Il baule delle bambole.

di Poisoned_Eyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

" Non avere fretta di trovare il vero amore..perchè è come la morte. Lo prevedi, ma quando succede non te lo saresti mai veramente aspettato ".
Ripiegato in una busta vecchia di almeno dieci anni, Winone osservava quel piccolo pezzo di carta ingiallito che mostrava con chiarezza come il tempo avesse e abbia tuttora la capacità di manifestare la sua presenza anche sulle più piccole cose.
I caratteri dorati restavano tuttavia ancora impressi e ben leggibili. Probabilmente perchè era stato utilizzato un inchiostro molto raffinato.
Winone si alzò in piedi dal piccolo angolo sotto la finestra dove si era sistemata poco prima per dare un'occhiata a quello che i suoi genitori chiamavano "un ricordo della nonna". Una nonna che però, lei non aveva mai conosciuto..Non certo perchè fosse morta anni prima della sua nascita, ma piuttosto perchè né lei, né i suoi genitori avevano pensato di andare a trovarla al centro psichiatrico dove era stata rinchiusa vent'anni prima a causa di una leggera forma di pazzia forse dovuta al dispiacere per la perdita improvvisa del marito.
I raggi del sole delle prime luci del mattino penetravano attraverso le tende dai decori semplici e molto eleganti mettendo in risalto i pizzi color panna del grande letto a baldacchino che si ergeva al centro della stanza.
A Winone non era mai piaciuta quella stanza. I suoi genitori avevano sempre voluto il meglio per lei, ed erano convinti che ogni ragazzina volesse un letto circondato da pizzi di ogni genere, un grosso baule di bambole e una carta da parati verde pastello.
Era questo il punto. Aveva sempre apprezzato ciò che i suoi genitori volevano per lei, ma forse non si soffermavano mai a pensare che non era ciò che lei voleva da loro.
Una cosa però le piaceva di quella stanza. Adorava quell'atmosfera da foresta incantata che creava la luce appena entrava alle prime luci dell'alba e il dolce profumo dei fiori di pesco sprigionato dal grande albero di fronte alla sua finestra.
Si ricordava che da piccola prendeva quel grande baule di bambole e ci saliva sopra per poter arrivare alla finestra e sporgersi senza che il postino, il papà o i vicini corressero allarmati pensando che si volesse lanciare di sotto e cercava raccogliere il primo fiore di pesco che sbocciava in primavera.
Successivamente lo annusava, lo chiudeva in una piccola scatola e lo portava sempre con sè.
Quell'anno, come tutti gli altri, i fiori erano sbocciati di nuovo, ma questa volta Win non aveva raccolto il primo fiore che vedeva la luce del sole. Aveva deciso che non l'avrebbe più raccolto e che avrebbe rappresentato la sua vita e le sue continue fioriture. E che sarebbe definitivamente caduto quando lei non sarebbe più stata lì per vederlo sbocciare.
Chiuse il baule della nonna facendo attenzione a non rompere i piccoli vasetti di vernice che utilizzava molto probabilmente per dipingere e ripiegò con cura i vecchi spartiti per pianoforte. Quando lo chiuse si rese conto che un parente molto simile a lei esisteva al mondo, e che lei assomigliava a qualcuno..purtroppo però, era tardi per conoscerlo e anche per dare sfogo ai suoi sensi di colpa. Sarebbe andata avanti come al solito, incompresa e delusa dalla maggior parte di quelle persone che vivevano attorno a lei, compresi i suoi genitori e chissà, forse anche lei un giorno come la nonna sarebbe morta per amore.
Uscì dalla sua camera sbattendo la porta e scese le scale. Arrivò nella grande cucina illuminata dove l'aspettavano i suoi genitori come ogni mattina da ormai diciannove anni.
La salutarono con un sonoro buongiorno e lei si sedette al suo posto, di fronte a suo padre. Si era sempre chiesta perchè non si poteva sedere di fronte a sua madre. Forse perchè sarebbe risultato difficile per suo padre tenere sott'occhio entrambe.
La cucina era piuttosto spaziosa e arredata secondo il gusto di sua madre, ovvero con tanti pizzi e colori pastello. Winone però era fermamente convinta che fosse stata arredata in quel modo non tanto perchè rappresentasse lei e la sua famiglia, ma piuttosto perchè desse un'idea di nucleo famigliare tranquillo e perfetto ad occhi estranei. Insomma, erano convinti di avere ciò che gli altri volevano vedere. Anche a costo di mentire spudoratamente.
La tavola era apparecchiata per tutti e tre come ogni mattina con tre tazze tassativamente uguali, una bottiglia di latte, una di spremuta d'arancia, le brioches calde e i pancake al centro e un vaso di rose appena colte dalla piccola aiuola sul retro.
E fino a qui era tutto nella norma. I problemi arrivavano quando Winone verso gli otto anni si rese conto che suo padre non faceva e non aveva mai fatto colazione. Neanche una mattina. Non perchè non potesse, ma piuttosto perchè non era sua abitudine. E allora che bisogno c'era di apparecchiare anche per lui e lavare la sua tazza ogni mattina? Per sembrare perfetti? Per rientrare nei presunti canoni della normalità? Ma in fondo, che cos'è la normalità? La perfezione non esiste, noi e ciò che ci circonda siamo soltanto perfettamente imperfetti e vittime del tempo che è anchesso imperfetto, altrimenti, avrebbe la capacità di fermarsi o ritornare indietro. Così la pensava lei.
Nella mente di coloro che dicevano di essere i suoi genitori si poteva intravedere una sorta di perfezionismo maniacale che molto spesso si riversava anche su di lei.
Come sempre si versò un po' di latte, mangiò una brioche e restò seduta aspettando le classiche domande che sentiva ormai da vent'anni, sperando che come ogni lunedì mattina, la madre non le chiedesse di far visita alla signora Peacock.
" Questa mattina andrò dalla signora Peacock. Vuoi accompagnarmi? " chiese la madre, una donna sulla cinquantina, capelli a caschetto lisci, castani e morbidi come i suoi e una frangetta cadente sul viso. Non era molto alta e nemmeno snella. A Win sua madre aveva sempre ricordato quelle tipiche mamme dei film anni cinquanta, con le sue gonne al ginocchio dalle fantasie bizzarre e i suoi cerchietti in testa usati perlopiù come decoro che per tenere fermi i capelli.
" No mamma , non credo che verrò..Ho dei compiti da finire " mentì.
" Ma la signora Peacock è molto anziana, lo sai che le farebbe piacere vederti! "
In quel medesimo istante suo padre si alzò in piedi di scattò: " sai benissimo che l'istruzione è importante! Mi avevi detto che anche se avessimo speso la maggior parte dei nostri risparmi per fare studiare nostra figlia in una scuola privata si sarebbe impegnata e avrebbe ottenuto numerosi crediti! I ragazzi della sua età non studiano più al giorno d'oggi, prederiscono altri tipi di divertimenti e noi non dobbiamo permettere che lei prenda quella strada! È il suo ultimo anno e voglio che lo concluda nel migliore dei modi! " sbottò.
Sua madre rimase immobile a fissare gli occhi di quell'uomo nei quali trent'anni prima era convinta di aver intravisto una scintilla d'amore che purtroppo si era spenta ormai da molto tempo.
" Mi dispiace. A volte dimentico i sacrifici che facciamo per nostra figlia. Mi dispiace di non essermene ricordata. "
Sua madre distolse lo sguardo e cominciò a sparecchiare, fingendo di non essersi sentita spaventata, derisa e offesa come succedeva spesso negli ultimi tempi.
Win li osservò ancora seduta di fronte alla sua tazza e guardò la figura di suo padre, alta, snella, i capelli radi e scuri e quegli occhi piccoli, neri come la notte e inespressivi nascosti dietro ad un occhiale dalla montatura sottile ed elegante e si sorprese a chiedersi quale angelo custode era stato così generoso da far si che lei non gli assomigliasse né nell'aspetto, né nei modi di fare.
"  Win, sarà meglio che tu vada a studiare. " suggerì suo padre, notando la sua espressione critica.
Si alzò da tavola e risalì le scale richiudendosi in camera sua, quella che era diventata la sua tana e l'unico posto in cui non si sentivano i sospiri rassegnati di sua madre o le urla di suo padre.
E questa era la sua famiglia. Se venissero intervistati i vicini molto probabilmente direbbero che erano la famiglia perfetta, il modello esemplare che tutti vorrebbero essere. E in questo i suoi genitori erano stati veramente bravi. Erano stati semplicemente dei geni nel costruire una falsa realtà, quello che Win chiamava "il loro piccolo mondo di plastica".

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

- Dannazione! Ma che studio a fare? – pensò chiudendosi la porta dietro. A scuola non aveva mai avuto problemi, e poi sapeva già come sarebbe andata a finire…suo padre aveva scelto l’indirizzo di formazione alle scuole superiori: sarebbe diventata un ingegnere chimico. Win non aveva molte pretese, le sarebbe bastato anche lavorare come commessa, pur che questo lavoro le avrebbe garantito un’indipendenza economica e soprattutto, indipendenza dai suoi genitori. Ma la sorte, o meglio suo padre, le avevano riservato un futuro diverso. Non si era mai opposta, in fondo le bastava vivere alla giornata, come quei ragazzini di strada che di nascosto frequentava. Quei ragazzini, erano molto più leali e fedeli di tanti figli di papà che frequentava per par condicio. Si diresse verso lo scrittoio, e afferrò un libro di chimica dalla libreria di legno chiaro situata affianco alla scrivania e prese posto sedendosi sul divanetto dello scrittoio. Iniziò a sfogliarlo, soffermandosi su una pagina a caso. Era così diversa dai suoi genitori, e troppo simile a sua nonna, si chiedeva se un giorno anche lei sarebbe finita in manicomio. Il signor Witors ovvero suo padre, aveva conosciuto sua madre, durante una cena con i genitori di entrambi, ma il loro incontro non era strettamente necessario, perché il loro futuro matrimoniale, era stato scelto dai loro genitori, l’importante era che si incontrassero il giorno del matrimonio. Loro non si erano mai opposti, avevano preso quell’unione e quella situazione come i passi di un vangelo. Non si erano mai amati, e lei era nata, perché doveva nascere, perché una donna sposata, di NORMA deve avere una figlia/o. La storia d’amore della nonna era un’avventura invece. Scappò con suo nonno a diciassette anni, lui ne aveva venti, riuscirono a mettere su un commercio e a sposarsi. Loro si amavano, si erano sempre amati. Ovviamente i suoi genitori non ne avevano mai parlato della storia “ scomoda ” della nonna, ‘aveva scoperta li per caso, aprendo un giorno il baule delle bambole, e vi ci trovò il diario segreto della nonna. Tra quei pensieri, si rese conto che stava leggendo la stessa frase da almeno cinque minuti. Decise di non ripassare, ma di tenere comunque il libro aperto, nel caso di un’irruzione di uno dei due genitori. Ripensò alla sua adolescenza, sfumata già da qualche anno, ripensò ai divertimenti che doveva godersi di nascosto, come, uscire con delle amiche, o con il fidanzato…ragazzi… ne aveva avuti quattro nella sua vita, e tutti e quattro, avevano solo saputo prendere a mai dare. Al diavolo i libri, si alzò, prese la borsa e uscì dalla camera. Percorse velocemente la rampa di scale e si affacciò alla porta della cucina, dove la madre era intenta a preparare la pasta fatta in casa
 

- vado da Lily a studiare ci vediamo a pranzo –
 

- d’accordo tesoro, ma per mezzogiorno devi essere a casa! – disse autoritaria
- tranquilla mamma ho il cellulare – rispose con il viso da bambina innocente, poi si avviò alla porta e due secondi dopo attraversava il vialetto del giardino.  L’estate era alle porte, sentiva il calore del sole illuminarle il viso, poco truccato. Chissà quest’anno dove i genitori avrebbero trascorso le vacanze. Il suo sogno era quello di andare in vacanza con le amiche, ma sapeva che era un sogno irrealizzabile. Scavò nella borsa e vi trovò il cellulare
- pronto lily? –
- Winny! –
- ciao, allora se dovesse chiamare mia madre io sono da te ok? –
- tranquilla Win, ci sentiamo – riattaccò, ripose il cellulare nella borsa e cercò il pacchetto di cesterphield, lo aprì e ne estrasse una e portandosela alla bocca, mentre metteva la prima sigaretta del pacco capovolta al contrario, dicevano portasse fortuna. Frugò nelle tasche dei jeans stretti trovandovi l’accendino. Scostò i  capelli dal viso, mettendone una ciocca dietro l’orecchio, scoprendo i numerosi helix e fori che si era fatta di nascosto dai suoi. Accese la sigaretta e fece una lunga aspirata. Camminava lungo le strade, senza una meta precisa, probabilmente si sarebbe fermata  al negozio di dischi e strumenti come il suo solito. Infatti  qualche minuto dopo era dentro a spulciare titoli di gruppi folk e rock stampati sulle copertine dei dischi in vinile. - amato 45 giri - disse sottovoce. Il cartone che faceva da involucro ai grandi dischi, era mangiucchiato ai margini e agli angoli, l’odore aveva un misto tra la polvere e un qualcosa di dolce, pensò che era il profumo più buono del mondo. Ne trovò uno bellissimo “ new gold dream “ dei simple minds. Lo sfondo era beige con una grossa croce rossa e un cuore che emanava una luce giallastra, proprio al centro della croce. New Gold Dream e sotto ’81, ’82, ’83, ’84. Non costava neanche molto. I suoi genitori l’avevano iscritta a vari corsi di piano forte e di danza classica, da quando aveva sei anni, ma verso i diciotto aveva smesso con entrambe le cose. Mentre ritornava, decise di passare per il parco. Tra i cani che giocavano, e le mamme con i carrozzini, c’era un papà, che giocava con la sua bambina; correva, la prendeva in braccio…suo padre non l’aveva mai presa sulle ginocchia, non l’aveva mai abbracciata, l’unico contatto era ai compleanni, durante gli auguri, quando riceveva un bacio sulla guancia. Si sorprese imbambolata con un sorriso amaro disegnato sulle labbra, mentre guardava ipnotizzata quella tenera scena, l’uomo si accorse della presenza della ragazza, rivolgendole un dolce sorriso, mentre la bimba, dalle braccia del papà salutava seria. Fece anche lei “ ciao ” con la mano e si allontanò, da quel contesto che non le apparteneva.
- sono tornata – disse poggiandosi allo stipite della porta della cucina, osservando la madre che come una matta si dava a fare per apparecchiare la tavola con precisione maniacale. Si cambiò velocemente, si lavò mani e denti per mandare via l’odore della sigaretta e scese giù, accomodandosi nel tavolo della cucina, attendendo il padre.
- buon giorno caro – disse la moglie che lo attendeva nell’ingresso, nel suo abitino blu a pois bianche mentre l’uomo entrava mugugnando qualcosa come al solito. Più che la moglie, la signora Witors, sembrava la cameriera di suo marito. Con riverenza, si affrettava a togliere la giacca al marito che posava le chiavi nel piattino sul mobiletto accanto all’attaccapanni, posava la valigetta, e si dirigeva in cucina. In vent’anni, non aveva mai visto una manifestazione d’affetto tra quei due, mai un bacio, una frase tenera, per sino a san valentino il padre non regalava nulla alla moglie, perché la considerava un festa atea e consumistica, ma anche il natale o la pasqua lo era, dove i parenti si riunivano come la normalità voleva, e dove tutti mettevano una maschera di gentilezza e dolcezza. Si chiedeva come aveva fatto a venire al mondo, vista la freddezza dei due.
- bentornato papà – non udì risposta
Il pranzo proseguì silenzioso fino al dessert
- joanna cara, ho riflettuto molto sulla meta della nostra vacanza – disse soffregandosi il mento
- e sono giunto alla conclusione, che le bianche spiagge della Florida, saranno la nostra casa dalla prossima settimana
- caro, avresti dovuto mettermi prima al corrente della decisione, oh ci sono tante cosa da fare! –
- cosa ne pensi Winone? – chiese infastidito alla ragazza, che era distratta
- di cosa? –
- cerca di prestare attenzione quando tuo padre ti parla – disse stizzita sua madre
- domani hai gli esami orali giusto? –
- si –
- dopo di questi, hai finito con gli impegni scolastici? –
- certo –
- bene tra una settimana andiamo in Florida –
- Florida????? No! Vi prego la Florida no! –
- la causa del tuo dissenso? –
- vedi papà io vorrei andare in vacanza con le mie amiche, e quindi…-
- tu non andrai proprio da nessuna parte e con nessuno! Ma sei impazzita? –
- ma papà io diciannove anni ormai! –
- finche sarai sotto questo tetto, sarai sotto i miei voleri! – disse furente mentre Win si alzava dal tavolo e correva in camera sua. Le parole di rimando, le erano morte in gola - sai dove te li puoi infilare i tuoi voleri? - avrebbe voluto rispondere, ma non poteva. La Florida…un’altra estate che andava farsi fregare. 






Salve, eccoci con il secondo capitolo della storia.
capitolo 1 scritto da= Poisoned_Eyes
capitolo 2 scritto da= Dogenigia_luna

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

Dopo essere fuggita da quel senso di opprimenza che le procuravano le conversazioni con i suoi genitori e in particolar modo quando le veniva imposto qualcosa, Winone si lasciò cadere sul morbido materasso ricoperto di pizzo color panna e rimase immobile osservando il soffitto.
Gli anni le avevano insegnato che per superare questi momenti non c'era niente di meglio che fermarsi e lasciare che la mente si renda conto e riordini le emozioni.
In quel momento si sentiva arrabbiata, frustrata, oppressa.
Si sorprese ad osservare un piccolo uccello che si era posato sopra ad un ramo del grande albero di pesco e pensò che molto probabilmente lei ci assomigliava a quell'uccello, con l'unica differenza che a lei avevano tagliato le ali.
Jim Morrison diceva: " ti potranno tagliare le ali, ma non potranno impedirti di volare " .
Win non era completamente d'accordo con quella citazione. In effetti era vero, nessuno potrà mai e poi mai impedirti di spiccare il volo e goderti la tua meritata libertà ma se hai diciotto anni e vivi in una casa come la sua di sicuro le tue ali faranno fatica ad imparare a volare, chiuse come sono in un'orribile camicia di forza.
Spesso disegnava. Rappresentava piccole fata con mani e ali legate in camicie di forza e maschere sul volto. Lei si sentiva così. Si sentiva legata e sapeva che i suoi genitori le avevano costruito addosso una maschera che non era sicura di poter togliere, una volta indipendente. Molto probabilmente non si rendeva nemmeno più conto della maggior parte degli insegnamenti che le erano stati imposti e che applicava involontariamente.
La luce fioca e rosea del tramonto investì la camera di una debole luce e un caldo tepore estivo che costrinse Win a chiudere gli occhi e a lasciare che la sua mente fosse libera almeno nei suoi sogni.
Sognò se stessa nei panni di una bambina che correva felice in un campo di fiori.
Improvvisamente il campo sfiorì e si ritrovò sola in un ospedale.
Una dottoressa le si avvicinò , disse al ragazzo dietro di lei di seguirla e il ragazzo lo fece.
Winone fece lo stesso, e ben presto si ritrovò in una grande stanza grigia senza intonaco alle pareti e soltanto con un piccolo letto al centro.
Su quel letto era stesa una signora sulla cinquantina, capelli bianchi e radi, pelle pallida e appassita, simbolo di una gioventù ormai morta e sepolta, le dita e i polsi ossuti lasciavano intravedere ciò che rimaneva molto probabilmente di alcuni tatuaggi fatti in gioventù.
Vide il ragazzo avvicinarsi. Nessuno dei due parlò per un tempo che a Winone parve infinito e l'incontro terminò con la consegna da parte della donna al ragazzo di un grosso baule in legno con sopra incise due lettere: W. J.
A quali nomi corrispondessero quelle iniziali non lo sapeva, e di sicuro non l'avrebbe mai scoperto, ma Win aveva il vago sospetto che quella W iniziale avesse a che fare con lei.
Il ragazzo si voltò con il baule in mano e uscì dalla stanza. Winone lo seguì ignara del fatto che lui non poteva sentirla e cercò di fermarlo più volte, ma invano.
All'improvviso una luce le riempì gli occhi di un bagliore accecante e si risvegliò.
La sveglia segnava le tre di notte.
La sua mente si riempì di dubbi e incertezze alle quali non riusciva a dare una risposta e ben presto si convinse che qualsiasi cosa contenesse quel baule lei la doveva trovare e leggere, perchè molto probabilmente l'avrebbe aiutata a riordinare i mille pensieri confusi che le vagavano per la testa senza una meta.
Ricadde quasi subito in un sonno profondo e venne svegliata la mattina seguente dal cinguettio di un piccolo uccellino che si era posato sulla sua finestra e che era evidente, non era intenzionato ad andarsene.
Si alzò, si vestì e scese per la colazione.
Seduta di fronte al padre rifletteva su come porgli qualche domanda senza farlo insospettire o innervosire.
E soprattutto, senza rimetterci lei, più di quanto ci aveva rimesso in tutti quegli anni.
" Senti papà ma..la nonna mi aveva lasciato solo quel grosso baule che mi hai dato l'altro giorno? "
" Si, win..perchè? - rispose freddo e senza degnarla di uno sguardo. "
" No, così. Era interessante e speravo ce ne fossero altri. " rispose vaga.
" Adesso che ci penso ne aveva lasciato un altro ma non ricordo esattamente dove sia, credo in cantina..dovresti andare a vedere " .
Sorpresa dalla risposta del padre, più tardi corse in cantina per cercarlo e non appena entrò si rese conto che trovare un ago in un pagliaio sarebbe stato più semplice.
La cantina era un luogo buio, umido e che odorava di un aroma che era un miscuglio tra polvere e aria rafferma.
Nonostante i numerosi scatoloni non fu difficile notare un baule in legno. Quasi incredula per come la sorte l'avesse aiutata nelle ultime ore lo prese senza far caso alle ragnatele e alla polvere che l'avevano ricoperto negli ultimi anni e lo portò in camera.
Lo aprì e versò il contenuto sul letto.
La maggior parte erano fogli scritti, lettere e foto. Esaminandole una per una si rese conto che la nonna si chiamava come lei, Winone, e che tutti quei documenti non erano altro che lettere e foto di Jonathan, il marito, che le inviava ogni genere di missiva per ricordarle che non esisteva nulla di più solido del loro amore, che sarebbe durato per l'eternità anche se lui era in guerra, lontano dagli occhi di lei, quelli di cui lui si era follemente innamorato, così grandi, luminosi e allo stesso tempo profondi. Ogni volta lui terminava la sua lettera con una frase dal significato profondo, sapendo che la sua donna non avrebbe saputo apprezzare la bellezza che invece lui era in grando di vedere in lei. Una delle sue frasi preferite era: si vede bene solo con il cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi.
Le foto lo ritraevano in luoghi lontani, in terre straniere. Durante il corso degli anni i suoi lineamenti erano mutati ma il suo sguardo era sempre quello, sempre pieno d'amore come la prima volta che si erano incontrati.
Win si accorse che l'ultima sua lettera risaliva al 1965. Un mese dopo,in un caldo pomeriggio estivo, o almeno da quello che si poteva leggere da piccole pagine ingiallite e strappate che probabilmente appartenevano a un diario della nonna, un ufficiale bussò alla porta e le portò la triste notizia. Jonathan era rimasto vittima di una sparatoria durante una missione in un piccolo paese dove era stato mandato.
Fu un duro colpo per lei, che la pose in bilico tra la pazzia e un'eterna disperazione che le chiusero gli occhi per sempre vent'anni dopo.
Winone chiuse anche quel baule e lo posò di fianco a quello che aveva sbirciato la mattina precedente. Era ormai quasi ora di pranzo e non si sentiva pronta ad affrontare i suoi genitori al piano di sotto, anche se sapeva che sarebbe stata costretta ad assecondare ogni loro richiesta.
Ma in quel momento non le importava. Ancora una volta sua nonna le aveva riacceso un piccolo barlume di speranza e il sogno che aveva vissuto la notte precedente l'aveva convinta che la nonna non l'aveva abbandonata ma che anzi, da quel momento in poi avrebbe sempre cercato di aiutarla.
Ora toccava a lei trovare la sua " J " e una piccola voce dal profondo del suo cuore le diceva che sarebbe stato soltanto questione di tempo.

Ecco il terzo capitolo scritto da Poisoned_Eyes.

Il quarto sarà scritto da Dogenigia_Luna.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 



 

Si svegliò molto presto, forse per l’emozione degli esami, o forse per quello che aveva scoperto, frugando in quel baule, fatto stava che era meglio prepararsi per andare a scuola a sostenere l’ultimo esame, l’orale.

Mezz’ora dopo era già pronta nella sua camicetta a mezzamanica verde e jeans scuri accompagnati sempre dalle immancabili converse basse questa volta verdi, tanto per abbinarle alla camicia. Dalla cucina si sentiva già il rumore di piatti e posate, e l’odore di pancake. Scese la scalinata, e attraversò il corridoio, per poi raggiungere la cucina, dove sua madre armeggiava con euforia, ma Win si chiedeva come facesse quella donna ad aver tutte quelle energie di prima mattina, in un certo senso le metteva suggestione, perché non sembrava umana. Le ricordava tanto uno di quei pupazzi con la corda o con la chiavetta dietro la schiena che bastava tirare o girare per mettere in moto: era irreale! A rifletterci di più poi, notò che sua madre parlava anche come i suddetti pupazzi o bambolotti. Chissà quando la corda sarebbe finita…
 

- Buon giorno mamma – salutò lei
- O tesoro ben svegliata! Fatto buon riposo? –
- diciamo… - ammise lei
- guarda cosa ti ho preparato? – disse porgendo sul tavolo una porzione smisurata di pancake sbrodolante di sciroppo di melassa – hai bisogno di energia per affrontare l’esame – riprese.
Win guardò il piatto sconcertata, per poi rivolgere lo sguardo alla madre e sfoggiare un sorriso di circostanza
- grazie – riuscì solo a dire. Ma quale persona in possesso delle sue facoltà mentali, propinerebbe ad una ragazza tale quantità di cibo il giorno degli esami?, quando si sa che tutte le persone normali di questo mondo, hanno lo stomaco sottosopra prima degli orali. Ma sua madre non era normale… avvolta in quel suo vestito celeste a fiori bianchi, che faceva tanto happy days, continuava a lavorare vicino ai fornelli.
Iniziò a tastale con la forchetta una fetta di pancake, lei odiava la melassa!
- mamma – chiamò
- si cara? –
- potresti metterle in una vaschetta? Sai non ho fame, magari le mangio più tardi –
- anche io il giorno degli esami orali ero privo di fame – disse una voce che avvertiva la presenza del padre nella stanza: da dove era sbucato?. Come i serpenti, come i vermi che strisciano…
- buon giorno caro –
- buon giorno – quegli occhi non lasciavano trapelare nessuna emozione, o forse realmente non ne provava. Suo padre era così diverso da sua madre…lei troppo nevrotica, irreale nei suoi modi di fare e allo stesso tempo metodica, lui sembrava un fantoccio, non rideva quasi mai, sempre serio e calcolatore. Chissà se facevano l’amore ogni tanto, forse si perché era nella normalità di una coppia, o forse no perché si sentivano troppo vecchi per certe dimostrazioni…
“ Lo scopo della vita è lo sviluppo di noi stessi, la perfetta realizzazione della nostra natura: è per questo che noi esistiamo.” Benedetto Oscar Wilde, peccato però che Win non sapeva come mettere in atto quella bellissima frase, non sapeva come sviluppare se stessa, senza finire come sua nonna o come i suoi genitori quando si trovava legata con collare e catena in quella famiglia che si era creata un mondo di chiusura mentale e di falsa normalità…ma in fondo la normalità cosa è? La realizzazione di uno stereotipo…beh i suoi genitori c’erano riusciti in pieno; loro si reputavano i perfetti della società, tutto il resto era anomalo. Lei non aveva nessun esempio da seguire…
 
Ad interrompere le sue riflessioni Freoudiane fu la madre che le mise in mano una vaschetta di plastica dal coperchio blu, dove le tristi fette di pancake annegavano nello sciroppo.
- grazie. Perdonate se non resto, ma è meglio che mi avvii verso la scuola. –
- benissimo Winone, lo sai che devi prendere il massimo vero? –
- certo papà –
****
Libertà finalmente! Corse verso la scuola, erano solo le otto e mezza e gli esami iniziavano alle nove. << ho il tempo di una sigaretta >> si disse ne accese una; tirava con calma, gustando a fondo il sapore del tabacco, lasciandolo in bocca, senza ingoiarlo. Per lei il fumo non era un vizio, era più che altro uno sfizio da togliersi ogni tanto, se voleva, se usciva…un pacchetto le durava molto.
****
Cento centesimi, aveva preso il massimo. Sulla strada del ritorno ripercorreva a memoria le domande e le risposte, la copia del diploma in borsa, perché l’autentico lo avrebbero consegnato il giorno dopo alla cerimonia.
****
- Winone Amy Witors – chiamò il preside dal palchetto. << come sei bella con la toga azzurra >> aveva detto a casa sua madre commossa, mentre il padre sbraitava, vedendo il disinteresse delle sue donne nel portare le valigie fuori per cariarle in auto. Dopo la consegna dei diplomi, la Florida li avrebbe accolti.
Un’ora dopo, la toga era stata abbandonata, dentro il portabagagli ormai vuoto, dell’auto parcheggiata nei garage dell’ aereoporto. La famiglia Witors era in viaggio verso la Florida e Win era più adirata che mai. Niente amiche, niente divertimento, si prospettava “ un’estate di merda “ come l’aveva definita lei. E proprio in quel momento avrebbe voluto la sua J seduto accanto al sedile vuoto a tenerle la mano e a confortarla.  

 

Capitolo scritto da Dogenigia_Luna, Il prossimo lo scriverà Poisoned_Eyes :D Un bacio *-*

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 

" Mamma ma com'è la Florida? " - " Bella, tesoro! " .
" Mamma ma ci sono le tigri in Florida? " - " Non lo so Mike, lo scopriremo quando ci arriveremo! " - " Ma mamma, e le nuvole di zucchero? " - " Ma non lo so, Mike! Se mi prometti che non mi farai più domande, giuro che sarà la prima cosa che guarderemo appena scenderemo dall'aereo! ".
Winone osservava incuriosita il dialogo tra un bambino di circa quattro anni e la madre sulla trentina che aspettavano di imbarcarsi seduti giusto due posti più in là, di fianco a lei.
Anche lei era stata così? Anche lei aveva fatto tante domande ai suoi genitori? Forse si. O forse no. Molto probabilmente le faceva ma veniva zittita non appena iniziava e forse era stato proprio questo che aveva troncato sul nascere un possibile dialogo tra lei e i suoi genitori.
Seduta a gambe incrociate osservava il tabellone degli imbarchi ascoltando distrattamente " wish you were here " dei Pink Floyd nel suo piccolo iPod verde mela. Fra meno di mezzora sarebbero saliti sull'aereo diretto per la Florida e lei si sentiva in trappola, come se la vita la guardasse negli occhi e le dicesse: ecco, ora non hai altra scelta. Cosa pensi di fare?.
Cosa pensava di fare? Ah, lei proprio niente. L'unica soluzione era andare in Florida e sperare di trovare almeno là un po' più di tranquillità rispetto a quella che solitamente regnava a casa sua.
Chiuse gli occhi e si concentrò su una particolare forma di dispersione dello stress che aveva imparato da un insegnante di yoga qualche tempo prima. Consisteva nel concentrarsi su qualcosa che ci rendeva e ci rende ancora felici. A Win comparve improvvisamente nella mente l'immagine di un fiore di pesco.
Certo, l'aveva sempre resa felice e le aveva donato attimi di pura tranquillità che non avrebbe mai dimenticato.
" Winone, andiamo! " . La voce di sua madre irruppe nei suoi pensieri riportandola alla realtà. Si diressero vero l'imbarco e dopo circa mezz'ora erano saliti.
Dall'oblò dell'aereo osservava le nuvole color panna e si chiedeva se veramente erano fatte di zucchero come diceva quel piccolo bimbo. Mike. Un bel nome, tutto sommato. Probabilmente avrebbe chiamato così suo figlio, sperando che potesse essere un giorno come quel fantastico bambino felice e spensierato.
I suoi genitori dormirono per tutto il viaggio e lei non parlò con nessuno dei vicini, anche perchè erano tutti anziani e non avrebbero avuto argomenti di cui parlare.
L'aereo era partito alla sera e sarebbe arrivato circa tre dopo, lasciando Win a contemplare le nuvole per tutto il tempo.
Quando cominciò a sentire le palpebre chiudersi da sole decise di dormire un po'.

Fu svegliata dall'avviso del comandante poco tempo dopo che avvisava coloro che lui chiamava "gentili passeggeri" che erano arrivati a destinazione. Florida.
Una volta scesi lei e i suoi genitori passarono la notte in areoporto e la mattina uscirono, pronti per prendere il taxi che li avrebbe accompagnati a quella che sarebbe stata la loro futura casa delle vacanze per i successivi due mesi.
Appena uscì dal terminale dell'areoporto il suo viso fu investito dal caldo sole della Florida e Win fu costretta ad abbassare la testa per cercare di mettere a fuoco qualcosa.
La zona era molto trafficata e lei non si rendeva effettivamente conto di dove stava andando, si limitava semplicemente a seguire i suoi genitori.
Si sentiva spaesata e non si tranquillizzò finchè, una volta scesa dal taxi, vide la casa.
Era alta e imponente. Era strutturata come le classiche case della costa, con una terrazza e dei grandi balconi che permettevano di ammirare il panorama, tutta bianca con rifiniture in legno anch'esse bianche e azzurre.
Aveva uno stile molto elegante che si adattava perfettamente al paesaggio circostante, piuttosto arido e con qualche palma che offriva un po' di fresco sotto a quel caldo torrido e soffocante.
Winone osservò la staccionata bianca e mentre contemplava la visione di quella immensa dimora i suoi capelli vennero scompigliati da una leggera brezza di aria salmastra.
Istintivamente si voltò e le comparve davanti agli occhi una delle visioni più belle di tutta la sua vita. Un' immensa distesa d'acqua che rifletteva l'azzurro del cielo.
Ammaliata da quella visione sublime si avvicinò all'acqua e si tolse le scarpe. Voleva sentire per la prima volta cosa si provava a camminare scalzi nella sabbia.
Pensò che era come camminare su un tappeto, solo che era più morbida.
Le onde del mare le bagnarono i piedi fino alle caviglie e nonostante i suoi genitori la stessero chiamando lei non sentiva, la sua mente in quel momento era assente, persa com'era nel contemplare la sottile linea che separava il cielo dal mare che veniva comunemente chiamata orizzonte e ad assaporare fino in fondo il dolce profumo dell'aria salmastra.
Tutto sommato quel posto non era tanto male, si sorprese a pensare. Non aveva mai visto il mare e nel momento in cui l'aveva visto per la prima volta aveva provato una strana sensazione proprio al centro del petto.
Per la prima volta nella sua vita Winone si sentiva a casa.

 

Capitolo scritto da Poisoned_Eyes, il prossimo sarà di Dogenigia_Luna. Un bacio *-*

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 

Capitolo 6


Win si avvicinò alla macchina e aiutò i suoi genitori a scaricare le valigie.
Seguì il padre ed entrarono in casa.
Furono entrambi investiti da un piacevole profumo di aria salmastra e di chiuso, l'atrio era illuminato da una luce azzurra, forse data dalle tende ricamate in pizzo bianco e blu appese alle finestre.
"Queste piaceranno alla mamma" disse al padre che non la degnò di attenzioni impegnato com'era ad osservare una collezione appesa al muro di conchiglie dalle forme più strane, accanto a foto di marinai in tenuta da pesca e barche risalenti all'incirca ad una cinquantina di anni prima.
Il primo piano della casa era tutto aperto. La cucina in legno bianco panna si congiungeva al salotto beige e bluette e ad un piccolo studio dove forse un tempo venivano osservate e catalogate le conchiglie che ora erano schedate su quel grande muro.
Attratta da un cumulo di libri, Winone vi entrò e notò subito una quantità infinita di libri scientifici riposti una parte nelle due alte librerie e alcuni sul grande tavolo in legno di quercia al centro della stanza, carte ingiallite, lenti di ingrandimento di ogni misura e una grande poltrona accanto alla finestra sulla quale si poteva ancora notare l'impronta di chi un tempo vi si era seduto.
Uscì dalla stanza e osservò la scalinata in legno bianco che portava al piano di sopra. Si poteva intravedere una grande luce e Winone pensò che molto probabilmente c'era un oblò molto grande o un balcone.
Salì le scale e dovette coprirsi gli occhi per non rimanere accecata dalla potente luce bianca che proveniva dalla fine di un piccolo corridoio. Lo percorse e uscì sulla grande terrazza dalla quale era possibile vedere il mare e l'orizzonte, che lei aveva definito: "linea di separazione tra i due mondi".
La terrazza era collegata ad una camera da letto con un grande letto a baldacchino al centro, una scrivania molto simile a quella presente nello studio, un armadio e un baule che le trasmise subito tranquillità.
La scelse e cominciò a disfare le valigie.
Più tardi si decise a continuare l'ispezione in quella grande casa e continuò a salire le scale arrivando in una piccola torretta che probabilmente un tempo era stato un faro e nella quale vi era soltanto un grande telescopio.
Rimase ad osservare il panorama per tutta la mattina e scese soltanto quando sua madre la avvisò che era ora di pranzo.
"Ti piace il posto?" domandò sua madre incuriosita.
"Si mi piace! Ho già disfatto le valigie." rispose Win.
"Sono sicuro che ti divertirai qui. Ora che hai finito gli esami dovrai solo pensare alla tesi per il college e mi sembra un posto perfetto per concentrarsi, questo." aggiunse il padre.
Winone lo osservò con uno sguardo critico ma allo stesso tempo rassegnato, quasi come se si aspettasse già da tempo che il padre le avrebbe parlato subito di studio e scuola. E college. Si. Del college. Purtroppo non aveva potuto scegliere la facoltà che preferiva. Erano stati i suoi genitori, come d'altronde avevano sempre fatto, a scegliere quelle che a loro sembrava la migliore e forse anche la più costosa e impegnativa.
Lei voleva diventare una fotografa, era sempre stato il suo sogno, anche se purtroppo le toccava una vita da avvocato, come suo padre aveva previsto ancora prima che iniziasse le elementari.
Finì di mangiare e ritornò in camera dove accese il computer e cominciò a sfogliare le foto degli amici, pensando che le mancavano già un sacco e che le sarebbero mancati ancora per molto.
Verso sera fece una passeggiata sulla spiaggia osservando il tramonto di un colore misto tra il rosa, l'arancione, il giallo e il rosso e si sorprese a pensare che era la visione più bella a cui avesse mai assistito.
Si sedette sulla sabbia e chiuse gli occhi.
Dopo qualche minuto sentì una musica a poca distanza da lei e quando aprì gli occhi vide un ragazzo passare a piedi con la sua chitarra in mano, che cercava di strimpellare qualche nota o di comporre una melodia.
Lei sorrise e lui ricambiò, continuando per la sua strada.
Win lo osservò a lungo mentre si allontanava e pensò che se i ragazzi di quel posto erano tutti così, beh allora non era tanto male l'idea di passarci l'estate.
Quella sera si addormentò presto nella sua grande stanza pacifica rischiarata dal riflesso della luna sull'acqua dell'oceano e da una leggera brezza che profumava di sale.
Non sapeva perchè e non se lo chiese, ma quella sera si addormentò sorridendo.

 

 

Questo capitolo è stato scritto da PoisonedEyes e il prossimo sarà scritto da Dogenigia_Luna. Ci scusiamo per l'attesa ma siamo entrambe molto impegnate e non è facile trovare il tempo per continuare a postare i capitoli. :)

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 8

“ Don’t leave me high, don’t leave me dry ”

Le cuffiette nell’i-pod, e occhiali, da sole, erano gli unici elementi di compagnia di quella calda e affollata mattinata in spiaggia.
- hey ciao!- una ragazza dalla fulva capigliatura e dai grandi occhi color miele si era avvicinata a Win
- Ciao…-
- io sono Marissa, e mi chiedevo se ti andava di giocare con me e i miei amici a beach volley, sai ci manca un giocatore…- chiese timidamente questa
- Si, certo! Io sono Win – rispose con entusiasmo Win, alzandosi e seguendo la ragazza. Mentre si avvicinava verso il campetto della spiaggia, si guardava intorno, il mare, leggermente mosso, le bianche torrette di vedetta dei bagnini, rigorosamente palestrati, era tutto così simile al telefilm baywathc.
- Eccoci! – esclamò la rossa
- ragazzi questa è Win – disse sorridendo verso la ragazza, poi riprese, iniziando a elencarle una serie di nomi che Win si era già dimenticata.
Risate scherzi schiamazzi, gli amici di Marissa erano davvero molto simpatici, e Win si sforzava di ricordare i loro nomi. Il gruppo era vario, dalla bionda supersexy Kim,che probabilmente si era “ scopata ” i tre ragazzi del gruppo, Every, l’occhialuta timida, la brunetta intraprendente Sam, la rossa Marissa e i tre ragazzi; uno si chiamava Bobby ed era il classico biondino, palestrato, un tipo da spiaggia! Lo “ svalvolato ” Will e infine il lentigginoso quanto logorroico, Patrik…
- Ragazze stiamo morendo di sete!- esclamò Will
- Ottima scusa per andare al bar e sgamare il sedere a qualche tipa!- rispose bobby. Sicuramente il loro linguaggio era molto sciolto e scurrile, quanto divertente, qualsiasi volgarità con loro non sembrava tale.
E fu così che l’allegra compagnia si avviò verso il bar a pochi passi dal campo di beach volley
- Ci sono così tante cose belle qui! Se vuoi possiamo organizzare un tour così puoi vedere La città….o magari… - Marissa continuava a parlare senza sosta, cercando di coinvolgere sempre più Win  nel gruppo, ma la ragazza aveva la testa altrove. Appoggiato ad una colonnina che reggeva la pensilina del bar c’era quel ragazzo, lo stesso che le aveva sorriso sulla spiaggia il giorno prima. Era indiscutibilmente attraente, lo sguardo ipnotico era dello stesso colore del cielo estivo, il naso greco, leggermente arrossato dal sole, e la piega divertita delle grandi labbra sensuali. I capelli castani, leggermente mossi e il fisico statuario lo rendevano simile a un Dio greco.
- Marissa, chi è quello?- chiese Winone arrestando la parlantina della rossa che per nulla risentita della brusca interruzione riprese a parlare
- Ah! Joshua, è il mio amico d’infanzia, ci conosciamo da quando avevamo meno di 10 anni, sai veniamo qui ogni estate, vieni te lo presento! –
- Jò, vieni! – lo incitò la ragazza muovendo forsennatamente la mano per indicare la loro presenza. Man mano che si avvicinava Joshua diventava sempre più alto, sovrastava tranquillamente il metro e settanta di Winone
- Mar…sempre agitata! – aveva l’aria canzonatoria e un sorriso da far perdere la parola, persino ad una come Marissa
- Allora vieni stasera a fare un giro con noi? Sai volevamo mostrare il posto a Win! – disse rivolgendo lo sguardo alla ragazza
- Win? – chiese girando il capo verso la brunetta
- Winone detta Win… -
-Joshua detto Josh… - sorrise, il sorriso più bello del mondo….
- prima volta in California? –
- si, anche se non proprio accondiscendente a questa meta…- ammise la ragazza
- credo che una giornata in nostra compagnia ti farebbe cambiare idea! – disse divertito, quanto sicuro di quell’affermazione. Win si limitò a sorridere, un sorriso, dolce, che non aveva nulla a che fare con quello classico di circostanza, che era solita sfoggiare. La voce della barrista, la riportò alla realtà, persa come era nelle iridi chiare del ragazzo
- Allora dolcezza cosa prendi da bere? –
- Una coca-cola, con ghiaccio e limone, grazie –
- ghiaccio e limone, arriva subito  tesoro –
- sono sempre così “ affettuosi ” qui? – chiese a Josh
- perché ti da fastidio? – chiese incuriosito
- E’ che non ci sono abituata… - “ mossa falsa, ora penserà, che sono una persona apatica che ha difficoltà a relazionarsi con malattie psicosomatiche-sociali ” pensò, poi cerco di salvarsi in calcio d’angolo
- però mi piace, credo che entrerei più spesso in un bar se nella mia città, mi chiamassero dolcezza o tesoro – sorrise di nuovo
- hai un bel sorriso sai? – un commento sincero, detto da quelle labbra suonava un complimento nuovo, mai detto, insomma non sapeva di “ morto di fica ”
- grazie – disse arrossendo
- ecco tesoro! – esclamò la grassotta quanto energica signora dietro il bancone
- lascia questo è il benvenuto – disse il ragazzo appena vide la ragazza prendere le monete, le aveva dolcemente bloccato il polso, una stretta meravigliosa che fece sussultare e arrossire Win
- Ci si vede stasera ragazzi! – salutò dopo aver pagato il conto, e rivolto un ultimo sorriso alla nuova arrivata.
Marissa si avvicinò velocemente a Win, punzecchiandole il fianco con la cannuccia per richiamare la sua attenzione
- Beh? Simpatico no? –
- indiscutibilmente! – affermò divertita
- anche indiscutibilmente bello? –
- mmh si…. – rispose vagamente ma con un sorriso strano sulle labbra
Verso l’ora di pranzo Marissa e Win stavano rincasando, tra l’atro le due  ragazze non abitavano distanti, la villetta della rossa, era distante  di qualche villetta più in fondo rispetto a quella di Win
- allora cosa indosserai stasera? –
- non lo… pensavo a degli shorts di jeans, e un top floreale… -
- io credo che opterò per un vestitino, sai ne ho comprato uno nuovo a righe bianche e blu… -
- vestitino? Secondo te non sembrerò troppo “ sportiva ” con gli shorts? –
- ma no! Tranquilla…hai una camicia di quelle larghe un po’ stile hippy? –
- Che idea! Grazie Marissa! –
 
Il sole iniziava a tramontare, e il cielo si era tinto di un rosso dalle mille sfumature, mentre Win usciva fuori di casa, sandali di cuoio chiari, pantaloncini di lino beje, e una camicetta con le manica a ¾ color crema, un po’ larga, ma ben sfiancata, e senza bottoni, ma soprattutto la scollatura a goccia e si chiudeva con un laccetto, la lunga collana a forma di orologio e un filo di trucco.
- Josh? – il ragazzo con grande sorpresa l’aspettava dietro la siepe che costeggiava il cancello della villetta
- Winny – Winny???? L’aveva chiamata davvero Winny?
- cosa ci fai qui? – disse stupita, non tanto per la presenza ma per il nomignolo
- premettendo che abito qui vicino e che quindi è facile incontrarmi, sono venuto a prenderti, Mar stava ancora armeggiando con scarpe e trucchi –
- a ok… - adorava Marissa, che l’avesse fatto apposta?
- cosa mi dici? – persino la voce era affascinante
- ma niente di che… tu? – era vestito con una polo a mezzamanica bianca e dei jeans stretti chiari
- idem – camminarono in silenzio fin quando la sua voce irruppe
- ti ho vista ieri in spiaggia, ti ricordi? – e come poteva dimenticare?
- si… avevi la chitarra… - disse con la voce di chi richiama a se un episodio lontano, quasi poeticamente
- e mi hai sorriso… - era vero, stava per svenire
- anche tu se non erro –
- non si nega un sorriso ad una bella ragazza… - sfacciato – ma dimmi tu perché mi hai sorriso? – chiese canzonatorio
- più o meno per lo stesso motivo… -
- quindi sono bello? –
- Mh punti di vista – disse indifferente
- e il tuo qual è? – adesso era serio
- e se mi avvalessi della facoltà di non rispondere? – disse lei timidamente
- allora credo che ti torturerò fin quando non me lo dirai! – scoppiò a ridere mentre l’afferrava per la vita e la trascinava su una panchina che costeggiava il viale. Win non reagiva, seguiva ciò che il corpo di Josh le imponeva, fin quando non si ritrovò sulle sue ginocchia e tra le sue braccia, a ridere e a muoversi come una pazza, a causa del solletico che il ragazzo continuava a farle
- allora sono bello? – chiedeva divertito
- si sei bello! – cercava di ripetere per farlo smettere
- puoi ripetere non ho sentito! –
- anche sordo sei? –
- sono bello? – disse fermandosi di colpo, e guardandola diritto negli occhi
- si sei bello… -
- da uno a dieci? –
- inutile sottrarmi alla domanda vero? –
- non ti conviene… -
- fammi pensare… dunque sei bello… - in quel momento si alzò di scatto e si mise a correre in direzione della villa di Marissa, mentre Josh la raggiungeva, ma appena l’afferrò nuovamente, la ragazza dalla fulva capigliatura li si presentò davanti con le lacrime agli occhi per le risate
- Josh ancora con questa storia del “sono bello” ? – il ragazzo continuava a tenere la schiena di Win premuta contro il suo torace, che lei ebbe il piacere di constatare quanto fosse piacevole quel contatto
- non perché tu devi sapere, che è da questo pomeriggio su face book, che mi dice che di deve fare questa domanda! – rivelò la rossa.
La serata strascorse tranquillamente, risero, scherzarono e ballarono per tutto il tempo. Quei ragazzi erano degli anti-depressivi, soprattutto Josh, che cercava qualsiasi argomento per “ attaccar bottone ” con Win e per farle il solletico.
- Si Joshua, sei bellissimo… - disse prima di addormentarsi nel letto della cameretta di quella villetta che all’inizio odiava ma che adesso iniziava ad amare.
 
Note: ci scusiamo per l’enorme, anzi immenso ritardo, ma sia il tempo che il pc erano andati a farsi fottere, perdonate gli eventuali errori ma l tempo con me è cattivo! Spero che questo capitolo vi piaccia…non è figo Josh? E si adoro Marissa e i suoi contrattempi.
Baci by Dogenigia_luna
The next capitolo sarà scritto dalla nostra Poisoned_Eyes.
Ciao ciao, ricordatevi di recensire!!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8

 

Winone salutò gli amici sulla spiaggia ed iniziò a percorrere il piccolo tratto in riva al mare che separava il chiosco dalla sua nuova casa.
Con le scarpe in mano sentiva la sabbia tra le dita dei piedi, così fresca e morbida. Quando arrivò l'onda di acqua salmastra e ghiacciata fu costretta a spostarsi e si rese conto che ormai da dieci minuti stava fissando il riflesso della luna bianca sul mare, senza però guardarlo davvero.
Stava riflettendo su se stessa, sul luogo dove il destino l'aveva voluta portare e perchè l'aveva fatto, su Joshua.
Una volta le avevano detto che in riva al mare tutto diventava chiaro, si dissolveva ogni dubbio..ma per Winone non era così. Questa nuova situazione l'aveva riempita di mille dubbi e si sorprese a chiedersi se stava facendo la cosa giusta, se dovesse lasciarsi andare e godersi la vacanza.
"Ciao" una voce attirò la sua attenzione. Si voltò e vide Joshua, in piedi vicino a lei.
"Ti sei divertita?" - "Si, grazie. Sai dirmi che ore sono?" - "Quasi l'una!" - "Allora sarà meglio che vada, grazie di tutto..! " rispose Winone prima di voltarsi ed affrettare il passo verso casa sua.
"Aspetta Win! Perchè te ne vai?" chiese perplesso.
Winone ritornò sui suoi passi e gli si avvicinò: "senti josh, lo so che è stata una bella serata e mi sono divertita anche io ma, dai lo sappiamo già, io sono in vacanza e molto probabilmente quando tornerò alla mia vita dimenticherò tutto e non rimarrà altro che il ricordo di un'avventura estiva. Non credo sia questo che vuoi".
Joshua rimase spiazzato dalla sua risposta e senza controbattere si girò su se stesso e si incamminò verso il chiosco. Dopo qualche passo la guardò e disse "Buonanotte turista di passaggio. Grazie per la serata che non ricapiterà e che nessuno si ricorderà".
Win si rese improvvisamente conto di quanto era stata scortese e come era solita fare, vittima ormai della sua fondamentale timidezza, ritornò a casa, si chiuse in camera e rimase a letto anche tutta la giornata successiva.

Ore 16:45. Un messaggio. "Heeeii bbeella, come stai?? Ti diverti? Fatti sentire ogni tanto! Bacii xx Macy <3". Win rispose al messaggio soltanto perchè le sembrava carino farlo: "Ciaoo Macy! Qui non mi diverto molto, e ti dovrei raccontare un sacco di cose...vabeh senti appena ho un po' di tempo ti chiamo! xx ".
La voce di sua madre dalla cucina la costrinse ad alzarsi, si vestì con un paio di shorts di jeans e una camicia molto stile indie beige, stivaletti e bracciali al polso. Mentre si vestiva si chiedeva se ora la potevano scambiare per una ragazza del posto, almeno avrebbero evitato le solite domande di routine "come ti chiami, da dove vieni?...ah già, si sente dall'accento".
Uscì verso le 5 di casa e appena mise piede sulla spiaggia fu raggiunta da un gruppo di ragazzi nel quale riconobbe le ragazze della sera prima.
"Win ciao! Stiamo organizzando una partita a pallavolo, vieni?" le chiese Marissa.
Bene, pensò. La classica partita di pallavolo. Tutti si toglieranno la maglietta lasciando mostrare i loro fisici scolpiti. In fondo, è per questo che si gioca sulla spiaggia, no?
"va bene dai, arrivo" le parole le uscirono senza controllo e cominciò a giocare.
Due ore dopo fecero in bagno e si radunarono tutti a cerchio attorno ad un falò quando il sole cominciava a calare.
"Parlaci di te, Win. Non sembri la classica snob di città" chiese una ragazza bionda con dei piccoli rasta che le incorniciavano il viso.
"Che idea avete delle ragazze di città?" disse sorridendo " Non sono tutte snob! Che cosa volete sapere esattamente?".
"Non so forse se sei fidanzata?" disse Calvin, un ragazzo del gruppo con evidente tono ironico.
"Hahah no no, avevo un fidanzato ma..." il suo racconto fu interrotto dall'arrivo di un ragazzo. All'inizio Win non lo riconobbe coperto com'era da un cappellino stile Frank Sinatra e una camicia hawaiiana portata aperta. Lo osservò e si rese conto che era Joshua.
Il sole era ormai calato e l'unica luce era quella del falò.
"Win vieni a fare una passeggiata?" chiese lui.
Gli altri si voltarono e le ragazze la guardarono con sguardi complici, come se avessero pensato che tra lei e lui ci fosse qualcosa.
Giusto per non passare per la ragazza che si perde le occasioni si alzò e lo seguì.
Cominciarono a camminare e si fermarono solo quando il falò dei ragazzi era grande quanto il pollice di una mano e si sedettero sugli scogli.
Senza che Win avesse il tempo di parlare Joshua le si avvicinò e le appoggiò una mano sul braccio. Lei si rese conto di quello che stava succedendo ma non riuscì a spostarsi, probabilmente perchè non lo voleva. Joshua le si avvicinò sempre di più e quando ormai lei pensava che sarebbe successo l'inevitabile lui cominciò ad annusarla.
Al principio lei rimase perplessa.
"scusami eh ma...mi stai annusando?!" - "si. Come i cani. Dicono che le persone sono come gli animali. Se ti piace l'odore dell'altro allora siete fatti per stare assieme. Tu ad esempio sai di giglio. L'hai mai sentito?"-"No, sinceramente mai. E tu allora sai di...di vaniglia?"-"ah non lo so, dimmelo tu. Ti piace la vaniglia?" chiese lui prima che lei scoppiasse a ridere.
"perchè ridi?" - "perchè sei buffo, forse? A te piace il giglio?" - "I miei genitori hanno un negozio di fiori e quindi è ovvio che mi piace. È uno dei fiori più profumati, sai?"-"Beh, lo considero un complimento!...Comunque Jonathan ora devo andare." disse lei che come ogni volta era costretta ad allontanarsi un po' per paura di affezionarsi troppo, e un po' per paura di fare passi falsi.
"Okay vai pure....ah e, Win?" - "Si?" - "Non mi hai detto se ti piace la vaniglia".
Questa frase la lasciò perplessa. Guardò prima la luna e lasciandosi trascinare dal vortice di emozioni che si era creato rispose senza pensarci due volte: "Si Josh, mi piace la vaniglia. Mi piace molto".
Si voltò, salutò i ragazzi al falò e ritornò a casa. Quella sera si decise a scrivere sul suo diario e prima di andare a dormire si spruzzò sul collo un po' del suo profumo preferito che come a causa di uno strano scherzo del destino era proprio alla vaniglia.

. . Ringrazio quelli che seguono questa storia e mi scuso per il ritardo! Spero che il seguito vi piaccia! Questo l'ho scritto io Poisoned_Eyes e il prossimo sarà di Dogenigia_Luna. Un bacio!

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