Addio al celibato

di Sherlock Holmes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Furtivamente... Esageratamente... ***
Capitolo 2: *** Stupendamente... Sorprendentemente... ***



Capitolo 1
*** Furtivamente... Esageratamente... ***


 Ero appena uscito dalla sartoria.
Lì avevo ritirato il fazzoletto da collo che avrei indossato l’indomani, all’altare.
Aprii la scatola che lo conteneva e lo osservai.
Era perfetto.
Come tutto il resto, d’altronde.
Ormai, si trattava di poche ore… La mattina successiva sarei divenuto il marito della donna più bella, sensibile e dolce d’Inghilterra… Mary Morstan.
Ero al settimo cielo! E non riuscivo a togliermi il sorriso dal volto…
E’ proprio vero che l’amore rende un po’ folli…
 
Mi accorsi solo svoltato l’angolo della carrozza che mi seguiva, a passo d’uomo.
Al che , impugnai più saldamente il mio bastone da passeggio, che conteneva una lama di purissimo acciaio.
“Dannazione… Spero di non subire un attacco proprio la sera prima del mio matrimonio!”pensai.
Ad un tratto, la porticina della carrozza si aprì.
Ero pronto a difendermi, se si fosse reso necessario.
Ma…
- Watson! Che piacere vederla!- esclamò una voce a me ben nota.
Mi voltai verso di lui.
- Salve Holmes…- salutai.
Lui mi sorrise.
Aveva la mano poggiata sulla maniglia della portiera. Vidi che indossava un pesante cappotto scuro ed un cappello nero.
Continuai a camminare.
Holmes fece segno al vetturino di proseguire alla stessa velocità.
- Allora… Non vuole salire?- mi domandò, eloquente.
- No, Holmes. Preferisco andare a piedi.- gli risposi, mettendomi la scatola della sartoria sotto il braccio.
- Veramente? Ma deve sapere che il luogo dove stiamo per andare è piuttosto lontano…-
Mi fermai di scatto.
Holmes battè con il suo bastone al finestrino e così la carrozza si fermò.
Scese sul gradino del landau e lì si sedette.
Mi girai verso di lui, appoggiandomi al bastone:- Io non direi. Cavendish Place è a due isolati da qui.-
- Non siamo diretti a casa sua, Watson…-
Sbuffai.
- Forse lei non è diretto a casa mia, ma io sì.-
Mi tese il braccio.
- Avanti… Venga. Non si faccia pregare…- mi incitò Holmes.
- No.- gli risposi con un tono che sembrava non ammettere repliche.
- Non si fida di me?- mi domandò.
- No.- gli dissi con lo stesso tono. – Non la sera che precede le mie nozze.-
Con un calcio al mio bastone, Sherlock Holmes mi fece perdere l’equilibrio e, con la mano destra, mi afferrò al di sotto del gomito, trascinandomi sulla carrozza, che partì immediatamente.
- Questo è un colpo basso, Holmes! E’ sequestro di persona!- esclamai.
- Oh, suvvia… Non esageri, Watson…- sbottò Holmes. Poi, mi osservò, e, sorridendomi, mi disse:- Beh, perlomeno eviti di farne una tragedia.-
Per un po’, tacemmo.
Molte strade si susseguirono, l’una dietro l’altra.
- Dove siamo diretti?- chiesi, cupo.
Holmes inarcò le sopracciglia:- Ad una festicciola…
- HOLMES!- scoppiai – Ero stato franco! Io non voglio alcun addio al celibato!-
Mi fissò con sguardo fintamente colpevole.
- Saremo pochi intimi…- mi assicurò.
Scendemmo nel West End.
Holmes pagò il vetturino, che, toccandosi il cappello, a mo’di ringraziamento, se ne andò, sferragliando.
L’eco degli zoccoli, dopo poco, si spense.
Sentii una musica in lontananza…
- Almeno mi dica che non ha organizzato una festa con donnicciole sgambettanti, alcol e fumo.- mormorai.
Si arrestò di colpo.
- Watson, mi crede davvero così meschino?-
Annuii, serio.
Riprese a camminare, con un sorrisetto indecifrabile sul volto.
- Allora mi conosce proprio bene…- mi disse, spingendo la porta del locale.
Aveva noleggiato un piccolo teatro. La prima cosa che mi saltò agli occhi fu la presenza di numerosi specchi, che riflettevano il palcoscenico ed i numerosi, per quanto minuti, tavoli.
Con due balzi salì su un tavolino, annunciando:- Ho trovato lo sposo!
Afferrandomi la manica, mi alzò il braccio.
Scoppiò un urlo giubilante. Innumerevoli calici si sollevarono e le risate si fecero più frequenti.
Molte persone mi si accalcarono attorno, complimentandosi con me per le imminenti nozze e ringraziandomi per la festa.
Holmes afferrò un bicchiere di brandy dal vassoio che gli porse il cameriere. Ne allungò uno anche a me.
Si sedette, a gambe incrociate, sul tavolo.
- Pochi intimi, eh, Holmes?!- gli dissi, con rabbia. - Sa che non ricordo di aver conosciuto la metà degli uomini che si sono congratulati con me?-
Lui aggrottò la fronte, sorseggiando il liquore:- Ma come? Io ho invitato tutti quelli che figuravano nella sua agenda degli appuntamenti…
- Ha frugato tra le mie cose, Holmes…?-
- Beh… Insomma – iniziò, secco – Io non sapevo chi invitare a questa festa, oltre ai suoi (pochi) amici. E così, per far numero, ho chiesto di venire anche ai suoi pazienti!-
- Lei-è-fuori di testa!- gli rivelai.
Sospirai:- Hanno ringraziato me per la festa… Perché?
- Mi pare ovvio. E’ lei lo sposo, indi è lei che paga il tutto.-
Lo fissai, sbalordito.- Vuol dire che io sto pagando una festa che non ho voluto?-
- Il mio budget era limitato…- disse.
Trangugiai il brandy.
Holmes sembrò riconoscere una persona tra la folla.
Così, scese dal tavolino e gli andò incontro.
Passarono i minuti, durante i quali mi ricevetti pacche amichevoli sulle spalle ed abbracci da un uomo che mi pareva già un po’ brillo.
Mi si parò di fronte un uomo massiccio, robusto ed alto.
Accanto a lui, chiacchierando, vi era il mio testimone…
Riconobbi in lui la stessa espressione di Holmes…
- Dottor Watson, le voglio far conoscere colui che, insieme a me, ha organizzato tutto questo. Mio fratello maggiore, Mycroft Holmes.-
Mi tese una mano grassoccia, che strinsi.
- E’stato un vero piacere conoscerla. Sherlock mi ha parlato molto di lei…- disse, con un vocione.
Dopo aver adocchiato una poltrona, però, mi salutò:– Spero che domani avremo la possibilità di andare più in là delle presentazioni. E , magari, di raccontarci qualche aneddoto sul mio fratellino…-
Congedandosi con un cenno, si voltò ed andò a sedersi.
- Do…Domani, Holmes?- gli chiesi.
- Certo. L’ho invitato al suo matrimonio.-
- Come?- mormorai.- Ma non lo conosco neanche, suo fratello!- gridai.
- Tecnicamente ,vi siete presentati meno di un minuto fa…-
Mi trattenni dall’insultarlo.
- Ma non può inserirlo nella lista degli invitati, Holmes…- gli dissi, cercando di farlo ragionare.
- Oh, invece sì. Lei mi ha dato due convocazioni per le sue nozze. Una per me e l’altra per un mio accompagnatore.-
- O accompagnatrice, avevo specificato! Oh, Holmes! Era per Irene Adler… Pensavo di essere stato chiaro! Le avevo persino fato l’occhiolino…-
- Appunto. Quello è stato piuttosto ambiguo.-
Afferrai un altro bicchiere di brandy e lo buttai giù in un sorso.
- Comunque, non… non potevo invitarla.- mi rivelò Holmes, facendo sfoggio di un finto disinteresse – Lei è in America, ora.-
Capii che avevo toccato un argomento piuttosto delicato.
Così, abbozzai un sorriso.
Lui lo ricambiò.
Ricompostosi, balzò sul palcoscenico, agguantando un altro calice ed innalzandolo.
- Propongo un brindisi!- urlò.
Tutto tacque.
- A John Watson.- cominciò - Un dottore competente. Un uomo fantastico. E, da domani, un marito perfetto.- disse.
Mi lanciò un sorriso sincero.
Quelle furono le prime (ed ultime…) gradevoli parole che mi dedicò.
- Perdonando questa sera, s’intende!- concluse.
Vi fu uno scoppio di risa.
- Che la festa abbia inizio!- dichiarò.
In quell’istante, cominciò lo spettacolo.
“Donnicciole sgambettanti… Lo sapevo.”
Con un salto, atterrò sul pavimento, di fronte a me.
- Grazie… per… ecco…per ciò che ha detto su di me.-
Annuì.
- Dovere.- rispose. – Sono il testimone, no? Devo elogiare lo sposo!- sdrammatizzò.
Si sedette, ed io lo imitai.
Holmes mi sussurrò all’orecchio:- Non si preoccupi, Watson. Per la festa… Ho finanziato tutto io.
Trassi un sospiro di sollievo.
- Si diverta, Watson, d’accordo?- si assicurò.
- Farò del mio meglio.- gli risposi, con un sorriso.

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Capitolo 2
*** Stupendamente... Sorprendentemente... ***


 Sembrava di essere al Moulin Rouge.
Non che io ci fossi mai stato… Sia ben chiaro.
Comunque, le donne si rivelarono, indubbiamente, abili ballerine e, devo ammetterlo… Erano meravigliose nei loro corpetti e tra i loro ventagli di piume di struzzo.
Ad un certo punto, le luci si fecero più soffuse.
Il pianista cambiò spartito.
Una musica dolce  si diffuse nel locale…
Ed una voce melodiosa…
Da mezzo soprano…
 
Quasi non mi accorsi che Holmes era scattato in piedi.
Le sue nocche si fecero bianche e vidi che dovette sfruttare tutto il suo autocontrollo per riprendere posto.
Dall’alto, calò un’altalena dorata e riccamente decorata, sulla quale si trovava seduta in posizione provocante una giovane e bellissima donna.
Il fiocco vermiglio svettava sui suoi ricci bruni, che le decoravano il volto perfetto.
Il corpetto rosso non faceva che esaltare le sue forme.
Il velo color del grano che si arricciava sulla sua schiena iniziò ad ondeggiare.
Le scarpine auree si posarono, poi, a terra.
Intercettai il viso di Holmes.
Fingeva impassibilità, ma il fremito delle sue labbra lo tradì.
Avevo intuito il perché della reazione di Holmes…
Lui conosceva quella donna. E anch’io, naturalmente.
Lei cantò come un usignolo, danzò come una libellula e… infine… si accostò ad Holmes.
Gli ammiccò e gli rubò il cappello.
Dal nostro tavolo intonò l’ultima strofa della canzone, posando, dopo aver fatto una giravolta sul ripiano, il suo piede sulla mia spalla.
Vidi sul viso di Holmes un lieve rossore sulle guance.
Io lo interpretai come un segno di collera… Ma lui, tuttora, continua ad affermare che quel tocco di colore che gli si era dipinto sulle gote non era altro che il segno del caldo che, quella sera, aveva sopportato.
Vedendo l’effetto che la sua mossa aveva fatto sul mio amico, l’entreneuse sorrise in modo intrigante, scendendo dal tavolinetto e avvolgendomi in un abbraccio.
Il mio testimone si ostinò a fissare il suo bicchiere.
Con un bacio sulla mia fronte e un movimento sinuoso, si sedette, alla fine, in braccio a Sherlock Holmes che, un po’ irritato, la trattenne.
Levò l’ultima nota ad un pollice dalle labbra dell’investigatore.
Vi fu un’ovazione.
Quando l’euforia si spense, la donna si rivolse al mio amico.
- Ti sono piaciuta, Sherlock?- le sentii dire.
Holmes arricciò il naso.
- Ti sembra il caso, Irene?-
- Volevo fare un’entrata spettacolare, che mi si addicesse. E poi… Era da tanto che non cantavo di fronte ad un pubblico…-
- In questo momento, dovresti essere al sicuro nel New Jersey…- mormorò Holmes.
Lei scosse leggermente la testa e, in un sussurro, gli confidò:- Con te accanto, mi sento al sicuro.- Irene sorrise. Poi, si rivolse a me.
- Mi dispiace molto, dottore, ma non posso farle altro regalo di nozze se non lo spettacolo che le ho offerto stasera… Sa, sono partita di corsa, e non ho preso denaro con me.-
- Non importa, miss Adler. Ciò che mi ha mostrato è più che sufficiente.- dissi, punzecchiando Holmes, che mi fulminò con lo sguardo.- Intendo dire lo show! Il canto e tutto il resto.-
- Tutto il resto?- domandò Holmes, piccato.
Era geloso?
Irene riprese:- Devo dire, dottor Watson, che, però, indirettamente, un omaggio da me lo ha ricevuto…-
Non compresi.
- Come dici sempre, Irene, non ancoriamoci al passato.- disse Holmes, chiudendo così il discorso.
Solo anni dopo scoprii che miss Adler si riferiva all’anello di diamanti che il mio amico aveva donato a me e a Mary per il nostro fidanzamento…
- In che modo sei venuta a sapere del matrimonio?- le chiese Holmes.
Con il suo tono di voce, egli continuava a fingere insensibilità.
- Beh… Da questo.- affermò, traendo dal corpetto l’invito in bianco dell’ospite del mio testimone.- Me lo ha spedito tuo fratello, Sherlock…-
I due Holmes incrociarono gli sguardi per un istante. Il più anziano fece un inchino; l’altro, un cenno di ringraziamento.
Irene restituì il cappello al mio testimonio di nozze, e tentò di convincerlo a danzare.
- No, no… Io non ballo. Ne va della mia integrità professionale.-
- Addirittura… E allora cosa direbbero gli altri se vedessero che il grande Sherlock Holmes, l’investigatore privato più famoso d’Inghilterra, bacia una ladra travestita da ballerina di cabaret?-
- In realtà, sono un consulente investigativo.- la corresse lui, scherzosamente.
- Che puntiglioso…- lo stuzzicò lei, poggiando le sue esili braccia sulle spalle di Holmes.
Assumendo un’aria accademica, il mio compagno d’avventure le si rivolse nuovamente:- Consideriamo i fatti… Dato che nessuno è al corrente la tua vera identità, tranne il dottor Watson qui presente (che, per la cronaca, ha già bevuto un bicchiere di troppo…)-
- Io sono sobrio Holmes…- ribattei, osservando il calice che avevo in mano, ormai mezzo vuoto.
Si voltò verso di me.
- Peccato. Pensavo che al terzo sarebbe crollato…- rivelò Holmes.
Gli sorrisi, scuotendo il capo e finendo il brandy nel bicchiere.
- Comunque,- riprese il mio amico – Visto che nessuno ti conosce, non farà scandalo, questa sera, un nostro bacio in pubblico…-
- Giusto.- disse Irene, posando le sue labbra su quelle di Holmes.
Poi, divisisi, ricominciarono il discorso.
- Continuando il tuo ragionamento, Sherlock… Stasera non farebbe scalpore nemmeno se tu danzassi con me… Non trovi?-
Holmes si strinse nelle spalle.
- Potrò dare sempre la colpa all’alcol. O a qualcos’altro di inebriante. Come, per esempio, il tuo profumo.-
- Dai, vieni!-lo incitò Irene, trascinandolo, poi, sul palchetto.
Complice il brandy, l’atmosfera o l’odore del tabacco, iniziai ad essere stranamente loquace ed estroverso.
Strinsi amicizia con pazienti che non vedevo da anni e che, probabilmente, prima del mio addio al celibato, reputavo poco interessanti o addirittura da criticare.
Stranamente, anche Holmes sembrò divertirsi accanto ad Irene.
Almeno, notai che per tutta la durata della festa non smise di sorridere.
E’ proprio vero che l’amore rende un po’ folli…

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