Rewrite

di Kat Chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cradle ***
Capitolo 2: *** Our Own World ***
Capitolo 3: *** 10 ***
Capitolo 4: *** Our Distance and that Person ***
Capitolo 5: *** In a Good Mood ***
Capitolo 6: *** The Road Home ***
Capitolo 7: *** News ***
Capitolo 8: *** Jolt! ***
Capitolo 9: *** Say Ah ***
Capitolo 10: *** "Ano Sa" ("Hey, you know...") ***
Capitolo 11: *** Radio-Cassette Player ***
Capitolo 12: *** Look Over Here ***
Capitolo 13: *** Violence ***
Capitolo 14: *** Dash ***
Capitolo 15: *** Red ***
Capitolo 16: *** The Space Between Dream and Reality ***
Capitolo 17: *** Superstar ***
Capitolo 18: *** Gardenia ***
Capitolo 19: *** Perfect Blue ***
Capitolo 20: *** The Sound of Waves ***
Capitolo 21: *** Candy ***
Capitolo 22: *** Overflow ***
Capitolo 23: *** Wada Calcium CD3 ***
Capitolo 24: *** Good Night ***
Capitolo 25: *** kHz ***
Capitolo 26: *** Invincible ***
Capitolo 27: *** Fence ***
Capitolo 28: *** Excessive Chain ***



Capitolo 1
*** Cradle ***


Rewrite



Disclaimer: Death Note appartiene a Tsugumi Ohba e a Takeshi Obata. Io non sono nessuno dei due.

Nota dell'autrice: Questa fic è stata scritta originariamente per la community dei 30 Kisses di Livejournal. Non so ancora se il mio claim per L/Misa verrà accettato. Anche se così non dovesse essere continuerò comunque questa storia, perché penso che sia un'idea divertente, e semplicemente non c'è abbastanza amore L/Misa in giro. Si tratta di un'AU [più che altro una what if ndT], e gioca con l'idea di una Misa che incontra L prima di Light. Ancora con me? Bene. Andiamo.



Theme 22: Cradle ~ Culla

Se c'era una cosa che Misa non faceva mai era piangere. Piuttosto, preferiva stare così immobile da far pensare a chi le stesse accanto che avesse smesso di respirare, fissava il vuoto di fronte a sé e serrava i pugni così forte da lasciarsi qualche taglio a forma di mezzaluna sui palmi delle mani. Ma non piangeva. Sua madre le aveva sempre detto che aveva un aspetto orribile quando piangeva.

E Misa-Misa doveva essere sempre carina e allegra.

O almeno, questo era ciò che continuava a ripetersi. Fintanto che rimaneva concentrata su quel pensiero le voci smorzate attorno a lei diventavano meno rilevanti. Meno irritanti.

Quando la notte prima era rincasata, ad accoglierla c'erano state le sirene della polizia e un nastro giallo e qualcuno che le intimava di allontanarsi da casa sua. Un furto con scasso andato male, avevano detto. A quell'ora i suoi genitori dovevano trovarsi in casa, e sebbene in cuor suo sapesse già la risposta, non riuscì a non porre quella domanda, sperando di sbagliarsi.

“Dove sono i genitori di Misa?”

Gli ufficiali che erano sul luogo si erano lanciati delle occhiate nervose, a disagio, prima di concedere alla giovane donna uno sguardo compassionevole. E quella era stata una spiegazione più che eloquente.

Adesso, a distanza di ore dall'omicidio, Misa era seduta in una fredda stanza del commissariato di polizia. Le avevano detto che forse avrebbe avuto bisogno di protezione. Era una modella emergente abbastanza famosa, dopotutto. Anche se per il momento aveva fatto soltanto un paio di copertine c'era sempre la possibilità che lo scassinatore fosse uno stalker. In un certo senso quell'idea la faceva infuriare più di ogni altra cosa, perché era come se la polizia la stesse accusando indirettamente dell'accaduto. Sapeva che non erano quelle le loro intenzioni, davvero, ma era questo che percepiva il suo cuore, era questo il sapore che aveva sentito sulla lingua le poche volte che aveva aperto bocca per parlare con quegli ufficiali che non ne volevano sapere di lasciarla in pace.

Aveva perso il conto del tempo che era rimasta su quella dura sedia di legno. Cominciava a non importarle più. A non importarle più di nulla. L'insensibilità era un piacevole cambiamento, e la abbracciò come se fosse una vecchia amica.

Qualcuno aveva accennato che sarebbe arrivato un detective. Il mormorio che percorreva l'ufficio era a causa sua. Dagli stralci e dai pezzetti di conversazione che Misa aveva raccolto, anche lui era emergente e abbastanza famoso nel suo campo. Un genio, si vociferava, che di solito non si disturbava per semplici casi di scasso e omicidio. Ma pareva fosse un fan di Misa-Misa, e per questo si era offerto volontario per dare una mano. Era un'ottima cosa, le disse un ufficiale, con un sorriso incoraggiante. Adesso, avrebbero sicuramente acciuffato il colpevole!

Misa si costrinse a sorridere a sua volta, ma tacque, e poi tornò alla sua catena di pensieri. A meno che questo investigatore geniale non fosse riuscito a riportare in vita i suoi genitori, non arrivava proprio a capire come quella fosse un'ottima cosa.

Le mattonelle sporche del pavimento della stanza che stava guardando furono improvvisamente nascoste da due piedi nudi e da un paio di jeans sformati. Era una visione così bizzarra che Misa si ritrovò a squittire di sorpresa, prima di alzare lentamente la testa. Due occhi neri la salutarono; erano cerchiati da solchi scuri dovuti alla mancanza di sonno che li facevano sembrare ancora più grandi di quanto già non fossero. Una massa di capelli disordinati, anch'essi neri, sferzò l'aria mentre il ragazzo di fronte a lei chinava il capo di lato, mordicchiandosi il pollice e fissandola intensamente. Nell'altra mano stringeva una tazza di caffè che stava picchiettando col mignolo.

Misa non riuscì a non inarcare un sopracciglio, avvertendo distintamente che il tizio strano stava cercando di spogliarla con gli occhi. Pervertito!

“Misa-san,” la chiamò; aveva una voce strana, ma piacevole. “Come si sente?”

Beh, che domanda intelligente! Non sapeva chi fosse, ma era chiaramente un idiota. Però rispose lo stesso il più gentilmente possibile, “Misa sta bene.”

“Davvero?” Lui si curvò in una posizione a uncino, tanto che adesso per guardarla doveva tenere la testa alzata. “Io sono Ryuuzaki. Aiuterò con le indagini.”

Lo guardò incredula. “Lei è il detective?”

Lui le sorrise, un sorriso strano, quasi bramoso, che le fece chiudere di più le gambe sotto la gonna. “Esatto. Sono un grandissimo fan di Misa-Misa. Perciò, io…” Prese un sorso del suo caffè, e il suo viso si contorse di disgusto. Girò un po' la testa, e domandò a nessuno in particolare: “Scusate, potrei avere un po' di zucchero?”

“Quanto?” chiese un'ufficiale donna che stava già andando a riempire il proprio bicchiere.

“Tutto.” Quando l'ufficiale si voltò, stupita, Ryuuzaki sorrise, quasi a volersi scusare. “Per favore?”

“Lo zucchero fa ingrassare,” affermò Misa, sentendo il bisogno di dire qualcosa, qualsiasi cosa. All'improvviso, stare zitta stava cominciando a darle fastidio.

“Ma ha un buon sapore,” osservò lui. “E a volte è più importante quello.”

“La mamma di Misa diceva che faceva male, e che non ne si deve mangiare molto. La mamma di Misa non sbagliava mai.”

Lui sembrava pronto a ribattere, ma si fermò quando notò l'espressione tesa del suo volto. “Le madri di solito hanno ragione,” fu la sua risposta definitiva.

Misa annuì con ardore. “I genitori di Misa erano brave persone. Erano bravi.”

“Ne sono sicuro.” Il suo sorriso era sparito, gli occhi si erano svuotati del tenue divertimento di poco prima.

“Il loro anniversario è – era il mese prossimo. Misa stava risparmiando per regalare loro una vacanza.” Non sapeva perché glielo stesse raccontando; però era bellissimo sfogarsi. Era come se ad ogni parola la tensione e la pressione stessero lentamente lasciando il suo petto. “In un posto bello e caldo. A mamma piacevano i posti caldi.”

Lui non stava parlando più, capì. Adesso la stava solo facendo parlare, e si ritrovò improvvisamente a volergli dire tutto. Solo per farlo uscire e liberarsene. Così, continuò. In un'unica, lunga e dolorosa declamazione gli raccontò di quanto i suoi genitori amassero andare ai festival ogni anno, insieme, chiamandoli “appuntamenti”, e gli raccontò di tutte le volte che tornavano a casa con un po' troppo sakè nelle vene, ma andava bene anche così perché comunque l'abbracciavano e le davano il bacio della buonanotte. Gli raccontò di tutte le volte che sue padre la chiamava principessa, e gli raccontò di tutte le volte che sua madre le aveva detto che le trecce le stavano bene. Gli raccontò di suo padre, che aveva una motocicletta mezza rotta che voleva riparare da anni, e di sua madre, che aveva paura che ci si facesse male.

Gli raccontò del giorno prima, in cui Misa sarebbe dovuta tornare a casa prima per cenare con loro, e invece aveva trascorso l'intero pomeriggio con i suoi amici, dimenticandosi della promessa. E gli raccontò di quando se n'era ricordata e si era sentita in colpa e imbarazzata, e di quanto si fosse preoccupata della loro possibile reazione sulla via di casa, e del fatto che non fosse riuscita a contattarli dal cellulare che le avevano comprato.

“Anche Misa avrebbe dovuto morire,” concluse, la voce così bassa che a malapena riuscì a udirla lei stessa.

“I tuoi genitori avrebbero voluto una cosa del genere?” chiese, in modo quasi colloquiale, mentre si voltava verso l'ufficiale di polizia che aveva fatto ritorno con il contenitore delle confezioni di zucchero. Ne afferrò una manciata, ignorando il lampo di nausea che attraversò il viso della donna. Cominciò ad aprirle, versando generosamente l'addolcente nel suo caffè con la naturalezza di un esperto. “Non posso dire di conoscere benissimo i genitori, ma di solito non vogliono che i loro figli muoiano.”

Lei trasalì. “Beh, no – loro non… Però, io…” Si era messa a studiare i movimenti che faceva per addolcire il caffè per non doversi concentrare sul suo viso inquisitorio, ma si accorse che adesso tutto si era come velato. Asciugarsi gli occhi risolse solo temporaneamente il problema, e quando Misa abbassò le mani le trovò umide. Stava piangendo. Aveva fatto del suo meglio per non cedere alle lacrime, ma alla fine non ci era comunque riuscita.

In qualche modo, questo la fece piangere ancora di più. Non poteva riavere i suoi genitori, non poteva non sentirsi persa, non poteva fermare quella rabbia che stava montando nel suo petto… Non poteva impedire a quelle lacrime calde di rigarle le guance.

Al momento, poteva soltanto emettere qualche rumoretto pietoso e aggrapparsi alla gonna, frustrata.

Ryuuzaki la stava scrutando, imbarazzato. Consolare le persone non era chiaramente il suo forte. Con non poca esitazione le posò una mano sulla spalla. “Um, Misa-san?”

Con un singhiozzo lei si gettò in avanti e gli avvolse le braccia attorno alle spalle, riuscendo a farlo crollare all'indietro. Lui si riebbe poco prima di finire completamente steso sulla schiena, ma gli rimaneva comunque un'idol che gli piangeva addosso con la faccia premuta nell'incavo tra il suo collo e la spalla. Lanciò un'occhiata alla sua sinistra e si accorse che lo sfogo della ragazza gli aveva rovesciato anche il caffè. Si accigliò, costernato. L'aveva pure zuccherato benissimo.

Un altro fragoroso singulto riportò la sua attenzione a Misa. Era difficile ignorare una ragazza che non solo gli si era praticamente sdraiata addosso, ma gli respirava pure impetuosamente sulla maglia, che fosse sua intenzione o meno. Soprattutto quando quella ragazza era anche il motivo per cui comprava riviste che non leggeva mai veramente solo per avere quella paginetta con lei in una gonnellina rosa pieghettata.

Eppure, doveva fare qualcosa. Stavano dando spettacolo, e non gradiva l'attenzione di tutti i presenti che erano riusciti ad attrarre. Inoltre, gli dava fastidio vedere qualcuno così devastato. Nessuno aveva il diritto di rovinare la vita di un'altra persona. Si sarebbe assicurato di trovare il responsabile, così lei non avrebbe più dovuto piangerci su.

“Misa-san,” bisbigliò, e solo per le sue orecchie. “Troverò l'assassino. Te lo prometto.”

Lei non disse nulla per qualche minuto, ma il suo pianto cominciò piano piano ad affievolirsi. Finalmente, con un respiro tremante, sussurrò, “Lo ucciderai?”

Lui non esitò, né sobbalzò. La vendetta era un normale istinto delle vittime, dopotutto. “No. Ma lo porterò alla giustizia.”

“Lo preferirei morto,” ammise lei, cupamente. Si allontanò, il volto arrossato per il pianto. “Ma… Misa si accontenterà della giustizia.”

Lui annuì, esibendo nuovamente quel suo strano sorriso. “E giustizia ti darò.”



Nota della traduttrice: okay. Prima traduzione su Death Note e su un fandom non di Final Fantasy, e anche primo incarico da “forum” che accetto. Ho addirittura ceduto a EFP per questa fic. Tutti elementi che già da soli dovrebbero far capire come Rewrite meriti X3
Non so con quanta frequenza aggiornerò, ma aggiornerò presto. Grazie per aver letto, e grazie ancora di più per gli eventuali commenti che lascerete: ogni recensione verrà tradotta e inviata all'autrice. Ringrazio inoltre Aurora (_Akuro_) per avermi fatto conoscere questa fic (è stata sua la segnalazione) e per avermela betata :D

Youffie

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Capitolo 2
*** Our Own World ***


Rewrite




Theme 8: Our Own World ~ Un mondo tutto nostro

Dopo un po' Misa si era abituata alle telefonate inutili ad ogni ora del giorno. All'inizio, era stato molto irritante, e lo sgridava sempre per averla disturbata nel mezzo di un servizio fotografico o di un'intervista. La sua scusa era sempre l'indagine, ma lei continuava a dargli del pervertito perché sapeva che l'unica cosa che voleva era sentire la sua voce e pensare a oscenità. Naturalmente, quest'accusa sempre ripetuta incontrava ogni volta lo stesso lungo silenzio dall'altro capo del filo, prima che un pacato Ryuuzaki replicasse, "Non so perché ti sia fatta quest'impressione su di me, Misa-san."

Alle volte era così frustrante, che un giorno decise di richiamarlo per dirgli cosa ne pensava dei suoi modi. Fu solo allora che Misa scoprì che usava ogni volta dei numeri diversi. E l'ultimo numero che aveva sulla memoria del cellulare era stato sconnesso. Sospettava che avrebbe trovato lo stesso messaggio registrato con tutti i numeri con cui l'aveva chiamata prima di allora.

Ma quando lo scassinatore fu catturato, Misa pensò che anche le chiacchierate con lo strano detective avrebbero avuto fine. Al solo pensiero si sentiva piuttosto depressa. Le telefonava nei momenti peggiori –lo faceva di proposito, ne era certa– ma era bello avere una nuova costante nella sua vita. Era stabilizzante. Ma non lo si poteva evitare. E infatti, il suo telefonino smise di squillare.

Finché una notte, intorno alle tre del mattino, quand'era immersa in un sonno pesante fu svegliata dal trillo rivelatore del suo cellulare. Misa era certa che la suoneria fosse dieci volte più forte del normale (o lo era il suo bisogno di parlare?), e si trascinò quasi dal letto per afferrare la cosa oltraggiosa dal suo tavolino.

"Pronto?" brontolò.

"Ah, Misa-san," la voce di Ryuuzaki era vispa, e fin troppo sveglia per i suoi gusti. "Sei sveglia."

"Non lo ero fino a cinque minuti fa!" sbraitò. "Non lo sai che ora è? Perché mi hai chiamato?!"

"Hm? Oh, beh, il caso su cui sto lavorando attualmente è alquanto noioso," spiegò. "Perciò, pensavo di vedere un po' come stavi."

"… alle tre del mattino," asserì Misa, in tono piatto.

"Sì. E' un brutto momento?"

"Sono le tre del mattino, Ryuuzaki-san! Certo che è un brutto momento!" strillò, sperando con tutta se stessa di rovinargli un timpano. "Misa ha bisogno di dormire! Non riesco a pensare a quest'ora."

"Davvero?" domandò lui, sorpreso. "Io mi trovo meglio adesso, c'è tanto silenzio."

"Perché le persone normali a quest'ora dormono," insinuò.

"Sprecano il loro tempo. Allora, come sta Misa-san?" chiese, mitemente.

Lei si accigliò. "Non ti ho… Misa non riesce a credere che tu abbia chiamato perché ti annoiavi! Misa pensa che tu abbia chiamato perché vuoi immaginarla in lingerie!"

"Dormi in lingerie?" La domanda fu posta in maniera innocente, ma Misa non la interpretò in tal senso.

"Ryuuzaki-san è davvero un pervertito!"

"Non è giusto, Misa-san. Sei stata tu a mettere in mezzo il tuo vestiario da notte," ribatté.

Lei gonfiò le guance per la frustrazione e l'imbarazzo. Aveva ragione, ovviamente, ma avrebbe preferito morire piuttosto che dargli quella soddisfazione. Al contrario, Misa rilasciò l'aria dei suoi polmoni, soffiando deliberatamente forte nella cornetta, e sentì una punta di gioia infantile quando lo udì sibilare per reazione alla scarica statica inattesa.

"Che risposta immatura, Misa-san," borbottò, decisamente contrariato.

"Che ti serva da lezione per aver svegliato la povera Misa," rimbrottò lei con fare pratico. "E solo perché dici di annoiarti."

"Beh, se sei veramente così stanca, allora ti lascerò tornare subito a letto," propose Ryuuzaki.

"No!" esclamò Misa, fin troppo in fretta per poterne essere contenta. Sospirò, sedendosi sul bordo del letto. "Tanto ormai Misa è sveglissima. E poi è tanto che non chiami," disse, un po' giù. "Misa pensava che ti fossi dimenticato di lei."

"Impossibile," le assicurò, quasi all'istante. "Ma diventa difficile trovare il tempo per fare qualcosa come una conversazione tranquilla quando ho del lavoro tra le mani."

"Hmmmm," Misa strinse le labbra, ponderando la situazione."Ryuuzaki-san è così richiesto come detective? Hai molti casi?"

"Mi tengo occupato," disse, aggirando agilmente una risposta completa. "Ma sembra che anche Misa-san sia abbastanza impegnata. Ho visto i cammei che hai fatto di recente in televisione."

"Davvero?" Si rianimò, felice e fiera. "Sono molto ricercata dai programmi televisivi ultimamente. La mia manager dice che sarà ottimo per la carriera di Misa."

"Dovrebbe," convenne lui. Lo sentì armeggiare con qualcosa, producendo un leggero suono metallico che non riuscì ad identificare. "Misa-san è un'attrice ricca di talento."

Lei sorrise radiosa, anche se lui non poteva vederla. Come ogni altra celebrità, le piaceva che si accarezzasse il suo ego. Misa amava essere amata. "Sì. E Misa sta lavorando molto duramente per essere ancora più brava per quando otterrà una parte in un film!"

"Non vedo l'ora," le disse. Sentì ancora una volta il suono metallico, questa volta un po' più acuto.

"Andrai a vedere il mio primo film?" Misa provò ad immaginarsi Ryuuzaki in un cinema, ma l'unica cosa che le venne in mente fu lui appollaiato in modo strano sulla sua sedia, mentre il resto del pubblico pagante dietro gli lanciava popcorn e pretendeva che si sedesse come una persona normale.

"Certamente," rispose, la voce stranamente smorzata, per una volta.

"A Misa farebbe piacere," ammise. Fissò la parete di fronte a sé, catturando con gli occhi il luccichio della luce lunare che si rifletteva su una cornice. E sebbene non riuscisse a vedere la fotografia in sé, sapeva cosa fosse, di chi fossero i volti sorridenti che raffigurava, e sentì un'ondata di freddo travolgerla. Il suo umore cambiò drasticamente. "Ryuuzaki-san?"

"Sì?" replicò, e dalla sua cautela lei intuì che doveva aver percepito il suo mutamento.

"Il loro assassino non è ancora stato processato," affermò, incupendosi. "Perché? Perché?"

Ryuuzaki non l'aveva chiamata dopo che lo scassinatore era stato trovato. A telefonarle era stato uno dei regolari ufficiali che si occupavano del caso. E adesso, dopo che era passato poco più di un mese, doveva ancora mettere su il processo. Tempo e ancora tempo, se non avessero fatto presto il suo avvocato avrebbe trovato un modo per allontanare di qualche anno la prigione. Per Misa, sarebbe stato come venire a sapere un'altra volta della morte dei suoi genitori.

"Mi dispiace, Misa-san," cominciò lui, con solidarietà. "L'unica cosa che ho potuto fare è stata trovarlo, e arrestarlo. Non controllo le corti."

"Ma tu dovresti essere un grande detective!" gridò, sentendo sgorgare all'improvviso la sua collera. "E' questo che hanno detto a Misa. Non hai trovato delle prove contro di lui? Ce l'hai la conferma che è stato lui, giusto? Allora perché lo hanno soltanto messo in prigione?"

"Sì, le prove ci sono," acconsentì. "Nella mia mente non c'è dubbio che è lui l'uccisore dei genitori di Misa-san. Però, la giustizia non funziona così. Non si può rinchiudere una persona e buttare la chiave senza concedergli un processo in cui possa difendersi."

"Anche se se lo merita?" scattò, serrando la mano libera in un pugno tanto stretto da sbiancarsi le nocche. "Lui lo merita!"

"Anche se se lo merita," confermò Ryuuzaki, calmo, "la giustizia non può essere affrettata."

Misa ribollì. "Misa odia la tua giustizia! La odia! Non funziona!"

Lui tacque per molto dopo quella dichiarazione, e Misa si chiese se per caso in realtà non avesse attaccato. Alla fine, lo sentì prendere un profondo respiro prima di dire, "Misa-san, se punissimo semplicemente chiunque pensassimo lo meriti, in breve tempo non saremmo migliori dei criminali che hanno ricevuto la pena. Sarebbe fin troppo allettante seguire questo ragionamento; puniremmo gli evasori, e non diventeremmo nient'altro che biechi assassini anche noi."

Lei strinse gli occhi. "Vale anche per te, Ryuuzaki-san?"

"Credo che neanch'io riuscirei a resistere alla tentazione di abusare di un potere del genere," rispose. "Chiunque fosse dotato di un potere così grande sarebbe pericoloso. Persino una persona estremamente virtuosa si corromperebbe inevitabilmente per le circostanze, presto o tardi."

Ad essere onesti, Misa sapeva cosa intendesse, dove stesse andando a parare. Sapeva che Ryuuzaki aveva ragione. Eppure, non riusciva a fare a meno di aggrapparsi a quella rabbia che l'aveva avvelenata dalla morte dei suoi genitori. Alla fin fine, loro erano morti, i suoi preziosi, buoni genitori, mentre il loro assassino camminava ancora per le strade come se nulla fosse, come se fosse parte integrante del sistema, per quel che valeva. La disgustava.

"Dovrei lasciare che Misa-san si riposi un po'," disse lui, interrompendo i suoi pensieri.

"Non andartene, Ryuuzaki-san," lo pregò, avvinghiandosi alla cornetta. "E' un po' di tempo che Misa non parla decentemente con qualcuno. Niente conversazioni normali, insomma."

"Questa è una conversazione normale?" Suonava piuttosto scettico.

"No," riconobbe lei. "Ma ci va abbastanza vicino."

"Ah."

"Misa vuole solo sentire la voce di qualcun altro. Non ne posso più di ascoltare la mia," concluse, sgonfiando lentamente il proprio virtuosismo e facendo spazio ad una leggera depressione.

"Cosa vuoi che ti dica?" domandò, curioso.

"Puoi parlarmi del tuo caso?"

"No."

"Oh," Aggrottò le sopracciglia, ma quella risposta non la stupiva davvero. "Allora… Tu di cosa vuoi parlare, Ryuuzaki-san?"

"Io? Beh, potremmo parlare di questa torta che ho comprato proprio oggi al panificio che ho trovato qui vicino."

"Torta?" ripeté Misa, completamente disorientata.

"Sì, torta. Sono giunto alla conclusione che tutti sarebbero molto più felici se solo mangiassero più dolci," spiegò, con una convinzione che faceva pensare che stesse parlando di un fatto scientificamente comprovato. "Non ho mai visto nessuno che dopo aver mangiato un dolce è meno felice di prima."

"Misa non mangia le torte," Fece una faccia nauseata. "Fanno ingrassare tantissimo."

"Non mangi le torte?" La voce di Ryuuzaki era leggermente orripilata. "Quasi tutto fa ingrassare, se mangiato in modo scorretto."

Lei si portò una mano al fianco. "E come si mangia una torta in modo 'corretto'?"

"Lo gusti, ovviamente," replicò. "Questa torta è specialmente buona per quello scopo, perché la glassa è buonissima. Ce ne hanno messa molta, e ci vogliono diverse forchettate piene prima di arrivare anche solo a toccare la torta in sé."

La bocca di Misa si contorse. Sembrava quasi… Puerilmente contento della cosa. Sbatté le palpebre quando il suono metallico risuonò ancora nel suo orecchio. "Ryuuzaki-san?"

"Sì?"

"Ma la stai mangiando adesso quella torta?"

"Sì."

Emise un suono involontario di disgusto mentre gettava un'occhiata al suo orologio. "Sono quasi le quattro del mattino!"

"E' una torta molto buona," fu la sua risposta.

"Ora capisco perché Ryuuzaki-san non riesce a dormire," disse Misa. "Mangi troppo zucchero."

"Non penso che sia possibile, Misa-san," ribatté lui. "Io dormo quando lo desidero. Semplicemente non ne ho il tempo."

"Ma hai il tempo per svegliare Misa nel cuore della notte?" lo sfidò.

"Preferisco parlare con Misa-san che dormire," ammise Ryuuzaki.

Suo malgrado, Misa arrossì violentemente per quella frase. Era abituata ai complimenti, con la sua professione. Ma le dava ancora una strana sensazione riceverne da qualcuno e su qualcosa che non erano collegati al suo lavoro. "Davvero?" chiese, in uno slancio di brio.

"Certo," disse, ignaro dell'effetto che avevano provocato le sue parole poco prima. "Parlare con Misa-san mi permette di interrompere per un po' il mio lavoro. E non posso mangiare la torta mentre dormo."

Ci fu un lungo silenzio dall'altro capo del filo.

"… Misa-san? Ti sei addormentata?"

"Ryuuzaki-san?"

"Sì?"

"Tu non sai proprio come si parla, con le donne."

"Hm?" fece lui, e lo sentì addentare un altro pezzo di dolce. "Davvero? Non l'avevo mai notato."

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Capitolo 3
*** 10 ***


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Theme 10: #10 ~ Dieci

La notte che Misa era stata aggredita da un maniaco si era chiusa a chiave nel suo appartamento, e si era raggomitolata in un angolino del soggiorno, un coltellaccio da cucina stretto tra le mani e lo sguardo inchiodato sulla porta. L'uomo era pure inciampato prima di riuscire ad attaccarla, ma questo non significava che non potesse averla seguita a casa. Si chiese se non avrebbe fatto meglio ad andare altrove, ma per lei il suo appartamento era il luogo più sicuro al mondo. Almeno, lo era stato.

Il secondo giorno dopo l'aggressione, una volta assicuratasi che l'uomo non sarebbe saltato fuori dalle ombre intorno alla sua abitazione, Misa chiamò sua sorella maggiore e le raccontò per filo e per segno ogni singolo, terrificante secondo. Sua sorella le impose di chiamare la polizia. Lei acconsentì con riluttanza dopo una lunga discussione, e si ritrovò nella familiare situazione di dover esporre una denuncia, nella nuova di dover scegliere una fotografia tra le tante. Lo trovò nel secondo set di cinquanta foto che le avevano mostrato. Quell'uomo non aveva più di trent'anni, e sembrava fosse già stato arrestato prima di allora per aver assalito una ex-ragazza, ma a parte quello la sua fedina penale era pulita. Misa decise di odiarlo, e desiderò segretamente che gli accadessero delle cose orribili.

Il terzo giorno dopo l'aggressione, Misa chiamò la sua manager e le disse che aveva bisogno di staccare per un po'. Quando sentì le grida all'altro capo, Misa riuscì a spiegare la situazione nell'unico modo che conosceva: le urlò in tono più acuto e stridulo possibile. Con un paio di singhiozzi qui e lì per aggiungere enfasi. Questo metodo fu ripagato con tutto il tempo di cui aveva bisogno per riposare, e con un mormorato, "Torna presto," prima che la sua stanchissima manager attaccasse.

Il quarto e il quinto giorno dopo l'aggressione, Misa rimase a casa, accucciata sotto le grosse coperte che aveva tirato fuori dall'armadio. In un certo senso, quando si avvolgeva nelle trapunte, quando faceva in modo da non vedere il mondo là fuori, trovava una scheggia di sicurezza nell'illusione di essere l'unica persona esistente nell'universo.

Il sesto giorno dopo l'aggressione, Misa ricevette una telefonata dalla polizia. Il sospettato che aveva indicato loro era morto di infarto poche ore dopo che lei era stata attaccata. Si scusarono di non poterlo interrogare, ma se lei era ancora certa che fosse stato lui, avrebbero considerato il caso chiuso. Come tramortita, Misa aveva risposto che sì, era sicura che l'aggressore fosse lui, e poi aveva attaccato. Morto. Era morto. Quello strano torpore svanì lentamente, rimpiazzato da una soddisfazione morbosa. La morte era stata la sua giustizia.

Il settimo giorno dopo l'aggressione, Misa era tornata al lavoro rinvigorita, proclamando di stare meglio che mai. Sorrise luminosamente ad ogni camera che le spuntò dinnanzi, e accettò ogni audizione che le propose la sua manager. La vita era bella per Misa-Misa.

L'ottavo giorno dopo l'aggressione, Misa si era ritrovata a guardare il cellulare più spesso del solito, in attesa che suonasse per annunciare una persona sconosciuta a tutti coloro che le stavano intorno tranne che a lei stessa. Ma non trillò, e questo l'amareggiò più di quanto le importasse ammettere.

Il nono giorno dopo l'aggressione, Misa celebrò il compleanno di sua madre preparandosi un solo dolcetto, che mangiò senza la glassa perché faceva ingrassare, a differenza di come un certo qualcuno con cui lei al momento era molto arrabbiata avrebbe detto. Cantò un tanti auguri alla stanza vuota, e soffiò la candela al posto di sua madre. Mentre il fumo saliva, riuscì quasi a sentire sua madre dirle che aveva una voce tanto melodiosa.

Il decimo giorno dopo l'aggressione, il telefono di Misa squillò, e una voce profonda la salutò alla sua maniera usuale. Misa replicò con grida e accuse. Perché non aveva chiamato prima? Non sapeva cos'era successo? Era lui il genio che sapeva sempre tutto, no? Allora perché non aveva saputo che doveva chiamarla? Perché aveva osato non chiamarla?!

E dopo dieci minuti di sventramenti verbali, con la gola dolorante e gli occhi gonfi delle lacrime che era lieta lui non potesse vedere, finalmente le disse, "Buon compleanno, Misa-san."

Con la testa presa da un leggero capogiro, biascicò, "Cosa?"

"Il compleanno della madre di Misa-san è stato ieri. E il compleanno di Misa-san è oggi. Corretto?"

"Beh," Misa chiuse gli occhi, cercando di schiarirsi le idee. Se n'era dimenticata, vero? E pensare che prima era bravissima con queste cose, perché quei due giorni significavano una doppia festa per lei e per sua madre. Come aveva fatto a ricordarsi del compleanno di sua madre, ma non del suo? Si stava perdendo a tal punto? "Sì. Hai ragione."

"Bene. Così, ti ho comprato una torta."

Sbatté le palpebre. "Misa non mangia le torte. E poi Misa non è lì per vederla!" aggiunse, mentre la confusione lasciava il posto alla solita irritazione che provava quando parlava con lui.

"Per questo mangerò la tua parte per te," spiegò. "Non vorrei mai sprecare un dolce assolutamente buono."

"Sei troppo gentile," gli disse, in tono piatto.

"Esprimi un desiderio, Misa-san."

"Huh?"

"Un desiderio. Devi soffiare le candeline. O meglio, le soffierò io," ammise. "Ma manca il tuo desiderio."

Lei se lo dipinse rannicchiato su una torta ricoperta di dieci centimetri di glassa a soffiare delle piccole candele rosa e blu per lei. Dovette combattere l'impulso di ridacchiare mentre ascoltava il suo respiro che accarezzava dolcemente il ricevitore, e pensò ubbidientemente al suo desiderio.

"Hai pensato al tuo desiderio, Misa-san?" domandò lui.

"Sì," rispose Misa, aprendo di nuovo gli occhi.

"Che cosa hai desiderato?"

"Che tu sia qui."

Un fruscio delicato, e poi: "Non dovresti dire ad alta voce i tuoi desideri, Misa-san. Altrimenti non si avvereranno."

"Allora tu non avresti dovuto chiedermelo. E poi Misa lo sapeva già," ribatté. "Ma tanto lo so già che non si avvererà, perciò non cambia niente."

"Ah."

"Misa è abituata ai desideri falsi, sai."

"Misa-san?"

"Sì?"

"Dovresti comunque stare attenta a quello che desideri. Non si sa mai, dopo tutto."



NdT: volevo solo scusarmi per il mostruoso ritardo dovuto alla mia terrificante idiozia °_° (chi deve capire, capisca XD) Spero non succederà più :o

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Capitolo 4
*** Our Distance and that Person ***


Rewrite




Theme 4: Our Distance and that Person ~ La distanza fra noi due, e lui

Kira.

Kira era venuto per salvarli tutti.

"Ryuuzaki-san, hai sentito parlare di Kira? Si dice che sia stato mandato da Dio per punire le persone cattive. Credi che sia possibile?"

Almeno, questo era quello che aveva concluso Misa. In un certo senso, stava punendo i criminali, dando loro una morte che era certissima meritassero tutti. Stava facendo tremare i malvagi, e lei amava ogni brivido.

"Ryuuzaki-san? Pensi che Kira sappia distinguere le persone buone da quelle cattive? Come Babbo Natale, solo meglio!"

Kira aveva ucciso l'assassino dei suoi genitori.

"Ryuuzaki-san, hai visto il telegiornale? Kira ha ucciso l'uomo cattivo che ha ucciso i genitori di Misa! Kira è un grande!"

Kira era il nuovo eroe di Misa.

"Arrivederci, Misa-san."

Ad ogni modo, Ryuuzaki sembrava tutto fuorché elettrizzato dal suo nuovo idolo, e di solito troncava ogni conversazione in cui lei tirava in ballo Kira. Era geloso, decretò lei. Geloso che Kira fosse riuscito a dare ai suoi genitori la giustizia che lui non aveva potuto conferirgli. Gelosa che Misa non vedesse lui come un eroe, non quanto Kira. Ryuuzaki era semplicemente geloso.

Che diamine ne sapeva Ryuuzaki?

Misa cominciò a ritagliare articoli di riviste e quotidiani che parlavano del suo prezioso salvatore, e a incollarle in un raccoglitore. A furia di leggere su di lui, se lo immaginava come un uomo di mezza età; un taglio di capelli ordinato e qualche ciocca ingrigita verso le tempie, e un'espressione seria su un volto distinto. Una persona saggia, nauseata da quello che il mondo era diventato. Dotato dell'abilità di cambiarlo. Un giorno, lo avrebbe incontrato. E avrebbe trovato il modo per ringraziarlo per quello che aveva fatto per lei, e per tutte le altre persone che aveva aiutato. Era questo il desiderio di Misa.

E mentre la sua nuova ossessione iniziava a crescere, Misa notò che le chiamate di Ryuuzaki iniziarono a diradarsi. Non se n'era accorta all'inizio, ma dopo tre intere settimane senza aver ricevuto una sola telefonata, Misa si distrasse con riluttanza dall'adorazione del suo eroe, e cominciò a chiedersi cosa potesse essere successo.

Ovviamente, provare a chiamarlo era fuori questione. Aveva preso l'abitudine –per pura curiosità– di annotare ogni numero telefonico da cui Ryuuzaki la chiamava, prima di ricostruirne l'ipotetica provenienza. Se pure non era riuscita a localizzarlo, aveva scoperto che non solo la chiamava da telefoni diversi, ma da nazioni diverse. Cosa che Misa trovava alquanto assurda.

E poi chi mai avrebbe potuto aver bisogno di Ryuuzaki a Montreal, Canada?

Chiaramente, era ancora geloso per la sua adorazione verso Kira. Era un comportamento sciocco, dal punto di vista di Misa. Kira era il suo eroe, e avrebbe voluto con tutta se stessa poterlo ringraziare, ma non è che fosse innamorata di lui.

Come se non bastasse, ripensò Misa, Ryuuzaki non aveva alcuna ragione per essere geloso, anche nel caso in cui fosse stata innamorata di Kira. Ryuuzaki non era il ragazzo di Misa. Ryuuzaki era… Ryuuzaki. E davvero, quello era abbastanza. Avere un ragazzo ingobbito, divoratore di zucchero, pervertito, e sempre via per il lavoro non la attirava affatto. Inoltre, molto probabilmente, se l'avesse presentato come tale alla sua manager quella sarebbe svenuta per l'orrore.

Eppure, Misa doveva ammettere di attendere con una certa ansia almeno una telefonata. Forse si sarebbe anche scusata per averlo urtato con le sue chiacchiere infinite su Kira. Non che lui meritasse una scusa, ma solo per preservare la pace. Misa poteva porgere il ramo d'olivo se ce n'era bisogno. Anche se non voleva.

"Misa non parlerà nemmeno per un secondo di Kira," promise al suo telefonino un pomeriggio solitario. "Perciò suona, okay?"

Tuttavia, quello rimase in silenzio.

E Misa cominciò a ribollire. Lo avrebbe sgridato a morte quando avrebbe avuto finalmente la brillante idea di telefonarle. Avrebbe dovuto sapere che non era una mossa saggia ignorare Misa-Misa.

Ma forse, pensò Misa tra sé, a Ryuuzaki non piaceva Kira perché riteneva che Kira fosse solo un altro criminale per quello che stava facendo. Però quella era una motivazione stupida, perché Kira era palesemente nel giusto, ma non poteva rimproverarlo per non vederla come lei. A Ryuuzaki piaceva il suo sistema della giustizia pulito e ordinato, dove i cattivi se la scampano e le vittime vengono punite in continuazione. Evidentemente, Ryuuzaki doveva aver subito un lavaggio del cervello in tutto.

Ma giustificare le sue opinioni fino ad essere soddisfatta al punto di essere sicura di aver ragione non le impedì di volere che lui la chiamasse; voleva di nuovo farneticare sulla sua nuova intervista che sarebbe apparsa in televisione, e voleva che Ryuuzaki decantasse ancora una volta le meraviglie dei pasticcini, e delle altre leccornie della vita che per lei non avevano nessun significato, ma che fingeva ne avessero solo per sentirlo parlare.

Le mancava parlargli, semplicemente.

Quando aveva cominciato davvero a sentire la sua mancanza? Quando, e perché, e come? Come mettere una fine a tutto ciò, come fargli capire che avrebbe fatto meglio a chiamarla prima che cominciasse a rianalizzare i suoi sentimenti e raggiungere un esito che quasi sicuramente sarebbe stato disastroso?

Era tutto molto frustrante, e Misa sentiva la sua rabbia crescere sempre di più ogni volta che allungava zelantemente la mano per prendere il suo telefonino quando suonava e veniva delusa quando scopriva che non era chi sperava lei. Si arrabbiava, e si diceva di piantarla. Ma poi il cellulare trillava di nuovo, e il suo cuore saltava qualche battito mentre si affrettava per afferrarlo come avrebbe fatto un naufrago con un salvagente… Per poi sentirsi delusa, ancora una volta.

Un mese intero passò senza le sue telefonate. Misa concluse malvolentieri che Ryuuzaki non l'avrebbe contattata più, e sentì il bisogno di dover superare quella perdita. Si costringeva ad essere arrabbiata invece che triste, a ricordarsi costantemente che era solo Ryuuzaki, ed era Ryuuzaki che non aveva abbastanza fegato per dirle decentemente addio. Non c'era bisogno che si deprimesse per qualcuno che era così chiaramente pieno di sé e sgarbato.

Ma per quanto continuasse a ripeterselo, Misa non riusciva mai a crederci sul serio. E lo odiava.

Poco dopo, sentì della messa in onda di un detective di nome L, e della sua sfida a Kira. Con una curiosità ansiosa, Misa riuscì a scaricare facilmente il video da uno dei tanti fan-site su Kira che aveva salvato tra i preferiti. Più lo guardava e più le veniva la pelle d'oca. Da un lato, era ovvio che Kira aveva cercato di uccidere una persona innocente. D'altronde, era stato L a minacciare Kira in un primo momento, perciò era semplicemente naturale che Kira provasse a difendersi. Misa capiva.

L stava cercando di fermare la rettitudine di Kira. Pertanto, L doveva essere fermato. Ucciderlo era l'unica soluzione possibile. Ed era un peccato che Kira non fosse stato in grado di farlo allora. Comunque, quel programma la faceva sentire almeno un po' grata ad L, perché adesso sapeva cosa fare.

Una settimana dopo, Misa traslocò a Tokyo. La sua manager pensava che fosse una buona idea perché avvicinava Misa alle compagnie e le agenzie che avrebbero potuto interessarsi a lei. Misa pensava che fosse una buona idea perché l'avvicinava a Kira. E aveva deciso che trovare Kira sarebbe stato il suo nuovo obiettivo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per ringraziare il suo salvatore, anche se significava dare la sua vita.

Ovviamente, non aveva la più pallida idea di come trovarlo, ma spostarsi nel luogo in cui viveva sembrava un ottimo inizio. E ogni obiettivo doveva pur cominciare da qualche parte.

Così, Misa iniziò un doppio lavoro. Da una parte, passava la maggior parte delle sue giornate a lavorare sulla sua carriera; andava da un'audizione a un servizio fotografico a un'intervista, fino a quasi crollare una volta rincasata. E dall'altra, quando arrivava all'appartamento si trascinava davanti alla televisione, giornale alla mano, e incominciava a sistemare ulteriori articoli e informazioni su Kira nel suo raccoglitore. Non sapeva quando ognuna di quelle informazioni si sarebbe rivelata utile. Era solo certa che lo sarebbe stata.

Dopo due settimane di quella routine, Misa l'aveva tramutata in una scienza. Era un'enciclopedia vivente su Kira, capace di elencare le ultime persone giustiziate, e il perché della loro punizione. Perfezionò anche l'arte del non lasciar mai trasparire il fatto che lei era pro-Kira. Misa non era una ragazza stupida. Sapeva che le sue convinzioni avrebbero potuto compromettere la sua carriera e la sua vita in generale. L'idea celebre che anche dei media negativi erano dei buoni media si perdeva completamente con Misa. Non nutriva nessuna intenzione di ostracizzarsi dal suo pubblico. Misa-Misa era una ragazza allegra. Non aveva sete di giustizia, e del castigo degli empi.

Le domeniche erano sempre state il giorno libero designato da Misa. Anche le idol avevano bisogno di riposo, e la sua manager si crucciava spesso che i frenetici orari di lavoro l'avrebbero logorata se non avesse trovato anche il tempo per il relax. Non che non ci fossero domeniche in cui Misa faceva un'intervista o una pubblicità per una rivista, ma erano rade e distaccate, e le stava bene così.

Una domenica in particolare, Misa si sentì troppo pigra anche solo per posare gli occhi sul raccoglitore. Sfogliava le riviste con apatia, senza focalizzarsi seriamente sul testo di fronte a lei. Sapeva che il suo tempo libero era poco, e che doveva usarlo assennatamente, ma non riusciva proprio a trovare l'energia per muoversi. Dopo un po' si stancò persino di fingere di star facendo qualcosa, e si concesse di addormentarsi in maniera molto poco cerimoniosa sul divano.

Perciò, quando il campanello trillò, Misa si mosse appena dalla sua posizione raggomitolata sui cuscini. Fu solo quando il visitatore cominciò a bussare con un ritmo peculiare che si stiracchiò e quasi strisciò fino alla porta. Supponendo che fosse un vicino – ogni tanto, trovavano abbastanza coraggio da rivolgerle la parola, e occasionalmente le chiedevano addirittura un autografo– si passò le dita tra i capelli scompigliati, si raddrizzò la maglietta, e aprì la porta con il ritratto di un sorriso perfetto in viso.

Ad attenderla, con le sue scarpe slacciate, i capelli disordinati, e gli occhi pesti per la mancanza di sonno, c'era Ryuuzaki. Una mano era premuta sul citofono, l'altra era intrappolata tra le sue labbra, mentre si masticava perso in chissà quali pensieri il pollice.

"Buon pomeriggio, Misa-san," la salutò, come gli era congeniale.

Un migliaio di cose le attraversarono la testa in pochi secondi. Dove diamine era stato nell'ultimo mese e mezzo? Cosa ci faceva lì? Come aveva fatto a trovarla? Perché non l'aveva chiamata per tutto quel tempo? Sarebbe sparito di nuovo, o sarebbe rimasto davvero?

E le domande continuavano a fiorire, finché sentì la propria bocca aprirsi da sola per mormorare qualcosa, qualsiasi cosa. Ma non uscì nulla, a parte un patetico squittio. Cosa poteva dire? Da dove cominciare? Ryuuzaki era lì, e poteva costringerlo a darle centinaia di risposte differenti, ma erano tutte importanti, e meritavano tutte di essere date, e avrebbe dovuto dire qualcosa perché lui era lì. Davvero, davvero lì. Non al telefono, ma proprio di fronte a lei.

Quando continuò a non emettere suono, lui chinò la testa incuriosito e chiese, "Ti senti bene, Misa-san?"

Lei rimase lì, troppo sconvolta e piena di domande per venirsene veramente fuori con qualcosa da dire che non fossero dei rumori gutturali. Finché finalmente, un pensiero consumò tutti gli altri, e non trovò altra cosa da dirgli.

"Ryuuzaki-san!"

Misa praticamente gli saltò addosso, stringendo forte le braccia attorno alla sua figura scarna e poggiando fermamente una guancia contro il suo collo. Evidentemente, degli incontri tanto fisici erano più unici che rari per Ryuuzaki, dato che s'irrigidì per lo shock, e anche quando finalmente si rilassò c'era ancora una rigidità innaturale nel suo corpo.

Era magrissimo, realizzò Misa, le sue mani aperte riuscivano quasi a sentire la sua forma emaciata da sotto il cotone della sua maglia. Era quasi doloroso pensare che qualcuno potesse mangiare tanto e possedere al contempo un fisico apparentemente così fragile. Magro, ma non debole; non aveva ceduto al suo peso stavolta, malgrado la sua brutta postura. Aveva una forza che tradiva il suo aspetto.

Con cura, Misa alzò il capo, sfiorando leggermente il suo orecchio mentre bisbigliava, "A Ryuuzaki-san non è permesso sparire senza dirlo a Misa!"

Una sentenza. Una minaccia. Una supplica. Era tutto questo e molto altro, e in qualche modo lui sembrò capirlo.

Lui allontanò un po' la testa da lei, come se quel millimetro di spazio in cui potesse quasi riportarlo nella zona in cui si sentiva più a suo agio. "Perdonami, Misa-san. Le mie giornate sono state… piene. Adesso potresti liberarmi?" chiese, quasi speranzoso.

Ma lei decise di soffocare quella speranza. Era scomparso e l'aveva lasciata ad affliggersi per oltre un mese. Adesso ricompariva senza una spiegazione decente, e non sembrava aspettarsi una punizione di sorta. Un po' di disagio sembrava il castigo più lieve cui potesse condannarlo.

"Misa non vuole." Misa poggiò prontamente il mento sulla sua spalla, e gli diede una strizzatina per aggiungere un po' d'enfasi. Fu ricompensata con un sospiro appena percettibile. Felice e spudorata, sorrise contro il suo collo.

Lo avrebbe lasciato andare tra qualche minuto, prima che i vicini allungassero il collo fuori dalle porte, interessati. Ma per ora, Misa era molto contenta di avere il suo Ryuuzaki teso come una corda di violino proprio dove lo voleva lei.


NdT: vabenevabenevabene. Lo so che avevo detto che avrei aggiornato prima, ma ci sono stati molti contrattempi, ecco o.ò E tra l'altro avevo intenzione di pubblicare questo capitolo direttamente a giugno, ma stasera sono libera e ho colto al volo l'occasione. Il problema è che quest'anno ho la maturità (;_; sniff) e quest'ultimo periodo è (stato) infernale. Tremo per quello che deve ancora venire.
… non è che voglio fare un intervento da emoblog, ma insomma, prima di luglio mi sa che non riuscirò a uppare proprio niente, e volevo mettervi al corrente della cosa: purtroppo dovrete portare pazienza e aspettare un po' per il prossimo.
Btw, alcuni dei prossimi capitoli necessitano solo di una rifinitura, e finiti gli esami gli aggiornamenti riprenderanno a ritmi più regolari (credo) anche e soprattutto grazie all'estrema rapidità della mia povera beta, Aurora, che tra l'altro sopporta i miei scleri sui pupazzi e la storia sessuale dei miei professori. Grazie cara, ti risponderò presto :*
Ah XD Ringrazio anche tutti i lettori, e in particolar modo quelli che si prendono la briga di recensire e inserire la storia tra i preferiti: i vostri messaggi, diretti o indiretti che siano, sono molto più apprezzati di quanto crediate :)
Buone vacanze!

Youffie

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Capitolo 5
*** In a Good Mood ***


Rewrite




Theme 12: In a Good Mood ~ Di buon umore

Per tutta la settimana seguente, sembrò che se c'era una persona al mondo in grado di provare che la fortuna esisteva, quella era Amane Misa. Non solo era diventata particolarmente richiesta dopo un ruolo di comparsa in un drama molto seguito, ma la sua manager l'aveva chiamata per annunciare che era stata votata come volto popolare del mese su Cutie. E con la pubblicità che garantiva quel mensile, era destinata a trovare lavoro per riviste ancora più prominenti.

Se si aggiungeva tutto ciò alla ricomparsa di Ryuuzaki, Misa era contenta dal profondo che niente al mondo potesse turbare la sua euforia.

Per precauzione, tuttavia, andò a far visita al santuario vicino alle tombe dei suoi genitori per pregare. Sua madre diceva sempre che l'avrebbe aiutata in caso di bisogno, perciò era sicura che non potesse nuocere. Si era anche comprata un portafortuna. Per capriccio, ne acquistò uno anche per Ryuuzaki. Non credeva che lui fosse superstizioso come lei, ma forse avrebbe apprezzato il pensiero.

Misa fece anche una cosa che non aveva più fatto da quando aveva intrapreso la sua carriera di modella: comprò dello zucchero. Una grossa scatola di cubetti di zucchero, per essere esatti, dato che una volta Ryuuzaki aveva accennato con disinvoltura di averne usati per costruire un muro. Dall'altro capo del filo, lei si era chiesta quanto zucchero dovesse esserci mai dalle sue parti per permettergli di fare una cosa del genere.

Immaginandosi le abitudini di Ryuuzaki, il giorno dopo ne aveva comprata d'impulso un'altra scatola, giusto per stare sul sicuro. Aveva anche preso una torta di carote, visto che tutto sommato, se avesse scrostato tutta la glassa per bene, non avrebbe dovuto ingrassare più di tanto assaggiandone un pezzetto. Era a base di carote, dopotutto.

Quando arrivò domenica, si assicurò che il suo appartamento fosse in perfetto ordine. Aveva spiegato a Ryuuzaki che la domenica era l'unico giorno in cui c'era la certezza che l'avrebbe trovata a casa sua. Sebbene non avesse detto niente al riguardo, Misa si era convinta che sarebbe venuto. Quello era il suo periodo fortunato, alla fin fine.

E infatti, nel primo pomeriggio il campanello suonò e un Ryuuzaki dagli occhi cerchiati la salutò con un gesto della mano, prima di essere quasi trascinato a forza nel salotto dell'appartamento. Una vivace Misa lo scortò al sofà, e si sedette accanto a lui, tutta pizzi, balze e sorrisi. Era palese che se la stesse passando molto bene.

Ryuuzaki era abituato alle oscillazioni dell'umore allegro di Misa per telefono, ma vederle di persona era quasi un'esperienza nuova. Gli era vicina in un modo quasi inopportuno, e si inclinava verso di lui tanto da fargli sentire il suo respiro caldo mentre parlava. I contorni dei suoi occhi si increspavano appena quando sorrideva, e occasionalmente carpiva anche l'ombra di una fossetta sulla sua guancia sinistra, che differenziava quel sorriso da quelli che la vedeva usare nelle sue foto. Concluse che questo era il vero sorriso di Misa, e decise che gli piaceva molto di più di quelli preconfezionati.

"Misa-san sembra molto felice," disse, seppur solo per mettere a tacere le sue farneticazioni riguardo un attore particolarmente carino che aveva incontrato. Non voleva apparire sgarbato, ma onestamente non avrebbe potuto importargliene di meno di quanto fossero belli i capelli di questo divo, o di quanto il suo sorriso fosse 'davvero sexy'.

"Misa lo è!" Si aprì in un ennesimo, largo sorriso, quasi saltellando via dal divano per dirigersi verso la cucina. Canticchiando a bocca chiusa, cominciò a scaldare un bricco d'acqua. "E' stata una settimana fantastica. E adesso che Ryuuzaki-san è qui," Aprì il frigorifero per ritirare il dolce che aveva preso, "va ancora meglio!"

Ryuuzaki chinò la testa all'indietro per guardarla, la punta dell'indice della mano sinistra infilata tra le labbra. "Davvero?" C'era più curiosità che stupore nel suo tono.

"Certo," Annuì, afferrando qualche tazza dalla vetrinetta e i cubetti di zucchero che aveva riposto con grande delicatezza in un barattolo di vetro. "Ho degli amici che lavorano a Yoshida con me, ma i nostri giorni liberi non coincidono quasi mai, perciò ci vediamo soltanto quando siamo sullo stesso set. E anche così, parliamo più di quanto Misa abbia parlato con Ryuuzaki-san negli ultimi mesi," Lo guardò con un cipiglio di severa disapprovazione. "Così… Ryuuzaki-san che mi viene a far visita per due domeniche di seguito è un grande evento per me."

Dal canto suo, Ryuuzaki abbassò lo sguardo ai suoi piedi, dimenandone le dita sul bordo del sofà. "Hmmm," fu la sua risposta approssimativa.

Lei corrugò ancora di più la fronte, e strinse improvvisamente la scatola bianca tra le mani. "Niente dolce per Ryuuzaki-san," affermò, con voce infantile.

La testa di lui scattò in aria, e contemporaneamente allungò il collo per poter osservare meglio la ragazza dietro di lui. "Dolce?"

"Misa ha comprato una torta pensando a Ryuuzaki-san. Ma sembra che stare qui ti renda triste, quindi niente dolce per Ryuuzaki-san," ripeté la ragazza, imbronciata, voltandosi per riappoggiare la scatola nel refrigeratore.

Ryuuzaki si spostò quel tanto che gli bastava per poterla guardare negli occhi e si sporse in avanti col suo corpo già di per sé incurvato, tamburellando le dita irrequiete sullo schienale del divano. "Mi scuso, Misa-san," si affrettò a dire, il capo chino in segno di sottomissione. "Ho ritardato perché sono stato distratto."

"Troppo distratto per Misa?" domandò, non disposta a cedere così in fretta e solo per lo sguardo abbattuto che si era dipinto sul suo volto. Si era già accorta di come i suoi occhi si fossero zelantemente concentrati sulla scatola che stringeva tra le mani. Delle lacrime di coccodrillo non avrebbero funzionato con lei. "Ryuuzaki-san ora è insieme a Misa! Non dovrebbe preoccuparsi di altro."

Lui iniziò a masticarsi il pollice, gli occhi ancora incatenati al premio che impugnava lei. Chissà che stava pensando; era dura stabilirlo con quell'espressione così vuota che si ritrovava in faccia. "Suppongo tu abbia ragione. Farò del mio meglio per essere un ospite migliore. E, in quanto tale," continuò, un vago sorriso che si disegnava sui suoi lineamenti, "sento mio il compito di ricordarti che una buona padrona di casa non offre e poi nega del cibo ai suoi ospiti."

Misa inarcò le sopracciglia, e la sua mascella si abbassò quel tanto necessario per farle emettere uno squittio indignato.

"Sarebbe piuttosto scortese, capisci," spiegò lui, abbassandosi un altro po', fin quasi a posare il mento sul sofà. "E so che Misa-san è fin troppo beneducata per non essere una buona padrona di casa." Il suo sorriso si allargò un po'. "Esatto?"

Lei richiuse la bocca, e gli regalò l'occhiataccia più truce che riuscì a mettere insieme. Ma era inutile. Il timido sorriso non ne voleva sapere di lasciare il suo viso, e realizzò che se gli avesse negato quella vittoria sarebbe sembrata lei la pazza della situazione. Inoltre, aveva comprato quella torta quasi unicamente per lui. Sarebbe stato uno spreco se l'avesse rimessa in frigo.

Con un sospiro, si avvicinò al tavolino che si trovava di fronte a lui e vi poggiò sopra la scatola. Lui si era già voltato, gli occhi luminosi all'idea di una fresca scarica di zucchero ad attraversargli le vene. Si domandò per un attimo dove andasse a finire, tutto quello zucchero, dato che piuttosto dava l'impressione di non mangiare nulla. Poi decise che se avesse avuto il suo metabolismo, forse anche lei avrebbe mangiato come lui.

Quando lo vide aprire la scatola, e scovò il sorriso di un bambino che scopre un giocattolo nuovo di zecca, Misa si corresse mentalmente. Non avrebbe mai potuto mangiare come lui. Probabilmente le sarebbe venuta la nausea solo a provarci.

"Misa va a prendere il tè," annunciò. Poi ripensandoci, aggiunse, "Vado a prenderti un piatto e una forchetta. Non azzardarti a toccare il dolce prima del mio ritorno."

Ryuuzaki la squadrò con quella che immaginò fosse un'espressione offesa. "Certamente. Non sono un animale, Misa-san."

Lei sbuffò, ma gli diede fiducia, e si allontanò convinta che non si sarebbe messo a mangiucchiare il dolce con le dita. Non tutto, almeno. Si recò nel cucinino, e raccolse un paio di tazze da tè da una credenza. Lo sentì schioccare la lingua per il disappunto quando si rese conto che avrebbe dovuto aspettare che il tè finisse di filtrarsi prima di avere gli utensili necessari alla torta. Misa era perfettamente consapevole che avrebbe potuto e dovuto essere gentile, così da svolgere facilmente più compiti. Ma stuzzicare Ryuuzaki era molto più divertente.

Stava sistemando le tazze sui piattini quando udì lo squillo di un telefonino. Non riconobbe la suoneria, e indirizzò subito gli occhi a Ryuuzaki, che stava pescando qualcosa dalla tasca. Ne estrasse un cellulare d'argento che aprì senza nemmeno un'occhiata al mittente.

Tenendolo con le punte delle dita, come se potesse essere contaminato in un qualche modo, se lo portò all'orecchio. "Sì?"

"Hey!" soffiò lei, incapace di trattenersi. "Com'è che qualcuno può avere il numero di Ryuuzaki-san e Misa no?"

Lui la ignorò. "Sì, ne sono a conoscenza," replicò alla domanda del suo interlocutore. Tacque per un po', ascoltando la persona all'altro capo. Con un sospiro, poi, usò la mano libera per grattarsi un po' le ginocchia. "Sì, so anche quello. Ma pensavo che un giorno libero a settimana non sarebbe stato un problema. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un esaurimento." Una pausa. "Sì, probabilmente la cosa non riguarda me."

Misa si accigliò. Non le piaceva dove stava andando a parare quella strana conversazione. Lasciò cadere con un tintinnio le tazze da tè di fronte al ragazzo, prima di raddrizzarsi in tutta la sua altezza e di portare le mani ai fianchi. "Che succede?"

"No, su questo hai ragione," disse Ryuuzaki, senza guardarla. "Ma… può aspettare almeno la fine del dolce?" continuò, con la voce affievolita. Dall'altro capo del telefono ci fu un urlo decisamente esaustivo in risposta. Sussultò appena, ma più che sorpreso sembrava rassegnato. "Pensavo di poter almeno chiedere. Molto bene, allora. A breve esco."

"Che cosa?!" gridò lei, livida. Aveva appena riavuto Ryuuzaki, e adesso una qualche persona misteriosa lo stava costringendo ad andare via? La sua immaginazione corse all'impazzata, e si figurò una donna formosa, con tanto di unghie rosse come rubini e bocca ricoperta da quintali di lucidalabbra, che richiamava gelosamente Ryuuzaki nel suo antro d'illecito amore.

La parte razionale della sua mente provò a farle notare che si trattava di una teoria assolutamente ridicola, ma lei non le diede ascolto.

"Dammelo!" Staccò il telefono dalla delicata stretta dell'uomo così in fretta che lui non ebbe nemmeno il tempo di reagire.

"Misa-san, per favore, ridammelo," Tentò di recuperarlo, ma la modella si stava già allontanando da lui per avvicinarselo all'orecchio.

"Pronto?" disse, la voce venata di irritazione.

"Chi è?" replicò la persona all'altro capo del filo, la voce sconvolta, e indubbiamente maschile.

"Ma lei non è una donna," Sollevata, sbatté le palpebre.

"Prego?" farfugliò l'uomo. "Signorina, lei non ha alcun diritto di occupare questa linea. Renda immediatamente quel telefono!"

Quell'ordine sfrontato le restituì la sua rigida indignazione. "E' stato lei a dire a Ryuuzaki-san che se ne deve andare, non è così?"

"C-che cosa? Mi ha ascoltato almeno per un secondo?" chiese l'uomo.

"Lei non ha alcun diritto di dire a Ryuuzaki-san di andarsene!" replicò, canzonando le sue parole di poco prima. "E' appena arrivato!"

"Signorina, mi dispiace, ma mi manca il tempo materiale per discutere la questione con lei," si scusò, suonando solo in parte dispiaciuto; era chiaramente stizzito. "Ora, faccia la brava ragazza, e ridia il telefonino a Ryuuzaki."

"No."

"Senta, signorina–"

"No, senta lei!" Puntò un dito al ricevitore, come se lui potesse vederla. "Sono due mesi interi che Misa non vede né sente Ryuuzaki! E adesso che lui è qui, lei gli sta dicendo di andarsene. E a sentirla parlare non deve tornare mai più."

"Beh, è solo–"

"Misa vuole che Ryuuzaki-san venga a farle visita!" quasi strillò, pestando i piedi. Alle sue spalle, ancora sul divano, il giovane in questione la fissò con un'espressione curiosa. "Misa ha sentito la sua mancanza," confessò piano di modo da farsi sentire soltanto dall'uomo del telefono. Alzando la voce, dichiarò, "Perciò, lei non può dirgli che non può, capisce?"

Ci fu un silenzio di un istante, prima che l'uomo rispondesse pacatamente. "Mi dispiace molto, signorina. Capisco che possa essere incollerita, ma ci sono dei problemi davvero più grandi di… beh, dei suoi sentimenti. Deve perdonarmi."

Avrebbe urlato ancora, se solo non le fosse sembrato tanto sincero. Al contrario, sbuffò un po', prima che un pensiero le corrugasse la fronte. "Dalla voce sembra vecchio," affermò, con praticità. "Lei è per caso il padre di Ryuuzaki-san?"

Dietro di lei, Ryuuzaki praticamente perforò il pollice con i denti.

"C-cosa?" balbettò il suo interlocutore, incapace di rispondere.

"Beh, se non è il padre di Ryuuzaki-san, è forse il suo capo?" continuò imperterrita.

L'uomo si ricompose rapidamente. "Signorina, potrebbe per favore riconsegnare il telefonino a Ryuuzaki?"

"Hmmmm," Lei sollevò il capo accarezzandosi il mento, soprappensiero. "Se lei fosse il capo di Ryuuzaki-san, lui se ne sarebbe già andato. Quindi, è probabile che sia lei a lavorare per Ryuuzaki-san. Giusto?"

"Sono tutto fuorché affari suoi chi sono io, mia cara," ribatté l'uomo, più composto possibile.

"Beh, se lei lavora per Ryuuzaki-san," Misa girò sui tacchi, regalando un sorriso sottile al suo ospite, "allora lui non è costretto ad ascoltarla, sì? Giusto, Ryuuzaki-san?"

Lui osservò per un attimo la sua espressione speranzosa, prima di rispondere con cautela. "Beh, teoricamente sì," ammise. "Se fosse quello il caso."

"Diciamo che presumo che sia così," sogghignò, vittoriosamente. "Perciò, Ryuuzaki-san non è costretto ad andarsene."

"Signorina," sospirò l'uomo, "non può fare quello che le pare utilizzando una logica che si è creata da sé."

"Non è una logica che ho creato io!" Nel dirlo s'imbronciò. "Misa sa che è il capo a prendere le decisioni. E se il capo è Ryuuzaki-san, non se ne deve andare se non ne ha voglia. E Ryuuzaki-san non vuole andarsene. Giusto, Ryuuzaki-san? Giusto?"

"Beh…" Per tutta risposta lui si mordicchiò il pollice, esaminando lo sguardo implorante di Misa, prima di riportare a disagio il proprio ai suoi piedi.

"Misa non può finire il dolce tutta da sola," accennò, usando un tono all'apparenza completamente innocente. "Finirei per buttarla." Con la coda dell'occhio, vide sussultare appena la testa di Ryuuzaki, e sospirò teatralmente. "E poi Misa dovrebbe buttare pure tutti i cubetti di zucchero che ha comprato, visto che Misa mangia pochissimo zucchero e Ryuuzaki-san potrebbe non venire più a trovarla, non ci sarebbe motivo di tenerli."

"E questo… si tratterebbe indubbiamente di una vergogna," disse il ragazzo, mentre un piccolo sorriso gli si cuciva sulle labbra. "Uno spreco terrificante."

"Sì, appunto," convenne lei, annuendo con vigore. "E Ryuuzaki-san si comporterebbe da pessimo ospite se se ne andasse così presto, facendomi sprecare di conseguenza tempo e denaro."

"Suppongo che sia quella la figura che farei, non è così?" chiese, allargando appena la bocca. "E noi non lo vogliamo, giusto? Sarebbe un atteggiamento assolutamente sgarbato da parte mia."

"Sì." incalzò Misa, sorridendo.

"Mi vedo costretto a porre rimedio a questo possibile errore rimanendo, e adempiendo ai miei doveri di ospite," dichiarò, tamburellandosi con un dito il labbro inferiore.

"Che idea fantastica!" si complimentò la ragazza.

L'uomo al telefono emise un lungo sospiro esasperato. "Sinceramente, ora…"

"Oh, è ancora lì?" lo interpellò Misa, sorpresa dal suono della sua voce. Poi si strinse nelle spalle. "Tanto Misa non sa più perché le sta parlando. Voglio trascorrere un po' di tempo con Ryuuzaki-san, non con un vecchietto. Ciao!" E soppresse la risposta dell'uomo col sonoro clack del telefono che attaccava. Si rivolse a Ryuuzaki, e sorrise radiosa. "Allora, il dolce?"

Si riappropriò in un momento dell'aria felice di poco prima. Gli rese il cellulare, e con un fruscio della sua gonna, tornò in cucina per recuperare forchette e zucchero, il tutto con una grazia radiosa e dei modi sbarazzini che lasciavano trapelare qualcosa della donna preziosa che Ryuuzaki sospettava che fosse.

Si sedette al suo fianco e gli porse il coltello per tagliare il dolce mentre prendeva lo zucchero per il suo tè che, come si lamentò ad alta voce, ormai si era probabilmente raffreddato. Ryuuzaki le disse che non ci sarebbe stata differenza, se ci avesse messo abbastanza zucchero. Lei si limitò a immergerci dentro un cubetto di ghiaccio facendolo diventare un tè freddo prima di replicare con un broncio e un leggero strattone ai suoi capelli disordinati.

"Quindi, Ryuuzaki-san tornerà, vero?" domandò, incollando di proposito gli occhi sulla rimozione della glassa dalla torta.

"Quasi sicuramente. Posso avere la glassa?" chiese lui, la forchetta già in procinto di conquistarla.

"Okay. A Misa basta esser certa che Ryuuzzaki-san torni." Lui raschiò il piatto con la forchetta, raccogliendo ogni pezzo di glassa che riusciva ad acciuffare prima di divorarlo con voracità. "Perché a Misa mancherebbe Ryuuzaki-san. Un po'," aggiunse. "E a Ryuuzaki-san mancherebbe Misa… Giusto?"

Alle sue parole cadde il silenzio, interrotto solo dai suoi denti che continuavano imperterriti a masticare.

Lei si voltò verso di lui, aggrottando le sopracciglia. "Beh?"

"E' davvero superfluo specificarlo, credo, Misa-san," ribatté, leccando la forchetta. "Non mi sarei messo a cercare la tua nuova residenza qui a Tokyo se non avessi voluto rivederti. Non mi piace perdere tempo per cose che non m'interessano."

Lei s'illuminò. "Allora Misa è interessante?"

Lui le concesse una rapida occhiata. "Tra le altre cose."

Ma Misa non aveva bisogno di sentire altro. Ryuuzaki non sarebbe scomparso di nuovo. Voleva trascorrere del tempo con lei. Già questa consapevolezza di per sé era buona a sufficienza da farle considerare meravigliosa quella settimana.


NdT: beh, yay XD Non ho nulla da dichiarare se non che è andata meglio del previsto e che la mia beta ha cominciato tempo fa a pubblicare storie a mia insaputa. Andate, amatela e recensitela *sìsì* E magari continuate ad amare e recensire anche questa, che siete grandi *sìsì*

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Capitolo 6
*** The Road Home ***


Rewrite




Nota dell'autrice: no, la sorella di Misa non è mai stata nominata nel canon. Ma mi rifiutavo di chiamarla "la sorella di Misa" per un intero capitolo in cui era importante. Siete ancora con me? Bene. Andiamo.

Theme 20: The Road Home ~ Tornando a casa

"Ryuuzaki-san, come ti chiami?"

Ci fu una manciata di secondi di silenzio all'altro capo del filo. "… Prego, Misa-san?"

Misa sospirò, appoggiandosi sullo schienale della sua poltrona del treno che dondolava. "Il tuo nome. E' quasi un anno che Misa parla con Ryuuzaki-san e… e non gli ha mai chiesto il suo nome di battesimo," concluse tutto d'un fiato, alquanto mortificata per la sua ammissione.

Non aveva potuto non sentire una punta di imbarazzo quando si era accorta che dopo tutto quel tempo, conosceva lo strano detective semplicemente come 'Ryuuzaki-san'. Si era abituata così tanto a quel nome, e aveva pensato così tante volte che sarebbe sparito, che l'idea di chiedergli il nome completo non le era mai passata per la mente.

Ma adesso che era piuttosto certa che non sarebbe scomparso di punto in bianco, Misa aveva deciso che era doveroso imparare qualcosina in più su di lui che non riguardasse le sue strambe abitudini col cibo e i ragionamenti iper-analitici.

"Oh. Non mi ero accorto di non avertelo detto," disse, e dal tono che usò sembrò davvero che non ci avesse mai pensato.

Lei si accigliò. "Beh? Qual è?"

"Hideo."

Ponderò quell'informazione per un secondo. "Ryuuzaki Hideo?"

"Sì."

"… Secondo Misa suona strano," replicò.

"Strano?" La voce di Ryuuzaki tremava appena, come se si fosse offeso. "Secondo me ha tutta l'aria di un buon nome."

"Non ha niente di male," cominciò Misa, non volendo farlo arrabbiare, ma non ancora capace di mentire sulla faccenda. "Ma quell''Hideo' non mi piace. Ryuuzaki-san non ha l'aspetto di un 'Hideo'."

"No? Allora che aspetto ho?" chiese, curioso.

"Hmmm. Misa non saprebbe, ma decisamente non 'Hideo'," insistette, enfatizzando le ultime parole. "Misa ti chiamerà solo 'Ryuuzaki-san'. Mi suona meglio."

"Saggia decisione," replicò lui, con voce piatta.

"Hey, Ryuuzaki-san," Sbirciò fuori dalla finestra accanto a lei, sorridendo appena per il paesaggio che le scorreva davanti agli occhi, "lo sai che questa settimana puoi chiamare Misa ogni volta che vuoi?"

"Davvero? Perché?" domandò.

"Perché questa settimana Misa è libera. Vado a far visita a mia sorella, per cui non potremo vederci," gli spiegò, aggrottando le sopracciglia al pensiero. Poi, si rianimò un po'. "Ma questo vuol dire anche che il cellulare di Misa sarà acceso a qualsiasi ora, e Ryuuzaki-san potrà telefonare ogni volta che vuole!"

"Anche alle tre del mattino?" indagò lui.

Lei ridacchiò. "A qualsiasi ora, tranne quando Misa dorme."

"Capito."

In tutta onestà, Misa sperava in una reazione più entusiasta, ma non se l'aspettava davvero. Semplicemente non si addiceva alla personalità di Ryuuzaki. Era molto più bravo di lei a controllare e nascondere le sue emozioni, perciò anche se era felice della notizia dubitava che l'avrebbe fatto trapelare. Le riusciva molto più facile 'leggerlo' quando poteva guardarlo negli occhi. Era diventata brava a riconoscere le piccole sfumature del loro socchiudersi e sgranarsi sul suo volto pallido.

Solo due settimane prima Misa era riuscita a vederlo considerevolmente arrabbiato, cosa a cui Misa non era per niente abituata. Era arrivato al suo appartamento con un atteggiamento leggermente più rigido del solito, ma pensava che un po' di zucchero nel suo caffè e le tartine che aveva comprato avrebbero cambiato la situazione.

Invece, quando si era seduta vicino a lui sul divano per offrirgli un pasticcino, gli trovò tra le mani il giornale che aveva lasciato sul tavolo. Il titolo riguardava Kira, e il fatto che era responsabile delle morti di dodici agenti americani dell'FBI.

Misa aveva progettato di ritagliarlo per il suo raccoglitore, e l'aveva lasciato sul tavolo per occuparsene in seguito. Ma quando vide lo sguardo intenso che Ryuuzaki aveva puntato sull'articolo, prese la decisione assennata di non raccontargli del suo nuovo hobby. L'espressione sul suo viso non era mutata, ma Misa aveva individuato con fin troppa facilità la furia controllata nei suoi occhi scuri, e si spaventò lievemente. Ryuuzaki non era fatto per arrabbiarsi. Non le piaceva nemmeno un po'.

Quindi, gli aveva delicatamente strappato il giornale dalle mani, lo aveva arrotolato, e aveva fatto finta di buttarlo nel cestino. Aveva già pianificato di andarlo a recuperare più tardi – cosa che fece – ma non c'era bisogno che Ryuuzaki lo sapesse. E si era persino scusato, dopo essersi accorto di averla messa a disagio.

Per Misa però, era chiaro che anche una semplice parola su Kira era totalmente impensabile. Dal detective qual era, Ryuuzaki considerava Kira un nemico. E lo stesso valeva per il suo giustiziere, ne era certa. Era naturale che Ryuuzaki venisse turbato dalla notizia di qualche agente che moriva, anche se personalmente era convinta che non sarebbero morti se solo avessero capito che Kira stava facendo la cosa giusta.

Ciononostante, era in momenti come questi che Misa si ritrovava a chiedersi se Ryuuzaki in persona non stesse in realtà lavorando sul caso Kira. Era uno di quei pensieri che le attorcigliava lo stomaco ogni volta che riusciva a insinuarsi nella sua testa. Ma lo allontanava frettolosamente, ripetendosi che il talento di Ryuuzaki doveva per forza essere utilizzato altrove. Dopotutto, L si occupava del caso Kira – e oh, quanto odiava L – e sembrava fallire miserabilmente nell'impresa di catturarlo. Ryuuzaki, decise, era un detective molto più bravo di L, e probabilmente avrebbe già trovato Kira se quello fosse stato suo compito.

Anche per questo, Misa era molto lieta che non fosse lui ad avere il caso tra le mani. L'ultima cosa che voleva era che Kira venisse acciuffato. D'altro canto, non voleva nemmeno che Ryuuzaki venisse ucciso. Non c'era nulla che avrebbe potuto renderle più accettabile quella situazione, ed era pertanto grata della sua impossibilità.

Misa si riscosse dalle sue cupe fantasticherie, e tornò alla sua conversazione. "Misa sentirà la mancanza di Ryuuzaki-san," cinguettò, nella voce più solare possibile. Portava ancora i segni dell'umore nero che lo aveva attanagliato durante l'ultima visita, e perciò lei stava facendo del suo meglio per mantenere un tono leggero. "Cerca di non annoiarti troppo senza di me!"

"Farò del mio meglio," replicò lui, asciutto.

S'incupì un po'. Ryuuzaki irritato non le piaceva neanche un po'. L'unica cosa positiva era che non stava deliberatamente indirizzando la sua rabbia contro di lei. Tuttavia, non pensava comunque di meritarla nemmeno di striscio. "Adesso devo andare. Misa ti manda tanti baci!" dichiarò, sbaciucchiando il ricevitore.

"Cosa?"

"Ciao ciao!" E chiuse il telefonino con gioia serpentina. Che ci pensasse per un po'. Gli sarebbe servito da lezione per il suo pessimo umore.

La donna di mezz'età seduta accanto a Misa sorrise, divertita. "Era il tuo ragazzo?"

"No," replicò Misa, senza pensarci due volte. "Solo un amico."

Non notò lo sguardo inquisitore che la donna le recapitò in risposta.

Il resto della corsa fu lungo, ma privo di eventi significativi. Quando arrivò alla sua fermata, Misa trovò sua sorella maggiore già pronta a salutarla e aiutarla con le sue valigie.

Amane Mamori era diversa da Misa per così tanti versi, che l'Amane più giovane ogni tanto si era chiesta se fossero davvero sorelle. Dove Misa era socievole e allegra, Mamori era introversa e quasi tenebrosa. Dove Misa mostrava interesse nell'occulto, e vestiva da gothic lolita, Mamori studiava legge, e indossava abiti formali. Misa si tingeva i capelli di biondo per sembrare carina. Mamori teneva i suoi neri legati in una stretta coda dietro il capo. A guardarle, erano come il giorno e la notte.

E a dirla tutta, a Misa andava bene così, e sapeva che valeva lo stesso per Mamori.

"Mamori!" squittì, lasciando precipitare a terra e senza tante cerimonie i suoi bagagli, abbracciandola con calore.

"Misa," fece di rimando la donna, aspettando con pazienza di essere liberata dalla stretta prima di dare un buffetto leggero sulla testa della ragazza più bassa. "Hai tutti i bagagli con te?"

"Sì," Li raccolse, con un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all'altro. "Andiamo!"

Nel viaggio in auto fino all'appartamento di Mamori ci fu una conversazione univoca a cui partecipò praticamente solo Misa, e se all'inizio l'argomento centrale era la sua carriera, alla fine cominciò a parlare delle ultime gesta di Kira al telegiornale.

"Preferirei che tu non seguissi quel genere di cose," la rimproverò sua sorella maggiore, mentre si avviavano a piedi verso casa sua. "E' spaventoso, Misa."

"A Misa Kira non fa paura," ribatté la modella, entrando e buttando le valigie sul sofà. "Kira ha ucciso l'assassino dei nostri genitori. Kira è un eroe."

Misa si accigliò. "Un killer rimane un killer, Misa. Non importa chi uccide."

L'espressione acida di Misa adesso pareggiava quella di Mamori. "E così Mamori non è contenta che il loro assassino sia morto?"

"Non sto dicendo questo," sospirò la donna, massaggiandosi le tempie. "E' solo… Non ti senti come se ti avessero imbrogliata?"

Misa sbatté un paio di volte le palpebre, confusa. "Imbrogliata?"

"Sì. Non volevi dirgli qualcosa?" domandò. "Chiedergli perché? O se si sentiva in colpa? Non hai mai desiderato di poter avere la possibilità di gridargli contro, Misa?
"Mentre tu dedicavi tutto il tuo tempo e le tue energie alla tua carriera, io lavoravo con gli avvocati che cercavano di montare il caso contro di lui. Le prove non c'erano, ma era chiaro, ed era frustrante." si morse il labbro inferiore, nervosamente. "Continuavamo ad aspettare un giudice che rifiutasse i ritardi del processo, continuavamo a metterci tutti noi stessi per fermare quella macchina infernale. Ma fallivamo ad ogni tentativo.
"E per tutto quel tempo io sapevo che lui era il loro assassino, e non volevo altro che correre da lui e strangolarlo. Sparargli. Pugnalarlo. Qualsiasi cosa!" Sollevò le braccia, e le sventolò un po' in aria in un momento di collera.

Misa aggrottò le sopracciglia, preoccupata. "Mamori…"

"Volevi farlo anche tu. Non è così, Misa?" chiese la donna, tetra. "Volevi ucciderlo. Perché pensavi lo meritasse. Anche io pensavo che lo meritasse. Lo pensavo, e parte di me ancora lo pensa.
"E poi, è arrivato Kira. L'ha ucciso. E sul momento pensavo che avrei dovuto sentire un grande peso che veniva sollevato. E invece, era come se Kira avesse aggiunto qualche altro masso." Allungò una mano dietro la testa per afferrare una lunga ciocca di capelli, facendole oltrepassare la spalla per poterla attorcigliare tra le dita. "Non abbiamo mai avuto la nostra vendetta. Non è mai stato dimostrato che fosse lui il loro assassino. Non è mai stato processato. E' arrivato alla tomba da innocente."
"Lo capisci, Misa?" continuò imperterrita, la rabbia intagliata in ogni linea del suo volto. "E' morto da innocente di fronte agli occhi della legge. Per il mondo, non sarà mai lui l'assassino. Non avremo mai l'opportunità di vederlo condannato. Non avremo mai la possibilità di guardarlo negli occhi e dire, 'So che sei stato tu'. Mai. Kira ce l'ha tolta. Ci ha portato via la nostra giustizia!"

"Mamori si sbaglia!" strillò Misa, dandosi infantilmente dei pugnetti sui fianchi. "Non sarebbe mai arrivato al processo. Avrebbero continuato a rimandarlo, e lui se la sarebbe scampata. Prima o poi l'avrebbero chiuso.
"Kira ha fatto quello che le corti non hanno potuto. Kira ha punito l'uomo cattivo. Ha punito il loro assassino, e Mamori dovrebbe esserne solo grata, come Misa."

"Ma non senti di aver perso una sorta di opportunità?" La voce di Mamori si alzò appena, e anche così era molto più piana di quella di Misa. "Non ti senti come se ci avesse strappato qualcosa che era nostra di diritto? Non ti è mai venuta voglia di affrontarlo?"

"No, no, no!" Misa scosse con violenza la testa. "Misa non ha mai voluto vederlo! Misa non ha mai voluto vedere l'uomo cattivo che si è portato via i nostri genitori. Quello… quello sì che sarebbe stato spaventoso. Tanto spaventoso. Sarebbe stato tremendo! No, no. Misa voleva soltanto che… che se ne andasse. Che se ne andasse e sparisse."

Misa si strinse le braccia sul torace, dondolando avanti e indietro. "Kira ha fatto andare via l'uomo cattivo e l'ha fatto sparire per sempre. Misa voleva solo questo. Che sparisse, così che Misa e Mamori non dovessero più aver paura di lui."

Misa rimase lì ad agitarsi, il capo basso. Da tempo odiava pensare all'assassino dei suoi genitori. Mamori era rimasta ossessionata dal caso per mesi dopo che Misa aveva capito che invece era una causa persa. Anche se Ryuuzaki era riuscito a catturarlo, a Misa sembrava ovvio che non sarebbe mai andato sotto processo. E dopo aver consumato la furia iniziale, non aveva desiderato altro che dimenticare tutto. Se si fosse comportata come se niente fosse mai successo – Misa-Misa era una ragazza felice. Una brava ragazza – allora forse avrebbe potuto mettersi quella storia alle spalle.

Prese un profondo respiro, serrando ancora di più la stretta su di sé. Se avesse stritolato ancora un po' le sue braccia, forse avrebbe potuto impedire loro di tremare…

Delle braccia gentili si avvolsero attorno al minuscola figura di Misa, e Mamori le posò il mento sulla spalla. "Okay, Misa," sussurrò. "Non ne parliamo più. Va bene?"

Misa annuì senza aprir bocca.

"Vieni," La donna indietreggiò, e afferrò la mano di Misa. "Prepariamo il tuo futon. Domani è un gran giorno."

La mattina seguente le due sorelle si alzarono molto presto. Si prepararono e fecero colazione in un relativo silenzio, a parte le educate e rapide richieste di passare cibo o bevande. E quando ebbero finito la loro routine mattutina, tornarono subito nell'auto di Mamori per il viaggio imbarazzato che avevano entrambe segretamente temuto.

Quando giunsero a destinazione, scesero dalla macchina e camminarono mano nella mano, come se quel tocco leggero infondesse loro una forza che altrimenti non avrebbero avuto. Misa stringeva dei fiori, e Mamori una piccola coperta.

"Lo so che è stupido," le aveva detto prima, a casa, mentre provava a spiegarle il significato di quel manto blu. "E' solo che ho sempre l'impressione che abbiano tanto freddo laggiù. E' una collina molto ventosa. E lo sai anche tu che Papà odiava il gelo."

Misa aveva capito, e aveva annuito per dimostrarsi d'accordo.

E adesso, mentre attraversavano file di tombe, Misa si domandò se avrebbe mai trovato il coraggio di fare una cosa del genere da sola. Se sarebbe mai riuscita a far visita ai suoi genitori senza usare un'altra persona come sostegno emotivo. Aveva voluto credere di sì, ma non appena la lapide sfiorò il suo campo visivo, Misa si ritrovò a serrare disperatamente le dita sulla mano di Mamori. Sua sorella ricambiò la stretta.

Con un grande respiro, Mamori s'inginocchiò per spazzare via le foglie e il terriccio che erano riusciti ad accumularsi attorno alla lapide e l'incensiere, prima di fasciare la pietra tombale con la coperta. Misa si chinò accanto a lei, posando il bouquet di gigli e accorgendosi con un sussulto di averli stretti così forte che gli steli si erano piegati un po'. Poi estrasse dei bastoncini per l'incenso dal suo borsellino e li ripose nel contenitore di ottone, prima di accenderli con cura con un accendino. Entrambe protessero la fiamma dell'offerta con le mani per evitare che il vento disperdesse troppo presto l'incenso.

"Allora," cominciò Misa, esitante,"Mamori ha qualcosa da dire a mamma e papà?"

"Non so, in realtà," sospirò lei. "L'ultima volta che sono venuta qui era per discutere del loro caso. Volevo solo espellere tutta la mia frustrazione, capisci? Ora, non ho nemmeno quello.
"E' patetico. Ero presissima dal far condannare il loro assassino, e alla fine è morto prima che potessi farlo anche solo processare," Si morse ancora una volta il labbro inferiore. "Non so di chi è la colpa. Se mia, degli avvocati, o della polizia."

"Non è colpa di Mamori!" asserì Misa, dando una scrollata alla spalla della sorella. "La polizia non è riuscita a trovare abbastanza prove. Ryuuzaki-san aveva detto che avrebbe portato l'assassino alla giustizia. Ma mi ha mentito," aggiunse, cupamente. Per quanto provasse a ignorarlo, quello rimaneva ancora un punto dolente per lei.

Mamori la guardò perplessa. "Ryuuzaki-san? E chi è?"

"Hm?" lei inarcò un sopracciglio. "Tu dovresti conoscerlo. Ryuuzaki-san era il grande detective che avevano scelto per il caso di mamma e papà. E' stato un affarone. Ha interrogato Misa e fatto di tutto e di più."

"Misa, non so proprio di cosa tu stia parlando," Sua sorella corrugò la fronte. "Devi esserti confusa."

"Non capisco," disse Misa, più smarrita che mai.

"So che i giorni successivi al… crimine sono stati un brutto scossone per te. Lo sono stati anche per me. Ma ho ripassato i file di quel caso centinaia di volte. Devi aver capito il nome sbagliato," spiegò Mamori, in tono serio. "Non c'è mai stato un Ryuuzaki a lavorare sul caso. Mai."

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Capitolo 7
*** News ***


Rewrite




Theme 2: News ~ Novità

Misa guardò sua sorella tirare fuori un grosso scatolone di cartone dall'armadio e buttarlo sul letto. Si sfregò le mani con fare nervoso, tolse il coperchio, e iniziò ad afferrare dossier.

"Questi sono i documenti sull'omicidio di mamma e papà," spiegò. "In queste carte è stata scritta l'intera indagine. Anche la tua deposizione. Sto cercando quella. Quando il caso era attivo la lessi quasi ogni giorno, e so che il detective con cui hai parlato non era un Ryuuzaki."

"Ti sbagli, Mamori," Misa si accigliò, sentendo la preoccupazione e il nervosismo mangiarle lo stomaco. "So che è stato Ryuuzaki-san a parlare con me, quel giorno. Mi ha detto il suo nome. Si chiama Ryuuzaki. Hideo." aggiunse.

"Non può essere," ribatté lei. "Conosco questi documenti come il palmo della mia mano, Misa. Ah!" Sollevò vittoriosamente una cartellina di manila, prima di aprirla con un colpo. "Vedi, proprio qui c'è scritto che il detective che ha preso la tua deposizione si chiama…" Mamori sbiancò, e le sue sopracciglia si congiunsero per la confusione. "Ryuuzaki Hideo."

Scaraventò la cartellina sul letto. "E' impossibile! Non può essere Ryuuzaki Hideo!"

Misa indietreggiò, spaventata, mentre sua sorella a momenti stracciava tutte le cartelline per leggere i rapporti.

Cominciò a prendere fogli e a lasciarli cadere senza tante cerimonie ogni volta che era costretta a borbottare le parole, "Ryuuzaki Hideo… Ryuuzaki Hideo…"

Infine, gettò le mani sul letto ricoperto di carta, accartocciando tra i pugni serrati i rapporti che fino a qualche minuto prima erano rimasti immacolati. "Non ha alcun senso. Ho letto queste pagine innumerevoli volte. Non ricordo di aver mai visto il suo nome da nessuna parte. E adesso… Adesso è dappertutto! In ogni singolo rapporto, in ogni singolo accenno alla squadra investigativa. Ryuuzaki Hideo non esisteva in queste pagine fino a due settimane fa, quando li ho riletti per l'ultima volta." Alzò lo sguardo verso Misa: era feroce e infuriato. "E adesso è incollato in ogni posto possibile!"

Spaventata, Misa scrollò esitante le spalle. "Forse Mamori si è stressata un po' troppo? Hai passato tantissimo tempo sul caso di mamma e papà. Perciò, forse Mamori ha confuso i nomi? Hai anche altri casi adesso, no? Sei un cancelliere di corte molto indaffarato. Scrivi montagne di nomi ogni giorno."

"Non avrei mai potuto sbagliarmi con i nomi del caso di mamma e papà!" ringhiò l'altra donna. "E ti assicuro che finora non avevo mai letto nessun 'Ryuuzaki Hideo' qui sopra!"

"Che cosa vuoi dire?" La ragazza scoppiò in una risatina nervosa. "Che qualcuno ha fatto irruzione nel tuo appartamento e ha scambiato i documenti? Che assurdità."

Mamori sgranò gli occhi. "No, invece. Dev'essere andata così! Solo così tutto quadra."

Misa corrugò la fronte. "Stai esagerando."

Ma sua sorella non l'ascoltava più. Preso un profondo respiro, si appoggiò alla parete e cominciò a tamburellarsi il mento con fare pensoso. "Scambiare i rapporti non avrebbe richiesto né molto tempo né un grande sforzo. Sono sempre via dall'appartamento per lunghi periodi quando lavoro, e non è che tenga le copie sotto lucchetto. Oh!" s'illuminò. "Giusto! Erano le copie dei documenti di Takehiko-san."

Misa non voleva incoraggiare lo strano comportamento di Mamori, ma non riuscì a non chiedere, "Chi è Takehiko-san?"

"Nezu Takehiko-san era un avvocato che lavorava al caso. Se tu fossi stata attenta te ne ricorderesti," la rimbrottò, mentre agguantava il telefono. "I documenti di Takehiko-san sono nel deposito del suo ufficio, ovviamente. Ma lì è tutto sotto chiave, e ci sono telecamere di sorveglianza ovunque. Nessuno avrebbe potuto arrivare fin lì senza essere ripreso dai nastri. E dato che Takehiko-san non mi ha mai parlato di un'irruzione, sono sicura che i suoi documenti siano corretti."

Mamori digitò un numero mentre Misa si mordicchiava un labbro, in apprensione. Lei stessa non sapeva cosa fare. Avevano avuto una grossa discussione al cimitero sull'esistenza – o l'inesistenza – di un detective di nome Ryuuzaki Hideo sul caso dei loro genitori. Mamori aveva asserito in tono secco di non aver mai sentito parlare di qualcuno con quel nome, e Misa si era turbata tanto che le aveva dato della pazza. Il che non aveva ovviamente gratificato la maggiore delle sorelle Amane.

Così, Misa era stata quasi trascinata in macchina, e aveva temuto per la vita mentre schizzavano verso l'appartamento. Mamori aveva giurato che avrebbe dimostrato di avere la ragione dalla propria parte, e che poi Misa avrebbe dovuto scusarsi per aver dubitato di lei e per averla insultata. Dal canto suo, lei aveva continuato a ribadire i suoi dubbi circa la presunta sanità mentale della sorella, fino ad affermare con fermezza di sapere di essere nel giusto e di essere più che convinta che presto sarebbe stata Mamori a dover chiedere scusa.

Tuttavia, per quanto dai suoi strilli non si sarebbe mai detto, Misa non poteva fare a meno di avere qualche brutto presentimento. Mamori era sempre molto pignola con i casi che gestiva. Era parte integrante del suo lavoro. E quando le era arrivato sotto mano il caso dei suoi genitori era stata come posseduta. Avrebbe potuto snocciolarle ogni capoverso della sua deposizione se solo Misa gliel'avesse chiesto.

Come faceva a non conoscere il nome di Ryuuzaki, allora? Misa era certa che lui avesse lavorato sul caso. Tutti gli ufficiali di polizia nella stanza l'avevano visto, e le avevano assicurato che era un detective emergente e bravo. La polizia non le avrebbe mai mentito. Non aveva alcun senso. E inoltre, il suo nome era ovunque. Nero su bianco.

Eppure, Mamori non sbagliava mai nel suo mestiere. Non dimenticava mai nulla. E la cosa innervosiva Misa più di quanto riuscisse a capire. Era per questo che non le aveva raccontato della sua attuale relazione d'amicizia con il detective, e non aveva alcuna intenzione di farlo in un prossimo futuro. Riusciva a stento ad immaginare la reazione che sarebbe risultata a una tale rivelazione. Mamori era già furibonda. Sarebbe stato come buttare della benzina sul fuoco.

"Ah, Takehiko-san! Sono Amane Mamori," La ragazza strinse il telefono con tanta forza che le si sbiancarono le nocche. "Sì, sto bene. Ascolta, so che ti sembrerà piuttosto strano, ma nessuno ha forzato il tuo ufficio di recente, vero? Sì, sì. Lo so che è una domanda orribile. Perdonami, ma è importante. Nessuno, giusto?" Ci fu una pausa, poi Misa la vide annuire, soddisfatta. "Proprio quello che pensavo. Potresti farmi un piacere? Potresti prendere il dossier sulla deposizione di mia sorella Misa alla polizia del caso dei miei genitori? Sì, lo so. Mi spiace importunarti in questo modo, Takehiko-san. Per favore? Grazie."

Mamori lanciò una rapida occhiata a sua sorella minore, e mise una mano sul ricevitore. "Tu aspetta e vedrai. Sono sicura che nessuno possa raggiungere i documenti di Takehiko-san senza far scattare gli allarmi di sicurezza, o senza che le telecamere registrassero qualcosa. I suoi documenti devono essere rimasti intatti. Il tuo file non avrà il nome di Ryuuzaki Hideo."

"Mamori sta esagerando," ripeté lei di rimando. "Misa sa chi ha incontrato e con chi ha parlato. Non sono stupida come credi. E poi, cambiare dei documenti? E' una pazzia, Mamori! Chi farebbe mai una cosa del genere?"

"Non lo so," ammise lei. "Ma devono averlo fatto per coprire qualcosa. Non so perché, ma dev'essere così. Lo so!" Si rianimò improvvisamente, e riportò l'attenzione alla telefonata.

"Grazie, Takehiko-san. Puoi dirmi il nome del detective che ha parlato con Misa? Sì? Come si chiama?" Dopo un istante, il volto di Mamori si rabbuiò. "… Ne sei sicuro? Forse hai letto male i kanji. Sì, ma forse… Ma sei sicuro? Però non è strano, Takehiko-san? Nemmeno tu ricordi questo nome, no?" Mamori spalancò gli occhi, e le si arrossarono le guance. "Come sarebbe a dire? Non mentirmi! Non hai mai sentito parlare di Ryuuzaki Hideo prima d'ora! Lo so! Abbiamo letto quei documenti insieme. Li conosco meglio di te, e adesso tu mi dici che sbaglio? Come osi?!

"Chi ti ha costretto a farlo?" ringhiò. "Ti hanno pagato? Ti ricattano? Dimmelo, Takehiko-san! Eh!" La sua presa sul telefono si allentò, e lasciò cadere la cornetta, sconvolta e sconfitta. "Mi ha attaccato il telefono in faccia."

Misa guardò nervosamente sua sorella. "Mamori ha lavorato troppo," suggerì, avvicinandosi per accarezzarle la testa. "Hai passato troppo tempo sul caso di mamma e papà, non ti sei mai concessa un po' di tempo per te. Mamori è solo… stressata, ecco tutto. E lo stress fa confondere le persone."

"No, non può essere," La donna scosse il capo, ma la fiamma che l'aveva animata fino a qualche istante prima si stava lentamente spegnendo. "Io conosco questi documenti, Misa!"

"Lo so," La ragazza spinse da parte le carte che le dividevano, e l'abbracciò. "Ma Mamori non prende mai una pausa per fare qualcosa per sé. Passa tutto il tempo a preoccuparsi degli altri. Come dei nostri genitori, e di Misa. Non pensi mai a te stessa, perché sei troppo impegnata ad assicurarti che tutti gli altri stiano bene. Mamori ha chiesto troppo a se stessa, e adesso si sono confuse molte cose nella sua testa."

"No," mormorò Mamori, ancora artigliata alla sua opinione. "Conosco questo caso meglio delle mie tasche, Misa. Non posso sbagliarmi. Non posso."

"Ma le carte di Mamori e di Nezu-san riportano tutte il nome di Ryuuzaki-san. E Mamori stessa ha detto che nessuno può essere entrato nell'ufficio di Nezu-san, giusto?" osservò, il tono volutamente calmo.

"Ma forse Takehiko-san è stato comprato. O forse ricattato, come ho già detto," insistette l'altra, decisa a prolungare un altro po' una battaglia già persa.

"Pensi davvero che Nezu-san sia quel genere di persona?"

"… No," rispose Mamori. "Takehiko-san mi ha sempre detto la verità. Però–"

"Mamori è solo stressata," Misa rafforzò la stretta su sua sorella. "Va bene così. Misa non è stata un'ottima sorella, perché è scappata e ha lasciato Mamori sola a ripulire tutto. Ma adesso Mamori può contare di più su Misa. Ti prometto che sarò una sorella migliore d'ora in poi, così non dovrai fare tutto da sola."

Poi, sorridendo, si allontanò da lei. "Quando Misa sarà ricca e famosa, comprerà una casa enorme per Mamori! Una casa enorme vicino alla casa enorme in cui vivrò io. E potremo farci visita a vicenda in continuazione, e saremo di nuovo una famiglia. Non come prima, ma comunque una famiglia. A Mamori piacerebbe, vero?"

Un'esausta Mamori guardò i fogli rovinati, e poi sua sorella che sprizzava energia da tutti i pori. Con un sospiro sconfitto, si lasciò andare e poggiò la fronte sulla spalla della ragazza più giovane. "Tantissimo, Misa."

"Sì, anche a me," convenne Misa, dandole un bacio sulla tempia. "Misa ha sentito la mancanza di una famiglia."

--

Per tutta la settimana, Misa si impegnò ad evitare ogni accenno alla storia dei documenti e all'evidentemente magica apparizione del nome di Ryuuzaki. Non aveva fatto altro che ripetere quanto fosse chiaro che Mamori avesse lavorato troppo e fosse fin troppo stressata per pensare con chiarezza. Aveva inoltre dichiarato che il suo capo dovesse essere un cretino per aver permesso che sua sorella si sottoponesse a uno sforzo mentale così forte, e che meritava una vacanza. Le aveva anche proposto di pagarle una settimana presso delle terme che pareva facessero meraviglie, ma lei aveva educatamente declinato. Ad ogni modo, Misa aveva già deciso che ce l'avrebbe mandata comunque.

"Misa," La testa di Mamori fece capolino nel bagno. "Sbrigati. Non vorrai perdere il treno."

"Non è mica così tardi, no?" chiese ansiosa Misa, voltandosi solo per un secondo verso di lei. "Misa domani ha un grande servizio fotografico!"

"Beh, allora faresti meglio a sbrigarti. Se perdi questo treno, il prossimo sarà tra un'ora," la informò, mentre spariva dalla stanza. "E poi non dormiresti abbastanza. Ci vediamo in macchina."

Misa immaginò le borse sotto agli occhi di Ryuuzaki, e rabbrividì. Aggiungevano carattere al suo personaggio, ma di certo non lo rendevano attraente. E Misa non aveva alcun desiderio di aggiungere alcunché al proprio, di personaggio. Con uno sbuffo, si girò verso il suo zaino e cominciò a infilarci dentro tutti i suoi vestiti con molto astio.

Andava tanto di fretta che non si accorse di aver già afferrato l'ultimo vestito che aveva e allungò la mano per prenderne un altro, trovando al posto di un soffice tessuto qualcosa di duro e liscio. Alzò gli occhi, e fissò confusa il libro nero su cui aveva posato le dita. Era una specie di quaderno. Era adornato da simboli arcaici impressi in bianco, e quando lo aprì Misa scoprì pagine pulite e nuove.

Aveva un aspetto piuttosto gotico, e Misa suppose con un sorriso che dovesse averlo comprato Mamori come regalo a sorpresa. Lei non era esattamente il tipo da diari, ma non avrebbe affatto sfigurato insieme a tutti gli altri libri che aveva sugli scaffali di casa sua. Decisa, lo ripose nella sua sacca da viaggio, tirò su la zip e quasi corse fuori dalla stanza per andare da sua sorella.

Il viaggio fino in stazione fu relativamente tranquillo, finché non squillò il cellulare di Misa. “Pronto, qui è Misa-Misa!” salutò l'idol, scivolando con abilità nel suo ruolo. Dopotutto non sapeva quando avrebbe potuto chiamare un qualche direttore o una compagnia.

"Misa-san," La voce di Ryuuzaki-san filtrò nella cornetta. "Oggi sei molto allegra."

"Eh?" Misa si sentì sommergere dal panico, e per un attimo non seppe cosa fare o dire. "Oh, sei… sei tu."

"'Tu'?" la imitò lui, offeso. In tono piatto, replicò: "Anche a me fa piacere risentire la tua voce."

"Misa è contenta di parlare con te," assicurò, lanciando in tralice un'occhiata nervosa a Mamori. "Sono solo sorpresa di sentirti."

"Misa, chi è?" le chiese sua sorella, sbrigativa.

"Chi? Questo?" Lei indicò il telefono, stupidamente.

"Sì. Chi sono, Misa-san?" domandò Ryuuzaki, apparentemente divertito.

Avrebbe voluto ucciderlo. Lui non aveva la benché minima idea del fatto che Misa stesse cercando di impedire alla sorella di andare in escandescenze nel bel mezzo dell'autostrada e di ammazzare tutte e due in un tragico incidente automobilistico. "Zitto." borbottò.

"Beh?" incalzò lei, con gli occhi sulla strada.

Non vedendo alcuna via di scampo, disse la prima cosa che le venne in mente. "Il fidanzato segreto di Misa."

La notizia fece girare di scatto sua sorella verso di lei e sbandare leggermente la macchina a sinistra. La sua espressione sconcertata mutò però lentamente in una felice. "Non è molto segreto se me ne parli, Misa."

"Sono il tuo fidanzato?" intervenne lui, non esattamente convinto.

"No, certo che no!" sbottò Misa.

"Oh. Mi spezzi il cuore."

"Non dovresti gridare contro il tuo fidanzato, Misa," raccomandò Mamori, completamente ignara della conversazione che si stava svolgendo a pochi centimetri da lei. "Ti mollerà se fai troppo la scorbutica."

"Hpmh!" Lei si accigliò.

"Ho chiamato in un brutto momento?" continuò Ryuuzaki con molta indifferenza.

"Sì, infatti," lo sgridò, mentre l'auto raggiungeva destinazione e si fermava. "Misa ora deve andare a prendere il treno. Chiamami dopo."

"Sai, una brava fidanzata potrebbe richiamare lei il proprio fidanzato," suggerì Mamori, porgendole le valigie mentre scendeva.

"Lui non mi dà il suo numero," spiegò Misa, un po' troppo irritata per rendersi conto di doversi zittire.

"No?" Mamori inarcò un sopracciglio. "Beh, non è proprio quello che si chiamerebbe una prova di fiducia."

"Misa lo sa! Lui è molto cattivo con Misa," Accentuò l'ultima frase per assicurarsi che il messaggio venisse recepito anche all'altro capo del filo, e difatti sentì Ryuuzaki schioccare la lingua.

"Ma gli dà anche un'aria un po' misteriosa," aggiunse sua sorella, sorridendo. "E' bello?"

Ryuuzaki soffocò una risata, e Misa lo maledisse in silenzio per il suo udito sopraffino. "Misa ora deve partire!" dichiarò, dandole un rapido bacio di commiato prima di scappare verso i binari.

Ma non abbastanza velocemente da sfuggire all'urlo di Mamori. "Dopo telefonami e parlami di questo tuo fidanzato 'segreto', o non ti perdonerò mai!"

"Ryuuzaki-san ha un pessimo tempismo!" sbottò Misa nel ricevitore una volta messi abbastanza metri tra lei e Mamori.

"Mi scuso, Misa-san," rispose lui, con un tono tutto fuorché sincero. "Io non so sempre cosa stai facendo in ogni momento."

"Hmmm," Misa strinse gli occhi.

"Comunque, hai passato una bella settimana con tua sorella?"

"Sì," replicò, guardando il treno arrestarsi. "Mi ha ricordato di un paio di cose."

"Davvero? E posso chiedere quali?"

"Che Misa aveva i genitori più bravi del mondo. Che Misa deve essere una sorella migliore. E…" Misa salì sul treno, e per un attimo vide un'ombra incombente farsi strada in carrozza. "Hm?"

"Che è successo, Misa-san?"

"Niente," rispose Misa, non scorgendo nulla ad una seconda occhiata. "Non è niente."

"Capisco. Allora, cos'era l'ultima cosa che hai ricordato?"

"L'ultima cosa?" Misa si sedette, fissando il proprio riflesso solenne nel vetro. Sospirò, una morsa di paura ad attanagliarle il petto. "L'ultima cosa che Misa ha ricordato è che la sorella di Misa non sbaglia mai. Anche quando vorrei che lo facesse."

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Capitolo 8
*** Jolt! ***


Rewrite




Theme 3: Jolt! ~ Scossa!

Al ritorno dalla sua vacanza Misa era esausta, e vi rimase per qualche giorno. Tutte le ore trascorse a parlare fino a notte fonda con sua sorella alla fine le si erano rivoltate contro, e se avesse potuto avrebbe dormito per sempre. Non riusciva a capire come facesse Ryuuzaki a sostenere quel ritmo. Anche sforzandosi di riposare il più possibile nei rari ritagli di tempo libero della sua scaletta si sentiva sempre più nervosa.

E nemmeno pensare a Ryuuzaki migliorava il suo umore. Sospettava che la sua orribile reazione fosse dovuta più a lui che alla mancanza di sonno.

Non che non avesse visto con i suoi occhi la prova di cui aveva bisogno. Al commissariato tutti i poliziotti avevano ciarlato un sacco di Ryuuzaki il giorno in cui l'aveva incontrato. E lui era sempre stato al corrente di fatti riguardanti il caso, il che dimostrava la sua partecipazione alla squadra investigativa. Infine, il suo nome era riportato nero su bianco su ogni relazione posseduta da Mamori.

Tuttavia, il problema stava proprio lì. Non le piaceva ammetterlo --le lasciava un sapore sgradevole sulla lingua-- ma nonostante conoscesse Ryuuzaki da mesi, non poteva affermare di conoscerlo davvero. Certo, conosceva le sue piccole manie: il suo comportamento strano, l'abitudine di appollaiarsi al posto di sedersi, la sua perpetua voglia di zucchero. Sapeva che era un detective, e che aveva un'opinione della giustizia decisamente alta. Ma che altro? Non sapeva nulla del suo passato. O dove si trovasse quando non andava a trovarla. E non le aveva mai neanche detto cosa stesse facendo a Tokyo al momento.

Senza contare che se da una parte non sapeva molte cose sul conto di Ryuuzaki, Mamori la conosceva come le sue tasche. Per farla breve, sua sorella era un registratore fatto persona: riusciva a ricordare ogni conversazione cui avesse preso parte con una precisione sovrannaturale, e aveva una testa che le permetteva di memorizzare passi di libri che Misa avrebbe irreversibilmente dimenticato nel giro di due minuti se sua sorella non glieli avesse recitati.

Se Mamori diceva che il nome di Ryuuzaki prima non c'era, per quanto tentasse disperatamente di convincersi del contrario, Misa non poteva fare a meno di sentire che una parte di lei le credesse. Dopotutto, non le veniva in mente una solo volta in cui sua sorella si fosse sbagliata sui suoi ricordi.

D'altro canto, seppure avesse deciso di dare per buona la teoria dei documenti scambiati, rimaneva ancora da stabilire il perché. Innanzitutto perché non era stato scritto il suo nome? Cosa avrebbe potuto voler nascondere cancellando la prova della sua esistenza?

Tutti questi pensieri le causavano quasi costanti emicranie, e la stavano rendendo molto sgradevole. Più di una volta aveva dovuto controllarsi per non rispondere in modo aggressivo a fotografi che avevano avuto l'unica colpa di dire accidentalmente qualcosa che l'aveva fatta urtare.

Pregò qualsiasi Dio che l'avesse ascoltata di riportare tutto a com'era prima, quando tutto era più facile.

Un giorno particolarmente stancante, rincasò con i piedi pesanti come piombo. Si trascinò e crollò sul divano, fissando con occhi vuoti il soffitto. Forse stanotte avrebbe chiamato Ryuuzaki. Allora, forse, avrebbe trovato il coraggio di chiedergli spiegazioni. Scartò immediatamente quell'idea con uno sbuffo non troppo femminile. Le avrebbe detto semplicemente quello che lei aveva detto a Mamori: il suo nome compariva ovunque. Che domanda stupida.

Con un sospiro, Misa si stese e tirò fuori il suo raccoglitore da sotto il tavolino. Nello spostamento saltò fuori anche il libro nero che le aveva regalato Mamori. L'aveva usato per coprire il raccoglitore ed evitare che desse troppo nell'occhio. Non sapeva che altro farci. Sopraffatta da un moto di pigrizia, invece di raccoglierlo lo scalciò con un piede avvolto solo dalle calze.

“Non dovresti trattare con tanto disprezzo i tuoi doni,” sgridò una voce profonda dietro di lei.

Ogni barlume di sonno si cancellò in un istante, e il cuore le schizzò in gola. Agguantando il raccoglitore pronta ad adoperarlo come arma, se necessario, saltò giù dal divano e si voltò per fronteggiare l'intruso.

Sullo schienale del divano incombeva una grossa, scheletrica, abominevole creatura. Dalle spalle ampie fuoriuscivano delle ossa a punta, e il lato sinistro del volto scarno era nascosto da una maschera di bende. Le braccia affusolate ondeggiavano attorno ai fianchi, le dita palmate si agitavano un po' in un gesto quasi nervoso. La stava guardando dall'alto della sua statura con un occhio giallo e un'espressione leggermente divertita. O quantomeno, in seguito Misa l'avrebbe considerata tale.

In quel momento, trovò il quadro completo terrificante. L'orrore la attraversò come elettricità, e partendo dalla punta dei piedi arrivò prepotentemente alla gola, scoppiando in un grido penetrante di paura.

Il mostro si chinò in avanti e sfruttò le braccia lunghe per coprire con efficacia la bocca di Misa e il suo strillo.

“Non farlo,” disse, quasi implorante. “Non sono qui per farti del male.”

Scossa da brividi di terrore, lei lo fissò, incredula. Non si aspettava davvero che ci credesse, vero? Qualunque cosa fosse, era riuscito a intrufolarsi nel suo appartamento, e non sembrava inverosimile che sarebbe riuscito a spezzarla in due se solo l'avesse desiderato. E parve persino intercettare i suoi pensieri.

“Se avessi voluto ferirti, non pensi che a quest'ora l'avrei già fatto? Non mi sono disturbata a darti quel quaderno per ucciderti solo adesso.”

Quaderno? Gli occhi di Misa sfrecciarono nella direzione del regalo di Mamori, che però era troppo distante dal suo campo visivo. Intendeva quello?

“Se prometti di non gridare, ti lascerò la bocca.”

Lei lo studiò con uno sguardo duro, cercando di decifrare la verità dietro le sue parole. Purtroppo, quella faccia le era troppo aliena perché la sua mente potesse distinguere la possibile sincerità dalla sete di sangue, ma si rese conto che comunque stessero le cose, se la creatura avesse voluto ucciderla, lei non avrebbe potuto fare niente per contrastarla.

Perciò annuì, esitante, ma non riuscì a smettere di tremare.

“Bene,” Annuì in risposta il mostro, allentando la presa. “Non gridare.”

Quando fu completamente libera, Misa fece cadere il raccoglitore che aveva stretto in una morsa letale, e si premette le mani sul cuore come per interromperne i battiti. Tornò a scrutare la creatura con occhi sgranati. Dopo quale respiro profondo, riuscì a biascicare un tremante, “C-che cosa sei?”

La creatura sembrò felice che non avesse ricominciato a urlare, e fece quello che avrebbe potuto essere interpretato come un sorriso. “Mi chiamo Rem. Sono ciò che voi chiamate shinigami.”

“Un… un dio della morte?” Sbottò in una risatina nervosa. “Misa non crede alle favole. O ai racconti horror.”

“Io non sono nessuno dei due,” la informò Rem. “Io sono ciò che sono. Uno shinigami. E non stai né sognando, né soffrendo di allucinazioni. Sono reale.”

“Beh, a questo ci credo,” ammise. “Di solito mi sveglio sulle parti più spaventose come questa. Ma non capisco. Se sei un vero shinigami, perché sei qui? Sei…” Impallidì un po'. “Sei venuto a prendere l'anima di Misa?”

“Ti ho già detto che se avessi voluto ucciderti saresti già morta.”

“Ma scusa, allora perché uno shinigami dovrebbe venire a farmi visita?” domandò, calmandosi lentamente ora che la minaccia di morte era sparita.

Rem sembrò quasi perplessa. “Uno shinigami che scende sulla terra per uccidere? Certo che voi umani avete idee decisamente stravaganti. Non sono venuta qui per prendere la tua vita, ma per portarti quel quaderno.” Indicò l'oggetto che si trovava dietro Misa.

Lei si girò e raccolse il quaderno nero, palesemente confusa. “Il regalo di Mamori?”

“Non è stato un dono di tua sorella,” la corresse lo shinigami. “Te l'ho regalato io.”

“Tu,” Inarcò un sopracciglio. “Volevi regalarmi il diario di uno shinigami?”

“Non è un diario. Anche sesuppongo possa essere considerato la cosa posseduta da uno shinigami che più gli si avvicina.” concesse il dio della morte. “E' un Death Note. E' con quello che gli shinigami tolgono la vita.”

Misa spalancò gli occhi, sentendo come delle dita di ghiaccio stringersi attorno al cuore. “Un quaderno in grado di uccidere?”

“Sì,” lo shinigami annuì. “Scrivendo il nome di una persona lì dentro morirà. Ovviamente ci sono delle regole da rispettare. Ma quella che ti ho appena detto è la prima anche per importanza.”

“Un quaderno della morte. Fa abbastanza paura come cosa,” Si accigliò. “Perché vuoi darlo a Misa?”

“Perché è tuo.” rispose Rem, concisa. “Più semplice di così…”

“Ma Misa non è uno shinigami,” Abbozzò un sorriso; il pensiero di possedere una cosa del genere la metteva a disagio. “E Misa non potrebbe mai uccidere nessuno!”

“E' un po' che ti osservo, Misa. Volevi uccidere l'assassino dei tuoi genitori o sbaglio?” L'occhio visibile di Rem sembrò perforarla.

Lei scrollò le spalle. “Che c'entra! Lui era una persona cattiva. E anche in quel caso, Misa non avrebbe potuto ucciderlo, perché altrimenti sarebbe diventata lei una persona cattiva. Senza contare che Kira l'ha punito per Misa.”

“Sì, infatti.”

“Kira l'ha punito…” Qualcosa si accese nella sua testa, e spinse improvvisamente il quaderno di fronte a Rem, accalorata. “Kira ha un Death Note?”

“Io-”

Misa lo interruppe. “Rem ha detto che scrivendo il nome di una persona su questo quaderno quella muore, giusto? Quindi non bisogna essere vicino a quella persona per ucciderla, vero? Basta avere il suo nome.”

“E anche averne presente il volto.”

“Un nome e un volto. Ecco. E' così che… è così che Kira uccide, giusto?” Misa lo guardò con ardore, la paura completamente dimenticata. “Giusto?”

“Devo ammettere che ho osservato solo te durante questi mesi.” iniziò Rem. “Ma dalle informazioni che ho accumulato su questo 'Kira' che tu segui, sì, è molto probabile che possieda un Deah Note.”

“Quindi Kira ha un Death Note. E' in questo modo che punisce i cattivi.” Misa abbracciò il quaderno, con un atteggiamento reverenziale. “Ora Misa conosce finalmente qualcosa su Kira che nessun altro sa. Nemmeno L!”

“L?” domandò Rem.

Misa si accigliò. “L è il detective cattivo che vuole catturare Kira. Ma tanto non importa perché Kira è molto più intelligente di L, e per questo non verrà mai acciuffato! E ora Misa ha qualcosa che potrebbe addirittura aiutarla a trovare Kira…”

Rem parve farsi apprensiva. “Ehi, ti ho dato quel quaderno per aiutare te. Non Kira. Non farti ammazzare per queste sciocchezze.”

“Misa starà attenta. Non preoccuparti,” Sorrise. “Misa ha molto più cervello di quanto credano tutti.”

Il telefonino di Misa cominciò a squillare dal tavolino, facendola sussultare un poco. Ma era abbastanza sicura che un qualsiasi rumore o movimento l'avrebbe fatta trasalire dopo quell'esperienza.

“Pronto, sono Misa-Misa!” si annunciò allegramente portandosi l'aggeggio all'orecchio e accettando la chiamata. “Ciao, Ryuuzaki-san!”

Ottenne in risposta qualche attimo di silenzio. “Stai migliorando, Misa-san,” si complimentò.

“Misa ha capito che quando il numero è strano o privato è Ryuuzaki-san.”

“Capisco.”

“Ehi, Ryuuzaki-san?” cominciò, dando un'occhiata a Rem che, fingendo cortesia, si era voltata. “Verrai presto, vero?”

“Non ne sono sicuro,” replicò. “Le ore di tempo libero che ho a disposizione sono sporadiche, quando va bene. Perché?”

“E' solo che Misa vorrebbe vederti.” E aveva delle domande per lui. Oh, se aveva delle domande. Ma aveva abbastanza buon senso da non farglielo sapere. Aveva imparato che Ryuuzaki era come un agile passerotto: al primo passo falso volava via. “E Misa preferisce parlarti di persona che per telefono.”

“Farò del mio meglio per farti visita non appena potrò, allora. Ma non posso assicurarti niente,” avvertì.

“Va bene. Però per favore, provaci presto, okay? Mi faresti tanto felice!”

“Come ho detto,” sospirò lui, “farò del mio meglio.”

“Okay, okay,” si addolcì. “La pianto. Tanto comunque ora Misa ti deve lasciare.”

“Di già?” chiese, sorpreso. Non poteva dargli torto. Di solito era lei a trascinare fino allo sfinimento le loro conversazioni.

“Scusami, Ryuuzaki. Misa sta cercando di memorizzare un copione per una parte che vorrebbe ottenere. E' molto importante per la mia carriera.” Per un momento, Misa tamburellò un dito sul dorso del Death Note con le labbra corrugate, prima di aggiungere, “Devo ricordare bene tutto quanto. Per questo Misa ha bisogno del massimo della concentrazione.”

“Sembri molto seria riguardo quest'audizione, Misa-san,” commentò Ryuuzaki.

“Misa è seria. Ryuuzaki-san mi capisce, vero?”

“Certamente. Prendiamo tutti il nostro lavoro seriamente quando c'è qualcosa di importante.” asserì, la voce lievemente più grave del normale. “Allora alla prossima. Buona fortuna.”

“Grazie, Ryuuzaki-san.” E non riuscì a trattenere un, “Non dimenticarti di venirmi a trovare!” prima di mettere giù.

“Finito?” domandò Rem, voltandosi verso di lei.

“Sì e no.” Misa guardò il quaderno che aveva tra le mani per un momento, prima di posare lo sguardo determinato sullo shinigami. “Rem, hai detto che c'erano delle regole riguardo il Death Note.”

“Sì,” Rem annuì. “Non le so tutte. Come nessuno shinigami, in effetti, a parte forse il re. Ma ne conosco un bel po'.”

L'espressione di Misa non vacillò. “Di' a Misa tutte le regole che conosci. Ogni singola regola.”

--
Nota nervosa della traduttrice: uhhh… Ciao? *guarda la data di aggiornamento della storia* OUAO NON AGGIORNAVO DA OTTOBRE? *O*
Ugh. Cioè, in realtà credo di avere un altro paio di storie in condizioni ben peggiori, ma gh, i capitoli di Rewrite sono cortissimi rispetto alle altre mie long-fic… D: A mia discolpa posso solo dire che ho iniziato l'università (;_;) e che per un motivo o per un altro non sono riuscita a sentirmi più con la vecchia beta di questa storia (;__; o sister, where art thou?); anche per questo ho aspettato un po' prima di mandare il capitolo alla mia corrispondente dalla Cina (perché modestamente io ho i corrispondenti dalla Cina e presto dal Giappone e voi no, oH OH OH OH O–*is killed*), la mia fedelissima Arli, ma eccoci qui. Prometto che per il prossimo non dovrete aspettare altri cinque mesi o giù di lì. Magari quattro, ma cinque no.
Spero continuerete a seguire questa storia, e ringrazio con affetto tutti i recensori/fav-atori/lurker/whatever di Rewrite. (e a proposito, ora che ci penso non so chi mandi più i commenti all'autrice… *ha un brutto presentimento*)
Ciao, eh. Luv u.



(le mie faccine sembrano enormi qui su EFP ._.)

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Capitolo 9
*** Say Ah ***


Rewrite




Theme 18: "Say Ahh…" ~ Dici “aaah…”

Dopo due giorni durante i quali Rem le disse, le ripeté, e le ripeté un altro po' le regole del Death Note che conosceva, Misa riuscì ad impararle tutte a memoria. Era affascinante scoprire i segreti del quaderno, e a volte si ritrovò addirittura a mormorarle a bassa voce, sentendosi il cuore svolazzarle nel torace al solo suono di quelle parole.

Ora possedeva lo stesso strumento castigatore di Kira. La stessa abilità di giudicare i malvagi. La stessa possibilità che la incantava e la spaventava contemporaneamente.

Rem dal canto suo continuava a ripetere che Misa aveva ricevuto il Death Note a uso esclusivamente personale, non per aiutare qualcun altro. Quando lo diceva lei si limitava a cacciare la lingua, senza degnare di una risposta adeguata i rimproveri della shinigami.

Non era poi così male averla intorno, una volta superato il terrore iniziale di avere un dio della morte perennemente alle proprie spalle. Rem era educata, sapeva ascoltare, e aveva molte caratteristiche di questo mondo. Aveva anche scoperto --perché semplicemente non ce l'aveva fatta a non chiederlo-- che era femmina. E Rem proprio non capiva cosa ci trovasse Misa di tanto scioccante in questa rivelazione.

Se da una parte sembrava esserle sempre vicino sapeva inoltre che ogni tanto Misa voleva la sua privacy, e per un po' spariva di buon grado. La cosa sollevava Misa più di quanto avrebbe voluto ammettere: le ci volle qualche giorno per ricominciare a farsi la doccia senza costume da bagno.

Sostanzialmente Misa vedeva Rem come una coinquilina piuttosto piacevole. Una coinquilina che poteva attraversare i muri, uccidere persone e che solo lei vedeva e sentiva, certo, ma comunque una grande coinquilina.

Le aveva anche parlato a lungo di Ryuuzaki e dei sospetti che stava cominciando a formare. Lo shinigami non fece particolari sforzi per diminuire la sua diffidenza.

“Non mi piace.”

Misa chinò la testa di lato, confusa. “Rem ha detto di aver osservato Misa per un po'. Quindi Rem ha già visto Ryuuzaki-san, vero? Perché non ti piace?”

“Sì, l'ho visto.” rispose con un cipiglio. “Lui… Non mi piace il suo aspetto.”

Lei aveva riso. “Ma Rem sembra strana quanto Ryuuzaki-san!”

Rem aveva trovato poco divertente il paragone, ma dopo aver confermato la propria avversione nei confronti del detective l'aveva chiusa lì. E ogni volta che provava a girare la conversazione sul Death Note e sui possibili usi che avrebbe potuto farne Misa ritornava abilmente a Ryuuzaki.

Non che non avesse idee su cosa fare del dono che le aveva fatto. Il problema era che le sue idee la spaventavano, e non voleva rimuginarci troppo su. Kira era il castigatore dei criminali. Misa-Misa era una semplice idol. E ogni volta che la sua immaginazione si azzardava ad avventurarsi oltre il suo piccolissimo mondo, che osava fantasticare sui forse ed i se, le tornava in mente l'espressione che aveva assunto Ryuuzaki quando aveva letto delle morti degli agenti dell'FBI. Non pensava che avrebbe mai avuto il cuore di prendersi la responsabilità di farlo stare di nuovo così, neanche per la giustizia.

Tra l'altro aveva sotto mano questioni molto più importanti. Come ad esempio trovare il modo di interrogare un detective brillante senza che se ne rendesse conto.

Francamente, Misa non credeva di poter veramente superare in intelligenza Ryuuzaki. Per riuscire nell'intento doveva agire con tutta la prudenza di cui era capace. Se si fosse accorto che stava cercando di investigare su di lui avrebbe chiuso la bocca prima ancora che lei potesse cominciare. La delicatezza era la chiave: doveva solo far in modo che le domande non sembrassero anomale, dopotutto. Poteva farcela, no? In fondo lei era Misa-Misa. Ryuuzaki era bravo, ma lei era un'attrice naturale. Quello era sicuramente un campo in cui avrebbe dovuto riuscire a batterlo.

Il trucco stava tutto nell'assicurarsi che Ryuuzaki andasse da lei. Era ovvio che ci sarebbe voluto del tempo per ricavare qualche informazione seria da una persona così prudente, per cui era pronta a fare solo domande che prevedessero poche alternative durante le rare visite che le faceva.

Ma era proprio la natura sporadica delle sue visite a preoccuparla. Era abbastanza certa che sarebbero bastati la sua bellezza e il suo fascino a convincere un qualsiasi altro uomo a passare da lei regolarmente. Con Ryuuzaki invece era dolorosamente chiaro che essere semplicemente Misa-Misa non era abbastanza. Cosa che Misa trovava leggermente offensivo, anche se non l'avrebbe mai ammesso.

Per questo pensava che persuaderlo a farle visita il più spesso possibile fosse un piano assai ingegnoso. Era stata piuttosto fiera di quest'idea quando l'aveva spiegata a Rem, che però oltre a recapitarle un'occhiata poco entusiasta e ad emettere un lungo, sofferente sospiro non aveva fatto chissà cosa. Evidentemente non pensava che il detective valesse tutti quegli sforzi.

Quando Ryuuzaki bussò finalmente alla sua porta, era abbastanza sicura di essere prontissima ad affrontarlo.

Era appena entrato nell'appartamento e già i suoi occhi si illuminavano, e un sorriso leggero, quasi esitante gli apparve in volto.

“Misa-san,” esordì, l'indice fra i denti, “il tuo appartamento ha un odore… interessante.”

Misa gli concesse il sorriso radioso migliore che sapesse fare. “Davvero? Misa ha cucinato dei dolci!”

Il sorriso gli morì sulle labbra e il suo viso si fece un po' apprensivo. “Dolci? Tu?”

La sua visibile diffidenza le fece aggrottare la fronte. “Sì, io. E mi sono anche impegnata tanto per imparare a farli.”

Lui si tolse le scarpe slacciate solo con i piedi come un bambino impaziente prima di voltarsi verso di lei con un'espressione indecifrabile. “Credevo che tu non mangiassi dolci.”

La ragazza fece spallucce. “Infatti. Ma è una di quelle informazioni che non stona affatto sul profilo di un'idol, e per questo ho pensato di fare un tentativo.” Si girò con una piroetta e si diresse in cucina. “Ho testato i risultati di torte e biscotti sui miei vicini, e sono piaciuti a tutti.” gli assicurò con uno sguardo che lo sfidava a contraddirla.

Lui non parve pienamente convinto. “Ne sono certo.”

Misa sbuffò, portando le mani ai fianchi. “Non l'hanno detto solo per essere gentili! Misa è veramente brava. Però se Ryuuzaki-san non vuole provare nessuno dei dolci che ho preparato pensando a lui a me sta bene.”

Ryuuzaki trascinò i piedi fino al bancone che lo separava da Misa e ci si appoggiò, picchiettandosi il labbro inferiore con un dito. “Mi hai preparato dei dolci?” chiese, un pizzico di impazienza nella voce.

Bingo. Gli fece un sorriso innocente. “Ho preparato i dolci che ho pensato potessero piacerti. Ma se non ti fidi delle mie doti culinarie non te li do. Misa non vuole avvelenare Ryuuzaki-san.” Enfatizzò il tutto con una linguaccia.

Lui spostò i piedi prima di chinarsi ancora di più in avanti. “Se non erro ne abbiamo già parlato, Misa-san.”

“Mi pare di ricordarlo, sì.” convenne, imbronciandosi. “Ma Ryuuzaki-san quella volta non aveva offeso Misa.”

“Non stavo cercando di offendere nessuno,” si difese lui, stringendo e lasciando ripetutamente la presa sul bordo del bancone. Lei aveva già notato che più muoveva le mani più in fretta lavorava il suo cervello. “Ero semplicemente sorpreso che ti fossi appassionata a un hobby del genere. Perdonami se ti ho offeso.”

Misa lo guardò con un cipiglio severo, gustandosi discretamente la sua faccia implorante. Le fece quasi dimenticare il vero motivo per cui aveva fatto i dolci. Ora che se n'era ricordata se ne uscì con un sospiro melodrammatico. “Va bene. Ryuuzaki-san è perdonato.”

Gli ordinò di mettersi al solito posto sul divano mentre lei andava a prendere i suoi manicaretti. Con la coda dell'occhio vide Rem librarsi sopra di lui. Se qualcuno avesse potuto vedere quella scena avrebbe probabilmente pensato che la shinigami stesse rimirando il modo in cui mangiava; Misa sapeva che in realtà lo stava solo osservando, memorizzando ogni suo gesto per poterlo usare contro di lui non appena si fosse presentata l'occasione di parlarne con lei. Sinceramente trovava i suoi modi un po' troppo protettivi, anche perché Rem stessa le aveva detto che, giunta la sua ora, si sarebbe occupata personalmente della sua morte.

Lanciandole un'occhiata torva come a chiederle di lasciare in pace Ryuuzaki, Misa posò con cura tre piatti di fronte a lui e si sedette anche lei sul divano.

Lui li contemplò per un istante, il labbro inferiore leggermente abbassato da un dito. “Solo tre fette?”

Lei si accigliò. “Ryuuzaki-san non può mangiarle tutte e tre… in una volta.” aggiunse quando lui le lanciò di sbieco uno sguardo di sfida. “Misa non vuole farti star male. Se hai ancora fame dopo queste te ne prenderò altre.”

Lui agguantò la forchetta e accennò un sorriso, saettando con gli occhi da piatto a piatto mentre decideva quale provare per prima. La sua gioia sembrava quasi infantile, e quando si mise a tamburellarsi le labbra con la forchetta Misa ridacchiò.

“Questa qui è una mousse al cioccolato, quella invece viene da una torta di pastafrolla con le fragole. Misa ne è molto fiera, le è venuta carinissima. L'ultima è una torta al formaggio. Di quella non sono molto sicura,” lo avvertì, incerta e imbarazzata. “E' la prima volta che la faccio.”

“Quindi sarò la tua cavia, Misa-san?” domandò lui, continuando a fissare i dolci.

“Non conosco nessuno che ami i dolci quanto te.” spiegò. “Per questo ho pensato che saresti stato la persona più indicata a giudicare i miei risultati.”

“La considerazione che hai di me mi lusinga.” Lo disse in maniera così diretta che Misa non riuscì a capire se il suo tono fosse sarcastico o meno, ma lasciò perdere perché aveva già affondato la forchetta nel dolce al cioccolato.

Mentre portava il boccone alla bocca lei si ritrovò a trattenere il fiato. Sapeva perfettamente che la vera ragione per cui si era messa ai fornelli era fornirgli un maggiore incentivo per andarla a trovare, che era tutto un sotterfugio per farlo venire sempre più spesso garantendole almeno la possibilità di poter tentare di estorcergli piano piano le informazioni che voleva da lui.

Ad ogni modo a Misa non piacevano mai i fallimenti, anche se si trattava di semplici coperture per le sue vere intenzioni. Non fingeva quando intrecciò le mani e cominciò a mordersi il labbro inferiore in attesa della reazione del giovane detective.

Lui doveva essersi reso conto del suo sguardo, perché invece di parlare ostentò un'espressione vuota. Masticò lentamente, accarezzandosi leggermente il labbro con i denti della forchetta. Alla fine aprì la bocca come per dire qualcosa, ma si limitò a prendere una forchettata del dolce alle fragole. Era un pochino troppo per Misa.

“Smettila!” strillò, allungando le mani e dandogli una bella scrollata. “Dimmi se ti piace!”

Ryuuzaki la guardò; per un momento parve esausto, poi abbozzò un sorriso. “Ho pensato di provarli tutti prima di condividere le mie opinioni. Per un migliore raffronto, s'intende.”

Lei gonfiò le guance, stizzita. “Ryuuzaki-san fa semplicemente il cattivo con Misa. Di nuovo!”

“Hmmmm?” Si infilò il pezzo di torta in bocca e lo masticò. Una volta che ebbe deglutito rispose: “Non sono mai stato cattivo con te, Misa-san. Sei tu che reagisci in maniera esagerata alle situazioni.”

“Non è vero.” S'imbronciò, stringendo le mani contro la pancia. “A Ryuuzaki-san piace essere cattivo con Misa proprio come gli piace fare il pervertito.”

“Sei tu che indossi completini ideati specificatamente per suscitare pensieri illeciti e impuri nei giovani.” notò, scagliandosi sull'ultima torta. “Perché poi il pervertito sarei io?”

“Misa li mette solo per lavoro!” dichiarò, indignata.

“Allora come mi spieghi i tuoi attuali vestiti?”

Lei sgranò gli occhi, incredula. Un top e una gonna, quelli erano da pervertiti? Aveva persino delle calze scure. Era piuttosto coperta! Come osava Ryuuzaki dire e pensare altrimenti… Soprattutto pensarlo. Arrossì e si toccò la gonna a quadri prima di tirargli i capelli. “Ryuuzaki-san è il più grande pervertito che io conosca.”

Lui si grattò la testa per un attimo, ma poi ricominciò semplicemente a mangiucchiare le torte.

Seccata dal suo rifiuto di raccogliere la provocazione, Misa fece per afferrare la forchetta, ma scoprì che i riflessi del ragazzo erano molto più rapidi di quanto si aspettasse: evitò con facilità ogni suo attacco, e la fece sentire ancora più frustrata quando dimostrò di non soffrire il solletico sotto le braccia.

Sconfitta, Misa si vendicò nell'unico modo possibile: si appoggiò a lui, posando la testa sulla sua spalla. Ryuuzaki si irrigidì come sperato, a disagio.

“Misa-san,” borbottò, muovendo un po' la spalla. “Per piacere, potresti metterti dritta?”

“No.” rispose, determinata. “Mi tolgo solo se Ryuuzaki-san mi dice cosa pensa delle torte.”

“… Mi piace quella al cioccolato,” rispose. “Quella al formaggio ha bisogno di più zucchero. Non si sentiva tanto.” Sussultò per il pugnetto al braccio che ricevette. “Misa-san voleva che le dicessi la verità, no?”

“Beh, sì. Però,” s'imbronciò. “Misa sperava che la verità fosse che ti erano piaciute tutte tantissimo.”

“Quella al cioccolato mi piace.” ripeté. “Anche se è molto difficile sbagliare con il cioccolato.”

“E quella alle fragole?” incalzò. “Ci ho lavorato sodo su quella.”

“Sì, quella alle fragole. Beh, quella alle fragole sa di…” Si mordicchiò il pollice, sovrappensiero, gli occhi al soffitto. “Sa di Misa-san.”

“Sa di… Misa?” Inarcò un sopracciglio delicato, confusa.

“Sì.” Ryuuzaki annuì, compiaciuto della propria risposta. “Sa decisamente di Misa-san.”

Dietro di loro risuonò improvvisamente la voce di Rem. “Questo ragazzo e i suoi giri di parole sono veramente irritanti.”

Non poteva darle torto. Si rizzò a sedere, cupa in volto. “Misa non sopporta Ryuuzaki-san quando non spiega quello che pensa.”

Lui la guardò, gli occhi quasi vacui. “Credevo di essere stato abbastanza chiaro.”

“Ryuuzaki-san non è mai chiaro. Non dice mai a Misa quello che vuole sapere.”

“Volevi la mia opinione sui dolci. Te l'ho data.”

“Ma io voglio sapere di più…” ammise, frustrata.

Chinò la testa di lato. “Vuoi che ti parli della glassa?”

Portò le mani al cielo. “Misa non parlava dei dolci!”

Ryuuzaki le diede un'occhiata piatta e domandò in tono incolore, “Allora cosa intendevi, Misa-san?”

Prima che Misa potesse rispondere Rem fece capolino tra loro due. “Attenta, Misa.” disse. “Continua a non piacermi, ma è chiaro che adesso l'hai messo in allerta. Di' una stupidaggine e non otterrai mai quello che vuoi.”

La ragazza soppesò con cura le parole da usare, sapendo che la shinigami avesse ragione. Aveva quasi mandato a monte il suo piano, ma almeno poteva provare a raccogliere i cocci rimasti e vedere se erano ancora utilizzabili.

Con un sospiro si buttò nuovamente su di lui, ma stavolta avvolse le braccia attorno alla sua esile vita. Non le importava più di tanto che gli desse fastidio il contatto fisico. Finché lo stringeva a sé non sarebbe andato da nessuna parte, ed era quello che contava davvero.

“Lascia stare.” mormorò. “Ryuuzaki-san è un grande detective, no? Però non può dire a Misa quello che sta facendo.”

“Esatto.” replicò, con lo stesso tono di poco prima.

“Misa ha paura che se le dici qualcosa sparirai di nuovo. E sarebbe brutto.” La voce le venne fuori un po' a scatti, e allora spinse fermamente la faccia nella sua spalla. “Per questo Misa preferisce non sapere nulla e avere vicino Ryuuzaki piuttosto che sapere qualcosa e non vederlo mai più.”

“Capisco.” Ci fu un silenzio pregnante, e poi Ryuuzaki parlò di nuovo. “Misa-san, vorresti sapere una cosa su di me che non sa nessun altro?”

Lei sollevò la testa, sbattendo rapidamente le palpebre. “Davvero? Nessuno nessuno?”

Annuì. “Il mio compleanno. Vuoi sapere quand'è?”

Misa avrebbe potuto accecare qualcuno con il sorriso che le adornò improvvisamente i lineamenti. “A Misa piacerebbe da matti sapere quand'è il compleanno di Ryuuzaki-san!”

Lui rispose al sorriso prima di abbassarsi e portare le labbra al suo orecchio. Le sussurrò il suo segreto come se avesse paura che le mura avessero orecchie e la notizia avesse potuto diffondersi da un momento all'altro se non fosse stato abbastanza prudente. Persino Rem che si trovava alle loro spalle non riuscì a sentire.

Quando si allontanò, il sorriso sul viso di Misa era più luminoso che mai. Lui pareva piuttosto confuso dal fatto che questa scoperta l'avesse resa tanto felice, ma non sembrava neanche che volesse chiederle il motivo della sua reazione.

“E' la verità, giusto?” domandò lei. “Non mi hai detto una bugia, vero?”

“Certo che no.” Si accigliò. “Non ti mentirei mai, Misa-san.”

“Non pesavo davvero che mi avessi mentito.” ammise lei, dandogli un piccolo abbraccio. “Grazie, Ryuuzaki-san. E' stato bellissimo da parte tua.”

“Davvero?” chiese, continuando a non capire.

“Sì. Però,” iniziò, liberandolo e mettendosi a sedere composta. “ancora non mi hai spiegato in che senso la torta sa di Misa.”

“Hmmm?” Lui aveva già ricominciato a spizzicare i dolci.

“Non significa niente. Come potrei avere il sapore di-?!”

Non riuscì a terminare la frase. O meglio, le fu impedito di concludere dal polpastrello coperto di dolce che Ryuuzaki le mise in bocca. Si immobilizzò per lo shock, assaporando la dolcezza della torta e della panna montata, l'asprezza delle fragole e una punta di sale quando il dito le sfiorò la lingua. Ryuuzaki ritirò tranquillamente la mano e leccò quel ch'era rimasto del dolce.

Mise si sentì la faccia bruciare d'imbarazzo, e si chiese quanto dovesse essere socialmente inibito per non capire le implicazioni delle sue azioni. Persino Rem lo stava fissando sconvolta.

Lui la guardò, perplesso. “Visto? Sa proprio di Misa-san.”



Note imbarazzate della traduttrice: cioè. Per prima cosa grazie ad Arli per aver betato il capitolo. Secondo: uh uh uh, certi recensori riescono veramente a suscitare la mia vanità di traduttrice, sapete? Terzo e più importante: non è colpa mia @.@
Avevo pronto questo capitolo da mesi. Sto cercando in tutti i modi di contattare l'autrice per una questione abbastanza importante che potrebbe compromettere la pubblicazione intera di questa versione italiana – o potrebbe semplicemente rivelare la mia paranoia. Non lo so ancora, ma finché non sarò riuscita ad andare a fondo alla questione non posso pubblicare altri capitoli di Rewrite, benché ne abbia già tradotto degli altri. Ho postato questo capitolo perché mi pareva il minimo dopo tanto silenzio e per tutte le persone che seguono, recensiscono e hanno recensito la fanfiction.
Vi posso assicurare che non ho trascurato volontariamente questa traduzione, e vi prego di portare pazienza per questo disguido. Questa traduzione, nel frattempo, è ufficialmente on-hiatus.
(non che per voi cambi molto visti i tempi normali di aggiornamento di questa fic ma DUH)

EDIT: niente, problema risolto XDDD Adesso dovete soltanto aspettare me. Quindi probabilmente ci rivedremo tra tre anni… XD

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Capitolo 10
*** "Ano Sa" ("Hey, you know...") ***


Rewrite




Theme 5: "Ano Sa" ("Hey, you know...") ~ “Ehi, lo sapevi che…”

Misa scoprì che fare delle vere domande a Ryuuzaki era un po’ come giocare al gatto e al topo.

“Ryuuzaki-san, qual è il tuo colore preferito?”

“Non ci ho mai pensato.”

“Eh?! Tutti hanno un colore preferito!”

“Davvero? … Suppongo sia il rosso.”

Avvicinati un po’, gradualmente, muovendoti il meno possibile.

“Ryuuzaki-san, sai ballare?”

“Tecnicamente sì. Tuttavia mi è stato detto che mi manca la grazia necessaria per farlo.”

“Ma dai.”

Non fare niente che possa metterlo in allarme.

“Ryuuzaki-san, perché ti siedi così? Stai facendo una strana ammaccatura al divano di Misa.”

“Penso meglio seduto così.”

“Com’è possibile che sederti in modo stupido ti aiuti a pensare meglio?”

“Sono più a mio agio. È comodissimo. Dovresti provarci anche tu.”

“Dovrei sedermi con le gambe su? Ma Misa ha la minigonna!”

“E allora?”

“Che pervertito!”

Assicurati di essere alla distanza giusta.

“Ehi, Ryuuzaki-san, ti piacciono più i gatti o i cani?”

“Che importanza ha?”

“Dicono che si può giudicare la personalità di una persona dal tipo di animale che preferisce. A Misa piacciono i gatti. Non le piacciono le cose troppo dipendenti.”

“Non posso dire di preferirne uno all’altro. Non mi piacciono molto gli animali.”

“La cosa non mi sorprende. Riesci a stento a curare te stesso.”

“… Credo di avere una buona cura di me stesso, Misa-san.”

E quando arriva il momento giusto --quando sembra che lui non sospetti di nulla-- piombagli addosso.

“Ryuuzaki-san, ce l’hai una qualche famiglia?”

La forchettata di plumcake zuccheroso rimase un istante a mezz’aria prima di finire nella bocca di Ryuuzaki. Masticò con una lentezza tanto risoluta che Misa si chiese se quella non fosse una domanda fin troppo personale per lui.

Aveva pensato che una domanda aperta come quella gli avrebbe dato l’opportunità di rispondere in modo altrettanto vago. Magari non avrebbe scoperto molto, ma almeno qualcosa, almeno l’esile speranza di poter ricavare un giorno informazioni più sostanziose sì. Altrimenti, come avrebbe potuto mai comprenderlo?

Alla fine i suoi occhi scuri si posarono su di lei. “Perché me lo chiedi, Misa-san?”

Lei fece spallucce, fingendo indifferenza. “Misa è solo curiosa. Ryuuzaki-san sa tutto della mia famiglia, ma io non so niente della sua. Mi sembra equo.”

Invece di rispondere lui prese un altro pezzo di dolce. Prevedibile. Misa ormai aveva capito che il detective non faceva mai movimenti o discorsi spontanei. Ponderava ogni sua azione. Rispondeva solo dopo aver considerato tutto a fondo, con quella che aveva concluso fosse la scelta migliore.

Ma questo non voleva dire che lei non poteva cercare di spingerlo a sputare prima il rospo.

“Ehi, Ryuuzaki-san,” Gli diede una leggera gomitata nel braccio. “Non è poi una domanda così difficile, no?”

Ryuuzaki posò la sua porzione di torta e afferrò il caffè. Dopo un lungo sorso si rivolse di nuovo a lei. “Suppongo di no, no. È solo che è la prima volta che mi fai domande del genere.”

“Lo so,” Annuì, arricciandosi una coda di capelli e prendendo in tutto e per tutto le sembianze della creaturina innocente che era stata il giorno in cui era nata. “Vorrei soltanto sapere se hai fratelli o che so io. Secondo Misa sarebbe divertente.”

Lui sbatté le palpebre, la cosa più vicina a un sintomo di confusione che le avesse mai mostrato. “Divertente?”

“Sì.” Ghignò. “Una famiglia piena di persone che trascinano i piedi, si siedono in modo strano e mangiano solo zucchero è divertente.”

Un altro battito di ciglia, e poi Ryuuzaki portò gli occhi al soffitto, un dito agganciato al labbro inferiore. “Davvero sarebbe divertente?”

“Beh…” Misa aggrottò un po’ la fronte. Aveva toccato un nervo scoperto? Non aveva veramente una famiglia intera di persone identiche a lui, giusto? “Come minimo sarebbe interessante.”

“Le possibilità che un’intera famiglia si comporti e parli allo stesso modo è inferiore al cinque percento, Misa-san.” osservò, gli occhi ancora fissi al soffitto. “Il che equivale a dire che è impossibile. Nel mondo reale, almeno. Tu non ti comporti come tua sorella, no?”

Misa pensò a sua sorella, la stacanovista Mamori dagli abiti formali e la dizione perfetta. Il solo pensiero di provare a comportarsi anche solo vagamente come la sua rigida sorella la fece accigliare. “No. Proprio non mi andrebbe.”

“A causa degli effetti combinati di natura e educazione tutti crescono con le loro personalità e peculiarità. Anche due gemelli identici.” Aveva riabbassato lo sguardo, prendendo il caffè con le dita affusolate. “È un fatto scientifico.”

“Quindi non c’è nessuno nella famiglia di Ryuuzaki-san che si siede ingobbito come lui?” Rispose alla sua occhiata in tralice con una linguaccia canzonatoria.

Lui rimase di nuovo in silenzio, picchiettando con un mignolo la tazza che reggeva tra le mani. Misa cominciò a temere che avrebbe semplicemente evitato di rispondere, o peggio ancora che se ne sarebbe andato. Non aveva pensato che quello potesse essere un punto dolente per il suo ospite. A lei piaceva parlare della sua famiglia. Quando sentiva la mancanza dei suoi genitori la tirava su di morale. Non aveva considerato l’idea che per lui potesse essere l’esatto opposto.

Dopo aver finito il suo caffè in un sorso scoordinato finalmente parlò. “Proprio non saprei, Misa-san.” ammise, leccandosi le gocce di caffè dalle labbra.

Lei corrugò la fronte, confusa. “Non capisco.”

Lui fece spallucce, ritornando al dolce. “Non ho mai avuto una famiglia, per dirne una. Solo mio padre, e non ricordo di aver preso una qualche abitudine da lui.” Buttò giù un altro pezzo di torta, fissando di fronte a sé con gli occhi vuoti.

Misa suppose che la famiglia di Ryuuzaki fosse stata distrutta con la stessa rapidità con cui si era creata. Al suo posto, nella mente della ragazza, c’era l’immagine di un bambino mingherlino rannicchiato vicino a una poltrona su cui sedeva un uomo con lineamenti simili ma un contegno più autoritario. Non riusciva a schiarire il quadro in nessun modo, e lo trovava frustrante. Quindi Ryuuzaki era semplicemente nato strano e unico? Non aveva preso da nessuno, alla fin fine?

Comunque fosse decise di sfruttare il materiale che aveva a disposizione. “E così,” Misa sorrise. “Ryuuzaki-san ha un padre? Forse un giorno Misa potrà incontrarlo.”

Avevo.” corresse, la voce piatta. “È morto poco più di dieci anni fa.”

L’idol trasalì. Lui non era molto più grande di lei, forse aveva addirittura la sua età. Già era stato bruttissimo per lei perdere i genitori a diciannove anni; non riusciva proprio a immaginare come sarebbe riuscita a elaborare il lutto se fosse stata una bambina. D’altro canto, aveva il sospetto che Ryuuzaki superasse gli alti e bassi della vita in maniera diversa dalla maggioranza delle persone.

“Mi dispiace.” mormorò, leggermente sgonfiata.

“Non c’è bisogno di scusarsi, Misa-san.” le assicurò, masticando un altro pezzo di torta. L’ombra scura che gli aveva adombrato il viso fino a pochi istanti prima era sparita e ora sembrava essere tornato quello di sempre. “È successo tanto tempo fa.”

Lei annuì, percorrendo con un dito il contorno di uno dei minuscoli teschi disegnati sulla sua gonna. “Però,” iniziò, mordendosi il labbro. “Ryuuzaki-san non ha preso proprio niente da suo padre?”

Lui guardò il piatto ora vuoto, quindi passò un dito sulla superficie di ceramica per raccogliere le briciole rimaste. Se le leccò via dal polpastrello, e i suoi occhi ripresero a vagare sul soffitto. Sembrava guardare in alto ogni volta che tentava di decidere se rispondere in maniera diretta o meno.

“Solo il suo nome.” replicò, e la sua voce era così fredda che per poco Misa non tremò.

Saggiamente, pensò che fosse meglio fermarsi finché era ancora in tempo. Alzò la voce di un’ottava e batté le mani con fare entusiasta. “Beh, se vuole Ryuuzaki-san può dividere Mamori con Misa! Così può avere anche lui una sorella.”

I suoi occhi caddero su di lei. “Perché dovrei volere una cosa del genere?”

Lei s’imbronciò e si portò le mani ai fianchi. “Perché è bello avere una famiglia, e poi perché Mamori è una bravissima sorella!”

Era chiaro che lui trovasse l’idea piuttosto assurda. Ma invece di farglielo notare, rispose con un: “Ma se ti lamenti sempre di tua sorella.”

Lei si stizzì. “Questo perché Misa e Mamori sono molto diverse! Però Mamori lavora nel campo della legge, proprio come Ryuuzaki-san. Quindi probabilmente andreste d’amore e d’accordo.” Se Mamori non l’avesse strangolato una volta scoperto chi era. Ma non c’era bisogno che lui sapesse di quella parte.

Ryuuzaki si mordicchiò la punta dell’indice. “Per quanto apprezzi l’offerta, Misa-san, mi vedo costretto a rifiutarla. Da quello che mi hai raccontato tua sorella sembra una rompiscatole.”

Scandalizzata, Misa spalancò occhi e bocca. “Ryuuzaki-san non può parlare così di mia sorella!”

“Sono parole tue!” si difese, indietreggiando quando Misa gli tirò forte i capelli. “L’hai chiamata così in più di un’occasione. Ho semplicemente l’impressione che tu stessa mi hai fornito.”

“Non c’entra.” ribatté Misa, schiumando di una rabbia infantile. “Misa può prendere in giro Mamori perché è sua sorella. Ma Ryuuzaki-san non può!”

Lui inclinò la testa, accigliato. “Non ha alcun senso.”

“Invece sì!” Allungò di nuovo le braccia, stavolta artigliandogli i minuscoli pugni ai capelli per tirarli per bene. Lui agitò un po’ le braccia e l’attacco gli fece quasi perdere l’equilibrio. “Ryuuzaki-san è stupidissimo. Stupido, stupido, stupido!”

Mentre era ancora sotto assedio Ryuuzaki rischiò di cadere e per tenersi abbassò le braccia. Purtroppo per lui la sua mano atterrò sulla coscia di Misa, che con un acutissimo “Pervertito!” smise di strattonargli i capelli e iniziò subito a spingerlo: il suo corpo sbatté contro il pavimento con un tonfo decisamente sgraziato. Si ritrovò a fissare il soffitto con occhi vuoti.

Arrossendo, Misa imprecò sommessamente contro di lui, massaggiandosi il punto in cui l’aveva toccata come se scottasse. Lui si drizzò lentamente a sedere, ma invece di tornare vicino a lei sul divano rimase raggomitolato per terra.

“Misa-san, te lo potevi risparmiare.” commentò, in tono quasi offeso.

Lei incrociò le braccia e aggrottò le sopracciglia. “Ryuuzaki-san non avrebbe dovuto afferrare la gamba di Misa.”

“Non l’ho afferrata. Inoltre non ti avrei mai neanche toccata se tu non avessi cominciato a tirarmi i capelli.”

“Ti ho tirato i capelli solo perché tu hai insultato Mamori!”

“Non ho fatto altro che ripetere parole usate da te stessa in passato.”

“E ti ho già spiegato che solo Misa può prendere in giro Mamori!”

“Quella spiegazione continua a non aver senso.”

“Ryuuzaki-san continua ad essere stupido!”

Finalmente le concesse un’occhiata piatta. “Questa conversazione non ci porterà da nessuna parte.” dichiarò, alzandosi. “Forse farei meglio ad andare.”

“Eh? Di già?” Mise su il broncio, costernata. “Ma sei appena arrivato!”

Il detective si grattò la gamba destra con il tallone, evitando di guardarla negli occhi. “Sono qui da circa due ore, Misa-san. Devo tornare al lavoro.”

Lei abbassò la testa; la smorfia dispiaciuta era sempre lì. “E il lavoro è più importante di Misa?”

“Sì, molto.” rispose senza esitazioni.

Per un istante lo fissò con un’espressione impacciata, mentre una vocina nella sua testa le ricordava che quello era Ryuuzaki, che diceva molte cose senza pensare che potessero ferire. Il che comunque non eliminava completamente il dolore.

“Anche Misa vuole essere importante.” mormorò, distogliendo lo sguardo e raddrizzando le spalle. Con voce un po’ più forte aggiunse, “Se devi andare vai. Non voglio essere una rompiscatole e roba simile.”

Con la coda nell’occhio vide che non si era ancora mosso. Anzi, sembrava la stesse fissando intensamente, il pollice stretto tra i denti. Tuttavia quando si voltò verso di lui per chiedergli cosa stesse guardando si era già avviato all’ingresso. Non sapeva se definire pessimo o semplicemente magnifico il suo tempismo.

Ryuuzaki aprì la porta ma si fermò un attimo, battendo le mani sul pomello. “Vedrò se posso tornare presto.”

Si rifiutò di guardarlo uscire come una bambina, e continuò a dargli le spalle standosene seduta rigidamente sul divano. Sapeva che quella era una specie di scusa; di solito non prometteva mai di venirla a trovare se non sotto le sue pressioni. Ciononostante, a Misa non piaceva essere seconda a niente e a nessuno, figurarsi a un’indagine qualunque. Cosa poteva essere così importante da attirare più di lei l’attenzione di Ryuuzaki?

Lei sbuffò, senza girare la testa. “Fa’ come ti pare.”

Ci fu un lungo momento di silenzio prima che un sommesso tintinnio annunciasse la partenza del giovane. Emise un profondo sospiro che aveva trattenuto senza accorgersene.

“Continuo a non capire perché ti prendi tutto questo disturbo.” commentò Rem, mentre la parte superiore del suo corpo appariva dal muro che divideva il soggiorno dalla camera da letto. “Quel tizio è tremendamente irritante.”

Non sobbalzò neanche alle parole e all’apparizione brusca della shinigami. Aveva fatto il callo all’abitudine che aveva di spuntare e sparire nelle stanze.

Si accigliò. “Misa non capisce. Ma proprio non capisce!”

La sua seconda ombra abbozzò un sorriso. “Sono lieta che finalmente la vedi come me.”

“Cosa ci può essere di più importante di Misa?” domandò la ragazza, le mani sui fianchi.

Il sorriso svanì, e Rem emise uno dei suoi lunghi, sofferenti sospiri. “Misa…”

“Mi rendo conto che il lavoro di Ryuuzaki-san è importante,” sottolineò. “Anche per Misa il suo lavoro è importante. Però io il tempo per Ryuuzaki-san lo trovo sempre. Domenica è il giorno di Ryuuzaki-san! Allora perché domenica non può essere il giorno di Misa per Ryuuzaki-san? Non è giusto. Voglio solo un giorno a settimana. Non è chiedere troppo, no?”

“Io continuo a ripetere che quello lì non vale la pena che ti dai. Dovresti concentrarti di più su te stessa. È per questo che ti ho dato il Death Note. Per aiutarti.”

“Ma capire Ryuuzaki-san è aiutarmi.” contestò lei. “Perché a Misa piace stare con Ryuuzaki-san. Anche se a volte è stupido.” aggiunse, in tono piatto.

Rem parve arrendersi, scuotendo la testa in segno di sconfitta.

“Secondo Misa Ryuuzaki-san se ne va via ogni volta per colpa di quel vecchio.”

“Vecchio?”

“Sì. Un vecchio qualche tempo fa chiamò Ryuuzaki-san e lo costrinse ad andarsene. Quella volta non se ne andò, però…” Aggrottò la fronte, picchiettandosi il mento. “Forse ho fatto male a pensare che Ryuuzaki-san fosse il capo. Forse in realtà il vecchio è il capo, e quella volta facendolo rimanere Misa ha messo Ryuuzaki-san nei guai. È per questo che non può restare troppo a lungo.”

“Se anche fosse così cosa pensi di fare in proposito?”

Il cipiglio di Misa si accentuò. Le mani cominciarono a giocherellare con i bordi frastagliati della gonna, i suoi occhi si concentrarono sul pavimento. Le passavano per la testa pensieri più cupi di quelli che solitamente osava formulare. La spaventavano, come accadeva normalmente, ma questa volta cominciò ad accarezzarli. Dopotutto, lei aveva possibilità che la maggior parte delle persone poteva solo sognare. Sprecarle sarebbe stato un peccato, no?

“Ryuuzaki-san ha detto che non può stare molto tempo con Misa perché ha un grosso caso tra le mani.” disse, la voce singolarmente monotona.

“E quindi?”

“Quindi, questo significa che probabilmente Ryuuzaki-san è alle prese con un grandissimo criminale. Quando l’avrà catturato avrà più tempo libero.” spiegò. “E quindi… Misa non deve far altro che scoprire chi è il cattivo che Ryuuzaki-san sta cercando di trovare.”

L’occhio a fessura della shinigami si dilatò un po’, l’unico segno di shock --e magari impazienza-- che potesse mostrare il suo viso scarno. “Allora che farai, Misa?” chiese, quasi con una nota di speranza.

“Io…” Si voltò finalmente verso di lei, pallida in volto ma con un’espressione determinata, benché leggermente spaventata. “Scriverò il nome di quella persona sul Death Note. L’ho ucciderò per Ryuuzaki-san.”

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Capitolo 11
*** Radio-Cassette Player ***


Rewrite




Theme 14: Radio-Cassette Player ~ Il mangianastri

“Ehi, Rem?” Misa voltò la testa verso la shinigami al suo fianco. “Non potresti darmi solo un indizio?”

Il dio della morte strinse le labbra. “No.”

“Cattiva.” borbottò facendole una linguaccia.

Non aveva preso alla leggera la decisione di uccidere il criminale cui stava la caccia Ryuuzaki. Sapeva perfettamente le implicazioni di un’azione del genere. Che tecnicamente sarebbe diventata un’assassina. Che agli occhi della legge sarebbe stata una criminale.

Ma c’erano sicuramente delle eccezioni. Come Kira. Kira uccideva i malvagi peccatori che meritavano il suo castigo. Misa stava semplicemente progettando di fare esattamente la stessa cosa. E poi sarebbe stato solo per questa volta. Una volta, poi non l’avrebbe fatto più. Non sarebbe stata troppo cattiva se avesse usato il Death Note una volta sola, e per una giusta causa, per giunta. Giusto?

L’unico problema che prevedeva era provare effettivamente ad usare il quaderno. Aveva bisogno tanto del vero nome della persona che voleva uccidere quanto di un immagine chiara del suo volto in mente. Purtroppo dubitava che scrivere “La persona cattiva che Ryuuzaki vuole catturare” avrebbe sortito gli effetti desiderati.

Aveva dato per scontato che Rem l’aiutasse. In fin dei conti l’aveva spinta a utilizzare il Death Note sin dal principio. La shinigami le aveva tuttavia spiegato che una delle regole che doveva rispettare era che uno shinigami non poteva dire a un essere umano il nome o la durata della vita di un altro essere umano. Ne comprendeva il perché, ma questo non rendeva la situazione meno frustrante.

Allora aveva ideato un piano geniale (per lei, quantomeno), che consisteva nel far pedinare Ryuuzaki da Rem quando usciva dal suo appartamento. Magari non avrebbe potuto darle dei nomi, ma almeno delle indicazioni sì. Cosa avrebbe fatto una volta scoperto il posto in cui si trovava Ryuuzaki non lo sapeva ancora, ma aveva comunque deciso di combattere una battaglia alla volta.

Per un po’ Rem parve prendere in seria considerazione quella richiesta. Dopo una visita di Ryuuzaki la shinigami era scomparsa, e Misa era certa che lo avesse seguito. Aveva aspettato il suo ritorno col fiato sospeso, e quando la scheletrica figura era arrivata davvero le si era praticamente gettata addosso.

“Sei un mito!” aveva strillato Misa, alzando le braccia al cielo per festeggiare.

La shinigami era stranita. “Prego?”

“Rem ha seguito Ryuuzaki-san per Misa, vero?” aveva chiesto la ragazza, senza abbandonare il suo sorriso. “Allora adesso puoi dirmi dove va.”

Lei era rimasta ferma, in silenzio, l’espressione indecifrabile.

La sua improvvisa rigidità la innervosiva. Chinò di lato la testa, mentre la paura le si formava lentamente nello stomaco. “Rem?”

Dopo quella che sembrò un’eternità, Rem finalmente abbassò lo sguardo, incapace di reggere ulteriormente il suo. “Mi dispiace, Misa.” aveva detto, la voce colpevole. “Non posso dirtelo.”

Quindi se ne era andata immediatamente, ignorando gli strilli di Misa. E anche al suo ritorno si era rifiutata di parlare dell’argomento.

In conclusione, si era profondamente arrabbiata e aveva detto a Rem che non le avrebbe più rivolto la parola. Quando la shinigami provava a intavolare una conversazione con la ragazza lei rispondeva con il silenzio, rompendolo di tanto in tanto per borbottare che avrebbe ricominciato a parlarle se e solo se Rem le avesse dato le informazioni che voleva; al che Rem diceva ancora una volta che non poteva ed erano punto e da capo.

Quando Ryuuzaki andò a casa sua, oltre a un piatto di pasticcini eccessivamente ricoperti di glassa trovò Misa curvata su un vecchio registratore.

“Misa-san,” La oscurò con la propria ombra, addentando un pasticcino senza preoccuparsi delle briciole che caddero. “che stai combinando?”

“Misa sta registrando un demo in musicassetta,” spiegò, senza neanche guardarlo. “La mia manager pensa che sarebbe un’ottima idea perché tante altre idol recitano. E mangiano in maniera decorosa,” sbottò. “Ryuuzaki-san, stai facendo un casino!”

Lui mosse leggermente la testa, infilandosi con poca cura un altro pezzo in bocca. “Tu sai cantare?”

“Certo che so cantare!” dichiarò incontrando finalmente i suoi occhi come per sfidarlo a dubitare di lei. “E Misa ti ha detto di mangiare in modo decoroso.”

Lui si accovacciò accanto a lei, tamburellando le dita sulle ginocchia. “Ma perché usi un vecchio registratore?” chiese, ignorando o forse semplicemente non notando la stizza della ragazza. “Non avrebbe più senso registrarlo su un cd?”

Lei arrossì, e cominciò a giocherellare con una ciocca di capelli. “Misa… non è molto brava con quella roba lì.” ammise, imbarazzata. Fece un colpetto di tosse e raddrizzò la schiena. “E poi Misa sa che un sacco di cantanti famosi hanno messo i loro demo su cassetta, non su cd. Seguo la tradizione.” concluse, annuendo soddisfatta del proprio ragionamento logico.

Ryuuzaki non sembrava troppo convinto, ma a qualche commento sgradevole in proposito preferì finire quello che stava mangiando. “E cosa registri, Misa-san?” domandò infine, leccandosi la glassa dalle dita.

“Beh, la mia manager non mi ha dato nessuna musica in particolare perché prima voleva controllare che sapessi cantare,” rispose, un po’ impacciata. “Allora Misa ha deciso di registrare qualche canzone che sua madre le cantava spesso. Mi facevano sempre sentire meglio.” aggiunse a bassa voce.

Quando si accorse che Ryuuzaki stava zitto da un po’ alzò gli occhi e lo scoprì a fissarla intensamente, e a giudicare dal modo in cui si mangiucchiava il pollice il suo cervello stava correndo all’impazzata. Si sentì avvampare per tutta quell’attenzione.

“Ehi, ti va di sentirlo?” chiese nervosamente, schiacciando ‘Play’ prima ancora di ricevere il suo assenso.

Per qualche secondo non si udì nulla, poi con il loro crepitio le casse annunciarono un pianoforte. Le note erano lente, trascinate, tristi. L’età del vecchio mangianastri faceva faceva echeggiare la melodia in maniera deliziosa, e alla fine si aggiunse improvvisamente il soprano di Misa. Il piacevole testo della canzone e il modo dolce in cui cantava sembravano quasi contraddire lo spartito malinconico, ma nell’insieme non stonava affatto: ne era venuto fuori un motivo tenue e ritmato.

Quando arrivò anche l’ultima nota Misa spense l’apparecchio ma continuò a tenere gli occhi bassi. “Allora, cosa ne pensa Ryuuzaki-san?” domandò, esitante.

“Bellissimo.”

La testa della ragazza scattò verso di lui, le sopracciglia sollevate per lo stupore. “Davvero?”

Ryuuzaki annuì, quasi impercettibilmente, l’indice tra i denti. “Hai una voce molto bella,” disse, quasi con il tono di chi ha appena avuto un’illuminazione. “Però devo ammettere di essere un po’ sorpreso dalla scelta della canzone. Sembra un po’ troppo…” Qui Misa si accorse che stava cercando le parole giuste per non offenderla, “tradizionale per te, Misa-san.”

“Mamma la cantava in continuazione,” gli ricordò, con un broncio leggero. “E a Misa piace ‘Sakura, Sakura’. È molto carina.”

Lui chinò la testa. “Capisco.”

“Mamma cantava sempre qualche ninnananna quando Misa o Mamori avevano gli incubi,” confessò, sorridendo al ricordo. “E li facevano sempre sparire. Lei diceva che era perché le sue canzoni erano magiche. Cioè, lo so che è stupido!” Rise, poi sospirò, malinconica. “Ma quand’ero piccola ci credevo.”

Abbassò la schiena e vi nascose dietro le mani per sostenersi. “Nessuno ha mai cantato una ninnananna a Ryuuzaki-san quando era bambino?”

E allora lo rivide. Rivide il fantasma di qualcosa passargli sul volto per neanche un secondo prima di svanire. “… Credo di no.”

Misa si spinse bruscamente in avanti, accigliata, arrivando sopra il registratore. “Nessuno ha mai cantato niente a Ryuuzaki-san? Nemmeno una volta?”

“Temo di no.” Fece spallucce, senza apparentemente comprendere i motivi del suo sdegno.

Lei poggiò il mento sulla mano e il gomito sopra la radio. “Misa non riesce neanche a immaginare come avrebbe fatto senza neanche una ninnananna. È tristissimo, Ryuuzaki-san!”

“Lo pensi davvero?” Lui drizzò la testa, abbassondosi il labbro inferiore con l’indice. “Non posso dire di essere d’accordo, dal momento che non ho mai sperimentato niente di simile con cui poter fare il confronto.”

Misa sbatté le palpebre. Beh, cosa poteva mai esserci di ‘simile’ ad una madre che canta per suo figlio? Nulla, per lei. Poi le venne in mente quello che Ryuuzaki aveva detto sulla sua famiglia, e capì con un brivido che molto probabilmente suo padre non aveva mai scacciato gli incubi con una canzone o cose del genere.

L’idea le dava comunque fastidio, e si ritrovò a chiedere, “Nessuno ha mai cercato di tirarti su di morale?”

Lui parve preso in contropiede. “Non ho detto questo, Misa-san. Semplicemente non mi è mai stato cantato niente. E non si può sentire la mancanza di ciò che non si è mai avuto.”

Lei non ne era completamente convinta. Forse era perché trovava quel ricordo di grande conforto, ma anche solo il pensiero che qualcun altro non ne avesse la lasciava perplessa, se non addirittura demoralizzata. “Allora Ryuuzaki-san non vorrebbe che Misa gli cantasse qualcosa? Anche se potrebbe farlo star meglio?”

“Misa-san?” Lui la fissò, incapace di escogitare una risposta adeguata.

A Misa stava bene, visto che decise di non aspettare che ne trovasse una. Chiuse gli occhi e cominciò a cantare. “Sakura, sakura…”

E mentre ripeteva le stesse parole che l’avevano fatta sentire tanto protetta quand’era piccola, Misa capì. Lei voleva proteggere Ryuuzaki. Voleva renderlo felice quando era triste, e assicurarsi che lo fosse per sempre. Ma non nel modo in cui sua madre si era presa cura di lei. Il suo desiderio aveva radici più profonde, le tracciava sentieri nel cuore che sarebbe stata disposta a far percorrere a una sola persona.

Voleva scovare la cosa buia che si celava dietro la superficie di Ryuuzaki, qualunque essa fosse, e distruggerla per sempre. Voleva che lui non la vedesse più come un diversivo interessante, ma come qualcuno su cui fare affidamento e dal cui trarre sostegno. Voleva consolarlo e ridere con lui e semplicemente stare con lui. Voleva stare con lui per sempre.

E avrebbe fatto qualsiasi cosa per realizzare tutto questo. Anche se significava mettere a repentaglio la propria vita per lui. Anche se significava uccidere per lui.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per la sua felicità.

Una volta finita la canzone riaprì gli occhi e vide che Ryuuzaki la stava ancora fissando. Invece che confuso, comunque, sembrava più che altro rapito. Aveva il pollice tra i denti, ma a differenza del solito era come troppo concentrato su di lei per ricordarsi di masticarlo.

Arrossendo un po’, Misa abbozzò un sorriso. “Misa canterà sempre per Ryuuzaki-san. Beh, presto Misa canterà per tutti…” si corresse, con falsa modestia. “Ma Misa canterà sempre qualcosa di speciale per Ryuuzaki-san. Va bene?”

Lentamente, lui si tolse il dito dalla bocca e si grattò le ginocchia con entrambe le mani. La sua espressione ridivenne vuota come al solito, e poi senza neanche una parola si mise in piedi e si diresse alla porta.

Lei lo guardò, disorientata. Aveva detto qualcosa di male? “Ehi, Ryuuzaki-san?” Anche lei si alzò e lo raggiunse. “Te ne vai?”

“Sì.” rispose semplicemente, scivolando nelle scarpe. “Devo tornare al lavoro.”

Misa si accigliò. “Te ne vai sempre per il lavoro.”

“È imp-”

“È importante,” lo interruppe, accigliandosi ancora di più, incapace di sciogliere il nodo di gelosia che le si stava lentamente aggrovigliando in petto. “Non fai altro che ripeterlo! Se il lavoro è così importante allora perché ti prendi il disturbo di venirmi a trovare?”

Ryuuzaki le diede solo una rapida occhiata prima di scrutare il soffitto, picchiettandosi le labbra con un dito. Dopo un lungo momento di silenzio disse, “Non lo so proprio. So solo che lo voglio. Suppongo sia per questo che continuo a tornare.” Finalmente posò gli occhi su di lei. “Misa-san è un enigma che voglio risolvere.”

Lei sbatté le palpebre come un gufo, non sapendo come prendere una frase del genere. Per quanti aspetti di Ryuuzaki potesse credere di aver intravisto continuavano a essercene tanti altri di cui lei non sapeva assolutamente nulla. Quando affioravano per qualche attimo di solito la confondevano e le facevano pensare che forse non l’avrebbe mai capito veramente.

“Arrivederci, Misa-san.” Senza aspettare risposta aprì la porta e uscì.

Lei guardò la porta chiudersi piano, e il piccolo nodo di gelosia si tramutò rapidamente in un groviglio d’ansia, serrandosi considerevolmente. D’un tratto non poteva permettere che se ne andasse via in quel modo. La sua mano scattò in avanti, bloccando la porta. “Aspetta, Ryuuzaki-san!”

La riaprì di colpo e colmò la distanza che li separava. Da qualche parte nella sua testa sentì una vocina ridacchiare divertita dall’espressione di sorpreso disagio che gli attraversò la faccia all’improvvisa invasione di campo. Per il momento decise comunque di ignorarla e concentrarsi piuttosto sull’impulso che stava guidando i suoi movimenti, alzandosi sulle punte dei piedi e dandogli un veloce bacio sulla guancia.

Si allontanò, un sorriso timido sulle labbra. “Per augurarti buona fortuna con il lavoro!” Caldo. Era più caldo di quanto ricordasse.

Le dita sottili di Ryuuzaki si posarono sul punto che lei aveva sfiorato con le labbra, perplesso. “… Capisco.” Infilò le mani in tasca e iniziò ad andarsene. “Grazie, Misa-san.”

Non si aspettava che aggiungesse altro e così fu. Chiuse la porta con un sospiro. Rimase lì per qualche minuto, la fronte premuta contro il legno. Alla fine mormorò senza voltarsi un: “Rem?”

“Sì, Misa?” fu la risposta quasi istantanea.

“Ti prego, dimmi dove va Ryuuzaki-san.”

“… Ti ho già detto che non posso.” le ricordò la shinigami, in un tono che lasciava trapelare i suoi sensi di colpa.

“Ma perché no?” la ragazza si voltò di scatto, frustrata. “Perché non puoi dirmelo?”

“Misa, non posso e basta.” Rem distolse gli occhi.

“Ma che vuol dire!”

L’altra indietreggiò. “Mi spiace.”

Misa le lanciò uno sguardo torvo. “Rem ha detto che non le piaceva Ryuuzaki-san perché non parla mai chiaro. Ma Rem è ancora peggio di Ryuuzaki-san, perché fa la stessa cosa sapendo di far male a Misa.”

“Io non voglio farti del male,” si difese Rem, turbata anche soltanto dall’idea. “È esattamente l’opposto.”

“Ma Rem ha detto che voleva che Misa fosse felice,” Le mancò il fiato, e i suoi bei lineamenti si contorsero.

Il dio della morte la guardò, sconvolta. “Misa, io-”

“Se davvero volessi la mia felicità me lo diresti.” la sfidò. Nei suoi occhi cominciarono a formarsi delle lacrime, offuscandole la vista. “Perché Misa finalmente ha capito. Finalmente lo sa. La felicità di Ryuuzaki-san è la felicità di Misa. È per questo motivo che voglio fare tutto il possibile per aiutarlo. E posso farlo solo con il tuo aiuto.” Congiunse le mani, le prime lacrime caddero. “Ti prego, Rem!”

Rem fissò la ragazza disperata che aveva di fronte, il volto scarno lacerato all’inverosimile considerata la gamma limitata di espressioni di cui poteva far effettivamente uso. Poi voltò rapidamente la faccia, ma non abbastanza da nascondere all’idol la colpevolezza che si sentiva addosso. Il cuore di Misa sprofondò.

“Mi dispiace tantissimo, Misa.” disse, solenne, spiegando le ali simili a quelle di un pipistrello. “Proprio non posso. Per favore, non chiedermelo più. Specialmente adesso. Ti prego, basta.” E poi se ne andò, volando nel soffitto e svanendo come se non fosse stata altro che un’illusione.

Rimase a guardare il punto in cui era sparita per qualche minuto, tirando su col naso e asciugandosi gli occhi. Le faceva male la gola e si sentiva improvvisamente stanca, ma non le importava; al momento riusciva a pensare solo a quello che Rem si era lasciata scappare senza volerlo.

“‘Specialmente adesso,’” ripeté, smarrita tra mille pensieri che le volteggiavano per la testa. “Perché chiederglielo adesso dovrebbe essere ancora peggio di prima? Rem,” disse all’aria, “perché adesso è diverso dalla prima volta che te l’ho chiesto? Cos’hai visto che non vuoi che io sappia?”

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Capitolo 12
*** Look Over Here ***


Rewrite





Theme 1: Look Over Here ~ Guarda qui

Erano quasi due settimane che nell’appartamento di Misa regnava un silenzio spettrale. Certo, lei si rifiutava di rivolgere la parola a Rem, ma quest'ultima sembrava aver avuto un’idea simile. Si evitavano a vicenda come meglio potevano, visti i limiti imposti loro situazione, e per il momento andava bene a entrambe.

Di recente le era capitato spesso di doversi scusare ripetutamente con fotografi frustrati dal suo continuo distrarsi ai servizi fotografici, e la cosa le dava più fastidio di quando non volesse ammettere. Era orgogliosa della sua etica del lavoro, e per quanto le circostanze in cui si trovava fossero piuttosto insolite non le piaceva crearsi scuse. Misa-Misa era l’idol perfetta.

Ma Amane Misa era lungi dalla perfezione.

Si rigirava nel letto tutta la notte, incapace di tenere a freno i nervi quel tanto che bastava per dormire un numero decente di ore. Al mattino strisciava fuori dalle lenzuola spiegazzate e lo specchio le rimandava il riflesso di una ragazza stanca che si portava male gli anni che aveva, i capelli biondi opachi e scompigliati e due segni di spossatezza blu sotto gli occhi. Solchi scuri che le facevano tornare in mente qualcuno, strattonandole un altro po’ il cuore.

Quando Rem era nella stessa stanza le lanciava uno sguardo secco e accusatorio. Sei orribile, strillava con gli occhi. Dimmelo!

Ogni volta, tuttavia, Rem si voltava e l’abbandonava senza una parola.

Come se non bastasse sembrava che Ryuuzaki avesse ricominciato a nascondersi, lasciandola all’oscuro delle sue condizioni. Ogni volta che succedeva le prendeva l'ansia, e a furia di afferrarlo in malo modo per la fretta di rispondere aveva quasi fatto definitivamente a pezzi il cellulare.

Una notte, Misa provò a razionalizzare il comportamento di Rem. Dopotutto, in un primo momento aveva accettato di buon grado l'idea di seguire Ryuuzaki ovunque andasse. Solo in seguito al pedinamento aveva improvvisamente deciso con tutte le sue forze di non dirle niente.

E ora più che mai era determinata a tenere la bocca chiusa in merito alla questione. Il che, secondo una piccola, piccola parte di lei, avrebbe dovuto farle capire che forse era darle ascolto e lasciar perdere tutto. Ipotesi che lei aveva scartato con forza. Non poteva permettersi insicurezze e ripensamenti: avrebbe aiutato Ryuuzaki e allo stesso tempo servito la giustizia.

Kira non aveva mai esitazioni, e neanche Misa ne avrebbe avute.

Adesso che pensava al suo eroe, si rese conto che era un po’ che non toccava il raccoglitore. Distrarsi le avrebbe disteso la mente, si disse, quindi lo tirò fuori e raccolse i giornali e le riviste che aveva messo da parte. Riprese l’abitudine di organizzare e ampliare il raccoglitore ogni notte, riversandovi dentro articoli incentrati sul suo idolo; i resoconti dei crimini commessi dalle persone su cui aveva emesso il giudizio ultimo; e interviste a ‘esperti’ che a volte dichiaravano che Kira fosse un dio, altre che ad agire fossero più persone, e altre ancora che fosse tutta una montatura per alzare l’audience dei media.

Ma lei conosceva la verità. C’era solo un Kira, e non era né una finzione né un dio.

O forse, si corresse, a modo suo era un dio. Kira si era fatto carico del peso del mondo intero sulle proprie spalle, si era fatto carico della grande responsabilità di ripulire il mondo, ben sapendo che agli occhi degli ignoranti non sarebbe stato che un peccatore.

Avrebbe voluto avere anche solo metà del suo coraggio, ma si sarebbe fatta bastare quello che aveva.

Comunque, occuparsi del raccoglitore aveva un effetto collaterale. Ogni volta che leggeva un articolo, ogni volta che le sue forbici tagliavano una pagina, cominciava a fantasticare. Forse l’uomo che idolatrava era lo stesso che doveva far fuori. Aveva già considerato in precedenza la possibilità che Ryuuzaki stesse lavorando al caso Kira, ma l’aveva sempre accantonata per varie ragioni. L lavorava al caso Kira, e Misa pensava che fosse troppo arrogante per volerne condividere la gloria. Un detective intelligente come Ryuuzaki, quindi, era stato probabilmente tagliato fuori. E poi lui era troppo bravo, avrebbe già trovato Kira da un pezzo se si fosse dedicato alle indagini. Era un ottimo detective, dopotutto.

O almeno, questa era l’impressione che aveva. Non le parlava mai in dettaglio dei suoi incarichi. O anche in generale. Ed era quella vaghezza che le divorava le viscere. Cosa avrebbe fatto se avesse scoperto che lavorava proprio al caso Kira? Cosa avrebbe potuto fare? Domande come queste danzavano nervosamente intorno ai suoi pensieri.

Naturalmente, anche questo non la faceva dormire la notte. Alla fine aveva fatto ricorso a delle pillole, e quando sua sorella l’aveva scoperto non si era esattamente impegnata per nascondere il suo fastidio.

“Misa, ma che ti è preso?” le aveva chiesto, la preoccupazione palpabile anche per telefono. “Non riesco a credere che tu tocchi quella roba!”

“Non è che siano poi chissà cosa,” le aveva assicurato, rimpiangendo istantaneamente di averne anche solo fatto menzione. “Starò attenta. Le prendo solo se ne ho veramente bisogno.”

“Però proprio non capisco. Non hai mai avuto problemi a gestire lo stress. Adesso sembri esausta! Stai male? Forse dovrei venire un po’ da te.”

“No, no!” l’aveva interrotta. “Misa sta bene. Davvero. Ho solo avuto degli orari un po’ pazzi, questo è quanto.” Poi si era costretta a interpretare la voce più allegra che le fosse possibile. “Misa-Misa diventerà una grandissima star!”

Dopo un po’ l’aveva convinta. E se da una parte Misa era lieta di non doversi preoccupare anche per sua sorella, dall’altra si sentiva sola. Senza Ryuuzaki o Rem a era come abbandonata. A Tokyo non aveva amici veramente intimi, e anche se all'agenzia qualche collega di suo gusto c’era, quando li frequentava loro non riusciva a non mettersi un po’ sulla difensiva: era con loro che doveva competere.

Un giorno, mentre rincasava da un lungo servizio, decise di non poterne più. Il silenzio dell’appartamento era così profondo che la faceva quasi sentire sorda. I nervi logori cedettero alla disperazione e disse: “Rem? Rem, parla con Misa. Mi annoio.”

Nessuna risposta.

L’idol si accigliò, confusa, fin quando non capì quale fosse il problema.

“Misa non vuole parlare di Ryuuzaki-san.” promise. “Misa vuole solo parlare. Misa parlerà di tutto quello di cui vuole parlare Rem.” Batté le mani, cercando di racimolare un po’ di entusiasmo. “Che ne dici del reame degli shinigami? Non mi hai mai parlato di casa tua. O del perché hai due Death Note. Misa ascolterà!”

Nessuna risposta.

Si morse il labbro inferiore. “Rem è a casa? Misa ricorda che una volta Rem le aveva detto che doveva stare sempre con lei, eppure Rem se ne va sempre. Quanto lontano può andare Rem? È… è per questo che Rem non vuole dire a Misa dov’è andato a finire Ryuuzaki-san? Perché Rem in realtà non ha potuto seguirlo fino in fondo? Se è così non sono arrabbiata, te lo giuro!”

Prese un profondo respiro e scosse la testa. “Ti chiedo scusa. Ho detto che non voglio parlare di Ryuuzaki-san, no? È solo che, se non ci sei tu, se non mi parli, la mia testa va dritta dritta da Ryuuzaki-san.”

Nessuna risposta.

Misa corse verso il divano e ci si catapultò sopra, facendo tintinnare le catene alla sua cintura per via del movimento brusco. “Ma non è giusto! I fotografi e i fan guardano sempre Misa. Le persone amano Misa-Misa. E a Misa… a Misa piace la loro attenzione. Ma a loro piace Misa-Misa. Vogliono parlare con lei, non con me. Tu lo sa che con te era diverso, no? Rem parla con me. Ryuuzaki-san parla con me. Ora che non mi pensano, io… io mi sento sola.
“Vorrei sapere perché Ryuuzaki-san non ha ancora chiamato,” ammise, dimenticando la sua promessa di poco prima. “Non mi piace quando sparisce di punto in bianco. Se Rem sparisce Misa sa che Rem sta bene perché nessuno può farle del male. Ma Ryuuzaki-san è umano. Ed è costantemente alla caccia di criminali.
“E Misa sa…” Trascinò le gambe sul divano, avvolgendo le ginocchia tra le braccia. “Misa sa che i buoni non vincono sempre. Altrimenti i genitori di Misa sarebbero vivi.”

Nessuna risposta.

“Ehi, Rem?” bisbigliò Misa, stringendo più forte le gambe. “Ti prego, parli con Misa? Non voglio più stare da sola. E Ryuuzaki-san non chiama, e Misa non sa se sta bene. Forse non ha chiamato perché ormai è troppo tardi e Misa non può più aiutarlo.” Soffocò, sentendo un brivido percorrerle la schiena al solo pensiero. “Se fosse vero, e Rem continuasse a non parlare, allora Misa sarebbe davvero sola. E io… io non penso che potrei farcela se Ryuuzaki-san non stesse bene.” Nascose la faccia tra le ginocchia, come se così facendo sarebbe riuscita in qualche modo a bloccare le immagini terribili che le volteggiavano per la testa.

Nessuna risposta. Ma Misa avrebbe potuto giurare di aver sentito una specie di sospiro.



Era presto, la mattina di una luminosa giornata, e Misa sedeva languida su un lago di raso nero cosparso di petali di rosa. Aveva capelli e trucco impeccabili, un vestito di pizzo bianco che svelava gambe e seno quanto bastava. Sorrideva all’obiettivo, l’idol perfetta.

Di solito non aveva mai problemi a fare servizi di mattina, ma Shibasaki le scattava sempre foto che la facevano sembrare grassa, e il vestito in cui l’avevano infilata le dava un prurito che prima non avrebbe creduto possibile. Senza contare che la ‘visione’ di Shibasaki era un incubo di per sé: non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe indossato una cosa più stretta di un bustino, ma la cintura per le ali lunghe un metro e più l’aveva prontamente smentita.

Il suo sorriso migliore era comunque sempre lì.

Ma quando il telefonino squillò, e un assistente le riferì che il mittente era sconosciuto, Misa praticamente balzò in piedi per strapparglielo di mano, lasciando una scia di petali e piume volanti dietro di sé.

Si portò il ricevitore all’orecchio; le tremavano le mani. “Pronto? Sono Misa-Misa!”

“Buongiorno, Misa-san.” la salutò una voce familiare.

Col cuore in gola, cominciò ad allontanarsi, gridando un “Misa torna tra qualche minuto!” alle sue spalle. Si chiuse a chiave nel bagno dello studio, scivolando sul pavimento e avvinghiandosi dolcemente al telefono.

“Ryuuzaki-san non chiama da troppo tempo!” lo rimbrottò, senza però vera rabbia nel tono. “Mi sei mancato.”

“Chiedo scusa,” replicò lui; sembrava quasi sorpreso. “Ho avuto da fare. Devo aver perso la cognizione del tempo.”

Misa ne dubitava, ma era un po’ troppo felice di risentire la sua voce per iniziare un battibecco con lui. “Non fa niente. Misa ti perdona. Quindi, Ryuuzaki-san verrà a trovarmi presto?”

Silenzio significativo. “Quasi sicuramente no.”

Qualcosa le si annodò in petto. “Ma perché no?” chiese. “Ryuuzaki-san non vuole venire?”

“Mi spiace, Misa-san, al momento ho molto da fare.” spiegò. “Anzi, per come stanno le cose non dovrei neanche perdere il tempo di una telefonata con te.”

Metà di lei voleva lanciare il telefono dall’altra parte della stanza, l’altra metà voleva solo stare con lui. “… Il caso di Ryuuzaki-san è veramente tanto importante?”

“Sì.” Era una risposta piatta, che non lasciava spazio a ulteriori domande sull’argomento.

“Capisco. Se è così, allora,” Prese un profondo respiro, allungando il mento. “Misa farà il tifo per Ryuuzaki-san!” Serrò una mano, sentendosi pervadere da un’onda fresca e nuova di determinazione. “E quando avrà risolto il caso, Misa preparerà una grande torta solo per lui, e potrà mangiarne quante fette vuole. Basta che poi non stai male.” aggiunse in fretta.

“Davvero?” chiese lui, pregustando l'idea, ma solo un poco.

“Sì.” rispose lei, annuendo come se lui potesse vederla. “Il gusto lo scegli tu. Misa preparerà la torta migliore del mondo!”

Questa volta, dalla sua voce era evidente che fosse divertito. “Guarda che questa promessa me la segno, Misa-san.”

“Devi. Adesso però Misa deve andare, devo finire il servizio fotografico.”

“Non mi ero accorto di aver interrotto una cosa importante.”

“Un servizio fotografico con Shibasaki-san non è importante.” gli assicurò. “È solo una tortura. Con le ali.”

“… Capisco.” Bugiardo.

“Misa ti farà vedere cosa intende alla prima occasione.”

“Ci conto. Ci sentiamo, Misa-san.”

“Ci sentiamo, Ryuuzaki-san.” Con un sorrisetto, Misa diede un bacio al ricevitore. Era duro e freddo, di plastica e poco invitante. Non era la sua guancia morbida e calda, ma per il momento se lo sarebbe fatto bastare.

“Misa-san, cos’era quel rumore?” domandò lui, confuso.

“Hm? Oh, niente. La linea è disturbata. Il mio cellulare non prende benissimo qui.”

“Ah.”

“Ciao, Ryuuzaki-san.” E con riluttanza, richiuse il telefonino.

Rimase in silenzio sul pavimento per qualche minuto, fissando l’apparecchio tra le proprie mani come se volesse essere richiamata. Ma non fu una suoneria a rompere il silenzio.

“Misa?”

Non alzò lo sguardo, ma chiuse un pugno sulla gonna. “Rem.”

“Misa… Lui cosa significa, per te?”

Quella domanda le fece sollevare gli occhi. “Come?”

La shinigami torreggiava su di lei, la fissava dall’alto al basso con un’espressione indecifrabile. “Cosa significa Ryuuzaki per te?”

Lei la studiò intensamente, cercando di capire cosa le passasse per la testa. Una volta resasi conto che era un’impresa impossibile, passò alla domanda che le aveva posto. Conosceva già la risposta, ma non sapeva se condividerla con Rem.

Dopo un’altra occhiata alla shinigami, Misa concluse che anche lei, quasi sicuramente, la conosceva già. Voleva soltanto sentirla con le proprie orecchie.

Si schiarì la gola, guardando Rem negli occhi. “Ryuuzaki-san è… la persona a cui Misa tiene di più.”

“Dici sul serio?” chiese Rem, la voce profonda e imperscrutabile. “Tieni più a lui che a chiunque altro?”

“Hm? Non mi senti?” Aggrottò la fronte, perplessa. “Certo che dico sul serio.”

“Misa, ne sei sicura?” Il dio della morte si chinò fino ad essere quasi all'altezza del suo viso, perforandola col suo unico occhio. “Sei assolutamente certa che lui sia così importante per te? Più di chiunque altro?”

Misa le diede uno sguardo duro, irritata da quelle domande ripetute. “Perché continui a chiedermelo? Sì, sì! Ryuuzaki-san è sicuramente la persona a cui tengo di più. Misa farebbe qualsiasi cosa per lui.”

Rem la fissò in silenzio per un bel po’, prima di raddrizzarsi il più possibile. “Quella notte l’ho seguito.” Una confessione pesante come una pietra.

“Lo so.” ribatté, ma all’improvviso si sentiva a disagio.

“È entrato in un alto edificio nel cuore di Tokyo. Non sarebbe difficilissimo ritrovarlo.”

“Davvero?” chiese Misa, speranzosa. Forse in fondo non c’era nulla di cui preoccuparsi. “Puoi farmi vedere come arrivarci?”

“Sì, ma dubito che riusciresti ad entrare. Il livello della sicurezza è alto, laggiù. E poi,” Il cipiglio naturale di Rem si accentuò. “c’è qualcosa che dovresti sapere.”

L’inquietudine tornò come se non se non fosse mai svanita, facendole accelerare ancora di più il cuore. “Su cosa?”

“Misa, lì dentro c’erano anche altre persone. E stavano parlando.” Rem la guardò, come se si aspettasse un’interruzione. Misa si limitò invece a restituirle lo sguardo, le manine intrecciate vigorosamente tra loro. La shinigami aveva la completa attenzione della ragazza e, per un attimo, pensò che forse avrebbe fatto meglio a non continuare. Che era uno sbaglio. Ma se non glielo avesse detto, Misa avrebbe continuato ad odiarla, e Rem non ce la faceva più.

“Misa, stavano parlando di Kira.”

Lei emise una cosa molto simile a un singulto strozzato, e poi scosse convulsamente la testa. “Probabilmente ti sei confusa. Ci sono un sacco di poliziotti che parlano di Kira in questo periodo. Questo non significa-”

“Misa,” la interruppe, la voce ferma. “Anche Ryuuzaki stava parlando di Kira. Sta cercando di trovarlo.”

La ragazza continuò a scuotere la testa. “Non può essere.”

“Mi dispiace.” disse la shinigami, ed era vero. “Ma hai detto che Ryuzzaki è la cosa a cui tieni di più. Era una bugia?”

“Cosa? No, però io…” Le parole le morirono in gola. Il battito del cuore le pulsava nelle orecchie, e stava cominciando a farle male dalle parti delle tempie.

“Posso aiutarti a trovare Kira.” propose Rem. “So chi gli ha dato il Death Note. Potrebbe volerci un po’, ma insieme possiamo trovare un modo.”

“E poi?” chiese debolmente Misa, sentendo a stento la voce della shinigami per via dei rumori che le martellavano testa.

“E poi?” Rem pareva sorpresa. “Poi lo uccidi. È questo quello che volevi, no?”

Le veniva quasi da liberare una risata amara, ma trovava difficile anche solo respirare, figurarsi ridere. “Misa non può uccidere Kira.” sbottò, nauseata alla sola idea. “Kira è l’eroe di Misa!”

Rem chinò il capo, incupendosi. “Non avrei dovuto dirtelo. Anche se sapevo che altrimenti mi avresti odiato, non avrei dovuto.”

La ragazza scosse ancora una volta la testa, passandosi le mani curate tra i capelli meticolosamente acconciati. “No. Va bene.” le promise, gli occhi ermeticamente sigillati. “Rem è una buona amica. Ero io che volevo saperlo, no? E ora lo so. Ora Misa sa tutto.”

La shinigami fece una smorfietta strana a quelle parole, ma lei non la notò. “Allora, Misa,” Si piegò verso di lei. “cosa vuoi fare tu, adesso?
“Potresti sempre dimenticare questa storia. Fingere che io non abbia mai detto niente… O anche solo restituirmi il Death Note. Sarà come se non fosse successo nulla.
“Oppure potrei sbarazzarmi di Kira per te. Tu non dovresti fare nulla. Lo farò io per te, Misa, se vuoi.” Il suo tono e le sue parole avevano un che di tenero. “Farei qualsiasi cosa per te.”

“Qualsiasi?”

Rem sbatté le palpebre, stupita. “Sì, certo.”

Lentamente, Misa riaprì gli occhi. Il suo volto era una maschera di determinazione. “Rem, voglio fare lo scambio.”

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Capitolo 13
*** Violence ***


Rewrite




Theme 21: Violence ~ Violenza

La prima settimana fu un periodo di messa a punto. Rem le aveva assicurato che lo scambio degli occhi dello shinigami era indolore e rapido. Quello che non le aveva spiegato era che una volta fatto, vedere il mondo sotto tutta un’altra luce era un’esperienza da capogiro.

All’inizio, quando era uscita dal bagno dello studio con gli occhi, ad attenderla c’era la troupe. Nomi e numeri erano ovunque, le annebbiavano la vista al punto che pensò le sarebbe venuto mal di testa. Si muovevano e lampeggiavano, ostacolando la messa a fuoco. Si fece prendere dal panico. Se era così soffocante con solo una ventina di persone, cosa sarebbe successo se si fosse ritrovata in mezzo a un’orda di fan? O se avesse semplicemente voluto fare shopping?

Turbata, si era messa le mani davanti alla faccia nel disperato tentativo di bloccare tutto, e si era rifiutata di alzare lo sguardo quando Shibasaki le aveva chiesto se stesse bene. Era stato solo quando Rem le aveva bisbigliato all’orecchio che stava dando spettacolo che si era ricomposta.

Tornare a casa era stata un’avventura di per sé. Aveva preso il treno per arrivare allo studio, e se nel viaggio di andata non c’erano stati eventi degni di nota, quello di ritorno era stata tutta un’altra storia. Si era guardata i piedi per tutto il tempo, cercando di sfuggire all’assalto dei nomi. Era praticamente inciampata fuori dal treno, e quando era arrivata a casa era corsa freneticamente alla porta prima che qualcuno dei suoi vicini uscisse a salutarla come spesso facevano alcuni di loro.

Dentro, aveva scoperto con orrore che persino le fotografie azionavano il potere. Per il resto della serata aveva evitato riviste e giornali sparsi per l’appartamento, anche se avrebbe voluto archiviare altre notizie nel raccoglitore di Kira. Anche guardare la televisione era fuori questione.

Il giorno seguente, tuttavia, Misa si era fatta coraggio e aveva cominciato a sperimentare. Non sarebbe servito a nulla tenere quasi letteralmente la testa sottoterra. Per prima cosa aveva esaminato il giornale del giorno, assicurandosi di non saltare neanche un’immagine. Dopo aver sfogliato la sezione con la pubblicità, aveva annotato mentalmente che con gli occhi degli shinigami erano visibili solo dati riguardanti gli esseri umani; tutte le foto di animali che aveva visto erano rimaste immacolate. Poi, dopo qualche ora e sotto istigazione di Rem, aveva acceso la televisione, scegliendo un canale preciso. Sakura TV non aveva esattamente i programmi qualitativamente migliori del mondo, ma le notizie trash erano quantomeno interessanti. Tra l’altro era stato uno dei pochi canali a trasmettere storie su Kira in toni favorevoli.

E francamente, non le dispiacevano affatto alcuni dei programmi più stupidotti che avevano. In particolare i giochi. Una volta era addirittura riuscita a convincere Ryuuzaki a guardarne uno con lei. E per quanto fosse stato apertamente riluttante, Misa aveva notato che si era sporto in avanti, curioso, di fronte alle acrobazie più folli che i concorrenti effettuavano spontaneamente.

Così passò una settimana. E se da una parte le dava ancora piuttosto sui nervi, alla fine di quella specie di allenamento riuscì a vedere una folla di persone con solo un leggero sobbalzo. Scorgere numeri e parole ovunque non la spaventava più.

In realtà, in un primo momento il significato dei numeri che esprimevano la durata della vita l’aveva incuriosita. Per lei non erano altro che un miscuglio confuso. Per Rem erano una risorsa vitale. Avrebbe voluto cogliere il meccanismo: cos’era il puzzle numerico che formava l’inizio e la fine di una vita umana? La sua ricerca morì però in fretta, quando una volta notò una coppia a spasso con un bambino. Un bambino con un numero notevolmente inferiore a quello dei genitori.

“Più piccolo è il numero più lunga è la vita?” sussurrò a Rem, in una voce piccola e speranzosa.

“Dipende da quando vedi la persona.” fu la sua vaga risposta. “E per quanto riguarda quel bambino… No.”

Il cuore le si ghiacciò, così come il benché minimo desiderio di decriptare i numeri.

Per tutta la seconda settimana non fece altro che osservare gli altri, rispettando la propria routine quotidiana come se non ci fosse nulla di straordinario. Aveva addirittura smesso di nominare completamente gli occhi, anche con la shinigami al seguito.

Rem era perplessa. Credeva che Misa avesse in mente un piano – quando ci si metteva la ragazza sapeva essere piuttosto scaltra. Adesso, invece, aveva l’impressione che avesse fatto lo scambio per capriccio, e questo la preoccupava. Perché Misa aveva fatto una decisione così avventata se non aveva intenzione di sfruttarla? Lo trovava assurdo, completamente assurdo.

Fin quando una domenica Misa preparò una sacca da viaggio e dichiarò, “Misa torna a casa!”

Rem piegò la testa, confusa. “Non ci sei già, a casa?”

Lei scosse la testa. “No, no. Vado a trovare una vecchia amica nel Kansai. Misa non vede Eri-chan da un sacco di tempo. E…” La sua espressione s’incupì. “Misa deve chiederle un favore.”



Venne fuori che Eri era una ragazza superabbronzata con i capelli arancione rizzati in testa e le labbra velate di un pastoso bianco. ‘Ganguro’ fu l’unica cosa che Misa ebbe da dire al riguardo, ma a Rem venivano in mente un altro paio di paroline per descrivere il modo in cui era conciata; ‘strampalata’ e ‘raccapricciante’ erano in cima alla lista.

Tuttavia la ragazza sembrava abbastanza gradevole, e più che lieta di ricevere Misa. L’aveva praticamente strangolata a morte in un abbraccio prima di strattonarla di corsa lontano dall’automobile. Eri parlava ininterrottamente tra rumorosi sciocchi di gomma da masticare di cose che Rem dubitava avrebbe capito anche se Misa gliele avesse spiegate. La sua partner sembrava interessata, però. Oppure era un’attrice ancora migliore di quanto credesse.

“Ehi, Misa,” Eri accese la luce del proprio appartamento con un dito dall’unghia rosa perfettamente curata. “Qualche settimana fa mi ha chiamato tua sorella. Sembrava preoccupata.”

“Mamori ti ha chiamato?” La ragazza si morse il labbro inferiore.

“Beh, una volta sola.” specificò l’altra, ma il suo volto spumeggiante si era fatto serio. “Ma era ancora più tesa del solito. A sentire lei ti stavi disintegrando.” Si prese un momento per scoppiare una grossa bolla prima di rimettersela in bocca, suscitando l’avversione di Rem. Ricominciò a ruminare. “Ti va di chiamarla? Di farle sapere che sei qui?”

“No!” Misa agitò freneticamente le mani. “Misa sta bene! Mamori esagera. È solo che i miei impegni aumentano perché sto diventando più popolare. Ogni tanto avrò pure il diritto di essere stanca.”

“Vero. Solo che con tua sorella certe cose non si capiscono. È sempre iperprotettiva nei tuoi confronti.” Fece un sorrisetto, alzando le mani e dimenando le dita. “Mi sorprende che non ti abbia messo qualche cimice nell’appartamento per scoprire se starnutisci o robe del genere.”

Lei forzò una risatina, non riuscendo a trovare quella frase troppo divertente. In fondo, se qualcuno avesse messo una cimice nel suo appartamento avrebbe sentito molto più dell’occasionale attacco allergico. “Non metterle strane idee in testa!”

“A proposito di idee…” Il sorriso di Eri divenne quasi animalesco. “Cos’è 'sta storia del ‘fidanzato segreto’?”

Misa smise di sorridere. “Mamori parla troppo.”

“Ah!” La ragazza turbinò verso di lei e la fece accomodare sul divano, rannicchiandosi accanto a lei con uno sguardo impaziente. “Allora?”

Fece la finta tonta. “Allora cosa?”

Ma Eri non aveva voglia di stare al gioco. “Allora… Lui. Alto, basso, scheletrico, muscoloso, capelli neri, tinti, attore, cantante, idol, magari ha pure un fratello o un migliore amico disponibili?”

Sbatté le palpebre, pensando che il silenzio fosse la scelta migliore.

“Andiamo!” Le diede una spintarella sulla spalla. “Perché io non posso saperne niente? Non è un barbone, vero? Perché secondo Mamori è un barbone, ed è per questo che stai dando i numeri.”

“No!” La sua indignazione la costrinse a sbottare senza riflettere. “E Misa non sta ‘dando i numeri’.” aggiunse, mettendo il broncio.

“Beh, sempre meglio di niente, suppongo.” Eri si ributtò sullo schienale, togliendosi la gomma sfilacciata dalla bocca e arrotolandosela attorno al dito prima di rimuoverla, apparentemente contenta che avesse perso il suo sapore. Allungò un braccio e la avvolse in un pezzo di carta strappato da una rivista. Misa per poco non trasalì; Rem grugnì, disgustata. La ganguro continuò. “Okay, quindi una specie di lavoro ce l’ha. Bacia bene?”

Lei arrossì, incerta sul da farsi. “… Boh.” riuscì a squittire, a disagio.

La bocca della sua amica rimase per un attimo aperta. “Come boh? Come fai a non saperlo?”

“Eri fa domande stupide! Non lo so perché non ci siamo mai baciati. Non è che posso semplicemente immaginarlo.”

“Oh, ma è ridicolo.” L’altra ragazza incrociò le braccia. Sembrava quasi offesa. “Ai tempi della scuola tutti si sarebbero tagliati un braccio per farsi notare da te e adesso vorresti farmi credere che non hai neanche mai baciato il tuo nuovo fidanzato?”

“Ma non è il mio fidanzato, è un amico! Maschio. Fine.”

Per tutta la conversazione, Rem era rimasta in disparte, in silenzio. Non approvava molto Eri e il suo atteggiamento volgare, e di certo non gradiva il fatto che avesse sollevato quell’argomento in particolare senza aver mai neanche visto Ryuuzaki. Specialmente quando lei tollerava a stento la sua presenza, ora più che mai, dato che le circostanze erano cambiate. Questo litigio umano era comunque diverso. Interessante, addirittura. Gli shinigami non avevano alcuna aspirazione romantica. Almeno normalmente. Essere testimone di una chiacchierata come quella era affascinante.

Per un momento si chiese se quello che provava per Misa era ciò che gli esseri umani chiamavano amore. Forse era solo affetto. Non sapeva definirlo con certezza. Non aveva mai provato niente a cui potesse paragonarlo. Ma qualunque cosa fosse, le faceva odiare Ryuuzaki con ferocia. Su quel sentimento non aveva dubbi.

“Scommetto che potresti comunque baciarlo.”

“Ma a lui frega più dei dolci che di Misa!” dichiarò lei; nel suo tono ribolliva la frustrazione per la verità di quelle parole.

La ragazza inarcò un sottile sopracciglio disegnato a matita, ragionandoci su. Si mise una mano in tasca e tirò fuori un’altra gomma da scartare e infilarsi in bocca. La masticò per bene, e poi chiese, brusca, “Hai mai risposto alla porta vestita solo di glassa dalla vita in su?”

Per un istante, Rem si chiese se a Misa sarebbe dispiaciuto molto se Eri fosse morta improvvisamente. Magari strozzandosi sulla gomma.

L’idol sussultò, portandosi di scatto le mani alle guance in fiamme. “Eri-chan!”

“Ma è un’idea geniale,” si difese lei, annuendo risoluta. “Fai tutta la carina. Gli dici che c’è stato un piccolo incidente mentre preparavi una torta, e poi gli fai,” La sua voce si alzò di un’ottava per imitare al meglio possibile quella di Misa, “‘Mi daresti una mano a pulirla?’ Se neanche questo funziona il ragazzo ha qualcosa che non va.”

“Eri-chan, smettila!” Misa scosse la testa, ridendo tanto che il suo viso già roseo divenne rosso pomodoro. Erano momenti come questi che le facevano sentire nostalgia della sua amica. Lo stile di vita di Eri era generalmente un po’ rozzo, ma riusciva sempre a farla ridere.

La ganguro chinò la testa di lato, il volto truccato pieno di soddisfazione. “Così va meglio.”

Sbatté le palpebre per allontanare le lacrime formatesi per le troppe risa. “Eh?”

“Non avevi fatto un solo sorriso vero da quando hai messo piede qui dentro. Solo quelli falsi che fai nelle riviste. Stavo cominciando a pensare che Mamori avesse ragione.”

La sua risata si affievolì rapidamente, ma un ghignetto rimase. “Misa ha solo-”

“Tanti impegni, sì.” concluse Eri per lei. Scoppiò odiosamente la gomma e fece spallucce. “Se lo dici tu.”

Per un attimo lei strinse le labbra, poi si mise ad attorcigliarsi una coda. “Ehi, Eri-chan? Vuoi vedere una cosa che ha fatto Misa di recente?”

“Cos’è?” chiese Eri, mentre lei apriva la cerniera della sacca.

“Questo.” Una videocassetta. “Ho fatto un video che credo potrebbe piacerti.”



La qualità era pessima. Riprendeva una casa buia dai contorni sfocati attorniata da luci ancora più indistinte. Era un filmato di fantasmi finti che aveva girato Misa stessa usando le tecniche che Eri le aveva insegnato anni prima, quando erano adolescenti annoiate che marinavano la scuola.

I filtri della videocamera erano stati chiaramente alterati per far sembrare che ci fosse un’interferenza. I fantasmi non erano altro che pile ben indirizzate. Era ridicolo, dozzinale e decisamente inverosimile.

Per farla breve, Eri lo aveva adorato.

Misa aveva suggerito di farne delle copie da spedire alle stazioni televisive, e Eri si era data subito da fare. In poco tempo aveva fatto dieci cassette con tanto di custodie usando le proprie attrezzature. Le aveva promesso di spedirle di persona una volta tornata a casa, visto che le sue conoscenze le consentivano un accesso migliore ai vari indirizzi delle stazioni televisive.

Quando però era rincasata, per prima cosa aveva inforcato i guanti e poi aveva infilato una delle cassette nella videocamera. Rem le aveva chiesto cosa stesse facendo, ma la sua unica risposta erano state un dito sulle labbra e uno sguardo severo. Perciò la shinigami aveva osservato in silenzio il lavoro di Misa che era durato fino alle prime ore del mattino.

E quando ebbe finito tutto, si domandò come avesse fatto a non accorgersi mai della vena di cattiveria latente nella sua partner.



Uccidere persone, scoprì, era piuttosto facile quando non dovevi vederle morire. Qualche tocco di penna. L’inchiostro marchiava la carta era come un pugnale che affondava nella carne. In meno di un minuto aveva ucciso due persone. Aveva mandato a morte due criminali fratelli, e non si trovava nemmeno nella loro stanza. Era stato così semplice, che quasi non credeva di esserci riuscita. Fino al telegiornale del giorno dopo.

Aveva affittato un ufficio vuoto nel palazzo di fronte a Sakura TV qualche settimana prima di inviare loro le cassette. Ad ammobiliarlo c’era solo un televisore; aspettò che l’orologio segnasse l’orario che aveva stabilito.

Nell’attesa cominciò a chiedersi se sarebbe veramente riuscita a compiere le azioni richieste dal piano che aveva formulato. Uccidere un paio di criminali era una cosa, ma stanotte avrebbe dovuto andare oltre. Avrebbe dovuto uccidere persone che non erano necessariamente cattive agli occhi della giustizia.

Scosse la testa per liberarsi dei dubbi. Erano persone malvagie agli occhi di Kira. Lo calunniavano e diffamavano. Lo chiamavano mostro e distorcevano il suo ideale. Si meritavano la loro punizione. E non sarebbero morti invano. Erano parte di un disegno più grande.

E quando mandarono finalmente in onda la registrazione, l’apprensione venne rimpiazzata gradualmente da una strana insensibilità che si diffuse in tutto il suo corpo. Scrivere il nome di Hibima le causò soltanto uno scatto involontario, e uccise il secondo commentatore senza neanche un battito di ciglia. Non erano nemmeno sullo schermo, ma a giudicare dalle parole attonite del reporter di Sakura TV erano morti entrambi proprio quando lo aveva voluto lei.

Il Death Note rendeva l’omicidio una cosa pulita. Pulitissima. Era quasi confortante.

Mentre la propria voce alterata annunciava il desiderio di “Kira” di lavorare con la polizia, notò un certo movimento di fronte alla stazione. Si avvicinò alla finestra ritinteggiata e vide un uomo che sbatteva i pugni sui vetri dell’entrata.

Era ironico, pensò. Proprio non voleva uccidere un poliziotto. Riteneva che fossero buoni, per quanto fuorviati. Quest’uomo le avrebbe comunque fornito la prova di cui avrebbe avuto bisogno quando avrebbe incontrato il vero Kira. Doveva essere un sacrificio.

Ma quando la sua mano posò la penna sul Death Note, Misa esitò. L’uomo era proprio di fronte a lei. L’avrebbe guardato morire. Non c’era modo di fingere di non essere stata lei. Avrebbe dovuto ammettere a se stessa che era veramente arrivata a tanto, e non avrebbe più potuto tornare indietro.

Non sarebbe tornata indietro.

Si morse il labbro inferiore abbastanza da spaccarselo. Lo stomaco le si contorse all’improvviso, tanto che ondeggiò un po’ sui piedi, quasi sommersa dalla nausea. Ritrovò l’equilibrio appoggiandosi al telaio della finestra. Gli occhi le si velarono di lacrime, e prese un profondo, singhiozzante respiro.

“Mi dispiace.” bisbigliò.

E la penna si mosse.

Ukita Hirokazu.

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Capitolo 14
*** Dash ***


Rewrite




Theme 9: Dash ~ Di corsa

Gli eventi di Sakura TV, scoprì con stupore, non la toccavano più di tanto. Non che non fosse consapevole delle proprie azioni; sapeva di essere responsabile di quanto accaduto dall’inizio alla fine. Era quasi come se nella sua testa ci fosse una specie di barriera segreta che limitava di molto la quantità di cose che poteva reggere in una volta sola, barriera che adesso aveva impetuosamente sbarrato la strada a tutti i legami emotivi che avrebbe potuto stringere con la vicenda.

Francamente, ne era lieta.

Non aveva il tempo di rimpiangere o di rimuginare troppo sull’acqua passata. Aveva avviato il suo piano, e ora doveva portarlo a compimento. Se non altro, l’unica cosa che potesse fare al momento era attendere la reazione della polizia.

Dubitava che avrebbero accolto le sue richieste. Anzi, aveva perso praticamente ogni speranza quando aveva visto quel furgone scagliarsi sull’ingresso di Sakura TV. Non le andava di ammetterlo ad alta voce, ma il coraggio dell’uomo che vi era al volante, chiunque egli fosse, l’aveva colpita. Talmente tanto che se pure gli avesse intravisto il volto, avrebbe potuto addirittura risparmiargli la vita. Forse. L’occasione non si era comunque presentata grazie alla barricata dei poliziotti.

Prevedibilmente, scaduto il termine dei quattro giorni, la polizia rilasciò la registrazione contenente il suo ultimatum: a seguito del loro rifiuto, esigeva la vita del direttore generale dell’NPA o quella di L. Beh, poco male. Se davvero avesse voluto che accettassero le sue condizioni non ne avrebbe poste di così ridicole.

Il suo obiettivo, dopotutto, non era che Kira e la polizia collaborassero; era incontrare Kira, e uccidere L per lui.

Aveva lasciato Rem fondamentalmente all’oscuro del progetto, e per questo si era offesa. Tuttavia, la situazione mutò drasticamente il giorno prima della presunta apparizione televisiva di L che le avrebbe permesso di farlo fuori.

Si sintonizzò sul telegiornale proprio mentre trasmettevano il messaggio dalle lettere sfavillanti e la voce distorta. Di grande effetto, molto più del suo.

“Io sono Kira. Io sono il vero Kira…”

“Evviva!” Batté le mani con entusiasmo, elettrizzata da quel colpo di scena. Questo cambiava le cose, ma al contempo le semplificava.

“… Tuttavia, togliere e minacciare le vite di poliziotti innocenti va contro il mio volere…”

E non ebbe bisogno di sentire altro. Stava già rovistando per casa alla ricerca della videocamera.

“Che vuoi fare?” chiese Rem, torreggiandola con un’espressione disorientata.

Lei portò gli occhi al cielo. “È ovvio, no, mando una risposta a Kira!”

La sua partner si accigliò. “Sicura che sia una buona idea? Chi ti dice che sia veramente Kira?”

“Ha risposto a Misa, no?” rispose lei, videocamera alla mano.

“E allora? Tu hai fatto la registrazione originale, e tu non sei Kira.”

Aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse lentamente in un broncio. Effettivamente non aveva tutti i torti.

“Potrebbe essere solo una trappola della polizia per proteggere L e il direttore generale.”

Misa trasse un profondo respiro e scosse la testa. “Correrò il rischio. Potrebbe essere davvero Kira, e non voglio farlo arrabbiare. E poi, anche se non è davvero lui avrei comunque più probabilità di incontrare Kira prima di uccidere L. Il che renderebbe le cose molto più semplici.”

“Misa, scusami ma non capisco. Se Ryuuzaki è nella taskforce che vuole arrestare Kira, perché uccidere L? Perché non Kira?”

“Misa ti ha già detto che Kira è il suo eroe!” sbottò l’idol, oltraggiata. “Non potrei mai ucciderlo. E il piano di Misa è fenomenale.
“All’inizio avevo pensato di costringere L ad apparire in televisione, segnarmi il suo nome e aspettare. Prima o poi, per poter avere il nome di L, Kira avrebbe dovuto trovare Misa. Vedere semplicemente il suo volto non gli basterebbe, perché L è chiaramente un nome falso e Kira non ha gli occhi dello shinigami come Misa.”

“Ne sei sicura?”

“Sì. Misa ha studiato la tendenza delle morti grazie al suo raccoglitore. In televisione hanno sempre fatto vedere la faccia e il nome di tutti i criminali uccisi da Kira, nessuno escluso, prima della loro morte. Se Kira avesse gli occhi non avrebbe bisogno di aspettare.” Sorrise. “Sapevo che il mio raccoglitore mi sarebbe tornato utile. Misa a volte può essere molto furba anche quando non ci si mette d’impegno!
“Poi, dal momento che anche Kira è molto furbo, probabilmente ha già capito che il falso Kira ha gli occhi. Perciò intuirà che conosco il vero nome di L, e quando la morte di L non sarà annunciata immediatamente mi verrà a cercare, perché lui desidera la morte di L ancora più di Misa. Come un principe che cerca la sua principessa!” Ridacchiò, deliziata.

“Ma perché uccidere L?” insistette Rem, che continuava a non seguirla.

“Perché Misa non può uccidere Kira. E Kira potrebbe uccidere Ryuuzaki-san finché L vive. Perciò, quando incontrerò Kira faremo un patto.”

“Un patto?”

“Sì. Gli proporrò di essere i suoi occhi. Ucciderò L per Kira e in cambio sarò i suoi occhi ogni volta che lui lo vorrà. Così Kira potrà avere gli occhi senza dover effettuare lo scambio.”

“Ma in che modo questo dovrebbe salvare la vita di Ryuuzaki?”

“Pensaci.” Agitò la mano. “Se L muore, la polizia scioglierà sicuramente il gruppo. L è il più grande detective del mondo! Se Kira riesce ad uccidere L, la polizia non avrà il coraggio di continuare l’indagine. Soprattutto dopo che ‘Kira’ ha minacciato il direttore generale. Quindi Ryuuzaki non dovrà più occuparsi del caso. E visto che anche lui è un ottimo detective gliene verrà subito affidato un altro.
“Kira non vedrà mai le persone che lavorano nel gruppo, e allora non avrà motivo di chiedere a Misa di uccidere anche loro. Ryuuzaki-san sarà salvo.”

“Capisco.” Dalla sua faccia non sembrava affatto.

“È esattamente quello che voglio. L morirà, io aiuterò Kira ogni volta che gli servirà, e riuscirò anche a stare con Ryuuzaki-san. Avrò il mio lieto fine!” Sorrise e divaricò l’indice e il medio in segno di vittoria.

“Misa, e se…” Il dio della morte distolse lo sguardo, esitante. “E se Kira decidesse di ucciderti dopo che tu avrai ucciso L?”

Lei parve presa in contropiede. “Ma lui non farebbe mai una cosa simile! Kira è molto buono con le persone che credono in lui, ci metto la mano sul fuoco.”

“E se avessi ragione io? Se è sopravvissuto finora è perché è riuscito a nascondere a tutti la sua identità. Se tu lo incontrassi perderebbe questa garanzia. Per lui costituiresti una minaccia tanto quanto L.”

“Non è vero! Io non farei mai nulla per danneggiare Kira. È il mio prezioso eroe. Non sto facendo tutto questo solo per salvare Ryuuzaki-san, ma anche per proteggere Kira. Misa vuole salvare entrambi.”

“Impossibile.”

La ragazza la fissò con rabbia e shock. Si morse il labbro con tanta forza da farne uscire del sangue, ma si ritrovò incapace di replicare.

“Misa,” disse Rem, senza la solita gentilezza nella voce profonda. “se non ti fermi adesso, uno dei due dovrà morire per forza.”

“Ma che cosa ne sai, tu!” strillò, buttandosi giù dal letto e sfrecciando via, lontano da lei. “Parli così solo perché vuoi che Ryuuzaki-san muoia, perché lo odi!”

“Sì, lo odio. Lo odio perché ci tieni così tanto a lui da aver sacrificato metà della tua vita. Però Misa, io tengo più a te che al mio odio per lui. Abbastanza da avere la certezza che se mai Kira proverà a toglierti la vita, lo ucciderò io stessa.”

Si voltò di scatto. “Rem!”

“Prima aspetterei comunque la sua mossa. Se lo troverai, fagli toccare il tuo Death Note. Fa’ che mi veda. Allora gli lancerò il mio avvertimento. Per nascondersi così tanto dev’essere un po’ codardo. La mia minaccia dovrebbe bastare a proteggerti. Non credo si arriverebbe mai al punto di attuarla."

“Quindi blufferai e basta?” chiese, mentre la sua ira evaporava.

“No. Se ti ucciderà, io lo ucciderò. Ma ripeto, dubito che avrà il coraggio di pensarci dopo che lo avrò messo al corrente delle conseguenze.”

Secondo lei, Kira non era debole quanto credeva Rem, ma decise di non mettere in discussione la sua tesi. “Però vedi, Rem? Così andrà tutto bene. Kira, Ryuuzaki-san e Misa saranno al sicuro.”

“… Preferirei che ci ripensassi, Misa. Pensaci.”

“Ma che dici, ci ho già pensato un migliaio di volte! Il piano di Misa è perfetto, vedrai.” Sorrise, e poi preparò la telecamera per registrare la risposta a Kira su una cassetta usata.

Non fece caso al silenzio della shinigami e alla sua espressione triste.



Quando non ci fu risposta al secondo nastro, Misa cominciò a preoccuparsi. Aveva dato per scontato che Kira riuscisse ad architettare un modo per contattarla. Forse aveva ritenuto troppo rischioso un altro messaggio registrato, o forse aveva ragione Rem e Kira non c’entrava proprio niente con la prima registrazione. Comunque stessero le cose, decise di impugnare la faccenda. Dopotutto, la polizia non aveva indizi concreti contro di lei, e un’altra cassetta non l’avrebbe messa eccessivamente in pericolo.

D’altro canto, neanche quella sarebbe servita a molto. La squadra investigativa avrebbe sicuramente notato gli indizi disseminati per aiutare Kira nella sua ricerca. Optò quindi per una tattica diversa.

L’idea di aggiungere un pezzo di diario le era venuta facilmente. Ne aveva avuto uno qualche anno prima, e teneva ancora un’agenda per non dimenticare interviste e servizi fotografici. Il difficile era indovinare cosa scrivere per eludere la polizia.

Forse la parola ‘shinigami’ era un po’ troppo esplicita, ma alla fine non se ne fece un problema. Le bastava che all’occhio non balzasse la parola ‘quaderno’, poi potevano pensare quello che volevano della sua intelligenza. Loro ignoravano il contesto, e finché l’avessero sottovalutata avrebbe potuto metterli nel sacco senza troppe difficoltà. E il Note Blue ad Aoyama era il posto perfetto. Affollato e fosco, non sarebbe stato complicato individuare Kira senza che nessuno si accorgesse di lei.

Nel frattempo, Rem le chiedeva di lasciar perdere tutto. Di lasciar fare alla squadra investigativa. Lei però non demordeva. Se le avesse dato ascolto sarebbero morti sicuramente o Kira o Ryuuzaki, e non riusciva a sopportarne il solo pensiero. Proprio non capiva perché Rem fosse tanto contraria alla sua felicità.

Ovviamente, presentarsi ad Aoyama in qualità di Misa-Misa era una brutta idea. Anche se non era una celebrità sarebbe stato un errore uscire allo scoperto in un luogo dove c’era la possibilità che la polizia cercasse il Secondo Kira. E doveva tener conto di quell’eventualità. Ryuuzaki stava dalla loro parte, quindi probabilmente avrebbe capito che era meglio controllare ogni luogo nominato nei giorni specificati.

Vagliò brevemente la possibilità che i singoli componenti della taskforce (e, di conseguenza, Ryuuzaki) si recassero a perlustrare di persona i posti citati. Sarebbe stato un disastro: lui avrebbe potuto riconoscerla, travestimento o no. D’altro canto era improbabile che ci andasse, un po’ perché non gli piaceva troppo stare in mezzo alla gente, e un po’ perché non passava esattamente inosservato. Sarebbe riuscito a tirarsene fuori, se il resto del gruppo non avesse sottolineato apertamente e prima di lui che una persona dall’aspetto strano come Ryuuzaki avrebbe rovinato la loro copertura.

Quando si fu convinta del proprio ragionamento, Misa tornò alla realizzazione del suo travestimento. Reperì senza troppi problemi un’uniforme scolastica da un negozio di seconda mano, e comprare la parrucca fu ancora più semplice.

Il difficile fu svegliarsi in tempo per il treno.

Era certa di aver puntato la sveglia la notte precedente, ma quando si era svegliata mezza intontita i numeri digitali rossi segnavano già le dieci e un quarto. Con uno strillo acutissimo oltrepassò di corsa una Rem stupita e praticamente si gettò nella doccia.

Senza notare nella maniera più assoluta l’aria compiaciuta della shinigami.

Tra sonori grugniti e mormorate imprecazioni – perché le idol non dovrebbero mai imprecare veramente, a prescindere dallo stato dei loro nervi – si ficcò negli abiti e raccolse i capelli pesanti sotto la parrucca corta. I ferretti stavano cercando di perforarle il cranio, ma almeno nel complesso appariva naturale, perciò li avrebbe tollerati.

Uscì rapidamente dall’appartamento e tentò di chiamare un taxi. Capì con sgomento che se da un lato il suo nuovo scialbo look era veramente ottimo per scivolare nell’anonimato, dall’altro la rendeva invisibile ai tassisti che normalmente si sarebbero accostati per le gonne corte e i capelli biondi che le ricadevano sulle spalle.

Quando finalmente riuscì nell’intento, si sforzò di rilassarsi. Sarebbe arrivata ad Aoyama molto più tardi di quanto aveva sperato; il viaggio in treno durava quasi sei ore, cambi compresi. Però, se aveva fortuna, le pur poche ore di luce e di tempo che aveva a disposizione per scovare Kira avrebbero dovuto bastarle. Di certo, se ci fosse andato davvero sarebbe rimasto fino al tramonto e quanto più possibile; era l’opportunità di incontrarsi migliore che avevano, e lui non l’avrebbe mai sprecata.

Entrata in stazione, guardò l’orologio che aveva al polso: mancavano solo cinque minuti all’arrivo del treno. Sarebbe stato sfiancante, ma lo avrebbe preso in orario. Si affrettò verso la biglietteria quando le squillò il cellulare.

Pensando che fosse la sua manager che voleva parlare del prossimo servizio, Misa rispose con un brusco: “Yoshi, puoi chiamare dopo? Ho da fare.”

“… Misa-san?”

Oltre alle gambe le si fermò anche il cuore. O almeno l’impressione era quella. “Ryuuzaki-san?”

“Ho chiamato in un brutto momento? Se vuoi attac-”

“No, no!” Agitò convulsamente la mano libera di fronte al ricevitore, come se lui potesse vederla. “Misa ha sempre tempo per parlare con Ryuuzaki-san. Soprattutto in un periodo in cui non chiama quasi mai.” aggiunse con enfasi.

“Misa-san, ti chiedo scusa,” ribatté lui, in un tono genuinamente dispiaciuto. “Temo di aver avuto ancora più lavoro tra le mani, di recente.”

Non ne dubitava, date le circostanze. “Ryuuzaki-san non potrà parlare per molto tempo con Misa?”

“In realtà oggi sono solo, posso stare a telefono quanto ti pare. Presumo.”

Beh, almeno adesso aveva la prova che non si sarebbe fatto vivo ad Aoyama. “Questo significa che puoi passare da me? Oh! Oh, aspetta,” Si rattristò. “Misa oggi non starà a casa.”

“Hai un altro servizio fotografico? Ho visto l’ultimo su ‘Eighteen’. Perché ti eri messa le ali?”

“Misa te l’aveva detto che Shibasaki-san le ha fatto delle foto orribili! Preferirei che non le guardassi. Misa è brutta in quelle foto.”

“Misa-san non è mai brutta.”

Per Ryuuzaki, quella non era che una frase buttata lì, nello stesso tono che avrebbe potuto utilizzare per enunciare un dato di fatto. Non andava interpretato come un complimento e lo sapeva.

Ma seppure solo per quello, Misa si sentì immensamente lusingata. Arrossì e si aprì in un sorriso luminoso, quasi abbracciandosi l’apparecchio alla guancia.

“Ryuuzaki-san sa essere molto dolce.”

“Hmm?” Evidentemente lui non aveva capito cosa intendesse, e il viso della ragazza non fece che colorirsi di più.

“E così… Ryuuzaki-san pensa che Misa sia carina?” incitò, incapace di controllarsi.

“Credo sarebbe sciocco essere di altro avviso,” spiegò lui, analitico. “Tu sei una modella. Devi necessariamente essere attraente.”

Sbuffò. “Ma mi riterresti carina anche se non fossi una modella, vero? Vero?” Quando in risposta ottenne soltanto silenzio si stizzì tanto da pestare un piede a terra. “Ryuuzaki-san fa di nuovo l’antipatico con Misa!”

“… Misa-san, vorresti che ti dicessi che sei carina?” chiese lui infine, e a lei non sfuggì la nota divertita della sua voce.

“A tutte le donne piace sentirsi dire che sono carine,” lo informò con calore. “Se Ryuuzaki-san fosse intelligente come crede di essere lo saprebbe già da sé.”

“Devi perdonarmi, Misa-san. Il fatto è che proprio non so come comportarmi con le donne. Soprattutto se sono belle.”

E due; solo che questa volta il complimento sembrava deliberato. Sortì comunque l’effetto desiderato di farla avvampare di nuovo.

“Di’ un po’… Se oggi Ryuuzaki-san è libero, domani potrebbe venire a casa mia?”

“No, temo di no. Avrò fin troppo lavoro da sbrigare.”

Vero. La taskforce si sarebbe riunita quasi sicuramente il giorno successivo per analizzare le informazioni raccolte ad Aoyama. Avrebbero perso buona parte della giornata solo a visionare i nastri della sicurezza. Aoyama era un quartiere di una certa ampiezza, e-

“Oh, no!” Si rese conto di quello che era appena successo e per poco non buttò a terra il cellulare quando, voltandosi verso i binari, ebbe giusto il tempo di dire addio al suo treno in partenza. “Non ci credo! Questa non ci voleva!”

“Ops.” commentò Rem mentre scendeva dal tetto della stazione.

“‘Ops’?” ripeté lei, coprendo il ricevitore del telefono con una mano per poter sibilare a bassa voce: “Perché non mi hai avvertito?”

La shinigami scrollò le spalle. “Sembravi così presa dalla tua conversazione che non ho voluto interromperti.”

La fissò torvamente e allungò la mascella. “La prossima volta potresti farmi la cortesia di essere molto più utile!”

“Lo terrò a mente.” promise con brio.

Come no.

“Misa-san?”

Tornò al telefonino. “Ho perso il treno per colpa tua.”

“Mia?”

“Sì, tua! Mi hai distratto e non mi sono accorta che il treno è arrivato e se n’è pure andato. Adesso mi tocca aspettare un’altra ora buona.”

“Non era mia intenzione farti perdere il treno. Vuoi che ti lasci?”

“No, non puoi,” ordinò, sedendosi su una panchina. “Visto che mi ha fatto perdere il treno, adesso Ryuuzaki-san dovrà rimanere a telefono fino all’arrivo del prossimo.”

“D’accordo. Allora-”

“Oh, e l’argomento lo sceglie Misa.”

“Ah sì?”

“Sì. Come punizione per avermi costretto ad aspettare.”

“… Va bene. Di cosa vuoi parlare?”

Misa prese un profondo respiro e appoggiò le spalle allo schienale. C’erano molte cose di cui voleva parlare con Ryuuzaki, ma quasi tutte avrebbero significato la fine prematura di quella telefonata e di tutte le possibili seguenti. Inoltre, se provava a non pensare a Kira finiva soltanto per urtarsi di più per il treno perso.

Optò quindi per una questione meno urgente, ma a modo suo rilevante.

“Perché Ryuuzaki-san pensa che Misa sia carina?”

“… Misa-san, non potremmo discutere di qualco-?”

“L’argomento lo sceglie Misa, punto e basta! Ryuuzaki-san deve rispondere.”

“Non mi sembra una ripartizione dei ruoli molto equa.”

“Certo che non è equa, se no che punizione è.”

Quella chiacchierata si protrasse per quasi un’ora senza che lei riuscisse a scucirgli mai una sola risposta degna di questo nome. Rem era rimasta a osservarla, sperando che perdesse anche il successivo, ma questa volta non fu abbastanza fortunata. Non le rimaneva che auspicare che al loro arrivo Kira se ne fosse già andato da un pezzo. Sapeva fin troppo bene quali sarebbero state le ripercussioni del loro incontro, il tutto avrebbe finito per spezzare il cuore di Misa.

E se la felicità di Ryuuzaki coincideva con quella di Misa, allora la felicità di Misa coincideva con la sua, aveva stabilito Rem. Solo che proprio non riusciva a vedere come avrebbe potuto garantirle il lieto fine che desiderava con tanto ardore. Quindi, per il momento, poteva soltanto tentare di rimandare l’inevitabile disastro.



Note eccessivamente lunghe e potenzialmente incoerenti della traduttrice: Martedì scorso mentre ero sotto la doccia mi è venuto in mente che sarebbe stato carino postare a Carnevale il capitolo in cui Misa si traveste, ma poi sono uscita e mercoledì ero in uno stato penoso, perciò mi sono dovuta accontentare di stasera. Sono molto stanca in questo periodo e non escludo che a) mi sia sfuggito qualcosa e b) qualche frase avrei potuto renderla meglio, ma credo di aver limato tutto quello che c’era da limare. Mi sono accanita in particolare sulle ripetizioni, che nella versione originale sono un tantinello troppe, ma ora come ora non sono in grado di giudicare il risultato finale D:
… Venendo alle cose serie.
Punto primo: ho tradotto e tradurrò i titoli dei capitoli, lol! Per la maggior parte si tratta di traduzioni abbastanza letterali, ma qualche volta ho preferito dare più importanza all’interpretazione del prompt fatta dall’autrice. Niente di trascendentale, però, eh! XD
Punto secondo: io non ho mai letto il manga e ho visto l’anime fan-subbato qualche anno fa.
Punto terzo: mia sorella dovrebbe aver comprato il manga, ma tornerò a casa solo a Pasqua e attualmente non posso controllare come hanno tradotto in italiano “the NPA director-general”.
Mi conosco e so che se avessi aspettato Pasqua sarei ritornata qui senza aver controllato niente e quindi avrei aspettato di ritornare a casa e quindi saremmo arrivati a luglio e quindi mi sarei ricordata di Rewrite solo e soltanto a novembre dopo aver messo piede sull’aereo che mi avrebbe riportato qui e così via. Sì, è per motivi così idioti che solitamente ci metto secoli ad aggiornare XD E mi sarebbe tornato un po’ scomodo visto che, qui lo dico e qui lo nego, ho deciso di postare gli altri capitoli di Rewrite in tempi relativamente brevi e regolari.
Pertanto, quando ne avrò il tempo e la calma, correggerò tutte le divergenze dalla traduzione ufficiale italiana e robe di questo genere, nomi esclusi. Anche se devo ammettere che per il momento non mi farebbero schifo eventuali segnalazioni X°D
Alla prossima :* Grazie mille a chi recensisce/segue/favva la storia dopo tanto tempo, as per usual <3

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Capitolo 15
*** Red ***


Rewrite




Theme 19: Red ~ Rosso

Varcata la soglia del proprio appartamento, Misa annunciò: “Rem, io con te non ci parlo.”

La shinigami borbottò una scusa più incolore che sincera, e la cosa finì lì.

Il viaggio ad Aoyama era stato un fiasco. Quand’era arrivata stava già facendo buio, e la folla era più vasta di quanto avesse previsto. Col poco tempo rimastole a disposizione si arrischiò ad andare direttamente al Note Blue, nella speranza che Kira fosse abbastanza sveglio da decodificare l’indizio.

Questa decisione si dimostrò però sbagliata. Il concerto all’interno del locale aveva attirato un pubblico talmente nutrito che con tutta la gente che ballava e si spostava, oltre a un turbinio sfocato di nomi e numeri non riuscì a vedere molto. Anche se Kira fosse stato presente, le sarebbe stato pressoché impossibile individuarlo, a meno che non si fosse accidentalmente seduto vicino a lei.

Era rimasta per un altro paio d’ore, quando ormai era scesa la notte vera e propria, ma non aveva avuto fortuna. Frustrata e irritata, era tornata a casa a mani vuote.

Aveva affibbiato immediatamente la colpa di tutto a Rem, che aveva reagito all’accusa con poco vigore. A suo avviso era fin troppo compiaciuta del fallimento, e la sua mancanza di compassione al riguardo la faceva solo infuriare ulteriormente.

Proprio non capiva che stava tentando di aiutare Ryuuzaki?

Adesso doveva modificare il suo piano, ed era indecisa sul da farsi. Un altro video, un diario? Ma come diamine avrebbe potuto far intuire a Kira di non averlo trovato senza asserirlo direttamente? Non che ammettere di essere stata ad Aoyama costituisse chissà quale minaccia: lei si era camuffata per bene, e anche Kira doveva aver mascherato il suo vero aspetto. Non riusciva a immaginarselo tanto stupido da girare per Aoyama senza protezione.

Forse questa volta la prima mossa l’avrebbe fatta lui. Finora aveva tenuto lei le redini del gioco. Di fronte al suo silenzio c’erano buone possibilità che lui comprendesse l’accaduto e ideasse quindi qualcosa. Se voleva incontrarla non aveva altre alternative. E lui voleva incontrarla. Era pronta a scommetterci. In fondo, sapeva che lei aveva qualcosa che lui non aveva. E gli occhi erano strumenti estremamente potenti.

“Misa adesso aspetterà Kira.” spiegò a Rem una settimana dopo, quando l’aveva finalmente perdonata. “Non l’ho contattato, quindi deve aver capito che non l’ho visto ad Aoyama. Sono sicura che s’inventerà un modo per incontrarci di gran lunga migliore del mio. E che funzionerà, a differenza del mio.”

“E se non lo facesse?”

“Lo farà. Dopotutto, io ho gli occhi. Sicuramente li vuole per sbarazzarsi di L. Penserà a qualcosa, ne sono certa.”



A dispetto delle sue convinzioni, erano trascorse due settimane dall’incidente di Aoyama e Kira ancora non aveva fatto alcunché per contattarla. La prese piuttosto bene, con stupore di Rem. Se da una parte era evidente che la sua preoccupazione e la sua impazienza stessero crescendo, ostentava una facciata di posatezza con una professionalità che faceva onore alle sue doti di aspirante attrice.

Di importanza non trascurabile, aveva notato seccamente Rem, era il fatto che nel frattempo Ryuuzaki avesse telefonato due volte. Sembrava che il suo atteggiamento mutasse considerevolmente in positivo ogni volta che parlava con lui.

“Uuuuuh, Ryuuzaki-san,” si lagnò nella cornetta del telefono, sfogliando pigramente una rivista. “Si può sapere quando hai intenzione di venire?”

“Ho paura di non saperlo, Misa-san,” rispose lui, come a volersi scusare. “Il caso a cui sto lavorando attualmente assorbe molto tempo.”

Lei si scurì in volto, amaramente. “Ho deciso che il tuo capo non mi piace.”

“Oh. Davvero?” domandò, con una sfumatura di divertimento.

“Davvero sì.” Ricordò il vecchio con cui aveva discusso mesi prima, quando si era impossessata del suo telefonino. L’uomo che alla fine, aveva concluso, doveva essere L. “A me sembra molto cattivo.”

“E cosa ti fa pensare che lo sia, Misa-san?” domandò il detective; lo sentì mandare giù un lungo sorso di quello che poteva solo presumere fosse caffè troppo zuccherato.

Si rigirò nel letto in modo da mettersi distesa sulla pancia, e continuò a esaminare la rivista. Da qualche parte doveva esserci la pubblicità di un rossetto che aveva fatto lei, ma ancora non era stata in grado di scovarla. “Ti sfrutta troppo. Un tempo riuscivi a venire una volta a settimana, o ogni due settimane. Ora sono mesi che non ci vediamo. È come se non ti fosse più permesso avere una vita!”

“Le priorità vanno ordinate e rispettate. Anche quando non ci piacciono.”

“Beh…” Lei s’imbronciò come una bambina. “Misa dove si piazza nelle priorità di Ryuuzaki-san?”

“Negli ultimi tempi non ci ho proprio pensato.” confessò sinceramente.

Per tutta risposta lei strillò come una matta nel ricevitore. Si sentì giustificata solo un po’ quando udì il suo sibilo di dolore.

“Ryuuzaki-san è pessimo, pessimo! Stai dicendo che io non sono importante, ma neanche un po’?”

“Affatto, Misa-san,” assicurò con prudenza. “In questo periodo, tuttavia, la mia unica e sola priorità è questo caso. Quando sarà concluso potrò riassestarle. E te lo assicuro, tu sarai una di queste.”

“Veramente? Perché Misa è importante per Ryuuzaki-san?”

Un altro silenzio pregnante. “Sì.”

Il suo tono non dava adito ad approfondimenti. Prima quella vaghezza l’avrebbe infastidita, ma ultimamente era così contenta di ricevere notizie dell’eternamente sfuggente Ryuuzaki che anche le cose più piccole valevano un mondo, per lei.

“Per me il tuo capo resta comunque un tiranno idiota,” insistette, in un tono reso ancora più frustrato dalla pubblicità di cosmetici che non riusciva a trovare. “Secondo me vuole vendicarsi di quella volta che gli ho urlato addosso.”

“Eh? Ah.” borbottò lui; la momentanea confusione presente nella sua voce si dissipò con la stessa rapidità con cui si era creata. “Lo reputi tanto meschino?”

“Assolutamente!” esclamò, annuendo con decisione. “Vuole soltanto tenersi Ryuuzaki-san tutto per sé. Anche se prima ce l’aveva Misa.”

“Misa-san, per te sono una persona o una possessione?” chiese lui, asciutto.

Invece che rispondere lei preferì ringhiare, spazientita e sconfitta. “Non la trovo!”

“Prego?”

“Misa sta cercando una nuova pubblicità per cui ha posato in Cutie. Dovrebbe essere uscita questo mese in molte riviste, e dovrebbe anche darmi una mano a diventare una star! Ma non la trovo da nessuna parte…”

“Pagina sessantatré.”

Sbatté le palpebre, confusa. “Hm?”

“Pagina sessantatré.” ripeté lui, semplicemente.

Incuriosita, saltò diligentemente alla pagina suggerita. Ed effettivamente la pubblicità era lì, con Misa in tutta la sua gloria artificiale. Non aveva ancora visto il prodotto finito del servizio fotografico, e le piaceva in una maniera puerile. Forse l’editor aveva calcato un po’ la mano con l’effetto bloom, ma tutto sommato così la sua pelle assomigliava ancora di più alla porcellana. E poi i capelli scintillavano e le labbra rosso rubino luccicavano: sembrava quasi di poterle baciare.

“Fighissima!”

“Sì, direi.”

Lei arrossì e sorrise. “Sono contenta.”

“Che la pubblicità sia venuta bene?”

“No. Che piaccia anche a te.”

“… Ah.”

“Adesso è meglio che vada,” sospirò, riluttante. “Domani ho un altro servizio. Stavolta per Funhouse! Per questo è molto importante che sia in forma smagliante.”

“Capisco. Allora ti lascio. Buonanotte, Misa-san.”

“Dormi be-” S’interruppe, aggrottando la fronte, quindi si corresse: “Dormi e basta. Okay, Ryuuzaki-san?”

Lui grugnì, senza dire né sì né no, prima di attaccare.



Il servizio fotografico la deluse molto. Era arrivata in anticipo, ansiosa di compiacere fotografo e compagnia in ogni modo possibile. Funhouse era una di quelle opportunità che capitavano una sola volta nella vita, e per l’occasione avrebbe dovuto brillare con tutta se stessa. I loro abiti erano precisamente di suo gusto, e la sua manager li aveva convinti che nessun’altra modella li avrebbe indossati come Misa-Misa. E Amane Misa non avrebbe disatteso quella promessa.

Il fotografo però non si era ancora fatto vivo, e quando il costumista l’aveva adocchiata aveva deciso che le sue scelte iniziali non le si addicevano per niente e l’aveva mandata via perché aveva bisogno di ripensarle da capo.

Si sentì un po’ meglio quando Rem borbottò che ‘quei maledetti sacchi’ contenenti i kit degli accessori le sarebbero stati bene.

“Rem, va tutto bene,” le assicurò, mentre passeggiavano per strada. “Che ci pensi pure su quanto vuole. Misa vuole essere magnifica per questo lavoro. Potrebbero prendermi come modella di punta. Allora sì che diventerei una stella!”

La shinigami non riusciva a capire perché aspirasse a cose del genere, ma se la facevano contenta, a lei andava sommariamente bene così.

Ammazzò il tempo di fronte alle vetrine dei negozi, trascinando allegramente con sé la sua riluttante shinigami. Se qualcuno avesse potuto vederle, figura spaventosa di Rem a parte, avrebbe probabilmente trovato spassoso quel quadretto.

In situazioni del genere aveva preso l’abitudine di fingere di essere al cellulare, riuscendo così a parlare a Rem senza dare nell’occhio. Certo, chi si fosse messo ad origliare anche solo distrattamente si sarebbe accorto che la ragazza chiedeva opinioni sui completini che aveva davanti senza neanche descriverli alla persona che teoricamente si trovava dall’altra parte della linea.

La farsa proseguì fin quando la ragazza, finalmente annoiata, non notò un segnale con la coda dell’occhio. Si fermò, lesse per intero la pergamena d’oro srotolata, e con un ghignetto birichino entrò nei giardinetti.

“Misa, sei sicura di poterci andare?”

“Forse no, ma non ci sono guardie. E poi Misa ha sempre voluto andare a scuola! Rem, ci sentiamo.” disse, chiudendo il telefonino con un colpo netto.

La shinigami corrugò la fronte in segno di disapprovazione mentre la sua partner rinfoderava l’apparecchio nella borsetta. Questo significava che qualunque cosa avesse detto Misa l’avrebbe ignorata, rendendo impossibili le trattative per qualsiasi sorta di compromesso. Non le piaceva quando usava trucchetti di questo tipo: al momento aveva un vantaggio sleale, e ne era consapevole.

La ragazza, d’altro canto, si stava godendo la sua trasgressione. Il campus in sé era molto bello, anche se perfino lei percepì la disposizione artificiosa di alberi e piante. Gli studenti maschi vestivano tutti pantaloni ordinatamente stirati e camice con i bottoni sul colletto, mentre le studentesse accompagnavano pinocchietti cuciti su misura o gonne sobrie a bluse raffinate. Era tutto un po’ troppo pittoresco per i suoi gusti, e se non fosse stata così sicura di sé e del suo aspetto, si sarebbe sentita come un pesce fuor d’acqua.

Era comunque interessante guardare tutti gli studenti che le passavano velocemente accanto; alcuni gridavano ai propri compagni di essere in ritardo per la lezione, altri avevano le facce incollate ai libri. Ne vide anche un paio che, forse, a giudicare dal modo in cui la guardavano, l’avevano riconosciuta. Non l’accostarono, però, e non se la sentiva di incoraggiarli. Magari l’avrebbe fatto prima andarsene. Una modica calca di fan era sempre divertente, benché a Rem desse fastidio. Forse era anche un po’ per questo che la divertiva.

Ma mentre attraversava il corpo studentesco, a qualche metro di distanza accadde qualcosa che attirò la sua attenzione, ghiacciandole il sangue e bloccandole il cuore. Si immobilizzò, come se le sue gambe si fossero improvvisamente trasformate in piombo.

Si morse il labbro inferiore, senza muovere gli occhi. Doveva essersi sbagliata. La speranza e l’ansia le facevano vedere cose che non c’erano. Non poteva di certo essere tanto fortunata.

Ma doveva assicurarsi che fosse così. Ignorando l’interrogatorio di Rem, cominciò a seguire un solo studente, per quanto circondato da altre persone. Gli studenti attorno a lui, tra cui una bella ragazza dai capelli scuri al suo fianco, si voltavano per parlargli, ma sempre che stesse dicendo qualcosa, il giovane dai capelli castani non muoveva mai la testa, impedendo agli occhi di shinigami di scorgere quello che le interessava. Aveva intravisto il suo profilo solo per un secondo quando aveva spostato il peso dei libri, ma da quel brevissimo lasso temporale Misa avrebbe potuto giurare che sulla sua testa non ci fosse scritta la durata della vita. E poteva esserci solo una spiegazione.

Una piccola parte di lei le diceva di restare con i piedi per terra, ma il resto – il suo corpo, la sua anima – le diceva di continuare. Perché se avesse avuto ragione, se lui fosse stato chi credeva che fosse… Tutto si sarebbe sistemato in maniera perfetta.

Era talmente concentrata su di lui che non si accorse del sussulto della sua shinigami.

“Misa,” la chiamò, la voce tesa, “Andiamo via, okay? Farai tardi.”

“Rem, tra un minuto,” rispose, senza preoccuparsi che qualcuno potesse sentirla. “Misa deve fare una cosa.”

“Ma Misa-”

Troppo tardi. Lui si era girato verso la ragazza in seguito a qualcosa che doveva avergli detto, sorridendole educatamente. In quel preciso istante, i suoi occhi lessero tutto ciò di cui avevano bisogno in un rosso intenso.

Yagami Light.

E nient’altro.

Un sorriso trionfante si fece lentamente strada sul viso dell’idol che guardò il proprio dio della morte con occhi elettrizzati. Ignorò la sua espressione angosciata, arrivando alla conclusione che come al solito si stava agitando senza che ce ne fosse un reale bisogno. Era quello che voleva, e al momento era solo questo che contava.

Poi però ebbe un attimo di panico. Come presentarsi? Non poteva semplicemente raggiungerlo e dirgli che sapeva che fosse Kira. Ma non poteva neanche lasciarselo scappare ora che l’aveva finalmente trovato. Dopotutto, più tempo avesse lasciato passare, più Ryuuzaki sarebbe stato in pericolo.

“Ehi,” mormorò qualcuno alle sue spalle. “Quella somiglia a Misa-Misa!”

“Cosa?” Un’altra voce smorzata, e incredula. “È impossibile che una modella venga in questa scuola.”

Li ascoltò litigare dietro di lei per qualche altro minuto, tenendo la testa bassa nella speranza che non facessero ulteriori indagini. Alla fine il tipo scettico convinse il suo compagno ad andare via, e lei fu libera di proseguire senza paura di essere riconosciuta.

Tuttavia le avevano dato un’idea, e le tornò il sorriso. Forse le ragazze normali non potevano avvicinare Yagami Light e parlargli senza apparire strane, ma Misa-Misa non era una di loro. Le modelle uscivano continuamente con bei ragazzi. Un fidanzatino carino qua e là, se opportunamente gestito, non faceva certo male alla carriera. E questa era una cosa che doveva decisamente concedere a Yagami Light: era molto attraente.

Quasi ridacchiò. Il suo eroe pareva davvero uscito da una favola. Adesso bisognava solo che la principessa si presentasse al principe. Con un sospirò, attese che la folla si disperdesse un po’. Non voleva contattarlo davanti a tutta quella gente, e soprattutto non davanti a quella ragazza che lo scortava. Se fosse stata la sua fidanzata sarebbe stato problematico. Non che con Misa ci fosse sfida – quella era troppo banale e noiosa. Non era neanche lontanamente carina quanto lei! – ma voleva che quell’incontro filasse liscio come l’olio.

Nell’attesa si pettinò rapidamente i capelli con le dita e si aggiustò la gonna. Voleva essere quanto più presentabile possibile, e ogni dettaglio aveva la sua rilevanza.

Finalmente, Kira si fermò di fronte a una panchina, e rivolse la parola a chi ci era seduto sopra, chiunque egli fosse; lei non poteva vederlo perché Yagami Light glielo copriva, né le importava davvero. Gli altri presero ad allontanarsi, compresa la ragazza. Erano rimasti solo Kira e la persona sulla panchina. Ecco la sua possibilità: se oltre a lui c’era soltanto un altro studente, allora non c’erano problemi. Dopotutto, gli avrebbe semplicemente detto di essere Misa-Misa, e sarebbe riuscita a strappargli un appuntamento grazie al suo fascino. Gli avrebbe rivelato le sue vere intenzioni in un secondo momento, e in un luogo più appartato.

Scuotendo braccia e gambe per distendere i nervi, prese un profondo respiro e si diresse verso il suo obiettivo, lo sguardo imperniato sul luminoso nome rosso. Lo distolse quando pensò che se avesse continuato a fissare solo quello si sarebbe dimenticata del sangue freddo che le serviva.

“Misa,” la implorò Rem, quasi afferrandola. “Per favore, andiamocene, subito. Misa, per favore.”

Le sue preghiere non vennero esaudite, ma non per questo si scoraggiò. Quando Misa raggiunse la sua destinazione la stava ancora supplicando. Era alto, notò, pigramente. Chissà se era più alto di Ryuuzaki.

“Mi scusi,” esordì, raggiante, schiarendosi delicatamente la gola.

Yagami Light si girò e per un istante, una mera frazione di secondo, le parve di avergli visto negli occhi un po’ di stizza. Ma svanì in un lampo, e lui le regalò un sorriso delizioso, per quanto vagamente confuso. “Hm, sì?”

Assunse l’espressione più civettuola che le riuscisse e continuò: “Mi chiamo Amane Misa, e–”

Dalla panchina risuonò un secco bam, e entrambi si voltarono in quella direzione. Il cuore le schizzò in gola, e Rem saltò un respiro.

Ryuuzaki ricambiò lo sguardo, il corpo caduto, quasi attorcigliato sulla panchina. Gli occhi scuri erano più sgranati del solito, le labbra macchiate di dolci erano leggermente dischiuse. Era la cosa più vicina allo shock che gli avesse mai visto sfoggiare, e la turbava.

“Ryuuzaki-san?” domandò, perplimendosi ancora di più quando la testa di Yagami Light ebbe uno scatto, mettendosi sull’attenti.

“Ryuuga, questa ragazza ti conosce?”

“Ryuu… ga?” ripeté lei, smarrita, mentre i suoi occhi slittavano dal volto di Ryuuzaki ai numeri e alle parole che fluttuavano su di lui.

Spalancò improvvisamente gli occhi e si sentì precipitare lo stomaco. Non aveva alcun senso. Proprio nessuno. Il nome di Ryuuzaki era… sbagliato. Completamente sbagliato. Doveva essere Ryuuzaki Hideo. Allora perché, invece, le lettere rosse componevano un qualche strano nome straniero? Perché tutto d’un tratto le si stavano marchiando nella mente, deridendola?

Vecchie parole che le aveva ripetuto Rem riemersero per tormentarla.

“Anche Ryuuzaki stava parlando di Kira. Sta cercando di trovarlo.”

“Misa, se non ti fermi adesso, uno dei due dovrà morire per forza.”

“Un’altra regola? Gli shinigami non possono rivelare a un essere umano il vero nome e la durata della vita di un’altra persona.”


Il suo vero nome.

Che nome strano che aveva. Un nome reso ancora più strano da quel rosso sangue con cui l’abbagliava. Quasi accusandola. Quasi condannandola. Misa è proprio stupida. Una stupida bambinetta cieca. Guarda cos’hai combinato.

Le gambe le si piegarono sotto il peso del suo corpo.

Light si allarmò, tendendo le mani. “Signorina!”

Ma Misa era ancora troppo consumata dalle lettere sull’uomo che aveva conosciuto per più di un anno come Ryuuzaki anche solo per rendersi conto di star franando a terra.

“Signorina!”

Il nome si tramutò in una macchia sfocata di rosso, e in quel momento il mondo cessò di esistere.



Quando rinvenne, Light e Rem erano chini su di lei con espressioni apprensive. Ryuuzaki era in piedi poco lontano; si masticava ferocemente il pollice, ma per il resto non mostrava alcuna emozione. Le venne la nausea e distolse lo sguardo dal detective, dalla bugia rossa impressa sopra la sua testa.

“Signorina, sta bene?” chiese Light, porgendole una mano per aiutarla a tirarsi su.

“Credo di sì,” fu la sua risposta cauta. Accettò la sua offerta e si mise a sedere. “Misa ha avuto solo un capogiro.”

“Beh, meglio così.” Le sorrise, sollevato. “Ci ha fatto prendere un bello spavento. Vero, Ryuuga?” aggiunse, dando un’occhiata all’uomo in questione. Che lo guardò con indifferenza.

“Sì.” confermò lui, in tono completamente piatto.

Ryuuga. Si accigliò un po’. Quanti nomi falsi aveva? Inspirò profondamente e si alzò in piedi, tremante.

“Aspetti,” protestò il ragazzo, imitandola. “Non dovrebbe alzarsi così presto.”

Lei si obbligò a sorridere. Il suo Kira era tanto gentile. Se ne sarebbe deliziata se non fosse stato che in quel momento le interiora le stavano morendo lentamente dentro, pezzo dopo pezzo. “È tutto a posto. Tanto Misa deve andare. È in ritardo per un importante servizio fotografico.”

Il ragazzo non sembrava persuaso. “Beh, non dovrebbe andare da sola. Ryuuga, accompagnala.” Fissò intensamente Ryuuzaki. “È tua amica, no?”

Lui resse tranquillamente lo sguardo, senza un battito di ciglia. Mentre li osservava, nel silenzioso punto morto in cui si erano impelagati, ebbe suo malgrado l’impressione che se pure se ne fosse andata senza dire una parola, nessuno dei due l’avrebbe notato.

Sollevò le mani, sbatacchiandole di fronte a sé. “No, no. Misa sta bene.” lo rassicurò, ignorando l’altro. “Ho solo bisogno di sgranchirmi le gambe.”

“Ma-”

“Davvero, sto bene,” ripeté, già indietreggiando; aveva un bisogno disperato di scappare. “E adesso devo proprio andare.”

“Se lo dice lei.”

“Sì, è meglio così. Arrivederci,” Lo salutò rapidamente con una mano e, sempre senza degnare di uno sguardo Ryuuzaki, girò sui tacchi e si allontanò a un passo spedito che riuscì per miracolo a non convertire in una corsa vera e propria.

Tornò al luogo del servizio fotografico con venti minuti di ritardo. Il fotografo le lanciò uno sguardo scontento, e il costumista fece una scenata. Non migliorò la situazione quando li informò con voce depressa di dover andare in bagno, e entrò in camerino facendo orecchie da mercante alle loro grida di protesta.

“Misa?” provò Rem quando furono sole.

“Rem, non seguirmi in bagno.” ordinò, in un tono quasi privo di vita, prima di chiudersi la porta dietro di sé.

Con le dita che non sentivano più niente, Misa aprì il rubinetto del lavandino e si buttò avidamente in faccia l’acqua fredda che scorreva. Riusciva a stento a percepirla. Alzò lo sguardo fin sullo specchio, col respiro pesante: il mascara le rigava il viso in una parodia delle lacrime che non riusciva a versare. I suoi occhi si avventurarono un po’ più su, sul nome in rosso. Il suo nome.

Il suo nome. Il suo vero nome.

Soffocò un singhiozzo, ma il suo stomaco ebbe da ridire. Cadde a terra, arrendendosi, vomitando tutto, fin quando dentro non le rimase altro che dolore.



Nota della traduttrice: Spero non vi dispiaccia quest’aggiornamento così rapido, per stavolta. Mi torna meglio così. E sì, gioite, la piattola assassina è finalmente fra noi in tutto (o quasi) il suo viscidume!
Comunque sono qui per comunicarvi che siamo ufficialmente a metà storia. Yay! Non ci avreste mai creduto! Neanch’io! LOL! Sempre che l’autrice non decida di aggiungere qualche capitolo bonus, almeno, visto che l’originale è al ventotto e può succedere tutto e il contrario di tutto. Chi vivrà, vedrà. Ehi, se posto regolarmente magari la raggiungiamo! AWESOME. (è praticamente impossibile, ma tant’è XD)
Alla prossima <3

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Capitolo 16
*** The Space Between Dream and Reality ***


Rewrite




Theme 6: The Space Between Dream and Reality ~ Lo spazio tra sogno e realtà

Misa odiava l’ironia. Odiava quando una presunta verità le si sgretolava di fonte agli occhi e veniva rimpiazzata da qualcosa di completamente diverso.

Il servizio fotografico con Funhouse era stato, con sua sorpresa, un gran successo. Nonostante il suo atteggiamento piuttosto acido nei confronti di fotografo e costumista, nel momento in cui si era posizionata davanti all’obiettivo si era azionato qualcosa di insolito.

Un rappresentante entusiasta di Funhouse aveva chiamato la sua manager il giorno successivo per complimentarsi delle immagini. A quanto aveva detto, da lei si aspettavano i suoi sorrisi e gli occhiolini ammiccanti standard, e quando avevano invece ricevuto una ragazza solenne con gli occhi infestati di fantasmi avevano apprezzato vivamente ogni fotogramma.

Misa-Misa stava per scalare le vette del successo, proprio mentre Amane Misa si sentiva precipitare verso il fondo.

Misa odiava quella simmetria. Ne odiava l’ironia.

Yagami Light era Kira. L’aveva visto con i suoi occhi. Era un anno che voleva incontrarlo con tutte le sue forze, e lui le era finalmente comparso davanti. Era stata tanto impaziente di correre da lui, di confessarsi a lui. Di raccontargli i suoi segreti, e il suo piano per aiutarlo a creare un mondo perfetto.

E sarebbe stato davvero perfetto. Sarebbe divenuta volentieri i suoi Occhi, il suo strumento. Una serva volontaria del suo nuovo regno. Avrebbe ucciso il suo più grande rivale, L, e poi sarebbe accorsa felice ad ogni suo cenno. Tutto, pur di riuscire, in definitiva, a salvare Ryuuzaki.

Ma Ryuuzaki, aveva scoperto, non era “Ryuuzaki”. Proprio no.

Ryuuzaki, era venuto fuori, era L.

Ryuuzaki era L. Il suo Ryuuzaki.

Il suo Ryuuzaki non esisteva neppure. Era una grandiosa bugia fasciata da maglie sciupate e jeans scoloriti. Un’invenzione con gli occhi sbarrati e i capelli scompigliati stranamente soffici al tatto.

Misa odiava l’ironia.



“Misa?” la sollecitò Rem per quella che era molto probabilmente la quinta volta. “Ti prego, di’ qualcosa.”

La ragazza rimase praticamente in silenzio, a parte per qualche singhiozzo che non riusciva a smorzare di tanto in tanto. Tremava, era rannicchiata sul letto col viso sepolto in un cuscino.

Era stata in quello stato quasi ininterrottamente dopo l’incidente alla scuola, e Rem era fuori di sé dall’ansia. Sapeva che Misa non avrebbe preso bene la verità, ma non si aspettava un crollo emotivo.

“Misa,” provò ancora. “Ti sentirai meglio se ne parli.”

Lei allora sollevò il capo, perforandola con gli occhi bordati di rosso. “Meglio?” sibilò. “Che c’è da sentirsi meglio? Misa è un’idiota! Pensava di star proteggendo Ryuuzaki-san. Pensava di star facendo la cosa giusta. Che la morte di L avrebbe risolto ogni cosa. E invece si sbagliava! Si sbagliava su tutti i fronti, e proprio non l’aveva previsto. Misa ha fatto solo cose stupidi, cose inutili, perché qualcuno le ha mentito. Perché Ryuuzaki-san è L. La persona che stavo cercando di proteggere più di chiunque altro… è la stessa persona che stavo cercando di uccidere.”

Poi cadde un profondo silenzio, e si alzò sulle ginocchia, fissando la colonna del letto senza realmente vederla. Rastrellandosi qualche ciuffo di capelli infiocchettati con una mano mormorò, “Io ho ucciso per lui. Ho ucciso delle persone. Alcune erano brave persone, ci potrei giurare. P-pensavo che sarebbe andato tutto bene, perché i sacrifici vanno fatti. Kira compie sacrifici, perciò non poteva essere una brutta cosa, giusto? Però… però…” Il suo viso si raggrinzì. “Pensavo che anche uccidere L fosse una buona cosa. E su quello mi sbagliavo. Quindi forse mi sbagliavo su tutto. Tutto ciò che ho fatto non è stato che un errore.
“Sono una persona cattiva, vero?” chiese, stringendosi il cuscino zuppo di lacrime al petto. “Ho ucciso delle brave persone, e non avevo neanche una buona ragione! In teoria ce l’avevo. Era quella che mi faceva credere che andava tutto bene. Era quella che faceva di Misa comunque una dei buoni! Ma visto che Ryuuzaki-san è L, quelle persone sono morte per niente. Misa le ha uccise per niente!
“Misa è un’idiota!” strillò, ributtandosi sul letto coperto alla bell’e meglio dal lenzuolo.

Rem si limitò a guardarla, incapace di pensare a qualcosa che potesse consolarla.

“Non è giusto!” dichiarò, barcollando verso il dio della morte. “Perché Ryuuzaki-san e L non possono essere due persone differenti? Era così che doveva essere! Perché Misa odia L, e lei…” Soffocò sulle parole. “Lei non odia Ryuuzaki-san. Quindi dovrebbero essere due persone distinte e separate. Così posso uccidere L e tenermi Ryuuzaki-san.”

“Misa, non funziona così.”

“Ma perché no? Io non voglio L. Io voglio Ryuuzaki-san! Io voglio solo Ryuuzaki-san. L dovrebbe soltanto sparire! Ryuuzaki-san dovrebbe essere soltanto il Ryuuzaki-san di Misa, come è sempre stato. Non dovrebbe essere l’L del mondo.
“Non è giusto,” ripeté, mentre la furia le moriva lentamente. “Perché non possono essere due persone, Rem? Perché? Perché?

Rem alzò una mano scarna e le passò le dita affusolate tra i capelli. “Non lo so, Misa. Ma le cose stanno così.”

Lei tacque, chiudendo gli occhi e crogiolandosi nella dolce carezza. A vederla così, quello che la shinigami riteneva fosse il proprio cuore si contorse. Quant’era pericoloso amare un essere umano. Era una minaccia per la vita degli umani quanto lo era uno shinigami.

“Odio ancora L.” mormorò.

“Lo so.”

“Voglio ancora stare con Ryuuzaki-san.”

“Lo so.”

“Non posso avere tutte e due le cose, eh?”

“No.”

Con un profondo sospiro, Misa le prese la mano con cui la stava toccando, stringendola tra le proprie dita delicate. “Rem è una buona amica,” disse, un piccolo sorriso che appariva per un mero secondo. “Hai cercato di proteggere Misa per tutto il tempo, vero? Ma Misa non ti ha dato retta. Scusami.”

Lei chinò la testa, sbalordita al punto da perdere la parola. Era la prima volta che veniva chiamata ‘amica’, o che qualcuno si scusava con lei quando se lo meritava. Anzi, con tutti i pochi secoli di vita che aveva alle spalle non riusciva a ricordare una sola volta in cui era stata veramente vicina a qualcuno nel reame degli shinigami. Si chiese, non per la prima volta, quanto esattamente si fosse affezionata all’essere umano che aveva scelto come partner. Era un sentimento profondo quanto quello che la ragazza nutriva per il suo detective imbroglione?

“È solo che…” Le lasciò la mano e si risdraiò sul letto. “È solo che non so più cosa fare, Rem. Come dovrei risolvere questo casino?”

C’erano molte cose che secondo Rem avrebbero potuto risolvere il problema. La maggioranza di queste idee si concludeva con la morte di L e di Yagami Light. Sapeva però fin troppo bene quale sarebbe stata la reazione dell’idol. E visto che lei si stava finalmente calmando, decise che la miglior parte del valore stava nella discrezione, e se le tenne per sé.



Rem sparì per lungo tempo dopo che Misa aveva scoperto la verità. Normalmente si sarebbe chiesta dove se ne andasse continuamente, ma la sua mente era fin troppo occupata da altre questioni più stressanti. Per esempio come tirare avanti, quando nella sua vita tutto le si era rivoltato contro in una maniera perfetta.

Anche quando riuscì a darsi un certo contegno, non aveva comunque la minima idea di cosa fare e come. Prima le cose erano incredibilmente più semplici, quando era sicura di avere tutto sotto controllo. La realtà non solo era più strana della finzione, ma pure molto più complicata.

Come se non bastasse, gli spot di Funhouse erano esplosi in ogni rivista possibile. Avevano attirato l’attenzione di ogni fotografo, compagnia e talk show. Le telefonava un mucchio di gente, sommergendo la sua manager di tante di quelle chiamate che fu costretta ad assumere una segretaria soltanto per gestire l’affluenza di richieste. Da un giorno all’altro, Misa-Misa era richiesta come mai in vita sua.

E se da un lato sarebbe stato decisamente sciocco da parte sua ignorare la situazione in cui si era impelagata, per il momento delle distrazioni erano decisamente perdonabili.

Inoltre, aveva ricordato a se stessa, Ryuuzaki non era l’unica persona presente nella sua vita.

“Misa, devo ammettere che sono veramente colpita,” si complimentò Mamori, e Misa sentì il fruscio dei fogli che stava sfogliando. “Non posso dire di avere occhio per la moda, ma mi sono veramente piaciuti quegli scatti che hai fatto per Funhouse. Credo sia la prima volta che fai una faccia seria in fotografia.”

Lei sistemò meglio il telefono. “Davvero? Manco mi ero accorta di star facendo qualcosa di diverso.”

Mamori sbuffò. “Solo tu puoi essere così inconsapevole. Beh, sono veramente belle. Anche se hai un’aria molto depressa.”

“Depressa. Hmmm, possiamo parlare di qualcos’altro? Misa è un po’ stanca di quella pubblicità.”

“D’accordo. In realtà c’è una cosa di cui vorrei parlarti. O meglio, qualcuno: il detective Ryuuzaki Hideo.”

Il cuore di Misa sussultò, e poi si immobilizzò. “Cosa?”

“Non puoi essertelo dimenticato. È il nome del detective che ti ha interrogato dopo la morte di mamma e papà. Il tizio di cui non ricordavo di aver letto il nome sui documenti. Beh, ho fatto qualche ricerca sui suoi precedenti, ed è venuto fuori che questo tipo era un fenomeno molto promettente. Ha risolto una cosa come quindici casi di omicidio per la polizia locale nel giro di un mese, tra cui addirittura tre delitti irrisolti.”

“Ah.” biascicò, con poca convinzione.

“‘Ah’? Misa, ma è stupefacente! Dev’essere stato solo perché non è riuscito a trovare prove schiaccianti che l’assassino di mamma e papà non è andato a giudizio. Di certo non gli mancava il talento. Era uno spettacolo da quello che sono riuscita a mettere insieme.”

“Era?”

“Sì. Era. A quanto pare poco dopo il caso di mamma e papà ha fatto le valigie e se n’è andato. Gli investigatori della zona non sanno proprio perché. Pare anche che preferisse lavorare da solo. Ci hanno parlato pochissimo, figurarsi vederlo. E nessuno è riuscito a scucire ai pezzi grossi la ragione per cui è partito. Interessante, no?”

Lei s’incupì. Certo che era svanito. L era venuto a risolvere l'irrisolvibile, poi se n’era andato di corsa quand’era spuntato fuori un caso più grosso con un flusso di cassa ancora più grosso. Molto probabilmente era tornato in Giappone solo per i soldi che avrebbe ricavato dal caso di Kira.

Ryuuzaki non era tornato per Misa, affatto. L era tornato per Kira.

“Misa?”

“Eh? Oh, scusa. S-sì, è interessante, diciamo. Però Misa non ha tanta voglia di parlare nemmeno di quello.”

“Oh, davvero?” Sua sorella sembrava frustrata, poi sospirò. “Beh, allora… Hmm… Perché non mi parli un po’ di quel fidanzato segreto? Non me ne hai mai parlato.”

Per poco non scagliò il telefonino dall’altra parte della stanza. Possibile che tutto dovesse sempre ricondursi a lui? “Misa non ce l’ha il fidanato!”

“Ma-”

“Non ce l’ho!”

L’altra si zittì per un istante, chiaramente stordita, prima di lasciar perdere. “Okay. Scusa se ho chiesto.”

Le scappò una smorfia al sentire il tono offeso della sorella. Non era colpa di Mamori, davvero. Non meritava di sorbirsi la sua collera.

“Mamori, io… davvero, io…”

Bussarono alla porta, interrompendo il suo tentativo tentennante di fare ammenda. Diversi colpetti che si susseguivano in un ritmo strampalato ma familiare. Tutto il suo corpo, a eccezione del cuore che le pulsava forte nelle orecchie, si arrestò.

La testa di Rem fece capolino nel suo appartamento. Quando vide che era in casa scivolò dentro con facilità, come un fantasma. Il suo viso non era in grado di esprimere molte emozioni, ma l’occhio visibile saettava nervosamente in tutte le direzioni.

“L,” disse, semplicemente.

Inspirò bruscamente. Era questo che faceva Rem quando non era con lei, allora? Pedinava Ryuu… Pedinava L? Effettivamente, avrebbe dovuto aspettarselo. Era così protettiva. Ovviamente, però, Misa già sapeva chi fosse: c’era solo una persona che bussava alla sua porta come se stesse componendo una canzone sul momento.

“Perché è qui?” riuscì a bisbigliare, scossa da tremiti improvvisi.

“Chi?” domandò Mamori.

“Per limitare i danni.” spiegò la shinigami. “Sospetta che Yagami Light sia Kira. Adesso che Yagami sa che conosci L al di fuori del contesto scolastico, vuole essere sicuro che tu non ci torni.”

“Vuole proteggermi?”

“Eh?” bofonchiò sempre Mamori, confusa.

“O forse vuole proteggere se stesso. Tu alla fine potresti essere un ottimo strumento di negoziazione. Altri incontri tra te e Yagami Light potrebbero metterlo in pericolo. Io lo lascerei qui fuori.”

Lei corrugò la fronte. Non aveva tutti i torti. La sua visita alla scuola doveva essere stata un clamoroso disastro per i piani di L. Rivedendo Light avrebbe potuto capovolgere ulteriormente le cose a suo sfavore.

Ancora una volta, non era andato a trovarla perché Ryuuzaki voleva passare del tempo con Misa. Era qui perché L voleva coprire le sue tracce.

Sbuffò. Beh, tanto non le importava più niente! L era un bugiardo; Kira era la sua verità. Avrebbe rivisto Yagami Light quante volte avrebbe voluto, e il parere di L in merito poteva andare a farsi benedire.

D’altro canto, se questo avesse portato alla sua morte…

“Misa vuole vederlo.” dichiarò balzando verso la porta, mentre ancora si sentivano i colpi secchi contro il legno.

“Vedere chi?!” gridò praticamente la maggiore delle Amane, ormai completamente smarrita e frustrata.

Poggiò la mano tremante sulla maniglia. “Il fidanzato segreto di Misa.”

“Cosa? Ma… credevo che-"

“Mamori, ci sentiamo.”

Se pure sua sorella avesse provato a dire qualcos’altro, Misa non lo sentì perché chiuse il telefonino e se lo ripose in tasca. Aprì la porta con la mano tremante.

L’uomo che aveva imparato a conoscere come Ryuuzaki la salutò con i suoi soliti occhi sgranati e un pugno chiuso ancora sollevato. Le lanciò un’occhiata peculiare e poi allungò rapidamente il braccio per dare altri tre tocchi alla porta.

Lei lo fissò perplessa, e lui abbozzò un sorrisetto.

“Questa dovrei annotarmela,” fu tutto quello che ebbe da dire al riguardo; poi le concesse finalmente la sua piena attenzione: “Posso entrare, Misa-san?”

“Uh, sì,” borbottò, cercando di tenere gli occhi sul suo viso e non sul nome che gli torreggiava sulla testa. Chiuse la porta dietro di loro, diffidente e incuriosita. “Misa è sorpresa. Non si aspettava una tua visita. Hai avuto tanto lavoro in questo periodo.”

“Suppongo di sì,” confermò lui, mordendosi il pollice e distogliendo lo sguardo da lei per spostarlo verso la cucina. Si accigliò. “Misa-san, non ci sono dolci sul bancone.”

Lei sbuffò. “È perché dovrebbero essercene! Misa prepara cose che fanno ingrassare solo se pensa che Ryuuzaki-san verrà a trovarla. Ed è davvero un pezzo che non vieni. Se non c’è niente, la colpa è solo tua.”

“Oh,” mormorò lui, palesemente deluso. Poi la guardò speranzoso, “Non potresti per caso preparare un po’ di tè? Sempre che tu non abbia buttato lo zucchero.”

Lo squadrò, senza espressione, poi gettò le mani in aria in segno di resa. “Okay, vada per il tè. Mi pare che nella credenza sia rimasto dello zucchero.”

Quella concessione sembrò appagarlo, e si posizionò al solito posto sul divano. Era quasi come se nulla fosse cambiato. Come se lei non sapesse che Ryuuzaki in realtà era L, e che non era andato da lei unicamente per pararsi le spalle. Era solo una normale visita di Ryuuzaki, venuto per chiacchierare e divorare i manicaretti imbottiti di zucchero che Misa cucinava per lui.

“Non mi aspettavo di vederti, l’altro giorno.” disse lui all’improvviso.

Per poco non rovesciò il tè che stava versando. Certo, solo perché all’apparenza nulla era cambiato, era comunque ovvio che nei fatti era precisamente il contrario.

“Hm? Misa stava solo ammazzando il tempo prima del grande servizio di quel giorno,” spiegò, sperando che la sua voce non fosse davvero più acuta di un’ottava come era suonata a lei.

“Ah,” mormorò lui, afferrando la tazza che gli offrì e apprestandosi a racimolare i cubetti di zucchero che lei aveva poggiato sul tavolino. “Intendi quello per Funhouse?”

Sbatté le palpebre. Credeva che avrebbe insistito sull’incidente. “Hm, sì.”

“Quelle foto hanno fatto il botto, pare,” commentò, lasciando cadere i cubetti nel tè uno alla volta, come per aspettare con un pizzico di piacere il minuscolo plop che producevano a contatto col liquido. “Sono ovunque, e ho notato che sei stata spesso in televisione.”

“Sì,” annuì, ancora confusa dalla piega della conversazione. “Misa ora è molto popolare. Mi hanno addirittura chiesto di presentare qualche programma.”

“Ottimo,” si congratulò. Sorseggiò per un lungo istante il tè troppo dolce, e poi si fece serio. “Misa-san, ho una piccola confessione da farti.”

Lei trattenne il respiro. Non le avrebbe mica detto che era L, vero? No, che stupidaggini. Non ce n’era davvero motivo, ed era rischioso. Ma cos’altro poteva essere? Forse avrebbe quantomeno ammesso che era a scuola per via di un’indagine. Probabilmente le avrebbe fatto un lungo discorso per ammonirla a non tornarci mai più, e per farle capire che per poco non aveva mandato a monte tutto il suo lavoro.

Quel pensiero la infastidì, e sporse la mascella. “Davvero?” chiese, senza riuscire a camuffare del tutto il proprio nervosismo.

Non che lui parve notarlo. “Sì. Per favore, non offenderti.”

Inarcò un sopracciglio. Offendersi? Ma quanto sarebbe stata pesante questa ramanzina? “… Okay.”

Le diede un’occhiata in tralice. “Vedi, quelle foto non mi piacciono proprio.”

Ci fu un momento pregnante di totale silenzio. Poi sentì Rem che da qualche parte dietro di lei emetteva un verso strangolato a metà tra lo stupefatto e il furioso.

In quanto a lei, era sbalordita. “Eh?”

“Non fraintendermi,” continuò lui, a mo’ di scusa. “Sono immagini deliziose. Ma non mi sembrano giuste.”

Ancora terribilmente disorientata, riuscì a mormorare: “Le foto di Misa sono sbagliate?”

“Ecco, il problema è che non sorridi. Gli sguardi corrucciati non si addicono particolarmente al tuo viso.”

La confusione si tramutò in rabbia in un attimo. “Stai dicendo che Misa era brutta?!”

“Non propriamente brutta, in sé,” corse ai ripari, forse per risparmiarsi punizioni corporali. “Solo, non sembri tu. Sono giunto alla conclusione che preferisco di gran lunga i tuoi sorrisi alle tue espressioni tristi. Sono esteticamente più adatti ai tuoi particolari lineamenti,” aggiunse dopo un attimo.

E Misa era di nuovo confusa. Parte di lei, la parte che ancora pensava a lui come a Ryuuzaki, era felice e tesa per le sue parole. L’altra, quella parte che sapeva che lui era L, era in attesa della batosta vera e propria.

Poco ma sicuro, presto o tardi avrebbe detto qualcosa. Non poteva lasciare la questione in sospeso, irrisolta, no? Sarebbe stato insensato, soprattutto se era venuto per salvare il salvabile, come aveva detto Rem. Questo significava che non avrebbe detto una sola parola in proposito? Forse avrebbe finto che niente fosse successo. O peggio ancora, forse sarebbe sparito per sempre, e quella era la sua ultima visita.

Quell’ipotesi incrementò talmente tanto la sua ansia che finalmente si lasciò sfuggire un: “Ryuuzaki-san non ce l’ha con Misa?”

“Hm?” Lui inclinò il capo, picchiettandosi il labbro inferiore.

“Ryuuzaki-san non ce l’ha con Misa perché… perché ci siamo imbattuti in quella scuola?” Si mise a giocherellare con il bordo della gonna, strattonandolo e torcendolo nervosamente. “Misa sa che probabilmente non avrebbe dovuto essere lì. Non voleva fare nulla di male. Davvero, Misa ha fatto del suo meglio per rendere perfetta ogni cosa.” Abbassò la testa per assicurarsi di tenere gli occhi nascosti in caso di lacrime. “Ma poi alla fine è andato tutto male. Ho fatto tanti di quegli… errori. Sono stata davvero stupida. Stupidissima! Quindi lo capisco se Ryuuzaki-san è-”

“Misa-san.”

“Sì?” Aveva improvvisamente freddo. Avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa. Avrebbe dovuto continuare a fare la finta tonta. Ormai era troppo tardi.

Poi non riuscì più a vedere Ryuuzaki perché lui le aveva messo la tazza davanti alla faccia.

“Ho finito il tè.”

Lo fissò. “Come?”

“Tè. Ho finito il tè. Potrei averne dell’altro?”

Era esasperata. “Ma hai sentito almeno una parola di quello che ho detto?”

“Certo. Ma non mi interessa.”

“Cosa?” sbottò, sentendo la rabbia montare.

“Misa-san, è irrilevante,” spiegò, abbassando finalmente il braccio. “Immagino che potremmo parlarne, ma non ce n’è alcuna ragione. Grossomodo sembri aver già compreso il perché della mia presenza alla scuola, e dal momento che non posso né ho intenzione di scendere nei dettagli, che senso avrebbe?
“A dire la verità non sono tipo da sgridate,” proseguì, tamburellando il fianco della tazza con un’unghia mangiucchiata. “Preferirei evitare anche con te, soprattutto quando non ce n’è una particolare necessità. Mi piacerebbe usufruire del tempo che posso passare con te, Misa-san. Non sei d’accordo?”

Lo studiò silenziosamente. Era davvero questo che voleva? Trascorrere del tempo con lei era sinceramente l’unico motivo che lo aveva spinto a venire? Voleva crederci. Credere di essere abbastanza importante da giustificare la sua presenza lì con la voglia di stare con lei. Credere di non essere solo un’opportuna distrazione al caso Kira.

Le lettere sulla sua testa le dicevano il contrario: lui rimaneva chi era, e niente avrebbe potuto cambiarlo.

Allora prese una decisione. Chiuse gli occhi, schermandosi da quella condanna, e si chinò, stringendo le braccia attorno all’esile detective. Lui s’irrigidì, ma non protestò quando posò la testa sulla sua spalla.

“Mi sei mancato.”

“… Ah.” ribatté lui, moderatamente a disagio.

Incapace di contenersi gli strofinò un po’ il naso contro il collo, e ridacchiò quando lui sobbalzò al tocco.

Misa non era stupida. Sapeva che l’uomo che stava abbracciando era L. Che era la persona dietro la voce alterata che aveva giurato di mandare Kira a morte. Eppure, tutto ciò che faceva, tutto ciò che diceva… Per lei rimaneva Ryuuzaki. Quando parlava non usava quel tono freddo e deciso di L. Era un tenore delicato e piacevole da ascoltare. L parlava di Kira e di giustizia. Ryuuzaki parlava di dolci e di quant’era carina.

Sapeva di non poterli realmente separare l’uno dall’altro, ma non ce la faceva a non illudersi. Illudersi che l’uomo tra le sue braccia fosse Ryuuzaki, e lui soltanto. Perché se era vero che il suo odio per L non era mutato, quello che provava per Ryuuzaki era ancora più forte. E in fin dei conti Ryuuzaki era sempre stato quello più importante, no?

Perciò decise che la realtà poteva cedere il posto alla sua fantasia. Ryuuzaki era Ryuuzaki, e nessun altro. E avrebbe fatto qualunque cosa per proteggere il suo Ryuuzaki e tenerlo con sé. Qualunque cosa.

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Capitolo 17
*** Superstar ***


Rewrite




Theme 7: Superstar

Vivere in una falsa ignoranza, scoprì, era più difficile di quanto le fosse sembrato di primo acchito. Aveva pensato che continuare a comportarsi come aveva sempre fatto fosse la migliore linea d’azione da seguire. Attualmente, anche se L sospettava che Yagami Light fosse Kira non avrebbe mai potuto intuire quali mezzi usasse per uccidere. In fondo, L era Ryuuzaki. E Ryuuzaki era la persona più logica che conoscesse. Non avrebbe mai creduto che si potessero togliere vite con un quaderno; la mera idea era assurda.

C’era anche il fatto che Light palesemente non aveva gli occhi; se li avesse avuti, Ryuuzaki sarebbe sicuramente già morto. E se lei non era riuscita a scucirgli il suo vero nome dopo tutto quel tempo – gli occhi degli shinigami non contavano – Light non ce l’avrebbe mai fatta, non con tutti i sospetti che Ryuuzaki nutriva contro di lui.

Erano in una fase di stallo, e sarebbero probabilmente rimasti così in via permanente. Proprio non vedeva come uno dei due potesse prendere il sopravvento sull’altro, e decise che era meglio così. Kira non sarebbe mai stato fermato, e Ryuuzaki non sarebbe mai stato ucciso.

Archiviato questo, Misa tornò alla sua vita di tutti i giorni. Era molto più occupata ora che il successo era giunto ad accoglierla con tale calore, ma per il resto cercò di non cambiare troppo. Telefonava a Mamori almeno due volte a settimana, e con meccanica puntualità ogni notte incollava nuove storie su Kira nel raccoglitore. E anche se, prevedibilmente, Ryuuzaki non si era più presentato a casa sua dopo l’insoddisfacente discussione riguardo la visita di Misa alla To-oh, ora chiamava almeno una volta a settimana, regolare come non lo era da mesi. La vita le sembrava bella. Come lo era stata un tempo.

Comunque, per quanto si ripetesse che era questo che voleva, non riusciva ad accettare l’unica cosa che avrebbe ufficialmente riportato le cose a com’erano all’inizio nella sua testa.

Rem le aveva proposto in più di un’occasione di riprendersi il Death Note, garantendole così la perdita di tutti i ricordi ad esso collegati. Tutti gli omicidi che aveva commesso. Persino le vere identità di L e Kira.

Era una proposta allettante. Addirittura funzionale. Ma ogni volta che le parole provavano a uscire inciampavano sulla lingua, soffocandola. Per qualche motivo, l’idea di abbandonare tutto quello che aveva appreso la spaventava, ancora di più di quello che aveva fatto a causa di ciò che sapeva.

Se lei era confusa dalle sue stesse azioni, Rem le comprendeva molto di più.

“È per il potere,” disse una volta, in seguito all’ennesimo tentativo fallito di racimolare il coraggio di renderle il quaderno.

“Il potere?”

La shinigami annuì. “Perché adesso hai finalmente qualcosa che L e Kira non hanno, anche se credi che siano più intelligenti di te.”

Corrugò la fronte. Aveva sempre creduto che Ryuuzaki fosse eccezionale – possedeva indubbiamente un’intelligenza a cui lei non avrebbe mai potuto aspirare. E sì, Kira ai suoi occhi era un genio. Però continuava a non seguire il ragionamento.

Rem storse le labbra in un vago sorriso. “Vedi, Misa, tu hai delle informazioni dalla tua.”

Lei sgranò gli occhi, iniziando a capire.

Il sorriso freddo di Rem si allargò. “Sì. Tu sai chi sono in realtà L e Kira. Hai i loro veri nomi. Mentre loro non immaginano neanche che tu stringi le loro vite tra le dita. Nella lotta tra L e Kira tu al massimo sei una pedina, per loro. Non sospettano neanche che in realtà,” Si fermò un attimo, giusto il tempo di darle un buffetto sulla testa con la mano scheletrica, “tu sei la regina sulla scacchiera.”



Gli orari lavorativi di Misa si erano fatti talmente frenetici nell’ultimo periodo che a volte non sapeva neanche a cosa fosse destinato un dato servizio. Non che il nuovo ritmo le dispiacesse: era facile non rimuginare sui problemi quando era costretta a concentrare l’attenzione sull’ultimo fotografo che l’accecava con il flash.

L’unica cosa che proprio non si aspettava era l’improvvisa mancanza di privacy. Era quasi impossibile uscire a fare piccole cose come un po’ di shopping senza essere fissata o indicata, se non completamente circondata da fan. Le piaceva la sua nuova fama, certo, ma così fare la spesa diventava un’impresa assai più ostica di quanto non avesse voluto.

La soluzione che architettò fu tirare fuori il vecchio travestimento che aveva usato ad Aoyama. Benché all’epoca non le fosse servito a niente, rivelò ben presto la sua utilità già dal primo giorno che si camuffò per andare a fare compere. Nei negozi nessuno l’aveva degnata di un secondo sguardo mentre passava in rassegna gli scaffali degli abiti. E finché ricordava di recitare la sua parte (capo chino, voce bassa), era come se fosse tornata anonima al pubblico.

Ne era talmente soddisfatta che prese a comprare vestiti per ampliare il guardaroba del suo personaggio. I maglioni sformati e le gonne pieghettate erano le sue preferite: carine senza dare nell’occhio. Scelse addirittura un nome.

Se si fosse presa il tempo di pensarci, probabilmente si sarebbe accorta di quanto fosse ironica quella situazione, ma era troppo indaffarata per riflettere sui possibili parallelismi tra lei e Ryuuzaki.

Nei rari giorni liberi che aveva, adorava pranzare in un bar-café vicino a casa sua. Benché andasse fiera dei suoi dolci (ne aveva persino preparato qualcuno di molto carino per i programmi televisivi a cui era stata recentemente invitata), nel complesso le sue doti culinarie lasciavano molto a desiderare. I panini erano la pietanza più sofisticata di cui era capace. Qualsiasi piatto non imbottito di zucchero che dovesse passare la cottura finiva nove volte su dieci o troppo cotto, o troppo crudo, o completamente irriconoscibile quando estratto dal forno. I bento era inutile considerarli.

Non era quindi affatto inconsueto che si camuffasse e prendesse posto al bar per un pranzo leggero.

Lo scarso talento ai fornelli, però, era soltanto una delle ragioni. L’altra, talvolta più incalzante, era poter guardare la calca di gente che tendeva a formarsi a quell’ora.

Erano quasi sempre adolescenti, divisi e seduti in gruppi distinti lontani fra loro. Si trattava solitamente di ragazze, alcune delle quali addirittura vestite nei completi gothic lolita che lei stessa pubblicizzava.

Quando ne vedeva, sorrideva con orgoglio nascosta da un giornale che non leggeva veramente.

Sì, era arrogante da parte sua, se non immaturo. Ma la possibilità di poter origliare una conversazione che la riguardasse la elettrizzava come nient’altro. Misa-Misa era finalmente una star. Non si sarebbe mai stancata di ascoltare ragazzine che la adulavano e invidiavano.

Ed era a causa di questa possibile carica di ego (e di una bella insalata) che una domenica sedeva a un tavolino del bar, una rivista davanti a sé. Ne aveva presa apposta una che non contenesse pubblicità che aveva realizzato o articoli su di lei. Anche se stava diventando sempre più difficile trovarne. Doveva porre un limite alla sua vanità, dopotutto.

Stava leggendo un articolo di moda spiluccando distrattamente il pranzo quando Rem si piegò improvvisamente davanti a lei in un movimento che lasciava trapelare un po’ di panico.

“Misa, credo sia meglio andare.”

Lei si accigliò. La shinigami sapeva che non poteva risponderle al momento, pertanto avrebbe gradito qualche particolare in più. Si abbassò e aprì la borsetta per recuperare il cellulare. Quel metodo la metteva sempre un po’ a disagio in aree così ristrette – Dio solo sapeva chi potesse origliarla – ma sempre meglio di qualche recita al contrario.

Mentre era ancora curva udì uno stridore: era la sedia di fronte a lei che scivolava verso dietro. Immobile, vide il paio di gambe fasciate da pantaloni color cachi che ci si accomodarono. Incuriosita e perplessa, raddrizzò la schiena per guardare il resto del corpo.

Bisognava darle atto del grido che trattenne.

Non che tante ragazze avrebbero gridato se una persona come Yagami Light si fosse seduta al loro tavolo. Probabilmente si sarebbero entusiasmate non poco. Misa però non era una delle tante. E Light, senz’ombra di dubbio, non era uno dei tanti.

Doveva esserci comunque dello shock sul suo viso, perché lui sfoderò un sorriso piuttosto imbarazzato, chiedendo educatamente: “Non le dispiace se mi siedo qui, vero? Tutti gli altri tavoli sono occupati.”

Lei si diede un’occhiata attorno, e in effetti la tavola calda era completamente piena. “C-certo che non mi dispiace. Prego.” Sollevò in un lampo la rivista in un gesto quasi difensivo, e finse di leggere mentre gli ingranaggi della sua mente si mettevano a girare a vuoto.

Possibile che sapesse chi era, con tutto che era travestita? No, come avrebbe potuto? Riusciva a stento a riconoscersi lei! Inoltre non gli aveva rivelato il suo nome completo quando si erano incontrati alla Toh-oh, e si erano visti solo quella volta, e come se non bastasse per un brevissimo lasso di tempo. Beh, breve almeno per lei; non sapeva con certezza quanto tempo fosse rimasta priva di sensi, ma dubitava che nel frattempo Ryuuzaki avesse menzionato molte informazioni sul suo conto. Probabilmente gli aveva fornito risposte che non rispondevano mai veramente a niente. In quello era bravo.

E Light non le stava più dicendo niente, quando se avesse parlato a bassa voce nessuno li avrebbe sentiti. Rigirava il caffè e leggeva un grosso libro di testo, e sembrava non aver bisogno di altro. Doveva trattarsi di una strana coincidenza.

Rem ne era meno convinta. Poteva vedere Ryuuk torreggiare sul ragazzo e ridacchiare fra sé come se l’intera scena fosse comica. Doveva esserlo, ai suoi occhi. Aveva accantonato da tempo i tentativi di comunicare con lui in presenza del suo partner umano; era come se ritenesse doveroso ignorarla, qualunque cosa facesse o dicesse. Probabilmente non voleva rovinarsi lo ‘spettacolo’. Era pronta a scommettere che Light non sapesse nulla del Death Note posseduto da Misa.

Ciononostante, dubitava che questo Light vivesse nelle vicinanze e potesse quindi usare quella scusante per giustificare la sua presenza in quel bar in particolare, e guarda caso proprio mentre c’era anche Misa. Non aveva mai visto Ryuuk durante le escursioni della ragazza, ma non l’avrebbe sorpresa scoprire che aveva tagliato la corda ai momenti giusti per impedire a Rem di avvisarla.

Se fosse stato possibile uccidere uno shinigami scrivendone il nome sul Death Note, sarebbe stata estremamente tentata di provarci.

“Dev’essere un gran bell’articolo,” osservò Light all’improvviso.

Misa emise un piccolo squittio, serrando la stretta sulla rivista e guardandolo con occhi spalancati.

Lui sorrise. “Mi deve scusare. È solo che sembrava talmente assorta che ho pensato dovesse essere interessante.”

“Oh! No-non fa niente,” ribatté, imponendosi di calmarsi. Voleva solo fare conversazione. Non c’era nulla di male. “In realtà è un po’ noioso. Mi sa che avrei fatto meglio a prendere una rivista migliore prima di uscire di casa.”

Il sorriso perfetto era ancora lì. “Mi chiamo Light. Lei?”

“Hikari.”

Si sentì quasi istantaneamente un’idiota. Quando aveva creato lo pseudonimo le era parso un rimando abbastanza ingegnoso. Si era anche abituata talmente tanto a dirlo agli estranei, che ora che Kira in persona gliel’aveva chiesto non era riuscita a frenarsi.

Adesso però suonava meno che arguto, e ricordava più il sogno idealistico di una fan cretina. Infantile e stupido. Ma l’aveva detto, e stava a lui giudicare.

Light sbatté le palpebre un paio di volte prima di sciogliersi in un’amabile risata. “Beh, è una strana coincidenza, non trova?”

“Immagino di sì.” Abbozzò un sorriso. Lo shock iniziale stava lavorando a suo favore, decise. ‘Hikari’ era una ragazza timida. E Misa-Misa era una brava attrice. Non sarebbe stato poi così difficile interpretare quel ruolo. Tra l’altro, ora che si sentiva più a suo agio, la prospettiva di un pranzo con Kira la intrigava.

“Viene qui spesso?” domandò, sempre a voce bassa, stando attenta ad abbassare lo sguardo e a giocherellare con le dita. “Non credo di averla mai vista qui.”

“Temo di no. In realtà frequento un’università piuttosto distante da questo bar. Ma uno dei miei compagni di classe vive da queste parti, e io e altri abbiamo appena finito di studiare da lui. Così ho deciso di fermarmi a mangiare un boccone prima di tornare a casa.”

Non sapeva se crederci, ma dal grugnito rumoroso che fece Rem, lei non doveva averci creduto neanche un po’. Ma non poteva non concedergli il beneficio del dubbio, malgrado gli ammonimenti del dio della morte. In fondo lui era il suo Kira. Il suo eroe.

“Allora è uno studente universitario?”

“Sì. Alla Toh-oh.” rispose, con l’ennesimo sorriso facile. Un ammaliatore, in tutto e per tutto. Misa ne vedeva a centinaia nella sua industria. Ma non aveva mai incontrato qualcuno a cui venisse tanto naturale come a lui. “Capoclasse.”

Non lo metteva in dubbio. Kira doveva per forza essere un genio. “Incredibile,” lo lodò, genuinamente colpita. “Ho sentito che non è da tutti entrare alla Toh-oh. L-lei deve essere molto intelligente.”

“Sarà,” Lui scrollò le spalle, leggermente in imbarazzo. “Gli altri studenti sembrano dello stesso parere. Nella sessione di studio di oggi ho praticamente spiegato tutto quanto io agli altri.”

“Devono tenerla in grande considerazione,” commentò, condividendo i sentimenti dei suoi compagni.

“Forse. Allora, lei cosa fa?” chiese. “Studia, Hikari-san?”

“I-io?” Si additò, stupidamente. Nelle sue fantasticherie non aveva mai vagato tanto da inventarsi un vero e proprio lavoro per la sua identità fittizia. Si affannò a districarsi dalla nervosa ricerca mentale che stava svolgendo. “N-no, non sono una studentessa. Faccio la fotografa.”

“Fotografa? Professione interessante.”

“Già.” Annuì, torcendosi le mani in un gesto nervoso finto solo in parte. Essendo una modella aveva un’infarinatura sull’argomento e sugli effetti ed espedienti che si utilizzavano. Solo, non aveva mai preso in mano una macchina fotografica per scattare delle vere e proprie foto. Dubitava di ricordare anche solo come si togliessero le lenti. Ma non c’era bisogno che lui lo sapesse. “Però sono sostanzialmente autodidatta.” aggiunse, rendendosi conto che qualcosa di vero c’era. “Non credo di essere abbastanza intelligente da entrare in un posto come la Toh-oh. Sono sicura che non ci capirei niente!”

“Niente è davvero difficile se si ha la pazienza di impararlo, e di esaminare attentamente ogni cosa.” disse, con un’espressione seria che dopo poco addolcì. “Scommetto che lei è molto più intelligente di quanto non voglia riconoscere.”

“Oh, no.” Scosse la testa, arrossendo.

Dietro di lei, Rem si accigliò profondamente per via della risatina soffocata che fece Ryuuk.

“Io… Davvero, non sono poi così intelligente,” bisbigliò, come se si stesse confidando con un caro amico. “Mai stata. È per questo che non vado all’università. Le cose proprio non mi entrano in testa, malgrado i miei sforzi.”

“Non ci credo. Chi vuole davvero imparare ci riesce sempre. Ci vuole soltanto il desiderio di essere più intelligenti. Migliori. Se si rimane soddisfatti di quello che si è, si diventa come una di loro,” Fece un cenno col capo a un gruppo di scolarette ridacchianti alla loro sinistra. “Loro non hanno obiettivi, progetti. Saranno fortunate se alla fine della scuola riusciranno a trovare qualche lavoretto pagato due soldi.
“Ma non credo che questo sia il suo caso,” specificò, sporgendosi verso di lei. “Lei ha degli obiettivi, Hikari-san, vero?”

“S-sì, ovvio!” Misa annuì con enfasi. “Voglio fare molte cose.”

“E scommetto che nessuna di queste sia facile.” Sorrise, bevendo un rapido sorso di caffè. “Ma è proprio questo che rende così soddisfacente il raggiungimento di un obiettivo. Sapere di aver corso dei rischi, di avercela messa tutta, e di esserne uscito vincitore. Con la giusta motivazione, lei potrebbe imparare tutto ciò che vuole.”

“Davvero?” Il suo viso si accese ancora di più. “L-lei darebbe ripetizioni a una persona come me se frequentassi la sua scuola?”

“Con più entusiasmo che col gruppo con cui ho avuto a che fare oggi. Sembravano più interessati a parlare di qualunque cosa che non fosse una materia scolastica. Francamente la sessione di oggi è durata più a lungo di quanto avessi previsto. Non avevo proprio intenzione di fermarmi a pranzare da nessuna parte.”

“Oh? A m-me questo posto piace. Il cibo è buono, e c’è una bella atmosfera.”

“Lei dice?” Si occhieggiò attorno, corrucciandosi un po’. “È un po’… affollato per i miei gusti. Troppo rumore. Nel silenzio si pensa meglio.”

Lei avvampò, imbarazzata. Era ovvio che preferisse un ambiente più intellettuale a un posto gremito di teenager spettegolanti. Era talmente al di sopra di ogni cosa che Misa non pensava neanche di poter fare paragoni adeguati tra le loro intelligenze, vista la limitatezza della sua. Non si sarebbe mai neanche avvicinata ad eguagliarlo in qualcosa, qualunque essa fosse. Ma questo non voleva dire che si sarebbe arresa, solo che doveva provarci meglio. Adesso che aveva un’altra opportunità per parlare con Kira senza interruzioni, avrebbe fatto del suo meglio per lasciargli una buona impressione.

“Capisco cosa intende. Però non sono mai venuta qui per pensare.” Detto questo, cominciò a tracciare un cerchio invisibile sul tavolo, sperando di sembrare goffa.

Evidentemente ci riuscì, perché Light fece immediata marcia indietro. “No, mi scusi! Non intendevo dire che secondo me non è un bel posto. È solo che tendo a preferire meno rumore.”

“No, no. Capisco,” lo rassicurò con un sorriso. “Questo posto non è per tutti. E-e effettivamente credo che cambiare aria potrebbe farmi bene.”

“Beh, se lo crede davvero, forse potrebbe provarci la settimana prossima. Con me.” propose, mellifluo.

“Assolutamente no!” esclamò Rem, come se il ragazzo potesse sentire il suo grido tonante.

Misa invece rimase in silenzio, un’espressione sconvolta in volto fin quando non le riuscì di pronunciare un turbato, “C-come scusi?”

Lui si grattò il mento, impacciato. “Deve perdonarmi. Sono stato un po’ troppo diretto, vero? È solo che mi è piaciuto parlare con lei. Così, ho pensato che forse potremmo trascorrere un po’ di tempo insieme. Se le va.”

“Misa, digli di no,” consigliò la shinigami, sovrastando il tavolo per fissarla negli occhi. “È chiaramente una trappola. Andiamocene via.”

Ma lei non aveva i suoi timori. “Okay!” accettò, con un sorriso luminoso. “Dove potremmo andare?”

“Perché non sceglie lei? Conosce questa zona meglio di me.”

Assottigliò le labbra. La stava mettendo alla prova. Una prova piccola e sciocca, ma almeno lui si affidava a lei per qualcosa. Era più che disposta a raccogliere la sfida. Strinse i pugni, determinata. “Perfetto. T-troverò un posto carino e tranquillo. Va bene?”

Light sorrise. “Direi di sì. Non vedo l’ora.”



Rem non aveva smesso di tormentarla da quando erano uscite dal bar, neanche quando erano arrivate all’appartamento.

“Non puoi fare sul serio, la prossima settimana non devi rivederlo.”

“Perché no?” chiese, andando in camera a cambiarsi. “Misa vuole incontrare Kira dal giorno in cui ha giustiziato l’uomo cattivo che ha ucciso i suoi genitori. E adesso ne ha la possibilità.”

“Perché lui chiaramente non lo fa perché ‘gli è piaciuto parlare con te’. Ha in mente qualcosa, è lampante.”

“Rem si preoccupa troppo. Light non mi ha riconosciuto.”

“Oh. Allora credi davvero che voglia conoscere meglio ‘Hikari’?”

“Perché no?” sbuffò.

La shinigami infilò un lungo braccio nell’armadio di Misa e afferrò uno specchio per metterglielo in faccia. “Credi sinceramente che un ragazzo come Yagami Light voglia farsi vedere in giro con una ragazza come Hikari?”

La ragazza nello specchio le restituì lo sguardo da dietro le lenti spesse: taglio di capelli scialbo, vestiti troppo più grandi di lei. Si morse le labbra. Poteva essere passabilmente carina in un modo un po’ geek, ma non bella. Non era il tipo di ragazza con cui usciva di buon grado un affascinante studente modello.

“Sì, beh…” Si tolse gli occhiali falsi. “Lo shinigami di Light ha detto niente?”

“Ryuuk? Certo che no. Così non si divertirebbe abbastanza. Non farebbe mai qualcosa che possa compromettere il suo gioco.”

“Allora Rem non ha prove.” Si levò anche la parrucca. “Inoltre, anche se Light sa chi sono davvero, non corro comunque rischi.”

“E perché mai?”

“Te ne sei dimenticata?” Aprì le labbra in un sorriso freddo. “Misa sa chi sono L e Kira. Ma loro non sanno chi è veramente Misa. Quindi Light può avvicinarsi a Misa quanto gli pare. Voglio stare un po’ con Kira. Conoscerlo, fargli capire in qualche modo che gli sono grata.”

Rem si accigliò ulteriormente. “E cosa succederà quando cercherà di usarti contro L?”

“Se-”

Quando cercherà di usarti?”

La guardò torvamente. “Se dovesse succedere, Misa taglierà i ponti.”

Rem si piegò fino ad essere alla sua altezza e la fissò intensamente. “Come?”

Riuscì a reggere il contatto visivo solo per un minuto prima di innervosirsi e distogliere gli occhi. “… Non lo so.”

La sua partner sospirò. “È questo che mi preoccupa.”



La telefonata settimanale di Ryuuzaki capitò nel bel mezzo di un servizio fotografico. E proprio come succedeva ogni volta che chiamava in momenti del genere, Misa chiese una pausa di trenta minuti. L’unica differenza era che adesso aveva il potere di ottenere veramente ciò che voleva senza che nessuno osasse lamentarsi.

“Non è male,” gli raccontò, seduta nel camerino che le avevano assegnato. “Qualsiasi cosa chieda, c’è sempre qualcuno lì vicino che mi accontenta. Se chiedo un po’ d’acqua mi portano addirittura una bottiglia dal frigorifero e non una di quelle che tengono fuori sul tavolo per il resto della troupe!”

“A quanto pare ti stai godendo la tua nuova fama, Misa-san.”

“Beh, sì. Vorrei soltanto riavere il mio tempo libero. Mi piaceva poter uscire senza che tutti mi riconoscessero.”

“Ci sono cose peggiori.”

“È diventato complicato andare a fare la spesa. Il che significa che è doppiamente difficile per Misa preparare dolci nel caso di una visita di Ryuuzaki-san.”

Ci fu una pausa. “Che peccato.” commentò, sinceramente dispiaciuto.

“Ehi, Ryuuzaki-san,” iniziò, picchiettando il retro del cellulare con un’unghia smaltata. “Se Misa tornasse a scuola, le daresti ripetizioni?”

“Hai intenzione di tornare a scuola?”

“Tu rispondi. Sì o no.”

“Misa-san, temo di avere veramente tante cose da fare. Probabilmente non avrei il tempo di prepararti per le tue materie.”

“Neanche se Misa te lo chiedesse molto gentilmente?” insistette, non riuscendo a resistere. “Neanche per un bacio?”

“No.”

Emise un sospiro esasperato. Non capiva come potesse mentirle su una miriade di cose importanti salvo poi voltarsi e dirle l’amara verità riguardo a certe frivolezze. Era un capolavoro di contraddizioni.

Non che lo biasimasse del tutto. Sapeva cosa facesse, chi era. L era ancora più famoso di Misa-Misa. Tutto il mondo aveva sentito parlare di lui. Ogni forza di polizia rispondeva al suo minimo cenno, in attesa dei suoi ordini. E adesso, voleva la testa di quello che era considerato l’assassino più grande del mondo. Era il caso più grosso della sua carriera, e se l’avesse risolto sarebbe stato consacrato nella leggenda.

Insegnare la matematica all’idol più nota del Giappone? Non era verosimilmente una priorità. Ma questo non significava che lei ne fosse felice.

“Ryuuzaki-san non dice mai a Misa quello che vorrebbe sentirsi dire. Se devi essere cattivo, potresti almeno venire qui, di tanto in tanto.”

“Mi spiace, Misa-san. Ho-”

“Tanto lavoro,” lo interruppe. “Tanto, tanto, tanto. Ryuuzaki-san ha sempre tanto lavoro tra le mani. Ma non fa niente, perché anch’io ho tanto lavoro tra le mani, adesso. È solo che mi manchi.”

“Ah.”

“Anche Ryuuzaki-san sente la mancanza di Misa. Giusto?”

Il suo silenzio non la stupì, ma la deluse comunque.

“Ryuuzaki-san non dice mai a Misa quello che vorrebbe sentirsi dire.” ripeté, sospirando.



Note della traduttrice: il nome ‘Hikari’ vuol dire luce, di qui la ‘strana coincidenza’ di cui parla Light.
Comunque tradurre queste parti con la piattola major mi ha fatto rendere conto più che mai di quanto al ‘san’ debba corrispondere una forma di cortesia come il ‘lei’. Quando avrò finito, dunque, pensavo di riprendere in mano tutta la fanfiction da capo per apportare le ultime correzioni finali e modificare anche tutti i dialoghi improntati sul “tu” che lo necessitino. Un’amica che studia giapponese una volta mi ha detto addirittura che si dovrebbero tradurre con “Signor/Signora”, ma quello mi sembrava un po’ troppo u_u
Inizialmente ne avevo già parlato con la mia prima beta-reader, e insieme avevamo deciso di usare il “tu” perché il “lei” può sembrare terribilmente fuori luogo nella conversazione tipo tra Misa e Ryuuzaki/L, soprattutto quando ormai si conoscono e si parlano da un anno e più. Misa, per giunta, usa un linguaggio colloquiale e alla mano, che stride un po’ con la formalità del “lei”.
Tuttavia, in ultima analisi dubito profondamente che l’autrice abbia messo a caso questo “san”, e visto che alla fine il rapporto tra Misa e Ryuuzaki è già molto strano di per sé, una stranezza in più non farà chissà quale differenza, e potrebbe anzi aggiungere qualcosa di particolare alla storia – in positivo. O almeno lo spero XD
In sintesi: i dialoghi tra Misa e L continueranno ad essere col “tu” fino alla fine della storia; nella revisione finale, che avrà luogo a fic già conclusa, metterò il “lei”.
Non mi dispiacerebbe comunque sapere il vostro parere, perciò fino all’ultimo capitolo sentitevi liberi di dirmi cosa ne pensate :) Oh, e volevo ringraziarvi per le recensioni, i fave eccetera. Non sono abituata a mandare/ricevere generiche email di ringraziamento per le recensioni, come pare sia diventato d'uso, ma voglio che sia chiaro che mi fa ovviamente piacere sapere se la storia e la traduzione piacciono o no e fino a che punto. (EDIT: questo NON VUOLE essere in alcun modo un rimprovero ai lettori silenziosi, ve lo garantisco ;_; Recensite solo se ne avete voglia, non sentitevi obbligati a farlo.)
Al prossimo capitolo, che credo vi piacerà <3

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Capitolo 18
*** Gardenia ***


Rewrite




Theme 11: Gardenia

Il cielo era più azzurro del solito, ne era sicura. Era punteggiato da qualche piccola nuvoletta qua e là, e si ritrovò ad arricciare le dita nell’erba fresca solo per assaporare quella sensazione.

“Hikari-san, venire al parco è stata un’ottima idea,” si complimentò Light, all’ombra dell’albero sotto cui si erano riparati.

Lei sorrise educatamente, facendo del suo meglio per non rivelare troppo la sua gioia. Hikari non l’avrebbe mai fatto. “Grazie, Light-san.”

Si era scervellata per buona parte dell’inizio della settimana per trovare un luogo abbastanza tranquillo e placido da incontrare i gusti di Kira. Non era stata un’impresa facilissima, dato che aree urbanizzate come quella brulicavano di adolescenti e ventenni che andavano e tornavano dal lavoro. Ed era arduo anche reperire ristoranti che non avessero prezzi incredibilmente esosi. La modella Misa-Misa poteva permetterseli, ma per la fotografa Hikari era tutta un’altra storia. Il parco le era sembrata la scelta migliore. Il clima era ancora abbastanza tiepido da permetterlo, ed era sempre possibile scovare una zona appartata dove fare due chiacchiere al riparo da orecchie indiscrete.

Oltretutto, Misa adorava i fiori che piantavano attorno a quello specifico punto del parco dove aveva condotto Light. La fragranza che filtrava nell’aria quando passava un soffio di vento riusciva sempre a tirarla su di morale. L’opportunità di poterla condividere con Kira la rendeva ancora più piacevole.

“S-sono stata molto contenta del suo invito,” disse Misa, picchiettando con le bacchette la tempura del bento preconfezionato. In effetti, la maggior parte del cibo che aveva portato veniva dritto dritto dal droghiere (sans desert, ovvio). Ma non c’era bisogno che Light lo sapesse. “Non mi capita quasi mai di passare tanto tempo con i ragazzi della mia età.”

“Davvero? Beh, suppongo che nel campo della fotografia sia circondata da persone un po’ più grandi di lei.” Rise, piano. “A guardarla le darei la mia età e non un giorno di più, francamente.”

Lei abbassò gli occhi, in parte per fingere imbarazzo, in parte perché si chiese debolmente a che età, di solito, si diventava fotografi professionisti. Fece una smorfia, fra sé e sé. Era una di quelle piccole cose che avrebbe veramente fatto meglio ad approfondire per la sua falsa identità. Ma chi lo sapeva che avrebbe dovuto andare tanto a fondo? “In realtà sono solo agli inizi. Sto facendo qualche lavoretto qua e là. Free-lance.” aggiunse, sperando che quel particolare le fornisse una buona copertura. Era quello che avrebbe fatto un novello fotografo emergente, giusto?

“Free-lance?”

“Già.” Annuì, spremendo la propria immaginazione per sopperire alle ricerche che non aveva fatto. Le grandi attrici erano quelle che sapevano improvvisare, e si rifiutava di non essere la migliore del suo campo. “Mi occupo soprattutto di ritratti fotografici. Voglio diventare una fotografa di moda. F-forse potrei farle una foto?” Gli sorrise docilmente; la timidezza non era completamente simulata, questa volta.

Lui rise, impacciato. “A dir la verità non mi piace essere fotografato. Non vengo molto bene in foto.”

“Impossibile!” esclamò. Era fin troppo bello, aveva dei lineamenti troppo perfetti per non fare un figurone anche in foto. Misa ne aveva viste di modelle che proprio non erano fotogeniche, e Yagami Light non rientrava sotto quel profilo.

“Mi spiace, ma è così,” insistette lui, scusandosi con un sorriso. “Per questo motivo non mi piace essere fotografato. È troppo imbarazzante.”

Non gli credeva ancora pienamente, ma decise di lasciar correre. Non voleva irritarlo. “Non c’è problema. Ehi, non mi ha mai detto a che facoltà va!” Si sporse verso di lui, aspettando con ansia la risposta. C’erano tantissime cose che voleva sapere di lui, tantissime informazioni da memorizzare.

“Niente di troppo entusiasmante,” ammise il ragazzo, sorseggiando un po’ il tè. “Giustizia criminale.”

Gli occhi le si accesero. Non faceva una piega. Era ovvio che a Kira interessasse un campo simile; il suo scopo era condannare i colpevoli. Era naturale che riassestasse ogni aspetto della sua vita in base all’obiettivo che si era prefissato. “N-no, no, secondo me è molto interessante. Vuole diventare avvocato?”

“Chi, io?” Ridacchiò, scuotendo il capo. “Nah, veramente no. Mi piacerebbe più che altro entrare nelle forze dell’ordine, come mio padre.”

“Suo padre è un ufficiale di polizia?” Stava assorbendo ogni goccia di informazione, senza lasciarsi scappare una sola sillaba.

“Sì.” rispose, e Misa notò che il suo sorriso era più genuino della solita curva educata. “E anche molto bravo. Per me è una continua fonte di ispirazione. Per molte cose.”

Kira aveva preso a modello suo padre. D’improvviso sentì un moto d’affetto per il ragazzo. Lei aveva voluto un bene dell’anima ai suoi genitori, erano stati tutto per lei. Per questo la punizione di Kira nei confronti del loro assassino era stata così meravigliosa. Aveva potuto tirare un sospiro di sollievo dopo quello che sembrava un circolo vizioso fatto di paura e ferite che si riaprivano. Sapere che Kira stesso voleva bene a suo padre al punto da usare i propri poteri per aiutarlo e proteggerlo (perché era sicura che quelle fossero le sue intenzioni) la avvicinava ancora di più a lui e alla sua causa.

Ricadde sull’erba con un sospiro, spostando lo sguardo sui petali bianchi dei fiori mossi da un filo d’aria a pochi metri di distanza. Forse avrebbe potuto strapparne qualcuno senza che la vedessero, pensò pigramente.

“Ehi, Light?” cominciò, scostandosi un po’ dal proprio personaggio. “Le andrebbe di rivederci ancora?”

Non vide il ghigno affilato che gli balenò in viso. “Hikari-san, sarebbe grandioso.”



Quando il taxi si fermò a un paio di isolati da casa sua, Misa era di ottimo umore. Aveva preso l’abitudine di intrufolarsi da una delle entrate laterali quando si mascherava, visto che quella zona in particolare era abbastanza riparato da qualche cespuglio troppo cresciuto che i giardinieri non sembravano mai prendersi il disturbo di curare. Un altro vantaggio era il ripostiglio del portiere nell’atrio di quell’entrata. Non aveva dovuto impegnarsi più di tanto per convincere uno degli addetti alle pulizie a darle una chiave. Era il posto perfetto per mettersi e togliersi il travestimento, di modo che nessuno vedesse ‘Hikari’ nelle vicinanze dell’appartamento di Misa-Misa. Le era bastato comprare una borsa a tracolla bella grossa. Lei non l’avrebbe mai usata, ma si addiceva in maniera fantastica al suo personaggio, e poi era anche il modo ideale per avere i suoi veri abiti a portata di mano qualora avesse avuto bisogno di cambiarsi.

Sorridendo fra sé e sé mentre percorreva il marciapiede, inalò il profumo delle gardenie che aveva raccolto con cura dal parco. Non vedeva l’ora di metterle nell’acqua appena arrivata a casa. Emanavano un odore divino. Gradevole quasi quanto quello di pulito di Light. Che, doveva ammetterlo, era meglio di quello di Ryuuzaki, che tendeva ad odorare o di caffè o di zucchero, e Misa non amava molto nessuno delle due cose.

“Misa,” le bisbigliò Rem all’orecchio, facendola quasi sobbalzare. “Abbiamo un problema.”

Si portò i fiori al naso come per annusarli, riuscendo a nascondersi la bocca. “Che vuoi dire?”

“L è qui.”

Per un attimo si pietrificò, prima di costringersi lentamente a camminare di nuovo. Il cuore prese a batterle forte. “Dove?”

“Dall’altra parte del complesso residenziale, in un’auto blu scuro con i vetri oscurati.”

Provò a guardare nel luogo indicatole senza essere troppo esplicita, ma si rese conto di avere troppa paura per dare un’occhiata più attenta. “Sei sicura?”

“So com’è fatto quel tipo. E so come si chiama. Il vetro dei finestrini è molto scuro, ma questo non mi impedisce di guardare nelle macchine.”

Sollevò un sopracciglio. “Rem si è messa a guardare nelle macchine per cercare Ryuuzaki-san?”

“In realtà cercavo il tuo Kira. Mi fido di lui ancora di meno di quanto mi fidi di L.”

Lei grugnì in risposta, ma non disse niente. Piuttosto, stava tentando di trovare un modo per entrare nel palazzo senza che Ryuuzaki se ne accorgesse. Non gli aveva parlato del suo travestimento in nessuna delle loro telefonate, ma con la sua intelligenza lui l’avrebbe riconosciuta lo stesso. Soprattutto se l’avesse vista entrare nel complesso in cui sapeva che lei viveva.

“Misa, che intendi fare?”

Senza una parola, lei voltò l’angolo dell’isolato appena prima del suo palazzo, e continuò in quella direzione come se la sua meta fosse stata quella fin dal principio. Mentre si muoveva, localizzò l’entrata laterale del complesso residenziale dall’altra parte della strada. Non avrebbe mai potuto arrivarci senza il rischio di essere scoperta. Si morse il labbro, e proseguì. Senza deviare la propria traiettoria Misa attraversò la strada, poi ne attraversò un’altra in modo da trovarsi davanti all’isolato dietro casa sua.

Invece di aspettare all’angolo dove c’erano le strisce pedonali, Misa si spostò verso il centro dell’isolato, proteggendosi così dallo sguardo di chiunque la stesse cercando dalla parte frontale del complesso. Quando il semaforo divenne rosso, si mise a correre come una disperata tra le macchine ferme, e continuò fino all’entrata posteriore del suo palazzo.

“Rem, va’ a controllare Ryuuzaki-san, io vado a cambiarmi.”

“Va bene,” fu tutto ciò che disse la shinigami prima di alzarsi in volo.

Senza la sua compagna si sentì soffocare dal panico. L’entrata laterale era sempre stato un posto perfetto per via del ripostiglio. Non aveva lo stesso lusso dove si trovava adesso, e se fosse entrata nel suo appartamento così conciata avrebbe semplicemente fatto capire ai suoi vicini quello che aveva architettato. E ce n’era sicuramente qualcuno che l’avrebbe venduta volentieri al migliore offerente. C’era da stupirsi che nessuno avesse mai fatto trapelare informazioni sulle capatine di Ryuuzaki.

Stava aumentando anche la sua stizza riguardo alla situazione in sé. Ryuuzaki era qui solo per lei, aveva visto che non era in casa e aveva deciso di aspettarla, o in realtà la stava spiando? Non le piaceva proprio, quest’ultima idea. Avrebbe significato che in qualche modo aveva già capito che vedeva Yagami Light, che era certamente il principale sospettato della lista di Ryuuzaki. Aveva le sue buone ragioni, come no, ma avrebbe comunque preferito che Ryuuzaki non fosse sempre tanto acuto praticamente in tutto. Una parte di lei avrebbe voluto poter ascrivere il fatto che la spiasse alla gelosia. Era di gran lunga più probabile che stesse semplicemente cercando di fare progressi con le sue indagini.

Si accigliò. Poteva essere geloso almeno un po’.

“Stupido Ryuuzaki-san.” borbottò, suo malgrado.

Stirando le labbra, raggiunse in fretta e furia l’ascensore sul retro, pigiò il pulsante ‘Up’ e aspettò. Forse, se fosse stata abbastanza veloce, avrebbe potuto cambiarsi nell’ascensore. Era lì da pochi secondi quando apparve Rem, allarmata.

“Sta arrivando.”

Lei guaì, strizzando gli steli dei fiori. Cosa fare, cosa fare? Biascicando frasi spezzettate un po’ a se stessa e un po’ a Rem, presa dal panico, salì di volata le scale accanto all’ascensore dal piano terra fino al primo piano prima di correre per il corridoio verso la parte frontale dell’edificio a una velocità che avrebbe inorgoglito un corridore professionista. Ansimando affannosamente, si bloccò davanti alle porte dell’ascensore che era lì e cominciò a premere rapidamente il pulsante ‘Up’, come se schiacciarlo ripetutamente avrebbe potuto farlo venire più in fretta.

Forse, se era fortunata, sarebbe arrivato prima che Ryuuzaki mettesse piede nell’edificio e chiamasse lui stesso l’ascensore al piano inferiore. In quel caso sarebbe andata fino all’ultimo piano, facendo del suo meglio per rinfilarsi i vestiti normali lungo la salita. Il suo appartamento non era all’ultimo piano, ma in fondo una manciata di minuti in più l’avrebbero non solo aiutata a cambiarsi in tempo, ma anche a ritardare l’arrivo di Ryuuzaki. Avrebbe semplicemente dovuto ricordarsi di premere il pulsante del proprio piano mentre scendeva.

Quando l’ascensore finalmente comparve, trattenne il respiro all’apertura delle porte. Quasi proruppe in uno strillo vittorioso quando vide che non soltanto era vuoto, ma a giudicare dalla freccia lampeggiante era diretto ai piani superiori. Ce l’aveva fatta. Ma proprio mentre stava per entrare, le venne in mente un pensiero terribile. Cosa avrebbe fatto se qualche altro condomino avesse voluto salire? L’ascensore si sarebbe fermato per servirli, e non solo avrebbero finito per vedere Misa-Misa mezza nuda che si contorceva nel tentativo di indossare gli altri abiti, ma sarebbero venuti a sapere anche della sua identità segreta.

Con un urletto di frustrazione, allungò una mano nell’ascensore e pigiò il pulsante di ogni singolo piano del pannello di controllo prima di lasciarlo partire senza di lei. Rem le diede un’occhiata stranita, ma lei si limitò a scrollare le spalle. Almeno Ryuuzaki non avrebbe potuto usarlo per qualche minuto.

“Salgo le scale.” disse, per niente elettrizzata dall’idea.

Si precipitò verso la tromba delle scale e iniziò la lunga arrampicata al palazzo. La forma fisica di Misa non era male. Essendo una modella faceva esercizio fisico per essere perfetta per l’obiettivo. Tuttavia, il suo regime era libero, per usare un eufemismo. Cucito su misura per bruciare le poche calorie che assumeva con la sua dieta severa. Il risultato era che se da un lato non sfigurava, dopo l’ottava rampa era quasi pronta a svenire.

Si disse che se doveva fermarsi a riposare tanto valeva cambiarsi. Dopo aver controllato che non ci fosse nessuno (Rem non contava), Misa si levò in fretta la maglia e la gonna lunga, buttandole nel borsone, cercando di afferrare quasi allo stesso tempo una gonnellina a quadri e un top di pizzo. Quasi si strappò dalla testa la parrucca e la cuffia, spargendo forcine ovunque, ma del disordine che aveva creato non le importava molto. Si mise gli occhiali finti sul capo, impugnò la borsa e i fiori, e ricominciò a correre per le scale, determinata a non fare più altre fermate fino alla porta di casa.

Quando raggiunse il proprio piano per poco non inciampò sugli ultimi gradini per la stanchezza, ma si consolò col pensiero di aver fatto un buon tempo. Poteva solo sperare che il suo trucchetto con l’ascensore le avesse fatto guadagnare il margine di azione di cui aveva bisogno. Diede un’occhiata al corridoio, e si sentì euforica quando vide che non c’era nessuno fuori dal suo appartamento. Con rinnovato vigore, si scagliò sulla sua porta, rompendosi quasi le unghie per la fretta di sbloccare la serratura.

Senza perdere un secondo, gettò i fiori sul bancone della cucina e corse in camera sua per nascondere la borsa incriminante nell’armadio. Così facendo passò davanti allo specchio, e le sfuggì uno strillo di orrore alla vista dei suoi capelli. Tutti quei film in cui le donne sotto mentite spoglie svelavano sempre acconciature perfette quando si toglievano le parrucche mentivano; i suoi capelli erano ingarbugliati e schiacciati sulla testa in più punti, come se fosse rimasta a letto per due giorni. Agguantò la spazzola e se la passò nell’intrico disordinato di capelli, ignorando il dolore e le forcine accidentali che vi erano ancora conficcate. Non servì a molto e, distrutta, si stava legando alcune ciocche in un paio di code alte per rimediare in qualche modo al disastro quando suonò finalmente il campanello.

Obbligandosi alla calma, andò all’ingresso con un’andatura volutamente lenta, e sbirciò nello spioncino come se non avesse idea di chi avesse bussato. Naturalmente, dall’altra parte c’era una versione distorta e tondeggiante di Ryuuzaki e, con le mani tremanti, aprì.

“Ryuuzaki-san!” Gli fece un gran sorriso e lo accalappiò per il braccio, trascinandoselo in casa. “Misa non ti aspettava. Va a preparare il tè.”

Alle sue spalle, Rem doveva ammettere che se non avesse visto la frenetica maratona di Misa con i suoi occhi non le sarebbe mai venuto alcun sospetto. La ragazza sapeva nascondersi dietro una facciata allegra e spensierata con un’impeccabile facilità che aveva dello sconcertante.

Dal suo solito posto sul divano, Ryuuzaki si voltò ad osservarla mentre si agitava in cucina. Non disse niente, ma notò il movimento dei suoi occhi, e per una volta pensò che forse la sua curiosità non era poi così innocente. Decise comunque di stare al gioco.

“Niente dolci, però,” gli annunciò senza mezzi termini, con un cipiglio severo. “Ryuuzaki-san non viene più abbastanza spesso.”

A quell’affermazione lui si incupì, deluso. “Beh, era prevedibile.” ribatté, ma lei non riuscì a capire a cosa si riferisse, se ai dolci o a se stesso.

“Se Ryuuzaki-san promettesse di ricominciare a venire tutte le domeniche, il premio lo avrebbe.” propose, posando il tè e la zuccheriera sul tavolino prima di sedersi accanto a lui.

Lui si girò verso il tavolino e iniziò a depositare lentamente i cubetti di zucchero nella bevanda, uno per volta. “Impossibile.”

“Ovviamente,” sbuffò arricciando il naso. “Ryuuzaki-san ha troppo lavoro, ha troppe cose da fare, deve andare da altre parti… Non hai tempo per me. Però ogni tanto vieni lo stesso.” Gli diede una gomitata leggera. “Sei assurdo.”

Lui la guardò per un attimo prima di bere un sorsetto prudente. “Misa-san, è complicato.”

“Tu sei complicato.” lo corresse con un sospiro, poggiandogli la testa sulla spalla. Lui sul momento s’irrigidì, poi si rilassò. “Ryuuzaki-san è troppo complicato per Misa.”

“Vuoi che non venga più?”

“Misa non ha mai detto questo! Vorrei solo che fossi più facile da decifrare.” Voltò la testa fino a posargli il mento sulla spalla. “Ryuuzaki-san dovrebbe essere dotato di un manuale di istruzioni.”

“Hmm,” mormorò lui, gli occhi fissi al soffitto. “Tu non sei certo più semplice di me. Anzi, scommetto che sei ancora più difficile da capire.”

“Cosa? Ma che dici!” si raddrizzò, urtata. “Misa è molto sincera riguardo a quello che pensa e prova.”

“Davvero? Allora come mi spieghi il fatto che usi un personaggio per il pubblico? Misa-Misa è infinitamente più infantile di Misa-san. Poi i vestiti che Misa-Misa usa in pubblico e in foto sono sempre molto più scollati. Inoltre cambi continuamente persona quando parli nel quotidiano. Misa-san passa costantemente dalla prima alla terza persona, ma Misa-Misa parla solo in terza.
“Misa-san e Misa-Misa sono due persone diverse, sostanzialmente.” concluse. “Non ha alcun senso.”

Lei si imbronciò, un po’ imbarazzata. Tantissimi idol esageravano i modi di fare per la propria immagine. Non era giusto che le desse addosso così. “Sì che ce l’ha! Misa-Misa è l’idol di milioni di persone. Dev’essere sempre perfetta e carina! È normale che io faccia del mio meglio per non deludere i fan. È così che si rimane celebrità.
“Tra l’altro,” Aggrottò la fronte e incrociò le braccia, “Cos’ha di male Misa-Misa?”

“Niente, lo giuro. È solo,” fece una pausa, mordicchiandosi il polpastrello del pollice. “che anche Misa-san va bene. Anzi, la preferisco a Misa-Misa.”

Quel commento le scaldò il viso. Gli strinse un braccio come in un piccolo abbraccio, sorridendo. “Ryuuzaki-san sa essere molto dolce quando vuole.”

Lui non disse niente in proposito, preferendo bere il tè in relativo silenzio; per Misa era sufficiente poterlo stringere a sé.

Rem cominciò a sentirsi quasi una guardona, e non era neanche la prima volta; invece che rimanere lì e sentirsi di troppo scivolò nella camera da letto. Se fosse successo qualcosa di brutto o strano Misa le avrebbe sicuramente fatto resoconto dettagliato. La sua partner era, se non altro, accurata nelle sue spiegazioni.

Quando ebbe finalmente finito, Ryuuzaki rimase immobile per un minuto, prima di smuovere Misa dal suo bel sogno ad occhi aperti picchiettando l’indice sulla tazza.

Lei socchiuse gli occhi. “Ryuuzaki-san deve andare, vero?”

Se era rimasto sorpreso dalla sua osservazione non lo diede a vedere. “Temo di sì.”

Con un sospiro, gli lasciò andare il braccio e si mise a sedere dritta. Non c’era più ragione di lamentarsi o discutere. Ryuuzaki sarebbe sparito e avrebbe lasciato il posto a L, e per il resto del giorno avrebbe provato a dimostrare che Yagami Light era Kira. Era una cosa completamente ingiusta nei confronti di Misa, ma non per questo poteva modificare la realtà. Tenne la testa bassa, gli occhi concentrati sui piedi scalzi di Ryuuzaki, mentre lui si alzava strascicandoli per andare a reclamare le sue scarpe consumate. Non aveva proprio voglia di vederlo uscire ancora.

Buffo. Salutare Light era stato facile. Un semplice gesto della mano, un sorriso, ed era finita lì. Con Ryuuzaki era tutta un’altra storia. Sapeva con certezza che quando Light le aveva detto che l’avrebbe incontrata la settimana successiva si sarebbe sicuramente presentato. Ryuuzaki non faceva promesse del genere, e se mai ne faceva, non aveva mai la garanzia che le mantenesse. La possibilità che ogni sua visita fosse l’ultima era sempre in agguato, e quando faceva l’errore di rimuginarci sopra si sentiva soffocare.

Il suo corpo si mosse da solo, alzandosi dal divano e camminando verso di lui senza esitazione. Lui emise un piccolo grugnito di sorpresa quando lei gli prese il viso, abbassando ancora di più la sua figura ingobbita. Aveva progettato di dargli un bacio sulle labbra. Rapido, magari sfiorandole soltanto. Ma all’ultimo secondo aveva cambiato direzione, e gli aveva posato le labbra proprio accanto alla bocca. Quasi si vergognava della propria codardia, ma il rischio che la bolla che costituiva la loro delicata relazione scoppiasse era troppo grande.

Ciononostante, erano in una posizione imbarazzante. Lo sentì inspirare bruscamente, e poi immobilizzarsi del tutto. Quando lasciò la presa, lui si allontanò di scatto, gli occhi scuri più sbarrati del solito. Bisognava riconoscere che però si ricompose piuttosto rapidamente: l’espressione neutra e l’indice fra i denti tornarono quasi subito.

“Io vado.” annunciò in tono piatto, aprendo la porta.

“Ryuuzaki-san telefonerà?” chiese piano, come se una voce più alta avesse potuto provocare più danni di quanti non ne avesse già fatti il suo comportamento impulsivo.

“Quando ne avrò il tempo, sì. Sì,” ripeté, in tono vagamente rassicurante. “Telefonerò.”

Rilasciò il respiro che aveva trattenuto, sentendo la tensione sciogliersi anche se solo fino a un certo punto. “Ne sono felice.”

“Hmmm,” Lui si fermò sullo stipite della porta, voltandosi il tanto che bastava per guardarla con la coda dell’occhio. “Comunque, Misa-san. Che bei fiori.”

“Hm?”

“Quelli in cucina. Gardenie, vero?”

“Ah, quelli. Sì. A Misa piacciono tanto.”

“È meglio se li metti nell’acqua il prima possibile. I fiori appena colti non durano a lungo se non te ne prendi cura come si deve.”

“Guarda che lo so.” sbottò, con un cipiglio.

Lui accennò un sorriso. “Certo che lo sai. Cura i tuoi fiori, Misa-san.” E senza neanche un gesto della mano si richiuse la porta dietro di sé.



NdT: e finalmente si passò allo stupro blandissimo
Beh, dopo diciotto capitoli era pure ora xD

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Capitolo 19
*** Perfect Blue ***


Rewrite




Nota stranamente pertinente della traduttrice: Ci sono diversi termini giapponesi in questo capitolo. Solitamente il significato si intuisce dal contesto, a parte forse per l’Hanami, che wikipedia definisce come “la tradizionale usanza giapponese di godere della bellezza della fioritura primaverile degli alberi, in particolare di quella dei ciliegi da fiore giapponesi […] Al giorno d’oggi la festa è anche un’occasione per uscire all’aperto e consumare un sostanzioso picnic a base di sushi, con birra e sake in abbondanza all’ombra degli alberi fioriti”.

Theme 15: Perfect Blue ~ Una tonalità perfetta di azzurro

Per la gioia di Misa e il disappunto di Rem, Yagami Light divenne una presenza frequente nella vita dell’idol. Anche se non lo invitava mai a casa sua (per svariate ragioni), “Hikari” era più che in grado di incontrarlo nei luoghi designati.

Ristoranti, cinema, una volta perfino una fiera. La ragazza a momenti delirava dalla felicità quando rincasava. Era una libertà che le era mancata tantissimo con Ryuuzaki. Con lui era sempre confinata in un posto solo, il suo appartamento. Con Light, invece, le uniche limitazioni erano date dalle loro immaginazioni e dai soldi nel portafogli.

Rem, naturalmente, esprimeva ad ogni occasione la poca fiducia che nutriva per il ragazzo, e puntualmente Misa la ignorava. Era allora che la shinigami sperava che quel Ryuuzaki – quell’L – desse prova di intelligenza e passasse ai fatti quando era con Misa, invece di starsene in meditazione. Non che Ryuuzaki le piacesse; al contrario, lo odiava, e tanto. Però lo odiava meno di Light. Almeno con lui aveva la ragionevole certezza che la vita di Misa non fosse in pericolo.



Hanami. Non vi prendeva parte dalla morte dei suoi genitori, perché si era volutamente riempita d’impegni con la sua carriera per poter evitare in toto tutto ciò che le avrebbe ricordato troppo i vecchi tempi. Però aveva sempre adorato parteciparvi. I giochi e gli spettacoli erano sempre esperienze divertenti e vertiginose in cui si perdeva. Perfino Mamori si rilassava, lasciandosi trascinare di qua e di là a piacimento della sorella.

Perciò, quando Light le aveva proposto di andarci, aveva colto la palla al balzo.

Arrivò al festival su di giri, sentendosi particolarmente carina nello yukata rosa che aveva scelto. Ci aveva messo tutta la mattinata per indossarlo decentemente – non era abituata a vestire indumenti tradizionali senza l’aiuto di sua madre, anche dei tipi più semplici – ma credeva che il risultato fosse abbastanza apprezzabile. Anche Hikari aveva il permesso di essere carina di tanto in tanto. Comunque, considerando il carattere e la forma mentis di Light, si era aspettata di trovarlo in abiti più moderni.

“Mia madre ha insistito,” fu la spiegazione che borbottò prima di porgerle il braccio per accompagnarla.

“Secondo me le sta d’incanto,” gli assicurò, con un timido sorriso. Hikari non balbettava più in presenza di Light, aveva deciso. Era ormai tempo che si sentisse più a suo agio con lui.

Lui ostentò il fin troppo facile sorriso che la gabbava sempre e disse, “Allora le credo. Forza,” La tirò verso di sé con delicatezza. “Tra poco cominceranno con i taiko. Voleva vederli, no?”

“Sì!” esclamò, strascicando i piedi alla velocità più alta concessale dai geta, quasi sopraffatta da una gioia infantile.

Erano così i veri appuntamenti, pensò mentre si avviavano verso il concerto all’aperto. Passare il tempo in un posto che non fossero sempre le stesse quattro mura. Mostrarsi in pubblico, godere della compagnia dell’altro, senza avere la sensazione di starsi nascondendo dal mondo. Potergli stringere le braccia attorno alla vita, senza che lui sussultasse, o le comunicasse il disagio che gli procurava quel contatto. Anzi, Light spesso le copriva una mano con la propria.

E quando lo fece mentre suonavano i tamburi, lei sospirò tutta contenta, appoggiandosi al suo braccio. Era un po’ strano. Era più impostato di Ryuuzaki, e forse un po’ più basso. Non stava comoda in questa posizione come le succedeva di solito, e avrebbe preferito che si chinasse un po’ in più in avanti in modo da non torreggiarla così tanto. Non che Ryuuzaki stesse scomposto per farle piacere, ma tornava bene.

Tuttavia, non credeva fosse lecito metterli a confronto in cose di cui non erano responsabili e che non avrebbero mai potuto cambiare. Aveva già troppo da fare a metterli a confronto in altri termini, anche se era troppo avviluppata dalla sua bolla di felicità per rendersene conto.

Fu poi il turno della parata, e mentre Misa gridava, faceva ampi sorrisi e additava, Light sospirava, sorrideva e annuiva. Bastò perché a Rem venisse la voglia di strapparsi le ali da sola. Quel tipo era talmente falso che sospettava fosse fatto di plastica. Se Misa non si fosse infatuata tanto per quello che aveva fatto per lei, per qualche motivo, Rem dubitava che avrebbe concesso più di uno sguardo a un ragazzo tanto spento.

“Ryuuk. Non mi aspetto che tu risponda. Sia mai che io rovini il tuo divertimento.” disse con disgusto. “Ma devo ammettere che sono piuttosto sorpresa. Il ragazzo è veramente una noia. Mi sfugge proprio il perché tu non l’abbia ancora ucciso.”

In risposta, il dio della morte vestito di cuoio ridacchiò sotto i baffi, ma non guardò nella sua direzione.

Rem si accigliò. Ryuuk era di rango inferiore, ed era anche più ignorante di lei. E doveva ringraziare solo se stesso. Era sempre stato troppo impulsivo, e non passava mai molto tempo a imparare i modi di fare; neanche gliele importava. Si era sempre chiesta a che livello sarebbe potuto arrivare se solo si fosse preso la briga di provarci. Era un pensiero che a volte la metteva a disagio.

Possibile genio o no, però, lei era pur sempre un suo superiore, e se voleva poteva essere intimidatoria come un qualsiasi altro dio. E per Misa, sarebbe stata la shinigami più terrificante sulla piazza.

Con un’espressione torva, si abbatté su di lui, e gli sibilò all’orecchio: “Se non vuoi che parli di fronte al tuo nuovo giocattolino, allora suggerirei di trovare un posto in cui discutere. Oppure potrei continuare a parlarti direttamente all’orecchio per tutto il tempo, facendoti perdere tutto lo spettacolino della giornata. Mi metterò anche di fronte a te, così non potrai vedere.” aggiunse con una smorfia beffarda.

Per qualche istante sembrò che Ryuuk avesse intenzione di ignorare la sua minaccia. Poi, con poco più che un grugnito, dispiegò le ali con le piume nere come inchiostro e spiccò il volo. Lei lo seguì. Atterrarono sul tetto del palazzo più vicino, distanza più che sufficiente per poter continuare a guardare i due esseri umani senza il pericolo di essere ascoltati.

“Sei una gran scassapalle.”

“Perdonami.” Non era una vera scusa, né si aspettava che lui la considerasse come tale.

Infatti. “Comunque non capisco dove stia il problema.” Ryuuk si sporse dal tetto, e ridacchiò quando vide Misa trascinare Light sotto l’ombra di un albero di ciliegio.

“Sono solo curiosa. È che quel ragazzo sembra incredibilmente insulso. Non è per niente nel tuo stile. Avresti decisamente potuto scegliere un umano più adatto al tuo intrattenimento.”

“Scegliere?” le fece eco, ridendo forte. Si voltò verso di lei, e sorrise mostrando tutti i denti. “Io non ho scelto nessuno. Ho solo buttato il quaderno sulla Terra, e lui l’ha semplicemente raccolto.”

La shinigami sbatté le palpebre. “Tu non… tu non l’hai scelto?”

“Certo che no. Se l’avessi fatto, avrei saputo a cosa andavo incontro. E allora che ci sarebbe stato di divertente?”

Il suo disprezzo crebbe. Per lui quella storia non era davvero nulla più che un gioco. Un passatempo. E anche se normalmente a lei non sarebbe interessato degli esseri umani che abitavano la Terra, quando c’era di mezzo Misa era tutta un’altra storia. A dirla tutta, il resto dell’umanità poteva badare a se stessa, ma Misa? Rem avrebbe ucciso, per Misa.

Cambiò strategia. “Ma oramai ti starai annoiando. Quel ragazzo non ha nulla di interessante. Non è niente di che, direi.”

Il sorriso di Ryuuk si allargò, se possibile. “È questa l’impressione che dà, vero? Ma proprio qui sta il bello.” Si sporse nuovamente dal tetto, tamburellando le unghia lunghe sul cornicione di cemento. “È tutta una farsa. Lui è un gigantesco imbroglione. Sa esattamente quello che la gente vuole che faccia e dica, e lo fa e lo dice. E mentre dà loro ciò che vogliono, torna nella sua casetta perfetta, dove ha una famigliola perfetta che lo adora, sale nella sua cameretta perfetta, e passa il resto della notte ad ammazzare la sommetta perfetta di gente. Ed è veramente bravissimo, più bravo di alcuni shinigami che conosco. Non esita nemmeno. A momenti va in estasi.”

“Quindi con lui sei felice.”

Con lui? Nah,” sbuffò. “Non me ne frega niente di lui. Però è davvero uno spasso!”

“E in questo momento cosa sta facendo per… divertirti?” domandò, studiandolo attentamente.

“Sai una cosa,” Lui ricambiò lo sguardo. “Sta giocando con il tuo essere umano.”

“Perché?”

“Lo sai perché.” Un sospiro, come un genitore frustrato a un bambino testardo. “Lei sapeva l’altro nome di L. Quello che usa al di fuori del contesto scolastico. Light ha preso subito nota. Te l’ho detto io che è sveglio.”

“Dunque?”

“Dunque, Light non può uccidere L senza il suo vero nome. E adesso la tua umana personale sembra essere la sua migliore chance per scoprirlo. Fai due più due.”

“Sa anche che lei possiede un Death Note?”

“Se lo sapesse non sarebbe divertente. Ma sono certo che tu abbia rovinato la sorpresa a lei.”

“Non ce n’è stato bisogno. Ha fatto lo scambio degli occhi.”

“Dai?” Il ghigno dello shinigami riemerse. “Hai capito la ragazza!”

“Conosce il vero nome di L, ma dubito che glielo rivelerà mai. Misa non è così stupida.”

“Oh, che peccato,” commentò, finta preoccupazione in viso. “Morirà molto prima se Light non la ritiene utile.”

Le uscì un ringhio dalle labbra prima che potesse riflettere. “Lo ucciderò prima io.

Lui si girò lentamente verso di lei, un bagliore negli occhi. “Davvero? Saresti disposta a morire?”

“Se necessario.”

Lui rise, aprendo le ali. “E poi quella intelligente saresti tu. O forse coraggiosa,” aggiunse, pensieroso. “Eh. Chi se ne frega.”

Senza guardarsi indietro, Ryuuk si gettò semplicemente oltre il parapetto, usando le ali per planare dai due umani a cui lui e Rem erano vincolati. Lei lo imitò poco dopo, più determinata che mai a non perdere di vista Misa.

La loro discesa fece cascare dei petali di ciliegio dall’albero sotto cui si trovavano Misa e Light. Si sparpagliarono ovunque, volteggiando attorno alla coppia in un turbine talmente impetuoso che la modella dovette alzare le mani per proteggersi dall’assalto dalle tinte pastello.

All’improvviso, il suo mondo divenne blu quando lui le piegò un braccio sulla testa per farle scudo con la manica dello yukata. Perse l’equilibrio con un pigolio di sorpresa, e la testa le ricadde sul petto del ragazzo. La sua manica le copriva ancora la vista, e quando alzò gli occhi, riuscì a vedere la luce del sole che filtrava attraverso il tessuto, stingendolo in un celeste chiaro. Sollevò con cura quel velo per contemplare gli ultimi petali che volavano via, sempre più lontani, marchiando un cielo azzurro che solo qualche attimo prima aveva eguagliato alla perfezione lo yukata di Light.

“Bello,” tubò in tono malinconico, appoggiandosi inconsapevolmente a lui, che non protestò.

Lui abbassò finalmente il braccio, attorcigliandolo alla sua vita, e lei era fin troppo disponibile ad accordargli quell’intimità.

La pace del momento venne infranta dallo squillo acuto del telefonino di Misa, riposto nella borsetta.

Incerta, lo tirò fuori, immaginando che fosse la sua manager o Mamori, visto che aveva molti servizi fotografici da definire con la prima e di recente non aveva parlato con la seconda. Ad ogni modo, aveva intenzione di farsi lasciare un messaggio vocale e spegnere il cellulare come si era dimenticata di fare prima di incontrare Light.

Non c’era da stupirsi, quindi, se sentì un rivoltamento di stomaco e le vertigini quando scoprì che il mittente era sconosciuto. A causa della natura della sua attività, Misa aveva un cellulare con una linea privata. Poteva essere soltanto una persona, ed era l’ultima con cui avrebbe voluto avere a che fare, al momento. Fece per respingere la chiamata.

“Chi è, Hikari-san?” chiese Light, facendola sobbalzare un po’.

“N-nessuno,” rispose, e per una volta la balbuzie era autentica. “Non è nessuno.”

“Davvero?” Lui tese il collo oltre la sua spalla, posando lo sguardo indagatore sul telefonino che aveva in mano.

Le sue labbra erano adornate da un sorriso talmente freddo che per la prima volta Misa avvertì un vero e proprio brivido di paura pizzicarle la schiena. Fu così repentino e forte che dovette convincersi che a spaventarla fosse soltanto la situazione, e non il ragazzo vicino a cui era seduta. Tuttavia il terrore le congelò il corpo, e il cellulare continuò a squillare senza sosta.

“Non risponde?” Il sorriso mellifluo era ancora lì.

“Meglio di no.”

“Oh. Va bene. Sinceramente,” Light allungò un dito e zittì il telefono premendo un pulsante. “Preferirei comunque poter trascorrere una giornata con lei senza interruzioni.”

E bastò quello a dissipare la paura che l’aveva dominata come se non fosse mai esistita. Si sentì improvvisamente una sciocca per quella reazione esagerata. Dopotutto, che lui fosse intelligente era poco ma sicuro, ma non era assolutamente possibile che potesse sapere con sicurezza chi le stesse telefonando.

“Anch’io.” Gli sorrise, tranquillizzandosi.

Poi lui l’avvicinò a sé, stringendo forte quelle minuscole spalle tra le proprie braccia. Di nuovo festante, lei si accoccolò nell’abbraccio, giocherellando con le maniche di quella tonalità perfetta di azzurro in contrasto col suo completo rosa. Gli uccelli cinguettavano, e i petali vorticavano delicatamente attorno a loro, e tra i rumori distinse il sospiro nauseato di Rem. Era tornato tutto come prima, come avrebbe dovuto essere. Si crogiolò in quella sensazione di serenità.

“In fondo,” le bisbigliò Light all’orecchio, la voce un’ottava più bassa del solito, “Devo ancora imparare tante cose su di lei. Non è così, Misa-san?”

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Capitolo 20
*** The Sound of Waves ***


Rewrite




Theme 29: The Sound of Waves ~ Il suono delle onde

L’aria le pareva afosa e appiccicosa. Fin troppo umida per un’arieggiata giornata primaverile come quella. Dischiuse le labbra con un tremito, la voce intrappolata nella gola di colpo ristretta. Alle sue spalle, le braccia a cingerle saldamente la vita, Light le sorrideva sereno.

“Misa-san, qualcosa non va?” chiese con una voce vellutata, innocente. “È pallida.”

Misa si costrinse a deglutire il doloroso groppo di paura che minacciava di strozzarla. “P-prego?” iniziò, mentre le sue terminazioni nervose che si erano come sparate in tutte le direzioni tentavano di riallacciarsi per reggerle il gioco. “Non capisco di cosa sta parlando.”

Lui la fissò intensamente per un istante, esasperando un altro po’ il suo panico, prima di fare una risata gradevole. “Devo chiederle scusa,” disse, imbarazzato, gli occhi di nuovo pieni di calore. “È stato un po’ troppo repentino, vero? Sapevo che avrei dovuto adottare un approccio diverso. Credo che sarebbe meglio se mi spiegassi.”

Il brusco cambiamento di atteggiamento le fece sbattere le palpebre come un gufo. “Eh?”



“E così Light-san sapeva che Misa era Misa sin dall’inizio?” concluse, mentre passeggiavano per i giardini che circondavano il festival.

“Eh già,” confessò lui, dando un calcio a una pietra che si trovava sulla sua strada. “L’ho vista travestita un giorno al caffè dopo aver studiato con degli amici, e l’ho riconosciuta dalle pubblicità che realizza per le riviste.”

“Light-san legge le riviste in cui compare Misa-Misa?” chiese, sinceramente perplessa al pensiero che una persona come Light comprasse riviste indirizzate a ragazze adolescenti.

“In realtà le compra mia sorella. Ma ha una fissa per lei, e ormai è diventata piuttosto popolare nel mio campus. Non è stato troppo difficile capire chi fosse quando l’ho notata.”

“Hmm,” Lei corrugò la fronte, giocherellando con la parrucca di capelli neri corti. “E io che pensavo che il mio travestimento fosse imbattibile.”

Light rise, scuotendo il capo. “Stia tranquilla. È davvero ottimo. Sul serio. Ho solo un occhio più attento degli altri.”

Sospettava che quell’affermazione fosse più vera di quanto lui non si desse pena di ammettere. Dopotutto, era abbastanza sicura che anche lui sapeva chi fosse in realtà Ryuuzaki. A tal proposito, era curiosa di vedere se avrebbe nominato presto il detective dagli svariati nomi, o se aveva intenzione di tenere in serbo quella primizia per un altro momento.

A quanto pareva, aveva in mente la seconda alternativa. “Comunque, non ce l’ho fatta a non presentarmi a lei. Insomma, quante volte ti può capitare l’opportunità di stare un po’ con l’idol del momento?”

Lei lo canzonò con un sorriso, “Tu non sei uno stalker. Vero, Light?”

Lui la guardò, divertito, forse dal suo commento o dall’improvvisa mancanza di formalità. “Eh?”

Lei ridacchiò. “Scherzo, scherzo! Misa sa che Light non è quel tipo di persona.”

Il ragazzo rise nervosamente. “Ho dato quell’impressione, vero?”

“Non fa niente. È gratificante. Ogni idol sogna di avere dei fan attraenti.”

Balbettò un po’ per il complimento. “Oh, ecco-”

“E poi,” lo interruppe, sporgendosi verso di lui per bisbigliare: “Misa sa che con Light è al sicuro. Ho ragione?”

Lui la guardò a lungo, prima che un lento sorriso gli scivolasse sulle labbra. “Ma certo che è al sicuro.” replicò, un po’ troppo affabile. Misa non notò l’insincerità.
“Beh, visto che adesso giochiamo a carte scoperte, credo che dovremmo ricominciare tutto da capo.” Si schiarì la gola, e disse con calore, “Salve. Mi chiamo Yagami Light. E lei?”

Lei esitò. Era stupido, lo sapeva. Lui sapeva benissimo quale fosse il suo vero nome, per cui non c’era motivo di nasconderlo. Inoltre lui era Kira. Lui era il suo eroe.

Ed era l’uomo che voleva la morte di L. La morte del suo Ryuuzaki. Ed era sicura che in quel preciso istante, sotto la superficie di Yagami Light, c’erano un’infinità di altre cose che non le avrebbe probabilmente mai svelato. Cose dagli orli affilati, che era pericoloso toccare. Stava anche mentendo. Le stava mentendo lì, ora, e una parte della sua testa – quella parte che le diceva che a volte il suo cuore si sbagliava, a dispetto delle sensazioni che gridavano l’opposto – le stava urlando di fermarsi prima che fosse troppo tardi. Ma era già troppo tardi, si ricordò, e non le rimaneva che vedere come sarebbe andata a finire.

Oltretutto, Ryuuzaki non era terribilmente simile al suo nemico? Quanti segreti celava esattamente il detective L? Trovava difficile credere che esistesse qualcuno con cui fosse interamente leale; la sua vita e la sua carriera erano definite da una ragnatela di bugie, che lo proteggeva ma rendeva estremamente difficile il ripristino della fiducia che un tempo aveva riposto in lui. Se fosse stata imparziale, e non accecata da lealtà allo stato puro da un lato e legami affettivi dall’altro, avrebbe ammesso di non potersi fidare particolarmente di nessuno dei due. Ma non era quello il caso, perché Misa era una creatura emotiva e impulsiva di natura.

Light non le avrebbe fatto del male, si disse. Kira non le avrebbe mai fatto del male. Kira l’aveva protetta. E finché avesse recitato la parte dell’idiota, Kira non avrebbe mai fatto del male a Ryuuzaki. Sarebbe filato tutto liscio. Se ne sarebbe assicurata personalmente.

Con un profondo respiro, ricambiò il suo sorriso. “Salve. Io sono Amane Misa.”



L’appuntamento successivo fu al mare. Faceva ancora troppo freddo per una nuotata (e Misa non credeva proprio che la sua parrucca avrebbe retto bene all’acqua), ma non era male per mangiare sulla spiaggia senza troppa gente intorno.

Ancora una volta, buona parte del pranzo era preconfezionato, a parte le cose che contenevano zucchero. Trovava ironico che quando faceva una battuta a Light lui rispondesse sempre con una risata che non gli raggiungeva mai gli occhi. Ad ogni modo si era messa d’impegno con il paio di onigiri che aveva preparato, e non erano un disastro totale. Certo, erano lontani anni luce da quelli di sua madre, ma almeno quest’infornata non le rivoltò lo stomaco non appena accarezzò il riso con la lingua.

Mentre mangiucchiava il frutto del suo lavoro senza troppo entusiasmo, la mente di Misa cominciò a vagare. Non sentiva Ryuuzaki dal giorno in cui gli aveva quasi sicuramente attaccato il telefono in faccia al festival. Forse si era offeso. Era la prima volta che ignorava una delle sue telefonate. D’altronde, lei aveva tutto il diritto di non prostrarsi prontamente a ogni suo capriccio. La loro relazione era sempre stata assoggettata alle condizioni che aveva imposto lui: si incontravano dove e quando voleva lui; parlavano solo quando faceva comodo a lui, fosse anche nel cuore della notte.

E lei non aveva mai, neppure una volta, protestato contro quel tacito accordo. Anche se non era affatto equo, l’aveva accettato senza domande. Capiva solo ora che era successo semplicemente perché non le era mai venuto in mente di porne. Era leggermente perplessa. Di solito le piaceva che le cose andassero come diceva lei, eppure quando si trattava di lui cedeva sempre. Forse aveva contribuito anche il disperato bisogno di compagnia, di una qualsiasi forma di conforto, che aveva avuto quando si erano conosciuti. Persino quello impacciato e quasi buttato lì di Ryuuzaki era meglio di niente. In seguito si era abituata talmente tanto che non aveva mai pensato a quanto fosse assurdo tutto quanto.

Adesso che gli aveva indirettamente detto di no una volta, adesso che gli aveva dato il microscopico indizio che non poteva ottenere sempre quello che voleva, l’avrebbe snobbata con freddezza. Una telefonata persa, e veniva ignorata per settimane. Che immaturo.

Si rabbuiò. Ryuuzaki sapeva essere un vero idiota.

“Non credo che quello che ha preparato sia tanto cattivo.” disse Light, interrompendo il filo dei suoi pensieri.

Lei sbatté le ciglia, sorpresa. “Hm?”

“Fino a due secondi fa aveva una faccia molto turbata. Stava fissando quell’onigiri come se avesse avuto voglia di lanciarlo dall’altra parte della spiaggia.” spiegò lui, arricciando leggermente gli angoli della bocca.

Lei arrossì furiosamente. “Scusa! Misa aveva la testa su altre cose. Non succederà più, te lo giuro!”

Light rise, poi scosse la testa e la rassicurò: “Tranquilla. Capisco, davvero. Non è l’unica ad avere molti pensieri per la testa.”

Non ne dubitava. Non riusciva a immaginare la pressione sotto cui doveva essere al momento. Specialmente sapendo quanto Ryuuzak-L fosse vicino, quasi certamente, alla verità.

“E poi,” continuò lui. “Questo posto invita a pensare. Soprattutto in questo periodo dell’anno, è così tranquillo.”

Aveva ragione, pensò lei, concentrandosi sull’oceano. Il vento stava cominciando ad alzarsi, amplificando il vorticare dell’acqua di mare. Il profumo di sale e sabbia si rigenerava nell’aria ad ogni onda che s’infrangeva, e aveva il sospetto che le sarebbe bastato poco per addormentarsi dolcemente, cullata dal suono dell’acqua che si scagliava sulla terra per poi ritrarsi rapidamente.

“Chissà quanto tempo rimane prima che sulla spiaggia ci sia troppa gente per venirci più.” commentò distrattamente.

“La temperatura dovrebbe salire tra un paio di settimane. Allora sarà pieno di gente. Però non vedo perché lei non dovrebbe continuare a venirci. Finché si maschererà nessuno le darà fastidio.”

Scosse il capo. “Non è questo. Misa sa che probabilmente non succederebbe niente, ma si sentirebbe comunque nervosa. Non si sa mai cosa può succedere.” Il fatto che le girasse ancora la testa quando troppe persone le giravano attorno non migliorava le cose, con tutti quei caratteri e numeri che baluginavano sulle loro teste in un rosso intenso che perforava gli occhi. Era più semplice evitare le situazioni che avrebbero potuto suscitarle panico.

“Forse,” si addolcì lui. Poi s’illuminò: “Qualche volta potrei sempre accompagnarla, se questo può farla stare meglio.”

Misa avvampò di nuovo. Il pensiero di Light in costume da bagno le faceva venire un po’ di vertigini. Si chiese se l’abbronzatura gli venisse bene. “C-ci penserò.”

Lui le sorrise, e aprì la bocca per ribattere. Tuttavia, la suoneria traditrice di un cellulare bucò l’aria. Per una volta non fu lei a dover cercare il cellulare per rispondere, ma Light, che lo pescò dalla tasca.

“Pronto?” Il ragazzo raddrizzò lievemente la schiena, scandagliando rapidamente i dintorni con gli occhi per una frazione di secondo. “Vuoi che venga lì adesso?” domandò al suo interlocutore, dandole le spalle. “Beh, no. Niente di importante.” Misa sbuffò; evidentemente lei non era mai importante per gli uomini della sua vita. “Davvero? Sì. Sì, vengo.” Attaccò e le mostrò un’espressione contrita. “Mi spiace. È saltata fuori una cosa con mio padre. A quanto pare dovremo rimandare quest’incontro a un’altra volta.”

Lei aggrottò la fronte, delusa, ma poi scrollò le spalle e sorrise meglio che poté. “Non fa niente. Ti capisco.”

Mentre lui l’aiutava a pulirsi, si accorse delle occhiate furtive che stava lanciando alla spiaggia. Forse credeva che qualcuno li stesse osservando, e le fece venire l’ansia di andarsene. Quando ebbero messo tutto a posto, Light le comunicò che si sarebbero divisi immediatamente.

“Mi dispiace veramente tanto, ma devo andare nella direzione opposta al suo appartamento, e sono un po’ di fretta.”

Sembrava così dispiaciuto che lei gettò la spugna all’istante. “Figurati. So tornare a casa da sola.”

Le regalò un sorrisetto veloce. “Grazie, Misa-san.”

Lei schioccò la lingua, dimenando l’indice in segno di diniego. “Niente ‘san’! Misa è solo Misa per Light, va bene?”

Il suo sorriso non si alterò. “Va bene. Misa.”

Poi si voltò, e fece qualche passo prima di bloccarsi. Lei lo fissò, confusa, mentre restava fermo in silenzio per qualche secondo. All’improvviso si girò e con delle falcate decise tornò da lei. Senza una parola, Light colmò lo spazio che li separava, una mano sul suo mento, le labbra premute sulle sue. I pensieri di Misa si sparpagliarono, poi si ricomposero e infine si frantumarono come vetro. La stava baciando, la stava baciando davvero. Stava baciando Kira, e oh, non pensava di essere più in grado di respirare, ma che modo meraviglioso di morire.

E così come era iniziata finì. Lui le biascicò all’orecchio un altro saluto di commiato a mezza voce e si avviò per la sua strada, lasciandosi una Misa tremante alle spalle. Lo guardò allontanarsi, sentendo un misto di alti e bassi. Euforia per l’intimità del momento: quante persone potevano dire di essersi fatte rubare un bacio dal loro eroe? Era quasi un sogno. Ma una sensazione assillante continuava a rosicchiarle lo stomaco. Vergogna, oppure sensi di colpa. Forse entrambe le cose. Perché davvero, i sacrifici che aveva fatto per scoprire l’identità di Kira erano stati tutti per Ryuuzaki, no? Perché era Ryuuzaki la persona che più la rendeva felice. In teoria, aveva fatto tutto per lui.

Che l’obiettivo fosse cambiato?



Il lunedì mattina partì in maniera molto normale. Misa si era preparata una vasca piena di schiuma, spiegando a Rem che una ragazza dovrebbe viziarsi almeno una volta a settimana. Quando la sua partner le fece notare che lei sembrava viziarsi spesso e volentieri con tutto lo shopping e i trattamenti speciali che si concedeva ai servizi fotografici, lei le aveva fatto una linguaccia infantile e le aveva detto che quelle cose lì non contavano. Gli idol dovevano recitare la parte, dopotutto. Rem non ne era tanto convinta.

Si stava ancora asciugando i capelli con l’asciugamano (aveva sentito dire che il fon danneggiava i capelli, e Misa-Misa non poteva permettersi doppie punte), quando qualcuno bussò alla porta. Il suono ritmico le sbatacchiò un po’ il cuore, e quasi accorse all’ingresso per aprire. Esitò solo quando le venne in mente che era ancora avvolta soltanto da un asciugamano, e che sarebbe stato tremendamente imbarazzante essere vista in quello stato. D’altro canto, ricordò a se stessa, la persona dall’altra parte di normale non aveva nulla, e probabilmente non avrebbe reagito neanche remotamente come qualsiasi altro uomo della sua età. Dubitava che gliene sarebbe importato qualcosa.

Con un sospiro, girò la maniglia e trovò Ryuuzaki a mordicchiarsi la punta del pollice. Le parve piuttosto disorientato dal suo aspetto, e gli occhi scuri slittarono verso il basso fino a posarsi sull’asciugamano rosa che la copriva. Beh, si corresse, a importargli qualcosa gli importava. Ciononostante…

“Pervertito!” gridò, arrossendo.

Lui tornò a guardarla in faccia, completamente smarrito. “Misa-san, è un brutto momento?”

Lei sospirò ancora, facendosi da parte perché entrasse. “No. Dammi un minuto per vestirmi, okay. E Ryuuzaki-san farebbe bene a non sbirciare!”

“Ma neanche per sogno,” rispose lui, in tono talmente piatto che era difficile stabilire se fosse sincero o lascivo. “Anzi, potrei suggerirti di vestirti per bene, oggi?”

Lei ridusse gli occhi a due fessure. “Stai per caso dicendo che non mi vesto bene?”

“No, mai. È solo che i miei piani verrebbero agevolati se tu ti vestissi adeguatamente.” fu la sua vaga spiegazione.

Inarcò un sopracciglio. “Piani?”

“Sì. Piani.”

“Che genere di piani?”

“Pensavo di uscire.”

Lo fissò. “Uscire?”

“Sì. Uscire.”

Lei si chinò un po’ verso di lui. “Nel senso, uscire dall’appartamento di Misa?”

“Sì, questi sono i miei piani per la giornata.”

Si protese ancora di più. “Ryuuzaki-san vuole veramente portare Misa fuori? In pubblico? Sul serio?”

Lui si accigliò un po’ per l’aggressione. “Sì.”

Lo studiò, sospettosa. “Che strano. Spero per te che non sia una bugia.”

Lui grugnì, irritato. “Misa-san, stai cercando di farmi cambiare idea?”

Lei fece rapidamente dietrofront, sventolando la mano con cui non stringeva l’asciugamano. “No! Vado a cambiarmi subito. Tu aspetta qui.” Corse nella camera da letto aperta, poi si allungò un po’ fuori dalla porta di modo da mostrargli solo la testa e le spalle. “Ricorda: non sbirciare!”

Ryuuzaki sospirò, discretamente irritato. “Ti ho già detto che io–!” Emise un suono a metà tra un gemito strozzato e un urlo quando l’asciugamano rosa di Misa gli atterrò dritto dritto in faccia mentre lei ridacchiava maliziosamente prima di chiudersi la porta alle spalle.

Ci fu un momento di silenzio prima che Ryuuzaki dicesse, quasi supplicandola, “Misa-san, non farmi rimpiangere questa decisione.”

Lei ridacchiò un altro po’. “Ryuuzaki-san, ma ti pare! Misa non farebbe mai niente che Ryuuzaki-san potrebbe rimpiangere.”

In risposta ricevette soltanto un brontolio inintelligibile.



Nota (lunga, per dirvi due cose sullo stato della storia) della traduttrice: L fa quasi tenerezza. Il prossimo capitolo è lol, soprattutto nel finale (per me) – immagino per rifarsi della nefasta presenza di Light che ha monopolizzato la scena in questi ultimi capitoli. D:
A proposito di capitoli. In teoria ne mancano “solo” dieci, al massimo dodici. Ma l’autrice non ha ancora pubblicato gli ultimi, e non aggiorna da dicembre 2009.


Tranquilli, io sono fiduciosa, non credo che la abbandonerà tanto facilmente dopo quattro anni, ventotto capitoli, e il notevole seguito riscosso dalla storia. È più probabile che si stia prendendo una pausa per scrivere una degna chiusura alla storia. Spero. Al più, credo che ci siano buone possibilità di finire la storia in italiano più o meno contemporaneamente a quella originale. Bello, eh?
(A chi segue amorevolmente questa traduzione dagli inizi e sa quanto sono stata discontinua: in realtà era tutto calcolato, uomini e soprattutto donne di poca fede. BD)
Io comunque continuo a postare a questo ritmo, per ora.
Teoricamente potrei anche provare a pubblicare ogni due settimane, visto che il materiale più o meno lo avrei, ma a questo punto non conviene a nessuno. Correreste il rischio di subire uno hiatus imprecisato, per giunta a scapito della qualità della traduzione. Non è comunque detto che la situazione non possa cambiare, e anzi, probabilmente verso la fine posterò più rapidamente. Dipende tutto da quello che mi combina Kat-chan.
Portate pazienza, ce la faremo :D
Ci vediamo a settembre,
youffieh.

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Capitolo 21
*** Candy ***


Rewrite




Theme 23: Candy ~ Dolci

Non era sicura di cosa mettersi per questa uscita imprevista con Ryuuzaki. Chiaramente, il suo travestimento era fuori questione; c’era la possibilità che lui l’avesse vista, e non voleva che tirasse le somme. Però non riusciva a fare a meno di chiedersi come dovesse sentirsi in pubblico un uomo conosciuto dai più come il più grande detective al mondo. Considerate le svariate identità che probabilmente aveva (oltre alle tre che sapeva lei, immaginava ce ne fossero molte altre di cui non era a conoscenza), esporsi non doveva essere il suo passatempo preferito.

Però le aveva detto di vestirsi bene, e questo avrebbe fatto. Tirò vari completini dall’armadio, alzandoli per farli valutare a Rem e chiedendo silenziosamente approvazione o dissenso. Rem stessa era alquanto perplessa dalla richiesta. Non sapeva nulla di moda – per gli shinigami frivolezze umane del genere non avevano alcuna utilità – ed era piuttosto sciocco da parte di Misa aspettarsi che fosse di un qualche aiuto. Allo stesso tempo la lusingava il fatto che la coinvolgesse in qualcosa che palesemente riteneva importante. Rem aveva notato che Misa riteneva importante qualunque cosa riguardasse Ryuuzaki.

Alla fine, la ragazza era uscita dalla camera da letto con un lungo vestito blu orlato di pizzo e fiocchi neri. Era la cosa più vicina all’eleganza che Misa avesse nel suo armadio bambinesco e gotico, e sperava che andasse bene. Guardò Ryuuzaki, ansiosa, ma ricevette solo un rapido cenno del capo prima che lui le dicesse di seguirlo e uscisse dall’appartamento, non accorgendosi così della linguaccia che Misa gli fece per la frustrazione.

La limousine nera che li attendeva fu una piacevole sorpresa, anche se il suo entusiasmo venne considerevolmente smorzato quando Ryuuzaki entrò senza tenerle lo sportello. Lo imitò con un piccolo broncio, poi si rabbuiò completamente quando lo vide appollaiato sul sedile di pelle accanto a lei.

“Ryuuzaki-san deve proprio sedersi così tutto il tempo?” sbottò acidamente, sistemandosi la gonna mentre l’auto partiva.

“Sì. Altrimenti non sto comodo.”

“Cadrai.”

“Sciocchezze.”

“E perché hai detto a Misa di vestirsi per bene quando tu sei ancora vestito così?” chiese, scrutandogli la maglia bianca spiegazzata e i jeans sporchi.

“Perché a te piace sempre vestirti bene quando vai da qualche parte,” rispose con un’alzatina di spalle. “A me invece non cambia niente. Ho pensato che tu potessi sentirti di più a tuo agio se ti fossi agghindata per l’occasione, come ti piace fare.”

Misa sbuffò un po’, ma non insistette. Concentrò piuttosto la sua attenzione sul vetro scuro che li separava dall’autista. Tutti i finestrini dell’auto erano anneriti, e quello che li separava dall’autista non faceva eccezione. Si domandò se il conducente fosse un ordinario chauffer che Ryuuzaki aveva assunto per la giornata, o se fosse una persona che lavorava regolarmente per lui. Protendeva per la seconda ipotesi. Dubitava che riponesse la propria fiducia in molte persone, anche se solo per un breve periodo di tempo.

Quel pensiero la fece vagolare con la mente in un posto oscuro in cui si annidavano i suoi dubbi e timori. Ryuuzaki fino a che punto si fidava di lei, esattamente? Sempre che si fidasse. Anche se ormai si conoscevano da un bel pezzo, ancora non le aveva detto la verità, né sembrava intenzionato a farlo. Era proprio perché lui non le aveva mai rivelato chi era in realtà che aveva preso in considerazione l’idea dello scambio, per non parlare poi dell’accettarne le condizioni. Se avesse saputo la verità non avrebbe mai fatto nulla del genere.

Se avesse saputo… Forse non sarebbe mai divenuta una seguace di Kira, anche se aveva vendicato i suoi genitori. Se da un lato Kira era il suo eroe, Ryuuzaki era… Beh, era qualcosa di completamente diverso. Era la persona che aveva più a cuore, a dispetto di tutti i suoi difetti e delle sue manie. Se le avesse detto che era L, probabilmente avrebbe appoggiato la sua posizione nel caso Kira, a dispetto dei suoi genitori. Forse. Aveva voluto veramente un mondo di bene ai suoi genitori.

Ma le cose erano andate diversamente. Lui aveva anzi continuato a ingannarla, arrivando non solo a darle un falso nome, ma a imbrogliare perfino sua sorella. Non aveva dimenticato i documenti che, parola di Mamori, non portavano scritto il nome di un certo Ryuuzaki Hideo. Nome che poi era misteriosamente apparso in tutti i fascicoli in suo possesso, scaraventandola in una spirale di rabbia e confusione. Adesso tutto combaciava. Ryuuzaki- L aveva molto potere. Irrompere nella casa di qualcuno e scambiare dei fogli per lui probabilmente non erano che noiosa routine.

Ciononostante, avrebbe potuto perdonarlo se le avesse semplicemente detto la verità sulla sua identità. Ma non l’aveva ancora fatto, e quella mancanza di fiducia le spezzava il cuore. Il suo affetto aperto non significava niente per lui?

La limousine si fermò bruscamente con uno scarto, e lei drizzò la testa, ridestando la sua attenzione. Ryuuzaki, che non aveva neanche traballato un poco, si alzò e uscì, trascurandola nuovamente. La ragazza lo guardò torvamente, e aprì la bocca per dar finalmente voce alla propria irritazione, ma il rumore del finestrino anteriore che si abbassava la interruppe. Sentì un colpo di tosse sonoro e inconfondibile dal sedile dell’autista. Ryuuzaki si voltò, e fissò con espressione interrogativa in quella direzione, prima di rivolgere lo sguardo a Misa, ancora in auto.

Con evidente disagio per quel movimento in cui non era pratico, le porse la mano. “… Hai bisogno di aiuto, Misa-san?”

Guardò la sua mano tesa, e poi il suo viso un po’ esitante. Per qualche ragione aveva la sensazione che fosse la prima volta che faceva una cosa del genere, ed era un po’ compiaciuta all’idea di avere il privilegio di essere la prima. Gliela strinse e sorrise. “Ti ringrazio, Ryuuzaki-san.” Dalla parte anteriore della limousine si levò un grugnito soddisfatto mentre il finestrino si rialzava e lui l’aiutava a scendere.

Una volta in piedi ebbe pochissimo tempo per orientarsi adeguatamente perché Ryuuzaki entrò in un palazzo, facendole strada. Il dolce odore di biscotti e torte fu la prima cosa che notò. La seconda furono i colori pastello che decoravano la stanza, e infine le cassette espositive piene di svariati pasticcini.

“Una pasticceria?” Sbatté le palpebre.

“La migliore della zona.” la informò lui, entusiasta.

Ancora non capiva. “Dobbiamo comprare qualcosa e andarcene?” Quella era la sua idea di uscire? Era profondamente delusa.

“Certo che no.” Le fece segno di seguirlo. “Mangiamo qui.”

Titubante, Misa tallonò Ryuuzaki fin dietro il bancone, oltrepassando la tendina dai colori vivaci che conduceva al retro. L’odore di leccornie appena sfornate divenne ancora più intenso quando passarono per la cucina. Iniziava a sentirsi veramente fuori posto, e accelerò il passo strascicato per stare più vicino a Ryuuzaki, che sembrava sapere con precisione dove stesse andando. Sbucati fuori dalla cucina, si ritrovarono in una stanzetta piccola che un tempo doveva aver funto da deposito, ma era stata ora convertita in un salotto pittoresco, completo di un bianco tavolo rotondo e di sedie altrettanto immacolate. Vide anche che una delle finestre aveva le tendine opportunamente abbassate, nonostante fuori fosse ancora giorno e ci fosse molta luce.

Lui fece per sedersi, ma poi ci ripensò e le offrì anzitutto una sedia in modo piuttosto maldestro. Lei prese posto e Ryuuzaki si tolse le scarpe scalciandole via e accovacciandosi sulla propria sedia come al solito. L’idol sospirò fra sé, ammettendo che era un po’ troppo aspettarsi che apportasse anche solo delle lievi modifiche al suo comportamento solo perché erano in pubblico. Tra l’altro non era nemmeno tanto sicura di poter chiamare ‘pubblico’ l’ambiente circostante.

“Dove siamo, esattamente?” chiese, incuriosita.

“Nella stanza degli ospiti sul retro della pasticceria. I proprietari sono una coppia sposata che vive sopra il negozio. Ogni tanto mangiano qui. Ho chiesto loro se potevo avere la stanza per un giorno.”

Lei inarcò un sopracciglio. “E a loro sta bene?”

Lui fece un mezzo sorriso. “Sono un ottimo cliente.”

In quel momento entrò una donnina molto fine. Era anziana e piena di rughe, i capelli brizzolati raccolti in una crocchia bassa, e li salutò con un sorriso cordiale. Yoshizawa Ayumi era il nome rosso che le fluttuava sopra la testa, e Misa fece del suo meglio per non fissare la riga sottostante di numeri in diminuzione. Si accorse però dello sguardo intenso che le riservò la donna prima di porgere loro il menù elegante su cui erano riportate le paste che potevano ordinare. Per un momento considerò l’idea che la donna l’avesse riconosciuta, ma poi la scartò. Misa-Misa non appariva nelle riviste o nei programmi che avrebbero potuto interessare alla donna di fronte a lei. Era di gran lunga più probabile che fosse semplicemente meravigliata di vederli insieme, e non poteva veramente biasimarla. Lei e Ryuuzaki dovevano sembrare molto strani insieme.

Ovviamente lui non ebbe nemmeno bisogno di dare un’occhiata alla lista, e si mise allegramente a elencare i vari dessert che desiderava. Si trattava soprattutto di fette di torte tipiche, a cui però aggiunse un paio di biscotti e un sacchetto di bastoncini di zucchero candito da portar via. Le venne la nausea solo a sentirlo parlare, anche se era certa che sarebbe riuscito a spazzolarsi tutto prima che se ne andassero. No, forse era quello il vero motivo della nausea. Sul serio, nessuno avrebbe dovuto essere capace di mangiare (e sopravvivere all’esperienza per raccontarla) come Ryuuzaki.

Quando la donna si rivolse a lei, la modella tentennò. “In realtà Misa non mangia molti dolci,” spiegò impacciata, non volendola offendere.

“Ah sì?” La signora si picchiettò il mento, poi sorrise. “Allora, che ne dice se scelgo io qualcosa per lei?”

“O-okay.” Un dolcetto non avrebbe potuto fare grandi danni al suo peso, e i suoi genitori le avevano sempre ripetuto di essere gentile con gli estranei.

Il sorriso della donna si allargò. “Trovato! Un dolce pasticcino per una dolce signorina, sì?” E prima che Misa potesse dire nulla in risposta, la proprietaria del negozio trotterellò via nella maniera più vivace consentitale dal suo corpo minuto.

“Sembra simpatica.” commentò.

“Sì,” convenne Ryuuzaki, mordicchiandosi l’indice. “Lei e suo marito sono brave persone.”

“Hmmm. Ehi, Ryuuzaki-san? Perché hai portato Misa qui?”

“È la mia tavola calda preferita,” rispose, e lei non mise in dubbio quella bizzarra affermazione neanche per un secondo. Aveva imparato che la dipendenza da zucchero di Ryuuzaki non conosceva limiti. “Ho pensato che sarebbe stato bello condividerla con te. Inoltre questa stanza ci dà ampia privacy; mi pare di ricordare che nell’ultimo periodo non ne hai potuta avere molta.”

“Già. È molto dolce da parte tua, Ryuuzaki-san.” Ma aveva la netta sensazione che non fosse in pensiero solo per la sua, di privacy.

La signora riapparve da dietro la tendina, questa volta con un vassoio d’argento contenente due bricchi, due tazze di porcellana, e una zuccheriera. Dietro di lei, con un altro vassoio su cui erano disposti i dolci, fece la sua comparsa un uomo anziano che a giudicare dal nome sulla sua testa doveva essere il marito della donna. Mentre la donna posizionava le tazze e i bricchi sul tavolo, notò sardonicamente che aveva messo la zuccheriera quasi traboccante vicino a Ryuuzaki. Sì, non doveva essere la prima volta che chiedeva di usare la stanza sul retro della pasticceria.

“Cara, le piace il tè, vero? Ryuuzaki-san mi ha detto che lo preferisce al caffè.”

Lei sbatté le ciglia come un gufo. In effetti aveva un’avversione per il caffè, ed era per questo che ogni volta che Ryuuzaki andava a trovarla preparava il tè. Non le sarebbe mai venuto in mente, però, che lui se ne potesse accorgere, o che addirittura avesse immagazzinato una stupidaggine del genere per una simile occasione. Si sentì lusingata. Sul suo volto affiorò un sorriso. “Sì, è vero.”

“Bene,” disse lei, riempiendole una tazza prima di prendere l’altro bricco e versare un po’ di caffè a Ryuuzaki.

L’anziano signore, molto più alto della moglie, servì loro le paste, poggiando diversi piatti di fronte a Ryuuzaki e un solo dolcetto davanti a Misa. Senza una parola, sorrise e fece un inchino prima di tenere la porta a sua moglie e lasciarli soli. Lei li guardò piena di malinconia. Sembravano una coppia felice. Chissà se i suoi genitori avrebbero potuto invecchiare così. Chissà se lei ci sarebbe riuscita.

Ryuuzaki, d’altra parte, non prestò loro alcuna attenzione mentre ingurgitava ansiosamente la prima forchettata di una torta al cioccolato. Non poteva non provare una vaga invidia del suo stomaco apparentemente senza fondo. A furia di stare con lui aveva anche imparato che mangiava in modo diverso una cosa qualunque da un dolce fatto in casa. Gradiva molto le cose preparate con cura, sorrideva sempre un po’ quando ne assaggiava.

Curiosa, non riuscì a non chiedere, “Sono buoni come quelli di Misa?”

Lui fermò momentaneamente le mascelle, e Misa riuscì praticamente a vedere gli ingranaggi del suo cervello che si mettevano in moto. Solitamente, Ryuuzaki snocciolava in tutta tranquillità la verità senza pensare alle conseguenze che questa avrebbe potuto avere sull’umore dell’idol. Questa volta però una risposta sbagliata avrebbe anche potuto significare la fine dei dolci che cucinava per lui. Chiaramente, per una volta c’era bisogno del tatto. “Misa-san cucina cose diverse da quelle che ordino qui,” rispose, circospetto. “Ma mi piace molto la tua cucina. Mi calza alla perfezione.”

Lei strinse le labbra. Beh, grazie tante, i dolci erano l’unica cosa che sapesse fare. Per il momento decise comunque di non approfondire il discorso. Con un’occhiata alla glassa rosa della propria pastina, si chiese ad alta voce, “Secondo Ryuuzaki-san questo è il nostro primo appuntamento?”

“Hmmm?” mormorò lui, senza mostrare alcuno shock.

“Misa ci sta pensando da quando le hai chiesto di uscire.” Alzò il pasticcino per ispezionarlo meglio. Era cosparso da codette rosse traslucide, e aveva un profumo invitante. Forse un morsettino… “Sul momento ho pensato che questo sarebbe stato il nostro primo appuntamento, ma poi mi sono resa conto che è molto tempo che ci vediamo. Anche se le visite di Ryuuzaki-san sono irregolari.”

“Lavoro,” borbottò la sua solita scusa tra i bocconi di una torta alle fragole.

“Quindi Misa ha deciso che questo non è affatto il nostro primo appuntamento. E neanche il secondo. Anzi, ho proprio perso il conto di quale dovrebbe essere. È solo la prima volta che mi porti fuori.” Con un sospiro esagerato, allungò la lingua e saggiò un po’ di glassa. Era deliziosa quanto l’odore. “Certo che Ryuuzaki-san è davvero frustrante come fidanzato.”

Con quell’ultima parola riuscì quasi a farlo strozzare col pezzo di torta al formaggio che si era appena ficcato in bocca. La ragazza osservò la scena con gli occhi nascosti dalle ciglia appena dischiuse mentre lui cercava di afferrare la tazza di caffè con più nonchalance possibile per berne un lungo, lungo sorso.

Misa staccò un morso di prova al dolce. Beh, adesso si era guadagnata la sua piena attenzione, no? “Qualcosa non va, Ryuuzaki-san?” domandò, fingendo innocenza. “Non è buona la torta al formaggio? Se vuoi Misa te ne preparerà una per la prossima volta che vieni.”

“No, no.” Lui scosse la testa, ricomponendosi molto rapidamente. “Anzi, è molto buona. Dovresti provarne un po’.”

“No, grazie. A Misa basta il suo pasticcino.” Per dimostrarlo, addentò un altro pezzetto. “Comunque sono molto contenta che siamo finalmente usciti. È bello sapere che Misa è abbastanza importante da far fare a Ryuuzaki-san una cosa che normalmente non farebbe.”

“Beh, Misa-san è molto importante,” ribatté sbrigativo, tornando alla sua varietà di torte.

Il complimento inaspettato le provocò un tuffo al cuore, e il suo sorriso divenne improvvisamente raggiante. “Questa è la cosa più carina che tu mi abbia mai detto.”

“Davvero?” chiese lui, scettico. “Credo di averti detto cose più lusinghiere in passato.”

“Tantissime persone dicono a Misa-Misa che è carina, ma sono Ryuuzaki-san l’ha chiamata importante.”

Se anche la cosa l’avesse colpito pure solo marginalmente, non lo diede a vedere, e continuò invece a trangugiare quello che aveva ordinato. Rendendosi conto che lui voleva troncare la conversazione e che insistendo sull’argomento avrebbe fatto a pezzi il proprio buon umore, lei decise di finire il suo dolcetto. Doveva ammettere che erano mesi che non mangiava una cosa così buona.

Malgrado la sua improvvisa riluttanza a parlare, l’atteggiamento di Misa si risollevò in maniera notevole. I suoi dubbi cominciarono a dissiparsi nella calda atmosfera della stanza in cui si trovavano. Sì, Ryuuzaki ancora non le diceva la verità su chi era, ma questo non significava necessariamente che non si fidasse di lei. Magari la stava proteggendo. Dicendole la verità avrebbe messo in pericolo la sua vita, e lui non voleva che accadesse. Suvvia, l’aveva chiamata importante. E tutti proteggono le persone che considerano speciali. Era quello che tentava di fare con lui da sempre. Era logico che lui facesse lo stesso.

Quando uscirono dalla pasticceria poco dopo, Ryuuzaki si ricordò di aiutarla a entrare nella limousine parcheggiata. Soffocò un sorriso quando vide i suoi occhi sfrecciare verso il finestrino anteriore. Il viaggio di ritorno fu più silenzioso di quanto aveva sperato, e decise di cambiare la situazione mentre lui l’accompagnava alla porta.

“Misa oggi si è divertita veramente tanto,” gli svelò, infilando la chiave nella toppa. “Forse potremmo rifarlo? Presto, forse?”

“Forse,” le fece eco, ma il suo tono non sembrava sincero e le fece capire che i suoi progetti non si erano spinti tanto lontano. Con Ryuuzaki non c’erano mai certezze.

“Beh, io spero di sì. Perché mi è piaciuto molto.” Guardò la porta, tamburellandoci sopra, sovrappensiero, prima di rigirarsi di scatto verso Ryuuzaki. “E poi Misa ha preso una decisione.”

Lui drizzò la testa, curioso. “Davvero? Che genere di decisione?”

“Che visto che questo non è il nostro primo appuntamento, allora va bene.”

Lui aggrottò la fronte. “Temo di non capire.”

Per tutta risposta, lei gli strinse le manine sulla maglia e le diede uno strattone. Quel movimento riuscì a piegare verso il basso l’uomo già curvo di per sé quel che bastava perché Misa potesse sollevare la propria figura minuta in punta di piedi e posare la bocca sulla sua. Era leggero come una piuma, quel bacio improvvisato, ma percepì lo stesso il suo calore, il sapore dello zucchero sulle labbra screpolate. Represse l’impulso di leccarglielo via. Un passo alla volta.

Quando finalmente si allontanò, Misa aspettò. Aspettò lo sguardo sconvolto, aspettò che si ritraesse. Un qualche avviso che le facesse capire di aver superato la linea invisibile che per Ryuuzaki ancora esisteva tra loro due. Ma lui non si mosse di un millimetro, e il suo viso era assolutamente indecifrabile, a differenza dell’ultima volta, quando gli aveva dato il bacio sulla guancia. Al massimo sembrava quasi che stesse aspettando che lo baciasse ancora, e a lei non piaceva deludere le aspettative di nessuno, soprattutto quando era fin troppo felice di compiacerle.

Quando però gli si riavvicinò, lui parve riemergere dal vortice di pensieri in cui era sprofondato. Indietreggiò, infilandosi le mani in tasca. “Buonanotte, Misa-san,” mormorò, senza guardarla veramente, prima di voltarle le spalle e andarsene via per il corridoio.

Lei s’imbronciò un po’, ma poi sorrise di nuovo quando entrò nell’appartamento. Era l’inizio di una cosa nuova ed elettrizzante. Un ottimo, grandissimo inizio. Era talmente felice che sentiva formicolii per tutto il corpo. Non vedeva l’ora di raccontare la sua giornata a Rem. Anche se sapeva che la shinigami non nutriva il minimo interesse per le relazioni sentimentali fra esseri umani, e ancora meno la relazione fra lei e Ryuuzaki (che le era antipatico solo un po’ meno di Light), l’avrebbe comunque ascoltata per farle piacere. Poteva avere un aspetto spaventoso, ma era straordinariamente leale e gentile, a modo suo.

Mentre si toglieva le scarpe, la sentì scivolare nella stanza. Alzò la testa per salutarla vivacemente, ma le parole le si conficcarono in gola quando la shinigami la interruppe, dicendole qualcosa che le gelò di colpo il sangue nelle vene.

“Misa, zitta. Ci sono telecamere dappertutto.”



NdT (youffie): AH! AHAHAHAHAHAHAH! XDDDDD Povera ragazza, era tutta inserita. *patpatta* (Ma poi dovete vedere le ramificazioni di questa cosa XDDD)
Comunque sia, essendo io un’idiota, inauguro oggi l’angolo delle curiosità di Rewrite! Urrà! :D

Angolo delle curiosità inutili di Rewrite

Il primo capitolo della storia è stato pubblicato il 29 ottobre 2006, perciò il mese prossimo Rewrite compirà quattro anni tondi. La versione originale conta oltre milleseicento recensioni! xD Quando ho cominciato a tradurla credo fossero ‘solo’ un migliaio.
Con le nostre (ovvero le vostre <3), mettendo da parte il fatto che a noi mancano diversi capitoli per metterci in pari con l’originale, la storia supera le millesettecento. Non male, eh? :D

Fine dell’angolo delle curiosità inutili di Rewrite

Aspettate con ansia il prossimo angolo delle curiosità inutili di Rewrite! *viene trucidata*

Ah, allo scorso capitolo avevo detto che avrei aggiornato a settembre perché pensavo (non chiedetemi perché) che fosse il primo di agosto, non il trentuno di luglio, e quando mi sono resa conto dell’errore leggendo una delle recensioni mi è parso brutto cancellare il capitolo. Sì, sono un’idiota. Faceva caldo. Scusate. *annuisce*

Ultima cosa: non che freghi a qualcuno, ma Misa sta mangiando un cupcake. Che io sappia non esiste una traduzione italiana diretta, e “pasticcino” è un po’ generico, ma non sembrano deliziosi? ;o;
Ciao :3

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Capitolo 22
*** Overflow ***


Rewrite




Theme 27: Overflow ~ Straripamento

Al quartier generale della squadra investigativa giapponese, la prima notte di sorveglianza della casa di Amane Misa non mostrò altro che una minuta modella che mangiava insalata e beveva tè per cena, amava canticchiare a bocca chiusa fra sé e sé di tanto in tanto, e andava diligentemente a letto alle dieci e mezza.

Non mostrò l’imponente shinigami bianca che la seguiva costantemente, spiegandole cos’era accaduto nel suo appartamento durante l’appuntamento strategico con Ryuuzaki.

Non rilevò la voce di Rem che da ogni parola lasciava trasudare veleno e disgusto, tanto per il detective conosciuto come L quanto per i suoi scagnozzi che avevano fatto irruzione in casa come criminali qualunque.

Le raccontò di come avevano installato almeno due telecamere in ogni stanza, e persino una in bagno. Misa trattenne a stento un brivido di repulsione, e non si sentì affatto sollevata quando Rem osservò che era stata messa vicino alla porta, e che la tendina della doccia l’avrebbe quasi certamente coperta durante le docce. Dopotutto la sua era solo un’ipotesi, e il resto che avrebbe fatto lì dentro sarebbe stato ampiamente visibile.

Riuscì comunque a non farsi prendere dal panico, concentrandosi piuttosto su quello che le veniva detto. La shinigami di solito lasciava le decisioni a Misa, ma vista la postura rigida che aveva assunto quando aveva nominato le telecamere, per questa volta avrebbe preso lei il controllo. Non le avrebbe permesso un solo attimo di paura per regalare così a L l’opportunità di incriminarla di qualcosa, perché era sicura che questo avrebbe fatto se avesse mai avuto il sospetto che la ragazza sapesse più di quanto non avesse già supposto lui. Non le importava quello che Misa pensava o provava per lui; per quanto la riguardava, il detective si era appena arrampicato sul piolo più alto della sua personale scaletta di antipatia, spartendo saldamente il posto con Yagami Light.

Le aveva quindi intimato con calma di seguire la sua normale routine, qualunque essa fosse. Di non abbandonare le sue abitudini, perché ormai L le conosceva almeno a grandi linee e si sarebbe accorto se qualcosa non quadrava. Non potendo più comunicare liberamente, le suggerì di rispondere alle domande semplici che avrebbe potuto porle canticchiando: note acute per indicare un ‘sì’, note gravi per i ‘no’.

Era un sistema semplice, benché un po’ frustrante, ma per il momento se lo fecero bastare.

Misa seguì le sue istruzioni alla lettera, come una bambina ubbidiente. Come se a una manciata di metri dalla sua testa non stesse succedendo nulla di orribile e perverso. E, solo per un po’ di tempo, scivolò in una strana zona grigia di dominato nervosismo. Ma quando si avvicinò l’ora di prepararsi per andare a letto, le divenne difficile respirare al mero pensiero di doversi spogliare. Fu solo grazie al tono tranquillizzante di Rem che non ebbe una crisi isterica. La shinigami aveva ragione; non poteva concedersi comportamenti strani. Avrebbe pensato in seguito a cosa fare. Finché era a casa (che ora somigliava più a una prigione), aveva una parte da recitare. E Misa-Misa era un’indubbia attrice naturale.

Quasi si sorprese della flemma con cui si mosse per la stanza e indossò il pigiama. Però sperava segretamente che chiunque la stesse guardando perdesse la vista nel prossimo futuro, anche se era Ryuuzaki. Anzi, rettificò, soprattutto se era Ryuuzaki. Almeno i suoi lacchè si stavano solo attenendo agli ordini.



Come c’era da aspettarsi, il sonno non sopraggiunse con facilità. Rimase sveglia per buona parte della notte, rannicchiata sotto le coperte ad aspettare con terrore la mattina, quando avrebbe dovuto fare cose che adesso richiedevano una mancanza di pudore che non aveva mai posseduto. Altre idol forse non avevano problemi a fare servizi fotografici in lingerie (e anche meno), ma sebbene lei di tanto in tanto ci scherzasse, il suo senso del gusto le impediva di andare oltre. E adesso doveva usare il bagno mentre una telecamera la spiava? Nessuno le garantiva che uno dei sottoposti di L non avrebbe venduto una registrazione al migliore offerente. Le star famose non precipitavano nella feccia dei tabloid per cose come questa?

A dispetto della sua riluttanza, la sveglia suonò all’ora esatta, e Misa si obbligò a fingersi ignara di tutto. Sperò che i pervertiti che la stavano guardando apprezzassero lo spettacolo di lei che faceva colazione, portava dentro il giornale (che comprava solo per gli articoli su Kira), e la sua mirabolante entrata nel bagno (in realtà molto più simile a un lento strascicare), che comprendeva innanzitutto l’apertura del getto d’acqua nel tentativo di appannare la telecamera. Non sapeva se fosse servito a qualcosa – L avrebbe mai potuto trascurare dettagli come le lenti che si offuscano in un bagno? – ma la fece sentire meglio.

Era ironico, ma ormai si sentiva al riparo solo quando usciva. Era una boccata d’aria fresca figurata e letterale. Non esitò a tirare fuori il telefono per informare Rem.

“Misa non è mai stata tanto arrabbiata in vita sua!” sibilò nel ricevitore, come se ci fosse davvero qualcuno dall’altra parte. “M-mi sento… Ryuuzaki-san è uno schifoso pervertito!”

Per una volta, la sua affermazione era priva del solito tono canzonatorio. Tremava veramente di rabbia. Rem ebbe bisogno di tutta la sua forza per non trascrivere seduta stante il nome di L sul quaderno. Perché, se da una parte l’avrebbe fatta sentire cento volte meglio, una volta che la furia di Misa si fosse dissipata (e si sarebbe dissipata, perché l’amore umano era strano e capace di perdonare questo e altro), sarebbe stata affranta dalla sua morte.

Con un sospiro a denti stretti, provò un’altra tattica. Dopotutto, il dio della morte poteva ancora rigirare la situazione a suo vantaggio. Era spudoratamente votata alla protezione di Misa fino all’amara fine; se lungo il tragitto le capitava di travolgere un paio di esseri umani di sesso maschile, beh, poco ci poteva fare.

“Sai, Misa,” iniziò con circospezione, “L deve aver piazzato le telecamere per via del tuo rapporto appena nato con Yagami Light.”

Lei si imbronciò. “E perché?”

“Pensaci, Misa. L’hai visto al campus con quel Yagami. Lui è L, e tu continui a ripetermi che è il detective più brillante del mondo. Di sicuro nutre, come minimo, dei sospetti su di lui. E se L sospetta di lui, non sarebbe normale pensare che lo abbia fatto pedinare quando possibile?”

Rem aveva omesso con cura un particolare: durante le varie volte che aveva seguito L, aveva ascoltato con molta attenzione tutte le sue conversazioni con la squadra investigativa. Yagami Light non era soltanto il primo sospettato della lista, era l’unico sospettato, per quanto riguardava L. Ma non c’era bisogno di aggiungere l’ennesimo fardello alle spalle della ragazza.

“Beh, sì. Ma Misa si è messa il travestimento tutte le volte che è uscita con Light!”

“E tu davvero credi che L non ti riconoscerebbe dopo tutto questo tempo?”

La bocca dell’idol si aprì per un secondo per protestare, prima di richiudersi in una smorfia. Sembrava un po’ abbattuta dalla scoperta. Non poteva biasimarla; Misa andava molto fiera del suo alter ego.

“Ma allora, se Ryuuzaki-san crede di poter usare Misa per arrivare a Light,” Arricciò il naso, disgustata. “perché mettere le telecamere in casa di Misa?”

“Come altro potrebbero riuscire a spiare tutti e due?”

“Ma io non ho mai…” Divenne di colpo rossa come un pomodoro. “Io non inviterei mai Light a casa mia da un giorno all’altro! Misa non è una di quelle ragazze lì!”

“L viene in continuazione.”

Lei dimenò un po’ le mani, agitata. “È diverso! Ryuuzaki-san è diverso. A volte Misa manco lo sa cos’è Ryuuzaki-san.” sospirò.

“Io so è esattamente cos’è. È una fonte di guai.”



Come il dio della morte apprese con un certo piacere, la rabbia di Misa nei confronti del detective non sfumò nemmeno dopo due settimane di sorveglianza ‘segreta’ ventiquattr’ore su ventiquattro. Quando era a casa, Misa era abitudinaria al punto di essere monotona, eccetto quando chiacchierava al telefono con la sorella. Mamori riusciva sempre ad animarla, e in quelle occasioni girava per casa parlando, ridacchiando e strepitando, a seconda del suo stato d’animo. Rem la ringraziava in silenzio per lo sprone emotivo che lei non sembrava capace di offrirle. Doveva essere un’altra di quelle cose umane – una cosa di famiglia – che lei semplicemente non avrebbe mai compreso.

L’unica cosa che Misa iniziò a fare, e che prima delle telecamere non era una priorità inderogabile, fu la scrupolosa pulizia dell’appartamento da cima a fondo. Spolverava, passava il mocio e l’aspirapolvere, e ripeteva il tutto se necessario. Non che pulire fosse un male, e almeno si teneva occupata, ma la shinigami era perplessa. Misa non era mai stata ossessionata dal desiderio che ogni cosa fosse immacolata.

La ragazza concentrò la sua furia nei confronti di Ryuuzaki nei servizi fotografici e in una pubblicità che girò, tramutandola con facilità in sorrisi leziosi e in ciglia allungate che sbattevano perfettamente a tempo. Dal punto di vista professionale, Misa era perfetta tanto da fare invidia. Era desiderata da ogni fotografo e casa discografica per i suoi ormai rinomati servizi e riprese impeccabili. Era impressionante come si accendesse e spegnesse come una lampadina. Per Rem era anche un po’ preoccupante.

Fu poco dopo un servizio particolarmente lungo ed estenuante che l’idol si ritrovò a fare una sosta nel piccolo parco lì vicino invece di chiamare un taxi per tornare a casa. Mancava ancora un po’ al tramonto, e più stava lontana dal suo appartamento meglio era. Il cielo era un infausto manto grigio, ma in un certo senso era grata della minaccia di pioggia. C’erano meno persone all’aperto e quindi non si era presa il disturbo di travestirsi. A questo punto le sembrava inutile.

Rem l’avrebbe probabilmente rimproverata, dicendole di andare a casa. Di rispettare i suoi orari per non destare sospetti. Ma Rem oggi doveva controllare Ryuuzaki (o così aveva detto), e Misa non vedeva come una pausa al parco da sola sarebbe parso strambo o pericoloso. Cos’era il peggio che poteva fare lì dentro? Buttare le cartacce a terra?

I suoi occhi vagarono fino alla fontana di fronte a lei. Ci nuotavano un paio di oche, che si crogiolavano allegramente nell’umido pomeriggio estivo. Si sentiva un po’ in colpa a non avere nulla da dar loro da mangiare. Con sua madre aveva preso l’abitudine di portare sempre tutto il pane raffermo che avevano in casa ogni volta che andavano al parco. Passavano tanto di quel tempo a dar loro da mangiare che suo padre doveva trascinarle via quasi letteralmente per fare altro. L’avrebbe delusa. Tirò su col naso. Sua madre sarebbe stata delusa per molte ragioni.

Il peso della panchina su cui era seduta si spostò, e alzò di scatto la testa per lo stupore. Non ricordava di aver mai visto la persona che si era accomodata accanto a lei. Era un uomo anziano, benché in forma per la sua età, in giacca e cravatta. Con quei capelli e baffi grigi, l’ombrello da golf che usava per far riposare le mani e la piccola bombetta immacolata, somigliava molto a uno di quei maggiordomi che si vedevano in quei vecchi film hollywoodiani che aveva guardato per cercare di imparare l’inglese.

“Mi perdoni,” esordì, con una dizione talmente perfetta che di certo il giapponese non era la sua lingua madre. “Non le dispiace se mi siedo qui, vero?”

Lei scosse la testa, sforzandosi di sorridere. “No, certo che no!”

Lui ricambiò il sorriso. “Grazie.” E poi portò la sua attenzione alle oche.

Misa diede una rapida occhiata al nome che gli galleggiava sulla testa. Se la formalità e i lineamenti europei non tradivano il suo status di straniero, un’occhiata al suo nome strano scritto in lettere latine toglieva ogni dubbio. Era abbastanza sicura di riuscire a pronunciare il cognome, ma il nome di battesimo la lasciava completamente sconcertata. A volte le veniva da chiedersi se le persone si fermassero mai a riflettere prima di dare un nome ai propri figli. O forse ci riflettevano troppo.

Il signore infilò poi una mano in tasca, estraendo una busta di carta di cui srotolò la parte superiore. Per un attimo ci immerse una mano dentro, poi la tirò fuori e la scagliò in avanti, schiudendo le dita e permettendo ai crostini che aveva preso di sparpagliarsi a pochi metri di distanza.

Fu come un colpo di pistola.

Le oche della fontana, in una corsa disperata di piume e starnazzii, si erano riunite davanti a loro, e ciascuna faceva del suo meglio per mangiare il più possibile. Amabilmente, l’uomo offrì loro un’altra manciata, che loro si disputarono con la stessa avidità.

“Che creaturine ingorde,” commentò lui, con una risata sommessa.

Misa osservò i volatili con un sorriso malinconico. Era bello assistere a qualcosa che le provocasse sensazioni di premurosa nostalgia, smorzando l’ormai solita preoccupazione per il futuro.

Lui notò la sua espressione e le tese la busta. “Le piacerebbe unirsi a me?” chiese, gentilmente.

“Oh! Posso?” rispose con un rapido sguardo al sacchetto di croste di pane.

Le donò un sorriso amichevole. “Ma certo.”

Lei racimolò una piccola porzione e la lanciò, ridacchiando quando le oche si misero a sbattere le ali e a schiamazzare tutte eccitate.

“È un parco veramente squisito. Sarebbe stato bello se lo avessi trovato prima.”

“È in vacanza?”

“In un certo senso sì. Ma sostanzialmente sono qui per affari.”

Lei storse il naso. “Non sembra una vacanza molto divertente.”

Lui rise. “Suppongo di no.”

“A Misa piacerebbe andare in vacanza tra un po’. In un posto tanto lontano dal suo lavoro, dove la sua manager non potrà chiamarla e romperle le scatole.” confessò. Dubitava che questo straniero la conoscesse, perciò non sentiva il bisogno di essere prudente su quello che diceva a proposito del suo status di idol. “In un posto romantico.”

“Mi sembra una buona idea.”

“Sì, ma non succederà.”

“Perché no?”

La ragazza emise un sospiro melodrammatico. “Perché io ho un… fidanzato… veramente cretino.” La sua voce vacillò appena; voleva ancora riferirsi a Ryuuzaki in questi termini?

L’anziano signore inarcò un sopracciglio cespuglioso. “Cretino, dice?”

“Cretinissimo!” Accentuò la sua esclamazione annuendo ripetutamente. La sua frustrazione tornò, vendicativa, trovando finalmente uno sfogo tremendamente necessario in quello sfortunato estraneo. “Dice e fa continuamente idiozie! Si siede da schifo, mangia che non ne parliamo. Si mette gli stessi esatti vestiti ogni giorno, e non credo che si sia mai spazzolato i capelli in vita sua. Non dorme mai, fa commenti pervertiti. Deve sempre avere ragione lui, a qualunque costo. Ha sempre tanto lavoro da fare tutto il tempo. E intendo proprio tutto il tempo! Penso che non ci sia un singolo momento della giornata in cui non lavori, neanche quando è con me. Insomma, siamo usciti insieme soltanto una volta! E dopo l’appuntamento, lui…” Qui rallentò un po’, presentendo che la conversazione avrebbe preso una piega imbarazzante se avesse detto che Ryuuzaki le aveva installato delle telecamere in casa. “… lui non mi ha più chiamato. Sono passate due settimane, e lui non mi ha chiamato neanche una volta.”

“… Oh.”

Continuò, tornando a farneticare a vele spiegate: “Che razza di fidanzato si comporta così? Un fidanzato cretino! Un fidanzato molto, molto cretino! Misa è stata molto buona con lui. Molto devota. Ha fatto tanto per lui. E avrebbe potuto uscire con ragazzi di gran lunga più belli. Ragazzi che l’avrebbero portata in centinaia di ristoranti di lusso e le avrebbero comprato svariati regalini costosi. E che non l’avrebbero mai svegliata nel cuore della notte per parlare solo perché si annoiavano!
“Ma Misa è rimasta con Ryuuzaki-san perché lui era quello che le piaceva di più. Perché era quello che la rendeva più felice di tutti. E Misa vorrebbe soltanto… Io vorrei soltanto…” La sua voce s’incrinò.

Voleva tante cose. Voleva che Light non finisse mai in prigione, e restasse il suo eroe sfavillante per sempre. Voleva che Ryuuzaki non fosse L. Voleva che sua sorella fosse lì in quel preciso istante per poterla abbracciare e non doversi sentire tanto stupida perché piangeva di fronte a uno sconosciuto. Ma soprattutto, voleva…

“Vorrei solo che lui si fidasse di me,” mormorò, asciugandosi furiosamente il viso improvvisamente bagnato. “Perché non si fida di me? Perché? Io ci tengo così tanto, e-”

Sobbalzò leggermente quando sentì del cotone posarsi sul suo viso, aprendo tremolante gli occhi.

Sbatté le palpebre un paio di volte per schiarirsi gli occhi velati, e scoprì sbigottita che l’uomo anziano le stava tamponando le guance con un fazzoletto dall’aspetto delicato.

“Su, su,” ammonì con un vago cipiglio. “Le belle signorine non dovrebbero mai avere un motivo per piangere.”

Lei abbassò gli occhi, mortificata. “Deve scusarmi. Non avrei dovuto dire tutte quelle cose.”

“Non c’è alcun problema,” le assicurò, porgendole il fazzoletto. “Prenda. Si asciughi il viso.”

Misa accettò la proposta, pulendosi la faccia. “Grazie.”

“A volte è bello lasciarsi andare, hm? È bene farlo, se ci pensa un attimo. Se si trattiene dentro quello che si prova per troppo tempo, o si esplode o ci si dimentica completamente cosa sono i sentimenti. Pertanto,” disse, dandole un buffetto sulla testa, “non si preoccupi di nulla.”

Lei sorrise. Gli piaceva quest’uomo con i modi da nonno. Più persone avrebbero dovuto essere gentili quanto lui.

Una goccia d’acqua le cadde sulla guancia, e se la pulì, corrugando la fronte. Non credeva di star ancora piangendo. Ma poi un’altra goccia la sfiorò. E un’altra, sulla fronte, e così via fino a quando non le fu chiaro che a piangere era il cielo, e non lei.

“Oh, no!” Balzò in piedi, spaventando le oche sparse con il movimento repentino. Non sarebbe mai riuscita ad arrivare alla stazione senza inzupparsi tutta.

Anche il signore si alzò, aprendo l’ombrello con la tranquillità di un esperto, tenendolo su di loro. “Eccoci qui. Così va meglio.”

“La ringrazio veramente tanto, ma Misa ora deve correre a prendere il treno.”

“Davvero? Beh, allora dovrebbe prendere il mio ombrello.” asserì con un sorriso.

Lei sgranò gli occhi e arrossì appena, agitando le braccia di fronte a sé come una forsennata. “Non potrei mai! Lei si bagnerebbe da capo a piedi!”

“Mi è capitato di peggio, glielo assicuro.” C’era una scintilla divertita nei suoi occhi.

Lei scosse il capo. “No, davvero. È colpa mia se non mi sono portata l’ombrello.”

“Beh, se proprio insiste, allora insisto io ad accompagnarla al suo treno.”

Lei sbatté le ciglia. “Eh?”

“Venga,” Le sorrise, prendendola a braccetto con grazia e guidandola con gentilezza. “Non deve far tardi.”

Era talmente esterrefatta dalle sue maniere genuinamente cavalleresche, che non riuscì a formulare un’argomentazione valida per fermarlo. A dire la verità, non se la sentiva tanto di camminare da sola fino alla stazione, all’imbrunire, soprattutto ora che Rem non c’era. Avere quell’anziano signore al suo fianco la faceva sentire protetta.

Quando arrivarono, il tabellone li avvertì che mancavano cinque minuti all’arrivo del treno di Misa. Si voltò verso di lui e gli mostrò un sorriso da mille watt, sincero come non ne faceva da settimane.

“Grazie. È stato molto dolce con Misa anche quando non ce ne sarebbe stato bisogno.”

“È stato un piacere. Un gentiluomo non dovrebbe mai lasciare una signora sotto la pioggia.”

“Hmm.” Era pronta a scommettere che Ryuuzaki l’avrebbe fatto, se le circostanze l’avessero permesso.

“Hm, signorina,” iniziò un po’ esitante. “Posso darle un piccolo consiglio?”

Fece spallucce. “Certo.”

Lui accennò un sorriso, prima di parlare in tono pragmatico. “Mi perdoni se sono fuori luogo, ma questo suo… fidanzato, sì? Tiene davvero a lui?”

Venne colta alla sprovvista dalla domanda, e fu probabilmente per questo che rispose con tanta schiettezza. “Beh, sì. Misa ci tiene veramente tanto.”

Il signore si tamburellò il mento per un istante, in un modo che le ricordò proprio Ryuuzaki. “Se questo è il caso, non crede che ci sia un motivo?”

Misa piegò di lato la testa, confusa. “Scusi?”

“Vede, ho come l’impressione che se riesce a elencare tutti questi difetti, ma prova comunque un sentimento così forte, deve aver visto qualcosa in lui che compensa tutto il resto.”

Lei si corrucciò. Francamente, non sapeva neanche più perché i suoi sentimenti fossero questi. Ogni volta che credeva che Ryuuzaki stesse facendo qualcosa per affetto, usciva fuori l’amara verità pronta a ridere della sua stupidità. Stava cominciando a pensare che da parte sua non ci fosse nulla di vero nella loro relazione. Eppure non riusciva a non sperare di sbagliarsi, per quante volte venisse smentita.

“Certi uomini hanno un po’ più strati di altri,” gli bisbigliò lui, con fare cospiratorio. “Ma si aprono anche loro, prima o poi.”

“Misa non crede che lui si aprirà mai.” ammise solennemente.

Lui aggrottò tristemente la fronte. “Forse. Però,” Sollevò un dito, il sorriso rifiorito. “Ho l’ottimo presentimento che la chiamerà presto.”

Lei rise. “Magari.”

Il treno arrivò in quel momento, e lui la scortò fino alle porte.

“Ah! Prima che vada.” Con un gesto un po’ teatrale, l’uomo si tolse il cappello e lo mise sulla testa della ragazza. Le stava un po’ grande, e le scivolò oltre le code di cavallo, fermandosi appena sopra gli occhi. “Ecco.”

Istintivamente, lei si afferrò il cappello. “Ma-”

“Lo lasci lì, signorina,” disse con imperiosità paterna. “Se non vuole tornare a casa col mio ombrello, almeno si tenga il cappello che le riparerà un po’ la testa.”

Le sue labbra si aprirono in un ampio sorriso, lentamente. “Sa una cosa? Misa pensa che sarà una persona molto fortunata se il suo fidanzato diventerà dolce la metà di lei.”

Lui arrossì lievemente. “Personalmente, credo che il fortunato sia lui.”



Quella notte, la squadra investigativa giapponese guardò Amane Misa ripetere il rituale di pulizia di ogni angolo e anfratto del suo appartamento, sebbene con maggiore vivacità rispetto al solito. L’unica cosa apparentemente fuori posto era la bombetta che doveva essersi comprata nell’arco della giornata. Ma se alla maggior parte della squadra parve un particolare piuttosto incomprensibile, per L era la risposta a una domanda che aveva posto a Watari quando l’aveva visto in serata nel suo ufficio.

Fu anche l’ultima notte che a Watari venne assegnato il compito di pedinare Misa quando usciva dall’appartamento.

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Capitolo 23
*** Wada Calcium CD3 ***


Rewrite




Theme 28: Wada Calcium CD3 ~ Le Wada Calcium CD3

A volte, il mondo si muove. Non nel senso scientifico, ma in quello metafisico. Come se l’aura delle persone e degli oggetti mutasse colore, sfumatura. Un cambiamento talmente sottile che solo un occhio allenato potrebbe notare la differenza, e preoccuparsene.

Rem aveva un occhio molto allenato. Perciò, quando Misa ricevette una telefonata da Light che la invitava al cinema e a fare due passi dopo il film, la shinigami avvertì la Terra spostarsi di pochi millimetri dal proprio asse. Vide lo spazio rosso sangue attorno alla ragazza scurirsi impercettibilmente. E allora capì.

Le circostanze stavano per cambiare drasticamente.



Misa si risistemò la bombetta sulla parrucca perché le scivolava un po’ troppo in avanti, bloccandole la vista. Si era rapidamente e spudoratamente affezionata a quel cappello, e sebbene Misa-Misa non potesse fare un’uscita pubblica con indosso una cosa simile, per Hikari non c’erano problemi.

Anche se, con suo gran rammarico, Light le era parso spaesato e scontento di vederlo. Almeno non le aveva fatto domande in merito.

Con imbarazzo ancora maggiore, scoprì che il film scelto da lui era un’opera piuttosto intellettuale e introspettiva, che andava molto al di là delle sue capacità. Immaginava che avrebbe potuto capirlo se avesse voluto – beh, forse – ma era così noioso. Troppi dialoghi, zero azione, e neanche un attore carino a distrarla dal letargo ingrato in cui minacciava di trascinarla il film.

Light lo aveva classificato come geniale non appena avevano lasciato la sala. Misa aveva concordato con zelo.

E Rem, che aveva obbedientemente seguito la coppia, aveva trovato l’intera scena ridicola. L’intrattenimento umano era solitamente di gran lunga superiore a uno qualunque dei modi in cui gli shinigami sperperavano il proprio tempo con i giochi d’azzardo e gli omicidi, ma non era riuscita a godersi la serata. Era impossibile quando era costretta a controllarsi per non impugnare la penna che usava per il Death Note, trasformarla in un pugnale improvvisato e accoltellare quel Yagami ogni volta che allungava la mano per toccare quella di Misa. Praticamente soffocava dalla rabbia quando osava cingerle le spalle con il braccio.

Naturalmente, Ryuuk aveva trovato esilaranti le loro tribolazioni.

Di solito, le loro chiacchierate ruotavano attorno a lei e alla sua carriera. Misa ne era lieta, perché significava che non si sarebbero mai avventurati in un territorio che non poteva comprendere, come temeva fossero gli argomenti che interessavano a Light. Non si era mai considerata una persona stupida, ma non aveva neanche mai pensato di essere un genio. Certamente non era intelligente quanto Light, con i suoi lineamenti perfetti, e i modi perfetti, e i voti perfetti. Una vita perfettamente impacchettata. Era opprimente, pur senza volerlo.

Quindi si sentì un po’ a disagio quando Light cominciò a discutere delle lezioni recenti che aveva seguito ai corsi di diritto. Per la maggior parte del tempo, sorrise e annuì, facendo del suo meglio per dirsi d’accordo con lui quando credeva che fosse questo quello che voleva.

“… E poi siamo passati alle giurie, e lì tutta la classe si è scatenata,” sospirò. “È veramente un peccato. Se le giurie venissero usate più spesso, si potrebbero processare più criminali.”

Questa frase riuscì a suscitare l’interesse di Misa, che si sporse verso di lui. “Perché?”

Per un istante, la fissò con un’espressione incredula, come se non riuscisse a credere di doversi spiegare. Ma la sostituì rapidamente con un sorriso, e si strinse nelle spalle. “Perché i processi tenuti soltanto dai giudici sono molto diretti. Se non si ha a che fare con un caso di semplice risoluzione, gli avvocati non ci provano nemmeno ad arrivare al processo. Se non ottengono la condanna ci fanno brutta figura, perciò evitano i casi più intricati. Con una giuria c’è una maggiore possibilità di arrivare a una condanna, e i procuratori sarebbero più propensi ad occuparsi di casi basati su prove indiziarie.”

Lei ricordò i discorsi che aveva fatto Mamori riguardo al caso dei loro genitori. Che non era stata affatto colpa di Ryuuzaki se non si era arrivati al processo; era stato per mancanza di prove schiaccianti. Era a causa del loro sistema giudiziario fallace. Si chiese per un attimo se il vero motivo per cui il loro avvocato non aveva mai cercato di far processare l’assassino dei loro genitori era che semplicemente non voleva esporsi.

“A Misa non piacciono molto gli avvocati,” ammise amaramente. “Codardi.”

“Davvero?” Lui sembrava imbarazzato. “Allora non ti piacerei più se lo diventassi?”

“No, no! A Misa Light continuerebbe a piacere!” fece retromarcia, avvampando. “Saresti un avvocato fantastico! È solo che io… io non ho avuto una grande fortuna con la legge.”

“Sì, ho letto.” disse, con delicatezza. “Mi spiace, Misa. Cose del genere non dovrebbero mai accadere.”

Lei sorrise mestamente, grata della piccola manifestazione di solidarietà. Rem non aveva capito niente di Light. “Tranquillo. È successo un anno fa.” Eppure era ancora freschissimo nella sua mente.

“Però preferirei diventare un detective più che un avvocato. Mi sentirei più realizzato. È una delle ragioni per cui ho scelto la Toh-Oh. Ha una reputazione notevole per il suo dipartimento giuridico.”

“Vuoi davvero tanto seguire le orme di tuo padre, eh?” incalzò, curiosa.

I suoi occhi si illuminarono un po’ di raro ma autentico entusiasmo. “Lui è uno dei motivi per cui ho fatto molte delle cose che ho fatto nella mia vita. La mia fonte di ispirazione, per così dire.”

Fece un largo sorriso. “Ti capisco. Anche i genitori di Misa erano davvero speciali. Credo che a Light sarebbero piaciuti.”

“Ne sono sicuro,” confermò lui. Si guardò attorno per un momento, accorgendosi silenziosamente che non c’erano persone in strada, e si fermò. “Ehi, Misa? Ho una domanda da farti.”

Si voltò verso di lui. “Hm? A me?”

“Sì, ma prima devo sapere una cosa. Una cosa importante.” Il suo volto era serio, le labbra tirate in una linea solenne. “Tu ti fidi di me, giusto?”

Lei rimase a bocca aperta e spalancò gli occhi. “Cosa?”

“Misa, per favore,” Si abbassò verso di lei, afferrandole le braccia e fissandola dritto negli occhi. “Ho bisogno di sapere che ti fidi di me.”

Riuscì a sentire il cuore saltare qualche battito, le gambe tremare sotto il suo peso. Glielo stava chiedendo sul serio? Sperava da lei la stessa cosa che stava ancora aspettando di ricevere da Ryuuzaki? Era abbastanza da commuoverla.

“C-certo, Misa si fida di Light.” annuì, con fervore. “Tantissimo.”

Lui sorrise, chiudendo gli occhi per un attimo. “Bene. Non hai idea di cosa significhi per me, Misa. Era un po’ che volevo dirtelo, ma dovevo esserne sicuro.”

“Volevi sapere se mi fidavo di te?”

“Beh, sì, ma non è questo quello che volevo dire. Vedi, io credo che… forse dovremmo smettere di vederci.”

Il suo cuore si fermò. Non poteva aver sentito bene. “C-che cosa?”

Dietro di lei, Rem li scrutava attentamente, sospettosa. Era fin troppo bello per essere vero.

“Ti prego di capire, non è come credi,” giurò lui, l’espressione seria sempre sul viso. “Non è perché io lo voglia. Mi piace molto stare con te. Ma è troppo pericoloso per te, in questo momento.”

Lei sbatté le ciglia, confusa. “Pericoloso? Come potrebbe essere pericoloso per Misa?”

Light scosse la testa, e indietreggiò un po’. “Non avrei dovuto dirtelo.”

“Per favore, mi spieghi il perché? Perché è troppo pericoloso?”

“No, dimentica che l’ho detto,” liquidò la sua domanda, prima di tentare debolmente di superarla. Lei lo intercettò con facilità. “Mi dispiace, Misa. Non posso-”

“No!” gridò, aggrottando la fronte. La frustrazione riaffiorò, e la stretta sul suo braccio si saldò così tanto che entrambi trasalirono, sorpresi. “Ne ho fin sopra i capelli di gente che mi dice cosa fare. Misa dà la sua fiducia a tutte le persone a cui vuole bene. Sarebbe ora che anche gli altri cominciassero a fidarsi di me.” Lo fissò con sguardo truce, d’accusa. “Per favore, dimmi cosa sta succedendo.”

Lui le restituì un’espressione dura, prima di sospirare e soccombere alla sua richiesta. “Sto solo cercando di proteggerti.”

Rem sbuffò. “Ne dubito.”

Lei inclinò il capo di lato. “Da cosa?”

Gli occhi di Light dardeggiarono avanti e indietro, e quando parve adeguatamente soddisfatto dall’assenza di persone abbastanza vicine da poterli ascoltare, la guardò e sussurrò, “Io lavoro nella squadra investigativa per catturare Kira.”

La voce di Misa si alzò di un’ottava. “Tu cosa?

Lui si affrettò a tapparle la bocca con una mano. “Shh! Non è esattamente una cosa che voglio far sapere a tutti.”

Lentamente, lei annuì, e lui la lasciò andare.

Light continuò. “Sono entrato grazie a mio padre, capisci.”

Gli occhi di Misa si allargarono fino a diventare due circonferenze. “Anche il padre di Light lavora nella squadra?”

Lui, per un attimo, sorrise. “Sì. Ha pensato che avrei potuto dare un prezioso contributo alla squadra, visto che l’ho già aiutato altre volte. Intendiamoci, non è ufficiale, e non vado lì tanto spesso quanto i ‘veri’ membri. Ma resto comunque un bersaglio. E non voglio che tu venga coinvolta più di quanto lo sia già. Perciò, credo che sarebbe meglio se ci separassimo.
“Solo che non sapevo se potevo dirtelo, prima,” confessò, a mo’ di scusa. “Io mi fido di te, Misa. È solo che meno sai, più sarai al sicuro.”

Lei riusciva a sentire le lacrime agli angoli degli occhi. Certo, sapeva che doveva esserci un secondo fine a questo discorso. Era Kira, dopotutto. Se era il bersaglio di qualcuno, quel qualcuno era L. Però Light aveva fatto una cosa che perfino Ryuuzaki non aveva ancora fatto. Le aveva detto la verità – anche se parziale – e le stava dando la possibilità di farne ciò che desiderava.

“Ma, ma questo non conta per Misa. Correrò con piacere i rischi necessari se questo significa poter stare con Light!”

Lui si rabbuiò. “Misa, è ridicolo! Non puoi rischiare la tua vita in modo così frivolo. Non è una decisione che puoi prendere alla leggera.”

Per una volta, Rem era d’accordo con lui. “Misa, ti sta offrendo una via d’uscita. Per favore, non fartela scappare.”

“Sì che posso,” insistette lei, ignorando la sua partner. “Posso prenderla alla leggera, perché per quel che mi riguarda non devo prendere nessuna decisione. Voglio passare del tempo con te, e lo farò.”

Per un istante, lui sembrò sinceramente sorpreso dalla sua ostinata determinazione. Quasi infastidito, ma quell’ombra svanì e lui tornò a guardarla con critica apprensione. “Misa, capisco che tu sia arrabbiata, ma io sto solo facendo ciò che credo sia meglio per te. Voglio dire, ora sto solo dando una mano, ma c’è la possibilità che io diventi un membro permanente della squadra. Se dovesse succedere, non solo sarò un bersaglio molto più a rischio, ma avrò molto meno tempo libero. Ci vedremmo pochissimo.”

“Misa ci è abituata.” sbottò lei.

La ferocia dell’affermazione lo colse di sorpresa. “Come, scusa?”

Lei si morse il labbro inferiore, la mente che correva. Una parte di lei pensava che fosse tutto un po’ troppo facile, in un certo senso, ma per quanto si sforzasse non capiva né come né perché. Come avrebbe potuto sfruttare la sua confessione per usare Misa in un secondo momento? Rem le aveva fatto notare molto tempo prima che Light era a conoscenza del suo legame con L. Non aveva comunque idea di quanto fosse profondo, né aveva indizi per supporre o escludere che lei conoscesse la vera identità di L. Come poteva riuscire a capire se la sua rivelazione era una specie di stratagemma per estorcerle informazioni o no?

Se voleva raggirarla, Misa avrebbe potuto rivoltare la situazione a suo vantaggio. Sapeva adescare un uomo come tutte le donne. Era solo questione di capire quale esca funzionasse meglio. E lei sapeva esattamente ciò che faceva gola a Kira. Se questo era il caso, avrebbe potuto fargli penzolare davanti al naso qualche informazione senza rovinarsi. E, se questa non era altro che un’accorata confessione, allora avrebbe fatto la figura della ragazza ignara di tutto ancora più di prima. Poco ma sicuro, ne sarebbe uscita con il coltello dalla parte del manico.

E così, fece ciò che faceva sempre nelle situazioni che richiedevano mano ferma e sangue freddo: seguì l’impulso e giocò d’azzardo.

“Misa conosce già qualcun altro della squadra investigativa contro Kira,” mormorò.

“Misa!” urlò Rem, sconvolta e atterrita dall’annuncio sconsiderato. “Che stai facendo?”

Un barlume di inconfondibile fuoco balenò negli occhi di Light, gli si mossero leggermente gli angoli della bocca. Riuscì comunque a simulare uno shock convincente. “Che cos’hai detto?”

“Misa conosce qualcuno della squadra,” ripeté, sentendosi fin troppo testarda per rimpiangere la propria dichiarazione. “Ormai ci conosciamo da molto tempo.”

Lui le mostrò una smorfia incredula. “Chi?”

Lei vacillò. Per qualche ragione, dire ad alta voce il suo nome sembrava una cosa da non fare, anche se Light già conosceva la risposta. Forse avrebbe fatto meglio a tacere. “Beh, io…”

Light la interruppe con una risata soffocata, e scosse il capo. “Avrei dovuto immaginarlo. Ci sono quasi cascato.”

“Hm?”

“Misa,” riprese con un sospiro. “Capisco che sei arrabbiata, sul serio, ma non c’è motivo di mentirmi per cercare di farmi cambiare idea.”

“Non sto mentendo!” La sua furia tornò all’improvviso, inarrestabile. “Perché le persone non si fidano di me? Quando dico una cosa, la dico sul serio.”

Lui sbatté le palpebre. “Misa-”

“Ryuuzaki.”

Il volto di Light perse espressione. “Cosa?”

“Il suo nome,” disse lei, sollevando il mento. “Il suo nome è Ryuuzaki.”

“Oh, Misa,” Rem accasciò la testa, sconfitta. “Misa, perché?”

“Ryuuzaki…” La sua voce s’incupì considerevolmente. “Sì, questo spiegherebbe perché eri alla To-Oh quel giorno. Era lì per incontrare Ryuuzaki, vero?”

“Beh, sì,” mentì lei, sentendosi in colpa. Era troppo presto per dirgli la vera ragione.

“Avrei dovuto capirlo. Mi pareva di averti sentito dire il suo nome prima che svenissi,” Si grattò il mento. “Questo spiega tutto. Ma Ryuuzaki non ha mai parlato di te.”

Lei fece una smorfia. Certo, era ovvio, ma faceva comunque male. “Siamo solo amici.” Un’altra bugia, che la ferì un po’ più dell’altra. “Comunque Misa conosce lui, quindi più in pericolo di così non può essere.”

“Sì, me ne rendo conto,” concesse, suo malgrado. “Forse dovrei parlarne con Ryuuzaki.”

“No!” Lo agguantò per un braccio. “Per favore, non dire a Ryuuzaki-san che te l’ho detto. Si arrabbierebbe tanto con Misa.”

“Beh-”

“Per favore, Light! Se mi prometti di non dirglielo, Misa promette di mantenere il segreto di Light.”

Lui la guardò a lungo, severamente, prima di scrollare le spalle, apparentemente battuto. “Okay. Ma se dovessi mai pensare che sei in pericolo, fine dei giochi. Intesi, Misa?”

Lei fece un sorriso radioso, e lo abbracciò con impeto. “Sì, sì. Grazie, Light!”

Tra le sue braccia, si rilassò. Sapeva di aver tirato il dado in maniera piuttosto azzardata questa volta, ma era sicura che la sua posizione non fosse peggiorata.

Rem, tuttavia, aveva un’opinione molto più tetra. Aveva sperato che se Misa avesse semplicemente accettato di non vedersi più, Light ne avrebbe concluso che davvero non sapeva nulla di Ryuuzaki e del suo ruolo nella squadra. Poi l’avrebbe lasciata perdere perché non gli era utile. Ma ora che gli aveva praticamente brandito il suo rapporto con L su un piatto d’argento, la shinigami sapeva che Light non avrebbe avuto più alcuna intenzione di lasciarla andare. E, a giudicare dallo sguardo rapace che aveva in viso al momento, dubitava che l’avrebbe semplicemente lasciata andare anche dopo aver vinto la battaglia contro L.



Qualche giorno dopo quell’incontro così importante con Light, Misa stava pulendo l’appartamento. Sapeva di aver fatto arrabbiare Rem, perché da un giorno all’altro le aveva riservato il trattamento del silenzio o l’aveva completamente evitata. Lei sorrise, compiaciuta della sua reazione. Evidentemente, Rem stava diventando molto più umana di quanto non si rendesse conto.

Ad ogni modo, capì che la sua partner col tempo l’avrebbe perdonata. Doveva solo capire che Misa sapeva quello che stava facendo, e che alla fine tutto si sarebbe risolto per il meglio. Rem aveva solo bisogno di avere un po’ di speranza.

Quando il telefono squillò, rispose quasi di riflesso. Ultimamente aveva ricevuto talmente tante telefonate dalla sua agente per parlare di servizi fotografici e apparizioni televisive che aveva perso il conto. “Pronto, pronto. Sono Misa-Misa!” Non ne poteva francamente più, e sperava che fosse Mamori.

Non era nessuna delle due. “Salve, Misa-san.”

Per poco non le cadde il telefono di mano. “Ryuuzaki-san!”

“Sembri sorpresa.”

Per un momento smise di pulire la vetrinetta, portandosi sul fianco la mano con cui reggeva lo strofinaccio. “Certo che sono sorpresa! Non chiami e non vieni qui dal nostro appuntamento.”

“Chiedo scusa,” disse lui, senza che dal suo tono trapelasse un briciolo di rammarico. “Ho dovuto lavorare.”

“Ryuuzaki-san deve sempre lavorare. È la sua scusa preferita.”

“È la verità.”

Lei espirò lentamente. La verità era una cosa che le veniva concessa veramente col contagocce negli ultimi tempi. Doveva ammettere che questo era però uno di quei rari momenti. “Ryuuzaki-san è veramente un fidanzato molto frustrante.”

“Sono davvero questo per te?” chiese lui.

“Frustrante? Sì, eccome. Ma vabbè, non fa niente.”

“No, non quello.”

“Hm?”

“Fidanzato,” chiarì. “Pensi a me come al tuo fidanzato?”

Era sparito da tempo l’imbarazzo nervoso con cui aveva reagito la prima volta che lei aveva pronunciato quella parola. Ora sembrava piuttosto a suo agio, forse persino un po’ curioso. Supponeva che non ci fosse nulla di cui meravigliarsi. Ryuuzaki sapeva adattarsi alle circostanze più strampalate. O quantomeno sapeva fingere di trovarsi talmente bene da non notare la differenza. Ma una domanda così diretta la lasciava comunque un po’ scossa.

“Beh, sì.” bofonchiò. “Perché?”

“Così, davvero. Non sono mai stato il fidanzato di nessuno prima d’ora, quindi immagino di essere incuriosito da queste dinamiche.”

“Oh.” Rilassandosi, lei si mise a pulire lo scaffale più alto della vetrinetta, rimuovendo con cura i piatti e le tazze uno alla volta. “Non hai mai avuto una ragazza?”

“No.”

“Non c’è da stupirsi. Ryuuzaki-san sa essere molto strano. Alle ragazze normali non piacciono i tipi strani.”

“Stai dicendo che tu sei anormale, Misa-san?” domandò lui, un velo di divertimento nel tono.

“No.” Si accigliò. “Io sono speciale. È diverso.”

“Veramente, no.”

“Sai, i fidanzati dovrebbero essere sempre d’accordo con le loro fidanzate.” grugnì.

“Mi dispiace da morire, Misa-san,” replicò, fingendosi contrito. “Ma in fondo sono nuovo a queste cose.”

“Beh, almeno sei già bravo a fingere di essere dispiaciuto.” ribatté maliziosamente. Trascinò una sedia sul posto per poterci salire sopra e riuscire a pulire anche il retro dello scaffale. “Volendo, sei uno che impara in fretta.”

Lui allora rise sotto i baffi, e Misa traballò sul suo trespolo. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che l’aveva sentito ridere, se mai era successo. Aveva una risata piacevole, bassa. Voleva ascoltarla di più.

“C’è altro che dovrei sapere?”

“Hmm,” Finse di concentrarsi. “Probabile, ma Misa dovrà comunque scriverti una lista per essere sicura di ricordare tutte le regole.”

“Una lista? Esiste una lista?”

“Certo che c’è una lista.” Ridacchiò. “Ci sono molte cose che i fidanzati dovrebbero e non dovrebbero fare. Per esempio, dovrebbero telefonare più di una o due volte al mese. E dovrebbero dare il proprio numero di telefono alle loro fidanzate.”

“… Temo che sarò costretto a infrangere alcune delle regole.”

Lei sospirò. “Ma dai. Oh, ehi! Misa pensa che questa la troverai divertente.” Allungò una mano nel primo ripiano già pulito e prese una bottiglietta. “La manager di Misa ha chiamato un paio di giorni fa per parlare di una nuova pubblicità.”

“Pensavo che ne avessi fatte molte negli ultimi mesi.”

“Infatti, ma questa è diversa. Generalmente, faccio pubblicità di trucco o di vestiti. Ma indovina un po’ di cos’è questa qui.”

“Misa-san, devo ammettere che non mi piace tirare a indovinare.”

Lei smise di riporre le stoviglie nel secondo ripiano tirato ora a lucido. “Allora ti do un indizio.” Riprese la bottiglietta e la sbatacchiò accanto al ricevitore. “Su, hai capito?”

“Sembrava una bottiglietta di pillole?” indagò lui, confuso.

“Esatto!” esultò, mettendo a posto altri piatti. “Vitamine, per la precisione. Vogliono che Misa-Misa faccia una pubblicità di vitamine! Ma ci pensi?”

“Cos’hanno di male le pubblicità di vitamine?”

“Beh, tecnicamente nulla, okay. E la mia manager ha detto che pensano che grazie alla mia popolarità molti giovani le comprerebbero. È bello sentirselo dire, ma…” Si imbronciò. “Non credo che la gente mi prenderebbe più sul serio se lo facessi. Insomma, stiamo parlando di vitamine! Quale idol fa la pubblicità delle vitamine?”

“Hanno fatto di peggio.”

Avendo ormai finito di riempire lo scaffale, si dedicò alla pulizia del bancone. “Questo Misa lo sa,” convenne, facendo spallucce. “Ma Misa non vuole essere così. Non vuole fare una cosa che poi dovrà rimpiangere.”

“Sta’ tutto a te, Misa-san. Se non ti va, non farla.”

“Sì, hai ragione-” La voce di Misa si spense, la sua mano indaffarata a pulire si pietrificò.

Stava strofinando nel punto in cui il bancone e il muro della cucina si incontravano. Lentamente, tolse lo strofinaccio, e si chinò. Nascosta nell’angolo, in un foretto che qualcuno doveva aver intagliato con cura, c’era una minuscola lente. Una telecamera.

Misa indietreggiò, e gridò.

“Misa-san?” disse Ryuuzaki, preoccupato.

Lei cadde a terra e si raggomitolò prontamente. “Ryuuzaki-san,” piagnucolò, gli occhi colmi di lacrime. “Aiuta Misa!”

“Cos’è successo?”

Lui sapeva esattamente cosa fosse successo, ci poteva scommettere. Ma era giunta l’ora di recitare la sua parte. Non aveva aspettato così a lungo una sua telefonata al momento giusto per non seguire fino in fondo il piano che aveva architettato. “C’è una telecamera nella cucina di Misa!” sussurrò con voce scossa dal panico.

“Una telecamera?” ripeté lui, esitante.

“E se fosse uno stalker? Misa non vuole più essere minacciata! Vado dalla polizia.”

“Resta lì.”

Lei sbatté le palpebre. “Cosa?”

“Non andartene,” ordinò, il tono improvvisamente calmo e perentorio. “Se è davvero uno stalker, allora sa già che tu hai trovato la telecamera. Saprà anche che stai uscendo, e ora che la sua copertura è saltata non avrebbe motivo di non aggredirti immediatamente.”

Anche se sapeva da dove venisse in realtà la telecamera, la visione che Ryuuzaki era riuscito a evocare la fece rabbrividire. “Allora che dovrei fare?”

“Resta lì. Vengo io da te.”

“Ma-”

“Andrà tutto bene, Misa-san,” le assicurò. “Devi solo fidarti di me, va bene?”

Fiducia. Poteva davvero fidarsi più di qualcuno? Era una sensazione a cui aveva detto addio da tempo, anche se aspettava ancora con ansia il suo ritorno. Per poco non scoppiò a ridere. Ma si abbracciò più forte a se stessa e annuì. “Va bene. Ryuuzaki-san viene subito, vero?”

“Seduta stante.” E attaccò.

Con un brivido, Misa rimase avvolta tra le proprie braccia, sul pavimento, tremante come una foglia, in attesa del suo arrivo. Se fosse andato tutto secondo i suoi piani non avrebbe più dovuto preoccuparsi di un paio di cosette. Non riusciva però a non trovare un po’ triste il fatto che parte della sua paura delle telecamere fosse autentica. Si augurò che Ryuuzaki arrivasse presto.



NdT: Uh uh, siamo già a questo punto. Light fa il viscido, Misa spegne il cervello, e L non si capisce cosa diamine faccia o pensi. Praticamente siamo nel manga Dx
Ragazzi! Il prossimo lo posterò verso metà dicembre. Credo. Abbiate fede. Come Misa.
Per ripagarvi dell’attesa extra che vi attende, vi regalo un’altra vitale chicca dell’angolo delle curiosità inutili di Rewrite!

La storia si ispira ai temi della community dei 30 kisses di Livejournal. Per la verità, le regole della community imporrebbero la presenza di almeno un bacio a prompt, anche se “l’interpretazione di ciò che costituisce un bacio […] sta tutta a voi [autori]”.
Kat-chan è riuscita in qualche modo a farsi approvare la richiesta nonostante di baci non è che se ne vedano tanti neanche metaforicamente, ma ha perso il claim tra il capitolo 27 e il 28, credo per via del ritardo nell’aggiornamento. Peccato :|

So che ora la vostra vita è cambiata, lo so.
P.S.: le vitamine dovrebbero essere le Wada Calcium CD3 del titolo :D

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Capitolo 24
*** Good Night ***


Rewrite




Theme 24: Good Night ~ Buonanotte

Misa ricordava con chiarezza che l’ultima volta che aveva provato autentico terrore – ovvero il giorno il cui lo stalker l’aveva aggredita – delle ore che avevano seguito l’incidente non aveva conservato che una macchia sfocata. Non riusciva a ricordare nemmeno come fosse riuscita ad arrivare a casa tutta intera, figurarsi quello che aveva fatto una volta lì. Sapeva solo che, divorata da panico e paura, si era raggomitolata in una specie di distorsione temporale in cui tutto andava velocissimo, come in fast forward.

Ora che il suo spavento era fondamentalmente simulato era come se il ritmo del mondo fosse diventato atrocemente lento. Ogni secondo sembrava durare un’ora, e aveva una percezione talmente acuta anche del più piccolo dei suoni e dei movimenti che aveva quasi la nausea. La finzione iniziò a cedere il posto a nervosismo e ansia genuini. Non per la prima volta da quando Ryuuzaki aveva attaccato il telefono, si chiese se fosse stata una buona idea. Forse lui aveva capito che la sua era una messinscena, e stava semplicemente prendendo tempo per capovolgere ancora una volta la situazione a suo favore. Forse l’avrebbe anche costretta a parlarne apertamente.

Non aveva proprio pensato a cosa avrebbe fatto se Ryuuzaki avesse capito che la scoperta delle telecamere era stata premeditata. Lui era di gran lunga più intelligente di lei, questo era poco ma sicuro. E benché da un lato fosse certa di poter ingannare praticamente chiunque con le sue recite, sapeva altrettanto bene che L non era ‘praticamente chiunque.’ Il suo unico vantaggio su Ryuuzaki e Light era sempre stata la loro convinzione che Misa fosse non solo intellettualmente inferiore a loro, ma anche totalmente ignara di ciò che accadeva veramente attorno a lei. Non appena avessero intuito che era a conoscenza della verità, in un modo o nell’altro sarebbe stata spacciata.

Ma Ryuuzaki non le avrebbe mai fatto nulla di male, si diceva. A Ryuuzaki Misa piaceva, a modo suo. Lei gli piaceva. Per lui non era solo uno strumento, era fuori di dubbio. Anche se tutte le bugie che stavano – no! A Ryuuzaki Misa piaceva.

Era quello il pensiero che si stava ripetendo come un mantra quando sentì un paio di tocchi fermi alla porta di casa. Il rumore netto la fece trasalire, e finì per sbattere la testa nell’armadietto contro cui si era rannicchiata. Si massaggiò la testa e tra imprecazioni mugugnate strisciò fino all’ingresso, fermandosi solo un momento prima di aprire.

“Chi è?” domandò, la voce adeguatamente scossa.

“Fammi entrare, Misa-san,” ordinò a voce bassa Ryuuzaki dall’altra parte.

Con un profondo respiro allungò una mano e sbloccò la serratura, e quando lui aprì la porta senza aspettare quasi le finì addosso. La guardò per un attimo senza espressione, poi la superò ad ampie falcate, diretto in soggiorno. In una mano teneva una valigetta di metallo piuttosto grossa, che posò con cura sul tavolino. Dopo essersi assicurato che in quella posizione non corresse rischi di sorta si recò risolutamente in cucina, evitando nuovamente Misa, e aprì i vani più alti della credenza. Per un secondo, si domandò se stesse fingendo di cercare le telecamere, e rimase confusa quando sfoderò invece il barattolo del tè e un paio di tazze.

“C-che sta facendo Ryuuzaki-san?”

“Preparo il tè, è ovvio,” rispose, monotono. “Immagino che tu non sia nell’umore adatto per giocare a fare la padrona di casa con me. E poi,” aggiunse proprio mentre lei si apprestava a dare in escandescenze, “ti serve qualcosa per calmare i nervi. Un po’ di tè e latte dovrebbe funzionare.”

Lei arricciò il naso. “A Misa non piace il tè col latte.”

“Ciononostante, è questo che ti preparerò. Fa meraviglie.”

Suo malgrado, le scappò un sorriso mesto. “Tu lo bevi?”

“Quand’ero piccolo mi è capitato di berlo, qualche volta.”

“Ryuuzaki-san non sembra il tipo di persona che beve il tè col latte. Scommetto che ci versavi sempre tutta una scatola di cubetti di zucchero.”

“Neanche uno.”

Lo fissò incredula.

Lui chiarì. “Non è che avessi una grandissima voglia di berlo, all’epoca. Me lo facevano bere.”

Non riusciva a immaginarsi qualcuno che lo costringeva a fare alcunché, e glielo disse.

“Beh, ecco, ero piccolo. Non mi permetterei più di finire nella stessa posizione. Non che ce ne sia più bisogno. Ma posso affermare con certezza,” Piegò le ginocchia per avvicinarsi a lei, porgendole una tazza colma e fumante. “che per quanto lo trovassi sgradevole, mi rilassavo davvero.”

Lei gli scoccò un altro sguardo dubbioso, ma ne sorseggiò un po’ per farlo contento. Contraendo prontamente i lineamenti in una smorfia per il sapore. Odiava ammetterlo, ma improvvisamente invidiava il tè privo di latte e carico di zucchero che stava bevendo lui.

Con sua somma sorpresa, Ryuuzaki attese pazientemente che bevesse fino all’ultima goccia. Quando ebbe finito raccolse in silenzio la tazza vuota e la ripose nel lavandino assieme alla sua, prima di inginocchiarsi finalmente di fronte a lei con un’espressione seria in volto.

“Misa-san,” cominciò, il tono gentile ma deciso, “dove hai visto la telecamera?”

Lei si morse il labbro inferiore, il respiro che accelerava. Indicò esitante l’angolo della cucina. “Laggiù. L’angolo fra il bancone e il muro.”

Lui si alzò e diede un colpetto alle fibbie della ventiquattrore per aprirla con la dimestichezza di un esperto, svelando vari attrezzi, dei quali Misa riuscì a identificare soltanto delle pinze lunghe e un headset con le lenti di ingrandimento. Afferrò quello che evidentemente riteneva gli sarebbe servito e si accostò al punto che lei gli aveva mostrato, pungolandolo e punzecchiandolo, fin quando non si udì il suono preciso e secco di cavi elettrici che venivano tagliati. Quando si ritrasse, sollevò le minuscole lenti di una telecamera da cui pendevano dei fili spezzati.

“A quanto pare avevi ragione riguardo alle telecamere, Misa-san,” disse, e doveva riconoscergli un tono all’apparenza piuttosto stupito. “Ho il sospetto che ci sia qualche altro pezzo di filo che non ho ancora rimosso, ma togliere la lente dovrebbe essere più che sufficiente.”

Lei corrugò la fronte. “Non crederai che ce ne sia solo una, vero?”

Se aveva delle sopracciglia dietro quella folta chioma di capelli disordinati, avrebbe scommesso che in quel momento erano inarcate. “Certo, no. Si tratterebbe di uno stalker piuttosto incapace se avesse impiantato solo una telecamera dopo tutta la fatica che deve aver fatto per irrompere in casa senza farsi notare. Ce ne sono sicuramente delle altre, e neanche poche.”

“Non mi piace tutta questa considerazione che gli dai.” borbottò dal suo posto sul pavimento.

“Le mie scuse. Stavo semplicemente cercando di dire che ci sono elevate probabilità che ce ne siano diverse sparse in giro per la casa.” precisò, agitando la mano.

Lei nascose il viso tra le ginocchia. “Basta così! Misa trasloca!”

“No.”

La sua testa scattò in alto, e si ritrovò faccia a faccia con Ryuuzaki. “Prego?”

“Misa-san,” Si accarezzò il tessuto sbiadito dei jeans. “gli stalker, come la maggior parte dei criminali, sono motivati da potere e controllo. Se tu traslochi, gli fai capire che può spaventarti al punto da farti fare ciò che vuole. Che lui è la causa del tuo effetto. Gli consegneresti il controllo. È questo che desideri, Misa-san?” chiese, mordicchiandosi la punta del pollice, fissandola con gli occhi scuri che non sbattevano mai. “Desideri essere dominata?”

Lei quasi si rimpicciolì di fronte a quello sguardo. Perché, tanto non la stavano già manipolando? Stava diventando sempre più difficile capire chi la stesse usando, e a quale scopo. E non ne poteva più. Non ne poteva più di chiedersi se fosse rimasto anche solo un briciolo di fiducia tra lei e Ryuuzaki. Ne poteva ancora di meno della fiducia cieca che riponeva in Light, soprattutto con gli avvertimenti costanti di Rem, e con la consapevolezza di cosa sarebbe successo se si fosse impossessato delle informazioni che aveva del detective. Non poteva continuare a saltare dentro cerchi di fuoco sperando di non bruciarsi.

“Misa vuole tornare a prendere le proprie decisioni da sola,” mormorò a voce bassa ma ferma, “Senza ripensamenti.”

Lui le diede un’occhiata curiosa – il fantasma di un sorriso – e annuì. “Allora lascia che mi metta al lavoro.”

E che lavoro: per ore, e ormai era notte inoltrata, setacciò l’intero appartamento, estraendo telecamera dopo telecamera, anche da posti che Rem non aveva localizzato. L’unica volta che Misa avvertì una nota di panico fu quando arrivò pericolosamente vicino al Death Note sotto il raccoglitore e i giornali vari sullo scaffale più basso del tavolino. Tuttavia, non essendo state posizionate telecamere pure lì, non si era preso il disturbo di rovistare minuziosamente la zona.

Verso le tre del mattino, Ryuuzaki dichiarò ufficialmente depurato l’appartamento di Misa, che dal divano su cui si era ricollocata assunse una smorfia incerta.

“Ryuuzaki-san ne è assolutamente sicuro?”

“Senz’ombra di dubbio. Ho avuto cura di controllare ogni stanza almeno tre volte per controllare ogni possibile punto che potesse essermi sfuggito in precedenza. Ho anche esaminato il bagno una quarta volta, come da tua richiesta.”

Lei tremò involontariamente, chiudendo gli occhi e desiderando che evaporassero tutti i pensieri spiacevoli che le affollavano la testa. Sobbalzò quando qualcosa di freddo le sfiorò le guance. Sbatacchiò le palpebre e vide che, con delicatezza e prudenza, Ryuuzaki le aveva appoggiato le mani ai lati del viso.

Le parole le uscirono dalle labbra prima che potesse fermarle. “Che fai?”

Lui tornò goffamente sui suoi passi. “Tentavo di consolarti.”

Lei sbatté le ciglia, ancora troppo stordita per comprendere appieno quello che aveva detto. “Eh?”

“Ammetto di non averlo mai fatto prima, ma questo sembrava il momento appropriato per provare a farti sentire meglio. Credo.” aggiunse, picchiettandosi il labbro inferiore. Misa notò lo sguardo quasi distante che aveva velato improvvisamente i suoi occhi: stava realmente cercando di capire cosa fare. Suo malgrado, trovò la scena tenera. “Sto sbagliando tutto? Ho qualche problema con le sfumature.”

“No, Ryuuzaki-san stava facendo tutto alla perfezione. È solo che,” Piegò la testa di lato, “tu non mi hai mai toccato. Sono sempre stata io a toccarti. Sono rimasta sorpresa.”

“Non mi piace essere toccato, Misa-san,” confessò senza esitazioni. “Gradisco a tal punto il mio spazio personale. Consolare una persona angustiata richiede però solitamente tanto stimoli verbali quanto fisici.”

“Perciò, hai toccato Misa perché credevi di doverlo fare?”

“Beh, sì, anche. E anche perché non mi dà fastidio.”

Lei sollevò un sopracciglio fine. “Come?”

Lui stesso sembrava alquanto perplesso. “A quanto pare ho fatto il callo al tuo costante bisogno di contatto fisico. Suppongo che sia naturale, dato che gli esseri umani sono capaci di adattarsi a qualsiasi cambiamento sociale, dati i giusti tempi. Inoltre il tocco di Misa-san non è mai stato veramente spiacevole. Non mi dispiace, se sei tu.”

Non riuscì a reprimere il rossore che le accese le guance.

“E poi,” continuò, ignorando o magari neanche notando il suo imbarazzo, “sei turbata, non è così?”

Lei si imbronciò. “Sì.”

“L’uomo che ti ha fatto questo, che ti ha messo le telecamere in casa,” La sua voce era forte. “Ti ha spaventato?”

Lei si morse le labbra, il cuore che le batteva mentre bisbigliava una dolorosa verità. “.”

“Non permetterò che accada di nuovo.”

Misa emise un piccolissimo guaito di sorpresa quando Ryuuzaki le poggiò di nuovo le mani sul viso, con più sicurezza di prima. “Non permetterò che nessuno ti spaventi più, Misa-san. Nessuno.” Si chinò verso di lei, un’espressione grave in volto. “Te lo prometto.”

Fissando i suoi occhi solenni e immobili, Misa si rese conto che per la prima volta, dopo quella che sembrava un’eternità, credeva veramente a quello che le stava dicendo. E si sentì lievemente alleggerita del peso che non si era neanche accorta di avere sulle spalle.

Ricacciò indietro qualche lacrima e coprì le sue mani fredde con le proprie. “Ryuuzaki-san è davvero una brava persona. Anzi, è la persona preferita di Misa.”

Lui arretrò, muovendosi a disagio. “È tardi, Misa-san. Dovresti andare a dormire.”

Era inorridita. “E tu ti aspetti che dorma qui? Adesso?

“Certo. Siamo nel cuore della notte, dopotutto. Inoltre,” disse con una scrollata di spalle, “Non ho alcuna intenzione di portarti con me.”

“Mi lasci da sola?” frignò. “Ryuuzaki-san è una persona orribile!”

Evidentemente Ryuuzaki si era abituato anche ai suoi tumultuosi sbalzi d’umore. Senza una parola si abbassò e raccolse tra le braccia la creatura accartocciata che aveva di fronte. Ogni lamentela le morì sulle labbra dallo shock. La portò con facilità in camera sua, anche se la lasciò cadere sul letto con poco garbo.

“Ora sei al sicuro, Misa-san. Ti chiamerò più tardi per discutere di possibili metodi per aumentare la tua sicurezza.”

Le balenarono in testa le possibilità di quello che potesse avere in mente, ma le scacciò. “Non andartene, per favore. Ho paura.”

Lui sospirò, come un genitore al figlio che fa i capricci. “Non essere puerile.”

“Non sono puerile!” sbottò, provando a mettersi a sedere. “Un uomo ha riempito casa mia di telecamere per spiarmi. Misa ha il diritto di avere paura!”

“Questo non cambia il fatto che hai bisogno di dormire.” La rispinse giù.

Lei mutò repentinamente d’espressione, e socchiuse gli occhi, serrando le mani sul colletto della sua maglia. “Per favore, Ryuuzaki-san, passi la notte con Misa?”

Lo strattonò verso di sé, cogliendolo di sorpresa, infilandogli una mano in quel nido che aveva al posto dei capelli e premendo le labbra sulle sue. Il movimento lo trascinò sul letto matrimoniale e perse rapidamente l’equilibrio. Le cadde quasi addosso, ma riuscì a fermarsi giusto in tempo, anche se adesso i suoi pugni chiusi dalle nocche di colpo bianche fiancheggiavano Misa. Con suo deliziato stupore, non si allontanò subito. Al contrario, avvicinò perfino un po’ il viso, approfondendo per un attimo il bacio. Ma non durò che un attimo, e interruppe tutto, indietreggiando dal letto fino allo stipite della porta, adorabilmente stordito, a suo parere.

Però forse era stato un enorme sbaglio. “Ryuuzaki-san-”

“Devi riposare, Misa-san,” ripeté lui. Quando lei aprì la bocca aggiunse, “Non credo tuttavia che sia una cattiva idea rimanere qui fino a quando ti addormenterai.”

“Ma non passerai la notte con me?” Si accigliò.

Lui spense le luci. “No.”

Il suo cipiglio rimase per un secondo, ma venne poi rimpiazzato da un sorriso appena accennato. “Ryuuzaki-san, sei diverso dagli altri uomini che Misa conosce.”

“In che senso?”

“Tantissimi uomini non avrebbero mai respinto Misa se lei gli avesse chiesto di passare la notte con lei,” spiegò, stiracchiandosi sulle lenzuola e preparandosi alla notte. “Ma Ryuuzaki-san l’ha fatto senza esitare.”

Lui si morse il pollice, distogliendo lo sguardo. “Te lo assicuro, Misa-san, io… io non sono poi tanto diverso dagli uomini che conosci.”

L’allusione non le sfuggì, e di conseguenza arrossì. “O-oh.”

Calò un silenzio nervoso. Misa provò a restare sveglia quanto più possibile nel tentativo di trattenere Ryuuzaki per tutta la notte. Non si sentiva così protetta e felice da molto tempo e già detestava l’idea di dover abbandonare quella sensazione. Tanto lui non dormiva.

Il suo corpo aveva tutt’altri piani, però, e la stanchezza ebbe finalmente la meglio sulla sua più agguerrita determinazione. Quando si svegliò tardi la mattina successiva, Ryuuzaki e le telecamere erano sparite. Le aveva fatto la cortesia di pulire le tazze che avevano usato la notte precedente, e chissà come le aveva preso dalla borsetta strapiena (un’invasione della privacy che la urtava pur non sorprendendola affatto), e l’aveva messo a caricare.

La ragione le divenne chiara quando cominciò a squillare poco dopo che lo aveva trovato. Non c’era bisogno di essere il più grande detective del mondo per sapere chi fosse.

“Buongiorno, Ryuuzaki-san.”

“Salve, Misa-san. Spero tu abbia dormito bene. Ho pensato che questo potesse essere un buon momento per discutere le varie opzioni di sicurezza che ho messo a punto la scorsa notte.”



NdT: a-ha, aggiornamento in anticipo. No, dai, ma quanto è pucciolol 'sto capitolo? xD <3
E l’ho detto io che finirà in stupro. Davanti alla tomba fresca di Light, in un appagante stravolgimento di quella scena in cui Light ha un orgasmo o quasi davanti alla tomba di L. Sarebbe epico.
A dir la verità speravo di poter postare due volte al mese a partire dal 2011, ma salvo miracoli probabilmente rimarremo così. Mi spiace. ;_;
Ah, e avevo posticipato la data di pubblicazione di questo qui anche per farvi gli auguri in periodo più natalizio, non sono adorabile? ;o; *viene trucidata con un albero di Natale*
Passate buone vacanze, carissimi/e, ci si rivede nell’anno nuovo <3

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Capitolo 25
*** kHz ***


Rewrite




Theme 17: kHz ~ Chilohertz

Se del senno di poi erano davvero piene le fosse, Misa avrebbe dovuto ammettere mestamente di non esserci nata, affatto. Perché certamente non avrebbe potuto prevedere ciò che avrebbe seguito il suo rischioso tentativo di raggirare di Ryuuzaki in persona per fargli togliere le telecamere dall’appartamento.

Quando aveva accennato a delle precauzioni per evitare futuri incidenti di qualunque genere con il suo ‘stalker’, Misa aveva presunto di poterlo far desistere da qualcosa di troppo estremo con un paio di moine. Era talmente impegnato con Kira che non se l’era di certo immaginato a perdere tanto tempo a cercare di implementare le sue migliorie. Oltretutto, di solito lei era bravissima a persuadere la gente a fare ciò che voleva.

Pertanto fu molto, molto turbata quando davanti alla porta di casa trovò appostati due omaccioni dal fisico prestante, stoici e determinati, pochi istanti dopo una discussione telefonica piuttosto accesa con Ryuuzaki a proposito di guardie del corpo, privacy, spazio personale e protezione adeguata.

Uno sarebbe rimasto lì fuori per tutto il giorno, mentre l’altro era stato incaricato di seguirla ovunque andasse. Il mero pensiero di avere un’ombra parlante a pedinarla – un’ombra che non fosse Rem, almeno – bastò a farle rizzare i peli sulla nuca come la pelliccia sulla schiena di un gatto.

“Misa non lo tollererà!” Giurò loro nel corridoio, brandendo un dito fine contro di loro come una spada. “Andate a casa! Non ho bisogno di voi!”

“Non possiamo, signorina,” disse uno, ma sapeva che si sarebbe dimenticata di chi dei due aveva parlato nel giro di cinque minuti. Un uomo troppo muscoloso vestito di nero con il collo più grosso della testa era uguale a tutti i suoi simili, per quanto la riguardava. “Abbiamo i nostri ordini.”

Misa si comportava con i no nello stesso modo in cui si comportava quando non otteneva quello che voleva: strillando e sbattendo la porta.

Fumante, ruggì a bassa voce: “Ryuuzaki non dovrà preoccuparsi di Kira, perché Misa lo ucciderà personalmente la prossima volta che lo vede.”

Rem, nel frattempo, contemplava il tutto con un’espressione alquanto placida in volto. Certo, era il massimo che poteva fare per non cedere a un sorriso compiaciuto. Completamente all’oscuro di tutto, la ragazza era caduta con notevole facilità in una trappola tesa in precedenza da L. Quando erano state installate le telecamere, Rem era rimasta perplessa da alcune delle posizioni. Dal fatto che alcune sembrassero quasi messe a caso. Inizialmente aveva imputato la cosa alla fretta che avevano avuto verso la fine la ladra e il genio della truffa che L aveva impiegato, visto che avevano ricevuto la telefonata che li avvertiva del ritorno imminente di Misa.

Tuttavia, dopo aver origliato al quartier generale presieduto da L, aveva scoperto che le telecamere meno discrete erano state piazzate di proposito così. L aveva voluto che Misa le trovasse sin dall’inizio. Era già al corrente del coinvolgimento di Misa con Light, e della posizione piuttosto precaria in cui questo aveva messo entrambi. E se da un lato non aveva reso le telecamere troppo palesi nella speranza che Light a un certo punto andasse a trovarla (che era stato il loro intento originale), il suo scopo ultimo era far uscire Misa dai giochi.

L aveva ipotizzato che una volta scovate le telecamere, Misa sarebbe giunta alla conclusione più verosimile di stalking, considerati il suo status e i precedenti. A quel punto sarebbe stato nel pieno controllo della situazione, e l’avrebbe fatta pedinare da due dei suoi agenti ventiquattr’ore su ventiquattro. Con due ‘guardie del corpo’ a osservare ogni sua mossa le sarebbe stato impossibile gironzolare liberamente. E la scoperta delle telecamere era la scusa perfetta per farla seguire dai suoi uomini senza che dovessero più nascondere la propria presenza, con la copertura di doverla proteggere.

Un paio di persone che lavoravano al caso avevano obiettato. Una di queste, stranamente, era stato il padre di Yagami Light. Se in un primo momento aveva trovato oltraggiosa l’idea di monitorare una persona considerata da lui nulla più che una civile innocente – sospettata ingiustamente solo per via delle sue frequentazioni – in seguito l’aveva accettata, convinto che fosse il modo migliore per tentare di ripulire per l’ennesima volta il nome di suo figlio.

Ma impedirle da un giorno all’altro di fare ciò che voleva, in particolar modo di continuare tranquillamente la sua relazione con Light, era troppo. Furioso, accusò il detective di mettere i propri sentimenti al di sopra del caso, di comportarsi più come un fidanzato geloso che come un investigatore. L aveva semplicemente ribattuto di non vedere come il coinvolgimento di Misa mostrasse alcun progresso nell’indagine. Al massimo la stavano mettendo in pericolo senza che ve ne fosse bisogno, e se Light era veramente innocente non gli sarebbe dispiaciuta un po’ di compagnia ai suoi appuntamenti.

Scherzando, il poliziotto più giovane della stanza, Matsuda, disse che L evidentemente non doveva essere mai stato a un appuntamento, ma si zittì rapidamente quando entrambi i detective lo trucidarono con uno sguardo.

Alla fine, L aveva ottenuto quello che voleva. Nel gruppo non c’era un solo elemento in grado di sfidare davvero la sua autorità, nemmeno Souichirou. A L non era quindi rimasto che aspettare di vedere se e quando Misa avrebbe trovato una delle telecamere. Era ironico che Misa avesse saputo della loro esistenza fin dall’inizio, passando il tempo ad aspettare quello che presumeva fosse il momento perfetto per ‘trovarne’ una, non facendo altro che ritardare l’inevitabile trappola di L. Rem aveva osservato il tutto con interesse.

Non che avesse cambiato idea su L. Credeva ancora che fosse una creaturina insipida che avrebbe preferito morta e non viva a interferire nella vita di Misa. Tuttavia, se le cose fossero andate secondo i suoi piani c’era un’ottima possibilità che Misa non potesse più uscire con Light, e questo avrebbe permesso a Rem di fare ciò che ormai contava di fare da qualche tempo, e che aveva rimandato solo per pietà dei sentimenti della ragazza.

Quando le acque si fossero finalmente calmate, e Misa si fosse allontanata a sufficienza da Light, Rem l’avrebbe ucciso.



Con suo grande dispiacere, i due robusti bodyguard fecero esattamente ciò che le avevano riferito. Non poteva andare da nessuna parte senza che uno di loro la tallonasse. E nonostante questo semplificasse alcune cose (era sorprendente la riluttanza dei fan a saltarti addosso quando accanto a te torreggiava un uomo due volte più grande e grosso di loro), condurre una vita soddisfacente divenne quasi impossibile. Anche se non le importava che Ryuuzaki sapesse o meno del suo rapporto con Light, persino le semplici conversazioni con tutte le persone con cui parlava si fecero all’improvviso imbarazzate.

Per esempio, ci fu quella volta che Mamori le telefonò mentre lei tentava di andare a comprare dei vestiti nuovi. Non appena partì la suoneria la sua ombra era lì, a fissare senza tante cerimonie il display da sopra la sua spalla per controllare il mittente.

“Questi non sono affari suoi, le pare?” sbraitò, il volto rosso di rabbia.

“Mi scusi, signorina,” replicò, e Misa si accorse senza stupore di non sapere se era quello con cui aveva parlato la prima volta. “Volevo solo essere sicuro che fosse un numero conosciuto.”

Lei sbuffò. “Come se lei ne potesse sapere qualcosa. E poi se fosse stato un mittente sconosciuto, probabilmente si sarebbe trattato del suo capo. Mi scusi.”

Senza guardarsi indietro, girò sui tacchi e filò dritta nel camerino delle donne, chiudendosi in una cabina. Come scoprì con sollievo sbirciando da sotto la porta, la guardia del corpo non l’aveva seguita fin lì. Scura in viso, aprì di scatto il telefono. “Mamori, salva Misa!”

La sentì sussultare per lo shock. “Stai bene?”

“Non proprio. Adesso ho delle guardie del corpo.” sospirò, compatendosi.

“Eh? Il tuo agente ha finalmente pensato che ne avessi bisogno?”

“Non esattamente,” la corresse, titubante. “E poi non è questo il punto. Il punto è che stanno facendo impazzire Misa! Non mi lasciano mai sola.”

“Misa, quello è, come dire, il loro lavoro.” le fece notare Mamori, con un’ombra di divertimento.

“Beh, a me non piace. Voglio che se ne vadano.”

“Se davvero non li vuoi tra i piedi licenziali.” suggerì la sorella. “Anche se col lavoro che fai tu, ingaggiarne uno non è una pessima idea.”

“Non mi interessa se è una buona idea. Ma tanto non importa. Non posso licenziarli.”

“Ah. Allora chiedi alla tua manager di licenziarli, o almeno digli di darti più spazio.”

“Io…” Misa si interruppe; era meglio non spiegarle come si era cacciata in quella situazione. Conoscendo i picchi di nervosismo che Mamori poteva raggiungere, non faceva molta fatica a immaginarsela presa dal panico all’idea delle telecamere mentre dichiarava che avrebbe preso il primo treno per Tokyo. E davvero, l’ultima cosa che voleva era disturbare la vita di sua sorella. Soprattutto ora che sembrava stesse finalmente voltando pagina dal caso dei loro genitori per tornare alla sua vita. “Ci proverò. Ma non credo che funzionerà.”

“Misa, è per il tuo bene. Sono lì per proteggerti. È una cosa tanto orribile?”

Lei si accasciò contro il muro. “Dipende dal punto di vista.”

“Beh, ci sarà un modo in cui puoi ritagliarti un po’ di privacy. Se c’è una cosa che ho imparato su di te è che riesci sempre a ottenere quello che vuoi, se ci provi.”

La bocca le tremò appena. “Mamori fa sembrare Misa una bambinetta viziata.”

“Sì, ecco, io…”

“Mamori!”

La donna rise piano. “Ti ho chiamato per un motivo serio, sai?”

“Eh?”

“Il mondo non ruota sempre intorno a te.”

“Questo lo so!” Misa allungò il labbro inferiore come se l’altra la potesse vedere attraverso i segnali elettronici che si stavano scambiando i telefoni.

“Volevo farti sapere che presto verrò a trovarti. Nelle prossime settimane, probabilmente.”

Per poco non lasciò cadere il telefono. Lei era lì che cercava di evitare di dire qualcosa che la inducesse a fare i bagagli, e Mamori aveva progettato di farlo sin dall’inizio. “Come?”

“Non essere troppo delusa,” rispose lei, in tono piatto. “Non preoccuparti. Non ti starò tra i piedi. Anzi, starò da un’amica.”

“Misa non è delusa, solo sorpresa,” giurò lei, anche se questo non placò i crampi che le stavano attorcigliando lo stomaco. “Mamori non ama viaggiare.”

“No, infatti. Però cercare un buon appartamento da lontano non porta mai buoni frutti, secondo me.”

Lei sbatté le palpebre. “Cerchi un appartamento? A Tokyo?”

“Sì. Credo che sia ora di andarmene da qui. A Tokyo ci sono molte più occasioni per gli stenografi di corte. E poi potremmo stare più vicine, e poco ma sicuro la mia bolletta del telefono ne trarrà beneficio. Tra l’altro io… io credo di non poter stare più qui.” mormorò. “Non ce la faccio più.”

I crampi si sciolsero rapidamente, rimpiazzati da una sofferenza familiare che aveva sperato di non sentire più. Non poteva biasimarla. Non era scappata anche lei da tutto? “Misa capisce,” bisbigliò. Poi, con voce più luminosa, annunciò: “Misa ti aiuterà a trovare un nuovo appartamento! Un appartamento molto bello dove Misa ti verrà a trovare, e dove Misa e Mamori potranno fare pigiama party come facevano quando Misa visitava Mamori al college!”

“Sarebbe bello,” disse Mamori, un po’ triste, e fu come se quel leggero cambiamento di intonazione le risuonasse nel corpo, sbriciolandola e poi ricostruendola, ricomponendola in un pezzo intero ma ora delicato e fragile. Il dolore di sua sorella poteva distruggerla. Era stanca morta della sua famiglia che soffriva.

“Beh, ti lascio. Ho ancora molto lavoro da sbrigare, e sono sicura che lo stesso valga per te.”

Lei fece uno sbuffo poco convinto, ma pose fine alla conversazione. Rimase nella cabina, a fissare il cellulare come se potesse darle una risposta. In effetti, rifletté, gliene dava molto spesso. Chissà come, squillava sempre proprio quando ne aveva bisogno, e a volte quando aveva più bisogno che stesse in silenzio. E quasi sempre, sempre, dall’altra parte c’era stato Ryuuzaki. Ma ora non stava chiamando, e anche se l’avesse chiamata non le avrebbe sicuramente dato le risposte che le servivano.

Forse era tempo che ricominciasse a crearsele da sola, le sue risposte. Ryuuzaki le aveva chiesto se voleva essere dominata, e si rendeva sempre più conto che non solo non voleva, ma neanche ne aveva bisogno. Con decisione, selezionò un numero e attese.

Non dovette aspettare molto. “Misa? Sei tu?”

“Light! Misa è contenta che tu abbia risposto!”

“È un po’ che non ci sentiamo,” le disse. “Tutto okay?”

“Non proprio. Light…” Trasse un profondo respiro. “Misa pensa che tu abbia ragione. Che dovremmo smetterla di vederci.”

All’altro capo del filo cadde il silenzio; era più che prevedibile che Light fosse sinceramente sconvolto dalla sua affermazione. “Cosa? Perché?”

“L’hai detto tu stesso. Probabilmente non è sicuro, e le cose mi sono scappate di mano.”

“Scappate di mano?” le fece eco, confuso. “Misa, che succede? Cos’è successo?”

Lei si morse il labbro inferiore, indecisa se dirgli la verità oppure no. Capì di non star parlando solo con Kira, ma con Yagami Light, l’alunno modello infiltratosi con facilità nell’indagine su Kira stesso grazie al proprio genio. Prima o poi l’avrebbe scoperto comunque. Almeno così il come l’avrebbe stabilito lei. “Misa ha trovato delle telecamere in casa. Ryuuzaki-san le ha tolte, ma-”

“Aspetta, c’erano delle telecamere?” la bloccò, e Misa notò che questa volta riuscì a captare la sua ipocrisia. La coprì piuttosto bene con la frase successiva. “Misa, stai bene?”

“Ryuuzaki-san le ha tolte,” ripeté lei, sentendosi diversa per una ragione e in un modo che non avrebbe saputo spiegare. “Ma adesso mi ha assunto delle guardie del corpo. Se ti vedo, Ryuuzaki-san lo saprà. Così, probabilmente è meglio se smettiamo di vederci.”

“Telecamere… È pazzesco,” borbottò lui, ignorando completamente il resto di ciò che aveva detto. “Chi potrebbe mai fare una cosa del genere?”

“Ryuuzaki-san pensa che sia stato uno stalker. A Misa è già capitato in passato.” Non menzionò però il fatto che tutte e tre le persone coinvolte sapevano quanto quella fosse la cosa più lontana dalla verità. “È per questo che mi ha dato le guardie del corpo, anche se gli ho detto che non le volevo.”

“Misa, sta solo cercando di proteggerti. Non posso proprio dargli torto. Probabilmente avrei fatto la stessa cosa se avessi potuto.”

“Ma Light capisce perché non possiamo più vederci, vero?” chiese lei.

“In realtà no. Non ti vergogni di me, vero, Misa?” domandò, divertito.

“Cosa? No, certo che no!” Scosse il capo. Dopotutto lui era ancora il suo eroe. “Light è un amico di Misa.”

“Solo un amico?” Si finse ferito.

Deglutì a vuoto, a disagio. I suoi sentimenti adoravano farla soffrire. Un’altra piccola fitta di sofferenza, questa volta più come il bacio di una farfalla sul cuore. “… Light è un amico molto prezioso di Misa.”

Ci fu qualche attimo di silenzio. “Capisco.”

“È solo che…”

“Misa, se mi permetti di aiutarti posso liberarti delle tue guardie del corpo,” propose Light, la voce che trasudava tentazione.

“Davvero?” Non vedeva proprio come persino lui sarebbe riuscito in una cosa del genere. Gli uomini di Ryuuzaki erano professionisti in tutto e per tutto, e dubitava che sarebbe stato tanto semplice gabbarli.

“Certo. Per un giorno soltanto, ma sarà pur sempre libertà, giusto?”

“Beh, sì, ma-”

“Un giorno, Misa.” richiese, la voce come velluto. “Dammi solo un giorno. Ti dirò tutto quello che muori dalla voglia di sapere adesso.”

A qualcosa, in un anfratto recondito della sua mente, non piacquero particolarmente le parole che aveva scelto per quella frase, ma era una proposta troppo allettante per essere rifiutata. Era l’ultima opportunità che aveva per prendere una decisione su di loro. Nessuno dei due era molto degno della sua fiducia, ora come ora. Ma, in fondo, lei meritava davvero la loro? Non era forse diventata una bugiarda tanto quanto loro, di sua spontanea volontà, solo per cercare di giocare a un gioco che era chiaramente al di là delle sue capacità? Era ora di fare qualcosa invece di aspettare e sperare che tutto si risolvesse da solo per lei.

“Di’ a Misa il tuo piano.”



NdT: lol at Matsuda, il vero genio di Death Note.
Ehi, chi posta puntuale a Capodanno posta puntuale tutto l’anno! xD Auguri, btw. Avete notato che è l’01/01/11? LOL! *trolla da sola in angolino*

E a grande richiesta (?), per rispondere alla domanda posta in una delle vostre carinissime recensioni, torna l’angolo delle curiosità di Rewrite! *parte la claque immaginaria*

Angolo delle curiosità inutili di Rewrite

La traduzione italiana, avviata e portata avanti dalla vostra affezionatissima, è cominciata quasi tre anni fa grazie a questo topic del forum di EFP (me lo sono andata a cercare!!1!uno!). Il primo capitolo è stato pubblicato una settimana dopo. È successo tutto per purissimo caso, insomma, anche perché le storie da tradurre me le trovo sempre da sola.
Non so cosa mi abbia posseduto a tradurre una storia che non avevo scelto io e che avrebbe contato almeno trenta capitoli e di cui in realtà, ma non ditelo a nessuno e soprattutto non fatelo anche voi, avevo letto solo degli stralci. Quello che so è che in parte volevo vedere come me la sarei cavata a tradurre una storia che non conoscevo tanto bene dandomi delle scadenze mensili o bisettimanali (e non diciamo come me la sono cavata che è meglio… xD). E l’idea di Misa e L insieme era troppo crack per non intrigarmi. Fortunatamente, la storia meritava davvero <3
Però ripeto, magari don’t try this at home.
Ah, ho trovato anche una delle prime email che avevo mandato a StAkuro, la ragazza a cui si devono la scoperta della storia e la sua traduzione e che per i primi capitoli mi ha fatto anche da beta: “Non so quanto sia buona la qualità di quanto finora tradotto, perché ho avuto l’influenza e ho lavorato con una sinusite in fronte che non riuscivo a muovere gli occhi senza farmi venire delle fitte alla testa. Ma il fatto che ho lavorato a dispetto di capogiri e lacrimamenti involontari, starnuti e una depressione da malattia, secondo me la dice lunga. Ieri sono arrivata al quarto capitolo.
Considerato che anche ora ho un’influenza atroce che quando starnutisco salto come nei cartoni animati (GIURO. E sì, nelle feste, sì, a Capodanno, SÌ), ci sta.
Eh, quante energie che avevo, da giovane. Ovvero tre anni fa.

u_u

Fine dell’angolo delle curiosità inutili di Rewrite

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Capitolo 26
*** Invincible ***


Rewrite




Theme 16: Invincible ~ Invincibile

Sporadici sprazzi di astuzia a parte, Misa avrebbe ammesso senza remore che paragonati a quelli di Ryuuzaki o di Light, i suoi non erano i piani migliori del mondo. I suoi tendevano a essere impulsivi e spontanei, e non sempre portavano ai più radiosi dei successi. Sempre che successo lo avessero.

Detto questo, era più che in grado di seguire un piano in maniera impeccabile, se lo desiderava. Un’attrice sapeva sempre quando seguire il copione e quando improvvisare. E lei era, se non altro, un’attrice eccellente. Date le circostanze, concluse che per sfuggire ai suoi muscolosi consorti per un po’, le conveniva fare esattamente quello che aveva detto Light, e nei momenti che le aveva precisato lui. Per ora, almeno.

Rem, naturalmente, non era d’accordo. La sua reazione era però prevedibile, e Misa non si fece scrupoli a ignorare i presentimenti del dio della morte.

Così, quando mise tranquillamente fuori dall’appartamento, e recapitò apertamente degli sguardi alquanto truci alle due guardie, Rem la seguì con un’aria profondamente contrariata.

A onor del vero, la situazione non entusiasmava neanche Misa. Non per la stessa ragione della sua partner, però. A lei preoccupava la riuscita del piano che stava per dipanarsi. Era molto semplice, ma un ritardo, un attimo di goffaggine, e non solo l’avrebbero scoperta, ma avrebbero scoperto anche Light. Trasse un profondo respiro per calmare i nervi, e senza farsi notare scoccò un’occhiata all’orologio. Ancora un minuto.

Lei, la guardia che l’aveva seguita e Rem arrivarono all’ascensore; Misa pigiò il pulsante per la discesa, continuando a ignorare la sua partner e l’uomo che considerava più una sanguisuga che un protettore.

Le luci del corridoio tremolarono fiocamente per qualche secondo, e partì l’allarme antincendio, strillando ad un’ampiezza capace di perforare i timpani, con le spie luminose che lampeggiavano a tempo. In effetti Misa sussultò e apparve adeguatamente sorpresa.

“Oh!” Si rivolse alla guardia, gli occhi sbarrati. “Chissà se c’è davvero un incendio. A Misa non piace l’idea di morire bruciata.”

L’uomo aggrottò la fronte. “Qualche ragazzino avrà premuto l’allarme. Comunque sia, dovremo prendere le scale. Gli ascensori non funzionano.”

Si ricongiunsero all’altra guardia del corpo mentre raggiungevano la tromba delle scale. Nel frattempo, il resto degli inquilini del piano stava lasciando gli appartamenti, evacuando l’edificio sotto il frastuono ininterrotto dell’allarme. Il suo appartamento non si trovava al piano più alto, e sulle scale trovarono già delle persone che scendevano in tutta fretta. Lei e i suoi grossi compagni dovettero farsi strada a gomitate nella calca. Misa, minuta com’era, venne rapidamente spinta via dai suoi sorveglianti.

“Amane-san, per favore, non stia troppo avanti,” la ammonì uno dei due.

“Sì, sì.” Con un certo sforzo, si fermò sui gradini, malgrado la folla, tanto che alla fine riuscì a ritrovarsi dietro i due.

“Amane-san, non stia troppo dietro.”

Lei si esibì in un sospiro teatrale. “Non siete mai contenti! Ecco,” Agguantò la giacca di uno dei due. “Misa si terrà aggrappata fino al piano terra. Va bene?”

Per il momento parvero soddisfatti, e continuarono a scendere per un altro paio di scale gremite senza lamentele. Tuttavia, non appena intravide la porta che dava al quinto piano, Misa fece una deviazione, lasciando la presa sulla guardia e mettendosi a correre velocemente verso di essa. Per fortuna nessuno bloccò il suo esodo, e riuscì a sbattersi la porta alle spalle.

Si guardò freneticamente attorno, sentendo già le grida delle sue due ombre. Si era aspettata di trovare Light ad attenderla, ma di lui non c’era traccia. Al suo posto, per terra, senza dare nell’occhio, c’era soltanto il montante di una porta. I nervi completamente in frantumi, lo spinse con un calcio sotto l’uscio con tutte le sue energie, e si azzardò a rilasciare il fiato che aveva trattenuto quando la porta rimase ferma mentre le due guardie sbatacchiavano la maniglia e le intimavano di aprire immediatamente.

Sussultò letteralmente per la paura quando il telefonino prese a suonarle nella tasca. Tremante, lo agguantò e sussurrò, nel panico: “Light? Pensavo che ci saremmo incontrati qui!”

“Certo che no,” rispose in tono tranquillo lui dall’altro capo. “Non ce n’è motivo.”

Aveva ragione. Se le guardie fossero riuscite a prenderla in tempo, avrebbero visto anche lui. L avrebbe dedotto in quattro e quattr’otto a chi fosse venuta l’idea, e avrebbe probabilmente usato l’episodio come scusa per mettere Light quantomeno sotto un microscopio fino alla fine dell’indagine.

Seppure fossero riusciti a riacciuffarla adesso, la telefonata di Light non avrebbe dimostrato nulla di più di una sfortunata coincidenza, al massimo. Non sarebbe stato possibile coinvolgerlo nel piano di fuga della ragazza. Ma questo non le risollevava il morale. Il fatto che lui non fosse presente la portò dal nervosismo al terrore, al punto che ora non sapeva più che fare.

“Ah, ah… Ora Misa deve andare dall’altra tromba di scale?” chiese, facendo dei respiri svelti e rauchi.

“Resta dove sei,” la istruì lui. “Aspetta cento secondi.”

Senza comprendere, fece quanto le era stato ordinato. A metà del suo conteggio, i colpi alla porta si arrestarono, e riuscì vagamente a sentire le parole ovattate dei suoi due accompagnatori, prima che i loro passi massicci riecheggiassero di nuovo sui gradini delle scale.

“Se ne vanno?”

“Naturalmente,” confermò Light, e quasi le parve di vedere il suo ghigno. “Avranno pensato che sei corsa dall’altro lato del piano per usare quelle rampe lì. Sono certo che ora stanno scendendo di corsa le scale nella speranza di intercettarti laggiù. Non c’è da meravigliarsi. Non sono nulla più che muscoli in affitto. Adesso finisci il conto. Ti restano venti secondi. Accertati che se ne siano andati dal corridoio, in modo che non ti sentano quando ci passi.”

Contare effettivamente fino a venti, senza saltare secondi, richiese tutta la sua forza di volontà. In ogni caso, non appena il tempo fu scaduto, si precipitò sui gradini come se il palazzo stesse andando veramente a fuoco, rischiando più volte di inciampare per la fretta. Alle sue spalle, Rem trasaliva e si accigliava a ogni scivolone. In certe occasioni la sua umana sapeva essere veramente sgraziata.

Quando raggiunse il piano terra, controllò furtivamente l’atrio in tutte le direzioni. Dopo una rapida occhiata dei paraggi, con nessuna delle due guardie in vista, raggiunse rapidamente l’uscita sul retro. Light le aveva detto che poiché la maggior parte delle persone sarebbe uscita dall’ingresso, dal retro avrebbe avuto maggiori probabilità di uscire senza impacci.

Per l’ennesima volta, le sue ipotesi si rivelarono corrette, dato che trovò pochissimi inquilini lungo la strada. Qualcuno di loro le lanciò delle occhiate stranite mentre li superava di corsa, ma lei non vi badò. Era così vicina alla libertà, cosa le importava di quello che potevano pensare gli altri?

Balzando fuori dalle porte, localizzò un taxi fermo, proprio come le aveva riferito Light. Mentre si avvicinava, vide un ragazzo con il cappuccio della felpa tirato sulla testa a velargli i lineamenti. Si girò leggermente per guardarla, un sorriso sulle labbra.

“Misa,” la salutò, mellifluo. “Ti va di fare un giro?”



“È stato elettrizzante,” disse lei, dopo essere arrivati a destinazione, la Toh-Oh. “Ma Misa preferirebbe non ripetere l’esperienza.”

“Me ne rendo conto,” convenne Light, il cappuccio che ancora gli copriva il volto mentre la sorpassava e si inoltrava nei terreni del campus.

La fronte corrugata, Misa lo seguì. “Perché siamo qui?”

“È domenica, perciò non c’è quasi nessuno. Anzi, voglio che andiamo sul tetto di uno degli edifici dove vado a lezione. Lì potremo parlare liberamente.” Indicò un palazzo davanti a sé. “E dubito che questo sarebbe il primo posto che verrebbe in mente a qualcuno per cercarti.”

“Sarebbe un atroce peccato se precipitasse da un’altezza così elevata, vero?” brontolò seccamente Rem, stringendosi nelle spalle nient’affatto contrita quando la sua partner le rivolse un’occhiata rabbuiata per un istante.

Giunti sul tetto, la sua ansia ritornò a vele spiegate. Non sapeva ancora di cosa volesse parlarle. Light stesso le sembrò preoccupato dalla prospettiva, quando raggiunse il ciglio del tetto e si tolse il cappuccio, fissando il cielo. Il sole sulla testa, la posa così sicura di sé, le parve più un dio che un essere umano, come se al mondo non ci fossero nulla e nessuno che potessero sconfiggerlo.

Beh. Quasi nessuno.

“Misa,” iniziò, senza voltarsi. “Tu mi hai detto che sai che Ryuuga – no, che Ryuuzaki lavora al caso Kira come me.”

“Sì,” Annuì. “Ryuuzaki-san ormai è amico di Misa da molto tempo. Ha indagato sulla morte dei genitori di Misa.”

“Ryuuzaki?” Sembrava interessato. “Mi stupisce che se ne sia occupato. E mi stupisce ancora di più che non sia riuscito a incastrarlo.”

“Ryuuzaki-san disse che era un fan di Misa. E mia sorella mi ha detto che molte delle prove erano state compromesse dalla polizia sulla scena del crimine la notte che successe, prima che Ryuuzaki-san vi mettesse mano.” Si intristì; non le piaceva rivangare amari ricordi. “Forse sarebbe riuscito nell’intento se la polizia avesse fatto il suo lavoro.”

“Forse. Forse no. Ma tu come facevi a sapere che Ryuuzaki lavora alla squadra contro Kira? Sembra una persona molto riservata.”

Per un attimo, credette di aver sentito il cuore fermarsi. A quello non aveva pensato. Cercò furiosamente una risposta. “Misa non se la sente tanto di parlare della sua relazione con Ryuuzaki-san.”

“Ah.” Si girò verso di lei. “Allora siete intimi?”

Lei alzò una mano per intrecciare una ciocca di capelli, agitandosi. “Beh…”

“Abbastanza perché lui ti rivelasse una cosa che probabilmente non ha mai detto ad anima viva.”

“Hm…”

“Sono curioso di sapere cosa ne pensi del suo ruolo nel caso,” concluse lui, cambiando bruscamente argomento.

Lei sbatté le palpebre. “Cosa?”

“È solo che ogni volta che parliamo di giustizia, o di legge, non mi sembra che ti piaccia particolarmente il nostro sistema giudiziario.”

“Beh, Misa non ne è una grande fan. Pensa che sbagli troppo spesso.”

“Come con i tuoi genitori?”

“I miei genitori erano brave persone,” disse Misa, con un pizzico di rabbia indignata nella voce. “Meritavano che il loro assassino venisse messo in galera, e così non è stato.”

“Hai detto che Ryuuzaki-san ci ha provato. E lui è un genio.”

“L’intelligenza di Ryuuzaki-san non può rimediare alla stupidità della polizia!” sbottò. “Hanno incasinato tutto! Se avessero fatto bene il loro lavoro, Ryuuzaki-san sarebbe riuscito a trovare le prove di cui aveva bisogno. È stata colpa loro se i genitori di Misa non hanno mai avuto giustizia.”

“Mai?”

“Hm?” Piegò la testa.

“Ricordi? Ho letto gli articoli che hanno scritto al riguardo. Pensavo che Kira avesse ucciso l’uomo sospettato dell’omicidio.”

“Lui era l’uomo che li ha ammazzati.” lo corresse. “E sì, Kira l’ha ucciso.”

“E questa non è giustizia per te?”

“… Secondo Misa sì. Ma Ryuuzaki-san è di altro parere.”

“E tu pensi che visto che Ryuuzaki è più intelligente di te, ha ragione lui.” Era un’affermazione, non una domanda.

“Beh, ragione no, ma Misa capisce che-”

“E se si sbagliasse, Misa?”

“Cosa?”

Fu solo allora che si accorse di quanto lui si fosse avvicinato, il volto a meri centimetri di distanza, gli occhi che perforavano i suoi. Abbastanza vicino da baciarla. Abbastanza vicino da afferrarla se avesse tentato di scappare. “E se si sbagliasse? E se la sua logica, benché apparentemente ineccepibile, avesse delle pecche ereditarie e innegabili?
Pensaci. Sulla carta, il sistema è fatto in modo da lavorare per il bene delle persone. Ma quanto spesso va davvero a segno, nella pratica? Sempre più di frequente i colpevoli vengono condannati a sentenze patetiche in confronto al crimine commesso oppure, come nel caso dei tuoi genitori, sfuggono persino a quelle. E perché? Perché il sistema offre troppe scappatoie. Troppi modi per essere corrotto e abusato da persone che lo sappiano maneggiare e siano abbastanza amorali da farlo.
“Oh, ce ne sono di persone come Ryuuzaki, che pensano che la legge debba essere l’ultimo mezzo con cui punire i criminali e hanno il talento per assicurarsi che così accada. Ma le persone come lui sono più uniche che rare a questo mondo. E ci si può veramente fidare di un sistema apparentemente gestito da idioti?”

Lei fece una risatina nervosa. “Light sembra più un simpatizzante di Kira che un investigatore.”

Lui indietreggiò, tossendo. “Forse. Suppongo che l’indagine mi abbia fatto diventare un po’ frustrato. Non sta andando da nessuna parte.”

“Kira è molto intelligente.”

“Sì, certo. Ma prima o poi lo prenderemo. Spero che non penserai troppo male di me quando accadrà.”

“Misa non penserebbe mai male di Light. Ma sarebbe comunque un po’ triste.” ammise.

“Tu sì che sei una vera simpatizzante di Kira, eh?”

“Su, su. Sono solo pettegolezzi! Misa-Misa non ha mai rilasciato una dichiarazione ufficiale in proposito.” Gli strizzò l’occhio.

Lui rise sotto i baffi. “Immagino di poter capire. Kira ha il potere di epurare il mondo da chiunque crede lo stia inquinando. Ha una visione chiara, e la porta avanti senza che nessuno sia veramente in grado di fermarlo. È perfino percepito come un dio da chi è nauseato da ciò che il mondo è diventato. Arrivano addirittura a venerarlo. Si è incoronato re. Si potrebbe dire che sia stato incoronato dagli altri che concordano con i suoi ideali, e che stia governando col pugno di ferro.”

Misa distolse lo sguardo, un sorriso amaro sulle labbra. “Certo, però gli manca qualcosa, sai?”

“Gli manca qualcosa?” ripeté lui, genuinamente curioso.

Lei gli diede un’occhiata di sbieco, e aggiunse con fare cospiratorio, “Una regina. Gli manca una regina. Non credi anche tu, Light?”

Lui inarcò un sopracciglio, dubbioso. “La tua è un’affermazione molto pericolosa, Misa. Kira ha già dei ferventi sostenitori. Pongono già una minaccia notevole senza che abbia pure qualcuno con cui dividere il suo potere.”

“Misa non pensa che le persone che credono in Kira siano cattive. Pensano solo che la sua giustizia sia equa.”

“Forse, ma questo non significa che non possano perdere la testa a causa della loro lealtà. Kira è stato molto preciso con le persone che ha punito finora. Se un seguace zelante superasse la semplice venerazione e cominciasse a commettere egli stesso omicidi, allora che succederebbe?”

Lei si sentì precipitare lo stomaco, il mondo che le girava un po’ intorno.

“E cosa succederebbe se qualcuno che non segue veramente Kira lo usasse come scusa per uccidere le persone che non gli vanno a genio? Che lo trattano male, per esempio? Magari i suoi parenti?”

“Allora quel tipo di persona verrebbe sicuramente punito da Kira!” Misa sollevò di scatto la testa, l’espressione che ardeva di collera. “Le brave persone non ucciderebbero mai i propri genitori! I genitori sono preziosi e insostituibili. Kira non permetterebbe mai che qualcuno usi il suo nome come scusa per commettere una tale atrocità.”

Light abbozzò un sorriso. “Probabilmente hai ragione. Kira sembra proprio il tipo da assicurarsi che nessuno insudici i suoi ideali. Ma questo non lo rende giusto.”

“Perché no?”

La domanda accorata riuscì a coglierlo di sorpresa per un secondo. “Prego?”

“Perché Kira non può essere giusto? Non uccide mica persone innocenti. Punisce solo i criminali, persone che hanno fatto cose orribili. Persone che hanno fatto stare male altre brave persone. Cosa c’è di sbagliato nel farla pagare ai criminali per quello che hanno fatto se non ci pensa il sistema giudiziario?”

“Ma una persona sola ha davvero il diritto di dire quale punizione è corretta?”

“Kira non è certo l’unico a pensare quello che pensa,” ribatté Misa. “È solo che lui è l’unico in grado di fare ciò che la maggior parte delle persone ritiene che andrebbe fatto. È per questo che così tante persone credono in lui. Perché credono che ciò che fa sia giusto. È solo che non possono farlo personalmente.”

“Ryuuzaki non la pensa così.”

Era una semplice affermazione. Un’affermazione che Misa già conosceva. Eppure, ebbe il potere di estinguere completamente la fiamma della sua rabbia, facendola sentire molto piccola e a disagio.

“Ryuuzaki crede fermamente che la vera giustizia sia quella portata avanti dalle leggi già istituite,” proseguì Light, guardandola dritto negli occhi. “È proprio per questo che stiamo conducendo quest’indagine. Per Ryuuzaki e per la squadra, Kira non è che un criminale qualunque.”

“Misa questo lo sa,” mormorò, innervosendosi sotto il suo sguardo fisso. “Ma è solo perché Ryuuzaki-san è molto bravo in quello che fa. Ryuuzaki-san ha l’abilità di farlo funzionare. Però,” Si morse il labbro. “Non tutti ci riescono. Non tutti sono intelligenti quanto Ryuuzaki-san. È per questo che c’è bisogno di Kira. Per rettificare gli errori che fanno le persone che non sono come Ryuuzaki-san.”

“Ah, capisco,” Light posò gli occhi sul cielo. “Allora tu pensi che abbiano ragione sia Ryuuzaki che Kira.”

“Beh…” Lei chinò la testa, prendendosi un attimo per riflettere. “Misa non l’ha mai pensata in questi termini, ma sì. Ryuuzaki-san ha ragione, perché quando il sistema funziona come dovrebbe, come lui lo fa funzionare, allora va tutto per il meglio. Ma anche Kira ha ragione, perché la legge non sempre funziona, e i cattivi la fanno franca. Quindi in realtà non ha torto nessuno dei due.”

“Sono certo che nessuno dei due la veda così, Misa. È per questo che combattono l’uno contro l’altro. Nessuno dei due cederà mai sui propri ideali. Un giorno, uno dei due vincerà sull’altro.”

Lei rabbrividì alla freddezza di quelle parole.

“Quando quel giorno arriverà, tu chi sceglierai, Misa?” domandò Light, l’espressione di pietra.

Lei sgranò gli occhi, la gola secca come cartapecora. Per la prima volta da molto tempo, il ragazzo che aveva di fronte le incuteva autentico terrore. Aveva sempre pensato, a dispetto di tutte le bugie e le reti contorte, che in qualche modo sarebbe riuscita a trovare la maniera per mantenere in vita sia Ryuuzaki che Light. Che ne sarebbe uscita vittoriosa, e avrebbe tramutato in realtà la sua piccola favola, dove avrebbe potuto tenere al sicuro il suo eroe avendo comunque Ryuuzaki al suo fianco.

Ma ora, d’un tratto le era evidente che il suo sogno non avrebbe mai potuto concretizzarsi. Seppure lei non ci fosse stata, Light e Ryuuzaki – Kira e L – non avrebbero mai accettato di convivere l’uno con l’altro. Non si sarebbero mai visti come veri alleati, ma come nemesi. Una persona da eliminare. E prima o poi sarebbe successo.

Neanche si accorse di star piangendo finché Light non allungò una mano per asciugarle le lacrime dalle guance, il viso di molto addolcito rispetto a prima.

“Scusa,” le disse. “Era una domanda abbastanza pesante. Dimentica che te l’abbia chiesta. Forza, ti riporto a casa. Sono sicuro che a quest’ora Ryuuzaki e le tue guardie del corpo staranno dando di matto.”

Tra le lacrime, Misa ridacchiò. “Ryuuzaki-san non dà mai di matto.”

“Forse.” concesse lui con un sorriso. “Ma sono certo che non sarà contento.”

“Beh, questo,” Sorrise mestamente, “lo crede anche Misa.”



NdT:chi posta puntuale a Capodanno posta puntuale tutto l’anno” (cit.)
PUAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH! XD
No, sul serio, perdonate il ritardo. Sono stata via e non ho potuto fisicamente occuparmi di nulla.
Comunque quanti dialoghi. o_o È tutta colpa di Light, tanto per cambiare. È sempre colpa di Light.
Il pezzo su Light che fa tutto il Kira-è-figo-di-qua-Kira-è-figo-di-là, già che ci siamo, a me sa troppo di masturbazione.
… E DOPO QUEST’ILLUMINANTE COMMENTO VI SALUTO.
Alla prossima!

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Capitolo 27
*** Fence ***


Rewrite




Theme 25: Fence ~ Recinto

Quando Light le aveva detto che Ryuuzaki non sarebbe stato contento, lei non lo aveva messo in dubbio. Ma l’idea di un Ryuuzaki scontento consisteva grossomodo in una sua telefonata piuttosto aspra. Magari le avrebbe affibbiato un bodyguard extra.

Non aveva contemplato la possibilità che Ryuuzaki si presentasse di persona a casa sua con un’espressione estremamente nervosa, annunciandole che dovevano parlare.

E di certo non aveva contemplato l’evidente stizza che gli orlava il tono di voce solitamente gentile. “Misa-san,” cominciò, guardandola dall’alto, decidendo per una volta di restare in piedi, senza accomodarsi sul divano. “Hai una qualche vaga idea delle conseguenze della tua bravata di ieri?”

Lei finse nonchalance, scrollando le spalle. “Misa è solo uscita per un po’.”

Errore.” Si accigliò. “Sei scappata volontariamente ai due uomini che ho assunto per proteggerti, e sei sparita per quasi quattro ore.”

Misa sospirò, sedendosi sul divano con una tazza di tè tra le mani. “Non mi piacciono. Sono soffocanti.”

“Qui non è questione di piacere. Li hai perché ne hai bisogno.”

“Misa non è d’accordo.”

“A quanto pare hai dimenticato le telecamere che ti avevano installato.”

“Non l’ho dimenticato, è solo che non credo ci sia bisogno di arrivare a delle guardie del corpo,” sbuffò.

“E cosa proporresti, allora?” la sfidò lui.

“Beh, Misa non lo sa ancora con precisione,” ammise, bevendo un sorsetto del liquido bollente per sedare i nervi a fior di pelle che stava cercando di nascondere.

“E lo sai perché? Perché il mio è il piano migliore. E funzionerebbe meglio se tu lo rispettassi.”

“Te l’ho già detto, non voglio quel tipo di protezione!” strillò la ragazza.

“Non puoi avere sempre quello che vuoi, Misa-san,” Lui s’infilò le mani in tasca con veemenza, come per tentare di trattenersi. “Devi accettare ciò di cui hai bisogno.”

“Allora io non ho bisogno delle tue guardie del corpo!”

Il suo viso parve addirittura contrarsi, per un momento. “Misa-san, hai uno stalker. Le guardie del corpo sono il minimo.”

“Allora Misa si prenderà un cane. Un cane grosso e cattivo che abbai e spaventi la gente.”

“A te non piacciono i cani. E poi davvero riusciresti a prenderti cura di un animale con il tuo lavoro?”

Lei corrugò la fronte; non le piaceva la piega che stava prendendo il discorso. “Misa troverà qualcos’altro. Tutto ma non un bodyguard.”

Lui sospirò. “Per l’ultima volta, ne hai bisogno.”

“Ma Misa non li vuole!” ripeté, animosamente.

“Ti stai comportando come una bambina!” La voce di Ryuuzaki stava cominciando ad aumentare d’intensità.

“Ma quando mai! È la vita di Misa, e lei dovrebbe poter scegliere cosa vuole e cosa non vuole. E poi Misa non capisce perché Ryuuzaki-san stia cercando di imporglieli.”

“Perché sto cercando di proteggerti!” urlò lui, abbassandosi per afferrarle le spalle, facendole quasi versare inavvertitamente il tè. “Sto cercando di proteggerti come meglio posso. Perché non me lo permetti?”

Lei sbatté le palpebre un paio di volte, ammutolita dallo shock. Ryuuzaki non aveva mai alzato la voce con lei, prima d’ora. Non si era mai nemmeno arrabbiato con lei. Aveva sempre il pieno controllo delle proprie facoltà. Non sapeva come reagire a questo nuovo scatto inverosimile.

Ryuuzaki stesso parve rendersi conto del proprio comportamento, e la lasciò andare, ritraendosi. Scosse la testa, confuso. “Questa… è una situazione veramente bizzarra, Misa-san,” disse infine, in un tono di gran lunga più simile al solito, prima di mettersi a rosicchiare la punta dell’indice.

“B-bizzarra?” ripeté meccanicamente lei dopo aver ritrovato la voce.

“Non sono il tipo da discussioni. Non infuriate, perlomeno.”

Gli diede un’occhiata scettica. “Ryuuzaki-san non si è mai arrabbiato?”

“Oh, certo che mi arrabbio, ogni tanto. Ma non urlo mai. Lo trovo controproducente.”

“Con Misa non ti fai tanti problemi…” borbottò, imbronciandosi.

“Tu faciliti il processo,” ribatté. “Rimane comunque alquanto destabilizzante.”

“Tu mi urli addosso e la cosa sarebbe destabilizzante per te?

“Urlare in generale è destabilizzante. Te l’ho già detto, non vedo perché dovrei alzare la voce, quando un tono tranquillo e un discorso razionale sono molto più efficienti.” La guardò, tamburellandosi ora il mento col dito, “Ma tu mi…” S’interruppe bruscamente, riportando le mani in tasca. “Le guardie rimangono.”

Lei sbatté la mano libera sul cuscino su cui era seduta. “Ryuuzaki-san!”

Quando suonò il campanello i suoi nervi già a pezzi andarono completamente in frantumi, e sussultò. Con un mezzo sbuffo andò a vedere chi fosse. Non aveva mai ricevuto nessuno mentre c’era Ryuuzaki. Forse era semplicemente una consegna.

Scoprì però che non si trattava di un evento neanche lontanamente ordinario come una consegna, quando guardò nello spioncino e dall’altra parte trovò Mamori.

Si voltò verso di lui, un po’ impallidita, e bisbigliò, “È la sorella di Misa.”

“Ah.”

La sua non-reazione fa fece incupire. Non lo sapeva cosa significasse?

“Misa?” la chiamò la sorella da fuori la porta, bussando di nuovo. “Misa, sei in casa?”

Lei guardò la porta, e poi di nuovo Ryuuzaki. “Misa che deve fare?”

“In che senso? È tua sorella, no? Dovresti risponderle.”

Lo fissò senza espressione per un istante, non comprendendo la sua indifferenza. Poi, dicendosi che in fin dei conti non poteva ignorare sua sorella, le aprì.

“Ah, eccoti qui. Stavo cominciando a pensare di essere passata in un brutto momento.”

“Non è mai un brutto momento per Mamori.” Abbozzò un sorriso tremante e le diede un rapido bacio sulla guancia. “Vieni.”

Il sorriso di Mamori parve smorzarsi quando entrò e individuò Ryuuzaki in fondo alla stanza.

“Salve,” la salutò lui, dimenando le dita a mo’ di saluto.

“Hm, salve?” rispose lei, incerta. Si rivolse a sua sorella e chiese, “Sto interrompendo qualcosa?”

“Oh, ecco-”

“Certo che no,” la fermò Ryuuzaki, dirigendosi verso di loro. “Io e Misa-san ci stavamo soltanto salutando. Non faccia caso a me.”

“Ah. Hm, mi chiamo Mamori,” si presentò lei, spostandosi per bloccargli la strada. “Sono la sorella maggiore di Misa. Lei è?”

“Otani Shin'ichi.”

Quel nome gli uscì dalle labbra con una tale tranquillità che Misa non poté non ostentare una smorfia derisoria. Non era neppure il nome che usava all’università!

“Piacere di conoscerla, Otani-san. È un amico di Misa?” domandò con un sorriso.

“In realtà sono il suo fidanzato.”

Ancora una volta, una tale tranquillità che la stanza quasi si mise a girare.

Ebbe l’impulso di correre in camera sua, nascondersi sotto le coperte e rimanere lì fino a quando fosse tutto finito. Però mostrò alla sorella il suo sorriso migliore e annuì. Era l’unica cosa che potesse fare.

La donna inarcò un sopracciglio. “Io… capisco.”

“Beh, io ora vado,” continuò lui, raggiungendo la porta con disinvoltura. “Misa-san, parliamo dopo. Mamori-san, è stato un piacere.”

“Anche per me,” assicurò lei, perplessa. Quando poi finalmente se ne uscì, piombò sulla sorella minore. “E quello sarebbe il tuo fidanzato? Adesso capisco perché è un segreto!”

“Mamori! Non è una cosa molto carina da dire.”

“Beh, non voglio essere maleducata, ma non è proprio il tuo tipo. Me lo immaginavo un po’ più… presentabile.”

“Ry– Otani-san non ha niente di male!” esclamò, riprendendosi meglio che poté.

“Ma se ha la faccia di uno che non dorme da giorni!”

“Non può farci niente. È fatto così.” lo difese, sapendo che Ryuuzaki probabilmente qualcosa avrebbe potuto farci, se avesse voluto.

“Beh, tanto alla fine non è questo quello che conta. Basta che ti tratti bene.” concluse con un sospiro.

Lei ripensò alla loro ultima discussione, a quanto fosse stato insistente e arrabbiato. Ricordò anche la ragione che gli aveva provocato tanta collera. Chissà se era trapelata anche quando era venuto a sapere della sua piccola fuga.

Lo aveva fatto preoccupare così tanto che aveva passato tutto il giorno a sobbollire fino a quando non si era presentato all’uscio di casa sua? Sapere di poter far perdere un po’ il controllo a una persona che di solito lo teneva sempre saldamente in pugno diede una spintarella alla sua ostinazione sulla sostanza della disputa, seppure solo di qualche centimetro.

“Ogni tanto è un po’ assillante,” ammise. “Ma Misa sa che le sue intenzioni sono sempre buone.”

Lei la guardò severamente. “Va bene, risposta accettabile. Per ora. Comunque, avevo pensato di farti una sorpresa venendo a casa tua. Non mi aspettavo che l’avresti fatta tu a me.”

Misa rise. “Beh, ma Misa è molto sorpresa di vedere Mamori. E tanto contenta! Questo significa che sei qui per cercare un posto in cui vivere, vero?”

“Sì, anche se a quanto pare forse non mi vorrai tra i piedi tanto spesso, quando mi trasferirò da queste parti,” rispose lei con un ghigno.

Lei arrossì vivamente. “M-ma certo che Misa ti vorrà! Non pensare così! Misa e Otani-san non – cioè, noi non…”

“Ad essere completamente sincera, preferirei non saperlo.” I tintinni di una suoneria si alzarono dalla borsetta della donna, che dopo aver pescato il cellulare lesse il messaggio appena ricevuto. “No, che diamine!”

Il grido la fece ritrarre un po’. “Mamori?”

Lei alzò la testa, furiosa. “Non posso crederci. Proprio non ce la faccio.”

“Misa non capisce.”

“Kira.” brontolò con disgusto. “Kira ha ucciso una delle persone che stava subendo un processo in uno dei casi a cui stavo lavorando. Evidentemente la difesa non ha fatto in tempo.”

“Oh. Capisco.”

“Questa è la quinta volta che capita! Ma crede davvero di star dando una mano a qualcuno? Come può essere una vera fine per le vittime, se il presunto criminale non arriva neanche alla fine del processo?”

Lei aggrottò la fronte. “Allora Mamori crede ancora che Kira si sbagli?”

“Non lo credo. Lo so.”

“Mamori pensa che abbia ragione L?”

“Assolutamente. Farsi giustizia da soli non è giustizia, nella maniera più assoluta.”

“Quindi secondo te Kira e L non potrebbero mai andare d’accordo?”

“Certo che no,” ribatté, rafforzando il concetto scuotendo il capo. “Hanno delle opinioni diametralmente opposte sull’amministrazione della giustizia. E nessuno dei due ha intenzione di scendere a compromessi.”

Raggrinzì un po’ il viso. “Credi che Misa sia una cattiva persona perché pensa che abbiano ragione tutti e due? Perché non vuole che cada L ma neanche Kira?”

Mamori parve confusa. “Misa, non vedo perché questo dovrebbe fare di te una persona cattiva.”

“Il fatto è che Kira ha fatto sparire l’uomo cattivo che ha ucciso mamma e papà, e allora è il mio eroe. Però anche L è una brava persona.” Tirò un po’ su col naso, cercando di non piangere. “Punisce i criminali, proprio come Kira. Solo, in maniera diversa. Vogliono entrambi giustizia, per questo Misa non capisce perché non possano andare d’accordo.”

“Perché per L il sistema di Kira non è giustizia,” spiegò lei, non capendo perché Misa fosse tanto turbata dalla questione. “E il sistema di L ha troppe falle, per Kira.”

“Ma sono tutti e due brave persone,” insistette. “Quindi dovrebbero essere amici. Le brave persone non dovrebbero volere la morte di altre brave persone!”

“Non è così semplice.” Le poggiò una mano sulla spalla.

“Dovrebbe esserlo! Per Misa lo è!” strillò. “Kira sarà l’eroe di Misa per sempre. Ma adesso che Misa conosce meglio L, sa che anche lui è un eroe. Quindi dovrebbero semplicemente capire che non c’è bisogno di combattere, e poi entrambi gli eroi di Misa sarebbero al sicuro.”

Sua sorella si accigliò. “Misa, sta succedendo qualcosa di cui vorresti parlarmi?”

Lei scosse convulsamente la testa, ma allo stesso tempo l’abbracciò. “Non mi sento bene. Puoi rimanere qui, stanotte? Pigiama party?”

“Certo,” la rassicurò, dandole delle pacche gentili sulla schiena. “Lo sai che non lascerei mai la mia sorellina da sola quando è tutta scombussolata.”

“Mamori è una brava sorella. Domani starò meglio. Prometto.”

“Prometti?”

“Sì. Perché domani Misa capirà esattamente cosa fare. Vedrai.”

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Capitolo 28
*** Excessive Chain ***


Rewrite




Theme 13: Excessive Chain ~ Catena eccessiva

Come promesso, al mattino seguente l’umore di Misa era migliorato considerevolmente. Si svegliò addirittura presto per preparare una colazione speciale per sé e sua sorella. Purtroppo, il risultato finale furono un paio di uova troppo salate e squagliate e qualche fetta di pane tostato bruciacchiato. L’idol compianse il suo fallimento culinario con copiose moine infantili, e Mamori, divertita quanto avvezza al talento della sua sorellina nel non avere neanche un briciolo di talento ai fornelli se non con i dolci, propose di andare a mangiare fuori.

Si ritrovarono al caffè preferito di Misa. Generalmente, l’idol avrebbe fatto ricorso al suo solito camuffamento per essere sicura di poter mangiare in pace. D’altra parte, Ryuuzaki aveva fatto in modo che le guardie del corpo ricomparissero nella sua vita, e a quella che aveva scortato lei e Mamori bastava quasi unicamente la propria presenza per tenere alla larga possibili curiosi. Per quanto lei non fosse molto entusiasta all’idea che i due bodyguard spaventassero i suoi fan (e chi lo sapeva che dicerie avrebbero potuto generarsi su internet per una cosa simile?), doveva ringraziarli, a malincuore, per quel ritaglio di tempo che poteva ora trascorrere indisturbata con sua sorella.

Così credeva, almeno, fino alla pioggia di domande.

“Allora, questo Otani-san,” iniziò Mamori tra un boccone di bagel ripieno di philadelphia e l’altro. “Dov’è che poi l’avresti incontrato, esattamente?”

Lei finse di essere molto interessata al muffin di crusca basso e largo che stava mangiucchiando. “Hm, che importa? Dobbiamo trovarti un appartamento, no?”

“Oh, sì. Lo troveremo. Subito dopo colazione.” aggiunse la sorella, sporgendosi verso di lei. “Ovvero dopo. Così, mentre mangiamo, credo che potremmo parlare anche di altre cose.”

“E se Misa non volesse parlare di quella cosa lì?” chiese la modella, evitando i suoi occhi.

“Allora è probabile che non gradirai molto il resto della colazione,” rispose seccamente lei.

Misa aggrottò la fronte. “Mamori è una sorella molto cattiva.”

“Non sono cattiva. Solo curiosa,” la corresse la donna. “Insomma, sono mesi che alludi a questo tuo fidanzato segreto, ma non mi hai mai dato un nome né niente. Credo di meritare un paio di risposte adesso che sono finalmente incappata nel tuo uomo misterioso.”

“Alla fine non c’è molto da dire.”

“Ma davvero? Com’è che vi site conosciuti?”

Misa masticò strategicamente un pezzo di muffin, deglutendolo molto lentamente. Ovviamente non poteva raccontarle la vera storia di come aveva conosciuto Ryuuzaki, visto che se l’avesse fatto le avrebbe provocato uno scoppio di ira e sarebbe stata bombardata da domande per cui semplicemente non aveva una risposta pronta.

Si chiese per un attimo se la sua guardia del corpo avrebbe tradito la bugia che stava per biascicare, ma poi ragionò che non l’avrebbe fatto. In fondo, o lavorava per L, e aveva dunque abbastanza buon senso da tacere, o molto più probabilmente non aveva alcuna idea di chi fosse il suo vero datore di lavoro, né che aspetto avesse. Comunque fosse, era meglio buttare lì la cosa più sensata che le venisse in mente.

“Durante un servizio.”

Mamori sbatté le ciglia. “Fa il modello?”

Lei quasi si strozzò, e bevve rapidamente un sorso d’acqua per impedirsi di tossire in maniera molto poco femminile. Non bastò quello, però, a trattenere le sue risate incredule. “Oddio, no! No!” esclamò, scuotendo il capo. “Otani-san sta dietro le scene. Molto dietro.”

“Eh? Aaaah,” Mamori annuì, come se avesse appena realizzato qualcosa. “Allora ha un lavoro tranquillo tranquillo nel campo. Un produttore, una cosa così.”

“Una cosa così,” confermò Misa, pensando che, in fin dei conti, Ryuuzaki poteva essere considerato un produttore, a modo suo.

“Beh, posso capire perché non vuoi che nessuno sappia di una relazione con una persona del genere. Sono sicura che molti nell’industria, così come nei media, insinuerebbero che stai con lui solo per farti un nome. Soprattutto considerando il suo aspetto… interessante.”

“L’aspetto di Otani-san non ha niente di male!” contestò lei, sulla difensiva. “Ha solamente uno stile suo, ecco tutto.”

“Misa, ho visto barboni con lo stesso identico ‘stile’.”

La ragazza scrollò le spalle. “Non gli piace farsi notare, questo è quanto.”

“Beh, non è che gli riesca benissimo passare inosservato,” notò Mamori, ridendo. “Più che altro è quasi impossibile non fissarlo. Cioè, va bene che bisogna baciare qualche rospo per trovare un principe, ma sembrerebbe quasi che il tuo Otani-san non si sia mai preso la briga di trasformarsi.”

“Non lo so, a Misa non dispiace.” ribatté lei, con un grande broncio.

L’altra sorrise, con aria saputa. “Perché ci sei abituata. Fidati. È unico, quantomeno.”

Alle spalle di Misa, il volto di Rem era una maschera funesta. Gli ultimi giorni erano stati emotivamente spossanti e frustranti per lei. Non le andavano a genio né L né Kira, ma doveva concedere malvolentieri che Misa teneva a entrambi, per motivi diversi. Solo che i nodi della matassa stavano venendo al pettine in maniera abbastanza sgradevole, ed era più che un po’ curiosa di scoprire la posizione che avrebbe finalmente preso Misa.

Sempre che avesse preso una decisione. Non riusciva mai a predire cosa le frullasse per la testa. Qualsiasi cosa fosse, probabilmente, il suo proposito di uccidere Yagami Light non sarebbe cambiato. Era chiaramente il più pericoloso dei due, dal momento che lui, a differenza di Ryuuzaki, non aveva indubbiamente alcun attaccamento emotivo a Misa, e si sarebbe pertanto sbarazzato di lei non appena fosse giunto il momento più opportuno.

Ciononostante, una preferenza di Misa verso Light avrebbe potuto ritardare la sua inevitabile caduta. Rem non aveva la minima intenzione di lasciare alla sua partner il sospetto che lei avesse qualcosa a che vedere con la morte del ragazzo. Misa sapeva essere molto ingenua su tante cose, ma certe volte era spaventosamente astuta.

“Ma è per questo che è interessante. Perché non conosco nessun altro come lui.”

“Ti piace davvero, eh?”

“Io…” La voce le morì sulle labbra mentre metteva ordine ai suoi pensieri. “Sì. Sì, mi piace.”

Mamori aguzzò gli occhi. “Lo ami?”

Alzò la testa di scatto. “Non è facile da-”

“Oh, dai, Misa,” sospirò la sorella. “Sei la persona più emotiva che conosca. Il pensiero razionale di solito non è il tuo forte. Quindi se sei rimasta tanto tempo con questo tipo strano, anche quando avresti potuto sceglierti uno qualunque dei modelli che ci sono in giro, per me la risposta è abbastanza ovvia, ormai.”

Lei si incupì. “Se è così ovvia, perché chiedermelo?”

La donna scrollò le spalle e sogghignò. “Perché voglio sentirtelo dire. Lo ami, vero?”

Puerilmente, Misa staccò un altro morso al muffin invece di risponderle. Mamori soffocò una risata.

Alla fine, Misa rispose con un mormorio appena udibile. “Lui è… è la persona più preziosa di Misa. E non ho altro da dichiarare.” concluse ad alta voce.

Mamori parve sommariamente soddisfatta. Anche Rem lo era, un po’.



Il primo giorno di caccia all’appartamento si rivelò molto imbarazzante per le sorelle Amane. Immancabilmente, quando le due entravano in un appartamento e aspettavano che glielo facessero visitare, il proprietario o l’inquilino di turno correva nella stanza con una macchina fotografica o con carta e penna, monopolizzando quasi tutto il tempo di Misa. Nemmeno la sua guardia del corpo sembrava sortire l’effetto sperato finché non li afferrava per un braccio e chiedeva loro di farsi indietro. Ripensandoci a posteriori, si resero conto che avrebbero dovuto aspettarselo.

Mamori aveva rifiutato qualunque somma di denaro da parte di sua sorella per un appartamento migliore di quanto potesse permettersi col suo stipendio, sia pure in condominio. Era determinata a camminare con le proprie gambe. Questo voleva dire, però, che nei posti che andavano a visitare non alloggiavano le persone benestanti a cui Misa si era abituata nel suo palazzo. Perciò, invece di amalgamarsi al resto di persone abbienti, lei risaltava come un pugno in un occhio (molto ricco). Certo, lei non negava mai una foto o un autografo – bisognava sempre essere gentili con i fan – ma buona parte del loro tempo andò inevitabilmente perduto.

A fine della giornata, le due convennero che quando avessero ripetuto l’esperienza, Misa avrebbe accompagnato la sorella sotto mentite spoglie o sarebbe rimasta direttamente a casa. Di questo passo non sarebbero mai riuscite a trovare un posto a Mamori prima che tornasse a casa sua.

Misa le aveva offerto di passare di nuovo la notte da lei, ma questa volta Mamori l’aveva convinta che sarebbe stato meglio per tutte e due se avesse dormito alla stanza d’hotel che aveva prenotato.

“Non voglio buttare i soldi, dopotutto.” aveva spiegato.

Con riluttanza, lei aveva ceduto. Ma questo la lasciava sola in casa con i suoi pensieri.

Beh, non esattamente sola.

“Misa, per quanto tempo ancora hai intenzione di trascinare questa storia?” disse Rem.

“Di che parli?” domandò Misa innocentemente, entrando in camera sua e chiudendo la porta, sapendo che le due sentinelle al di fuori del suo appartamento non avrebbero potuto sentirla.

“Di questa cosa con L e Kira. È pericoloso.”

“Non mi sembrava che a Rem dispiacesse così tanto, all’inizio,” ribatté lei, incrociando le braccia e fissandola torvamente.

“Ricordati che inizialmente non volevo nemmeno che conoscessi la vera identità di L perché non volevo che venissi coinvolta in un pasticcio di queste proporzioni. Ma mi è stata forzata la mano.” Sospirò. “E all’epoca, credevo che la faccenda si sarebbe risolta molto più velocemente, e con molte meno complicazioni. Ma su questo ho sbagliato io. Continuo a dimenticare quanto gli esseri umani adorino complicare le cose. Nulla li eccita di più di una vita spericolata.”

“A Misa non piacciono le vite spericolate. È solo che non è semplice.”

“Con te non è mai semplice.”

Misa alzò le mani in aria. “Rem non capirà mai! Lei è un dio della morte e a lei non importa niente di nessuno, perché tanto per lei le persone esistono soltanto per essere uccise per la sua sopravvivenza.”

Rem piegò la testa. “È quasi vero.”

“Quasi?” le fece eco, confusa. “Uccidere qualcuno dona a uno shinigami il tempo che restava da vivere a quella persona, no? Mi pare di ricordare che la regola fosse così.”

“Oh, e la ricordi bene. Ma il punto è che io non userò mai il mio Death Note per uccidere te, Misa.”

La ragazza sbatté le palpebre. “Ma è quello che dovresti fare. Fa parte del contratto.”

“Sì, fa parte del contratto, è vero. Ma questo non vuol dire che sono costretta a farlo. È a mia discrezione, e ho scelto di non applicare quella clausola.”

“Misa non capisce,” disse lei, corrugando le sopracciglia. “Perché non farlo, quando è quello che Rem dovrebbe fare?”

Il dio della morte emise un sospiro profondo. “Perché, Misa, non soltanto gli esseri umani hanno sentimenti. E non sono neanche gli unici capaci di tessere legami.”

Misa sgranò un po’ gli occhi, e Rem si chiese se avesse veramente compreso ciò che intendeva. In verità, non sapeva precisamente come si confessassero i propri sentimenti a qualcuno. Poteva dirsi abbastanza sicura di trovare un po’ troppo contorta la tecnica di Misa, ma forse sarebbe stato meglio se l’avesse imitata.

O forse non avrebbe proprio dovuto dire nulla. Anche se Misa l’avesse capita, non per forza l’avrebbe accettata. Nel giro di qualche secondo, però, le fu chiaro che non c’era bisogno di preoccuparsi di un rifiuto di sorta, perché Misa sfoderò un sorriso a trentadue denti e congiunse le mani. No, non aveva capito assolutamente niente.

“Rem è un’ottima amica. Misa sa di non dimostrarlo sempre, ma spera di essere anche lei un’ottima amica per Rem.”

Trattenendo l’ennesimo sospiro, Rem riprese la parola: “Misa, questo comunque non risolve il problema della tua decisione su quello che bisogna fare.”

“Perché Misa non può semplicemente non fare nulla?” chiese, il sorriso sparito.

“Certo che puoi. Sono certa che prima o poi L o Kira riuscirebbe ad uccidere l’altro senza il tuo aiuto.” La squadrò. “Solo che potrebbe non essere necessariamente quello che tu vorresti veramente vincesse. E potresti non necessariamente sopravvivere fino alla fine.”

Misa si inalberò. “Ryuuzaki-san e Light non ucciderebbero mai Misa! Che cosa orribile da dire!”

“Sicura? Anche se L e perfino Kira decidessero che la tua vita va risparmiata, che mi dici del partner di Kira? Il chiodo fisso di Ryuuk è rendere le cose interessanti. E tu, Misa, finora hai reso le cose interessanti, dal suo punto di vista. Ma se dovessi smettere improvvisamente di interferire col giochetto di L e Kira, per qualche ragione dubito che Ryuuk troverebbe appassionante la tua scelta.”

“E tu credi che lo shinigami di Light ucciderebbe Misa per averlo annoiato?”

“Non solo per quello, ma anche perché probabilmente gli piacerebbe tanto vedere le reazioni dei due uomini con cui ti sei invischiata. Per Ryuuk, sarebbe il minimo che potresti fare per esserti tirata fuori dal gioco.”

“Non è un gioco.”

“Per lui sì. La vita umana è sempre stata un gioco per noi.”

Misa tremò involontariamente.

“Misa, stamattina a colazione hai detto che amavi L, giusto?”

“Non ho mai detto questo,” brontolò.

“Hai detto che è la tua persona più preziosa.” incalzò Rem. “È vero o no?”

Misa si agitò. “Beh-”

“È più prezioso di Kira?”

“Kira è molto prezioso!” strillò. “Kira è il mio eroe.”

“Ma è L per te è più prezioso di Kira? O no?”

Misa sembrò accasciarsi su se stessa. Non le piaceva affatto questa discussione. Non le piaceva l’idea di essere costretta a scegliere, che lo volesse o no. Il suo finale fiabesco non avrebbe potuto realizzarsi, e l’improvvisa concretezza di tutto la schiacciava. Da qualche parte, nel profondo, aveva sempre saputo che sarebbe finita così. Che avrebbe dovuto fare una scelta, e una mossa. Ma aveva continuato a sperare che, a furia di rimandare tutto, forse sarebbe sorta un’alternativa migliore. Ma a quanto pareva non sarebbe successo molto presto.

Eppure… Eppure…

La ragazza superò Rem di corsa, uscì dalla camera da letto, e marciò fino all’entrata dell’appartamento, aprendo la porta senza preavviso. Le due guardie del corpo si voltarono, entrambe un po’ sorprese dal gesto teatrale, ma se ne infischiava.

“Misa vuole parlare col vostro capo.”

“Prego?” disse uno di loro, titubante.

“Il vostro capo,” ripeté lei, insistente. “Voglio. Parlare. Col Vostro. Capo.”

“Ah, ecco, ma noi non-”

“Non mi interessa il come,” lo interruppe, sventolando una mano. “Misa sa che dev’esserci un modo in cui potete contattarlo. Qualcuno che conosce qualcuno che conosce qualcuno… non importa. Ma assicuratevi che sappia che Misa vuole vederlo domani. E se non si fa vivo, Misa si arrabbierà tanto e vi tirerà un altro bidone!” E si sbatté la porta alle spalle prima che potessero rispondere.

Dietro di lei, Rem si accigliò. “Misa, cos’hai in mente?”

Lei inspirò profondamente, e si girò a guardarla. “Misa… non lo sa bene. Ma crede di essere vicina a una decisione.”



NdT: capitolo di transizione! D: Cliffhanger! DD: Kat-chan è ferma a questo capitolo dal 31 dicembre 2009! DDD:
Sì, c’è poco da scherzare. Mancano almeno gli ultimi due capitoli. Temo che potremmo non sapere mai qual è questa maledetta decisione di Misa. Ho mandato un paio di email all’autrice nel corso degli ultimi mesi per chiederle informazioni, ma non ho ricevuto in risposta neanche una parola.
Apparentemente il numero di persone che segue questa storia è pure cresciuto negli ultimi mesi, ma non so proprio cosa dirvi se non un laconico ‘mi dispiace’. Proverò a contattare l’autrice di tanto in tanto, ma credo sia meglio non aspettarsi miracoli.
Dichiaro dunque la traduzione ufficialmente on-hiatus. La revisione non avrà luogo, per il momento.
Spero che finora la storia vi sia comunque piaciuta abbastanza da non considerare la lettura una perdita di tempo. E poi chissà, per quello che ne sappiamo l’autrice potrebbe aggiornare anche oggi stesso xD
Per ripagarvi (un po’) di questa delusione, vi sciorino un po’ di chicche (le ultime davvero):

• Una fan di Rewrite ha iniziato a realizzare una doujinshi sulla storia, che potete trovare su DeviantArt. Sfortunatamente, si è fermata poco prima di concludere il secondo capitolo e non aggiorna da un po’, ma io vi do il link lo stesso perché sono brava :D
• Kat-chan non progettava di inserire Light/Kira nella storia fino al capitolo quattro o giù di lì. Incredibile, vista l’importanza che poi ha assunto nel corso della storia. Ecco le sue parole esatte (che trovate qui):
[…] sono consapevole che inserendo Kira nel mix finirò per trascinare la storia in una scheggia nella timeline originale più che in un universo completamente differente. Soprattutto dal momento che ho aggiunto altri elementi canonici (oltre ai genitori di Misa anche l’aggressione del suo stalker). L’avevo messa sotto “AU” perché in un primo momento non avevo alcuna intenzione di fargli fare anche solo una comparsa. Ma mi sono resa conto che benché non sia una grandissima fan di Light, senza di lui non è Death Note. E poi ora ho un mare di idee per Rewrite.
• Fanfiction.net permette ai propri utenti di indire sondaggi nel proprio profilo. Kat-chan ne ha approfittato (ma si parla di secoli e secoli fa), e chiunque sia registrato al sito può partecipare.
Votate, se potete e vi va, tanto non costa nulla.

Se c’è qualcuno che vuole essere avvisato personalmente e tempestivamente di eventuali aggiornamenti di ogni tipo, basta dirmelo nelle recensioni o tramite messaggio privato.
Grazie a tutti per il vostro tempo e le vostre recensioni, davvero :)
Alla prossima (presto, spero),
youffie.

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