Fading Away - Scomparendo

di bittersweet Mel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In the morning ***
Capitolo 2: *** In the evening ***
Capitolo 3: *** A n o t h e r d a y ***
Capitolo 4: *** The next day ***



Capitolo 1
*** In the morning ***


F a d i n g   a w a y - 
i n   t h e   m o r n i ng.

 

 

Un raggio di sole penetrò attraverso le tapparelle socchiuse, attraversò l’intera stanza di Sora e si fermò esattamente sopra la faccia del ragazzo.
Il diciassettenne sollevò il braccio sinistro portandoselo sopra alla faccia, cercando di ripararsi da quella luce fin troppo molesta.
No, ancora cinque minuti di buio per favore.

He been gone since three thirty

Eh, come? Non ditemi che è già ora di alzarsi, uhm?

Been coming home lately at three thirty

Sora sospirò, lasciando cadere il braccio lontano dal suo volto e permettendo così al sole di illuminarlo ancora, o accecarlo che dir si voglia.

Sbadigliò sonoramente, mentre a tentoni cercava il bottone per spegnere la sua piccola radio sveglia che non ne voleva proprio sapere di zittirsi da sola. 
Ma infondo stava facendo solo bene il suo lavoro e doveva reprimere l’istinto di buttarla fuori dalla finestra; non poteva mica permettersi di andare a comprarne un’altra, poi.
La musica si fermò e il moro rimase per un attimo in silenzio, dispiacendosi leggermente di non essere riuscito a finire di ascoltare quella canzone. 
Ogni mattina gli dava la carica giusta e la musica pop era il massimo per lui. Il suo gemello, però, non sembrava pensarlo allo stesso modo.
Ma infondo lui e Roxas non pensavano mai allo stesso modo, nemmeno quando erano due piccoli cosini che se ne stavano nella culla assieme.

Così come il gemello biondo non amava la musica pop, Sora non poteva non detestare la fragorosa musica Rock che l’altro ascoltava tutti i giorni.
E non la sopportava specialmente quando quella suonava la mattina presto, come sveglia.
Solitamente le persone sono ancora addormentate quando la loro sveglia suona, non è vero? Beh, il suo adorato fratello Roxas no, era sveglio e lasciava che le urla delle sue amate band si espandessero per tutta casa finché lui, Sora, stanco di dover ascoltare quelle canzoni non si alzava dal letto e lo andava a “svegliare”.
Il rituale mattutino di casa Kouno non si smentiva mai e veniva rispettato fedelmente tutti i giorni da circa tre anni. 
Se solo non si reputasse un pacifista-eroe-che-salva-la-situazione-convinto probabilmente, Sora, avrebbe già spaccato la faccia al fratello, magari picchiandolo proprio con la sua sveglia.

Sora si decise finalmente a scendere dal letto, rabbrividendo leggermente quando i suoi piedi nudi andarono a scontrarsi con il marmo freddo.
-Un tappeto, devo comprare un dannato tappeto- pensò cercando nel cassetto più vicino, quello dove buttava tutto dentro alla rinfusa, un paio di calze.
Ne trovò giusto due, una rossa e l’altra bianca. Bah, tanto nessuno si metteva a guardargli le calze no? Poteva benissimo metterle.

Poi passò a setacciare la stanza alla ricerca di un paio di pantaloni e una maglietta. Dopo circa cinque minuti di ricerche finalmente trovò quella che sembrava una maglietta pulita e un paio di pantaloni non troppo stropicciati. Ah, ma perché nella sua scuola non potevano mettere delle dannate divise? Sarebbe stato tutto molto più comodo.
Si stiracchiò pacificamente e rimase in silenzio ad ascoltare gli uccelli che cantavano dandogli il buon giorno, i raggi di sole che- dopo aver aperto la tapparella- lo inondavano della loro luce mattutina e …

 
You found me here, waiting for your chance
 
You would reach inside and take all of me 

 
… E la musica assordante del fratello che gli raggiungeva le orecchie e gli faceva arricciare il naso, dannazione!

Ma la parola “assordante” non era propriamente l’aggettivo giusto. Per la musica di Roxas serviva di più, un qualcosa tipo “ palesemente, atrocemente, dolorosamente rumorosa da far sanguinare i timpani.”
Sì, quella definizione suonava talmente azzeccata che si stupì non poco, il moretto, che non fosse stata scritta nel dizionario, con affianco la fotografia del fratello e della sua sveglia.
E allora, come tutte le mattine, si chiedeva come poteva anche solo pensare, Roxas, di fingere di dormire con tutto quel casino. Probabilmente il gemello voleva starsene a letto ad ascoltare la continuazione della canzone, con gli occhi chiusi e la mente altrove e un po’ di bava agli angoli della bocca. Ma no, Sora non glielo avrebbe permesso mai, mai!

 
----

 Roxas aveva un piano sicuro come l’oro per essere svegliato ogni mattina; L’aveva messo in atto quasi per caso, quando un suo amico gli aveva fatto notare il suo sonno fin troppo pesante.
Il biondo, tra l’altro, andava a letto tardi ogni notte e la mattina non si svegliava facilmente.  
Niente e nessuno riusciva a svegliarlo, probabilmente nemmeno la fine del mondo sarebbe riuscita a fargli aprire gli occhi, specialmente se lui desiderava continuare a dormire. 
E lui voleva ovviamente stare nel letto a dormire. Non che fosse sfaticato, eh. Semplicemente la mattina la reputava troppo movimentata per uno come lui, preferiva di gran lunga la notte per uscire e mettersi al lavoro.
Non aiutava nemmeno il fatto che avesse il sonno pesante, tra l’altro.
E da qui il motivo vero e proprio per il volume altro della sua musica che, sicuramente, avrebbe svegliato chiunque nel raggio di cinque kilometri.
Quindi il piano di Roxas era semplice: se nemmeno il forte rumore della sua sveglia riusciva a farlo svegliare ci poteva pensare Sora che, al contrario di lui, si svegliava facilmente.
Probabilmente era solo per questo che Roxas teneva ancora vicino al letto la vecchia radiolina scassata che gli avevano regalato anni prima; tanto quando voleva ascoltare musica usava l’Ipod, no?
Però ogni giorno la sua sveglia iniziava a suonare le canzoni che amava – e che Sora detestava- ad un volume pericolosamente alto e si prestava a dare fastidio al fratello maggiore.
Così quel rumore assordante svegliava Sora e Sora, quindi, svegliava lui.

Un piano assolutamente geniale nel suo genere.

 You watch your lies smother me again 
Oh,  mancava davvero poco al suo pezzo preferito.
Roxas sorrise lievemente, il lenzuolo attorcigliato intorno al torace scoperto e il piede che si muoveva  a ritmo, dondolandolo per quanto poteva nelle coperte.

But now you can't! 

Michael Barnes: probabilmente una delle poche persone che aveva la stima quasi assoluta di Roxas e che, con la sua voce, era capace di far smettere al cervello del biondo di pensare freneticamente.
Il rumore dei pugni sulla porta di camera sua avvisarono Roxas che Sora si era svegliato e gli stava urlando contro di muoversi e di alzarsi. Tutto come programmato, in pratica.

Don't even try your wasting time 
Jump back I'll beat you down and turn around 

Roxas tese l’orecchio e l’unica cosa che riusciva a sentire, oltre il suono che usciva dalle due piccole casse della radiolina, era la voce ovattata del fratello che lo chiamava a gran voce.
« Roxas, diamine, alzati! E spegni quella diavolo di sveglia che mi sta facendo impazzire!»
Con la porta solida di camera sua come barriera e la schiena rivolta al soffitto aveva ancora, sì e no,  un altro minuto di tempo per riposarsi. 
Chissà se sarebbe riuscito a riaddormentarsi … Non sarebbe stata affatto una cattiva idea quella di perdersi nel mondo dei sogni ancora una volta, specialmente se a portarcelo c’era la voce di Barnes.
Si portò il cuscino sopra la testa soffocando definitivamente le proteste del fratello maggiore, che adesso si erano smorzate quasi del tutto.
Certo, è vero che poteva anche alzarsi ma … Questa era proprio la sua canzone preferita, diamine.
« Roxas, muovi il culo. Tanto lo so che sei sveglio!»
Il biondo sospirò, canticchiando il ritornello a bassa voce mentre si toglieva il cuscino dalla faccia, lasciandolo cadere sul pavimento. 
Addio idea di riaddormentarsi a quanto pare; Sora sarebbe entrato entro pochi secondi.
Il rumore della porta che si spalancò per poco non gli fece aprire gli occhi, ma solo per poco : infatti quelli rimasero chiusi, sigillati quasi ermeticamente.
« Roxas muoviti. Dobbiamo andare a scuola. La scuola è importante.»
Il biondo si lasciò scappare una lieve risata, nascosta per metà dalla voce ancora impastata dal sonno e per metà dal viso schiacciato sul letto.
Si rotolò su un fianco, strofinando la guancia contro il materasso con un sospiro.
In risposta al suo sbuffo-risata anche Sora rise, di una di quelle risate fragorose che facevano concorrenza alla musica rock del biondo.
« Ok, ok. Detta da me questa frase sembra quasi ridicola ma hey, muoviti! Non possiamo fare tardi, non oggi!»
Il moretto sorrise, osservando il volto di Roxas prendere una strana forma, mentre dalle sue labbra usciva un grugnito contrariato.

«Su, non puoi non andare a scuola. Se non ci andrai non diventerai intelligente, allora non supererai i test, poi sarai bocciato e quindi non troverai mai lavoro come ventriloquo e si rovinerà il sogno della tua vita.»
«Veramente io non ho mai detto di voler diventare un ventriloquo, mi pare » borbottò il biondo, aprendo un occhio per osservare in tralice il fratello.
«Dettagli. Su, smettila di fare così e alzati. Hai idea di che ore siano? »
« 6:50 » replicò Roxas,  cercando di afferrare la radio per alzare ancora di più il volume. Eppure il fratello lo precedette: si fiondò sulla piccola radiolina e se la tenne stretta al petto.
«Ah ah. Adesso che ho io il potere che cosa fai, uh?  » domandò Sora sogghignando, mentre con un colpo secco della mano mise fine definitivamente a quella dannata canzone spacca timpani.
« Beh, caro il mio fratellino, se la rivuoi indietro ti consiglio di scendere dal letto, di vestirti e di venire a fare colazione.»

 

---

 

Sora sospirò leggermente, afferrando la scatola di cereali dalla credenza e appoggiandola sul tavolo. 
Poi si mise in punta di piedi e aprì l’ennesimo cassetto della mattinata per riuscire ad afferrare due tazze: una rossa e una bianca. 
Perché doveva sempre preparare lui il tavolo per la colazione? Si domandò arricciando le labbra, mentre posava lentamente le due tazze sopra al tavolino di vetro.
Si passò una mano tra i capelli, rinunciando già in partenza a dargli una forma un po’ più umana; maledetti i suoi capelli che se ne andavano dove volevano loro. 
In un certo senso invidiava quelli di Roxas: biondi e un po’ più ordinati dei suoi. E poi sembravano fare tanto colpo sulle ragazze …
Gonfiò le guance arrabbiato e aprì il frigorifero, afferrando il primo cartone di latte che gli passò sott’occhio per poi infilare direttamente la testa dentro al frigo alla ricerca del succo di frutta alla pera. Roxas beveva solo quello, gli altri non gli piacevano. 
Beh, Sora era già felice di aver convinto il gemello a fare colazione, non si aspettava certo che l’altro si mettesse a bere latte e a mangiare cereali o biscotti come faceva lui.

 Don't even try your wasting time 

Uhm? Sora sollevò lo sguardo verso il piano di sopra sollevando un sopracciglio.

Jump back I'll beat you down, turn around 
I'm fighting my way through you 

Dio no, suo fratello stava davvero facendo quella cosa che pensava stesse facendo? Pensiero contorto che però rappresentava il vero.
« Roxas, giuro che se canti ancora la tua radio finisce dritta nella lavatrice, capito?» Urlò Sora con un sorriso,  lanciando un occhiata al soffitto come se ci potesse scorgere il fratello che, intento a vestirsi, cantava con in mano una spazzola fingendo che fosse un microfono.
« Ma se sei in cucina come fai a metterla nella lavatrice?» La risposta canzonatoria del gemello gli arrivò alle orecchie insieme a una piccola risata.
Oh, Roxas questa mattina era di buon umore. Solitamente non rideva e faticava a parlare, ma per lo meno teneva compagnia al fratello.
«Esiste sempre il forno a microonde, sai? » gli rispose prontamente il moretto, mentre un’altra risata si faceva spazio tra le sue labbra.
«Ho capito, ho capito. Adesso scendo »
Oh sì, la mattina era senz’altro il momento in cui riuscivano in qualche modo a comunicare e, con il tempo, era diventata il momento preferito della giornata da entrambi anche se ancora non lo sapevano.

 
---

 
« Allora? Dov’è al radio? »
Sora sollevò lo sguardo dalla tazza bianca in cui stava versando il latte, spostando le iridi azzurre verso quelle altrettanto azzurre del gemello. Un sorriso, l’ennesimo della mattinata, animò la sua faccia.
Un’alzata di spalle e una risata allegra «Mah, chi lo sa … »
«Ti conviene sforzarti di ricordare e ridarmela entro un minuto » brontolò il biondo, raggiungendo il tavolo della cucina e sedendosi compostamente sulla sedia. Storse il naso alla vista del gemello che versava una manciata di Corn-flakes nella tazza, facendone cadere un po’ sul tavolo.
«Uhm, come diamine fai a mangiare la mattina presto, si può sapere? Mi viene la nausea solo a guardati »
Che poi il biondino non sapeva ancora se quella sensazione di nausea era dovuta al cibo di prima mattina oppure dal fratello, che sembrava mangiare come un barbaro a digiuno da mesi.
«Sai che la colazione è il pranzo più importante della giornata? » spiegò Sora, alzando il dito indice verso l’altro per sottolinea quell’ovvietà.
Roxas si lasciò scappare un sorriso e si chinò leggermente in avanti, appoggiando il gomito sopra al tavolo e una guancia sopra il palmo aperto della sua mano.
«Intendevi dire pasto al posto di pranzo, vero? » affermò osservando il fratello moro che, dopo aver ascoltato la risposta del fratello, arrossì lievemente.
«C-Certo. Sei tu che hai sentito male »
«Sì, come no » Roxas roteò gli occhi e afferrò il succo di frutta. « In ogni caso quella che stai usando è la mia tazza, sappilo»
Il moretto sollevò nuovamente lo sguardo verso il fratello e scosse la testa, indispettito.
«No, non è vero. Questa è mia. » afferrò la tazza con entrambe le mani e se la strinse al petto, come se da un momento all’altro il fratello potesse alzarsi e rubargliela da sotto il naso.
«E invece no. E’ quella bianca quindi è mia »
« Ma il bianco è il mio colore preferito » esclamò Sora, punzecchiando la tazza con le dita. Il biondo sollevò un sopraciglio.
« No, il rosso è il tuo colore preferito e si dia il caso che questa – si fermò dal parlare e sollevò la tazza che aveva davanti- è rossa e ti appartiene»
Sora borbottò qualche parola sconnessa, appoggiò la tazza bianca sul tavolo e sorrise verso il fratello.
«Eddaiiii, solo per oggi fammela usare. »
«Non credo di avere altre possibilità, sai? Visto che ci hai già versato il latte … »
Alla parola “latte” Roxas fece una smorfia, mentre un brivido di disgusto gli attraversò lo stomaco. 
Quel coso bianco e nauseante non lo riusciva a sopportare. Sarà che quando era piccolo lo avevano cresciuto a latte e passati di verdura e quindi adesso, dopo anni, non riusciva più nemmeno ad annusarlo.

Sora sorrise mentre guardava il volto contrariato del fratello e si limitò ad afferrare un cucchiaio e a mangiare. 
Rimasero per una decina di minuti in silenzio, Roxas che trafficava con l’Ipod e Sora che mangiava i suoi cereali. 
L’unico rumore che si sentiva era quello della musica del biondo che usciva dalle cuffie e il suono del cucchiaio del moro che andava a sbattere contro la tazza.

« Oggi pomeriggio esci con Axel, giusto?» il maggiore spezzò il silenzio, mentre si alzava dalla sedia e portava la tazza nel lavandino.
Roxas sollevò lo sguardo dal suo Ipod e si tolse una cuffia, sollevando un sopracciglio.
«Uh? Che hai detto? » era riuscito solamente a sentire qualche borbottio uscire dalla bocca del fratello, però non aveva capito che cosa aveva detto.
Sora si voltò verso di lui velocemente, sorrise e si grattò la nuca.
«Na, niente di importante; lascia stare. Adesso è meglio andare a scuola. Eccoti la tua radio »
Trafficò nelle tasche dei pantaloni e prese la radio – per fortuna che era piccola- e la lanciò al fratello.
Roxas sorrise lievemente quando si ritrovò con la su adorata sveglia tra le mani; si alzò anche lui da tavola e si diresse verso l’uscita, senza rispondere al fratello.

Il moro sospirò, osservando la tazza rossa che il fratello aveva lasciato sul tavolo: non ci aveva nemmeno versato il succo di frutta, cavolo.
La prese e la posò vicino all’altra, quella bianca. Rimase per un attimo a guardarle, pensando al fatto che assomigliavano un po’ a loro due, quelle tazze. Indugiò imbambolato li per un po’ finché non sentì il fratello aprire la porta di casa e le ruote dello skateboard risuonare nel vialetto di casa.
Allora anche lui uscì da casa, chiuse la porta e corse verso il fratello, affiancandolo.

«Hey, potevi aspet- » « Sora, Roxas! Buongiorno»
Kairi, seguita da un impassibile Riku, si sbracciava verso di loro con un sorriso sulle labbra.
Entrambi ricambiarono il saluto e da li si separarono: Sora si fermò a parlare con i suoi due amici e Roxas saltò sopra al suo skateboard e si diresse verso la chioma rossa che aveva avvistato poco distante da lui.

 

---

 

Mi ricordo che quella notte, quando arrivò la chiamata da parte della polizia, mi misi a piangere.
Corsi verso la camera di mio fratello e, in lacrime, gli dissi tutto quello che il colonnello, con la sua voce piatta e priva di emozioni, mi aveva riferito per telefono.
Io piansi tutta la notte e mi strinsi a lui, aggrappandomi al suo petto e stringendo i denti.
Mi ricordo che lui non mi scacciò, ma mi ricordo altrettanto bene che non mi strinse di rimando.

 

The lowest form of Mel

Bene, eccoci qui. E' una long. Sì, proprio così. E' una follia, è stupida e non so nemmeno io che cosa ne uscirà alla fine.
E' nata perché ci sono poche, pochissime, Sora/Roxas nel fandom italiano e quiiiiindi .... Eccomi qui. Però non ci sarà solo questa coppia, l'AkuRoku non mancherà.
E' solo una shonen-ai diciamo, nulla di spinto -w-
Il rapporto andrà avanti lentamente, diciamo. Roxas sarà combattuto tra l'amore fraterno con Sora e quello d'amicia con Axel.
Rimarrà costantemente indeciso.
In ogni caso le canzoni che si sentono in questa storia sono:
- Breakin dishes - Rihanna ( Ascoltata da Sora )
- Wasting time - Red ( Quella di Roxas )
Beh, al prossimo capitolo e mi piacerebbe sapere le vostre opinioni, visto che questa storia è sempre in bilico tra il " la detesto" " Non posso non continuarla"
Mel.

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Capitolo 2
*** In the evening ***


- I n    t h e   e v e n i n g ( capitolo 2 )

 

«Oi, Rox»

A quel richiamo, urlato a dieci metri di distanza, la testa del biondo si girò in cerca dell’amico.
Solamente dopo aver ruotato bene la testa sia a destra che a sinistra riuscì a scorgere una sagoma che, senza ombra di dubbio, era quella di Axel.
La si distingueva per ovvi motivi, nonostante si trovava circondata e quasi coperta da altre venti persone.
Punto primo: era rossa. Era una sottospecie di macchia rossa – con un cappotto nero- che spiccava prepotentemente come un petardo in piena notte.
Punto secondo: quella persona, la sagoma sopracitata, muoveva le mani in un modo del tutto singolare come solo, solamente, il suo amico sapeva fare.
Punto terzo: era Axel e basta.
Come non avrebbe potuto non riconoscere la persona con cui trascorreva la maggior parte del tempo? E non è che erano migliori amici da qualche anno, eh. 
No, loro lo erano da fin troppo tempo ,a detta di Roxas, e da dieci anni , secondo il modesto parere del rosso.

In ogni caso Roxas si voltò, sollevando lievemente la mano in segno di saluto e aspettò che l’altro riuscisse a raggiungerlo.
Solamente dopo qualche minuto – durante l’ora di pranzo la mensa era tutt’altro che libera- Axel riuscì finalmente a stravaccarsi sulla sedia di fianco a quella del compagno, appoggiando un braccio sulla spalla del biondo.
«Allora, Rox, come andiamo?»
«Se mi chiami ancora così andrà male. Per  te, ovviamente» sibilò il ragazzo più piccolo, scostando malamente il braccio che gli pesava sulla spalla. «E non sono una sedia, sappilo»
«Ah, davvero?! – Domandò Axel sorridendo sornione, mentre il suo braccio ritornava nella stessa posizione di prima- pensa un po’ che io ti avevo scambiato per una poltrona. Forse una un po’ piccola e scomoda, ma pur sempre una poltrona»

Roxas socchiuse gli occhi, maledicendo l’amico sia mentalmente che a parole.
«Ma tu non dovresti essere in classe a studiare? Se non sbaglio hai una verifica l’ora dopo eh»
«Oh, cespuglietto, hai per caso imparato a memoria i miei orari? Sono onorato»
«No. Non mi chiamo mica Axel, io! Sei tu – calcò sopra il pronome e sollevò il dito indice, indicando l’amico- quello che impara a memoria gli orari altrui.»
L’altro sorrise, dondolandosi sulla sedia e facendo ondeggiare, di conseguenza, anche Roxas.
«Touché. »

Rimasero per un po’ in silenzio a squadrarsi, chi sorridendo e chi maledicendo e, dopo tutti quegli sguardi, scoppiarono entrambi a ridere.
Con le lacrime agli occhi si piegarono sul tavolo, attirando l’attenzione di qualche persona dei tavoli affiancati al loro. Ma nessuno ci faceva caso più di tanto, non più ora mai. 
All’inizio quella coppia di amici aveva destato l’interesse di tutti, principalmente a causa del carattere esuberante del maggiore,  poi  via via l’interesse aveva iniziato a scemare fino a scomparire quasi del tutto.
Certo, spesso i loro nomi erano sulla bocca degli altri, ma nel periodo dell’adolescenza tutti parlano di tutti, nessuno escluso.
A partire dalla tipica ragazza timida, Naminé, a finire con il ragazzo simpatico e casinista, Sora.
Così Axel e Roxas rimanevano solamente due amici, migliori amici, sempre pronti a ridere oppure a farsi la guerra. 
L’unica cosa che incuriosiva le persone era come faceva Axel a far sorridere Roxas, quello era un mistero per tutti. Fin da quando il biondino aveva messo piede nella scuola nessuno era riuscito ad avvicinarsi a lui per farci quattro chiacchiere, subito Roxas si chiudeva nel suo silenzio oppure rispondeva seccato.

«Avanti Axel, che ci fai qui?» Una volta placate le risate, Roxas, si risollevò dal tavolo della mensa e guardò negli occhi il suo amico, in cerca di risposte. Non che ci fosse nulla di strano nel fatto che Axel saltasse volutamente un’ora di studio per stare con lui, quello lo faceva spesso, però questa volta aveva in mente qualcos’altro. Sicuramente nulla di buono.
«Uhm? Ah, sì. Dimenticavo … Ho fatto una scoperta sensazionale e, ovviamente, sono così magnanimo da condividerla con te. » esclamò il rosso, puntellandosi il petto gonfio d’orgoglio con l’indice.
Roxas trattenne un’altra risata, mentre con noncuranza afferrò il succo di frutta – alla pera- e si portò la cannuccia alle labbra.
«L’ultima volta che hai detto una cosa del genere siamo finiti in presidenza con l’accusa di aver riempito la piscina di polvere fluorescente, ricordi?»
Nonostante lo sguardo accusatore del più piccolo, Axel, con uno sbuffo annoiato, si limitò ad afferrare il succo dalle mani di Roxas per poi berne un sorso.
«Hey, quello è mio. E poi a te neanche piace il succo alla pera»
Axel storse il naso, socchiudendo la bocca per farne uscire un verso di disgusto.

«Bleah, sembra pieno di polvere. Che cavolo, perché non hai preso quello alla mela?»
«Perché, si da il caso, questo sia il mio pranzo. Non il tuo»  Sbottò Roxas, riafferrando il suo succo di frutta e finendolo in un unico sorso, rischiando anche di strozzarsi.
«Come sei infantile. Si vede proprio che sei più piccolo di me» sbottò Axel, gonfiando le guance.
«Anagraficamente parlando lo sono, ma mentalmente ti batto su tutta la linea, finto sapientone.» ridacchiò il biondo, dando un lieve pugno alla spalla del compagno.
«Allora, vuoi ascoltarmi oppure no?»
«Ok, ok. Dimmi tutto.»

Axel si stiracchiò le braccia, alzandole in aria e inclinando il capo all’indietro. Si lasciò sfuggire un sospiro leggero, mentre il solito sorriso balenò sul suo volto. 
Possibile che quel sorriso significasse solo e solamente guai?

«Bene. Circa un’ora fa stavo camminando tranquillamente per i corridoi e …- »
«Circa un’ora fa non avresti dovuto essere in classe, Axel?»
«Dovevo andare in bagno, ok? Anche io ho i miei bisogni e non interrompermi più.» sbottò il rosso, minacciando con la forchetta –quella che doveva usare Roxas per mangiare- il ragazzo che lo guardava accigliato.

Il biondo si limitò a ruotare la mano sinistra per aria, facendogli segno di continua a sproloquiare com’era suo solito fare e riprendendosi la forchetta.
«Dicevo, prima che qualche nano mi interrompesse … – il maggiore si concesse un’occhiata divertita- Circa un’ora fa, dopo aver chiesto il permesso di poter andare in bagno, stavo camminando per i corridoi quando ho sentito uno strano rumore. Cioè, non era poi così strano per me ma dettagli. Si sentivano dei gemiti, ecco. E indovina ?! Indovina chi era e che cosa stava facendo con chi?»
Roxas sollevò un sopracciglio, fingendosi interessato, mentre con la forchetta aveva cominciato a punzecchiare quella che doveva essere della pasta al forno, anche se di quella conservava solamente il nome.
«Beh? Chi erano, allora?»
«Perché non mostri un po’ di sano entusiasmo, qualche volta?»
«Va bene, va bene. Oh, Axel, ti prego: dimmi chi erano, dimmelo» chiese supplicando fintamente il rosso, cercando di sembrare il più “ entusiasta” possibile.
«Così sei inquietante, marmocchio.» Ridacchiò Axel dando qualche pacca sulla testa all’amico «Va beh, erano, tieniti forte, Saix e Xigbar»

Per poco Roxas non si strozzò con la sua stessa saliva. Completamente rosso come un pomodoro, il biondo, si diede qualche pacca al petto, cercando di placare l’attacco di tosse che l’aveva investito in pieno. Peggio di un camion di banane.
Al suo fianco, invece, Axel non riusciva a trattenersi dal ridere; infatti nella mensa  risuonava nuovamente la sua assordante risata.
E ancora tutti si erano voltati ad osservarli, chi ridendo, chi scuotendo la testa.
Una volta finito il piccolo pandemonio – dopo aver dato a Roxas una bottiglietta d’acqua da bere- entrambi ritornarono seri, per quanto possibile, e rimasero a squadrarsi.

«S-Stavi scherzando, vero?» Lo sguardo del biondo sembrava quasi supplicare l’altro che, con un cenno negativo del capo e una risata, smontò le sue poche speranze che quello fosse uno scherzo.
«Ma che … Che schifo! Oddio!»
«Non dirlo a me che ho pure visto …»
«Potevi anche evitare, eh?!»
«Perché, tu non avresti fatto lo stesso ? Andiamo Rox, è l’occasione di una vita!»
«Hai una strana percezione di “occasione” Axel, seriamente. Fatti qualche domanda e poi ne riparliamo » borbottò Roxas, allontanando il vassoio da sé .

Immaginare i suoi due professori in certe posizioni non aiutava a stimolare la fame.
Scosse la testa e si alzò, pronto ad andarsene via.
Immediatamente Axel lo seguì, afferrando il portavivande al posto dell’altro ed iniziandosi ad incamminare verso la porta. 
Con un sospiro rassegnato il più piccolo raggiunse l’amico, strattonandogli la manica della maglietta a maniche lunghe che indossava.

«In ogni caso che cosa vuoi fare? Non vorrai mica ricattare i professori, vero? E’ la volta buona che Saix ti squarta per poi darti in pasto ai suoi gatti mannari.»
«Ancora con questa storia? Andiamo Roxas, i gatti mannari non esistono!»
«E allora come gli spieghi quei miagolii assatanati che uscivano dall’aula di Saix quella mattin---  Oh, no. Oddio no, che orrore!» La faccia schifata di Roxas, pensò Axel, valeva più di diecimila yen.
Con un sorriso sornione il rosso appoggiò il vassoio sopra al cestino, per poi appoggiare entrambe le mani sulle spalle dell’amico, scuotendo la testa con enfasi e facendo ondeggiare la massa rossa di capelli.
«Eh sì, amico, hai capito bene. Quei rumori erano Saix e Xigbar che tromb-» «Sta zitto!»
Axel scoppiò nuovamente in una risata, questa volta aveva persino le lacrime agli occhi il bastardo.
«Oh, andiamo. Solo perché tu non l’hai ancora fatto non vuol dire che non si può neanche più nominare.»
«N-Non è questo il punto. E rispondi alla mia domanda.»
«Quale?»
«Quella sui ricatti!»
«Ah, quella. Beh no, anche se l’idea mi ha sfiorato. In ogni caso non era quella di Saix e Xigbar  la notizia.»
«C-Cosa?» per poco Roxas non si sbilanciò in avanti, cadendo con la faccia a terra. «E allora perché diamine me l’hai detto?»
«Così, giusto per vedere la tua reazione.»
Avete presente i diecimila yen della faccia schifata di Roxas? Bene, la sua faccia arrabbiata, per Axel, ne valeva ben il doppio.
« Sei un … Idiota» sbottò il biondo riprendendo a camminare, ignorando Axel e le sue dannatissime risate.
Prima di uscire dalla stanza lanciò un’occhiata al tavolo dove Sora e i suoi amici stavano mangiando; sospirò e scostò lo sguardo: di vedere Sora che abbracciava Riku non ne aveva proprio voglia.
«Hey, aspettami. Devo ancora dirti la mia idea! »
Il fulvo rincorse l’amico e, insieme, uscirono definitivamente dalla mensa battibeccando.

 

---

 

Sora osservava attentamente il piatto di pasta al forno che si trovava davanti ai suoi occhi, domandandosi se valeva davvero la pena rischiare la vita per riempirsi la pancia giusto per qualche ora.

Tanto entro nemmeno due orette la sua pancia avrebbe ripreso a brontolare in ogni caso, quindi non sarebbe cambiato nulla da come si sentiva adesso.
Già, un enorme buco nero nella sua pancia che continuava a gorgogliare come lo sciacquone di un gabinetto.
Uhm, che pessimo paragone Sora, che pessimo paragone.
Sollevò la mano munita di forchetta e spostò un pezzo di pasta con il sugo, arricciando il naso.

« Riku, ti propongo una sfida. » esclamò di punto in bianco, alzando lo sguardo dal piatto per portarlo al ragazzo che sedeva davanti a lui.
Se fosse riuscito a convincere l’albino a mangiare quella roba al suo posto avrebbe scoperto, per lo meno, se rischiava la morte oppure no.
Il ragazzo in questione sollevò lo sguardo irritato, come se fosse stato interrotto dai piani della conquista del mondo. 
Ovviamente i pensieri di Sora erano questi, perché lui era l’eroe che salvava tutti mentre Riku finiva sempre per avere il ruolo del super cattivo nei suoi film mentali.

«Che c’è, Sora, hai così tanta voglia di farti umiliare? »
Il moretto arricciò le labbra e tirò fuori la lingua, al suo fianco Kairi ridacchiò.
«Andiamo Riku, ascolta quello che ha da dire »
Come sempre la rossa, con il suo carattere conciliante, cercava di far andare d’accordo i suoi due migliori amici. Ogni giorno non poteva fare a meno di chiedersi come avrebbe fatto senza loro due.
«Mpf, smettila di dare opportunità a questo essere. Prima o poi finirà con il credere d’avvero di avere qualche chance contro di me »
«Ah, non solo credo di poterti battere, ne sono proprio sicuro! » esclamò il moro, battendosi un pugno sul petto, rigonfio d’orgoglio.
«Come vuoi Bambi, adesso ritorna a contare le margheritine ok? »
«Ah, sei davvero antipatico. Ci credo che nessuno vuole avvicinarsi a te »
«Allora dimmi … Sei tu quello che riceve almeno una dichiarazione al giorno, oppure sono io ? » domandò Riku sogghignando, mentre entrambi i suoi gomiti si appoggiarono sopra al tavolo di plastica rossa.

Sora ringhiò arrabbiato verso la sua direzione. Si alzò di scatto dalla sedia,  pronto a saltargli al collo per ucciderlo quando il suo sguardo si catapultò dalla parte opposta della mensa, attratto da due risate che conosceva fin troppo bene.
Axel e Roxas.
Il suo stomaco si contorse leggermente e lentamente si lasciò cadere sulla sedia, lo sguardo basso e il labbro inferiore tenuto ben stretto tra i denti.
Kairi sospirò lievemente, appoggiando una mano sulla spalla dell’amico.

«Sora … » non disse nient’altro, si limitò a concedere al moretto uno dei suoi sorriso speciali, di quelli che ti rendevano le giornate speciali.
«Io solo … Non capisco. Axel non è un tipo ok, ha sempre fatto danni e Roxas … Roxas merita di meglio, tutto qui. »
«E’ il fascino del cattivo ragazzo, mi pare ovvio » face Riku, picchiettando due dita sopra al tavolo.
«Ma quale fascino e fascino, qui si tratta di amicizia. Andiamo Sora, guardali!  » Esclamò la rossa, facendo sollevare lo sguardo del moretto verso l’estremità della mensa che mostrava un Axel intento a bere un succo di frutta e Roxas che cercava di riprenderselo.
«Sai, mi ricordano te e Riku in un certo senso »

Entrambi i ragazzi alzarono lo sguardo verso l’amica ed esclamarono all’unisono : «No, non è vero! »
La ragazza si lasciò sfuggire una risata un po’ più forte delle altre, si portò entrambe le mani sulla pancia e la strinse forte.
«Ah stupida Kairi, non sai quello che dici » affermò Sora dandole una piccola pacca sulla spalla, per farla smettere.
«Per una volta concordo con Capitan Idiozia »
«Hey ma la vuoi smettere con questi soprannomi? »
« Preferisci per caso che ti chiami Sorako(*) o qualcosa del genere?»
«Aaaaah, smettila. Non sono una specie di ragazza sai? Scommetto che c’è l’ho anche più grosso del tuo »
«Se, come no. Sai Sora, esiste una cosa chiamata crescita ma quella sembra non averti toccato mai. »
« R-Ragazzi, non avevate mica in sospeso una scommessa, uh? » esclamò  Kairi leggermente rossa in viso, mentre con la mano sinistra diede uno scappellotto sulla testa di Sora.
« Ahi» si lamentò il ragazzo, portandosi entrambe le mani sopra la parte lesa.
«Oh mi ero quasi dimenticato della tua insulsa sfida. Avanti, dimmi che vuoi » disse Riku, incitando Sora a parlare con il movimento rotatorio della mano.
« Insulsa ‘sti cavoli. Ti sfido a mangiare questa pasta» esclamò il moretto, stringendo forte i pugni e sorridendo.
«E per quale motivo dovrei farlo? Che ci guadagno? » domandò l’albino sollevando un sopracciglio, osservando con sufficienza l’amico.
«Ci devo ancora pensare ma … Se non lo fai vuol dire che, per caso, hai paura? Oh povero piccolo Riku, così spaventato dalla pasta al forno. Che farai adesso, eh? Chiami la mam- » « Tappati la bocca o giuro che ci penso io»

Il più grande interruppe il monologo di Sora, sollevando un pugno verso di lui minacciosamente.
Il moretto rispose con un sorriso ancora più grande, sbatté un paio di volte le palpebre e lo canzonò con voce più acuta del solito. « Allora accetti, Riku-chan? »
L’albino gli lanciò un’occhiataccia, augurandogli di morire in un modo atroce, e afferrò la forchetta.

«Non si sia mai detto che io mi tiri indietro ad una stupida sfida, specialmente se questa viene dalla tua mente contorta » sibilò, prendendo un pezzo di pasta con la forchetta e portandosela alla bocca.
Masticò lentamente, socchiudendo gli occhi. Kairi e Sora trattennero il fiato, come se il loro amico fosse sul punto di disinnescare una bomba a pochi secondi dall’esplosione.
Dopo qualche secondo Riku abbassò la forchetta, scuotendo la testa.
«Non so ancora cosa mi devi per aver vinto, Sora, però sappi che se non è qualcosa di meraviglioso ti uccido »
«Ah Riku! Sei ancora vivo! » Esclamò Sora, buttandosi sopra all’amico incurante del tavolo che li separava.
Il moretto strofinò la sua guancia contro quella dell’amico, facendogli quasi le fusa.
Riku si limitò a fare una faccia disgustata, mentre cercava di allontanare Sora da lui con entrambe le mani.
« Aaaah – sospirò Kairi, passandosi una mano sul volto- voi due non cambierete proprio mai vero? »
Entrambi si voltarono verso di lei – Riku ancora che tentava di scacciare Sora con entrambe le mani- e sbuffarono quasi risentiti.
«Eddai Kairi, non mi hai visto? Mi sono alzato di qualche centimetro rispetto all’anno scorso » sbottò Sora gonfiando le guance.
«Oppure porta le scarpe con i tacchi » suggerì l’albino con un ghigno, cosa che portò il moretto a tirargli i capelli.
«Sceeeeeemo »
«Pff, parla il piccolo genio eh? »
E tutti e tre risero di nuovo, dimenticandosi della pasta al forno ancora nel piatto pronta per essere mangiata.

 

 

---

 

«Avanti, dimmi qual è quest’idea e facciamola finita »
« Pensavo a qualcosa tipo … Uhm, una fetta di prosciutto nel registro di classe o una cosa del genere, no? »
Roxas sospirò amaramente, chiedendosi come mai passava ancora del tempo con quella sottospecie di uomo poco pensante. Sollevò la testa verso il cielo e si stiracchiò lievemente le braccia, portandole verso l’alto. Steso al suo fianco, Axel, lo guardò in attesa di una risposta, sul suo volto il solito sorriso sgargiante.

«Beh? Che ne pensi? »
« Patetico »
Il fulvo sbuffò,  punzecchiando con un dito la faccia dell’amico.
«E allora dimmi qualcosa te, genio incompreso »
«Uhm boh? Che ne so io »  bofonchiò Roxas girandosi su un fianco per poter guardare meglio in faccia il compagno d’avventure.  
Il sole nel cielo iniziava a tramontare, spandendo in tutte le direzioni raggi rossi con sfumature arancioni che rendevano quella terrazza una delle cose più belle che ci fossero nell’arco di kilometri;
Axel e Roxas se ne stavano tranquillamente sdraiati sopra la superficie calda di cemento a parlare come ogni giorno, aspettando giusto qualche minuto prima di dover tornare ognuno alla propria casa.

«Ah sì, davvero molto utile blondie » frignò il fulvo, spintonando Roxas per farlo ricadere supino per terra.
Il ragazzo al suo fianco sospirò e rimase steso in quella posizione, osservando il cielo con aria assorta.
« Sei stato tu a voler organizzare qualcosa, no? Quindi si presume che tu dovresti essere la “mente” e io solamente il “braccio”. – mormorò tranquillamente, passandosi una mano tra i capelli – e poi da come parlavi oggi in mensa pensavo che un idea ce l’avessi già»
«Si dia il caso che ce l’avevo, oggi in mensa. Però me l’hai rovinata te. »
«Ovvero che volevi fare? »
«Ricattare Saix e Xigbar » sogghignò Axel, come se fosse una cosa ovvia.
«Hey! Avevi detto che non volevi farlo »
«E tu ti fidi davvero di me? »
Roxas scosse la testa, tirandosi un due pugni sopra la fronte « Già, come ho potuto commettere un errore simile. Finirò sulla forca.»
«Tranquillo, quegli aggeggi  infernali non esistono più- esclamò il rosso dandogli una pacca sulla spalla- però hey, braccio, che ne dici di dare fuoco alla scuola allora?»
«Idea bocciata  »
«Polvere urticante sulla sedia? »
«Già vista »
«Che ne dici delle puntine sulla sedia? »
«Sei fissato con le sedie per caso? E comunque no, è squallida »
Axel si portò entrambe le mani sopra la fronte, massaggiandola in cerca di idee. Batté i piedi per terra, sollevando una lieve polverina e dondolò la testa avanti e indietro.
«E sta’ fermo Axel! »
«Non riesco a pensare se non mi muovo » esclamò il più grande, prendendo a rotolarsi sopra la piazzola.
Al suo fianco Roxas ridacchiò, posando una mano sopra la spalla del ragazzo per fermalo.
«Senti, diciamo che io ho un piano. Però devi fare esattamente quello che ti dico, ok? »
Axel si fermò di colpo, sollevandosi da terra e puntando i suoi occhi verdi sul viso di Roxas.
«Oh, come adoro quel sorriso sadico che hai quando pensi agli scherzi da fare »
Il biondino arrossì leggermente, alzandosi a sua volta e dando un piccolo pugno sulla spalla dell’amico.
«Zitto e ascolta: domani lo metteremo in atto. »

 

---

 

Passare la serata da solo con lui, per il maggiore, sembrava -e forse era - la cosa più bella che potesse accadere al mondo.
-Finalmente possiamo stare  un po’ insieme - quello era l’unico pensiero che girava per la sua mente mentre osservava lo sguardo del gemello che si perdeva fuori dalla finestra buia, intento ad osservare i fari dell’automobile allontanarsi.

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Mel parla.
Beh, eccoci qui. Ufficialmente non avrei dovuto pubblicare un bel niente e bla bla bla, però non ho resistito. Mi ero detta che se non avessi ricevuto almeno un po' di opinioni su questo mio "esprimento" non avrei pubblicato su internet ma mi sarei limitata a scriverla per me, eppure ho voluto metterla qui lo stesso. Ci sono delle persone che la seguono, quindi mi sembra giusto metterla.
Per quanto riguarda il capitolo è uno molto tranquillo. Adoro far vedere i piccoli cambiamenti e i sentimenti nascosti che si celano tra le persone.
Qui si intravede la forte amicizia tra Axel e Roxas ( solo amicizia, mah! ) e il fatto che i due fratelli si cercano sempre e comunque,
* come tutti sapranno in Giappone si può aggiungere il suffisso -KO ad un nome per renderlo femminile. Riku è molto tenero, vero? Forse è per questo che forse lo metterò con Kairi. Sono così carini insieme *^*

Al prossimo aggiornamento, eh.
Mel.

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Capitolo 3
*** A n o t h e r d a y ***


A n o t h e r   d a y ( capitolo 3 )

 

« Svegliati Roxaaaaas. »
« Cinque minuti … » mugugnò il bozzolo di coperte, contorcendosi lievemente.
Sora sbuffò contrariato, spegnendo la sveglia del fratello con un colpo secco.
« Oggi sei ancora più in ritardo del solito. Prima o poi riuscirò a trovarti già sveglio prima di me?»
Un altro movimento delle coperte e un nuovo mugolio infastidito.
«Sparisci Sora, lasciami qui a morire »
Il moretto rise divertito e, senza preavviso, si buttò a peso morto sopra il letto del fratello finendogli praticamente addosso.
«Aaaah, idiota scendi subito! » urlò il biondo, sbucando fuori dalle coperte con un diavolo per capello. Ringhiò contro il gemello più grande e tentò di buttarlo giù dal letto, spingendolo con entrambe le mani.
Quello non era certamente il massimo per un risveglio.
«Non mi muovo di qui finché non ti svegli. »
«Razza di cretino io sono sveglio. Altrimenti non riuscirei a parlarti! »
«Magari sei sonnambulo. » ribatté Sora tirando i capelli biondi del fratello verso l’alto, cercando di svegliarlo dal suo stato di “sonnambulismo”.
Roxas digrignò i denti, fulminando con lo sguardo il ragazzo che non ne voleva sapere di levarsi da sopra di lui.
«No, idiota. Sono sveglio e tra l’altro tu pesi peggio di un maiale gigante.»
Il maggiore ridacchiò e continuò a scompigliare i capelli dell’altro, limitandosi a qualche risata.
«Di prima mattina gli insulti non ti escono molto bene, Rox. »
Il biondo sospirò, afferrando la mano del gemello per fermarlo.
«Che ci vuoi fare: è il sonno. E non chiamarmi Rox, basta e avanza un’idiota a farlo. Non ti ci mettere anche te. »
«Se non ti alzi dal letto ti chiamerò così per il resto della tua vita. »
«Come no. »
Sora sollevò un sopracciglio, saltellando sul posto per infastidire ancora di più il gemello. Roxas si lasciò sfuggire un lamento di dolore: la spina dorsale, cavolo! Non si poteva certo dire che Sora fosse un peso piuma e il fatto che gli saltasse sopra come se fosse un materassino gonfiabile non aiutava.
«Rox, Rox, Rox, Rox, Rox, Rox, Rox, Ro- »  «Ok, ok. Ho capito, mi alzo e non faccio storie. »
«Bravo cagnolino »
«Fa silenzio »

 

 ---

 

Axel sollevò lo sguardo dal suo quaderno di appunti per poter osservare meglio l’ora che appariva sullo schermo del suo cellulare: 9.30
Ottimo.
Sorrise divertito; la sola idea di mettere in pratica lo scherzo di Roxas gli faceva drizzare i peli sulla schiena. Cioè, sulla schiena metaforicamente parlando. Fortunatamente sulla sua schiena cresceva massimo massimo qualche neo, nulla di disgustoso come dei peli.
Tossì un paio di volte, attirando l’attenzione di Saix verso di lui. L’uomo – nonché suo professore- lo fissò intensamente, mentre con calma abbassava la mano munita di gessetto.
Beh, per lo meno non glielo aveva tirato addosso come ogni volta che interrompeva una sua spiegazione. Il sesso fa proprio dei miracoli, non è vero?
« Professore, posso andare ai servizi?» domandò il fulvo sorridendo sbiecamente, iniziando già ad alzarsi con malagrazia dalla sedia facendola stridere contro il pavimento.
«Solitamente si aspetta l’ok da parte del professore per alzarsi, Koehn »
«Ma lei ha annuito, professor Saix. Io non potrei mai alzarmi senza il suo permesso. » esclamò portandosi una mano al petto, fingendosi ferito per la “ non-fiducia” che il suo professore gli riservava.
L’uomo lo guardò freddamente, limitandosi ad alzare un sopracciglio innervosito.
«Sparisci, prima che cambi idea »
«Thanks »
Axel uscì dalla classe con passo sicuro, dando uno scappellotto a Demyx durante il breve percorso dal suo banco all’uscio della stanza.
Si richiuse la porta alle spalle e sorrise ancora, questa volta cercando di trattenere una risata.
Roxas ancora si chiedeva come faceva, Axel, a fare tanti scherzi se prima di farli si metteva a ridere come un idiota. Insomma, come in quei film di spionaggio in cui si vedono le spie che se ne vanno in giro tranquillamente con un impermeabile nero, cappello nero, occhiali neri e valigetta nera anche se sono in pieno giorno, sotto il sole cocente e con un centinaio di persone intorno. Come dare nell’occhio, insomma.
Ritornando ad Axel: stinse entrambe le mani a pugno e le puntò verso l’altro, saltellando poi sul posto.
Finito questo suo piccolo rituale di gioia si limitò a farsi un giretto per il corridoio, cercando di non farsi vedere dai bidelli che giravano.
Dopo circa cinque minuti, in cui il suo cervello aveva formulato tutte le possibilità di riuscita del piano, rientrò in classe passandosi una mano sopra i pantaloni, fingendo di asciugarsi le mani.
Si diresse verso il suo banco tranquillamente, quando a metà strada si fermò.
«Ah professore …  In corridoio il professor Xigbar mi ha fermato e mi ha detto di dirle se riusciva a raggiungerlo in sala professori il prima possibile »
L’uomo si girò lentamente verso il suo studente, squadrandolo dalla testa ai piedi e poi annuì.
« Leggete da pagina 134 a pagina 140. Quando torno voglio vedervi con la faccia così appiccicata ai libri tanto che le parole vi si potranno leggere sulla fronte, chiaro? » come sempre il tono freddo e privo di emozioni usato fece annuire l’intera classe, in soggezione. Oramai erano quattro anni che “Faccia da X” – così soprannominato da Demyx- terrorizzava gli studenti, però adesso era arrivato il momento di cambiare.
Axel, dalla sua postazione al banco, tirò fuori il cellulare e iniziò a scrivere un messaggio, sempre con il sorriso sulle labbra.

Faccia da X sta partendo. Good Luck, blondie.
Schiacciò il tasto verde e inviò il messaggio, sogghignando. Adesso non doveva far altro che uscire dalla classe come se niente fosse e aspettare Roxas.

 

---

 

Più facile del previsto, dannatamente più facile del previsto.
Roxas camminava per i corridoi dalla scuola in cerca di uno dei tanti bidelli, in mano delle verifiche e nella testa soltanto l’idea che, così, era fin troppo facile e non ci si divertiva.
Insomma: aveva progettato tante di quelle scuse per essere mandato fuori dalla classe da Xigbar che adesso, dopo che il professore lo aveva mandato di sua spontanea volontà, si sentiva quasi preso in giro.
Che fine avrebbe fatto così il suo cervello? Già che c’era poteva spegnerlo definitivamente come quell’idiota di Axel, allora.
Sbuffò, grattandosi la nuca innervosito.
Per niente divertente.
Come se non bastasse poi, Sora, lo aveva costretto a fare colazione quella mattina e si sentiva pieno peggio di un uovo e quello certamente non lo aiutava a muoversi per i corridoi. Anche se infondo le sue erano tutte scuse perché le sue idee erano state smontante così, puff, con poche semplici parole.
« E diavolo! Possibile che non ci sia nemmeno un bidello in questa scuola?! » sbottò quando, arrivato al tavolo dove avrebbero dovuto esserci dei bidelli, non vi trovò nessuno.
«Sei tu che non ci vedi »
Roxas sobbalzò, rischiando di far cadere a terra le verifiche che Xigbar gli aveva affidato. Ma che diavolo …?
Vexen, con un sorriso inquietante, gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
«Quindi? Che vuoi? Ti serve qualcosa? » domandò l’uomo, assottigliando gli occhi e squadrando il biondino come se fosse un portatore di germi.
«Eeeeehm, sì. Ma prima una cosa: come diavolo ha fatto ad apparire così?»
Il bidello ringhiò, stringendo la mano sopra la spalla del ragazzo. Manca poco che gli esca anche del fumo dal naso e siamo a posto.
«Monello, le parole. Porta rispetto per chi è più adulto e vaccinato »
«Woah, scusi … N-Non lo faccio più » ridacchiò Roxas, sollevando entrambe le mani davanti al volto sia per ripararsi sia per mostrare quanto gli dispiacesse.
Cosa, tra l’altro, totalmente falsa. Il rispetto la gente se lo doveva meritare e quello li – Vexen – non aveva mai fatto nulla di che. Però il tempo stringeva e mica poteva perdere tempo con il bidello psicopatico.
«In ogni caso, signor Vexen – calcò sopra all’onorifico, annuendo senza motivo- mi servirebbe la pinzatrice per queste verifiche  »
Gliele sventolò sotto il naso, mostrandogli che non stava dicendo nessuna bugia e per intimarlo a portargli l’attrezzo velocemente.
L’uomo si limitò a sbuffare, lasciandogli la spalla, e andò a trafficare dentro al cassetto della scrivania.
Rosax sbuffò mentalmente, massaggiandosi la spalla nervosamente. Certo che, per essere una specie di mummia in via d’estinzione, quel vecchietto non era affatto una mezza calzetta. Probabilmente era più arzillo di quanto voleva dimostrare.
Il bidello lo raggiunse nel giro di qualche secondo, in mano la pinzatrice e un sorriso falso sulle labbra.
Il biondo si chinò leggermente, per ringraziarlo, afferrò la pinzatrice e, con passo veloce, si allontanò dal bidello. Poté giurare di averlo visto mentre gli alzava il dito medio contro, ma meglio lasciar perdere.
Camminò per i corridoi velocemente e proprio mentre la sua mano si appoggiava sulla maniglia della porta  il cellulare nei suoi pantaloni vibrò due volte, avvisandolo del messaggio arrivato.
Con uno sbuffo prese le verifiche tutte in una mano e, con l’altra, afferrò il cellulare portandoselo vicino agli occhi.
Uh?Axel aveva già fatto?
Richiuse il cellulare e se lo mise in tasca; non c’era affatto bisogno di rispondere all’amico, specialmente perché non aveva intenzione di spendere soldi.
Afferrò saldamente la maniglia e la spinse verso il basso, aprendo la porta. Xigbar, seduto comodamente sulla cattedra, gli rivolse uno sguardo interessato.
« Puffo, come mai ci hai messo tanto? Qui in classe sentivamo la mancanza della tua presenza saccente»
L’intera classe rise, facendogli imporporare leggermente le guance.
«Sempre meglio saccente che stupida come mio fratello » sbottò Roxas, indicando con noncuranza il moro, che subito protestò con un “Hey”.
E ancora la classe rise all’unisono, alcuni diedero anche delle pacche sulle spalle a Sora per consolarlo.
Il biondo si avvicinò alla cattedra, appoggiandocisi sopra le verifiche e la pinzatrice.
«Comunque ho ritardato un po’ perché il professor Saix – con due puntini sulla i- mi ha fermato per dirmi una cosa »
Al nome di Saix, Xigbar, alzò la testa con falso interesse. «Due puntini sulla i? »
Roxas fece spallucce, roteando gli occhi « E’ così che si è presentato il primo giorno di scuola»
«E che cosa voleva il professor Saix- con due puntini sulla i- ? » domandò il professore guercio, prendendo in mano alcune verifiche e spulciandole con finto interesse.
Il biondo, dentro di sé, sorrise vittorioso.
«Mi ha chiesto di dirle se riusciva a fare un salto veloce in aula professori; ha detto un qualcosa riguardo al “finire la conversazione di ieri a pranzo” o cose del genere. Scusi, non ricordo esattamente le parole »
La faccia di Xigbar cambiò immediatamente espressione – certo che non era molto bravo a fingere indifferenza eh -  e si alzò dalla sedia.
«Adesso, intendeva? »
Roxas si limitò a mugugnare un “ mmh mmh” e ad annuire. Dentro di sé invece rideva fragorosamente. Diavolo, la vicinanza con Axel lo stava trasformando pian piano in un idiota come lui.
«Allora temo proprio di dover abbandonare la lezione di Storia ragazzi. Non fatene un dramma, mi raccomando »
«Non si preoccupi professore: non c’è nessun pericolo! » ridacchiò Sora dal suo banco, portandosi le braccia dietro la testa e sorridendo.
Xigbar ridacchiò insieme al moretto per poi diventare serio di colpo e lanciargli contro un gessetto.
« Punizione, Sora. Appena torno dovrai portarmi il riassunto dell’intero capitolo che stavo spiegando»
Roxas scosse la testa, chiedendosi come faceva a essere realmente il suo gemello. Magari era stato adottato …
Sora smise di ridere e lasciò cadere le braccia mollemente sui fianchi, il labbro inferiore che sporgeva.
«Professoreeee – miagolò triste – non so nemmeno a che capitolo siamo arrivati 
«Peggio per te, marmocchio. E voi – indicò l’intera classe con la mano- non ditegli nulla. Si deve arrangiare da solo»
Detto questo uscì velocemente dalla classe, ignorando i lamenti del moretto che si contorceva sul banco.
«Roxas, aiutami! » si lagnò Sora, allungando la mano destra verso il gemello.
Quello si limitò ad un’alzata di spalle e ad un “Arrangiati”. La sua attenzione, adesso, doveva dedicarla tutta a Saix e a Xigbar.

 

--- 

 

« Da questa parte, nano» biascicò Axel afferrando Roxas per una spalla, trascinandolo verso di lui.
Il biondo bofonchiò qualche insulto e scosse le spalle, facendo mollare la presa all’amico.
«Lo so, idiota. Stavo solo controllando se c’era qualcun altro in giro »
«Beh?»
«Beh niente. Siamo solo noi due qui – si fermò un attimo, indicando con un cenno del capo la sala professori- e loro due, ovviamente »
«Ah già. I piccioncini » sghignazzò il fulvo, chinandosi per poter osservare attraverso il buco della serratura.
Roxas lo guardò compassionevole, scuotendo la testa.
«Guarda che ci sono le finestre, sai? »
«Ma da li ci vedrebbero! » sbottò ritornando in posizione eretta, posando entrambe le mani sui fianchi.
«Non tutti sono appariscenti come te, sai? »
Detto questo, Roxas, scartò Axel e si diresse con passo felpato verso la prima finestra, appoggiandosi al muro con la schiena per non essere visto.
Con la coda dell’occhio vide Xigbar avvicinarsi a Saix, salutandolo allegramente.
«Hey Rox … »
Il biondo ignorò l’amico, sventolando la mano destra come per cacciare via un animale fastidioso.
«Ascoltami, puffo »
Il biondo scosse la testa, ignorando volontariamente il rosso.
«Tanto io te lo dico lo stesso! Insomma … Io ho mandato Saix, tu Xigbar. Non credi che si domanderanno come mai si sono incontrati e bla bla bla? »
«Non credo. Infatti si stanno baciando » sibilò Roxas, assottigliando gli occhi alla vista della lingua del suo professore che passava sopra alla bocca dell’altro.
«Disgustoso … » scosse la testa, voltandosi verso Axel. «Bene, facciamo questa foto e poi andiamocene »
Il fulvo sorrise, grattandosi una guancia.
«Ho una domanda »
«Uhm? »
«Domani mattina quei due si ritroveranno con le aule piene di foto, ok, però … Penseranno subito che siamo stati noi due, no? »
Roxas sorrise debolmente, trafficando con il cellulare per azionare la fotocamera.
«Certo che lo penseranno, però che prove hanno infondo? Nessuna. Quindi il preside non potrà dire nulla »
«Come mai così tranquillo? Solitamente quando stiamo ( o per meglio dire sto) per fare danni sei un fascio di nervi, mentre ora … » scosse la testa, ridacchiando lievemente, non sapendo che cosa aggiungere.
Roxas scosse la testa e si scrollò le spalle, chiudendo così l’argomento. Non lo sapeva nemmeno lui il motivo. Aveva solo voglia di un po’ di adrenalina, pensava, e magari di finire in qualche casino.
Passò il cellulare ad Axel, alzando il pollice vittorioso.
«Perché devo farlo io? » si lagnò il maggiore, ruotandosi tra le dita l’apparecchio.
« Hai per caso paura? » insinuò il biondo, sollevando un sopracciglio
«Ah, sia mai! »
Axel si avvicinò alla finestra furtivamente, adocchiando con un ghigno le posizioni “poco consone” dei suoi insegnanti e, velocemente, premette il tasto per fare le foto.

Bip.

Oh cazzo.
Entrambi i ragazzi si guardarono negli occhi, sgranandoli. Quel … Quel dannato cellulare aveva appena fatto … bip?
I due uomini, dentro la stanza, a quel suono metallico e rumoroso – perché sì, era fin troppo rumoroso- si voltarono stupefatti.
Nello stesso momento Axel e Roxas scattavano veloce verso i corridoi diretti alla propria classe.
Più veloce della luceeeeeeeeeeeee.

 

 

 

« Com’è andata? »
«Ah, non male. Appena sono rientrato in classe Sora mi è praticamente saltato in braccio pregandomi di aiutarlo con il riassunto, poi Olette si è messa a ridere e mi ha offerto un biscotto fatto da lei. Allora Hayner mi ha dato una pacca sulla spalla, dicendomi che ci so fare con le ragazz- »
«Intendevo con Xigbar  » esclamò Axel, dandogli una manata sulla schiena
«Tutto ok. E’ entrato in classe tutto trafelato, si è guardato intorno e poi niente. Saix? »
Axel si passò una mano tra i capelli, infastidito.
«Secondo te potrei denunciare alla polizia un uomo che mi ha minacciato apertamente di scotennarmi come un tacchino? »
Roxas si lasciò sfuggire una risata, osservando il volto imbronciato del suo migliore amico.
«No, non credo.  E poi, che ha fatto? »
Il fulvo si sollevò leggermente da terra, puntellandosi sui gomiti.
«Niente di che, mi ha squadrato male tutto il tempo. Secondo me adesso stanno discutendo di me e di te »
«Probabile  »
Rimasero in silenzio per un po’, beandosi della calma del momento. Sicuramente il giorno dopo non sarebbe stato così tranquillo, anzi!
Axel si lasciò cadere nuovamente a terra con un sospiro, sollevando un po’ di polvere e sabbia che ricopriva la terrazza. Ancora si chiedevano, i due, come mai ogni giorno quel posto si riempiva di sabbia fine. Colpa del vento?
«Hey Roxas … »
«Cosa? »
«Domani mattina dobbiamo venire a scuola presto, così sistemiamo le foto in classe. Ah sì, ricordati di stamparle eh! »
« Questo significa che io dovrei …? » il biondo lasciò in sospeso la frase, guardando di sottecchi Axel
«Sì, dovrai svegliarti presto »
«Assolutamente no » rispose secco Roxas, puntando lo sguardo verso il sole che tramontava.
«E invece sì. Tranquillo, ti farò io da sveglia personale e verrò a casa tua a prenderti »
Il biondino ritornò a guardare l’amico, imbonciandosi lievemente e scuotendo la testa
« No, non importa»
« Tanto non mi costa niente, eh»
«No, mi sveglio e poi vengo a scuola »
Axel sollevò un sopracciglio, stranito. Si voltò su un lato, appoggiando il viso sul palmo aperto della mano.
«Ma se nemmeno la senti, la sveglia. Andiamo Rox! »
« Io non … tranquillo »
«Ma - »
«Ci penserà Sora a svegliarmi, come sempre »
Già, Sora. Sarebbe stato suo fratello a svegliarlo, com’era giusto che sia.
Axel sorrise mestamente, sospirando. Sora eh? Beh, forse c’erano cose che Roxas non era ancora in grado di lasciarsi alle spalle dopotutto. Infondo chi meglio di Axel poteva capire quello che il suo amico provava?
«Uh, si è fatto tardi Blondie. Devo andare »
«Già, anche io »
«A domani. E ricordati le foto! » esclamò il fulvo, alzandosi da terra e salutando con la mano l’amico
«E chi se le dimentica » bofonchiò Roxas, osservando Axel allontanarsi e sparire dietro la porta della terrazza.
Chissà se Sora era già arrivato a casa …

 

 

« Mi raccomando, fate i bravi e non distruggetemi la casa »
La donna sorrise, passando la mano delicata sopra la guancia di entrambi i piccoli. Uno dei due sorrise, annuendo felicemente. L’altro si imbronciò, aggrappandosi al grembo della madre.
« Devi proprio andare insieme a papà? Non puoi restare qui?»
Il  più grande gonfiò le guance, avvicinandosi al gemello e afferrandolo per un braccio.
«Sì, lei deve andare. Adesso vai mamma, dai »
La donna sorrise, raggiungendo il marito ed entrambi uscirono dalla porta, con un sorriso sulle labbra.

Mel's
Oddio, oddio, oddio. Potete uccidermi, scorticarmi, rendermi schiava a vita e bla bla bla.
Da quanto tempo non aggiorno? Da quanto tempo nemmeno la cago questa storia? ;A;
Nh, la mia SoRoku <3
Oddio, in questo capitolo Sora si vede pochissimo, ma nel prossimo lo vedrete all'opera e si inizieranno ad intravedere i primi segni sulla coppia.
Ah... E sì, questo era " lo scherzone" che aveva in mente Roxas. Direi che sembra più una ripicca contro i professori ma dettagli.
Ringrazio tutte le persone che hanno recensito - fatelo ancora o vi scotenno coof - e anche chi ha messo tra preferiti/seguite/ altro.
Thaaaanks =w=

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Capitolo 4
*** The next day ***



Okei. E' passata una vita- dabbero una vita- ma questa storia è ancora in piedi. Non l'ho aggiornata per tanto tempo, me ne rendo conto, ma spero lo stesso che i lettori che l'avevano inserita tra le storie seguite, preferite o che semplicemente leggevano siano ancora qui.
Mi spiace ma ... Non ho idea del perché questa storia sia finita nel mio dimenticatoio. A me piace. Posso dire di poche mie storie  che " mi piacciono" , ma per questa è così. E' stata la mia prima long su KH e la prima Roxas/Sora/Roxas che abbia mai scritto.
Quindi nulla, adesso sono tornata e spero vi piaccia ancora.
Il capitolo è semplice, comunque. Nel tempo ho cambiato stile ma ho cercato di mantenere quello vecchio, giusto per non cambiarlo all'improvviso.
Finalmente iniziamo a vedere un capitolo un po' più concentrato sulla coppia, con l'aggiunta di Axel e dei suoi sentimenti.
Buona lettura e scusate il ritardo colossale.
Mel.

 

T  h e   n e x t   d a y ( capitolo 4 )

L’assordante sveglia di Roxas risuonava per la casa, facendo sobbalzare Sora nel suo letto.
Il moretto in questione aprì gli occhi, sbattendo le palpebre per almeno un minuto. Era una sua impressione oppure la sveglia era suonata maledettamente presto quella mattina?
Si arrampicò sopra alla testata del letto, facendosi leva per mettersi seduto.
Sonno, sonno e ancora sonno. Non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti, sentiva la bocca impastata e le mani formicolare.
Spostò lo sguardo verso la sveglia e cercò di mettere a fuoco l’orario che lampeggiava sul piccolo schermo.
Le 5:20?
Strinse forte i pugni, arrabbiato. Tutto il sonno che sentiva fino a poco prima era sparito lasciando posto alla rabbia.
Si scaraventò giù dal letto, finendo con la faccia schiacciata contro al pavimento.
Non se ne curò molto; si alzò da terra con la stessa velocità con la quale era sceso dal letto poco prima e si mise a correre verso la stanza del fratello.
«Roxas sei un uomo morto.» urlò contro la porta chiusa, sbattendoci sopra i pugni.
Solo dopo un po’ di strepitio si rese conto che la porta era aperta, dandogli la possibilità di entrare.
Infuriato come un mastino – se si fossero trovati in un cartone animato avrebbe avuto persino la bava alla bocca- entrò nella stanza, saltando sopra al letto del fratello.
Che fosse sveglio o meno non aveva importanza. L’unico scopo che Sora aveva era quello di uccidere il gemello, magari soffocandolo.
Sfilò il cuscino da sotto la testa di Roxas e lo lanciò a terra. Poi afferrò il biondo per le orecchie e tirò più forte che poteva. Si interruppe solamente quando l’urlo di Roxas non gli fracassò le orecchie.
Il biondino, sotto il fratello, aveva il respiro affannato, le orecchie paonazze e lo sguardo spaventato.
Solo quando si rese conto del fratello sul suo letto e delle sue mani sopra le sue orecchie, la sua espressione si trasformò diventando rabbiosa.
«Si può sapere che diavolo vuoi, deficiente!?»
«Cosa voglio io? IO? Cosa vuoi tu che mi fai svegliare a quest’ora, diamine!»
«Uh?»
Roxas tramutò nuovamente la sua espressione, mentre con lo sguardo vagava per la stanza in cerca di un orologio.
Oggi il biondo avrebbe potuto battere il suo record di espressività se continuava così.
«Sì Roxas, fai pure finta di non capire. Sono le 5:20 della mattina. Le CINQUE!» piagnucolò il maggiore, sporgendo il labbro inferiore.
«Ah, è vero. Axel.» esclamò dopo Roxas, sbattendosi una mano sopra la fronte.
Sora, che ancora manteneva la sua espressione offesa,  osservò il fratello.
«Che centra Axel?»
«Oggi devo incontrarmi con lui fuori da scuola per una cosa » borbottò spintonando il fratello lontano da lui per poter scendere dal letto.
Sora saltellò da un piede all’altro per non perdere l’equilibrio e poi controbatté «Che cosa dovete fare?»
«Cos’è questo tono inquisitorio?» chiese il biondo, afferrando una maglietta da dentro l’armadio e valutando se indossarla o meno.
«Voglio solo saperlo, tutto qui.»
«E io non te lo dico.» concluse Roxas indossando la maglietta azzurra che aveva in mano, convinto della sua scelta.
Poi si avventurò nell’armadio, cercando tra centinaia di pantaloni quelli più adatti da abbinare.
Se Sora aveva uno stile più da “ ragazzo da campagna”, Roxas ne aveva uno molto più ricercato come quello di un ragazzo viziato. Stava attento ad abbinare i colori giusti e non usciva di casa se non si sentiva a proprio agio con quello che indossava.
«Perché no?! Dovete combinare qualche danno?»
«E anche se fosse?» ,proruppe il biondo, riaffiorando dall’armadio con in mano dei jeans bianchi .«Non sono comunque affari tuoi.»
Sora si imbronciò, portando entrambe le mani al petto.
«Tu sei affar mio, Roxas»
Il gemello più piccolo si girò sorpreso verso di lui, arrossendo lievemente sulle gote.
Deglutì a vuoto per un attimo, imbarazzato. Stupide dimostrazioni di affetto; non servivano ad altro che metterlo in imbarazzo e a farlo cedere.
«E va bene … Te lo dico.»
«Me lo dici?»
«E’ quello che ho detto, mi pare.» sbottò, lanciando un occhiata in tralice al moro.
Sora saltellò eccitato sul letto, mettendosi poi seduto a gambe incrociate. Tamburellò la mano destra sopra al materasso, dicendo a Roxas di sedersi vicino a lui.
«Dai, dai. Dimmi che dovete fare»
«Ieri abbiamo fatto una foto, come posso dire … Sconveniente a due nostri professori e oggi dobbiamo appenderle in tutte le classi. Se facciamo in tempo »
«Oooooh» fece Sora, ammirato. «Allora erano quelle foto che stavi stampando ieri sera, eh?»
Il biondino annuì, compiaciuto.
«Posso venire con voi?»
«Certo che no.» sbottò Roxas, quasi inorridito all’idea. Insomma, erano lui e Axel. Non lui, Axel e Sora.
Così come a casa erano solo i due gemelli e non il migliore amico. Punto.
«Fratello deposta e crudele.»
«Almeno sai cosa vuol dire quello che hai appena detto?» domandò il biondo con un sorriso sbieco sulle labbra, mentre con gli occhi cercava il paio di scarpe azzurre che aveva visto il giorno prima.
Possibile che sotto al letto ci fosse un mostro ghiotto di scarpe?
Si voltò verso il fratello che strepitava un qualcosa sulla sua rinomata intelligenza, squadrandolo.
Certo che il mostro esisteva e si chiamava Sora.
Roxas sospirò e si avvicinò al gemello, punzecchiandogli un fianco.
«Dammi le mie Converse. Quelle azzurre »
Il moretto arricciò le labbra in un sorriso – sadico, a detta di Roxas – e scosse la testa.
«Che ne sai che le ho prese io? E, nel caso le avessi prese, cosa mi daresti in cambio?»
«Un calcio nel culo se non ti muovi a ridarmele.»
Già il fatto di essersi svegliato presto non aiutava l’umore del biondo, se poi ci si metteva pure il gemello con i suoi stupidi ricatti da terza elementare non riusciva a trattenere l’acidità.
Per ricattare un tipo come Roxas ce ne voleva, infondo passava praticamente tutte le giornata con Axel e qualcosa doveva pur averlo imparato dal rosso, no?
«Uffa, dai. Chiedimi che cosa voglio in cambio.» piagnucolò il moro, gonfiando le guance e dondolandosi sui talloni.
«Ma non ti senti nemmeno un po’ in imbarazzo nel chiedermi queste cose?»
«No.» sorriso spontaneo e sincero, come sempre.
Roxas sospirò e scosse la testa, ignorando il sorriso che svettava sulla sua faccia nonostante cercasse di trattenerlo.
«Ok, Sora: “ Che cosa vuoi in cambio?!”»
Il moro sorrise, portandosi  il dito indice sotto il mento e fingendo di pensare ad un possibile ricatto.
Roxas scosse la testa e si portò entrambe le mani ai fianchi, non riusciva a credere ai suoi occhi; come poteva essere così stupido suo fratello?!
«Ok, ho trovato!»
« … » il biondo non rispose, si limitò a lanciargli un’occhiataccia.
«Non mi chiedi che cosa ho in mente?»
«MUOVITI.» urlò il gemello più piccolo, lo sguardo strabuzzato e il rischio di una crisi di nervi alle porte.
«Ok, ok. Dopo ti preparo una camomilla! » ridacchiò della sua battuta, gettando un’occhiata al fratello per vedere se l’aveva capita anche lui. «Ehm, scherzavo. Comunque, dicevo … Ti darò le tue scarpe solo se mi porterai con te e con Axel.»
Doveva aspettarselo.
«Assolutamente no.»
«Eddai, ti pregooooo. Qui a casa mi annoio e ormai sono sveglio. Non so che fare.»
«Tornatene a dormire, che ti devo dire.» borbottò Roxas passandosi una mano sulla fronte, facendola scendere subito dopo sugli occhi per strofinarli. Chissà, magari il bruciore sarebbe passato.
Nella mente del biondo passava solo e unicamente una parola: letto.
Di questo passo sarebbe svenuto a terra per mancanza di sonno e di riposo, diamine.
«Non riesco più a riaddormentarmi se so che tu sei in giro a divertirti e io no.»
«Ma io non sono “ in giro a divertirmi”, razza di stupido. Sono a fare una cosa rischiosa, ok? E tu non vuoi mica metterti nei casini, dico bene?» magari la persuasione era la tattica migliore con uno come Sora.
«Voglio venire con te.»  no, forse non era affatto la tattica migliore; sembrava quella più sbagliata in assoluto, al momento.
Roxas trattene un mugugno esasperato e gettò lo sguardo alla sveglia, che indicava le 5:35 del mattino.
Diamine, doveva muoversi e andare a scuola.
Si fermò per un attimo, facendo mente locale. Allora: i cancelli della scuola venivano aperti alle 7 del mattino esatte, subito dopo entravano i bidelli che sistemavano la mensa e i corridoio. Verso le 7:30 i professori arrivavano e stanziavano in sala professori a bere caffè e spettegolare sugli studenti. E infine arrivava l’orario di apertura per gli studenti, ovvero le 7:45.
Quindi lui e Axel avrebbero dovuto addobbare per bene la scuola dalle 6 alle 7, poi uscire e magari andare in un bar a fare colazione.
Sì, era fattibile. Sempre che Sora si decidesse a dargli indietro le sue adorate scarpe.
Non poteva mica mettersi addosso quelle rosse, altrimenti avrebbe dovuto cambiare combinazione di colore nei vestiti. E poi ogni volta che indossava qualcosa di rosso si ritrovava a pensare ad Axel, e questo non era un bene.
«Oi Rox, ti sei imbambolato?» esclamò il moretto, schioccando le dita davanti alla faccia del fratello.
Il biondo si riscosse subito, lanciandogli un’occhiata che avrebbe potuto ucciderlo subito.
«No, stavo pensando. Hai presente, quella cosa a te sconosciuta?»
«Oggi sei più acido del solito.» bofonchiò Sora, voltando il capo offeso.
«E tu più insistente.» contestò Roxas, muovendo la mano avanti e indietro con nervosismo. «Ma senti un po’, mica avevi un impegno con Riku e Kairi più tardi?»
Il moretto ci pensò su per un attimo, inclinando la testa di lato. Poi si voltò verso il gemello e sorrise, scuotendo la testa con veemenza.
«Eh no. Sono libero come un fringuello in aria. »
Roxas storse il naso a quel paragone, sospirando afflitto. Non poteva permettersi così tanto ritardo e, magari, con due mani in più avrebbero persino finito prima.
Per quanto quelle mani potessero essere considerati utili, poi.
«E va bene, puoi venire con me e Axel.» disse, sconfitto.
«Evvai! » esclamò il gemello moro, saltellando per la stanza e buttandosi sul letto.
«Vedi di non sfondarmelo e di andare a vestirti, intesi? Ti voglio pronto tra cinque minuti »
«Signorsì signore» esclamò il moro, portandosi la mano destra sopra la fronte per mimare un saluto militare.
Roxas sorrise, lanciandogli contro un calzino preso da terra «E ricordati le mie scarpe, razza di scimmia ambulante.»

 

---

 

 

«Axel non è ancora arrivato.» mormorò Sora, allungando le braccia al cielo e stiracchiandosi.
Roxas, appoggiato al muretto poco distante, ruotò gli occhi al cielo e sbuffò appena.
«Me ne sono accorto anche io, Sherlok.»
Il moretto sorrise e calciò un sassolino per strada, osservandolo mentre rotolava in giro.
«Pensavo fosse più puntuale.» continuò poco dopo, fischiettando una canzoncina sconosciuta.
Roxas riprese a brontolare, muovendo la schiena per sistemarsi meglio nonostante i sassi sporgenti.
«Solitamente lo è.» rispose secco, socchiudendo gli occhi e cercando di ignorare il suo gemello che poco distante, non la smetteva di gironzolare intorno come un cagnolino esagitato.
«Probabilmente deve aver avuto un contrattempo.» mormorò poco dopo, aprendo gli occhi azzurri e osservando la strada deserta con cura. Scrutò la lunga strada nella speranza di veder apparire la solita chioma infuocata, seguita da uno scalpitio e un “ Rox” urlato in lontananza.
«Sei preoccupato?» la domanda di Sora gli arrivò addosso come una cascata d’acqua fredda, gelata.
Il biondo sobbalzò sul posto, portandosi poi una mano al petto.
Ma quando diavolo si era avvicinato a lui suo fratello? Non era mica in giro per la strada a rincorrere farfalle?
Comunque scosse la testa, arricciando le labbra in una smorfia.
«Affatto, non mi preoccupo per lui.»
«Ah no?» domandò ancora Sora, assottigliandolo sguardo avvicinando il volto a quello di Roxas. «Sicuro sicuro?»
Roxas sbuffò e appoggiò la mano destra sopra la faccia del gemello, allontanandolo lievemente da lui.
«Sicuro sicuro.»
Il moro sorrise soddisfatto, gongolando lievemente e dondolandosi sui talloni.
Roxas sbuffò, scuotendo la testa mentre osservava il suo adorato gemello ridacchiare senza motivo.
Ma che diavolo aveva?
Decise di non pensarci e si portò una mano alla tasca, afferrando il cellulare.
6:03
Digitò il numero di Axel a memoria e si portò il telefonino all’orecchio, ascoltando quell’irritante “tuu- tuu” seguito poco dopo dalla voce pre registrata che lo avvertiva che il numero chiamato non era al momento raggiungibile.
«Dannazione.»
Sora osservò attentamente il gemello e il suo sorriso si incupì appena, mentre il suo sguardo vagò per la strada.
Si portò entrambe le mani alla testa e decise di dover rassicurare suo fratello, che sembrava tanto triste.
«Sono sicuro che sta bene!»
Roxas si voltò verso di lui e incrociò le braccia al petto.
«Ti ho già detto che non sono preoccupato per lui.»
Il moretto gli si avvicinò, accostando la schiena al basso muretto e sollevando la testa verso il cielo.
«Non devi vergognarti, è normale essere preoccupati per il proprio migliore amico.»
«Ho detto che non son-»
«Poi tu e Axel siete molto uniti, vero?» lo interruppe il fratello, abbassando nuovamente la testa e voltandola verso Roxas, mentre negli occhi appariva un’ombra di gelosia.

Le gote del biondi si tinsero per un attimo di rosso, mentre le guance si gonfiarono d’aria.
Questo era un aspetto che aveva in comune con il gemello: quando si imbarazzava o si offendeva tendeva ad assumere espressioni decisamente infantili.
«Sì, siamo abbastanza uniti.» ammise a bassa voce, tossendo poco dopo come per coprire le sue stesse parole.
Sora si morse il labbro inferiore, annuendo.
«E … Quanto siete uniti?» chiese con voce flebile, per niente adatta ad un tipo esuberante come lui.
Roxas sgranò lievemente gli occhi, stupito da quella domanda, e osservò dritto negli occhi il fratello.
«Ma che razza di domanda è?»
«N-Niente, lascia stare. Era solo per sapere, niente di che. Sì, insomma, nulla.» esclamò il moro, muovendo le braccia in aria come per scacciare via una mosca. Poi rise, arrossì e ritornò serio nell’arco di pochi secondi, abbassando il volto e cercando di evitare gli occhi del gemello biondo.
«E’ che … Sembrate tanto uniti. Vuoi più bene a lui che …» non finì la frase, non vece in tempo, che Roxas gli tirò un piccolo pugno sulla testa.
«Taci, idiota. Non potrei mai voler bene a qualcuno più di te. Sei mio fratello.»
Sora sollevò la testa, stupito, e osservò il volto di Roxas.
Guardava dalla parte opposta alla sua, mentre un’espressione seria cercava di coprire quella imbarazzata che gli decorava la faccia.
Sora rimase fermo per un attimo, mentre mille idea scivolarono nella sua testa.
Alla fine adottò quella che gli sembrava migliore: saltò addosso al gemello e lo abbraccio, strusciando la guancia paffuta contro la testa di Roxas.
«AH, SORA! Lasciami idiota, lasciami!» sbottò il biondo, dimenandosi dalla presa del fratello mentre l’imbarazzo ritornava a farsi sentire.
Non era il tipo da contatto fisico, specialmente dopo aver proferito qualcosa di tanto imbarazzante come un “ ti voglio bene”. Poco importava se la persona a cui era riferito era Sora, suo fratello.
Anzi, non sapeva perché ma gli faceva contorcere le budella il solo pensiero si averlo detto proprio a lui.
Una strana sensazione all’altezza della pancia non era proprio la cosa migliore quando si parlava di fratelli, specialmente perché era la stessa che sentiva quando pensava ad Axel.
«Su, staccati! Non voglio che qualcuno mi veda attaccato a te.» continuò a brontolare il minore dei gemelli, spingendo via Sora che, ovviamente, ritornava subito all’attacco.
«Tanto non c’è nessuno, nessuuuuuno.»
E tra tante spinte e urla rimasero vicino all’entrata della scuola, mentre Axel non si fece vedere.


 

Sora stava addosso a Roxas in modo fin troppo evidente.
Gli parlava, lo toccava, lo abbracciava, lo scrutava.
Ad Axel non era mai piaciuto Sora, quantomeno quando nei paraggi c’era Roxas.
Non sapeva il motivo ma detestava profondamente il rapporto che sembrava legare i due gemelli, specialmente quando Roxas faceva intendere di non voler mischiare la sua vita scolastica con quella privata; e per privata intendeva quella con Sora, ovviamente.
Per di più il moro in questione sembrava stravedere per il gemello e, secondo gli occhi esperti di Axel, non lo faceva come un normale fratello dovrebbe fare.
Ma quelli non erano suoi problemi, non quel giorno per lo meno.
Quella mattina il rosso era felice di poter passare ancora più tempo con il più piccolo dei gemelli Kouno, lontano da sguardi indiscreti e altre persone.
Non che gli piacesse Roxas, ovvio! Era il suo migliore amico e basta.
Magari un migliore amico con i benefici era meglio, no?
Scosse la testa e sospirò, girando l’angolo e camminando per la strada deserta.
Axel era uscito di casa in perfetto orario, come sempre d’altronde. Era un tipo preciso e gli piaceva avere tutto sotto controllo. Aveva mille piani in mente e se era riuscita a scamparla talmente tante volte era solo grazie a questo lato del suo carattere.
Afferrò il cellulare nero e osservò l’ora.
6: 00

Puntuale come al solito svoltò l’ennesimo angolo, mentre un sorriso si scolpì sulla sua bocca e le braccia si alzarono al cielo.
Mancava solo la piccola strada in pianura e avrebbe visto Roxas, ed era pronto a farsi sentire con il suo solito saluto.
Eppure appena iniziò a camminare lungo la stradina si bloccò, fermandosi sul posto.
C’era Roxas e c’era Sora.
C’era il suo migliore amico appoggiato al muro, con un sorriso tranquillo, e vicino a lui c’era il suo gemello, tutto esagitato che gli girava intorno.
Si sentì ferito e offeso. Non ne aveva motivo, certo, ma gli fece male ugualmente.
Era una cosa stupida, scontata e da pazzi, ma digrignò i denti e fece dietro front.
Senza dire una sola parola, senza lasciare un messaggio a Roxas e niente ritornò sui suoi passi e spense il cellulare.
Non voleva passare del tempo con loro due, perché ogni volta che c’era Sora gli occhi di Roxas erano solo per lui.
Ma la cosa che più infastidiva Axel era che quello sguardo che il biondo aveva era uguale identico a quello che Sora riservava a lui.
E non era una cosa tra fratelli.


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