Ti amo

di Betti
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una notizia inaspettata ***
Capitolo 2: *** Come lo diciamo a Gibbs? ***
Capitolo 3: *** Si! ***
Capitolo 4: *** La prima volta ***
Capitolo 5: *** Ghiaccio ***
Capitolo 6: *** Amore mio ***
Capitolo 7: *** Cambiamenti ***
Capitolo 8: *** Io sospiro ***
Capitolo 9: *** Replay ***



Capitolo 1
*** Una notizia inaspettata ***


- Ti amo.

Come sempre, noticine dell’autore: è la mia prima fanf su Tony e Ziva e ho deciso di scrivere su di loro perché sono una coppia che amo con tutta me stessa.
Spero di appassionarvi con le mie fanf, che commentiate e che continuiate e leggere qualcosa di mio quando pubblicherò.
Questa volta mi permetto di mettere tre ringraziamenti all’inizio per due persone che conosco e una che ho “conosciuto” qui su efp (perché le ho recensito alcune fanf e mi ha scritto un’e-mail e la cosa mi ha quasi commosso).
Allora: ringrazio Lucia perché leggerà questa fanf senza sapere chi siano i protagonisti, Silvia perché, anche se non iscritta, mi legge comunque ed Agente_speciale_Jessi per la mail e le sue fanf che mi piacciono tanto.
Tutti gli altri ringraziamenti per chi leggerà e commenterà vanno in fondo (non perché siano meno importanti ma per lo spazio sennò non inizio più!). Tanti baci e buona lettura!
BiEsSe

 

Una notizia inaspettata

 

 

Positivo. Non è una parola d’ordine questa volta o la risposta a una delle domande di Gibbs durante una missione. È un risultato.
Il risultato del mio test di gravidanza.
Mi sento impallidire vedendo quella piccola più che sembra guardarmi dal coso di plastica che ho in mano.
Maledetta quella sera che ci sono finita a letto.

Era una sera come le altre, Tony era venuto a cenare a casa mia ed avevamo alzato un po’ troppo il gomito per la riuscita della missione.
Le settimane precedenti erano state un inferno nel vero senso della parola. Le indagini non avevano né capo né coda e ci sembrava solo di perdere tempo.
Quella sera mi sembrava magica: per il lavoro e perché avevo accanto Tony, quella persona che ormai amavo da più di tre anni e che sapevo benissimo ricambiasse i miei sentimenti; così, seduti sul divano del piccolo soggiorno di casa mia, gli chiesi con l’aria alticcia:- Ti sei innamorato di me vero?-
Tony mi guardò sconcertato, poi mi tolse il bicchiere dalla mano e mi disse, per cambiare discorso:
- Ziva, Ziva… meglio smettere con il vino per questa sera. Non mi sembri la solita.-
- Dai Tony… sai che inquadro le persone facilmente..- mi scappò una risata.
Anche lui sorrise guardandomi negli occhi e si avvicinò a me con quel suo modo estremamente seducente:- E allora… come mi avresti inquadrato tu?-
- Uh, facile a dirsi. Mi guardi il fondoschiena ogni volta che ti sono davanti. Comunque.. sei uno che sa subito quello che vuole, ma che ha paura ad ottenere dei risultati.-
- Io avrei paura? Sai che Tony Dinozzo non ha paura di niente..-
- Si, come no. Raccontalo a me.. si vede che vorresti portarmi a letto. Te lo leggo negli occhi.-
- No, questa volta ti sbagli Ziva…-
- Ammettilo… non sono cieca-
- Beh… magari è successo una volta…-
- Certo, certo..- bevvi un altro sorso di quel delizioso vino italiano.
- E va bene… mi piaci e allora? Tanto so che anch’io ti interesso. Te lo si legge negli occhi.-
- Non è vero. Sono stata addestrata dal Mossad non sono un libro aperto come te. -
- Queste cose non le insegnano al Mossad. Dai, ammettilo.-
- Non lo saprai mai, Tony .-
- Allora facciamo un esperimento..-
- No. –
- Dai…! Io ti do un bacio e poi mi dici se ti è piaciuto. Okay?-
- No. –
- Hai paura delle sfide pivella?-
- Io non ho paura di niente, Tony .-
- Allora lasciami fare. –
Si avvicinò con calma al mio viso e, sorridendo, le sue labbra di posarono sulle mie, provocandomi un brivido dietro la schiena. Assaporai tutto il gusto di
quelle labbra rosee, poi mi voltai dall’altra parte, troppo tardi perché Tony si accorse di tutto.
- Ti è piaciuto!-
- No!-
- Sì che ti è piaciuto! Ti brillano gli occhi…dai..- disse gongolante.
- A te? È piaciuto?- chiesi sperando che dicesse sì.
- Mi dispiace ma la domanda te l’ho fatta prima io. -
- Potrei decidere di non rispondere, ogni parola potrebbe essere usata contro di me no?-
- Ziva, ammettilo. –
- Beh..-
- Dai..- Sapeva di avere la vittoria in pugno.
- E va bene… mi è piaciuto.-
- Lo sapevo, visto che ti so leggere David?-
- Okay, ma è la prima volta… allora adesso facciamo un esperimento dei miei…-
- Mi devi legare?- Tony sembrava quasi divertito dall’idea.
- No, solo… lasciami fare.- Posai il bicchiere mezzo pieno sul tavolino in soggiorno ed iniziai a baciarlo come sognavo da tanto tempo oramai.
- Sai che stiamo infrangendo le regole, vero David?-
- Al diavolo le regole, per una volta.-
- Wow, ci stiamo dimenticando del Mossad.-
Così finimmo a letto.
Devo ammetterlo. Amo Tony, ma questo ovviamente non era in programma.
Dopo quella notte al lavoro andava tutto avanti regolarmente, io e Tony alla sera ci trovavamo e chiacchieravamo come al solito, sorvolando sul “piccolo incidente” di alcune notti prima.
Così, come se nulla fosse, anche stamattina dopo ventitré giorni dall’accaduto, andai al lavoro ma un dettaglio di quel giorno mi balenò in mente finchè guidavo verso l’NCIS, la pillola.
Quel giorno la dimenticai perché lasciai il blister in borsa.
Prima di arrivare al lavoro passai in una farmacia per prendere un test e pregai tutte le divinità in mia conoscenza perché non fosse successo proprio a me.
Dopo la “gita” in farmacia andai al lavoro con la testa che girava vorticosamente ed attribuii il fatto allo stress di quella mattina già così intensa alle sette e mezzo.
Verso le dieci e un quarto, eravamo su una scena del crimine, mi venne da vomitare ma ignorai quel bisogno incombente e continuai a lavorare come se nulla fosse, anche se i miei dubbi iniziavano ad avere qualche conferma, con mio grande terrore.
Gibbs si accorse che non andava tutto bene e mi chiese, mostrando al meglio il suo lato paterno:
- Qualche problema Ziva?-
- No, no. Perché?-
- Sei molto pallida, sicura?-
- Ehm si, si-
- Ti do la giornata libera per oggi, vai a casa. Riposati, ti farà bene.-
- Grazie, ma non è necessario Gibbs.- Non riuscivo persino più a metterlo a fuoco con gli occhi.
- Sì che lo è. Qui ce ne occupiamo noi.-
- No, davvero.-
- E’ un ordine. Vai e non preoccuparti.-
- Grazie.-
Finchè me ne stavo andando Tony notò che c’era qualcosa di strano in me.
- Hey, Ziva. Tutto bene?-
Cercai di evitare di guardarlo negli occhi:- Sì, Tony .-
- Non mi pare. Sicura che non vuoi parlarne?-
- Per il momento no, Tony. Oggi lasciamo perdere okay?-
- C’entra qualcosa con noi due? Hai deciso di evitarmi?-
- Tony, ti pare che ti abbia evitato questi giorni? A me sembra di no, comunque, lascia stare davvero. Semmai ne riparleremo più avanti. Aspetta, fallo
per me. -
- Okay, ma se hai bisogno di qualcosa sai che ci sono d’accordo?-
- Grazie. – Mi voltai per andarmene quando Tony mi chiamò ancora:
- Ziva?-
- Sì?-
- Stammi bene..-
- Contaci-. Mormorai allontanandomi da lui.

Ora sono qui, sul divano di casa mia, ad osservare questo affare che mi ha cambiato la vita di colpo.
Una lacrima mi scende lungo lo zigomo e tiro su col naso, quando suonano alla porta. Mi guardo intorno velocemente, urlando un “arrivo!” finchè nascondo il test in bagno e mi asciugo gli occhi con il dorso della mano. Prima di aprire la porta, faccio un respiro profondo e mi costringo a sorridere a chiunque ci sia al di là della porta. Apro con cautela e, quando vedo chi è venuto a farmi visita, il mio cuore perde un battito.
Tony. Il padre di mio figlio.
Certo, lui non lo sa ancora ma lo è, e lo rimane.
- Ehilà! Dato che stamattina ho visto che non eri proprio in forma, appena ho finito in  ufficio sono passato in gelateria ed ho preso un po’ di gelato da mangiare davanti a un bel film, che ne dici?-
 I suoi occhi verdi e profondi mi scrutano attenti e pieni di attenzione per me, so quello che prova, me lo ha detto circa un mese fa ma non ci siamo mai dichiarati apertamente. L’ultima volta ero ubriaca, per di più.
Il mio cuore, dopo aver perso un battito, ricomincia a battere sempre più forte, come un tamburo dentro il petto. Capisco che Tony ha pensato a me tutto il giorno, probabilmente preoccupato per quello che sto passando, dato che sono uscita solo una volta dal lavoro prima del dovuto.
Il sorriso prima fittizio su mio volto lascia il posto ad un sorriso spontaneo che fa capire a Tony di essere sempre il benvenuto in casa mia.
- Devo dire che finora nessuno mi ha fatto una proposta più allettante..- Dico scostandomi dalla porta per lasciarlo entrare.
- Ti dispiace se vado in bagno un secondo? Sai com’è vengo dall’ufficio e…-
- Certo! Fai come se fossi a casa mia…-
- A casa tua!-
- Eh ed io che ho detto? Fai come fossi a casa mia…-
- Ma si dice fai come se fossi a casa tua!-
- An! Vabbè dai, è la stessa cosa!-
Porto il gelato in cucina e tiro fuori due cucchiai dal cassetto vicino al fornello, quando sento Tony che torna in cucina chiedendomi:- E questo che cos’è?-
Si presenta in cucina con il test in mano ed i cucchiai che tengo mi cadono a terra con un rumore secco.
- Sei incinta?- Tony mi guarda come spaventato ma i suoi occhi verdi tradiscono della rabbia.
Mi chino per raccogliere i due cucchiai ed evito il più possibile di guardarlo negli occhi:- Sì- sussurro con un tono di voce appena percettibile.
- E chi è il padre?- Tony pronuncia l’ultima parola con sgomento, non so se stare zitta oppure dirgli tutta la verità in faccia.
Una lacrima mi scende lungo la guancia ma Tony non accenna ad avvicinarsi di un passo, il suo sguardo freddo mi osserva insistente.
Tiro su col naso:- ho immaginato diversamente questo momento.- Esordisco, la voce rotta dal pianto e i miei occhi che non vogliono incrociare i suoi.
- Ziva, guardami…- la sua voce cerca di ammorbidirsi, forse inizia a capirmi.
Alzo gli occhi verso di lui e Tony ripete:- Chi è il padre?- si avvicina di un passo ma mi ritrovo ad indietreggiare contro la mia volontà.
 - Tu…- Sussurro ancora una volta, e guardando i suoi pozzi smeraldini noto, sotto alla paura e a quella che prima era rabbia, uno spiraglio di affetto. Come la prima volta che ci siamo baciati. Altre lacrime scendono incontenibili dai miei occhi, senza che io possa mettervi un freno.
Tony si avvicina lentamente, io non posso più indietreggiare, la schiena contro il mobile della cucina. Mi asciuga le lacrime con il pollice, scostandomi una ciocca di capelli dal volto, e abbracciandomi, mi sussurra dolcemente:- Non ti preoccupare, affronteremo insieme anche questo.-
Alzo gli occhi per guardare i suoi e quelle pietre mi ricordano gli occhi più belli che io abbia mai visto. Capisco che è sincero e mi stringo a lui ancora più forte, senza staccare i miei occhi dai suoi. Si avvicina col viso dolcemente, proprio come quando tutto questo è iniziato e, dandomi un bacio prima dolce, poi passionale, mi prende in braccio e mi porta nel salotto, per poi cadere assieme a me sul divano.
Una risata mi scappa, notando quella sua faccia che fa quando disapprova qualcosa e Tony, notando che le lacrime stanno cedendo il posto alle risate, si siede vicino a me e mi abbraccia.
Dopo qualche minuto di risate incontrollate riesco a torna re seria con un po’ di fatica e guardo Tony. Davanti a me ho l’uomo più bello che io abbia mai visto, e l’unico che finora mi sia accorta di amare davvero.
Me ne sono accorta oggi, quando ho scoperto di essere incinta. Dopo la paura per come dirglielo ho provato un amore grandissimo verso Tony, il padre di mio figlio.
Il suo viso mi scruta attento, poi capisco che mi deve dire qualcosa e gli dico:- Avanti, ti ascolto…-
- Come hai fatto a capire che devo dirti qualcosa?-
- Ho lavorato o no nel Mossad?.
- An si giusto... –
- Beh, mi dici o no quello che hai da dire?-
- Ecco… come facciamo a dirlo a Gibbs? In fondo abbiamo infranto la regola 12 e, per di più, sei incinta..-
- E’ la prima cosa che ti è venuta in mente? E poi… credo che Gibbs capirà. Altrimenti, me ne vado io. O mi prendo una pausa.-
- Una pausa dovrai prenderla comunque.. non puoi pensare di fare QUESTO lavoro finchè sei incinta… non finchè lì dentro c’è mio figlio…- Tony mi appoggia una mano sulla pancia e una sulla spalla attirandomi a sé. Un brivido mi corre lungo la schiena come una scossa elettrica.
- Il lavoro d’ufficio non mi farà poi così male…- Sorrido.
- No, la mia piccola ninja non può essere in pericolo, ora tocca a me proteggerti.-
- Tony, stai tranquillo. Per i primi tempi potrò ancora lavorare.-
- Okay, tanto so che non ti farò cambiare idea facilmente.-
- Mi conosci bene allora. Ora guardiamo un film. – Vado in cucina a prendere il gelato e, quando torno, trovo normale accoccolarmi tra le braccia di Tony e dargli un bacio.
- Posso dire un’ultima cosa prima che inizi in film?-
- Prego, Anthony. – Sottolineo il suo nome che ho pronunciato tante volte, desiderando sempre di poterlo chiamare con un po’ di malizia, come se fosse il MIO uomo.
- Ti amo, Ziva. Era da tanto che volevo dirtelo.-
I battiti del mio cuore accelerano ma riesco comunque a rispondere all’uomo che ho catalogato come l’uomo della mia vita:- Ti amo anch’io, Tony. – Lo bacio,  poi appoggio la testa al suo petto.
La serata passa così e riusciamo anche a mangiare il gelato portato da Tony, che nel frattempo si è sciolto un po’. Guardiamo un film e, con Tony che mi avvolge tra le sue braccia, ci addormentiamo entrambi sul mio divano.

 

 

Eccoci qui con i soliti avvisi, note e ringraziamenti per chi leggerà e commenterà!
Allora, spero vi sia piaciuto questo primo capitolo e vi aspetto all’altro (quando lo pubblicherò, ovviamente)!!!!
Per favore commentate perché ho bisogno di sapere che ne pensate!
Tanti saluti con la manina! XD

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Capitolo 2
*** Come lo diciamo a Gibbs? ***


Come lo diciamo a Gibbs?

Ovviamente le mie piccole note prima del capitolo… Ringrazio tutti quelli che hanno commentato, chi mi ha messo tra i preferiti, tra le seguite o tra quelle da ricordare (anche se mi piacerebbe avere un vostro parere sulla fanf) ringrazio chi ha solo letto e quelli che aspettano questo capitolo… Non mi resta che augurarvi buona lettura e vi chiedo di dirmi le vostre impressioni, suggerimenti eccetera.

Ringraziamenti a fine capitolo con affetto a voi, popolo di efp!

Baci, BiEsSe

 

 

 

Come lo diciamo a Gibbs?

 

- Pssst, Ziva… Ziva?- Sento una voce incantevole bisbigliare nel mio orecchio per svegliarmi dal mio sonno profondo.

- Mmm?- Anche se vorrei rispondere a quella voce d’angelo gli occhi non mi si aprono, e di certo la forza di gravità non mi aiuta molto.

Due mani, si decisamente di un uomo, mi spostano delicatamente e mi mettono su una specie di letto, no, forse il mio divano, sistemando alla meglio i cuscini per farmi stare comoda. Ma chi è questo angelo? Ce ne fossero di uomini così al mondo. Che bel sogno, non vorrei svegliarmi mai.

Sento l’angelo che prima mi teneva tra le braccia armeggiare in cucina ed un profumo di caffè pizzicare piacevolmente il mio naso. Poi si avvicinano dei passi lenti e leggeri, fino ad arrivare vicino a me e fermarsi. Il mio angelo si avvicina lentamente, sento il suo profumo e il suo respiro sulla pelle, poi lascia un bacio leggero sulle mie labbra.

Sorrido e apro gli occhi: Tony è sopra di me e mi guarda sorridendo ma… perché si è permesso di baciarmi?

Mi metto a sedere velocemente guardandolo storto e chiedendogli con una punta d’acidità nella voce: - E tu che diavolo ci fai qui?-

I suoi occhi sembrano non capire e si siede accanto a me sul divano, il MIO divano, per la precisione.

- Si può sapere che vuoi? E perché mi hai baciata?-

- Ziva… ti ricordi o no? Non sono venuto da te ieri sera? Non abbiamo parlato? Non mi hai detto di essere incinta… di mio figlio per di più? Non abbiamo fatto tutto questo? Credevo fossimo insieme, ora. - I suoi occhi verdi e profondi mi guardano con apprensione, ma anche con tanta, tanta tenerezza.

Mi tornano alla mente tutti i ricordi della sera precedente ed uno in particolare. Sono incinta e di Tony per di più.

Sorrido, sollevata del fatto che il bacio dell’uomo più sexy del mondo non fosse una molestia. Respiro profondamente e rispondo, avvicinandomi a lui con fare seducente:- Scusa, amore, se non fosse stato davvero così ti avrei già messo al tappeto con quella carta di credito, quella lì sul tavolino.- Gli do un bacio a fior di labbra e mi alzo dal divano, seguita a ruota da Tony che, dopo la mia rivelazione sulla carta di credito inizia a guardarmi con terrore.

- Dai scherzavo!.... Quindi.. sei tu l’angelo che mi ha svegliato stamattina?-

- Vedi qualcun altro qui?-

- Eheheheh… No, non mi pare… tu vedi qualcuno?-

- A parte la donna più bella del mondo? Non mi sembra…-

- Ci sono dei muffin che tu sappia? Ho una voglia di muffin al cioccolato..- Apro un po’ di porte della cucina ma non trovo niente che assomigli anche vagamente ad un muffin. Solo cereali senza la minima ombra di grassi… ma che gusti ho il mattino?

- Inizi già con le voglie… oh mio dio…- Tony si dà una pacca sulla fronte e scuote la testa guardandomi con un po’ di divertimento negli occhi. Ho capito che la faccenda lo intriga.

- Non è che prima di andare al lavoro riusciamo a passare da “Starbucks”  e prenderne uno? Non vorrai far del male al bambino.. vero Tony?- Mi avvicino a lui e gli do un bacio, prima di andare a prepararmi per il lavoro.

- Ziva… a proposito di lavoro…- Tony mi segue in camera mia: - Avrei una curiosità.. come lo diciamo a Gibbs?-

- Mmm, non ci avevo pensato effettivamente… Intanto chi glielo dice? –

So già la risposta ma voglio farlo ragionare un minimo… Non vorrei avere un figlio con un padre cerebroleso.

- Io proporrei di dirglielo assieme… ma poi, devo ammetterlo, sei tu quella che ha polso quindi, nel caso remoto in cui, io, possa per un qualche strano motivo..-

- Fare una figuraccia come al 90% dei casi in cui ti esprimi con qualcuno? Ci sarò io a spiegarlo a Gibbs… Ce la caveremo anche questa volta, ce la siamo sempre cavata noi due.-

Mi avvicino in intimo a Tony e appoggio le mie labbra alle sue, abbracciandolo e venendo ricambiata da lui che mi accarezza i fianchi delicatamente, prima che io torni a vestirmi.

- Lo so che dovremmo dirglielo assieme ma… sai com’è… forse è meglio se glielo dici tu per prima e poi ti incoraggio io… dopo…-

- Okay Tony, ho capito… farò io il lavoro sporco, come sempre.-

Mi infilo i jeans e il distintivo, prendo al giacca ed usciamo insieme di casa.

- Andiamo al lavoro insieme?- Tony osserva prima la sua auto poi me con aria interrogativa.

- Perché no, ti vergogni per caso? Anche altre mattine siamo saliti in ufficio insieme, poi dobbiamo dirlo a Gibbs quindi… si dovrà abituare a vederci così. -

- Okay, Ziva. Guido io. -

Tony sale sulla sua station wagon blu scuro ed io mi accomodo sul sedile del passeggero accanto a lui. Mette in moto e partiamo, dirigendoci verso l’NCIS.

 

In ascensore, con il mio muffin al cioccolato in una mano e la mano di Tony nell’altra, aspetto con impazienza di arrivare al terzo piano, quello del nostro ufficio. Chissà come farò a dirlo a Gibbs… certo, prima con Tony ho detto che avrei preso io in mano la situazione ma… ora la paura mi assale, mi si blocca persino lo stomaco..

- Ehm, Ziva?- Tony mi distoglie dai miei pensieri riguardanti la faccia del Capo quando lo saprà e mi giro verso di lui con un’espressione preoccupata sul volto. Tony sembra sofferente.

- Dimmi- lo esorto a continuare e lui, alzando le nostre mani intrecciate, ma guarda con aria di supplica:-  So che sei agitata ma… non è che potresti, per caso, evitare di massacrarmi la mano? Sai mi serve e non vorrei che me la dovessero amputare per la tua stretta troppo forte… Non so se riuscirei a perdonarti.-

Mi sento il viso infuocare violentemente e, guardando le mani che Tony ha alzato, biascico velocemente uno scusa e lascio la presa:- Neanch’io riuscirei a perdonarmi di aver fatto perdere la mano al mio uomo. - Mi alzo sulla punta dei piedi e gli do un bacio a fior di labbra, quando il “dlin” dell’ascensore ci avvisa che siamo arrivati.

Tony si volta verso di me, Dio quanto è sexy, e mi sussurra prima di uscire:- Ti amo. Ce la puoi fare.-

Anch’io esco a ruota dall’ascensore ed entrambi, con sguardo complice, ci sediamo alle nostre scrivanie.

- Sbaglio o vi siete svegliati bene entrambi questa mattina?- McGee ci guarda con fare circospetto al che gli rispondo velocemente, senza guardarlo negli occhi:- Io sì, mi sono svegliata bene, Tony non ne ho idea… ci siamo trovati in garage..-

Gibbs, finchè finisco la frase, arriva in volata verso le nostre scrivanie e mi lancia le chiavi del furgone:- Ziva, fai il pieno al furgone, McGee, Tony prendete l’attrezzatura abbiamo un omicidio da risolvere.-

- Buongiorno anche a te, Capo!- Tony con il suo solito sorrisetto (oggi più raggiante del solito) si alza dalla sedia, si avvicina alla mia scrivania con il suo zaino in mano e, chinandosi, raccoglie anche il mio per portarlo fuori.

- Hey!- Urlo, sorridendo a me stessa per il gesto da cavaliere che ha appena fatto e McGee ci guarda scuotendo la testa.

Mi alzo dalla scrivania e mi dirigo verso l’ascensore quando Gibbs mi trattiene per un braccio. Mi volto e lo guardo sorpresa:- C’è qualche problema Capo?-

- Ziva, che succede?-

- Niente perché? Dovrebbe succedere qualcosa?- Cerco di non incontrare il suo sguardo ma Gibbs capisce subito.

- Tu e… Tony.. vero?-

- Devo fare il pieno al furgone, ne parliamo dopo okay?-

- No, il furgone è a posto. Rispondi Ziva. –

- E va bene – inspiro profondamente per farmi coraggio, quanto vorrei che Tony fosse con me:- Stiamo insieme. È successo ieri sera. –

- E come mai proprio ieri sera?-

- Motivi personali, Gibbs.-

- Ziva, sono il tuo superiore e ci tengo a sapere il perché di questo.-

-Perché sono incinta, Gibbs. E questo l’ho scoperto ieri… lo so abbiamo infranto le regole e se sarà necessario, anche se a malincuore, mi licenzierò ma per favore, non metta in mezzo Tony… Non..-

- Congratulazioni, Ziva. –

Lo guardo stupita per la frase che mi ha appena detto, insicura di aver capito bene:- C- cosa?-

- Ho detto… congratulazioni! Era ora che qualcuno si decidesse a infrangere la regola numero 12. Era così inutile, beh ho sempre pensato che voi due fosti fatti l’uno per l’altra. Non ne potevo più di vedervi flirtare tutto il giorno. –

Gli zigomi mi si infiammano ancora una volta:- Non credevo di riuscire ad uscire viva da questa conversazione… Grazie, Capo. –

- E di cosa? Però promettimi che starai tranquilla in questo periodo: niente inseguimenti, niente sparatorie, niente di niente. –

- Ho capito. Niente divertimento..-

- Ora vai dal tuo uomo, sono fiero di voi. – Gibbs si volta e si dirige verso le scale, io prendo l’ascensore.

Gibbs mi ha detto “congratulazioni”? Non riesco ancora a crederci. Arrivo al garage e salgo sul furgone assieme a Tony e a McGee.

Ci dirigiamo verso il luogo del crimine.

 

- McGee, vai a casa. Per oggi hai lavorato abbastanza.-

- Grazie Capo. A domani ragazzi.- McGee raccoglie tutte le sue cose e si dirige verso l’ascensore, io continuo a lavorare al caso dando un’occhiata ogni tanto verso la scrivania che ho di fronte e Tony guarda storto Tim finchè prende l’ascensore e ci saluta.

- Scusa Capo… Possiamo andare anche noi?- Tony si rivolge a Gibbs con un sorriso di supplica e la risposta arriva subito, con Gibbs che spegne il suo computer:- Avevo bisogno di parlare con voi due. Abbiamo finito di lavorare per oggi.-

- Con… noi?- Tony guarda nella mia direzione e gli faccio capire che ho parlato con Gibbs. I suoi occhi si riempiono di terrore.

- E perché capo?- Mi alzo dalla mia sedia e mi avvicino a lui.

- Mi sembra evidente… No?- Lo sguardo di Gibbs si posa ripetutamente su me e Tony, creando in lui non poca ansia:- Vogliamo parlare di voi?-

- Capo, so che abbiamo infranto le regole eccetera però…- Tony inizia a parlare come se volesse scusarsi e, quando è abbastanza vicino a me, gli do un pizzicotto.

-Ahi! Perché l’hai fatto?-

- Vuoi smetterla Tony? Ascolta Gibbs e falla finita.- Sorrido al Capo e gli intimo di proseguire.

- Ziva mi ha detto di voi due… E mi ha detto anche che è incinta e tutto il resto…-

- E..?- Tony incrocia le braccia sul petto e corruga un po’ la fronte, come se dovesse risolvere un caso difficile.

- A lei l’ho già detto ma mi sento in dovere di dirlo anche a te..-

Tony mi abbraccia e mi sussurra all’orecchio:- Mi dispiace.-

- E per cosa?- Mi scosto da lui e gli sorrido. Gibbs assiste alla scena in silenzio.

- Okay Capo… Raccolgo le mie cose, cercherò di liberare la mia postazione il prima possibile..-

- E perché DiNozzo?- Gibbs lo guarda stranito.

- Non mi sta licenziando?- Gli occhi di Tony si riempiono di speranza.

- No! Che hai capito? Volevo solo farti le congratulazioni! Sono contento di voi due e, come ho già detto a Ziva, ero stanco di vedervi flirtare in continuazione.-

- Grazie Capo!- Tony abbraccia prima me e poi Gibbs e anche quest’ultimo sorride

- DiNozzo…-

- Scusa Capo, mi stacco subito.- Tony si allontana da lui e si avvicina a me, cingendomi con il braccio sinistro i fianchi.

- Ora non vi resta che dare la notizia a McGee, Abby, Ducky e Palmer… Ma prima andate a casa. –

- Lo faremo Gibbs, lo faremo. A proposito dove abitiamo per ora? Da me o da te. -

- Da me è meglio ma per questa sera andremo a casa tua.-

Prendo per mano Tony e ci dirigiamo verso l’ascensore, pronti per tornarcene a casa insieme.

Continua…

 

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Farai felice milioni di scrittori.


(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

© elyxyz

Ciao e tuttiii! Wow! Già 4 recensioni a neanche un giorno che ho postato? Vi adoroooo!

Allora andiamo per ordine number one! Ciao slurmina! Posso abbreviarti con slurmy? Faccio prima... comunque grazie per la recensione! Sono contenta di averti fatto ridere e che ti piacciano le fanf con un "tivino/a" in arrivo! Grazie ancora ti aspetto con impazienza! Ciaooo!

Numerooooooo 2! Cara la mia ladyCullen1991... intanto thanks so much for your review! (si dice così? Mi oare di sì..)  Ti rispondo per esteso tipo alle elementari quando c'è la consegna: "rispondi alle domande per esteso".... Allora... no non sapevo co quanta impazienza mi aspettavi perchè non mi hai recensito quindi... Non leggo ancora nel pensiero come Eddino :):) Sono contenta perchè in questo capitolo tu lo abbia fatto :)) Io adoro Tony (non si è capito vero?!?), Gibbs subito mi stava antipatico ma adesso inizia a piacermi (caratterialmente intendo, è troppo vecchio... anche Tony potrebbe essere mio papà per età ma è così affascinante... XD) cercherò di sbrigarmi anche se devo ancnra iniziare il prossimo capitolo e quindi non arrabbiarti se ci metterò un po'. Fammi sapere che ne pensi del primo capitolo... A presto! (si spera) un grossissimo saluto! P.S.: ci ho messo tanto a postare perchè una mia amica voleva prima recensire il primo capitolo e poi io avrei potuto postare.... Lei deve ancora commentare ma non potevo aspettare un minuto di più per aggiornare!

E... per oggi ultima ma spero non ultima... piccoligiganti... GRAZIEEE!!! Ti è piaciuta? Sono contenta... Grazie, a presto! :)

Heilà! Finalmente perchè non ne potevo più di aspettarti :)) Cara (ti ringrazio qui perchè hai sbagliato a lasciare la recensione, l'hai messa al primo capitolo XD)(altra parentesi: Sto ringraziando in tempo no reale di più! c'è hai proprio appena appena recensito!... Agente_Speciale_Jessi sono contenta che tu sia (un po') una mia fan! Davvero dici che io scriva perfettamente? Io credo di averne di strada da fare... e tantaaaa!!!! Non squagliarti troppo perchè sennò non puoi più aggiornare e commentarmi! Eh! Sto già scrivendo il terzo capitolo... sono a circa la decima riga :) ha una sorpresaaaaa! Sto scrivendo anche un'altra shot su Tony e Ziva e spero tu la legga il prima possibile! Tanti baci... (non mi ricordo più dovevo dirti anche un'altra cosa ma mi sono dimenticata... vabbè) ciaooooooooooo!

Omioddio!!! Un'altra recensioneeeeeeee!!!! E' un secolo che ci spero e ogni giorno sono qui che guardo se qualcuno mi lascia un commentino piccolo piccolo... e... oggi, appena tornata da scuola cosa vedo? Cosa vedoooo? Un commentoooooooo!!!! Yyyyyeeeeeee!!! Sono no felice! Di piùùùùùù!!! Grazie mille Panty96!!!!! Ti adooooroooo!!!! Cercherò di aggiornare presto e se ci metto tanto è perchè voglio sbalordirviiiii!!! O almeno provarci! Ciaooooo ti aspetto con ansia al prossimo capitolooooo!!! xD xD xD

Waaaaaaaaa!!!! Un'altro commentoooo! Credo di essere la persona più felice su questa terra quando scopro che ho commenti nuoviiiiiiii!!!! (escludendo quelli che sono appena diventati genitori, quelli che sono appena usciti dalla guerra, quelli che sono riusciti a incontrare i loro idoli e tutti quelli più felici di me xD Che sono davvero pochi lo garantisco! xD) ho un senso di beatitudine in  corpo che non so! Grazie ggigia! Grazie grazie grazie! Hai reso la mia giornata migliore e sono stracontenta che ti piaccia come scrivo!!! Passa ancora da me! Baci!

Ciao Pocahontas...  Intanto bella la foto dell'avatar *.*... Comunque sistemerò anche questo capitolo... Beh, la reazione di Gibbs io l'ho trovata appropriata perchè, alla fine, è come un padre per loro e con quella cavolo di regola dodici ha voluto solo mettere alla prova la sua squadra (mio parere) e, per il resto, non so come rispondere... Rileggerò il capiotolo e se trovo qualcosa che non va lo sistemerò il meglio possibile... Con gli altri capitoli spero di non deluderti come ho fatto con  questi e... Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Si! ***


Si!

Hehehe… Terzo capitolo… mah, chissà che cosa ne penserete… mi è stato chiesto di aggiornare in fretta (ringrazio davvero di cuore tutti quelli che hanno letto, commentato e apprezzato) e ce l’ho messa tutta, questa volta non mi dilungherò, è stato un capitolo difficile da sfornare… spero di soddisfarvi al meglio.

Ringraziamenti sotto, come sempre.

Buona lettura la “vostra” (se mi considerate così) BiEsSe.

 

Si

 

Ziva Pov

 

Io e Tony entriamo nel laboratorio di Abby seguiti a ruota da Gibbs, Ducky, McGee e Palmer. Lancio uno sguardo d’intesa a Tony, che risponde subito e tocco la spalla ad Abby che si gira velocemente sorridendomi:- Come mai tutti qui? Qualcosa mi dice che non c’entra niente il nuovo caso del marine saltato in aria. Alla fine non è uno dei nostri casi più importanti… –

- No, Abby. - Gibbs si avvicina a lei e le fa cenno di sedersi su uno degli sgabelli del laboratorio.

- Devo preoccuparmi?- Chiede la nostra criminologa guardandomi spaventata e le faccio no con un cenno del capo, sorridendo sotto i baffi. Tony prende la parola, stringendomi la mano sotto al tavolo di acciaio ed  io rispondo alla stretta:- Ziva ed io dobbiamo dirvi una cosa… una notizia ecco.- Tony sembra nervoso e si passa una mano tra i capelli prima di essere intimato da McGee di proseguire:- Dai Tony, non tenerci sulle spine!-

- Ecco…-

- Tony? Dovremmo tornare al lavoro, sempre che dopo questa notizia riusciamo a farlo, per oggi…– Gibbs lo interrompe con il suo solito sguardo severo e Tony, guardando prima me e poi il resto della squadra continua:- Sì, ecco… volevamo dirvi che io e Ziva stiamo insieme. Ecco l’ho detto.-

- Finalmente! Visto McGee che quello che hai scritto nel tuo romanzo si è avverato? Lo sapevo! – Abby sembra davvero entusiasta della notizia e corre ad abbracciarci:- E da quanto? -

- Due settimane. – Intervengo io sorridendo raggiante, stanca di vedere la conversazione da fuori.

- Evvai! Finalmente i miei cari Tony e Ziva si sono decisi! Visto signor Palmer? L’avevo detto io!– Anche Ducky sembra felice della notizia e così Palmer.

L’unico che mi lascia qualche dubbio è McGee che sembra non l’abbia digerita bene:

- McGee che c’è? – Gli chiedo con fare apprensivo avvicinandomi a lui.

- Non mi dire Pivello che ti eri innamorato di Ziva?- Tony incalza un po’ troppo guadagnandosi un mio sguardo assassino.

- No, è che…-

- Che? – Chiediamo in coro tutti per sapere che gli è preso.

- Che già facevo fatica prima a sopportare tutti i vostri flirt e adesso… Oh solo Dio sa che cosa mi toccherà sopportare adesso! - Si dà una pacca sulla fronte e scuote la testa, così gli metto una mano sulla spalla e lo rassicuro:- Tranquillo McGee, per un po’ di tempo credo di non poter venire con voi sui luoghi del crimine… mi dovrò accontentare del lavoro d’ufficio...-

- E come mai? – Tutti mi guardano con aria interrogativa aspettando una risposta, Gibbs sorride facendo l’occhiolino a Tony.

- Ecco…- inizio con le mani sudate.

- Noi…- Continua Tony.

- Ancora notizie? Oh mio dio credo che per faremo davvero fatica a tornare al lavoro oggi! – Abby si avvicina a noi con fare interrogatorio.

- Aspetto un bambino! – Esclamo velocemente sputando fuori tutte le parole.

- E’ maschio o femmina?-

- Come lo chiamate? -

- Di quanti mesi sei? -

Tutte queste domande ci sommergono completamente fino a quando Gibbs, con fare notevolmente autoritario urla:- Basta! Lasciateli respirare! Al lavoro forza. La pausa è finita.–

- Ma, Gibbs, io voglio sapere tutto! – Si lamenta Abby.

- Niente ma, Abby. Al lavoro. Ziva se vuoi torna pure a casa per oggi, vi deve essere costato un grande sforzo dirlo a tutti.-

- No, Gibbs. Credo di poter sopravvivere. Non mi farai abbandonare questo posto tanto facilmente! – Faccio per allontanarmi dal laboratorio quando tutti se ne sono andati quando Abby mi chiama e così mi volto:- Sì? -

La mia migliore amica mi corre incontro abbracciandomi e mettendo una mano sulla mia pancia, anche se per ora non si nota proprio niente: - Congratulazioni mammina. –

Mi lascia andare e le sorrido, prima di tornare alla mia scrivania, tre piani più sopra.

 

Tony Pov

 

Due mesi dopo…

 

Tony, respira.

Respira profondamente. Respira come non hai fatto in vita tua. Respira ma, soprattutto, rilassati.

È solo una porta, una semplice e insulsa porta. Sì, okay c’è un gradino ma gli scalini si imparano a fare da piccoli. Tony, respira. Ed entra.

Alzo il piede piano, per toccare il marmo del piccolo gradino davanti a me. lo salgo, una porta di vetro antiproiettile blindata mi separa dal signore sorridente di mezza età al di là del bancone di marmo chiaro.

Metto una mano al nodo della cravatta e la allento un po’. Suono il piccolo campanello e la serratura scatta, spingo la porta.

- Buon pomeriggio signore. Posso fare qualcosa per lei?- L’ometto basso che spunta dal bancone mi sorride dietro quella montatura piccola e rettangolare dei suoi occhialetti appoggiati sulla punta del naso.

- Sì, cioè no.- Mi volto per tornare da dove sono venuto ma i piedi non si decidono a fare un passo. Rassegnato, mi giro ancora verso il nonnetto con pochi capelli e gli sorrido nervosamente:- Sì, okay. Può fare qualcosa per me… mi serve… mi serve…-

- Okay, ho capito. Anni e anni di esperienza mi fanno capire al volo i clienti. Le serve un anello. È per la sua ragazza non è vero? Tutti sono nervosi quando lo vengono a comprare. È il passo più difficile.-

Ma come fa questo hobbit a leggermi nel pensiero? Non sarà mica come Mel Gibson in “Quello che le donne vogliono” ma il suo potere funziona al contrario?

Mi avvicino al bancone con una aria rassegnata ma anche sospettoso e dico all’uomo bassetto:- Sì, mi serve un anello.-

- Come lo desidera?-

- Ehm… allora… d’oro, sì decisamente d’oro bianco. Con un piccolo diamante sopra e… vorrei inciderci una frase sopra. È possibile?- Inizio a sudare, non avrei mai creduto di dover comprare un anello di fidanzamento, non così giovane. Io, che sono uno dei casanova più gettonati di Washington che si sposa? Non mi sembra ancora vero…

- Ma certo… che cosa vorrebbe scriverci? – L’omino calvo mi guarda sorridendo, probabilmente ricordandosi di qualche suo ex cliente recidivo come me all’idea del matrimonio.

- Allora, mi faccia pensare… Le dico tra un secondo, mi faccia chiamare un collega..-

- Certo, si accomodi pure. Non c’è nessun problema..-

 

Ziva pov

 

La sera stessa…

- Oh mio dio! Non entro! Tony aiuto, ho qualche problema con il vestito!- Urlo dalla camera da letto dove mi sto preparando per uscire a cena. Tony mi ha chiesto disperatamente di uscire e io non ho potuto dirgli di no. Il problema ora è riuscire ad entrare nel vestito, dato che la pancia è cresciuta di una taglia.

- Arrivo amore!- Sento le scarpe italiane di Tony picchiettare il parquet del salotto e giungere fino in camera:- Eccomi, lascia faccio io. – Prende delicatamente la cerniera del vestito e con un colpo secco la tira su, creando a me non pochi problemi di respirazione.

Mi volto verso di lui e gli sorrido, lasciandogli un leggero bacio e sistemando la cravatta che gli ho regalato per il suo compleanno. Poi mi viene in mente un’idea che a lui potrebbe fare piacere, sempre facente parte del pacchetto “Buon compleanno Tony”.

- Amore? – Esordisco guardandolo con fare malizioso.

- Mmm-mm?- Risponde seguendo i miei occhi e cercando ripetutamente di baciarmi il collo.

- Ho un’idea… Mi è venuta in mente un’attività dove non servono i vestiti.. Che ne dici di approfittarne? Possiamo sempre annullare la prenotazione al ristorante…-

Tony si stacca dal mio collo e mi guarda contrariato: - Semmai dopo cena okay? È una settimana che ho prenotato e ci terrei che uscissimo questa sera…- mi sorride anche se ho capito che non è per la prenotazione, lui non si fa problemi di questo tipo. Probabilmente è per il suo compleanno dato che quando ha compiuto gli anni non abbiamo potuto festeggiare perché io a letto con le nausee e lui a letto con l’influenza. Poverino, mi vengono i sensi di colpa a pensarci. Davvero un bel regalo.

- Okay, mi arrendo. – Gli sorrido di nuovo e prendo la borsa dalla poltroncina in soggiorno:- Andiamo? –

- Andiamo… Guido io. –

- Tanto per cambiare… -

- Vuoi farmi vivere il giorno del mio non compleanno tutto intero? Ci tengo alla pelle… E non solo alla mia.- Appoggia delicatamente una mano sulla mia pancia ormai un po’ cresciuta e mi stampa un bacio, prima si salire in macchina ed avviare il motore.

Il viaggio lo passiamo quasi tutto in silenzio, eccezion fatta per il sottofondo del nuovo cd di musica gregoriana che Abby ha regalato a Tony. Ad un certo punto però la curiosità inizia a farsi strada e non posso fare a mano di chiedere a Tony:- Allora, adesso mi dici dove stiamo andando? –

- Te l’ho detto andiamo in un ristorante molto, molto chic. – Mi risponde con fare allusivo non staccando gli occhi dalla strada e concentrandosi in maniera molto interessata sul contachilometri. Prendiamo la tangenziale e nel frattempo Tony mi dà una benda in mano per coprirmi gli occhi cos’ eseguo gli ordini senza obbiettare. Sento dentro una strana sensazione, come se dovesse succedere qualcosa. In questo momento mi sento davvero felice, una delle poche volte in cui lo sono stata davvero. Sento Tony spegnere il motore dell’auto e uscire dall’abitacolo per aiutare me a scendere. Mi porge la mano e con un sorriso esco anch’io.

Mi fa camminare un po’ prima di fermarsi:- Okay – sento che c’è nervosismo nella sua voce, è un po’ più incrinata del solito:- Siamo arrivati. Togli pure la benda.-

Sciolgo il nodo e scopro gli occhi. Siamo al molo. Davanti ad un container bianco.

- Perché mi hai portata qui? – Non riesco a capire il motivo della scelta e lo guardo storto.

- E’ il molo dove…- inizia la frase poi mi viene in mente che cosa è successo in questo molo e sorridendo completo la frase assieme a lui:- Ci siamo chiusi per una giornata dentro il container con i soldi falsi. –

Anche Tony sorride e mi porge il braccio con galanteria:- Vieni, entriamo.-

Apre il portone ed entriamo: nel mezzo si trova un tavolo per due con al centro delle candele, un piedistallo con  un secchiello per lo champagne, piatti d’argento sul tavolo coperti da altri copri pietanze d’argento, candele per creare atmosfera e scaldare l’aria e fiori tutto attorno, i miei fiori preferiti.

- Wow! – Sbatto le palpebre un paio di volte e una lacrima mi scende lungo lo zigomo:- E’, è bellissimo Tony, davvero.-

Lui si volta verso di me e stampandomi un piccolo bacio sulle labbra mi accompagna a sedere.

- Sono contento che ti piaccia. Ti ricordi di quando mi sei saltata addosso e poi non volevi più toglierti da sopra di me? Ragazzaccia…- Tony si mette a ridere a quel ricordo e così anch’io.

 

La serata passa tranquilla ma ad un certo punto vedo che Tony inizia ad agitarsi e a schiarirsi la voce ripetutamente fino a quando gli chiedo:- Hai ancora l’influenza? Cos’è stai male? –

- No, no tranquilla. – risponde imbarazzato.

Passano ancora un po’ di minuti e mentre chiacchieriamo sempre del più e del meno Tony mi prende una mano tra le sue e mi poggia un dito sulle labbra per farmi tacere, io decido di lasciarlo fare:- Ziva…- si passa una mano tra i capelli imbarazzato prima di ricominciare:- ho pensato ad un migliaio di posti per farti questa sorpresa ma pensando e ripensando a tutto quello che abbiamo fatto assieme, ho capito che il giorno in cui sono stato solo con te in questo container mi ha cambiato dentro, anche se non è successo davvero niente tra noi due, almeno non in senso fisico.- Fa una pausa per riprendere fiato poi ricomincia, guardandomi attentamente negli occhi:- Però, dopo quella giornata e dopo la prima volta che sono venuto a casa tua, qualcosa è cambiato dentro di me. Non so che cosa mi fosse preso, però ogni volta che ti vedevo ed ogni volta che ti guardo ancora, il mio stomaco si stringe in una piacevole morsa. Non so se questo accada anche a te ma, mettendoci anni e mille frustrazioni per aspettarti, ho capito che è amore. E so che lo sarà per sempre. – Si inginocchia e mi tiene la mano sinistra, tirando fuori dal taschino della giacca una piccola scatoletta di velluto blu scuro. Apre la piccola scatolina e dentro c’è un bellissimo anello d’oro bianco con un diamante incastonato sopra e circondato da piccoli brillantini. Lo prende con delicatezza e mi ripete la domanda:- Vuoi sposarmi Ziva David? –

Oramai le lacrime non ne vogliono sapere di fermarsi ma riesco a trovare la forza per rispondere:- Si! Certo che ti voglio sposare, Anthony DiNozzo. –

Sul mio anulare sinistro scivola l’anello, poi Tony mi dice:- Ci dovrebbe essere inciso qualcosa, se è sbagliato prenditela con McGee. – Sorride, felicissimo del fatto che tra poco sarò la signora DiNozzo.

Rigiro l’anello e noto una piccola iscrizione al suo interno: Anì ochev otach, ti amo, in israeliano.

- Tony non ho parole, è bellissimo! – Mi avvicino al suo viso e i nostri nasi si incontrano. Poi arrivano le sue labbra sulle mie ed un bacio si fa strada tra di noi.

- Mi hai rubato l’anima, Ziva. -

- Anche tu, Tony. –

 

Continua…

 

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Farai felice milioni di scrittori.


(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

© elyxyz

 

Eccoci qui… spero vi sia piaciuta. Vi prego lasciate un parere, ci tengo e non sapete quanto. Alla prossima, con un grande bacio. BiEsSe.

Scusate davvero tanto se non ho ringraziato subito appena ho visto le recensioni ma ho avuto un po' da fare e questa settimana sono stata poco su efp...

Iniziamo dalla prima grazie mille Panty96! Sono davvero contenta che tu mi segua così assiduamente! Besitos!

Chi tocca? Eccola la mia più grande fan (non credo ci sia bisogno di mettere il nick ma lo metto lo stesso) Agente_Speciale_Jessi!!!!! Ma ciaooo! Grazie mille per essere passata anche questa volta! Aspetto che tu aggiorni e... P.S.: Tony è mioooooo!!!! xD xD

Cara piccoligiganti te l'ho già detto che sono curiosa del motivo del nick? Comunque sono davvero contenta che ti sia piaciuta!

Mia cara ggigia grazie per il "nostra"!!! Sono davvero felice!

Finalmente una che si accorge della battuta sulla taglia! Grazie mille slurmina (slurmy xD) a presto!

Ciao Jodie! Grazie per la recensione così lunga! Sono contenta che tu trova la fanf bellissimissima!

Ciaoooo roxy_xyz! Ti avevo già notato in giro per il sito e ti ringrazio per aver notato la storia e sono davvero che tu mi consideri "bravissima"!!! Un baciotto a presto!

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Capitolo 4
*** La prima volta ***


La prima volta

Eccoci con il nuovo capitolo (mi dispiace è un po’ cortin0)! Se non l’ho fatto nel capitolo precedente ringrazio con il cuore in mano (non prendetemi troppo alla lettera xD) tutti coloro che si sono affezionati alla fanfiction e quelli che mi considerano “vostra” (mi sono quasi commossa per le recensioni…). Vi adoro (quasi come adoro Tony e Ziva xD).

Un grosso bacio e buona lettura, BiEsSe.

 

La prima volta

 

- La smetti per favore? Mi irriti. – Dico lanciando un’occhiata da sopra il giornale a Tony che continua a fare avanti e indietro nella sala d’aspetto della clinica.

- Sono preoccupato, capisci? Preoccupato. – Mi risponde senza smetterla.

- E di cosa? Io sto bene quindi non dovrebbero esserci problemi.- Commento chiudendo la rivista.

- Non per te o per lui/lei. Perché non so da che cavolo di dottore siamo venuti. Vedi? Li vedi questi diplomi sulle pareti? E se non fossero veri? E se si fosse comprato la laurea? E se io, io Tony DiNozzo stessi mettendo in pericolo la mia quasi moglie e il mio quasi figlio? Dici che non dovrei preoccuparmi? – Mi guarda con il terrore negli occhi, così mi alzo dalla sedia imbottita blu elettrico e mi avvicino a lui prendendogli una mano, l’altra me la mette automaticamente sulla pancia che, per fortuna, non è lievitata dalla settimana scorsa:

- Hey? – Gli alzo il mento con la mano e lo obbligo a guardarmi negli occhi:- Andrà tutto bene okay? È la prima visita è normale che tu abbia un po’ di paura, ce l’ho anch’io… Se qualcosa non andrà bene cercheremo un altro medico, non è la fine del mondo.-

Tony mi guarda con un sorriso furbetto:- Tu hai paura? La donna di ghiaccio ha paura? – Sembra quasi divertito.

- Ma mi hai ascoltato o ti sei fermato alla frase “anch’io ho paura”? – Mi risiedo sulla sedia di prima con fare stressato e Tony mi segue.

- Sì, sì ti ho ascoltato però… Tu che hai paura? –

- La vuoi smettere? Appena arriviamo al lavoro uno scappellotto di Gibbs non te lo toglie nessuno! – Riapro la rivista che tratta di bambini scocciata e mi rimetto a leggere da dove ero rimasta.

- E dai! No ti prego! Lo scappellotto di Gibbs no! –

- Non voglio sentire ragioni, Tony…-

Mentre pronuncio la frase un dottore anziano e con dei baffetti bianchi si avvicina a noi:- I signori DiNozzo? –

- Siamo noi. – Tony si alza scattante con un sorriso stampato in faccia ed io lo seguo nell’ambulatorio, raccogliendo prima la mia borsa.

- Eccoci qui.- Il medico ci fa accomodare di fronte alla sua scrivania e si lascia andare pesantemente sulla sua sedia completamente rivestita di pelle nera:- E’ la vostra prima visita vero? – Prende alcune scartoffie e ci scrive sopra qualcosa in una grafia incomprensibile poi si mette un paio di occhialetti a mezzaluna sul naso e ci guarda con un  sorrisino da ebete, dove noto che gli manca un dente.

- Sì…- Rispondiamo in coro io e Tony lanciandoci uno sguardo, vedo che è particolarmente nervoso.

- Si vede. Bene. Prego si stenda pure sul lettino. Che iniziamo… Io prendo l’occorrente.-

Tony si alza fulmineo dalla sedia e si sdraia sul piccolo lettino rivestito di finta pelle marrone posizionato accanto a vari poster di bambini e quant’altro, guadagnandosi un’occhiata assassina da me e una perplessa dal dottor Ford.

- Scusi? – Ford si schiarisce la voce e si passa una mano sui pochi capelli che gli sono rimasti a causa della calvizie incipiente cercando di far capire a Tony che sta sbagliando qualcosa:

- Non so se ha mai fatto una visita del genere ma non è lei che si deve stendere, è sua moglie. –

Tony finge che non sia successo nulla e risponde con nonchalance al dottore:- Stavo testando il lettino. Non vorrei rischiare che sia scomodo. Ci tengo alla salute della mia compagna. Si ricorda quel film? Junior? Dove Arnold Schwarzenegger si fa mettere incinto? Trovo che sia un film molto bello… L’ha mai visto lei dottore?– Si alza e si sistema con un colpetto il completo Armani grigio scuro.

- Ehm, sì. L’ho visto… Vogliamo iniziare? Avrei un altro appuntamento dopo… Prego signorina.-

Mi stendo sul lettino e Ford mi applica un gel freddo sull’addome, prende poi una specie di penna gigante e me l’appoggia sulla pancia dove inizia a fare un rumore sordo.

- Ed ecco a voi il vostro futuro piccolino! – Si volta verso di noi sorridendo anche se non vedo granchè. Solo una piccola pulsazione che il medico ci spiega essere il cuore. Tony mi stringe la mano sorridendo e gli chiede prontamente:- E’ un maschio? O è una femmina? Sa, io e un mio collega abbiamo fatto una scommessa. –

- Hai scommesso con McGee sul sesso? – Lo guardo male e scuoto la testa.

- Non con McGee… Con Palmer.- Mi sorride con quel suo sorriso sornione, quasi come un bambino che ha appena rubato delle caramelle dal vaso della nonna.

- Oh, mio caro. Non si può dire ora il sesso, è ancora un po’ troppo presto per questo genere di informazioni. E' la prima volta che vediamo questo frugoletto. Però posso dirvi che va tutto bene e che sia la madre che il piccolo sono in ottima salute. Lei è di undici settimane giusto?–

- Sì, scadono dopodomani. –

- Perfetto allora, le prescrivo delle analisi del sangue e qualche altro controllino per tenere tutto a posto, noi ci vediamo fra un mese se ha bisogno di qualsiasi cosa mi chiami pure, sarò sempre disponibile. –

Il medico mi consegna il suo biglietto da visita e terminati tutti i controlli, ci lascia andare a casa.

Saliamo in auto e Tony accende il motore:- Vuoi venire al lavoro o preferisci stare a casa? –

- Lasciami a casa. Devo fare assolutamente una doccia per tirare via questa roba appiccicosa. Passo io dal lavoro più tardi okay? Devo anche far vedere le foto dell’ecografia ad Abby… che credo impazzirà. –

Il viaggio verso casa lo passiamo parlando del medico strano ma convincente e Tony riesce a farmi ridere con le sue battute stupide. Mi lascia davanti al vialetto di casa nostra e, prima che io possa scendere dalla macchina, mi scocca un bacio dicendomi con il più bel sorriso che io abbia mai visto:- Ti amo. A dopo.-

Esco dall’auto prendendo la borsa ed entro in casa facendo un cenno con la mano a Tony che parte a tutta velocità verso l’ufficio.

Lascio le chiavi sul tavolino e, dopo essermi spogliata, mi dirigo verso il bagno. Apro il getto dell’acqua calda e mi ci fiondo sotto, per rilassarmi. Massaggio con delicatezza i capelli e respiro profondamente pensando a Tony. Al suo sorriso, ai suoi occhi, a quelle piccole rughette d’espressione, tutte le sue stupide battute. Sorrido al solo pensiero di come sarà la nostra famiglia.

Dopo circa un  quarto d’ora esco grondante e mi avvolgo nell’asciugamano grande e bianco appoggiato vicino al lavandino, poi vado in camera per vestirmi per il lavoro. Indosso una maglia verde petrolio, dei jeans e un paio di converse… mi attende solo una montagna di mandati, rapporti e scartoffie da compilare. Controllo di avere tutto, comprese le foto per Abby.

Quando sono pronta esco di casa, chiudo a chiave il portoncino e salgo in auto. Avvio il motore ed esco dal vialetto.

Non faccio in tempo ad accorgermi che un’auto sta arrivando a tutta velocità e non riesco a frenare, sento una frenata violenta e un boato, un colpo fortissimo sulla fiancata dalla parte del passeggero e un odore forte di sangue, un dolore fortissimo alla tempia poi un’oscurità densa.

Buio nient’altro che buio.

Una nota per Pocahontas... Avevo usato "finchè" ma poi mi sono corretta con un "mentre"! xD

Un piccolo avviso prima dei ringraziamenti: Mi dispiace se con questo capitolo vi ho deluso, se non vi sareste mai aspettati che sarebbe successo questo ma la vita non è tutta rose e fiori e il momento più triste deve ancora arrivare (non vi svelo niente e non vi dico quando arriverà) mi dispiace per loro e non sapete quanto, ma (non confermo niente però) forse, e ripeto forse ci sarà un finale felice per loro due. Spero mi seguirete fino alla fine della faccenda.

Siamo già ai primi ringraziamenti (perdonatemi se non ringrazierò tutti subito ma cercherò di farlo nel minor tempo possibile)

- Emily Doyle: non mi sarei mai aspettata che tu commentassi questa fanf quindi questo grazie vale doppio perchè mi piace davvero come scrivi! xD

- Agente_speciale_Jessi: ti ringrazio per tutti e due i commenti e non ti svelo assolutamente niente di niente. Mi dispiace che tu sia così angosciata per questo finale di capitolo ma è così... Riguardo al mio nick.. Beh non so se hai notato ma mi chiamo Sara quindi la "EsSe" sta per l'iniziale.. la "Bi" per il cognome che però (perdonami) preferisco non svelare. xD  E perchè il tuo nick? Comunque al prossimo capitolo e un bacio! xD (so che non dovrei mettere faccine felici però dai, non muore nessuno... FORSE)

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Capitolo 5
*** Ghiaccio ***


Ghiaccio

Ghiaccio

 

- DiNozzo…- Gibbs mi chiama in ascensore con un cenno del capo.
- Arrivo Capo. – Entro con lui in ascensore e appena partiti Gibbs lo ferma con la solita, dannatissima levetta:- Devo preoccuparmi? –
- Ci hanno chiamato per un caso… Rilassati, ma è coinvolto uno dei nostri agenti…Spero non sia nulla di grave. –
Un lampo a ciel sereno. Ziva non è ancora arrivata e sono passate più di tre ore. Per di più  ha il cellulare spento. Lei non lo tiene mai spento se non è con me. non da tre mesi a questa parte.
Sto sperando con tutto me stesso che non sia successo quello che presumo:
- E’ coinvolta Ziva? – La voce non riesce a reggere sull’ultima parola e il fiato mi si mozza, facendo incrinare la voce.
- Mi dispiace, Tony. Mi sembrava giusto che lo sapessi prima degli altri. Stanno portando Ziva in ospedale, quello più vicino a casa vostra, non so le sue condizioni  ma voglio che tu vada immediatamente da lei.–
- Allora che ci facciamo ancora in questo dannato ascensore?!? – Non avevo mai alzato la voce con Gibbs.
Il Capo fa ripartire subito la scatola metallica e, uscendo, McGee cerca di capire che ho anche se non lo guardo neanche perché troppo impegnato a prendere le mie cose e scappare via verso l’ospedale.
Scelgo le scale per fare più in fretta e una volta arrivato in garage, corro verso l’auto e parto sgommando a tutta velocità.
Azzardo qualche sorpasso di troppo e me ne frego dei limiti di velocità anche se la colonna dell’ora di punta non mi aiuta di certo. Ho davanti agli occhi solo un immagine.
Lei.
Le lacrime iniziano a scendere incontenibili. Lei che avrei dovuto sposare tra non molto. Lei che mi sorride con quei suoi occhi profondi che mi hanno fatto impazzire dalla prima volta in cui ci ho guardato dentro. Lei che ho odiato così tanto per delle piccolezze e lei che ora amo così tanto. Lei che non può andarsene perché non riuscirei a vivere senza di lei.
Il parcheggio dell’ospedale è un po’ affollato ma con una buona dose di fortuna, se tutta questa situazione si può definire fortunata, riesco a trovare parcheggio non troppo distante dall’entrata.
Chiudo l’auto con la chiusura centralizzata e mi fiondo al centralino. Dietro all’enorme bancone c’è una ragazza davvero carina ma metto da parte sempre la solita maschera di latin lover e gli chiedo con urgenza:- La signorina Ziva David… Dovrebbe essere arrivata da poco qui. –
- Lei è? - La minuta biondina mi sorride ma non ricambio, devo solo concentrarmi su Ziva. È la mia unica preoccupazione, per ora.
- Anthony DiNozzo il suo compagno. – Mi passo una mano tra i capelli pregandola silenziosamente di muoversi.
- Mi dispiace non posso farla entrare. Solo parenti stretti. Fratelli, sorelle o genitori. Deve avere un documento. Oppure può tornare nell’orario di visita: dalle otto alle nove e mezzo, la sera. -
- Non me ne frega un cazzo se serve un documento o meno! Probabilmente la persona più importante della mia vita è in una di queste stanze e non so che cosa le stia succedendo! E per di più è incinta! Voglio vederla… ORA!-
Batto un pugno sul bancone e la signorina ha un sussulto per le mie lamentele, quando poi si arrende e dicendomi:- Stanza 43, secondo piano.– mi lascia passare.
Ho il fiatone quando arrivo alla stanza e la vedo dal vetro: è stesa sul letto, indossa una delle camicie da notte che forniscono in dotazione gli ospedali ma è lo stesso bellissima, sembra tranquilla con gli occhi chiusi. Noto un ematoma sul braccio sinistro e una fascia sopra il sopracciglio, dalla stessa parte poi il polso destro ingessato. Non sembra abbia niente di grave così faccio per entrare, quando una voce profonda e maschile mi ferma:
- Scusi Lei è? –
- Agente speciale Anthony DiNozzo, NCIS. Il fidanzato. –
- Allora posso dare la notizia a lei…- il medico in camice bianco mi osserva con un’ombra negli occhi, poi abbassa lo sguardo fissandosi intensamente le ciabatte di gomma consumate.
- E’ una brutta notizia? Devo preoccuparmi? -
- Vede…- inizia con fare esitante:- Credo lei sapesse che la signorina aspettava un bambino..-
- Sì perché? – Lo guardo spaventato, mi immagino la risposta e quello sguardo è più limpido di un lago.
- Ecco… ha avuto un aborto spontaneo a causa dell’impatto. Mi dispiace.- Detto questo mi tocca il braccio, come per incoraggiarmi e se ne va in silenzio.
Mio figlio. Nostro figlio. Non ce l’ha fatta. Ora come farò a dirlo a Ziva? Come reagirà lei? Che cosa succederà adesso?
Mi sembra di essere al punto di una storia, ma non so se ne andremo a capo. Certo, io la amo anche se non glielo ho mai detto però… è palese. E se per lei non fosse così? Alla fine siamo stati catapultati in questa storia solo per quel… fatto. Quel fatto che ci ha fatto capire che dovevamo stare insieme, quel fatto che ora se ne è andato… Per sempre.
È strano di come il destino giochi von noi; sì, perché alla fine siamo solo delle pedine. Delle pedine con emozioni e sentimenti ma a cui non gliene frega un cazzo a nessuno di che cosa proviamo. Arriviamo a vivere per qualcun altro, a prosciugarci e logorarci l’anima per niente. Alla fine moriremo, è questo il nostro unico destino.
Respiro profondamente per cercare di mantenere la calma, è di questo che Ziva ha bisogno ora. Appoggio la mano sulla maniglia della porta e l’abbasso con una lentezza che non mi sembra mi appartenga. La vedo. La vedo non attraverso il vetro, la vedo lì a pochi metri da me. Sembra così indifesa. Sembra abbia bisogno di me.
L’istinto sarebbe quello di correre da lei se abbracciarla ma mi avvicino piano, i miei passi che si sentono appena.
Affianco al letto c’è una sedia di plastica pieghevole e mi ci siedo sopra poi le prendo la mano ed inizio a disegnare dei piccoli cerchi immaginari sul suo dorso. Poi un bisbiglio mi fa sussultare:- Hey..-
È Ziva, ha aperto gli occhi. Il suo sorriso mi fa tirare un respiro di sollievo e le rispondo sorridendo anch’io:- Hey. Come stai? – Stringo un po’ la presa sulla mano per farle sentire che ci sono, ci sono più di chiunque altro e lei lo sa.
- Un po’ ammaccata ma va tutto bene. –
Tutto bene. Sì, magari andasse tutto bene. A quelle parole non riesco a rispondere con un sorriso e distolgo lo sguardo.
- Tony, succede qualcosa? –
- No, no. Tutto okay. Mi sei mancata sai? – Non riesco a guardarla ancora in faccia.
- Tony, so che c’è qualcosa che non va. Ti conosco troppo bene. –
Stupido. Come ho potuto dimenticare che non posso mentire a Ziva?
- Okay. – Respiro profondamente mentre penso disperatamente alle parole da dirle:- Ecco… Durante l’incidente nostro figlio non ce l’ha fatta. I medici hanno detto che ti riprenderai presto e mi dispiace tantissimo. Ma sappi che ci sarò sempre… lo sai che ti amo. –
Mi alzo per abbracciarla ma non ricambia. Quando la lascio mi guarda con degli occhi che ho già visto, quegli occhi freddi e vuoti. In Somalia, ecco dove li ho visti.
Sembra che non ci sia niente dentro di lei. O meglio, solo uno strato di ghiaccio che congela la sua vera personalità.
- Anch’io ci sono rimasto molto male… Ma lo affronteremo insieme. -
Non ricevo nessuna risposta, sembra se ne sia momentaneamente andata chissà dove. Poi mi chiede, in un sussurro poco percettibile:- Tra quanto potrò andarmene a casa? –
- Non lo so. Dipende tutto dai medici. Vado a vedere se è arrivato qualcuno. Non ti preoccupare, lo dico io agli altri. –
Mi allontano dal suo letto, gli occhi di ghiaccio non l’hanno abbandonata, e faccio per uscire.
- Tony? –
Mi volto di scatto, il suo sorriso mi manca già:- Dimmi, piccola ninja.-
- Salutami gli altri quando li vedi. –
Sorrido uscendo.
Mi sembra irreale il fatto che Ziva non abbia pianto ad una notizia così orribile. Lei e il suo modo di mostrarsi forte… Se sapessi come sciogliere quel ghiaccio che si è formato così improvvisamente in lei.
 Gibbs, affiancato da Ducky, Abby e McGee è appena fuori dalla stanza e mi guarda apprensivo. Abby si avvicina velocemente per abbracciarmi e McGee mi poggia una mano sul braccio. Gibbs, prendendo un sorso di caffè, mi chiede indicando la porta della stanza:- Come sta? –
- Ha perso il bambino, Capo. Appena ricevuta la notizia i suoi occhi sono diventati come freddi. Non so che cosa devo fare…- Mi siedo su una delle sedie nel corridoio e mi prendo la testa tra le mani. Solo ora mi accorgo che mi sembra scoppi. Questa è una delle tipiche giornate in cui vorresti cancellare tutto, in cui dici “Se tornassi indietro…”. Ma non posso tornare indietro, non possiamo. Io e Ziva dobbiamo andare avanti insieme come abbiamo sempre fatto, anche sul posto di lavoro.
- Abbi pazienza Tony. E se avrai bisogno noi ci saremo per qualsiasi cosa. – Abby si siede vicino a me e appoggia la testa contro la mia spalla, le sue codine nere che mi fanno un po’ di solletico sulla nuca.
- Noi andiamo, DiNozzo. Stateci bene e fateci sapere. Ti do la settimana libera, non venire in ufficio. Salutaci Ziva. –
- Anche lei vi saluta, Capo. –
Li guardo allontanarsi tutti insieme, con Abby che ogni tanto si gira con il viso triste. Appena vedo che scompaiono dalla mia vista mi avvicino ad un piccolo armadietto con dei fascicoli al suo interno a gli tiro un pugno, cacciando un urlo. Poi le lacrime scendono come un fiume in piena, più di prima, quando stavo guidando verso questo dannatissimo posto. Gli occhi mi bruciano e il mal di testa  non accenna a fermarsi. Non so che cosa pensare, che cosa devo fare, come comportarmi con Ziva… Non so niente, ma dietro quegli occhi di ghiaccio so che c’è moltissimo e se anche ci volesse una vita per farli tornare gli occhi che ho sempre amato, io non mollerò mai.

 

Continua…

 

Angolino: Non so come sia venuto, secondo me ho scritto parole migliori. Accetto le critiche e questo capitolo probabilmente cambierà in corso d’opera per renderlo il migliore possibile. Un bacio a tutti.

BiEsSe.

P.S.: Scusate per l’attesa!... Forse è un po' OOC? Mi scuso anche perchè probabilmente ci metterò un po' a pubblicare un nuovo capitolo... Devo farlo spettacolare! Un bacio!

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Capitolo 6
*** Amore mio ***


Amore mio

Amore mio

 

 

Mi sento inutile. Completamente inutile.

Sì, esatto. Avete capito bene.

Ed è la prima volta che mi sento così; proprio un bello schifo.

Due settimane.

Sono passate due stramaledette e lunghissime settimane dall’incidente. Quindici giorni, trecentosessanta ore, ventunmilaseicento interminabili secondi.

Ziva è più fredda di un blocco di marmo e… e non so che fare. Mi sembra di non contare più nulla per lei, che lei sia stata con me e abbia deciso di sposarmi solo per nostro figlio.

   Già, nostro figlio. Che cosa starei facendo ora se due settimane fa avessi aspettato Ziva prima di andare al lavoro?

Diavolo, mi sento terribilmente in colpa. Pensare che il nostro futuro sia stato cancellato con un colpo di spugna mi fa venir voglia di urlare. Di sfogarmi con qualcuno. Ma non posso, non davanti a Ziva.

Lei è in camera nostra, rannicchiata sul letto, la luce del comodino accesa. Sta così da quando è tornata; mi sembra che mi abbiano lasciato il suo involucro, senza niente dentro. Con nostro figlio sembra se ne sia andata via anche lei.

Non l’ho mai sentita o vista piangere una volta, non l’ho più vista ridere, non l’ho sentita urlare di disperazione, se l’abbraccio mi abbraccia anche lei automaticamente senza alcun sentimento, se la bacio… è da giorni che le mie labbra non toccano le sue.

È incredibilmente dimagrita, non mangia più. Un giorno sono tornato dal lavoro e non ho trovato neanche una pagina di tutte le riviste o i libri sulla maternità che avevamo comprato o che le avevano regalato: mi ha detto che sono tutte cretinate.

Non abbiamo mai affrontato l’argomento veramente. Cioè, io vorrei farlo ma Ziva no; e la rispetto.

Mentre lei è in camera, io sono in soggiorno a fingere di vedere una delle puntate vecchie della mia collezione di “Magnum P.I.”.

Mi fa troppo male vederla così, sento un dolore fisico.

 

Mi alzo dal divano e vado piano in camera nostra, mi siedo sul letto affianco a Ziva; lei si volta e mi sorride, se quella specie di smorfia posso definirla un sorriso.

- Possiamo parlare? – Mi sistemo meglio sopra le coperte e mi appoggio con la schiena alla testiera.

- E di che cosa? – Ziva, invece, non accenna a muoversi minimamente.

- Di come ti senti per esempio. Di quello che ti sta succedendo, Ziva. Oramai non ci capisco più niente. Vorrei aiutarti, ma non so come fare, vorrei dirti che va tutto bene ma so che non è davvero così, vorrei farti dimenticare tutto ma non ce la posso fare da solo. Vorrei capire semplicemente. Credo che questo sia lecito. –

- Non voglio far soffrire anche te. È meglio per tutti e due se mi tengo tutto dentro, mi passerà stai tranquillo. – Sorride ancora, non crede neanche lei a quello che sta dicendo.

- Ma lo vuoi capire che io sto già male? Capisci che se ti vedo così sento solo un vuoto dentro il cuore? Io rivoglio la MIA Ziva! Io ti rivoglio indietro! Non ti riconosco più, cazzo! Non so che cosa pensare, se mi vuoi ancora accanto o se sia meglio finirla qui! Ma sappi che ti amo e sarà per sempre, questa volta. Non so se tu ricambi davvero e il fatto di non volermi far capire quello che stai provando mi fa stare male. –

Mi alzo dal letto con la testa che gira vorticosamente; poi impongo alle mie gambe di muoversi e uscire da quella stanza oramai troppo piccola per entrambi. Non voltarti indietro, Tony.

Arrivo sulla soglia, vado a fare un giro, a schiarirmi le idee con un po’ d’aria fresca. Forse davvero non c’è futuro per noi due.

- Tony…- La voce di Ziva mi fa voltare… non riesco proprio a fare il duro con lei.

- Dimmi. – Mi passo una mano tra i capelli e a vederla così la morsa allo stomaco si stringe ancora di più: Ziva porta la sua tuta preferita, ha i capelli disordinati, le occhiaie e lo sguardo triste. Sì, il ghiaccio è scomparso dai suoi occhi ma dentro a quelle perle nere vi leggo tantissimo dolore.

La mia Ziva… pensare a quella donna così forte che ho conosciuto così tanto tempo fa; non che darei per averla indietro con me.

- Mi dispiace. Ti amo anch’io ma il mondo mi è crollato addosso dopo tutto quel che è successo. Non metto sicuramente in dubbio le tue parole ma non ti voglio far soffrire.

L’ho già fatto tante, troppe volte e mi sentirei ancora più svuotata a pensarti infelice per colpa mia; forse è meglio se la chiudiamo qui, almeno fino a che non mi sarò ripresa. –

- Non ci eravamo promessi di affrontare tutto insieme? Ne abbiamo passate tante, supereremo anche questa. – Non ci voglio credere, non può finire.

- Questa volta è diverso, Tony. Ho bisogno di tempo. – Si avvicina lentamente a me e mi prende le mani. I suoi occhi fanno piovere qualche lacrima e prendo il suo corpo per stringermelo al petto, un’ultima volta. Annuso il suo profumo per fare in modo di imprimere questo ricordo nella mente.

Non avrei mai pensato che sarebbe finita così tra noi, se qualcuno me l’avesse detto gli avrei riso in faccia. Eppure eccomi qui, a cercare di non dimenticare quel viso che ho visto così tante volte, a quegli occhi così profondi, al suo sorriso, a quello che abbiamo fatto insieme… A noi.

Con il cuore in gola lascio un piccolo bacio sulla fronte della donna per cui darei la vita, poi prendo un borsone appoggiato vicino alla cassettiera e lo riempio con la mia roba.

Ziva mi guarda mortificata, le braccia incrociate al petto, i capelli disordinati e le lacrime lungo gli zigomi. Dio quanto è bella anche così.

Quando ho finito di prendere tutto esco dalla stanza dopo aver ammirato quella che avrei creduto di sposare per l’ultima volta.

Recupero le chiavi di casa – la mia vecchia casa – e apro la porta. Ziva mi segue e mi chiama.

Mi volto ancora, tutto questo è davvero troppo snervante.

- L’anello. – Se lo sfila da quella mano da cui non è mai uscito e me lo porge, cercando di evitare di guardarmi negli occhi.

- No, tienilo tu. Voglio credere che non sia finita, non ora. Ti terrò con me, per sempre. –

- Anch’io. A presto, amore mio. –

Amore mio. Non l’ha mai detto a nessuno che io sappia, neanche a me finora.

Dovevamo arrivare a questo perché Ziva lo ammettesse?

Esco da casa “nostra” e mi chiudo la porta alle spalle. Appoggio il borsone per terra e mi lascio scivolare lungo la porta di legno massiccio; la testa sembra scoppiare e la tengo tra le mani, come per voler cancellare tutti i ricordi di questa terribile serata.

Poi, per la prima volta da due settimane, piango anch’io.

 

 
BiEsSe’s corner: Okay, lanciate pure tutte le pietre e i pomodori che volete. Mi dispiace se ho deluso voi e le vostre aspettative. Scusate per la brevità del capitolo.
Non ho niente da dire, vi aspetto al prossimo.
Un bacio.
BiEsSe.

 

 

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Capitolo 7
*** Cambiamenti ***


Cambiamenti

Cambiamenti

 

Tony pov

 
È strano di come la vita decida di cambiare il destino di qualcuno, di toglierti quello che hai di più caro, ti privarti della felicità.
È strano di come tutto si prenda gioco di te in meno di mezz’ora.
È strano di come la tua esistenza vada a rotoli e la persona che ami ti lasci, le tue giornate perdano qualsiasi senso e la data che avevi cerchiato con tre diversi evidenziatori sul calendario sia diventata un giorno come un altro, perché il tuo matrimonio è stato cancellato.
Odio i cambiamenti.
Non li sopporto, semplicemente.
Vorrei sapere che abbiamo fatto di male io e Ziva per meritarci tutto questo; per perdere il bambino e lasciarci.
Per non vederci o sentirci da una settimana.
Chissà come sta lei, ora. Chissà come stava un’ora fa, come starà domani mattina.
Me lo chiedo costantemente, oramai. Devo ancora abituarmi alla sua assenza quando mi sveglio, al fatto che deve ancora tornare al lavoro, al fatto che non so che cosa succederà. Ho perso tutte le certezze che avevo quando quella stupida sera sono uscito da casa “nostra” per l’ultima volta.
Anzi, una certezza ce l’ho. Almeno un’altra volta devo vederla. Ha l’anello, il che vuol dire che non è finita, non definitivamente almeno.
Cammino velocemente cercando di non arrivare tardi al lavoro, ho la barba lunga e mi trovo davanti a uno dei tanti “Starbucks” che affollano il centro di Washington. L’aria del mattino è fresca e serve a svegliarmi un po’, prima che Gibbs se la prenda con me per l’ennesima mattinata in cui arrivo al lavoro stanco per il poco sonno, dimostrandomi un agente poco efficiente, almeno nell’ultimo periodo.
Cammino così in fretta che non riesco neanche a vedere la persone che schivo durante il mio tragitto, fino a quando non sbatto contro una ragazza.
- Scusi. – Balbetto velocemente prima di tornare sui miei passi.
- Tony? – Una voce femminile, che ho già sentito da qualche parte mi fa voltare.
- Si? – Rispondo, non prestando più di tanta attenzione alla donna che ho di fronte: capelli castano sul rosso, occhi tra il verde e l’azzurro, uno sguardo che ho già visto tante, troppe volte. Poi mi ricordo chi è lei. Una donna che avrei giurato di amare, fino non molto tempo fa, prima di accorgermi davvero di Ziva.
- Come mi sei mancato! –
Jeanne. Jeanne Benoit. L’ultima persona che avrei voluto vedere. Come ho fatto a dimenticarmene, non lo so nemmeno io. Ma ho altro per la testa, al momento.
Mi prende tra le braccia sistemandosi la borsa che tiene sulla spalla e mi stringe calorosamente. Poi mi rivolge il suo sorriso, quel sorriso che mi ha fatto più volte venire i brividi dietro la schiena.
- Ciao. – Rispondo impacciato, cercando di sciogliere la sua presa: - Scusa ma dovrei andare al lavoro, ora. –
- Oh, andiamo. – Mi lascia andare finalmente:- Dì al tuo capo che arriverai in ritardo… Fallo per una vecchia… -
Lascia la frase in sospeso, 
sperando che io la finisca.
- …Amica. – concludo:- Una vecchia amica. –
- Amica. Solo una vecchia amica. – Mi guarda, cercando di nascondere il suo disappunto per la mia affermazione.
- Scusa ma devo davvero andare adesso. – Faccio per voltarmi ma Jeanne mi trattiene il cappotto.
- Tony, è da tempo che vorrei parlarti. Prenditi un permesso dal lavoro. Per favore. –
Sembra davvero intenzionata a parlare con me, così acconsento.
- Okay, un’ora però. Non di più. –
Prendo il cellulare e con la chiamata rapida compongo il numero dell’ufficio.
- Si, Gibbs. – Risponde la voce un po’ metallica del mio capo.
- Capo, sono io. –
- DiNozzo, saresti dovuto essere qui almeno dieci minuti fa. Il crimine non dorme. Mi sembra di essere sempre stato chiaro riguardo a questo. –
- Sì, Capo. Solo che volevo prendere un’ora di permesso. Poi arrivo in ufficio. –
- Eh va bene, se proprio è necessario. Fai in fretta però, non lavoro bene con la squadra decimata. –
- Ziva non è venuta? –
- No, DiNozzo. Non è venuta neanche oggi. –
- Okay, Capo. Grazie. A dopo, cercherò di essere veloce. E… scusami. –
- Mai chiedere scusa, Tony. È segno di debolezza. –
- Certo, Capo. –
Riaggancio e mi giro verso Jeanne che, mio malgrado, è ancora lì ad aspettarmi.
- Mi concedi solo un’ora? –
- Un monologo di un’ora credo basti. – Cerco di essere il più freddo e distaccato possibile, anche perché non mi riesce di fare altro.
- Ho capito. Non credo tu abbia niente da dirmi. –
- Credi bene. –
- Entriamo in un bar o restiamo qui a gelare per un’ora? –
- Vada per il bar. Non sopporto il freddo. –
Il suono della campanella indica il nostro ingresso e ci sediamo ad un tavolino per due, vicino alla porta d’entrata. Jeanne si toglie il capotto e si posiziona di fronte a me, come ai vecchi tempi.
- Non hai una bella cera, Tony. Passato una nottataccia? –
- Più di una, veramente. Ma dimmi quello che hai da dire. Gibbs non mi perdonerà un altro ritardo. –
- Tony, che ti succede? – Jeanne si protrae verso di me e fa per afferrarmi la mano ma evito la presa sistemandomi la giacca.
- Tu inizia a parlare. Poi, se avanza tempo, parlerò io. –
- Beh, ecco… ho provato tante volte a chiamarti, a rintracciarti in qualche maniera ma, un po’ per la paura di rivederti, un po’ perché non so se tu ne avessi voglia, non l’ho mai fatto con la serietà che avrei dovuto. In tutto questo tempo, Tony, volevo dirti che non ho fatto altro che pensare a te, a che cosa sarebbe successo se fossimo rimasti insieme, a che cosa saremmo ora. Io voglio tornare indietro, Tony. Voglio stare con te perché sei la persona di cui ho bisogno adesso. Voglio cancellare il passato. –
Jeanne si avvicina a me sulla panchina imbottita del bar e creca di accostare il suo viso al mio, come ai vecchi tempi. Le sue labbra stanno per incontrare le mie quando la fermo, trattenendola per le spalle.
- Jeanne? Ma che stai facendo? –
- Ti prego torniamo indietro Tony. –
- Non posso tornare indietro, non posso farlo. –
- Perché? Proviamoci almeno, che cosa ti costa? –
- Mi costa il fatto che amo qualcun altra. Che non puoi pensare di arrivare qui e sistemare tutto con un discorso. Mi costa che io sto soffrendo in questo periodo e ti permetti di rientrare nella mia vita come se non fosse successo niente. Mi costa il fatto che non posso darti quello che vuoi, perché non voglio dartelo. – Faccio per alzarmi da questo bar in cui l’atmosfera è troppo pressante quando la mano di Jeanne mi impone di fermarmi.
- Ti prego, non… non volevo, non andare via. –
- Mi dispiace, devo andare al lavoro… Sono di fretta. –
- Dimmi solo perché stai così, poi ti lascerò in pace. È ora di voltare pagina, e lo accetto.-
- Per una donna… L’unica donna che amo. Ecco perché sto così. –
- Siediti, parliamone. Magari il parere di un’altra potrebbe farti comodo. –
- Non credo che tu possa risolvere la situazione, è troppo complicato… Anche se lei è… è tutto. Lei è lei. Non riesco più a dormire la notte. –
- Questo l’ho notato… Non si fa fatica a capirlo. È Ziva giusto? –
- Che… che cosa? – Spalanco gli occhi pensando a quello che ha detto Jeanne. Come ha fatto a capirlo?
- Andiamo Tony… Non è una novità. Ho sempre notato di come tu e lei aveste un rapporto speciale, fuori dagli schemi, che va contro ogni logica. Quando eravamo insieme tu ed io, se vi guardavate ero gelosa dell’elettricità che c’era nei vostri sguardi. Non so che avrei dato per essere lei anche solo una volta. Per capire come ci si sente ad essere desiderati così tanto da una persona; eppure, anche se tu eri mio… Sapevo che non lo eri completamente perché una parte di te appartiene a lei e se non se ne è ancora accorta… Beh, non è così perspicace come si crede in giro. –
Quelle profondità verdi che sono gli occhi di Jeanne mostrano che sta dicendo sul serio; che si è sempre sentita di troppo tra noi due e che io me ne sono accorto solo ora che vivo per Ziva.
- Jeanne, la situazione è molto complicata. Più di così. E mi dispiace di averti fatta sentire male in quel periodo. Però sì, è Ziva. È lei. –
- Posso sapere che è successo? –
Mi tocca la spalla cercando di confortarmi, senza alcuna ombra di malizia.
- Beh, è una storia lunga… ora devo andare davvero. Credo tu abbia ancora il mio numero. –
- Esatto. Ti chiamo io stasera. Così se vuoi uscire per parlare… -
- Come due vecchi amici? – Meglio essere sempre sicuri di quello che si fa.
- Come due amici. – Jeanne mi porge la mano come per stringere un patto e la afferro convinto. Poi prendo lo zaino ed esco per andare al lavoro.
Finchè cammino per la strada ripenso a quello che mi ha detto Jeanne ma non riesco a trovare ancora una soluzione a tutto questo. Non so che cosa devo fare.
Però una cosa la farò: questa sera uscirò con Jeanne.

***

Arrivo al lavoro un po’ trafelato per la corsa che ho dovuto fare e, arrivato in ufficio, saluto McGee con un cenno del capo… Uno scappellotto arriva da dietro: Gibbs non è cambiato nell’ultimo periodo.
- Buongiorno, Capo. –
- DiNozzo… Ritardo di dieci minuti dall’ora stabilita. –
- Scusa, Capo. –
- Ti ho detto prima di non chiedere scusa. Stai perdendo anche l’udito con la cognizione del tempo? –
- Si, ehm no. No. Ci sento benissimo. –
- Tony, psst Tony… Hai provato con le gocce rilassanti per dormire? Ti farebbero bene.-
- McGee, mi serve molto di più delle gocce soporifere. –
- Gli serve Ziva, McGee. –
- Si, però nel frattempo… la camomilla lo rimetterebbe un po’ in sesto. –
- E dimmi Pivello… da quand’è che ti occupi ti erboristeria? –
- Beh, ho sofferto di insonnia ultimamente e Sarah mi ha consigliato di bere tisane e prendere gocce che calmano e aiutano al rilassamento? –
- E dimmi: sei insonne per le tue guerre tra elfi? –
- Ahahah, divertente. –
- DiNozzo, al lavoro. –
- Certo, capo. Nessun caso oggi? –
- Quelle ragazze trovate morte nel campo di addestramento dovrebbero essere più che sufficienti. Vuoi del lavoro extra, DiNozzo? –
- No, grazie. –
Accendo il computer e mi metto a compilare dei moduli per perquisire la zona e trovare alcune prove in più quando vedo Ziva passare accanto alle nostre scrivanie e fare un cenno a McGee per salutarlo. Poi tira dritto e si dirige verso gli ascensori; si ferma ad aspettarlo ed io imploro il Capo con lo sguardo per farmi alzare dalla mia postazione ed andare a parlarle. Gibbs me lo permette e mi alzo di corsa: quando Ziva fa per entrare in ascensore le corro dietro e riesco ad infilarmi tra le porte prima che queste si chiudano.
Ziva è lì: ferma davanti a me che mi guarda seria. Non mi sembra vero. Ho immaginato tante volte questo momento, che cosa sarebbe successo che ci saremmo detti… ora non riesco a tirare fuori alcuna parola.
È un po’ più in forma da come l’ho vista l’ultima volta: avrà preso un chilo o due, le occhiaie sono quasi completamente sparite e negli occhi c’è un qualcosa di più del dolore.
Sembra felice di vedermi. Le sorrido alzando la mano, un po’ come un bambino di dieci anni alla sua prima fidanzatina e le dico: - Ciao… -
- Ciao. – Accenna anche lei un sorriso.
- Come va? –
- Va, diciamo… Non troppo bene a dir la verità. Tu? –
- Male anch’io. –
- Vedo. Dormi la notte? –
- No. Mi manchi. – Non ci siamo ancora toccati; non siamo mai stati così vicini senza sfiorarci nemmeno.
- Anche tu mi manchi. –
- Perché eri qui? –
- Ho chiesto un’altra settimana di permesso. Con tutto quel che è successo non mi sento ancora di affrontare persone violentate o marines assassinati; credo di dover assorbire tutto quello di queste tre settimane. Mio padre direbbe, per l’ennesima volta, che l’America mi ha rammollita. E anche gli americani. Vedo che tu invece hai continuato a venire al lavoro. –
- Lo faccio per non pensarti, veramente. Sennò credo impazzirei. –
- Io lo sto già facendo. – L’ascensore è arrivato all’autorimessa e Ziva si ferma vicino alla sua auto.
- Beh, allora… direi che ti saluto. Ci vediamo, magari al lavoro. –
- Okay. Ciao. – Indugiando, mi fa un cenno con la mano sinistra dove noto che c’è ancora l’anello. Tiro un sospiro di sollievo.
Mi volto e mi dirigo di nuovo verso l’ascensore quando sento la voce di Ziva che mi chiama:- Tony? –
- Si? –
- Ti va di passare da me questa sera? È da tempo che non parliamo… -
- Certo. Lo farò sicuramente. –
- Allora, a dopo. –
- Ciao. –
Mi avvicino sempre di più all’ascensore e premo il pulsante per tornare in ufficio.
- Ah, Tony? – Ziva mi chiama ancora, ha le chiavi dell’auto in mano e mi guarda, un misto di felicità e dolcezza. Dio solo sa quanto mi è
mancata.
- Dimmi. –
- Ehm… Grazie e a dopo. –

 

 

Ziva pov

 
Dieci minuti. Mancano solo dieci, interminabili minuti. Potrei anche resistere. Sì, dai. Che vuoi che sia? Avanti, Ziva: alla fine hai saputo resistere a cosa ben peggiori… no?
No, non ce la faccio. Pensare che tra soli dieci minuti rivedrò quella persona che mi permette di vivere. No, non ci riesco.
Corro in bagno per l’ultima volta per controllare che sia tutto a posto e che sia a posto anch’io. Il trucco mi sembra okay: niente sbavature, molto semplice, forse un po’ troppo casto. Ah, al diavolo; meglio passare avanti. Il maglione e i jeans mi sembrano a posto: certo, il sedere è calato un filo ma potrei farlo tornare in forma in poco tempo. Ma Tony questa sera non mi guarderà il sedere, no? Ma dai Ziva! Certo che te lo guarderà, che discorsi. È la sua natura: sembra che i suoi occhi siano due calamite quando ti ci piazzi davanti.
Chi se ne importa. Se gli vado bene così, okay; altrimenti, beh… No, non pensiamo male.

Dlin.
Oddio. Il campanello.
Corro a vedere chi ci sia – anche se la risposta la conosco troppo bene – e quando vedo Tony con il suo viso nervoso al di là dello spioncino mi sento mancare l’aria.
Mi appoggio al legno pesante della porta e inizio il conto alla rovescia: tre… due… uno…
- Ciao! – Eccolo. Bello come il sole, rasato, sorridente, niente fuori posto. Oh, mamma mia.
- Ciao! – Ricambio il sorriso e mi scosto per permettergli di entrare e lui mi porge un mazzo di rose rosse. Buon segno.
- Eccoci qui, allora. – Sembra imbarazzato, non sa che dire.
- Beh, siediti. Io vado a prendere qualcosa da bere. –
- Grazie. Ah, Ziva? –
- Sì? – Mi volto sulla soglia della cucina.
- Sei bellissima. –
Sento un brivido attraversarmi il corpo finchè vado a prendere dei bicchieri.
Quante volte in questa settimana mi è mancata questa frase? Ma quanto mi è mancata la voce di Tony? Ho preso in mano tante volte il telefono per sentirlo, sapere come stava, udire anche solo il suo “pronto” e poi riagganciare. Sapere che stava “bene” in un certo senso, che comunque era vivo; anche se il ragionamento era banale.
È stata davvero dura provare a superare tutto; affrontare un macigno senza lui e sapere che stava soffrendo. Mi sono sentita in colpa di aver deciso di prendere una pausa, forse il più grosso sbaglio della mia vita: lasciarlo andare. Mi sentivo così vuota, fredda; non sono uscita di casa se non per fare le commissioni più urgenti e non ho versato una lacrima.
Devo dire che ero preoccupata; lo sono tutt’ora perché non ho la certezza che oggi si sistemi tutto, ho paura di vederlo uscire da quella porta questa e non sapere niente di quello che sarà domani.
Posso dire che ho paura. L’ho avuta poche volte in vita mia. Ed è una sensazione orribile.
Stamattina sono andata da Vance per chiedere un mese di aspettativa, avevo deciso che sarei partita per Israele. Ho i biglietti in borsa, praticamente le valigie pronte; poi, quando ho visto Tony tutto si è come sistemato la speranza che lui possa tornare con me mi tiene ancorata all’America. L’effetto che mi fa lui è come una specie di droga: ne esci, ma quando le stai troppo vicino ci ricadi, come se ti buttassero in un baratro.
Prendo un paio di calici ed una bottiglia dello stesso vino che abbiamo bevuto quando è iniziato tutto, forse porterà fortuna.
Torno in soggiorno sorridendo, lui è ancora lì che mi aspetta: seduto sul divano, rilassato, come se nulla fosse successo. Come se questa settimana fosse scomparsa… come se fossimo tornati alla solita routine.
Mi accomodo sul divano affianco a lui, gli porgo la bottiglia e poggio i bicchieri sul tavolino basso in vetro.
- Wow, vino italiano. È in mio onore? – Stappa la bottiglia con un gesto secco.
- No, diciamo che è scaramantica la cosa. –
- E perché? – Mi guarda incuriosito, si avvicina un po’ di più a me circondandomi le spalle con il suo braccio destro.
- Vediamo se hai una buona memoria. – Recupero la bottiglia dal tavolino e gli faccio vedere l’etichetta.
- Ah, capisco. È il vino che abbiamo bevuto quando… -
- Esatto. – Mi faccio anch’io più vicina a lui ed iniziamo a parlare del più e del meno: quello che abbiamo fatto in una settimana senza vederci e sentirci.
Dopo una mezz’ora buona, Tony mi chiede di andare in bagno. Non c’è stato alcun contatto fisico tra noi.
- Non è che trovo qualche test di gravidanza? –
- Che idiota che sei! No! – Mi trovo a sorridere.
Finchè si incammina, si volta e mi sussurra:- Non scomparire, potrei impazzire. –
- Ti aspetterò qui! – Incrocio le braccia al petto e mi raggomitolo meglio sul divano.
Il cellulare di Tony inizia a vibrare sul divano affianco a me.
Numero sconosciuto.
Al quarto squillo decido di rispondere:- Pronto? –

- Pronto, Tony? Sei tu? –
La voce di una donna; possibile che Tony se ne sia già trovato un’altra? - Chi parla? -
- Come chi parla? Sono io, Jeanne. Ti sei scordato che questa sera dovevamo vederci? Ti sto aspettando da un’ora e… -
Riaggancio. Non riesco a pensarci, non ce la faccio. Tony… Jeanne.
Jeanne.
La sua ex. Quella per cui Tony ha sofferto non poco.
Stronza.
“Sono io, Jeanne. Ti sei scordato che questa sera dovevamo vederci?”
Le parole continuano a frullarmi in testa, finchè sento lo scorrere dell’acqua nel lavandino del bagno.
Jeanne. Vederci. Stasera.
Jeanne.

Jeanne.
Come hai potuto, Tony?
Tony si presenta sorridente e si siede vicino a me sul divano, nella stessa posizione di pochi minuti prima.
Mi allontano un po’.
- Come mai ti sei irrigidita tutto d’un colpo? Okay che metto soggezione alle donne ma… oramai abbiamo una certa confidenza, mi pare. No? –
- Perché non me l’hai detto, Tony? –
- Detto? E che cosa avrei dovuto dirti? – Fa il finto tonto. Sento la rabbia e la frustrazione montare dentro me.
- NON FARE FINTA DI NON SAPERE NULLA, TONY! Smettila di cadere dalle nuvole! Io ho creduto che questa sera servisse per ricominciare, per cancellare tutto quanto… Mentre tu invece che fai? Corri dalla tua ex! E in una sola settimana, Tony! Capisci? CAPISCI? Io ci ho creduto anche se solo per poche ore e tu ti permetti di venire da me e ferirmi così? Sai cosa ti dico? Sei uno stupido, bambino infantile. Sei nato per fare il latin lover, quello scapolo che se le prende tutte e ogni tanto decide di fregarne una! Beh, sappi che io non mi faccio fregare! Perché non te lo permetto! Vai al diavolo, Tony! Tu e il tuo anello.
Io parto per Israele tra quattro giorni. Non so quanto starò via, forse non tornerò più. Ti prego di non esserci quando saluterò la squadra, non voglio fare figuracce davanti a loro, non rovinarmi gli ultimi momenti con quelle persone che mi amano davvero.
- E ora vattene. –
Mi sfilo l’anello e glielo porgo: quell’anello che mi aveva fatto credere che non fosse finita.
- Dallo a Jeanne. –
Le parole che escono dalla mia bocca sono incrinate, sto per arrivare al punto di rottura. Tony mi guarda sconcertato, prova a darmi qualche altra stupida ragione perché io continui a credere alle sue stronzate.
Non piangere, Ziva. Non davanti a lui. Sii forte.
Quello che c’è dentro me lotta per uscire ma riesco a sopprimerlo.
- Mi fai schifo, Tony. – Non riesco a dire e pensare altro. L’uomo che amavo, lui, quello che dopo tante belle parole credevo mi amasse davvero.
- Mi dispiace. – Riesce a pronunciare solo due parole.
Mi. Dispiace.
Sì, anche a me. Anche a me, per aver creduto in qualcosa che sarebbe stato meglio non fosse esistito.
Lo vedo uscire da casa mia. Non riesco a capacitarmi che sia finita, non così.
Quando chiude la porta dietro di sé, le lacrime iniziano a scendere, la vista mi si offusca, tutto il dolore degli ultimi tempi esce. Mi sento male.
Perché ho perso tutto con una telefonata.
Perché l’ho mandato al diavolo.
Perché gli ho detto che mi fa schifo, quando so che sarà impossibile dimenticarlo.
Perché non gli permetterò di chiarire, quando da chiarire non c’è nulla.
Perché tra quattro giorni parto per Israele e pensavo che questo addio sarebbe stato diverso.
Perché mi sono fidata di lui.
Perché ci avrei fatto un figlio.
Perché ho sprecato ancora una volta la mia vita.
Perché devo dare ragione a mio padre, quando dice che l’America mi ha rammollita.
Perché lo amo così tanto.
Perché ora lo odio.

 

 Sara’s corner: Non è il massimo, lo so. Mi scuso per il ritardo, ma ho avuto qualche problema di connessione, di ispirazione e ieri sera stavo male quindi ho potuto aggiornare solo oggi. Non è stato un capitolo molto facile e vi chiedo di capire il punto di vista di entrambi i protagonisti. Non prendetevela con Ziva, è una donna ferita che voleva rialzarsi.
Mi dispiace di non aver soddisfatto le vostre aspettative, ma se son rose…
Vi chiedo di usare il più possibile lo spazio per le recensioni, altrimenti non saprei come rendervi felici. Ditemi anche che scrivo peggio di una mucca, fa lo stesso.
Vi mando un bacio, aspettando il vostro parere.
P.S.: Non voglio offendere Jeanne o quella che la interpreta, ma cercate di mettervi nei panni di Ziva.
Grazie.
BiEsSe.

 

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Capitolo 8
*** Io sospiro ***


Io sospiro

Io sospiro

 

Tony pov

 

Idiota, idiota e ancora idiota. Tony, sei un’idiota. Una merda, una cacca di cane. Uno stronzo e un idiota. Un grande, grandissimo idiota.

Sto considerando davvero l’idea di partecipare al Guinness dei primati: l’uomo che più volte ha fallito con una donna; anzi, l’uomo più idiota del pianeta Terra, solo per voi, sui migliori schermi.

Non credo andrei bene neanche per quello, ce ne sarebbe uno peggio di me e, con la sfortuna che mi perseguita, avrei fatto un viaggio per nulla; mi manderebbero a casa senza neanche un piccolo premio di consolazione.

Ma si può sapere che cavolo ho fatto per nascere così… così sfigato? Ah, che nervoso, che tristezza, che… non lo so neanche io bene che cosa.

Ho un senso di frustrazione addosso che basterebbe a deprimere una cittadina, credo. Mi prenderei a pugni da solo se potessi. Anzi, credo che una raffica di scappellotti di Gibbs potrebbe alleviare un po’ le mie pene. Ma che dico, per alleviare le mie pene ci vorrebbe un qualcosa che mi riporti a ieri mattina: vorrei cancellare l’incontro con Jeanne e passare la mia serata con Ziva, riuscire a sistemare tutto e sposarmela. Una macchina del tempo come in “Ritorno al Futuro”. Solo allora potrei provare a sistemare le cose.

O forse è semplicemente destino… Ah, il destino non esiste, Ziva mi ha detto che siamo noi gli artefici della nostra vita ed ha ragione. Io però non l’ho creata, l’ho distrutta, spappolata, pestata e ci ho pure sputato sopra.

Idiota.

Suono per la terza volta il campanello, attendendo una risposta che, finalmente, arriva.

- Si? –

- Sono io, Tony. – Sento la testa che mi scoppia oramai. Possibile che tutta la sfortuna di questo mondo ricada sulle mie spalle?

- An, aspetta, ti apro. –

La serratura scatta e la porta si apre. Jeanne è vestita con dei jeans e un maglione, simile a quello che aveva Ziva questa sera. Ma posso sapere perché tutto mi deve ricordare lei?

- Ciao. – Le dico impacciato, ricordando tutte le ore passate a casa sua. Fisso il maglione quasi ossessivamente. Deve essere dello stesso modello, forse un colore un po’ diverso; sempre sui toni del blu, comunque. Così qualcuno che ci sta vedendo lassù vede come soffro. Mi impongo di distogliere lo sguardo e fissare Jeanne in faccia. Almeno lì non posso trovare niente che assomigli a Ziva.

- Ciao. – Mi sorride. Sembra felice di vedermi.

- Posso entrare? – Le chiedo.

- Certo, non c’è problema. Ti aspettavo, veramente. –

Siamo imbarazzati, fin troppo. Ma è meglio così.

- Ecco, è di quello che volevo parlare, - entro in casa e mi tolgo il cappotto, che serata impegnata:- Prima, quando hai telefonato… –

- Ha risposto una donna, ho sentito. E mi ha anche riattaccato in faccia! Che maleducata! Ma non c’è problema, mi hai già fatto capire che io non ti interesso più, non serviva venire qui di persona, per di più a quest’ora. –

Si siede sul divano di stoffa chiara e mi fa cenno di accomodarmi. Mi siedo, ma non le sto troppo vicino. Non che provi ancora qualcosa per lei ma la debolezza, la crisi di coppia e tutte queste cazzate potrebbero farmi cedere da un momento all’altro. E io vorrei impedire a chi sta giocando con me come se fossi una marionetta di farmi fare l’ultima stronzata della giornata, giusto per chiudere con un’azione da imbecille.

- No, no. Non c’entra il fatto che tu non mi attrai più. Per carità, sei una bella donna ma… Beh, la storia la sai. –

- In realtà no. Non mi hai concesso il tempo di ascoltare tutto quello che ti è successo. –

- E’ una cosa troppo lunga… ti annoierei e basta. Poi, sentirmi parlare di un’altra deve essere massacrante per te. –

- Tony… - mi tocca un braccio per farmi sentire che è vicina a me, poi ritrae la mano, com’è giusto che sia:- Siamo amici no? E che fanno gli amici? Si parlano, qualunque sia la cosa che devono dirsi. Se sei venuto qui stasera e non per dirmi che hai un’altra… beh, qualcosa avrai da dire. Quindi, io di tempo ne ho tantissimo. Anzi, prendo da bere qualcosa e arrivo. Tu inizia ad impostare la storia. –

Okay, forse parlare con Jeanne non sarà così male. Alla fine, potrebbe darmi qualche consiglio su come sistemare le cose… sempre che io riesca a farlo.

Jeanne torna in soggiorno con una bottiglia di gin e la poggia su un tavolino affianco al divano, dopo averne versato un bicchiere a testa. Credo mi ci voglia.

- Allora… Io direi che puoi anche iniziare. –

- D’accordo. – Prendo fiato e ripercorro con la mente tutto quello che è successo in queste settimane:- Era una sera come le altre in cui cenavo a casa di Ziva, poi ci siamo seduti sul divano e… abbiamo alzato un po’ troppo il gomito. - Un altro respiro profondo, ho bisogno di tutto l’ossigeno possibile perché non mi metta a piangere come un bambino – Lei, Ziva, mi ha chiesto se mi fossi innamorato di lei… -

- Ed era vero. – Continuò Jeanne.

- Già – Mi passo una mano tra i capelli e continuo:- Ma non potevo dirglielo e… Beh, ho fatto finta di cambiare discorso girando la domanda a lei. Lei ha evitato di rispondere e così la “sfidai”, in un certo senso. L’ho baciata e… e a lei è piaciuto. Me ne sono reso conto subito e ne ero davvero contentissimo. Come una bambina mi ha chiesto se anche a me fosse piaciuto e… e abbiamo fatto l’amore. – Come fa male ricordare:- Passò circa un mese e tutto era tornato come prima ma un giorno Ziva si sentì male e andò a casa prima dell’orario. Decisi di passare da lei alla sera e, a casa sua, in bagno, trovai un test di gravidanza. Mi crollò il mondo addosso. Ziva probabilmente aveva un fidanzato e non mi aveva detto niente. Per di più aspettava un bambino. Tornai in cucina e lei lasciò cadere quello che aveva in mano; poi le chiesi chi fosse il padre di suo figlio. –

- Eri tu? –

- Sì, ero io. Le dissi che le sarei stato vicino e che l’amavo, l’amo tutt’ora. – Bevo un altro sorso di gin, per schiarire le idee:- Decidemmo di dirlo alla squadra e ne furono tutti felici, poi… le chiesi di sposarmi. –

- Non dirmi che ti ha detto di no? –

- No, al contrario… la portai per dove avevamo trascorso per la prima volta una giornata insieme… Un container bianco, al molo. È da lì che ho capito i miei sentimenti e… beh, lei mi ha detto di sì, che mi avrebbe sposato.

Avevo la vita perfetta: un lavoro che amo, un bambino e la donna perfetta… Non mancava molto alle nozze e tutto andava alla grande ma, il giorno della prima ecografia, Ziva, dopo essersi cambiata per venire al lavoro… Beh, ha fatto un incidente. –

- O mio dio, e come sta? –

- Bene, cioè… Non molto. Ha perso il bambino e si è chiusa in sé stessa, qualche giorno dopo abbiamo avuto una specie di “discussione” e… beh, me ne sono andato. Per volere di entrambi, veramente. Dopo una settimana, la mattina in cui mi hai incontrato, stamattina per la precisione, ho rivisto anche lei per la prima volta. Un po’ più in forma di quando ci siamo… lasciati. Ho notato l’anello al suo anulare sinistro e questo mi ha dato una speranza; le ho chiesto se potevamo vederci e sono andato a casa sua… Poi tu hai telefonato e, beh, abbiamo litigato e mi ha detto che l’ho ferita, mi ha mandato al diavolo e… mi ha ridato l’anello. – Lo prendo dal taschino della giacca e me lo rigiro tra le dita:- Poi mi ha detto che tra tre giorni sarebbe partita per Israele, che ha deciso di lasciare l’NCIS e.. che non mi vuole più vedere. – Una lacrima corre veloce lungo la mia guancia prima che riesca anche solo a pensare di fermarla.

- Oh – Jeanne non sembra riesca a dire nient’altro.

- Mi dispiace… Sono venuto qui solo per farti perdere tempo. Ma credevo che un consiglio di una donna potesse sistemare le cose. Scusami. –

- No, figurati. È…è che mi hai lasciato spiazzata. Non potevate affrontare tutto assieme? Perché non avete combattuto? Perché tu non ti sei imposto e non hai provato a tirare fuori tutto quello che Ziva portava dentro? Perché, Tony? –

Forse Jeanne ha ragione; forse avrei dovuto combattere e non lasciarla andare, forse avrei dovuto cercare di non mollare la presa per primo. Ziva è una donna forte ma come ho fatto a pensare, anche solo per un misero momento, di fare in modo che soffrisse da sola? Forse ha ragione lei quando ha dei dubbi su di me. Forse… forse davvero non ho un futuro con lei. Forse… forse è meglio uscire da tutto questo e fare in modo che nulla sia successo; anche se sarà impossibile.

- Tony, a che stai pensando? –

- Al fatto che forse davvero dovrei lasciarla… andare… finirla qui… Per sempre. –

Jeanne spalanca gli occhi e mi tocca una spalla come per riscuotermi da un brutto sogno:- Diavolo Tony ma sei pazzo? Non puoi lasciarla andare! Non dopo tutto quello che è successo! Lei è… è la tua anima gemella cavolo! È tua Tony, solo TUA! Non potete pensare di farla finita… avete un legame speciale, elettrico! Te l’ho già detto ieri! Ed ora smetti di perdere tempo qui con me e vai da lei, corri. È con lei che dovresti essere ed è solo ed esclusivamente colpa mia se vi siete allontanati un’altra volta! Quindi lascia perdere tutto e tutti… Gibbs, l’NCIS, il lavoro, tutto quello a cui tieni e vai da lei. Riprenditela prima che sia troppo tardi. –

Una scossa, ecco che cosa sono state le parole di Jeanne. Non mi sembra vero di averle sentite da lei, lei che è stata la mia ragazza e che mi vuole ancora bene.

- Dici davvero? –

- Ma, Tony, stai scherzando? Smettila di stare qui e vai da lei. Riflettici sopra e cerca di capire se è la ami davvero e poi non fare altro che andare a farla tua, ancora. –

- Grazie, Jeanne. – L’abbraccio e le faccio sentire tutta la mia riconoscenza, sento che lei ricambia… quando mi stacco, però, Jeanne ha le lacrime agli occhi:- Hey? Che succede? –

- Niente, mi mancherai Tony. Tutto qui. – Si asciuga le lacrime e finge di sorridere, sembra volermi incoraggiare:- Ora vai, sei stato fin troppo qui con me. –

- Allora… Ciao. –

- Addio, Tony. – Ci abbracciamo un’altra volta prima che io esca dalla porta e mi giri verso il vialetto per andare alla mia auto.

Non so se avessi bisogno di Jeanne per capire tutto, non so che cosa mi sia successo in questi giorni per non aver mosso un dito per tenermi stretta Ziva ma, il vecchio Tony è tornato.

Io me la riprenderò, dovessi girare il mondo per ritrovarla.

 

* * *

 

Tre giorni dopo…

 

- Abby! Ho le prove per il nuovo caso! Un po’ di pelle, un po’ di… un liquido giallognolo… vedi tu, me li ha dati Duc… Abby ma, che succede? –

Gli occhi di Abby sono pieni di lacrime e tutto il suo trucco scorre lungo gli zigomi sulla pelle troppo chiara.

- Oh, Tony! – Mi corre incontro e mi abbraccia stretto, sembro la sua ancora di salvezza. Con un riflesso incondizionato le cingo le spalle e la stringo stretta.

- Che succede, Abby? –

- Beh – Un singhiozzo la percuote facendole versare altre lacrime:- Ziva… lei, partirà per Israele questa sera. Se ne andrà per sempre Tony, e io… –

E’ già passata a salutare tutti ma non è passata da me.

-  E’ colpa mia. – Sussurro appoggiandomi al bancone metallico del laboratorio.

- C-Cosa? – Abby sembra sorpresa e mi guarda spalancando gli occhi.

- Sono stato io a fare tutto questo casino. Non vi meritate di soffrire tutti quanti per un errore mio. –

- No, Tony non dire così. La colpa non ce l’ha nessuno di noi, solo che mi dispiace tantissimo che Ziva se ne vada. –

È ora di agire, ho aspettato fin troppo. Mi ci sono voluti altri tre giorni dopo la serata con Jeanne. Ho dovuto far “digerire” un po’ le cose a Ziva prima di ripresentarmi davanti a lei.

- Non se ne andrà, cercherò di fare in modo che non accada Abby. –

- Lo fai per me? – Sorride sotto le palpebre più scure del solito per via del trucco colato.

- Veramente… lo faccio per tutti, ma lo faccio anche per te, Abby. Nessuno di noi è pronto a vederla tornare in Israele senza sapere quando sarà il suo ritorno… Non lo è nemmeno lei, credo. –

- Sai, ha pianto quando ci ha detto addio… ed io non avevo mai visto piangere Ziva. –

- Ah… quando ha il volo? –

- Tra quattro ore. Buona fortuna. -

- Spero di tornare sano e salvo. E… grazie. – L’abbraccio un’altra volta prima di prendere l’ascensore per tornare tre piani più sopra, in ufficio.

Quando sento il dlin e le porte che si aprono esco per raggiungere la mia scrivania e prendere il cappotto ma McGee che piange mi fa bloccare:- Pivello, che succede? –

- Ziva se n’è andata… - Tira su col naso prima di recuperare un fazzoletto di carta dalla sua scrivania.

- Mi dispiace, McGee. Ora però devo andare assolutamente, dillo tu a Gibbs. Impegni importanti aspettano Anthony DiNozzo. –

- Ma… -

Non lascio finire McGee che mi fiondo giù per le scale, troppo impaziente di prendere l’auto e sistemare le cose.

 

Ziva pov

 

Rientro a casa per l’ultima volta. Mancano solo tre misere ore al volo per Israele ma oramai non posso più tornare indietro. La Ziva David che ha vissuto in America non c’è più: tornerò nel Mossad, se mio padre lo permetterà e riprenderò tutti gli addestramenti e le missioni che avevo lasciato per lavorare all’NCIS. Certo, aver consegnato il modulo di dimissioni a Vance ha reso tutto più reale, ha concluso tutto; in quei pochi, miseri istanti ho rivisto molte delle scene che ho vissuto con la mia ex squadra e che cercherò di tenere chiuse dentro di me per non dimenticare nulla, neanche le cose peggiori. Come un vecchio film scorrono nella mia mente varie situazioni accadute negli ultimi quattro anni, più o meno dolorose: il mio arrivo, la morte di Ari e quella di Jenny, la perdita della memoria di Gibbs, i caffè di Abby e i suoi abbracci, il romanzo di McGee che tengo in valigia, i vari casi, la separazione dalla squadra, il rapimento in Somalia, il salvataggio, i giorni a Parigi, la missione sotto copertura… Tony; già, Tony. L’unico ed inimitabile Tony DiNozzo. Quelle volte in cui mi ha detto che lui sarebbe stato insostituibile non ci avevo mai creduto davvero: oggi lo so per certo che aveva ragione. Uno come lui non si dimentica facilmente ma con gli anni, forse, riuscirò a fare anche questo; alla fine, è questione di allenamento no?

Metto negli scatoloni le ultime cose da imballare e chiudo le valigie dopo aver controllato di avere tutto; non vorrei si rovinasse niente finchè sono via, potrei ritornare un giorno, quando avrò dei figli ed una famiglia. È giusto che anche loro vedano il mondo, come ho fatto io finora.

Chiudo le imposte e mi guardo attorno ancora una volta, il taxi dovrebbe arrivare a minuti; un’occhiata mi ricorda anche gli ultimi tempi poi, con il cuore che pesa, esco di casa e mi chiudo la porta alle spalle controllando bene la serratura: è tutto a posto, oramai niente mi porterà indietro.

Il tassista è sceso e mi aspetta dietro alla macchina con il bagagliaio aperto: è grasso con un maglione infeltrito e mi guarda fumando un sigaro. Non ha l’aria molto amichevole ma è il mio problema minore, non mi importa molto. Trascino il grande trolley che contiene gran parte di quello che mi occorrerà e mi carico sulla spalla il borsone grigio che porta dentro sé vestiti e scarpe, perlopiù.

- Signorina. – Mi saluta freddo, chissà che noia svolgere un lavoro ripetitivo tutta la vita.

- Buona sera. – Lo saluto non con più calore di quello che lui si è riservato di dedicare a me e ripongo il borsone all’interno del bagagliaio. Quando anche l’ometto basso e cicciottello mi ha aiutato a sistemare il trolley, chiude lo portellone con un colpo deciso e si infila nell’abitacolo gettando il sigaro sull’asfalto freddo dell’aria pomeridiana di settembre inoltrato. Anch’io apro la portiera dietro per salire quando una voce che ben conosco mi blocca e sembra voglia iniziare a sciogliere il blocco che mi porto sullo stomaco:- Ziva, aspetta. – Due parole che mi costringono a voltarmi verso la voce, come se ci fosse una calamita alle mie spalle che fa girare il collo; Tony. Chi se non lui? È venuto nel Corno d’Africa per tirarmi fuori dall’inferno, non l’avrebbero fermato sicuramente una litigata e dieci chilometri di distanza.

- Tony. – Mi trovo a sospirare quel nome che ho pronunciato in tante situazioni diverse ma che ogni volta l’ho fatto con affetto. Dire che il mio inconscio lo stava aspettando è dire le parole giuste: appena incontro i suoi occhi verdi lo stomaco si contorce procurando una sensazione piacevole dentro me. Nonostante questo la voce esce un po’ fredda, conscia del male che mi ha fatto poco tempo fa:- Non dovresti essere qui. Ti ho detto di dimenticarmi. –

- Mi dispiace. –

- Tony, non mi servono le tue scuse. È tardi per poter anche solo pensare di rimediare. –

- Basta. Lascia parlare me questa volta. Hai mai pensato che tu possa esserti sbagliata per una volta? Non sei infallibile, piccola ninja. –

Il soprannome mi provoca un brivido lungo la schiena e, anche se sento freddo attraverso il cappotto grigio, del sudore freddo mi blocca il respiro.

- Non chiamarmi così, per favore. –

- Okay, okay. Scusa. Ma fammi spiegare prima di partire, Israele non è dietro l’angolo. –

- Ti ascolto. –

- Signorina, dovrei andare. – Il tassista mi riscuote per un momento e sono costretta a rispondere:- Scusi, le chiedo di aspettare. –

- Se deve chiarire con il suo fidanzato la prego di scaricare i bagagli; io devo lavorare. Anzi glieli scarico io. –

- Grazie. –

Il tassista scende e scarica le valigie lasciandole sulla strada. Tony si avvicina di tre o quattro passi, ma si tiene a debita distanza.

- Non è come pensi. –

- Lo dicono tutti, usa delle frasi con più effetto. Non mentirmi per favore, almeno per l’ultima volta fammi andare via senza dubbi. –

- Non è necessario che tu te ne vada. Potrai anche evitarmi per sempre ma fallo per gli altri, manchi già a tutti loro. Abby stava piangendo quando l’ho vista dopo la pausa pranzo e mi ha detto che hai versato anche tu qualche lacrima mentre le dicevi addio… è preoccupata per te e lo sono anche gli altri, io compreso. –

- Credevo non ti importasse più nulla di me dato che sei tornato con “quella” in una sola settimana; evidentemente dovevi impiegare il tempo finche lei non fosse tornata. Il bambino era solo un intoppo da cui sei stato sollevato dopo il mio incidente no? – Distolgo lo sguardo dai suoi occhi verdi perché tornare indietro raccontando tutto ad alta voce mi annebbia la vista; non per l’ebbrezza, sono solo lacrime.

- Ti prego Ziva non dire così. –

- E che cosa dovrei dire? Sono stata ferita, umiliata e svuotata. –

- Ma la vuoi capire che io non ti ho tradita? Che ero solo felice di essere il padre di nostro figlio? che Jeanne è stato un errore che non volevo nemmeno io? –

- Ah, un errore certo. –

- Smettila di essere così cinica Ziva. Fammi vedere quello che mi hai mostrato quando eri incinta! Credi che abbia chiesto di sposarti per comodità? Non sai che non è comodo stare con una donna forte come te e con un carattere come il tuo per di più andando contro una delle stupide regole che il nostro capo a messo nella nostra squadra? Io ti amo, Ziva David. Forse è questo che non riesci a capire. Tre giorni fa ho incontrato Jeanne per sbaglio all’entrata di un bar e mi ha chiesto se poteva parlarmi; ho acconsentito controvoglia poi lei mi ha detto che prova ancora qualcosa per me ma le ho detto che al massimo avremmo potuto rimanere solamente amici perché amo un’altra donna. –

Fa una pausa per respirare e mi guarda negli occhi, quegli che sono in grado di ipnotizzarmi.

- Alla sera ci siamo accordati per parlare di te perché avevo bisogno di qualche parola che potesse spingermi a tornare, sempre che lo avessi voluto anche tu. Finito con Jeanne sono venuto al lavoro e ti ho vista: sei passata davanti alle nostra scrivanie ed hai salutato McGee con un cenno; ho chiesto a Gibbs se avessi potuto venire da te, avevo bisogno di parlarti, fosse stata anche l’ultima volta. Mentre aspettavi l’ascensore, finchè mi avvicinavo, ho notato l’anello e una parte dei miei nervi supertesi si sono piacevolmente sciolti alla vista del tuo anulare sinistro; non tutto era perduto no? Abbiamo parlato in ascensore e mi hai invitato a casa tua: mi ero già dimenticato di Jeanne. – Sorride. Il suo sorriso, quello che mi apre il cuore in qualsiasi momento:- Sono venuto da te ma, finchè ero in bagno, lei ha chiamato sul mio numero e tu hai risposto. Non so che cosa ti abbia detto lei ma ho visto la tua reazione: mi hai sconvolto dicendo tutte quello che mi hai urlato contro. Poi sono uscito e sono andato da Jeanne… -

Io sospiro. È tornato da lei, forse per chiarire però. Alla fine, glielo doveva da tempo.

- Le ho raccontato tutta la mia storia e mi ha detto addio. Non la vedrò più, forse ci sentiremo per gli auguri qualche volta ma lei non è te. Non potrò mai più pensare di sostituirti con nessun’altra donna al mondo. E ora che ho capito chi è quella giusta non svanire nel nulla. Non ti dico di non andare in Israele ma ti prego, torna. Perché io ti amo e non smetterò mai di dirlo a tutti, anche a me stesso nonostante sia difficile ammetterlo dopo quattro anni, io ti amo e so che la mia vita senza di te dopo che hai fatto la tua comparsa, sarebbe solo un grandissimo schifo.

E dammi dell’idiota, dell’imbecille e del bambino ma ti prego… pensaci. Pensa a quello che abbiamo passato… a tutto. E non permettere che una stupida telefonata che per me non conta nulla ti faccia scordare di me. –

Io che fino ad ora sono stata praticamente in silenzio, apro le labbra ed un pensiero esce in un sussurro senza quasi neanche che me ne renda conto:- Tu sei indimenticabile, Tony DiNozzo. –

- Che cosa? – Apre gli occhi un po’ di più, come a voler capire una qualche legge che non conosce.

- Non ti voglio dimenticare, anche perché sei stato il periodo migliore della mia vita. Io non ho deciso di andarmene per dimenticare ma ricominciare. –

- Inizia qui e fallo con me. Ricominciamo insieme. Lo sai che ti amo. –

- Lo so. –

Tony azzera la distanza rimasta tra noi e la sua fronte si appoggia delicatamente sulla mia: sento il suo profumo, quel tocco così agognato che come una scossa mi fa accelerare il cuore, vedo i suoi occhi quegli occhi così profondi in grado di farmi dimenticare di tutto e tutti, tranne che di lui.

La mia testa si muove lievemente verso la sua, gli occhi fissi negli occhi e poi quel contatto così profondo che ha fatto iniziare tutto questo vortice. Le mie labbra toccano le sue, avide di risentirlo. Gli passo una mano tra i capelli e una sulla spalla, le sue serrano i miei fianchi con vigore.

Dio solo sa quanto mi è mancato.

 

 

Eccoci al termine di un altro capitolo che non riusciva a venire fuori! Fa schifetto lo so… e mi dispiace perché volevo l’effetto boom per il loro riavvicinamento. Spero di non essere stata così pessima J

Mando un bacio enorme a tutti quelli che sono i miei fidi seguaci (anche se non credo di meritarmi sempre tutti i vostri complimenti) e vi aspetto al prossimo capitolo che forse sarà l’ultimo di questa storia che mi ha preso in una maniera sconvolgente.

Un bacio grande.

BiEsSe

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Capitolo 9
*** Replay ***


Replay

Replay

 

Sette mesi dopo…

 Apro gli occhi e mi guardo intorno: la nuova casa è davvero bellissima. Si sente ancora un po’ l’odore della pittura sulle pareti, un delicato color crema che ricopre soffitto e muri. L’armadio a specchio mi mostra l’immagine che vedo ogni mattina al mio risveglio: io con la testa appoggiata al petto di Tony, lui ancora addormentato che respira profondamente nell’ultima ora di sonno che gli resta, prima di alzarsi e prepararsi per il lavoro.
Mi volto e lo guardo dal vivo, Dio quant’è bello: ha un filo di barba sulle guancie e sul mento, i pettorali nudi appena visibili perché coperti dalle lenzuola chiare di lino, i capelli scompigliati, l’aria serena senza alcuna ombra di preoccupazione sul volto; è così da quando ci siamo rimessi insieme, sette mesi fa. Da quel giorno, in mezzo alla strada con le valigie in mano, dove mi ha detto tutto e mi ha fatto capire che io non sarei potuta andarmene perché avrei fatto l’errore più grande della mia vita. Non smetto di ringraziare il cielo per aver fatto capire ad entrambi che siamo l’uno la parte mancante dell’altra.
Do un bacio sul collo a Tony prima di scostare le coperte ed alzarmi per andare in bagno; apro l’acqua calda della doccia e mi metto sotto il piacevole getto per rilassarmi. Mentre insapono i capelli sorrido al pensiero della faccia di Abby quando le abbiamo detto che eravamo tornati insieme, a quel mezzo sorriso di Gibbs sotto il finto broncio per aver infranto - ancora una volta – la regola 12, agli abbracci di McGee e ai primi capitoli del suo nuovo libro dove Tommy e Lisa si giurano amore eterno, al sorrisetto imbarazzato di Palmer, alle strette di mano di Vance e all’aneddoto di Ducky sui suoi anni al college quando aveva una fidanzata che avrebbe giurato di voler sposare; dopo nove settimane di storia clandestina dal nostro riavvicinamento era troppo non poter lavorare senza nascondere qualcosa in ufficio, sotto gli occhi di tutti, e dover ricevere quasi tutti i giorni una tempesta di domande dalla squadra. Abby ci ha anche offerto il retro del suo laboratorio per avere un po’ di tempo per noi, lontano dagli occhi vigili del grande capo. E beh, diciamo che abbiamo fatto buon uso anche del laboratorio… come dell’armadio dell’obitorio d’altronde… ma Ducky non lo verrà mai a sapere, altrimenti Jimmy potrebbe essere torturato da me personalmente con la collaborazione di Tony, certo.
Esco dalla doccia e mi asciugo il corpo con un l’accappatoio di spugna bianco, poi friziono i capelli con un telo da bagno; tolgo l’accappatoio e mi guardo nel grande specchio che ricopre la maggior parte della parete di fronte a me: sono ingrassata di un paio di chili ma non mi importa molto… un po’ di corsa sistemerà tutto, senza dover seguire una qualche dieta particolare. Anche perché non sto molto bene nelle ultime settimane.
Indosso reggiseno e culottes prima di tornare in camera a vestirmi; cerco di non far rumore anche se Tony, oramai si dovrebbe essere svegliato.
- Buongiorno. – Mi sussurra con la voce impastata dal sonno:- Mi sono preoccupato quando non ti ho vista: non avrei sopportato di venire ancora una volta a cercarti in giro per la città… Credo avrei avvisato Gibbs per fati tornare. – Mi sorride con quell’aria beata.
- Tranquillo, come potrei anche solo pensare di andarmene? Non vorrei soffrissi la sindrome dell’abbandono. –
- Ah, Tony non soffre. Al massimo avrei girato il mondo un’altra volta ma ti avrei trovato comunque… in un modo o nell’altro. –
Indosso una maglia larga e di un tessuto leggero, i pantaloni marroni e il distintivo, poi mi avvicino al letto e bacio Tony dolcemente. Mi attira a sé per i fianchi e mi fa cadere sul letto, sopra di lui.
Sempre in questa posizione noi. Che siano bombe, container o letti… sempre così. Ci sto prendendo l’abitudine.
- Che scemo che sei! – Sorrido con le labbra appoggiate alle sue… lui ricambia.
- Ah, è qui che sbagli. Non sono scemo… solo innamorato. – Mi divincolo un po’ fino a che non mi lascia andare e mi alzo dal letto.
Saluto Tony, prendo borsa, zaino ed esco di casa per andare al lavoro: Gibbs è una settimana che mi fa arrivare prima per sbrigare alcune pratiche e sistemarle in archivio; probabilmente Tony mi raggiungerà dopo, verso le otto e mezzo.
Passo da Louis, il barista che dista pochi isolati da casa nostra ed entro: c’è un profumo gradevole di brioche al cioccolato e dolci fatti in casa; nell’ultimo periodo ho assaggiato un po’ di tutto… forse è per questo che sono ingrassata. L’atmosfera di questo locale è così invitante che davvero non si può fare a meno di provare ogni cosa.
Louis esce dal retrobottega e mi saluta con uno dei suoi sorrisi più calorosi:- Hey, Ziva! Come andiamo oggi? – Il solito accento francese inconfondibile, la solita uniforme che mi ricorda l’uomo dei gelati di Tel Aviv, il cappellino, tutto come al solito.
- Come sempre il Capo mi fa andare al lavoro prima ed ho bisogno di una ricarica… fammi una sfoglia con le nocciole e una… crema. –
- Due? Ah, cara mia e la linea? –
- Non so, ultimamente ho sempre fame… però una sfoglia oggi la porto a Tony; non abbiamo niente a casa di decente per fare colazione… forse dei cereali ipocalorici che ho comprato tempo fa. Non piacciono più nemmeno a me. Meglio qualcosina che mi tiri su! Con tutto questo lavoro! È due mesi che sono così stressata che ho la testa che gira peggio di una trottola! Ho vomitato anche un paio di volte… però sto meglio quando mangio. Migliora il morale. –
- Immagino quanto tu sia stressata. Il tuo capo non ti lascia tregua eh? Secondo me si vuole vendicare perché tu e Tony state insieme. – Si mette a ridere e fa gli occhi piccoli, piccoli. Mi ricorda un criceto, tipo quelli dei cartoni animati.
- Non credo. Era felice persino lui che fossimo tornati insieme! –
- E ci credo mia cara! Chissà che tensione con una superspia e un agente che non possono vedersi in ufficio! –
Mi consegna i dolci e tiro fuori il portafogli per pagare.
- Stavo partendo per Israele in quel periodo! Nessuno mi avrebbe rivista per mesi… forse per anni.
Al ricordo sento un po’ di tristezza, poi scaccio tutto; alla fine è passata.
- Tu e quel bel fustacchione del tuo ragazzo non sareste stati lontani a lungo… lui è troppo cotto di te, purtroppo per me, e tu di lui. Siete così belli insieme! –
- Louis! Non provare a fare pensieri sconci su Tony! Sai che non lo mollo facilmente! –
- Lo so, cara. Lo so. Ora vai che sennò il grande capo ti dà una lavata di testa per il ritardo! Crede sia stato il tuo bellimbusto a farti arrivare dopo! –
- Già… meglio che vada. Ciao, ci vediamo! –
Spingo la pesante porta di vetro e acciaio, il dlin annuncia la mia uscita.
Salgo in auto e riparto verso l’NCIS. Alla radio trasmettono una vecchia canzone di Frank Sinatra che mi ritrovo a canticchiare, me l’ha fatta sentire Tony al lavoro, in un giorno di pioggia. Ricordo che ero appena arrivata al distretto.
Parcheggio e scendo dalla macchina, il sole è appena sorto e si sente la tipica aria frizzantina che annuncia l’arrivo imminente dell’estate. Ho sempre adorato la primavera: è la mia stagione preferita. Le giornate si allungano, si sentono gli uccellini, l’aria si scalda e le giornate all’aperto sono fantastiche. Per quanto il lavoro mi consenta di stare all’aperto.
Entro nella sede, prendo l’ascensore ed arrivo al bullpen con sette minuti secchi di anticipo: non c’è nessuno che batte freneticamente sulla tastiera, nessuno che sorseggia caffè, l’ufficio di Vance è chiuso… l’unica anima viva sembro io, qui. A parte Abby nel suo laboratorio che arriva alle sei e Ducky che, mattiniero come sempre, starà chiacchierando con uno dei suoi nuovi amichetti giù nell’obitorio.
Poggio lo zaino dietro la scrivania ed accendo il computer; poi mi incammino verso le scale per scendere in archivio, dove Gibbs mi starà già aspettando.
Arrivo velocemente al seminterrato e passo il garage, poi arrivo alla grata dove Luke, il guardiano notturno, sta per staccare dal turno.
- Ciao Luke. Non è che mi apri prima di andartene? –
- Certo, dolcezza. Prego. –
- Sai che non mi piace sentirmi chiamare dolcezza… comunque grazie. Riposati che stasera devi tornare! –
- Lo farò, stai tranquilla! Tu come stai? –
- Sono qui, quindi direi che sto abbastanza bene… ciao. –
- Ciao. Ci si vede. –

Entro nell’archivio dove spunta Gibbs con il suo solito caffè ben saldo nella mano destra:- ‘Giorno, Ziva. –
- ‘Giorno Gibbs. Fino a che hanno devo riordinare oggi? –
- 1997 ma… prima volevo parlarti, prima che DiNozzo sia qui. –
- Dimmi. – Mi siedo su una sedia imbottita nera, Gibbs fa lo stesso posizionandosi davanti a me, dall’altra parte della scrivania.
- Come va? – Da quando in qua il capo mi chiede come va? Credo sia la prima volta in cinque anni.
- Bene, perché? È successo qualcosa? –
- No, anzi. Però Abby mi ha detto che sei strana ultimamente… sicura che non sia successo niente con Tony? Tutto a posto tra voi? –
Perché Abby crede che sia strana? Che cos’ho che non va? Parlerò con lei, più tardi.
- Non ci sono problemi, perché? Che cosa ti ha detto Abby? –
- Vede che sei sempre un po’ stanca e una volta non stavi bene, nel suo laboratorio. –
Ah, quello. Ero solo un po’ stanca, niente di più.
- Va tutto bene Capo. Davvero. Non ho motivo di mentirvi, per prima cosa ad Abby. –
- Okay Ziva. Se lo dici tu. Ho preferito parlarne con te senza che DiNozzo di preoccupasse nel caso in cui ci fosse stato qualche problema. –
- Grazie Gibbs. –
- Nulla, ora sbriga quel lavoro sennò qui in giro potrebbero credere che io mi sia ammorbidito con l’età. –
- Certo Capo, a dopo. –
Prendo uno scatolone con delle vecchie pratiche datate “novembre 1996”, devo riguardare otto mesi del lavoro di altri che non si sono preoccupati di sistemare. Per fortuna Tony dovrebbe arrivare qui tra solo un’ora. Poteri sopravvivere all’ammasso di polvere che regna sovrano qui e alla noia.
Mi siedo dietro la scrivania ed apro lo scatolone, contiene una ventina di fascicoli polverosi ed ingialliti che riguardano vari casi: rapine a mano armata, serial killer, marine strangolati, mogli di ufficiali scomparse e altro ancora. Sempre, più o meno, le stesse storie di tutti gli scatoloni che ho sistemato finora.
Passa velocemente il tempo finchè leggo pratiche e fascicoli e, mentre sono intenta a leggere un rapporto su uno stupro, sento delle braccia familiari e un bacio sul collo che mi fanno venire i brividi; poco dopo una voce, la voce che riconoscerei anche a chilometri di distanza, sussurra al mio orecchio:- Sai, mi sei mancata. –
- A chi lo dici. – mormoro sentendo caldo in tutto il corpo, come una scarica elettrica.
Tony mi dà un bacio sul lobo dell’orecchio prima di scostarsi, con mio grande disappunto, e sedersi di fronte a me, dove prima si trovava Gibbs.
I momenti intimi, qui all’NCIS non sono molti, anzi. Direi che scarseggiano e parecchio. Laboratorio, bagno degli uomini e retro dell’obitorio a parte, naturalmente. Il mio posto preferito è il laboratorio, quello di Tony il bagno ma nei momenti in cui la maggior parte del personale se ne è già andato a casa. Diciamo che alterniamo i turni; l’obitorio sta stretto a tutti e due, Ducky, Gibbs o i cadaveri potrebbero accorgersi di qualcosa e farci licenziare in tronco; inoltre, sia io che Tony crediamo sia poco rispettoso per i “pazienti” di Ducky.
Mi avvicino con fare malizioso al volto di Tony e gli do un piccolo, leggero bacio sulle labbra, prima di tornare a lavorare come se non avessi fatto niente. So che a Tony piace giocare a questo e, quando posso, lo assecondo.
- Ah, mia piccola ninja. Ti piace giocare con il fuoco, vedo. – Sorride e gli si formano delle piccole rughette attorno agli occhi, ma faccio finta di non vederlo e cambio discorso.
- Tony, secondo te, dove metto questo rapporto? Rapina o omicidio? Sono citati entrambi. –
- Mmm, credo omicidio. In fondo, molti omicidi comportano rapine e viceversa. Omicidio. –
Prendo il fascicolo e lo metto nell’ultimo spazio dello scatolone, lo chiudo e mi alzo dalla sedia girevole per posizionarlo sullo scaffale metallico dietro a Tony. Quando gli passo affianco, finge di toccarmi il sedere per sbaglio ed io sorrido senza farmi vedere.
- Finito di giocare a stuzzicarvi l’uno con l’altra voi due? – Abby, con la tuta rossa che usa per venire al garage, ci guarda con aria severa a braccia conserte, ma non può fare a meno di mettersi a ridere quando la guardiamo con fare dispiaciuto per “l’incidente”.
- Scusa Abby, non volevamo farci beccare. –
- Siamo dei santi, in fondo, no? –
- Okay, ragazzi. Sono venuta per dirvi che Gibbs vi vuole in ufficio. Fareste meglio a muovervi perché ha appena avuto un colloquio con Vance e non è dell’umore migliore per aspettare voi due. –
- Grazie, Abby. –
- Ci vediamo dopo. Ah, devo parlarti, più tardi. –
Esco dal box metallico e Tony si chiude il cancelletto alle spalle, dopo essere uscito anche lui. Mi gira la testa e ho fame ma dobbiamo andare da Gibbs, e in fretta. Chiamo l’ascensore che non tarda ad arrivare ed entrambi entriamo nella scatola metallica. Tony sembra tranquillo, niente lo turba. Non mi ha neanche chiesto perché devo parlare ad Abby. Strano, non l’ho mai visto così calmo in cinque, lunghi anni. Bah, magari la vecchiaia lo sta rendendo un po’ più tranquillo, o forse ha trovato la pace interiore…
Io invece sono tutt’altra cosa: un fascio di nervi. Se non fosse che Tony è così rilassato… Sinceramente non so perché ma c’è qualcosa che non va: tutti che mi dicono di stare attenta alla linea, poi con questo caldo ho la testa che mi gira peggio di una trottola e ho fame, spesso, quasi sempre. Poi, ho un ritardo ma mi è già successo altre volte, non dovrebbe essere un problema. Con il caldo può succedere, sarà uno scompenso, niente di preoccupante credo. Una volta sono quasi svenuta a casa, era un calo di pressione però quest’anno il caldo mi sta uccidendo pian piano.
Proverò a parlarne con Abby; o Ducky. Insomma con qualcuno: non Tony però, non vorrei turbarlo troppo con delle impressioni che non servono a niente.
L’aria dell’ufficio è molto più fresca di quella dell’archivio e ringrazio chi ha ideato il condizionatore. Appena arriviamo Gibbs si volta di scatto verso di noi:- Era ora! –
- Capo, abbiamo fatto il prima possibile… - Uno scappellotto colpisce la nuca di Tony e lui si zittisce subito; non posso fare a meno di sorridere: mai contraddire Gibbs quando è furioso. Questa regola l’ho imparata lavorando qui, nel manuale del capo non si trova.
- Capo, perché ci hai fatto chiamare così in fretta? Ci sono problemi riguardo al caso? – McGee sbuca dal bagno degli uomini sistemandosi i pantaloni: spero si sia lavato le mani.
- Ce lo hanno revocato. – Gli occhi glaciali del capo si posano su ognuno di noi in grado di cogliere qualsiasi nostra espressione.
- Ma era la nostra giurisdizione! – Tony sbuffa sedendosi alla sua postazione, io mi appoggio alla scrivania: mi viene da vomitare. Ignoro questo bisogno incombente e chiedo il perché di questa decisione.
- Vance voleva che collaborassimo con la Guardia Costiera ma non ci lavoro con quella vipera della McKinley. Quando la licenzieranno io tornerò a lavorare con loro. –
- Non poteva aiutarci qualcun’altro nelle indagini? Chessò, l’FBI? – Anche McGee si è seduto alla sua scrivania.
- Non è il loro territorio. Passeranno a qualche altro ufficio il caso. –
- E noi, Capo, nel frattempo che facciamo? –
- DiNozzo, torni in archivio e aspettiamo fino al prossimo marine impiccato, giro di prostituzione all’interno di un club frequentato da giudici della nostra giurisdizione o qualcosa di simile. –
- Okay, Capo. Io e Ziva andiamo, allora. –
Devo parlare con Abby. Non è possibile che io stia così. Non è stagione da influenze, questa.
Tony si alza e si dirige verso l’ascensore, io non riesco a muovermi: ho lo stomaco sottosopra.
- Ziva? Ziva? –
- Arrivo. Un secondo. – Mi alzo con gambe tremanti e seguo Tony in ascensore.
Le porte si chiudono e ci lasciano soli, isolati da tutto l’NCIS.
Devo essere pallida perché Tony mi guarda preoccupato:- Stai bene? –
- Sì… sì. – Mi appoggio ad una delle pareti fredde.
- Sicura? –
- Sì, fammi solo parlare con Abby. Ti raggiungo dopo in archivio. –
- Okay, se viene Gibbs? –
- Dì che ero da Abby per darle la notizia sul caso. Ci vediamo dopo. –
- A dopo. – Le porte si aprono al piano terra e Tony mi dà un bacio.
- Mi raccomando, se stai male, dimmelo che ti accompagno a casa. –
- Ho un’auto. –
- Non vorrei… Ciao. – Mi saluta ancora e lo vedo scomparire dietro l’angolo del corridoio.
Da quando ho perso il bambino, se sto male, Tony insiste per accompagnarmi. Ha questa paura, non riesce a non pensare a qual che è successo e non riesce ad evitare di farsene una colpa. Mi dispiace vederlo così, quando si incolpa per tutto quel che è accaduto sette mesi fa.
Ma ora sia io che lui siamo felici, anche senza figli, per adesso. Se arriveranno non ci saranno problemi. Io lo amo e lui ama me, per ora mi basta.
Mi sento completamente bene per la prima volta in tutta la vita. Ed è una sensazione fantastica; a parte questa nausea che va e viene.
Busso al laboratorio di Abby ma non ricevo risposta: la musica è ad un volume così alto che non riuscirebbe a sentire uno sparo. Credo sia gothic rock, o qualcosa del genere. Mi aveva prestato uno dei suoi cd pochi mesi dopo che sono arrivata qui ma dopo le prime tre canzoni ho spento il lettore.
- ABBY! – Non c’è altro modo: urlare, urlare e ancora urlare per sovrastare queste chitarre elettriche.
La nostra scienziata si volta di scatto e sorride appena mi vede: indossa ancora la tuta rossa, deve essere appena tornata dalla rimessa. Prende un piccolo telecomando e spegne la musica; che sollievo. Amo il silenzio.
- Ciao Ziva! – Mi corre incontro e mi abbraccia stretta, sto soffocando.
- Ciao, Abby. – Mi siedo su uno degli sgabelli, meglio che stare in piedi, forse mi passa.
- Sei pallida, tutto bene? – Abby mi prende per la spalle e guarda attenta i miei occhi, in creca di qualcosa che non va.
- Sì, cioè no. Ci hanno tolto il caso. –
- Oh mio Dio! E Gibbs come l’ha presa? Sta male? Scommetto che ha indossato ancora una volta quel suo sguardo indecifrabile, con gli occhi gelidi che lo contraddistinguono. Anche se Gibbs non è così: si mostra gelido ma è buono. Mi porta il caffè tutti i giorni! A proposito di caffè, ho bisogno di un “Caf Pow” ma se vi hanno tolto il caso non credo di vedere alcun caffè per oggi… forse potrei andare a prenderlo nella pausa pranzo. Vieni a mangiare con me oggi? Non avete alcun caso da risolvere! Convincerò io Gibbs, tranquilla! Ma… sicura di stare bene? Hai una faccia. –
Si è fermata. E si è persino seduta: non si siede quasi mai Abby, deve essere davvero preoccupata.
- Puoi capire se ho qualche allergia o un’influenza? Non sto bene, oggi. –
- Lo sapevo! Lo sapevo! Non è OGGI che non stai bene… anche l’altra settimana sei quasi svenuta e proprio qui! Ti faccio subito un tampone ma credo che Ducky sia più indicato… vuoi che lo faccia venire qui? –
Mi sento stupida. Insomma, non serve scomodare tutta l’NCIS perché ho un po’ di nausea. Forse ci vorrebbe solo un the caldo.
- Ah, non serve. Non sto così male… una tisana sistemerà tutto. –
- Beh, adesso vedo che posso fare… forse posso provare a vedere se sei allergica a qualche prodotto che uso in laboratorio. Magari sei venuta a contatto con qualcosa. –
- Grazie. Ma non ti preoccupare. –
Abby prende delle piccole fiale e delle siringhe ed inizia a pizzicarmi il braccio con varie sostanze. Non ho mai sofferto di allergie, perché dovrei iniziare ora? Tutte le prove danno risultato negativo ed Abby salta sullo sgabello di fronte al mio per chiedermi:- Allora, che sintomi hai? –
- Mah, mi gira spesso la testa ma credo sia per il caldo, ho spesso fame, ho la nausea, specialmente oggi. Nient’altro. –
- Sei ingrassata? Hai un ritardo? –
- Sì, ma il ritardo mi è già successo… sempre per colpa del caldo, degli sbalzi di temperatura. Avevo già fatto qualche visita. –
- Di recente? –
- No, un paio di anni fa mi era successa quasi la stessa cosa: tranne che per la nausea e le vertigini. –
- Certo che ti facevo più attenta e perspicace eh! Ziva… - le brillano gli occhi, che stia per piangere? – Tu… sei incinta! –
Sto per cadere dalla sedia. Non riesco a reggermi… sono davvero… incinta?
- Eh? – Mi esce un gridolino strozzato, sento caldo, tanto caldo.
- Sì! Sei incinta! Che cos’altro potrebbe spiegare questi sintomi sennò? O mio dio diventerò zia! Credo che se sarà una femmina dovresti chiamarla Kate. È un bellissimo nome. Un maschio invece… Beh, Tony vorrà chiamarlo Anthony Jr. ma dovrai vedertela tu! Oh, sono felicissima! –
Mi abbraccia forte ma non riesco a crederci… Io? Mamma? Okay, la prima volta me ne sono fatta subito una ragione, io e Tony non eravamo nemmeno insieme… era tutto così… surreale.
Ora, no. Non riesco a pensarci, a farmene una ragione. Come lo dirò a Tony? Non è ancora tutto sicuro, però. Meglio prendere un test.
- Abby… ho bisogno di un test. Ma non posso uscire fino a questa sera… tu esci in pausa? –
- Sì, non ti preoccupare, andrò io. Voglio proprio sapere come lo dirai a Tony. –
- Beh, niente è ancora sicuro. Magari ho davvero dei cali di pressione, magari non sono incinta, magari…- Mi si spegne la voce. Non riesco a pensarci. Non sono nata per fare la madre, sono un’assassina, una spia. Non so cambiare un pannolino, non so preparare il latte non sono una madre. Come farò?
Sento lo sconforto assalirmi, non ce la faccio. Ho un bambino dentro di me. Un bambino, una vita.
Abby, che deve aver capito che sono turbata, mi prende per la spalle e mi abbraccia:- Non ti preoccupare, Ziva. Andrà tutto bene, tu e Tony avrete un figlio fantastico. Sarete una famiglia fantastica. – Sorride e non posso fare a meno di fare altro; Abby sa come tirare su il morale a chiunque.
Ora devo farmene una ragione: sarò madre e Tony papà. Lui sarà perfetto, io… beh, imparerò.
- Per favore Abby, non dirlo a nessuno. Neanche a Gibbs, o a Ducky. Okay? –
- Bocca cucita! –
- Grazie. –
- Tra un’ora andrò a prenderti il test: ti chiamo appena torno, okay? –
- Ti ringrazio, Abby. Ti voglio bene. –
- Congratulazioni, Ziva. E fai gli auguri anche a Tony, appena lo saprà. –
- Buon lavoro Abby. –

 

***

 
Mi chiudo la porta di casa alle spalle. Ho fretta, tra un’ora Tony arriverà a casa e devo sbrigarmi. Lascio la borsa nell’ingresso, tolgo le scarpe e vado in bagno con il test in mano. Ho paura; una paura mista ad eccitazione però: sarei felice in qualunque caso.
Seguo le istruzioni ed aspetto con l’ansia che cresce ad ogni minuto che mi separa da quello che sarà il mio destino. Passano i minuti e la risposta non tarda ad arrivare: positivo. Ancora, come la prima volta.
La mia mente torna indietro, mi sembra di rivivere il replay di quel che è già successo: la notizia, il volto di Tony quando è venuto a saperlo, la prima ecografia. Cambia la casa, cambiano le mie paure, cambia la situazione, cambia il fatto che so come potrebbe reagire Tony, cambiano le situazioni.
Respiro profondamente ed esco dal bagno; non posso fare a meno di sfiorarmi la pancia e sorridere. Avrò un bambino, e il padre è Tony. Quello che desidero da tre anni a questa parte si sta avverando.
Vado in soggiorno a leggere un libro, in attesa che Tony torni a casa. Forse dovrei preparare un discorso. No, meglio improvvisare.
Sento l’auto parcheggiarsi sul nostro vialetto e dopo pochi secondi la porta d’ingresso aprirsi:- Ciao, piccola ninja! –
Tony lascia lo zaino affianco al mobile d’entrata e mi bacia dolcemente. Poso le braccia attorno al suo collo e lo stringo più forte. Lui inizia a baciarmi il collo, lo libero della giacca e della cravatta, lui mi toglie la maglia.
Arriviamo in camera però non riesco ad andare oltre: sto per vomitare.
Mi alzo dal letto e corro in bagno: sento lo stomaco contorcersi in una morsa. Devo appoggiarmi al muro. Okay, è passato. Tony mi ha seguito e mi sta guardando preoccupato:- Sicura di star bene? Vuoi che chiami un dottore? –
- No, so che cos’ho. – Mi siedo per terra, accanto al muro e invito Tony a sedersi vicino a me:- Vedi, devo dirti una cosa. –
Gli prendo la mani e Tony mi guarda in silenzio, con lo sguardo che lascia trapelare agitazione:- Vedi, credo di essere… incinta. –
Lo vedo spalancare gli occhi e poi, dopo aver realizzato quel che gli ho detto, mi chiede in un sussurro:- Davvero? Ne sei sicura? –
- Ho fatto il test, l’ha preso Abby questa mattina. Il risultato è positivo. –
- Oh mio dio. – Succede tutto in fretta: lo vedo spalancare la bocca e sorridere, io mi ritrovo stretta tra le sue braccia.
Mi scende una lacrima di gioia, solo ora sto realizzando tutto. Ne sono consapevole, Tony ne è venuto a conoscenza, credo sia il giorno più bello della mia vita. Tony si stacca e mi guarda, prima di baciarmi dolcemente:- Te l’ho mai detto che ti amo? –
- Fa bene sentirselo dire spesso. Ti amo anch’io. –
Torno ad abbracciarlo e chiudo gli occhi; ringrazio mentalmente tutti quelli che, volontariamente o meno, hanno fatto sì che questo giorno accadesse: ringrazio Ari che, anche se ha provocato del dolore alla mia nuova famiglia, mi ha fatto arrivare fino a qui, ringrazio Jenny che mi ha voluta con lei, ringrazio Gibbs che mi ha accettata nella squadra, ringrazio mio padre per avermi reso le cose difficili, ringrazio Vance per aver diviso la squadra e aver fatto capire sia a me che a Tony quanto tenessimo l’una all’altro, ringrazio la nostra missione sotto copertura dove ha iniziato a piacermi l’uomo della mia vita, ringrazio Jeanne perché da quando erano insieme mi ha reso gelosa facendomi aprire gli occhi, ringrazio l’NCIS per essere stato fondato, dico grazie ad Abby per avermi sostenuta e aver comprato il test, dico grazie alla sera in cui abbiamo fatto l’amore per la prima volta, ringrazio tutto quel che è successo in questi cinque anni, ringrazio me stessa per non essermi mai arresa e, soprattutto, ringrazio lui che ora se ne sta tra le mie braccia, avendomi portato nel grembo mio figlio.

 

 

 Sara’s corner: Ebbene sì, è l’ultimo. Il gran finale, gli ultimi ringraziamenti, le ultime precisazioni e le ultime domande.
È finita.
Prima faccio un po’ di sproloquio e poi passo a dire una parola a tutti okay? Iniziamo: spero che il finale non vi abbia deluso, probabilmente ve lo aspettavate già, ma spero di aver reso le idee al meglio. Mi sono resa conto anch’io che l’insieme è un po’ OOC (punti di vista dei protagonisti compresi) ma sono una romanticona e non riesco a vedere tutto con occhio obiettivo.
I grazie da parte di Ziva credo siano la cosa migliore di tutta la fanf, avevo i brividi finchè scrivevo, quindi non criticatemeli (i miei piccini
J).
Per qualsiasi e dico qualsiasi domanda o cosa da dover sapere, appunto eccetera fatemi un fischio eee… beh, direi che posso concludere anch’io.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto, tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite, ricordate o seguite, ma soprattutto chi ha recensito (sappiate che siete i miei preferiti perché mi avete spronato ad andare avanti fino ad adesso xD). Un grazie a chi mi conosce “dal vivo” come la Gori e la Parissa, un grazie alla mia più grande fan e a tutti quelli che mi hanno riempito di complimenti e critiche, rispondendo alle mie fissazioni assurde e ai miei squilibri mentali. Ringrazio la mia testa bacata per aver prodotto la fic e chi mi ha fatto scoprire EFP permettendomi di “conoscere” persone davvero favolose.
Ringrazio anche chi non ho ringraziato perché io rimarrei delusa se non ci fosse qualcosina anche per me.
Ringrazio chi ha pianto, riso e si è preoccupata per quello che sarebbe successo ai protagonisti.
E infine, anche se non lo verrà mai a sapere, ringrazio Donald P. Bellisario e Don (non ricordo il nome ma mi sembra che sia giusto) McGill per aver realizzato un telefilm tanto speciale che ricorderò per sempre.
Grazie a tutti, di cuore.
Sara.
P.S.: Non so come si faccia una prova allergologica, non ne ho mai fatta una (almeno che io ricordi). Perdono se ho sbagliato.
:)

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