Lights in the darkness

di Leslie_burke
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Him, the son of the devil ***
Capitolo 2: *** Her, an annoying sun ***
Capitolo 3: *** An anpleasant place ***
Capitolo 4: *** Sweet words? ***



Capitolo 1
*** Him, the son of the devil ***


Rwriting of Kodocha

PROLOGO: Lui, il figlio del diavolo.

Fuori, la città are avvolta dalle tenebre. Le lacrime scendevano piano, leggere, senza lavare via il dolore, un dolore che ormai era diventata un’abitudine … stava cominciando a smettere di sperare che qualcosa potesse cambiare. Ma poi, era giusto che qualcosa cambiasse? Già, perché tu hai ucciso tua mamma. Chi compie un gesto del genere, non ha il diritto di vivere felice, e tu lo sai, vero, figlio del diavolo?

Akito si raggomitolò, aspettando che il sonno arrivase, come una benidizione,  a concedere una tregua al suo animo ferito.

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Capitolo 2
*** Her, an annoying sun ***


Rewriting of Kodocha: 1

CAPITOLO 1: She, an annoying sun.

« Uffa mamma! Perché non mi svegli mai in tempo? » gridò Sana, così forte che Maro Maro corse a nascondersi.

« Lo sai benissimo il perché. » fu la calma risposta della madre, ormai abituate a quel teatrino mattutino.

« Anche se non so perché ci tengo tanto ad arrivare in orario … per quel che serve andare a scuola! » la ragazza si fermò un attimo, e addentò il pane con un insolita violenza.

« Tutta colpa di quel gruppo di deficienti, poi! » aggiunse con rabbia.

« Basta, mi è passata la fame! Rei, vero che mi porti in auto? »

Rei sospirò. Nonostante conoscesse da anni quella ragazzina, non riusciva proprio ad abituarsi al suo carattere irruente.

Mezz’ora dopo. Le penne volavano. I banchi erano impilati. Akito, seduto in cima, osservava la classe come fosse il suo regno. Mi auguro che caschi a ti rompa una gamba, criminale.

« Sanaaaaa! Meno male che sei arrivata! »

Come se potessi fare qualcosa.

« Hey ragazze, volete piangere anche voi? » chiese uno dei maschi, sghignazzando il faccia alla giovane insegnante che piangeva con la testa fra le mani.

« H-a-y-a-m-a! » sana si incamminò a passo veloce verso di lui, riuscendo miracolosamente a schivare tutti gli oggetti messi malamente per terra. Il ragazzo si limitò ad aumentare il volume dell’I-pod.

« Hayama! Parlo con te! Potresti darmi retta? »

Uffa, ecco che ricomincia con la lagna. Pensò, sforzandosi di non abbassare lo sguardo.

« Hayama … perché lo fai? » il tono era calmo, ma non sottomesso.

Il ragazzo non potè fare a meno di sentirsi sorpreso; quella ragazza lo spiazzava spesso, lei, lei sola.

« Allora? »

Finalmente capì cosa gli ricordava quel modo di parlare: era lo stesso che usavano gli stessi per addomesticare le bestie feroci. Akito rise, una risata triste … dunque, anche lei aveva capito cos’era. Qualcuno strappò d’improvviso una tenda dalla finestra, e un raggi di sole lo colpì dritto in faccia, infastidendolo. Ecco, lei causava lo stesso identico effetto.

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Capitolo 3
*** An anpleasant place ***


Ciao a tutti! Questa è la mia prima fan fiction, quindi mi piacerebbe molto sentire le vostre opinioni! Positive e negative … i primi capitoli sono abbastanza tristi e incentrati solo su Akito, ma presto Sana ricoprirà uno spazio maggiore e le situazioni più allegre!

CAPITOLO 03:

Akito correva per le vie della città, incurante sia del vento sia dei lamenti delle persone colpite. Correva per dimenticare. Per cercare di sgombrare la mente; anche se sapeva bene quanto questo fosse impossibile, soprattutto visto il luogo dov’era diretto. A metà percorso rallentò e cominciò a camminare. «Hayama, perché lo fai? » quelle parole continuavano a tornagli in mente, a intervalli regolari. Stupida mocciosa. Scommetto che a casa tutti adorano la piccola attrice di talento, sempre allegra e sorridente. Sospirò. Era conscio che odiarla solo perché era più fortuna di lui era uno sbaglio, ma era così, e lui non aveva per niente voglia di mettersi a riflettere anche su quello, anche se le sue parole fossero state vere.

« Akito! » una voce interruppe le sue riflessioni.

« Tsuyoshi, ciao! » lo salutò.

Si avvicinarono.

« Dove stai andando di bello? » gli chiese l’amico.

Ad Akito venne da ridere per la seconda volta nella giornata, un record quasi. Dove stai andando di bello? Anche presupponendo che in quella cavolo di città ci fosse un luogo bello quella parola era sicuramente tra le meno adatta ad indicare la sua destinazione.

« Da nessuna parte … facevo solo un giretto per rimanere in forma! Anche a te non farebbe male, tra l’altro! »

L’altro non si scompose, ormai abituato a quel modo di comunicare.

« Simpatico, davvero. Aki … dobbiamo parlare del tuo comportamento a scuola! È inammissibile che continui a fare tutto questo casino! »

Si pentì subito delle proprie parole, quando vide la faccia dell’amico. Tuttavia, la risposta lo lasciò sconvolto.

« Lo sai che odio che mi chiami “Aki”. Comunque … credi di essere mio amico? E se sì, perché? »

Si guardarono per dei lunghi istanti, senza dire niente.

« No, niente, lascia stare … non so cosa mi è preso. Ultimamente straparlo. Adesso però devo andare! Ne riparliamo un’altra volta, okay? »

Si dileguò tra la gente, di nuovo correndo. Le otto … doveva sbrigarsi. Si maledisse in silenzio per essere scappato, da cosa poi, era un mistero. Non aveva mai capito perché Tsuyoshi continuasse ad essergli amico, nonostante lui lo trattasse spesso in modo deplorevole. A volte, temeva che fosse solo compassione … era lui che da piccolo era andato a piangere, cacciato fuori di casa …

Sospirò, e, molto lentamente, aprì le pesanti porte del cimitero, con gli occhi bassi.

« Hayama?! »

A quella voce alzò di scatto la testa.

« Kurata?! »

Se il ragazzo avesse dovuto fare una lista dei posti dove poteva trovarsi lei, di certo il cimitero sarebbe stato tra gli ultimi. Anche lei sembrava alquanto sorpresa.

« Hayama, cosa ci fai qui? » chiese, curiosa.

Lui ricambiò il suo sguardo, seccata.

« Secondo te cosa fa di solito la gente in un cimitero?! »

Fece per andarsene, ma lei gli prese la maglia. Quella ragazza aveva fegato, doveva ammetterlo.

« Io sto girando la scena di un film! Comunque mi dispiace che così gioavne abbia già qualcuno per cui piangere! Chi è? »

Per un attimo rimase in certo sulla risposta da dare … scartò subito la verità, avrebbe sollevato troppe domande … Adesso deve rompermi le scatole anche fuori da scuola? Non poteva girarlo da un’altra parte il suo stupidissimo film? La ragazza continuava a fissarlo, la mano salda sulla sua manica.

« Perché ti interessa? » rispose infine.

Questa volta fu lei a stare in silenzio.

« Perché … perché mi è venuto spontaneo. »

Rabbia. Una forte rabbia. Non sapeva dire esattamente come mai, ma il fatto che lei si comportasse così in modo spontaneo gli provocò questo sentimento. Certo, lei può fare tutto ciò che le pare … scommetto che a casa sua mamma e suo padre l’aspettano ansiosi di farle i complimenti per il lavoro, con un’ottima cena pronta. La odio …

« Non sono comunque affari tuoi! » disse, staccandosi da lei. « Ora, col tuo permesso … »

Si girò e si allontanò, senza nemmeno salutarla, a passo veloce, senza correre né camminare. In qualche modo, si sentiva osservando come poche volte in vita sua, come se quella studentessa non lo stesse guardando fuori, ma dentro. Scacciò quel pensiero irritato, era ridicolo.

Si fermò davanti alla foto di una bella donna, con capelli biondi uguali ai suoi: Khoaru Hayama, recitava la tomba. Ciao mamma. Di solito parlava a bassa voce, ma quel giorno aveva troppo paura che orecchi indiscrete potessero sentire

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Capitolo 4
*** Sweet words? ***


AkitoSana Grazie a tutti quelli che hanno recensito questa mia prima fan fiction, e scusate per il grandissimo ritardo! Da adesso in poi dovrei aggiornare più o meno una volta alla settimana ^^ Buona lettura!

Akito si strinse nella giacca. Cominciava a fare freddo, ma non aveva per niente voglia di tornare a casa. Si girò, chiedendosi se Kurata fosse già con la sua famiglia... per un attimo si pentì del modo in cui si era comportato, per quello era il suo rapportarsi con gli altri, e lui non aveva voglia di cambiare. Già. Ultimamemente aveva voglia di cambiare tutto e nulla: odiava la sua vita, la scuola, i giorni che si ripetevano sempre uguali senza dargli il tempo di riprendere fiato. Però, alla fine non riusciva mai a capire cos'era a dover essere cambiato, e, ciò che desiderava ardentemente poter modificare, era al di là della sua portata: la famiglia. I morti non possono tornare, ne era perfettamente conscio, ma quel che si chiedeva in continuazione era se anche la mamma, sua sorella e il padre potessero essere felici. Per lui non pretendeva niente: si sentiva colpevole, e per questo sentiva di dover espiare il suo peccato.

« HAYAMA! » sobbalzò a quel grido violento, maledicendo subito dopo quella reazione.

« Kurata. Decidi: o sei una ragazza, e ti comporti come tale, oppure sei un ragazzo, e quindi non hai particolari privilegi. » lei scoppiò a ridere, e gli sorrise. Akito si rimise seduto, poggiando la schiena contro la lapide: non sapeva bene il motivo, ma non voleva capisse chi era venuto a trovare.

« Allora? La smetti di rompere?! » disse con rabbia, fissandola: doveva ammettere che aveva un certo stile. Sana si avvicinò, accovacciandoglisi accanto.

« Mi dispiace per prima. » la sua voce sembrava sincera. « Spesso agisco senza riflettere, e scommetto che questo ti innervosisce. Però... io ho agito con lo scopo di starti vicino, di cercare di capirti. » si interruppe un attimo. « Sei davvero diverso da me, e per questo mi attrai. » Akito la fissò con la bocca spalancata. Ma che diavolo... Nessuno gli aveva mai rivolto parole così dolci, e non dava l'idea di star facendo qualche strano gioco. L'innocenza della ragazza lo colpì in pieno, immobilizzandolo. Sei davvero diverso da me. Giusto, giustissimo. Non aveva idea di quanto ci avesse azzeccato.

« Non rivolgermi mai più la parola. » una sola frase, dura, secca, inequivocabile.

Prese la borsa e corse via, più veloce che poteva. Sì, stava scappando. Ma questa volta non era per il suo bene, ma per quello di Sana. Se avesse ascoltato la sua storia, quel sorriso sarebbe scomparso, di questo ne aveva la certezza. Basta. Basta, non poteva assumersi anche quella colpa, non ne aveva la forza. Si odiò per la sua debolezza; lei... era la prima che riusciva a spiare dietro le barriere che aveva innalzato, quindi, poteva ferirlo meglio di chiunque altro. Si fermò, i polmoni in fiammme. Forse... forse, lei avrebbe potuto anche aiutarlo. Chiuse gli occhi. Sarebbe stato bello essere amici, anche solo nell'immaginazione. Ma non si sentiva ancora pronto a rischiare. Per ora, avrebbe valutato la situazione. Riaprì gli occhi. Gli era venuto in mente un piano. Vediamo come te la cavi, Miss-Capisco-Tutto-Io. Rise, più rilassato. Tirò fuori il portafogli e comprò il panino più grosso in esposizione.

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