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Autore: lady hawke    15/08/2011    2 recensioni
Conrad Lethifold è un mago qualunque, con una vita qualunque e una famiglia equamente divisa tra Babbani e maghi che ama e detesta allo stesso modo. Primo di quattro fratelli, privo di sentimentalismi, cinico e indifferente quasi a tutto, è costretto a rapportarsi ogni giorno con personaggi al limite del grottesco. Eccovi dunque uno spaccato di vita magica inglese in due atti, e i normali psicodrammi di una famiglia da un POV (punto di vista) tutto particolare.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cornelia, Sirius e la famiglia Lethifold'
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Note: Dedico questa storia a Robylupin che l'ha chiesta, l'ha chiesta, l'ha chiesta e l'ha chiesta fino ad uccidermi. Tutti i personaggi sono miei e compaiono in altre mie storie, toccateli e vi faccio a pezzi con il machete. Lo scopo di questa storia è semplicemente quello di dare un'idea di vita magica normale, senza Harry and Co.
Siccome però butto MUCCHI di personaggi nuovi tutti insieme, vi faccio un piccolo albero genealogico. Ad ogni modo tranquilli, sono solo due capitoli di storia XD
Edward Lethifold e sua moglie Gerberula hanno avuto due figli: Benjamin e Doris. Doris è priva di prole, ma Benjamin ha sposato una Babbana, Catherine Monroe, da cui ha avuto, in ordine: Conrad, Cornelia, Constance e Connor.
Catherine Monroe è figlia di due Babbani di nome William ed Elizabeth. Fine XD


Prima Parte

Benchè avesse una famiglia numerosa, Conrad non amava troppo sentirsi parte di un tale guazzabuglio. Un divertente racconto di famiglia, del resto, era incentrato sui suoi, purtroppo falliti, tentativi di assassinare la sorella Cornelia, nata due anni dopo di lui.
Aveva una madre Babbana, un padre mago, due sorelle e un fratello minori, una zia maga del tutto spostata, due nonni Babbani e due nonni maghi, giusto per rimanere nel cerchio dei parenti stretti. Avevano tutti personalità molto forti e ingombranti e, negli anni, avevano messo a dura prova la sua tempra. Non che non provasse una sorta di affetto, per loro. Solo, quando aveva intrapreso la carriera di diplomatico, costringendosi a viaggiare tantissimo, aveva tirato un sospiro di sollievo.
Violetta, sua moglie da poco più di un anno e mezzo, era tutta un’altra faccenda: l’aveva scelta lui, anzi si erano scelti insieme, e tanto bastava. Quanto ad Alice, la figlioletta di nemmeno due mesi, era troppo piccola per dire che personalità avesse, ma non gli era dispiaciuto scoprirla in arrivo. Aveva voluto una famiglia e se l’era fatta, fine della storia. I pianti di Alice erano infinitamente più tollerabili del cicaleggio di una riunione di famiglia; di questo era più che certo.
Accolse dunque con questo umore il gufo di casa Lethifold, in un sabato pomeriggio a estate inoltrata. Il volatile beccò insistentemente contro il vetro del suo studio, finchè lui non si rassegnò ad aprire la finestra. I rumori della metropoli invasero per un attimo la stanza, mentre Conrad apriva il messaggio; non aveva bisogno di leggerlo, in realtà, doveva essere di sicuro un invito ad un piacevole pranzo in famiglia.
Piacevole e mortale.
Sbuffando come mai si sarebbe permesso in pubblico, il mago rispose alla missiva e fece ripartire il gufo. Scese poi le scale in cerca della moglie. La trovò in salotto: stava leggendo un libro e ogni tanto lanciava uno sguardo alla culla accanto a lei, dove Alice dormiva.
- Ricordi i nostri programmi per una domenica di tranquillo ozio londinese? – annunciò – Be’, è appena andata a farsi benedire. Domani ci tocca andare a Manchester. – disse, lugubre. Violetta posò il libro e fece uno sorriso - Avranno voglia di rivedere la bambina. – disse allungando la testa per guardare verso la figlia.
- Già. Magnifico. – Conrad fece schioccare la lingua al colmo dell’irritazione e non disse altro. Era probabile che la sua famiglia l’avrebbe perseguitato in eterno. Povera piccola Alice, si ritrovò a pensare.
E così si ritrovarono, tutti e tre, nell’ampio soggiorno nel quale Conrad aveva giocato spesso da bambino, la mattina dopo, con vari gradi di entusiasmo dipinti sul viso.
- E’ bello vedere che ti fa piacere venire a trovare tua madre. – lo salutò una donna, che si era avvicinata al camino del soggiorno richiamata dal rumore di un atterraggio da Metropolvere. Catherine Lethifold era una Babbana, ma dopo tanti anni di convivenza con un marito mago aveva imparato ad adattarsi alle stranezze.
- Ciao mamma. – fece Conrad, cercando di ignorare il tono polemico della donna che gli aveva impedito di rimanere figlio unico.
- Ciao Catherine, vuoi prendere in braccio Alice? – Violetta aveva impiegato pochissimo tempo per farsi ben volere dai Lethifold, perciò Catherine le fece un gran sorriso e prese tra le braccia la nipote.
- Tutto bene il viaggio con la piccola? Oh Alice, pesi un sacco! – fece la donna.
Conrad avanzò nel soggiorno, tirandosi dietro una piccola carrozzina chiusa; era stata rimpicciolita appositamente perché non rimanesse incastrata nel camino. – Tutto bene. – rispose. – Siamo i primi?
- Ti piacerebbe, eh Conrad? – era la voce di suo padre Benjamin, che li aveva appena raggiunti. Il mago non poteva più vantare i capelli neri dei suoi figli, perché l’età aveva iniziato a schiarirli, ma aveva quel viso tondo e quegli occhi dal taglio un po’ allungato che rendevano i Lethifold inconfondibili. – Le tue adorabili nonne sono asserragliate in cucina, e Connor si sta facendo spiegare come battere a scacchi i suoi compagni di Casa dai nonni. Stiamo aspettanto le altre due e la zia.
- Oh… - Conrad non disse altro, ma nonostante ciò Violetta ridacchiò.
– Ti hanno cacciato dalla cucina? – chiese, rivolta a Catherine.
- Ho paura di quel che potrei trovare là dentro, ma del resto io domani lavoro e loro no, perciò le lascerò spignattare in pace.
- Io tornerei in giardino, dove almeno tutto è tranquillo, per ora, e la tavola è già apparecchiata. Vado a rubare a quelle due qualcosa da bere. – fece Ben, Smaterializzandosi in cucina con un crac.
- Farà prendere un colpo ad entrambe. – commentò Catherine, e Conrad si ritrovò a pensare che avrebbe assistito volentieri ad una scena simile. Suo padre ricomparve in giardino poco dopo con acqua e birra sufficienti a dissetare un reggimento. Il giardino sul retro non era molto grande, ma aveva alte siepi che li proteggevano dalla vista dei vicini lo rendevano protetto e accogliente. Il tavolo con le sedie che troneggiava in quello spazio era troppo piccolo per accogliere tutta la famiglia, ma per il momento sarebbe stato più che confortevole. Conrad ci si accomodò con piacere. Poco dopo, in realtà nell’esatto momento in cui Conrad pensò che in fondo la cosa era più indolore del previsto, comparvero dal soggiorno Doris e Cornelia: il gatto e la volpe.
Doris era la gemella di Benjamin, dettaglio che la rendeva la zia più folle che si potesse desiderare. Era un’attrice di discreta fama, nel mondo dei maghi, ed era un’esibizionista tale che sapeva rendere ogni momento passato in sua compagnia indimenticabile. Cornelia, la sorella che Conrad meglio sopportava, aveva un’indole molto, molto incline al sarcasmo e all’ironia, e una morbosa passione per la malizia.
- Avevamo sentito delle voci in cucina, ma là dentro ci sono due Banshee inferocite, Merlino me ne scampi! – fece Doris, sistemandosi i capelli acconciati in pieno stile anni ’30. – Oh, ma c’è la mia piccola nipotina! Fatti vedere Alice, non ci hanno ancora presentato: sono la prozia Doris! – si avvicinò alla neonata, ancora tra le braccia della nonna. Le prese una manina, come a volergliela stringere. – E’ carina, davvero. Mi spiace non averla vista prima, ma ero in viaggio, mi perdonerai, Conrad.
- Figurati zia. – rispose lui con voce incolore. Doris era famosa per essere una giramondo inarrestabile.
- Ecco, giusto una cosa volevo chiarire. Prozia suona orribilmente. Sa di vecchio, restiamo sul classico zia, Alice, è molto più musicale!
- Tanto, zia, la tua vera età la conosciamo! – fece Cornelia, facendo ridere tutti, Conrad compreso.
- Ti piacerebbe arrivare a cinquantanni come ci sono arrivata io, Nel! Facevo anche io la furba alla tua età!
- Io ricordavo cinquantuno… - s’intromise Benjamin.
- Signor sì, signor nonno. Ma chi fa il mio mestiere deve arrotondare. – concluse Doris, per niente scalfita. Il bello di lei era proprio quello, convenne Conrad: il suo essere totalmente immune alle critiche o alle battute sarcastiche era impressionante, ma era una di quelle che sapevano difendersi bene, perché restituiva sempre ogni colpo. Rimasero tutti lì a chiacchierare fino a che non vennero raggiunti da Connor e dagli altri due nonni. Connor era il più piccolo dei fratelli Lethifold, e aveva appena quindici anni. Era stata spesso dura, per lui, sopravvivere a tre personalità così pressanti, ma quando se n’erano andati per studiare a Hogwarts, e quando poi c’era andato lui stesso, aveva trovato una sua dimensione.
- Gli scacchi magici sono un’altra cosa, ma nonno William ha insistito per usare quelli Babbani.
- Mi perdonerai, Connor, se non riesco ad abituarmi ad una regina alta quanto il mio pollice che polverizza un alfiere con la sua spada. – rispose l’uomo. – Preferirei mirare di nuovo ai tedeschi. – William era stato un aviatore durante la seconda guerra mondiale, aveva fatto parte della gloriosa RAF, e si poteva dire che si era abituato a molte cose, ma non a tutto.
- Ma avrebbe dato più sugo alla partita, questo sì. – rispose l’altro nonno, Edward. – Chi manca, ancora?
- Constance, come sempre. – rispose Cornelia, con lo stesso tono acido e infastidito che avrebbe usato Conrad stesso.
- Dovrei regalare una Ricordella a quella ragazza. – fece Edward.
- Forse basterebbe rapirla direttamente. – fece Conrad, scocciato. – C’è una ragione, comunque, per questo gran raduno?
- Ha detto che voleva portare qui qualcuno. – rispose sua madre. – Non so di più.
- Per le mutande di Morgana, deve proprio? – sbottò Nel – Non abbiamo bisogno di conoscere chi frequenta.
- Non dopo chi le ho visto frequentare a scuola… e d’estate! – fece Connor – Come minimo sarà un idiota.
Catherine e Benjamin fecero per frenare la lingua troppo tagliente del loro ultimogenito, ma Doris fu più veloce. – Oh suvvia, Connor, non stare a fare il vecchio bacchettone, non hai nemmeno l’età giusta per farlo. Anche io ho frequentato uomini di dubbia fama, o dubbia bellezza, o dubbia intelligenza… ma avevano pur sempre delle qualità! – fece, ammiccante – Con l’esperienza si impara a correggere il tiro.
- Oh Merlino! – tuonarono Edward e Benjamin, rispettivamente padre e gemello: non era il genere di discorsi che avrebbero voluto sentire.
Conrad, sul punto di sentirsi esplodere la testa, si coprì gli occhi con una mano, mentre Violetta, che aveva recuperato Alice dalle coccole dei parenti per metterla nella carrozzina, gli prese l’altra mano nel tentativo di rincuorarlo.
Connie alfine giunse, cinguettante come un passerotto di primavera. Constance era giovane e siccome si curava molto più di sua sorella, essendo estremamente vanitosa, era ben più carina di Cornelia. Connie dunque, dal petulante anatroccolo chiacchierone e allegro che era stata, si era tramutata in un bel cigno. Non era sola, portava con sè un bel ragazzo alto, che era presumibilmente quel qualcuno che si era voluta trascinare dietro a tutti i costi. Sembrava molto teso, il che pareva strano, agli occhi di Conrad; in fondo non li conosceva, ancora. Avrebbe avuto tutto il tempo per spaventarsi a morte. Scambiò una rapidissima occhiata con Cornelia, e capì che anche lei era pronta a una guerra senza quartiere.
- Ciao! Mi dispiace di avervi fatto aspettare ma venire con la macchina è un po’ lunga. – chiocciò la ragazza, regalando un sorriso più radioso dell’altro. – Questo è John, è un po’ sconvolto perché gli ho detto che sono una strega. – disse, voltandosi a guardare il ragazzo con benevolenza. Questi sembrò rilassarsi, ma non più di tanto.
Lo sconcerto attraversò i presenti come una folata di vento gelido. Durò solo qualche secondo, interrotta dall’arrivo di una donna bassina e grassoccia: nonna Gerberula, strega fino all’ultima goccia di sangue.
- Ehi, sfaticati, è pronto il pranzo. Io e Elizabeth dobbiamo venirvi a radunare come una mandria? – chiamò, quasi urlando. Notò solo in un secondo momento la presenza di un uomo a lei sconosciuto, e sorrise, radiosa quasi quanto Connie. – E questo bel ragazzo chi è?
- Il nuovo amico di Constance, mamma, non vedi? – intervenne subito Doris. – Connor si sbagliava, la mia nipotina sceglie bene.
- Ma ha detto che è una strega, a quello! Che ne sappiamo se è affidabile? – Connor diede mostra del suo lato polemico, parlando con una veemenza quasi eccessiva.
- Che diamine succede? – Elisabeth si affacciò al giardino, unendosi alla famiglia ora al completo. Si guardò intorno confusa, i suoi famigliari sembravano alquanto sovreccitati.
- Giusto in tempo per una dichiarazione di guerra, Liz. – le rispose William, il marito. – Connie ha portato a casa un ragazzo che sa che qualcuno in famiglia gioca con gli Incantesimi. Doris si sta complimentando con i gusti di sua nipote e Connor sta gridando al tradimento. – riassunse, tranquillo.
- Non penso che questo povero ragazzo sia qui per spiarci e diffondere i segreti della comunità magica, Connor. – Benjamin non amava troppo la confusione ingiustificata, e con la famiglia che aveva, era stato costretto presto ad imparare l’arte di placare animi poco saldi. – Se pensi di poter reggere almeno altre due ore così, John, benvenuto in casa mia.
John, che non aveva ancora aperto bocca, parlò in maniera abbastanza sicura di sé da far supporre che avrebbe resistito almeno un po’. – Ero stato preparato a questo. – disse, sorridendo.
- Io non credo. – commentò Conrad, mentre la sorella, accanto a lui, era scoppiata in una risatina da iena trattenuta a fatica.
- Oh, non cominciare, tu! – soffiò Connie. – Non è gentile con un ospite, diglielo mamma!
- Tutti a tavola, avanti. – con quattro parole Catherine costrinse al silenzio la famiglia, che migrò verso la tavola da pranzo come una mandria di bufali.
  
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