mai solo dei sogni. E se
fossero delle
visioni? Se si avverassero? Se ti uccidessero per colpa mia? Come
potrei vivere
con un peso del genere …senza di te!”.
“Sono
abbastanza grande per prendermi cura di me stesso”
scherzò Damon.
“Mi
hai detto che hai paura. Paura che mi portino via, paura
che mi succeda qualcosa di brutto. Ti sto capendo meglio di quanto tu
creda. Sono spaventata a morte”
confessò “E non
per me stessa”.
“Quei
sogni non diventeranno mai realtà” le
assicurò il
vampiro “Ed ora ti dimostro che sono soltanto incubi: in uno
di questi io me ne
andavo perché improvvisamente non me ne importava
più di te, giusto?” chiese in
conferma.
Bonnie
mugugnò qualcosa in risposta, mordendosi il labbro
affinché non tremolasse più.
“Non
potrà mai capitare una cosa del genere perché io
… io
…” perché era così difficile
ammetterlo? “Mi importa di te come di nessun
altro. Non mi è mai successo di tenere così tanto
a qualcuno in tutta la mia
vita”.
“Neanche
a me” ricambiò Bonnie. Si allungò
stringendogli le
braccia al collo e si aggrappò a lui come un koala.
Quello
che avrebbe voluto dire era ben altro ma ultimamente
le sembrava che tutto il suo coraggio fosse svanito nel nulla.
“Vado
un po’ a dormire” gli sorrise carezzandogli una
guancia. Si alzò e finì di salire le scale.
“Vuoi
che venga anche io?” le chiese Damon “Ti posso
aiutare
a dormire meglio; non hai avuto incubi stanotte?”.
“Neanche
uno”.
Mentiva.
Li aveva fatti ed erano stati terribili.
“Beh,
l’hanno presa bene” ironizzò Caroline.
“Damon
ha ragione” prese la parola Stefan “Siete tutti in
pericolo. Dovete restare qui al Pensionato”.
“Non
voglio essere un prigioniero” si oppose Tyler “Non
mi
va che quel vampiro detti le regole”.
“Già
e poi per quanto dovremmo stare qui?” gli diede man
forte Alaric.
“Finché
Sage non tornerà con delle risposte o finché non
ci
verrà in mente qualcosa” rispose Stefan con tutta
tranquillità.
“Non
possiamo andarcene in giro come se niente fosse”
concordò Elena stringendo la mano del suo ragazzo
“Siamo tutti un bersaglio e
non ci deve succedere niente di male”.
“Non
dobbiamo nemmeno dare a Bonnie un pretesto per
consegnarsi” aggiunse Meredith.
“Forse
non sarà il piano migliore della storia ma è
l’unico
che abbiamo” sospirò Stefan “Mi dispiace
che tutti voi siate così coinvolti ma
non voglio che a nessuno sia fatto del male; né a voi
né a Sissi”.
“Ci
poteva capitare di peggio” considerò Matt
“Questa casa è
enorme e c’è tutto. Siamo sopravvissuti fino
adesso, ci verrà pur in mente
qualcosa”.
“Prima
o poi” concluse Caroline.
“E’
deciso” sentenziò Meredith battendo la mani
“Andiamo a
casa e mettiamo quello che ci serve in una valigia”.
“Dobbiamo
dire qualcosa ai nostri genitori, non possiamo
sparire di casa così” osservò
giustamente Tyler.
“C’inventiamo
una scusa. Andiamo a fare una vacanza per festeggiare
il diploma” propose Matt “Almeno le nostre famiglie
saranno al sicuro”.
Insieme
studiarono una versione comune e pattuirono di
ritornare al Pensionato la mattina seguente. Non potevano restare
chiusi nella
proprie case, benché sicure quanto villa Salvatore; i loro
genitori si
sarebbero insospettiti se non li avessero visti uscire nemmeno una
volta,
soprattutto d’estate.
Il
gruppo si spostò verso l’ingresso e uno alla volta
salutarono e si diressero verso le rispettive macchine.
L’unico
che indugiò nel corridoio di entrata fu Alaric.
Meredith si girò verso di lui per chiamarlo ma
l’uomo scosse la testa.
“Io
ti raggiungo dopo” le disse. Meredith comprese subito il
motivo e non fece obiezioni. Gli stampò un bacio sulla bocca
e uscì.
Alaric
puntò in direzione della cucina. Mentre stavano
discutendo sul da farsi, aveva scorto con la coda dell’occhio
la figura di
Damon strisciare tristemente giù dalle scale e superare il
salone.
Non
poteva abbandonare il vampiro in quelle condizioni. Lo
conosceva da quasi un anno, non molto paragonato al altre amicizie che
aveva
avuto, ma lo capiva senza nemmeno sforzarsi. Era diventato il suo
migliore
amico, la persona da chiamare in caso di difficoltà.
Aveva
assistito alla sua intera trasformazione, ad ogni
momento che aveva segnato il suo faticoso percorso. Gli era stato
vicino quando
aveva sofferto per Elena, quando si era trovato a combattere tra
l’odio e
l’affetto che nutriva per il suo fratellino, quando Bonnie
era ripiombata nella
sua vita portando un uragano di emozioni.
Lo
aveva supportato, rimproverato. Gli aveva urlato addosso
e lo aveva anche abbracciato, assicurandosi ovviamente che nessuno
fosse nei
paraggi.
Damon
aveva compiuto un cambiamento sconvolgente senza
tradire se stesso; era migliorato ma la sua natura non si era
stravolta. Non si
era trasformato in qualcun altro, aveva semplicemente accettato un
parte di sé
che non aveva mai creduto di possedere o di meritare. Bonnie lo aveva
salvato.
Alaric
non avrebbe mai potuto immaginare che qualcuno avesse
un tale effetto sul vampiro ma chiaramente la rossa non era una ragazza
qualunque. Era stato incredibile scoprire quanto Damon tenesse alla
piccola
strega, non ci si aspettava da un tipo come lui un affetto
così incondizionato,
spontaneo e soprattutto disinteressato, senza niente in cambio.
Alaric
aveva ricominciato a rivalutare il vampiro, riuscendo
infine a scavare e a vedere molto più di quello che voleva
mostrare. Perché di
sentimenti ce n’erano fin troppi sotto quella scorza dura
come la pietra.
Si
sentiva un privilegiato ad essere entrato nella cerchia
delle confidenze di Damon, poteva definirsi un suo confidente, il suo
unico
amico.
Abbandonarlo
in quelle condizioni era fuori discussione.
Lo
trovò appoggiato sulla penisola della cucina, con la
fronte appoggiata sui gomiti e un bicchiere di whisky accanto. Il
ritratto della
desolazione.
“Qualunque
bella parola tu abbia in mente, ti prego
tienitela per te” lo freddò Damon senza nemmeno
alzare la testa “Sono sicuro
che Stefan avrà già preparato un discorso pieno
di stronzate su come tutto si
risolverà per il meglio. Uno mi basta e avanza”.
“Non
essere troppo ottimista, mi raccomando” commentò
Alaric
tamburellando casualmente le dita sul ripiano.
La
mano di Damon piombò sulla sua un secondo dopo. Aveva
deciso infine di sollevare il capo e i suoi occhi mandavano fulmini
“Vattene,
Ric. Metti al sicuro la tua ragazza, tu che puoi”
afferrò il suo bicchiere e
trangugiò il contenuto. Poi si dedicò
direttamente alla bottiglia.
“Potrei
sbagliarmi” azzardò l’uomo “Ma
non credo che
ubriacarsi prima di pranzo migliorerà la
situazione”.
“Non
la peggiorerà nemmeno”.
“Almeno
potresti avere la decenza di offrire”.
“Non
mi sento uno spirito molto cordiale oggi” grugnì
il
vampiro e si lasciò cadere pesantemente su una delle sedie
attorno al tavolo.
Posò la bottiglia e rimase a fissarla senza vederla
veramente.
Tutto
stava andando a puttane e il grande Damon Salvatore
per la prima volta in cinque secoli non poteva fare niente. Era
totalmente
impotente e si sentiva in una condizione schifosamente umana
perché né i suoi
Poteri né la sua esperienza sarebbero serviti a qualcosa.
Era diventato
ordinario come tutti.
“Dov’è
Bonnie adesso?”.
“Sta
dormendo” rispose Damon dopo un lungo sorso.
“Ne
sei sicuro?” si accertò Alaric. La rossa era
sgattaiolata innumerevoli volti via dal Pensionato per motivo futili;
chissà
cosa non avrebbe tentato per salvare i suoi amici.
Il
vampiro annuì “La sento respirare”.
“Credi
che scapperà?”.
Il
vampiro tentennò in un vano tentativo di riordinare i
pensieri. Bonnie non poteva fargliela così grossa, non
poteva lasciarlo in quel
modo senza neanche lottare; ma d’altra parte avrebbe davvero
rischiato la vita
di uno dei suoi amici solamente per amore suo? Per una promessa?
Forse
se Damon avesse fatto finalmente chiarezza nelle sue
emozioni, se fosse riuscito a dare un nome a quel sentimento e a
confessarlo,
l’avrebbe convinta a restare con lui per sempre.
“Non
lo so” soffiò “Ma al momento
m’importa poco della sua
opinione. Non varcherà quella porta finché non
sarà tutto finito. E se anche
voi farete lo stesso, magari riusciremo a sopravvivere”.
“Nessuno
può rimanere rinchiuso qui dentro per sempre,
neppure tu. Hai bisogno di nutrirti”.
“Beh
… con una casa piena di umani non sarà
difficile”
suppose Damon con tono intimidatorio.
Lo
sguardo di Alaric se possibile si fece ancora più
scettico e le sue labbra si piegarono in una smorfia molto eloquente.
Le
sopracciglia arcuate completavano l’espressione sospettosa.
“Cosa
vuoi da me?!” sbottò Damon “Non posso
fare altro, va
bene? Non so do dove sia Klaus, non posso affrontarlo senza un piano
perché è
troppo forte. Bonnie non ha ancora le capacità di
difendersi. Sage è la nostra
unica speranza” allontanò la bottiglia con uno
scatto nervoso “E’ come se
avessi un orologio sulla mia testa che segna l’ora della
fine. Mi sembra che mi
manchi l’aria e io ho nemmeno
bisogno di
respirare”.
“Benvenuto
nel regno dei sentimenti. Ti ci abituerai”.
“Avrei
dovuto andarmene quando ne avevo l’occasione, non
avrei dovuto farmi coinvolgere da questa banda di adolescenti. Avrei
dovuto
sganciare Bonnie in qualche orfanotrofio e dimenticarmi di quella
notte”.
“Saresti
più contento ora?” domandò Alaric.
“No”
replicò Damon senza esitazioni “Perché
sono un cazzo di
egoista e non la vorrei da nessun’altra parte se non accanto
a me” ci fu una
breve pausa “Dio santo, parlo come
mio
fratello” realizzò con una nota
disgustata “Ho paura, Ric. Ho paura che
alla fine me la porteranno via e non la rivedrò
più. Ho paura che spezzeranno
il suo sorriso e che le faranno talmente tanto male da lasciarle solo
le
lacrime. Ho paura che prima o poi qualcuno mi dirà che se
n’è andata per
davvero. E allora mi maledirò perché non sono
riuscito a proteggerla come le
avevo promesso; mi maledirò di non essere stato con lei
negli ultimi …” la voce
gli si strozzò in gola.
Alaric
si commosse nel vedere tanto dolore e tanto affetto
concentrati in poche parole: la sofferenza sul volto stanco
dell’amico era
evidente.
“Dicono
che sia da stupidi non avere paura” asserì
“Non so
se sia vero ma non puoi farla sparire solo perché non ti
piace. Smettila di
commiserarti davanti ad una bottiglia di liquore. Il Damon Salvatore
che
conosco io, non permetterebbe mai ad altri di prendere ciò
che è suo”.
Sacrosante
parole.
Un
tempo quel letto era la quintessenza della comodità.
Quando era bambina non vedeva l’ora di rifugiarsi sotto le
coperte e
accucciarsi al caldo.
Crescendo
niente era cambiato e il suo letto rimaneva uno
dei posti più sicuri e confortevoli in cui potesse trovare
un po’ di sollievo.
Bonnie
non aveva mai avuto problemi di sonno, almeno fino
all’arrivo di Klaus. Ora aveva perfino paura ad chiudere gli
occhi.
L’angoscia
la tormentava e l’agitava, per non parlare degli
incubi che s’intrufolavano nella sua mente non appena
trovavano uno spiraglio.
Il
letto stesso era diventato qualcosa di temuto ma al
contempo di agognato. Una speranza di prendere una piccola pausa dal
mondo che
a volte si trasformava in immagini peggiori della realtà.
Altre
volte capitava invece che fossero proprio il materasso
e i cuscini a darle noia oppure era lei stessa a mettersi in posizioni
improponibili e a svegliarsi tutta indolenzita.
Si
passò una mano sul collo e se lo massaggiò nel
vano
tentativo di sciogliere i nervi e lenire il male. A poco
servì ogni sforzo.
Ci
mancava solo il torcicollo a rallegrarle la giornata; già
che era stata piena di buone notizie.
Era
un peso enorme quello che si era ritrovata sulle spalle:
una sua mossa poteva determinare il destino dei suoi amici e lei
decisamente
non voleva quel tipo di responsabilità.
Se
Elena fosse rimasta l’obiettivo di Klaus, sarebbe
riuscita a gestire molto meglio la situazione. Lei era più
coraggiosa e
determinata, era una perfetta eroina. Bonnie al massimo avrebbe potuto
interpretare la buona amica, la spalla, non la protagonista. Eppure
qualcuno là
fuori doveva pensarla diversamente.
Chiudersi
tutti insieme nel Pensionato era una grande idea?
Assolutamente no.
Si
sarebbero scannati nel giro di una settimana. Damon
odiava avere gente intorno, li avrebbe sbattuti fuori a pedate nel
sedere.
Bisognava
cercare un’altra soluzione.
Prese
il grimorio appoggiato sul comodino e iniziò a
sfogliarlo. Doveva esserci qualcosa di utile, qualcosa che avrebbe
potuto
fermare Klaus almeno temporaneamente.
Riteneva
assurdo che in quel libro non ci fosse nemmeno un
accenno ai suoi Poteri speciali. Possibile che la strega che lo aveva
scritto
non ne avesse mai sentito parlare? Nemmeno un piccolo aiutino?
Forse
avrebbe fatto meglio a chiamare la signora Flowers; se
anche lei si fosse nascosta nel Pensionato, avrebbe potuto continuare
ad
insegnarle come controllare il suo Potere.
Bonnie
si stese nuovamente sul cuscino e lo abbracciò. Tremava
leggermente ma non aveva freddo. Era spaventata, i suoi nervi
stentavano a
stare fermi, si sentiva costantemente pedinata, osservata. Cominciava a
dare
anche i primi segni di paranoia.
Un
rumore un po’ sinistro veniva ingigantito dalla sua
immaginazione, una parola sbagliata la faceva scattare, la vicinanza
dei suoi
amici invece di rassicurarla la metteva maggiormente in crisi. Si
sentiva un
cucciolo ferito, spaventato anche dalla sua stessa ombra.
Quella
non era vita. Non poteva pensare di nascondersi per
il resto dei suoi anni, non poteva permettere che i suoi cari venissero
coinvolti ma d’altro canto non riusciva nemmeno a pensare di
uscire dal
Pensionato e affrontare Klaus.
Non
voleva morire. Non aveva vissuto neanche la metà delle
esperienze che le spettavano, non voleva che le venisse tolta la
possibilità di
crescere.
C’erano
così tante cose che aveva appena scoperto e
rinunciarvi non solo le risultava difficilissimo ma anche di una
tristezza
struggente.
Si
tirò a sedere e spostò malamente il grimorio
dalle sue
ginocchia. Riportò le mani sul collo e le sfregò
con decisione sui punti che le
dolevano.
“Male?”.
Gli
occhi scattarono istintivamente verso la porta e la
rossa sibilò di dolore per il movimento brusco.
Annuì a fatica.
“Vuoi
un massaggio?”.
“Farai
sicuramente meglio di me” si scansò per fare
spazio
al vampiro che si posizionò dietro di lei.
In
un attimo le sue mani furono alla base della nuca della
ragazza e la carezzarono delicatamente premendo dove i nervi erano
più tesi.
Bonnie
si abbandonò a quel tocco e il suo corpo lentamente
si appoggiò sempre più a quello di Damon. Chiuse
gli occhi e per un attimo,
solo per un attimo dimenticò il resto e si sentì
bene.
Le
dita del vampiro abbandonarono il suo collo e scivolarono
sulle spalle, attirandola più vicino. Le tirò una
manica della maglietta e
l’abbassò scoprendole la pelle. Vi posò
un bacio e inspirò l’odore.
La
strega intuì la prossima mossa e ridacchiò ma
cercò di
scostarsi. Non era in vane di farsi prelevare del sangue.
La
stretta di Damon s’indurì. Bonnie aprì
gli occhi e provò
a girare il viso. La mano di lui le prese il mento tra le dite e glielo
impedì,
tenendola ferma; poi passò alla sua guancia e con una
leggera pressione la
indusse ad angolare il collo.
La
ragazza provò ancora a divincolarsi e chiamò il
nome
dell’altro.
“Sshh”
le intimò mentre il suo braccio le arpionava la vita.
“Damon,
no” si rifiutò “Non è il
momento”.
Il
vampiro la ignorò e i suoi canini sfiorarono la carne.
Bonnie
trattenne il respiro “Mi farai male”.
“Non
m’importa” furono le sue ultime parole prima di
morderla, sordo ad ogni sua protesta.
Non
fu né gentile né cauto: le squarciò la
pelle con i denti
senza esitare e bevve avidamente, stritolandola sempre più
nella sua morsa.
Si
staccò per un istante e ritornò
all’attacco con più
ferocia.
Il
grimorio volò letteralmente via dalle gambe della rossa
mentre lei scattava a sedere trattenendo un urlo a fatica.
Si
mise una mano sul cuore e sentì una fitta lancinante al
collo per via della posizione scomoda che aveva tenuto fino a pochi
secondi
prima nel sonno. Doveva essersi addormentata mentre sfogliava il suo
libro di
magia e ancora una volta la sua mente le aveva giocato brutti scherzi.
“Bonnie?”.
E
come nel suo incubo, Damon comparve sulla soglia della sua
camera, quasi avesse fiutato l’agitazione che
l’aveva colta.
Entrò
e si sedette sul materasso senza toglierle gli occhi
di dosso. Allungò le dita per sfiorarle il volto imperlato
di sudore e lei per
poco non si ritrasse ancora scossa. Riuscì a restare ferma e
a non destare più
preoccupazione del dovuto.
“Hai
i brividi” constatò lui “Brutti sogni
ancora?”.
Bonnie
distolse lo sguardo.
“Vuoi
raccontarmelo?”.
Lei
scosse la testa in segno negativo.
“Ti
fa male il collo? Vuoi che te lo massaggi?”.
“NO!”
urlò Bonnie saltando indietro.
Damon
sgranò gli occhi e la fissò mortificato. Non
credeva
di aver fatto nulla di sbagliato, ma l’espressione
terrificata della ragazza
gli suggeriva il contrario.
“Sicura
di non dovermi dire niente?”.
“Scusami”
si dispiacque lei accorgendosi della reazione
esagerata “Sono solo un po’ turbata. Tu non
c’entri niente”.
Prima
che il vampiro potesse ribattere, suo fratello irruppe
nella stanza “Damon!” lo chiamò con una
nota affannata “Alaric è stato
attaccato”.
Bonnie
improvvisamente si dimenticò di tutti i suoi problemi
e si protese verso Stefan in attesa di ulteriori dettagli.
“Dicono
che sia stato un animale ma noi sappiamo chi è
stato”.
Gli
occhi della giovane non si staccarono dal volto
contratto del vampiro. Non le importava che Stefan stesse ancora
parlando, non
le importava nemmeno della sua presenza.
“Dov’è
adesso?” chiese l’altro.
“E’
stato ricoverato in ospedale ma Caroline ha soggiogato i
dottori a dimetterlo per portarlo al sicuro a casa sua. Ora sta
bene”.
“Quando
è successo? Era qui fino nemmeno un’ora
fa!”.
“Non
molto lontano da qui”.
Damon
senza preavviso, si precipitò fuori dalla camera e
giù
per le scale verso la porta d’ingresso. Klaus voleva giocare
al gatto e al
topo?
Non
aveva nessun problema ad accontentarlo. Lo avrebbe
scovato ed annientato.
Bonnie
lo seguì con le medesima foga ma con intenzioni
differenti. Se Damon avesse sfidato Klaus, sarebbe stato il primo della
lista
degli obiettivi da colpire. Ma giunta alla porta d’entrata,
ebbe una brutta
sorpresa. Non ebbe il coraggio di andare oltre.
E
se Klaus fosse stato nascosto lì vicino? E se, vedendola,
l’avesse rapita?
Aveva
abbastanza Potere da agire indisturbato sotto gli
occhi di altri due vampiri e lei sarebbe sparita per sempre.
La
paura l’attanagliò. Le sue membra si
paralizzarono.
Damon
non sembrava essersi accorto del suo turbamento e se
ne stava in mezzo al cortile, scandagliando la zona con ondate di
Potere.
Klaus
sarebbe dovuto uscire allo scoperto presto o tardi e
lui lo avrebbe aspettato. Era ora di finirla. Per troppo tempo li aveva
terrorizzati senza averne il diritto; per troppo tempo aveva infestato
i sogni
di Bonnie. Aveva ucciso tutta la sua famiglia, aveva minacciato i suoi
amici.
Aveva osato toccare Alaric. Doveva
pagarla.
Il
suo ringhio rimbombò nell’aria e le ondate
aumentarono
sempre di più. Il cielo si fece più buio. Vederlo
in tutta la sua oscura
potenza era uno spettacolo bellissimo ma al contempo tremendo.
“Damon,
vieni dentro” lo pregò Bonnie.
Il
vampiro non si mosse. Non si voltò nemmeno.
“Per
favore” insistette lei “Torna in casa”.
Damon
strinse i pugni. Alla fine rientrò. La superò
senza degnarla
di un’occhiata e si ritirò in camera sua.
Bonnie
appoggiò una mano al muro in cerca di sostegno. Che
razza di codarda era diventata? Il migliore amico del suo ragazzo aveva
appena
rischiato di morire e lei non riusciva neppure a oltrepassare la porta
di casa.
Damon
non aveva avuto la forza di guardarla. Era arrabbiato,
forse provava ribrezzo. Aveva capito che per tenerla al sicuro avrebbe
per
forza dovuto rinunciare a qualcosa. Bonnie, però, non voleva
che gli mancasse
nulla; non ora che aveva trovato tutto ciò che gli bastava
per essere felice.
Doveva
fare qualcosa al più presto.
Meredith
osservò il suo uomo piegato su un grosso libro,
immerso nella lettura, con un’espressione corrugata in volto.
La
stanza era del tutto buia, a eccezione di una piccola
lampada posta sul tavolo. Il dito di Alaric seguiva con cura le righe
del
grosso tomo. Sembrava avesse trovato qualcosa di veramente interessante
ma la
ragazza non ne era per niente contenta.
Il
suo fidanzato era stato attaccato da un vampiro, era finito
in ospedale ed era stato salvato per un pelo da Caroline che lo aveva
portato a
casa e curato. Avrebbe dovuto essere a letto, a riposarsi, senza
affaticarsi
riguardo strane leggende o vicende paranormali ed invece eccolo a
cercare
nuovamente una soluzione, a passare un’altra notte insonne
facendosi beffe del
suo povero corpo indebolito.
Le
era sempre piaciuto vedere Alaric all’opera. Le
trasmetteva una certa sicurezza. Il fatto che lui fosse più
grande, che fosse
già laureto, che fosse molto più uomo di molte
sue conoscenze, la faceva
sentire protetta e accudita.
Non
era un vampiro, non aveva super capacità ma era quello
giusto per lei, quello che non si sarebbe fermato davanti a niente e
l’avrebbe
amata sinceramente.
Alaric
era una persona molto fedele e non solo
romanticamente parlando. Non era il tipo che estendeva la sua
confidenza a
chiunque ma non avrebbe negato mai il suo aiuto ai suoi veri amici.
Questo
era un aspetto di cui Meredith andava molto fiera.
Alaric era un semplice umano ma non era un codardo e di sicuro non era
uno
abituato ad arrendersi. Le assomigliava molto sotto quel punto di vista.
Anche
lei era sempre stata in prima linea per le sue amiche,
avrebbe dato tutto per loro. Ma in un istante, un piccolissimo istante,
quando
Alarci si era trovato ad un passo dalla morte, in quel minuscolo
istante aveva
sperato che Bonnie si piegasse al ricatto del vampiro originale e li
liberasse
da quell’oppressione.
Si
era sentita uno schifo ma non aveva potuto evitare di
pensarlo, perché se da una parte era felice che la sua amica
fosse al sicuro al
Pensionato, dall’altra aveva sofferto le pene
dell’Inferno credendo che il suo
fidanzato non ce l’avrebbe fatta.
Presumeva
che fosse quello il piano di Klaus: metterli l’uno
contro l’altro, così come avevano cercato di fare
precedentemente Christopher e
Katherine. Divisi erano più deboli.
Nella
mente dell’Originale due erano le opzioni possibili: o
Bonnie si sarebbe consegnata spontaneamente per il senso di colpa
oppure
qualcuno di loro l’avrebbe costretta per salvarsi la vita.
Klaus
non aveva fatto i conti con la loro tenacia.
Nonostante quell’attimo di debolezza, Meredith non avrebbe
permesso a nessuno
di cedere. E da quanto poteva constatare, anche il suo ragazzo
condivideva la
sua stessa idea.
“Che
cosa stai leggendo?”.
“Ho
avuto un’illuminazione mentre Klaus mi attaccava”
rispose lui.
Le
labbra di Meredith si piegarono in una smorfia “Mm
… mi
fa piacere. E di che tipo?”.
“Del
tipo che forse non ci dovremmo nascondere per così
tanto tempo come pensavamo”.
“Credi
di potermelo spiegare subito o devo avere un permesso
speciale per entrare nella tua testa?” continuò
Meredith un po’ seccata da
quelle mezze informazioni che il suo ragazzo le stava propinando.
Alaric
se ne rese conto e spostò finalmente lo sguardo su di
lei “Scusami, ero concentrato. Vieni qui” la
invitò e accennò alle pagine del
libro “Durante le mie ricerche in Scozia ho scoperto che le
streghe non sempre
sono abbastanza potenti per compiere alcuni incantesimi e in quel caso
devono
ricorrere a degli aiuti. Spesso si affidano alla forza della natura, ma
altre
volte condividono i propri Poteri per crearne uno molto più
efficace”.
“Stai
suggerendo che delle streghe dovrebbe donare i loro
Poteri a Bonnie?”.
“Esattamente,
ma sarebbe solo una condizione temporanea per
sconfiggere Klaus” precisò l’uomo.
“Credevo
che le capacità di Bonnie fossero uniche. Da quanto
tu e Sage ci avete detto non ce ne sono altre al mondo”.
“Sto
parlando di Poteri normali, che tutte le streghe hanno”
“E
le sarebbero utili lo stesso?”.
“Nessuna
persona può nascere solamente con le capacità
speciali di Bonnie, nessuno è un canale di energia e
basta” disse lui “Sono
tutte streghe che hanno anche i Poteri normali
che costituiscono la base di quelle capacità,
capisci? Più il Potere è vasto,
più la strega riesce a sviluppare il suo controllo
dell’energia”.
“Se
aumenta il Potere, aumenta anche il controllo” concluse
Meredith “E se delle streghe le cedessero la loro magia,
Bonnie riuscirebbe ad
accrescere la sua. C’è solo una cosa che non mi
convince: non ci vorrà del
tempo prima che riesca a gestire tutto quel Potere?”.
“Sì
ma molto meno che aspettare che il suo si fortifichi con
un normale allenamento. E in realtà credo che tutto questo
ricatto possa
spronarla a fare meglio” considerò Alaric.
“Ah
sì?” s’incuriosì Meredith
“Io credo che la manderà solo
fuori testa più di quanto non lo sia già.
Sinceramente ho paura che farà
qualcosa di stupido, tipo la martire”.
“Qui
c’è scritto che questi Poteri si manifestano
appieno
nelle situazioni di grande difficoltà. Ricordi di come
Bonnie riuscisse ad
ipnotizzare i vampiri anche quando non sapeva di essere una strega?
Succedeva
sempre quando si trovava in pericolo. Ora Klaus sta minacciando tutte
le
persone cui lei vuole bene, questo magari
l’aiuterà a sbloccarsi
ulteriormente”.
“E
dove pensi di trovarle tutte queste streghe? Mettiamo un
annuncio su Internet con scritto: AAA cercasi strega che condivida i
suoi
Poteri per sconfiggere un Antico?”.
“Sai,
a volte credo che tu abbia in comune con Damon molte
più cose di quanto immagini” commentò
Alarci riferendosi al suo evidente
sarcasmo “Comunque possiamo cominciare a chiedere alla
signora Flowers e alla
nonna di Bonnie. Conosceranno altre streghe disposte a collaborare.
Dopotutto
sono serve della natura, vogliono mantenere l’equilibrio e
non avrebbero nessun
vantaggio a lasciar vincere Klaus”.
Meredith
alzò gli occhi al cielo e ridacchiò furbetta
“Ce ne
occupiamo domani; chiameremo Damon, Bonnie e chi vorrai. Ma ora devi
prenderti
cura anche di me” lo invitò con
un’occhiata ambigua.
“Perché
mai?” stette al gioco Alaric.
“Perché
alla tua ragazza oggi è quasi morta mentre aspettava
di avere notizie sulle tue condizioni e adesso ha bisogno di essere
rassicurata”.
“Ma
davvero!” esclamò lui; dopodiché la
prese
improvvisamente in braccio, dirigendosi in camera da letto.
Aprì
gli occhi a fatica.
Li sentiva stanchi e, seppur le palpebre fossero alzate, continuava a
vedere
nero.
Le
ci volle qualche
secondo per capire che non dipendeva da lei, ma dalla stanza immersa
nel buio.
Bonnie si tirò seduta lentamente, usando le mani per tastare
il pavimento in
cerca di qualcosa che le potesse dire dove si trovasse.
Si
mise in piedi e provò
a scorgere qualcosa nell’oscurità ma ogni
tentativo fu vano. In quel momento la
supervista avrebbe fatto davvero comodo.
Un
urlo agghiacciante la
immobilizzò sul posto e lei alzò
d’istinto gli occhi verso il soffitto da qui
provenivano le grida.
Sebbene
il suo buon senso
le suggerisse di fare il contrario, Bonnie iniziò a muoversi
per la stanza,
strisciando principalmente lungo il muro, per cercare qualcosa che
prima di
tutto le permettesse di uscire da quel posto e secondo che le facesse
raggiungere il piano superiore.
Improvvisamente
le
persiane di una piccola finestra posta molto in alto si aprirono e la
stanza
s’illuminò di una debole luce. Bonnie la riconobbe
subito: era il seminterrato
del Pensionato. Come ci era finita lì?
La
porta era chiusa a
chiave ma per lei fu facilissimo aprirla con un incantesimo. La
oltrepassò e
salì le scale; si trovò in pochi attimo
nell’ingresso della grande casa. Non si
sentiva un rumore e non sembrava esserci nessuno.
Atmosfera
opprimente?
C’era.
Silenzio
inquietante?
Pure.
Brutto
presentimento?
Presente.
Bonnie
seppe per certo
che stava per andare incontro a qualcosa di terribile; anche senza il
suo sesto
senso da strega lo avrebbe capito.
Si
mise a cercare
freneticamente chi avesse urlato in maniera così disperata
solo pochi minuti
prima ma non dovette fare molta strada per scoprirlo: in salotto
c’erano due
corpi stesi dietro al divano, entrambi non davano segni di vita.
Avvicinandosi,
li
identificò con orrore: Matt con il collo spezzato e Caroline
con un paletto nel
cuore; poco più in là, nascosto parzialmente da
una poltrona stava Tyler,
riverso sulla schiena, con gli occhi freddi e vitrei.
Bonnie
sentì la nausea
montarle nello stomaco e si voltò dall’altra
parte, abbandonando velocemente il
salone.
Appena
superato l’arco
che congiungeva quella sala con l’ingresso, si
appoggiò al muro e si mise una
mano sulla bocca per soffocare un gemito. Sapeva che era un gesto
inutile, che
presto sarebbe scoppiata in lacrime.
Chiunque
avesse ucciso i
suoi amici probabilmente la stava osservando da qualche angolo della
casa e
trattenere i singhiozzi non le sarebbe servito a nulla. La sua presenza
era già
ben nota e non avrebbe avuto occasione di nascondersi.
Mosse
qualche passo in
direzione delle scale ma si bloccò sui primi gradini: in
cima poteva scorgere
Alaric a terra e immobile come gli altri tre in salotto.
Fu
in quel momento che
Bonnie comprese di non poter proseguire. Non era sicura delle altre
sorprese
che l’attendevano al piano superiore ma preferiva rimanerne
all’oscuro. Non
aveva la forza di scoprire chi altro aveva perso la vita.
Fece
dietrofront e corse
alla porta ma non ebbe nemmeno il tempo di aprirla. Delle mani
l’arpionarono
per le spalle e si ritrovò bloccata contro il legno mentre
una voce calda ma
tagliente le sussurrava nell’orecchio “Credevi
davvero che non sarei riuscito
ad entrare solo perché non mi avevi invitato?”.
Bonnie
strizzò gli occhi
e cercò di piegare la testa e nasconderla il più
possibile solo per sottrarsi
al quel suono disgustoso.
“Ti
ho cercata per
secoli, ti ho trovata quando eri in fasce, ti ho ritrovato anche quando
mi eri
sfuggita, ho mandato dei miei fidati a tenerti d’occhio e mi
sono infilato
nella tua vita senza nemmeno che tu te ne accorgessi. Sono
più volte arrivato
ad un soffio dal prenderti e credi sul serio di potermi scappare? Di
poter
stare chiusa qui dentro per sempre?” la schernì
per poi strattonarla con forza
e obbligarla a salire al primo piano “Diamo
un’occhiata a quello che succede
quando cerchi di sfidarmi”.
Bonnie
era determinata a
tenere gli occhi serrati per non vedere l’orrore che
deturpava la tranquillità
di quello che una volta considerava un posto sicuro.
Il
vampiro la sollevò
quasi per tutto il tragitto, come se volesse affrettare la disperazione
e la
tortura.
Quando
le ordinò di
aprire gli occhi, la rossa scosse furiosamente la testa e
provò a sottrarsi a
quella stretta che cominciava pure a dolerle.
“Visto
che sei così
restia a collaborare, ti descriverò io cosa vedono i miei
occhi” le disse lui
con una vena di perfidia e frenesia “Siamo in camera tua e ci
sono tre persone;
indovina chi sono?”.
La
strega non volle
neppure immaginarlo e si concentrò il più
possibile per ignorare quelle parole
che sembrano ferirla ad ogni sillaba.
“Una
è una ragazza mora,
Meredith, giusto?” descrisse “Poi
c’è la copia di Katherine. La sua bellezza
è
davvero sbalorditiva, non mi stupisco che i due fratelli Salvatore ci
siano
cascati per ben due volte. E chi abbiamo qui invece? Oh sì,
Stefan, il vampiro
vegetariano, troppo buono e sensibile per essere uno di noi”
una delle sue mani
serpeggiò fino al collo di Bonnie, lo carezzò e
la costrinse ad alzare la testa
“Peccato che siano tutti morti; sono sicuro che sarebbe stato
un confronto
molto commovente”.
Le
lacrime scendevano
copiose sulle guance della ragazza ma i suoi occhi non accennavano ad
aprirsi.
Il viso contratto in una smorfia di sofferenza.
“Ora
passiamo al pezzo
forte, che ne dici?”.
La
trascinò per un’altra
rampa di scale e questa volta Bonnie non ebbe bisogno di usare la vista
per
capire dove stessero andando. La camera di Damon occupava, insieme allo
studio,
l’ultimo piano.
“Se
fossi in te, non mi
perderei la scena” le suggerì Klaus.
E
lei stranamente ubbidì.
Sollevò lentamente le palpebre e affrontò la sua
più grande paura. Il colpo fu
tremendo e le tolse il fiato. Avrebbe voluto gridare, almeno per
sfogare il suo
dolore e la sua rabbia, ma non trovò la voce o la forza.
Dalla sua bocca uscì
un fievole “No” mentre il suo corpo si scioglieva
in un’altra serie di
singhiozzi incontrollabili.
Piangere.
Odiava piangere
ma ormai era tutto perduto e non le restava altro.
“Questo
era il vampiro
che avrebbe dovuto proteggerti e guarda come è
finito” sibilò Klaus facendo un
cenno verso il cuore che giaceva sul pavimento accanto al petto di
Damon
“Ammetto che è stato un avversario difficile,
davvero determinato a difenderti
ma destinato a soccombere. Ed è tutta colpa tua. Tutti i
tuoi amici sono morti
a causa tua. Io ti aveva detto di consegnarti, ti avevo avvertito ma
hai voluto
fare di testa tua, mi hai provocato e questo è il
risultato”.
Finalmente
la lasciò
libera ma lei non si voltò.
“Lascia
che metta in
chiaro una cosa: questo non è il tuo subconscio, non
è la paura che ti provoca
questi brutti sogni. Questo è ciò che
succederà se tu continuerai a negarti a
me. Sono stato paziente, ti ho concesso del tempo, non sprecarlo oppure
il tuo
incubo diverrà una realtà”.
Il
soffitto della sua camera costituiva la cosa più
interessante su cui posare gli occhi.
Era
sveglia da quasi un’ora. Dopo quel terribile incubo non
ne voleva più sapere di dormire. Ormai era diventato un
tormento.
Erano
visioni? Erano i suoi timori? O era davvero Klaus che
riusciva a infilarsi nella sua testa?
Di
qualunque cosa si trattasse era spaventosa e aveva
certamente un fondo di verità. Bonnie doveva accertarsi che
nessuno di quegli
eventi accadesse mai.
L’espressione
ferita e apprensiva di Damon alla notizia
dell’attacco ad Alaric era stata davvero penosa per lei.
Non
voleva che il suo bellissimo volto fosse deturpato da
una tale angoscia, non voleva metterlo di fronte ad una simile scelta:
lei o
Alaric; oppure lei o Stefan.
Perché
quello sarebbe stato il risultato, se non avessero
trovato una soluzione al più presto. La vita di tutti era in
pericolo ma Damon
avrebbe pagato il prezzo più caro: avrebbe perso le uniche
persone cui voleva
bene.
Bonnie
non solo non poteva permettere che i suoi amici
corressero un rischio del genere, ma nemmeno che Damon vivesse con una
tale
mancanza.
Conoscendo
poi l’indole impulsiva del vampiro, era sicura
che non avrebbe retto quello stress e che sarebbe andato da solo in
cerca di Klaus
per mettere la parola fine a quella brutta storia. Ne aveva avuto la
prova
proprio quel pomeriggio, quando si era lanciato fuori dal Pensionato,
pronto
per ingaggiare una battaglia.
Forse
non era stata una casualità che fosse proprio lei a
nascere con quelle capacità speciali, forse era un segno.
Non avrebbe salvato
il mondo, ma almeno tutti i suoi cari non sarebbero stati coinvolti in
una
faccenda in cui neppure c’entravano. Se ne sarebbe andata
almeno con la
consolazione di averli messi tutti in salvo, di aver loro donato una
vita
normale e soprattutto lunga.
Qualcuno
bussò alla porta e Bonnie si affrettò a schermare
la sua mente per non lasciar trapelare la sua idea.
Dopo
un secondo sulla soglia apparve Damon. Le si avvicinò
con aria agitata e quasi imbarazzata, tanto
che la ragazza per un istante si dimenticò che quello
davanti a lei fosse un
vampiro centenario.
Non
era arrossito perché non poteva ma poco ci mancava. E
lì
la strega sospettò subito che ci fosse sotto qualcosa.
Non
era andata tanto lontano dalla verità ma non poteva
neanche sognarsi che quel qualcosa
fosse una faccenda davvero molto seria, da non prendere alla leggera.
Damon ci
aveva rimuginato su tutto il giorno prima di risolversi a compiere quel
passo,
ma alla fine lo aveva ritenuto necessario.
“Mi
importa di te come di
nessun altro. Non mi è mai successo di tenere
così tanto a qualcuno in tutta la
mia vita”.
Si
vergognava ancora di quella penosa dichiarazione. M’importa
di te, Bonnie. Quante volte
glielo aveva già detto? Non è che fosse niente di
nuovo.
In
quel momento così drammatico magari avrebbe potuto
sbilanciarsi un po’ di più, avrebbe potuto essere
per una volta del tutto
onesto senza riserve.
Ma
non era bravo con le parole, di solito faceva peggio; per
cui aveva deciso di passare direttamente ai fatti.
C’era
una ragione ben precisa per cui non aveva mai donato
il suo sangue a Bonnie nei loro momenti
d’intimità: lo scambio era appunto
intimo, personale, era una condivisione di segreti ed emozioni e Damon
non si
era mai sentito pronto a rivelare così apertamente tutto
ciò che stava nel suo
cuore.
Lo
avrebbe reso totalmente vulnerabile, avrebbe dato a
Bonnie il controllo completo e lui si sarebbe esposto ad un altissimo
rischio
di rimanerne scottato. Con il tempo, però, aveva capito che
entrambi
possedevano quel tipo di potere sull’altro, che potevano
ferire e far stare
bene; ma nessuno dei due se ne sarebbe mai approfittato
perché solo uno stupido
avrebbe inflitto sofferenza ad una parte di se stesso.
Non
disse niente. La baciò così lentamente che Bonnie
si
sciolse senza esitazioni contro di lui e lo trascinò a
stendersi sul letto.
Damon
si allontanò leggermente, giusto lo spazio per portare
la sua bocca al polso e morderlo. Bonnie sbiancò.
Per
molto tempo si era chiesta come mai il vampiro non le
avesse mai proposto di scambiarsi il sangue. Con Elena non aveva avuto
nessun
tipo di problema, nonostante all’inizio non provasse nulla se
non un senso di
possessione nei confronti della bionda.
Con
lei, invece, non aveva mai neanche accennato
all’argomento, troppo restio a creare quel tipo di
connessione così profonda.
Bonnie
si era sentita in difetto per molto ma non aveva mai
domandato spiegazioni. Temeva di ricevere un’altra batosta
sentimentale e aveva
preferito dimenticarsene e aspettare un momento più
tranquillo per rifletterci
di nuovo.
Ed
ecco che Damon, finalmente, le proponeva il legame
definitivo, il vero e assoluto piacere per un vampiro. Un flusso
ininterrotto
di sentimenti, senza schermi, senza scuse, lontano dal mondo, in una
dimensione
creata apposta soltanto per loro due.
E
lei non poteva accettarlo.
Gli
avrebbe dato libero accesso alla sua mente, svelando
l’unico piano che avrebbe messo tutti al sicuro
definitivamente.
Inoltre
se fosse morta con il suo sangue in circolo, si
sarebbe trasformata in vampiro e non era una decisione da prendere in
modo
affrettato. Non voleva diventare una di loro, non
ancora e non così.
Allontanò
con rammarico il suo braccio e gli coprì la ferita
con una mano “Perché ora?” gli chiese.
Damon
si accigliò per quello che aveva tutta l’aria di
un
rifiuto ma non si lasciò scoraggiare “Avrei dovuto
farlo prima ma qualcosa mi
tratteneva. Non volevo darti la possibilità di leggere
dentro di me; era
troppo, capisci?” iniziò a spiegarsi “Ma
tu sei mia, Sissi, da sempre. Sei
stata creata per me e mi dispiace di non essermi preso cura di te come
avrei
dovuto. Voglio fare lo scambio di sangue perché è
l’unica cosa che ci manca per
essere davvero uniti. Non importa se scoprirai cose che nessuno conosce
o se
t’inoltrerai in ricordi di cui nemmeno io ho memoria. Sono
stato troppo tempo
da solo perché sentivo che mi mancava qualcosa. Adesso il
vuoto, però, è
sparito, ormai sei diventata una parte di me e non ho paura di
affidarti i miei
segreti. Voglio che tu sia mia in ogni senso che concepisco”
e poi sospirò “Spero
solo che tu non scapperai vedendo
quanto oscurità c’è nella mia
anima”.
“Damon”
mormorò Bonnie sedendosi sulle sue ginocchia
“Ricordi qualche mese fa, quando tu sentisti la mia aura per
la prima volta e
mi rimproverasti perché stavo attirando troppo
l’attenzione di altri essere
sovrannaturali?”.
Il
vampiro annuì stringendo i suoi fianchi sottili tra le
braccia.
“Anche
io ho sentito la tua aura in quel momento: era
tormentata, in lotta con se stessa, mi sembrava che non riuscisse a
trovare
pace, ma era anche passionale e protettiva, determinata. Non aveva
niente a che
fare con la malvagità. Tu non sei cattivo, Damon;
è quello che vuoi far credere
ma nel profondo sei esattamente l’opposto. È per
questo che alla fine ti ho
perdonato; sarei stata una stupida a lasciarti andare” gli
confessò “La tua
anima non è nera”.
“Allora
perché non vuoi accettare il mio sangue. Non hai
paura di quello che potresti scoprire?”.
“No”
negò Bonnie “E’ solo che …
possiamo solo per stasera
allontanarci da qualsiasi cosa sia sovrannaturale? Possiamo essere solo
noi
due?”.
“Cosa
vuoi che faccia, Sissi?”.
La
rossa si mordicchiò il labbro, un po’ agitata, ma
non
distolse lo sguardo. Strinse maggiormente le dita nei capelli di lui e
si
avvicinò per baciarlo “Amami e basta” lo
pregò ad un centimetro delle labbra.
Il
ringhio eccitato del vampiro le mandò i brividi lungo la
schiena. Lui la spinse sul letto e aumentò la presa sui suoi
fianchi, quasi le
fece male ma nessuno dei due vi badò. I vestiti sparirono in
fretta.
Il
corpo di Damon premette così tanto contro il suo che le
era difficile capire dove cominciasse uno e finisse l’altro.
La ragazza aprì le
gambe per fargli spazio mentre le mani di lui scivolavano fino alle sue
cosce.
Il
gridolino di Bonnie si perse nei tanti baci mentre Damon
entrava in lei con decisione e prendeva il ritmo senza fretta, beandosi
di quel
calore che era riservato a lui soltanto. La rossa gli
graffiò la schiena con le
unghie non trovando altro sfogo per non morire dal piacere.
Si
perse totalmente in quella meravigliosa sensazione, si
lasciò trascinare nell’oblio dei baci e delle
carezze.
“Damon
… ti prego …”.
Il
vampiro scese a lambirle il collo e andò ancora
più a
fondo, dandole ciò che gli chiedeva con così
tanta insistenza.
L’apice
arrivò troppo in fretta e Bonnie si afflosciò,
priva
di forze mentre Damon rotolava sul fianco portandosela dietro.
La
strega si concesse un po’ di sonno, rassicurata dalla sua
presenza; ma fu un riposo breve e presto fu costretta ad alzarsi.
Quando
si fu cambiata, si prese un momento per osservare il
vampiro per l’ultima volta. Si piegò su di lui e
gli accarezzò il volto con le
nocche.
Damon
aprì gli occhi ancora assonnati e la guardò un
po’
confuso “Bonnie? Che cosa ci fai sveglia? Torna a letto,
è presto”.
Bonnie
lo baciò sulle labbra e cercò di trasmettergli
tutto
l’affetto che nutriva e che avrebbe continuato a dimostrargli
se il fato glielo
avessero permesso.
“Ora
dormi” lo influenzò manipolando la sua energia. Il
suo Potere
funzionò alla perfezione e la testa del vampiro ricadde sul
cuscino.
La
rossa si caricò in spalla il borsone che aveva preparato
qualche ora prima. Corse giù dalle scale, più in
fretta che poté, fuori dal
Pensionato fino alla sua macchina. Mise la valigia nel baule e si
sedette nel
posto di guida.
L’auto
percorse il vialetto della villa e Bonnie s’impose di
non guardarsi indietro, nemmeno attraverso lo specchietto, altrimenti
sarebbe
scoppiata in lacrime.
Ma
ormai il pianto non era più cosa per lei perché
era
cresciuta, era grande e non doveva più comportarsi come una
bambina impaurita.
Aveva
trascorso quasi un anno a tentare di convincere tutti
di essere in grado di cavarsela da sola, di poter gestire anche le
situazioni
più pericolose o le notizie peggiori, di non avere bisogno
di nessuno.
Eppure
in quel momento avrebbe tanto desiderato ritornare ad
essere quella bambina impaurita che si nascondeva nel lettone del suo
eroe.
“I hope you
know, I hope you know
That this has nothing to do with you
It's personal, myself and I
We've got some straightenin’ out to do
And I'm gonna miss you like a child misses their blanket
But I've got to get a move on with my life
It's time to be a big girl now
And big girls don't cry”
(Big girls
don’t cry- Fergie).
Il
mio spazio:
L’ultima
scena tra Bonnie e Damon vi avrà probabilmente
fatto venire le carie dato l’alto livello di zucchero ma un
po’ di tenerezza mi
sembrava dovuta.
Damon
si sveglierà parecchio arrabbiato per la brutta
sorpresa e se mai ritroverà Bonnie, il loro incontro non
sarà molto romantico.
Quell’
amami
finale è abbastanza equivoco: si riferisce più
che altro alla dimensione fisica
ma è chiaro che nasconda qualcosa di più
emotivamente profondo.
Come
potete vedere siamo alla resa dei conti, nel prossimo
capitolo apparirà Klaus in tutto il suo splendore quindi
vorrei fare le cose
per bene. Ho deciso perciò che il prossimo aggiornamento
arriverà entro il 23
novembre (magari qualche giorno prima ma non prometto niente).
Ma
c’è una buona notizia! Lunedì prossimo
posterò il
capitolo 4 di Crazy Little Thing Called Love; non smetterò
di tormentarvi!
Mi
scuso davvero per queste lunghe attese ma
l’università mi
sta togliendo moltissimo tempo =(
Per
quanto riguarda lo scambio di sangue, non sarà
l’ultima
volta che ne sentirete parlare! A proposito ma solo a me è
sembrato strano che
improvvisamente sia diventata una cosa personale e intima anche nella
serie tv?
Voglio dire, per tre stagioni si sono scambiati tutti tranquillamente
il sangue
e adesso si è trasformato in un gesto quasi estasiante per
Damon ed Elena. Mi
sembra che questo triangolo cominci ad essere gestito un po’
male, voi che ne
pensate?
Ora
è tardi e vi lascio andare!
Vi
ringrazio tantissimo per continuare a seguire questa
storia anche se si sta rivelando davvero lunga! Vi ringrazio di cuore!
A
lunedì,
Fran;)
|
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Capitolo 37 *** Anybody out there? ***
Ashes &Wine
Capitolo trentasette: Anybody out there?
“Hello, hello, anybody
out there?
‘Cause I don't hear a sound. Alone, alone
I don't really know where the world is but I miss it now
I'm out on the edge and I'm screaming my name
Like a fool at the top of my lungs
Sometimes when I close my eyes I pretend I'm alright
But it's never
enough
‘Cause my echo, echo is the only voice coming back
My shadow, shadow is the only friend that I have
I would take a whisper if that's all you have to give
But it isn't, isn't. You could come and save me
Try to chase it crazy right out of my head”
(Echo-
Jason Walker).
Damon
riprese i sensi a metà mattina. Uscì lentamente
dal
sonno e mugugnò nella speranza di guadagnare ancora un
po’ di pace.
Respirò
piano, anche se non gli serviva veramente, ma gli
piaceva mantenere quella parvenza di tranquillità e
normalità.
Sghignazzò
ancora con gli occhi chiusi. Stava davvero
diventando patetico quanto suo fratello; stranamente non ne era
infastidito.
Per
tutto il mondo avrebbe continuato ad essere Damon
Salvatore, il vampiro che per cinquecento anni aveva compiuto stragi
seminando
sangue tra tutte le specie, ma con la sua streghetta non temeva di
mostrarsi
senza maschera. Rimaneva sempre lui, con un po’
più di umanità che Bonnie lo
aveva spinto ad accogliere.
Chiuse
le braccia convinto di trovare il corpo minuto della
ragazza ad aspettarlo. Aprì gli occhi trovando il vuoto. Si
girò di scatto
dall’altra parte del letto: il lenzuolo spiegazzato e freddo,
segno che
chiunque avesse dormito lì, aveva lasciato già da
tempo quel comodo giaciglio.
Niente
panico. Si
disse. Poteva essere ovunque per la
casa, magari in bagno, o in cucina a prepararsi la colazione.
Rimase
in silenzio e acuì l’udito: niente. Nemmeno un
piccolo rumore, il minimo respiro, un battito di cuore.
Mantenne
ancora la calma. Per la prima volta sperò che le
sue capacità da vampiro non stessero funzionando come al
solito. Si sentiva un
po’ intontito, faticava a riordinare le idee. Normalmente era
molto più
scattante, anche appena sveglio. Qualcosa non quadrava.
Setacciò
tutta la casa, partendo da quella stessa camera. Il
bagno, la sua stanza, quella di Stefan. Lo studio, il salotto, la
cucina,
perfino la cantina e tutte le altre camere da letto.
Nessuna
traccia di Bonnie.
Rimaneva
solamente il garage ma Damon tentennò. Aveva il
terrore di uscire e scoprire che la BMW era sparita. Quello sarebbe
stata una
conferma della fuga della rossa.
E
fu proprio quello che trovò.
Ebbe
un momento di cedimento, d’incredulità.
Entrò nel box
tastando come uno scemo l’aria, quasi si aspettasse di veder
riapparire l’auto.
Il
suo peggior incubo si era avverato: Bonnie se n’era
andata; a quell’ora Klaus l’aveva già
sicuramente raggiunta.
Non
era più lì, lo aveva lasciato. Come aveva potuto?
Aveva
promesso di non sacrificarsi, aveva promesso di non
uscire dal Pensionato, di non mettersi inutilmente pericolo. Non si era
fidata
di lui. Non aveva creduto in Damon e nei suoi sforzi per proteggerla e
tenere
tutti al sicuro.
Il
vampiro avvertì qualcosa incrinarsi. Si sentì
terribilmente
tradito. Quanto avrebbe voluto riappropriarsi della sua pietra e
sigillare quel
male al cuore che lo aveva colpito.
Fece
un ultimo disperato tentativo. Prese il telefono e
chiamò suo fratello.
“Stefan,
dove sei?”.
“Damon?”
la voce dell’altro vampiro risuonò sorpresa
“Sono
rimasto a dormire da Elena. Ora sta preparando la valigia e vi
raggiungiamo al
Pensionato”.
“Bonnie
è con te?”.
“Cos’è
successo?”. Evidentemente la risposta era: no.
“Se
n’è andata, Stefan” disse Damon con voce
rotta e
spaventata “E’ andata da Klaus … non
c’è più, non
la trovo più”.
“Torno
subito”.
Bonnie
molto lentamente scivolò via dal sonno. Avrebbe
desiderato dormire ancora ma la luce del sole le si rifletteva negli
occhi
fastidiosamente.
Tirò
su la testa e si accorse di essere stesa sul sedile
della sua macchina. Impiegò qualche secondo per ricordarsi
che cosa fosse
successo e fu invasa dalla tristezza.
Aveva
abbandonato Fell’s Church da appena poche ore e
già
sentiva la nostalgia.
Non
era ancora certa di aver fatto la cosa giusta, forse
aveva solo peggiorato la situazione; considerando la tenacia dei suoi
amici
probabilmente si stavano già mobilitando per andare a
cercarla, mandando in
fumo i suoi tentativi di proteggerli.
Probabilmente
la sua non era stata l’idea migliore del
mondo, ma aveva altra scelta? Non avrebbe sopportato di passare il
resto della
sua vita soffocata dal senso di colpa per la morte dei suoi cari.
Klaus
era un Antico e non si sarebbe certo fatto fregare da
un trucchetto come quello che avevano messo in atto. In un modo o
nell’altro
sarebbe riuscito ad arrivare a lei, una casa non gli avrebbe impedito
di
perseguire i suoi scopi.
Bonnie
si accucciò meglio sul sedile e sospirò; in fondo
non
tutto era perduto: non poteva sapere quando Klaus avrebbe fatto la sua
mossa.
Magari aveva ancora qualche possibilità di scamparla.
Avrebbe
potuto prendere un aereo e volare da sua nonna in
Scozia. Sicuramente Sheila aveva qualche idea su come sconfiggere quel
vampiro.
Per
il momento era salva. Nessuno l’aveva inseguita. Le
piaceva pensare positivo finché le restava qualche speranza.
Si
guardò intorno e notò che la pompa di benzina in
cui si
era fermata per riposarsi era deserta. Nessun gestore nei paraggi, men
che meno
dei clienti.
Non
sapeva nemmeno dire con certezza dove si trovasse. Aveva
guidato tutta la mattina senza una meta precisa, con l’unica
preoccupazione di
allontanarsi da Fell’s Church.
Credeva
che Klaus sarebbe piombato su di lei non appena la
sua macchina avesse superato il cartello della città per cui
non aveva
programmato il viaggio. Era andata alla cieca.
Cercò
il suo cellulare nella borsa per impostare il
navigatore. Se lo rigirò tra le mani, un po’
indecisa.
Damon
era la prima scelta tra le chiamate rapide. Le sarebbe
bastato premere un tasto e quell’incubo sarebbe finito.
Il
vampiro le avrebbe fatto patire le pene dell’Inferno per
quello scherzetto che gli aveva tirato ma lei avrebbe accettato
volentieri
qualunque punizione.
Se
i ruoli fosse stati invertiti, lo avrebbe ucciso con le
sue mani quindi poteva benissimo capire il suo stato d’animo
e si sentiva uno
schifo ad averlo lasciato in quel modo, nel sonno, come una ladra.
Maledisse
la sua scarsa determinazione. Aveva mille dubbi,
mille rimorsi ma si fece forza e decise di portare avanti il suo piano.
Il
rischio era troppo alto e troppe persone era coinvolte.
Accantonò
l’idea di contattare i suoi amici e fece scorrere
le icone sul display del telefono aspettando di vedere comparire quella
del
navigatore.
Improvvisamente
il cellulare le venne strappato dalle mani.
Intontita inseguì con lo sguardo il volo
dell’oggetto fuori dal finestrino fino
all’impatto con il terreno.
“Non
penserai di tirarti indietro proprio adesso” fu la
domanda retorica che catturò la sua attenzione,
risvegliandola dallo sbigottimento.
“Ti
sei arresa piuttosto in fretta. Voglio dire … so che sei
un tipo altruista e tutto il resto, ma credevo di dover uccidere almeno
uno dei
tuoi amici per farti uscire allo scoperto”.
Bonnie
si spalmò sulla portiera, terrorizzata.
La
sua aura era più nera di quanto ricordasse, e spaventosa.
La ragazza non volle nemmeno immaginarsi quanto potessero essere malati
i suoi
progetti. Una mente del genere avrebbe partito di tutto.
“Che
ne dici se ci scambiamo i posti? Così ti posso guidare
verso la tua nuova casa”. Poteva apparire come una gentilezza
ma era soltanto
una minaccia.
In
un istante Bonnie si trovò sul sedile di destra e come
prima si spinse sempre di più verso la portiera, nel vano
tentativo di tenersi
a distanza. Tutte le sue speranze si frantumarono: davvero non le
restava
scampo.
Era
la prima volta che riusciva a vederlo dal vivo e
l’aspetto fisico non rendeva assolutamente giustizia alla sua
malvagità:
sembrava un uomo come tanti, sui trent’anni, biondo. Un bel
ragazzo nel
complesso.
Anche
la sua voce era ammaliante. Calma e profonda e avrebbe
anche potuto trasmettere sicurezza se non fosse stato per quella vena
ambigua e
inquietante.
Era
la classica arma letale nascosta sotto le vesti di un
tenero cucciolo.
Bonnie
appoggiò la guancia contro il finestrino freddo in
cerca di un po’ di sollievo. Chiusa in quella macchina con
lui era come stare
in una stanza senza aria. Intrappolata, soffocata, schiacciata.
Le
tremavano le mani, fremeva di far scattare la serratura
ma sapeva che sarebbe stato tutto inutile. Se non si fosse sfracellata
sull’asfalto, Klaus l’avrebbe comunque riacciuffata
e le avrebbe fatto
rimpiangere quella fuga nel peggiore dei modi. Si limitò
quindi a tamburellare
le dita con fare nervoso, quasi isterico.
Non
vedeva l’ora di scendere e mettere un po’ di spazio
tra
lei e il vampiro ma il viaggio le parve infinito. La rossa
restò a guardare con
malinconia il paesaggio scorrere indefinito sotto i suoi occhi. Quanto
avrebbe
dato per stendersi su quei prati e addormentarsi scaldata dal sole?
Libera e in
pace.
Si
morse il labbro con rabbia. Era tutto così ingiusto. Per
tutta la vita si era sentita fuori posto, la sua infanzia era stata
segnata da
perdite e dolore e i suoi cari l’avevano lasciata sola. Era
stato bello avere
una famiglia ma era durato davvero troppo poco per una bambina che
desiderava
solo un po’ di affetto.
E
quando finalmente la felicità aveva raggiunto anche lei,
Klaus era piombato con il solo intento di strappargliela via.
Dopo
quelle che parvero ore, l’auto si fermò davanti ad
un
capannone industriale, posto nel centro di uno spazio. Intorno non
c’era
niente.
Desolazione
e solitudine.
Klaus
le fece un cenno con il capo e lei scese dalla
macchina. Non ebbe il tempo di muovere un passo che il vampiro
l’afferrò
malamente per un braccio e la trascinò dentro.
Il
capannone era diviso in due parti. La prima era una vera
e propria fabbrica, mentre la seconda, cui si accedeva attraverso una
porticina
laterale, era più piccola, spoglia e fredda.
Alla
parete erano addossate delle gabbie alte fino al
soffitto. Sul fondo pendevano catene di varia lunghezza.
Il
respiro di Bonnie si fece sempre più pesante.
“Katherine
mi aveva detto che eri un tipino timido ma non
credevo che fossi muta” la punzecchiò Klaus.
La
rossa quasi non lo ascoltò e continuò a studiare
con
preoccupazione l’arredo.
“Smettila
di guardarti in giro con quella faccia schifata.
Cosa ti aspettavi? Un hotel a cinque stelle?” la
sgridò alludendo all’albergo
dove avevano alloggiato lei e le sue amiche prima di scoprire il
tradimento di
Katherine.
Klaus
assottigliò le labbra con fare stizzito; la prese con
forza per il mento e la costrinse ad alzare il volto
“Mettiamo in chiaro una
cosa: quello scherzetto con il fuoco mi è costato parecchio
tempo. Qui non
siamo in un hotel pieno di gente, non ci sono i tuoi amici a
proteggerti. Se
proverai a scapparmi, ti riprenderò in un secondo e sentirai
il dolore più
grande della tua vita”.
Bonnie
deglutì ma trovò il coraggio di sottrarsi al quel
tocco, e fece qualche passo indietro sfregandosi il mento con una mano.
“Allora
piccola strega” i cambi repentini di umore di Klaus
iniziavano a diventare fastidiosi “Dimmi un po’
cosa sai del rituale”.
La
ragazza ancora una volta non fiatò. Ridurre le
conversazione al minimo, si disse; voleva soltanto farla finita. In
ogni caso,
anche se si fosse decisa a collaborare, non avrebbe comunque trovato la
voce
per parlare.
Il
vampiro si spazientì e si portò alla sue spalle,
bloccandole le braccia dietro la schiena. Bonnie gemette.
“Non
tirerei troppo la corda se fossi in te” ringhiò
lui
“Potrei facilmente romperti il braccio o strappartelo, tanto
non ti serve per
quello che ho in mente. Te lo ripeterò ancora un volta: cosa
sai?”.
Tutta
la spavalderia della giovane andò a farsi benedire.
Klaus non scherzava: le avrebbe strappato davvero il braccio e lei ci
teneva a
rimanere tutta intera.
“So
solo che attraverso il mio sangue tu puoi rubarmi i
Poteri”.
“Tutto
qui?”.
“Suppongo
che si debba fare un incantesimo per il rituale”.
Klaus
la liberò dalla sua presa e la obbligò a voltarsi
“Rubare è una parola un po’ forte,
considerando che devi essere tu a darmeli”.
Bonnie
aggrottò le sopracciglia, confusa.
Il
vampiro ridacchiò incredulo “E’
sorprendente! Sai davvero
così poco della tua storia? Di quello che ti
riguarda?”.
Lei
continuò a fissarlo sospettosa.
“Se
fosse stato così semplice, cara, lo avrei già
fatto
quando ti ho trovato in Italia. Perché credi che ti abbia
spinta a ritornare a
Fell’s Church, perché credi che abbia mandato
Christopher e Katherine a tenerti
d’occhio? Per compiere il rito, tu mi devi donare i tuoi
Poteri di tua
spontanea volontà. Io volevo
che tu
scoprissi la verità sul suo passato. Non potevi darmi
qualcosa che non sapevi
neanche di possedere”.
Bonnie
inspirò un paio di volte profondamente. Quello
cambiava tutto.
Klaus
la guidò fino alla gabbia e chiuse la serratura.
“Ti
lascio da sola per un po’. Ho delle cose da fare”
le comunicò “Tu pensa
attentamente a come vuoi comportarti. Questa cosa non deve per forza
essere
dolorosa” e con quell’intimidazione
sparì.
Stefan
rientrò al Pensionato. Si avviò su per le scale
in
punta di piedi. Temeva di turbare l’equilibrio e la quiete
apparente che
aleggiavano tra le mura.
Con
cautela aprì la porta della camera di suo fratello e lo
scenario che gli si parò davanti era esattamente quello che
si era aspettato:
una stanza distrutta almeno quanto il cuore del suo proprietario.
I
mobili erano irriconoscibili, il letto sfasciato, il
materasso a terra; i cuscini squartati e le tende strappate. E poi lui rannicchiato in un angolo come a
cercare di proteggersi. Da cosa poi?
Non
alzò lo sguardo, non diede segno di riconoscere il
fratello. Forse voleva semplicemente che tutto il mondo sparisse e lo
lasciasse
con il suo dolore.
Stefan
s’inginocchiò davanti a lui, provando ad ottenere
una
reazione, di qualunque tipo. Avrebbe preferito essere preso il per
collo
piuttosto che quel silenzio così irreale e opprimente.
Il
viso di Damon appariva stravolto, la sua espressione
segnata. In quei mesi aveva dovuto affrontare grandi scambiamenti,
sfide che
aveva sempre ritenuto insuperabili. Era stato messo alla prova,
costretto a
fronteggiare le sue paure. Più volte aveva pensato di
gettare la spugna, più
volte si era detto che tutti quei sentimenti non valevano la sofferenza
che
comportava perderli.
Ma
mai come in quel momento si era sentito così senza
speranze, totalmente al buio. Era rassegnato, sconfitto, indifeso.
Stefan
iniziò sul serio ad allarmarsi. Se perfino Damon
sembrava aver abbandonato ogni tentativo di sistemare le cose, allora
la situazione
diventava irrecuperabile.
In
qualsiasi altro caso, Stefan si sarebbe ritirato nella
sua solitudine, avrebbe permesso a Damon di riprendersi in santa pace.
Qui,
però, si trattava di Bonnie.
Della
sua nipotina, che aveva visto crescere. Si trattava
della bambina che aveva portato la luce e l’allegria nella
loro casa, spesso
segnata da lutti. Era la ragazza che aveva salvato Damon dalla
autodistruzione.
Senza
di lei probabilmente loro due si sarebbero uccisi
un’altra volta a vicenda. Bonnie in qualche modo era stata
capace di tenerli
uniti, con il più semplice e banale dei motivi: erano
fratelli.
Troppo
spesso se n’erano dimenticati, troppe volte lo
avevano dato per scontato. Alla fine di tutto, condividevano lo stesso
sangue,
erano una famiglia. Una donna
poteva
valere tutte quelle sofferenze e quel rancore?
Sissi
con la sua innocenza aveva loro ricordato l’importanza
dei legami, dell’affetto e del conforto. Non avevano fatto
pace, non avevano
scordato gli anni passati a tormentarsi o tutti i problemi che li
dividevano;
ma almeno avevano imparato a contare uno sull’altro, a
fidarsi uno dell’altro.
Bonnie
aveva dato a Stefan la forza di resistere e a Damon
la possibilità di essere amato. Si meritava qualcuno che
lottasse per lei.
Il
minore dei Salvatore era ben deciso ad aiutarla ma aveva
bisogno di suo fratello; dovevano combattere insieme e riportarla a casa, al
sicuro, con loro.
“Mi
ha chiamato Alaric” furono le prime parole che uscirono
dalla bocca di Damon “Ha detto di aver trovato un modo per
rafforzare i Poteri
di Bonnie”.
Stefan
chiuse gli occhi lentamente. La vita a volte si
dimostrava una vera bastarda. Erano quei momenti in cui ci si chiedeva
perché
il susseguirsi degli eventi dovesse per forza avere un così
pessimo tempismo.
“Sarebbero
bastate poche ore” continuò Damon a bassa voce
“Se avesse aspettato solo un giorno prima di …
perché non mi ascolta mai!”
afferrò di colpo un soprammobile caduto a terra e lo
buttò con forza contro il
muro dopo essersi alzato “Me lo aveva promesso, Stefan, me lo
aveva promesso”
ripeté stupidamente.
“Damon
…” provò l’altro.
“Mi
ha guardato negli occhi e mi ha promesso che non avrebbe
fatto niente di stupido, che non sarebbe uscita da qui. Mi ha mentito, mi ha tradito”
sibilò.
“Cercava
di salvarti, di salvarci tutti”.
“Io
non ho bisogno della sua protezione!” tuonò
“Ero io che
dovevo tenerla al sicuro; lei lo sapeva! Mi ha soltanto preso in giro
per tutto
questo tempo”.
“Come
ha fatto a scappare?”.
“Mi
ha indotto ad addormentarmi” spiegò Damon,
abbassando la
testa sconsolato “Sono stato uno stupido, avrei dovuto
accorgermene. Ho
fallito”.
“La
ritroveremo”.
“E
come pensi di fare, fratellino?” domandò
indossando
nuovamente la sua maschera scettica “A quest’ora
Klaus l’avrà già presa e
portata chissà dove. Non mi stupirei se fosse già
m-”.
Un
pugno fortissimo colpì la sua mascella mandandolo
letteralmente al tappeto.
“Non
osare dire una cosa del genere” esplose Stefan con un
noto così autoritario da zittire Damon che si
limitò a guardarlo con disappunto
ma non provò a restituirgli la botta.
“Questa
scenetta poteva funzionare fino a qualche mese fa ma
non m’inganni più” continuò
il minore dei Salvatore puntandogli il dito contro
“So cosa stai cercando di fare; non ti permetterò
di spegnere i sentimenti e fingere
che non ci sia più nessuna
speranza. Bonnie è ancora là fuori, è
viva e ci sta aspettando”.
“Ti
prego …” disse Damon con una smorfia
“Non cominciare con
il discorso d’incoraggiamento, non servirà a
niente”.
“Stai
soffrendo, sei ferito. Va bene, puoi ammetterlo” lo
incitò Stefan “Ma hai davvero il coraggio di
chiuderti nella tua rabbia e non
fare niente per aiutarla? Riuscirai a vivere con questo peso sulle
spalle se le
succedesse qualcosa?”.
Damon
distolse lo sguardo e sbuffò.
“Si
tratta di Sissi” gli ricordò Stefan “La tua Sissi”.
Gli
occhi dell’altro vampiro s’intenerirono e un fugace
sorriso si disegnò sulle sue labbra. La
sua Sissi. La sua bellissima e testarda Sissi.
“Se
non ci sbrighiamo, Klaus le farà del male. Le fare del
male sul serio” premette Stefan “Non la puoi
abbandonare, Damon. Lei ha bisogno
di te”.
E
io di lei. Pensò
l’altro. Se la immaginò con i
suoi capelli rosso fuoco nascosti tra le gambe, a singhiozzare, da sola
in uno
spazio lugubre e buio. La immaginò ad urlare come mai in
vita sua mentre qualcuno
cercava di spezzarla e piegarla al suo volere. E infine
immaginò delle zanne
indegne profanare la sua pelle bianchissima e squarciare la morbida
carne e il
sangue scorrere giù per il suo corpo senza vita.
Ringhiò.
“Hai
vinto, Stefan. La troveremo e la porteremo a casa. Poi
la drogherò e la metterò nel seminterrato e non
le permetterò di uscire fino a
che non sarà brutta e vecchia” si convinse.
“Hai
qualche idea?”.
Damon
annuì “Forse so chi ci potrebbe aiutare. Devo fare
una
telefonata e prima di domani non sapremo nulla. Vale un tentativo,
giusto?”.
“Io
richiamo Alaric. Possiamo cercare di capire bene in cosa
consiste questo rituale e quanto tempo abbiamo prima che sia
compiuto”.
“Gliela
farò pagare” dichiarò Damon
“Farò rimpiangere a
Klaus di aver solo posato gli occhi su Bonnie”.
Stefan
non obiettò. In quel caso non poteva che concordare
con suo fratello. Non era mai stato il tipo di vampiro che godeva delle
sofferenze altrui ma avrebbe augurato
Klaus le più atroci pene dell’Inferno.
Si
girò e procedette verso la porta; venne fermato dalla
voce di Damon “Non so se potrò perdonarla. Aveva
già in mente di andarsene.
Cercavo un modo di proteggerla e lei …” fece una
pausa “La odio, Stefan, la odio”.
“Non
è vero” replicò lui. Il sentimento che
animava suo
fratello era esattamente l’opposto dell’odio.
Damon
lo osservò uscire dalla sua stanza prima di prendere
il cellulare. Titubò davanti al display nero.
L’indecisione era la peggiore
delle consigliere, soprattutto se accompagnata dalla paura.
Era
un terreno nuovo per lui, un campo minato. Klaus era
avanti anni luce. Mai prima di allora gli era capitata una cosa del
genere.
Nessuno
dei suoi avversari era mai stato così potente e
così
determinato. Nessuno di loro aveva avuto tra le mani la sua cosa
più preziosa.
Doveva
agire con cautela.
Alzò
il capo e incrociò i suoi occhi stanchi nello specchio
infranto. Come aveva potuto essere così stupido da cadere
nell’inganno di
Bonnie.
Avrebbe
dovuto intendere che qualcosa non andava nel momento
in cui lei si era rifiutata di scambiare
il sangue. Invece si era fatto raggirare e stregare.
Sapeva
che Bonnie non lo aveva sedotto con cattive
intenzioni. La stessa parola seduzione era troppo forte. Damon strinse
la
mascella e cacciò giù il magone al ricordo della
sua piccola strega che lo
aveva praticamente supplicato di unirsi a lei come un semplice uomo e
non come
un vampiro.
Voleva
passare la sua ultima notta tranquilla tra le braccia
dell’unica persona che poteva darle conforto e sicurezza.
Damon
lo aveva detto che quei sentimenti lo avrebbero
portato alla rovina. Bonnie era stata una sconsiderata e lui uno
stupido.
Era
il momento di rimediare.
Si
strinse le ginocchia al petto. Aveva freddo.
Nonostante
fosse estate, le sue ossa erano tormentate dal
gelo. Forse era l’agitazione o forse davvero in quel
capannone la temperatura
era molto più bassa; in ogni caso la ragazza non riusciva a
smettere di
tremare.
Klaus
se n’era andato da molto ormai, lasciandola sola ad
annegare nell’incertezza e nella paura.
Le
aveva tolto ogni libertà, ogni prospettiva. Lei si
crogiolava nell’attesa estenuante di una terribile fine.
Magari
Klaus non le avrebbe fatto del male; magari una volta
ottenuti i suoi Poteri le avrebbe permesso di ritornare a
Fell’s Church. Bonnie
senza magia non sarebbe stata un pericolo per lui; magari avrebbe avuto
pietà
di una povera ragazza segnata da un destino che non aveva chiesto.
La
strega scosse la testa, sconfortata. Erano passate solo
poche ore e già cominciava ad impazzire. Klaus non le
avrebbe mai risparmiato
la vita. Klaus non sapeva neppure in che cosa consistesse la
bontà, men che
meno la compassione.
Solo
per il gusto di infliggere sofferenza l’avrebbe
dissanguata fino all’ultima goccia e l’avrebbe
abbandonata in quella fabbrica
senza il minimo rispetto.
Le
sue dita sottili si artigliarono lungo le sbarre della
gabbia. Urlare sarebbe stato inutile: non c’era nessuno nei
paraggi e la sua
voce avrebbe solamente rimbombato a vuoto fino a restituirle un eco
demoralizzante.
Non
aveva idea di dove l’avessero portata, il mondo era sparito
dalle sue preoccupazioni ma le mancava terribilmente. Le mancavano i
suoi
amici, la sua casa, il suo angolo protetto. Sarebbe stata contenta
perfino di
rivedere Katherine perché in qualche breve e sporadico
istante era riuscita a
leggere la sua anima e a riconoscere quella ragazzina viziata ma
ingenua di cui
le aveva parlato Stefan. Lei forse
le
avrebbe mostrato per lo meno un po’ di comprensione.
Stava
di certo diventando matta se credeva che sarebbe stato
meglio essere nella mani di quella stronza, bugiarda e manipolatrice.
Si
stese sul pavimento duro e sporco e ripensò alla notte
precedente. Avrebbe voluto ritornare indietro nel tempo per poter
godere di
nuovo di quei momenti che forse aveva dato troppo per scontati. Tutti
quei mesi
trascorsi ad essere arrabbiata e diffidente nei confronti di Damon ora
apparivano sprecati. Se solo avesse avuto il più pallido
sospetto di come
sarebbe andata a finire, avrebbe ammesso molto prima i sentimenti che
la
legavano a lui. Avrebbe messo da parte il rancore per tutto il dolore
che le
aveva fatto patire e avrebbe provato a capirlo.
In
fin dei conti, Damon non era stato l’unico a nascondere
le proprie emozioni. Anche Bonnie aveva ignorato tutti gli istinti che
le
suggerivano di perdonarlo e aveva soppresso sul nascere ogni sensazione
di
gelosia e attrazione che aveva provato all’inizio,
ritenendole imbarazzanti, al
limite della decenza.
Era
stata una stupida ad aspettare che esplodessero tutte
insieme dopo l’attacco dei lupi mannari. Ora le sue
perplessità, le questioni
irrisolte con Elena, i problemi affettivi di Damon, ogni ostacolo
sembravano
una questione da niente.
La
giovane sorrise tristemente: si figurava il suo vampiro
infuriato con lei che minacciava di rinchiuderla per sempre nel
Pensionato.
Poteva quasi vederlo mentre inveiva contro chiunque provasse a
calmarlo; gli
occhi infiammati e la sua camera distrutta nel tentativo di sfogare la
sua
rabbia sui mobili e non su suo fratello.
Quell’immagine
che poteva sembrare quasi caricaturale, venne
presto sostituita da una molto più triste: un ragazzo solo e
disperato, con il
capo chino e il cuore scoperto, vulnerabile come mai prima
d’ora. Si chiedeva
come qualcuno di così speciale avesse potuto abbandonarlo e
ferirlo.
Bonnie
pianse silenziosamente. Si riteneva una persona
speciale per lui e si odiava per non essere rimasta come gli aveva
promesso.
Quante
volte proprio lei gli aveva chiesto di non andarsene,
di non lasciarla sola perché sarebbe stato come non avere
più una parte di se
stessa. Eppure aveva avuto la faccia tosta di comportarsi esattamente
in quel
modo.
Era
stata ipocrita? Sì.
Aveva
le sue buone ragioni, però. Gli aveva salvato la vita,
l’aveva salvata a tutti. Quella era la sua unica consolazione.
Anche
Damon dopotutto si era lanciato in mezzo ad un branco
di lupi mannari per tenerla al sicuro.
Sì,
ma lui non mi aveva
promesso niente. È come se lo avessi tradito.
Struggersi
su quella questione non sarebbe servito a niente;
ormai non poteva più tirarsi indietro. Prima o poi Damon e
tutti gli altri
avrebbero accettato la sua decisione, prima o poi sarebbero stati di
nuovo
bene.
La
porta si aprì con uno scatto e finalmente Klaus fece il
suo ritorno seguito da un uomo sconosciuto a Bonnie.
“Allora,
come se la sta passando la mia preziosissima
strega?” si avvicinò alla gabbia e
l’aprì “Ti presento Maddox*, il mio mago
personale. Sarà lui a compiere il rito”
spiegò come se ritenesse una gentilezza
metterla al corrente “Spero che tu abbia sfruttato bene
queste ore. Hai preso
una decisione? Mi donerai i tuoi Poteri?” e
s’inginocchiò fino arrivare al suo
livello.
Alla
ragazza rimanevano due possibilità: o collaborare
spontaneamente oppure opporsi ed ostacolare i suoi piani. In entrambi i
casi
sarebbe morta; nel primo il suo corpo non avrebbe sopportato di essere
separato
dalla sua magia, nel secondo Klaus con molta probabilità
l’avrebbe uccisa.
Il
risultato per se stessa non sarebbe cambiato ma almeno
avrebbe potuto limitare i danni. Aveva ceduto al ricatto del vampiro
solo per
tenere al sicuro i suoi amici, senza credere di avere scelta.
Ora,
però, aveva appreso che l’ultima parola spettava a
lei
e non avrebbe mai permesso che un essere dalla mente così
perversa e mitomane
s’impadronisse di capacità tali da governare su
ogni forma vivente.
Il
suo silenzio ostinato risuonò come un fortissimo rifiuto.
Klaus
le concesse ancora qualche secondo poi con uno scatto
fulmineo la fece alzare stringendole le dita attorno alle braccia e la
trascinò
fuori dalla gabbia “Sarebbe potuto andare in
tutt’altro modo” commentò.
Tirò
un paio di manette giù dal soffitto e gliele chiuse
attorno ai polsi “Vedi, piccola strega, Maddox non
è solo qui per aiutarmi con
il rituale, ma sarà così gentile da convincerti
a fare la brava”.
Bonnie
sgranò gli occhi e indietreggiò, come un animale
spaventato
dal bastone. Legata ed inerme, preda di due uomini senza scrupoli e
lontana da
qualsiasi forma di aiuto.
Improvvisamente
la sua testa parve esplodere. Lei urlò colta
non solo dal dolore ma anche dalla sorpresa. Sentì gli occhi
pizzicarle e
bagnarsi, ebbe paura che non si trattasse di lacrime ma di sangue.
Voleva
prendersi il capo tra le mani in un vano tentativo di
lenire il dolore ma le catene la strattonarono, così come le
impedirono di
cadere a terra, una volta che le sue gambe traballarono fino a cedere.
Il
male lentamente si affievolì. Il respiro, che poco prima
le si era bloccato in gola, riprese, sebbene a fatica e in modo
affannato.
Il
terrore le sfigurò il viso. Non ebbe la forza di alzare gli
occhi sugli altri due, anzi li chiuse pregando di scomparire, di
svegliarsi da
quell’incubo.
“Davvero
un incantesimo interessante questo che voi streghe
usate per procurare aneurismi ai vampiri” osservò
Klaus.
Bonnie
s’irrigidì. Aveva avuto un aneurisma? Come faceva
stare
ancora in piedi?
“Peccato
che tu mi serva in vita” continuò lui
“Maddox ne ha
creata una versione molte utile che può funzionare anche sui
normali esseri
umani. Simula solamente lo stesso dolore ma non infligge nessun danno
fisico.
Nessuna parte del tuo corpo viene lesa, clinicamente sei in ottime
condizioni.
È solo la tua mente che viene colpita, è tutta
un’illusione. Il male, però …oh,
quello è reale”
le mise due dita
sotto al mento “Ho visto gente impazzire per questa magia.
Dammi quello che
voglio e tutto finirà. Ostinati a negarti a me e
peggiorerà soltanto. Intanto,
goditi qualche ora con Maddox. Non potrà che toglierti
quell’aria impertinente
che deturpa il tuo bel faccino”.
Bonnie
tremò. Era quello che Damon aveva provato quando si
era accanita con quell’incantesimo? Come aveva potuto
sopporta una cosa simile?
Nascose
il viso contro il suo braccio e attese la seconda
ondata di dolore.
“Come
al solito, se ti venisse la balzana idea di scappare,
ricordati che io sono proprio qui fuori”
l’avvertì Klaus prima di uscire.
Rimase
sola con Maddox. Era come lei, aveva Poteri magici.
Forse era stato costretto a servire l’Antico, forse non era
cattivo. Avrebbe
potuto aiutarla, capirla. Avrebbe potuto darle un attimo di tregua.
“Ti
prego …” non riuscì nemmeno a finire la
frase.
Il
suo urlo tagliò l’aria. Il male era arrivato e
questa
volta non sarebbe svanito tanto in fretta.
Il
padrone di Maddox gli aveva ordinato che la strega
avrebbe dovuto imparare a rispettarlo. E lui non si sarebbe fermato
finché non
lo avesse soddisfatto.
Il
campanello del Pensionato prese a suonare con
un’insistenza quasi isterica. Stefan si rivolse a suo
fratello, sorpreso che
qualcuno potesse presentarsi a casa loro di mattina così
presto “Ma chi è?”.
“La
mia fine” borbottò suo fratello “Ti
consiglio di aprire
e accogliere calorosamente la persona che sta aspettando,
perché sarà quella
che mi ridurrà in cenere”.
Stefan
si diresse all’entrata ma non raggiunse nemmeno la
maniglia, che la porta si aprì lasciando entrare una folata
di vento. Un
ruggito risuonò per tutta la casa mentre una figura
marciò dentro “Dov’è?
Dov’è
quel farabutto?”.
Individuò
subito la sua vittima e con un gesto della mano la
sbatté contro al muro; Damon si ritrovò
paralizzato contro la parete, delle
dita invisibili a stringergli la gola.
Stefan
assisteva basito alla scena, incerto se intervenire
oppure no.
“Fratellino”
boccheggiò Damon “S- saluta la nonna di
B-onnie”.
L’altro
sgranò gli occhi e li direzionò verso la signora:
non era molto alta ma emanava un’autorevolezza sorprendete.
In meno di un
minuto aveva fatto irruzione nella loro casa e aveva intrappolato e
insultato
Damon come se si trattasse di un vampirello qualunque.
“Sheila
McCullough” disse lei “Tu sei il fratello
intelligente?”.
Stefan
non seppe se confermare o smentire; sembrava tanto
una domanda a trabocchetto.
“TU!”
l’attenzione della donna ritornò con tutta la sua
carica su Damon “TU!! Lo sapevo che non potevo fidarmi di te!
Dovevi lasciarla
in Scozia con me, avrei potuto proteggerla”.
“Ne
possiamo parlare civilmente?” domandò Damon
cercando di
afferrare la mano invisibile che lo teneva bloccato.
“Dovrei
essiccarti in questo momento! Ti dovrei sciogliere
nella verbena”.
“Buona
fortuna con quello; sono anni che ci provo”
commentò
Stefan.
“Non
sei di aiuto, fratellino” gli fece notare l’altro.
Finalmente
Sheila si decise a fermare il suo incantesimo e
il corpo di Damon volò a terra. Rimase a fissarlo con gli
occhi che lanciavano
saette; attendeva spiegazioni, chiarimenti. Voleva un piano di azione.
Stefan
le raccontò nei dettagli tutto quello che era
successo, dalla confessione di Katherine alle informazioni di Sage
riguardo il
rituale.
La
donna rimase in ascolto, angosciandosi sempre più mentre
nel suo cuore si faceva spazio un dolore che non provava da quasi
diciott’anni,
dalla morte di sua figlia e di tutta la sua famiglia.
Impallidì
non appena appresa di che tipo di rito si stava
parlando “O no”.
“Cosa?”
domandò bruscamente Damon allarmato dal tono
atterrito.
Lei
non si rispose; si limitò a frugare nella sua valigia e
tirare fuori un vecchio tomo che assomigliava molto ai libri su cui
Alaric
aveva svolto le sue ricerche.
“Lo
sapeva, vero?” fu il turno di Damon accusarla
“Sapeva
che Klaus la stava cercando, sapeva che le avrebbe preso i
Poteri!”.
“Sapevo
che qualcuno la stava cercando e sì, ero a
conoscenza che esistessero incantesimi capaci di assorbire i Poteri di
una
strega”.
“Perché
non me l’ha detto quando sono venuto in Scozia?”.
“Ti
ho detto che qualcuno le dava la caccia; anche tu lo
sapevi benissimo, perché credi che mia figlia ti abbia
chiesto di proteggerla?!”.
Damon
scosse la testa “Lei non mi ha mai parlato di Klaus!
Nemmeno di un fottuto rituale per strapparle i suoi Poteri”.
Tutta
la ansia e la rabbia della donna si riversarono
nuovamente sul vampiro “Non osare dare la colpa a me per il
tuo egoismo! Ti ho
pregato di lasciarla in Scozia con me, ti ho detto che le serviva una
guida”.
“Non
mi ha mai avvertito del reale pericolo!” si
giustificò
lui.
“Sarebbe
cambiato qualcosa?”.
“Lei
non voleva rimanere in Scozia, voleva tornare qui, a
casa sua”.
“Allora
avresti dovuto costringerla! Il suo posto è tra le
streghe, solo quelle come me posso proteggerla”.
“Sì
è visto che bel lavoro ha fatto con sua figlia”.
Stefan
si mise in mezzo prima che Sheila si avventasse a
mani nude su Damon. I toni si erano decisamente alzati e litigare non
avrebbe
certo migliorato la situazione “Perché si
è agitata quando le ho parlato del
rito? C’è qualcos’altro?” le
domandò.
Sheila
sospirò “Bonnie non era ancora nata e
già sapevamo
che non sarebbe stata una semplice strega: mia figlia poteva sentire la
sua
aura già durante la gravidanza e temeva che qualcuno prima o
poi l’avrebbe
scoperto e sarebbe venuto a prendersela. Per gli anni successivi io non
ho
fatto altro che cercarla, non m’importava dei suoi Poteri,
rivolevo solamente
mia nipote indietro. Sospettavo che il vampiro che aveva sterminato la
mia
famiglia fosse molto potente e antico; giravano delle storia su uno di
loro, un
certo Klaus, ma Bonnie era sparita nel nulla e io non mi preoccupai di
approfondire
le ricerche. Quando finalmente lei è tornata da me, non ho
voluto farle
pressioni, non era mia intenzione impormi perciò le ho
permesso di ritornare a
Fell’s Church. Per tutto questo tempo voi l’aveva
protetta, ero convinta che
fosse al sicuro”.
“Possiamo
saltare la parte in cui si ribadisce per
l’ennesima volta il mio fallimento?”
berciò Damon con una nota più
mortificata che seriamente amareggiata.
Sheila
annuì “Credevo che chi la stesse cercando volesse
attirarla dalla propria parte, che volesse usarla per i propri scopi.
Non ho
mai pensato a un rituale per assorbire i suoi Poteri; non se ne parla
molto tra
le streghe perché è un tipo di magia oscura,
quasi profana” spiegò “Il problema
è che Bonnie non è una qualunque e anche il rito
è diverso: non basta un
semplice incantesimo, deve essere lei a volerlo”.
Damon
e Stefan si scambiarono un’occhiata confusa. Non erano
esperti delle pratiche magiche e quell’affermazione, per
quanto chiarissima,
alle loro orecchie appariva assurda.
“Ci
avevano detto che Klaus avrebbe assorbito i Poteri di
Bonnie bevendo il suo sangue” disse Stefan.
“E’
così” conferma la donna “Ma lei glieli
deve donare
spontaneamente. È come quando voi vampiri mordete una
persona: se questa non è
consenziente prova un dolore atroce; se lo è, il piacere si
fa sempre più
intenso. Il gesto è lo stesso, cambia l’effetto.
È tutta una questione
psicologica. Se Bonnie accetterà volontariamente di
trasmettergli la sua
energia, la sua mente non si opporrà, perché
prevarrà la volontà della persona.
E’ una sorta di scappatoia per impedire che chiunque possa
impadronirsi di
queste capacità speciali”.
Damon
inorridì “Non glieli darà
mai” affermò “Ha il
complesso della martire: non permetterà che qualcuno diventi
così invincibile”.
“Klaus
non mi sembra il tipo che si fermerà per una cosa del
genere” obiettò Stefan.
“Infatti
non lo farà” garantì Sheila
“Proverà a convincerla
in tutti i modi”.
“Bonnie
non può essere influenzata” ribatté
Stefan.
La
donna abbassò il capo, trattenendo un singhiozzo.
“Dio mio” rabbrividì
Damon “Continuerà a torturarla finché
non cederà. È l’unico mezzo per
spezzarla”.
“No,
no” si oppose Stefan “Dobbiamo aiutarla! Non
possiamo
lasciarla nelle mani di quel pazzo, Damon. È troppo
piccola e fragile e … perché è venuta
qui?” chiese
furiosamente alla donna “Bastava una telefonata per quello
che ci ha detto.
Perché ha preso il primo aereo ed è venuta qui?
Cosa può fare?”.
“Posso
eseguire un incantesimo di localizzazione. Abbiamo lo
stesso sangue, userò quello come tramite e
scoprirò dove è stata portata. Mi
serve una mappa”.
Poco
dopo tutti e tre erano piegati sulla scrivania dello
studio a contemplare una cartina degli Stati Uniti spiegata per tutta
la
superficie.
“E
se non fossero più nel Paese?”
s’incupì Stefan.
“Prenderemo
un mappamondo” risolse Damon “Recupererò
anche
una mappa dei pianeti se è necessario!”.
Sheila
li zittì con un sibilo. Si tagliò lievemente il
palmo
della mano e lasciò colare qualche goccia sui fogli.
Iniziò a mormorare qualche
parola incomprensibile ai due vampiri che, però, si
accorsero quasi subito che
qualcosa non andava.
La
donna aggrottò le sopracciglia e continuò a
tentare,
strizzando sempre più la ferita per far cadere
più sangue.
Rassegnata
riaprì gli occhi.
“Beh?”
insistette Damon “Che sta succedendo?”.
“Non
riesco a vedere niente, è come sei ci fosse un buco
nero intorno a lei. È impossibile creare una
connessione”.
“Questo
non significa che è …”.
“Non
è morta” li tranquillizzò la donna
“Ma c’è qualcosa che
blocca la mia magia. Klaus si deve essere procurato uno stregone che mi
sta
ostacolando. Avrà lanciato un incantesimo di copertura o
qualcosa di simile”.
“E
non c’è nient’altro che si possa
fare?” premette Damon,
incredulo che le sue preghiere si fossero già infrante.
“Temo
di no”.
“Quindi
siamo al punto di partenza? È stato tutto inutile?”
esplose il vampiro
accartocciando la mappa e buttandola sul pavimento “Quasi due
decenni a tenerla
al sicuro per perderla così … da coglioni!”.
“Non
abbatterti, Damon; nessuno qui ha intenzione di
arrendersi” cercò di confortarlo il fratello.
L’altro
si allontanò “A che pro? Non sappiamo dove sia!
Non
c’è possibilità di ritrovarla! Anche
con tutta la buona volontà, non possiamo
salvare qualcuno che è sparito nel nulla”.
“Bonnie
non è sparita nel nulla” lo corresse Stefan
“Non hai
sentito quello che ci ha appena detto sua nonna? La scelta di donare i
Poteri è
sua e se lei riuscirà a resistere ancora un po’,
noi avremmo più tempo …”.
“Sai
come passerà quel tempo?” lo interruppe Damon
“Verrà
torturata fino a che non cederà. Non oso nemmeno immaginare
cosa le faranno.
Con tutta onestà, spero che dia a Klaus quello che vuole in
fretta, almeno
questo incubo finirà per lei e non starà invano
ad aspettare una cosa che non
arriverà mai. Noi non
arriveremo
mai”. Sparì in un baleno lasciando dietro di
sé una scia di rassegnazione e
sconforto.
Sheila
si appoggiò al tavolo e alzò gli occhi su Stefan
ancora voltato nella direzione in cui era sparito il fratello.
Nessuno
dei due osò parlare ma entrambi condivisero lo
stesso pensiero: forse le parole di Damon non erano così
lontane dalla realtà.
Durante
la sua prima sessione di tortura, Bonnie fece la
spiacevole scoperta che l’incantesimo ideato da Maddox
funzionava su ogni parte
del corpo. Bastava che lui s’immaginasse qualunque tipo di
dolore o di malattia
che immediatamente la mente della ragazza produceva quella sensazione.
Aveva
provato il male di un braccio rotto, l’ansia di non
riuscire a respirare per via dell’asma, il prurito
insopportabile della
varicella e le piaghe in gola. In quel momento stava sperimentando per
la prima
volta in vita sua il mal di pancia provocato da
un’appendicite in peritonite
acuta.
Maddox
si era mostrato sadico, crudele ed implacabile. Un
degno servo del suo altrettanto spietato padrone.
Le
gambe della rossa ormai avevano abbandonato qualunque
tentativo di resistenza e se ne stavano piegate per metà,
mentre tutto il peso
era sostenuto dalle catene che pendevano dal soffitto. I polsi le
bruciavano.
Era
solo il primo giorno e già i suoi propositi cominciavano
a capitolare. Ma chi avrebbe potuto sopportare una pena simile? Una
pena che
non sarebbe cessata fino a che lei non si fosse data per vinta.
L’idea
di spegnersi lentamente per la perdita dei Poteri
sembrava molto più appetibile di quel tormento. Anche il
quel caso, chi le
assicurava che non sarebbe morta in preda ad atroci sofferenze, se
Klaus non
avesse avuto pietà di lei prosciugandola completamente?
Senza
contare che acconsentendo a quella terribile
condizione, avrebbe ceduto le sue capacità ad un essere
completamente fuori
controllo.
Si
era consegnata a lui per salvare i suoi amici; tutto si
sarebbe vanificato se Klaus le avesse rubato i Poteri,
perché a quel punto
nessuno sarebbe stato più al sicuro. Doveva attenersi al suo
piano.
Più
facile a dirsi che a farsi.
Quanto
poteva durare sotto la pressione di quelle torture?
Se fosse davvero impazzita? Avrebbe potuto assecondare qualunque cosa
senza
neanche rendersene conto.
Non
le rimaneva che sperare in un miracolo.
Bonnie
liberò un altro singhiozzo nel momento in cui Maddox
le concesse un attimo di tregua. Aveva più volte ripetuto a
se stessa di non
essere tagliata per fare l’eroina della situazione; era
chiaro che non avesse
la forza d’animo adatta.
Si
era cacciata in quel guaio per un moto di altruismo verso
i suoi cari ma non ne era stata mai totalmente convinta.
Aveva
il diritto di vivere ancora molte esperienze, aveva
degli affari in sospeso, questioni importanti da chiarire, sentimenti da rivelare. Andarsene
così, lontana da tutti, le
sembrava ingiusto.
Non
voleva morire. A soli diciott’anni non era pronta a
sparire dalla faccia della terra; era un pensiero così
triste e demoralizzante.
Il suo cuore ormai palpitava soltanto di rimpianti.
Notò
che Maddozx aveva indurito nuovamente lo sguardo. Poteva
significare una cosa sola: una nuova ondata di dolore stava per
colpirla.
Fu
come se qualcuno le stingesse tutti i capelli in una
morsa e cercasse di strapparglieli in una volta sola.
Sentì
gli occhi pizzicarle e mugugnò. Non aveva nemmeno
più
la forza di urlare. Continuò a lamentarsi e si morse il
labbro per attutire il
male. Supplicare non sarebbe servito a niente. Ci aveva già
provato.
“Allora
come procede l’allenamento?”.
Bonnie
a fatica sollevò il capo. Non si era neppure accorta
che qualcuno fosse entrato. Ripiegò di nuovo il collo, dato
che riusciva a
malapena a sostenere il peso della testa.
“E’
più ostinata di quanto pensassi” ammise Maddox
“Forse ci
vorrà qualche giorno in più del previsto per
persuaderla”.
“Perché
rendi tutto così difficile, cara?” le chiese Klaus
con voce suadente piegandosi per guardarla negli occhi “Tutto
questo può finire
con una tua parola. Unisciti a me”.
Bonnie
abbassò le palpebre stanche. Percepì
un’ondata di
Potere investirla. Il vampiro aveva provato a soggiogarla ma la
barriera
difensiva era ancora ben salda e protesse la sua mente.
La
ragazza sorrise amaramente: da una parte era confortante
sapere che la propria volontà era protetta da una botte di
ferro. Nessuno
avrebbe potuto penetrarla, non così facilmente.
“Cos’hai
da sorridere, piccola strega?” domandò Klaus con
tono dubbioso.
Bonnie
aprì gli occhi e li puntò in quelli del vampiro;
un
ghignò degno di Damon Salvatore le si disegnò
sulle labbra “Non importa quanto
t’impegni, non importa quanto sei potente o antico.
Finché rimango in vita, ci
sarà sempre una ragazzina in grado di fregarti”.
Un
gran bel paradosso.
Klaus
assottigliò le labbra; la sua mano destra scattò
al
collo latteo della giovane “Attenta, cara, potrei sempre
rettificare la
situazione. Prima o poi mi stuferò della tua insolenza e non
avrò problemi ad
eliminarti; con o senza
Poteri”.
L’altra
mano salì alle manette e le sganciò. Le braccia
di
Bonnie vennero liberate e tutto il suo corpo sarebbe crollato a terra
se non
fosse stato per la presa di Klaus sul suo collo. Lei annaspò
in cerca di aria e
dopo quella che parve un’infinità di tempo, il
vampiro tolse la mano.
Come
previsto, le sue gambe tremarono vistosamente e Bonnie
si ritrovò in ginocchio sul pavimento del capannone.
“Forza”
la incitò Klaus “Nella gabbia, ora”.
Nessuno
dei due uomini si degnò di darle una mano ad
alzarsi. La strega non poteva fidarsi delle sue stesse gambe; debole e
umiliata, fu costretta a strisciare a carponi fin dentro alle sua
piccola
prigione.
Klaus
chiuse con una botta la porta fatta di sbarre. Dopo
aver gettato un’occhiata disgustata alla figura accovacciata
per terra, si
voltò dirigendosi all’uscita, seguito dal suo
fedele complice.
Bonnie
si accucciò in un angolo, raggomitolandosi su se
stessa. Il pianto le sorse spontaneo. Lei non ebbe il coraggio di
fermalo: era
la sua unica fonte di sfogo.
Il
buio la circondava come una presenza minacciosa e il suo
stomaco brontolava per la fame. Non ne sarebbe uscita viva da quella
faccenda,
ne era sicura.
“Voglio
tornare a casa” sussurrò al vuoto.
Erano
passati due giorni da quando Bonnie se n’era andata. Da
due giorni mancava da casa. Sola da due giorni, probabilmente nella
mani di
Klaus.
Damon
bevve l’ultimo sorso di bourbon dal bicchiere e si
premurò di riempirlo nuovamente.
Credeva
che con l’aiuto di Sheila qualcosa si sarebbe
smosso, invece era stato tutto inutile.
Se
solo avesse saputo dove la rossa si trovava, sarebbe
corso a costo della sua stessa vita. Non gli importava di morire,
voleva
soltanto che lei ritornasse a casa.
Si
sentiva un fallimento, una delusione, un incapace.
Per
la prima volta da che ricordasse, non aveva un piano,
nemmeno la più pallida idea di come procedere. Aspettava
solamente che qualcuno
gli dicesse cosa fare. Le sue capacità decisionali erano
svanite insieme a
tutte le sue speranze.
Erano
stremato e disperato, avrebbe accettato anche la più
stupida delle trovate se l’avesse portato da qualche parte.
Le
risorse di Alaric erano limitate e di Sage si era persa
ogni traccia. Chiedere alla signora Flowers rimaneva fuori discussione;
era una
strega esperta ma se neppure la nonna di Bonnie aveva potuto risolvere
la
situazione, allora nessuno sarebbe stato in grado.
Davvero
non capiva perché quella ragazza ogni volta doveva
fare di testa sua. Per quanto gli aveva parlato di fiducia? E poi era
stata la
prima a non fidarsi di lui, a non credergli. Evidentemente non lo aveva
ritenuto adatto a tenere tutti al sicuro. Damon ammise che, in effetti,
se
avesse dovuto scegliere tra Bonnie o qualunque altro dei suoi amici,
avrebbe
sempre messo al primo posto lei; ma era proprio necessario andarsene
dopo
appena un giorno?
“Mi
dispiace di averti urlato addosso in quel modo” si
scusò
una voce alle sue spalle “Tieni molto a mia nipote e so che
stai soffrendo
anche tu”.
Il
vampiro si girò lentamente verso la donna e annuì
comprensivo. Normalmente le avrebbe risposto malamente, nonostante le
scuse, ma
in quel momento era troppo stanco anche per elaborare un insulto.
Sheila
si rattristì ancor più osservando la figura
affranta di
Damon. Percepì la sua aura cupa e tormentata e le venne un
brivido. Poteva
capire perfettamente il suo stato d’animo.
Bonnie
era l’unica che le era rimasta, l’ultimo ricordo di
sua figlia. Perderla una volta era stato terribile, non ne avrebbe
sopportata
un’altra.
Si
rendeva conto, però, che restava molto poco da fare. Lei
stessa non aveva altri mezzi per localizzarla, men che meno per
sconfiggere
Klaus.
Trovarla
sarebbe stato un ottimo punto di partenza e poi?
Come liberarla e come sbarazzarsi per sempre di quell’antico
vampiro?
Non
poté che concordare con Damon: Bonnie era stata troppo
precipitosa a consegnare se stessa; aveva lo stesso spirito di
sacrificio di
sua madre.
Se
solo fosse rimasta al Pensionato, se solo avessero
guadagnato un po’ di tempo. Quanto poteva reggere una
ragazzina di appena
diciotto anni ai tormenti di Klaus e del suo stregone?
Il
campanello suonò.
Entrambi
si voltarono verso l’ingresso. Era sera tardi e non
aspettavano visite.
Damon
andò alla porta e non appena riconobbe l’aura di
chi
stava dall’altra parte, si affrettò ad aprire.
“Mon ami, ho
sentito cos’è successo” disse Sage
addolorato “Ma ho buone notizie. Ti ho
portato qualcuno che ci può aiutare” lo
informò spostandosi di lato, rivelando
un uomo vestito elegantemente che attendeva di essere presentato.
Anche
la nonna di Bonnie si avvicinò all’ingresso e
guardò
sospettosa i due nuovi arrivati. Ignorò completamente Sage e
si concentrò
sull’altro. Qualcosa di misterioso aleggiava intorno
all’uomo.
Istintivamente
allungò una mano e gli toccò un braccio.
Sgranò gli occhi e si rifugiò maggiormente in
casa intimando a Damon di
allontanarsi.
“Non
farlo entrare” lo avvertì “E’
uno di loro!”.
Damon
aggrottò la fronte e chiese spiegazioni a Sage.
“Non
c’è niente di cui preoccuparsi” lo
tranquillizzò il
francese.
“Se
posso intromettermi” l’interruppe l’altro
“Il mio nome è
Elijah”.
“This Romeo is
bleeding
But you can't see his blood
It's nothing but some feelings
That this old dog kicked up
It's been raining since you left me
Now I'm drowning in the flood
You see I've always been a fighter
But without you I give up”
(Always- Bon
Jovi).
Il
mio spazio:
Buona
sera ragazze! Come state?
Finalmente
sono riuscita ad aggiornare nella data
prestabilita … non ci credo!
Allora,
che ve ne pare di questo Klaus? Sinceramente credo
si avvicini molto di più al personaggio spietato del libro
anche se nel suo
modo di parlare mi sono ispirata un po’ allo show.
Allora
in questo capitolo ritornano Sage e la nonna di
Bonnie e appare un nuovo personaggio, Elijah, sotto il suggerimento di
alcune
di voi. Ovviamente non sarà proprio uguale a quello della
serie, ci sarà
qualche piccolo cambiamento.
Bonnie
si è cacciata in un bel guaio, come ne uscirà
secondo
voi? Damon ce la farà a salvarla?
Mancano
tre capitoli alla fine della storia, più due di
epilogo. Considerando i miei tempi di aggiornamento, mi sa che finiremo
dopo le
vacanze di Natale ma… cavolo, il tempo passa così
in fretta che mi dispiace
già.
Anche
il banner di questo capitolo è stato creato da Bumbuni ed è di sua
proprietà. Lo trovo
bellissimo!
Non
ho altro da aggiungere; questo è stato solo il preludio
di ciò che succederà prossimamente. Bonnie forse
ci sorprenderà.
Ringrazio
tantissimo tutti colore che leggono, commentano e
seguono la storia; come al solito mi rendete felicissima.
Buon
weekend!
Fran;)
*Maddox
è il nome di uno degli stregoni di Klaus in TVD.
|
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Capitolo 38 *** Savin's what I need ***
Ashes &Wine
Capitolo trentotto: Savin’s what I
need.
“Little one's
broken lying on the ground
Trying to get up 'till his last breath out
Wings are strung everywhere, there's blood all around
'Cause even angel's die, but that light just fades
It's so sad, but he'd be so proud”
(Broken
angel- Hanson).
Ci
furono attimi di esitazione.
I
quattro all’ingresso si scambiarono occhiate sospettose.
Damon sembrava l’unico a non aver capito che cosa stesse
succedendo.
La
nonna di Bonnie aveva un’espressione terrorizzata in
volto e non staccava gli occhi da quell’Elijah che non
appariva per niente
turbato da quell’astio.
Sage
si stava sinceramente preoccupando; credeva che il suo
ritorno sarebbe stato accolto con gioia e invece aveva scatenato
ulteriore
tumulto.
“Non
farlo entrare” ripeté Sheila “Non
è qui per aiutarti”.
“Sono
un vampiro, non posso invitarlo in casa. Solo Bonnie
potrebbe” disse Damon con voce bassa e triste.
“Allora
non abbiamo niente da dirci” concluse Sheila e mise
mano alla porta per chiuderla.
Sage
la bloccò e si rivolse al suo vecchio amico “Devi
ascoltarlo se vuoi salvare la tua petit
rossa. Mi conosci da secoli, devi fidarti di me”.
“Chi
sei?” chiese Damon che cercava di vederci chiaro in
quella faccenda.
“E’
uno di loro” presa la parola la donna “E’
uno degli
Originali”.
Ce
n’era più di uno? Damon
spostò lo sguardo su Elijah. La
sua totale ignoranza sulla storia della sua specie era imbarazzante, ma
sinceramente non gli era mai importato nulla.
Aveva
sentito storie riguardo questi vampiri antichi e
potenti. Lui non li aveva mai incontrati, non ne era mai stato
infastidito,
perciò non si era neppure sprecato a scoprire altro sul loro
conto.
Ora
se ne pentiva.
Bonnie
era tra le mani di Klaus, un Antico; e lui era
costretto a mettere pace tra la nonna fin troppo battagliera della
giovane ed
Elijah, un altro Antico.
“Che
cosa sta succedendo qui?” la voce di Stefan giunse
provvidenziale.
Damon
si voltò come se si aspettasse di trovare un santo
corso in suo aiuto “Grazie al Cielo! Fa’ tu da
mediatore perché la mia pazienza
si sta esaurendo” sbottò.
“Non
c’è niente da mediare! Non scenderò a
patti con quell’assassino”
s’imputò Sheila, tanto che Stefan
cominciò davvero a preoccuparsi.
“Fratellino,
ti presento Elijah, un Originale” spiegò Damon.
“Un
altro?” inorridì Stefan.
“Credo
che sia giunto il momento di chiarire la mia
posizione” suppose il suddetto vampiro allarmato dalla piega
che stava prendendo
quella conversazione.
“Dovete
ascoltarlo” ripeté Sage “Siamo tutti
dalla stessa
parte qui”.
“Vale
un tentativo” accettò Stefan.
“Io
non posso entrare in casa. Sarebbe un segno carino se
usciste voi” propose Elijah, un po’ infastidito da
quella diffidenza.
“Comincia
a parlare. Se mi piacerà quello che hai da dire,
allora potrei anche avvicinarmi” replicò il
maggiore dei Salvatore.
Elijah
sorrise “Sei piuttosto famoso, Damon. Le voci dicono
che tu abbia ammaliato molte più donne di quanto si possa
avere memoria”.
L’altro
alzò le mani con nonchalance “E’ bello
sapere che
qualcuno apprezza le mie qualità”.
“Dicono
anche che sei impulsivo, arrogante e testardo”
continuò il vampiro “Ti consiglio di abbandonare
questa tue qualità o non
salverai mai la tua strega”.
Lo
sguardo di Damon si scurì. Una volta si sarebbe
arrabbiato solo per il tono superiore con cui era stato rimproverato,
ora il
suo unico cruccio era riportare Bonnie al sicuro. Sentirla nominare gli
provocava un moto al cuore.
“Perché
non ci spieghi che rapporto ti lega a Klaus?”
domandò Stefan “Siete entrambi Antichi, che cosa
significa?”.
“Ero
un umano anche io, sapete” raccontò lui
“Migliaia di
anni fa ero solo un inutile uomo, debole e insignificante in confronto
alla
natura che mi circondava. I pericoli erano infiniti, tutto ci poteva
uccidere
in un attimo: animali, malattie, anche solo il maltempo ci
spaventava”.
“O
mio Dio! Hai intenzioni di partire dagli arbori del
mondo?!” esclamò Damon impaziente.
Sage
lo fulminò con un’occhiata.
Elijah
si limitò ad un’alzata di sopracciglia, totalmente
indifferente alla fretta dell’altro vampiro e
proseguì con la sua storia “Io e
alcuni uomini del mio villaggio, amici, decidemmo che dovevamo trovare
un modo
per tenere al sicuro le nostre famiglie. Avevamo sentito delle storie
riguardo
uomini e donne che avevano il potere di dialogare con la natura e con
gli
spiriti. Potevano fare cose sconosciute ai semplici umani. Io e i miei
compagni
compimmo un lungo viaggio fino alle coste della Scozia, la terra dei
Druidi.
Trovammo un gruppo di streghe disposte ad ascoltarci che alla fine
accettarono
di aiutarci. Ci dissero che ci avrebbero donato un Potere immenso, che
saremmo
stati superiori agli altri esseri viventi e che avremmo potuto
proteggere le
nostre famiglie da ogni pericolo; ci avvertirono anche che ogni magia
aveva un
suo prezzo e che il nostro non sarebbe stato solo un dono ma pure una
maledizione”.
“E’
così che siete diventati vampiri?” disse Stefan.
Elijah
annuì “Presto ci rendemmo conto quanto fosse grave
il
prezzo da pagare. La sete di sangue si faceva sempre più
intensa e
incontrollabile; alcuni di noi uccisero i propri cari nel tentativo di
soddisfare la loro indole e tutti fummo costretti a veder morire le
nostre
famiglie, perché potevamo proteggerle da tutto tranne che
dalla vecchiaia. Al
tempo eravamo molto inesperti, nessuno ci aveva detto che avremmo
potuto
trasformare altri in vampiri, lo scoprimmo solamente quando fu troppo
tardi.
Eravamo adirati e ci sentivamo traditi dalle streghe. Ci avevamo
aiutato ma
senza guidarci in quel difficile cammino. Volevamo vendicarci e
cominciammo a
seminare stragi e a creare altri come noi”.
“E
così si generò tutta la stirpe dei vampiri.
Fantastico,
ma cosa c’entra con Bonnie tutto questo?”.
“Klaus
era uno di loro” li informò Sage
“E’ stato uno dei
primi ad essere trasformato e il primo a perdere la testa”.
“Aveva
perso tutta la sua famiglia; credevamo volesse
davvero proteggere gli altri abitanti del villaggio ma la sua era solo
sete di
potere. All’inizio non ce ne accorgemmo, eravamo troppo
inebriati dalla nostra
invincibilità e dalla nostra rabbia. Con l’andare
dei secoli ci rendemmo conto
che il dolore altrui ci era totalmente indifferente, non provavamo
più
l’adrenalina di una volta. Eravamo diventati più
raffinati, non ci piaceva
mischiarci con gli altri vampiri e per assurdo nutrivamo più
empatia nei
confronti degli umani. Capimmo che ci eravamo comportati in maniera
scellerata;
noi non avremmo dovuto nemmeno esistere. Formammo una sorta di
Consiglio, tutti
sullo stesso piano, nessuno più potente
dell’altro. Klaus non era della nostra
stessa idea, non poteva concepire che qualcuno limitasse la sua forza e
si
staccò dal gruppo”.
Ora
anche Damon ascoltava interessato senza aggiungere
nessuno commento sarcastico. Sentiva che si stavano avvicinando al
ruolo che
Bonnie giocava in tutta quella storia. Forse, finalmente, qualcuno gli
avrebbe
svelato come salvarla.
“All’inizio
non ci preoccupammo, era soltanto una testa
calda; poi cominciarono a girare voci riguardo streghe con il Potere
d’incanalare l’energia e usarla a loro piacimento,
si diceva che potessero
perfino ipnotizzare un Originale. Anche Klaus sentì quelle
dicerie e a quel
punto ci fu una corsa contro il tempo”.
“Com’è
possibile che in tutti questi anni non sia mai
riuscito nel suo intento?” si stupì Stefan.
“Perché
le abbiamo sempre trovate prima noi … e uccise”.
Neppure
la super vista del vampiro poté accorgersi
dell’attacco repentino di Damon che, in un millesimo di
secondo, lasciò il
rifugio sicuro della casa e si lanciò contro
l’Antico sbattendolo a terra. Lo
tenne fermo per la gola.
“Non
credo che userò i tuoi metodi dopotutto” gli
ringhiò ad
un centimetro dal viso “Vedi nel mio piano … la
strega rimane in vita”.
Elijah
avrebbe potuto strappargli il cuore con una semplice
mossa ma non si scompose. Quello era un suo alleato e doveva giocarsi
bene le
sue carte.
Ci
pensò Sage a liberarlo dal corpo di Damon. Lo prese per
la maglia e lo trascinò via allontanandola con una spinta.
“Lo
sapevo che era solo un trucco!” urlò Sheila.
Damon
la ignorò e si scatenò su Sage “Che
cosa ti è venuto
in mente di portarlo qui?”.
“E’
diverso ora …”.
“E’
questo il tuo grande aiuto? Toglierla dalle mani di un
pazzo per consegnarla ad un altro? Ma da che parte stai?”.
“Se
lo lasciassi finire di parlare!”.
“Non
starò qui a sentire mentre mi racconta i mille modi per
uccidere una strega. Non m’importa se Bonnie è la
fonte dei loro guai, nessuno
qui le torcerà un capello” ruggì sempre
più furioso.
“Non
è Bonnie la sua vittima!” replicò Sage
“E’ Klaus. Il
Consiglio ha deciso di uccidere Klaus una volta per tutte”.
“Credevo
che gli Antichi non si potessero uccidere” obiettò
Stefan.
“Si
può” confermò Elijah “Basta
avere l’arma giusta”.
Klaus
non avrebbe mai immaginato che quella ragazzina così
fragile e giovane potesse sopportare un livello tale di tortura senza
piegarsi.
La
cosa lo affascinava invece che infastidirlo. Se il suo
Potere raggiungeva i livelli della sua volontà, allora
sarebbe stato sul serio
inarrestabile una volta assorbita quell’energia.
Erano
rintanati in un luogo disperso e deserto della
Virginia, protetti da un incantesimo di copertura. Nessuno li avrebbe
mai
trovati. Aveva tutto il tempo del mondo per convincerla.
D’altra
parte si sentiva anche un po’ offeso, quasi
oltraggiato. Non aveva mai incontrato qualcuno che lo volesse sfidare
così
tenacemente. Chi era quella piccola rossa per mettersi contro il
più grande
vampiro di tutti i tempi? Come si permetteva di ostacolarlo e negargli
quel
prezioso dono?
E
poi arrivava la paura. La paura di perdere. La sconfitta
non era qualcosa disposto ad accettare, ma doveva ammettere che in quei
secoli
ne aveva incassate parecchie, perché in un modo e
nell’altro i suoi piani erano
sempre andati in fumo per colpa degli altri Originali.
Adesso,
per la prima volta in centinaia di anni, teneva
stretta tra le mani l’unica che avrebbe potuto esaudire il
suo desiderio più
profondo.
Per
tutta la vita era stato perseguitato da Elijah e i suoi
compagni. Loro non potevano capirlo, erano soltanto invidiosi. Si erano
subito
stufati della loro vita, non comprendevano neanche lontanamente il
fascino e il
valore dell’immortalità e di un Potere immenso;
lui sì.
Non
voleva confondersi con quel branco di mediocri. Klaus
era migliore di loro, Klaus era l’unico che si sentisse degno
di portare il
nome di vampiro. Riteneva quella trasformazione come un dono, un
privilegio. Ne
era onorato e non l’avrebbe sprecato per essere uguale a tutti gli altri. La
parità non faceva per lui.
Sapeva
che era in atto un complotto per toglierlo di mezzo;
doveva proteggersi. Una volta ottenute le capacità di Bonnie
sarebbe stato
nettamente superiore ad ogni forma vivente e soprattutto avrebbe messo
in atto
la sua rivincita sui suoi vecchi amici.
Avrebbe
fatto loro rimpiangere di avergli tolto secolo dopo
secolo la possibilità di realizzarsi. Tutte le streghe che
erano nate con
Poteri speciali erano state eliminate. Non credeva che qualcuna fosse
scampata
a quella pulizia.
Osservò
Maddox infliggere ancora una volta il finto
aneurisma alla ragazza. Lei si contorse e gridò.
A
Klaus quella visione fece pena. Non inteso come sentimento
di pietà, ma di disgusto. Era uno spettacolo penoso,
patetico nell’accezione
più negativa che si potesse trovare. Una ragazza dai Poteri
così straordinari
costretta a soccombere sotto gli incantesimi di un mago che, a conti
fatti,
valeva la metà di lei.
Il
vampiro non avrebbe mai permesso che tali capacità
finissero in un esserino così debole; perché
nonostante la strega fosse molto orgogliosa
e determinata, rimaneva pur sempre un’umana, custode non
adatta di una simile
magia.
Klaus
odiava le streghe. Non aveva mai capito come un potere
così grande potesse essere affidato a persone tanto indegne.
Lui
non avrebbe commesso gli stessi sbagli.
Si
avvicinò ai due. Bonnie era svenuta, stremata.
“Ancora
non collabora?” s’informò il vampiro.
“Niente
da fare; è testarda ma tutti prima o poi cedono. Non
potrà sopportare ancora per molto i miei
incantesimi”.
“Perché
non riesco a penetrare la sua mente? So che le sue
capacità speciali la proteggono ma questo non mi ha impedito
di controllare i
suoi sogni per tutto questo tempo”.
“Le
condizioni sono diverse, ora. Prima si sentiva al
sicuro, in casa sua, non credeva che tu avresti potuto raggiungerla e
ha
permesso alla sua mente di abbassare la guardia. Adesso è in
una situazione di
pericolo e sta sulla difensiva. Anche quando dorme, i suoi Poteri
alzano le
barriere”.
“E
non si può fare niente per rimediare?”.
“Te
l’ho già detto, non potrà resistere
ancora molto. Tra
qualche giorno sarà talmente stravolta che non
riuscirà a compiere nemmeno il
più semplice degli incantesimi. Forse potrai perfino
soggiogarla affinché ti
ceda i suoi Poteri”.
“Sarà
meglio che funzioni” sbottò Klaus “Ho
altri metodi per
persuaderla e non credo che le piacerebbe il mio piano di
riserva”.
Maddox
prese tra le mani il volto della giovane e chiuse gli
occhi “La sua aura si sta indebolendo. Se vado avanti
così forse per stasera
potrai giocare un po’ con la sua mente. L’ultima
volta i tuoi incubi l’hanno
fatta uscire allo scoperto; potrebbe funzionare ancora”.
“Continua
con il tuo lavoro” ordinò Klaus “Prima
di
ricominciare però portala in bagno e dalle da mangiare. Mi
serve viva”.
Lasciò
lo stregone al suo lavoro e si allontanò dal
capannone, diretto verso la città più vicina.
Aveva bisogno di nutrirsi.
Avere
tra le mani una strega dal sangue così dolce e non
poterne usufruire iniziava a diventare un vero supplizio. Si
consolò con il
pensiero che presto non solo avrebbe goduto di quel dolce nettare ma
avrebbe
anche assorbito tutti i suoi Poteri rendendosi finalmente
inattaccabile.
La
morte lo aveva sempre spaventato. Fin da bambino quando
era rimasto solo al mondo, dopo la scomparsa della mamma.
Nessuno
aveva mai saputo chi fosse il padre e un po’ tutto
il villaggio si era preso cura di quel piccolo che, però,
non si era mai
sentito parte di nessuna famiglia. Era cresciuto solitario e
diffidente,
estraneo ad ogni forma di affetto. Non capiva l’amore, si era
rifiutato di
concepirlo. Per anni aveva visto la gente del suo villaggio morire e
altri
soffrirne, lui stesso aveva sperimentato quel tipo di dolore. Si era
autoescluso da ogni forma di stretto contatto, si era sentito
sradicato; alla
fine aveva sviluppato un’indole egoista e approfittatrice.
Quando
un giorno gli altri uomini gli avevano parlato di un
viaggio per ottenere il potere di proteggere le loro famiglie, lui non
aveva
esitato a partire, deciso a conquistarsi lo strumento per difendere se
stesso.
Uccidere
per sopravvivere non era mai stato un suo problema.
Essere un vampiro comportava enormi vantaggi, in primis la
possibilità di
spegnere tutte le emozioni, compreso il senso di colpa. La sua natura
feroce e
calcolatrice si era amplificata, così come la sua sete di
potere. Si era sentito
come un dio, invincibile e intoccabile, superiore a tutti, capace di
qualunque
cosa.
Mentre
gli altri avevano cominciato a pentirsi lentamente
delle loro scelleratezze e a considerare il vampirismo come una
maledizione,
Klaus si era sempre più inebriato di quella
eccezionalità cercando e
progettando nuovi modi per elevarsi sopra tutto e tutti.
L’immortalità
era divenuta la sua consolazione più grande,
il suo puntello. L’idea che qualcuno potesse essere anche
solo un suo pari lo
mandava in paranoia. Vedeva negli altri suoi compagni dei rivali,
invidiosi e
malevoli. Viscidi esseri che desideravano liberarsi di lui.
Poi
c’erano le streghe. Lo avevano odiato fin dal primo
momento, lo avevano reputato troppo arrogante e non meritevole di una
tale
forza. Erano prevenute e rancorose. Si compiacevano delle sue sconfitte.
Klaus
sapeva di essere attaccato su tutti i fronti. Si era
prodigato per cercare in lungo e in largo una protezione sicura ed
efficace.
Doveva rendersi invulnerabile.
Era
in vita da così tanto tempo che si era disabituato alla
morte. Nascere, crescere, vivere e morire; quello era il ciclo. Ma un
vampiro
come lui non poteva sottostare allo stesso fato di tutti gli altri.
Bonnie
era una strega speciale; Elijah lo aveva ostacolato
per troppo tempo. Ora finalmente era arrivato il suo
momento e quella stupida, piccola ragazzina non gli avrebbe
impedito di perseguire il suo scopo.
Se
non voleva cedere con il dolore, allora ci avrebbe
pensato lui.
Bonnie
si guardò intorno spaesata. Ricordava di essere
svenuta dopo l’ennesima tortura e poi il nulla. Quando aveva
aperto gli occhi,
però, non si era ritrovata nella solita gabbia circondata
dal nulla. Klaus e
Maddox erano spariti.
Al
loro posto, intorno a lei, si estendeva solo un fitto
gruppo di alberi. Il terriccio sotto di lei era umido, probabilmente
era
mattina presto.
Come
diamine ci era finita lì?
Di
certo non era stata lei a scappare ma perché portarla in
quel luogo? Quale altro sevizio si erano inventati per farla impazzire?
Sembrava
un bosco qualunque, innocuo. Volevano forse darla
in pasto a qualche bestia? A che scopo se poi non avrebbe potuto donare
i suoi
Poteri a Klaus?
C’era
decisamente qualcosa che non quadrava ma Bonnie non
capiva. Tutto appariva molto tranquillo, lontano da qualsiasi rischio.
Lei
stessa non avvertiva auree minacciose nei paraggi.
Si
alzò in piedi e cautamente curiosò intorno in
cerca di
qualche indizio che le potesse dire cosa le stava accadendo.
Quello,
però, rimaneva sempre e solo un bosco. Un
normalissimo bosco.
Come
tanti, come l’Old Wood.
La
rossa si appoggiò stancamente ad un tronco ripensando
alla foresta che circondava Fell’s Church. Le cavalcate al
suo limitare. Non le
sarebbe mai piaciuto girovagare tra quegli alberi da sola ma in quel
momento lo
avrebbe preferito a ciò cui era stata sottoposta.
Attese
e attese. Non successe niente. Nessuno si fece vivo.
Iniziò
a camminare. Starsene fermi non sarebbe servito a
niente. Proseguì per un po’, incespicando in
qualche radice. Procedette
lentamente girandosi a destra e sinistra per controllare di non essere
seguita.
La cosa si fece davvero strana quando appurò che
effettivamente nessuno la
stava pedinando. Magari la tenevano d’occhio da lontano, ma
alla fine né Klaus
né Maddox apparvero a fermarla. Qualunque fosse il loro
piano, Bonnie non
riusciva proprio a capirlo.
Dopo
aver percorso un buon tratto, la ragazza cominciò a
pensare che non sarebbe arrivata da nessuna parte. Probabilmente stava
pure
girando intorno e nemmeno se n’era accorta.
Il
diramarsi degli alberi, però, catturò la sua
attenzione:
si stava avvicinando ai confini di quella foresta. Scorse una strada,
coperta
ancora da alcuni tronchi che le impedivano la vista.
Accelerò il passo e giunse
alla fine.
Conosceva
quella strada. L’aveva percorsa decine di volte negli
ultimi mesi. Il cuore incominciò a batterle furiosamente
dalla gioia e lei non
fece caso a quanto sospetta fosse la situazione. Si limitò a
correre come mai
in vita sua.
Quello
era davvero l’Old Wood e quella era la strada
principale che attraversava tutta Fell’s Church; proprio
lì a destra
l’aspettava una traversa che l’avrebbe portata al
Pensionato. Aumentò la
velocità.
Aveva
poco fiato ma voleva arrivare a casa. Non si chiese se
davvero l’avessero lasciata andare, né il
perché.
Era
troppo felice per porsi delle domande. Era il suo
momento di estrema felicità e non voleva rovinarselo. Forse
era morta e quello
era solo un sogno, ma sarebbe stata disposta a vivere per sempre
nell’illusione,
se avesse significato incontrare di nuovo tutti i suoi amici, la sua
famiglia.
Damon.
Saltellò
quasi per tutto il vialetto di entrata e si fermò
giusto davanti alla porta. Mise una mano sulla maniglia ma questa si
abbassò.
Un secondo dopo Stefan Salvatore era apparso sulla soglia.
Bonnie
sorrise raggiante, con le lacrime agli occhi
“Stefan!” esclamò.
Lui
non la degnò neppure di uno sguardo. Si sistemò
meglio
un borsone sulla spalla e uscì a passo spedito,
sorpassandola come se fosse
stata invisibile.
La
giovane lo seguì con lo sguardo, crucciata e incredula.
Lo seguì fino al garage e lo chiamò
un’altra volta “Stefan. Stefan sono io,
sono tornata”.
Nessuna
reazione, come se non l’avesse sentita.
Bonnie
non seppe interpretare quel comportamento. Che non
potesse vederla? Era forse quella la sua punizione? Klaus non poteva
concederle
un lieto fine neppure da morta; doveva per forza tormentarla per
l’eternità?
Il
vampiro chiuse con impeto il baule della macchina.
Appariva furioso e triste, svuotato e amareggiato.
La
rossa s’impensierì sul serio.
Rimase
immobile fino a che l’auto non fu sparita oltre il
cortile, e si decise ad entrare in casa. Doveva fare un altro tentativo.
Salì
le scale saltando i gradini, fino all’ultimo piano.
Tentennò davanti alla porta di Damon. Era terrorizzata che
perfino lui potesse
ignorare la sua presenza ma era fiduciosa. Quello che la legava al
vampiro era
una connessione troppo forte per poter essere spezzata da stupidi
trucchetti.
Avrebbero superato in qualche modo quell’ostacolo, si
sarebbero riuniti perché
così doveva essere.
“Damon”
sussurrò alla camera vuota. “Damon”
ripeté con più
voce.
Eccolo
comparire, appena fuori dal bagno, con indosso solo
un paio di pantaloni. Bello da togliere il fiato. La fissò
con il suo solito
sorriso sornione ma i suoi occhi risplendevano di una
felicità folgorante.
L’intensità del suo sentimento cresceva sempre
più, limpida sul suo volto,
splendeva nella sue iridi. Solo un’altra volta
l’aveva guardata in quel modo:
durante la loro ultima notte insieme, quando lei gli aveva chiesto di
amarla
semplicemente da uomo.
“Sei
arrivata finalmente”.
Lo
sapeva. Bonnie sapeva che Damon l’avrebbe riconosciuta;
era l’unico ad avere quel potere, l’unico che non
poteva essere ingannato.
L’aveva trovata.
La
strega non riuscì a muovere neanche un passo. Una figura
le sfrecciò accanto tuffandosi tra le braccia del vampiro
che l’accolsero senza
esitazioni.
Una
ragazza dai lunghi e lucenti capelli biondi. Elena
Gilbert.
Senza
aggiungere una parola presero a baciarsi come se non
ci fosse un domani. Stretti in un abbraccio soffocante, persi
l’uno nell’altra,
le loro dita artigliate attorno agli altrui vestiti per non lasciarsi
mai.
Bonnie
percepì una fitta all’altezza del cuore.
Totalmente
smarrita, indietreggiò cercando appiglio in un mobile. Le
gambe minacciarono di
cedere.
“Se
n’è andato sul serio?” chiese Elena con
un fil di voce,
separandosi dal vampiro giusto lo spazio per parlare.
Damon
annuì “Non sopportava di rimanere nella nostra
stessa
città. Lo capisco, nemmeno io sarei resistito ancora molto a
vederti nella
braccia di Stefan”.
“Mi
sento così in colpa” si lamentò Elena
liberandosi
dall’abbraccio e sedendosi sul letto “Non avrei
dovuto illuderlo”.
“Era
inevitabile. Io e te siamo fatti per stare insieme, ci
completiamo, ci capiamo. Non possiamo tirarci indietro ora; abbiamo
già negato
i nostri sentimenti troppo a lungo, soprattutto tu. Siamo stati degli
sciocchi
a pensare che Stefan e Bonnie potessero renderci felici”.
Questo
fece male. La strega sentì il suo cuore sgretolarsi
lentamente.
“Non
ti sembra che la stiamo tradendo? Insomma, lei è nella
mani di Klaus e noi ci diamo alla pazza gioia?”.
“L’avrei
lasciata comunque ad certo punto” ammise Damon “Non
era quello che cercavo, non lo è mai stato. Ho solo provato
a distrarmi. Non
volevo che finisse così, Elena, l’avrei protetta
se avessi potuto. Ora però è
andata, sparita chissà dove, forse Klaus
l’avrà anche già uccisa. Non la
troveremo mai più. Dobbiamo rassegnarci e andare avanti. Non
mi farò tormentare
dal senso di colpa; dopotutto se l’è cercata,
è stata lei a scappare”.
Non
lasciò tempo di replica; prese la bionda per il volto e
la baciò nuovamente spingendola a stendersi sul letto. La
maglietta di lei volò
oltre le loro teste.
Bonnie
desiderava correre via ma i suoi piedi sembravano
incollati al pavimento. La vista era oscurata dalle lacrime.
Urlò quasi
istericamente, sconvolta e disperata “Voi non potete
… non potete abbandonarmi
così!” li accusò “Non
smettete di cercarmi, sono qui, sono viva. Tu me lo avevi
promesso. Lo hai promesso a mia madre, hai detto che mi avresti
protetta! Mi
hai giurato che lei non contava più niente …
t’importava di me, volevi
scambiare il sangue!”.
Parole
sconnesse e soprattutto buttate al vento.
“Davvero
scortese da parte loro, non trovi?” osservò una
voce alle sue spalle “Hanno aspettato che ti togliessi di
mezzo per
approfittarsi del momento”.
Bonnie
spostò l’attenzione su di lui ma non ebbe nulla da
obiettare.
“Deve
essere terribile sapere che le persone per cui ti sei
sacrificata, hanno così poco rispetto dei i tuoi sentimenti
e ancor meno della
la tua salvezza”.
Le
palpebre della ragazza si fecero pensanti. I contorni di
Klaus sfocarono sempre più, persero i colori fino a che la
sua figura non fu
sostituita da una massa nera.
Quando
Bonnie riaprì gli occhi si trovò di nuovo nella
sua
prigione, stesa a terra sul pavimento freddo. Iniziò a
ricordare chiaramente
cosa fosse successo davvero.
Dopo
essere svenuta la prima volta in seguito al male,
Maddox le aveva concesso una pausa e l’aveva accompagnata in
bagno. Avevano
ripreso quasi subito ma il corpo della rossa ancora una volta non aveva
retto
ed era scivolato a terra privo di sensi. Evidentemente Klaus era
riuscito a
penetrare nella sua mente.
Quello
mise in allarme Bonnie: significava che le sue difese
iniziavano a traballare, troppo provate per resistere.
“Bentornata
nell’incubo,
cara” l’accolse lui.
“Smettila
di giocare con la mia testa” ordinò fiaccamente la
ragazza mentre tentava di tirarsi almeno seduta.
“Ti
stavo solo mostrando che cosa sta accadendo a casa tua
mentre tu sei qui ad offrirti così generosamente a
me”.
Bonnie
sorrise tristemente “Non ti credo”. Con la mente
più
lucida e lontana da quelle immagini, si rese conto di quanto fosse
assurdo e
totalmente irreale ciò che aveva visto. Non poteva perdere
la speranza in quel
momento né tantomeno la fiducia nei suoi amici. Non avrebbe
permesso a Klaus di
convincerla del contrario o di manipolarla. Per quanto fosse difficile,
doveva
impegnarsi a reagire e a lottare.
“Chi
te lo assicura?” rincarò il vampiro
“Damon ed Elena
sono fatti l’una per l’altra, sono della stessa
pasta. Stefan ha gettato la
spugna e tu sei sparita; perché dovrebbero sprecarsi a
cercare qualcuno che
potrebbe solo dividerli?”.
“Sei
in giro da molto tempo ma non hai idea di cosa sia
l’amicizia, non sai che significa contare su qualcuno.
Mettermi in testa quelle
immagini non mi farà piegare più velocemente, mi
istiga solo a negarti ciò che
vuoi”.
“Ti
tradiranno, mia dolce strega, perderanno le speranze e
penseranno a loro stessi. Tutti senza eccezione. Sei l’ultima
arrivata, non sanno
quanto tu sia speciale. Sai perfettamente che il tuo destino
è di morire per
mano mia, in un modo o nell’altro” si
piegò su di lei “Prima o poi ti
arrenderai; che ti piaccia o no, adesso sei mia. Maddox!” lo
chiamò “La nostra
ospite ha bisogno di essere convinta ancora un po′
”.
Bonnie
strisciò indietro allontanandosi dallo stregone che
camminava verso di lei, pronto ad infliggerle nuovo dolore.
Istintivamente
nascose il capo tra le mani per proteggersi
inutilmente dal male.
Doveva
trovare il modo di scappare. E alla svelta.
“L’arma
giusta?” ripeté Damon sempre più
scettico e
spazientito “Mi sembra di star giocando a Cluedo. Qualcuno mi
dice perché tutto
questo mi dovrebbe interessare?”.
Elijah
sorrise tranquillamente ed estrasse dall’interno
della giacca un paletto.
“E’
di frassino bianco; uno dei pochi rimasti in giro e
unico legno che possa uccidere un Antico”.
Gli
occhi di Damon s’illuminarono. Fu come se la sua vita
acquistasse improvvisamente un senso. Era
stati due giorni d’inferno, durante i
quali il suo livello di pessimismo aveva toccato i minimi storici.
Nemmeno
in tutti i secoli precedenti si era sentito così
solo e vuoto. La colpa per l’ingiusto destino di Bonnie
ricadeva sulle sue spalle.
Era stato sciocco e ingenuo. Una volta non si sarebbe lasciato
ingannare così
facilmente.
La
nonna della ragazza non aveva saputo risolvere la
situazione, Klaus sembrava sparito nel nulla, lui stesso non aveva
nessuno
potere.
Per
quasi quarantotto ore Damon si era preparato al peggio e
crogiolarsi nell’incertezza era stato ancora più
terribile di quanto potesse
immaginare.
Quel
pezzo di legno appariva come lo scettro di un re.
Finalmente aveva davanti agli occhi una reale possibilità di
eliminare per sempre
il vampiro che aveva sterminato la famiglia di Bonnie, che
l’aveva terrorizzata
per gli anni successivi, che aveva osato portargliela via.
Era
tempo di vendetta. Era tempo di riprendersi la sua
Sissi.
“Perché
questa volta è diverso?” si insospettì
Stefan “Per
quale motivo avete deciso di uccidere Klaus proprio ora?”.
“Uccidere
una strega come Bonnie sarà solo una soluzione
temporanea. Prima o poi ne nascerà un’altra e la
storia comincerà daccapo.
Abbiamo ripetuto per migliaia di anni lo stesso schema nella speranza
che Klaus
desistesse da questo folle piano. Non sopporta di essere superato, non
sa che
cosa significhi fare parte di un gruppo e mai lo imparerà.
Gli abbiamo concesso
troppe possibilità e le ha sempre sprecate. Non ci ha
lasciato altra scelta”.
“Quindi
lo troverai e lo ucciderai con quel paletto?” si
accertò Sheila che rimaneva la più diffidente dei
tre.
“No”
rispose Elijah “Vi consegno l’unica arma in grado
di
ammazzare un Originale; spetterà a voi il compito di finire
Klaus”.
Damon
alzò un sopracciglio “Non fraintendermi: non vedo
l’ora di infilzare quel bastardo fino a trapassarlo da parte
a parte ma non è
un po’ vigliacco da parte vostra lasciare il lavoro sporco
agli altri?”.
Elijah
contrasse la mascella chiaramente seccato da quelle
continue libertà che l’altro vampiro si prendeva
senza un minimo di rispetto.
“Noi
non uccidiamo gli altri Originali. È contro le regole.
Questa
è una grossa eccezione e siamo stati costretti a misure
drastiche. Nessuno accetterà
di mettersi contro Klaus; voi siete gli unici disposti a rischiare la
propria
vita perché avete un interesse. Vi stiamo usando?
Sì, ma se tutto andrà bene,
tutti otterranno ciò che vogliono”.
Damon
e Stefan si scambiarono un’occhiata allarmata. Il
problema stava proprio lì: se
fosse andato
tutto bene.
“Va
bene, abbiamo l’arma” iniziò Stefan
“Ora dobbiamo solo
trovare Bonnie. Qualche idea?” si rivolse
all’Antico.
“Temo
di non potervi aiutare su questo punto. Klaus è molto
abile a nascondersi. I miei compagni stanno perlustrando lo Stato,
spero di
potervi dare notizie al più presto ma per ora sono
all’oscuro come voi”.
“Fantastico”
sibilò Damon “Adesso sì che abbiamo
fatto dei passi avanti”.
“Ci
serve del sangue” dichiarò Stefan
“Dobbiamo essere nel
pieno delle forze se vogliamo affrontare Klaus. Vado
all’ospedale, ruberò
qualche sacca”.
“Dobbiamo?” fu la
replica di Damon “Noi non dobbiamo fare niente, io devo andare a riprenderla, io
devo affrontare Klaus” chiarì con un tono che non
ammetteva obiezioni.
“Capisco
le tue manie di protagonismo ma non sono io di
solito quello che gioca fare
l’eroe?” lo
ribeccò il fratello.
“Klaus
è un Originale, non uno dei soliti coniglietti che
sei abituato a cacciare. Non ho tempo di badare anche a te mentre cerco
di
salvare Bonnie e di certo non starò a sorbirmi le lagne di
Elena quando ti
riporterò indietro in un’urna funebre”.
“Grazie
per la preoccupazione ma stai sprecando fiato. Non
ti lascerò partire da solo per questa missione suicida e
Bonnie non è
importante solo per te. Ci siamo dentro tutti e due. Accetta il mio
aiuto per
una volta”.
Damon
rimase colpito dall’intensità di quelle parole e
dallo
sguardo di Stefan capì che non si sarebbe tirato indietro
tanto facilmente.
Acconsentì con un cenno del capo; un attimo dopo suo
fratello era scomparso,
diretto alla banca del sangue.
“Siamo
d’accordo?” si accertò Elijah.
Damon
prese il paletto e se lo rigirò tra le mani “Mi
basta
infilzargli il cuore con questo e il gioco è
fatto?”. Sembrava troppo semplice.
“Funziona
come tutti i paletti” disse Elijah “Attento a non
sbagliare mira, Klaus non ti darà una seconda
possibilità” lo avvertì “Io
raggiungerò i miei compagni nelle ricerche. Quando lo
troveremo, chiamerò Sage
per fargli sapere tutti i dettagli. Buona fortuna” gli
augurò. Scomparve come
Stefan, in un istante.
“Non
mi fido” esternò infine tutte le sue
preoccupazioni la
nonna di Bonnie “Non avete sentito? Hanno sempre ucciso le
streghe come mia
nipote. Chi ce lo dice che non sia ancora il loro piano? O se volessero
sbarazzarsi di Klaus solo per aver via libera con lei?”.
“Conosco
Elijah da molto tempo. È un uomo di parola, non vi
tradirà” li rassicurò Sage mentre tutti
i tre si dirigevano in salone.
L’altro
vampiro non fiatò. Era impensierito dalle parole del
fratello e allo stesso tempo rincuorato: rimaneva sempre bello poter
contare su
qualcuno.
Probabilmente
Stefan si era offerto solo per Bonnie, dopo
tutto sacrificarsi come eroe era nella sua natura, ma Damon non ebbe il
coraggio d’infastidirsi questa volta, anzi gli era grato. Per
lui o per Sissi,
Stefan si era offerto di combattere dalla sua parte, di aiutarlo, ma
non
sarebbe mai sopravvissuto allo scontro.
Bere
qualche sacca di sangue umano non lo avrebbe reso
invincibile, non gli avrebbe conferito la forza di tenere testa a Klaus.
Damon
si ritrovò a preoccuparsi dopo tanto tempo della
salvezza di suo fratello. Era sempre stato abituato a cavarsela da
solo, si
fidava di se stesso, della sue forze, sapeva gestirsi e controllarsi.
Avrebbe
avuto più possibilità senza Stefan. E magari, gli
avrebbe pure salvato la vita.
“Ho
bisogno di una mano” disse interrompendo l’animata
discussione nata tra il vampiro francese e la nonna di Bonnie.
“Stefan
non può venire con me” affermò
“Si farebbe ammazzare
subito. Non ho tempo di badare anche a lui. Dovete impedirgli di
seguirmi”.
“Potrebbe
esserti di aiuto, invece” insinuò Sage.
“Non
ci sono molte probabilità di uscirne vivi. Non mi serve
il suo aiuto”.
Sage
sospirò rassegnato. Nella sua mente contorta il suo
amico cercava solo un modo per proteggere l’unico fratello
che aveva, la sua
famiglia.
“Con
tutto il rispetto, Damon” si oppose Sheila
“E’ mia
nipote che deve essere salvata; non ce la farai mai da solo.
C’è bisogno di
qualcuno che ti copra le spalle. Non ho intenzione di fermare
l’unico che
potrebbe volgere in nostro favore le sorti dello scontro”
sentenziò “Anzi,
verrò anche io”.
Damon
alzò gli occhi al cielo. Era finito in un covo di
martiri.
“Questa
generosità mi sta nauseando” commentò
“Sheila, sono
stato molto paziente con lei ma adesso mi deve ascoltare. Io ho tirato fuori Bonnie da quella casa
insanguinata, io le ho dato una
famiglia, io l’ho tenuta
al sicuro fino adesso e
posso continuare a lungo con la lista dei miei
meriti, ma sono stato sempre io in
tutti questi anni! Questa cosa si fa a modo mio
e se non è d’accordo quella è la
porta” sbraitò.
La
donna incassò il colpo e gli lanciò
un’occhiata di fuoco.
In altre circostanze lo avrebbe fatto volare dall’altra parte
del Pensionato ma
al momento le serviva.
“Quando
Elijah ci dirà di preciso dove si trovano, dovrete
mettere Stefan fuori gioco … in qualunque modo”
proseguì Damon.
“Sei
sicuro che sia la decisione migliore? Se davvero vuoi
salvare Bonnie, sarà utile una persona in più.
Noi tutti potremmo venire …”.
“Voglio
coglierlo di sorpresa, se sono solo sarà più
facile”
spiegò.
“E
se fallissi?” ipotizzò la donna.
“Se
non torno entro un giorno, andate a cercarla” concesse
Damon “Ma fino ad allora tenete Stefan a bada”.
Non
ci fu il tempo per gli altri due di aggiungere qualcosa
perché il cellulare del vampiro iniziò a
squillare.
Guardò
il display: numero sconosciuto. Aggrottò la fronte.
“Pronto?”.
“Damon?”.
Trattenne
il fiato. Avrebbe riconosciuto quella voce tra
mille.
Klaus
aveva sempre trovato l’amore una cosa molto stupida.
Nemmeno riusciva a concepire il concetto di amicizia, figuriamoci
l’idea di
essere legato inevitabilmente ad un’altra persona.
Per
tutta la sua vita aveva evitato accuratamente di cadere
nei tranelli dell’amore e si era premurato di non costruire
nessun tipo di
rapporto, nemmeno con gli altri Originali.
Non
avrebbe potuto prendere una decisione migliore. Sapeva
che se avesse permesso a qualcuno di scalfire il suo muro, quel
qualcuno lo
avrebbe fatto desistere dai suoi intenti. Essere soli significava
essere
liberi.
Klaus
era diventato così grande grazie alla sua tenacia e
alla sua determinazione a contare solamente sulle proprie forze. Se
avesse dato
retta ad Elijah e agli altri si sarebbe trasformato in uno dei tanti
vampiri da
quattro soldi che rimpiangevano la loro vita umana.
Non
capiva come una ragazza dal corpo così delicato potesse
sopportare un tale sfinimento per persone che le avevano procurato
più
sofferenze che gioie, che le avevano tappato le ali.
Era
suo compito portarla a spezzare i suoi legami. Una
ragazza sola diventava molto più vulnerabile; sarebbe stato
molto più semplice convincerla.
Klaus
era stato reso forte dalla solitudine, Bonnie ne
sarebbe stata indebolita.
Aveva
passato gli ultimi anni della sua vita a studiare un
piano per dividerla dai suoi affetti. Suo fratello Zach aveva
già svolto un
ottimo lavoro mandandola in Italia. Christopher aveva cercato di
metterla
contro la sua famiglia senza successo. Katherine le aveva svelato il
vero
responsabile dell’assassinio di Zach. Tutti i tentativi erano
andati a vuoto.
La
bontà di quella ragazzina le impediva di chiudersi ad
ogni contatto umano, la portava istintivamente a perdonare, amare e
capire
tutti coloro cui voleva bene. In un modo o nell’altro aveva
superato il dolore
per i segreti e le bugie. Un rapporto del genere era davvero difficile
da
rompere.
Per
questo doveva far sì che Bonnie lentamente incominciasse
a dubitare di quel legame, che credesse di essere stata abbandonata per
sempre.
Lei così generosa da
sacrificare la
sua felicità e loro
sollevati di non
doversi più preoccupare di un tale peso. Lì
sarebbe entrato in scena lui;
con i suoi trucchetti mentali l’avrebbe indotta a
cedergli i Poteri,
promettendole di liberarla da quell’insopportabile sconforto.
Il
ricordo della sua vita le dava coraggio. Era giunto il
momento di strapparglielo, farlo a pezzettini, frantumarle ogni suo
sogno e
attirarla dalla sua parte.
Camminò
fino alla gabbia e si appoggiò alle sbarre. La
giovane non aveva notato la sua presenza: stava dormendo rannicchiata a
terra.
Era talmente piccola che quasi non si vedeva.
Prima
di svegliarla, pensò di divertirsi ancora un po’
con
la sua mente. Era la via più diretta per arrivare al suo
inconscio per girarlo
a suo favore.
L’ondata
di Potere che direzionò verso di lei si infranse
contro una solida barriera. Klaus ruggì frustato. Quella
mattina ci era
riuscito e adesso veniva ancora ostacolato? Aprì con uno
scatto secco la
gabbia.
La
rossa alzò la testa di scatto a quel rumore.
Guardò il
vampiro e strisciò sul pavimento, allontanandosi da lui come
un animale
spaventato.
I
suoi occhi erano stanchi. Dopo che Klaus aveva invaso la
sua mente con quel terribile incubo, lei temeva di addormentarsi e
rivivere
tutto. Alla fine, colta dalla fatica, si era lasciata andare al sonno.
Aveva
innalzato di nuovo le sue difese, nella speranza che questa volta
avrebbero
retto.
Si
tirò le ginocchia al petto e il suo stomaco
brontolò. Non
aveva mangiato quasi nulla, la nausea per i continui dolori fisici era
troppo
forte; ma almeno le avevano permesso un paio di volte di andare in
bagno.
Attese
la mossa di Klaus. Lui si limitò a fissarla, fermo
sulla soglia della gabbia.
“Non
funzionerà” gli disse Bonnie “Non ti
darò quello che
vuoi; tanto vale che mi uccidi”. Era più che altro
una supplica velata da un
po’ di spavalderia.
“Sarebbe
una bella liberazione, eh?” fu la replica del
vampiro “Sono un tipo molto paziente, ho aspettato secoli per
avere una come te
tra le mani, posso resistere qualche giorno in più. E poi
sono anche testardo.
Quando voglio una cosa, la ottengo” ghignò
“Ma per adesso non voglio riprendere
l’allenamento”.
“Allora
perché sei qui?”.
Klaus
entrò e si sedette di fronte a lei “Voglio parlare
un
po’ di te”.
Bonnie
alzò le sopracciglia incredula: prima la sbatteva in
una cella e la torturava fino allo stremo e poi s’interessava
della sua vita?
“Perché
lo fai?”.
“Cosa?”.
“Hai
dei Poteri immensi, non ancora bene sviluppati ma
potresti fare grandi cose. Avresti potuto studiare con le streghe o
scappare
già da molto tempo, invece sei rimasta per il bene di
persone che probabilmente
non si stanno nemmeno sprecando a cercarti”.
“Non
voglio che vengano a cercarmi. Voglio che siano al
sicuro” rispose Bonnie accucciandosi di più su se
stessa. Se si fossero anche
solo avvicinati, Klaus li avrebbe distrutti. Sarebbero morti tutti e
tutto ciò
che lei aveva fatto, avrebbe perso senso.
Il
vampiro arricciò le labbra “Analizziamo un attimo
per chi
hai sacrificato tutto, ti va?” le chiese innocentemente.
In
realtà no.
“Dal
quadro generale non la scampa nessuno direi”
annotò
“Tutti in un modo o nell’altro ti hanno mentito o
raggirato. Quando sei
arrivata, nessuno voleva davvero essere tuo amico, dovevano solo
tenerti a
bada. Ma andiamo nello specifico. Partiamo da Stefan: ti ha ingannato
per
proteggere un fratello che da secoli lo tormenta e che odia, ma ha
comunque
preferito salvaguardare lui che te. Elena, la tua cara amica Elena che
pur
sospettando i tuoi sentimenti per Damon lo ha tenuto legato a
sé. È una ragazza
bellissima e determinata. Ora ha scelto Stefan ma se dovesse cambiare
idea, non
si farebbe certo scrupolo per quello che provi tu, non scambierebbe mai
la sua
felicità per la tua. E il piatto forte: Damon, il vampiro
che ti ha tenuto
lontana da me per tutti questi anni” e un lampo di rabbia gli
attraversò gli
occhi. Bonnie tremò.
“Ha
ucciso tuo fratello, ti ha trattata come uno zerbino,
non ti ha considerata per mesi e quando Elena lo ha rifiutato
è corso da te. Mi
sembra che tu abbia rivolto la tua bontà a persone
ingrate”.
“Non
pretendo che tu capisca l’altruismo. Fare senza
chiedere niente in cambio”.
“Sono
inesperto in materia” ammise “Però mi
sembra che tu
abbia rinunciato a molto per nulla”.
Bonnie
distolse lo sguardo. Non era mai piacevole rivivere
quei mesi visti da quella prospettiva. Alcune delle questioni sollevate
da
Klaus se le era poste lei stessa. Con il tempo erano state smentite ma
facevano
ancora male.
“Cosa
speri di ottenere?” domandò svogliatamente la
rossa.
“Vorrei
che capissi quanto questa tua ostinazione non ti
porterà da nessuna parte. Resistermi non ti
salverà e non farà correre i tuoi
amici in tuo aiuto. Ricordati che se anche riuscissi a scapparmi o a
sconfiggermi, non avresti nessuno da cui tornare, perché
nessun ti vuole”.
Bonnie
sentì per un momento gli occhi bagnarsi ma
ricacciò
subito giù le lacrime. Non poteva farsi incasinare la testa
in quel modo, non
poteva permettergli di rovinare il ricordo dei suoi cari; era
l’unica cosa che
le rimaneva.
“Unisciti
a me, Bonnie” le propose “Prenderò solo
il sangue
necessario per il passaggio dei Poteri. Ti prometto che i miei stregoni
cercheranno il modo per tenerti in vita, il tuo corpo non
soffrirà la perdita”.
La
ragazza ricambiò lo sguardo con egual intensità.
Poteva dirgli che
neanche per tutto
l’oro del mondo gli avrebbe passato la sua magia, che lo
disprezzava e che mai
si sarebbe alleata con lui. Poteva urlargli di andare
all’Inferno o di
ucciderla, ma alla fine pensò che per rifiutare sarebbe
bastata una sola
parola.
“No”.
La
situazione precipitò drasticamente. Klaus in un lampo fu
su di lei, schiacciandola a terra con il suo corpo e prendendole i
polsi in una
mano.
Era
furente, sembrava impazzito. I suoi occhi luccicavano di
collera e risentimento, s’iniettarono di rosso mentre le vene
si scurivano
sempre più.
“Quanto
odio le donne che fanno le difficili” ringhiò.
Bonnie
avvertì una punta di metallo affilata premere contro
il suo fianco.
“Mi
sono chiesto come mai tu non abbia scelto la soluzione
più semplice, che stava davanti ai tuoi occhi; poi ho inteso
che una ragazza
così buona da sacrificarsi per il bene comune non avrebbe
potuto accettare un
compromesso simile, il tuo animo non lo sopporterebbe”.
Bonnie
non comprese subito il significato di quelle parole. Il
suo cuore batteva a mille dalla paura e sapeva che tutta la sua
facciata da
finta coraggiosa era miseramente crollata.
“Ti
farò bere il mio sangue, dolce strega” le
rivelò “Ti
trasformerò in un’assassina. Ti
costringerò a nutrirti e a uccidere fino a che
il senso di colpa non sarà così opprimente che
dovrai spegnerlo. E allora non
avrai più freni, sarai una vampira perfetta e i tuoi amici
saranno le prime
vittime. Magari possiamo fare a metà? Muoio
all’idea di assaggiare Elena; è
così simile a Katherine … mi domando se anche il
suo sangue sia ugualmente
dolce”.
“Non
avrai i Poteri che tanto desideri” gli fece notare
l’altra. La punta del pugnale le sferzò il viso
lasciando un vistoso segno
sulla guancia. Fuoriuscirono alcune gocce di sangue. Klaus si
piegò e le
raccolse con un bacio, fremendo. Cosa avrebbe dato per prosciugarla in
quell’esatto momento! Risalì fino
all’orecchio per sussurrarle “Arrenditi a me,
Bonnie, o distruggerò tutto quello che ti sta a
cuore”.
Lei
scostò il viso per quanto poté “La tua
vicinanza mi
ripugna”.
Neanche
un istante dopo e il pugnale aveva trafitto la sua
carne. Il respirò le si mozzò in gola. Di
riflesso, la sua magia esplose
scaraventando Klaus contro le sbarre. Dopo tanti giorni, finalmente la
strega
sentì il suo Potere scorrere in lei.
Il
vampiro riprese subito la sua posizione. Convinto di
poter penetrare la sua barriera, provò ad influenzarla
concentrando tutta la
sua energia. Bonnie la percepì e fu più svelta.
Prontamente gliela rigettò
contro, come aveva imparato a fare grazie all’aiuto della
signora Flowers e di
Damon, e a sua volta lo ipnotizzò “Dimenticati di
me” ordinò “Di me e di Fell’s
Church, dimenticati del tuo piano, dei miei amici. Non mi cercherai
più. Ora
levati di dossi e addormentati”.
Straordinariamente
il suo piano funzionò. Venne liberata dal
corpo del vampiro che si accasciò a terra, colto da un sonno
profondissimo.
Non
poteva credere di avercela fatta, di aver accumulato
così tanto Potere da stordire e soggiogare un Originale.
Si
alzò a fatica, tenendosi una mano sulla ferita. Non era
un taglio molto profondo ma la continua perdita di sangue
l’avrebbe lentamente
indebolita se non avesse trovato il modo di fermarla.
Uscì
dalla gabbia. Maddox attendeva nell’altra stanza e non
ebbe nemmeno il tempo di realizzare che cosa fosse successo. Bonnie con
le sue
ultime forze lo sbatté contro al muro, facendogli perdere i
sensi. Frugò nelle
sue tasche in cerca del cellulare. Lo estrasse e si diresse fuori dal
capannone. La sua BMW era sparita. Chiamare a casa sarebbe stato
inutile perché
senza nessun riferimento non avrebbe saputo indicare la sua posizione.
Decise
di allontanarsi il più in fretta possibile nella
speranza d’incontrare qualcuno o di raggiungere la
città più vicina.
Non
fece molto strada, camminò al massimo per una
mezz’ora.
Il male aumentava sempre più e Bonnie si sentiva sempre
più fiacca. La pugnalata
doveva essere peggio di quanto le era parsa all’inizio; forse
non si era
accorta dell’effettiva gravità del taglio per via
dell’adrenalina.
Si
guardò disperatamente intorno ma scorse solo campi a
perdita d’occhio e nessun segno di vita.
Accusò
un forte senso di vertigini e, un po’ a fatica,
raggiunse uno dei pochi alberi che costeggiavano la strada e si
lasciò cadere
lungo il tronco. Cominciava ad avvertire un certo formicolio alle gambe
e anche
le dita perdevano piano, piano la sensibilità. La mano sulla
ferita era
fradicia di sangue.
Bonnie
capì di essere spacciata ma non si fece prendere
dallo sconforto. Paragonato a quello che aveva subito fino a quel
momento,
andarsene dolcemente circondata dalla natura era una prospettiva quasi
rosea.
Guardò
il telefono che stringeva ancora e compose il numero.
L’ultima chiamata del condannato a
morte,
pensò amaramente. Non sarebbe stata in pace se prima non lo
avesse sentito per
un’ultima volta.
“Pronto?”.
“Damon?”.
Attimi
di silenzio fino a che, dopo un paio di sospiri
agitati, non si udì “Bonnie?”.
“Ehi”
lo salutò lei, trattenendo lacrime di contentezza e al
contempo di afflizione.
“Bonnie?”
ripeté l’altro scioccato “Bonnie! Stai
bene? Dove
sei?”.
“Va
tutto bene” mentì mordendosi il labbro
“Ho sistemato
tutto”.
“Sistemato
cosa?” chiese allarmato “Non importa. Dimmi dove
sei che ti vengo a prendere”.
“Gli
ho fatto dimenticare tutto. Di me, di voi. Vi lascerà
in pace, non vi cercherà, siete al sicuro”.
“Klaus?
Ti ha trovata? Dimmi dove sei … non m’interessa
altro”.
“Ti
devo dire una cosa, Damon” gli confessò
flebilmente.
Doveva dirglielo o l’avrebbe rimpianto anche nella morte.
“Dopo
mi racconterai tutto quello che vuoi, ma ora devi
dirmi dove sei” insistette lui, cercando di controllare il
tono di voce.
“Non
lo so” disse “Intorno a me non
c’è niente”.
Sentì
delle voci di sottofondo bisbigliare, poi il vampiro
tornò al telefono “Sto venendo a
prenderti” la tranquillizzò.
“No.
N- no” si oppose lei “Non puoi venire qui, non so
quanto l’ipnosi durerà, non so se l’ho
fatta nel modo giusto … io ti ho
chiamato per un altro motivo”.
“Non
mi convincerai così facilmente a desistere,
streghetta”
la prese un po’ in giro “Mi parlerai di persona
appena sarò lì”.
“Devo
farlo ora!” insistette lei “Non mi rimane molto
tempo”.
“Dio
… Sissi” mormorò Damon che infine aveva
capito lo scopo
della telefonata e tutta quell’urgenza “Vi volete
dare una mossa?” ringhiò per
poi tornare ad occuparsi di Bonnie “Che cosa ti ha
fatto?”.
“Damon,
io …”.
“Rimani
con me, scricciolo. Continua a parlare, io sto
arrivando” la incoraggiò.
“Mi
dispiace così tanto” singhiozzò la
strega.
“Sshh”
provò a calmarla “Non agitarti. Andrà
tutto bene;
presto saremo insieme, te lo prometto. Devi resistere solo un altro po′
”.
La
vista le si annebbiò lentamente.
“D-
damon … io …”.
“Ho
capito cosa vuoi dire, Sissi; non ti sforzare a parlare.
Resta solo sveglia, resta con me”.
“T-
t …”.
“Sissi?
… Sissi?”.
Si
piegò per terra.
“Sis-”.
Il
buio.
Una
mano leggera e delicata la accarezzò la guancia.
“Bonnie?”.
La
ragazza uscì lentamente dal sonno, la sua mente riprese i
sensi. Una voce fioca le sussurrava parole dolci. Era famigliare.
Un’aura
lontana le giungeva debolmente a solleticare il suo
Potere.
Ancora
con gli occhi chiusi e l’udito ovattato, provò a
mormorare qualcosa, un nome. L’immagine di un ragazzo dai
capelli neri le
riempì la memoria.
Parlò
un po’ più forte, chiamandolo.
“Bonnie?”.
La
voce era famigliare e sempre più chiara.
“Bonnie?”.
Sembrava
diversa. Non era rassicurante come ricordava. La
rossa sbatté un paio di volte le palpebre.
“Brava,
così” la incitò l’altro
“Dovrei rinchiuderti per
tutta la vita per quello che hai fatto”.
Quella
frase sembrava decisamente da … Bonnie mise a fuoco e
venne rigettata di nuovo nella disperazione.
“Molto
sgarbato da parte tua scambiarmi per il tuo vampiro”
osservò Klaus “E molto sgarbato cercare di
soggiogarmi, ma non sono arrabbiato
con te” le assicurò “Questa tua piccola
fuga mi ha portato un gran regalo. Sono
certo che noi tre ci divertiremo molto insieme. Sono certo che questa
volta
sarai più collaborativa”.
Noi
tre?
Impaurita
e ancora confusa, la ragazza fece scorrere lo
sguardo fino ad individuare un corpo steso a terra nella cella di
fronte alla
sua.
Perse
un battito nel riconoscerlo.
Era Damon.
“I never
thought I'd be speaking these words,
I never thought I'd need to say.
Another day alone is more than I can take.
Won't you save me? Savin's what I need.
I just want to be by your side.
Won't you save me?
I don't wanna be.
Just drifting through this sea of life”
(Save
me- Hanson).
Il
mio spazio:
Ta
da da dan! Musichetta inquietante.
Sono
stata cattiva in questo capitolo, lo so ma prima o poi
andrà meglio.
La
storia si complica ora. Come andrà a finire adesso che
anche Damon è caduto nella trappola di Klaus?
E soprattutto abbiamo lasciato una Bonnie morente e ne
troviamo una in
perfetta salute, cosa sarà successo; si aggiungeranno dei
problemi?
Mancano
dei pezzi che aggiungerò nel prossimo capitolo in
cui spiegheranno meglio che cosa è accaduto a Damon.
Elijah
ha svolto il suo compito; era proprio una comparsa
che mi ha dato modo di raccontare un po’ come sono nati gli
Antichi. Come vedete
è leggermente diverso dalla serie tv, loro non sono
fratelli. Che ne dite poi
del breve viaggio nella mente di Klaus? Ho pensato che potesse chiarire
qualche
punto.
Nel
prossimo capitolo, che arriverà tra paio di settimane,
nel weekend, tutti i nodi verranno al pettine.
Non
so davvero come ringraziarvi per tutto l’incoraggiamento
che mi date … è una gioia per me! Grazie a chi
commenta, segue e legge!!
Alla
prossima!
Fran;)
|
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Capitolo 39 *** Be the last to kiss my lips ***
Ashes &Wine
Capitolo trentanove: Be the last to kiss my
lips.
“Though I'm
walking through the shadows
You are with me
and you comfort me
Lay me down
now, time for sleeping
But before
that, would you miss on me?
Before I pluck your wings, cover me
Please, spread
your wings, cover me and
Promise this if I die before I wake up
Promise this,
take a time to say your grace
On your knees
you pray for me
Promise this, be the
last to kiss my lips”
(Promise this-
cover by Adele).
“Pronto?”.
“Damon?”.
Trattenne
il fiato.
Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
Attimi
di silenzio fino a
che, dopo un paio di sospiri agitati, non si decise a parlare
“Bonnie?”.
“Ehi”
lo salutò lei,
trattenendo lacrime di contentezza e al contempo di afflizione.
“Bonnie?”
ripeté l’altro
scioccato “Bonnie! Stai bene? Dove sei?”.
“Va
tutto bene” mentì
mordendosi il labbro “Ho sistemato tutto”.
“Sistemato
cosa?” chiese
allarmato “Non importa. Dimmi dove sei che ti vengo a
prendere”.
“Gli
ho fatto dimenticare
tutto. Di me, di voi. Vi lascerà in pace, non vi
cercherà, siete al sicuro”.
Damon
strinse il
cellulare tra le mani “Klaus? Ti ha trovata? Dimmi dove sei
… non m’interessa
altro”.
“Ti
devo dire una cosa,
Damon” gli confessò flebilmente.
“Dopo
mi racconterai
tutto quello che vuoi, ma ora devi dirmi dove sei” insistette
lui, cercando di
controllare il tono di voce.
“Non
lo so” disse
“Intorno a me non c’è niente”.
Damon
imprecò. Si girò
verso Sheila e le fece cenno di prendere una mappa per compiere di
nuovo l’incantesimo
di localizzazione. Bonnie si era chiaramente allontanata da Klaus,
forse non
era più protetta dalla copertura magica “Sto
venendo a prenderti” la
tranquillizzò.
“No.
N- no” si oppose lei
“Non puoi venire qui, non so quanto l’ipnosi
durerà, non so se l’ho fatta nel
modo giusto … io ti ho chiamato per un altro
motivo”.
“Non
mi convincerai così
facilmente a desistere, streghetta” la prese un po’
in giro, cercando in tutti
i modi di apparire pacato “Mi parlerai di persona appena
sarò lì”.
“Devo
farlo ora!”
insistette lei “Non mi rimane molto tempo”.
“Dio
… Sissi” mormorò
Damon che infine aveva capito lo scopo della telefonata e tutta
quell’urgenza.
Si passò una mano tra i capelli. “Vi volete dare
una mossa?” ringhiò agli altri
due che stavano ancora temporeggiando sulla mappa; poi tornò
ad occuparsi di
Bonnie “Che cosa ti ha fatto?”.
“Damon,
io …”.
Si
spostò nella stanza
accanto e abbassò leggermente la voce “Rimani con
me, scricciolo. Continua a
parlare, io sto arrivando” la incoraggiò. Damon
stava esercitando un
autocontrollo sorprendente quando avrebbe voluto urlare dalla
frustrazione. La
sentiva così vicina eppure non poteva fare niente.
“Mi
dispiace così tanto”
singhiozzò la strega.
“Sshh”
provò a calmarla
“Non agitarti. Andrà tutto bene; presto saremo
insieme, te lo prometto. Devi
resistere solo un altro po′ ”. Voleva convincere
lei e allo stesso tempo darsi
coraggio.
“D-
damon … io …”.
“Ho
capito cosa vuoi
dire, Sissi; non ti sforzare a parlare. Resta solo sveglia, resta con
me”. Lo
aveva capito eccome, ma non poteva permettere che quelle parole fossero
sprecate in un momento così tragico. Più volte
aveva pensato a quella maledetta
dichiarazione e ogni scenario era ben diverso da quello che stavano
vivendo. Bonnie
meritava di più.
“T-
t …”.
“Sissi?
… Sissi?”.
Panico.
Non rispondeva
più. Perché non la sentiva più?
Perché il respiro si era fatto così rarefatto
da lasciare appena una traccia?
“Sis-”.
La
comunicazione cadde.
No.
No. No. No. No.
Si
precipitò di nuovo
nella stanza. Sheila aveva appena terminato l’incantesimo
individuando la
posizione di Bonnie.
Damon
diede un’occhiata
alla mappa, la memorizzò e prese il paletto. Non poteva
perdere altro tempo.
Bonnie.
Bonnie. Bonnie.
Era tutto ciò cui riusciva a pensare.
“Dove
stai andando?” lo
fermò Sheila.
“A
salvare sua nipote”
risposte frettolosamente. Aprì la porta e si
bloccò. Si voltò indietro e fissò
Sage “Occupati di Stefan” gli chiese
“Tienilo lontano da Klaus finché puoi. Non
deve sapere dove sono andato; non prima di ventiquattro ore”.
“Sono
riuscita a
rintracciare Bonnie, vuol dire che è lontana da Klaus. Ora
è più sicuro! Stefan
deve venire con te, qualcuno deve!” insistette la donna
“Voglio vedere mia
nipote, voglio aiutarti”.
“Non
c’è tempo” rispose Damon.
“Ci pensi tu Sage?”.
Il
vampiro francese aveva
ascoltato la conversazione tra il suo amico e Bonnie; aveva capito che
alla
piccola rossa potevano rimanere solo pochi minuti. Sheila era
un’umana e
avrebbe solamente rallentato la corsa.
Damon
attese un cenno del
capo dell’altro e dopo aver scambiato un’ultima
occhiata d’intesa, sparì oltre
la porta trasformandosi in corvo.
“Dove
diavolo è mio fratello?” proruppe Stefan
stritolando
tra le mani le sacche di sangue che aveva appena rubato
dall’ospedale. Era
stato via meno di mezz’ora, eppure tutto sembrava essersi
capovolto.
“Dov’è
mio fratello?” ripeté con più fermezza.
“Stefan
…” provò Sage.
“E’
andato da solo, vero?” intuì il minore dei
Salvatore. Il
suo tono fremeva di rabbia e amarezza.
“E
voi lo avete lasciato fare?!” sbottò “La
sua parole
d’ordine è IMPULSIVITA’ e voi gli
permettete di lanciarsi nelle mani di
Klaus!”.
“Bonnie
è riuscita a scappare” gli rivelò Sage
“E’ una cosa
sicura, non c’era bisogno che andassi anche tu. Damon voleva
che ne restassi
fuori”.
“Se
è così sicura perché non voleva
immischiarmi?” insinuò
Stefan “Ditemi dov’è andato; faccio
ancora in tempo a raggiungerlo”.
Sage
distolse lo sguardo “Dagli un po’ di
fiducia”.
“Io
lo uccido, altro che fiducia!” esplose
“Perché non
l’avete fermato? Perché non mi avete
aspettato?”.
“Non
c’era tempo” spiegò Sage
“Bonnie ha chiamato Damon.
Dalla voce sembrava ferita, aveva il respiro affannato. Ha detto di
essersi
liberata di Klaus ma era davvero messa male. Tuo fratello ha fatto
l’unica cosa
possibile: è corso da lei”.
“Se
non c’è più pericolo, allora dimmi
dov’è” tentò
un’altra
volta Stefan.
“Te
lo dirò … se non avremo loro notizie entro un
giorno”.
Stefan
non poteva credere alle sue orecchie. Era allibito.
Solo lui vedeva quanto fosse critica la situazione? “Hai idea
di quante cose
potrebbero succedere in un giorno?” gli chiese.
“Sto
solo mantenendo una promessa fatta ad un amico”.
“C’è
la sua vita in ballo” strepitò Stefan “E
quella di
Bonnie. Damon crede di poter fare tutto da solo ma non è
così! Ha bisogno di
qualcuno” si rivolse a Sheila “Come può
essere certa che Klaus sia stato
sconfitto? È di sua nipote che si parla; la prego
… mi dica dove sono” far leva
sul cuore di una nonna; era l’unica carta che gli rimaneva.
Sheila
titubò, vacillò. Sembrò sul punto di
cedere ma si
ricompose. Anche se avesse provato a rivelare tutto, Sage avrebbe
trovato il
modo di zittirla. Era molto più determinato e più
forte di lei.
“Bene”
Stefan strinse le labbra “Risolverò questa
faccenda
da solo”.
Non
si sarebbe mai aspettato di trovarsi a quel punto: la
possibilità di non rivedere più suo fratello gli
aveva messo una strana
inquietudine addosso.
Non
erano mai andati d’accordo, nemmeno da umani. Uccidersi
a vicenda non era qualcosa che si poteva perdonare facilmente.
Si
supponeva che due fratelli dovessero volersi bene e non
seppellirsi con le proprie mani. Stefan aveva faticato molto a superare
il
senso di colpa che dopo mezzo millennio non era ancora stato debellato.
Il
peso di quell’atto lo aveva tormentato per secoli e
secoli, fin dal momento successivo all’assassinio di suo
fratello. Aveva
provato ad odiarlo, se n’era pure convinto.
Damon
lo aveva obbligato a trasformarsi in vampiro, lo aveva
accusato di avergli rubato Katherine, di averlo ucciso, di avergli
tolto tutto.
Ma anche Damon aveva fatto tutte quelle cose e altre peggiori.
Stefan
non voleva comportarsi come il solo santo ma credeva
fermamente di essere, tra i due, quello che aveva subito; fin da
piccolo quando
non poteva neanche capire il motivo di quell’astio. Aveva
provato in tutti i
modi a conquistarsi il suo favore, ma la sua sopportazione aveva
raggiunto il
limite.
Damon
lo aveva ingannato affinché bevesse del sangue umano,
aveva sperato che il suo piccolo fratellino diventasse un mostro, che
venisse
schiacciato dal rimorso e che si perdesse nell’oblio. Stefan
ricordava il
compiacimento e la cattiveria nei suoi occhi. E quel momento aveva per
sempre
segnato il loro rapporto.
Poi
era arrivata Elena. Si erano di nuovo innamorati della
stessa ragazza, costretti dalle circostanze a stare a stretto contatto
per il
bene di lei.
Non
era stata Elena a tenerli uniti, però. Per quanto
l’amasse, Stefan doveva ammettere che li aveva divisi almeno
quanto Katherine.
Il
merito era tutto di Bonnie. Senza di lei non sarebbero
sopravvissuti alla convivenza, senza di lei non avrebbero mai
riscoperto un
certo interesse verso
l’altro.
Il
perdono era ancora parecchio lontano, forse non sarebbe
mai giunto. Troppo rancore da superare, troppa delusione, troppi
sospetti ma grazie
a Bonnie avevano incominciato a considerarsi nuovamente parte di una
famiglia
da difendere.
Stefan
non si poteva permettere di perdere Damon un’altra
volta né di lasciarlo solo ad affrontare un rischio
così grosso.
Forse
non sarebbe riuscito a salvarlo, forse era tardi anche
per Bonnie ma ci doveva provare. Perché era un idealista,
perché riteneva
davvero che la speranza fosse l’ultimo appiglio cui
aggrapparsi.
E
sebbene Damon lo avesse sempre criticato, per una volta
avrebbe dovuto ringraziare quelle idee irreali del suo tanto odiato
fratello.
Bonnie
ebbe seri problemi a registrare le parole di Klaus
dal momento in cui i suoi occhi si posarono sulla figura di Damon a
terra.
Improvvisamente
si sentì inutile, fu come se tutte le sue
azioni avessero perso senso.
Per
un solo motivo si era offerta a Klaus: tenere al sicuro
i suoi cari. Ed ora la persona più importante della sua vita
giaceva inerme
alla mercé di quel pazzo.
Appoggiò
stancamente il capo contro una sbarra di metallo e
chiuse gli occhi. Non ci sarebbe stata più nessuna via
d’uscita. Erano
spacciati, finiti.
Il
suo piano si era rivelato un totale fallimento.
Per
tutta la vita, le persone che le stavano più a cuore si
erano sacrificate per il suo bene, senza che lei avesse la
possibilità d’impedirlo.
A
che serviva avere Poteri straordinari se alla fine non era
nemmeno capace di proteggere i suoi amici?
“Non
disperarti così tanto” la stuzzicò
Klaus “Dovresti
essere contenta: finalmente potrai morire in pace”.
Bonnie
riaprì gli occhi. Non aveva la forza di ribattere,
né
d’implorarlo. Non l’avrebbe ascoltata, anzi
l’avrebbe derisa.
“Ti
rendi conto che tutto questo è colpa tua, vero?”
considerò Klaus “Sono stato molto indulgente a
prendermela solo con te, a tortura te, a minacciare la tua
vita. Non mi hai dato retta e questo è il risultato. Se
avessi ceduto subito,
Damon ti avrebbe trovata morta e non sarebbe stato coinvolto; ma tu sei
testarda. Che peccato che non ti abbia lasciata andare, così
ha firmato la sua
condanna a morte” valutò gettando una breve
occhiata al vampiro steso nella
gabbia “Ammetto che per me è stato come un dono
dal cielo: non ho dovuto
neppure farmi tutta la strada fino a Fell’s Church per
prendere qualcuno che ti
persuadesse a seguire il mio
volere”.
“Era
questo il tuo piano fin dall’inizio?” chiese Bonnie
“Ricattarmi un’altra volta?”.
“Se
non ricordo male, ti ho dato diverse opportunità di
acconsentire di tua spontanea volontà. Prima con le buone,
poi con le cattive.
Ti ho pure minacciato di trasformarti in un vampiro ma tu sei stata
irremovibile. Beh, certo … vampirizzarti mi avrebbe negato
per sempre la
possibilità di assorbire i tuoi Poteri, questo ha giocato a
tuo favore, ma
guarda cos’hai ottenuto”.
“Ora
sei in una botte di ferro, Klaus” disse Bonnie “Hai
appena preso l’unica persona che ti assicurerà
d’impadronirti di questi dannati
Poteri”. Voleva mettere bene in chiaro che qualunque cosa le
avesse chiesto,
lei avrebbe obbedito, tutto purché Damon si salvasse.
Il
bene comune non era più rilevante come qualche giorno
prima. Il mondo si sarebbe trovato tra le mani un mostro invincibile ma
era il
prezzo da pagare per tenere al sicuro Damon. Poteva tollerare un peso
simile per lui.
“Non
penserai di cavartela così facilmente?”
ghignò Klaus
“Mi avevano detto che eri ingenua ma non immaginavo
così tanto! Mi hai
stregato, mi hai soggiogato e sei scappata; non credi di meritare una
punizione?”.
La
strega si allontanò istintivamente dalle sbarre. Non
voleva essere torturata di nuovo; aveva sopportato troppo dolore e
l’idea di
riprovarlo era terrificante.
“Sei
svenuta morente contro un albero, Bonnie” le fece
notare “Le ferite non si rimarginano magicamente, nemmeno le
tue”.
La
ragazza allargò gli occhi e tremò, sperando con
tutto il
cuore che i suoi sospetti fossero infondati ma tutto puntava in quella
direzione.
“Grazie
a Dio, mi è bastato darti un po’ di sangue di
vampiro, il mio”
sibilò confermando
le sue paure “Ti avevo avvertito, cara, di non metterti
contro di me. Mi hai
ingannato, sei fuggita, hai provato a farmi dimenticare tutto quello
che per
cui ho lottato in questi secoli. Non posso accontentarmi solamente di
privarti
dei tuoi Poteri, tartassare un po’ il tuo amichetto e
lasciarti morire. Sarebbe
troppo gentile da parte mia” strisciò fino alla
cella e si beò nel fiutare il
terrore intorno alla rossa “La mia minaccia è
ancora valida: appena avrò
compiuto il rituale, ti trasformerò in vampiro, ti
farò nutrire dei tuoi amici
e devastare la tua città. Quando avrò finito con
te, sarai solo la pallida
ombra della ragazza che sei adesso. Non ti ricorderai nemmeno
più di cosa sia
l’umanità. Compassione e bontà saranno
tue nemiche e tu diventerai un animale
mosso dall’istinto”.
Una
lacrima silenziosa scese lungo la guancia della giovane
e cadde a terra.
“Non
piangere, dolce strega” la consolò con finto
interesse
Klaus “Questo è quello che succede quando decidi
di usare la tua magia contro
un Antico senza sapere se l’hai fatto nel modo giusto o no.
Direi che è tardi
per pentirsi”.
“E
lui sarà libero?” mormorò Bonnie
indicando con il capo Damon;
non era disposta a trattare quella condizione.
“Adesso
vuoi negoziare?” Klaus alzò un sopracciglio
sinceramente divertito da quel patetico tentativo di imporsi
“Suppongo di
doverti pur concedere qualcosa” sospirò
“Se farai la brava, hai la mia parola che
Damon Salvatore sarà l’unico che
rimarrà lontano dalla mia furia, e della tua”
aggiunse.
Bonnie
annuì, acconsentendo a quel folle patto.
“Il
rito si svolgerà domani mattina” la
informò l’altro
“Fino ad allora credo che ti lascerò sola con il
tuo vampiro. Immagino che
abbiate molto di cui parlare”
s’incamminò verso l’uscita
“Non essere troppo
dura con lui; dopotutto voleva salvarti, non condannarti a
morte” dopodiché
uscì sbattendo la porta.
Bonnie
si ritrovò di nuovo sola; un nuovo fardello ad
opprimerla. Una risata le sorse spontanea, isterica e senza gioia.
La
situazione era paradossale: era stata strappata dalla sua
città, intimidita, torturata, umiliata e qualcuno poteva
veramente pensare che
si meritasse una punizione? La morte non era forse abbastanza?
Klaus
le aveva tolto già tutto, perché non poteva
semplicemente lasciarla andare ad un riposo eterno senza tormentarla?
La
rossa non comprendeva da dove potesse nascere una
crudeltà tale. Era puro divertimento, noia, piacere per la
sofferenza gratuita.
E presto quello sarebbe stato il suo stesso destino:
un’esistenza senza
emozioni, vuota e perduta.
Con
la coda dell’occhio percepì un leggero movimento
del
corpo di Damon: si stava finalmente svegliando.
Il
vampiro alzò la testa un po’ a fatica. Ci mise
qualche
secondo per schiarirsi le idee ma non appena incrociò lo
sguardo stremato della
ragazza, collegò subito gli eventi. La grande stanza era
immersa nella penombra
ma la sua super vista gli permise di studiarla in ogni minimo
particolare:
appariva più fragile, spaventata e scossa.
Ciò
che avrebbe dovuto intenerirlo, lo fece infuriare più di
quanto non lo fosse già. Accantonò in un attimo
la contentezza di averla infine
ritrovata e la rimproverò con freddezza “Sta volta
sei davvero nei guai,
ragazzina”.
Bonnie
abbassò il capo, sorridendo tristemente “Me
n’ero
accorta”.
“Non
sto parlando di Klaus, ma di me” si corresse. Si
alzò
con uno scatto, intenzionato a rompere le sbarre per raggiungerla ma
dovette
ritrarsi: erano state bagnate con dell’acqua alla verbena e
bruciavano come il
fuoco. Trattenne un ringhio.
“Hai
idea del panico che hai scatenato a casa? Stefan è
più
depresso del solito, le tue amiche stanno impazzendo; ci è
mancato tanto così
che Caroline non andasse alla C.I.A. a soggiogare qualche agente
perché ti
trovasse! E tua nonna è furibonda, con me, con te! Non te la
farà passare
liscia questa volta”.
“Nonna?”
ripeté Bonnie incredula “La nonna è a
Fell’s
Church?”.
“Dovevamo
trovarti in qualche modo! Chi altro potevo
chiamare?” spiegò Damon “Mi hai
ingannato, mi hai ipnotizzato e sei scappata
nel cuore della notte! Puoi immaginare come mi sia sentito quando
l’ho
scoperto?”.
“Non
è che sia stato divertente” si difese lei
“Non avevo
altra scelta: dovevo proteggervi. E il mio piano sarebbe andato a
gonfie vele
se tu non fossi così testardo. Perché
sei
venuto?”.
Damon
indurì la mascella “Secondo te? Quale
sarà mai il
motivo che mi ha portato qui?” suppose con fare ironico
“Abituati a stare
rinchiusa in una cella, perché è la fine che
farai quando questa storia sarà
finita. Il seminterrato sarà la tua nuova camera per almeno
dieci anni e mi
assicurerò di buttare via la chiave”.
Bonnie
sbuffò “Non dire sciocchezze, non puoi mettermi in
castigo!”.
“Sì
che posso: legalmente sono il tuo tutore” replicò
l’altro.
“Tu
… non sei il mio tutore, t- tu non sei più il mio
tutore” obiettò la rossa. Forse
all’inizio poteva avere anche un senso, ma quel
punto Damon non era più solamente qualcuno che doveva
occuparsi di lei, non
poteva più comandarla a bacchetta.
“Non
m’importa se siamo amanti, fidanzati, amici o che
altro” ribatté “Hai fatto una
grandissima cazzata e non ti permetterò di
sfuggire al mio controllo tanto presto. Fattene una ragione”.
Bonnie
era incredula. Stavano litigando e discutendo del
loto futuro come se ci fosse effettivamente qualche
possibilità di viverlo.
L’imminente
rito, Klaus e la sua condanna erano stati
dimenticati all’improvviso. Niente lacrime o frasi
romantiche; sembrava di
assistere ad un gara su chi fosse più testardo o
più arrabbiato. su chi
cercasse più tenacemente di tenere l’altro al
sicuro. Per un brevissimo
momento, Bonnie respirò aria di normalità.
“E
ti avviso: prova una sola volta a disubbidirmi e ti
caccerò il mio sangue giù per la gola! I tuoi
Poteri ti hanno portato solo
guai; forse trasformarti in vampiro sarebbe la soluzione
perfetta” ragionò lui.
Sebbene
Damon non lo intendesse sul serio e quella fosse
solo una triste battuta, Bonnie non poté che fulminarlo con
un’occhiata. Aveva
toccato un tasto scoperto, non era andato molto lontano dalla
verità, ma la
giovane non se la sentì di rivelarle i progetti di Klaus,
non ancora. Aveva
tutta la notte davanti, prima o poi avrebbe avuto il coraggio di
confessarglielo.
“Non
sopporto quando mi tratti come una bambina” si
lamentò.
“Perché
tu sei una bambina! Una bambina immatura e
irresponsabile”.
“Ho
fatto quello che ritenevo giusto; non puoi incolparmi
per questo. Avresti dovuto dimenticarti di me, a quest’ora
saresti sicuro”
mormorò.
“Se
davvero hai pensato, anche solo per un secondo, che ti
avrei lasciata nelle mani di questo pazzo, allora mi stai deludendo
più di
quanto immaginavo”.
“Non
sapevo come salvarvi. Non c’era altra soluzione”.
“Avresti
potuto fidarti di me” disse Damon “Se solo avessi
aspettato qualche …” e strinse i pugni lungo i
fianchi “Ti bastava fidarti di
me per qualche ora! Alaric aveva trovato il modo per aumentare i tuoi
Poteri e
Sage si è presentato alla mia porta con l’unica
arma in grado di uccidere un
Originale. C’erano altre soluzioni, Sissi, ma tu hai
preferito agire alle mie
spalle” constatò con sconforto.
Bonnie
si nascose il viso tra le mani, rendendosi conto in
quell’istante di quanto fosse stata stupida e impulsiva.
Si
era scavata con le sue mani la fossa. Aveva permesso a
Klaus di manipolarla e intimorirla; aveva dubitato delle persone che
fino a
quel momento l’avevano in un modo o nell’altro
protetta.
“Sissi”
la chiamò il vampiro, pentendosi di essere stato
così duro. Avrebbe dovuto mordersi la lingua prima di
aggredirla. Quello non
era il luogo né il tempo adatto, ma era stato più
forte di lui.
“Non
parlare, ti prego … non parlare” ansimò
Bonnie.
Rimasero
per molto tempo in silenzio, rannicchiati nelle
loro gabbie.
Caroline
guardò fuori dalla finestra, sconsolata.
Erano
trascorsi quasi quattro giorni dalla scomparsa di
Bonnie; non molti, ma parevano un’infinità.
Anche
qualche ora poteva essere una tortura se vissuta
nell’incertezza.
Era
un detto comune che solo nel momento in cui si perdeva
una persona, ci si accorgeva di quanto valesse.
Caroline
aveva sempre saputo che Bonnie era speciale, fin da
quando Damon l’aveva arruolata per distrarre la rossa e
carpirle informazioni.
Lei non era mai stata una ragazza dai molti scrupoli o dalla riserve
morali; se
una cosa era a fin di bene perché non farla?
Avvicinarsi
a Bonnie solo per interesse le era parso subito
sbagliato; aveva provato a opporsi alla richiesta dell’altro
vampiro ma non
aveva avuto altra scelta. Si era autoconvinta che fosse davvero una
questione
necessaria, che non avrebbe fatto del male a nessuno in fondo. Invece
il suo
senso si colpa si era risvegliato arzillo come non mai, non appena i
suoi occhi
avevano incrociato quelli di Bonnie. Quei maledetti, grandi occhi da
cucciolo.
Adesso
si vergognava al ricordo di ciò che le avevano fatto
passare lei e i suoi amici solo per proteggere tutti i loro segreti.
Non
si stupiva se per un certo periodo Bonnie si era sentita
usata e insignificante; non le avevano dato motivo per pensarla
diversamente.
Avevano
recuperato in tempo, aveva sistemato le cose, si erano
riguadagnati la sua fiducia e la sua amicizia ma Caroline avrebbe
voluto più
tempo per dimostrarle quanto fosse importante per tutti, per il gruppo.
Bonnie
era una di loro e lo sarebbe sempre stata. Era una sorella e bisognava
proteggere le proprie sorelle. Damon non era l’unico ad aver
fallito su quel
punto.
Caroline
provava un odio atroce verso Klaus. Il vampiro li
aveva ingannati, raggirati, aveva tormentato e rapito Bonnie; aveva
tolto la
speranza a tutti loro, costringendoli a sentirsi inutili e piccoli, incapaci.
Lo
odiava perché in quel momento una sua amica era sola,
lontana da casa, destinata a chissà quali
crudeltà e obblighi. Quella stessa
amica che aveva offerto la propria vita per salvare la loro.
Una
ragazza di diciott’anni non avrebbe dovuto avere quella
prospettiva davanti.
La
sua assenza era intollerabile; aveva lasciato dietro di
sé un vuoto avvilente. Caroline trovava difficile pensare in
positivo, il suo
umore di solito era nero, aveva improvvisi attacchi di malinconia,
perfino
sorridere le risultava pesante.
Era
così snervante non avere alcun tipo di notizia. Come
poteva farsi un’idea di come aiutare Bonnie quando aveva
addirittura dei
problemi a trovarla.
Sheila
non era stata in grado di risolvere niente, Damon era
in stato depressivo, Alaric scartabellava tra le sue carte senza
venirne a
capo.
Erano
fermi ad un vicolo cieco e non potevano permettersi di
sprecare altro tempo. Ma quando si brancolava nel buio,
l’unica via possibile
era proprio aspettare. Cosa poi? Un miracolo?
Caroline
liberò uno sbuffo frustrato. A che cosa servivano
tutti quei sensi sovrasviluppati se non riuscivano nemmeno a trovare
una
traccia?
Per
una maniaca del controllo come lei, con tutte le
emozioni amplificate, starsene ferma a fare niente era una tortura. La
preoccupazione
per Bonnie era a mille, sentiva la sua mancanza il doppio rispetto agli
altri e
aveva una tremenda voglia di spaccare tutte le ossa di Klaus con le sue
mani.
Sarebbe
esplosa.
“Care,
ti esce il sangue”.
“Cosa?”
sobbalzò la vampira, voltandosi verso Matt che la
guardava allarmato, seduto sul divano.
“Smettila
di mordicchiarti le dita: ti sta uscendo il
sangue”.
Lei
si portò la mano davanti agli occhi ed esaminò le
dita.
Se le sfregò contro il palmo per pulirsi.
“Puoi
sederti un attimo, per favore?” la implorò Matt
“Ti
scoppierà la testa se vai avanti così”.
“Non
posso farne a meno” piagnucolò stendendosi accanto
a
lui “Bonnie è là fuori da qualche parte
con
Klaus e noi siamo qui a piangerci addosso”.
“Non
piace neanche a me” confessò Matt
“Vorrei fare qualcosa
ma …”.
“
… non sai cosa” concluse lei “Siamo
inutili”.
“Vorrei
davvero che Bonnie fosse qui con noi” disse il
ragazzo “Ti ricordi quando abbiamo aiutato Tyler con la
trasformazione e ci è
sfuggito? Ricordi come si è buttata in mezzo per
salvarci?”.
“Piccola
scavezzacollo” commentò Caroline
“Dovevano capire
fin d’allora che avrebbe fatto di tutto pur di
proteggerci”.
“E’
stata piuttosto coraggiosa” osservò lui.
“E’
stata stupida e avventata e … uh! Se avesse aspettato
almeno qualche ora!” s’infervorò
“Mattie! Rivoglio la mi amica” posò il
capo
sulla sua spalla e tirò sul con il naso
“E’ l’estate del diploma; doveva essere
la migliore della nostra vita!”.
“Damon
troverà una soluzione” confidò Matt.
“Ne
sei certo?”.
“Sì”
affermò il giovane “Perché è
quello che farei io per
te”.
Caroline
sorrise “Sai, è stata la prima a capire che tra
noi
c’era qualcosa. Credeva che fossimo fidanzati” gli
rivelò.
“L’ho
sempre detto che era una ragazza intelligente”
constatò Matt “D’altra parte
è una strega, no? Avrà usato una della sue
capacità speciali”.
“L’intuito”
rispose Caroline.
La
discussione venne troncata sul nascere dal cellullare
della vampira. Il nome di Stefan lampeggiava sul display.
Caroline
e Matt si scambiarono un’occhiata. Che fosse infine
giunta una buona notizia?
Bonnie
si girò per l’ennesima volta verso Damon.
Per
giorni non aveva fatto altro che sognarlo e ora che lo
aveva lì davanti, aveva solo voglia di strozzarlo.
Ma
cosa gli era saltato in mente di andare a cercarla?
Perché mettere in pericolo la propria vita per lei?
Tu
hai fatto lo stesso. Le
ricordò la sua coscienza.
La
rossa s’imbronciò. Era scappata con uno scopo:
salvare i
suoi cari. Le sembrava che la cattura di Damon avesse vanificato ogni
sforzo.
Per
quanto fosse arrabbiata, desiderava solamente uscire da
quella maledetta gabbia e correre da lui, verificare che fosse reale e
che
stesse bene, e per farsi confortare dal suo abbraccio sicuro.
Considerando
il malumore del vampiro, forse l’avrebbe presa
a schiaffi ma sarebbe valso un tentativo. Dopotutto condividevano lo
stesso
stato d’animo inquieto; insieme, magari, sarebbero riusciti a
calmarsi.
Riacquistare
un po’ di lucidità non sarebbe stato male, in
fin dei conti; si trovavano in una situazione molto critica e la loro
priorità
era certamente uscirne vivi. Avrebbero avuto tempo per colpevolizzarsi
a
vicenda; o magari presto se ne sarebbero pure dimenticati,
perché ciò contava
sul serio era il motivo per cui avevano agito così. Non si
poteva condannare
qualcosa fatto per il bene dell’altro.
Bonnie
guardò di nuovo Damon seduto contro il muro, con gli
occhi fissi sui piedi, immusonito almeno quanto lei.
Da
una parte era offeso e costernato dalla testardaggine
della strega, sempre pronta a ritenere le proprie ragioni
inattaccabili; dall’altra
si pentiva di averla rimproverata così duramente. Non era
stata una gran mossa
raccontarle delle scoperte di Alaric e Sage in quel momento;
l’aveva soltanto
mortificata e demoralizzata, quando sarebbe stato meglio incoraggiarla
a non
mollare.
Ma
Bonnie quasi se n’era scordata; pensava e ripensava alle
parola di Damon mentre una piccola speranza si faceva strada nel suo
cuore.
“Hai
parlato di un’arma capace di uccidere un Antico”
asserì
infine.
Il
vampiro annuì senza voltarsi “E’ un
paletto speciale, di
frassino bianco”.
“E
dov’è adesso?”.
Damon
attese qualche secondo prima di rispondere “Ce l’ha
Klaus. Suppongo che l’abbia già
distrutto”.
Da
tutti i racconti che
aveva sentito su Klaus, si aspettava un tipaccio dall’aria
crudele e
autoritaria. Quello di fronte a lui sembrava un ragazzino qualunque. Se
non
fosse stato per la potentissima aura che non si era preoccupato di
nascondere,
Damon non l’avrebbe mai riconosciuto.
Riparato
dal un cespuglio
non molto alto, ma abbastanza folto da coprirlo del tutto, Damon lo
studiò: era
in ginocchio, gli dava le spalle; sembrava piegato su qualcosa.
“Devi
sempre rendermela
così difficile, vero dolce strega?”
sussurrò per poi spostarsi leggermente
rivelando il piccolo corpo di Bonnie, svenuta contro il tronco.
Damon
strinse il paletto
fra le mani ed elaborò in fretta un piano. Non poteva
attaccarlo direttamente:
Klaus era un Originale, lo avrebbe sentito subito e fermato, senza
concedergli
una seconda chance.
Non
poteva nemmeno
sprecare un’occasione del genere, però.
Inspiegabilmente l’Antico non sembrava
essersi accorto di lui; l’effetto a sorpresa era tutto.
Decise
di stordirlo con
il suo Potere e finirlo una volta per tutte piantandogli
l’arma nel cuore.
Raccolse tutte le sue energie, si focalizzò su Klaus e lo
colpì pesantemente
con un’ondata dei suoi Poteri.
L’altro
vampiro, colo
alla sprovvista, venne sbalzato a terra e si accasciò privo
di sensi, immobile
e inerme.
Gli
occhi di Damon
saettarono sulla rossa: era messa molto male, ma poteva resistere
ancora
qualche secondo.
La
sua priorità era
sbarazzarsi definitivamente di Klaus; solo in quel modo avrebbe potuto
salvare
per davvero Bonnie.
Gli
lanciò su di lui, con
il paletto puntato verso la sua schiena all’altezza del
cuore. Arrivò a
sfiorargli la maglia e poi la corsa della sua mano venne bruscamente
fermata.
Klaus all’ultimo si girò, artigliandogli le dita
attorno al polso, e lo sbatté
a terra con un semplice movimento del braccio.
Le
posizioni
s’invertirono: ora era Damon quello bloccato.
“Finalmente
ho il piacere
di vederti di persona, Salvatore” ghignò Klaus.
“Non
condivido la tua
gioia, scusami” gli rispose e con il piedi gli
tirò un calcio in mezzo alle
gambe. Vampiro o meno, quella restava una zona delicata.
Klaus
grugnì, mordendosi
la lingua per impedire ai lamenti di uscire. Damon ne
approfittò per scrollarselo
di dosso. Si rimise in piedi in posizione d’attacco.
Klaus
si riprese in
fretta e si gettò contro di lui, veloce e letale come un
felino all’attacco. Le
sue mani si chiusero intorno all’aria e rimase attonito a
guardare un corvo
volare via con il paletto tra gli artigli.
Si
girò freneticamente in
cerca del volatile ma non riuscì a scorgerlo
finché non udì un frullio di ali
alle sue spalle.
Damon
gli piombò addosso,
premendolo sul terreno. Klaus riuscì ad opporsi e
rotolò su un fianco ed è lì
che l’altro lo trafisse. Aveva mirato al cuore ma il
repentino movimento lo
aveva costretto a piantare il paletto tra una costola e
l’altra.
Klaus
annaspò. Malgrado
il dolore lancinante, sembrava avere ancora abbastanza energia per
impedire a
Damon di sferrare il colpo finale. Si liberò del suo peso e
scappò lontano in
cerca di un luogo sicuro dove togliersi il paletto e riprendersi.
Damon
era pronto ad
inseguirlo ma un leggerissimo sospiro catturò la sua
attenzione. In un istante
fu davanti alla piccola rossa. La contentezza di rivederla venne presto
sostituita dall’ansia per le sue condizioni.
Era
parecchio dimagrita,
la sua pelle era più bianca del solito e fredda. Il respiro
sempre più pesante
e il battito cardiaco più debole. Aveva perso molto sangue.
Damon
si morse il polso,
squarciando la sua carne e lo avvicinò alla bocca della
ragazza, mentre l’altra
mano scivolò dietro al suo collo per aiutarla a deglutire.
Era
a soli pochi
centimetri dalla sue labbra quando venne spinto violentemente di lato.
Il corpo
della strega perse il suo precario equilibrio e cadde mollemente.
Damon
si dimenò con
impeto nel vano tentativo di raggiungerla ma Klaus pareva aver
recuperato tutte
le forze e lo teneva saldamente a terra.
“Festa
finita, Salvatore”
esultò Klaus mentre gli passava le mani attorno al collo.
“Fottiti”
sputò Damon con
disgusto. L’ultima cosa che vide fu la figura esamine di
Bonnie, prima di
sentire un forte crack. E poi il buio.
Sul
finire del racconto, Damon inorridì, dandosi da solo
dello stupido. Come aveva fatto a trascurare un dettaglio
così rilevante? Come
aveva potuto dimenticarsene?
Aveva
lasciato una Bonnie morente e ora se ne trovava una in
perfetta salute, abbastanza in forze da sfidarlo con la sua solita,
irritante
caparbietà.
“Sissi”
la chiamò con tono esitante “Eri ferita. Quando mi
hai chiamato eri ferita, io ti ho vista, ho provato ad
aiutarti” disse. Sapeva
quale sarebbe stata la domanda successiva, ma aveva paura di porla, di
ricevere
una conferma dei suoi sospetti “Come hai fatto a guarire
così in fretta?”.
La
giovane si mordicchiò il labbro inferiore. Non voleva
ripetere il piano che Klaus aveva in serbo per lei, non voleva pensarci.
Chiuse
gli occhi e scosse la testa, invitando silenziosamente
Damon a non insistere. Il vampiro non demorse; capiva quanto fosse
doloroso per
Bonnie rivivere quei momenti, ma aveva bisogno di sentirlo dire da lei.
“Sissi”
insistette.
I
grandi occhi castani della strega si scontrarono con le
iridi scure del vampiro; attimi di pace aleggiarono nell’aria
fino alla penosa
rivelazione.
“Mi
ha dato il suo sangue”.
Damon
pestò un pugno contro il muro, poi si accanì
contro le
sbarre della sua gabbia. Erano ancora bagnate di verbene, le mani gli
bruciavano ma lui ignorò il male. Desiderava solo spezzare
le aste di ferro e
andare a riprendersela.
Bonnie
non ebbe il coraggio di intromettersi. Sapeva che il
vampiro non si sarebbe fermato nonostante le sue preghiere. Avrebbe
continuato
a prendere a calci e a pugni quella dannata cella, finché le
suole della sue
scarpe non si fossero consumate e le sue dita spellate.
Picchiò
violentemente l’ultima botta contro il ferro e si
appoggiò al muro sconfitto. Non c’era verso di
uscire.
Alzò
gli occhi sulla rossa che lo osservava dispiaciuta
dalla sua cella.
Damon
riordinò in fretta le idee: il rito si sarebbe svolto
in poco tempo, Bonnie sarebbe morta con il sangue di Klaus nelle vene,
diventando un vampiro.
Non
era il futuro che aveva sperato per lei, almeno non
così. Più volte aveva pensato alla
possibilità di trasformarla, soprattutto da
quando aveva scoperto di provare certi sentimenti nei suoi confronti,
ma
l’eventualità era così in là
nel tempo che non si era preso nemmeno la briga di
considerarla veramente.
Ora
era tutto sbagliato.
“Andrà
bene” si sorprese perfino di udire la sua voce, ma
immaginò di doverla rassicurare in qualche modo
“Non sarai sola, okay? Ti
aiuterò io, t’insegnerò io”.
“Non
capisci”.
“Lo
so che non è quello che vuoi, lo so”
proseguì Damon “Non
avrei mai …”.
“No”
lo interruppe “Lui
non me lo permetterà. M’impedirà di
stare con te; mi odia, mi vuole rovinare”
riferì “Lo sta facendo per punirmi,
perché sono scappata, perché l’ho
sfidato.
Ha detto che mi trasformerà in un mostro senza emozioni,
senza rimorsi …”.
“Non
può toglierti ciò che sei”
replicò Damon “Non può
obbligarti a spegnere i tuoi sentimenti”.
“Sì
che può” ribadì Bonnie “Mi
costringerà a nutrirmi di
Elena, Meredith e tutti gli altri; sarò il flagello di
Fell’s Church. Il senso
di colpa sarà talmente grande che cancellerò la
mia umanità senza nemmeno
accorgermene”.
“Non
accadrà niente del genere; tu non lo faresti mai”.
“Sei
un suo
prigioniero, Damon” gli fece notare “Direi che
Klaus possiede l’arma per farmi
fare tutto ciò che vuole”.
“Direi
che Klaus dovrà passare sul mio cadavere prima che
succeda una cosa del genere” affermò con decisione.
“Mi
devi promettere una cosa” gli chiese Bonnie ignorando le
sue ultime parole “Mi dovrai fermare, Damon, prima che io
diventi un serio
pericolo. Mi dovrai fermare in qualunque
modo”.
Il
vampiro alzò un sopracciglio, sbalordito da quella
richiesta “Dimmi che non mi stai chiedendo quello che credo
… per favore”.
Dimmi
che non mi stai
chiedendo di ucciderti.
“Non
sarò più io”.
“Sarai
sempre tu”
ribatté l’altro “Anche se le tue
emozioni verranno sepolte da strati di pietra,
anche se diventerai l’essere più crudele su questo
mondo, in una piccola parte
del tuo cuore sarai sempre tu. E se sarà necessario, ti
perseguiterò per il
resto della mia esistenza fino a che non ti tirerò fuori da
quella roccia”.
Bonnie
tremò sotto l’effetto di quelle parole, ma non
vacillò. Klaus l’aveva gettata in uno stato di
angoscia tale che niente e
nessuno avrebbe potuto calmarla.
“Non
ho diritto a chiederti quest’ultima cosa?”.
“No”
le negò lui “Lo hai perso nel momento in cui hai
infranto l’unica promessa che tu abbia mai fatto. Ma se sei
proprio così avida
di promesse, te ne posso concedere solo una: ti prometto che Klaus non
vincerà.
Ti riporterò a casa, Sissi, sana e salva e al
sicuro”.
E
per un attimo Bonnie ci volle credere.
“Come
sarebbe a dire che Sage si rifiuta di parlare?”
tuonò
Meredith dopo aver appreso le novità.
“Damon
vuole fare da solo” spiegò Stefan.
“E
Bonnie?” chiese Elena “Perché
è andato da solo se sa che
anche lei è in pericolo?”.
“Sembra
che sia riuscita a scappare da Klaus; è così che
Sheila ha potuto ritracciarla. Damon non credeva di aver bisogno di
aiuto”.
“E’
evidente che sia successo qualcosa” considerò
Meredith
“A quest’ora dovrebbero già essere a
casa”.
“Un
giorno” chiarì Stefan “Damon ha chiesto
a Sage un giorno
di tempo prima di rivelarci tutto”.
“Non
è molto” constatò Elena.
“Ecco
perché credo che Klaus non abbia portato Bonnie molto
lontano da qui. Mio fratello sarà anche impulsivo ma non
è uno sprovveduto, ha
fatto bene i suoi calcoli. Contando andata e ritorno e vari imprevisti,
prevedeva di essere indietro in poche ore”.
“Forse
ci stiamo allarmando troppo” suppose Alaric che fino
a quel momento era rimasto in silenzio ad ascoltare “Diamogli
un po’ di
credito”.
“Ho
provato a chiamarlo decine di volte e non risponde”
replicò Stefan “Per quanto ne sappiamo Klaus
potrebbe averli già catturati se
non peggio. Non me ne starò con le mani in mano mentre la
mia famiglia viene
massacrata”.
“Dicci
cosa dobbiamo fare” lo incoraggiò Elena.
Normalmente
non si sarebbe preoccupata: Damon era molto potente e deciso, tra tutti
era
quello con più capacità di riuscita, ma Stefan
aveva ragione. Klaus non era un
nemico qualunque; non potevano permettersi di lasciare niente al caso.
“Puoi
recuperare una mappa della Virginia, Ric?”.
L’uomo
annuì e accese il computer.
“Pensi
siano ancora in questo stato?” si stupì Meredith.
“Klaus
non ha bisogno di andare lontano per nascondersi. Ha
uno stregone dalla sua parte che ha lanciato un incantesimo di
copertura; è per
questo che Sheila non è riuscita a localizzarli
finché Bonnie non è scappata”.
“Cosa
devo cercare?” s’informò Alaric
“Qualcosa di
specifico?”.
“Prova
delle zone industriali o aree isolate. Klaus non
vuole attirare l’attenzione; avrà cercato qualche
capannone abbandonato o
cascina dismessa. Posti in cui non corre il pericolo di venire
disturbato”.
Alaric
si mise al lavoro.
“Poi
quale sarebbe il piano?” continuò Meredith.
“Troviamo
il luogo che ci sembra più plausibile e andiamo
là. Ho chiamato Caroline, le ho detto di portare Tyler;
è un lupo mannaro, il
suo fiuto è molto più sviluppato del nostro,
potrebbe trovare una traccia”
ipotizzò il vampiro “So che non è molto
per adesso, ma non abbiamo altro. Da
qualche parte dobbiamo pur cominciare”.
Meredith
gli sorrise confortante e si avvicinò ad Alaric per
aiutarlo nella ricerca.
Stefan
li lasciò fare. Si sedette sul divano accanto ad
Elena e abbandonò pesantemente la testa
all’indietro, sullo schienale.
Le
mani bionda accarezzarono delicatamente i suoi capelli,
nella speranza di donargli un attimo di sollievo.
Non
lo aveva mai visto così crucciato e la cosa la spiazzava
un po’. Normalmente era sempre Stefan quello calmo, che le
dava coraggio e la
rassicurava. Ora appariva perso e sconfortato, trascinato da eventi che
non
poteva controllare.
Si
piegò per baciargli il capo “Andrà
tutto bene”.
“Ha
passato tutta la sua vita a tormentarmi” sussurrò
lui
“Non vedeva l’ora di sbarazzarsi di me, non gli
è ne mai importato di me. Cosa
c’è questa volta di diverso?”.
“Non
c’è niente di diverso. Tuo fratello ti ha sempre
protetto a modo suo”.
Stefan
ridacchiò “Sì, proprio a modo
suo” e scosse la testa
“Io e Damon non ci siamo mai comportati da fratelli, ci siamo
odiati per tutto
questo tempo ma sapevo comunque di non essere solo al mondo. Ora per la
prima
volta ho davvero paura”.
“Non
credo che ti libererai di lui tanto presto. È Damon
Salvatore, dopotutto”.
Il
vampiro non poté che concordare.
“Forse
ho trovato qualcosa” li avvisò Alaric.
Prima
che Stefan potesse controllare, il suo cellulare
suonò. Rispose pregando di udire la voce di suo fratello.
“Stefan?”.
Non era chi si aspettava. “Sheila?”.
“Ti
dirò dove sono” gli disse la donna
“Promettimi solo di
riportarmi mia nipote”.
Stefan
non poteva chiedere notizia migliore.
“Ti
ho odiata”.
Non
era certo la cosa più dolce da dirle ma Damon ce
l’aveva
sulla punta della lingua da troppo. Bonnie per tutto quel tempo non
aveva fatto
altro che ripetergli quanto le azioni di ciascuno avessero delle
ripercussioni
sugli altri ma non aveva mai pensato che le sue stesse decisioni
comportavano
gravi conseguenze. Doveva capire che gli atti eroici, per quanto
fossero
coraggiosi e nobili, portavano grandi dolori a chi la circondava.
Svegliarsi
quella mattina senza trovarla nel letto era stato
devastante. Damon non avrebbe potuto sopportarlo ancora. Era risaputo
che non
fosse un grande fan dei sentimenti, specialmente nelle situazioni in
cui era
costretto ad ammettere di averne sofferto. Il suo orgoglio si opponeva
fermamente ma in quel caso non riuscì e non volle frenare il
suo istinto.
“Cosa?”
chiese la ragazza confusa.
“Quando
te ne sei andata, quando ho capito che mi aveva
indotto ad addormentarmi per fuggire indisturbata,
c’è stato un momento in cui
ti ho odiata” chiarì socchiudendo gli occhi.
“Davvero?”
gli domandò anche se avrebbe preferito non sapere
la risposta.
“L’ho
pensato … ho pensato di odiarti perché in un
secondo
hai vanificato tutti i miei sforzi di tenerti al sicuro. Per cosa poi?
Per
finire tra le mani di Klaus?”.
“Mi
dispiace” mormorò lei “Non avrei mai
voluto che per
colpa mia tu ti trovassi qui. Credevo di fare la cosa giusta”.
“Tu non dovresti
trovarti qui” precisò Damon “Non mi sono
mai sentito così inutile in tutti
questi secoli di vita”.
“E
io così stupida” si accodò Bonnie.
“Chissà
che imparerai qualcosa questa volta” sperò il
vampiro sbuffando “E per la cronaca è stato
piuttosto deprimente trovare il
letto vuoto. Di solito sono io quello che scappa dopo aver
consumato” scherzò
con un mezzo sorriso.
“Per
quello che vale sarei rimasta più che volentieri”.
L’atmosfera
si distese per qualche minuto. Damon fu il primo
a tornare serio “Tua nonna mi ha detto che nessuno
può prendersi i tuoi Poteri,
che devi essere tu a donarli di tua spontanea
volontà” incominciò “Sei
ancora
viva, significa che ti sei rifiutata” ne dedusse
“Che cosa ha fatto fino adesso
Klaus per convincerti?”.
“Niente”.
“Sei
dimagrita, sei stanca; ti ho ritrovata in fin di vita.
Che cosa ti ha fatto? Devi dirmelo” insistette.
“A
che servirebbe?”.
“Voglio
saperlo”. Riusciva a pensare più lucidamente da
arrabbiato.
“C’è
un’altra cosa che dovresti sapere” disse Bonnie
“Ho
provato in tutti i modi quando ti ho chiamato, ma mi ha sempre
interrotto.
Credo che non ci sarà un momento più
adatto”. Forse non ci
sarà un altro momento e basta.
“Non
dirlo”.
“Damon
…”.
“No”
la zittì “Pensi di non avere più tempo;
per questo me
lo vuoi dire”.
“Te
lo voglio dire perché lo sento”.
“Allora
lo sentirai anche dopo” affermò Damon.
Bonnie
sospirò. C’era gente che buttava al vento quelle
tre
dannate parole; alcune senza crederci veramente, per abitudine o per
foga. Lei lo
provava davvero e non riusciva a confessarlo.
Forse
erano gli ultimi istanti in sua compagnia; quanto
ancora avrebbe aspettato?
Damon
doveva sapere che al mondo qualcuno lo aveva amato
così com’era. E Bonnie per un momento si
arrogò la presunzione di occupare un
posto speciale nel suo cuore, un posto che non era stato di
nessun’altra fino
ad allora.
Se
l’avesse scoperto prima, forse sarebbe stato più
semplice,
forse Damon l’avrebbe accettato. Così appariva
solamente una dichiarazione
affretta, indotta dal timore di non avere più altre
occasioni.
“E
tu … lo senti?”
si ritrovò a chiedere lei. In realtà era una
domanda verso se stessa, ma le
parole le sfuggirono dalla bocca inconsapevolmente.
Il
vampiro apparve spiazzato. Aveva provato varie volte a
dare un nome a quel sentimento senza giungere a nessuna conclusione. In
un modo
o nell’altro sapeva che avrebbe detto qualcosa di stupido che
avrebbe rovinato tutto.
Non
era capace di elaborare certe emozioni né tanto meno di
esprimerle, soprattutto se si trattava di emozioni vere.
Le
doveva una risposta. Non ebbe, però, il tempo di
riflettere perché Klaus scelse quell’esatto
istante per rientrare.
Era
stato via per ore, tanto che Damon aveva quasi sperato
che si fosse dimenticato di loro.
Sembrava
felice e sicuro come mai in tutta la sua esistenza.
Il giorno della sua gloria era finalmente arrivato. Aveva gli elementi
per
compiere il suo destino.
“Scusate
se vi ho fatto aspettare” ghignò
“Credevo fosse
doveroso lasciarvi … un po’ di spazio”.
“Perfino
Marte sarebbe troppo vicino” sibilò Damon.
Klaus
assottigliò le labbra “Direi di procedere allora.
Prima finiamo, prima ci sbarazziamo l’uno
dell’altro”.
Aprì
la porta della cella di Bonnie. Lei si schiacciò contro
la parete, impaurita. Venne presa malamente per le braccia. Il ringhio
di Damon
rimbombò per la stanza. Klaus la lasciò per un
attimo e si girò verso l’altra
gabbia.
“Ti
dà fastidio che io la tocchi?” disse “Un
bell’inconveniente considerando che tra poco dovrò
bere il suo sangue e tu
sarai lì ad assistere”.
Damon
aumentò l’intensità del suo
avvertimento, in segno di
aperta sfida.
“Siete
davvero una coppia perfetta” constatò Klaus
“Tutte e
due vi divertite così tanto a provocarmi” i suoi
occhi scintillarono di una
luce crudele “Adesso tocca un po’ anche a
me”.
Afferrò
Bonnie, la trascinò fuori dalla cella buttandola a
terra, poi chiamò Maddox. Aveva intenzione di divertirsi un
po’ prima di
completare il rito.
La
ragazza si rialzò e corse verso Damon, ma l’altro
vampiro
la riacciuffò subito, bloccandola con la schiena contro il
suo petto.
“Perché
non mostri al qui presente Salvatore quanto sono
potenti i tuoi aneurismi?” si rivolse a Maddox.
Bonnie
fece appena in tempo a sussurrare un ‘no’ prima di
contorcersi per le fitte atroci, tra le braccia di uno dei suoi
carnefici.
Damon
si lanciò ancora una volta contro le sbarre senza
riuscire a scalfirle di un millimetro. Non potendo fare altro,
mandò un’ondata
di Potere che costrinse il mago ad interrompere la sua magia,
buttandolo a
terra.
Klaus
abbandonò la presa sulle spalle della giovane che si
accasciò sulle ginocchia scossa dai tremiti; in un secondo
fu davanti alla
cella e la sua mano scattò tra le sbarre stringendosi
attorno al collo di
Damon.
“Non
hai più potere su di lei. Adesso è mia e ne
faccio ciò
che voglio” gli mormorò ad un centimetro dal viso
“Ti consiglio di morderti la
lingua o quella ragazzina soffrirà molto
più del dovuto”.
Damon
s’impose di tacere e Klaus sembrò soddisfatto.
“Te ne
occupi tu?” disse a Maddox, poi sollevò di peso
Bonnie e la portò fuori. Si
udirono le urla del vampiro; la ragazza sgranò gli occhi
voltandosi in
direzione delle grida ma non poté fare altro.
Klaus
la condusse dietro il capannone. Avrebbe preferito
svolgere il rituale all’interno, ma il suo stregone aveva
bisogno del contatto
con la natura per eseguire correttamente l’incantesimo.
Si
fermò appena pervenne ad un piccolo praticello che
divideva lo spazio attorno alla fabbrica dalla strada.
Era
piuttosto agitato ed euforico. Nemmeno la lingua
velenosa del maggiore dei Salvatore poteva cancellargli il buon umore.
Niente
ormai sarebbe andato storto.
Si
prese un momento per assaporare la sua vittoria. Aveva
trascorso anni e anni ad essere deriso ed escluso, assolutamente non
compreso.
Ora finalmente aveva raggiunto il suo obiettivo: avrebbe sconfitto la
morte per
sempre.
Nessuno
sarebbe stato superiore a lui, nessuno avrebbe avuto
il potere di batterlo. Tutto grazie ad una piccola strega che lo
fissava con
due occhioni spalancati e pieni di terrore.
In
un certo senso l’ammirava: era stata molto coraggiosa e
tenace a resistergli. Per assurdo, era stata l’avversaria
più estenuante che
avesse mai avuto il piacere d’incontrare. Anche per lei,
però, era giunto il
momento di soccombere, esattamente come per tutti gli altri.
Elijah
si sarebbe pentito di averlo ostacolato, i suoi
compagni pure. Poi sarebbe toccato alle streghe che lo avevano
disprezzato
troppo a lungo per poter anche solo sperare nella sua misericordia.
Tutti gli
esseri sovrannaturali lo avrebbero rispettato e venerato.
Per
non parlare del suo nuovo giocattolo preferito: Bonnie.
Ricordava i tempi in cui Katherine era stata sua allieva;
all’inizio lo aveva
trovato divertente ma con il passare degli anni, lei era diventata
sempre più
irragionevole, esagerata rasentando spesso la pazzia.
Con
la giovane rossa le cose sarebbero andate diversamente.
Bonnie non era Katherine, non aveva mai mostrato nemmeno un piccolo
cenno di malizia
o presunzione. Era buona e generosa, un po’ testarda ma la
sua mente si
rivolgeva sempre al bene degli altri. Era una ragazza che viveva per i
sentimenti.
Quanto
sarebbe stato appagante spingerla in un circolo di
vizi e perversioni, accompagnarla passo a passo nella perdizione,
osservala
scivolare e perdersi nel buio e nell’oblio?
Una
volta conquistato il Potere assoluto, doveva pur trovare
qualcosa per occupare le sue giornate, no?
Maddox
arrivò poco dopo tirandosi dietro Damon. Bonnie
osservò preoccupata il vampiro: strisciava i piedi
appoggiandosi alla spalla
del mago, era più pallido del normale, appariva sfiancato.
“Che
cosa gli avete fatto?” s’indignò lei.
“E’
solo un po’ di verbena per tenerlo calmo”
spiegò Klaus
“E Maddox si è esercitato ancora con gli
aneurismi”.
Bonnie
non lo stava più ascoltando. Aveva già visto una
scena simile da qualche parte, forse in un sogno.
Gli
occhi le si fecero lucidi.
Si
mise a correre nella
sua direzione. Era completamente sudato ma non le importava. Gli
saltò addosso,
buttandogli le braccia al collo e si avvinghiò come se fosse
la sua ultima
occasione di averlo così vicino.
Rammentava
quell’incubo, era stato uno dei primi quando
ancora non era a conoscenza delle sue vere origini.
“Mi
dispiace così tanto!
È tutta colpa mia”.
Ora
singhiozzava. Era davvero colpa sua.
“Tanto
per essere sicuri che non cambierai idea nel mezzo
del rito” iniziò Klaus avvicinandosi a Damon.
Estrasse il paletto di frassino
dal retro dei pantaloni.
“No,
ti prego, è stata
tutta colpa mia. Non fargli del male, ti prego, non
…”.
“Dovevi
pensarci prima,
tesoro” la guardia riportò la sua attenzione su
Damon. Gli occhi del vampiro
non lasciarono un secondo quelli della ragazza.*
Bonnie
davanti a lui si disperava e urlava come una matta,
non appena comprese le intenzioni di Klaus.
Il
paletto si conficcò nel petto del vampiro steso a terra,
qualche millimetro sotto al cuore. Il legno sfregò
fastidiosamente contro il
tessuto dell’organo. Damon boccheggiò senza
emettere un suono.
“Hai
solo una possibilità, tesoro”
l’avvisò Klaus “Se dopo
aver svolto il rituale, io non avrò quei Poteri, quel
paletto colpirà
irrimediabilmente più in alto”.
Bonnie
annuì senza esitazioni.
“Ottimo!”
esclamò Klaus “Ora, Maddox inizierà con
l’incantesimo per unire le nostre due nature di vampiro e di
strega, nel
frattempo dirai ad alta voce la promessa di donarmi spontaneamente i
Poteri,
dopodiché io ti morderò e il tuo sangue
farà il resto. Tutto chiaro?”.
La
ragazza non rispose. Lo stregone pronunciò la sua litania
in latino.
Klaus
ghignò compiaciuto “Ripeti con me, mia
adorata” le
ordinò “Io, Bonnie McCullough”.
“Io,
Bonnie McCullough”.
“Cedo
a te, Klaus”.
“Cedo
a te, Klaus”.
“Di
mia spontanea volontà”.
Quella
parte fu più difficile “Di mia spontanea
volontà”.
“Attenta,
devi crederci davvero”.
“Di
mia spontanea volontà” ribadì con
maggior convinzione.
“Tutti
i miei Poteri di canale di energia”.
“Tutti
i miei Poteri di canale di energia”.
In
un attimo Klaus le fu davanti. Mise le mani sui suoi
fianchi e l’attirò a se. La bocca scese al suo
orecchio a sussurrale “Ci
vediamo tra poco” e le posò un bacio al di sotto
del lobo.
I
suoi canini le lacerarono la pelle del collo e
cominciarono a succhiare.
Bonnie
pregò che finisse tutto al più presto. Era
stizzita e
disgustata per il presente, spaventata per ciò che
l’attendeva.
I
suoi occhi si posarono sulla figura di Damon vagamente
cosciente di ciò che stava accadendo intorno a lui. E fu
come se qualcosa si
accendesse in lei.
La
repulsione e l’odio verso Klaus aumentarono a dismisura,
la rabbia esplose. Si sentì sopraffatta da ogni singola
emozione negativa che
quell’essere le suscitava. Ricordò tutte le
persone che erano morte per causa
sua, che stavano soffrendo e che avrebbero sofferto.
La
sua volontà prese possesso del suo corpo e si
rifiutò di
concedere a Klaus ciò che agognava così
disperatamente. Bonnie percepì
l’energia fluirle nelle vene, incontenibile e travolgente,
quasi violenta.
Klaus
si staccò dal collo della giovane e urlò. Il suo
corpo
venne attraversato da fitte tremende di dolore, come non ne sentiva da
secoli.
Stentava
a credere a quel risvolto totalmente inaspettato,
non lo concepiva. Non aveva neanche mai sentito parlare di una magia
simile.
Bonnie,
libera finalmente da ogni costrizione, si voltò
verso di lui. Sapeva di non essere padrona delle sue azioni, era la sua
mente a
guidarla ma lo sentiva giusto. Con un semplice movimento del polso
sbatté Klaus
contro uno dei pochi alberi nelle vicinanze; poi chiuse la mano
lentamente a
pugno. Il vampiro avvertì quelle dite invisibili fracassare
la sua cassa
toracica e stringersi attorno al suo cuore.
La
strega non aveva idea di che fine avesse fatto Maddox,
forse era scappato o forse era ancora lì. Non vi
badò.
Sorrise,
per la prima volta in vita sua con una vena sadica,
e si preparò a tirare indietro la mano e a strappargli il
cuore dal petto.
Una
figura si frappose tra lei e Klaus, spezzando la trance
in cui era caduta. Damon, con le sue ultime forze, aveva rotto il
paletto
conficcato nel suo petto ricavandone un pezzo abbastanza grande e si
era
lanciato contro l’altro vampiro. Il legno gli
penetrò la carne e trafisse il
suo cuore millenario. Il corpo s’irrigidì e
diventò sempre più grigio. Dopo
pochi attimi si sgretolò in piccoli granelli di polvere. La
fine di Klaus, il più
temuto tra gli Antichi.
Le
gambe di Damon cedettero, lui rovinò sul terreno. Era
stata una mossa dettata dall’impulsività e aveva
solo aggravato le sue
condizioni. Si era sentito, però, il dovere di ucciderlo con
le sue mani, aveva
voluto togliersi la soddisfazione di vederlo capitolare per opera sua.
Bonnie
gli fu subito accanto. Pur tremando riuscì ad
estrarre quello che rimaneva dell’arma di frassino bianco ma
Damon non accennò
ad aprire gli occhi.
Lo
chiamò più volte senza successo. Fu come se il
suo peggior
incubo si stesse avverando proprio ad un passo della salvezza.
Con
il legno rimasto si praticò un’incisione sul palmo
della
mano. Il sangue era l’unica cosa che avrebbe potuto guarirlo
o almeno
restituirgli un po’ di forze. All’inizio parve
tutto inutile, poi con lentezza
esasperante, deglutì un po’ per volta.
Non
passò molto che i suoi istinti di predatore prevalsero
sulla sua lucidità. Abbandonò la mano della
ragazza e la schiacciò a terra
sotto di lui. I suoi canini trovarono in fretta il suo collo e
cominciarono a
succhiare con più avidità a foga. Bonnie gemette
e si divincolò. Provò a
spingerlo via; non servì a nulla.
Avrebbe
potuto allontanarlo con la magia ma non lo fece.
Damon aveva bisogno del suo sangue o non sarebbe sopravvissuto.
L’avrebbe
lasciata andare una volta sazio; avrebbe capito da solo quando
fermarsi. Doveva capirlo.
La
stava uccidendo.
Sentiva
il suo cuore rallentare il battito e le forze
lasciarla; la sua pelle diventata sempre più fredda e il suo
corpo si piegava
tra le sue braccia.
La
stava uccidendo ma non riusciva a fermarsi, non voleva
fermarsi. Il sangue di Bonnie era troppo dolce, era una droga. La sua
mente era
lucida ma si rifiutava di rispondere alla sua volontà.
L’istinto
da vampiro si era risvegliato, impossibile da
combattere.
La
udì lamentarsi debolmente e le mani della giovane, senza
convinzione, fecero una leggera pressione per spostarlo. Ultimo
tentativo prima
di arrendersi completamente.
Non
sapeva come aiutarla, non sapeva come salvarla da se stesso.
Poteva solo alleviare la sua sofferenza, donarle una morte dolce.
Entrambi
vennero accecati da una forte luce bianca e poi …
“Dove
siamo?” chiese Bonnie guardandosi intorno.
Il
vampiro aprì gli occhi “Non lo so”
ammise semplicemente
“Volevo un posto che fosse lontano da tutto”. Dove niente ti farebbe soffrire.
“Damon”
lo chiamò con voce fioca “Sto morendo,
vero?”.
Lui
la prese tra le braccia e la strinse al petto. Aveva un
disperato bisogno di piangere ma le lacrime non volevano scorrere.
Forse dopo
tutti quei secoli si erano seccate, forse aveva sepolto così
in profondità le
sue emozioni da scordarsi persino come piangere. Infine una
piccolissima goccia
scivolò sulla sua guancia, poi un’altra e
un’altra ancora. Caddero tutte sui
capelli della strega.
“Non
è colpa tua” lo confortò Bonnie che
provava tutto il
dolore del vampiro per ciò che le stava facendo. Non
dipendeva da lui: la brama
del sangue era troppo forte per resisterle.
“Mi
puoi fare un ultimo favore?” lo pregò,
avvicinandosi al
suo viso “Baciami”.
Fu
intenso ed esigente; un piccolissimo paradiso in cui
poterono fingere di essere felici e insieme. Bonnie non avrebbe mai
voluto
lasciare quelle labbra. Se morire significava rivivere quel bacio, lo
avrebbe
fatto e rifatto all’infinito finché anche lui non
l’avesse raggiunta.
“Chiudi
gli occhi, Sissi” mormorò Damon baciandola ancora
sulla fronte “Presto starai bene” e le
accarezzò i capelli “Nessuno ti farà
più
del male”. Soprattutto non io. Avvertì
che lentamente gli stava sfuggendo dalle mani.
“Sarai
al sicuro”. La sua voce s’incrinò.
Poi
ci fu spazio solo per il buio.
“I remember
tears streaming down your face
When I said I’d
never let you go
When all those shadows almost killed your light
I remember you said ‘Don’t leave me alone’
But all that’s dead and gone and past tonight
Just close your eyes, the sun is going down
You’ll be alright, no one can hurt you now
Come morning light
You and I will be safe and sound”
(Safe and
sound- Taylor Swift ft The Civil Wars).
Il
mio spazio:
Non
so davvero da dove iniziare con questo capitolo. È
triste. Io stessa ho lasciato andare qualche lacrimuccia.
Non
vi auguro di piangere, ovviamente, ma spero di avervi
trasmesso qualche emozione, spero di aver scritto bene.
Ci
sono molti momenti tra Damon e Bonnie, dove molte cose vengo
dette e tante altre sottointese. Lei ha detto molto e soprattutto si
è capito
cosa volesse dire. Damon ha avuto più problemi ma
indirettamente mi pare che
abbia dimostrato abbastanza quanto le voglia bene.
Lo
vediamo fin da subito, quando la rimprovera nonostante la
situazione non sia propriamente adatta e soprattutto quando le dichiara
eterna
fedeltà; perché anche se Bonnie dovesse
trasformarsi in mostro, lui sarà sempre
lì a ricordarle chi era. È un po’
quello che ha cercato di fare lei in questi
mesi. In definitiva, questi e due non si abbandonerebbero mai.
La
fine è stata ispirata totalmente dalla canzone di
“Safe
and sound”, il che è davvero strano
perché io non ho gran simpatia per Taylor
Swift (le taglierei tutti i suoi boccoli biondi!), ma questo pezzo mi
ha
conquistato.
Per
chi guarda la serie tv, ricorderà anche la scena tra
Damon e Rose nell’episodio 2x12. Qui è un
po’ più tragica, perché in quel caso
Damon l’ha uccisa per risparmiarle l’agonia, in
questo la sta uccidendo per
supplire a un suo bisogno fisico che forse riuscirebbe a controllare
con un po’
di sforzo. Per cui, vedrete che i risvolti saranno parecchio
sconvolgenti.
Io
so cosa accadrà nel prossimo capitolo, so se Bonnie ce la
farà oppure no; ma in ogni caso non preoccupatevi: ha il
sangue di Klaus in
circolo per cui, in un modo o nell’altro, avete la certezza
di rivederla.
Spiegherò
sempre nel prossimo capitolo come mai Damon non è
riuscito a tenere a freno l’istinto e capirete che non
totalmente colpa sua;
come dice anche Bonnie è la brama di sangue a spingerlo.
Ho
voluto inserire anche un piccolo pezzo su Caroline perché
lei rappresenta il pensiero di tutti gli altri, come stanno vivendo
questa
situazione. Ho scelto proprio questo personaggio per un mio sfizio
personale, perché
mi sembra che nello show stia perdendo molta della sua simpatia. A
parte che
ormai dovrei fare una lista dei personaggi che faccio fatica a capire,
a
partire dai tre protagonisti. Già, credo che far scegliere
ad Elena Stefan alla
fine della stagione scorsa sia stata una mossa un po’
bruttina per allungare il
brodo, ma questa cosa dell’asservimento!! La storia degli
innamorati sempre
divisi ha stufato; i Promessi Sposi sono già stati scritti e
Julie Plec non è
Manzoni, per cui, per piacere, fate stare insieme sti due poveri
vampiri e
pensiamo ad altro (tipo Shane e il mistero che si porta dietro!). chiudiamo questa parentesi
ahah!
La canzone “Promise this” è in
realtà di Cheryl Cole, ma ho messo la versione
di Adele perché trovo che sia più adatta e anche
più bella.
Ragazze,
grazie mille per tutto il sostegno che date a
questa storia! Dovrei farvi una statua, sul serio!
Buone
feste a voi e alle vostre famiglie!!
Ci
vediamo con il capitolo 40 nella settimana del 7 febbraio
(magari anche prima, ma parto per le vacanze quindi non so quanto
potrò
scrivere”.
Banner
di Bumbuni.
*le
parti in corsivo le ritrovate nel capitolo 16, è uno dei
primissimi sogni premonitori di Bonnie.
|
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Capitolo 40 *** Goodbye, my almost lover ***
Ashes &Wine
Capitolo quaranta: Goodbye, my almost lover.
“Car is parked,
bags are packed
but what kind
of heart doesn't look back
At the comfortable glow from the porch,
the one I will
still call yours?
All those words came undone and now I'm not the only one
Facing the ghosts that decide if the fire inside still burns”
(Breath
again- Sara Bareilles).
Bonnie
strinse tra le dita la tazza di sangue e se la portò
alla bocca. Non era molto incline all’idea di cominciare a
berlo ma doveva
ammettere che le piaceva dopotutto. Era ciò di cui aveva
bisogno in quel momento.
Da
due giorni ormai vi
era costretta; volente o nolente, le
serviva. Il sapore decente era l’unico aspetto confortante;
per il resto,
l’aveva stordita completamente.
Odiava
sentire il suo corpo cambiare senza poter fare nulla
per impedirlo. Odiava avere l’udito più acuto e la
vista più nitida. Era così
diverso dal mondo cui era abituata e sperava che la situazione si
sarebbe
stabilizzata in fretta.
Non
sapeva dire di preciso che cosa fosse accaduto dopo il
rituale. Aveva dei ricordi confusi e stentava a credere che Klaus fosse
morto,
sparito per sempre. Soprattutto stentava a credere di essere stata lei
ad
ucciderlo, anche se il colpo finale lo aveva sferrato Damon.
Stentava
riconoscersi in quella ragazza che aveva portato
alla rovina Klaus. Non credeva che nelle sue vene potesse esplodere una
tale
rabbia, non credeva che la sua mente tollerasse un livello
d’odio così alto. Le
sue dita si erano chiuse attorno al cuore del vampiro, senza nemmeno
toccarlo,
pronte a strapparlo.
Era
stato come se la parte più oscura della sua anima avesse
scalpitato per uscire, prendendo il controllo delle sue azioni. Avrebbe
potuto
tranquillamente radere una città al suolo, solamente per
sfogare la ira.
Era
grata a Damon per essersi intromesso. Per quanto fosse
assurdo, per quanto Klaus meritasse quella morte atroce, se Bonnie
fosse
davvero riuscita a frantumare il suo cuore tra le mani, sarebbe stata
per
sempre perseguitata da quel ricordo. Per un attimo era diventata il
mostro
senza pietà in cui Klaus aveva progettato di trasformarla.
Il
male non era parte di lei; non desiderava sentire mai più
in vita sua il bisogno di uccidere, non voleva avere quel potere.
Damon
in un certo senso l’aveva salvata di nuovo; questa
volta dal rimorso.
La
tentazione di eliminare Klaus era stata difficile da
combattere, l’idea la allettava ancora. Dopotutto, ne aveva
ogni diritto;
temeva, però, che una volta provata l’adrenalina
di aver sconfitto il suo
nemico, poi non sarebbe più riuscita a disfarsi della voglia
di riprovare.
La
morte non doveva entrare nella sua vita, non doveva
diventare un’abitudine. La stessa convinzione di essere
invincibile non avrebbe
portato niente di buono. Aveva visto con i suoi occhi che cosa la brama
di
potere spingesse a fare, cosa comportasse. Non voleva entrare in quella
spirale
distruttiva: le sue capacità speciali nascondevano un lato
torbido; non aveva
intenzione di cedervi.
Se
fosse arrivata a provarlo fino in fondo almeno una volta,
poi non ci sarebbe stato più un ritorno.
Damon
l’aveva sollevata di un peso ancor prima che lei
stessa lo sperimentasse.
Bonnie
prese un altro piccolo sorso e storse il naso. Non
era male, ma il suo stomaco cominciava a ribellarsi. Il sangue non
faceva parte
della sua dieta, non vi era abituata. Fortunatamente, entro poco,
sarebbe
potuta tornare alla sua solita alimentazione, da
umana.
Damon
era riuscito a fermarsi appena in tempo ma il corpo
della ragazza aveva perso troppo sangue per potersi riprendere con del
semplice
risposo. Così ogni giorno era costretta ad assumere una
discreta quantità di
sangue di vampiro per recuperare pienamente le forze.
Klaus
era morto e lei era finalmente libera; nessuno
l’avrebbe più cercata o terrorizzata. I suoi amici
erano al sicuro; l’estate
alle porte.
Sarebbe
stato tutto perfetto se la persona che l’aveva
salvata, non la stesse evitando come una lebbrosa.
Damon
da un paio di giorni sembrava invisibile; o se ne
stava chiuso nella sua stanza o usciva direttamente di casa. In
entrambi i casi
cercava il più possibile di starle alla larga.
Il
momento prima del
risveglio era sempre il peggiore.
“Damon,
sto morendo?”.
Si
trovava in uno stato
di pace toltale e qualcuno la voleva turbare.
“Baciami”.
Ricordi
confusi le si
affollavano in mente.
“Sei
al sicuro”.
Lacrime,
sangue, un
abbraccio stretto e disperato.
Bonnie
aprì gli occhi di
colpo e strinse il cuscino tra le dita. Si guardò attorno,
spaesata. Si trovava
in camera sua, ma all’inizio non la riconobbe.
Davanti
agli occhi aveva
ancora le immagini di qualche ora prima. Respirò
profondamente, cercando di
calmare il suo cuore che batteva all’impazzata.
Cos’era
quello, un altro
scherzo? Uno dei soliti incubi ideati da Klaus? Perché
continuava a darle false
speranze?
Eppure
sembrava tutto
vero: il suo letto, il suo armadio, la finestra leggermente aperta, il
profumo
di pulito tra le lenzuola, Stefan che la fissava preoccupato…
Stefan?
“Che
ci fai tu qui?” gli
chiese come se avesse appena visto un fantasma.
Il
vampiro ridacchiò
“Questa è casa mia, Sissi”.
Bonnie
strabuzzò gli
occhi. Allungò la mano e gli toccò il braccio.
Ritrasse rapidamente le dita non
appena entrarono in contatto con la sua pelle.
“Sei
a casa” le riferì
lui ancora una volta, per rincuorarla.
Casa.
“Whoaaaa!!”
esultò la
strega e si buttò tra le braccia dell’altro. Non
era un incubo, non era
finzione. Klaus era stato sconfitto. Andato, sparito, per sempre!
Lei
era ancora viva. Era
a casa. Stefan era lì!
“Damon?”
domandò con
apprensione girandosi a destra e a sinistra senza trovare nemmeno una
traccia.
L’espressione
del giovane
Salvatore si rabbuiò “Sta riposando”.
“Ma
sta bene, vero? Non è
ferito? I-io gli ho dato il mio sangue, dovrebbe essere
guarito” si affannò.
“Sta
bene” le assicurò “E
tu devi decisamente smetterla di offrirgli il tuo sangue” la
rimproverò “Questa
volta poteva finire molto male”.
Bonnie
si accigliò “Sono
un vampiro?” chiese più a se stessa che a Stefan.
si portò una mano al cuore:
batteva ancora. Sentiva il bisogno di respirare. Tutto la portava a
pensare di
essere rimasta umana.
“Come
è possibile che io
sia … viva?”.
“Mio
fratello si è
fermato appena in tempo, ma avevi perso una gran quantità di
sangue; ho dovuto
darti il mio per salvarti”.
La
ragazza si mordicchiò
un labbro “Perché non me l’ha dato
lui?”.
“Era
sotto shock” spiegò
“Non avevamo molto tempo, ho agito in fretta”.
“Grazie”
gli sorrise
dolcemente Bonnie ma il suo pensiero era già scattato verso
Damon. Voleva
vederlo, sentirlo, constatare di persona che fosse ancora lì
con lei.
“Devo
andare da lui”.
Stefan
la bloccò per un
braccio “Non è una buona idea. È troppo
presto”.
“Non
posso lasciarlo
solo. Lui mi ha protetta fino alla fine, mi ha tenuto tra le sue
braccia …
stava piangendo” gli disse rammento gli ultimi attimi che
avevano condiviso
prima che il buio s’impossessasse di lei “Stava
piangendo!” realizzò con più
lucidità “Ha bisogno di me; ti prego,
Stefan”.
“Adesso
non è qui”.
“Ma
hai detto che stava
riposando”.
“E’
da Alaric” chiarì
“Gli serve qualche ora da solo. Verrà da te quando
sarà pronto”.
Bonnie
annuì
accondiscendente, ma la sua testa le diceva di fare il contrario. Finse
di
voler dormire ancora un po’ e il vampiro lasciò la
stanza.
La
rossa attese, sveglia
e vigile, davanti alla finestra con gli occhi fissi sul viale
d’entrata. Rimase
per ore, appollaiata sul davanzale e si addormentò un paio
di volte prima che
la macchina di Damon fece il suo ritorno.
L’orologio
segnava l’una
e mezza di notte.
Bonnie
ignorò totalmente
i consigli di Stefan e, a piedi nudi, corse giù per le
scale. Lo trovò in
salone, seduto sul divano con il viso rivolto verso un quadro.
Certamente si
era accorto della sua presenza ma si ostinava a rimanere girato.
“Credevo
non tornassi
più” confessò lei, con un filo di voce,
mentre si torturava le mani per l’ansia
“Mi sono preoccupata”.
L’altro
non diedi cenno
di averla ascoltata.
La
giovane deglutì a
disagio “Stefan mi ha detto quello che hai fatto. Sapevo che
ti saresti
fermato”.
Damon
contrasse la
mascella ma s’impose di rimanere impassibile.
Pregò con tutte le sue forze che
se ne andasse, non voleva averla così vicina.
Bonnie
fece il giro del
divano e prese posto accanto a lui. Con una mano gli sfiorò
delicatamente la
guancia e impresse una leggera pressione per farlo voltare. Il vampiro,
come un
automa, girò il collo.
“Ehi”
sussurrò la strega
continuando ad accarezzargli il volto “E’ finita,
noi …ce l’abbiamo fatta”.
Nessuna
risposta. Il suo
sguardo rimaneva freddo, vuoto e indifferente.
“Perché
non mi parli?”
chiese Bonnie “Perché non …”.
La
frase rimase a
mezz’aria. La ragazza si trovò bloccata contro il
muro, in una presa saldissima.
Le iridi di Damon finalmente la osservavano con desiderio, affetto e un
pizzico
di sollievo.
Non
passò molto che le
loro labbra si scontrarono con urgenza, veloci e affamate, felici di
potersi
riassaporare nonostante tutto.
Niente
a che vedere con
il loro ultimo bacio, disperato e triste.
Lei
strinse le dita tra i
suoi capelli; Damon la spinse di più contro la parete. Le
baciò la mandibola,
l’orecchio, il collo e di nuovo la bocca.
Bonnie
era reale: il suo
cuore, i suoi sospiri, il suo corpo. Tutto di lei era tremendamente vivo.
E poteva averla per sempre, lontano da ogni pericolo, lontano da ogni
male.
All’improvviso,
spinto
dall’ultimo barlume di assennatezza che gli restava, si
staccò e frappose le
sue mani “Mi dispiace, non posso” ansimò
“Non posso”.
In
un attimo Bonnie si
ritrovò sola. Ancora.
Era
stata l’ultima che avevano diviso un momento da soli.
Damon non rimaneva per più di due minuti nella sua stessa
stanza, limitava i
contatti al minimo e ancor meno la conversazione.
Stefan
era l’unico con cui poteva parlare in casa. Sheila
era partita quella mattina per la Scozia per sbrigare alcuni affari;
Bonnie
aveva promesso di raggiungerla appena si fosse ripresa; sentiva di aver
bisogno
di un po’ di tempo con la sua nonna prima di ritornare alla
vita di tutti i
giorni.
Prima,
però, doveva risolvere il problema con Damon. Non
riusciva proprio a interpretare quell’improvvisa repulsione.
Avevano scampato
un pericolo immaginabile, morte certa e altri mille problemi, svaniti
con la
dipartita di Klaus e invece di passare ogni istante con lei, la
scansava con
cura magistrale.
Nelle
migliore delle ipotesi, Damon stava cercando di
elaborare il peso di averla quasi uccisa. Forse aveva bisogno solo di
qualche
giorno per superare la cosa e ritornare ad essere sicuro del proprio
autocontrollo.
Nella
peggiore, si era semplicemente stufato: di lei, di
salvarle la vita, di rischiare la propria per tirarla fuori dai guai.
In
fin dei conti, era sempre stato il tipo che schivava ogni
genere di responsabilità; la promessa fatta alla madre di
Bonnie era un’eredità
difficile da portare e l’aveva mantenuta fin troppo a lungo.
La
ragazza posò la tazza sul tavolino e si alzò.
Salì le
scale fino al terzo piano, fino alla camera da letto del vampiro.
Ovviamente
era vuota.
Si
stese sul materasso e raccolse le gambe al petto.
Preferiva non pensare alle motivazioni che avevano spinto Damon a
comportarsi
in quel modo; non sarebbe servito a nulla tartassarsi con domande cui
non
poteva dare una risposta.
Abbracciò
il cuscino. Era l’unico posto che le donava un po’
di pace. Era un’illusione, ma almeno riusciva a quitare
l’angoscia.
Doveva
solo dargli tempo, aspettare un po’. Prima o poi
sarebbero riusciti a parlarne e sarebbero andati avanti.
Cedette
in fretta al sonno. Il suo corpo e la sua mente non
potevano sopportare ulteriore affanno.
Fu
così che Damon la trovò non molto più
tardi.
Era
tanto difficile capire di lasciarlo in pace, solo?
Cosa doveva fare per tenerla alla
larga?
Sebbene
ogni parte del suo corpo gli suggerisse di andarsene
o portarla nella sua stanza, non riuscì a trattenere un moto
di tenerezza.
Raggomitolata in quel modo, appariva ancora più piccola e
fragile.
Le
si stese accanto; fece passare un braccio attorno ai suoi
fianchi e se la tirò vicino al petto, appoggiando il mento
sui suoi capelli.
Si
concesse un istante, un solo piccolissimo istante per
stare con lei. Non avrebbe dovuto cedere alla tentazione, ma non ebbe
altra
scelta.
L’ostinazione
di quella ragazza non aveva limiti, ma Damon
non riuscì ad arrabbiarsi fino in fondo. Aveva bisogno di
averla accanto, anche
per poco. Ignorarla per quei giorni era stato un’agonia, una
violenza
psicologica.
Per
loro, ormai, la via era spianata, in discesa: niente più
Klaus, niente più pericoli, niente più vampiri
alla ricerca di un immenso
Potere.
Gli
Originali avevano promesso di mantenere segreta
l’identità di Bonnie, nella speranza che prima o
poi la sua storia sarebbe caduta
nel dimenticatoio.
La
situazione non poteva che volgere a loro favore; un
futuro tranquillo li aspettava, ora che avevano eliminato anche
l’ultimo
ostacolo.
Tutto
sarebbe stato perfetto, fatta eccezione per un
minuscolo dettaglio: Damon l’aveva quasi uccisa.
Faticava
a ricordare quei momenti; probabilmente il suo
subconscio stava lottando per cancellarli ma il senso di colpa era
così forte
da togliergli il respiro.
Dannazione,
avrebbe dovuto proteggerla, non diventare il suo
carnefice!
Non
c’erano scuse per quello sbaglio né
giustificazioni. Era
stanco, provato, indebolito, ma non si era impegnato abbastanza per
tornare
lucido, non aveva combattuto la sete. Si era lasciato travolgere
dall’istinto.
Il
sangue di Bonnie aveva sempre avuto un qualcosa in più,
gli aveva sempre provocato un certo grado di assuefazione ma mai fino a
quel
punto.
Aveva
abbassato la guardia, si era comportato da
superficiale. Questa volta, però, la sua leggerezza gli era
costata parecchio.
E se non si fosse fermato in tempo … avrebbe sicuramente
perso il lume della
ragione.
Uscì
dall’illusione che
lui stesso aveva creato.
I
canini gli dolevano,
sentiva il sangue cadere a gocce giù per il mento. La sua
mente era ancora
parzialmente annebbiata dalla sete ma piano, piano stava riprendendo il
controllo di sé.
Il
vampiro mise a fuoco
la figura immobile che teneva tra le braccia e sentì il suo
cuore
accartocciarsi: il corpo della strega era freddo, il battito quasi
assente;
respirava a malapena.
Damon
la guardò
inorridito. Era lui il responsabile? Come aveva potuto ridurla in
quello stato?
Non
riuscì a muovere un
muscolo, bloccato dallo shock, confuso e spaesato.
Non
udì la voce di Stefan
che lo chiamava con insistenza; quasi non avvertì nemmeno la
botta che lo
spostò violentemente di lato né le mani di
Caroline che lo scuotevano nel
tentativo di riportarlo alla realtà.
I
suoi occhi non
lasciarono neanche per un secondo la figura di Bonnie; distrattamente
si
accorse che Stefan si era tagliato il polso e la stava guarendo con il
suo sangue.
Damon
acquistò lentamente
consapevolezza di ciò che stava avvenendo solo quando
sentì il cuore di Bonnie
riprendere a pulsare con maggior vigore.
Dentro
di sé, accanto al
sollievo, si fece largo una nuova emozione, molto meno nobile:
delusione.
Delusione,
perché tra la
paura e lo smarrimento, Damon aveva intravisto la
possibilità concreta di
spendere con lei l’eternità.
Entrambi
da vampiri.
Si
disprezzò da solo. Che razza di persona poteva pensare,
anche se per pochissimi secondi, di condannare una creatura innocente
come
Bonnie ad un destino così nero?
Ora,
soltanto l’idea lo ripugnava ma in quel frangente aveva
seriamente considerato quell’eventualità.
Non
che desiderasse trasformarla in vampiro, non era mai
stato nelle sue intenzioni, se non in un futuro molto lontano.
Eppure
quei brevi momenti lo avevano buttato nello sconcerto
più totale.
Non
solo si era nutrito di lei fino a quasi prosciugarla ma
aveva pure esitato a curarla con il suo sangue.
Cominciava
a sospettare che una parte di lui lo avesse
indotto a non agire, a lasciare che la trasformazione compisse il suo
corso.
Se
non fosse stato per Stefan, con molte probabilità Bonnie
si sarebbe risvegliata come una non-morta.
Sapeva
di essere egoista e non se n’era mai preoccupato.
Alcune volte il suo egoismo lo aveva perfino salvato da situazioni
scomode.
Aveva
sempre pensato che la sua impulsività, il suo egoismo
e la sua possessività avrebbero protetto Bonnie fino
all’infinito. L’avevano
tenuta al sicuro per tutto quel tempo e Damon non aveva mai considerato
la
possibilità di cambiare.
Ma
dopo la vicenda con Klaus, tutto era diverso.
Il
suo egoismo aveva portato la sua streghetta così vicino
alla morte che quasi non riusciva a guardarla senza provare disgusto
per se
stesso e rimorso.
Nella
sua testa regnava la confusione più totale; da troppo
tempo andava avanti quella storia. Da mesi il vampiro era bloccato
nella sue
decisioni.
Gli
sembrava sempre di sbagliare, troppo pieno di dubbi per
muovere un passo.
Senza
Bonnie, probabilmente non avrebbe mai messo in
discussione tutta la sua vita. Solo negli ultimi giorni aveva capito
che la sua
furbizia era stata semplicemente fortuna sfacciata; gli era andata
bene.
Quanto
sarebbe durata?
Era
riuscito a fermarsi appena prima di dissanguare Sissi;
ma chi gli assicurava che non avrebbe commesso un errore ancora
più grave in
futuro?
Era
sempre stato una mina vagante, pronta ad esplodere. Lo
divertiva. Quella volta, però, aveva bruciato qualcuno che
aveva giurato di
proteggere anche a costo della sua vita.
Il
perdono non era nemmeno lontanamente in vista. Bonnie
glielo aveva concesso in passato e lo avrebbe fatto ancora. Damon non
era
disposto ad accettare quella condizione; non poteva passarla liscia;
doveva
trovare un modo per punirsi. Se nessuno voleva porgli un limite, allora
ci
avrebbe pensato lui.
La
ragazza mugugnò qualcosa e si mosse leggermente; il corpo
del vampiro s’irrigidì. Non poteva rimanere
lì; lei non doveva vederlo.
Sciolse
lentamente l’abbraccio e si alzò dal letto.
Stette
un attimo a guardarla. Poteva avere tutto e invece
aveva preferito rovinare la sua unica possibilità di
felicità.
Abbandonò
la stanza; stava per prendere la decisione più
dura della sua vita.
“Un
brindisi a noi!” esultò Caroline alzando il
bicchiere.
“Per
aver finito la scuola” aggiunse Meredith.
“Per
la nostra fantastica estate” disse Elena.
“Per
essere ancora viva” mormorò Bonnie con un
sorrisino
tirato.
“Hai
vinto tu” considerò Meredith.
Bonnie
tirò un sorriso; da un po’ di tempo a quella parte
vinceva sempre lei in quanto a disgrazie.
Ciò
che la rendeva speciale, era pure la fonte di tutti i
suoi guai; tanto che in quel momento si sentiva felice solo a stare con
le sue
amiche.
Decise
di non pensare ai mille problemi che erano sorti in
quei pochi giorni e si lanciò nella conversazione.
Elena
aveva organizzato una serata tra ragazze per
festeggiare la sconfitta di Klaus e soprattutto la fine di tutte le
loro
sfortune.
Vino
e pizza forse era un po’ dozzinale ma si potevano
accontentare.
Stentava
a ricordare l’ultima volta che si era felicemente e
pienamente divertita con le sue amiche.
C’erano
sempre state per lei, l’avevano supportata ma ogni
momento con loro era inevitabilmente stato rovinato dalle ombre che
l’avevano
perseguitata per quegli anni. Finalmente si sentiva libera di
divertirsi.
Le
guardò una per una, mentre sorridevano e si scambiavano
battute. Non avrebbe mai immaginato di poter stringere un legame
così saldo in
così pochi mesi.
Le
premesse non si erano certo rivelate le migliori: molti
segreti e qualche inganno, senza contare le altrettante bugie.
In
fin dei conti stavano solo cercando di proteggere i loro
amici; lei avrebbe fatto lo stesso. Aveva ormai superato la diffidenza
dei
primi momenti.
Sapeva
di poter contare su di loro; la capivano perché erano
toccate dalle stesse vicende. La normalità non sarebbe mai
stata parte della
loro vita, ma andava bene così. Bastava stare unite e
avrebbero affrontato
qualsiasi cosa.
Per
quanto banale potesse risultare, era un consiglio da
tenere buono.
“Credete
che sia davvero finita?” si ritrovò a chiedere,
colta da un’improvvisa sensazione di gelo.
“Che
ci può essere peggio di un Antico, Bonnie?”
replicò
Caroline “Elijah e gli altri hanno promesso di mantenere il
segreto e sono
sicura che si impegneranno perché nessuno ti venga
più a cercare”.
“Non
ti devi preoccupare” le diede manforte Meredith
“Voglio
dire: la nostra strada non sarà mai in discesa ma non credo
che ricapiterà mai
più un pericolo simile”.
“No,
non è questo” disse la rossa corrugando la fronte
“E’
qualcos’altro … un’impressione; non so,
magari mi sto solo facendo
suggestionare. È semplicemente incredibile che potremo stare
un po’
tranquille”.
“E’
un’impressione da
strega?” si accertò Elena.
“No”
rispose abbastanza sicura Bonnie “Solo
un’impressione”.
“Non
badarci troppo” la rassicurò
“Probabilmente sei ancora
scossa”.
“Parliamo
di vacanze piuttosto!” cambiò discorso Caroline
“Potremo andare da qualche parte solo noi quattro”
propose “Giusto per rifarci
del weekend disastroso, rovinato da quella stupida vampira”.
“Per
me si può fare” acconsentì Meredith
“Ma dobbiamo
tornare prima di metà agosto; devo organizzare il
trasferimento ad Harvard”.
“Ma
sentitela, la nostra dottoressa” la prese in giro Elena
“Ti ci vedo già a tenere i corsi dopo appena
qualche lezione”.
Meredith
liberò uno sbuffo spazientito.
“Dobbiamo
farlo, ragazze” s’impuntò Bonnie
“L’anno prossimo
sarà tutto diverso: Meredith andrà ad Harvard e
noi tre saremo a Dalcrest. Con
l’università si cresce, si cambia. Forse
sarà la nostra ultima occasione di
stare tutte insieme”.
“Allora
è deciso!” esultò Caroline
“Ma dobbiamo fare le cose
per bene. Che ne dite di un posto extra lussuoso dove saremo servite e
riverite
tutto il giorno?”.
“Dico
che le mie finanze sono un po’ in crisi dopo
l’iscrizione al college” le fece notare Meredith.
“Non
dobbiamo per forza pagare” insinuò Caroline
“Io ho il
dono dell’ipnosi, ricordate?”.
“Care!”
la rimproverò Elena “Questa è una
truffa”.
“Ne
hanno fatte di peggiori” sbuffò la vampira
“E se
chiedessimo a Stefan e Damon di finanziare il nostro viaggio? Hanno
tanti di
quei soldi da buttare via”.
“Non
sono sicura che sia una cosa carina da chiedere” disse
Elena.
“Sapete
… non è un’idea malvagia”
s’intromise Bonnie “La mia
famiglia ha accumulato molto denaro nei secoli. Legalmente sono una
Salvatore e
sono maggiorenne; posso usare quei soldi per quello che voglio. Sarei
contenta
di sponsorizzare il nostro divertimento”.
“Beh,
amica mia, ti ringrazio della tua generosità”
scherzò
Caroline.
“Prima
sentiamo cosa ne pensano Stefan e Damon, va bene?”
suggerì Elena.
“Stefan
non avrà niente in contrario” assicurò
Bonnie “E
Damon … è un miracolo se sa che esisto”.
“Se
sa che esisti? Stai scherzando vero?!” esclamò
Meredith
scettica “Come minimo ti avrà installato un
dispositivo GPS sotto la pelle per
tenerti sempre sott’occhio”.
“Quello era il
vecchio Damon; questo
m’ignora da
quando siamo tornati a casa. Forse è stufo di rischiare la
vita per salvare la
mia”.
“Bonnie”
la chiamò Elena “Se lo conosco almeno un
po’, ti
sta evitando per calmare il suo senso di colpa”.
La
strega la guardò interrogativa.
“Era
stanco, ferito; si è nutrito di te e
ti ha quasi ucciso. Non è riuscito a
fermarsi. Non deve essere una cosa facile da elaborare”
spiegò la bionda
“Probabilmente sta solo cercando di superarlo”.
“Ma”
obiettò Bonnie “Non è stata colpa sua;
lo so”.
“Tu
lo sai, lui no” disse Elena “Prova ad immaginare la
situazione a ruoli invertiti. Come reagiresti?”.
“Ora
basta stressarsi per queste cose” tagliò corto
Caroline
“Mi avevate promesso una serata senza drammi. Continuiamo a
parlare di vacanze,
piuttosto. Mi piaceva l’argomento”.
“E’
bello sapere che ti preoccupi sempre di cose importanti”
sbuffò Meredith.
“Le
vacanze sono una cosa seria!” ribatté la vampira
“E poi
Bonnie ha ragione: forse sarà la nostra ultima occasione di
stare insieme” poi
alzò le mani per enfatizzare le sue parole “Santo
Cielo! Ci è mancato tanto
così che questa fosse immolata per le mire di un vampiro
pazzo” e indicò la
rossa “Dobbiamo goderci i momenti come questi! E se i ragazzi
di cui siamo
innamorate non riescono a capirlo, peggio per loro. A che serve un uomo
quando
le mie amiche sono così fighe?”.
“Il
ragionamento non fa una piega” constatò Meredith.
“Tu
parli così perché il tuo ragazzo ti
ama” considerò
Bonnie.
“Anche
il tuo” le ricordò Elena.
“Già”
concordò Caroline “Solo che è troppo
stupido per capirlo”.
Bonnie
non seppe se era più rincuorata o rattristita, ma
seguì il consiglio delle amiche e si lasciò quei
problemi davvero alle spalle,
come aveva progettato fin dall’inizio.
Non
parlarono solo dell’estate, ma
dell’università, dei loro
progetti; argomenti che normalmente riempivano le chiacchiere delle
altre
neodiplomate.
Loro
non si erano mai soffermate molto sul futuro perché non
sembrava una possibilità
concreta. C’era
sempre qualcosa di più serio di cui occuparsi.
Presto
si ritirarono nei loro sacchi a pelo e si
addormentarono, con il sorriso sulle labbra. Per una volta si sentivano
al
sicuro e tranquille.
Bonnie
fu la prima a svegliarsi ma si accorse che era ancora
notte fonda. Le altre riposavano serenamente con il respiro leggero.
Aveva
la gola secca, così si alzò e scese in cucina per
prendere un bicchiere d’acqua. Tutto quel vino
l’aveva solo disidratata.
“Sei
sicura di reggere tutta questa normalità?”.
Per
poco non si strozzò con l’acqua. Chiuse gli occhi
e non
si girò. Sapeva cosa avrebbe visto; le capitava tutte le
notti da una
settimana.
Tu
non sei reale, non sei
reale. Si
ripeté nella testa,
come una cantilena.
“Non
lo sono?” insistette quella voce.
A
quel punto Bonnie si voltò e gli puntò un dito
contro “Tu
sei morto!”.
“Lo
ero anche prima che tu e il tuo vampiro mi uccideste”.
“E’
una cosa diversa” s’intestardì
“Ora sei morto, morto. Finito”.
Klaus
sollevò le spalle e si appoggiò al tavolo
“Non importa
se sono morto per il resto del mondo; importa se sono vivo per te”.
“Tu
non sei vivo per me!” strillò Bonnie
“Sei morto, morto
sepolto!”.
“La
tua mente la pensa diversamente”.
“Sparisci”
sibilò lei. Cercò di oltrepassarlo per tornare in
camera e dimenticarsi di quell’orribile allucinazione ma
venne strattonata
malamente all’indietro.
“Presto
ti stuferai di giocare alla ragazza normale”
l’avvertì Klaus “Tu non sei fatta per le
cose comuni, prima o poi rivorrai il
brivido del pericolo nella tua vita. Se ti fossi unita a me, non ti
saresti mai
annoiata; io ero tutto ciò di cui avevi bisogno, adesso non
ti è rimasto
nulla”.
“Ho
tutto quello che mi serve, ma grazie
dell’interessamento” ribatté scostando
il braccio.
“E
cosa sarebbe? Un ragazzo che per poco non ti uccide? Un vampiro
che non ti potrebbe mai dare dei figli e che ti ostacolerebbe in tutte
le tue
scelte, prendendo lui le decisioni? Parlo soprattutto delle situazioni
tra la vita e la morte”
insinuò.
“Sei
morto, Klaus” ripeté Bonnie impassibile
“Fattene una
ragione e lasciami in pace. Tormentarmi non ti riporterà
indietro”.
“Basta
che nei sia sicura tu” canticchiò
l’altro con un
ghigno furbo “Sono uno degli Antichi, la fine arriva solo
quando lo dico io”.
Chiuse
gli occhi e in un attimo entrambi si trovarono in
camera di Elena, dove le altre dormivano ancora beatamente.
“Sarà
divertente piombarvi alle spalle quando meno ve lo
aspetterete” commentò Klaus “Ma
guardale: riposano così serene; sarebbe
facilissimo per me squarciare la gola a tutte” e il suo
sguardo si posò sulla
strega, illuminato da una perfida luce “Per adesso mi
accontenterò della tua”.
Bonnie
indietreggiò inciampando sui suoi stessi piedi e
cadde.
Si
svegliò di soprassalto. Le sue amiche non davano segni di
essersene accorte: avevano ancora gli occhi chiusi e il respiro leggero.
Non
aveva urlato come le altre volte ma le mani le
tremavano.
Da
qualche notte le capitava di sognare Klaus. Klaus che la
minacciava, Klaus che la attaccava, Klaus che tornava per vendetta.
Era
certa che non fossero delle visioni, ormai aveva
imparato a distinguerle. Una specie di sesto senso da strega o qualcosa
di
simile.
Sebbene
si trattasse solo di incubi, la lasciavano sempre
parecchio turbata. Ultimamente Stefan le faceva compagnia di notte
quando si
svegliava urlando. Damon l’avrebbe calmata con uno sguardo ma
sembrava essersi
dato alla macchia per cui non le restava che accettare il conforto del
minore
dei Salvatore; di cui, comunque, era grata.
“Bonnie
… tutto bene?” bisbigliò Meredith nella
penombra
della camera.
“Sì”
mormorò la rossa “Era solo un sogno. Ti ho
svegliata?”.
“Non
importa, non ho sonno” disse avvicinandosi senza far
rumore “Sei sicura di star bene?”.
La
strega scosse il capo “Faccio fatica a togliermi Klaus
dalla testa. Di notte mi perseguita”.
“Ne
hai parlato con qualcuno?”.
“Di
cosa? Degli incubi?”.
“Di
tutto: Klaus, il sacrificio …”.
“No”.
“Vuoi
parlarne ora?”.
Bonnie
rimase in silenzio, a riflettere. Voleva parlarne,
voleva sfogarsi ma non sapeva cosa dire.
Poi
le parole, inconsciamente, trovarono la via per la sua
bocca “Dicono che quando stai per morire, vedi tutta la tua
vita passarti
davanti. Io ho visto solo Zach e Clara” ammise con una nota
malinconica “Mi
sono sempre chiesta che cosa abbiano pensato nel momento in cui hanno
capito
che per loro era arrivata la fine. E ancora adesso, dopo esserci
passata, non
so darmi una risposta. È quasi come se non riuscissi a
ricordarlo, non posso
descriverlo”.
“Ti
capisco, Bonnie” le disse Meredith “Anche io
l’ho
sperimentato, quando Christopher mi ha lasciato morente sulla strada; e
Caroline quando è stata trasformata in vampira. Credo che
sia un bene non
ricordarci di quei momenti; non è giusto che a
diciott’anni si debbano
sopportare esperienze simili” le prese una mano “Ci
ho messo un po’ a
riprendermi dopo che Christopher mi ha attaccato; ero spaventata, non
volevo
girare da sola e per un mesetto ho avuto gli incubi. Va bene
… è normale;
l’importante è che siano soltanto
incubi”.
“Lo
sono” affermò Bonnie “Klaus è
morto, per sempre. Come ha
detto Elena, sono solo un po’ scossa”.
“Quindi
le visioni sono finite?” si accertò Meredith.
“Beh
sì, direi che si sono tutte avverate”. Vi
meditò un po’
su. La prima visione, quella che le aveva rammentato il fatto di piazza
di
Spagna, si riferiva a Christopher. Poi c’era stata quella
della prigionia e
quasi uccisione di Damon, e quella
che le aveva mostrato l’aggressione da
parte di Damon.
Improvvisamente
allargò gli occhi e balzò a sedere
“Meredith! Ne manca una” realizzò con
orrore.
“Che
succedeva?”.
“Se
ne andava” rivelò. Non serviva specificare il
soggetto.
Nella sua mente il significato era fin troppo chiaro.
“Ancora
non riesco a capire come abbia fatto ad ucciderlo”.
“Non
lo ha dato Damon il colpo di grazia?”.
“Alaric!”.
“Stefan
… vorrei tanto sapere perché mi hai preso per un
oracolo” replicò il professore “Io non
so tutto di tutto”.
“Ma
ti sei fatto un’idea?” insistette il vampiro.
Alaric
lo guardò senza riuscire a trattenere un sorriso
“Potrei avere una teoria”.
“Ti
spiace condividerla con me?” premette Stefan, un
po’ seccato.
Alaric
sospirò “Ho solo tirato ad indovinare. Nessuno sa
bene come funzioni
lo scambio di Poteri
che Klaus era intenzionato a fare. Tutte le streghe come Bonnie sono
morte
quindi il rituale non è mai avvenuto”
spiegò “In poche parole invece di passargli
le sue capacità speciali, gli ha passato la morte.
È come se l’odio verso Klaus
abbia trasformato il suo sangue in veleno”.
“L’ennesimo
meccanismo difensivo della sua mente” riassunse
Stefan.
“Qualcosa
del genere”.
“Riguardo
a … sai … pare che Sissi abbia quasi strappato il
cuore a Klaus senza toccarlo. Anche quello fa parte delle sue
capacità?”.
“No,
non credo” nego l’altro “Qualunque strega
potrebbe
farlo ma non è così facile come sembra: Bonnie
è stata spinta dal rancore e
dalla rabbia, non sarebbe in grado di ripeterlo in condizioni normali;
è stato
un gesto quasi inconscio. In realtà è una fortuna
che Damon si sia messo in
mezzo: le ha impedito di oltrepassare un confine molto delicato. Quel
tipo di
magia è pericolosa e bisognerebbe praticarla gradualmente e
soprattutto con
consapevolezza. Non so se Bonnie avrebbe sopportato un peso del
genere”.
“Ci
mancava solo una strega votata alla magia nera”
sussurrò
Stefan “Abbiamo già abbastanza problemi
così”.
“Ti
riferisci al fatto che Damon per poco non la mandava
all’altro mondo?” domandò Alaric con
poca delicatezza “Ne ha combinate di
peggio, alla fine è rinsavito. Bonnie lo
perdonerà”.
“Non
è lei che mi preoccupa” mormorò mentre
sentiva la
macchina di Damon entrare nel vialetto.
Per
quanto Stefan ne sapesse, Damon non si era mai pentito
di averlo ucciso cinque secoli prima e comunque, ammesso che il senso
di colpa
fosse riemerso, aveva avuto parecchi anni per affrontarlo e lasciarselo
alle
spalle senza particolari strascichi sulla sua condotta.
Stefan
al contrario era stato subito devastato dal rimorso.
Aveva speso moltissimo tempo a vagare, spaesato e confuso, prima di
riuscire a
trovare di nuovo il suo posto nel mondo.
Ora
leggeva la stessa luce tormentata e colpevole negli
occhi di suo fratello. Non ne poteva nascere niente di buono.
Normalmente
Damon, quando era costretto a fronteggiare i sentimenti, sceglieva le
soluzioni
più drastiche.
Il
vampiro entrò in salone, con gli occhi degli altri due
puntati addosso. Li osservò guardingo. Aveva
l’impressione di aver fatto
qualcosa di male, ma per una volta non sapeva cosa.
“Vi
serve qualcosa?”.
“No”
rispose subito Stefan “Alaric mi stava solo le sue
teorie sulla morte di Klaus”.
“Gli
ho piantato un paletto nel cuore. Che teorie ci possono
essere?”.
“Tu
avrai anche sferrato il colpo mortale, ma Bonnie è
riuscita a fermarlo” gli fece notare Alaric “Il
trucchetto con il cuore è stato
sorprendente”.
“Può
rifarlo?” chiese Damon allarmato.
“No”
lo rassicurò Alaric “A meno che tu non la faccia
molto
arrabbiare” scherzò, ma la battuta ebbe
sull’altro un effetto agghiacciante
“Ora è meglio che vada; devo passare a prendere
Meredith”.
“E’
ancora da Elena?” s’informò Stefan.
“Si
è svegliate poco fa; mi ha scritto un messaggio”
salutò
i due Salvatore con una pacca sulla spalla e lasciò il
Pensionato.
“Quindi
anche Bonnie dovrebbe essere qui tra poco” ne
dedusse Stefan rivolgendosi a suo fratello “Forse
è giunta l’ora di parlarle”.
“Nah”
replicò Damon versandosi da bere “Va bene
così, per
ora”.
“Ah
sì? Allora come mai eri così preoccupato che
Bonnie
potesse strapparti il cuore?” incalzò Stefan
“Non ti pare di aver tirato un po’
troppo la corda? Ti ha già perdonato per … averla
quasi uccisa; non c’è bisogno che la
eviti”.
“So
che non mi strapperebbe mai il cuore per quello che ho
fatto” disse Damon aprendo le braccia; alcune gocce del
liquore caddero sul
tappeto “Ma potrebbe non essere così magnanima per
quello che farò”.
“Che
farai?” chiese a bruciapelo Stefan, con tono
spaventato, quasi tremante.
“E’
stato carino per questi mesi giocare alla famigliola
felice ma credo di dover prendere il largo”
annunciò.
L’altro
vampiro impiegò qualche secondo per metabolizzare
quella notizia. Il cipiglio sul suo volto era più che
evidente e le uniche
parole che sentì il bisogno di pronunciare furono davvero
poco signorili
“Grandissimo figlio di …”.
Non
poté concludere il suo insulto, Damon lo fermò
prima con
il suo ghigno strafottente “Ricordati che abbiamo la stessa
madre”.
“Tu
non puoi andartene” s’impuntò
stupidamente.
“Mi
auguro che tu sappia che io posso tutto”.
“Io
non voglio che te ne vada” ribadì Stefan con
più
convinzione. Si era ormai abituato a stare con lui, a condividere la
casa.
C’erano stati momenti di alta tensione, a volte avrebbe
voluto ammazzarlo e di
certo non erano improvvisamente diventati amiconi né avevano
risolto i loro
problemi ma rimaneva comunque spazio per un po’ di speranza.
“Per
fortuna, non me ne frega niente di quello che vuoi tu”
lo gelò Damon.
“Distruggerai
Bonnie” lo avvertì l’altro
“Sta andando tutto
bene. Ora andrà anche meglio, perché vuoi
rovinare quello che hai costruito?
Perché vuoi andartene?”.
“Non
sta andando tutto bene, Stefan” gridò Damon
“Ho solo
creato casini! Sono egoista e alla fine metto il mio benessere sopra
quello
degli altri”.
“Hai
ragione: sei egoista. Non pensi che certe persone si
sono affezionate a te e che potrebbero stare male se tu
partissi”.
“Chi?”
domandò Damon con una nota provocatoria “Siamo
realisti: ti ho torturato per secoli, mi sono innamorato della tua
ragazza,
l’ho insidiata e se lei avesse accettato, forse
l’avrei anche portata via con
me. Dovresti detestarmi”.
“Cosa
credi, che non ci abbia provato? Probabilmente c’è
stato un momento nella mia vita in cui ti ho odiato ma sei mio fratello
e
questo non posso cambiarlo”.
“Non
dobbiamo volerci bene per forza solo perché siamo
fratelli” replicò lapidario il maggiore.
“Non è per
forza, Damon”. Stefan non si volle
sbilanciare troppo con le parole ma era piuttosto chiaro quello
intendeva. Alla
fine, dopo tutte le sofferenze che si erano procurati, non poteva fare
a meno
di tenere a suo fratello; sarebbe stato innaturale il contrario.
“So
che non t’importa di me” continuò
“Ma pensa a Sissi”.
Il
vampiro sospirò esasperato “Sissi starà
cento volte
meglio lontano da me. Ho ucciso suo fratello, le ho mentito, mi sarei
cibato
della sua migliore amica se ne avessi avuto la possibilità.
E per concludere
l’ho portata più vicino alla morte di quanto abbia
fatto Klaus”.
“Vero”
confermò Stefan “Ma l’ha anche salvata
da tutti i
pericoli in cui si è cacciata, l’hai protetta, le
hai fatto conoscere sua
nonna. Non serve che io ti stia ad elencare i lati positivi della
faccenda! Tu
stesso hai sempre sostenuto che lei fosse molto più al
sicuro vicino a te”.
“Sì
… prima di usarla come la mia scorta di sangue!”.
“Hai
fatto un errore” asserì Stefan “Ti sei
fermato in
tempo”.
“E’
già un miracolo che non si sia trasformata con tutto il
sangue di vampiro che ha bevuto per guarire. Non fingere che non sia
una cosa
grave!”.
“Ti
sei fermato in tempo” ribadì Stefan. Quello era un
dettaglio molto importante, fondamentale. Nonostante la sete avesse
totalmente
annebbiato la sua mente, lui aveva trovato lo stesso la forza di
staccarsi.
Doveva significare pur qualcosa.
“E
se la prossima volta non ci riuscissi? Saresti ancora
così comprensivo nei miei confronti?” lo
sfidò.
“Perché
sei così convinto che ci sarà una prossima
volta?”.
“Perché
sono un vampiro! Bevo sangue!” sbottò nervosamente
“E i vampiri solitamente vivono per
uccidere”.
“Quindi
il tuo brillante piano sarebbe solo quello di …
scappare?” Stefan alzò un sopracciglio.
“Non
ci provare, fratellino” gli intimò Damon
“Le tue
tattiche da psicologia inversa non funzioneranno. Bonnie mi
dimenticherà e
finalmente si rifarà una vita; tu potrai goderti il lieto
fine con la tua
ragazza senza preoccuparti che il tuo fratellone ti rovini tutto; ed io
potrò
tornare a squarciare gole senza scandalizzare nessuno di voi.
È una vincita per
tutti” concluse.
Posò
il bicchiere, ormai vuoto, che aveva usato fino a quel
momento come antistress, e si avviò in camera sua.
Non
voleva sentire prediche; non voleva sentire proprio
niente.
Purtroppo,
troppo preso a lottare contro i suoi stessi
demoni, non si accorse che una ragazza dai capelli rossi, nascosta
dietro al
pilastro dell’arco, aveva ascoltato tutto.
Bonnie,
dopo aver lasciato casa di Elena, non aveva perso
tempo a tornare al Pensionato. Il ricordo di quella visione-sogno
l’aveva
davvero spaventata. Non aveva mai preso in considerazione
l’idea che Damon
potesse andarsene. Se era rimasto fino a quel momento,
perché mollare?
Era
entrata nella grande villa e li aveva uditi discutere ad
alta voce. Troppo occupati a litigare come al solito, nessuno dei due
aveva
fatto caso a lei.
E
il suo peggior timore si era concretizzato.
Non
aveva trovato il coraggio di affrontare il vampiro nei
giorni successivi. Controllava sempre che le sue cose fossero ancora
riposte
negli armadi e la sua macchina posteggiata nel garage. A volte stava
persino
alzata in attesa di sentire i suoi passi per il corridoio; le bastava
anche
percepire un guizzo della sua aura. Qualunque cosa che testimoniasse la
presenza di Damon in casa.
In
cuor suo sperava che fosse solamente una minaccia caduta
nel vuoto ma si dovette ricredere quando, un pomeriggio della settimana
seguente,
vide il bagagliaio della Mustang aperto e pieno di roba.
Fu
come ricevere uno schiaffo in pieno viso.
Le
sue gambe si mossero automaticamente e corsero in casa e
su per le scale; lei si lasciò guidare e sfondò
quasi la porta della camera del
terzo piano.
Damon
la osservò sbalordito. Strinse le labbra; era giunta
l’ora di parlarle chiaro. Aveva rimandato troppo a lungo.
Sarebbe stato uno
strazio ma almeno l’avrebbe saputa al sicuro, lontana da lui.
“Ho
visto le tue valigie, giù in macchina”
incominciò Bonnie
con un’espressione tremendamente severa in volto
“Avevi intenzione di
avvertirmi o saresti partito senza neanche salutare?”.
“Bonnie”
il vampiro non sapeva bene in che direzione andare.
La sua non era certo una nobile mossa e niente avrebbe potuto
giustificarla; la
ragazza aveva tutto il diritto di essere arrabbiata.
Nemmeno
lui era contento di quella soluzione ma non vedeva
altra via d’uscita; così si esibì
nell’arte che meglio gli riusciva: fare lo
stronzo.
“E’
stato bello finché è durato ma
l’impegno non fa per me”
si scusò “Io non sono un bravo ragazzo”.
“E
questo quando lo avresti deciso di preciso?”.
Damon
continuò a piegare gli indumenti rimasti e a riporli
nel bagaglio “E’ una questione di indole”.
“Una
volta eri più bravo a mentire” lo gelò
la rossa. Se
davvero credeva di poterla raggirare con quella storiella, allora non
la
conosceva per niente.
Il
vampiro rimase un attimo spiazzato ma non lo diede a
vedere “Lo so che sarà difficile rinunciare a
me” commentò pomposo, stendendosi
sul materasso con un’aria tra l’annoiato e
l’altezzoso “Sono bello e
affascinante, misterioso al punto giusto e sono un amante perfetto; al
mondo
non ne sono rimasti molto altri. Ma troverai qualcun altro che ti
scaldi le
lenzuola”.
“Io
non voglio qualcun altro” sussurrò Bonnie,
gettando via
la sua maschera di freddezza “Voglio te”.
Damon
sentì qualcosa incrinarsi. Come si poteva rimanere
impassibili davanti a quegli occhioni tanto affettuosi quanto
imploranti?
“Non
mi puoi abbandonare” rincarò la giovane sedendosi
accanto
a lui.
Devo.
Quello
che nella sua mente avrebbe
dovuto risuonare come un comando irremovibile, ebbe la forza di un
flebile
mormorio. Improvvisamente le sue convinzioni vacillarono. Damon fu
lì per
cedere alla tentazione di restare.
Dopotutto,
il danno non era irreparabile; avrebbe potuto
lavorare su se stesso, evitare situazioni pericolose, stare
più attento, essere
più responsabile.
Le
dita di Bonnie si intrecciarono con le sue “Ti ho sentito
discutere con Stefan l’altro giorno; so che pensi di avermi
fatto male” gli
rivelò “Me ne farai di più se te ne
andrai”.
“Per
un po’; poi ti passerà” rispose il
vampiro senza troppa
enfasi, appoggiando la fronte su quella della strega. I loro nasi si
sfiorarono
e lui riprese coscienza di sé. Si allontanò di
scatto e procedette a chiudere
il borsone.
Bonnie
era troppo buona per cacciarlo via; non le importava
quante volte aveva sofferto, lo avrebbe sempre riaccolto e perdonato,
perché
era la sua natura. Non riusciva a vedere il male in lui.
Sebbene
il desiderio tenerla per sempre con sé fosse forte,
quasi travolgente, Damon s’impose di non desistere dal suo
piano.
Anche
Bonnie si alzò furiosamente e gli tolse il borsone
dalle mani “Tu hai promesso a mia madre di
proteggermi”.
“E’
quello che sto facendo!” replicò lui, riprendendo
il suo
bagaglio e oltrepassandola. La stava proteggendo da se stesso, il peggior pericolo.
“Mi
stai ferendo”.
“Adesso,
adesso!” esplose Damon “Adesso ti sto ferendo ma
presto andrai al college, crescerai e ti dimenticherai di me senza
nemmeno
accorgertene”.
“Non
posso dimenticare la persona di cui sono innamorata” ammise
Bonnie.
Il
vampiro ne restò spiazzato.
“Sì,
Damon, sono innamorata di te, va bene?!” ribadì
lei
“Grazie di avermi rovinato questo momento! Ho provato a
dirtelo decine di volte
ma mi hai sempre bloccata e adesso mi è uscito da
schifo” si lamentò
gesticolando.
La
dichiarazione che normalmente gli avrebbe fatto scoppiare
il cuore di gioia, in quell’istante lo mandò in
panico più totale.
L’aveva
quasi uccisa e lei, invece di prenderlo a calci nel
sedere, non solo lo perdonava ma gli confessa pure il suo amore.
Quello
lo convinse più che mai della sua scelta. Doveva
allontanarla, anche a costo di mentirle “Non posso darti
quello che mi chiedi”.
Una
mezza verità. Non poteva darle una vita normale,
stabile, umana, non
poteva darle una
vera tranquillità né una vera famiglia, non
poteva darle figli. Semplicemente
non era il ragazzo adatto.
Le
diede le spalle e scese le scale.
Bonnie,
paralizzata dalla delusione, lo guardò avviarsi alla
porta “Non è vero!” urlò
seguendolo “Eri pronto a morire per salvarmi la vita.
Tu mi hai sempre dato tutto ciò che mi mancava!”.
“Forse
sono stufo d’impegnarmi così tanto per farti
contenta” le sibilò più velenosamente
di quanto intendesse.
Bonnie
non demorse e guardò con occhi supplichevoli Stefan,
appena sopraggiunto all’ingresso. Impallidì
sconcertata, quando realizzò che
l’altro vampiro non avrebbe mosse un dito per fermarlo.
Stefan
si limitò a ricambiare lo sguardo con occhi tristi:
suo fratello era determinato a partire e non gli avrebbe dato mai
retta. Poteva
solo sperare in un rinsavimento, un cambio di piani.
“Occupati
di lei” gli chiese Damon. Era il saluto più
sentito che potessero condividere ma in realtà nascondeva un
significato più
profondo. Gli stava affidando la sua piccola strega; grande prova di
fiducia e
rispetto. Uscì sul portico. Bonnie gli andò
dietro.
“Non
… n-non andartene” lo pregò
“Ho bisogno di te” gli
sgusciò davanti passandogli le braccia al collo e si spinse
sulle punte dei piedi.
Giocare la ‘carta bacio’ era un colpo basso ma
ormai non restava altro.
Damon
le prese le mani e indietreggiò. Scosse la testa come
a scoraggiarla. Sarebbe stato meglio se fosse sparito così,
senza lasciare
traccia, senza aggiungere altro ma una piccola parte, la più
egoista, lo spinse
a parlare.
“Magari
non … non cancellarmi del tutto, se puoi”. Gli
sarebbe bastato avere uno spazietto nella sua memoria, nel suo cuore.
Si
diresse alla macchina, caricò la sua ultima borsa e
aprì
la portiera. Bonnie continuava a chiamarlo istericamente dal portico.
“Damon,
no!” gli intimò “Dico sul serio! Prova a
salire su
quell’auto e mi perderai per sempre!”. Forse la
minaccia lo avrebbe intimorito.
Il
vampiro prese posto davanti al volente e accese il
motore.
“Damon!”
Bonnie fece velocemente i gradini e marciò fino
alla vettura “Non te lo perdonerò mai.
Damon!”.
La
Mustang percorse lentamente il vialetto di uscita.
“Damon
… Damon! Damon!”.
Lui
non si girò neanche una volta; mantenne gli occhi fissi
sulla strada e non rallentò.
Bonnie
continuò a chiamarlo e non si mosse. Non credeva che
l’avrebbe abbandonata per davvero. Si aspettava che da un
momento all’altro
avrebbe fatto inversione, tornando da lei.
Era
l’ordine delle cose. Loro due erano stati creati per
stare insieme.
Ma
la macchina accelerò e basta, senza tentennare e
proseguì
a velocità sempre più elevata fino a che persino
Stefan, con la sua super
vista, non riuscì più a scorgerla.
Bonnie
tremò: forse era finita sul serio.
“Well I’d never
want to see you unhappy
I thought you’d
want the same for me
Goodbye
my almost lover
Goodbye my
hopeless dream
I'm trying not
to think about you
Can't you just
let me be?
So long my
luckless romance
My back is
turned on you
Should've known
you'd bring me heartache
Almost lovers
always do”
(Almost lover-
A Fine Frenzy).
Il
mio spazio:
Ciao
a tutte!!
Scusate
il ritardo ma sono partita e non ho scritto molto;
poi ho avuto problemi con internet … mi si è
rivoltata contro la tecnologia!
Stento
a credere di aver appena postato il capitolo 40. Ma ora
direi che delle spiegazioni sono dovute.
So
che molti di voi penseranno che sono impazzita,
probabilmente non condividete nemmeno questa scelta; lo ammetto:
è un po’
azzardata.
Si
parla spesso dell’egoismo di Damon (soprattutto nella
serie tv); si dice che dovrebbe cambiare, pensare agli altri, fare la
cosa
giusta. Ora, io sinceramente non ci trovo niente di male in un
po’ di sano
egoismo, specialmente perché è ciò che
definisce il personaggio di Damon. Lui è
un casinista, segue l’istinto ma non è cattivo.
Vuole semplicemente tenersi
vicino le persone che ama, non gliene faccio una colpa. A me piace
tantissimo
così.
In
tutta la mia storia, ho cercato di stare sulla linea di
questa impulsività ma adesso lo vediamo compiere una scelta
un po’ drastica e
lontana dalle sue idee. Perché? Beh, ha quasi ucciso Bonnie
ed è stato un bel
colpo. Improvvisamente si è reso conto di costituire un
grandissimo pericolo
per la ragazza e ha rivalutato molte sue scelte: lei è
finita spesso nei guai
per colpa sua; avrebbe potuto lasciarla dalla nonna, al sicuro, starle
lontano
e non darle ulteriori sofferenze. Alla luce di quella quasi
uccisione, le sue prospettive sono cambiate.
Vuole
che cresca, che abbia una vita umana, dei figli, che
diventi vecchia come sarebbe giusto. E soprattutto vuole proteggerle
dai lati
più egoistici del suo carattere che potrebbero indurla, un
giorno, a diventare
una vampira senza che ne sia pronta e consapevole.
È
chiaro che Damon non farebbe mai una cosa del genere, ma
ora è spaventato.
Parte
per liberarla, per mantenere la promessa fatta a sua
madre.
Vi
avevo detto che sarebbe cresciuto fino alla fine della
storia ed eccolo qui, il suo culmine: l’altruismo, il bene di
Bonnie.
Spero
tanto che potrete, non dico condividere, ma almeno
capire questa decisione.
Detto
ciò, ricordate che c’è ancora
l’epilogo, diviso in due
per cui … tante cose possono accadere! Fidatevi di questa
autrice che vi sta
tormentando da quasi due anni!
Mi
lancio in una piccolissima difesa anche di Stefan: quando
c’è stato bisogno di sollevare suo fratello di
peso e dargli due schiaffi, lo
ha fatto. Ora sa di non poter cambiare il piano dell’altro;
cerca di
convincerlo ma ad un certo punto si rassegna. Damon dovrà
trovare da solo la
strada per tornare a casa.
Ora
facciamo un piccolo riassunto delle visioni di Bonnie;
giusto per un po’ di chiarezza:
-
Il
primo sogno/ ricordo
in piazza di Spagna, le predice l’arrivo di Christopher e la
conseguente
aggressione. (capitolo 6).
-
Il
secondo era quello
della prigionia di Damon che poi si avvera nel momento in cui Klaus lo
cattura
(capitolo 16).
-
Il
terzo riguarda appunto
la partenza di Damon (capitolo 20).
-
L’ultimo
è il sogno in
cui Damon l’attacca mentre le sta massaggiando le spalle
(capitolo 36); questo
si riferisce alla scena che avete letto nello scorso capitolo.
Tutti
gli altri sogni che avete letto su Klaus, sono stati
indotti dal vampiro stesso per spaventarla e quello di questo capitolo
è (come
ribadisce Bonnie) solo un incubo. Klaus è morto per sempre,
lo giuro!
Se
avete altre domande, chiedete pure =)
Il
banner è sempre di Bumbuni.
Ci
vediamo a fine mese con il primo capitolo dell’epilogo (
intorno al 30- 31 gennaio).
Grazie
mille per tutte le letture e le recensioni che ricevo!!
Grazie di cuore.
Baci,
Fran;)
Ps:
ho letto tutte le recensioni a Crazy Little Thing Called
Love e vi ringrazio infinitamente. Risponderò e
riprenderò ad aggiornare non
appena avrò terminato A&W.
|
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Capitolo 41 *** It's all coming back to me ***
Ashes &Wine
Epilogo- parte 1: It’s all coming
back to
me.
“There were nights
when the wind was so cold
That my body froze in bed
If I just listened to it
Right outside the window
There were days when the sun was so cruel
That all the tears turned to dust
And I just knew my eyes were
Drying up forever”.
Bonnie
guardò l’auto sfrecciare via.
Rimase
lì, paralizzata per alcuni minuti finché Stefan
gentilmente non la ricondusse in casa.
Quella
sera Caroline piombò come una furia al Pensionato.
Avrebbe sicuramente strozzato Damon se lo avesse avuto tra le mani.
Bonnie
quasi non se ne accorse, non parlò nemmeno.
Dopo
essersi preparata per la notte, si sedette sul davanzale
della sua finestra e attese con pazienza un’oretta, poi si
mise a dormire.
Così
fece il giorno dopo e quello dopo ancora fino a che non
divenne un’abitudine. Tra mattina, pomeriggio e sera si
prendeva sempre un po’
di tempo per guardare fuori dalla finestra e aspettare.
Improvvisamente
si era sentita catapultare indietro di dieci
anni, quando sperava di vedere apparire Damon nel cortiletto di entrata
del
collegio.
Dopo
la prima settimana, i momenti di attesa si accorciarono
sempre più; quelle che erano ore diventarono presto minuti.
Un
giorno Bonnie lasciò la sua finestra e chiese a Stefan il
permesso di usare il denaro di famiglia per regalare una vacanza alle
sue
amiche.
Partirono
per la California e fu fantastico. Da lì la rossa
volò alla volta di Edimburgo e trascorse il resto
dell’estate a casa della
nonna.
Le
insegnò cose sulla magia druida che la signora Flowers
non poteva nemmeno immaginare; le fece conoscere suo zio. Bonnie
scoprì di
avere dei cuginetti. Scoprì di avere ancora una famiglia;
una vera famiglia che
non l’avrebbe mai abbandonata.
Ritornò
a Fell’s Church per l’inizio
dell’università. La
vita riprese il suo normale corso e Bonnie si premurò di non
sprecare più di
qualche secondo per guardare fuori dalla finestra.
Ormai
aveva capito che Damon non sarebbe più tornato.
Un
anno dopo.
Bonnie
si spostò per evitare uno schizzo d’acqua e
passò
presto al contrattacco. Si accertò che nessuno stesse
guardando e roteò
velocemente l’indice.
Caroline
la osservò corrugando la fronte, senza capire che
diamine stesse facendo. Un secondo dopo, attorno a lei si
creò un piccolo
mulinello che la risucchiò cacciandole la testa
sott’acqua.
La
rossa liberò una risata sinceramente divertita a quella
scena da cartone animato. La ripicca normalmente non era nella sua
natura ma
capitava che Caroline abusasse un po’ troppo delle sue
abilità da vampira; in
quei momenti anche Bonnie si sentiva in diritto di giocare sporco.
L’amica
riemerse tossendo furiosamente e le lanciò
un’occhiata irritata.
“Era
proprio necessario farmi bere tutto questo cloro?”
berciò.
“Stai
scherzando vero?” replicò Bonnie “Lo
schizzo di prima
per poco non mi fa arrivare dall’altra parte della piscina.
Te lo sei
meritato”.
“Da
quando sei diventata così vendicativa?”
scherzò l’altra
issandosi sul bordo “Spero di non diventare mai una tua
nemica”.
“Solo
se la smetterai di parlare nel sonno”.
“Io
non parlo nel sonno” replicò Caroline indignata.
“O
sì, cara” ribadì Bonnie.
I
vampiri non dovevano respirare per vivere, perciò non
russavano nemmeno. Il che era un gran sollievo per la piccola strega,
che
necessitava più che mai un riposo senza interruzione.
Caroline
compensava con delle lunghe chiacchierate con se stessa
nel sonno. Non sempre, ma alcune settimane sembrava di assistere al
Forbes talk
show.
Elena
una volta aveva provato a soffocarla con il cuscino ma
c’era sempre la questione immortalità di mezzo.
Rumori
notturni a parte, la loro era una convivenza niente
male. Poco dopo il loro trasferimento, erano state invitate ad unirsi
ad una
confraternita femminile, legata ad ente di beneficienza
dell’università.
Era
una delle associazioni studentesche più importanti del
campus, ma non aveva assolutamente niente a che fare non le
confraternite snob,
frivole e tutte rosa che si vedevano nei film per teenagers.
Le
tre amiche avevano accettato più che volentieri, per
motivi molto differenti: Caroline ed Elena per una mera questione di
vanità.
Appartenere ad una delle confraternite migliori del college aveva
soddisfatto
il loro ego da prime donne; Bonnie semplicemente era contenta di vivere
in una
grande villa che le ricordava il Pensionato. Aveva passato anni e anni
nei
dormitori della sua scuola in Italia; almeno adesso poteva respirare
aria di
casa.
Anche
Matt e Tyler studiavano a Dalcrest; avevano una stanza
nell’ala maschile delle camerate del campus. Erano stati
ammessi nella squadra
di football. A Matt avevano perfino offerto una borsa di studio per lo
sport.
Anche
Stefan, per stare vicino ai suoi amici (in particolare
Elena e Bonnie) si era iscritto ai corsi ma non frequentava quasi mai
le
lezioni; si presentava solo per sostenere gli esami. Così
aveva affittato un
piccolo appartamento vicino al campus in modo da non occupare
inutilmente una
stanza che sarebbe servita a chi aveva davvero bisogno di seguire. Ogni
tanto
ritornava al Pensionato per controllare che fosse tutto in ordine. In
realtà,
segretamente sperava che un giorno avrebbe ritrovato Damon, a bere il
suo
bourbon in salone, ma si era ben guardato dal dirlo a Bonnie. La
ragazza
sembrava aver riacquistato la sua serenità e lui non voleva
turbarla.
A
conti fatti, quell’anno si era rivelato molto più
tranquillo e facile di quello che si aspettavano tutti. Evidentemente,
dopo
aver affrontato i peggiori pericoli, il primo anno di
università era parso una
barzelletta.
Bonnie
aveva ricercato così a lungo la normalità che
quasi
non credeva di averla raggiunta. Riusciva a godersi molto meglio le
piccole
cose, i momenti quotidiani che tanti suoi coetanei ritenevano noiosi.
Non
saltava quasi mai le lezioni, affrontava gli esami con
spirito tranquillo, cercava di non perdersi nemmeno un attimo della sua
vita
scolastica. Le sembrava un sogno essere arrivata sana e salva
all’università.
Aveva
poi fatto tesoro di un’esperienza che la maggior parte
delle persone ripetevano ogni anno: il Natale in famiglia.
A
dicembre era voltata di nuovo in Scozia, dalla nonna, con
Stefan. Non trascorreva una festività con i suoi cari da
talmente tanto tempo
che si era praticamente dimenticata cosa si provasse: allegria, buon
umore,
voglia di stare insieme.
Stefan
l’aveva ringraziata innumerevoli volte per aver
concesso anche lui
quella possibilità.
Dopo secoli da vampiro, si era sentito per poche ore davvero umano ed
era stato
strano e meraviglioso.
Da
quando suo fratello era partito, Stefan aveva trascorso
davvero molto tempo con Bonnie; forse perché condividevano
la stessa perdita e
pur senza parlarne, si capivano e si confortavano.
“Lo
stai facendo ancora”.
La
rossa sbatté le palpebre e si voltò verso
Caroline che la
osservava con un sopracciglio alzato.
“Cosa?”
chiese confusa.
“Sembravi
in trance” la informò la vampira “Sul
serio,
Bonnie, a volte mi fai paura”.
“Stavo
solo ripensando a quest’anno”.
“Sì
beh … fallo in privato!” la sgridò
Caroline “Quando ti
fermi così in fissa, temo sempre che i tuoi Poteri stregosi
abbiano captato
qualcosa di male”.
Bonnie
ridacchiò “Se sono uscita io dalla paranoia, puoi
farlo anche tu”.
“Tu
dammi una mano, però” Caroline con la coda
dell’occhio
notò un ragazzo avvicinarsi a loro “Sta
arrivando” le sussurrò.
“Chi?”.
“Il
tuo spasimante”.
Doveva
ammettere che in quell’anno non le erano mancati i
corteggiatori; il college era pieno di ragazzi con gli ormoni a mille.
Alcuni
volevano solo una cosa, altri avevano intenzioni più serie
ma pochi erano stati
capaci di catturare l’attenzione di Bonnie.
Uno
di questi si chiamava Zander. Sulla carta rappresentava
praticamente l’uomo perfetto. Era bello, con i capelli
biondi, quasi bianchi,
gli occhi azzurri e luminosi; alto e allenato; il viso dai contorni
definiti e
gli zigomi alti.
Dolce
di carattere, gentile e compassionevole, molto più
maturo dei suoi coetanei. Aveva un’aria quasi di altri tempi,
un vero e proprio
cavaliere.
Bonnie
aveva deciso di concedergli una possibilità ma
già al
secondo appuntamento aveva capito che avrebbero potuto essere solo
amici.
Caroline
ed Elena in più occasioni le avevano suggerito in
modo piuttosto velato il nome di Damon come motivo per cui non riusciva
più
nemmeno a pensare ad una relazione romantica. Bonnie lo aveva smentito
categoricamente.
Se
così fosse stato, alla domanda ‘che
cos’ha Zander che non
va?’, avrebbe dovuto rispondere spontaneamente ‘non
è lui’.
Il
problema, molto più semplicemente, risiedeva nel fatto
che nessuno dei ragazzi che aveva frequentato, erano riusciti a
stuzzicare il
suo interesse.
In
quel senso Damon l’aveva probabilmente rovinata,
perché
le risultava davvero difficile trovare interessanti dei semplici
studenti, dopo
aver condiviso così tante emozioni con un vampiro centenario.
Riteneva
inutile buttarsi in un altro rapporto serio, se
neppure ne valeva la pena. Non le piaceva tenere i ragazzi sul filo del
rasoio
per sport. Se non sentiva la chimica, allora la finiva ancor prima di
cominciare.
Forse
non era nemmeno pronta ad avere un fidanzato. Durante
quell’anno aveva ritrovato un po’ di
stabilità, si era resa conta di potercela
fare da sola. Adorava quella sensazione d’indipendenza e se
la voleva tenere
stretta.
“Ehi,
Zander” lo salutò “Come sono andati gli
esami finali?”
gli domandò mentre prendeva un asciugamano e se lo stringeva
attorno al corpo.
“Piuttosto
bene … credo … spero” si corresse lui
“I tuoi?”.
“Non
so ancora i risultati; usciranno tra un paio di giorni.
E poi mi manca ancora un appello”.
Il
giovane le sorrise e tirò un sospiro; sembrava che si
stesse preparando a chiederle qualcosa di grosso “Settimana
prossima c’è la
festa per la fine dell’anno accademico. Hai qualcuno che ti
accompagna?”.
“In
realtà pensavo di andarci con …” ma si
bloccò. Stava per
dire che voleva andare con le sue amiche ma solo in quel momento si
ricordò che
l’unica rimasta al campus era Caroline e che sicuramente
sarebbe stata con
Matt.
“No,
con nessuno” rispose timidamente.
“Potrei
farti da cavaliere” le propose.
Bonnie
sorrise imbarazzata e cercò il modo più gentile
per
declinare “Zander …”.
“Non
continuare; so cosa vuoi dire” la interruppe lui
“Ho
perso le speranze ormai d’invitarti da qualche parte come mia
ragazza. Intendevo
da amici; io sono qui da solo, tu pure. Sarebbe da sfigati presentarsi soli”.
Bonnie
s’intenerì immensamente: Zander aveva preso bene
il
suo rifiuto, ma chiaramente sperava in qualche cambiamento.
Da
una parte la rossa non desiderava illuderlo, dall’altra
rifletté
sull’ultima affermazione: lei non voleva fare la figura della
sfigata e
soprattutto voleva divertirsi, passare una bella serata e con Zander
quello era
assicurato.
Dopotutto
anche lui aveva ribadito che si trattava di un
invito in amicizia, che c’era di male?
“Accetto
volentieri” rispose Bonnie con un grosso sorriso.
Qualche
minuto dopo, Caroline la stava trascinando verso la
confraternita, tempestandola di domande. Approvava in pieno quella
minuscola
svolta negli eventi perché magari avrebbe portato ad un
sentimento più grande,
sebbene Bonnie fosse molto convinta a mantenere tutto sul piano
dell’amicizia.
Entrarono
nella grande villa e si diressero in camera. In
quegli ultimi giorni l’avevano occupata solo loro due dato
che Elena era
partita con Stefan alla volta dell’Europa per una vacanza.
Posarono
le borse della piscina e si prepararono per farsi
un doccia quando una delle loro compagne piombò nella stanza
saltellando
euforica.
“Sally,
che ti prende?” si stranì Caroline.
“Ho
appena incontrato il ragazzo più bello del mondo”
esultò
battendo le mani.
“E’
fantastico” esclamò Bonnie senza capire bene
perché lo
stesso comunicando proprio a loro.
“Peccato
che non fosse interessato a me” aggiunse con una
nota un po’ delusa “Cerca te, Bonnie”.
“Me?”
ripeté sbalordita la strega puntando il dito verso se
stessa.
“Sì”
confermò l’altra “Dice di averti visto
da qualche parte
nel college; ha chiesto in giro e ha scoperto che vivi qui”.
“E
com’è questo ammiratore segreto?”
s’incuriosì Caroline
più eccitata di Bonnie per quella notizia.
“Beh,
non è altissimo” ammise Sally “Ma tutto
il resto
compensa: capelli scuri, pelle molto chiara, fisico asciutto e ben
proporzionato e i suoi occhi! Mamma mia, i suoi occhi …
così neri e brillanti,
come la notte”.
Il
sorriso di Bonnie si gelò gradualmente durante la
descrizione. Occhi neri come la notte. Le
ricordavano qualcuno.
“Vuole
parlarti” continuò Sally “Ti sta
aspettando qua
fuori”.
Caroline
corse alla finestra. Le era sorto esattamente lo
stesso dubbio della sua amica. Diede una rapida occhiata al piazzale di
fronte
alla villa e inorridì quando i suoi occhi individuarono due
figure, entrambe
conosciute.
“Bonnie”
la chiamò con un fil di voce “Vieni qui un
secondo”.
“E’
lui, vero?” disse la strega avvicinandosi alla finestra.
Assottigliò gli occhi per distinguere meglio i due uomini
che chiacchieravano
davanti alla confraternita “L’altro è
Alaric?”.
“Sembra
proprio di sì” confermò Caroline.
“Figurati!
Il suo fedele compagno di cazzate” sbottò Bonnie
togliendosi dalla finestra per non farsi scoprire.
Tornò
in fretta da Sally, la prese per le spalle e si
assicurò che i loro sguardi fossero fissi l’uno
nell’altro. Risvegliò il suo
Potere e si concentrò sulle parole che stava per pronunciare
“Devi andare da
quel ragazzo e dirgli che non sono più qui, che sono partita
e che non sai
quando ritornerò. Deve apparire convincente. E se ti chiede
di essere invitato,
mandalo all’inferno”.
Sally
annuì e lasciò la stanza, pronta a svolgere il
compito
che le era stato affidato.
“Era
necessario soggiogarla?”.
“Sì”
affermò lei “Deve crederci davvero”.
“E
se Alaric e … Damon
non ci cascassero?” aveva quasi paura che quel nome
causasse un tracollo
nervoso alla sua amica.
“Volevo
guadagnare un po’ di tempo” spiegò
Bonnie “Ma perché
è tornato?”.
Non
era stato facile superare l’abbandono di Damon. Qualche
giorno dopo la sua partenza, si era mostrata allegra e spensierata, ma
di notte
aveva tenuto a lungo la luce accesa.
Tra
le vacanze, la visita a sua nonna e i preparativi per il
college era riuscita ad occupare la mente, almeno di giorno. Ma quando
calava
il sole e tutti andavano a dormire, rimaneva sola con le sue paure e si
tormentava.
Le
mancava. Le mancava la sua compagnia, il suo umorismo
sempre fuori luogo, il senso di sicurezza che le dava. Le mancavano le
notti
passate a parlare e le notti in cui gli unici suoni che si udivano
erano gemiti
e frasi sconnesse, quando la loro intimità si faceva
talmente intensa da
sconvolgere entrambi.
Le
era sempre sembrato tutto così giusto e bello. Damon
aveva i suoi difetti ma era capace come nessun altro di donarle un
sorriso. E
da un lato lo comprendeva; comprendeva il perché della sua
partenza: nella sua
mente contorta era parso il metodo più efficace per metterla
al sicuro. Lei
stessa si era offerta a Klaus per difendere i suoi cari; quindi non
faticava a
mettersi nel suo punto di vista. Ma non poteva credere che se ne fosse
andato
davvero. Lo sentiva come un tradimento e non lo avrebbe mai accettato.
Con
Damon aveva sofferto tanto, ma aveva pure toccato
livelli di felicità che non credeva raggiungibili. Si
potevano cancellare quei
ricordi?
No;
si potevano reprimere in qualche angolo dell’inconscio.
Ed era proprio ciò che Bonnie aveva fatto.
Le
ci era voluto del tempo; non si era ripresa dalla sera alla
mattina e in parte la colpa era anche sua: considerava quei ricordi
troppo
preziosi per lasciarli andare con leggerezza. Aveva lavorato su se
stessa per
convincersi di non avere bisogno di qualcuno per stare bene.
Giorno
dopo giorno alla fine aveva relegato Damon in uno
spazio buio della sua memoria, decisa a non richiamarlo mai
più.
Angosciarsi
non l’avrebbe fatto ritornare.
L’improvvisa
ricomparsa del vampiro gettava tutti i suoi
sforzi all’aria. Rimanere forte e sicura lontano da lui non
costituiva un
problema, ma cosa sarebbe successo ora che era lì a cercarla?
Se
svanita la rabbia e la delusione, lo avesse perdonato? O
se Damon in qualche modo fosse riuscito a persuaderla?
Lei
non voleva perdonarlo, né essere spinta a cambiare la
sua idea. Non
voleva restituirgli il potere di ferirla di nuovo.
“There were
moments of gold
And there were flashes of light
There were things I'd never do again
But then they'd always seemed right
There were nights of endless pleasure
It was more than any laws allow”.
“Hai
la faccia tosta peggiore del pianeta, lo sai vero?”.
“Non
dirmi che sei ancora arrabbiato!”.
“Arrabbiato?
Per cosa? Sei sparito per un anno e adesso
ritorni e pretendi il mio aiuto. Chissà perché
dovrei essere arrabbiato”.
“Ti
ho chiamato. Dalle Antille, ricordi?”.
“Ci
è mancato tanto così perché ti
raggiungessi e ti
uccidessi con le mie mani”.
“Sei
diventato un tipo sanguinario, Ric?”.
L’insegnante
si limitò a schioccargli un’occhiata
minacciosa.
Il
vampiro ghignò e continuò a guidare. In
realtà era davvero
una fortuna che Alaric non fosse andato a cercarlo nelle Antille
perché non lo
avrebbe trovato.
Dopo
essere partito da Fell’s Church, Damon si era diretto
in California bazzicando un po’ per la costa occidentale.
Party sulla spiaggia
e ragazze in bikini erano il suo paradiso ma presto aveva capito che
quel tipo
di divertimento non faceva più per lui.
Aveva
girato la macchina, ripercorrendo la strada per poi
virare verso New Orleans, una delle città che vantava un
ricco folklore
vampiresco. Non c’era da stupirsene, dato che pullulava di
vampiri
perfettamente nascosti tra la gente comune. Lì, Damon era
finalmente riuscito a
conquistarsi un po’ di pace.
Non
era durata molto. Passato poco più di due mesi, aveva
iniziato a sentire un certo fastidio, un brutto presentimento; gli
torturava lo
stomaco fino a salirgli in gola per ricadere all’altezza del
cuore.
Klaus
era morto ma quanti pericoli potevano esserci là
fuori? Stando lontano da Bonnie poteva proteggerla da se stesso ma
dagli altri?
Non
gli ci era voluto molto per puntare la macchina alla
volta di Fell’s Church. Il suo piano era semplice: dare una
veloce controllata
al Pensionato, verificare che la rossa e suo fratello fossero ancora
vivi e in
salute, e ripartire.
Arrivato
alla grande villa, l’aveva trovata buia e vuota.
Solo allora aveva finalmente preso coscienza di quanto tempo fosse
trascorso:
tre mesi.
Del
vecchio gruppo non era rimasto più nessuno a
Fell’s
Church: stavano frequentando il college.
Rintracciare
Bonnie dentro il campus fu più facile del
previsto: era diventata piuttosto famosa poiché faceva parte
di una delle
confraternite più importanti.
Damon
decise di visitare la casa che la ospitava. Si
immaginava di trovarla in dolce compagnia; era pronto a spezzare la
gambe di
quella dolce compagnia ma ancora
una
volta la sua streghetta era stata capace di stupirlo.
Sotto
forma di corvo, il vampiro aveva preso posto su un
ramo e l’aveva osservata mentre parlava ridendo con una delle
sue compagne.
Damon
si accorse appena della presenza dell’altra giovane; i
suoi occhi neri non lasciarono Bonnie nemmeno un secondo.
Smise
di mentire a se stesso: non aveva guidato fino a
Dalcrest per proteggerla, per calmare il suo senso di colpa
né per tenere
d’occhio la situazione. Voleva semplicemente vederla.
D’un tratto la sensazione
di malessere che gli aveva attanagliato il corpo negli ultimi tempi
sparì.
Avrebbe
dovuto lasciare la cittadella universitaria il
giorno seguente, ma preferì rimandare, come un bambino che
chiede alla mamma
cinque minuti in più prima di svegliarsi, soltanto per
godersi il suo sogno.
Le
settimane si trasformarono in mesi e Damon intese che non
se ne sarebbe andato tanto presto.
Se
ne stava in disparte, la guardava da lontano, memorizzava
le sue abitudini, i suoi movimenti, le sue espressioni.
Non
poteva parlarle, non poteva rivelarle la sua presenza,
non poteva nemmeno toccarla. Erano separati da un confine invisibile ma
Damon
sembrò ritrovare un po’ di pace: la lotta in lui
si era finalmente calmata.
Lentamente
iniziò ad imparare molto più cose di Bonnie di
quanto potesse immaginare.
Riguardando
indietro, comprese che il più grande errore che
avesse commesso era stato quello di non prendersi del tempo per
osservarla e
basta. Forse, se avesse distolto un attimo l’attenzione da se
stesso o dai
rischi che li circondavano, avrebbe scoperto come renderla felice senza
passare
per tutti i gradi di sofferenza ammessi dall’anima.
Non
aveva mai creduto che per farla sorridere sarebbero
bastati dei semplice atti di gentilezza, affetto e rispetto che tutti
in quel
college parevano riservarle.
Un
tipo come lui, abituato alla grandezza, al potere,
superiore alla gente comune, non aveva mai concepito la bellezza delle
cose
ordinarie.
Ma
anche in quel caso probabilmente si sbagliava: non si
trattava di cadere nel banale, ma solo di mostrare un po’ di
amore. E ormai la
maschera del vampiro solo, freddo e insensibile aveva perso la forza di
una
volta ed era diventata una scusa poco convincente.
Non
sentiva di essere cambiato, non sentiva di essersi
rammollito o di aver rinunciato al suo potere. Rimaneva sempre Damon
Salvatore,
un vampiro centenario, dal fascino fatale e il resto del mondo avrebbe
fatto
meglio a non dimenticarlo mai.
Ma
era anche un vampiro innamorato di una piccola strega dai
capelli rossi e sorprendentemente non aveva più paura di
ammetterlo.
“Sul
serio …” lo riportò alla
realtà Alaric “ … Perché hai
deciso di tornare proprio adesso?”.
Domanda
legittima. Se l’era posta perfino lui stesso in
più
di un’occasione. Per tutti quei mesi aveva vissuto nel
terrore che prima o poi
si sarebbe presentato il ragazzo che lo avrebbe sostituito, il ragazzo
giusto,
quello che non se la sarebbe fatta scappare.
Per
quanto l’idea lo tentasse, non si era mai permesso di
pedinarla durante i suoi appuntamenti. L’attendeva sul solito
ramo davanti alla
sua camera e ogni sera temeva di non vederla ritornare a casa. Ma lei
tornava
sempre, da sola.
Damon
ne era indubbiamente confortato: forse Bonnie non
riusciva ad interessarsi a qualcuno, perché non lo aveva
ancora dimenticato
completamente.
Sembrava
che i suoi piani gli si fossero rivoltati contro:
anche l’idea di proteggerla da lontano iniziava ad apparire
irrealizzabile.
Non
sarebbe mai stato capace di stare a guardare qualcun
altro renderla felice, legarla a sé e spazzare via tutti i
ricordi e il bene
che un tempo li avevano uniti. Non avrebbe ceduto il suo posto
così facilmente,
non senza provarci almeno un’ultima volta.
Le
aveva fatto tanto male ma credeva di aver finalmente
imparato qualcosa di utile dalle cazzate che aveva combinato. Si era
accorto di
quanto aiuto gli avesse dato senza nemmeno sforzarsi tanto. Lei, con
quella
testardaggine che lo aveva sempre innervosito, lo aveva sfidato,
sgridato,
sempre pronta a mettere tutto in discussione, a sbattergli in faccia la
realtà,
a porlo davanti ad una scelta.
Non
nascondeva i suoi sentimenti, li lasciava scorrere
liberi, a volta esplodere, non si risparmiava mai. Bonnie ci aveva
creduto.
Damon
invece ci aveva solo sperato, dando per scontate tante
cose. Voleva rimediare, voleva dimostrare di meritarsela.
“Sarebbe
bello poter annullare quest’ultimo anno”
parlò
infine il vampiro “Tornare indietro e fermarmi quando mi ha
supplicato di non
andarmene. Avrei dovuto darle retta”.
“Perché
ora?”.
“Perché
quando sono partito, l’ho fatta sentire inutile e
superflua” chiarì “Perché non
mi sono voltato quando mi ha chiamato; l’ho
ignorata, evitata e non l’ho ascoltata. Non si dovrebbe
sentire così per colpa
mia” sospirò “Sono tornato
perché ora so cosa devo fare”.
“Ti
prego, dimmi che non include la morte di nessuno” si
allarmò Alaric temendo già per la vita di qualche
povero ragazzo che si era
disgraziatamente messo tra il vampiro e la sua preda.
“No,
prevede solo me in ginocchio sui ceci, con le mani in
preghiera ad implorare perdono”.
L’espressione
dell’amico cambiò radicalmente “Allora
sono
più che contento che tu mi abbia chiamato. Almeno
avrò un posto in prima fila
per lo show”.
“Riesci
sempre a tirarmi su il morale”.
“Sono
qui per questo” sorrise malignamente Alaric
“Dunque, qual
è il piano?”.
Damon
posteggiò la macchina in uno dei parcheggi del college
e si girò verso l’uomo. Non gli serviva veramente
l’aiuto di qualcuno, poteva
benissimo farcela da solo, ma, dopo essere sceso a patti con la sua
coscienza,
aveva capito che gli mancava tantissimo il suo amico. Lo aveva cercato
semplicemente per condividere il piacere di un altro ricordo insieme.
“Prima
di tutto devo parlarle, in privato”.
“Bonnie
vive in una confraternita adesso. È una vera e
propria casa; devi essere invitato per entrare e lei non
sarà molto d’accordo”.
“Allora
chiederò
gentilmente ad una sua consorella. Non sarà un
sacrificio scambiare due
parole con una sexy universitaria”.
“Sexy
universitaria? Quante volte hai visto ‘Maial
College*’?”.
“If you forgive me
all this
If I forgive you all that
We forgive and forget
And it's all coming back
to me
When you see me like this
And when I see you like that
We see just what we want to see
All coming back to me
The flesh and the fantasies
All coming back to me
I can barely recall
but it's all
coming back to me now”.
Ho
appena incontrato il
ragazzo più bello del mondo.
La
rossa sbuffò sonoramente. Si girò e
abbracciò il cuscino.
Cerca
te, Bonnie.
Si
voltò dall’altra parte e si portò
dietro il lenzuolo,
arrotolandosi sempre più. Iniziava a sentire caldo.
Mamma
mia, i suoi occhi …
così neri e brillanti, come la notte.
Scostò
con uno scatto secco le lenzuola e si acciambellò su
se stessa. Strinse le palpebre e scacciò quei pensieri. Era
notte, doveva
dormire.
Caroline
dormiva tranquillamente, quindi anche lei doveva
dormire.
Per
qualche secondo pensò di aver finalmente ritrovato la
pace e un sorriso sereno le si formò sulle labbra; poi
aggrottò le
sopracciglia, turbata e riaprì gli occhi innervosita.
Si
alzò dal letto e uscì dalla camera, strisciando i
piedi
nudi sul pavimento. Scese in salotto nella speranza di incontrare
qualche sua
compagna ancora sveglia con cui scambiare due chiacchiere. Tutte tranne
Sally.
La
casa era ovviamente deserta e immersa nel silenzio. Ora
che le serviva qualcuno con cui parlare, tutte le sue amiche decidevano
di
andare a dormire presto come delle brave studentesse!
Si
accucciò su una poltrona e poggiò le braccia
sopra il
bracciolo e il mento sopra i gomiti. Mise il broncio.
Non
era stato facile liberarsi di Damon. Non aveva sprecato
molto tempo ad abbattersi nel dolore ma non aveva potuto nemmeno farlo
sparire
con uno schiocco delle dita.
Non
aveva più pianto dal giorno in cui se n’era
andato. Lo
avrebbe desiderato, almeno come forma di sfogo, ma le lacrime si erano
esaurite. Aveva pianto fin troppo per Damon Salvatore e qualcosa in lei
le
aveva imposto di non cedere. Quasi non lo aveva più nominato.
Era
diventata più forte, era riuscita ad arginare i ricordi
che l’avevano braccata prepotentemente, si era fatta strada
da sola. Non aveva
bisogno di qualcuno per andare avanti. Finalmente sentiva di aver
conquistato
la sua indipendenza.
Come
si permetteva di tornare dopo tutto quello che le aveva
fatto passare?
Lo
aveva pregato, lo aveva inseguito; per poco non si era
messa davanti alla sua macchina per impedirgli di proseguire. Lui non
si era
neanche girato.
Damon
sicuramente rappresentava una parte importante della
sua vita, un bel ricordo; ma quello doveva rimanere: un ricordo.
Era
stata costretta a soggiogare Sally. Non voleva rischiare
di essere scoperta subito. Non aveva alcun desiderio di rivedere il
vampiro e
si era inventata la prima scusa (banale) che le era venuta in mente.
Quanto
lo avrebbe tenuto a bada?
Improvvisamente
percepì qualcosa di strano, un’energia
estranea e di certo non umana. La strega
s’irrigidì sulla poltrona.
Da
almeno un anno non aveva più avuto a che fare con
creature sovrannaturali pericolose; credeva di essersene finalmente
liberata.
Sempre
più tesa, si concentrò per esaminare quella
minuscola
traccia di Potere che gradualmente s’ingrandiva.
Non
riusciva a capire di cosa si trattasse, ma di sicuro era
in casa e si stava avvicinando; poi improvvisamente riconobbe
quell’aura.
Invece
di tranquillizzarsi, si agitò ancor di più.
Sapeva
che non avrebbe potuto scamparla a lungo, ma sperava di superare la
notte senza
doversene occupare.
Non
si voltò quando udì dei passi spezzare il
silenzio; si
mosse solo nel momento in cui lo
vide
attraverso il riflesso della finestra.
Balzò
giù dalla poltrona e si posizionò dietro allo
schienale, come se si sentisse più protetta con qualcosa a
dividerla da lui.
Si
fissarono per interminabili minuti. Mille pensieri ed
emozioni passarono per le loro teste. Damon poteva riassumerle sotto
un’unica
parola: contentezza.
Bonnie
avvertì un moto di conforto invaderla ma venne subito
sostituito da rabbia, disillusione, avversione e sospetto.
Il
vampiro aprì bocca per parlare ma lei lo interruppe
subito “Come sei entrato?”.
L’altro
ghignò e fece scorrere lo sguardo per il salotto
“Se
volevi tenermi fuori, avresti dovuto ipnotizzare tutte
le tue consorelle”.
Bonnie
sbuffò. Il suo piano era piuttosto traballante e poco
credibile ma, diamine, urlava di stare fuori dalla sua vita.
Perché Damon non
poteva semplicemente accettare un ‘no’?
“Come
hai trovato l’entrata, sarai anche in grado di trovare
l’uscita” lo freddò, sperando che
recepisse l’antifona.
Damon
apparve un po’ spaesato, preso alla sprovvista. Non si
aspettava che gli saltasse addosso dalla felicità ma nemmeno
un’accoglienza
così gelida. Fece un passo verso di lei, dando la strana
impressione di essere
impacciato ma Bonnie indietreggiò e alzò le mani
“Non ti avvicinare”.
“Streghetta
…”.
“Non
cominciare con i soprannomi. Cosa sei venuto a fare?”.
“Volevo
… vederti” non voleva sembrare troppo sicuro o
deciso. Era pienamente consapevole di essere in torto marcio.
“Volevi
vedermi?” ripeté allibita la ragazza
“Adesso? Cosa
c’è, Damon? Sei vicino alla morte e vuoi espiare i
tuoi peccati?”.
“Voglio
sistemare le cose”. Era una frase stupida, banale e
dal suono fastidioso ma non c’era altro modo per dirlo.
Bonnie
rise incredula e scosse la testa. Con Damon andava
sempre a ripetizione il solito disco rotto: voglio, faccio, ottengo.
“C’è
una cosa che devi sapere …” incominciò
lui.
“Non
parlare, vattene e basta” gli ordinò.
“Sissi,
mi devi ascoltare” asserì; il tono a
metà tra un
ordine e una supplica.
“Non
sono obbligata a fare proprio niente. Hai avuto la tua
occasione per parlare e io ti avrei ascoltato all’infinito;
l’hai sprecata”.
“Beh
…” sospirò Damon “Mi fa
piacere appurare che la tua
testardaggine non si è scalfita minimamente”.
“Certo,
continua pure con l’ironia. Tanto per te è tutto
un
gioco!” sibilò Bonnie trattenendosi
dall’urlare.
“Non
era ironia; constatavo solo un fatto” replicò.
“Ti
do due secondi per uscire. Poi ti darò fuoco” lo
avvertì
con una calma letale.
“Sono
stato uno stronzo, va bene?” sbottò infine
“Hai tutte
le ragioni per essere incazzata con me. Mi prenderei a calci da solo se
potessi
ma cerca di capire …”.
“Non
c’è niente da capire, Damon! Te ne sei andato per
un
anno. Un anno! E adesso torni qui e pretendi di trovare tutto come
prima? Sai
cosa vuol dire aspettare una persona per così tanto tempo?
Appostarsi alla
finestra sperando di vederla anche se sai che non tornerà
mai? Io sì! L’ho
fatto per ben due volte e non ho intenzione di riviverlo”.
“Mi
dispiace” ammise sinceramente il vampiro “Ferirti
era
l’ultima delle mie intenzioni”.
“Sarà
anche l’ultima delle tue intenzioni, ma è quello
che
fai sempre” osservò Bonnie “Non ha
neanche avuto il coraggio per dirmelo in
faccia; se non fossi venuta io ad affrontarti forse saresti
…”.
“No”
la contraddisse con forza “Ho aspettato l’ultimo
giorno
apposta. Se te lo avessi detto prima, mi avresti convinto in qualche
modo a
rimanere e io avrei ceduto perché volevo restare,
volevo …”.
“Allora
perché te ne sei andato?” chiese con una nota
particolarmente nervosa.
“Stai
scherzando? Da quando sono entrato nella tua vita, ho
combinato solo dei gran casini! Ti ho portato ad un passo dalla morte!
Non i
lupi mannari, non i vampiri di Greensboro, non Klaus; sono stato io!
Pensavi
davvero che me ne stessi fermo senza fare niente per impedire che
accadesse di
nuovo?”.
“Te
ne sei andato per un anno!” ribadì Bonnie con
enfasi “Mi
hai abbandonata per un anno!”.
“Non
ti ho abbandonata” rivelò Damon “Sono
stato via per
qualche tempo, poi non ho resistito. È da almeno sei mesi
che ti tengo d’occhio
da lontano; volevo assicurarmi che non ti accadesse niente di
male”.
Bonnie
alzò le sopracciglia e spalancò la bocca. Dovette
ricorrere a tutta la sua pazienza per non esplodere “Cosa ti
aspetti, un
ringraziamento? Mi serviva un ragazzo, non una babysitter. Immagino che
avessi
ragione: non potevi darmi quello che ti chiedevo” gli fece
notare ricordandosi
le ultime parole che si erano scambiati.
“Ho
sbagliato!” le concesse “Non è una
novità: io sbaglio
sempre! Credevo che fosse la cosa migliore, credevo di poter tenere le
distanze
e lasciarti vivere una vita normale ma non ne sono capace. Ho sbagliato
tutto”.
“Sì,
Damon, hai davvero sbagliato tutto; hai incasinato
tutto” concordò Bonnie “L’hai
fatta veramente grossa”.
“Non
sono l’unico” le rinfacciò
“Anche tu te ne sei andata,
quando mi avevi promesso di rimanere in casa. Ma a te è
permesso correre da
Klaus per farti ammazzare!”.
“Ti
stavo proteggendo” si difese Bonnie sempre più
arrabbiata.
“E
cosa credi che io stessi facendo?” le domandò
Damon di
rimando “Sei quasi morta, tra le mie braccia, per colpa mia.
E in quel momento
non me ne sono nemmeno preoccupato, perché avevi il sangue
di vampiro nelle
vene e sapevo che in qualche modo saresti tornata!”.
“Quindi
ha pensato di scappare” concluse lei “Acquisti
sempre più punti”.
“Mi
dispiace così tanto, Sissi” si scusò
Damon “Mi dispiace,
mi dispiace; sei la cosa migliore che mi sia capitata, la persona
più
importante”.
“No,
non è vero” obiettò la rossa, per nulla
scalfita dal
suo tono pentito “Se fossi così importante, non mi
avresti lasciata. Forse non
te ne è mai fregato niente di me, non mi hai mai voluto bene
…”.
“Ti
amo” confessò il vampiro, spiazzandola totalmente.
Nonostante
si fosse immaginato in modo diverso la scena, fu soddisfatto della
reazione che
scatenò. L’intento era stupirla, toccarla nel
profondo e ci riuscì.
“C-cosa?”.
“Mi
hai stregato anima e corpo, Bonnie Salvatore, e ti amo,
ti amo, ti amo” all’ultimo quasi gli
mancò la voce dal trasporto “D’ora in
poi
non voglio più separarmi da te**”.
Bonnie
pensò che il destino dovesse essere molto crudele:
sembrava che il loro tempismo nelle dichiarazioni rovinasse sempre
tutto.
“Arrivi
tardi, Damon” lo stroncò “Mi hai chiesto
di
dimenticarti e l’ho fatto. Lasciami in pace” si
diresse velocemente verso le
scale.
“Non
mentire” l’’avvertì
“Il tuo cuore batte come un matto. Lo
sento ”.
La
giovane si fermò “Non ho detto di non essere
più
innamorata di te” chiarì senza vergogna o
tentennamenti “Ho detto che ormai è
tardi” e riprese a salire i gradini.
“Bonnie”
la richiamò Damon. Lei si girò.
“Sognami”
le augurò rivolgendole uno dei suoi sorrisi
ammalianti.
La
strega non rispose e proseguì senza guardarsi indietro.
Era sicura di aver bloccato ogni memoria che la legasse a lui; poteva
resistere. Ma la vicinanza aveva brutalmente riportato tutto
ciò che la
lontananza le aveva permesso d’ignorare.
Ti
amo, Bonnie Salvatore.
Si
addormentò con un fremito.
“I finished crying
in the instant that you left
And I can't remember where or when or how
And I banished every memory you and I had ever made
But when you touch
me like this
and you hold me
like that
I just have to admit
That it's all coming back to me
When I touch you like this
And I hold you like that
It's so hard to believe but
It's all coming back to me”.
Nei
due giorni successivi Damon non le tese altri agguati. Forse
aveva colto il messaggio, forse aveva desistito. A Bonnie poco
importava il
motivo; le bastava stare in pace.
Voleva
evitare che Caroline si mettesse a setacciare il
campus in cerca del vampiro per prenderlo a mazzate in testa,
perciò non le
disse niente. Si sarebbe portata quel segreto nella tomba piuttosto che
allarmare tutti per niente.
Per
impedire che qualunque pensiero su di lui le si
installasse nella mente come un’erbaccia da estirpare, si
offrì di dare una
mano per la festa di fine anno organizzata dalle confraternite. Il suo
obiettivo fu raggiunto: tra gli esami finali e i preparativi
riuscì a superare
indenne le prime quarantotto ore.
All’alba
del terzo giorno qualcosa in lei scattò: si
scoprì
tremendamente arrabbiata e indignata.
Che
cosa aveva dato il diritto a Damon di tornare, di
cercarla e di confessarle il suo amore? Bonnie ci aveva provato
innumerevoli
volte ma lui l’aveva sempre bloccata perché non
era il momento giusto.
Quello
gli sembrava il momento giusto? Forse si aspettava
anche un premio per aver trovato il coraggio di parlare di sentimenti.
Si
pentì amaramente di non averlo cacciato fuori di casa a
suon di aneurismi o ancora meglio fuori dai confini della Virginia.
E
Alaric lo aveva pure aiutato, quel traditore! Un bel
discorso sarebbe toccato anche a lui.
Bonnie
fece quasi a pezzi una delle lanterne di carta che
stava sistemando. L’idea era quella di ricreare la Parigi
degli anni venti e
tutte le sue luci; ma se la rossa avesse continuato a rompere per il
nervoso
ogni cosa che le passava tra le mani, sarebbero rimaste ben poche
decorazioni.
Decise
di prendersi una pausa. La scena dall’esterno doveva
risultare parecchio comica: vedere una ragazza accanirsi su delle
lanterne di
carta senza un motivo apparente, quasi immaginasse sbattere con
violenza la
testa di qualcuno sul tavolo.
Qualcuno
sghignazzò divertito, altri non vi fecero caso;
l’unica a preoccuparsi davvero fu Gabby Lawrence, studentessa
di legge
dell’ultimo anno, direttrice della confraternita cui
apparteneva anche Bonnie.
Gabby
era una ragazza molto impegnata non solo nella
gestione della sua confraternita e dei bilanci, ma anche nel sociale.
Normalmente, gli eventi che organizzava avevano il doppio scopo di
raccogliere
fondi sia per le associazioni studentesche, sia per enti benefici.
Si
mostrava sempre molto puntigliosa e severa nelle sue
faccende, spesso rasentava un controllo maniacale (quasi ai livelli di
Caroline). Decise quindi di avvicinarsi e sondare il terreno,
più per accertarsi
che la sua serata non finisse in fumo, che per un reale interesse per
lo stato
emotivo della sua compagna di casa.
“Bonnie,
va tutto bene?” le chiese un po’ titubante.
La
rossa alzò gli occhi su di lei, colta di sorpresa
“Oh sì,
certo!” assicurò.
“Qual
è il tuo problema con le lanterne?” dritta al sodo.
Bonnie
intuì di essere in prossimità di una sgridata e
si
affrettò a rimediare “Niente! È solo
che ne ho rotte un paio mentre cercavo
d’infilarci il lumino”.
“Cerca
di salvarne qualcuna, va bene? Le ho ordinate in un
negozio ad Atlanta e sarebbe un casino farne arrivare altre”.
“Starò
più attenta” asserì la strega con un
sorriso
intimidito. Non l’avrebbe mai detto ad alta voce ma Gabby
Lawrence incuteva
decisamente più timore di tante creature sovrannaturali.
“Volevo
parlarti anche di un’altra cosa”
incominciò la
ragazza.
Santo
Cielo, cosa ho
fatto adesso?!
“In
realtà è un favore” precisò
Gabby “So che verrai alla
festa con Zander”.
“Sì”
confermò Bonnie domandandosi come potesse saperlo
“Mi
ha invitata l’altro giorno”.
“Ti
dispiacerebbe prestarmelo per l’asta degli
scapoli?” fu
la sua richiesta “So che non è educato
perché è il tuo accompagnatore ma è
davvero un gran figo e potrebbe tirare su un bel mucchio di
soldi”.
“Non
preoccuparti” la tranquillizzò Bonnie
“Andiamo alla
festa solo come amici, non c’è niente tra di noi.
Non mi dà fastidio, se a lui
va bene”.
“Glielo
chiederò appena lo vedo” esultò Gabby
“Grazie mille,
Bon” e si dileguò, pronta a comandare a bacchetta
qualcun altro.
“Non
c’è di che” rispose e posò
nuovamente lo sguardo sulle
lanterne tutte accartocciate. Sbuffò annoiata: doveva
trovare un modo per
sistemarle.
Controllò
velocemente che nessuno le stesse prestando
attenzione e mosse le dita della mano destra sussurrando un incantesimo
riparatore.
Sorrise soddisfatta non appena le lanterne ripresero la loro forma
originaria.
“Quello
è barare”.
Bonnie
per poco non saltò dall’altra parte del tavolo. Si
girò furente, incrociando gli occhi palesemente divertiti di
Damon e si ritrovò
per la seconda volta in pochi giorni a porre quella fastidiosissima
domanda “Tu
che ci fai qui?”.
“Un
giro. Mi fingo un giovane universitario in cerca della
sua strada”.
“Ci
sono centomila college in questo paese; va’ a fare lo
studente bello e impossibile in uno di quelli!”.
“Hai
detto che sono bello?”.
Bonnie
avrebbe potuto ucciderlo, sul serio.
“Senti,
Damon, non ho tempo per i tuoi giochetti. Devo
occuparmi di questa festa e ho gli esami tra due giorni. Qualunque cosa
tu stia
cercando, non la troverai qui; perché non puoi semplicemente
lasciar perdere?”.
“Mi
sembra di aver già lasciato
abbastanza” mormorò il vampiro piegando il capo di
lato.
“E’
stata una tua scelta” gli rinfacciò lei sostenendo
fiera
il suo sguardo.
Damon
era pronto a replicare ed insistere quando Gabby
piombò all’improvviso su loro due come un falco.
“Ehi,
Bonnie, chi è il tuo amico? Non credo di averlo mai
visto in giro” s’intromise; era entrata in
modalità flirt.
“Gabby
Lawrence” si presentò porgendo la mano.
“Damon
Salvatore” gliela strinse.
Gabby
allargò gli occhi “Siete parenti?” il
tono appariva
pacato ma in realtà nascondeva un certo compiacimento:
sentiva già di avere il
via libera per esibirsi nelle sue doti da civetta.
“Alla
lontana” specificò Damon.
“Bonnie,
perché non lo porti alla festa?” propose Gabby
“Sono sicura che le ragazze sborserebbero una fortuna per un
appuntamento con
lui” disse senza pudore.
“Appuntamento?”
ripeté lui sconcertato.
“Non
credo sia il caso …” iniziò la rossa.
“Di
che si tratta?” s’incuriosì Damon
spiazzando perfino se
stesso.
“Guarda”
Gabby gli mostrò il volantino che pubblicizzava la
serata “E’ la festa di fine anno. Tema: Parigi,
negli anni venti. Abbiamo
deciso di organizzare un’asta degli scapoli: chi fa
l’offerta più alta, vince
un appuntamento con il ragazzo che ha scelto. Di solito tutti il
ricavato lo
teniamo per la gestione delle attività e gestioni
scolastiche, ma quest’anno
abbiamo già messo da parte un bel po’ di denaro
grazie alle feste precedenti,
perciò lo devolveremo totalmente in beneficienza. Daremo una
mano
all’orfanotrofio della città”
spiegò con una precisione sorprendente
“Gabby,
sono sicura che Damon abbia altro da fare” provò a
dissuaderla Bonnie.
“Ci
sto!” accettò lui “In fondo è
per una giusta causa”.
La
strega alzò le mani in segno di rassegnazione.
“Fantastico!”
esclamò Gabby “Sembra che la riuscita della
serata dipenderà dai tuoi uomini, Bon”
azzardò e le fece un occhiolino prima di
andarsene.
“Chi
era quella?” ridacchiò Damon “Caroline
2.0?” ma quando
riportò l’attenzione sulla sua streghetta, il
sorriso gli morì sulle labbra.
“Tu
non puoi venire” disse lei.
“Non
è che abbia molto altro da fare”.
“Forse
non mi sono spiegata bene” sentenziò Bonnie
“Io non
ti voglio. È la mia
festa, del mio college, per la fine
del mio anno! Stanne fuori! Anzi,
intanto
che ci sei, sta’ fuori dalla mia vita”
mollò sul tavolo le sue amate lanterne e
marciò fuori dalla stanza decisa a mettere più
distanza possibile tra lei e
quello sbruffone.
Ovviamente
non fece molta strada; riuscì giusto a girare
l’angolo prima che Damon le si parasse davanti con la sua
super velocità.
“Non
puoi usare i tuoi Poteri qui! E se qualcuno ti
vedesse?” lo rimproverò digrignando i denti.
“Parla
la ragazza che aggiusta magicamente
le lanterne” replicò lui seccato “Lascia
che ti chieda
una cosa: non mi vuoi alla festa per quello che ha detto quella
ragazza?”.
“Cos’ha
detto?” chiese stancamente Bonnie.
“Che
la riuscita della serata dipenderà dai tuoi
uomini” le
riportò “Significa che ci vai con qualcun altro.
Chi è? Ancora quel tipo … Zander?”.
Il
volto della giovane si dipinse di un’espressione
indignata “Mi hai seguita anche negli
appuntamenti?”.
“Non
ti ho pedinata nei tuoi incontri romantici, no”
negò
“Ma è da parecchio che ti osservo da lontano e ho
imparato qualche cosa sui
tuoi spasimanti”.
“Questa
conversazione finisce qui” affermò Bonnie e lo
superò.
Damon
la trattenne per un polso “Hai paura che succeda come
alla festa di fine del liceo?” indovinò
“Credi che m’ingelosirò come con Tyler
e che farò un casino, vero?”.
“Finiscila
qui, ti prego” gli consigliò “Questo tuo
atto di
finto altruismo non ti farà guadagnare punti”.
“Non
voglio guadagnare punti” la corresse “Anche se mi
piacerebbe che tu apprezzassi lo sforzo” aggiunse.
“Allora
perché?”.
“Perché
è importante per te” ammise indicando sul
volantino
una scritta che riportava il nome dell’orfanotrofio.
Quella
non era solamente una giusta causa, era una
giusta causa che stava
particolarmente a cuore a Bonnie perché anche lei,
dopotutto, era una
bambina adottata.
“Sono
stata io a proporlo” gli rivelò “Volevo
che fosse
l’orfanotrofio a ricevere quei soldi”.
Damon
annuì “Lascia che ti dia una mano, almeno questa
volta”.
Bonnie
si morse il labbro, indecisa. Aveva l’impressione che
il suo consenso o il suo rifiuto avrebbero determinato ben
più di un evento di
beneficienza.
“If I kiss you
like this
And if you whisper like that
It was lost long ago
But it's all coming back to me
If you want me like this
And if you need me like that
It was dead long ago
But it's all coming back to me
It's so hard to resist
And it's all coming back to me
I can barely recall
But it's all coming back to me now
But it's all coming back”.
Bonnie
doveva ammettere di non amare alla follia Parigi. La
considerava una bella città ma senz’anima. Ci era
stata più di una volta ma non
le aveva mai trasmesso niente, non un brivido, non
un’emozione.
Durante
la sua ultima visita, un paio di anni prima,
qualcosa era cambiato: sola, seguita dalle luci di quella grande
città,
accompagnata dal silenzio, senza essere soffocata né dalla
folla né dal
traffico, aveva camminato a lungo per le strade di Parigi e aveva
scoperto una
città diversa, nuova, viva. La sua fantasia aveva cominciato
a lavorare e si
era lasciata guidare in un percorso alla ricerca del vero spirito di
Parigi,
dello spirito che poteva leggere nelle pagine dei grandi intellettuali
francesi
ma che non era mai riuscita a percepire prima di quella passeggiata.
Era
arrivata anche al punto di credere che Woody Allen le
avesse rubato l’idea girando Midnight in Paris. Non era mai
stata una grande
fan di quel regista ma aveva quel film nel cuore.
La
sala della festa non era minimamente paragonabile
all’originale, anche se tutto sommato, Bonnie dovette
riconoscere a Gabby un
certo talento nell’allestimento. Le pareti erano state
coperte da pannelli di
polistirolo raffiguranti scorci della Parigi notturna, al soffitto
avevano
invece assicurato per l’occasione dei lampadari che emanavano
una bella luce
soffusa e che donavamo atmosfera. E ai tavoli c’erano le
lanterne illuminate di
cui la rossa andava molto orgogliosa.
Zander
le strinse la mano e lei gli sorrise. Insieme fecero
il loro ingresso nella sala. Salutarono i loro compagni di scuola, si
congratularono per la fine degli esami che si erano svolti proprio
quella
mattina. Bonnie poteva dirsi abbastanza soddisfatta, sebbene non ne
conoscesse
ancora l’esito. Era certa di aver ottenuto almeno la
sufficienza e quella
sicurezza bastava per passare una serata tranquilla. Avrebbe pensato
più tardi
al voto effettivo e alla sua media.
Mentre
Zander continuava a conversare alcuni suoi compagni
di corsi, Bonnie fece scorrere lo sguardo per la sala: vide Caroline
sventolare
la mano con forza invitandola
a
raggiungerla. La ragazza si scusò con il suo accompagnatore
e si diresse verso
l’amica. A metà strada, però, si
fermò. Aveva una strana sensazione addosso,
una specie di brivido, un richiamo. E l’inquietudine non si
calmò finché non ne
individuò la causa: due occhi, neri
come
la notte, che la stavano seguendo da quando era entrata.
Alla
fine aveva accettato la presenza di Damon. Non ne era
del tutto convinta né contenta, ma ci teneva che la raccolta
fondi andasse bene
e il vampiro avrebbe sicuramente fatto la differenza. Già
s’immaginava orde di
ragazze buttare letteralmente in aria le loro banconote e strisciare
sul palco.
Damon
si staccò dal muro su cui era appoggiato (stile bello
e dannato, non si smentiva mai) e mosse qualche passo verso di lei.
Bonnie
riaccese all’improvviso la macchina della fantasia,
così come aveva fatto a Parigi anni prima. Lo
osservò avvicinarsi sempre più,
con un angolo della bocca piegato all’insù in una
smorfia irresistibile; rimase
immobile mentre le prendeva una mano, portandola alle labbra per
baciarla. Un
attimo dopo si ritrovò ad ondeggiare tra le sue braccia,
seguendo la musica in
sottofondo.
Tutto
le riportò alla mente il ballo di fine anno, quando
senza giochetti né maschere o ripensamenti, si erano
confessati di appartenersi
a vicenda. Da che ricordava, quella era stata la prima vera volta in
cui aveva
visto Damon completamente sincero e indifeso, nudo di fronte alla
verità.
Peccato
che accadde solo nella sua testa: Bonnie si
ricompose in fretta e sorrise debolmente al vampiro che nel frattempo
l’aveva
raggiunta.
“Non
accetterai mai un no come risposta vero?” lo
punzecchiò
pur non essendo veramente infastidita.
“In
realtà questa volta mi hai detto sì” le
fece notare lui.
“E’
solo per questa sera” puntualizzò Bonnie.
“Speravi
che non venissi?” chiese Damon.
“Credevo
che non saresti venuto” ammise la giovane “Questo
non è il tuo genere di evento. Lo consideri
noioso”.
“Ti
ho detto che ti avrei aiutata ed è quello che sto
facendo” dichiarò Damon piuttosto deciso
“E poi … ho una scusa per guardarti
tutta sera con questo vestitino, come potrebbe essere
noioso?”.
Bonnie
s’impose di non arrossire. Buttò una veloce
occhiata
al suo abito: era chiaramente anni venti, color ghiaccio ornato da
perline
argentate e si fermava appena prima del ginocchio. Le stava bene, lo
aveva
scelto apposta. Da come la fissava Damon, però, le sembrava
di essere coperta
solo da biancheria intima e improvvisamente sentì un
po’ d’imbarazzo.
Le
sovvenne una frase che le aveva detto proprio il vampiro
durante la loro gita a Greensboro. “Se
vuoi far vedere le scintille, non devi sentirti a tuo agio”.
Non
aveva mai riflettuto su quanto fosse vero.
“Sai
sempre come essere romantico” commentò con
sarcasmo.
“Faccio
del mio meglio”.
Bonnie
avrebbe voluto arrabbiarsi o almeno irritarsi,
avrebbe voluto davvero ma le risultò impossibile.
“Ho
incontrato Caroline poco fa” la informò lui
“Ci è
mancato poco che non mi cavasse gli occhi”.
“Beh,
Damon, dato che hai deciso di ronzare qui attorno, ho
dovuto dirglielo”.
“Scommetto
che tra poco piomberà qui anche il mio fratellino
pronto a prendermi a pugni”.
“Stefan
non sa ancora niente” puntualizzò Bonnie.
Damon
allargò gli occhi stupito “E come mai?”.
“Non
so se c’è qualcosa di dire”.
Il
vampiro annuì e incassò con classe. Quella della
sua
streghetta era stato un avvertimento nemmeno troppo velato; della serie
‘spreca
questa possibilità e ti ammazzo’.
“Forse
dovrei cercare la mia dama” ipotizzò.
“Sei
qui con qualcuno?” esclamò Bonnie tradendo un
certo
fastidio.
“Non
potevo presentarmi da solo” si giustificò
“Mi ha
invitato quella tua amica … Gabby qualcosa … ha
insistito talmente tanto che ho
ceduto”.
La
giovane soffiò incredula. Damon era nel campus da una
sola settimana e aveva già conquistato una delle ragazze
più in vista.
“E’
decisamente il tuo tipo” osservò
“Bionda, occhi azzurri
…”.
“In
realtà avrei preferito una rossa dai bellissimi occhi
marroni ma al momento non sembra disponibile” le
confidò.
“La
rossa è stata fin
troppo disponibile” replicò lei
“E adesso deve tornare dal suo
cavaliere”.
“La
serata è lunga e tante cose possono cambiare”
suppose
Damon “Se non ricordo male anche al tuo ultimo ballo sei
arrivata con un
ragazzo e te ne sei andata con un altro”.
“Sto
per prenderti a schiaffi”.
“Va
bene, ho esagerato, errore mio” le concesse
“Comunque
conserva un ballo per me” le chiese.
“Neanche
per sogno” si rifiutò Bonnie allontanandosi.
“E
ricordati che il mio numero è il 10! Punta su di
me” le
urlò dietro sghignazzando.
Bonnie
scosse il capo senza riuscire a trattenere una risata
che le si strozzò in gola non appena incrociò gli
occhi indignati di Caroline.
“Che
stai facendo?” chiese la vampira con tono di
rimprovero.
“Non
qui” le rispose l’altra. Insieme si diressero in
una
delle stanze adiacenti alla sala principale per evitare che la loro
conversazione arrivasse ad orecchie indiscrete.
“Care
… non è come sembra” si
giustificò Bonnie quando fu
certa che nessuno le avrebbe sentite.
“Sei
grande, maggiorenne e vaccinata. Non voglio interferire
nella tua vita sentimentale però … non ti pare un
po’ affrettato?”.
“Di
che parli? Damon mi serve solo per la raccolta fondi;
tirerà su un bel po’ di soldi ed è
quello che conta. Non è cambiato niente”.
“Appunto.
Vi ho visto insieme e sembrava che non fosse
successo niente! Bonnie ti brillano ancora
gli occhi” trillò indicando il suo viso
“Damon è sparito per un anno. Forse ora
le sue intenzioni sono buone, forse ha capito davvero di aver
sbagliato, ma se
così non fosse?”.
“Non
significa niente” cercò di tranquillarla la rossa.
“Sei
stata male, va bene? Tanto. Io c’ero, lo so. Hai
provato a non pensarci, a dimenticartene e all’inizio hai
finto anche bene, ma
eri triste, era spenta. Poi un
giorno
ti sei fatta forza e l’hai superata alla grande. Adesso hai
una nuova vita e
sei riuscita a costruire tutto senza l’aiuto di Damon. Non ti
sto dicendo di
tagliarlo per sempre fuori dalla tua vita; ti sto dicendo di stare
attenta
perché non voglio che tutti i tuoi sforzi vadano in
fumo”.
“Hai
ragione, Care. Non posso far sparire i sentimenti che
ho per lui e forse non lo voglio nemmeno; però non ho
dimenticato quello che ha
fatto e non lo sto prendendo alla leggera. Il suo ritorno mi ha colta
alla
sprovvista e devo ancora capire come gestirlo”.
La
vampira parve soddisfatta della risposta ottenuta e
decise non insistere ulteriormente. Da amica sentiva il dovere
d’intromettersi
fino a un certo punto. Poteva solo consigliare Bonnie nella sue scelte,
ma non
poteva certo obbligarla a pensare come lei.
“Credi
che abbia fatto male ad accettare l’invito di
Zander?” le domandò la strega “Lo sto
illudendo?”.
“Sei
stata molto chiara sul vostro rapporto e lui lo sa” la
rassicurò “Sta cercando di esserti amico, anche se
spera che tu possa cambiare
idea. Però, anche tu potevi metterti un po’ meno
carina stasera!” la ammonì
bonariamente “Zander non ti mollerà
più! Anche se credo che questo vestito non
sia per lui” alluse.
“Caroline!”.
“Okay,
la smetto” si arrese “Dai, torniamo di
là. I tuoi
cavalieri ti aspettano” scherzò. Era
più forte di lei, non riusciva a
trattenersi.
Rientrarono
nella grande sala. Si divisero nella ricerca dei
propri accompagnatori.
Bonnie
girò parecchio senza riuscire ad individuare Zander.
Credette perfino che, non vedendola più, se ne fosse andato.
Finalmente,
in un angolo un po’ in disparte, distinse due
figure: il ragazzo se ne stava a terra e su di lui torneggiava Damon in
quella
che sembrava una posizione di attacco.
La
rossa ne rimase sbalordita. Comò la distanza che la
separava da loro e spinse via Damon, chinandosi su Zander per aiutarlo
ad
alzarsi.
“Non
sai quanto mi dispiace” si scusò sinceramente
imbarazzata.
“Non
ti devi preoccupare, stavamo solo …”
iniziò a spiegare
lui.
“Lo
so; ci penso io adesso” cercava di controllare la rabbia
nella voce “Puoi darci solo un minuto? Sarò subito
da te” gli promise.
Zander
annuì e li lasciò soli, confondendosi tra la
folla.
“Che
c’è, Streghetta? Sei venuta a riscuotere quel
ballo?”
la prese in giro Damon come se non avesse fatto niente di male.
Bonnie
si voltò furente “Come ti sei
permesso?!”.
Damon
la guardò confuso.
“Io
veramente non ti capisco! Sei sparito per un anno, mi
hai abbandonata per un anno intero e adesso ti presenti qui e
aggredisci i miei
amici?”.
“Sissi,
io…”.
“Non
hai il diritto di scombussolare la mia vita ogni volta!
Mi hai ferita, mi hai lasciata, te ne sei fregato e adesso torni qui e
pensi
che con qualche battuta e un bel sorriso tutto vada automaticamente a
posto?”
la sua voce stava toccando i livelli più alti di sdegno.
Il
vampiro rimase in silenzio.
“Sono
stata male, Damon, ma alla fine sono guarita; non
grazie a te! Anzi, forse ti dovrei proprio ringraziare
perché sono diventata
più forte. Ho scoperto di potercela fare da sola, ho
scoperto di non aver
bisogno di te, di poter vivere senza di
te” svelò con brutale onestà.
Damon
ancora non fiatava. Sentiva una piccola parte del suo
cuore disintegrarsi per sempre ad ogni parola.
“Tornatene
da dove sei venuto. Non c’è più niente
per te
qui” gli suggerì Bonnie prima di allontanarsi.
Lui
non si mosse. Si limitò a mettere le mani in tasca per
nascondere il tremore. Rimase indietro ed escluso. Ancora.
“There were those
empty threats and hollow lies
And whenever you tried to hurt me
I just hurt you even worse
And so much deeper
There were hours that just went on for days
When alone at last we'd count up all the chances
That were lost to us forever
But you were history with the slamming of the door
And I made myself so strong again somehow
And I never wasted any of my time on you since then”.
Il
mio spazio:
Ecco
a voi la prima parte dell’epilogo.
È
passato un anno, un bel salto temporale e un po’ di cose
sono cambiate.
Non
ho molto da dire su questo capitolo: è incentrato in
particolare sulle posizioni dei due protagonisti.
Bonnie
è andata avanti e Damon è rimasto indietro.
Secondo voi
riusciranno a ritrovarsi a metà strada?
Ci
sono ancora un paio di cosette da scoprire, compreso un
altro giretto nella mente del vampiro, in cui lo vedremo ribadire
ancora la sua
volontà di rimettere le cose a posto. È molto
deciso ma anche Bonnie sembra determinata
a non cambiare idea. Vedremo tutto nel prossimo capitolo.
Alla
fine la dichiarazione è arrivata! Nel momento sbagliato
( o forse proprio nel momento giusto) ma c’è una
piena coscienza dei sentimenti
e questa volta non si possono spegnere.
Bene
ragazze, ci vediamo tra un paio di settimane o poco più
per l’ultima volta con Ashes&wine. Sto già
preparando il discorso ahahah!
Qualche
spoiler? Il capitolo si aprirà ancora con la festa
in corso. C’è un’asta degli scapoli cui
partecipare; secondo voi Bonnie farà un’offerta
su Damon?
Volevo
fare una piccola richiesta: dato che siamo davvero
alla fine, mi piacerebbe sentire magari anche l’opinione di
qualche lettore
silenzioso; giusto per sapere cosa è piaciuto e cosa no, in
cosa posso migliorare
=)
Ovviamente
vi ringrazio anche per il solo fatto di
continuare a leggere! È davvero importante!
E
i ringrazio anche chi commenta normalmente! Mi date sempre
dei bellissimi consigli e mi sollevate l’umore! Grazie di
cuore!
Il
banner è di Bumbuni.
La
canzone è “It’s all coming back to me
now” di Celine
Dion.
*Maial
College, è un film abbastanza demenziale sulla vita
universitaria.
**Questa
è la dichiarazione che Mr Darcy fa a Lizzie Bennett
nel film “Orgoglio e pregiudizio”. L’ho
sempre adorata e ho pensato che fosse
carino usarla per Damon.
|
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Capitolo 42 *** Until the end starts ***
Ashes &Wine
Epilogo- parte 2: Until the end starts.
“You’ve been on
my mind,
I grow fonder every day,
Lose myself in time,
Just thinking of your face,
God only knows why it’s taken me so long
to let my doubts
go,
You’re the only one that I want”.
Il
piano non stava funzionando. Stava proprio andando a
rotoli.
Sapeva
di non essere la persona preferita di Bonnie in quel
momento; sapeva che avrebbe dovuto impegnarsi a fondo per
riconquistarla. Non
pensava, però, di aver compromesso la situazione fino a quel
punto.
Era
rimasto scioccato dalle parole che la rossa gli aveva
gettato in faccia. Prima di partire le aveva chiesto di dimenticarlo,
di
rifarsi una vita. Lei lo aveva preso alla lettera.
Damon
imprecò sottovoce: quella ragazzina lo aveva sfidato,
provocato per mesi interi, gli aveva disubbidito ogni volta che ne
aveva avuto
l’occasione e sceglieva proprio quel punto per trovarsi
d’accordo con lui?
In
poco meno di un anno era diventata molto più forte, era
cresciuta; tanto da sconvolgere il vampiro e far traballare le sue
certezze.
Sebbene
Bonnie fosse sempre stata tremendamente testarda,
alla fine non era immune al suo fascino. In qualche maniera diventava
più
malleabile, più accondiscendente o almeno era disposta ad
ascoltarlo senza
pregiudizi.
Non
che Damon fosse del tutto innocente; se l’era cercata.
Negli anni passati più di una volta aveva provato ad
allontanarla; a volte per
rabbia, altre per egoismo, altre ancora per il semplice desiderio di
tenerla al
sicuro. Ma qualcosa in lui gli suggeriva che non sarebbe stato niente
di
definitivo, che avrebbe potuto rimediare. Ora era tutto diverso.
Quel
cambiamento giocava pesantemente a suo svantaggio, ma
ne era anche estremamente orgoglioso. Per la prima volta,
l’aveva vista mettere
se stessa prima degli altri, puntare i piedi per il suo benessere. Era
una
sensazione dolceamara, scatenava in lui emozioni contrastanti:
compiacimento e
dolore insieme.
Faceva
male, faceva molto male.
Bonnie
era andata avanti; Damon era rimasto indietro, sicuro
di non poter avanzare nemmeno di un passo.
Sarebbe
rimasto sempre bloccato nello stesso punto, in
attesa; perché senza la sua Sissi sentiva di aver perso da
tempo il senso
dell’orientamento.
Era
stato uno sciocco e un illuso a credere nelle sue stesse
decisioni: lasciarla era stata una pessima idea e totalmente
irresponsabile da
parte sua; e se avesse avuto un minimo di buon senso, non sarebbe
neanche
tornato.
Le
sue capacità di previsione si erano rivelate fuorvianti,
dannatamente sbagliate: se n’era andato con la convinzione di
poter gestire la
separazione, se n’era andato perché si fidava
della propria forza di volontà,
perché contava che la paura di ferirla ancora sarebbe
prevalsa sulla voglia di
riprendersela. Se solo fosse stato un po’ più
saldo nelle sue decisioni o se
avesse ponderato bene sull’ipotesi di lasciarla, forse le
avrebbe permesso di
vivere un’esistenza tranquilla con o senza di lui, forse le
avrebbe risparmiato
tante pene.
Sembrava,
però, che Bonnie fosse riuscita a ritrovare il suo
equilibrio, senza di lui. Damon
realizzò di non essere più indispensabile e fu
come ricevere un pugno nello
stomaco.
Ora
gli si presentavano due strade davanti: seguire il
suggerimento della ragazza e sparire questa volta per sempre, oppure
rimanere e
combattere, rientrare nel suo mondo, dimostrarle che la sua non era una
messinscena, né un capriccio.
Si
era mai sentito che Damon Salvatore gettasse la spugna al
primo fallimento?
Non
voleva riconquistarla spinto da un impulso, non si era
fatto prendere da un momento di nostalgia. Aveva ragionato, valutato
tutte le
soluzioni; aveva speso mesi e mesi ad osservarla da lontano senza
rivelare la
sua presenza, rimuginando e tormentandosi. Adesso poteva dirsi sicuro
al cento
per cento.
Era
tornato per restare.
Dall’altro
lato della sala, Gabby se lo stava mangiando con
gli occhi. Damon rispose con un sorrisino tirato. Aveva accettato di
accompagnarla
più per pietà che per vero interesse. Era bella,
sì, ma era anche un po’
saccente e fastidiosa. E lo aveva praticamente pregato di farle da
cavaliere. Il
vecchio Damon l’avrebbe
mandata a quel paese, il nuovo Damon ci era andato vicino. Poi aveva
pensato di
poter trarre dei vantaggi: dopotutto, grazie a Gabby avrebbe potuto
partecipare
a quella festa e tenere Bonnie sotto controllo tutto il tempo e magari
l’avrebbe pure ingelosita; senza contare l’asta
degli scapoli. Per quanto la
rossa fosse arrabbiata, non avrebbe mai permesso a
qualcun’altra di vincere un
appuntamento con lui.
Quel
piano gli era apparso geniale fino a qualche minuto
prima. Adesso aveva combinato un altro casino con Zander,
compromettendo forse
per sempre non solo la possibilità di passare del tempo con
Bonnie in privato,
ma anche la speranza di rimediare.
Non
si era nemmeno sprecato a giustificarsi, la strega non
lo avrebbe ascoltato comunque e lui non poteva biasimarla. In passato
le aveva
dato tante di quelle prove del suo egoismo e della sua
impulsività distruttiva
che qualunque spiegazione sarebbe parsa ridicola. Il buono in Damon
sembrava
una condizione provvisoria, pronta a cedere il passo alla perfidia.
C’era
ancora qualcuno disposto ad affermare il contrario?
Forse
no, ma non era il momento di abbattersi. Per secoli
aveva vestito senza problemi i panni del cattivo. Era un ruolo che gli
calzava
a pennello, gli si addiceva. Ora si era stufato. Non si riteneva buono,
non
voleva ridursi ad una figura monodimensionale; nessuno poteva essere solo buono, ogni anima era divisa tra
bene e male e ognuno aveva la possibilità di scegliere quale
seguire.
Damon
finalmente cominciava a credere di aver del buono
in sé. Bonnie era stata la prima a
vederlo; le doveva tutto e le avrebbe dato tutto.
“Sei
il mio cavaliere e non mi hai ancora invitato a
ballare” osservò Gabby facendosi più
vicina.
Il
vampiro alzò le spalle, annoiato e cercò in
fretta una
scusa “Non vorrei che le altre ragazze
s’ingelosissero. In fondo, io sono lo
scapolo d’oro”.
“Vorrà
dire che dovrò fare un’offerta migliore delle
altre”.
“Ti
avverto: la cifra potrebbe essere molto alta. Non sono
uno che si accontenta di poco” mormorò, tentando
di nascondere il suo tono
infastidito.
“Nemmeno
io” replicò Gabby, implicando
un’allusione più
maliziosa.
Tesoro,
non mi avrai per
tutto l’oro del mondo. Pensò
Damon.
Fu
lì per soggiogarla. Si piegò sul suo viso e
notò il
rossore sulle sue guance. Quella povera illusa pensava che le stesse
per
baciare. Il vampiro risvegliò il suo Potere e
alzò per un secondo gli occhi
oltre le spalle della bionda: Bonnie lo fissava con cipiglio.
Si
allontanò subito, scontentando le aspettative di Gabby.
Voleva ipnotizzarla, voleva disfarsene ma la strega non avrebbe
approvato.
L’altra ragazza si riprese in fretta dalla delusione e lo
prese sottobraccio.
“E’
arrivato il momento dell’asta” gli
annunciò conducendolo
verso il palco “Tu sarai l’ultimo, ti vendiamo come
pezzo forte”.
Damon
annuì senza ascoltarla sul serio. La sua attenzione
era da tutt’altra parte e si scoprì ansioso,
sorprendendo anche se stesso.
Si
stava mettendo in gioco per davvero, si stava abbassando
a fare quello che in condizione normali avrebbe evitato come la peste.
Tutti in
quella sala non se n’erano neppure accorti, lo consideravano
alla stregua degli
altri. Bonnie, invece, sapeva che tutto quello era solo per lei. Damon
si sentì
quasi ridicolo.
Presentarsi
su quel palco significava mettersi a nudo e
mentre le altre ragazze avrebbero fatto a gara per accaparrarselo, una
sola
sarebbe stata l’unica e vera destinataria di un messaggio
ignoto al resto dei
presenti: sono qui, scegli me, punta su
di me.
Bonnie
assistette un po’ annoiata alla carrellata di ragazzi
che le passarono davanti. Quasi non li vedeva nemmeno da tanto era
distratta.
Era
ancora sconvolta dalla presunzione che aveva mostrato
Damon. Non avrebbe dovuto permettergli di partecipare alla festa.
Gli
aveva dato quella possibilità perché nonostante
tutto
credeva nelle sue buone intenzioni; aveva sempre creduto che potesse
essere di
più.
Era
stata smentita come tante altre volte e ora sentiva
stupida come non mai.
Caroline
aveva ragione: stava per ricadere nella sua
trappola di seduzione e neanche se n’era accorta.
Si
era lasciata abbindolare. Si era lasciata commuovere dal
discorso sull’orfanotrofio. Ma Damon Salvatore non faceva mai
niente per
niente.
Non
era andato lì per aiutarla, voleva solo intimidire
Zander affinché le stesse lontano.
Le
aveva detto di amarla ma probabilmente non era vero, non
fino in fondo. Aveva agito solo per gelosia e possessione; era sempre
la solita
storia.
Sembrava
quasi che si rifiutasse di liberarla. Non la voleva
vicino, non la voleva lontano. Non voleva che stesse con lui e con
nessun
altro.
Si
era infastidito e aveva deciso di presentarsi con Gabby
Lawrence solo per ripicca. Tipico di lui.
Bonnie
si abbandonò pesantemente su una sedia e si
concentrò
finalmente sull’asta. Zander era appena salito sul palco.
La
rossa non sapeva come comportarsi; aveva accettato il suo
invito e sarebbe stato carino fare un’offerta;
d’altra parte preferiva non
illuderlo. Dargli false speranza non era nelle sue intenzioni.
Una
ragazza poco distante da lei venne in suo soccorso; alzò
la paletta e offrì una cifra bella alta, battendo tutte le
altre.
Bonnie
ringraziò di aver scampato l’impiccio. Con il
procedere dell’asta, iniziò ad agitarsi di nuovo.
In pochi minuti sarebbe
giunto il turno di Damon e sebbene lei si fosse riproposta di non
cedere,
qualche sicurezza traballò.
Come
aveva detto a Caroline, i sentimenti erano ancora lì. E
quei sentimenti le stavano urlando di prepararsi ad alzare quella
dannata
paletta.
Lei
si era innamorata di quel Damon; del vampiro egoista,
impulsivo, contorto e poco incline alle manifestazioni di affetto. Non
aveva
mai voluto cambiarlo; le sarebbe bastato non essere abbandonata.
Grazie
a quell’anno passato da sola, aveva scoperto di non
aver bisogno di lui per vivere serena; ma forse non era del tutto
pronta a
tagliare definitivamente i ponti, perché quei sentimenti
potevano essere
ignorati o repressi, di certo non cancellati.
Mentre
la sua parte più razionale le diceva di chiudere la
questione una volta per tutte, quella più emotiva la
spingeva a tergiversare, a
prendersi un po’ più di tempo.
Damon
salì sul palco e le mani di Bonnie iniziarono a sudare
e a stringere istericamente la paletta; tremavano combattute tra due
impulsi:
alzarsi o restare appoggiate al tavolo.
La
strega si accorse vagamente del tumulto che era scoppiato
accanto a lei. Gli occhi speranzosi del vampiro la catturarono. Damon
odiava
quel genere di feste, odiava la socialità, odiava mischiarsi
con l’ordinario.
Adorava mettersi al centro dell’attenzione ma in circostanze
diverse. Posare su
un palco come trofeo non costituiva il massimo del suo ideale, anzi
rappresentava quasi un’umiliazione; eppure era lì.
Se
ne stava in piedi, quasi indifferente al putiferio che
aveva scatenato, totalmente sordo ai complimenti che una volta
avrebbero
lusingato il suo già gonfissimo ego.
Bonnie
non riuscì a frenare un certo intenerimento. Alzare
quella paletta non significava dargliela vinta subito; segnalava
semplicemente
una tregua, la sua disponibilità a rivalutare la situazione,
seppur con la
dovuta calma.
Lasciarla
sul tavolo, invece, avrebbe compromesso, forse per
sempre, una qualsiasi conciliazione. Voleva correre quel rischio?
Gabby
Lawrence fece un’offerta molto alta e alcune ragazze
rinunciarono dato che non erano in grado di competere.
Bonnie
avrebbe potuto facilmente superarla e metterla poi in
conto allo stesso Damon. Quando fu il momento di agire, la sua mano non
si
mosse.
La
rossa sospirò e lasciò del tutto la paletta. Gli
occhi di
Damon si coprirono di un velo di sconforto; lei ricambiò
mortificata ma non se
ne pentì.
Il
vampiro era tornato con un intento: riconquistarla. Aveva
detto di amarla, si era dimostrato pentito al limite del supplichevole
(almeno
per i suoi standard), voleva riparare ai suoi errori.
Se
le sue parole erano sincere, se il sentimento era vero,
allora Damon avrebbe continuato a combattere, non si sarebbe arreso.
Erano
destinati a stare insieme? Doveva provarglielo.
Gabby
si aggiudicò senza sorprese la vittoria. Saltellò
sul
palco tutta contenta, accanto a lui. Bonnie si sforzò di non
ridere all’espressione
esasperata del vampiro. Poteva considerarla come una sorta di punizione.
Gli
occhi di Damon si posarono nuovamente su di lei.
“Non
hai fatto un’offerta” sembravano dire.
Ma
qualcuno lo disse per davvero e lo ripeté.
“Non
hai fatto un’offerta”.
La
ragazza girò il volto verso sinistra: Zander
l’aveva
raggiunta silenziosamente e la fissava con impazienza.
Non
hai fatto un’offerta.
“Zander,
mi dispiace. Non volevo …”.
“Tranquilla”
sospirò quello “E’ colpa mia; ci ho
sperato
fino all’ultimo” e sorrise un po’
imbarazzato “Dovrò rassegnarmi ad essere tuo
amico”.
“E’
una prospettiva così brutta?”.
“No,
niente affatto” le assicurò lui
“Però un amico può
chiedere ad un’amica da ballare, giusto?”.
“Sì,
direi che è permesso” scherzò Bonnie.
Insieme
si inoltrarono tra la folla sulla pista da ballo e
iniziarono a muoversi dolcemente al ritmo della musica lenta.
“C’è
un’altra cosa per cui dovrei scusarmi …”
lo informò
lei.
Zander
attese curioso.
“Mi
dispiace per quello che è successo stasera. Damon non
avrebbe dovuto aggredirti in quel modo. Tu non c’entri niente
e …”.
“Di
che stai parlando, Bon?” le chiese il ragazzo
“Damon non
mi ha aggredito”.
“Non
devi difenderlo per forza. Non si permetterà di farti
ancora qualcosa”.
“Ma
non mi ha fatto niente nemmeno prima; te lo assicuro”
insistette.
Bonnie
corrugò la fronte “Quando vi ho visti, tu eri per
terra
e lui ti sovrastava”.
“Stavamo
parlando e un ragazzo parecchio ubriaco mi è venuto
addosso. Ho perso l’equilibrio e sono caduto. Damon mi stava
aiutando ad
alzarmi” spiegò.
La
strega sbiancò. Non era possibile; sicuramente mancavano
dei pezzi nella storia, sicuramente il vampiro era colpevole di
qualcosa. Lui
faceva sempre qualche cazzata.
“In
realtà anche se mi avesse aggredito, me lo sarei
meritato” ammise Zander.
“Perché?”.
“Ho
fatto delle insinuazioni poco carine” raccontò
“Tu mi
avevi detto che Stefan era tuo cugino ma non hai mai specificato il
grado.
Credevo fosse di primo. Damon è fratello di Stefan per cui
ho fatto lo stesso
ragionamento. Stasera l’ho tenuto d’occhio: ho
visto come ti fissava, come
flirtava con te e … beh, un cugino non dovrebbe guardare una
cugina così. Poi
ho notato che tu eri agitata e sono saltato alle conclusioni”
se ne vergognò
“L’ho affrontato; gli ho chiesto di smetterla
perché ti stava mettendo a
disagio e non era appropriato”.
“Cosa
ti ha risposto?”.
“Te
l’ho detto: avrebbe dovuto tirarmi un pungo. Mi ha
spiegato che siete parenti alla lontana e che la vostra storia
è piuttosto
complicata. Ero geloso e irritato e … beh praticamente
l’ho accusato d’incesto,
l’ho provocato; peccato che fosse tutto falso. Tra i due sono
io quello che si
è comportato male” confessò.
Bonnie
rimase a bocca asciutta. Chi normalmente è abituato a
trattare gentilmente gli altri, accusa, insulta e incolpa solo per un
valido
motivo. Se la ragione viene a mancare, resta solo una sensazione di
schifo.
“E’
per lui?” domandò Zander “Non hai voluto
nessun altro
durante tutto l’anno per lui?”.
La
strega appoggiò una guancia sulla sua spalle “In
parte”
rispose “Non perché continuassi a pensarci, ma
perché avevo finalmente
raggiunto un po’ d’indipendenza”.
“Sembra
un bravo ragazzo” osservò Zander.
“E’
uno stupido” borbottò Bonnie.
Poco
distante, Damon si girò verso di loro, infastidito
dall’ultimo commento. La situazione non poteva rivelarsi
peggiore: era stato
bruscamente rifiutato, Gabby Lawrence gli stava attaccata pronta a
riscuotere,
era costretto a stare a guardare mentre un altro ragazzo ballava con la
sua
Sissi, e veniva pure insultato.
Si
era immaginato una serata diversa. Distolse lo sguardo
dalla coppia; quel tipo, Zander, si era comportato sorprendentemente
bene.
Invece di mentire e approfittarsi della situazione, aveva raccontato i
fatti
per com’erano andati, senza gettare ulteriore fango su Damon.
Il
vampiro si complimentò con se stesso per non aver perso
la pazienza durante tutta la festa. La tentazione di picchiare a sangue
Zander
lo avevo stuzzicato parecchio ma si era trattenuto perché
Bonnie non avrebbe
apprezzato. Ora almeno i suoi sforzi erano stati ripagati; quasi, quasi
passava
anche per il bravo ragazzo.
Ma
che bravo ragazzo! Si
disse sarcastico. Aveva goduto
quando Zander era finito lungo e disteso per terra per colpa della
spinta. Ma
dopotutto, lo stava aiutando con Bonnie, per cui decise di non
accanirsi.
Damon
aveva capito non di essere desiderato. La streghetta
era stata fin troppo chiara. Forse avrebbe fatto meglio a lasciarla in
pace e
sparire veramente. Ma come poteva rinunciare a lei senza nemmeno
tentare
un’altra volta?
Aveva
compiuto un bel passo avanti confessandole il suo
amore, pregandola di tornare insieme. L’aveva guardata e
protetta da lontano
per mesi; con quella rivelazione l’aveva decisamente stupita,
o innervosita
ancora di più. Aveva comunque provocato una reazione.
Rimaneva
ancora un ultimo step.
Congedò
Gabby e abbandonò la festa. Si appostò vicino
alla
confraternita di Bonnie e l’aspettò.
Passarono
altre due ore prima che la rossa ritornasse
insieme a Zander. Si salutarono come due amici, senza imbarazzo, senza
baci
equivoci e Damon ne fu sollevato. Appena il ragazzo sparì
dalla vista, il
vampiro uscì allo scoperto. Lei lo fulminò
“Che vuoi ancora?”.
“Mi
sono accorto di non averti detto una cosa”.
“Damon
sono stanca e stufa. Voglio solo andare a dormire. E
probabilmente ti aspetti solo le mie scuse per averti trattato in quel
modo …
so che hai ascoltato la conversazione” fece per muoversi
verso la porta.
“In
realtà sono qui per quello che mi hai detto tu”
specificò “Sei davvero diventata più
forte” constatò “E ne sono felice. Ma io
non sono così, non so come si fa a vivere senza di te. Ci ho
provato ed è stato
uno schifo. Non hai motivo di credermi ma sono tornato
perché non riuscivo più
a starti lontano, perché so che adesso non ti farei mai
più soffrire. Voglio
renderti felice. Credo di essere diventato dipendente da te, Sissi, e
ho decisamente bisogno di
te”.
Bonnie
lo guardava con occhi indecifrabili, appoggiata alla
porta.
“Sai
che sono testardo: non ti lascerò in pace tanto
facilmente” e piegò le labbra
all’insù “Ho tutta
l’eternità per aspettarti”.
In
un batter d’occhio scomparve. Solo in quel momento Bonnie
si accorse che la sua bocca era aperta in un sorriso.
“If I’ve been
on your mind,
You hang on every word I say,
Lose yourself in time,
At the mention of my name,
Will I ever know how it feels to hold you close,
And have you tell me whichever road I choose, you’ll
go?”.
“Ti
rendi conto che razza di faccia tosta!” inveì
Bonnie
portandosi il telefono più vicino all’orecchio
“Deve sempre fare queste uscite
d’effetto, come se pensasse di stupirmi”.
“Beh
un po’ ti deve aver stupita; è da venti minuti che
me
ne parli” considerò Meredith dall’altra
parte della cornetta.
“No,
no invece!” negò categoricamente “Sono
allibita, non
stupita! Dice che ha bisogno di me; perché non ci ha pensato
un anno fa?!”.
“Perché
è Damon Salvatore alias il cazzone per
professione”.
“Non
è una giustificazione” replicò
l’altra “Per di più non
riesco a capirlo. È una contraddizione unica. Sono due
giorni che non si fa
vedere e ho paura a pensare alla prossima volta che
comparirà”.
“Caroline
che dice?”.
“E’
partita questa mattina con Matt. Sono rimasta qui al
campus da sola”.
“Perché
non torni al Pensionato?”.
“Perché
qui almeno ci sono ancora delle mie compagne; il
Pensionato è vuoto. Poi voglio aspettare che escano i
risultati”.
“Bonnie”
la richiamò Meredith “La tua
voce si è alzata”.
“In
che senso?”.
“Nel
senso che è più acuta” notò
la
mora “Stai mentendo. Tu rimani al campus perché
c’è Damon”.
La
giovane strega smise di sistemare la
sua scrivania e meditò sulle parole dell’amica.
Che il suo subconscio le stesse
suggerendo qualcosa? Era davvero restata al college per quel motivo
senza
nemmeno esserne consapevole?
“Tu
e Caroline dovreste fare le psicologhe; dico sul serio”
commentò “Perché non mi stai
sgridando?”.
“Dovrei?”.
“Secondo
il tuo ragionamento, sto per ricascare nella reta
di Damon e tu dovresti sconsigliarmelo caldamente”.
“Sei
maggiorenne, puoi fare quelli che vuoi” rispose
Meredith “E se proprio devo dirla tutta, sono contenta che
Damon sia tornato.
Sarà pure irresponsabile e immaturo ma ti tiene anche al
sicuro ed è stato il
primo a capire quanto sei speciale. Fa fatica a dimostrartelo ma non
credo che
nessuno riuscirà ad amarti quanto lui”.
“Ti
ha corrotto in qualche modo? Ti ricatta?” insinuò
dato
che stentava a credere alle sue orecchie.
“Santo
Cielo, no! Sono la fidanzata di Alaric, vedo le cose
anche dal suo punto di vista. Un po’ lo capisco”.
“Alaric!”
ripeté Bonnie “Ho un paio di cose da dire anche a
lui” sbottò infastidita.
“Posso
essere brutalmente sincera?” chiese Meredith “Penso
che Damon abbia imparato molte più cose in
quest’ultimo anno che in cinque
secoli; e penso che faresti un grosso errore se lo escludessi dalla tua
vita”.
“Gli
ho dato una possibilità: gli ho permesso di venire alla
festa e mi ha rovinato la serata”
s’imbronciò la rossa.
“In
realtà te la sei rovinata da sola. Lui si è
comportato
bene, sei stata tu a farti trascinare dai pregiudizi” le
ricordò.
“Visti
i precedenti …”.
“Certo
che è triste se ci rifletti bene” la interruppe
Meredith “Una volta non ti sarebbe nemmeno venuto in mente di
incolparlo così,
ti fidavi ciecamente; avresti creduto solo alle sue parole”.
Improvvisamente
Bonnie s’infervorò “Hai ragione, Mere!
E’
riuscito a rovinare la cosa più bella del nostro rapporto.
Io non sono il tipo
da saltare alle conclusioni così! Dimmi dove si
nasconde!” ordinò.
“Come?”.
“Non
fare la finta tonta Meredith Sulez” le intimò
“So che
Alaric ti racconta tutto. Dove diamine si è
nascosto?”.
Meredith
sbuffò divertita. Teoricamente era un segreto ma
non aveva nessun problema a rivelarlo se fosse servito a farli
riavvicinare.
“Nell’appartamento
di Stefan. Non c’è bisogno dell’invito
per entrarci; gli è bastato scassinare la porta
…”.
La
linea s’interruppe ancor prima che riuscisse a finire la
frase.
Bonnie
marciò come una furia verso la fermata
dell’autobus.
Doveva togliersi quel peso, doveva affrontarlo. Perché in
fondo non era completamente colpa
sua.
Non
era una ragazza particolarmente aggressiva, men che meno
violenta, eppure si accanì contro la porta
dell’appartamento picchiando il
pugno con insistenza.
Quando
Damon aprì, venne malamente spintonato indietro
mentre Bonnie si faceva spazio per entrare.
Girò
in tondo per il salotto che ormai conosceva molto bene.
Ci mise un po’ per trovare le parole giuste; si era preparata
durante il
tragitto ma ora si era dimenticata tutto. L’idea era di
cominciare con calma,
non perdere la pazienza. Il piano fallì in pieno e Bonnie
proruppe come un
fiume in piena.
“Sono
oltremodo arrabbiata con te. So perfettamente cosa è
successo, Zander mi ha spiegato tutto. Tu non hai fatto niente di male
ma io ti
ho accusato lo stesso” riassunse quasi sentisse il bisogno di
tirare le fila “Sai
perché? Perché mi hai abituata ad aspettarmi
sempre il peggio da te. Io ero
quello che vedeva solo il tuo lato buono e adesso vedo solo quello
brutto e lo
odio! Quindi è tutta colpa tua se ti sono saltata in testa e
non pretendere le
mie scuse”.
Damon
si limitò a pronunciare uno stupido “Non le
pretendo”.
“Bene,
perché non le avrai” ribadì Bonnie
“Fa’ qualcosa,
Damon, risolvi la situazione perché non voglio
più sbagliarmi su di te”
dopodiché alzò il naso con fare stizzito, come se
volesse ricomporre un po’ di
contegno, e si avviò fuori dall’appartamento. Era
stata chiara e diretta, era
soddisfatta.
Damon
fissò per qualche secondo la porta ancora aperta
dietro cui era sparita la ragazza. Scoppiò a ridere: quella
era una delle scene
più comiche cui avesse mai assistito. Tra la miriade di
parole sparate a
raffica e la gesticolazione accentuata per dare forza, era riuscito a
distinguere un filo logico.
Bonnie
non voleva cedere terreno, non voleva
chiedere apertamente scusa. Aveva cercato di
scaricare la colpa delle sue azioni su di lui e nella confusione aveva
praticamente affermato il contrario di quello che avrebbe desiderato.
In
un modo contorto e tutto suo, aveva giustificato il suo
comportamento.
Scuse
accettate. Pensò
Damon, buttandosi sul letto.
Le
cose cominciavano infine ad andare al loro posto, ma la
situazione aveva bisogno di una spintarella.
Bonnie
aveva ragione: era colpa del vampiro se la fiducia in
lui era venuta meno; e sarebbe stato compito suo rimediare.
Rotolò
su un fianco e i suoi occhi si posarono sull’immagine
di Elena incorniciata sul tavolino.
Non
era per niente pentito della sua scelta. Dopo più di
anno riconosceva senza problemi che quella per Elena era stata
un’ossessione,
una vendetta scambiata forzatamente per amore.
L’amore
tende ad elevare l’anima di una persona; loro due si
sarebbero trascinati a vicenda verso il fondo.
La
prima volta che l’aveva vista, aveva pensato che aveva
tutte le caratteristiche per diventare la perfetta compagna, la
perfetta
principessa delle tenebre.
Già
dal soprannome avrebbe dovuto capire che non si sarebbe
risolto in nulla di buono.
Per
quanto potesse risultare banale, Bonnie era la sua unica
e ultima possibilità di raggiungere la luce, una ventata di
allegria e
innocenza, stati sconosciuti a Damon fino a qualche mese prima.
Doveva
assolutamente riprendersela. Doveva convincerla a
lasciare andare il passato. Lei era sua. Era stata creata per liberarlo
dalla
trappola che il vampiro stesso si era costruito. Ora bisognava
solo farglielo capire.
“I don’t know
why I’m scared,
I’ve been here before,
Every feeling, every word,
I’ve imagined it all,
You’ll never know if you never try,
To forgive your past and simply be mine”.
La
sua mamma era la più
bella di tutte.
Ogni
bambina lo pensava,
ma Bonnie sapeva di aver ragione: la sua mamma batteva le altre.
Molleggiò
sul letto e
continuò ad osserva Monica che stava finendo di prepararsi
per una cena con suo
marito.
Indossava
un bell’abito
turchese, lungo fino alle caviglie, sbracciato, dalla figura morbida.
Molto
adatto alla corporatura della donna e che si abbinava perfettamente con
il
capelli color mogano che ricadevano in riccioli.
“Non
hai freddo?” chiese
Bonnie con una vocina sottile.
“Metterò
un cappotto,
tesoro” le rispose la madre indicando il soprabito appoggiato
sulla poltrona.
“Dove
andate tu e papà?”
continuò.
“E’
una sorpresa” spiegò
Monica “E’ un’idea di tuo
padre”.
“Da
grande voglio farlo
anche io!” esclamò la piccola saltando
giù dal letto per attaccarsi alla gonna
della madre “Voglio un vestito così e una
grossissima sorpresa” sognò.
“Ti
servirà anche
qualcuno che ti faccia la sorpresa” appuntò Monica.
“Me
la potete fare tu e
papà, vero?”.
Monica
sorrise. Si piegò
e prese in braccio la figlia “Certo che te la possiamo fare
io e papà” le
assicurò “Ma non preferiresti essere sorpresa da
un ragazzo?”.
“Un
principe azzurro?”.
“Beh
… tipo” disse la
donna “Ma non quello della ‘Bella addormentata nel
bosco’. Non ti fidare degli
uomini che dicono di averti incontrata in un sogno”.
“Lo
so, mamma, non devo
parlare con gli sconosciuti”.
“Brava
bambina” si
complimentò dandole un bacio sulla fronte. La
adagiò nuovamente sul letto.
“Mamma”
la richiamò “Ma
se non posso fidarmi del principe azzurro, di chi mi fido?”.
Aveva solo cinque
anni ma non era certo stupida.
“Di
un uomo che ti vuole
bene. E tu devi voler bene a lui, ovviamente”.
“E
come faccio a saperlo.
Sono cose che si chiedono?”.
“Sono
cose che si
sentono”.
“Tu
lo senti?”.
“Vediamo
cosa ha combinato
tuo padre per stasera” scherzò.
Bonnie
rimase in silenzio
a rimuginare su quelle nuove informazioni; poi ne venne fuori con una
conclusione “Mamma”.
“Dimmi,
tesoro”.
“Preferisco
che la
sorpresa me la fate tu e papà. È un
problema?” azzardò stringendo il lembo del
suo pigiamino.
Monica
l’abbracciò forte
“Assolutamente no” la confortò
“Vuoi dormire nel lettone finché non
torniamo?”.
Bonnie
strinse il suo cuscino. Si morse il labbro. Un paio
di lacrime erano già scese ma non voleva scoppiare in
singhiozzi. Non piangeva
da quando Damon era partito, perché doveva ricominciare ora?
Erano
molti anni che non ripensava più alla sua mamma.
All’inizio,
quando la perdita bruciava come una ferita aperta, Bonnie aveva avuto
serie
difficoltà ad elaborare il lutto; lentamente si era ripresa.
Aveva capito che
concentrare l’attenzione su altro era l’unica
maniera per superare il dolore.
Ad un certo punto aveva funzionato.
Crescere
senza genitori era diventato normale per lei. In un
modo o nell’altro aveva imparato a vivere senza e ad
accettarlo. Questo non
significava che in alcuni momenti non li avrebbe voluti vicini. Spesso
ne aveva
sentito non solo la mancanza, ma anche il bisogno.
Zach
era un fratello e non un padre. Le sue amiche e sua
nonna erano sì figure femminili su cui poteva contare, ma
non avrebbero mai
sostituito sua madre.
Il
destino era stata beffardo con lei: le aveva concesso la
possibilità di avere due madri e gliele aveva tolte entrambe.
Alzò
gli occhi sulla finestra e guardò fuori: era ancora
notte fonda. Dopo quel sogno-ricordo, dopo quei pensieri tristi, non
sarebbe
più riuscita ad addormentarsi.
Chissà
che altri brutti scherzi le avrebbe tirato la sua
mente. Forse le avrebbe riproposto lo sterminio della sua famiglia; non
ci
teneva a riviverlo, le era bastata una volta.
Bonnie.
Quella
voce le arrivò soffusa e dolce e quasi la cullò
fino
al sonno.
Posso
entrare?
In
condizioni normali lo avrebbe mandato a quel paese, ma in
quel momento … aveva bisogno di lui e non lo voleva negare.
“Sì”
sussurrò e agitò lievemente la mano sotto le
coperte.
La finestra si spalancò; dopo pochi attimi un corvo
volò nella stanza.
Damon
riprese la sua forma umana. Osservò Bonnie,
rannicchiata nel suo lenzuolo, con gli occhi lucidi.
“Stai
bene?” le chiese.
“No”
rispose semplicemente lei e si spostò per fargli
spazio.
Damon
le si stese accanto ma non l’abbracciò, non mosse
un
muscolo. Non era ancora sicuro delle intenzioni della rossa e preferiva
non
irritarla.
Bonnie
nascose il viso sul suo petto. Non aveva voglia di stupidi
giochetti o d’inutili prese di posizioni per quella sera. Le
serviva qualcuno
che la stringesse, qualcuno che le facesse passare la paura
dell’abbandono.
“Non
voglio più perdere nessuno” gli
confessò chiudendo gli
occhi.
“Ci
sono io, Sissi” le mormorò “Te
l’ho già detto che non
sei sola”.
La
ragazza annuì “Puoi assicurarti che non faccia
altri
brutti sogni”.
Damon
annuì “Non ti spaventeranno
più”.
“Non
sono spaventata, sono triste” obiettò lei
“Sono stufa
di essere triste”.
“Se
ti promettessi che non lo sarai mai più, tu mi
crederesti?”.
“Posso
risponderti domani mattina?” bisbigliò Bonnie
mentre
lentamente scivolava nel sonno.
“Dormi,
Sissi” e continuò ad accarezzarle i capelli fino a
che non sprofondò anche lui nell’incoscienza.
La
mattina dopo il sole entrava prepotentemente nella stanza
abbagliando i due poveri addormentati. Bonnie si raggomitolò
contro il torace
del vampiro, nel vano tentativo di scappare dalla luce.
Strofinò il naso contro
la sua maglietta e trovò per poco un po’ di pace.
Qualcuno
la stava cullando, il che era davvero piacevole.
Nonostante il caldo estivo, sarebbe rimasta per sempre in quella
posizione.
C’era un qualcosa di sicuro in quel calore, di protettivo in
quell’abbraccio.
Perché mai avrebbe dovuto abbandonare un posto dove si stava
così bene?
Stava
sperimentando un tipo di tranquillità che non riusciva
più a provare da molti mesi e che le era mancata. Ne
ricordava il tocco, la
sensazione ma, per quanto si fosse sforzata, non le era stato possibile
ricrearla. Almeno fino a quel momento.
Lentamente
si rese conto che qualcun altro stava occupando
il suo letto.
“Damon?”
chiamò, confusa.
Il
vampiro mugugnò qualcosa e aumentò la stretta.
“Sei
rimasto” constatò lei aprendo gli occhi per
ulteriore
conferma.
“Non
sapevo cosa fare” ammise Damon “Avevo paura di
farti
arrabbiare in entrambi i casi: credevo che mi avresti bruciato il
sedere se me
ne fossi andato; poi ho pensato che me l’avresti bruciato se
fossi rimasto.
Dato che la prospettiva era sempre un po’ di pelle
abbrustolita, ho preferito
approfittarmene un po’. Ti dispiace?”
tentennò.
“Ti
avrei bruciato anche gli occhi se mi avessi lasciato
sola, di nuovo” lo minacciò Bonnie “Ma
ora te ne devi andare”.
Damon
alzò leggermente la testa e la guardò stranito.
Perché
i ragionamenti di quella ragazza dovevano per forza procedere per
contraddizioni?
“Mi
stai cacciando dal tuo letto, sul serio?”.
Non gli era mai capitato prima.
“Devo
cambiarmi, devo uscire. Oggi escono i risultati dei
miei ultimi esami” spiegò Bonnie scostando il
lenzuolo che li copriva.
“Beh…
se vuoi cambiarti ora, non mi offenderò di certo”
ghignò lui mettendo le mani dietro alla nuca.
“Damon
…” lo avvisò.
“Va
bene, va bene” cedette infine. Abbandonò il letto
e si
diresse alla finestra “Se hai bisogno … io sono
qui in giro” disse prima di
volare via.
La
rossa andò a chiudere le tende della finestra.
Probabilmente l’aveva spiata per tutti quei mesi, ora che ne
era al corrente voleva
mantenere un minimo di privacy.
Dopo
essersi lavata e vestita, incontrò alcune sue compagne
in cucina per la colazione; insieme si diressero verso l’aula
magna per
controllare la bacheca degli esami.
Rimase
esterrefatta davanti agli esiti. Controllò più
volte
che nome, numero di matricola e voto fossero sulla stessa linea e che
non se li
stesse confondendo con quelli sotto o sopra.
Aveva
preso il massimo in due esami; il terzo era comunque
un buon risultato, di certo superiore alla media che aveva ottenuto in
quell’anno.
Non
avrebbe mai pensato di poter andare così bene; tra
Damon, la preparazione della festa, si sarebbe anche accontentata di
passarli e
basta.
Forse
la sua rabbia e il nervoso si erano trasformati in una
forte determinazione; forse, per l’ennesima volta, aveva
voluto dimostrare di
potercela fare da sola. E ci era riuscita, senza combinare casino.
Decisamente
un passo avanti.
Le
sue amiche rimasero a scambiarsi i complimenti, lei
preferì tornare alla confraternita. Voleva cominciare a
radunare un po’ delle
sue cose per fare le valigie; non c’era motivo di trattenersi
oltre al campus.
“I
complimenti sono dovuti, credo” si congratulò una
voce
alle sue spalle.
Bonnie
sventolò la mano in segno di ringraziamento ma
continuò a camminare.
“Non
sei rimasta a festeggiare con le tue amiche” notò
Damon
affiancandola.
“Questo
fine settimana parto. Devo sistemare le mie cose”.
“Torniamo
al Pensionato?”.
“Io torno al
Pensionato” precisò la ragazza.
“Peccato,
cominciava a piacermi qui” osservò Damon, come se
non l’avesse nemmeno ascoltata “Dobbiamo rendere
gli ultimi giorni indimenticabili”.
“N-
non …” provò ad obiettare Bonnie.
“Mi
dispiace, scricciolo. Oggi decido io!” la interruppe il
vampiro “Ti porto fuori a cena” le propose.
“Cosa?
NO!”.
“Dobbiamo
festeggiare i tuoi esami. Hai preso degli ottimi
voti; chissà quando ti ricapita” la prese in giro.
“Neanche
per sogno” s’imputò Bonnie affrettando
il passo.
“Ma
dai, Sissi” insistette Damon “Sappiamo come
divertirci
insieme. Ricordi la nostra piccola gita a Greensboro?”.
“Intendi
quella in cui per poco ci rimango secca per colpa
di quei vampiri che ti odiavano? Vago e pessimo ricordo”.
“Dopo
ci siamo divertiti, però” premette il vampiro
“Tu ti sei divertita.
Avrei dovuto fare
un filmato di quello striptease …”.
“Non
era uno striptease!” lo corresse indignata.
“Allora
te lo ricordi!”.
Bonnie
si fermò esasperata e sospirò rumorosamente
“Se
accetto il tuo invito, poi mi lascerai in pace?”.
“I know it
ain’t easy giving up your heart,
I know it ain’t easy giving up your heart.
Nobody’s perfect.
Trust me I’ve learned it.
Nobody’s perfect.
Trust me I’ve learned it.
Nobody’s
perfect”.
Si
sentiva come un ragazzino al suo primo appuntamento. No,
si sentiva come un ragazzino sfigato ad un appuntamento con la bella
della
scuola, il che era anche peggio.
Per
mesi aveva sognato di avere quell’opportunità;
l’aveva
ottenuta e se la stava facendo addosso. Secoli di esperienza non
servivano a
nulla in quella particolare circostanza. Bonnie lo conosceva troppo
bene,
conosceva i suoi trucchetti, le sue bugie, le sue maschere. La sua
straordinaria
abilità di seduttore non lo avrebbe aiutato a
riconquistarla, le sue battute
ambigue l’avrebbero solo fatta arrabbiare.
Camminava
davvero sul filo di un burrone. Un passo falso e
ogni sua speranza si sarebbe frantumata al suolo, irrimediabilmente e
per sempre.
Quella
sera, però, nonostante l’agitazione, si sentiva
piuttosto ottimista. Le sue intenzioni era state chiare fin dal
principio: la
rivoleva tutta per sé senza riserve, senza compromessi;
soprattutto era ben
deciso a non fermarsi finché non avesse raggiunto il suo
intento e Bonnie lo
sapeva bene.
C’era
solo un modo per allontanarlo: ipnotizzarlo a
dimenticarla; lei aveva quel Potere ma non lo aveva mai usato. Damon ne
era sollevato.
Parcheggiò
la macchina vicino alla confraternita e uscì con
un nuovo spirito. Era vicino al traguardo, ce la poteva fare.
Le
sue certezze iniziarono a traballare quando scorse la
piccola figura della ragazza accovacciata sugli scalini della grande
villa,
vestita in tenuta da casa: calzoncini da ginnastica, magliettina bianca
e
anonima, i capelli legati in una coda un po’ sfatta.
Era
bellissima comunque, ma trovarla così dismessa gli
trasmise una certa inquietudine.
Lei
sollevò la testa e lo salutò con la mano. Damon
non si
avvicinò neppure.
“Stai
bene?” le chiese. Magari era malata.
“Sì”
confermò la rossa “Stasera però
preferisco non uscire”.
“Hai
cambiato idea” intese Damon. Le diede le spalle, deciso
ad andarsene, mortificato da quel rifiuto improvviso e inaspettato.
“No!”
esclamò Bonnie con forza. Si lanciò
giù dai gradini e
lo bloccò prendendolo per una mano. Il vampiro si
girò stupito.
“Seguimi”
lo incitò la strega guidandolo verso il giardino
“Dobbiamo parlare di tante cose; non avevo voglia di aver
gente intorno. Ho
pensato che qui saremmo stati più tranquilli”
spiegò indicando il parco che
circondava la confraternita.
I
timori di Damon si calmarono in un istante.
Continuarono
a camminare per allontanarsi il più possibile
dalla villa e da occhi indiscreti. Damon osservò quasi
incantato le loro mani
che ancora si stringevano: era il primo contatto che condividevano da
quando
lui era tornato.
“Non
hai fame?” le chiese; era ora di cena.
“Ho
già mangiato” rispose tranquillamente lei
“Qui può
andare bene” e si sedette sul prato.
“E’
un gran bella villa” constatò Damon “Sei
fortuna a
vivere qui”.
“Mi
ricorda un po’ il Pensionato” disse Bonnie
“Non ci
credevo quando mi hanno chiesto di far parte della confraternita. Hanno
accettato prima me, sai? Prima di Caroline ed Elena”
raccontò con un moto di
orgoglio “Le cose hanno cominciato ad andare a posto da quel
momento”.
“Ti
hanno scelta per prima”.
“Già”.
Quello
che non hai fatto
tu, pirla. S’insultò
da solo.
“Perché
ci hai messo così tanto?” domandò
Bonnie a
bruciapelo “Hai detto che sono mesi che mi tieni
d’occhio; perché non sei
venuto subito da me?”.
“La
prima volta che sono tornato, volevo solo controllare
che andasse tutto bene. Dovevo partire la mattina dopo ma non ci sono
riuscito,
non potevo staccarmi. Non sono venuto subito da te perché
non ne ho avuto il
coraggio”.
“E
poi, cos’è cambiato?”.
“Quante
volte ti ho deluso, ferito o umiliato? Non sono
proprio il ragazzo modello; ne ho fatte di cazzate, per me è
normale. Un anno
fa ti ho lasciato perché pensavo di proteggerti. Ero davvero
convinto di fare
la giusta, di fare il tuo bene. Dovevo sistemare delle cose nella mia
vita, non
volevo sconvolgerti ancora. Non potevo tornare e sparire
un’altra volta”.
“Damon,
perché sei qui?”.
“Lo
sai perché”.
“Voglio
sentirtelo dire lo stesso”.
“Ti
amo”.
“Ed
era così difficile da accettare anche prima?”.
“No,
ma …” aveva un’idea ben precisa in testa
“Nella mia
vita ho conosciuto solo l’ossessione. Katherine ed Elena sono
state amori a
metà, non erano veramente mie. Non mi sono mai impegnato a
cambiare la mia
situazione perché pensavo di meritarmelo. L’ho
accettato. Mi sono accontentato.
Non pretendevo di più perché non credevo di
esserne degno. Ci ho messo un po’ a
capire che potevo finalmente cercare l’amore che volevo. Tu
sei l’amore che
voglio”.
“Non
so se è un buon punto di partenza”
ragionò Bonnie “Ci
hai impiegato un anno per accorgertene e durante questo anno mi sei
stato
lontano. E se fosse solo un capriccio, Damon? Se ti stufassi ancora?
Non ero un
motivo sufficiente per convincenti a restare, non ero abbastanza.
Magari non lo
sono ancora”.
“Eri
troppo” la corresse lui “Eri travolgente e
… sì, lo
ammetto: non sapevo come gestirti. Non ero adatto a te, alla tua
sensibilità
…”.
“Ora
lo sei?” lo incalzò la strega.
“Probabilmente
no” ghignò Damon “Ma sinceramente non me
ne
frega più niente.
Mi
vuoi? Per me conta solo quello”.
“Te
ne sei andato perché pensavi di non essere quello giusto
e ritorni con la stessa idea? Che c’è di
diverso?”.
“Non
sono quello adatto,
Bonnie, ma so per certo di essere quello giusto.
Tra noi due è sempre stato così …
giusto, ricordi? Non ho molte
giustificazioni, anzi non ne ho nessuna. Vuoi sapere che cosa
c’è di diverso?
Ho imparato a non rovinare ciò che c’è
di bello nella mia vita”.
Bonnie
distolse lo sguardo ma annuì. Iniziava a vedere
chiaro in quel discorso “Hai finalmente capito che
c’è un lieto fine anche per
te” asserì.
“Me
ne sono reso conto da poco. Mi dispiace di averci messo
così tanto”.
“E
Gabby?” saltò su la ragazza.
“Gabby?”.
“Sì,
Gabby!” ripeté indispettita “Era la tua
accompagnatrice
alla festa, ha vinto un appuntamento con te …”.
“Santo
Cielo, streghetta, frena la fantasia” la interruppe
“Volevo venire alla festa e vedere
te,
per quello ho accettato il suo invito. Non c’è mai
stato nessun appuntamento;
l’ho soggiogata perché se ne dimenticasse. Non
provo alcun interesse verso di
lei e non posso credere che tu stia facendo una scenata di
gelosia” concluse
ridacchiando.
“Non
hai nemmeno bevuto il suo sangue?” premette sospettosa.
“Sono
un vampiro, ho bisogno di sangue fresco. Quindi sì, in
questi mesi mi sono nutrito di alcune ragazze, senza spingermi oltre.
Sono
ancora tutte in vita comunque. Ma no, non ho usato Gabby neanche per
sangue. E
se te lo stai chiedendo, tu sei l’ultima che ho toccato in quel senso”.
Bonnie
si stese sull’erba e fissò il cielo in silenzio.
La
sua testa era in una gran confusione. Gli voleva parlare di molte cose,
c’erano
dei punti oscuri che dovevano essere chiariti; improvvisamente tutto
era
passato in secondo piano. Da quanto Damon era ricomparso, lei era stata
piuttosto
brava a tenere a bada i suoi sentimenti. Le era mancato, ma non aveva
sentito
il bisogno impellente di buttarsi tra le sue braccia. Qualcosa nella
sua
fermezza, ora, cominciava ad incrinarsi.
“Cosa
hai sognato ieri notte?” le domandò il vampiro
“Un altro
incubo?”.
“Non
hai frugato nella mia testa per controllare?”
replicò
Bonnie forse un po’ troppo acidamente.
“Non
mi sembrava carino” considerò Damon “So
che era
qualcosa di brutto. Tremavi quando ti ho visto”.
“Era
bello, invece” precisò lei “Ho sognato
mia mamma,
Monica. Non mi capitava da tanto tempo e mi hai lasciata un
po’ scossa”.
“Mi
hai detto di non voler più perdere nessuno” le
ripeté
“Includi anche me nella lista?” aggiunse con un
mezzo sorriso.
“Non
ti ho mai voluto perdere” ribatté la rossa
“La prima
volta è stato mio fratello a mandarmi via e la seconda te ne
sei andato. Tra
noi due, sei tu la mina vagante” gli fece notare.
Allungò una mano fino a
sfiorargli un ciuffo e glielo spostò delicatamente dagli
occhi. Damon sussultò
sorpreso dal gesto.
“C’è
qualcosa di nuovo in te” sostenne Bonnie “Mi ostino
ad
ignorarlo ma è qui davanti a me. Credi davvero in tutto
quello che mi hai detto
e mi hai quasi convinto però … come faccio a
sapere che non scoppierai di
nuovo?” lasciò cadere la mano lungo il suo fianco
e ritornò a guardare il
cielo.
“Suppongo
che mi dovrai concedere un po’ di fiducia; le cose
si sistemeranno con il tempo. So che non è molto”
abbassò il capo quasi a
scusarsi “Te lo ripeto: non sarei mai tornato se non fossi
stato sicuro che questo
è il mio posto. Solo qui
posso
trovare la mia pace, la mia felicità”.
Bonnie
si sarebbe aspettata che almeno una piccola parte del
suo corpo le urlasse di mollarlo lì, di tagliarlo fuori
dalla sua vita per
sempre; invece ogni singola fibra era concentrata su un grandissimo
‘sì’.
Adesso c’era solo da trovare il coraggio di pronunciarlo.
“Penso
che prima tu debba sapere a cosa vai incontro,
però” puntualizzò
Damon.
“Che
altro c’è?” chiese Bonnie preoccupata.
“Ricordi
l’ultima notte che abbiamo passato insieme prima
che tu scappassi per consegnarti a Klaus?” nel suo tono
persisteva ancora una
traccia evidente di rimprovero “Ti avevo proposto di
scambiare il sangue.
Nemmeno io so cosa ci sia dentro di me; sto cercando di capirlo, a
fatica, ma
non potrei dare una risposta certa. Probabilmente ci sono parti di me
che non
ti piacerebbero. Vorrei che le vedessi con i tuoi occhi”.
“Devo
bere il tuo sangue?” domandò Bonnie un
po’ incerta.
“Non
ora” la tranquillizzò Damon
“E’ qualcosa su cui devi
riflettere bene. Sono sempre io, Sissi, sono sempre un gran casinista.
Non ti
biasimerei se rifiutassi di affrontare tutto il marcio che
c’è in me”.
“Adesso”
decise lei “Voglio farlo adesso. Hai ragione:
dobbiamo partire con il piede giusto questa volta; niente segreti,
totale
sincerità”.
Magari
riuscirò anche a
dimostrarti che non c’è niente che non va in te. Pensò.
Damon
acconsentì. La prese per la vita e se la portò
sulle
ginocchia “Ti devo avvisare che sarà una cosa
molto intima: avrai libero
accesso alla mia mente e io alla tua e … beh, ci
sarà del contatto fisico. Se
non vuoi …”.
“Non
m’importa” protestò Bonnie. In
realtà, l’idea di
condividere un momento molto intimo con lui non la disturbava affatto.
I
canini di Damon si allungarono e andarono a tagliare la
pelle del suo polso.
“Piccoli
sorsi, okay? Non t’ingozzare” scherzò.
La
ragazza si portò lentamente la ferita alla bocca; dopo
averla osservata con un’espressione poco convita, premette le
labbra sul
sangue.
Non
era il suo sapore preferito ma c’era di peggio al mondo.
Deglutì con delicatezza, quasi per paura di fargli male.
Passato qualche
secondo, iniziò ad imbronciarsi: non sentiva praticamente
nulla, nessun
piacere, nessun tipo di connessione.
I
sensi del vampiro erano, al contrario, completamente
all’erta. Si trattava di un appagamento che non poteva essere
percepito da un
umano, non senza un aiuto. Damon le accarezzò i capelli fino
a spostarglieli di
lato, scoprendo la pelle del collo. La vezzeggiò prima con
la punta del naso
poi con dei lievi baci, infine la morse, mentre le sue braccia la
intrappolavano contro al suo corpo.
Una
scarica di brividi fece tremare la piccola rossa. Era
giunto anche per lei il momento di provare qualcosa. Si
dimenticò di tutta la
premura che aveva usato qualche momento prima e si avventò
sul taglio aperto,
colta da un’improvvisa assuefazione. Ne voleva di
più, molto di più.
I
suoni di apprezzamento che percorrevano la gola di Damon
non facevano altro che mandarla ancor più su di giri.
Di
colpo venne investita da una luce bianca, fortissima.
Chiuse gli occhi s’istinto. Quando li riaprì, si
trovò sola. Era finita in un
luogo che non riusciva a riconoscere. Per un attimo il panico
s’impossessò di
lei.
Poi
una voce alle sue spalle parlò.
“Ti
conosco?”.
Bonnie
si girò trovandosi di fronte un bambino: pallido,
occhi neri, capelli scuri. Le ricordava qualcuno. Ma
chi?
I
suoi polsi erano incatenati.
“Chi
ti ha fatto questo?” si affannò inginocchiandosi
davanti al piccolo.
“Lui” rispose
quello “Non vuole che me ne vada in giro”.
“Lui
chi è?”.
“Tu
chi sei?” le girò la domanda.
“Mi
chiamo Bonnie”.
Il
volto del bambino s’illuminò di un sorriso
“Lui parla
spesso di te, anche se non se ne rende conto. Lui è felice
con te”.
Bonnie
diventava ad ogni minuto sempre più confusa.
“Grazie
per avergli dato una seconda possibilità”
proseguì
il bambino “Da quando ti conosce, l’atmosfera
quaggiù è più allegra. Le catene
si sono quasi rotte del tutto. Tra poco sarò libero di
volare via”.
A
quel punto Bonnie comprese. Gli prese il volto tra le dita
“Damon?”.
“Mi
chiamavano così una volta” confermò
l’altro “Occupati di
lui, va bene?” la pregò “Anche se non
è facile, occupati di lui. Ti vuole
bene”.
La
rossa annuì con forza e si asciugò gli occhi
“Lo farò”.
Avvertì
qualcosa tirarla via da quel mondo praticamente
inesplorato e venne riportata di colpo alla realtà. Si
staccò bruscamente dal
polso del vampiro.
Damon
abbandonò la presa sul suo collo e si tirò
indietro
allarmato. Tolse le mani dai suoi fianchi per non turbarla.
“E’
così brutto?” sussurrò mortificato e
intimorito da ciò
che Bonnie poteva aver visto. Si era giocato con le sue mani
l’ultima chance si
riaverla?
La
rossa portò l’attenzione su di lui
“No” mormorò scuotendo
la testa; posò le sue mani sulle guance del vampiro
così come aveva fatto con
il bambino “No” ripeté con voce un pelo
più alta.
Le
loro fronti si toccarono. Bonnie sorrideva mentre le sue
mani scendevano ad accarezzargli le spalle.
Damon
era impietrito. Credeva che si fosse trovata faccia a
faccia con il suo lato malvagio e sadico, per questo non capiva il suo
comportamento affettuoso e comprensivo. Lei invece aveva scoperto la
sua parte
più ingenua e innocente, la parte che racchiudeva i suoi
buoni sentimenti e la
sua purezza. Non aveva bisogno di ulteriori prove sulla sua
sincerità.
“Mi
sei mancato” disse spingendosi verso di lui con tutto il
corpo. Il bacio che seguì fu dei uno più naturali
e agognati che avessero mai
condiviso.
Si
strinsero talmente tanto da farsi male ma non vi
badarono. Bonnie strisciò sul suo torace, premendo sulle sue
spalle e per poco
non caddero sul prato.
“Ti
amo” sospirò tra un bacio e l’altro
Damon.
“Ripetilo”
lo supplicò la strega.
“Ti
amo”.
“Ancora”.
“Ti
amo” questo venne accompagnato da un ansito di desiderio
scosse entrambi. Si divisero, a malincuore, per evitare di mettere in
scena un
sexy show nel giardino della confraternita.
“Portami
a casa, Damon” fu l’ultima richiesta di Bonnie.
Rientrarono
al Pensionato la sera successiva. L’ambiente era
buio e freddo, chiaramente disabitato da tempo. La ragazza non ci aveva
messo
più piede da quando era partita per il college.
“Qualcuno
si è occupato di questo posto?” sbottò
Damon
posando a terra le valigie.
“Stefan
è tornato qualche volta per dare una controllata”.
“Spero
vivamente che funzioni l’acqua calda” e con un
balzo
raggiunse la scala.
Tipico
di Damon: spariva per un anno e pretendeva che fosse
tutto pronto e in ordine per il suo ritorno.
Bonnie
lo seguì più lentamente trascinandosi dietro il
suo
borsone. Si fermò al primo piano davanti alla sua stanza.
Accese
la luce e tirò le tende aprendo la finestra almeno
per cambiare l’aria. Vedere la sua cameretta così
dismessa e trascurata le
provocò un moto di tristezza. I mobili erano leggermente
impolverati e spogli.
Erano rimasti solo i suoi giochi da bambina e alcuni vestiti che non
aveva
portato al campus.
Bisognava
trovare una soluzione per gli anni seguenti. Non
poteva lasciare che il Pensionato perdesse tutta la sua bellezza solo
perché
lei non aveva trovato il tempo di passare almeno un weekend nella
villa. Quella
era casa sua, dopotutto.
“Qual
è il verdetto? La caldaia funziona ancora?” chiese
avviandosi in camera di Damon. Si stese sul letto e osservò
il vampiro
controllare il rubinetto del suo enorme bagno.
“Sembra
di sì” confermò lui “Il che
mi fa venire in mente
che sarebbe ora di una bella doccia; vuoi unirti?”.
“Potremmo
lavarci …” suppose Bonnie “O potremmo
usare
questo” propose indicando il materasso su cui era stesa.
“Forse
è più comodo” concordò Damon.
La
rossa si tirò leggermente indietro e aprì le
gambe per
fargli spazio. Nel giro di un giorno le sue prospettive erano
decisamente
cambiate, in meglio. Qualcuno forse l’avrebbe considerata
debole e sciocca per
esserci ricascata così in fretta, ma Bonnie non sentiva di
aver fatto la cosa
sbagliata. Non c’era un momento giusto per cedere; avrebbe
potuto impuntarsi,
ottenendo l’unico risultato di allontanarlo. Avevano
già perso un’infinità di
tempo ed entrambi sapevano che sarebbero finiti di nuovo insieme;
perché
temporeggiare?
“Aspetta
… aspetta” boccheggiò Damon
interrompendo il loro
bacio “C’è un’ultima cosa che
ti devo dire riguardo sai … a quella questione
sulla fiducia”.
“Damon,
io …” provò ad interromperlo la strega
senza
successo.
“Sì,
lo so, lo so! La metafora del bambino come simbolo dei
miei sentimenti è molto poetica, ma non basta. Hai bisogno
di una prova più
concreta”.
Non
le serviva nessuna conferma, invece. Bonnie lo aveva
visto; aveva visto cosa c’era dentro di lui. Il piccolo Damon
le aveva dato il
suo cuore, senza esitazione, le aveva chiesto di prendersene cura. E
sebbene si
trattasse di un gesto bellissimo e nel contempo rischioso, lei aveva
scelto di
donargli il suo in cambio.
C’era
altro da aggiungere?
“Ho
pensato ad un patto di sangue” annunciò il
vampiro. Fu
come sganciare una bomba.
Bonnie
saltò indietro e lo guardò sbalordita
“Ma sei
impazzito?” lo sgridò “Lo sai che
succede se si rompe un patto di sangue?”.
“E’
proprio quello il punto!”.
“Io
non ti voglio morto!” si oppose Bonnie “Devi
rimanere
con me perché lo vuoi e non per paura di morire”.
“Non
ho paura di morire” specificò Damon “Ho
paura di perdere
te. Lo sto facendo per dimostrarti che sono sicuro delle mia scelta.
Non voglio
che tu stia sempre in ansia, non voglio darti insicurezze.
Capiterà che
litigheremo e capiterà che me ne andrò per
sbollire la rabbia, non voglio che
tu stia a tormentarti nel terrore che io non torni più
indietro”.
“E’
una cosa vincolante. Non posso legarti a me in questo
modo, non posso toglierti la possibilità di decidere della
tua vita. Credo in
quello che mi hai detto, credo nella tua sincerità. So che
non mi abbandonerai
ancora; ma anche se dovesse accadere, anche se ti dovessi innamorare di
qualcun’altra, non potrei mai condannarti a rimanere con me
per colpa di un
patto”.
“Tornerò
sempre da te, Bonnie, con o senza patto” affermò
il
vampiro “Non dubitare mai che i miei sentimenti possano
essere influenzati da
qualcosa che non sia il mio cuore. Non voglio ferirti mai
più”.
“Mi
basta questo” s’intestardì la giovane
“Ho parlato con la
tua parte più nascosta, so che non mi faresti del male di
proposito”.
“Se
mi credi, allora, fidati di me ancora una volta” la
pregò “Non mi stai costringendo a fare niente;
è una mia decisione. Ti
appartengo e questa ne è la dimostrazione”.
Prese
la mano di Bonnie e se la portò alla bocca;
graffiò
gentilmente la sua pelle in modo che uscisse qualche goccia di sangue.
Poi
ripeté la stessa operazione con la sua.
“Stringi
la mia mano” le ordinò dolcemente. Intrecciarono
le
dita e il loro sangue si fuse pronto a compiere la magia.
“Damon”
cercò di fermarlo un’ultima volta la ragazza.
“Non
ti farò più soffrire, Sissi, e soprattutto non ti
lascerò mai. Sono tuo e questa è una cosa che non
cambierà mai”.
“Damon”.
“Lo
giuro”. Ora non poteva più tirarsi indietro. Se
mai
avesse violato i termini, sarebbe morto ma il vampiro nemmeno la
considerava
come un’opzione. Era certo delle sue parole, delle sue
intenzioni.
Fece
per ritirare la mano ma Bonnie aumentò la presa e
glielo impedì.
“Anche
io sono tua” aggiunse “E mi riservo la clausola di
rompere il patto qualora non ci siano più le condizioni per
ritenerlo valido”
sentenziò. Sciolse le loro mani e guardò il
vampiro dritto negli occhi “Mi hai
appena offerto la tua vita” gli disse “Questo patto
non deve incombere su di
noi come una condanna; preferirei vederlo come una promessa”.
“Io
non rompo mai le mie promesse”.
“Lo
so; ti credo” gli sorrise “Sappi comunque che per
te c’è
una via d’uscita; dobbiamo essere liberi di scegliere ogni
giorno se rimanere
insieme o no”.
“Sei
la donna più testarda che io abbia mai conosciuto”
sbuffò giocherellando con una ciocca dei suoi capelli
infuocati “Mi lascerai
mai fare qualcosa di carino per te senza ricambiare il
favore?” chiese
sarcastico.
Bonnie
si morse un labbro “Avrei un paio d’idee in
effetti”.
Damon
sogghignò “Se implicano i nostri corpi nudi, sono
a
tua disposizione”.
Ritornarono
a baciarsi, affamati e sognanti, desiderosi di
sentirsi uniti dopo tanto tempo passati separati.
La
maglia del vampiro fu il primo degli indumenti ad essere
sacrificato, seguito subito dalla canotta di Bonnie.
Damon
scese a lambirle il collo e la pelle attorno al
reggiseno e ancora giù per tutto il suo ventre fino
all’ombelico. La rossa
stiracchiò le braccia sopra la testa e chiuse gli occhi. Le
mani di lui le
slacciarono il bottone dei pantaloni e toccarono la zip.
“Bonnie,
sono a casa!” urlò una voce dal piano di sotto.
I
due sul letto gelarono. Damon alzò malvolentieri la testa
abbandonando il calore del corpo della sua streghetta e
guardò incredulo la
porta.
“Dimmi
che era un’allucinazione” sperò.
“Temo
di no”.
“Che
cazzo ci fa qui?” sbraitò incredulo.
“Gli
avevo detto che sarei tornata nel weekend. Forse non
voleva lasciarmi a casa da sola” ipotizzò Bonnie.
“Non
l’hai avvertito che c’ero anche io?”.
“No”
confessò lei colpevole “Non volevo che tornasse
prima
del tempo e ti prendesse a calci”.
“Gran
bel piano, Sissi” borbottò Damon “Sei
riuscita a farlo
tornare comunque prima del
tempo”.
“Bonnie,
ci sei?” la chiamò una seconda voce.
“O
mio Dio, c’è pure la sua dolce
metà” piagnucolò il
vampiro “E’ una congiura?”.
“Dovremo
scendere a salutarli” suggerì Bonnie.
“Oppure
potresti lanciare un incantesimo su quella porta e
sigillarla per tre giorni” fu l’alternativa
più allentate di Damon.
“Non
vedi tuo fratello da un anno” gli ricordò lei
“Io e te
abbiamo aspettato fino adesso; un paio d’ore in
più non ci uccideranno. Hai
detto che avevi un’eternità per
aspettarmi”.
Damon
allargò le braccia sconfitto e si lasciò cadere
pesantemente sul materasso “Sapevo che prima o poi questa
storia
dell’immortalità mi si sarebbe rivoltata
contro” si lamentò.
“Non
essere così tragico” scherzò Bonnie
“Un saluto veloce,
al massimo una cena insieme. Poi possiamo spendere tutta la notte a
parlare.
Abbiamo parlato tanto in queste ultime settimana; mi piace come
cosa” lo
stuzzicò solleticandogli una spalla. Lo avrebbe mandato
fuori di matto.
Damon
sbiancò “Avrà mai un termine
quest’astinenza?” soffiò
esasperato.
Bonnie
gli tirò un leggero schiaffo sul braccio e rotolò
fino ad appoggiare la testa sul suo petto. Il vampiro la
cullò dolcemente. Si
ritrovò a sorridere come un ebete, felice e appagato.
Completo e amato. Avrebbe
lottato con le unghie e con i denti per difendere quella magnifica
sensazione.
La
streghetta poggiò il mento sul suo sterno e si
soffermò
sul suo profilo. Rimasero a lungo in quella posizione: gli sguardi
incatenati e
le dita intrecciate.
Finalmente
erano a casa, insieme.
“I dare you to
let me be your one and only,
Promise I’m worth it,
To hold in your arms,
So come on and give me a chance
To prove I am the one who can walk that mile,
Until the end starts”.
Il
mio spazio:
Ed
eccoci alla fine.
Pensavo
che sarei stata contenta una volta conclusa questa
storia e invece mi ritrovo triste.
Il
primo capitolo è stato pubblicato più di due anni
fa e
ammetto che non avrei mai immaginato di riuscire a completarla.
Sul
mio profilo ci sono un paio di storie incomplete, sul
mio computer ce ne sono molte altre. È assurdo che io sia
riuscita ad arrivare
fin qui.
Questa
storia mi ha lasciato tanto e mi ha insegnato tanto.
Non scrivo solo per piacere ma anche per sfogo e qui mi sono sfogata
parecchio;
mi fa davvero strano aver messo la parola fine.
Sono
affezionata ad Ashes&Wine e ne sono anche orgogliosa.
Mi sono resa conto di poter portare avanti un progetto lungo, cosa di
cui non
mi credevo capace fino a qualche tempo fa. Ero convinta di essere
affetta da un
inevitabile e cronico calo dell’ispirazione; ora sono
più sicura.
E’
innegabile il contributo che mi avete dato anche tutte
voi; il numero delle letture, dei preferiti, seguiti e ricordati e i
vostri
commenti mi hanno davvero aiutato ad impegnarmi; il merito è
anche vostro.
Vi
ringrazio di cuore. Il vostro supporto è stato toccante e
prezioso.
Questa
storia quindi si è conclusa con il lieto fine (dopo
42 capitoli mi sembrava il minimo); spero che siate soddisfatte
dell’epilogo.
Non ne avevo mai scritto uno e mi sono accorto che è
veramente difficile
elaborare un finale.
Ho
volutamente sorvolato sulla questione “vampirismo”.
Bonnie ha solo diciannove anni, è giovanissima. Lei e Damon
avranno tutto il
tempo del mondo per parlare di un’eventuale trasformazione.
A
me Bonnie piace umana, perciò, per quanto mi riguarda, in
futuro riuscirà a trovare un incantesimo che la mantenga
giovane e bella per
l’eternità. Ognuna di voi può scegliere
la soluzione che preferisce. Questo
punto è totalmente aperto.
Comunque
non vi libererete di me: ci vediamo settimana
prossima con il quinto capitolo di Crazy Little Thing Called Love!.
Ora
i ringraziamenti speciali:
- Bumbuni
per aver creato il bellissimo banner
che vedete all’inizio del capitolo.
-
meiousetsuna
per avermi sempre incitato e
supportato, per tutto l’incoraggiamento!
La
canzone s’intitola “One and only” ed
è di Adele.
Grazie
ancora di cuore! Spero che sia stata una lettura
piacevole per tutti.
Un
bacio,
Fran;)
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