Here without you
Il vento fischiava forte nelle sue orecchie. L’aria
pesantemente calda di inizio estate veniva tagliata dal manico della Firebolt,
lanciata ad una velocità altissima. Regalo di Sirius, una delle poche cose che
gli era rimasta del suo padrino. Una delle poche cose che voleva gli
rimanessero. Sentì traballare leggermente il baule sulla coda della scopa, ma
non se ne curò troppo. Lo aveva saldato bene, ed era troppo leggero perché
cadesse. In fondo dentro non c’erano altro che un paio di vestiti, la
bacchetta, fogli e pergamene e un abito per il matrimonio di Bill.
Era guarito, alla fine. Non che fosse uno spettacolo a
vedersi. Era rimasto sfigurato in viso, e nelle notti di luna piena rimaneva
sveglio.
Forse gli era andata fin troppo bene. Rischiava di diventare
mannaro. Lupin non aveva dormito molte notti. Un incubo che si ripete. Molti
incubi. Troppi. E tutti a causa di una persona. Sempre lo stesso nome.
Gli aveva portato via tanto. Gli aveva portato via i
genitori. Gli aveva portato via il padrino, gli aveva portato via la cosa che
più assomigliava a un nonno.
Gli aveva portato via la sua famiglia.
Gli aveva rapito la sua adolescenza.
Harry pensò a cosa sarebbe successo senza Voldemort,
socchiuse gli occhi. E si perse in una delle sue fantasie. In uno di quei sogni
che fai ad occhi aperti. Si vide ad Hogwarts, con i suoi amici, a ricevere
lettere dai suoi genitori, dal suo padrino. A uscire con la sua ragazza.
L’ennesima cosa che Ridde gli aveva rubato. La sua ragazza.
L’aveva costretto a lasciarla. Non avrebbe sopportato di vederla morire.
Sarebbe morto anche lui. E questo è uno dei motivi per cui non voleva andare a
casa Weasley.
Avrebbe rivisto Ginny. E sarebbe ritornato sui suoi passi.
Quelle parole che aveva pronunciato appena un mese prima le avrebbe rinnegate.
Rinnegate per lei. Per un solo fottutissimo istante passato insieme. Solo per
stare con lei.
Un minuto, un mese. Un anno.
Ma non poteva.
La guerra, i mangiamorte, Voldemort gli impedivano di essere
felice.
Avrebbe solo voluto essere un ragazzo normale, con una vita
normale.
Invece era Harry Potter.
La Tana si vedeva in lontananza. Cominciò a guidare il
manico verso terra e atterrò. Scese dalla scopa asciugandosi gli occhi
velocemente, sicuramente colpa di qualche bruscolino finito negli occhi.
Che bella, la Tana. Uno dei pochi posti che considerava
familiari. Uno dei pochi posti che considerava casa. Quella e Hogwarts. Ma una
non l’aveva più. Gli era stata portata via anche quella.
Bussò alla porta e una figura aprì.
Le due persone si scrutarono a lungo, senza parlare. Poi una
ruppe il silenzio.
“Ciao Harry.”
Lui non rispose. Non subito almeno. Trattenne le lacrime,
trattenne la voglia di abbracciarla. Trattenne se stesso.
“Ciao Ginny.”
Molly e Ron corsero a salutarlo. Sorrisi, pacche sulle
spalle, abbracci e baci.
Ma lui non sorrise. La rossa non l’aveva ne abbracciato ne
baciato.
Stava semplicemente a distanza. Una distanza di sicurezza.
Una distanza che avrebbe impedito ai due cuori di ferirsi. La distanza della
sofferenza.
Bill quella sera era felicissimo. Illustrava tutte le fasi
del matrimonio ai presenti. Tonks lo ascoltava rapita, Remus evitava
accuratamente il suo sguardo. Fred e George parlavano del loro negozio e Fleur
Delacour era agitatissima, aveva paura che qualcosa non andasse. Harry
osservava la scena come dall’esterno, cercando un qualsiasi discorso dove non
c’entrassero Silente, Sirius, Voldemort e Ginny. Quindi spesso seguiva i
gemelli nei racconti sul nuovo negozio e Bill nelle sue storie sul matrimonio.
Ovviamente le seguiva passivamente. Non si faceva prendere
da nessuna conversazione in particolare.
Ron e Hermione lo osservavano da lontano, dall’altra parte
del tavolo.
“Soffre. E molto.”
Ron addentò un pezzo di pane, Hermione continuava a
osservarlo.
“Forse ci dovrei parlare…”
Ron infilzò una patata da suo piatto.
“Da sola?”
Lei socchiuse gli occhi, in un gesto di stizza.
“Relativamente ovvio, non credi?”
Il ragazzo si appoggiò allo schienale.
“Forse si. Forse hai ragione.”
A quel punto videro il loro amico uscire dalla porta.
Harry dal canto suo era uscito a prendere una boccata
d’aria, a digerire.
Palla enorme. Si fece un appunto mentale. Inutile mentire a
se stessi. È deleterio.
Voleva scappare, quella stanza sapeva di Ginny, quell’aria
sapeva di Ginny.
Tutto lì sapeva di Ginny.
Mosse lentamente un piede davanti all’altro.
“Non passerà se continui così.”
Harry si arrestò. Conosceva bene quella voce. Senza
guardarla rispose.
“e cosa dovrei fare?”
La ragazza colse una nota di ironia in quella voce, ma non
raccolse la provocazione.
“Calmarti forse, e parlarle.”
Lui si girò. Era cambiata, la piccola Hermione. Si era fatta
donna, forse troppo velocemente. Harry notò le borse sotto gli occhi, causate
probabilmente dalle poche ore di sonno e dalle molte di pianto.
“Certo, devo illuderla no? Devo farle credere che andrà
tutto bene? Non andrà bene Herm. Non andrà bene per niente. E lei soffrirà. E
lei forse morirà! E morirò anche io in quel caso! Lo capisci?! Lo capisci o
no!?”
Le ultime parole le aveva gridate. E le aveva dette in
lacrime.
Lei si avvicinò e lo abbracciò senza dire nulla. Solo un
sussurro.
“Lo capisco…”
Lui rimase attonito. Rispose all’abbraccio con foga, con un
pianto ancora più nervoso. Poi si calmò e alzò gli occhi. E vide Ginny, a
guardarli dall’uscio. Due lacrime le solcarono il viso. Poi corse dentro.
Due cuori si infransero. Due cuori che non potevano vivere
l’uno senza l’altro
“E col potere conferitomi dal Wizengamot, vi dichiaro marito
e moglie.”
Bill baciò
Fleur. Grande festa, davvero. Aveva fatto le cose in grande, lo Weasley.
La Luna splendev in un cielo limpido, ricco di stelle. Il banchetto si svolgeva
nel giardino. Fleur girava a destra e a manca mostrando a tutti l’anello, Bill
rideva e scherzava con tutti.
Erano felici, loro.
Harry girava senza meta, tra la folla. Poi vide Ginny
allontanarsi e dirigersi verso l’acero dall’altra parte del giardino, lontano
dalla festa. Lontano da tutto.
Fu un attimo. La decisione di un istante, e si trovava
dietro di lei, a seguirla. Le voci, la musica. Era tutto distante.
Lei si fermò.
“Cosa vuoi Harry?”
Lui rimase colpito
“Come facevi a sapere che ero io?”
Lei sorrise lievemente.
“Il rumore dei tuoi passi… sono ormai troppo abituata a
sentirlo.”
Sorrisero, entrambi.
“Esattamente come venti giorni fa…”
Ginny si girò. Triste, era triste. Ma bellissima. Il vestito
bianco risaltava ancora di più con il rosso dei suoi capelli e le lacrime che
scendevano da quegli occhi così puri la rendevano, se possibile, ancora più
bella.
“No. È cambiato tutto. Cosa vuoi?”
Il ragazzo era deciso.
“Parlare… solo questo.”
Lei scoppiò.
“E io non voglio! Vai dalla Granger! Torna da lei! Non
cercare me!”
un pianto nervoso. Rotto. Lacrime amare, lacrime pesanti.
Harry registrò l’uso del cognome. Doveva davvero essere arrabbiata.
“Hermione… io… parlavamo. Parlavamo e basta. Di come mi
sento. Di come mi manca Sirius, di come mi manca Silente. Di come mi manchi
tu.”
Lei smise di piangere per qualche istante, per poi
riprendere. Lacrime più leggere. Lacrime di felicità.
“Anche tu mi mancavi…- lei butto le braccia al suo collo –
so che non dovremmo, so che non siamo più insieme, che mi hai lasciata, che…”
non finì la frase. Il ragazzo la baciò. Lei sgranò gli occhi, poi li richiuse,
abbracciandolo dolcemente.
Un bacio felice nella Tristezza, dolce nella passione.
Uno di quei baci che si danno poche volte nella vita.
Si staccarono e Harry la fissò negli occhi.
“Ti amo Ginevra Weasley.”
Lei sorrise, stringendosi nel suo abbraccio.
“E io amo te, Harry James Potter.”
Si baciarono nuovamente, poi si sdraiarono sull’erba.
Si amarono. Totalmente e semplicemente, diventano l’uno
parte dell’altra.
Dopo, esausti, si misero a guardare le stelle.
“Harry, rinnova la promessa.”
Il ragazzo la fissò qualche istante.
“Io, Harry James Potter, prometto di sopravvivere e di
tornare da Ginevra Weasley, se lei lo vorrà.”
Lei gli passò una mano sul viso.
“Lo vorrò sempre. Vorrò amarti. Lo voglio anche ora.”
Fissarono abbracciati la luna.
Lei felice di aver fatto l’amore con il ragazzo che ama, lui
preoccupato, cercando un modo di dirlo a Ron.
Ora aveva un motivo per tornare.
Uno splendido motivo dai capelli rossi.
Leggermente più lungo della prima parte, ma molto diverso.
La canzone è dei Three doors down. Per il prossimo capitolo dovrete aspettare
un po’ di più, questo lo avevo già scritto, mancava solo di correzione.
Un ringraziamento a tutti coloro che hanno letto, in
particolare Wicca87 e AxelC91.
E agli altri chiedo solo di recensire^^
A presto!