Le scocciature di Conrad Lethifold

di lady hawke
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


Note: Dedico questa storia a Robylupin che l'ha chiesta, l'ha chiesta, l'ha chiesta e l'ha chiesta fino ad uccidermi. Tutti i personaggi sono miei e compaiono in altre mie storie, toccateli e vi faccio a pezzi con il machete. Lo scopo di questa storia è semplicemente quello di dare un'idea di vita magica normale, senza Harry and Co.
Siccome però butto MUCCHI di personaggi nuovi tutti insieme, vi faccio un piccolo albero genealogico. Ad ogni modo tranquilli, sono solo due capitoli di storia XD
Edward Lethifold e sua moglie Gerberula hanno avuto due figli: Benjamin e Doris. Doris è priva di prole, ma Benjamin ha sposato una Babbana, Catherine Monroe, da cui ha avuto, in ordine: Conrad, Cornelia, Constance e Connor.
Catherine Monroe è figlia di due Babbani di nome William ed Elizabeth. Fine XD


Prima Parte

Benchè avesse una famiglia numerosa, Conrad non amava troppo sentirsi parte di un tale guazzabuglio. Un divertente racconto di famiglia, del resto, era incentrato sui suoi, purtroppo falliti, tentativi di assassinare la sorella Cornelia, nata due anni dopo di lui.
Aveva una madre Babbana, un padre mago, due sorelle e un fratello minori, una zia maga del tutto spostata, due nonni Babbani e due nonni maghi, giusto per rimanere nel cerchio dei parenti stretti. Avevano tutti personalità molto forti e ingombranti e, negli anni, avevano messo a dura prova la sua tempra. Non che non provasse una sorta di affetto, per loro. Solo, quando aveva intrapreso la carriera di diplomatico, costringendosi a viaggiare tantissimo, aveva tirato un sospiro di sollievo.
Violetta, sua moglie da poco più di un anno e mezzo, era tutta un’altra faccenda: l’aveva scelta lui, anzi si erano scelti insieme, e tanto bastava. Quanto ad Alice, la figlioletta di nemmeno due mesi, era troppo piccola per dire che personalità avesse, ma non gli era dispiaciuto scoprirla in arrivo. Aveva voluto una famiglia e se l’era fatta, fine della storia. I pianti di Alice erano infinitamente più tollerabili del cicaleggio di una riunione di famiglia; di questo era più che certo.
Accolse dunque con questo umore il gufo di casa Lethifold, in un sabato pomeriggio a estate inoltrata. Il volatile beccò insistentemente contro il vetro del suo studio, finchè lui non si rassegnò ad aprire la finestra. I rumori della metropoli invasero per un attimo la stanza, mentre Conrad apriva il messaggio; non aveva bisogno di leggerlo, in realtà, doveva essere di sicuro un invito ad un piacevole pranzo in famiglia.
Piacevole e mortale.
Sbuffando come mai si sarebbe permesso in pubblico, il mago rispose alla missiva e fece ripartire il gufo. Scese poi le scale in cerca della moglie. La trovò in salotto: stava leggendo un libro e ogni tanto lanciava uno sguardo alla culla accanto a lei, dove Alice dormiva.
- Ricordi i nostri programmi per una domenica di tranquillo ozio londinese? – annunciò – Be’, è appena andata a farsi benedire. Domani ci tocca andare a Manchester. – disse, lugubre. Violetta posò il libro e fece uno sorriso - Avranno voglia di rivedere la bambina. – disse allungando la testa per guardare verso la figlia.
- Già. Magnifico. – Conrad fece schioccare la lingua al colmo dell’irritazione e non disse altro. Era probabile che la sua famiglia l’avrebbe perseguitato in eterno. Povera piccola Alice, si ritrovò a pensare.
E così si ritrovarono, tutti e tre, nell’ampio soggiorno nel quale Conrad aveva giocato spesso da bambino, la mattina dopo, con vari gradi di entusiasmo dipinti sul viso.
- E’ bello vedere che ti fa piacere venire a trovare tua madre. – lo salutò una donna, che si era avvicinata al camino del soggiorno richiamata dal rumore di un atterraggio da Metropolvere. Catherine Lethifold era una Babbana, ma dopo tanti anni di convivenza con un marito mago aveva imparato ad adattarsi alle stranezze.
- Ciao mamma. – fece Conrad, cercando di ignorare il tono polemico della donna che gli aveva impedito di rimanere figlio unico.
- Ciao Catherine, vuoi prendere in braccio Alice? – Violetta aveva impiegato pochissimo tempo per farsi ben volere dai Lethifold, perciò Catherine le fece un gran sorriso e prese tra le braccia la nipote.
- Tutto bene il viaggio con la piccola? Oh Alice, pesi un sacco! – fece la donna.
Conrad avanzò nel soggiorno, tirandosi dietro una piccola carrozzina chiusa; era stata rimpicciolita appositamente perché non rimanesse incastrata nel camino. – Tutto bene. – rispose. – Siamo i primi?
- Ti piacerebbe, eh Conrad? – era la voce di suo padre Benjamin, che li aveva appena raggiunti. Il mago non poteva più vantare i capelli neri dei suoi figli, perché l’età aveva iniziato a schiarirli, ma aveva quel viso tondo e quegli occhi dal taglio un po’ allungato che rendevano i Lethifold inconfondibili. – Le tue adorabili nonne sono asserragliate in cucina, e Connor si sta facendo spiegare come battere a scacchi i suoi compagni di Casa dai nonni. Stiamo aspettanto le altre due e la zia.
- Oh… - Conrad non disse altro, ma nonostante ciò Violetta ridacchiò.
– Ti hanno cacciato dalla cucina? – chiese, rivolta a Catherine.
- Ho paura di quel che potrei trovare là dentro, ma del resto io domani lavoro e loro no, perciò le lascerò spignattare in pace.
- Io tornerei in giardino, dove almeno tutto è tranquillo, per ora, e la tavola è già apparecchiata. Vado a rubare a quelle due qualcosa da bere. – fece Ben, Smaterializzandosi in cucina con un crac.
- Farà prendere un colpo ad entrambe. – commentò Catherine, e Conrad si ritrovò a pensare che avrebbe assistito volentieri ad una scena simile. Suo padre ricomparve in giardino poco dopo con acqua e birra sufficienti a dissetare un reggimento. Il giardino sul retro non era molto grande, ma aveva alte siepi che li proteggevano dalla vista dei vicini lo rendevano protetto e accogliente. Il tavolo con le sedie che troneggiava in quello spazio era troppo piccolo per accogliere tutta la famiglia, ma per il momento sarebbe stato più che confortevole. Conrad ci si accomodò con piacere. Poco dopo, in realtà nell’esatto momento in cui Conrad pensò che in fondo la cosa era più indolore del previsto, comparvero dal soggiorno Doris e Cornelia: il gatto e la volpe.
Doris era la gemella di Benjamin, dettaglio che la rendeva la zia più folle che si potesse desiderare. Era un’attrice di discreta fama, nel mondo dei maghi, ed era un’esibizionista tale che sapeva rendere ogni momento passato in sua compagnia indimenticabile. Cornelia, la sorella che Conrad meglio sopportava, aveva un’indole molto, molto incline al sarcasmo e all’ironia, e una morbosa passione per la malizia.
- Avevamo sentito delle voci in cucina, ma là dentro ci sono due Banshee inferocite, Merlino me ne scampi! – fece Doris, sistemandosi i capelli acconciati in pieno stile anni ’30. – Oh, ma c’è la mia piccola nipotina! Fatti vedere Alice, non ci hanno ancora presentato: sono la prozia Doris! – si avvicinò alla neonata, ancora tra le braccia della nonna. Le prese una manina, come a volergliela stringere. – E’ carina, davvero. Mi spiace non averla vista prima, ma ero in viaggio, mi perdonerai, Conrad.
- Figurati zia. – rispose lui con voce incolore. Doris era famosa per essere una giramondo inarrestabile.
- Ecco, giusto una cosa volevo chiarire. Prozia suona orribilmente. Sa di vecchio, restiamo sul classico zia, Alice, è molto più musicale!
- Tanto, zia, la tua vera età la conosciamo! – fece Cornelia, facendo ridere tutti, Conrad compreso.
- Ti piacerebbe arrivare a cinquantanni come ci sono arrivata io, Nel! Facevo anche io la furba alla tua età!
- Io ricordavo cinquantuno… - s’intromise Benjamin.
- Signor sì, signor nonno. Ma chi fa il mio mestiere deve arrotondare. – concluse Doris, per niente scalfita. Il bello di lei era proprio quello, convenne Conrad: il suo essere totalmente immune alle critiche o alle battute sarcastiche era impressionante, ma era una di quelle che sapevano difendersi bene, perché restituiva sempre ogni colpo. Rimasero tutti lì a chiacchierare fino a che non vennero raggiunti da Connor e dagli altri due nonni. Connor era il più piccolo dei fratelli Lethifold, e aveva appena quindici anni. Era stata spesso dura, per lui, sopravvivere a tre personalità così pressanti, ma quando se n’erano andati per studiare a Hogwarts, e quando poi c’era andato lui stesso, aveva trovato una sua dimensione.
- Gli scacchi magici sono un’altra cosa, ma nonno William ha insistito per usare quelli Babbani.
- Mi perdonerai, Connor, se non riesco ad abituarmi ad una regina alta quanto il mio pollice che polverizza un alfiere con la sua spada. – rispose l’uomo. – Preferirei mirare di nuovo ai tedeschi. – William era stato un aviatore durante la seconda guerra mondiale, aveva fatto parte della gloriosa RAF, e si poteva dire che si era abituato a molte cose, ma non a tutto.
- Ma avrebbe dato più sugo alla partita, questo sì. – rispose l’altro nonno, Edward. – Chi manca, ancora?
- Constance, come sempre. – rispose Cornelia, con lo stesso tono acido e infastidito che avrebbe usato Conrad stesso.
- Dovrei regalare una Ricordella a quella ragazza. – fece Edward.
- Forse basterebbe rapirla direttamente. – fece Conrad, scocciato. – C’è una ragione, comunque, per questo gran raduno?
- Ha detto che voleva portare qui qualcuno. – rispose sua madre. – Non so di più.
- Per le mutande di Morgana, deve proprio? – sbottò Nel – Non abbiamo bisogno di conoscere chi frequenta.
- Non dopo chi le ho visto frequentare a scuola… e d’estate! – fece Connor – Come minimo sarà un idiota.
Catherine e Benjamin fecero per frenare la lingua troppo tagliente del loro ultimogenito, ma Doris fu più veloce. – Oh suvvia, Connor, non stare a fare il vecchio bacchettone, non hai nemmeno l’età giusta per farlo. Anche io ho frequentato uomini di dubbia fama, o dubbia bellezza, o dubbia intelligenza… ma avevano pur sempre delle qualità! – fece, ammiccante – Con l’esperienza si impara a correggere il tiro.
- Oh Merlino! – tuonarono Edward e Benjamin, rispettivamente padre e gemello: non era il genere di discorsi che avrebbero voluto sentire.
Conrad, sul punto di sentirsi esplodere la testa, si coprì gli occhi con una mano, mentre Violetta, che aveva recuperato Alice dalle coccole dei parenti per metterla nella carrozzina, gli prese l’altra mano nel tentativo di rincuorarlo.
Connie alfine giunse, cinguettante come un passerotto di primavera. Constance era giovane e siccome si curava molto più di sua sorella, essendo estremamente vanitosa, era ben più carina di Cornelia. Connie dunque, dal petulante anatroccolo chiacchierone e allegro che era stata, si era tramutata in un bel cigno. Non era sola, portava con sè un bel ragazzo alto, che era presumibilmente quel qualcuno che si era voluta trascinare dietro a tutti i costi. Sembrava molto teso, il che pareva strano, agli occhi di Conrad; in fondo non li conosceva, ancora. Avrebbe avuto tutto il tempo per spaventarsi a morte. Scambiò una rapidissima occhiata con Cornelia, e capì che anche lei era pronta a una guerra senza quartiere.
- Ciao! Mi dispiace di avervi fatto aspettare ma venire con la macchina è un po’ lunga. – chiocciò la ragazza, regalando un sorriso più radioso dell’altro. – Questo è John, è un po’ sconvolto perché gli ho detto che sono una strega. – disse, voltandosi a guardare il ragazzo con benevolenza. Questi sembrò rilassarsi, ma non più di tanto.
Lo sconcerto attraversò i presenti come una folata di vento gelido. Durò solo qualche secondo, interrotta dall’arrivo di una donna bassina e grassoccia: nonna Gerberula, strega fino all’ultima goccia di sangue.
- Ehi, sfaticati, è pronto il pranzo. Io e Elizabeth dobbiamo venirvi a radunare come una mandria? – chiamò, quasi urlando. Notò solo in un secondo momento la presenza di un uomo a lei sconosciuto, e sorrise, radiosa quasi quanto Connie. – E questo bel ragazzo chi è?
- Il nuovo amico di Constance, mamma, non vedi? – intervenne subito Doris. – Connor si sbagliava, la mia nipotina sceglie bene.
- Ma ha detto che è una strega, a quello! Che ne sappiamo se è affidabile? – Connor diede mostra del suo lato polemico, parlando con una veemenza quasi eccessiva.
- Che diamine succede? – Elisabeth si affacciò al giardino, unendosi alla famiglia ora al completo. Si guardò intorno confusa, i suoi famigliari sembravano alquanto sovreccitati.
- Giusto in tempo per una dichiarazione di guerra, Liz. – le rispose William, il marito. – Connie ha portato a casa un ragazzo che sa che qualcuno in famiglia gioca con gli Incantesimi. Doris si sta complimentando con i gusti di sua nipote e Connor sta gridando al tradimento. – riassunse, tranquillo.
- Non penso che questo povero ragazzo sia qui per spiarci e diffondere i segreti della comunità magica, Connor. – Benjamin non amava troppo la confusione ingiustificata, e con la famiglia che aveva, era stato costretto presto ad imparare l’arte di placare animi poco saldi. – Se pensi di poter reggere almeno altre due ore così, John, benvenuto in casa mia.
John, che non aveva ancora aperto bocca, parlò in maniera abbastanza sicura di sé da far supporre che avrebbe resistito almeno un po’. – Ero stato preparato a questo. – disse, sorridendo.
- Io non credo. – commentò Conrad, mentre la sorella, accanto a lui, era scoppiata in una risatina da iena trattenuta a fatica.
- Oh, non cominciare, tu! – soffiò Connie. – Non è gentile con un ospite, diglielo mamma!
- Tutti a tavola, avanti. – con quattro parole Catherine costrinse al silenzio la famiglia, che migrò verso la tavola da pranzo come una mandria di bufali.

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Seconda parte

A Gerberula non pareva vero avere un ospite nuovo di zecca da importunare, e dall’aria così sinceramente simpatica, poi. Iniziò a interrogarlo insistentemente mentre portava le portate avanti e indietro dalla cucina con la magia. Catherine sopportava a fatica quel modo di fare della suocera: se poco le interessavano le domande della strega, era il via vai di vivande non portate a mano a indispettirla. Non avrebbe mai saputo spiegare il perché, visto che conviveva più che felicemente con la magia dei suoi famigliari, ma quel modo di fare le pareva tremendamente confusionario.
Un po’ per le parole di John e un po’ per i racconti di Connie, tutti presto seppero tutto quello che avrebbero potuto desiderare di sapere su di lui.
- Che vorrebbe dire che la tua famiglia possiede un’azienda che produce eclettonica? – domandò Gerberula, servendo il suo ospite per la terza volta con una notevole porzione di arrosto.
John rise educatamente, e la corresse. – Elettronica, per la verità. Non saprei come spiegarlo, a conti fatti…
- Produce gingilli per Babbani che non possono sventolare una bacchetta. – rispose Cornelia. – Tipo il televisore che abbiamo in casa, tutti gli elettrodomestici eccetera.
- Oh, quella roba strana che non serve a niente! – esclamò la strega più anziana, continuando a servire. L’intera tavolata rise.
- Ora direi che John avrebbe tutto il diritto di offendersi a morte, complimenti, mia cara. – la zittì Edward, facendo Evanescere almeno un paio delle sei fette di carne che la moglie gli aveva depositato nel piatto. – E’ anche per questo che ho sempre insistito tanto per avere cani per casa. – soggiunse, solo quando la moglie fu lontana, rivolgendosi ai figli.
Conrad notava che John il Babbano se la stava cavando quasi bene. Constance chiocciava allegramente con chiunque si prendesse la briga di starla a sentire, Nel parlava con sua moglie Violetta, e lui stesso, a dirla sinceramente, non aveva un interesse tale in quel ragazzo per stare a stuzzicarlo. Non valeva il suo tempo.
Doris, al contrario, pensava ne valesse assolutamente la pena.
- E come mai la nostra piccola Constance ha pensato fosse il caso di farti sapere dei suoi poteri? – chiese. – Viviamo in segretezza, e mia nipote cambia fidanzati con la stessa rapidità che avevo io alla sua età. Cos’è che hai di così speciale?
John impallidì visibilmente, e a quel punto Conrad spostò di nuovo l’attenzione su di lui: non era della magia che aveva paura.
- Oh, a questo posso rispondere io. – squittì Constance. – Volevo fare l’annuncio più avanti, ma visto che l’argomento sta uscendo meglio parlare subito. Ho spiegato a John che sono una strega perchè… be’… ho verificato a modo mio se ero incinta o meno, ed è così: aspetto un bambino. – concluse, mentre il suo viso assumeva un’espressione talmente innocente da risultare fuori luogo, considerando quello che aveva appena detto.
Per un attimo sembrò che l’aria fosse stata risucchiata via dalla stanza; l’intera tavolata rimase per un secondo in un silenzio irreale. Poi, semplicemente, esplose.
Conrad sentì un coro di voci levarsi urlando cose diverse e nell’insieme incomprensibili. Alice cominciò a urlare e a piangere a sua volta, e Violetta si alzò precipitosamente per andare a consolarla, lasciandolo solo e senza difesa.
Dopo qualche secondo una frase su tutte prese il sopravvento, e fu la voce di Connor che urlava un: - COME MORGANA E’ POTUTO SUCCEDERE? – che faceva vibrare i vetri.
- Credo che quello sia l’unico aspetto da non chiarire. – fece Benjamin, teso come raramente era stato visto.
- Si spiega la segretezza di questi giorni, Connie. – disse invece sua madre, Catherine, con tono abbastanza incolore.
- Evidentemente pensava di farci sorpresa gradita. – Conrad non aveva mai pensato che Constance potesse fare qualcosa di dannoso, qualcosa di stupido sicuramente, ma questo superava ampiamente le sue peggiori previsioni. Sua sorella era uscita da poco da scuola, ed era tremendamente giovane, ancora: figurarsi se sarebbe stata in grado di allevare un bambino.
Mentre la famiglia esprimeva i suoi sentimenti a caldo sulla faccenda, era evidente che John e Constance si sentivano sempre più accerchiati. L’unica silenziosa era Violetta che, non sentendosi in diritto di aprire bocca, si limitò ad ascoltare, cercando di proteggere la sua bambina dalla baraonda che continuava a farsi sempre più rumorosa.
- Non dovete preoccuparvi, so che è una cosa inaspettata. – fece Connie, cercando di rimanere serena e tranquilla. – E non me l’aspettavo nemmeno io, ma è una bella cosa, in fondo.
- Connie! Se il resto della tavolata ha paura di dirti in faccia quello che pensa perché ti vuole troppo bene, sappi che penso sia estremamente IDIOTA FARSI METTERE INCINTA DA UNO SCONOSCIUTO! – tuonò Nel, alzandosi in piedi.
- Sei ancora una bambina. – disse William, rivolgendosi alla nipote. – Avresti dovuto stare molto più attenta.
- Senza contare l’assoluta mancanza di tatto che sfoggi, approfittando della famiglia riunita! – fece eco Elizabeth, in genere molto più tranquilla e pacata. – A che scopo trascinare qui quest’uomo, noi e i tuoi fratelli?
- Immagino volesse solo un po’ di attenzione. – s’intromise Conrad. Suo padre e sua madre erano abbastanza sconvolti da non aprire bocca, per il momento, Doris e Gerberula confabulavano assorte e corrucciate, e gli altri non erano di certo più mansueti.
- Che intendi dire? – chiese Connie, confusa.
- Che reazione ti aspettavi? Pensavi che avremmo stretto la mano a te e al tuo amico? Che saremmo stati tranquilli e pacati? Hai appena diciannove anni, non sai di che mantenere quella creatura e vieni qui ad annunciarci questa gravidanza a dimostrazione della tua mancanza di maturità. Non è così che ti abbiamo cresciuto. – fece suo padre, sempre calmo, ma improvvisamente brusco.
Conrad vide la sorella irrigidirsi e cercare qualche parola per rispondere. John, accanto a lei, sembrava una statua di sale.
- Non è saggio comportarsi così. Ti sei infilata in una situazione senza uscita. Un bambino cambierà tremendamente la tua vita, e non penso fosse quello che volevi. – tentò Doris, conciliante.
Constance, tutti lo sapevano, agiva come una ragazzina e con estrema leggerezza, prendendo di giorno in giorno quello che veniva. Era la meno adatta in quella stanza a fare la madre. La ragazza sembrò farsi fragile, ad un certo punto, e rimpicciolirsi.
- Non pensavo a chissà che accoglienza. – pigolò. – Ma ho sempre voluto avere dei bambini e se questo è capitato ora non vedo perché considerarlo un male. Mi adatterò, e John non è il primo che mi capita sotto mano, è ingiusto dirlo!
- Sei sempre stata tu a vantarti dei tuoi amici, mica io, eh? – s’intromise Connor, mentre appoggiava la testa sui pugni.
- Non è il momento di scherzare su queste cose, ragazzo. – lo zittì subito l’anziana Gerberula, piccata. – Io penso sia ora che parli questo Babbano, i figli si fanno in due.
Conrad vide quel povero idiota, su per giù suo coetaneo, affrettarsi per dire qualcosa di sensato. Dubitava che ne fosse capace, dato che si era messo con sua sorella.
- Capisco il trambusto che abbiamo creato… davvero. – aggiunse, notando Edward, l’unico che fino a quel momento era rimasto in silenzio, cercare di incenerirlo con lo sguardo. Essendo John un neofita della magia per un momento temette che potesse veramente ucciderlo in quel modo. – Non è stato forse troppo rispettoso farvelo sapere in questa maniera.
- Non il modo più intelligente, quanto meno. – si lasciò scappare Conrad, puntando il suo sguardo sulla sorellina nei guai.
- Si è trattata di una cosa assolutamente inaspettata anche per noi e, per quanto non sia una scusante, non è stata l’unica notizia choc che ho avuto nell’arco delle ultime due settimane. – era evidente che John Barrowman era sconvolto e a disagio, e ce la stava mettendo tutta per non farsi cavare gli occhi dalla famiglia Lethifold. Consolante, almeno, era sapere che erano sufficientemente progressisti da aver diviso la colpa a metà tra lui e la sua ragazza.
- E dopo questo bel discorso che intendete fare? – chiese Edward, continuando a fissare il Babbano.
- Comportarci da adulti, per quanto possibile. – insistette John, bloccando Connie prima che potesse aprir bocca. Le aveva preso la mano, e l’aveva zittita con uno sguardo. Era più di quanto chiunque, tra genitori e fratelli, fosse mai riuscito a fare in diciannove anni.
- Ovvero? – chiese Cornelia, brusca. Conrad la vide, rigidamente seduta di fronte a lui, tamburellare nervosamente le dita sulla tovaglia; detestava quella situazione, si vedeva bene, e lui condivideva completamente i suoi sentimenti.
- Un bambino ha bisogno di una famiglia, prima di tutto. – rispose Connie, ora intimidita dalla sua famiglia – Di un padre e una madre che si prendano cura di lui. Perciò io e John dovremmo sposarci.
- Pure questa! – sbottò Conrad, livido.
- Mi sembra sciocco, Constance. – di tutta la tavolata, Doris era di certo la strega che con più indulgenza avrebbe giudicato la nipote, ma la zia matta era una donna pronta a sorprendere. – Davvero pensi che sposare un ragazzo che conosci da pochi mesi, per quanto simpatico e amabile, sia una buona scelta per voi? Rischi di essere molto infelice, anzi, rischiate di esserlo in tre. – spiegò. Doris, indipendente com’era, pensava fosse meglio arrangiarsi da sole, che affidarsi a qualcuno di cui non si poteva avere piena fiducia.
- Doris ha ragione. – aggiunse Catherine, - Credo sia il caso di affrontare un solo problema alla volta, non di più. Non affrettare le cose perché tu pensi che sarà più facile.
- Non ho intenzione di imporvi quest’imprevisto… - Constance si voltò verso il ragazzo. – Pensiamo di potercela cavare da soli.
- Possiamo mantenerci in tre con il mio lavoro, comodamente, anche. – disse anche John.
- Avere denaro a sufficienza non appiana le cose. – Benjamin si irrigidì, come se fosse stato insultato. – Nessuno di noi, nessuno, nonostante il come ci è arrivata la notizia, si sognerebbe di mettere Connie alla porta e il solo pensare che venirmi a dire che ci sono soldi a sufficienza risolva tutto mi offende.
- Credo che a questo punto non sia più necessario parlarne in così tanti. – Catherine prese posizione, e pose bruscamente fine al pranzo. – Tu, tu e tuo padre ora ci mettiamo in cucina a parlare. – fece con fare autoritario, indicando i due ragazzi. Fu uno spostamento veloce e, subito dopo lo sgraziato rumore di sedie trascinate sul pavimento, la tavola cominciò a svuotarsi.
- Per le chiappe di Morgana, questo da lei non me lo sarei mai aspettata, lo giuro! – attaccò Gerberula, mentre Doris e gli altri nonni ripartivano in un’accesa discussione sulla novità. Cornelia fece un cenno con la testa a suo fratello e sua cognata, agguantò Connor per la collottola e un altro gruppetto, quello anagraficamente più giovane, abbandonò la tavola e riparò in giardino.

- Razza di stupida oca. – riprese Connor, non appena furono tutti fuori.
- Come se la Chips non le avesse spiegato niente a scuola! – fece Nel, altrettanto furiosa.
- Nel, per piacere, non voglio saperne niente, niente! – Conrad cercò di non pensare a che poteva aver spiegato la Chips alle studentesse di Hogwarts, ma ormai il dubbio gli era stato instillato nella mente, e avrebbe dovuto ucciderla per liberarsene.
- E’ un bel guaio. – convenne Violetta, pacata. Si era seduta su una delle panche, e faceva andare avanti e indietro la carrozzina con dentro Alice, perché potesse riguadagnare, almeno lei, un po’ di serenità.
- Papà li ucciderà? – chiese Connor.
- Ah, non dire sciocchezze. – lo zittì Conrad – Papà è troppo tenero per fare una cosa simile.
- Vuol dire che sarai un padre dispotico per Alice? – Cornelia si era allontanata verso la gabbia dei conigli. Bianconiglio, il coniglietto obeso che le aveva fatto compagnia negli ultimi anni di scuola, era ormai morto da un po’, ma aveva lasciato una numerosa discendenza, che i suoi genitori allevavano nel tempo libero. La strega aprì una delle gabbiette, ed estrasse una palletta di pelo candida, si sedette per terra e se la mise sul grembo. – Prenderai a maledizioni i suoi ragazzi, la sbatterai fuori di casa al primo passo falso e scemenze del genere?
Violetta rise, mentre Conrad si esibiva in un ghigno malefico. – Voglio sperare che Alice farà un migliore utilizzo della sua intelligenza.
- Vedetela così, John almeno non sembra dell’idea di darsela a gambe. – tentò Violetta.
- Perché non la conosce bene, aspetta che capisca com’è fatta sul serio e vedrai che vedremo la scia mentre fugge. – disse subito Conrad.
Suo malgrado, la moglie rise: - Ti diverti molto vero, a rigirare il dito nella piaga?
- Non è questione di divertirsi, è questione di obiettività.
- Ma stai zitto, te la stai godendo. Hai sempre goduto delle sfortune altrui. – Cornelia era una profonda conoscitrice della mente di suo fratello nel bene e nel male. Accarezzò il manto soffice della creaturina che aveva con sé. – Chissà quanto diventerà grassa, tra un po’. – aggiunse.
- Come una balena, sicuro. – ridacchiò Connor.
- Chi diventerà come una balena? – l’idillio s’infranse, tutti si zittirono e si voltarono verso la portafinestra: era Doris, probabilmente scampata al vecchiume rimasto in sala da pranzo.
- Pensavate di prendere una lavata di capo coi fiocchi, non è così? – la donna pareva divertita, e per niente scocciata.
- Be’, non è forse il momento migliore per riderci su. – Violetta aveva avuto di sicuro una vita molto più semplice, con la famiglia Lethifold, aver fatto tutto in ordine aveva aiutato, questo era certo.
- Non sono una puritana del secolo scorso, eh? – Doris si andò ad accomodare accanto alla giovane mamma. – E non lo è nemmeno Benjamin. Nostra madre è Gerberula, ci capiamo, no? Constance ha mancato di tatto, è solo questo che dà a tutti sui nervi.
- Per questo mi chiedevo se mamma e papà la scuoieranno, visto che vuole sposarsi di gran fetta.
- Altro bel modo per farsi bella a spese nostre. – s’intromise Conrad.
- Già me la figuro, vestita come la Fata Confetto. – continuò Cornelia.
- Ragazzi, fate poco i furbi, se lei si sposa voi sarete presenti e vestiti a festa, tutti quanti. – minacciò Doris. – Inutile che fai quella faccia, non riuscirai a farla franca con la scusa di un viaggio diplomatico.
- Aveva ragione Connor, meglio sperare che la scuoino, e che scuoino anche lui. – convenne il mago. Terribile idea avere una sposina incinta in giro per casa, pronta ad assillare chiunque con proposte agghiaccianti. Aveva provato a farlo anche per il suo, di matrimonio, ma l’aveva smarrita a male parole molto in fretta, e lui e Violetta erano sopravvissuti.
Nonostante i pessimi pronostici che Connor continuò a ripetere ciclicamente su morti violente e squartamenti che si sarebbero verificati in cucina di lì a poco, Constance rimase perfettamente illesa. Uscì in giardino una mezzora dopo, accompagnata da John. Sembrava sinistramente felice.
- Oh, eccoti qua. – l’accolse Nel, scambiandosi uno sguardo d’intesa con Conrad.
- Viva, per di più. – aggiunse.
- Allora, che avete deciso? – domandò Doris, incuriosita.
- I nonni lo sanno già, mamma e papà sono dell’idea di lasciarci sposare prima che la pancia diventi troppo grande. – sorrise. – L’idea poi è di andare a vivere con John a Cardiff.
L’annuncio fu accolto con un grande silenzio, da parte dei presenti. Doris se l’era aspettato, perché ben conosceva il gemello e sua moglie, Connor era abbastanza sorpreso che la sorella fosse ancora in grado di reggersi sulle gambe, Violetta era felice che la cosa si fosse risolta pacificamente, e quanto a Cornelia e Conrad be’… a loro semplicemente importava molto poco.
- Oh. – fu il commento generale finale. Sembrava poco carino non dire niente, ma nessuno riuscì a formulare di meglio.
- E avrei anche una cosa da chiedere a Nel. – aggiunse poi Constance.
- A me? – chiese la giovane, inquieta.
- Vorresti essere una delle mie damigelle? – domandò la futura sposa, tutta sorridente.
- Oh per la miseria. – tentennò la giovane.
Conrad la guardò, ringraziando sentitamente di essere maschio e in salvo.
- E’ un sì? – chiese la ragazza.
- Se ci tieni tanto… - tentennò Cornelia.
- Oh, fantastico! – Connie si aggrappò al braccio di John, cinguettando. – Lo sapevo che tutto sarebbe andato per il meglio, non te l’avevo detto?
Conrad osservò bene il viso di John: pareva decisamente annichilito dal susseguirsi rapidissimo di eventi, eppure, nonostante tutto, sorrideva. Constance avrebbe dovuto baciarsi i gomiti molto a lungo, per la botta di fortuna che aveva avuto.
- Dio, mi farà mettere vestiti orrendi. – piagnucolò Nel, lasciandosi cadere supina sull’erba.
- Ah, sarà divertente, non vedo proprio l’ora. – le rispose Conrad, ridacchiando con autentico sadismo.



Note di fine storia: Spero vi sia piaciuta quant'è piaciuto a me scriverla. Commentate senza paura XD

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