Amore al primo tweet

di Maricuz_M
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***




Capitolo 1


Ultimi giorni di vacanza.
Avete presente quel perfetto mix di depressione ed eccitazione tipico del periodo precedente al rientro a scuola? Ecco, era proprio quello che stavo provando.
Stavo bene, nel complesso. Il problema si presentava quando la mia mente realizzava che era già Settembre. In quei momenti l’ansia faceva capolino e assumevo un’espressione sofferente.
Sveglia alle sette, compiti in classe, interrogazioni, appunti, fogli, matite, penne, diari, astucci volanti.. No, quella parte non mi piaceva proprio. In compenso, ero quasi contenta di rivedere i miei compagni di classe. Quasi, perché ovviamente, essendo un essere umano nella norma, avevo le mie simpatie ed antipatie.
C’erano persone che odiavo, come quella gallinella di Cloe e le sue intelligentissime amiche. Prima di arrivare al liceo credevo che ragazze del genere esistessero solo nei film americani, invece mi sono dovuta ricredere. Sono tre anni che convivo con loro  minimo 5 ore al giorno e ho sfiorato più volte l’isterismo.
Poi, le persone piacevoli, ovvero la maggioranza della classe. I pochi maschi presenti erano tra queste. Cosimo il secchione e introverso, ma comunque simpatico, Gianmarco lo sportivo che si crede chi sa chi, ma per un valido motivo –bello come pochi-, Davide lo svogliato, quello degli interventi insensati durante le lezioni, Andrea il saggio –se volete consigli chiedete a lui-, e, infine, Mattia l’assenteista. Comunque, avrò tempo di parlarvi meglio di loro.
Per concludere, le persone che adoravo. Le mie due migliori amiche. Selene e Dafne. Proprio quest’ultima, una mezz’ora dopo, sarebbe venuta a casa mia per il pomeriggio di scopiazzamento, che, appunto, consisteva nel passarci i compiti delle vacanze che ci rimanevano.
Ero seduta alla mia scrivania con il mio amatissimo portatile e vagavo per i soliti siti. Facebook, dove ero registrata con il mio nome, Ilaria Archi, Youtube, dove passavo un sacco di tempo a vedere video musicali o di qualsiasi altra cosa mi capitasse sott’occhio, e Twitter.
Sì, Twitter. Avete presente quel social network dove puoi seguire chi vuoi, scrivere quello che ti pare, retweetare e menzionare chiunque tu voglia? Esattamente quello.
Non avevo messo nessun dato personale, in quel sito. Avevo un semplice nickname, che neanche mi rappresentava. Era una specie di copertura, la mia. Non facevo sapere a nessuno chi fossi. Su Twitter volevo sfogarmi, dire le cose che mi passavano per la mente senza rendere conto a nessuno. Per parlare con amici e amiche c’era già Facebook, perché usare due cose per lo stesso scopo?
Cercai su Youtube la canzone Beautiful di Christina Aguilera. Dal momento in cui quella mattina avevo aperto gli occhi, non facevo che cantarla. Spesso mi capitavano addirittura motivetti assurdi che si sentono solo nelle peggiori pubblicità.
Guardai il video e lo condivisi su Facebook. Due minuti dopo, una notifica.
A Andrea Toletti piace il tuo link.
Sorrisi constatando che era proprio ciò che avevo appena inserito nella mia bacheca. Passarono pochi secondi e un suono mi avvertì che mi era arrivato un messaggio in chat.
Ilaaaa! Da quando hai bisogno di queste canzoni per auto convincerti di essere bella?
Sempre lui.
Da sempre, mio caro Andre!” no, in realtà non era vero. Cioè, non proprio. Mi consideravo una ragazza comune. Abbastanza alta, bel fisico, capelli mossi e castani, occhi verdi e visetto angelico.
Dimmi che scherzi.” Rispose lui, immediatamente.
Hai mai visto un ragazzo girarmi intorno?” bella domanda.
No, ma solo perché li cacci. Appena senti il pericolo diventi scontrosa e non ti si avvicina più nessuno. Come i cani. Se qualcuno non ti piace, gli ringhi addosso.” risi per l’esempio del mio compagno di classe. Gli volevo molto bene. Era sempre disponibile ad aiutare gli altri, capiva quando non parlare e quando farlo, e sapeva sempre cosa dire. Era anche abbastanza carino, tutto sommato, ma non era il mio tipo. Se lo fosse stato, mi sarebbe già piaciuto in quegli anni di conoscenza.
Mi stai paragonando ad un cane?
Non mettermi nelle mani cose che non ho scritto!” scossi la testa.
Perdono, padrone.
Solo per stavolta. Senti, ti saluto.
Già?” e rincarai la dose con una faccina triste.
Ho lezione di pianoforte, sai che parlerei con te ore ed ore!
Si, si lo so. Va bene, tanto adesso sarei dovuta andare anche io. Viene Dafne per il pomeriggio di scopiazzamento.”
“Perché non mi avete invitato?”
“Perché avevi lezione di pianoforte!”
“Ok, ho capito, me ne vado. A presto, carissima!”
“Ciao vecchio saggio!”
Chiusi la conversazione e poi anche la pagina di Facebook. Andai su Twitter e aggiornai. Vari tweet, niente di interessante, poi all’improvviso uno di questi attirò la mia attenzione.
 
Sono i dettagli a differenziarci dagli altri.
 
Inclinai la testa, senza nessun motivo preciso. Lo facevo sempre quando riflettevo su qualcosa. Quella frase era vera. Avevo fatto più o meno lo stesso ragionamento un giorno, mentre stavo facendo il ritratto ad un attore. Quando si disegna una persona, secondo me, si deve prestare una particolare attenzione proprio a quella leggera ombra o alla linea più fine. Sono quelle che definiscono i tratti del viso o qualsiasi altra parte del corpo e a rendere riconoscibile un volto.
Retweet e via sul profilo della persona che aveva scritto quella frase.
Anonymous. Già il nickname mi piaceva. Il mio però era più figo: Secretly.
C’erano varie citazioni e altre frasi scritte da lui o lei, ma non feci in tempo a leggerne più di tre che suonò il campanello. Cliccai velocemente su “segui”, così da non perdere le tracce della misteriosa persona dietro quel soprannome e chiusi tutto, per poi correre all’ingresso e aprire la porta a Dafne, rischiando di uccidermi, tra l’altro.
“Ciao!” il bellissimo sorriso della mia amica mi si aprì davanti. Lei era davvero bella. Capelli biondissimi e liscissimi, occhi azzurrissimi e sguardo dolcissimo. Tutto così issimo.
“Benvenuta nella mia umile dimora!” feci teatralmente un inchino e la lasciai entrare. Chiusi la porta mentre la guardavo percorrere il corridoio ed arrivare in salotto, dove avremmo svolto la nostra attività.
“Prima di tutto, devo darti una notizia!” annunciò lei.
“Gianmarco ti ha chiesto di uscire?” tentai. Ormai era un annetto che la mia amica si era invaghita di quell’essere dall’ego spropositato. Non approvavo, ma doveva piacere a lei, mica a me!
“Magari. No, mia madre mi ha detto che avremo un nuovo compagno di classe!”
Voi vi chiederete, e che ne sapeva sua madre? Ecco, sua madre insegnava inglese nella nostra scuola –che era un linguistico-, per cui se veniva a sapere qualcosa che ci poteva riguardare, ci avvertiva.
“Oh, wow! Emozionante!” dissi, visibilmente ironica.
Dafne scosse la testa contrariata, mentre sistemava un quaderno e l’astuccio sul tavolo, poi mi lanciò un’occhiata “Non sai neanche chi sia. Potrebbe essere carino, simpatico, forse anche intelligente!”
“Oppure indecente, antipatico e forse anche stupido!”
Si lasciò sfuggire un sorriso “Sempre la solita.”
“Assolutamente.”
Sospirò “Forza, passami spagnolo.”
“E tu dammi latino.”
 
Finimmo tutto che erano quasi le otto. Le chiesi se volesse fermarsi a cena ma declinò l’invito scusandosi e dicendo che avrebbe dovuto cucinare per lei e suo fratello quella sera. I suoi genitori spesso erano assenti per questioni di lavoro, il padre era un uomo d’affari, e Dafne doveva tener d’occhio Gioele, più piccolo di noi di tre anni, che andavamo per i diciotto.
Non appena se ne andò, trotterellai verso il computer pensando già a cosa avrei fatto. Primo punto della lista: setacciare il profilo di Anonymous.
Mi sedetti, mi sistemai e mi rifugiai su Twitter. Raggiunsi la mia meta ed iniziai a leggere.
Erano tutte parole molto interessanti, parti di canzoni che già conoscevo e che mi piacevano, frasi che facevano ragionare.
Studiai bene i suoi messaggi. Osservando qua e là scoprì che era un ragazzo e che aveva su per giù la mia età. Profondo, per essere un ragazzo in piena crisi ormonale.
D’un tratto, un nuovo tweet da parte dall’anonimo.
 
“L'uomo forte crea lui gli eventi, l'uomo debole subisce quelli che il destino gli impone.” Cit. Alfred de Vigny
 
Mi sfiorai il mento pensando ed inclinando –ancora una volta-, la testa. Da un lato era vero, si, ma non sempre un uomo forte crea gli eventi. Può capitare che anch’egli venga sopraffatto dal destino. O anche che il debole decida il suo futuro, positivo o negativo che sia, facendo una particolare azione.
Senza rifletterci molto, lo menzionai e gli scrissi:
 
Penso piuttosto che ci sia più di un destino, e che siamo noi a scegliere quale affrontare nel momento in cui prendiamo una decisione.
 
Ed inviai. Nell’attesa della risposta, aprì una cartella e misi un po’ di musica. Amavo la musica, anche se il canto non era il mio forte. Non mi piaceva un cantante o un gruppo in particolare, semplicemente, se apprezzavo una canzone, l’ascoltavo e stop. Di chi era me ne fregava il giusto. Ovviamente, c’erano degli artisti che stimavo. Non si può non stimare persone che hanno cambiato il corso della storia della musica o semplicemente ne hanno fatto parte, anche se non ci piacciono musicalmente. Tra “io stimo” e “a me piace”, secondo me, c’è sempre stata differenza.
Controllai Twitter e trovai anche la sua risposta.
 
Difficile dirlo con certezza. Il destino è un concetto non preciso, è normale che ognuno abbia la propria idea su di esso.
 
Ecco, su quello mi trovavo d’accordo con lui. Puoi credere in qualcosa, quando è concreto. Si hanno le prove. Non puoi dubitare dell’esistenza di un fazzoletto di carta! Invece quando un qualcosa è astratto, come il destino appunto, o l’amore, o il caso, non si può esser certi di ciò che si pensa riguardo ad esso e automaticamente non tutti hanno la stessa opinione.
Cominciai a pensare a come rispondere mordendomi il labbro inferiore, altro mio vizio. Sospirai e scrissi:
 
Assolutamente! Ho semplicemente espresso il mio parere! :)
 
Appoggiai la schiena sullo schienale della sedia e sospirai, pensando a cosa fare. Presa dai ragionamenti, non avevo notato la fine della canzone, così ne feci iniziare un’altra. Muovendo la testa e il piede destro a ritmo, riaprì la pagina di Twitter.
Un’altra menzione da Anonymous.
 
Grazie per averlo condiviso con me, allora! :)
                                          
Sorrisi. E quello cos’era? Un flirt? No, non poteva esserlo. Chi lo conosceva? Chi mi conosceva? Non sapeva neanche se ero una ragazza, una donna o una sessantenne che si sente giovane. Pensai che sarebbe stato meglio smettere di leggere fan fiction o vedere telefilm su telefilm. Così, scossi la testa e lasciai perdere.
Pochi istanti dopo, mia madre mi chiamò per la cena e diedi un’ultima occhiata.
 
Odio i trasferimenti.
 
Diceva l’anonimo in un tweet. 

 

Ok, allora.. Ciao! 
Questo è il primo capitolo della mia prima long-fic originale. (capitan ovvio, piacere.)
Non so cosa dire. Spero che vi sia piaciuto, se fa schifo scrivetemi una recensione e ditemelo, ma siate sensibili e delicati, grazie! D:
Non so quando metterò il prossimo capitolo, con precisione, ma non dovrete aspettare molto! :)
Grazie per i minuti sprecati nella lettura! 

Alla prossima! :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


Era Domenica ed era l’ultimo giorno delle vacanze estive.
In quella settimana e mezzo non era successo niente di rilevante. Gli ultimi compiti, le ultime pagine da studiare, le chat centrate principalmente sul catastrofico rientro a scuola. Ah, e altre discussioni con Anonymous. Quel ragazzo iniziava a piacermi. No, non in quel senso. Mi piaceva come pensava e scriveva, ed era piacevole avere delle conversazioni, seppur brevi, con lui. Era stimolante.
Stavo parlando al telefono con Selene, quella pazza scatenata della mia amica, per organizzarci ed uscire un’ultima volta senza avere l’ansia di non aver finito di ripassare per il giorno dopo.
Allora, che si fa?
“Ah non lo so! Sei tu quella che organizza.”
Come al solito scarichi tutto a me. Brava, davvero!
“A che ora ci troviamo?” non considerai volutamente la sua scherzosa accusa e continuai la principale discussione.
Facciamo che passo io alle cinque, ok? Tanto se dobbiamo andare in centro devo comunque passare davanti casa tua.
“Unisci l’utile al dilettevole?”
Avrei preferito il detto due piccioni con una fava, ma mi accontento!
“Ottimo, oggi sono addirittura un piccione.”
E io sono una fava, pensa un po’.
Risi scuotendo la testa. Era incredibile. Aveva sempre –o comunque la maggior parte delle volte- la battuta pronta, ed io, puntualmente, ridevo come una scema. Non riuscivo a non farci caso per via dell’abitudine, preferivo esternare il mio divertimento.
“Ok, fava. Ci vediamo dopo.”
Certo, picciona. Ah ancora un’altra cosa!
“Dimmi.” Risposi tranquilla.
Puzzi.” E riattaccò.
 
Camminavamo da una decina di minuti per la strada principale. Era piena zeppa di negozi, ci si poteva trovare di tutto. Inoltre passava per la piazza, dove si trovavano bar, gelaterie, pizzerie e chi più ne ha più ne metta.
“Te l’ha detto, Dafne?” mi chiese, d’un tratto, Selene.
“Cosa?” domandai a mia volta, fissando la vetrina di una pasticceria. Iniziavo a sentire un po’ di fame.
“Del nuovo compagno di classe!” esclamò euforica.
Sospirai. Ancora con quel tipo? Ancora neanche sapevamo se avesse un nome, quel ragazzo, e già era diventato famoso.
“Sì, me l’ha detto. Che è quest’allegria?”
“Non lo so! Non c’è un motivo, forse perché i maschi in classe nostra sono pochi e così aumenta la fauna.”
“Eh certo.. Invece che cinque saranno sei. Sai che differenza.”
“Ma perché hai questo rifiuto per il genere maschile?” chiese perplessa.
“Perché sono tutti uguali. Tranne Andrea.”
“Vabè, che c’entra? Lui è un santo.” Risi. Toletti era sicuramente il ragazzo più coccolato e meglio considerato dalla parte femminile della classe –escludendo quelle galline di Cloe, Jessica e Claudia, che preferivano di gran lunga Gianmarco, il figo-.
“Comunque, non ho un rifiuto per il genere maschile, sono solo un po’ scettica inizialmente.”
“Scettica, logico. Piuttosto sei abbastanza irritabile e irritante, inizialmente.” Mi corresse.
Scossi le spalle facendo una smorfia. Sapevo che aveva ragione. Non conoscevo il perché di quel mio modo di fare. Forse era una specie di selezione. Chi mi si avvicinava, di solito, lo faceva per il mio aspetto fisico e per provarci con me. In questo modo, chi voleva una ragazza per una pomiciata, scappava, chi voleva me, rimaneva ed insisteva. Nessuno era mai rimasto.
“Forse si, forse no.. Gelato?”
“Cioccolato e fiordilatte.”
“Fragola e limone.”
“E sia.” Ci battemmo il cinque e ci dirigemmo verso la gelateria più vicina.
C’era una fila assurda. Sembrava che tutti avessero aspettato noi per andare a prendersi un cono o una coppetta. Solita sfiga. Mentre aspettavamo il nostro turno, riprendemmo a parlare.
“Dici che quest’anno Dafne confessa?” cominciai.
“Assolutamente sì! Però prima ha detto di voler mangiare un pezzo di pane con la marmellata di fichi.”
“Ma non odiava la marmellata di fichi?” chiesi confusa.
“Appunto. Non dirà mai niente a Gi-emme.” Rispose tranquillamente.
“Perché lo chiami sempre Gi-emme?”
“Gianmarco non mi soddisfa. Gi-emme è più innovativo.”
“Ok.” Dissi, ma poteva benissimo equivalere ad un “Chi ti capisce è bravo.”
Toccò finalmente a noi. Ci prendemmo i nostri agognati gelati ed iniziò la parte più difficile: uscire da quel covo di affamati. Iniziammo a scansare le persone a piccoli passi. Selene era davanti a me.
All’improvviso qualcuno mi arrivò addosso e percepii qualcosa di freddo sul petto, vicino al colletto della maglietta. Abbassai lo sguardo e trattenni il respiro. Una macchia rosa alla fragola, tanto visibile che a momenti parlava, si mostrava a me.
“Ops.” Sentì una voce maschile divertita proprio davanti a me. Sospirai cercando di mantenere la calma e di non urlare in faccia a chiunque sia stato l’artefice di tale disgrazia. Alzai lentamente la testa con un’espressione sul viso non proprio amichevole.
Spalancai gli occhi e deglutii.
Per un secondo, incrociando quello sguardo color ghiaccio e quel volto di rara bellezza, mi dimenticai dell’istinto omicida dentro di me.
Non poteva essere vero. Era troppo bello per essere vero. Non poteva esistere un essere mortale così divino. Chi era la madre? Chi il padre? Dovevo assolutamente stringere loro la mano, avevano fatto un lavoro eccellente.
Si schiarì la voce “Posso passare o vuoi contemplarmi per altri dieci minuti?”
Mi pentii di aver sfornato così tanti complimenti tutti in una volta.
“Come scusa?” domandai, tornando a fissarlo con odio.
“Ho detto..”
“Ho capito cosa hai detto.” Lo interruppi bruscamente.
“Allora che vuoi?”
Non poteva essere vero.
Sospirai chiudendo gli occhi, poi ripresi a guardarlo “Delle scuse. Mi sembra il minimo.” Dissi, indicandomi la maglietta con la mano non occupata dal mio povero gelato.
“Sei tu ad essermi venuta addosso.”
Non poteva essere vero.
“Certo, come no!” alzai di un tono la mia voce stringendo più forte il cono, ma trattenendomi per non spaccarlo. Era piuttosto fragile.
Lo vidi abbassare lo sguardo sulla macchia ed alzare una mano, avvicinandola a me. Rimasi impalata. Ok, non mi era del tutto indifferente, nonostante tutto. Appoggiò un dito sul gelato spalmato sul mio indumento, poi se lo avvicinò alle labbra e lo leccò.
Non poteva essere vero.
Arrossii per quel gesto –e perché mi aveva toccata vicino al seno-, spalancando maggiormente gli occhi, se possibile.
“Mh, buono! Grazie tigre, adesso so che gusto prendere.” Così dicendo, mi accarezzò lievemente il mento con un sorriso sghembo e compiaciuto stampato sulla faccia e mi superò, lasciandomi senza parole e immobile come una statua.
Mi aveva sporcato di gelato. Non mi aveva chiesto scusa e non se ne era minimamente preoccupato. Si era preso gioco di me. Aveva osato sfiorarmi. Mi aveva chiamata.. tigre?
Ringhiai, presa dall’ira.
Feci per girarmi e dirgliene quattro, ma Selene mi trascinò fuori prima del tempo.
“Io quello lo uccido.”
“Io gli farei altro, ma tralasciamo.”
“Stupido cafone bastardo.” Mormorai tra i denti.
“Ok..” sussurrò la mora –sì, perché era mora- “Ascolta, facciamo così, visto che hai la maglietta multicolore, andiamo a casa tua, ti cambi e vediamo se uscire di nuovo o stare a casa, va bene?”
L’unico modo per farmi sbollire: distrarmi dal problema principale.
Annuì fissando la gelateria come se volessi farla esplodere in quell’esatto momento –e così era, effettivamente-, poi seguii Selene respirando profondamente e mangiando quel che rimaneva del mio cono.
 
“Già di ritorno?” ci mancava solo mia madre che dalla cucina mi ricordava il motivo per cui avevamo fatto retromarcia ed eravamo tornate a casa.
“Sì. Già di ritorno.” Risposi acida.
“Selene, che è successo?” perché mia madre chiedeva cosa fosse successo alla mia amica? Non avevo le capacità mentali per rispondere, forse?
Va bene, lo ammetto, quando mi arrabbiavo ero un tantino intrattabile, ma era una questione di principio.
“Un figo le ha fatto sbrodolare addosso del gelato.” Di poche parole.
Mia madre fece capolino nella mia stanza –dove eravamo- per vedere le condizioni della maglietta, che avevo già tolto. Me la rubò di mano e corse chissà dove, lontano dalla nostra vista. Mi grattai la testa, poi lasciai perdere e cercai qualcos’altro da mettermi.
“E ti ha detto come si chiama?” urlò dall’altra stanza.
Selene ridacchiò, mentre io facevo una smorfia.
“Sinceramente, non mi interessa. Neanche per sbaglio.”
“Peccato!” ribatté la mia genitrice. Ma cos’era? Ce l’avevano tutti con me quel giorno? Sbuffai alzando gli occhi al cielo –o al soffitto, che dir si voglia-. Portavo a casa una maglia sporca di gelato e quella mi diceva che era un peccato non sapere un nome del figo che mi aveva offesa, umiliata e, usando la mia innata finezza, fatta incazzare.
“Non avrai mai un genero, Cristina!”
Per la cronaca, Cristina era il nome di mia madre, e quella traditrice che aveva parlato prendendomi per il culo era colei che si diceva una delle mie due migliori amiche.
“Mi sono già abituata all’idea!”
Eccone un’altra.
“Scusate, sono qui! E’ inutile che parlate di me, vi sento!”
“Eh, appunto!”
Scossi la testa arrendendomi. Qualsiasi cosa avessi fatto, avrei perso contro di loro.
 
Erano le dieci di sera. Selene era rimasta a cena e, per fortuna, l’argomento figo-spalma-gelati non era stato affrontato ancora una volta. Al solo pensiero mi venivano i nervi a fior di pelle. Era impossibile avere a che fare con persone del genere. Sicuramente, quel suo essere presuntuoso, era dovuto alla consapevolezza di essere bello. Credevo anche io che lo fosse, mica sono cieca. Era un tipo come Gianmarco –o Gi-emme-: sono bello e bravo solo io.
Ma anche no, razza di bifolco buzzurro.
Sospirai, per la centoottantanovesima volta in quella giornata, e mi sedetti alla scrivania, alla ricerca di un po’ di meritato relax.
Dovevo trovare un modo di sfogarmi. Quale se non Twitter?
Non ci pensai neanche troppo, aprii la pagina e cominciai a scrivere, per poi inviare il messaggio.
 

Alcune persone dovrebbero darsi una regolata.
 

Ed ero anche stata buona. Avrebbe dovuto ringraziarmi per non avergli lanciato maledizioni su maledizioni, omettendo le scuse per il gelato.
Qualche minuto dopo, controllai le menzioni. Anonymous aveva risposto proprio al mio ultimo tweet, dedicato a quell’essere su due zampe.
 

Non ne parliamo. Caratteracci a scatafascio.
 

Sorrisi. Anche lui doveva aver avuto qualche incidente di percorso. Magari una tipa come Cloe gli aveva rovesciato addosso una granita, giusto per rimanere in tema.
Guardai l’ora e decisi che sarebbe stato meglio preparare lo zaino –mettendoci esclusivamente l’astuccio e il diario, visto che era il primo giorno- e andare a dormire. Avevo passato delle ore troppo stressanti per il mio giovane corpo. No, in realtà avevo sonno.
Spensi il computer e mi alzai. Presi il mio zaino, rimasto in disuso per tre mesi, e ci infilai il minimo indispensabile. Mi cambiai, mi misi il pigiama, salutai i miei genitori e mi infilai sotto le coperte.
Non mi so spiegare il motivo, ma quella sera mi addormentai senza riuscire a farmi uscire dalla testa quei due occhi color ghiaccio.
 



Bella gente!
L'altra volta la mia suprema memoria mi ha fatto dimenticare di scrivere come è nata l'idea per il titolo e quindi anche la storia.
Non starò a dire tanti particolari, semplicemente ho avuto una conversazione inaspettata con una persona, e quando l'ho detto ad una mia amica di nome Francesca, ci ha riso su dicendo proprio le parole "Amore al primo tweet". E lì si è accesa la lampadina. 
Purtroppo per me la mia vicenda non si è svolta come la fan fiction, non è arrivato nessun bellissimo ragazzo dagli occhi di ghiaccio nella mia vita, ma era per spiegarvi come mi sono ritrovata questa vicenda per la testa.

Torniamo a noi/voi.
Vi ringrazio infinitamente. Un grazie a Francesca, che mi ha fatto immaginare tutto e che non appena ha letto il primo capitolo mi ha fatto i complimenti.
Un grazie alle persone che mi hanno dato fiducia, cioè:
- Chi ha recensito. Anche se vi ho già ringraziato, grazie ancora. E' sempre bello ricevere recensioni, significa che ciò che è scritto è degno di esser riconosciuto, che sia negativamente o positivamente (anche se è meglio positivamente.);
- Chi ha preferito. Grazie mille. E' un onore! °w°
- Chi ha seguito. Grazie anche a voi. Grazie. 
Spero di non deludervi. :') *si commuove per tutto questo, non aspettandoselo minimamente*
Grazie anche ad Ashini, che ha sempre una parola non-confortante per me, ma che ogni volta è pronta a leggere le mie vaccate e a recensirle come meglio sa fare.

Riguardo al capitolo (anche se sto scrivendo un poema, ma era necessario) spero che vi sia piaciuto! Ovviamente se avete domande (che non siano sui prossimi capitoli perchè non do spoiler xD) nel caso qualcosa non sia chiaro, fatemele tranquillamente! :D

Un bacione e a tra qualche giorno! (?)

Maricuz

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


No, non iniziava per niente bene quell’anno scolastico. Ma andiamo per ordine.
Prima di tutto, mi aveva svegliato mio padre. Non ho mai capito il perché, ma se usavo mia madre come sveglia, era molto meno traumatico il tutto.
“ILARIA! SVEGLIA CHE FAI TARDI!”
Ecco, no. Forse sbagliava l’approccio, ma alle sette di mattina, non si può gridare a quel modo per far cominciare ad una persona la sua giornata.
I minuti a seguire furono tranquilli: mi vestii, mi lavai, feci quello che dovevo fare insomma. Secondo intoppo: colazione.
Mia madre –buona sveglia, ma il suo zampino da qualche parte ci andava lo stesso- aveva dimenticato di comprare i cereali quando due giorni prima era andata a fare la spesa. Io sono molto selettiva per quanto riguarda il cibo. Non avevo la forza di arrabbiarmi, di urlare o mettermi a piangere, per cui mi limitai a prendere qualcos’altro di indefinito. Dieci minuti dopo non ricordavo più cosa avevo ingurgitato. Comunque, non era il massimo.
Dopo essermi nutrita, misi il mio leggerissimo zaino in spalla e seguii mio padre fuori, alla macchina. Era come una tradizione ormai, il primo giorno era lui ad accompagnarmi, sia a scuola che a casa. L’autobus l’avrei preso tutti i giorni a seguire.
Arrivata accanto all’auto, aprii la portiera e trascurando il pericolo feci per entrare e sedermi, ma poco prima di toccare il sedile con il mio caro sedere, battei la testa. Non so se vi è mai capitato, ma vi coglie completamente alla sprovvista e vi rincoglionite in modo esagerato.
“Porca troia.”
“Ilaria.”
“Ho battuto la testa!” mi giustificai accarezzandomi con una mano e chiudendo lo sportello con l’altra.
“Anche da piccola. Guarda come sei ridotta.”
Ringhiai e non risposi, ci mancava solo che mio padre mi prendesse per il culo.
Il viaggio filò liscio per fortuna, non c’era troppo traffico, quindi dodici minuti dopo –avevo cronometrato- salutavo con un bacio sulla guancia il mio caro paparino e scendevo da quell’affare che mi aveva spaccato in due la scatola cranica.
Entrai nell’edificio, controllai la postazione della mia classe –che cambiava ogni anno- e iniziai a salire le scale. Sbuffai. Secondo piano, ottimo. Ginnastica alle otto, mi sarei tenuta in forma.
Finita la parte dedicata alla salita, cominciai a camminare per il corridoio.
Presi un respiro profondo e alla quarta porta a destra entrai.
Andrea e Cosimo –il secchione un po’ timido- erano gli unici presenti. Poggiai lo zaino su un banco e trotterellai verso Toletti, che allargò le braccia per abbracciarmi.
Come già vi avevo accennato, non era un brutto ragazzo. Moro, abbastanza alto, occhi nocciola, naso dritto, barba sempre fatta –stava meglio senza, infatti-. E poi era una bellissima persona.
“Ila!” disse mentre mi stringeva.
“Andre! Mi sei mancato!”
“Anche tu.” Rise e mi lasciò libera. Guardai Cosimo, che se ne stava seduto composto su una sedia con le cuffie all’orecchie, e lo salutai con un gesto della mano e un sorriso, ricambiati da un cenno della testa.
“Siamo solo noi?” domandai.
“Cloe, Jessica e Claudia sono andate a fare un giro.” Feci una smorfia. Il solo sentire il loro nome mi dava fastidio. Oche.
“Quello nuovo non si è fatto ancora vedere?” non ero ironica, davvero.
“Quello nuovo? C’è uno nuovo?”
Spalancai gli occhi. Lui non lo sapeva? Voglio dire, a me avevano rotto per due settimane per questo arrivo e lui neanche lo sapeva? Ma cosa avevo fatto di male?
“Sì, c’è uno nuovo.”
“Oh, beh.. Immagino arriverà, allora.”
E non successe niente di rilevante, dopo. Arrivarono tutti –tranne questo famoso nuovo arrivo e Mattia l’assenteista- e ci sistemammo nei banchi. Due, ovviamente, erano vuoti. Io mi ero sistemata accanto alla dolce Dafne, mentre Selene si era accomodata accanto ad Andrea. Gianmarco in ultima fila al centro, accanto a Davide –quello svogliato- e Cosimo in prima fila vicino ad una ragazza di nome Chiara. Anche lei molto diligente. Probabilmente si era messa accanto a lui in modo da seguire meglio le lezioni. Sicuramente non l’avrebbe disturbata.
Al suono della campanella, puntuale come sempre, entrò la professoressa Mesti, di italiano, nostra coordinatrice. Quella donna era una pazza, ma non in senso negativo. La materia te la faceva amare e insegnava benissimo. Le piaceva anche parlare con i suoi studenti, ma non per questo si faceva mettere i piedi in testa. Una gran donna.
“Buongiorno ragazzi! Andate bene le vacanze? Perfetto! Sono contenta!” nessuno aveva risposto alla sua domanda, in realtà.
Diede una veloce occhiata alla disposizione dei banchi.
“Archi, alzati.”
“Ma prof, non ho ancora detto una parola!” mi ribellai. Forse durante le lezioni parlavo un po’ troppo, però quella era iniziata da neanche un minuto!
“Meglio evitare!”
“Ma sono cambiata!” tentar non nuoce.
“Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Vieni qui in un banco di questi due liberi, su.”
Ottimo. Le possibilità erano due: mi sarebbe toccato Mattia e quindi sola per tutto l’anno, o quello nuovo che, per quanto ne sapevo, poteva essere un rompiballe di dimensioni colossali.
Che Dio me la mandi buona. Pensai.
Sospirai e presi la mia roba, dopo aver lanciato uno sguardo sofferente a Dafne, che mi aveva sorriso incoraggiante. Anche lei capiva la gravità della situazione.
La professoressa riprese a parlare mentre raggiungevo il mio banco “Allora, il nuovo arrivato è presente?”
“Sì.” Una voce maschile, proveniente dalla porta, mi fece distogliere lo sguardo puntato sulla sedia dove mi sarei dovuta sistemare.
No.
No, mi rifiuto di crederci.
“Oh! Gabriele, giusto?” chiese, ignara di tutto, la Mesti.
“Gabriele Bonetti, sì. Scusi il ritardo, non trovavo la classe.” Gli occhi ghiaccio, gli stessi che avevo visto –e odiato- solo il giorno prima, stavano guardando la professoressa senza far trasparire alcuna emozione, se non un leggero dispiacere per il minuto di ritardo.
Era alto, bello, con un fisico incredibile e ben proporzionato, capelli lisci, castani e volutamente spettinati. Teneva lo zaino su una spalla con la mano destra e l’altra in tasca. Tipica posa da figo.
“Figurati, la scuola è grande ed è il tuo primo giorno. Siediti pure dove vuoi. C’è un banco libero vicino a Dafne” indicò la mia amica “e a Ilaria” indicò me.
Non doveva farlo.
Gabriele –così si chiamava- puntò i suoi occhi su di me e si lasciò sfuggire un sorrisetto divertito.
Sperai con tutto il cuore che non scegliesse il banco accanto al mio, che era in prima fila. A sinistra, ma era comunque davanti a qualsiasi professore ci fosse in classe. Quello di Dafne era in terza fila a destra. Un posto molto più confortevole e invitante rispetto al mio!
Vai lì, vai lì, vai lì, vai lì.Cominciai a pensare ripetutamente.
“Vado lì.” EVVIVA!
No, un secondo. Aveva indicato me.
Fanculo.
Strinsi i denti e lo guardai mentre si avvicinava, continuando a fissarmi con un’espressione soddisfatta che avrei preso volentieri a schiaffi. Penso che tra di noi ci sia stato anche qualche fulmine, che nessuno però era in grado di vedere.
“Ciao, tigre.” Sussurrò lui, per non farsi sentire se non da me.
Aguzzai lo sguardo e non risposi, facendolo sghignazzare per chissà cosa. Cosa ci trovava di divertente? Lo avrei bruciato vivo solo con gli occhi, se ne avessi avuto la capacità. C’era poco da ridere!
“Quale posto preferisci?” mi chiese poi, lasciando stare il tono di scherno.
Rimasi un attimo perplessa, poi feci il punto della situazione. Anche io ero in piedi, come lui. Scrollai le spalle senza dire niente e aspettai che dicesse qualcosa lui.
“Per me fa lo stesso.”
Sospirai e mi andai a sedere vicino alla finestra. Il posto più vicino alla cattedra l’avrebbe avuto lui. Almeno una nota positiva in tutto quello che stava accadendo dovevo pur procurarmela!
Ci sistemammo entrambi mentre la prof stava dicendo un qualcosa che, sinceramente, non mi interessava minimamente. Avrei passato minimo cinque ore giornaliere con un ragazzo tanto bello quanto maleducato che non perdeva l’occasione di prendermi per i fondelli –considerate anche che l’avevo visto per 5 minuti neanche, in totale- e che mi chiamava tigre. A me non piaceva quel soprannome. Mi piaceva l’animale, ma non essere chiamata come lui da quel tipo.
Comunque, ero appoggiata con la schiena al davanzale della finestra e avevo il corpo completamente girato dalla sua parte –e di conseguenza, del resto della classe-. Non appena si sedette, si voltò esattamente come me e verso di me.
Eravamo faccia a faccia, a fissarci mentre la Mesti continuava a blaterare.
“Allora, tigre, ti chiami Ilaria se non sbaglio.”
“E tu Gabriele.” Risposi solamente.
Lui sorrise e annuì “Attacchi tutte le persone che non conosci in quel modo?”
“Solo quelle che mi spalmano il gelato addosso e non chiedono scusa.”
“Ah, ecco! A proposito..”
Oh, finalmente! Si sarebbe scusato e io mi sarei comportata amichevolmente con lui, o almeno ci avrei provato. Una possibilità va data a tutti in fondo, e quella mattina, nonostante ne avessi passate di tutti i colori, mi sentivo abbastanza caritatevole da concedergli il mio perdono e la mia amicizia!
“Era buono il gelato. La prossima volta che vai a prenderlo dimmelo che ci organizziamo.” Con un sorrisetto sghembo si girò ed incominciò ad ascoltare la professoressa, mentre io me ne stavo con occhi sbarrati, bocca serrata per non prenderlo a parolacce e incredulità stampata sulla faccia. Voleva la guerra, e guerra avrebbe avuto.
Avemmo due ore di italiano e, successivamente, un’ora di filosofia. Non parlammo mai, se non proprio in quest’ultima lezione nominata.
Si era svolta più o meno così: non appena il professore Mingherlino –di nome e di fatto- disse una delle sue solite uscite, si era voltato verso di me e mi aveva guardato con una faccia tra il perplesso, lo stupito e il divertito, facendomi quasi scoppiare a ridere. Diciamo solo che era un professore molto.. a modo suo. E poi aveva una voce che non si poteva sentire. Così nasale e acuta.. boh.
“Ma lo fa apposta a parlare così?” mi aveva chiesto.
Fatto sta che nella terza ora della giornata, per lui, fu molto difficile rimanere serio.
Arrivò poi l’intervallo. Non appena suonò, mentre prendevo il mio panino, Cloe e le altre due gallinelle si avvicinarono al nostro banco.
“Ehm.. Gabriele giusto?” lo chiamò la capa delle tre, con una voce alquanto.. da oca.
“Sì.” Rispose laconico lui, guardandole quasi infastidito. Questo gli dava un punto, però.
“Io sono Cloe, lei è Jessica e lei Claudia. Volevamo semplicemente dirti che se hai bisogno saremmo felici di aiutarti!”
Si, per la sua masturbazione gli sareste molto utili.
Maledizione, quelle tre mi facevano diventare esageratamente volgare.
Gabriele mi lanciò un’occhiata e subito dopo rispose con un finto sorriso, ma ben mascherato “Oh, beh vi ringrazio! Questa classe è molto ospitale, devo dire. Anche Ilaria mi ha detto la stessa cosa! Non è così?”
Ah. Avevo capito il suo gioco.
“Si, proprio così!” sorrisi anche io, forse anche troppo entusiasta, ma ero abbastanza credibile.
Le tre mi lanciarono un’occhiata sprezzante, poi tornarono a parlare con  il nuovo arrivato “Beh, se lei” e disse lei come se le facesse schifo pronunciare il mio nome “non sapesse come aiutarti.. sai dove trovarci.”
Così dicendo, se ne andarono sculettando come al solito.
Rimanemmo immobili a fissare il punto in cui erano scomparse Cloe, Jessica e Claudia come due statue. Interruppi io quello stato di coma alzandomi e andando dalle mie amiche, ma mi sentii chiamare.
“Ehi tigre.”
Mi voltai con aria scocciata, ma lo ascoltai ugualmente.
“Sappi che io da quelle tre non mi farei aiutare neanche se fossi in fin di vita, quindi tieniti pronta per qualsiasi mia richiesta. D’aiuto e non.”
Alzai un sopracciglio. Quel non mi preoccupava.
“D’aiuto e non..?” domandai, infatti.
La sua risposta: un sorriso malizioso.
Quel ragazzo utilizzava molto il linguaggio del corpo. Ci sarebbe voluto The Mentalist per capirlo completamente. Stizzita, girai i tacchi e seguì Dafne e Selene per il solito giro dell’intervallo.
 
Sbuffando, appoggiai lo zaino vicino alla scrivania e mi buttai –letteralmente- sulla sedia. No, era passato solo un giorno, ma avevo già la convinzione che accanto al cafone non sarei mai riuscita ad avere una vita da definire tale.
Senza un motivo valido, andai su Twitter, menzionai Anonymous e scrissi:
 

Caratteracci a scatafascio. Dovevo proprio citarti.

 
Mi stropicciai gli occhi e sbadigliai. Ecco, l’abbiocco pomeridiano tipico del periodo scolastico mi mancava. Quella sensazione di relax che ti spinge a non fare niente.. Pura poesia.
Andai a pranzare, e quando tornai al computer, trovai la risposta dell’anonimo.

 
Stavo per farlo anche io. Mi hai preceduto.


Possibile che ci trovassimo sempre d’accordo su qualsiasi argomento? Magari quel Gabriele fosse stato come Anonymous. Parlarci sarebbe stato molto più facile, interessante e piacevole.
 



Buongiorno carissimi/e (ma suppongo più e).
E questo è il terzo capitolo. Allora, niente. Spero che vi sia piaciuto anche questo (perchè da quello che ho capito i precedenti hanno superato l'esame).
Ringrazio ancora le persone che seguono la fan fic, che la preferiscono o la ricordano e chi perde pure tempo a recensirla, scrivendo bellissime parole che mi danno una soddisfazione enorme! xD Grazie, veramente.
A questo punto.. Non so cosa dire, perfetto.
Vi saluto! Ovviamente se avete domande non preoccupatevi e chiedete, io appena posso vi risponderò! 
Ci "vediamo" tra qualche giorno!

Baci, Mari.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


Anche il secondo giorno era iniziato malissimo.
I miei erano già andati a lavoro, mentre io, in ritardo, cercavo di infilarmi i jeans saltellando per la camera. Un classico. Mi preparai nel minor tempo possibile. Mangiai -o meglio, m’ingozzai- in due o tre minuti, poi presi lo zaino, uscii fuori e chiusi la porta.
Fregatura numero uno: pioveva.
Non avevo tempo ti cercare la chiave giusta, riaprire la porta e prendere l’ombrello, per cui tirai su il cappuccio della felpa e cominciai a correre. Fu terribile. Iniziavo a sentire la testa bagnata e lo zaino che mi sbatteva sulla schiena non mi dava una bella sensazione.
Poco dopo ero alla fermata del pullman, col fiatone e in ritardo. Controllai l’orario e aggrottai le sopracciglia, sotto la pioggia che continuava a scendere.
Bene. Pensai. Ero in anticipo di esattamente sette minuti, altro che ritardo.
Sospirai ed iniziai ad aspettare guardando una pozzanghera e le gocce che vi cadevano. Mi piaceva. Spesso mi perdevo a fissare piccoli particolari con un’attenzione maniacale, ad esempio un filo d’erba con un leggero vento. Mi dava un senso di armonia, la natura.
D’un tratto, non sentii più l’acqua cadermi sulla testa e sulle spalle. Continuai a fissare la pozzanghera. Non aveva smesso di piovere. Alzai lentamente la testa: un ombrello.
Mi voltai a destra, sempre con calma, quasi impaurita. Fissai quei due occhi chiari con insistenza, alla ricerca di qualcosa dire. Quel ragazzo doveva sempre comparire dal niente? Un giorno me lo sarei ritrovato in cucina a prepararmi il pranzo. Mi trattenni dal ridergli in faccia. L’immagine di Gabriele con un grembiulino, magari rosa, mi faceva ridere.
“Buongiorno signorina.” Mi salutò lui. Le parole contrastavano troppo con il tono di scherno che aveva utilizzato.
“Buongiorno.”
“Siamo di cattivo umore oggi?” Cristo, l’avevo a malapena salutato!
“Tutti i giorni, da quando ti ho incontrato.”
Ero veramente crudele con il nuovo arrivato, ma anche lui non era da meno. Ormai era andata in quel modo, ci odiavamo reciprocamente e ci saremmo odiati per molto tempo.
Sghignazzò dopo aver ricevuto la mia acida risposta. Passarono alcuni secondi in cui non dicevamo niente di niente, mentre lui continuava a tenere l’ombrello sulle nostre teste.
“..Beh?” fece lui ad un certo punto. Tornai a guardarlo ed alzai un sopracciglio. Che significava beh?
“Non mi dici niente?” Stava male?
“Io, a te, non devo dire niente.”
“Wo, tigre, ritira gli artigli. Volevo mi ringraziassi perché sto impedendo alla pioggia di bagnarti, ma fa niente.” E iniziò a fissare la strada davanti a sé.
Lo guardai. Sapeva che dicendo in quel modo mi avrebbe fatta sentire in colpa? Maledetto. Era come se sapesse già i miei punti deboli. Lo fulminai e lui parve accorgersene.
“Che ho fatto adesso?” mi domandò con gli occhi spalancati.
Scrollai le spalle perplessa. Quel ragazzo era veramente strano. Un attimo prima faceva il gradasso e quello dopo si preoccupava di quello che mi aveva fatto.
“Niente hai fatto, stavolta.” Dissi, infatti.
“E perché mi hai guardato male?”
“Ti guardo sempre male, che differenza fa se ti guardo male una volta in più?” non gli avrei mai detto la verità.
Sbuffò e lasciò perdere.
Passammo i successivi quattro minuti in silenzio. Notai che eravamo vicini, troppo vicini. Praticamente spalla a spalla. L’avrò ripetuto cinquantasette volte, ma non bastano mai: per quanto mi stesse sulle scatole, rimaneva il ragazzo più bello che avessi mai visto, anche se mi costava molto ammetterlo. Aveva anche delle belle mani.
Finalmente arrivò l’autobus. Da gentiluomo –se, vabè- mi fece salire per prima.
“Mi uccidi se mi metto accanto a te?” mi chiese mentre camminavamo per il piccolo corridoio del mezzo. Sospirai. Era anche una piattola, adesso? Scossi ugualmente la testa, infondo, se fosse rimasto zitto tutto il tempo, ce l’avrei fatta a sopportarlo.
Ci sedemmo e, poco dopo, partimmo.
Ero silenziosa a pensare al niente, con lo sguardo rivolto all’esterno e  il cappuccio calato sulla testa, ma mi sentivo osservata. Mi voltai verso di lui, trovandolo con la testa appoggiata al poggiatesta, che si chiamava così per un motivo ben preciso, e completamente rivolta verso di me.
“Perché mi stai fissando?” domandai, giustamente.
“Perché sei un tipo strano.”
“Senti chi parla..” borbottai, assumendo un espressione contrariata, come quella di una bambina che non riceve il suo giocattolo preferito. Sì, ero abbastanza infantile su questo punto di vista.
Sorrise, probabilmente per la mia faccia, poi continuò “Sei strana con me.”
“Perché non ti sbavo dietro come quelle galline di Cloe e il resto del pollaio?” alzai un sopracciglio, di nuovo. Non poteva essere per quello. Il suo ego era così spropositato?
“Non proprio. Non solo non mi sbavi dietro, mi odi pure. E per un motivo stupido!” disse, molto tranquillamente. Roteai gli occhi e mi passai una mano sulla faccia. Perché solo io dovevo avere a che fare con persone del genere?
“Ma tu di solito spalmi il gelato addosso alle persone?” domandai esasperata. Non c’era altra soluzione al suo definire stupido quello che mi aveva fatto. Ma da dove veniva?
“No, ma per te ho fatto un’eccezione.”
Lo guardai in modo strano. Non sapevo se essere spaventata, perplessa, sorpresa o indifferente. Scossi la testa e riappoggiai la testa al finestrino mormorando “Quanto manca..?”
Rise di gusto, come non l’avevo mai sentito. Bene, anche la risata era bella, quindi la pecca era unicamente il carattere. Quando smise, finalmente, non lo sentii più per tutto il tragitto. Aveva capito che non avevo voglia di parlargli. Ero quasi contenta, ma poi pensai che mi rimanevano sei ore da passare con quello spaccone accanto. Sospirai. Stessa cosa valeva per il giorno dopo, e quello dopo ancora, ancora e ancora! No, non potevo farcela.
L’autobus si fermò e lo seguii fuori. Siccome Gabriele andava con calma –troppa calma-, lo superai e mi diressi verso l’edificio. Entrai e mi avviai verso le scale, non curante e del tutto disinteressata a ciò che stesse facendo lui. Peccato che al secondo scalino mi sentii afferrare la mano. Mi voltai scocciata.
“Ehi tigre, fuggi? Non mi aspetti neanche?”
“Dovresti ringraziare il fatto che stia fuggendo e non stia attaccando.” Risposi, poi guardai le nostre mani, ancora unite, e continuai “E non ti prendere troppe confidenze.” Scrollai il braccio, mi girai e continuai la mia salita.
Wow, ero glaciale.
Lo sentii sospirare, poi me lo ritrovai accanto.
“Sai cosa?”
“No, cosa devo sapere?”
“Volevo provare ad instaurare un rapporto decente, quello dell’ombrello mi era sembrato un buon inizio e quella di fare conversazione una buona idea, ma tu non mi permetti di avvicinarmi più di tanto.” non lo disse con un tono accusatorio, ma mi fece uno strano effetto sentire quelle parole uscire dalle sue labbra “Per cui, se vuoi che il nostro rapporto non cambi da come è adesso, mi adeguerò. Potrebbe comunque essere divertente.” E finì con un sorriso che non aveva niente a che fare con il discorso appena fatto.
Continuai a salire le scale fissandomi i piedi senza rispondere. Perché non dicevo niente? In realtà un po’ mi dispiaceva, ma se pensavo a quello che era successo soli due giorni prima o il suo semplice modo di ribattere alle mie affermazioni, domande o qualsiasi altra cosa, mi faceva saltare i nervi a fior di pelle.
“Chi tace acconsente.” Disse poi, con tono duro. Quel ragazzo era per caso un po’ lunatico? “Ora, se vuoi scusarmi, passo da un’altra parte. Ci vediamo in classe.” Così dicendo, non so neanche come fece, sparì, lasciandomi sola.
Cesare aveva appena varcato il Rubicone. La guerra era aperta.
 
“Tu sei completamente rincoglionita.” La schiettezza di Selene continuava a colpirmi ogni volta. Comunque, quella frase era riferita a me. Avevo appena raccontato l’accaduto a lei e Dafne, dato che il diretto interessato ancora non era arrivato in classe. Che fine avesse fatto, non lo sapevo.
“Grazie.”
“No, no aspetta. Ma sul serio. Cioè, non te lo dico così per dire. Sei vuoi ti do anche le motivazioni.”
“Non servono.”
“Ila, dimmi solo una cosa” stavolta parlò la bionda, con la sua solita intonazione dolce “per quale motivo ti comporti così con lui? Ok, non ti ha fatto fare proprio una bella figura in gelateria, e capisco che sei arrabbiata perché non ti ha chiesto scusa, comunque avresti dovuto dirgli qualcosa e provarci. Lui a rimediare ci ha pensato.”
“Non ci ho provato perché sai come mi comporto con i ragazzi come lui, e non vedo il motivo per cui non debba ricevere questo trattamento anche Bonetti.” Ero testarda? Giusto un po’.
“Perché è gnocco!” urlò Selene sconcertata.
“Chi è gnocco?” arrivò alle nostre spalle Gianmarco, pensando che parlassimo di lui. Non lo considerò nessuno, tranne Dafne che era arrossita completamente.
“Che c’entra?” domandai a Selene.
“Una cosa del genere dovrebbe esser premiata.” Scossi la testa.
“Non da me.” Ribattei.
“Che succede qui?” arrivò anche Andrea. Cos’era, un affare dello stato adesso? In quella classe nessuno si sapeva fare i fatti suoi?
“Oh, oh! Si cazzeggia e nessuno mi ha detto niente?” ecco, mancava solo Davide. Qualcun altro?
“Niente è successo, niente!” sbottai io, azzittendo tutti. Tranne uno.
“Nervosa, tigre?” mi girai completamente, stringendo i denti. Dietro di me, Gabriele si stava comodamente sedendo su un banco, sorridendomi sornione e strafottente. La solita faccia a schiaffi. La distanza c’era pure. Se avessi alzato il braccio l’avrei preso, e anche bene.
“Non sono affari tuoi.” Ringhiai.
“Se sono io la causa, ne sono onorato.” Proseguì lui.
Inspirai profondamente. Non picchiarlo, Ilaria. Non farlo. Possibile doversi ritrovare a pensare cose del genere? Sì. Possibile.
“Ti senti così importante?”
“Abbastanza.”
“Credo di essermi perso qualcosa..” sentii Andrea sussurrare queste parole. Oh, sì. Se ne era perse tante di cose, ed erano passati solo due giorni dal primo –accidentale- incontro.
“Hola chicos!” la professoressa di spagnolo fece il suo ingresso proprio in quel momento. Ottimo tempismo.
Mi voltai e andai a sedermi al mio posto. Dire che lo odiavo era poco. No, era niente. Qualche secondo dopo mi raggiunse anche lui, ovviamente senza degnarmi di uno sguardo. Ok, lo ammetto, visti da fuori sembravamo due bambini capricciosi, ma era più forte di noi comportarci in questo modo.
“Tu.” Fece la prof.
“Io.” Rispose Gabriele, con la sua faccia tosta.
“Non ho mai visto il tuo faccino, quindi sei quello nuovo.” Faccino? Adesso anche la professoressa doveva ricordargli che aveva un bel faccino? Dove saremmo andati a finire di questo passo?
“Esatto, Gabriele Bonetti.” Lei annuì.
“Hai fatto spagnolo gli anni passati?”
“Beh, in teoria si, solo che il nostro professore non aveva una grande vocazione per l’insegnamento. Penso di essere un po’ indietro rispetto a voi.”
Da qui in poi, non ascoltai più. Iniziarono a parlare del programma che avevamo fatto e di quello che invece aveva fatto lui, e non mi interessava minimamente. Cominciai a scarabocchiare su un fogliaccio con la penna. Amavo disegnare. Amavo l’arte in generale, in realtà. Qualunque. Però le arti visive le preferivo a tutte. La pittura, la fotografia, la computer grafica e la videoarte. Mi piaceva sia vederla che farla, a differenza di quelle performative come la musica, il teatro e la danza che sì, mi piacevano, ma non ero esattamente intonata, brava a recitare o a ballare. Secondo me era anche una questione di carattere. Per esempio io, sul palco a fare una qualsiasi esibizione, non mi ci vedevo proprio. Potevo vederci Selene, con il suo carisma a fare l’attrice, o Dafne, con la sua grazia a fare la ballerina, ma io no.
“..Archi?” la voce della professoressa bloccò i miei pensieri. Alzai velocemente la testa e mi rivolsi a lei.
“Si?”
“Stavo consigliando al tuo compagno di banco di farsi aiutare da qualcuno, visto che gli mancano molti argomenti e non possiamo aiutarlo qui a scuola per questioni di tempo.”
Annuii perplessa. E a me che importa?
“Mi ha detto che abitate vicino, e visto che so che sei preparata nella mia materia, potresti aiutarlo tu!”
“..Le ha detto che abitiamo vicino?” domandai, senza aver realmente realizzato l’altra parte del suo discorso.
Riflettei, perché avrebbe dovuto dirlo? Non sapeva dove abitassi. Inclinai la testa. Forse aveva fatto due più due. Avendo preso l’autobus alla stessa fermata aveva pensato che non fossimo molto distanti. Cavolo.
“Sì, ha detto così. Cos’hai Ilaria? Sei un po’ sulle nuvole?”
Ridacchiai, infamandola però col pensiero “Eh, sa, le vacanze. Comunque si, è vero.”
“Bene, allora Gabriele, se ti trovi con Ilaria qualche pomeriggio non è un problema immagino.” A me non lo chiedeva nessuno?
“Assolutamente nessun problema.” Simpaticone! Certo che era un problema. Per entrambi lo era. Perché aveva risposto in quel modo? No, io lo sapevo il perché. Si sarebbe sacrificato pur di far patire me, sua ufficiale nemica. Voleva rovinarmi la vita non solo a scuola, ma anche dopo.
“Perfetto. Vi organizzerete, tanto siete vicini.” Le persone che mi stavano attorno erano tutte grandi osservatrici. Tutti tranne me, che avevo notato quel particolare solo quel giorno. Questa ovviamente era una frase ironica.
Io e Gabriele ci guardammo. Io con odio –inaspettatamente, voi direte-, lui con uno sguardo soddisfatto, come se volesse dirmi “Ciao! Sappi che se fosse possibile morire per sfinimento, tra 10 minuti ci sarebbe il tuo funerale!”.
Anche quel giorno, non parlammo molto. All’intervallo fuggii immediatamente, non vidi neanche Cloe avvicinarsi per provarci con quell’essere che mi stava accanto, cosa di cui fui immensamente felice.
Prendemmo lo stesso autobus, al ritorno, ma per fortuna ebbe il buon senso di starmi alla larga. Quando scendemmo, ci salutammo con un semplice cenno col capo.
 
Computer. Computer. Computer. Era il mio pensiero fisso. Mi buttai come facevo di solito sulla sedia e caricai le pagine dei miei cari social network. Avevo bisogno di Twitter e di sfogarmi.
E di menzionare Anonymous.
 

Credo che il destino esista e che ce l’abbia con me.

 
Non avevo neanche avuto scelta, quella volta, eppure era un fatto che mi avrebbe segnato per il resto della mia vita, purtroppo in negativo. Ottimo, quel ragazzo mi faceva cadere anche le poche certezze che avevo. Maledizione.
Misi un po’ di musica, di quella forte. Quella che ti fa muovere la testa con aggressività e che ti fa formare sulla faccia un’espressione violenta. Istinti omicidi on.
Una manciata di minuti dopo, la risposta del ragazzo misterioso.
 

Io invece continuo a pensare che sono gli uomini forti a creare gli eventi. ;)
 

Sarà. Pensai.
 



Ta tan. Rieccomi.
Ilaria e Gabriele oggi si sono dati guerra, non vi dico quanto durerà né se, effettivamente, lo farà. :3 
Volevo semplicemente mettere una frase ad effetto.
Non so bene cosa dire, quindi ringrazio ulteriormente chi mi "sostiene" preferendo, seguendo, ricordando e recensendo. Grazie anche a Vanilla Planifolia per il suo consiglio che ho cercato di seguire. :D
Solita cosa, se avete domande chiedete, sarò felice di rispondervi! 
Tra qualche giorno tornerò con il quinto capitolo!
Ciao!

Maricuz

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


Quel giorno, per fortuna, non pioveva.
Ero ferma alla fermata dell’autobus da due minuti, abbracciandomi da sola per il freddo e pregando Dio per non farmi incontrare quello screanzato. Mi sapeva tanto di antico la parola screanzato. Anzi, in realtà mi ricordava la signorina Rottenmeier di Heidi. Comunque, stavo pregando.
Mi strinsi maggiormente per un po’ di vento e sospirai. Odiavo gli improvvisi cambiamenti climatici. Fino a qualche giorno prima indossavo una maglietta e in quel momento avevo persino freddo.
“Hai freddo, tigre?”
Ecco, appunto. Ma cosa avevo fatto di male? Almeno fino all’inizio delle lezioni potevano anche risparmiarmi!
“Un po’.” Perché avrei dovuto mentire?
“Vuoi che ti scaldi? Magari con il calore del mio corpo..” si era messo davanti a me –accanto non gli bastava?- e aveva uno sguardo divertito e malizioso allo stesso tempo. Sinceramente, se quella domanda fosse stata seria, mi sarei preoccupata, e anche tanto. Nonostante sapessi che scherzava, arrossii. Perché ero così emotiva?
“Sei rossa per il freddo o per l’emozione?”
“Oh, fanculo.” Dissi facendo una smorfia e facendolo ridere.
“Non mi hai risposto!”
“Per il freddo. Ti ho mandato a quel paese perché sei uno sbruffone.” Bugia. Cioè, mezza bugia.
“E’ questo che pensi di me?” continuava a starmi davanti e a fissarmi con i suoi occhioni color ghiaccio. Cavolo, non pensavo esistessero! Erano davvero spettacolari, specie i suoi. Erano contornati da lunghe ciglia nere che gli davano un contrasto incredibile.
“..Ilaria?” aveva alzato un sopracciglio e mi guardava quasi preoccupato. Mi aveva pure chiamato per nome! Ed io avevo fatto una figura di merda.
“Cosa?”
“Ti chiedevo se era questo che pensi di me. Che sono uno sbruffone.” Ripeté paziente.
“Sì. Certo.” Risposi tranquillamente.
“Non pensi nient’altro?”
“Beh se vuoi ti faccio la lista di tutte gli aggettivi che ti ho affibbiato.” Lo scansai e andai verso l’autobus, appena arrivato.
“Perché no!” mi seguì e ci sedemmo accanto “Dai, inizia.” Riprese il discorso.
“Allora.. Sbruffone e fin qui ci siamo. Poi, cafone, stupido, bastardo, essere su due zampe, bifolco e buzzurro. Ora come ora non mi ricordo gli altri. Oh! Screanzato è l’ultimo!” Contavo i vari insulti sulle dita della mano, poi, appena ebbi finito, tornai a guardarlo con un sorriso angelico sulle labbra.
“Mh, credevo peggio.” Ridacchiò, sempre con quell’aria da superiore che lo caratterizzava.
“Lamentati.”
“Assolutamente no! Sai, pensavo di accompagnarti a casa oggi, almeno quando oggi pomeriggio verrò per le ripetizioni di spagnolo saprò già dove abiti! Non pensi sia un’idea stupenda?” ma me le doveva dare così queste mazzate tra capo e collo? Mi voleva uccidere. Lui era diabolico. Lui aveva aspettato il momento più opportuno e aveva attaccato. Lui era un.. Non lo so.
“No! Ma che scherzi? No che non mi dispiace!” dissi, con non poca ironia.
Sorrise “Perfetto! Oggi non ti mollerò un secondo!”
La mia risposta? Un sospiro. Anche se mi fossi opposta, non sarebbe cambiato assolutamente niente. Era come cercare di fermare un cane che insegue la sua stessa coda. Se vuole bloccarsi, lo farà da solo.
..Che diamine di similitudine era?
 
“Gabriele, ti prego, basta. Risparmiami almeno quando parlo con loro due.” Non ce la facevo davvero più. Non erano ancora iniziate le lezioni, il che può farvi capire quanto mi abbia assillato l’anima quel ragazzo in una decina di minuti tanto da supplicarlo. Stvo cercando di parlare con Selene e Dafne di qualcosa, qualsiasi cosa. Peccato che alla mia sinistra avevo la presenza terrificante di quel.. villano. Ecco, quella parola mi mancava.
“Certo che no!” sorrise soddisfatto e si appoggiò al banco dietro di lui incrociando le braccia.
Mi passai una mano fra i capelli cercando di non piangere dalla disperazione. Perché quel ragazzo funzionava al contrario? Perché, se gli avevo detto esattamente quello che pensavo di lui, non mi stava alla larga come avrebbero fatto tutti? La mia selezione “naturale” non stava funzionando!
“Ragazze, aiutatemi.” Le guardai sfoderando la mia arma segreta: occhi dolci. Anche io potevo vantarmi di averli belli! Certo, non facevano lo stesso effetto di quelli di Gabriele, molto più glaciali, ma per quella mossa i miei andavano piuttosto bene!
Tranne quella volta.
“Mi spiace Ila, ma non penso di  poterci fare niente.” Mi rispose la bionda.
“Io ancora meno!” se ne uscì la mora.
Il sorriso del ragazzo si allargò ancora di più, compiaciuto dalle risposte da me ottenute. Io invece, feci una smorfia sofferente e alzai lo sguardo, alla ricerca di un aiuto divino. Qualcuno mi sente, lassù?
Suonò la campanella. Feci un cenno con la testa alle mie due amiche –che nei momenti di bisogno come quello non facevano niente- e mi diressi verso il banco, seguita da un Gabriele quasi scodinzolante.
“Tu mi vuoi male.” Sospirai sedendomi scomposta in modo da avere le spalle al muro. Una posizione molto più comoda rispetto a quelle che dovevamo teoricamente tenere durante le lezioni.
Si accomodò davanti a me e mi accarezzò una guancia. Il volto segnato da un’espressione provocante che avrebbe potuto stendere chiunque, me compresa, ma mi trattenevo.
“Io ti voglio e basta, tigre.” Sussurrò.
Spalancai gli occhi e tirai uno schiaffo alla sua mano che era ancora sul mio volto “Leva ‘sta mano!” gridacchiai con una voce forse un po’ troppo acuta, poi recuperai la mia intonazione normale “E non dire cazzate che già la tua sola presenza mi distrugge.”
Ora vi chiederete, ma possibile che con un figo del genere io reagisca così? Ebbene sì. Non pensate però che non mi sia mancato un battito quando mi aveva sfiorato la guancia o aveva detto quelle parole per niente fraintendibili.
“Ehi, stavo scherzando, tranquilla!” esclamò ridendo.
“Lo so che stavi scherzando!”
“Ah adesso ho capito!” disse, alzando in alto l’indice “Ti sei offesa proprio perché stavo scherzando! Senti tigre, non offenderti, ma non sei il mio tipo. Certo, sei una bella ragazza, ma hai un caratteraccio notevole!”
“Gabriele.” Pronunciai il suo nome minacciosa, sperando capisse che doveva starsene zitto.
Lui, invece, appoggiò il gomito sul banco e posò il mento sulla mano e mi guardò sognante, dopo di che sospirò “Anche se.. Il mio nome sulle tue labbra è pura poesia.”
Stavo per scoppiare a ridere, ma riuscii a trattenermi.
“Quando arriva la prof? Non ti sopporto. Almeno quando c’è lei un po’ stai zitto!”
“Ilaria, Ilaria, Ilaria.. Con questo tuo odio nei miei confronti e gli insulti che mi riservi.. Sei così dolce!”
“Gabriele..” adesso stavo quasi per piangere.
“Dici che la devo smettere?” era tornato con un’espressione normale e una voce non smielata, per fortuna.
“Si.”
“Solo perché farei di tutto pur di renderti felice.”
 
Ero momentaneamente salva. Eravamo nello spogliatoio prima delle due ore di educazione fisica –le ultime-, ciò significava che maschi e femmine non erano nella stessa stanza e, più precisamente, io e Gabriele non eravamo nella stessa stanza, nonostante avesse provato ad entrare. Dio, che bellezza.
Mi trattenni il più possibile lì dentro, ma non potevo arrivare tardi in palestra. Non mi andava di correre più degli altri. Mi piaceva muovermi, fare sport eccetera, per carità, ma correre per punizione era un’altra storia.
Presi un respiro profondo e raggiunsi il resto della classe preparandomi al peggio. Chissà cosa avremmo fatto. Sperai che il professore ci lasciasse fare qualcosa a gruppi e che fossi in una squadra diversa da quella del mio acerrimo nemico. Il sogno di una vita.
Arrivai, mi sedetti vicino a Dafne, Selene alla sua destra, senza neanche cercare con lo sguardo quella strana persona di Gabriele. Inevitabilmente, non facevo che pensare a lui, e non in senso buono!
“Eccoti finalmente!” proprio accanto a me si sistemò il buon vecchio Bonetti.
“Già. Finalmente.” Lo guardai. Maglietta bianca e pantaloncini corti. L’importante è che non si spogli, o qui la popolazione femminile collassa. Pensai.
“Allora ragazzi” iniziò il professore –un uomo sui quaranta, di quelli che non vorresti come professore di educazione fisica perché speri in un bel ragazzo giovane- “Siccome è il primo giorno, per oggi vi lascio fare quello che volete.”
“Niente!” propose Cloe, quella tro.. vabè.
“Tranne questo.”
“Bocce!” urlò Davide.
“Ragazzi, seriamente.” Piccolo problema: loro erano seri.
“Calcetto.” Secondo voi chi l’aveva detto? Gianmarco, ovvio. Non poteva assolutamente perdere l’occasione di fare lo sbruffone nell’unica cosa che gli riusciva e che l’aveva fatto diventare popolare. No, nemmeno lui mi stava molto simpatico. O meglio.. Era simpatico, ma quando non parlava di sé. Allora si.
“Ma speriamo non sia giornata..” borbottai a bassa voce.
“E’ bravo?” mi chiese Gabriele.
“Sì, ma non fa altro che vantarsi. E’ peggiore di te. Io ci provo a batterlo ogni volta, ma non posso fare miracoli, sono pur sempre una ragazza!”
“E tu sei brava?”
Lo guardai con un sopracciglio alzato, poi scrollai le spalle “Te l’ho detto, sono una ragazza, ma per esserlo non me la cavo male senza averlo mai praticato se non a scuola o all’oratorio.”
Lui annuì “Perfetto, tu in squadra con me.”
Non ebbi il tempo di rispondere, perché il professore prese parola “E calcetto sia. Quanti siete oggi? Ventitre perché manca Mattia? Bene. Meno i tre che oggi non la fanno e sprecano il primo giorno una delle due giustificazioni..” e alzò la voce nell’ultima parte “venti. Quindi fate 4 quadre di 5. Fate voi, organizzatevi. Io vi arbitro.” E sventolò la mano destra.
“Ok, chi fa le squadre?” domandò Gi-emme, già in piedi e pronto per decidere.
“Io.” Gabriele si alzò, sicuro di sé e tranquillo allo stesso tempo. Aveva in mente qualcosa.
Si alzarono anche Davide e Andrea. Praticamente tutti i maschi, perché Cosimo era seduto in panchina esonerato da tutto. Era fatto per lo studio, non per altro.
“Ok, inizia Gabriele a fare le squadre perché è nuovo.” Ecco, questa volta Gianmarco aveva detto una cosa giusta.
“Va bene. Ilaria.” Mi fece un cenno con la testa e io, sospirando, mi tirai su e andai dietro di lui.
Nella nostra squadra, oltre a noi due, c’era Selene, Cloe –non era rimasto nessun altro- e Chiara. In quella di Andrea, Dafne, Jessica ed altre ragazze. In quella di Gianmarco Claudia e qualcun altro e Davide persone non rilevanti. Erano i maschi a mandare avanti il gioco, fondamentalmente.
Prima partita: Davide’s team contro Andrea’s Team. Restammo in silenzio la maggior parte del tempo, a guardare gli altri giocare. Era divertente. Spesso le ragazze non ci mettono proprio le mani in uno sport del genere, o meglio: i piedi. Del resto, se uno è portato, bene, altrimenti si arrangia.
Dopo i dieci minuti di match, toccò alla nostra squadra e a quella di Gianmarco.
Sistemammo Cloe in porta e sperai che le si rovinassero le unghie, Chiara e Selene in difesa e noi due, Gabriele ed io, avanti. Ci guardammo senza un reale motivo, come per capire dagli occhi dell’altro se eravamo pronti o meno. Palla al centro e via.
Subito Gianmarco pronto all’azione. Era partito spedito per fare goal senza passarla a nessuno dimostrandosi il solito egoista. Ma lì fu il bello. Senza troppa difficoltà, Gabriele rubò la palla a Gi-Emme e partì in direzione della parte opposta. Io, da brava collega, lo seguii. Non gli ci volle molto ad arrivare vicino alla porta, e nonostante fosse in grado di segnare, mi passò il pallone dandomi l’occasione di marcare il primo goal.
E così feci. Un bel piatto. Con tanto di spaghetti al ragù e un bicchiere di vino!
Tirai su le braccia urlando qualcosa di molto sportivo tipo “Wooo! Goal! Palla al centro! Yeah!”. Ci mancava solo “Alla facciaccia vostra!” e stavamo apposto, ma per fortuna non lo dissi.
Io e Gabriele ci demmo il cinque. Il sorriso che mi riservò era una cosa eccezionale. Mentre tornavamo nella nostra metà campo tra gli applausi, perchè chiunque freghi Gi-Emme se li merita, mi mise un braccio sulle spalle, si abbassò leggermente e mi sussurrò all’orecchio “L’ho sempre saputo che siamo fatti per stare insieme. C’è feeling.”
Gli diedi una leggera gomitata ridacchiando –sarà stata l’adrenalina?- e aspettammo il fischio del professore per partire, preparandoci all’ira funesta di Gianmarco.
 
“Un trionfo. E’ stato un trionfo.” Risi pensando alla faccia del mio compagno di classe quando aveva realizzato di aver perso 7 a 4. Ero di nuovo seduta sull’autobus accanto a Gabriele e, rischiando di arrivare in ritardo, non avevamo avuto modo di parlare tranquillamente della performance di poco prima.
“Non lo conosco ancora quel tipo, ma la sua espressione è stata impagabile.”
Stavamo ridendo entrambi come degli idioti, mentre lui mi raccontava del mutismo di Gianmarco negli spogliatoi. Anche Andrea e Davide erano propensi a sfotterlo, ma si erano trattenuti. Gabriele aveva semplicemente fatto il superiore, facendo finta di non farci caso.
“Sai tigre, non ti avevo mai vista ridere. Sei ancora più bella, dovresti farlo più spesso.” Disse lui all’improvviso.
Scossi la testa continuando a sorridere “Io rido sempre, sei tu il problema qui.”
“Non sono un problema. Se non ci fossi stato io non avresti vinto contro sono-figo-solo-io e quindi non rideresti.”
“Dettagli.”
Sono i dettagli che contano.” Dopo quella sua frase, pensai immediatamente ad Anonymous. Il primo tweet scritto da lui che lessi fu “Sono i dettagli a differenziarci dagli altri.”. Il succo era lo stesso, no?
“Comunque, oggi pomeriggio a che ora vengo da te?”
“Mai?”
“Vada per le quattro.”
 
Sospirai di sollievo, eravamo davanti alla porta di casa mia e perciò l’avrei finalmente salutato.
“Bene, è stato un piacere. Ciao.” Tirai fuori il portachiavi.
“Non mi dai neanche un bacino sulla guancia?”
“Certo! Ma non ora.” Dissi, cercando la chiave giusta.
“E quando?”
“Quando i teletubbies busseranno alla mia porta. A dopo, purtroppo.”
“Roar.” Rise, e se ne andò.
 


Olè. Anche il quinto capitolo è stato pubblicato. Spero vi sia piaciuto e di avervi intrattenuto nel migliore dei modi. 
Nel prossimo capitolo, come ben immaginate, si svolgerà il tanto temuto (solo da Ilaria, perchè se ci fossi io sarebbe tutta un'altra cosa) recupero di spagnolo. Che succederà secondo voi? O meglio, secondo voi succederà qualcosa oppure sarà un semplice pomeriggio all'insegna dello studio? Semplice comunque per dire. Niente con Gabriele è semplice. L'auto-controllo è tipo una cosa impossibile.
Ma torniamo a noi.
Ringrazio tutti, come al solito, per il sostegno! :)
Ci "vediamo" tra 4/5 giorni. 
Buon proseguimento di settimana! ;)

Maricuz

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


“Quindi.. Viene qui il ragazzetto che ti aveva fatto cadere il gelato?”
“Addosso. Mi aveva fatto cadere il gelato addosso. Comunque sì, mamma.” Risposi per l’ennesima volta alla stessa domanda. Mia madre trovava molto divertente quella situazione, e l’avrei pensato anche io se solo non fossi stata così partecipe.
“Gabriele, si chiama?”
“Sì.”
“Ed è il tuo compagno di banco, hai detto.”
“Già.”
Rise. La risposta di mia madre. Colei che avrebbe dovuto appoggiarmi, aiutarmi o darmi consigli, aveva riso. Si stava burlando di me!
“Vado a prepararmi che tra un po’ devo fare un po’ di giri. Gabriele quando arriva?” era fissata con il mio incubo?
“Tra una ventina di minuti.”
Non mi rispose neanche, uscì dalla mia stanza lasciando la porta aperta –cosa che odiavo profondamente- e abbandonandomi al mio destino. Tornai su Twitter. Avevo scritto un tweet, poco prima, che parlava ovviamente della magnifica esperienza che mi sarebbe toccata di lì a poco.
 

Mi aspetta un pomeriggio infernale.

 
Controllai le menzioni, nel caso qualcuno avesse risposto, e notai il nome di Anonymous, che mi aveva contattato qualche minuto prima mentre la mia genitrice mi stava assillando. Lessi.
 

E a me uno interessante. Devi vedere il lato positivo delle cose. ;)

 
Facile parlare in questo modo, quando non si conosce Gabriele Bonetti. Scossi la testa e sorrisi mentre digitavo carattere per carattere la mia replica.
 

Con un soggetto del genere?

 
Poco dopo, la risposta c’era già. Sembrava avesse aspettato me!
 

E’ il motivo per cui è interessante questo pomeriggio. Lo passo con il soggetto.

 
Beato lui che era così positivo. Io non mi sarei mai divertita con quell’idiota, piuttosto era lui a divertirsi con me causandomi crisi di nervi a ripetizione continua e no-stop. Lui e mia madre sarebbero andati molto d’accordo, secondo me. Gioivano così tanto sulle disgrazie altrui..
Passò qualche minuto e sentii di sfuggita una voce che mi diceva “Ilaria, io vado a fare al spesa!” e poco dopo una porta chiudersi. Ero talmente presa dal mio mondo, ovvero la musica che stavo ascoltando e i post stupidi che stavo leggendo su facebook, che non avevo realizzato appieno. Nonostante questo, avevo risposto un “si, si” sbiascicato.
Sussultai, sentendo bussare alla porta già aperta. Mi girai di scatto e spalancai gli occhi.
“Che cazzo ci fai in casa mia?”
Gabriele rise “Ciao, sono un teletubbies, e tu poche ore fa hai detto a quel gran bel ragazzo di Gabriele che se un teletubbies avesse bussato alla tua porta, gli avresti dato un bacino sulla guancia. Non al teletubbies, a Gabriele. Anzi, a tutti e due.”
“Che cazzo ci fai in casa mia?” ripetei scioccata. Chi diamine l’aveva fatto entrare?
“Allora, questo bacino me lo dai o no?” sorrise e allargò le braccia, ma non lo considerai più di tanto.
“Che cazzo ci fai in casa mia?”
“Ok, ok! Ho capito!” alzò le mani in segno di resa, poi entrò in camera mia, quando nessuno gli aveva detto che poteva, io meno di tutti “Tua madre ha aperto la porta di casa proprio quando stavo per suonare il campanello.” Appoggiò lo zaino a terra e si sedette sul mio letto, guardandosi intorno “Mi ha fatto entrare e mi ha detto che la tua stanza era quella da dove proveniva la musica. Non è stato difficile capire qual era. A proposito, come si chiama quella canzone? Non era male.”
“Mi hai fatto prendere un colpo. Potresti chiedere scusa, una volta tanto.” contrariamente a chissà quale episodio. Sì, me l’ero legato al dito.
“Hai ragione, scusa. Non era mia intenzione spaventarti. Volevo solo un bacino..” così dicendo, con la voce storpiata, tirò leggermente in fuori il labbro inferiore e fece gli occhi dolci.
Era la cosa più tenera che avessi mai visto.
Deglutii, poi sventolai la mano in aria “Basta!”
“No. Voglio un bacino.” E mise il broncio.
“Ma smettila. Hai diciassette anni, non fare il bambino.”
“Per quanto ne sai, potrei averne sedici!”
“No, tu hai la faccia di uno che è nato a Gennaio, non a fine anno.” Dissi con semplicità.
Gabriele spalancò gli occhi “Come fai a sapere in che mese sono nato?”
“Ecco, appunto. Forza alzati, andiamo in salotto e iniziamo.” Mi tirai su, e così fece lui. Mentre stavo prendendo i libri di spagnolo, però, lui iniziò a girellare per la camera. Si fermò davanti al pc, poi si abbassò leggermente per leggere meglio.
“Facebook. Ancora mi devi aggiungere.” Disse. Scrisse il suo nome e andò sul suo profilo, per poi cliccare su aggiungi agli amici.
“No, ma fai come se fossi a casa tua.” Commentai ironica.
“Grazie!” rispose. Chiuse la pagina di facebook e mi bloccai.
Si aprì la finestra di Twitter. Non doveva sapere di Twitter. Era il mio segreto! Non sapeva nessuno del mio profilo di Twitter, neanche Selene e Dafne! Non mi chiamavo Secretly perché mi piaceva la parola! Deglutii.
La sua reazione, non fu molto diversa dalla mia. Non si era bloccato come me, però. Era semplicemente rimasto fermo mentre si faceva tranquillamente i fatti miei. Alzò un po’ lo sguardo e lì si irrigidì.
“Cazzo.” Sussurrò.
“Cosa?” chiesi io, abbastanza tesa.
Lui si schiarì la voce “Niente.” Chiuse la pagina e si tirò su, in posizione eretta “Ti chiami Secretly, quindi..”
“Mh..” annuii.                                                                                  
“Bel nome. Misterioso.” Si fermò un secondo, poi mormorò “Anonimo..”
“Si.” Aggrottai la fronte. Iniziava seriamente a spaventarmi. Era cambiato all’improvviso. Mi sentivo come Elena di The Vampire Diaries nei primi episodi, quando non sa ancora che Damon e Stefan sono vampiri e le nascondono tutto.
“Vamos?” sorrise. Menomale. Ricambiai il gesto e lo guidai fuori dalla mia stanza diretta verso il salotto. Riprese lo zaino e lo rimise a terra arrivati a destinazione. Ci sistemammo sul tavolo uno davanti all’altro, pronti –o quasi- per il mega ripasso ispanico. Sperai che Gabriele fosse un ragazzo sveglio e che capisse le cose che avrei spiegato a momenti al primo insegnamento.
“Può iniziare prof, sono tutto suo.” Appoggiò il volto su una mano e disse le ultime due parole scandendole molto bene e accompagnandole con un sorrisetto malizioso e, soprattutto, fastidioso. Sospirai. Chissà quanto sarebbe durata.
 
“Ilaria, ti prego, fermiamoci qui. Torno domani pomeriggio e finiamo!”
Il mio cervellino sapeva che non avrebbe resistito più di tanto. C’era da dire che non avevamo fatto neanche una pausa e non ci eravamo persi in chiacchiere. Erano quasi le sette, ciò significa due ore e mezza di studio. Era stato anche un ottimo alunno, ma questo non glielo avrei mai detto per una questione di principio.
Annuii e chiusi il quaderno, ricevendo come ringraziamento un grande sorriso e una risatina gioiosa.
“Che facciamo adesso?” chiese.
“..Cosa?” lo guardai.
“Che facciamo? Non ho intenzione di tornare a casa.”
“Non è un mio problema. Esci, chiami qualcuno e stai con lui.”
Gabriele fece una smorfia “Non conosco nessuno. Anche in classe ancora non parlo con molte persone. Tu sei quella con cui ho legato di più..” in quel momento mi fece tenerezza. Sospirai.
“Che vorresti fare? Sentiamo.” Ero stata sconfitta ancora. Ero un’eterna sconfitta con lui.
Scrollò le spalle e si mise una mano fra i capelli guardando il corridoio, mentre rifletteva su chissà quale piano. Non si poteva mai sapere con lui. Era impossibile prevedere le sue mosse.
“Boh, intanto andiamo in camera.” Socchiusi gli occhi. Perché voleva andare in camera? Cosa aveva in mente? Lo squadrai attentamente, mentre lui manteneva quella sua espressione ingenua che mutava a seconda dei suoi malvagi scopi.
“Non ho intenzione di sedurti, puoi stare tranquilla.” Mi rassicurò ridendo, capendo i miei pensieri.
Feci una smorfia, ero indecisa, ma nonostante questo mi alzai e, con i libri in mano e seguita dal mio studente, mi diressi verso la mia camera.
Senza neanche considerarmi, si sedette davanti al computer e iniziò a navigare per il web.
“Scusa?” cercai di attirare la sua attenzione.
“Mh?” si voltò, poi spalancò gli occhi mentre gli si accendeva la lampadina “Ah scusa! Vuoi sederti qui?” e si indicò le gambe.
“Assolutamente no! Prendo un’altra sedia, grazie!” pazzo.
Presi, appunto, un’altra sedia e la sistemai accanto alla sua. Stava girellando per il mio profilo di facebook e guardando le mie foto. Imbarazzante. Era molto imbarazzante. C’erano foto in cui mi avevano taggato dove.. Non lo so. Erano indescrivibili. Ero oscena, e lui se ne stava lì, bello bello e sorridente a spulciare tutto.
“Per favore, toglile.” Lo supplicai.
Sospirò, ma comunque fece quello che gli avevo chiesto.
“Ti è appena arrivata una richiesta d’amicizia.”
“Chi?” domandai, avvicinandomi al computer e quindi anche a lui.
Mi guardò per qualche secondo mentre io aspettavo una sua risposta, poi tornò allo schermo “Mh.. Lorenzo Argenti. Conosci?”
“Sentito dire da Cloe, il che significa che è un tipo che piace alle ragazze. Guarda l’immagine e dimmi se è così.” Ridacchiai dicendo l’ultima frase.
Per la seconda volta nel giro di pochi minuti, ubbidì. Controllò, alzò un sopracciglio “Sono molto più bello io.”
“Sei anche molto più modesto, devo dire. Comunque accettalo.”
“Va bene prof..” e lo fece.
Poco dopo, il tipo, mi contattò per chat.
“Ah, ho capito cosa vuole fare questo tizio! Ci vuole provare! Ila, non farti fregare. E poi ci sono prima io.” Disse annuendo sicuro di sé e delle sue parole. Scossi la testa.
“Non mi faccio fregare da nessuno. E smettila di fare l’idiota!” aggiunsi dopo qualche secondo.
“Guarda che lo so che ti sto simpatico e che hai una certa attrazione fisica nei miei confronti. Non devi vergognartene.”
Sospirai “Apri la conversazione con coso.. Lorenzo.”
“Si.” Ecco, bravo. Iniziava a capire quando doveva smetterla. Interessante!
Ciao! :)” diceva.
“Originale, il ragazzo.”
Risi. Stavolta aveva ragione “Gabriele, smettila.”
“Sei più bella quando ridi, te l’ho già detto prima in autobus o sbaglio?”
“No, non sbagli.” Risposi, mentre scrivevo sulla tastiera praticamente appiccicata al mio compagno di banco.
Ciao, ci conosciamo?
“Mh, tigre.” Commentò il castano alla mia sinistra.
“Sempre e comunque.”
In realtà no, ma mi piacerebbe.
“Oh Cristo.” Gabriele si stampò la mano sulla faccia scuotendo la testa con gli occhi chiusi, demoralizzato. Mi lasciai sfuggire una risatina per il suo gesto. Non era un approccio stupendo, effettivamente.
“Cosa hai intenzione di rispondere al marpione?”
Scrollai le spalle, inclinai la testa in onore del mio storico vizio, e mi passai la lingua tra le labbra. Gabriele osservava ogni mio movimento nei minimi particolari e, se devo essere sincera, un po’ mi sentivo a disagio. Non mi dava fastidio, ma comunque percepivo i suoi occhi su di me e non ero propriamente calma.
Come fai a dirlo se, come hai detto, non mi conosci?
Sentii la risata di Bonetti a pochi centimetri dal mio viso, e realizzai solo allora la nostra reale vicinanza. Arrossii, senza un vero motivo, e mi allontanai leggermente.
“Queste sono le tipiche risposte fighe che ti vengono in mente solo dopo che succede il fatto. Come fanno a venirti subito?” mi domandò interessato e con gli occhi che gli brillavano per il divertimento –più belli del solito-.
“Non vengono sempre immediatamente, fidati.”
Sesto senso, forse.
Gabriele sbuffò “Questo non è sesto senso, è astinenza da sesso.”
“Simpatico, modesto e fine.”
“E meraviglioso. Sono perfetto, cazzo! Sposami!” non gli risposi neanche. Con sei parole era riuscito a non smentire la mia idea su di lui.
Se lo dici tu..” fu la mia risposta a Lorenzo.
“Io torno a casa!” annunciò allegro il ragazzo accanto a me alzandosi di scatto, senza nessun preavviso e facendomi paura. Prese lo zaino e se lo issò da una sola parte, lasciando l’altra libera.
“Uhm, ok! Ti accompagno alla porta!” feci per alzarmi, ma posò le mani sulle mie spalle e mi riportò giù, abbassandosi anche lui.
“Non c’è bisogno, so la strada. Conversa pure con il marpione, ci vediamo domani alla fermata dell’autobus. Grazie per l’aiuto.” Mi baciò sulla guancia, facendomi arrossire violentemente, e infine mi sorrise.
Senza che riuscissi a dire qualcosa, era già uscito dalla stanza e successivamente anche da casa mia. 
 


Buon Sabato! :D
Ecco qui il sesto capitolo. Entrata in scena di Lorenzo Argenti durante il famigerato incontro di recupero! *pipiripiiii* 

Ringrazio TUTTI. Tutti, dal primo all'ultimo, che hanno recensito, preferito, seguito, ricordato (solite cose, scusate!) o anche solo letto nell'anonimato (visto che siamo in tema di anonimi) questa mia storia. E' una soddisfazione immensa, davvero. Mi invogliate a scriverla. :') 

Se avete domande, consigli da darmi, qualche critica.. O se volete sapere qualcosa di più su qualche personaggio, ditemelo! Vedo di seguire tutti i vostri indirizzamenti! °.°

A questo punto, non so più cosa dire. Grazie ancora. Siete stupendi! *urla al microfono stile concerto*
SU LE MANI!
Mercoledì o Giovedì, presumo, pubblicherò il prossimo capitolo. 
A presto! :D

Maricuz

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


Forse mi sarei dovuta ricredere, su Gabriele.
Alla fine, quello del giorno prima, non era stato un pomeriggio così orribile. Le sue uscite, che prima mi facevano a dir poco arrabbiare, adesso mi costringevano a trattenermi dal ridere per rimanere coerente con le mie stesse affermazioni. Ormai lo sapevano tutti che lo odiavo, c’è poco da dire.
Arrivai tranquilla alla fermata dell’autobus, e per la prima volta in quei giorni era già lì, appoggiato con la spalla destra ad un lampione, cuffie all’orecchie, i-pod nella mano sinistra e sguardo vacuo. Sembrava preso più dai suoi pensieri, che dalla  musica che stava ascoltando.
Lo affiancai, posandogli una mano sulla spalla, e lui sussultò.
“Mi temi, Bonetti?” lo provocai scherzando.
Lui sorrise ironico, si tolse le cuffie e spense il lettore “Oh, si. Non puoi neanche immaginare quanto.”
“A che pensavi?” domandai curiosa.
“Ti interessa davvero?”
Scrollai le spalle “Sembravi molto concentrato.”
Sospirò, staccandosi dal lampione per stare in posizione eretta, poi si girò completamente verso di me “E’ che ho scoperto una cosa, e non so se ammettere di saperla o meno.”
“E’ così grave?”
“Potrebbe cambiare il rapporto che ho con una persona.”
“In meglio o in peggio?”
“Se lo sapessi non starei qui a crogiolarmi come un idiota.”
“Giusto. Vuoi un consiglio?”
“Si.” Stava aspettando forse quella mia domanda?
“Beh la verità secondo me è sempre la soluzione migliore. Dai tuoi dubbi posso capire che non è una cosa di vitale importanza, quindi tanto vale tentare. Poi fai quello che vuoi, è tua la scelta.”
Aggrottò la fronte e iniziò a guardarmi attentamente. La sua espressione aveva anche un non so che di confuso, come se non capisse qualcosa o fosse sorpreso.
“Che c’è? Non pensavi che potessi dire una cosa così tanto intelligente?” sbottai dopo una decina di secondi.
“No, no assolutamente!” alzò le mani “Mi domando come tu faccia a dire le cose intelligenti anche a quest’ora. Sono le 7 e 40.”
“Mi sono svegliata col piede giusto.” Fu la mia risposta.
“Si, lo so. L’ho capito dal modo in cui mi hai salutato. Sembravi contenta di vedermi!” ghignò soddisfatto. Feci una smorfia e sorrisi anche io “Forse non sei così insopportabile.”
Mi guardò e vidi nei suoi occhi una scintilla di contentezza. Era così facile renderlo felice? Era un ragazzo così semplice?
“Comunque grazie per il consiglio.. Lorenzo?”
“Lorenzo?” domandai io, perplessa, poi capii “Ah! Lorenzo! Beh abbiamo chattato anche dopo che sei andato via. E’ simpatico, nonostante il pessimo flirt iniziale.”
“No, fammi capire. Questo tipo dopo una conversazione su facebook è simpatico e io dopo.. quanti giorni che ci conosciamo? Quattro! Dopo quattro giorni non sono così insopportabile. Non è giusto!”
 
Le prime tre ore di lezione erano passate e la campanella dell’intervallo dava ufficialmente inizio agli agognati dieci minuti di pausa.
“No.. No.. Ila..” mormorò sofferente Gabriele, afferrandomi il braccio. Io, non capendo, lo guardai alzando un sopracciglio e aspettando spiegazioni, ma dopo esattamente due secondi, compresi senza l’ausilio di nessuno, se non per quella odiosissima voce di Cloe. Cos’aveva in gola? Un fischietto?
“Gabriele!” sospirammo entrambi.
“Si..?”
“Senti..” la bionda tinta –si, perché era tinta, non come Dafne- si appoggiò con entrambe le mani al banco del castano che, ancora seduto, si era ritrovato a trenta centimetri di distanza dalla scollatura di Cloe “Volevo chiederti se ti trovi bene con Archi. Nel caso ci fossero problemi potremmo parlarne e..”
“Tranquilla.” La fermò lui “Non c’è bisogno di parlarne o quello che volevi fare. Mi trovo benissimo con Ilaria.” Concluse, marcando sul mio nome, dato che quella vipera distante un metro si era riferita a me usando il mio cognome.
Cloe sorrise, molto fintamente aggiungerei “Meglio così.”
Roteai gli occhi, stufa di stare lì a sprecare tempo prezioso per stare ad ascoltare quella persona a mio parere inutile, e infine guardai la porta della classe, alla ricerca di una via di fuga. Accostato allo stipite c’era Lorenzo. Era decisamente più bello dal vivo, che in foto. Alto, bel fisico –muscoloso, ma senza esagerare-, capelli corti e biondi tirati su col gel, occhi azzurri come il cielo, labbra né troppo carnose né troppo sottili e ben delineate –una delle cose che preferivo del suo aspetto fisico- e faccia da bravo ragazzo, un po’ stile principe azzurro. Che lo fosse o meno, ancora era da decidere.
Comunque, mi stava guardando, e non appena incrociai il suo sguardo mi sorrise. Ricambiai il gesto e mi alzai: avevo appena trovato una scusa per andarmene. Passando dietro Gabriele, che ancora cercava di sfuggire alle grinfie della serpe, gli posai una mano sulla spalla come incoraggiamento. Mi fissava non capendo dove stessi andando e perché lo lasciassi solo, ma non appena vide il ragazzo alla porta, annuì e fece una faccia che mi faceva intendere di aver compreso.
Mi avvicinai e appena gli fui davanti lo salutai “Ehi!”
“Ciao! Sono venuto per controllare se mi avevi mentito sulla tua classe, ma a quanto pare..”
“Sfiduciato.” Feci una smorfia poi sorrisi.
“Disturbavo? Se vuoi me ne torno in classe.”
“No, no anzi. Mi hai salvato la vita. Se fossi stata lì altri dieci secondi avrei staccato il collo a morsi a quella.” Feci un cenno con la testa in direzione di Cloe.
“Gelosa?”
Gelosa? Di chi? Aggrottai la fronte “Di chi?” appunto.
“Mi sembra ci stia provando con quel ragazzo. Ti piace lui, per caso?”
Scoppiai a ridere “No! Dio, no! Assolutamente no! E’ proprio odio nei confronti della bionda tinta, non mi importa quello che fa e con chi. La odio a prescindere.”
“Quindi lui non ti piace.” Fissato.
“No, non mi piace.” Lo rassicurai. Dovevo davvero rassicurarlo? Perché?
“Meglio. Sarebbe stato un rivale non indifferente.”
Scossi la testa. Non doveva fare lo sbruffone, prima di tutto avrebbe dovuto superare il mio test, poi ne avremmo riparlato.
“Ti va di uscire oggi?” mi domandò all’improvviso.
Riflettei un po’ guardandolo negli occhi. Quel pomeriggio avrei dovuto fare ripetizioni di spagnolo con Gabriele, e ad essere sincera mi sarebbe dispiaciuto rinunciare ad entrambe le cose. Bonetti, oltre ad essersi rivelato una decente compagnia, aveva bisogno delle mie lezioni, e non volevo averlo sulla coscienza. Lorenzo, invece, mi stava simpatico ed ero quasi pienamente sicura che un paio d’ore trascorse con lui non mi avrebbero danneggiato la salute.
Sospirai “A che ora e dove.”
“Alle cinque davanti alla gelateria in piazza.” Per lo meno aveva le idee chiare.
“Affare fatto!” sorrisi e dopo l’ennesimo saluto, lo osservai uscire dalla mia classe per addentrarsi nel corridoio. Bel sedere.
“Fammi indovinare. Il bellimbusto, usando una scusa scadente, è venuto qui per parlarti. Ti ha invitata ad uscire oggi, ma ahimè, il qui presente Gabriele Bonetti, figo da paura, ha già un appuntamento con te per il recupero di spagnolo. Non sapevi cosa fare, inizialmente, perché lo sanno tutti che sei segretamente innamorata di me, ma hai accettato comunque l’offerta di Lorenzo biondino Argenti. Adesso non sai come chiedermi di spostare il nostro impegno e farai di tutto pur di riuscirci, anche passare una notte, se non due, di pura passione con il sottoscritto.”
Mi voltai lentamente verso Gabriele, alla mia sinistra. Non avevo nessuna espressione particolare sul viso, niente che facesse trasparire la mie emozioni alquanto difficili da descrivere. Avete presente quando qualcuno vi dice qualcosa di tanto stupido che voi non sapete se ridere o piangere? Bingo.
“Avrei qualcosa da ridire, in merito..” cominciai, girando anche il corpo nella sua direzione “facciamo che saltiamo la parte in cui ti do dell’idiota eccetera eccetera.. No aspetta, era tutto quello che avevo da dire.”
“Mi ami?” mi chiese, con aria soddisfatta.
“Da morire. Parlando dell’appuntamento..”
Sospirò e mi accarezzò la guancia, pensieroso “Fammi pensare..” si fermò, per aumentare la suspance “E se anticipassimo il nostro incontro in modo da riuscire a fare entrambe le cose?”
“A me sta bene, e a te?” gli afferrai il polso e gli abbassai la mano.
“A me anche. Però mi devi un favore.”
“Certo, come vuoi.” Scrollai le spalle e mi diressi verso il mio banco, seguita da Gabriele e dal suono della campanella.
“Tigre, non sottovalutarmi! Potrei chiederti qualunque cosa!”
“Non ho paura di te, Bonetti!” lo provocai ridendo.
“Devi averne, invece.”
                        
“E questo è quanto!” chiusi il diario e lo lanciai sul letto, accanto a me. Erano circa le due, avevo finito di pranzare da poco ed ero al telefono con Andrea, che mi aveva chiesto i compiti per il giorno dopo. No, non erano tanti, la scuola era comunque iniziata da pochissimi giorni e ancora ci andavano piano, ma lui quei pochi non li aveva nemmeno sentiti.
Grazie mille.
“Senti un po’, ma cos’è questa distrazione? Ti vedo assente a scuola.”
Ehm..” non gli detti neanche il tempo di rispondere.
“Ti sei innamorato?”
No! Cioè..” lo sentii sospirare “Senti, non lo dire a nessuno, ok? Ho bisogno di fidarmi di qualcuno e ammetterlo. Non ce la faccio più.” Sembrava veramente disperato, dal tono di voce, ed io mi preoccupai immediatamente. Cos’era? Si era innamorato di una serial killer?
“Ok, ok, calmo. Non lo dirò a nessuno, parla tranquillamente.”
Io.. Credo che mi piaccia Dafne.
Capii la sua disperazione. Dafne era irrimediabilmente –e immotivatamente- cotta di Gianmarco, e Andrea lo sapeva bene.
No, non lo credo. Mi piace, punto. Non so di preciso da quanto, non si programma una cosa del genere. Te ne accorgi all’improvviso, mentre può esser successo da giorni, settimane o mesi! Io me ne sono reso conto l’ultimo giorno di scuola dell’anno scorso e.. Ed ero già partito per la tangente.” Mi fece tenerezza. Era un fiume in piena. Perché non aveva detto a nessuno cosa provava?
Solo che io sono timido, non ho le palle di andare lì e fare “Ehi ciao! Mi piaci!” e sistemare tutto. Come se non bastasse le piace Gianmarco, ed è inutile competere con lui, ma.. Non ce la faccio a mettere tutto questo da parte.” Aveva finito, ed io non avevo la minima idea di cosa dire.
“Andrea..”
No, non dire niente, non ce n’è bisogno. Finiresti per compatirmi o illudermi, e so che non vuoi fare nessuna delle due cose, per cui..” Dafne aveva conquistato un ragazzo dolce, intelligente e simpatico. Non male.
“Io..” tentai di dire qualcosa di serio, ma non ci riuscii “Sappi che sono dalla tua parte.”
Lo sentii ridere, e questo mi fece star meglio. Avevo detto la cosa giusta.
Grazie..” sorrisi.
“E di che?” in quell’istante, suonò il campanello. Sbuffai.
“E’ arrivato l’idiota, devo salutarti.. Quando hai bisogno di parlare, sappi che ci sono, ok?”
Certo. Buona fortuna!
“Quella non basta..” borbottai “Ciao!”
Riattaccai e, con calma, andai ad aprire la porta. Quella notizia mi aveva abbastanza sorpresa. Non che fosse incredibile il fatto che Dafne potesse piacere, perché non era così. Era di una bellezza delicata, quella che approprieresti alla principessa delle fiabe, e aveva un carattere così mite che solo la sua presenza ti rilassava. In realtà, non mi aveva stupito chi, come, cosa e perché. Semplicemente non me l’aspettavo.
“Ciao fiorellino di campo appena colto, da quanto tempo!” mi salutò Gabriele allegro, entrando in casa.
“Veramente poco, ma già mi mancavi!” non usavo mai l’ironia, no.
“Allora vedi che mi ami.”
 


Ciao!
Siamo già al settimo capitolo, cavolo. ._.
Avevo deciso di pubblicare domani, ma alla fine ce l'ho fatta oggi per cui.. Non volevo farvi attendere troppo. Il fatto è che mi dà fastidio quando una storia viene aggiornata dopo 53 anni e 7 mesi, per cui..
Niente, spero che vi sia piaciuto! Abbiamo scoperto qualcosa su Andrea, qualcosa su Lorenzo, i soliti battibecchi fra Gabriele  e Ilaria.. 
Vi dico solo di preparavi per il prossimo capitolo, che sarà on line o Domenica o Lunedì. (Dipende)

Poi.. Grazie
Si, dovevo scriverlo enorme perchè sarebbe saltato di più all'occhio, e ci tengo a ringraziare chiunque sia solo a conoscenza di questa.. roba! 
Continuo con il ripetervi che se avete consigli o domande, dateli o fatele. Leggo e rispondo a tutte le recensioni. u_u

Non ho nient'altro da dire.
Ci leggiamo (?) presto!

Maricuz

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


“The end.” Chiusi il libro di spagnolo sospirando di sollievo.
“Finito tutto tutto?” mi chiese speranzoso per conferma, ed io annuii. Presi il cellulare e controllai l’ora, sperando di avere abbastanza tempo per prepararmi con calma –perché avrei dovuto farlo di fretta?-. Erano le quattro e un quarto, non male.
Tornai a fissare Gabriele, che stava silenziosamente sistemando la propria roba nello zaino. Era dalla mattina stessa che avevo notato il suo strano comportamento. La sua testa non faceva che vagare tra le nuvole.
D’un tratto sospirò, avendo terminato. Puntò lo sguardo su di me e notando che lo stessi studiando, alzò un sopracciglio, domandandomi senza l’uso della voce perché lo stessi facendo. Scossi la testa.
“Sei strano.”
“Anche tu, ma non ti spio.” Replicò ridacchiando.
“In realtà martedì in autobus anche tu lo stavi facendo, e con la solita scusa, poi!” Precisai.
“Davvero?”
“Davvero. E sai perché ero strana, secondo te?” domanda a cui mi risposi subito dopo “Perché non ti sbavo dietro e perché ti odio.”
“E sei ancora strana?” sorrise malizioso, chiedendomi due cose con un solo quesito: se gli sbavassi dietro e se lo odiassi.
“Non puoi neanche immaginare quanto sono strana.”
“Ok, seriamente” Così dicendo, assunse un’espressione più seriosa “mi odi ancora?”
Mi schiarii la voce. Aveva voglia di parlare? Avremmo parlato. C’era ancora tempo e arrivare in ritardo all’appuntamento con Lorenzo, mi stava più che bene. Sono una donna, meglio abituarsi subito.
“Sempre martedì avevamo discusso del nostro neo-rapporto, ricordi?” annuì  “Volevi instaurarne uno decente, ma io non te lo permettevo. La tua vendetta consisteva nel starmi appiccicato, e l’idea immagino ti sia venuta all’ora di spagnolo, o sbaglio?”
“No, non sbagli.”
“Ecco. Io ancora non capisco se lo scopo di tutto questo è di permetterti di diventare mio.. amico o quello di farmi morire causandomi problemi al sistema nervoso.” Davvero, non stavo capendo. Se il suo intento era il secondo, allora aveva fallito. Mi stavo abituando alla sua presenza. Con questo non voglio dire che non esistevano più i momenti in cui l’avrei strozzato volentieri.
“In realtà non lo so.” Come non lo sapeva? “Cioè, inizialmente volevo ucciderti, però poi ho colto dei segnali. Ti stavi sciogliendo, così ho deciso di proseguire e ritentare. Con te bisogna insistere, l’ho capito, sai?” e sorrise sornione.
“Ti senti potente?” risi, cercando di nascondere il mio nervosismo. Non mi piaceva il fatto che in pochi giorni avesse capito anche solo una cosa di me mentre io di lui non capivo niente.
“Non mi lamento.”
Silenzio. Uno di quelli tesi, che non sono per niente piacevoli perché non te li gusti, preso da un pensiero, da un gesto o qualsiasi altra cosa che ti distragga dal silenzio stesso. Ci guardavamo negli occhi, come se ci stessimo sfidando con lo sguardo, o almeno così faceva lui. Io lo sfidavo a sfidarmi, nonostante avessi una strana sensazione che non so spiegare bene tuttora: avrei sicuramente perso.
Sembrò quasi accorgersene. Mi graziò sorridendo allegro, spezzando poi il silenzio.
“Dove ti trovi con il bellimbusto?”
Sospirai di sollievo senza darlo troppo a vedere, poi scrollai le spalle “Davanti alla gelateria in piazza.”
Gabriele addolcì lo sguardo “Che tenera..”
“Scusa?” chiesi io, abbastanza perplessa. Cosa c’era di tenero in una gelateria?
“La gelateria in piazza.. Dove ci siamo incontrati, o meglio, scontrati la prima volta!” ok, era vero “Nonostante tu esca con un altro ragazzo vuoi comunque avermi tra i tuoi pensieri! Oh, Ilaria.. Ti penserò anche io, te lo prometto!”
Rimasi impassibile, poi scossi la testa “Pessima mossa, Bonetti.”
“E perché mai?”
“Perché mi hai appena ricordato l’aneddoto che mi ha permesso di provare un profondo sentimento, chiamato comunemente odio!”
“Solo perché non ti ho chiesto scusa..” sbuffò divertito.
“No, caro mio.” Sorrisi indispettita. Era un argomento che mi innervosiva un po’, se non veniva affrontato nel modo giusto. “Non solo non mi hai chiesto scusa, mi hai anche presa in giro. Mi hai chiamata tigre e..” spalancai gli occhi, ricordando anche il suo gesto. Aveva preso il gelato dalla mia maglietta -più precisamente quasi sul seno- con un dito, ciò significava che mi aveva toccata. Mi alzai di scatto e aggirai il tavolo. Lui mi guardava confuso, non capendo cosa stessi facendo.
Alzai il braccio destro e gli tirai uno schiaffo, non troppo forte ma neanche debole. Giusta potenza.
“EHI!” urlò lui accarezzandosi la guancia colpita.
“Te lo meriti..” pensai velocemente a una qualche parola d’effetto per mettere la ciliegina sulla torta “..MAIALE!”
Non so per quale motivo. Forse per il modo in cui l’avevo urlato, o magari per l’espressione che avevo assunto mentre riflettevo, fatto sta che scoppiò a ridere. Mi innervosii “Ma perché non prendi mai niente sul serio?”
“Scusa..” prese fiato, cercando di ricomporsi, ma proprio non ce la faceva “è che.. manca solo la talpa dal muso stellato e poi abbiamo detto tutti gli animali esistenti.”
Lo guardai per qualche secondo, ma poi non riuscii a non aggregarmi a lui. Aveva una risata bella, spontanea, e gli occhi leggermente inumiditi dalle lacrime che premevano per uscire, più belli che mai. Si teneva lo stomaco e si era leggermente piegato in avanti.
“Gabriele.. Non fa poi così ridere.” Dissi tra le risate.
“E allora?” si asciugò una guancia “E’ bello anche così!”
Dopo un paio di minuti, in cui ridevamo senza un motivo ben preciso, ci calmammo.
“Sto soffrendo.” Dissi dolorante accarezzandomi la pancia.
“Come un cane..” sghignazzò lui. Scossi la testa, avvertendo l’ennesima fitta agli addominali, ma ridacchiai anche io.
D’un tratto, mentre stavamo riguadagnando la giusta respirazione, si alzò dalla sedia e prese lo zaino “Basta. Io vado, sennò ti faccio arrivare tardi all’appuntamento.”
“Già.” Wow, già me n’ero dimenticata.
Si avvicinò e, come il giorno precedente, mi lasciò un bacio sulla guancia.
“Grazie per le ripetizioni e buon divertimento. Mi raccomando, stai attenta. Prima di attraversare guarda se arriva qualche macchina e non accettare nessuna caramella da quel tipo, piuttosto scappa e vieni da me. Sempre disponibile, per la mia tigre.” Occhiolino in collaborazione con un sorrisetto malizioso e sghembo –come suo solito-.
“Certo. A domani!” semplice e diretta.
 
Avevo bisogno di internet. Facebook, Twitter, Google! Qualsiasi cosa.
Mi stavo preparando più velocemente che potevo, ed il ritardo era già certo, ma questo non bastava. Stava suonando il cellulare mentre stavo cercando di tirarmi su i jeans saltellando inutilmente sul posto. Ero ingrassata?
Con i pantaloni che mi ostacolavano il cammino immobilizzandomi le gambe, cercai di dirigermi verso la scrivania dove era poggiato quel maledetto oggetto elettronico che sparava a tutto volume Learn to fly dei Foo Fighters. Figa quella canzone.
Purtroppo però, non vidi la scarpa su cui stavo inciampando.
Caddi a terra urlando, e sempre stesa a terra ringhiai. Per fortuna non mi ero rotta il braccio o qualcos’altro. Avevo un lieve dolore alla spalla, ma dopo qualche minuto sarebbe passato. Mi misi in ginocchio –sempre in mutande, naturalmente- e afferrai il cellulare.
“Pronto.” Dissi con tono poco amichevole.
“Ilaria! Scusa. So che ti stai preparando” no, mi stavo ammazzando “ma è successa una cosa che.. Oh mio Dio ancora non ci credo.” Dafne sembrava quasi avesse avuto la fortuna di vedere Chace Crawford in persona. Si sarebbe messa a piangere, lo sentivo.
“Cosa è successo?” chiesi interessata, riuscendo finalmente a tirarmi su i jeans tenendo il cellulare tra l’orecchio e la spalla.
“Gianmarco mi ha chiesto di uscire!”
No. Non ora. Non ora che sapevo cosa provava Andrea per Dafne. Non ora che non sarei riuscita ad essere felice per lei come avrei dovuto essere.
“Oh. Cavolo. Cioè.. Wow!” brava Ilaria, voto 10 all’orale.
“Infatti!” non avevo detto niente “Non ci posso credere. Non ci posso credere!”
“Eh, neanche io!” cos’avevo fatto di male? Ero anche caduta, poteva bastare.
“E quando uscirete?” domandai, girando per la camera pensando a cos’altro avrei dovuto fare prima di uscire.
“Domani!” era la felicità fatta a persona, in quel momento, e mi faceva tenerezza. Come mi dispiaceva per Andrea, tra l’altro.
“Hai tempo per prepararti psicologicamente! Ma io non ho tempo per prepararmi fisicamente. Dafne, scusami ma sono in stra-ritardo e devo sistemarmi, ancora.” Tono dispiaciuto mode on.
“Si, certo! Sei tu che devi scusarmi, ma non resistevo. Ora chiamo Selene!”
Risi, la salutai e riattaccai. Sospirai. Era ora di concentrarsi e uscire, prima però avrei dovuto massaggiarmi la spalla.
 
“Eccomi! Scusa il ritardo.” Presi un respiro profondo avvicinandomi a Lorenzo. Sarà stata l’aria aperta, il sole o chissà cosa, ma sembrava più bello di quella mattina, specialmente gli occhi. Con quella luce erano ancora più azzurri.
“Tranquilla!” mi sorrise e si avvicinò per darmi due baci sulla guancia, ma mi scansai.
“Troppa confidenza che non dovrebbe esserci.”
Sospirò “Pardon.”
Dopo aver fatto l’espressione più angelica del mondo, gli chiesi se volesse prendere un gelato. Non sarebbe stato facile per lui, e non doveva esserlo. Non so se ricordate il mio test. Non esistevano eccezioni, neanche per uno dei ragazzi più belli e agognati della scuola, anche se mi ritenevo abbastanza fortunata per un’occasione del genere.
Non successe niente di che, mangiammo il gelato senza che finisse addosso a qualcuno e parlammo del più e del meno. La discussione più interessante venne affrontata nell’ultima mezz’ora del nostro appuntamento.
“Come mai hai accettato subito il mio invito? Dei ragazzi che conosco mi hanno detto che non sei molto disponibile.” I ragazzi che conosceva avevano ragione. Scrollai le spalle, perché in realtà non lo sapevo neanche io il motivo. Forse era colpa del pessimo flirt iniziale. Il coraggio andava premiato da qualcuno, no?
“Mi andava.” Risposi.
“Ti piace qualcuno?”
“Cos’è, un interrogatorio?” chiesi a mia volta abbastanza acidamente.
“No, curiosità.” Sospirai e risposi “No, non mi piace nessuno.”
“Sicura che non ti piaccia quello nuovo?” forse non gli era chiaro il concetto.
“No, non mi piace e mai mi piacerà.”
“Scusa, era per esserne sicuro.” Lo guardai. Si stava mordendo il labbro inferiore e aveva lo sguardo perso in chissà quale pensiero “Il fatto è che.. Mi era già capitato di essere la seconda scelta di qualcuno, quindi sono un po’ paranoico.”
Aggrottai la fronte “Tu la seconda scelta?”
“Esatto. Non sono mai stato tradito, ma mi hanno sempre lasciato per qualcun altro.” Abbozzò un sorriso triste “Non ha favorito molto la mia autostima.”
Ci pensai su qualche secondo, poi cercai in qualche modo di non farlo sentire solo “Io non ho mai avuto una relazione vera e propria. Sono uscita con qualche ragazzo, ma tutti si sono stancati di me. Ancora non ho trovato nessuno che abbia abbattuto il muro di aggressività che innalzo con tutti. Nessuno mi ha mai voluto veramente.” Sorrisi “Inizialmente pensavo fosse un problema mio, ma poi ho capito che non avevo ancora avuto a che fare con la persona giusta. Credo valga la stessa cosa per te, no?”
Mi fissò per qualche secondo, poi annuì convinto “Hai ragione.”
Sorrisi compiaciuta “Lo so, ma è sempre bello sentirselo dire.”
 
Mi sedetti alla scrivania, stanca. Era stata una giornata impegnativa: scuola e ripetizioni con Gabriele –le ore scolastiche non bastavano, evidentemente- e infine l’uscita con Lorenzo, che nel finale era migliorata tantissimo. Mi ero sciolta anche io, con lui, e riuscivo a scherzare a parlare senza dover fare troppa attenzione a non espormi troppo. Ormai la mia tecnica era stata rivelata, per cui era del tutto inutile utilizzarla.
E poi il ragazzo mi sembrava abbastanza affidabile.
Andai immediatamente su Twitter. Tanto stress portava ad aver bisogno di sfogarsi, e quale social network se non il mio preferito? Prima ancora di scrivere qualcosa però, controllai tra le menzioni se mi aveva contattata qualcuno.
Anonymous. Aggrottai le sopracciglia leggendo il suo messaggio.
 

Come è andata la giornata? :)

 
Era la prima volta che me lo chiedeva direttamente. Decisi di non farci caso e pensai alla risposta. Faticosa ma piacevole? Poteva andare. Inclinai leggermente la testa verso sinistra, e poco dopo gli risposi.
 

Direi bene! Pesante, ma a tratti soddisfacente! La tua?

 
Si, soddisfacente. Gabriele, anche se ad un certo punto mi aveva messa in difficoltà, in un altro mi aveva fatta morire dal ridere tanto da sentir dolore, e non mi capitava da tanto. Lorenzo invece si era rivelata una persona.. carina. Avevamo già deciso di uscire un’altra volta.
Poco dopo, un’altra menzione.
 

Piena di pensieri, ma gradevole.

 
Un altro pensieroso nella mia vita, anche se virtuale. Bonetti non bastava, con quel suo strano comportamento? Mancava solo lui, anche se mi sembrava molto più maturo di quell’idiota patentato.
 
Quella sera, tra le coperte calde del  mio amato letto, pensai a tutto quello che era successo in pochi giorni. Un nuovo compagno di classe, un nuovo amico, Lorenzo, la cotta di Andrea per Dafne, Gi-Emme che chiede un appuntamento a quest’ultima, cotta di lui. Il giorno dopo era il primo venerdì dell’anno scolastico. Cos’altro avrei dovuto aspettarmi? Eravamo solo all’inizio. Sospirai e mi misi supina. Dovevo affrontare troppe cose, ce l’avrei fatta a resistere?
 


Ora vi narro.
Era mia intenzione pubblicare domani, ma.. no.
Oggi è il compleanno di una mia amica, lettrice di questa fan fiction che, tra l'altro, mi ha "incitato" per scrivere questa storia, così ho pensato di cambiare idea. u_u
Tanti auguri Ashi. :)

Tornando al capitolo.. Seconda e ultima giornata di ripetizioni e appuntamento con Lorenzo. Qualcuno che si ricrede su di lui esiste o lo odiate, se possibile, più di prima? :D Di Gabriele non ve lo chiedo nemmeno. Lo adorate tutte. ._. [E vi capisco.]

Grazie a tutti, come al solito. :')

A, probabilmente, Venerdì! :)
Un bacio

Maricuz

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9


Era metà Ottobre, e di conseguenza era passato un mesetto dall’inizio della scuola, dalla conoscenza con Gabriele, dal mio appuntamento con Lorenzo e quello di Dafne con Gi-emme.
Erano cambiate giusto due o tre cosette, da allora. La mia migliore amica, innanzi tutto, non era più single. Dopo un paio di settimane di incontri extra-scolastici, Gianmarco le aveva fatto la richiesta che sperava di ricevere da un anno, e lei, essendo una ragazza intelligente, aveva accettato. Ovviamente, Andrea ne era uscito distrutto. No, in realtà non ne era uscito. Erano più di dieci giorni che sembrava non vivesse neanche. Cosa vi aspettavate, che in poco tempo passasse? Non vi augurerei mai di vedere la persona che vi piace o che amate stare con qualcun altro, per giunta un tuo amico. Lui, invece che migliorare, peggiorava ogni giorno.
Per quanto riguarda me.. Ero completamente cotta di Lorenzo. Continuavo a comportarmi da tigre, come diceva Bonetti, ma quel ragazzo non smetteva di interessarsi a me e di chiedermi di uscire insieme, e io stavo cedendo. Anzi, avevo già ceduto il giorno prima, quando mi aveva baciata.
Si, l’aveva fatto.
Sono stati i cinque secondi più emozionanti della mia vita. Emozionanti in senso positivo, perché pure la rabbia è un’emozione, quindi, per intenderci, anche Gabriele mi faceva emozionare, ma negativamente.
Tornando al bacio: eravamo seduti su una panchina, in un piccolo parco dove andavo sempre con mia madre quando ero più piccola. Scivoli, altalene, alberi.. Era il mio mondo. Inoltre era quello il posto dove mi rifugiavo quando avevo bisogno di pensare o di scattare qualche foto –era un modo per distrarmi e trasmettere il mio umore negli scatti, come per farlo uscire dal mio corpo-. Insomma, era un luogo abbastanza significativo per me.
Stavamo scherzando come al solito, lui continuando a provarci e.. probabilmente lo stavo facendo anche io senza neanche rendermene conto. Poi si era creata l’atmosfera giusta così, dal nulla. Occhi negli occhi e.. wow.
Era lunedì mattina e stavo facendo colazione, ripensando a quei momenti che non mi avevano lasciata sola un attimo. Ancora non l’avevo detto neanche a Selene e Dafne. Appena rientrata in casa avevo cenato, poi mi ero fatta una doccia e a letto, senza neanche controllare Twitter, il che vi fa capire la gravità della situazione.
Finii di mangiare e poco dopo ero già in attesa dell’autobus. Quando arrivò Gabriele, non me ne accorsi subito, ma solo quando si posizionò davanti a me in tutta la sua altezza con un sopracciglio alzato.
“Oh. Buongiorno!” dissi allegra.
Mi squadrò da capo a piedi poi ribatté “Prima di dire buongiorno dovresti svegliarti, non credi?”
“Sono sveglia.”
“Sogni ad occhi aperti, allora? Cos’ha fatto il principe azzurro ieri?”
“Fammi una domanda alla volta per favore..” sospirai “comunque si, sogno ad occhi aperti e ieri Lore” e non il principe azzurro, anche se avrebbe potuto benissimo esserlo “mi ha.. Ma perché te lo sto dicendo?” mi ripresi, confusa.
“Perché non dovresti, di grazia? Cosa ti ha fatto? Dai, dimmelo.” Ecco un lato di Gabriele che non era ancora venuto fuori. Curiosità cronica.
Scrollai le spalle: era un no.
“Ilaria, mi sorbisco i tuoi film mentali tutte le mattine ed è capitato anche pomeriggio e sera e tu, adesso, non vuoi dirmi cosa ti ha fatto?” mi fissò con gli occhi spalancati –si, i suoi begli occhi spalancati- “..Ti ha fatto male? Ila, se l’ha fatto dimmelo che gli raso i suoi fantastici capelli biondi a zero e gli faccio due occhi neri in maniera artigianale.”
Aggrottai la fronte. Da quanto era così protettivo?
“No, peggio! Ti ha sfiorata? Nel senso, ti ha toccata, palpata o cose del genere? Ilaria, tu stai sognando ad occhi aperti per questo?” era quasi deluso. Quel ragazzo aveva battuto la testa da piccolo.
“No Gabriele, niente di tutto ciò. Però c’è stato un contatto.” No, ma glielo stavo dicendo veramente?
“Se vi siete tenuti per mano non mi interessa.” Si girò verso la strada, d’un tratto calmissimo.
“Tu stai male.” Dissi dopo un breve attimo di silenzio.
“Me lo dici da un mese, cara mia.” Si voltò di nuovo verso di me e mi osservò “Ti ha baciata.”
Quelle tre parole non prevedevano risposta non terminando con un punto interrogativo, ma annuii ugualmente. Non chiedetemi come avesse fatto ad indovinare. Gabriele era così: imprevedibile e veggente. Ah, dimenticavo snervante.
“Centro. Ritiri pure il premio.”
Fece un sorrisetto soddisfatto “Si capiva dalla tua faccia. In realtà la parte di lui che ti picchia o ti palpa era tutta una recita. Sono un bravo attore, lo so.”
Mentre l’autobus si stava fermando davanti a noi, scossi la testa sorridendo e feci un passo avanti, ma il ragazzo mi afferrò il polso costringendomi a fermarmi. Mi voltai verso di lui dubbiosa, e notai che aveva un’espressione seria.
“Non stavo scherzando sugli occhi neri artigianali. Se ti fa male o ti fa stare male, o me lo dici tu o me lo faccio dire da lui.”
Bastava guardarlo negli occhi: non stava più recitando.
 
“Ilaria, non mentirmi. Ti conosco da..” si fermò per contare “sei anni, e quell’espressione da merluzzo che hai sulla faccia non te l’ho mai vista.”
Espressione da merluzzo?
“Ok, forse è successo qualcosa.” Diedi ragione a Selene, sorrisi ed iniziai a gongolare.
Erano le otto ed ero in classe con Selene e Dafne, ingannando l’attesa dell’inizio delle lezioni parlando di come avevamo passato il nostro week-end.
“E che è successo?” domandò Dafne eccitata, come se già sapesse quello che stavo per dir loro.
“Lorenzo mi ha baciata.”
Partirono le urla dalle bocche delle mie amiche, che fecero girare i presenti verso di me, compreso Gabriele, che continuando a ripassare letteratura col suo libro borbottò qualcosa simile a “Donne..”
“Davvero? Oddio! Ila sono troppo contenta per te!” la bionda stava quasi per mettersi a piangere. Esisteva una persona più sensibile di lei? Mi abbracciò e sorrisi stringendola.
“PORCA PUTTANA! Hai un culo grande quanto l’ego di Gianmarco!” questa era Selene, che si voltò poi verso Dafne “Senza offesa..”
Scoppiai a ridere e annuii, incapace di commentare. Piccolo problema: una bionda tinta seguita dalle sue amichette si stava avvicinando per rovinare il mio momento di gloria, spinte dall’invidia. Lorenzo rimaneva uno dei più belli della scuola.
“Ilaria” mi chiamò Cloe con la sua vocetta stridula “mi sembra di aver capito che è successo qualcosa tra te e Lorenzo Argenti.” Perspicace.
“Hai capito bene!” dissi, cercando di essere cortese e non gridarle “SI! HA BACIATO ME E NON TE, VACCA!”
Rise, senza allegria “E pensi davvero che questa.. cosa che c’è tra voi durerà a lungo?” vidi chiaramente la testa del mio compagno di banco alzarsi e il suo sguardo fissarsi sul muro davanti a lui.
Sospirai, già stanca di lei “Che sia così o meno, non credo siano affari tuoi.”
“Mi dispiace dirlo, ma purtroppo su questo hai ragione. Però.. pensaci. Immagino sia chiaro a tutti qui che è un bel ragazzo, troppo bello per una come te. Non appena gli capiterà a tiro una ragazza più carina non perderà tempo. E’ pur sempre un uomo, e come tale pensa solo al.. come dire.. contatto fisico.”
“Se posso permettermi, Cloe..” Gabriele chiuse con tranquillità apparente il libro e lo posò sul banco, poi si alzò e si diresse verso di noi. In classe c’era silenzio, tutti stavano ascoltando quella conversazione.
“Trovo che ci siano punti nel tuo discorso che non stanno né in cielo, né in terra.” Continuò, appoggiandosi comodamente ad un banco ed incrociando le braccia “Non metto un dubbio che Lorenzo sia un bel ragazzo, anche se sono molto più affascinante io..” non perdeva mai l’occasione per fare l’idiota “ma sinceramente non capisco cosa abbia di tanto speciale da essere troppo, come dici tu, per una persona come Ilaria, a livello di esteriorità.”
Dovevo prenderlo come un complimento?
La bionda tinta aprì la bocca per ribattere, ma il ragazzo alzò l’indice “Non ho finito.” Fece una pausa –di classe- per qualche secondo, poi riprese “Adesso ti chiedo una cosa: hai davvero questa considerazione del genere maschile? Non siamo tutti predatori. Esistono anche persone fedeli, sai?” e lui era tra queste? Mistero.
“Perché la difendi a spada tratta?” Cloe sorrise cattiva, evadendo dal principale argomento.
“Perché non mi rispondi? Non è maturo da parte tua.” Come faceva a rimanere tranquillo? Io mi stavo trattenendo dal saltare addosso a quell’oca e sbranarla e lui stava lì, fermo e con un leggero sorrisetto sulle labbra.
“E a cosa dovrei rispondere?” domandò lei, socchiudendo gli occhi e facendo la prepotente.
“Alla seguente domanda: sei invidiosa perché Lorenzo non te lo dà?” diretto e conciso come sempre. Gli avrei dato un bacio solo per l’espressione che fece Cloe subito dopo: indignata all’inverosimile.
“Sei volgare.”
“Sei zoccola.” Avrei voluto dire, ma mi trattenni. Cavolo, noi donne sapevamo essere cattive in determinate occasioni.
“Sono un uomo, e come tale penso solo al.. come dire.. contatto fisico.” Ripeté esattamente le parole dell’oca con un’espressione di puro trionfo. Sorrisi, cercando di non scoppiare a ridere. Gabriele stava recuperando un sacco di punti.
Cloe scosse la testa, se possibile più offesa di prima. Si voltò di scatto e uscì dalla classe, sempre seguita da Jessica e Claudia, che lanciarono a me e al mio collega degli sguardi assassini. Ovviamente, a me non avevano fatto né caldo né freddo.
Selene iniziò ad applaudire e urlare, seguita poi dalla risata generale e dalle pacche sulle spalle del castano, che dopo aver abbozzato un sorriso, iniziò ad avviarsi di nuovo verso il suo banco. Afferrai il suo braccio, e non appena si voltò attese, per niente sorpreso che fossi io, come se se lo aspettasse.
“Grazie.” Gli dissi, semplicemente.
Scrollò le spalle, sorridendo sincero, questa volta. Scaldava il cuore quando lo faceva con tanta spontaneità.
“Non l’ho fatto per te, volevo fare il figo.” Ovviamente, non gli credetti.
 
“Ilaria!” sentii chiaramente la voce di Lorenzo provenire dalla porta. Ero ancora seduta al mio banco, sistemando gli appunti di filosofia appena presi, ed era suonata da poco la campanella dell’intervallo.
Gli sorrisi, e mentre mi stavo alzando, Gabriele mi fece più spazio con la sedia per farmi passare. Quando voleva sapeva essere gentile. Saltellai dal biondo, e appena mi trovai davanti a lui, mi alzai sulle punte e gli stampai un bacio sulla guancia.
“Ciao!”
“Ehi.. come stai?” mi chiese lui, portandomi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio e facendomi sciogliere completamente come una sottiletta in forno –anche il cervello era fuso, capitemi-.
“Meravigliosamente!” a Cloe neanche ci stavo pensando più “Tu?”
“Idem.. Volevo parlarti.” Oh no. Il mio sorriso si incrinò leggermente, ma annuii. Non doveva essere per forza qualcosa di negativo, no?
“Io.. Tu mi piaci Ilaria.” Batticuore “E.. Il bacio di ieri credo ne sia la prova. Voglio dire.. Non sono un tipo che va a baciare la gente così, senza una ragione.” Stava gesticolando e alternava lo sguardo da i miei occhi e dalle sue stesse mani.
Deglutii, e attesi il proseguimento di quel discorso.
“Penso che adesso siamo un po’ in bilico. Questo bacio ha squilibrato la nostra situazione, ed è per questo motivo che io vorrei che noi stessimo insieme, ufficialmente, bloccando film mentali e domande stupide sul nascere e facendo chiarezza. Quindi, te l’ho detto. Mi piaci. Sta a te decidere se mandare avanti questo nostro rapporto o meno. Mi basta un semplice si, un cenno, un segnale di fumo.” Sospirò, liberatosi di quel peso che immaginavo avesse avuto nel petto per tutta la mattinata.
Inizialmente, boccheggiai. Non avevo la minima idea di cosa dire. Mi guardava, con i suoi occhi azzurri speranzosi e timorosi allo stesso tempo. Mi morsi il labbro inferiore, poi sorrisi.
Mi piaceva, perché dovevo essere così idiota da lasciarmelo scappare?
Annuii, e sono sicura che i miei occhi brillarono, in quell’istante. Guidata dall’istinto, gli presi il volto tra le mani e lo avvicinai al mio, facendo incontrare le mie labbra con le sue, così perfette e ben delineate.
Sentii i suoi palmi posarsi sulla mia schiena e stringermi, avvicinandomi maggiormente a lui. Mi sentivo.. desiderata.
Che sia davvero lui, il mio principe azzurro?
 


Eccoci qua. Abbiamo fatto un passo non indifferente. Siamo a Ottobre! :D
E nella realtà a Dicembre. Tra poco è natale! :3
Comunque, ammetto che ho sentito la mancanza di EFP in questi giorni in cui non ho pubblicato. Mi sono sembrati quasi infiniti. ._. Ma almeno me la sono presa comoda per scrivere.

Allora, cosa ne dite? :D
Ilaria la principessa, Gabriele l'eroe, ma il principe azzurro non è che Lorenzo.
Mi sento così cattiva. BUAHAHAHAHHAHA
No, a parte gli scherzi, fatemi sapere cosa ne pensate del loro "triangolo" e di quello formato da Dafne, Gianmarco e Andrea. :)
E comunque, ecco la prima dimostrazione della.. "stronzaggine" di Cloe. 
Spero vi sia piaciuto! :)

Ringrazio tutti come al solito.
[bello scriverlo grande e colorato per farlo leggere. :3]
A Martedì/Mercoledì! 

Maricuz

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10


Ero felice? No, forse un po’ di più.
Me ne stavo tranquillamente seduta davanti al computer portatile, che non portavo mai da nessuna parte, ma che era sicuramente meno ingombrante di quello fisso. Stavo ascoltando un po’ di musica girellando come mio solito. In esecuzione su Windows media player c’era Stereo Hearts dei Gym Class Heroes ed Adam Levine. Non commenterò quell’uomo. Quella canzone mi era piaciuta fin da subito, infatti mi era entrata in testa da ormai due settimane.
Andai sulla pagina di Facebook e notai un messaggio in chat. La musica mi aveva coperto il suono dell’avviso.
Era Andrea, ad avermi contattato. Lo risalutai, e subito mi rispose.
Come stai?
Bene!” era sicuramente troppo poco, ma sapevo che il suo umore era l’esatto opposto del mio e non volevo essere insensibile “Tu?
Non bene.
Sospirai. Quello che gli stava accadendo non era assolutamente giusto. Era una persona bellissima, non mi piaceva pensare che proprio lui stava soffrendo.
La situazione non sta migliorando..?” tentar non nuoce.
No, direi di no. Ilaria.. Non ce la faccio a stare meglio. Sono così.. perfetti insieme.
Perfetti?
Sì, perfetti. O almeno lo è lei. E’ così bella, con il sorriso sulle labbra.. E’ felice, e di questo sono contento, però.. Non è felice grazie a me.
E cosa avrei dovuto dirgli? Per fortuna, subito dopo, aggiunse qualcosa.
Scusa, non so con chi sfogarmi. Sei l’unica al corrente di tutto.
Altra ingiustizia. Possibile che lui non avesse nessun’altro oltre a me con cui parlare e buttare fuori tutto? Un amico, un familiare, un cane, un gatto, un pupazzo! Per quale motivo, poi? Forse non aveva mai avuto il bisogno di aprirsi con qualcuno, ma era improbabile. Aveva diciassette anni.
Puoi sfogarti quanto vuoi con me, anche se purtroppo non penso che riuscirò mai a consolarti.
Non ci riuscirai perché non c’è modo per farlo. Se ci fosse, l’avresti già trovato! :)
Sorrisi “Quanta fiducia!
Tanta! Ti ho messo in una posizione abbastanza scomoda, eppure so che non mi tradirai.
Sono contro il tradimento. u_u
Scema.
 
Chiusi la porta di casa e mi appoggiai sospirando. Ero appena tornata dalla prima uscita con Lorenzo come coppia. Camminare mano nella mano, scambiarsi qualche bacio ogni tanto senza un reale motivo, lui che pagava qualsiasi cosa comprassi. Prima, se vedevo due persone comportarsi così, rabbrividivo, invece adesso li comprendevo e degli altri non mi interessava un fico secco.
Gongolai verso la mia stanza, con l’intento di scrivere qualcosa sul mio stato d’animo su Twitter prima di mettermi a studiare qualcosa.
Buttai la borsa sul letto insieme alla giacca –della serie: viva l’ordine- e mi sedetti al pc, come poche ore prima. Digitai l’indirizzo e mi ritrovai la schermata del mio amato Social Network davanti agli occhi.
 

Sono felice come uno scoiattolo con una riserva privata di ghiande.

 
Ecco una conseguenza della mia felicità: ero più strana del solito. No, forse strana non era il termine adatto. Diventavo euforica e stravagante, ecco.
Mi girai leggermente verso destra. A terra c’era il mio zaino, rigorosamente chiuso, che mi stava mandando messaggi tramite la mia coscienza. Sbuffando, mi abbassai per tirar fuori il diario e mettermi a lavoro. Per fortuna c’era solo qualche esercizio di spagnolo e matematica, niente di troppo complicato.
Un’ora dopo ero già a controllare le menzioni ai miei tweet, e sorrisi leggendo il nome di Anonymous.
 

Quale accaduto ha migliorato così tanto la tua giornata? :)

 
Non gli avevo mai parlato di Lorenzo. Non che avessimo mai parlato molto, ci limitavamo a qualche messaggio nell’arco del giorno molto generalizzati. Non sapevamo il nome dell’altro, perché parlare nello specifico di qualcuno?
 

Un ragazzo! :P

 
Per quanto ne sapeva, questo ragazzo mi poteva aver raccontato una barzelletta.
 

Aaaah! Ho capito. La signorina non è più single! Ti tratti bene.

 
Dimenticavo che era una persona intelligente e sveglia, però. Confermai le sue parole, poi corsi nella sala da pranzo. Mia madre mi stava chiamando da minuti per la cena. Non sia mai che obbedisca alla prima.
 
Sbadigliai. Ero appoggiata al lampione alla fermata dell’autobus, e se non fosse stato per quell’innata forza di volontà che mi ritrovavo in quei casi, mi sarei addormentata come un animale pronto per il letargo. Avevo bisogno di dormire.
“Buongiorno..” venni affiancata da Gabriele, anche lui abbastanza assonnato.
Abbozzai un sorriso, incapace di sorridere sul serio per i muscoli facciali congelati.
Udii un suo sospiro, ma poi non disse altro. Non avevo abbastanza energia per fargli domande sul perché fosse così taciturno o per iniziare una qualsiasi conversazione, così lasciai perdere. Infondo, nessuno mi obbligava a parlargli. Continuai ad aspettare il mezzo di trasporto stringendomi  nel mio cappotto e sbattendo le palpebre cercando di svegliarmi.
Non dicemmo una sola parola. Arrivati in classe, si girò verso di me solo dopo aver sistemato la roba al suo banco. Eravamo soli.
Prese un respiro profondo “Forse.. Devo dirti una cosa.”
Annuii con un sopracciglio alzato. Forse, aveva detto. Quel ragazzo aveva le idee chiare, insomma. Mi sedetti sul banco e lui si mise davanti a me. Lo osservai. Si stava torturando le mani, cercando di non incrociare il suo sguardo con il mio. Era abbastanza nervoso. Che cosa voleva dirmi? Iniziavo già a spazientirmi.
“Ho fatto una cazzata.” Ottima intro.
“Ok, ora dimmi qualcosa di non prevedibile.”
“Non sai qual è, la cazzata.” Alzò gli occhi, puntandoli sui miei. Mi persi un attimo a guardarli. Ancora non mi capacitavo, erano così chiari! Feci una smorfia. Non ti incantare, Ilaria.
“Allora dimmelo.”
“Ti incazzerai più del solito, probabilmente.” Sembrava più una frase detta a se stesso, che a me.
Scrollai le spalle “Parla.”
Deglutì e strinse i denti, poi cominciò seriamente “Io.. Io non ti ho detto una cosa per un mese. Non so come reagirai, ma il mio sesto senso mi dice che se rimango in vita è solo grazie alla tua bontà.” Si fermò qualche secondo, mentre io aspettavo ancora “Io sono Anonymous, Ilaria.”
Socchiusi gli occhi ed inclinai la testa “Cosa..?” soffiai.
“Sono Anonymous, e so che tu sei Secretly.” Era teso, ma sinceramente non persi più molto tempo a studiarlo.
“Da quanto hai detto che lo sai?” chiesi fredda.
“Un.. un mese.”
“Gabriele, noi ci conosciamo da un mese.” Mi stavo alterando.
“Appunto. L’ho scoperto quando sono venuto a casa tua per le ripetizioni di spagnolo.”
“E perché cazzo non me lo hai detto subito?” adesso stavo urlando.
“Io.. Non lo so!” anche il volume della sua voce era aumentato. Reazione istintiva, immagino. Se qualcuno ti grida addosso, gridi anche tu.
Scossi la testa “E perché me lo avresti detto adesso, sentiamo. Volevi rovinare il mio momento di felicità? La conferma te l’ho data ieri sera sotto forma di Secretly, se non sbaglio.”
“No, non devi vederla così. Te l’ho detto adesso proprio perché sei felice e avresti pensato più al tuo Lorenzo che al coglione che ti ha mentito per trenta giorni.” Ribatté arrabbiato.
Era lui quello arrabbiato?!
Scossi la testa delusa e quando parlai, cominciai anche ad agitare le braccia “Una curiosità. Se Lorenzo non ci fosse stato, quanto tempo avresti lasciato passare? Un altro mese? Perché non due? No, facciamo un anno!”
“Ilaria, ascoltami” mi afferrò i polsi e mi guardò dritta negli occhi “Non avevo intenzione di tradire la tua fiducia.”
Cercai di divincolarmi “Ah no? E cosa avevi intenzione di fare? Cos’era, ti sentivi importante a conoscermi su due aspetti diversi? Sapere la mia vita secondo i tuoi occhi e secondo i miei? Sei così.. stronzo, Gabriele?” mi alzai e mi liberai dalla sua presa.
In quell’istante era entrato Andrea, che ci fissava allibito con i suoi grandi occhi nocciola spalancati.
“Ero il tuo telefilm preferito? Ti divertivo?” continuai, trattenendomi dallo scoppiare a piangere. Mi sentivo tradita.
“Ilaria smettila, non dire cazzate.” Quella sfumatura che sapeva di esasperato mi fece imbestialire.
“Non vuoi sentire cazzate? Allora senti la cosa più sincera che ho da dirti: sei una testa di cazzo.” Lo dissi a denti stretti, nel modo più cattivo che riuscissi a fare. La mia finezza in quei casi andava proprio a farsi fottere.
“E ho pure un messaggio da parte di Secretly per Anonymous: vaffanculo.” Mi girai e uscii dalla classe, lasciando i due ragazzi da soli. Mi morsi il labbro inferiore cercando di non far uscire le lacrime. Nel corridoio, mi incrociai con Dafne. Sorrideva, ma appena notò il mio stato si fece subito seria.
“Ila, che succede?” chiese preoccupata.
Scossi la testa “Niente, ho litigato con Gabriele.”
“Ancora?” domandò, quasi sollevata. I nostri battibecchi erano all’ordine del giorno.
“Si, ma questa volta seriamente.” Tirai su col naso e la superai, diretta verso il bagno.
 
Erano le otto e nove. Dovevo assolutamente entrare in classe prima della prof di spagnolo, ma non troppo. Meno avevo occasione di avere a che fare con il bastardo che avevo come compagno di banco, meglio era.
Presi un respiro profondo ed entrai. Con la coda dell’occhio lo vidi mentre parlava con Andrea in fondo alla classe. Tirai dritto marciando verso il mio banco e mi sedetti, per poi tirar fuori il quaderno e iniziare a ripassare, anche se ero già stata interrogata per quella materia. Dovevo distrarmi, era l’unica soluzione.
Poco dopo, come avevo calcolato, suonò la campanella e sentii la voce allegra dell’insegnante avvicinarsi alla cattedra. Poco dopo, in religioso silenzio, Gabriele si sistemò accanto a me. Vi state chiedendo quale fosse stata la mia reazione? Assolutamente inesistente.
Passammo le seguenti due ore senza scambiarci una parola. Per quanto mi riguardava, neanche lo consideravo. Prima della terza lezione, però, si voltò verso di me sospirando.
“Hai intenzione di non parlarmi più?”
“Preferisci esser preso a parolacce?” giusto per la cronaca: continuavo a non guardarlo.
“Se ti fa stare meglio, sì.”
Scossi la testa, avendo l’intenzione di non prenderlo in considerazione per molto tempo. Sbuffò e lasciò cadere il pugno destro sul banco, rassegnato.
Finì anche quella giornata. Stavo scendendo le scale per uscire dall’edificio, quando Andrea mi chiamò.
Mi voltai sospirando. Sapevo che mi avrebbe chiesto di Gabriele.
“Dimmi.”
“Mi ha spiegato.”
“Bene, sono contenta.”  Borbottai.
“Senti, forse.. Forse stai un po’ esagerando.” Disse lentamente, sperando di non farmi innervosire ancora di più, probabilmente.
“Non sto affatto esagerando.” Risposi tranquilla. Arrabbiarsi anche con lui non mi sembrava il caso. E poi aveva semplicemente espresso la sua idea.
“Tralasciando il fatto che non mi avevi detto del tuo profilo di Twitter..” iniziò e ridacchiai colpevole, facendolo sorridere “Non penso ti abbia tenuto nascosto tutto per cattiveria.”
“Andrea, Andrea.. Sempre così benevolo.” Lo canzonai, riprendendo a scendere le scale “E’ comunque una questione di principio. Anche se non l’avesse fatto per cattiveria, poteva dirmelo prima. Per un mese ha finto di non sapere niente quando invece sapeva più del dovuto, e non intendo solo per l’account in sé, ma per cosa ci scrivo.”
Mugolò annoiato “Come siete particolari, voi donne.”
“Eh certo, adesso è colpa mia!” esclamai ridendo.
“Non ho detto questo.” Si difese, girando a destra per iniziare a camminare lungo il corridoio. C’eravamo quasi! Non risposi, non trovando niente di intelligente da dire su quell’argomento.
“Tu?” domandai, d’un tratto.
“Io continuo ad essere cotto di Dafne.” Si lasciò sfuggire un sorriso amaro, che diventò rapidamente allegro e tranquillo “E tu con Lorenzo?”
Mi stampai sulla faccia una faccia da schiaffi di quelle fatte bene “Che ti devo dire?”
“La tua faccia mi basta.” Bravo, mi prendeva anche in giro!
“Ilaria!” mi sentii chiamare da Selene, ed entrambi ci voltammo indietro.
“Compagno di banco.” Disse sempre lei a mo’ di saluto rivolta ad Andrea “Senti Ila.. Posso venire oggi da te per ripassare matematica? Ho qualche problemino..”
“Certo, vieni quando vuoi!” sia lei che Dafne potevano benissimo ricevere le chiavi di casa, erano possibili ospiti a tutte le ore.
“Grazie. Devo anche parlarti..”
Eccone un’altra.
 


Eccomi qui. 
Ce l'ho fatta per oggi, ed ecco pubblicato anche il decimo capitolo.
Caspita. Il decimo. Siamo avanti! *w*

Bene. Cosa ne pensate? Vi anticipo, so che odierete Ilaria, lo so bene! So che difendereste Gabriele anche se fosse un assassino, ma provate ad immedesimarvi in lei. Sembra una cosa stupida, e forse lo è davvero, ma per lei conta molto ciò che scrive su Twitter. :)
Poi c'è lo sfogo di Andrea che, poveretto, sta male. 
E Selene? Secondo voi di cosa parlerà con l'amica? Vi prego, ditemi qualcosa! Sono troppo curiosa di sapere ciò che vi aspettate dalla storia! [anche se questa è difficile.]

Ok, basta. Passiamo ai ringraziamenti.
Ringrazio chi legge silenziosamente, chi segue, chi ricorda, chi preferisce, chi recensisce! Mamma mia, poi che recensioni. Inutile dire che tutte mi fanno sorridere come una cretina! Mi date veramente tanta soddisfazione! Se continuate, se mai un giorno vi incontrerò, vi stritolerò in un abbraccio. u_u (?)
GRAZIEEEEEE

A presto! [Sabato? Domenica?]

Maricuz

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11


“Ok, adesso puoi anche cominciare a parlare.” Dissi, chiudendo il quaderno degli esercizi di matematica che avevo appena finito di fare insieme a Selene. Lei sospirò subito dopo.
“Ho un problema. Cioè, non è direttamente mio il problema, però lo è indirettamente.” Disse, cominciando a gesticolare. Roteai gli occhi. Pensava che accennando e basta avrei capito quello che le passava per la testa? Non ero mica veggente. Non ancora, almeno.
“Certamente. Ho capito tutto.” Annuii.
“E’ per Alessandro.” Alessandro, certo. Il fratello ventenne, ma soprattutto figo, della mia migliore amica. Da piccola ero segretamente innamorata di lui, ma non l’ho mai detto a nessuno. Ero una bambina, dai!
“Che ha fatto?” domandai, incrociando le braccia sul tavolo.
“La ragazza lo ha lasciato, e sai che diventa psicolabile in questi casi.”
“Esagerata.. Diciamo che è sensibile.” La corressi, poi tornai al concetto principale “L’ha lasciato perché? Cioè, le ha fatto qualcosa?”
“Macché ha fatto! Anzi, era il suo servetto! E’ quella che è una troia!” un buon rapporto tra cognate, insomma.
Sospirai “E quindi tu stai male perché sta male lui?”
“Esatto.”
Capii. Selene e Alessandro avevano un bellissimo rapporto e si erano sempre sostenuti a vicenda, specialmente quando i loro genitori avevano divorziato; lei aveva tra gli undici e i dodici anni. Io stavo bene nella mia situazione da figlia unica, ma guardandoli spesso mi era venuta voglia di andare a chiedere un fratellino o una sorellina a mia madre e mio padre.
Tra di loro c’era un’empatia incredibile. Si capivano subito e se uno stava male, di conseguenza soffriva anche l’altro.
A volte era una fregatura.
“Non vorrei iniziasse a fare cazzate..” mormorò a testa bassa “Sarà stata una vacca per me, ma lui l’amava sul serio.”
Mi tirai su dalla sedia e feci alzare anche lei. La bloccai in un abbraccio-sgretola-costole e le sussurrai “Stai tranquilla, tornerà il solito Alessandro tra un po’.”
“Vorrei che questo tra un po’ fosse vicino..” mi allontanai leggermente, guardandola nei suoi occhi scuri. Quando lei era giù di morale mi faceva uno strano effetto, essendo una forza della natura. Sorrisi ugualmente.
“Troveremo un modo.”
 
Il giorno seguente, presi un autobus diverso. Non volevo che la faccia di Gabriele fosse la prima della giornata. Arrivai a scuola qualche minuto più tardi del solito: per i corridoi camminavano un sacco di studenti e nel sottofondo c’era quel suono creato dall’insieme del parlare di tutti. Voci e intonazioni totalmente differenti che formavano una sola cosa. Wow.
“Ilaria!” mi voltai.
Bello come il sole, il mio ragazzo –dico io, mio!- mi stava venendo incontro con uno splendido sorriso stampato sul viso. Arrivato davanti a me, si chinò quel che bastava per baciarmi a fior di labbra e farmi sciogliere completamente.
“Buongiorno.” Dissi. Sono sicura, avevo gli occhi a cuoricino come nei cartoni animati.
“Buongiorno. Pronta per il compito di matematica?” ridacchiai. La sera prima ci eravamo sentiti al telefono, non essendoci visti, e avevamo parlato del più e del meno, quindi anche di ciò che ci aspettava quel giorno.
“Diciamo di sì.” Continuai a guardarlo negli occhi. Azzurri. Non celesti, azzurri. Ripresi divertita “Tu? Preparato per l’interrogazione di letteratura?”
Sbuffò “L’intento era quello di esserlo.”
Scoppiai a ridere, vedendo la sua espressione sconfitta, poi controllai l’ora sul cellulare.
“Senti, mi sa che devo andare in classe.” Ero un po’ dispiaciuta, si.
“Certo! Passo da te all’intervallo.”
Annuii “Va bene.”
Si abbassò una seconda volta per baciarmi e mi lasciò un sorriso. Soddisfatta e contenta, tornai sui miei passi e arrivai nella mia amata aula del secondo piano.
Appena varcata la soglia, mi guardai intorno per capire la situazione. Dafne era a scambiarsi effusioni con Gi-emme e, tra parentesi, erano una coppia dolcissima. Non pensavo che Gianmarco potesse essere così dolce, ma mai giudicare all’apparenza qualcuno. Poco più in là c’era Selene che stava ascoltando attentamente Cosimo, probabilmente per l’ultimo ripasso prima del compito della prima ora. Cloe, Jessica e Claudia stavano spettegolando come non mai: sentivo le loro risatine contenute nonostante ci fosse un fracasso disumano. In fondo, nell’ultima fila della mia colonna, Gabriele e Andrea parlavano. Sembravano essersi avvicinati, e ne fui, in qualche modo, felice. Gabriele, per quanto lo detestassi, era comunque nuovo e iniziava a parlare seriamente con qualcun altro, oltre che con me, mentre Andrea aveva bisogno di qualcuno con cui avere un rapporto di amicizia sincero –sperando che quell’idiota non mentisse anche a lui-.
Li stavo ancora studiando quando il castano incrociò il mio sguardo. Sentii come dei brividi. Quando mi notò mi parve di scorgere nel suo viso della.. cos’era? Tristezza? Del pentimento? Ma non mi interessava. Posai i miei occhi sul mio banco, dove poco dopo appoggiai il mio zaino.
Spinta dalla curiosità, però, tornai su di lui. Stava sospirando e passandosi una mano sul viso. Era davvero così dispiaciuto? Mi morsi l’interno della guancia. Sembrava soffrisse di quella nostra condizione, e mi sentivo quasi in colpa. Non gli avevo dato molto modo di spiegarsi, effettivamente..
No, non potevo lasciar correre. Mi aveva mentito. Era una specie di tradimento, ed io li odiavo.
 
“Allora, come va con il tuo compagno di banco? Ti fa disperare come al solito?”
Ecco, del fattaccio riguardante Gabriele non ne avevo parlato con Lorenzo. Non mi andava. Voglio dire.. Non mi sentivo pronta ad aprirmi così tanto con lui e spiegargli cosa significasse per me uno stupido sito o quel gesto. Diciamo che credevo al detto dai tempo al tempo.
“Al solito!” risposi solamente.
“E al solito significa che vi sopportate?” mi domandò sorridendo.
“Quel che basta per sopravvivere.”
Si, gli stavo mentendo, ma non mi sentivo per niente in colpa.
Restammo a parlare per tutti i dieci minuti di ricreazione, nei quali ci degnò della sua visione nientepopodimeno che Cloe, che lanciò uno sguardo di sufficienza a me e uno lascivo a Lorenzo. Per sua fortuna non la stava neanche considerando, perchè se l’avesse fatto mi sarei offesa a morte.
Dopo aver fissato l’orario per la nostra uscita pomeridiana, ci salutammo e tornammo nelle nostre rispettive classi.
“Davide, fai schifo!” sbraitò Selene, non appena entrai. Aggrottai le sopracciglia ed iniziai a seguire la scenetta. Ogni tanto litigavano, quei due, ma con una frequenza molto minore rispetto a quella mia e di Gabriele.
“Come? Sei tu che me l’hai chiesto!” si giustificò lui spalancando gli occhi. Anche lui non era per niente male. Ok, per esser chiari, nessun ragazzo in classe nostra era brutto. Ognuno aveva le sue particolarità, e poi è una questione di gusti. La bellezza è soggettiva, dico io.
Lui non era alto, diciamo di media altezza, ma aveva un bel fisico. Aveva degli occhi di un colore non ben definito: a volte erano chiari, altre più scuri, a volte sul grigio, altre tendenti al verde. Erano, come dire, interessanti da studiare. I capelli mori e mossi, mai messi in ordine. Il naso non era perfetto in sé, ma lo era per il suo volto. Le labbra né troppo sottili, né troppo carnose. Una cosa che mi piaceva di lui era il suo aspetto in generale: sembrava maturo, più grande della sua età. Eppure era un coglione. Faceva basket –con Lorenzo, tra l’altro- e spesso faceva combriccola con Gianmarco. Erano compagni di banco, infatti.
“Non ti ho chiesto io di fare schifo!” urlò di nuovo la mia amica. Non ci capivo niente, cosa aveva chiesto Selene a Davide?
“Sei tu ad avermi chiesto quello che mi hai chiesto!”
“Ma non dovevi essere così.. dettagliato!” la mora fece una smorfia disgustata.
“Non sono stato dettagliato, fidati.” Sghignazzò l’altro.
Selene roteò gli occhi e si guardò intorno, come in cerca di aiuto. Mi notò e corse verso di me, mentre io la fissavo con un sopracciglio alzato e aria perplessa.
“L’hai sentito?!” mi chiese lei. Intanto anche il ragazzo si stava avvicinando.
“No.”
“Gli ho chiesto cosa pensa un ragazzo quando è in compagnia di una ragazza.”
“E allora?” non capivo. E poi perché gliel’aveva chiesto?
Pensa a scopare, è stata la sua risposta.” Era scandalizzata.
“E dove stanno i dettagli?” dovevo capire.
“Ha iniziato a fare gli esempi!”
“No, adesso spiego pure a te.” Davide entrò nella nostra conversazione con fare paziente, facendomi sorridere divertita.
“Ovviamente questo vale per le ragazze più carine, le altre, se non c’è un interesse più.. psicologico, mentale, sentimentale, non attizzano, in pratica. Comunque, se fossi in una cucina con una bella ragazza, io osserverei attentamente il tavolo per stabilire la sua resistenza. Non vorrei che i troppi movimenti lo distruggessero. O ancora meglio in una camera da letto! Intendo dire..” lo fermai, alzando una mano.
“Abbiamo capito.”
“Visto che fa schifo?”
“Selly Kelly, è normale! E non ci sono stati neanche tanti dettagli.” ribatté Davide.
“Smettila di chiamarmi Selly Kelly!”
Sospirai e andai verso il mio banco. Meglio ignorarli. Gabriele era già seduto, stava scrivendo qualcosa su un foglio. Dalla sua posizione mi era sembrato quasi svogliato, ma il suo sguardo puntava il pezzo di carta così intensamente che mi fece cambiare idea. Mi accostai a lui, aspettando che si spostasse per farmi sedere, e non appena vide la mia figura alzò gli occhi, indirizzandoli al muro davanti a sé. Non mi aveva guardato, ma sapeva fossi io. Andò più avanti con la sedia, mormorando uno “scusa” poco udibile e coprendo il foglio con una mano distrattamente, come se fosse abituato a farlo e venisse spontaneo.
In ogni caso, questo era il nostro massimo scambio di parole.
 
“Ma perché dovrei venire a fare la spesa con te?” domandai, per l’ennesima volta, esasperata.
“Perché esci per due motivi e basta, tu. Uno: andare a scuola, e due: uscire con il tuo fidanzatino!” feci una smorfia.
“Fidanzatino.. Ha diciassette anni, non dieci.”
“E allora? Vuoi mettere a confronto la mia età con quella di.. Come si chiama? Lorenzo. Comunque, tornando all’argomento principale, vorrei passare un po’ di tempo con mia figlia!” mia madre continuava a blaterare andando in giro per la casa preparandosi. Ogni frase che diceva proveniva da una stanza diversa. Come facesse a spostarsi così velocemente, io non lo so.
“Ma ci abiti con me, non ti basta?”
“Ilaria. Non mi fare arrabbiare.” Ecco, questa frase la diceva solo quando non aveva voglia di trovare qualche buona ragione per farmi desistere.
Sospirai e accettai, infine, il suo invito.
Nel viaggio in macchina, iniziò a farmi una serie di domande su Lorenzo, sul nostro rapporto e su Gabriele. Sì, mia madre era fissata con Gabriele Bonetti. Pareva che gli stesse più simpatico lui del mio ragazzo, senza conoscere nessuno dei due. Ok, il castano l’aveva visto una volta di sfuggita, ma non importa. Quella donna era strana, ma d’altra parte da qualcuno dovevo pur prendere.
Arrivammo al supermercato, mi diede le sue direttive e mi spedì alla ricerca di fazzoletti, tovaglioli e roba del genere. Menomale voleva passare un po’ di tempo con me. Camminavo per i vari corridoi e scaffali che non mi interessavano guardandomi intorno. Non so perché, ma mi sentivo sempre a disagio nei supermercati. Era come se fossi continuamente osservata, e questo mi dava fastidio. Girai la testa verso destra per controllare che prodotti ci fossero e mi fermai. Alessandro.
Stessi capelli corvini di Selene, ma meno ricci. I grandi occhi tinti di un marrone scuro e velati da uno strato di tristezza puntati sui vari tipi di birra in vendita. Le sopracciglia leggermente aggrottate e una quasi invisibile smorfia causata dal dubbio sulle labbra.
Bello.
Presi un respiro profondo e mi avvicinai sorridendo “Ale!”
Lui si voltò sorpreso, poi provò a sorridere, nonostante gli fosse difficile “Ilaria, ciao.”
Arrivata accanto a lui, si piegò per baciarmi le guance “Non ci vediamo da un po’ noi, eh.” aggiunse.
Ridacchiai “Non vengo più tanto spesso a casa vostra, e quando ci sono io non ci sei tu.”
“Capita. Ci siamo visti adesso, dai.”
Annuii “Che fai?”
“Mah, cucino marmotte. Secondo te?” risi.
“Allora, che compri?”
Abbozzò un sorriso, alzando una mano per indicare le confezioni di birra e facendola poi ricadere sul fianco “L’avevo finita. Sto aumentando il tiro, ultimamente.”
“Capisco.”
Si, avevo capito. Dalla birra sarebbe passato a qualcosa di più forte, aveva proprio un bel programma.
 


Eccoci qua!
Ecco di cosa voleva parlare Selene: suo fratello Alessandro.
Ringrazio chiunque si sia messo a immaginarsi un possibile svolgimento nel caso in cui lei si fosse infatuata di Gabriele, Andrea, Gianmarco etc etc..  ahaha
Insomma, 'sto nuovo personaggio problematico.. So che questo capitolo è un po' noioso, forse, ma serve molto per il futuro.
Tra qualche capitolo capirete.
E poi abbiamo parlato un po' del personaggio di Davide! Anche lui, gran genio. (?) u_u

Cosa dite quest'oggi della situazione tra Ilaria e Gabriele? Chi è dalla parte di chi? :P

Grazie a tutti come al solito! A tutti, per tutto. Graziegraziegraziegraziegraziegrazie.
A Mercoledì/Giovedì!

Maricuz

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12


“Qui dobbiamo mettere in chiaro la situazione.” Cominciai io, sedendomi sul banco di Dafne e guardando entrambe le mie due migliori amiche “Io sto con Lorenzo, il che implica il fatto che mi piaccia. Dafne sta con Gianmarco, e che le piaccia lui è ovvio, dopo un anno che gli ha sbavato dietro costantemente. Ma tu, Selene..”
“Mi stai per caso rinfacciando che sono sola come un cane?” domandò subito lei, spalancando i grandi occhi scuri contornati da lunghe ciglia nere.
“No, non era quello che volevo sottolineare.” Dissi io, mettendo su un finto broncio perché non mi aveva fatto terminare il mio discorso.
“Penso che lei intendesse chiederti se ti piace qualcuno.” La informò la bionda, gentile come al solito, con un sorriso divertito sulle labbra.
“Ah. No, non mi piace nessuno.” Rispose subito.
Scossi la testa. Non era per niente credibile! Era impossibile che non le piacesse nessuno. No, ok, era possibile e lo sapevo per esperienza personale, ma lo diceva da quasi due anni. Era il tempo, che non mi, anzi ci, convinceva.
“Ma mi sembra strano!” sbuffai io.
“Non dovrebbe essere così. Fino a poco tempo fa dicevi la stessa cosa!” tentò lei, con tono incerto. Dedussi che fosse tutta una scusa.
“Perché non ce lo vuoi dire?” insistetti.
“Perché non c’è niente da dire!”
Sospirai. Era inutile continuare, e non era neanche giusto. Se ce l’avesse voluto dire, ce l’avrebbe detto. Focalizzai allora l’attenzione su Dafne “Te, con Gi-Emme?”
“Eh.. Cosa devo dire..?” chinò leggermente il capo in basso, nascondendo un sorriso timido e le gote leggermente arrossate. Che tenera.
“Non so, parla tu, lasciati andare!” la incitai. Oh, ero curiosissima, scusatemi!
“E’.. Lui. Mi piace. Ci sto bene, e poi è così..” sospirò, non riuscendo a trovare il termine adatto, probabilmente “non lo so. E’ lui.”
Mi voltai automaticamente verso Gianmarco, che stava discutendo con Davide dell’ultima partita di calcio della fiorentina. Alto, fisico asciutto e assolutamente ben fatto. I capelli castani –più scuri di quelli di Gabriele, che erano quasi biondi- lisci e di media lunghezza. Il naso perfetto, dritto e all’insù. Le labbra sottili, che quando si aprivano lasciavano spazio ad uno dei sorrisi più belli che avessi mai visto. Sapeva di.. genuino. Perché infondo lo era, genuino. Era un po’ troppo megalomane, ma era un bravo ragazzo. Tornando alla descrizione fisica, gli occhi. Gli occhi erano verdi, non avevano una forma particolare ma avevano delle iridi pazzesche. Non quanto quelle di Gabriele però.
Perché diavolo continuavo a paragonarlo a lui?
Sbuffai e mi riconcentrai sul suo aspetto. Mi aveva sempre ricordato Jared Leto, non so il perché. Sì, era un Jared Leto diciassettenne con gli occhi verdi e un po’ più alto. Non male, eh?
Io l’ho sempre detto che era bello.
“Non ci credo che non abbia neanche un difetto.” Mormorò dubbiosa Selene. Tra parentesi, concordavo con lei.
“Beh, forse è un po’ egocentrico..”
“Continua, non glielo diciamo.” Scherzai io.
“E a volte non mi fa sentire desiderata.” Fece una piccola smorfia.
“In che senso?” aggrottai le sopracciglia.
“Non lo so. Cioè, quando mi bacia, mi accarezza e cose così, si sente che ci tiene a me, ma.. Sembra strano, ma vorrei fosse più protettivo o geloso.” Disse tutto d’un fiato. Riprese “Non troppo, è ovvio. E’ totalmente indifferente ad ogni ragazzo che si avvicina a me. Ho provato anche a parlare di qualche mio ex, ma niente.”
“E’ troppo sicuro di sé.” Annuì la mora, e per la seconda volta mi trovai d’accordo.
“Mi dà per scontata..” soffiò Dafne, con un velo di amarezza nei suoi occhi azzurri. Le presi la mano.
“Non essere così drastica. Magari col tempo imparerà ad apprezzarti di più, il coglione!”
Sorrise, sia per divertimento che per gratitudine, poi suonò la campanella. Le ultime due ore erano di educazione fisica.
 
La cattedra sistemata nella palestra era completamente circondata dalla nostra classe. Il professore stava segnando le assenze. Indovinate un po’? Mancava Mattia. Scorreva con la penna i nomi sull’elenco dicendoli ad alta voce.
“Iniziamo.. Archi!”
“Presente!” Dissi, fissando il registro.
“Bonetti!”
“Presente.” Alzai lo sguardo, trovandolo davanti a me con lo sguardo puntato sui miei occhi. Che cavolo guardava? Doveva smetterla! Come se non bastasse, sembrava che chiedesse perdono senza neanche dire una parola. Non volevo perdonarlo, non ancora. Sapevo che un giorno l’avrei fatto, non avrei resistito e mi stupivo già di quanto stessi lottando in quei giorni, ma sapevo anche che non era il momento.
Distolsi lo sguardo, sentendo la voce di Davide gridare “Sono qui!” mentre correva verso di noi, in ritardo “Porcaccia pu..ledra.” sbottò a denti stretti inciampando sui piedi di Gianmarco.
“Vallini, ti darei un più solo per l’auto-controllo, ma oggi non ho voglia.”
“Grazie prof..” borbottò il moro.
Il nostro insegnante, appena finì di fare l’appello, si alzò e ci spiegò l’esercizio che avremmo dovuto fare di lì a poco. Non appena capii che si trattava della giornata basket, mi girai sorridendo verso Davide che già si stava strofinando le mani euforico. Maschi.
Ci dividemmo  in due squadre. Il tutto si basava solamente sul tirare a canestro uno per uno finché non centravamo il bersaglio. Il gruppo che finiva prima vinceva, ovviamente. Sospirai intimorita. La pallacanestro era uno sport che non sopportavo proprio. Non mi piaceva né vederlo, né giocarlo. Zero! Ironia della sorte: stavo con un cestista.
Ci mettemmo in fila, e non appena il professore fischiò, i primi due partirono motivati e pronti a vincere. Filava tutto liscio, fino a quando non fu il turno di Gabriele.
I capelli che si spostavano per la velocità, gli occhi di ghiaccio puntati sul canestro, i polpacci tonici sotto sforzo per la corsa. Deglutii. Rallentò per tirare la palla, alzando le braccia e quindi anche la sua stupida maglietta bianca che scoprì gli addominali scolpiti del mio compagno di classe quel tanto che bastava per far morire noi donne.
“Ilaria, stai pronta che dopo sta a te.” Mi svegliò Andrea, dietro di me.
Ma che diavolo stavo facendo? Mi mettevo a sbavare su quell’idiota? Ancora sconvolta, presi la palla che mi stava lanciando Chiara e partii all’attacco. Non so per quale assurdo motivo, ma già al primo tiro avevo compiuto la mia missione. Quella che si dice la fortuna del principiante.
Tornata in fila, mi voltai verso sinistra.
Sempre lui, si stava facendo aria con la sua stessa maglietta. Scossi la testa assottigliando gli occhi.
“Bastardo..” mormorai.
“Che fai, parli da sola?” mi chiese dubbioso e ansimante Toletti, che mi aveva appena affiancato. Distolsi immediatamente lo sguardo dal corpo del ragazzo della fila opposta e arrossii, maledicendomi mentalmente per la mia emotività.
“No, chi, io? Da sola? Macchè!” sembravo isterica. Mi correggo, lo ero.
Si accigliò maggiormente posando gli occhi sulla persona che fino a poco prima stavo fissando io stessa. Ma porc..
“Perché.. davi del bastardo al Bone?” chiese incerto. Al Bone? Cos’era quella confidenza?
Bone?” domandai, appunto.
“Eh, si. Gabriele è troppo lungo. Ultimamente poi ci stiamo avvicinando.” Sorrise scrollando le spalle. Annuii in risposta.
“Capisco.” Beh un amico fidato serviva ad entrambi.
“Si, ma gli davi del bastardo?”
“Si.” Risposi sovrappensiero, senza rendermene neanche conto. Quando me ne accorsi, iniziai a cercare una motivazione plausibile da dare alla sua futura domanda, che già prevedevo.
“E perché?” mi guardò, poi aggiunse “La storia dell’altro giorno?”
“Esatto.” No, in realtà ero presa da altro prima, ma mica potevo dirgli “Si, guarda, il tuo nuovo amico stimola le mie non caste fantasie!” Non era neanche vero.
Ok, non ci credeva nessuno, nemmen’io lo facevo.
Feci una smorfia infastidita. Doveva per forza essere così attraente? Bastardo alla seconda. Andrea continuava a guardarmi stranito, non capendo probabilmente i miei continui cambi di espressione. Effettivamente, sembravo completamente pazza.
“Certo..” mormorò indeciso “Comunque lo sai benissimo che gli dispiace. Non so se ti stai trattenendo dal perdonarlo per orgoglio o per vendetta.” Non c’era accusa nel suo tono, vorrei precisarlo.
“Probabilmente entrambi..” sussurrai.
“Archi, Toletti! Cinque giri di campo!” era il professore quello? Sì, era il professore.
 
“Se mi va bene, quella domani mi dà due.”
“Chi c’ha il deodorante?”
“Dove cazzo è la mia maglietta?”
Ci stavamo cambiando nello spogliatoio delle ragazze. Ogni gruppetto parlava degli affari loro e si preparava per tornare finalmente a casa dopo una giornata che sembrava non finire mai.
“Ah Ila!” mi chiamò all’improvviso Selene. Alzai la testa, continuando a legarmi le stringhe delle mie amate converse.
“Andrea prima mi ha chiesto se Sabato andavamo da qualche parte tutti insieme!”
“Chi è tutti insieme?” chiesi io, alzando un sopracciglio.
“Tutti! Io, te, Andre, Dafne, Gi-emme, Davide, Gabriele.. Aperto a tutti. Nel mio gergo: portati anche Lorenzo.” Riferì tranquilla. Annuii.
“E dove andremmo?”
“Boh, probabilmente a quel locale che hanno aperto un mesetto fa.. Ci sarà la festa di Halloween.”
“Halloween?” Cloe entrò nel nostro discorso con la sua vocetta insopportabile –che oltretutto non sentivo da quella specie di litigio di qualche giorno prima-. Che diamine voleva?
“Si, Halloween..” sbuffò già annoiata la mora.
“Oh, ma tu guarda!” esclamò, con il sorriso più finto che potesse fare “Ci saremo anche noi!” con noi intendeva sicuramente lei e le altre due gallinelle a suo seguito.
“Che fortuna.” Mi lasciai sfuggire, guadagnandomi una sua occhiata di fuoco.
“Già. Comunque, sarebbe bello trovarci tutti lì, no?” Bello quanto una gita nel bagno di casa tua, pensai.
“Ilaria, porta anche il tuo ragazzo, sì! Così vediamo quanto è fedele.” Sputò cattiva. Non aveva proprio niente da fare invece che venire a rompere le scatole a me? Ma un ragazzo suo non se lo poteva trovare? Anche più di uno. Per quanto mi riguardava poteva davvero darla a tutti, l’importante era che non venisse ad assillare noi con le sue stupide ed inutili cattiverie e che non ci provasse con Lorenzo. Capii inoltre che era tornata all’attacco approfittando del fatto che io e Gabriele avessimo litigato, e che nello spogliatoio non sarebbe di certo venuto a difendermi come la volta precedente.
Quel pensiero mi fece innervosire ancora di più. Io non avevo bisogno di lui, e nessuno doveva crederlo.
“Lo farò, puoi starne certa! Così vediamo quanto sei zoccola.”
“Brutta..” fu un attimo. Si sentì qualche grido tipicamente femminile. Selene l’afferrò prima che mi saltasse al collo mentre Dafne mi prese per mano e mi trascinò fuori, facendoci quasi sbattere con gli uomini che si erano precipitati verso la zona femminile appena sentite le urla.
“Che sta succedendo?” Andrea aveva l’espressione più scandalizzata di tutte.
“Niente.” Dicemmo entrambe. Lei facendo finta di niente, io ringhiando.
“TORNA DENTRO SE NE HAI IL CORAGGIO, PUTTANA!”
“Oh, beh, certo. Proprio niente.” Disse ironico Gabriele.
“Anche se fosse, non sarebbero affari tuoi.” Dissi io, socchiudendo minacciosamente gli occhi. Lui alzò le mani, come per tirarsene fuori, ma notai una nota infastidita dalla mia risposta sul suo volto.
“Rissa?” chiese stupidamente Davide.
“Più o meno..” Dafne spiegò quel semplice ed innocuo scambio di battute tra me e Cloe guardando principalmente Gianmarco, ma informando tutti.
“Oh mio Dio.” Mormorò, sempre Davide “Una rissa tra donne. Ilaria torna dentro, ti prego!”
Andrea gli diede una spinta “Non dire stronzate.” Poi si voltò verso di me “Mi spiace dirlo, ma hai iniziato te. Dovresti scu..”
“NO!” Non mi sarei mai scusata. Non avevo motivo di farlo! Quello che avevo detto lo pensavo davvero. Perché mi sarei dovuta scusare per i miei pensieri? Che senso aveva?
Gabriele abbozzò un sorriso, come se fosse d’accordo con me, mentre il ragazzo dai grandi occhi nocciola mi guardo con rimprovero, come un padre guarda la figlia quando fa qualche danno. Ribadii la mia decisione scuotendo la testa e alzando le sopracciglia, omettendo uno “Scordatelo, non esiste.”
E così finì tutto. Me ne andai, arrabbiata e piuttosto suscettibile, senza neanche tornare dentro per prendere il cappotto e lo zaino che mi vennero riportati gentilmente –e con una certa fretta- da Selene.
 


Cloe ritorna all'attacco! :)
Ilaria, già nervosa di suo perchè si scopre attratta fisicamente da Gabriele, sente l'impulso irrefrenavile di scannare la bionda tinta. u_u
In sostanza, è il riassunto del capitolo.

Vi è piaciuto? :3
Spero con tutto il cuore di si. Mi scuso in anticipo perchè probabilmente il prossimo capitolo sarà ancora più noioso di questo, ma vi posso garantire che dopo questa "quiete", ci sarà la "tempesta". Quindi, preparatevi. No vabè, ve lo dico. ._.

Vi ringrazio, come al solito. Non sto a ripetere, ormai lo avete capito.
Semplicemente, GRAZIE.

Inoltre, colgo l'occasione per augurarvi un Buon Natale, visto che non pubblicherò più prima del 25! :)
Tantissimi auguri! Spero troviate sotto l'albero un Gabriele bello e impacchettato col fiocco in testa! :3

A Lunedì, probabilmente. :)

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13


Non pensavo che una cosa del genere potesse essere possibile.
Sospirai. Da venti minuti ero immobile, seduta su una sedia sufficientemente comoda e con gli occhi puntati sul quadro davanti a me. Mi sarei detta “Studialo, analizzalo!”, il problema era che l’avevo fatto almeno un centinaio di volte nei miei diciassette anni di vita, e mai era cambiato. Era sempre il solito villaggio situato intorno al solito fiume con la foce a delta con i suoi soliti abitanti con testoni grandi quanto i tetti delle case. Inquietante.
Abbassai leggermente lo sguardo, puntandolo su una sedia vuota. L’importante era mantenere la mente occupata. Odiavo le sale d’attesa, specie se c’era qualcun altro oltre a me. Odiavo andare a fare un semplice controllo dal dentista per questo semplice motivo. Odiavo dover trattenermi dallo scoppiare a ridere per il silenzio inusuale.
Amavo i bambini piccoli che urlavano o chiacchieravano, permettendo al mio povero viso di sciogliersi almeno in un sorriso intenerito.
Comunque, erano le tre del pomeriggio, ed era Sabato. Era legale avere un appuntamento dal dentista per Halloween?
Era questo che pensavo non potesse essere possibile.
Sentii la vibrazione del mio cellulare nella tasca destra dei pantaloni. Cercando di fare il minor rumore possibile, mi mossi un po’ e tirai fuori l’apparecchio. Un messaggio da Dafne.
 

Per le 4 siamo lì. Io intanto penso da cosa vestirmi! :S

 
Sorrisi e iniziai a digitare velocemente la risposta. La sera saremmo andati a quel famoso locale. Ci sarebbero state anche le tre oche, purtroppo, ma era il prezzo da pagare. Dopo quel battibecco –sminuendolo- ci eravamo limitate a lanciarci occhiate di fuoco e qualche frecciatina, ma niente di che. Tutti gli altri cercavano sempre di fermarci prima di iniziare un’eventuale rissa, anche se loro stessi faticavano a mantenere l’autocontrollo con noi.
“Archi” mi chiamarono mentre stavo rimettendo apposto il cellulare e mi alzai, sperando fosse una cosa veloce. Andavo di fretta.
 
Hai deciso per stasera, allora?
“Avevo già deciso, ma adesso ne sono più che convinta.” Risposi risoluta, sistemandomi meglio sul letto e sorridendo, come se potesse vedermi.
Una vampira e uno zombie. Che accoppiata..” sghignazzò Lorenzo, influenzando anche me.
“E’ Halloween. Possiamo.”
Giusto..” fece una breve pausa “Vengono Selene e Dafne da te, vero?
“Sì, dovrebbero arrivare a momenti. Sai com’è, preparativi tra ragazze.. Come nei film! A volte non sono così lontani dalla realtà.”
Oh, lo so bene. Loro da cosa si travestiranno?
“Selene da strega, si è impuntata. Dafne non lo so, sinceramente.”
Dei ragazzi sai niente?” chiese curioso.
“So solo di Davide. Dice di volersi vestire da sopravvissuto del Titanic.” Lo sentii scoppiare a ridere. Effettivamente, poteva pensarci solo quella mente malata di Vallini.
Beh, originale!
Prima che riuscissi a rispondere, suonò il campanello. Sospirai e lo salutai velocemente. Ero troppo euforica. Avevo una voglia di parlare con loro che superava anche quella di parlare con Lorenzo. La preparazione prima di una serata del genere era quasi migliore della serata stessa.
E poi dovevamo spettegolare.
Quando uscii di camera per andare a dare il benvenuto alle mie amiche, erano già per il corridoio.
“E’ a parlare con il suo principino!” sentii chiaramente mia madre prendermi in giro dalla cucina e le risate di Selene e Dafne. Veramente incoraggiante!
“ERO a parlare con il mio principino.” Borbottai, poi mi lasciai andare ad un sorriso smagliante e abbracciai le due ragazze, anche loro visivamente emozionate.
Feci un lieve inchino indicando loro la mia camera, e appena entrarono le seguii. La mora si sistemò tranquillamente sul letto, mentre Dafne prese la sedia posizionata davanti al computer e l’avvicinò all’altra. Io mi sedetti accanto a Selene.
“Allora, prima Dafne mi ha detto che si voleva vestire da banshee, ma non ho idea di cosa sia.”
Spalancai gli occhi e guardai la diretta interessata “Banshee! Che figata!”
Spiegai brevemente cosa fosse a Selene con l’ausilio della bionda. Una banshee è uno spirito leggendario femminile tipicamente irlandese. Viene solitamente rappresentata come una bella donna con capelli lunghi, occhi arrossati dal pianto e un vestito verde. Voi vi chiederete, che c’entra con Halloween? Cos’ha di così tanto spaventoso? Beh, ve lo dico. Le banshee si mostrano agli esseri umani solo se essi sono sul punto di morte. In poche parole, non vi augurerei mai di vederne una.
“Wow. Allora sono pienamente d’accordo.”
“Io te l’avevo detto.” Sorrise soddisfatta Dafne “Comunque, io inizierei a prepararmi. Alle nove e mezzo viene tuo fratello a prenderci, no?”
“Ma Alessandro ci porta e se ne va o rimane?” domandai io.
“Ci accompagna e rimane. Dice di volersi svagare, e a me sta benissimo.” La riccia abbozzò un sorriso. Suo fratello stava ancora male, anche se sembrava migliorasse leggermente.
Ah, l’amore. Molte persone intorno a me avevano problemi con lui. Andrea, che ancora stravedeva per la mia migliore amica, lei che si sentiva poco desiderata, Alessandro lasciato dalla ragazza che amava.. Io per fortuna, stavo bene. Sapevo benissimo che ci sarebbero stati degli alti e bassi, ma potevo ritenermi momentaneamente salva da quel tipo di sofferenza.
“Ma non si traveste.”
“Vabè, non è obbligatorio.”
Con calma, ma anche con molta attenzione, iniziammo a travestirci. La parte più divertente, ovviamente, era il trucco e non perché amavo truccarmi, anzi, matita e mascara bastavano e avanzavano. Solo che per il mio costume da vampiro, era a dir poco fondamentale.
Quando Dafne terminò –trucco e parrucco a lei, sempre e comunque- e mi guardai allo specchio, potei sinceramente dire che avesse dato il meglio di sé. Ero.. Spaventosamente spettacolare.
I vampiri sono morti, si sa, e infatti la mia pelle era molto più chiara rispetto a prima, quasi bianca. Gli occhi contornati dal nero e dal viola, facendo un rispettabilissimo contrasto con il verde delle mie iridi. Le labbra più rosse, decorate da un po’ di sangue finto che arrivava al mento.
“Oddio.”
Vidi la ragazza sorridere attraverso lo specchio “Spesso si mettono anche le lenti colorate per essere più fighi, ma a te non servono.”
“Ma Lorenzo così s’arrapa troppo.” Questa era l’uscita fine di Selene. Risi, spingendola leggermente.
“Non è vero!”
“No, hai ragione, s’arraperà anche Bonetti.”
Assottigliai lo sguardo girandomi. Che cavolo c’entrava lui?
“Dai, si vede che ti viene dietro.” Continuò lei.
“Ma che diavolo dici?” bella quella!
“Va bene, non ascoltarmi, ma è innegabile l’attrazione fisica tra voi due.” Alzò le mani in segno di resa.
“No no no, un momento. Tra voi due? A me non attrae per niente.” Per niente.. Ok, potevamo parlarne.
Entrambe rimasero in silenzio, guardandomi con espressioni completamente neutrali. Si scambiarono una veloce occhiata, come succede solo nei cartoni animati, e scrollarono le spalle.
“Hai ragione tu.”
“Certo che ho ragione io!” dissi convinta “E ora mi metto i denti, scusate.” Tornai con il corpo rivolto verso lo specchio e feci quello che avevo appena anticipato, cercando di non incrociare lo sguardo di quelle due insinuatrici.
 
“Sì, mamma.” Sbuffai. Per quanto aveva intenzione di continuare con le sue raccomandazioni? Sempre le stesse, poi. Alessandro ci stava aspettando in macchina da almeno dieci minuti, poverino.
“I soldi li hai presi?”
“Sì.”
“Ma siete voi tre e..?”
“Noi, Lorenzo, Gianmarco, Alessandro che rimane, Andrea, Gabriele..” iniziai con la lista, contando con le dita della mano, ma mi bloccò.
“Oh, Gabriele! Come sta? Che bello che è quel ragazzo. Ha un sorriso così gentile!” ma perché?
“Si, si. Sta bene.” Cercai di fermarla, mentre le mie amiche stavano tranquillamente sghignazzando alle mie spalle. Bell’aiuto.
“E Andrea? Mamma mia, non lo vedo dalla festa del tuo ultimo compleanno! Anche lui è veramente un bravo ragazzo.”
“Sì,  mamma. Lo penso anche io, ma dovremmo andare.”
“Sì, giusto. Mi raccomando, stai attenta. Se hai biso-”
“Se ho bisogno faccio uno squillo e nel caso non trovassi un passaggio per tornare a casa, chiamo e papà arriva. Mamma, lo so!”
Lei mi sorrise e si avvicinò per baciarmi i capelli, lasciati sciolti per l’occasione, ma io mi scansai, facendole fare una smorfia contrariata“Non ti provare! Devo rimanere così per qualche ora!”
“E va bene, andate, andate!” ci scacciò come delle mosche con la mano.
La salutammo ed uscimmo saltellanti di casa. Entrammo nella macchina di Alessandro. Capelli volutamente spettinati, sorriso accattivante, jeans, giacchetta di pelle.. Una bomba, considerando che era bello di per sé.
“Ragazze, belle da paura.” Esordì guardandoci attraverso lo specchietto retrovisore, poi fissò sua sorella “Tranne te, fai paura e basta.”
“Stronzo.”
“Scherzavo, dai. Sei.. carina.” Io e Dafne ci guardammo e sorridemmo. Nonostante lui dicesse una cosa, dagli occhi se ne leggeva un’altra. Per lui era sempre stupenda.
 
Scendemmo dalla macchina pochi minuti dopo. Ci guardammo intorno, alla ricerca dei nostri amici, ma vedemmo solo Cloe, Claudia e Jessica che non considerammo con non-chalance.
“Quello è Andrea.” Alessandro alzò un braccio per indicarlo. Il ragazzo non aveva un travestimento particolare, anzi, non ce l’aveva proprio. E con questo non intendo dire che fosse nudo. Insieme a lui, c’erano altri due ragazzi. Quando ci avvicinammo, capimmo chi fossero. Davide e Gianmarco.
Il primo indossava vestiti eleganti brutalmente stracciati, e quando si voltò potemmo vedere come avesse cercato di riportare sul viso l’effetto congelamento. Il secondo, invece, era pieno di sangue finto. Sulla faccia, sul collo, sulle mani, e anche sulla giacca, sulla camicia e sui pantaloni che prima erano banchi come il latte. Immaginai volesse sembrare un assassino. Inoltre, aveva tirato indietro tutti i capelli, dandogli un’aria più adulta.
Non appena ci videro, quasi non scoppiai a ridere. Andrea e Gianmarco, guardando Dafne, spalancarono occhi e bocca, mentre Davide squadrò Selene in tutta la sua interezza, cosa che non sfuggì né a me né ad Alessandro, a cui si indurirono leggermente i tratti del viso. Un cane da punta.
Mi sentivo quasi esclusa. Nessuno mi aveva guardato per più di due secondi, e dopo tutta quella soddisfazione che avevo provato guardandomi allo specchio, mi sentii smontata come una sorpresina dell’ovetto Kinder. Ok, forse un po’ meno. Dovetti comunque ritirare tutto quando la mora mi diede una leggera gomitata sulle costole. Mi voltai.
Lorenzo e Gabriele.
Lorenzo e Gabriele insieme? Entrambi, camminando verso di noi, mi fissavano. Studiai meglio prima il mio ragazzo, sorridente e radioso con la pelle che gli cadeva letteralmente a pezzi. Pelle finta, ovviamente. Rabbrividii al pensiero di quella vera che ciondola da una qualsiasi parte del corpo. Sembrava uscito dal video Thriller di Michael Jackson, già lo vedevo ballare con una schiera di zombie alle spalle. Ricambiai il sorriso, che si gelò quando guardai il ragazzo che gli stava accanto. Un vampiro.
Un vampiro? Proprio lui doveva vestirsi da vampiro? Proprio lui, da vampiro, doveva essere così dannatamente bello?
E il trucco chi gliel’aveva fatto? Tecnicamente parlando, era venuto una meraviglia. Inoltre l’alone di mistero, caratteristica innata di Gabriele, era triplicato in quei panni. E l’espressione che aveva, così seria, così volutamente malvagia, rendeva tutto perfetto.
Mi accorsi che stavo trattenendo il respiro. Ripresi a fare quell’attività piuttosto fondamentale e rivolsi di nuovo la mia attenzione a Lorenzo, com’era giusto che fosse. Ne avevo data anche troppa a Bonetti. Quando il biondo si avvicinò per baciarmi, però, mi scansai.
“Scusa, il trucco.”
 


Allora, devo dire un po' di cose.
Innanzi tutto: AUGURI JARED LETO. Non posso non farglieli! Lo stimo, lo ammiro, mi piace e mi ha ispirata per creare il personaggio di Gianmarco (fisicamente parlando). u_u
Quarant'anni portati benissimo.
Poi, per chi si chiama Stefano/Stefania, buon onomastico! ahaha
Spero abbiate passato un bellissimo Natale e che abbiate ricevuto taaaanti tanti bei regali. Mi spiace per chi è rimasta delusa (come la sottoscritta) non trovando Gabriele sotto l'albero, ma c'è stato un problema con la clonazione.

Parlando del capitolo. Come avete potuto leggere, non succede un gran ché se non nella parte finale dove presentiamo i protagonisti con i loro travestimenti.
Siamo ancora nella quiete, ma penso possiate ben capire che nel prossimo capitolo succederà qualcosa.
Secondo voi, cosa? °w° 
Sono curiosa di sapere cosa vi aspettate, è bello, mi aiutate a capire quanto sono prevedibile! ahah

Dopo questo, fatemi pensare. ._.
Uhm.. Boh. Ringrazio tutti. Il primo capitolo ha ricevuto quasi 1000 visualizzazioni (ne mancano tipo 12 ._.) e ne sono onoratissima.
Ringrazio anche le persone che recensiscono. Chi scrive e pubblica su questo sito può capire la soddisfazione IMMANE che prende quando si legge il commento.
G r a z i e.

Ci "leggiamo" Venerdì, ovvero tra quattro giorni. 
L'ultimo capitolo del 2011. Wow.

Maricuz

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14


Non andava affatto bene.
Perché provavo tutta quella attrazione per lui? Insomma, era sbagliato! Non doveva essere per lui, ma per Lorenzo! Eppure in quei secondi in cui entrambi si stavano avvicinando, il mio subconscio sperava che la scelta del costume mia e di Gabriele fosse dettata dal destino, e non dal caso.
“Cavolo Gabbo, figo il trucco!” Gabbo, Gi-emme.. Ma Selene da dove diavolo tirava fuori i soprannomi? Il diretto interessato lasciò perdere il suo nuovo appellativo, iniziando già a capire che tipo fosse la mia amica, e scrollò le spalle.
“Mia madre è fissata col paranormale e ne ha approfittato per usarmi come cavia.”
La madre. Non parlava mai della sua famiglia. O meglio, lei l’aveva nominata tempo prima, ma il padre mai. Ero comunque sicura che non avesse sorelle o fratelli.
“Falle i miei più sinceri complimenti!”
“Lo farò.”
Cambiai oggetto di osservazione, voltandomi verso il mio ragazzo che stava allegramente salutando Davide, suo compagno di squadra.
“Davide, ma sei un genio!”
“Lo so. Non sai che fatica che ho fatto a trovare i vestiti. Quando li ho stracciati poi, un colpo al cuore.” Disse teatralmente l’altro.
Guardai Alessandro, che invece stava parlottando con la sorella su Dafne e Gianmarco. Istintivamente, diedi un’occhiata. Si stavano sbaciucchiando dolcemente, chiedendosi a vicenda che travestimento avessero scelto. Avevo visto giusto, il ragazzo aveva optato per l’assassino psicopatico. Andrea cercava di non guardarli, ma si vedeva quanto fosse difficile per lui. Lo aveva notato anche Gabriele, che stava cercando di distrarlo raccontandogli proprio delle disperate vicende che aveva passato con la madre, facendolo anche sorridere divertito.
Mi sentii abbracciare da dietro e capii subito chi fosse.
“A che pensi?” mi sussurrò dolcemente all’orecchio. Scossi la testa.
“Osservavo.” Dissi semplicemente.
Annuì “Posso darti almeno un bacio sulla guancia o ti rovino il trucco?”
Feci finta di pensarci, ma quella sua premura mi fece sorridere, rendendo meno credibile il tutto. Percepii il suo tocco leggero sul viso e mi avvicinai involontariamente a lui. Mi piacevano troppo gli abbracci da dietro. Erano così.. affettuosi. Sì, affettuosi.
“Allora, entriamo?” propose Gianmarco, il solito capobanda che spingeva il gruppetto verso il divertimento. Sempre con responsabilità, ovviamente.
Dopo un po’ di fila, entrammo nel locale. Uno spettacolo. Sembrava come quello che vedi nei film, e poi era addobbato meravigliosamente. Ragnatele, ragni, atmosfera spettrale, luci scure. Nero, blu, viola. Anche la musica aveva quel non so che di oscuro. C’erano già molti ragazzi: alcuni ballavano, altri bevevano al bancone e altri ancora parlavano seduti sui divanetti.
Per iniziare, ci mettemmo tutti comodi con dei drink in mano. Tutti tranne Alessandro, che già era sparito. Discutevamo, ridevamo, scherzavamo. Come inizio fu veramente divertente. In certi momenti mi maledivo per essermi truccata, avevo paura che piangendo dal ridere avrei rovinato tutto. Per fortuna e non so come, resistetti e rimase tutto intatto.
“Vieni dai, balliamo un po’.” Gianmarco prese per mano Dafne e la trascinò in pista, dando ufficialmente il via al dance-time. Vidi andare via tutti in poco tempo, così mi voltai velocemente verso Lorenzo e feci gli occhi dolci. Lui mi guardò quasi impaurito.
“Non so ballare.”
“Perfetto, nemmeno io.” Mi alzai e tirai su con me anche lui, che nonostante opponesse un po’ di resistenza da principio, mi seguii senza dire una parola. Cominciammo così a ballare, sulle note di Without you di David Guetta e Usher. Eravamo vicini, anche per ricevere dagli altri ballerini improvvisati il minor numero di spinte possibile. Non riuscivo a togliermi il sorriso dalle labbra. Negli ultimi giorni avevo toccato il cielo con un dito, e in quel momento ero col mio ragazzo e i miei amici più fidati ad una festa.
Lorenzo mi guardava negli occhi costantemente, sorridendo anche lui. D’un tratto sembrò quasi pensieroso, difatti si avvicinò al mio orecchio per dirmi qualcosa.
“Fatti baciare, ti prego. Chi se ne frega del trucco.” Il tono con cui lo disse, quasi sofferente, mi fece ridere. Scossi la testa e gli presi il volto tra le mani.
Chi se ne fregava del trucco, su.
 
Erano passate un paio d’ore, credo. In realtà non guardavo spesso l’ora, penso mi possiate capire.
Il gruppo si era diviso, ognuno era andato per i fatti suoi a fare quello che preferiva. Anche Lorenzo se n’era andato per stare un po’ con Davide e parlare tra uomini. Io ero con Selene in pista a scatenarmi come poche volte ho fatto in tutta la mia vita. Prendevamo in giro dei soggetti intorno a noi che ballavano in modo ridicolo e ridevamo tantissimo. A volte dovevo addirittura fermarmi per respirare, altrimenti sarei morta per mancanza d’aria.
In sostanza, quindi, ci guardavamo intorno in continuazione.
Anche se non avrebbe dovuto, ciò che videro i miei occhi mi fermò. Jessica –sì, l’amica di Cloe- si stava strusciando su Gabriele. Non stava ballando. Si stava strusciando su di lui. L’aveva forse preso per un palo da lap dance? La ragazza che danzava con me intercettò il mio sguardo e scosse la testa.
“Gelosa?” chiese con tono malizioso.
“Cos.. NO!” gridai. Tanto con la musica alta non mi avrebbe comunque sentito nessuno.
“E allora perché ti sei fermata?”
“Perché è orribile quello che lei sta facendo.” Dissi con espressione disgustata, e non stavo mentendo. Non del tutto, perlomeno.
Tornai a guardare quel brutto spettacolo e mi concentrai su Bonetti. Lui sembrava infastidito. Cercava di mandarla via, ma non desisteva. Girava la testa e sbuffava ogni volta. Almeno quello, pensai.
“Secondo me stai mentendo a te stessa..” disse Selene, prendendo la mia più completa attenzione. Aggrottai la fronte. Che voleva dire?
“Ti piace, un po’. Lo mangi con gli occhi, e non puoi negare che con lui stai bene. Perché non lo ammetti?” l’espressione che aveva sul volto trasmetteva la massima perplessità, come se proprio non capisse il motivo per cui non lo facessi, eppure era semplicissimo.
“Non lo ammetto perché non è vero.” Ripresi a muovermi un po’, prima che qualche idiota si avvicinasse e mi spingesse fuori dalla pista perché non ballavo.
“Come vuoi. Comunque è un gran figo.” Lasciò perdere e riprese anche lei a ballare.
 
“PUT YOUR HANDS UP IN THE AIR, AIR, AIR! WOAAAAH!” sia io che Dafne cantavamo a squarciagola Papi di Jennifer Lopez. Strano per lei, la più contenuta del nostro trio.
Era passata un’altra ora, ne ero fermamente convinta. Non avevo un elevato senso del tempo, ma avevo guardato sul cellulare. Eravamo rimaste solo io e la bionda, gli altri erano spariti. Dispersi. Volatilizzati.
“Chissà dove sono tutti.” Disse d’un tratto la mia amica.
Scrollai le spalle e risi “Ah boh! L’importante è che non ci perdiamo di vista anche noi due!”
Mi sentii afferrare un braccio e mi girai di scatto, impaurita. Quando vidi Gabriele tirai un sospiro di sollievo. Mi aveva fatto prendere un colpo. Poteva esser stato un maniaco, che ne sapevo io?
Si avvicinò al mio orecchio. Smisi di respirare.
“C’è un problemino.” Respirai per parlare.
“Che problemino?”
“Selene ha bisogno di voi.” Smisi di respirare una seconda volta, continuò “Venite, è per Alessandro.” Che cavolo significava? Spalancai gli occhi e mi voltai verso Dafne, che ci guardava non riuscendo ad interpretare le nostre facce.
Il ragazzo ci portò al bancone del locale. Il nostro gruppo era tutto lì, escluso Lorenzo. In quel momento però non mi interessava un gran ché, visto che Selene era quasi in lacrime tra le braccia di Davide.
Appena fummo abbastanza vicini, studiai meglio la situazione. Alessandro era seduto e stava bevendo non so cosa. Aveva molti, troppi bicchieri vuoti davanti a sé. Andrea e Gianmarco gli stavano dicendo qualcosa, cercando di farlo smettere, ma invano.
“Ale smettila per favore..” il moro era passato alle suppliche, da quello potei ben capire da quanto tempo stessero insistendo.
“Anche no!” rispose lui ridendo.
“Anche sì!” ribatté Andrea indispettito.
“No! Che ne sai tu del dolore causato dall’amore? Oh, sì! L’amore è bello! E’ bello avere le farfalle nello stomaco, sentire il cuore che batte quando le stai vicino, sentirsi ad un passo dal paradiso! Tranne quando te lo mette nel culo. L’amore è una merda. La vita è una merda.” E buttò giù l’ennesimo bicchiere.
“Senti, non stai male solo tu, ok? Pensi di essere l’unico? Se ti guardi intorno tutte queste persone hanno sofferto per qualcosa, ma non mi sembra siano tutte ubriache!”
“E che me ne frega degli altri.” Biascicò l’altro.
“Dovrebbe fregartene. Smettila.” Sospirò Andrea.
“Scordatelo. Voglio il coma etilico! Se mi va bene non riapro neanche gli occhi.” Rise accasciandosi sulla superficie.
Scossi la testa. Prima non sembrava così distrutto. Guardai Selene che dopo quella frase si era fatta sfuggire una lacrima. Davide la strinse protettivo e le sussurrò qualcosa per tranquillizzarla. Se non fosse per ciò che stava succedendo, avrei detto che fosse una scena bellissima. Subito dopo si separò da lei e andò da Alessandro. Batté una mano sul bancone, avendo perso la pazienza “Alzati immediatamente e torna a casa.”
“Scusa?”
“Alzati. Fallo per tua sorella, se non vuoi farlo per te.” A quelle parole il ventenne si voltò verso la mia amica, e vedendo in che stato fosse abbassò lo sguardo colpevole. Colpito e affondato.
Si mise in piedi lentamente, appoggiandosi a Gianmarco che si era avvicinato per aiutarlo vedendolo barcollare. Bastava quello. Avrebbero dovuto nominare subito la sorella. Mali estremi, estremi rimedi, no?
Andammo tutti verso l’uscita. Ormai era chiaro, la serata si era conclusa. Per quanto mi riguardava, non sarei più riuscita a divertirmi quella sera dopo ciò che era appena successo. E poi, perché avrei dovuto quando Selene stava così male?
Sentii una mano sulla spalla e mi voltai lentamente. Incrociai due occhi color ghiaccio.
“Lorenzo?”
“Non lo so..” risposi io, priva dell’entusiasmo che avevo fino a dieci minuti prima.
Andrea si intromise “Lo cerco e gli spiego tutto io, voi andate pure.”
Annuii, trovandomi d’accordo. Volevo solo essere a disposizione di Selene, in quel momento. Toletti si allontanò, mentre Gabriele abbozzò un sorriso “Immagino dovremmo tutti tornare a casa a piedi.”
“Già..” sospirò, appurando che stessi rispondendo per lo più a monosillabi. Mi mise un braccio intorno alle spalle e non disse niente. Nonostante fossi ancora un po’ arrabbiata con lui, apprezzai il gesto e  non mi spostai.
Camminavamo in gruppo, abbastanza scossi e infreddoliti. Davanti a tutti Gianmarco e Alessandro, che se ne stava zitto e con lo sguardo perso nel vuoto. Davide era tornato a rivolgere la sua attenzione alla mia amica, comportandosi in modo così maturo che quasi non lo riconoscevo. Anche Dafne era vicina a lei e cercava di farla calmare. Per fortuna aveva smesso di piangere.
Squillò un cellulare vicino a me e Gabriele lo tirò fuori. Premette il tasto verde e se lo avvicinò all’orecchio, senza separarsi da me.
“Andre.” Lo sentii parlare ma non capii niente di quello che stava dicendo.
“Cos..” vidi il ragazzo alla mia sinistra aggrottare la fronte confuso, per poi serrare la mascella, innervosito da qualcosa “Arrivo.” E riattaccò immediatamente.
Tolse il braccio dalle mie spalle, facendomi sentire un po’ di freddo essendomi abituata al calore del suo corpo. Lo guardai interrogativa.
“Devo tornare un attimo al locale, voi tornate pure a casa. Ci vediamo lunedì a scuola.” Lo salutarono tutti, ma prima che cominciasse a camminare lo fermai.
“Cosa succede?”
“Niente, servo ad Andrea, non ti preoccupare. Torna a casa, possibilmente fatti accompagnare da qualcuno. Davide, Gianmarco, chi ti pare, ma non da sola che è pericoloso.” Alzai un sopracciglio.
“Ok.” Dissi solamente, perplessa.
“Bene, ciao.” Sorrise nervoso, si voltò e iniziò a correre. Lasciai perdere il motivo per cui fosse così di fretta e raggiunsi gli altri per distrarre Selene. Per quel poco che sapevo di lui, avevo capito fosse un ragazzo strano e lunatico, quindi non diedi peso alla faccenda, credendo fosse una cosa di poco conto e che non riguardasse me.
Quanto mi sbagliavo.
 


Care le mie lettrici, avete appena letto la tempesta pt. 1. 
Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta (per quanto vi possa piacere una tempesta) e che siate rimaste sorprese, perchè è brutto essere prevedibili o banali. ._.
Ma non è finita qui. Anche il prossimo capitolo sarà piuttosto movimentato, ma  lo leggerete solo l'anno prossimo! u_u
Cioè il 3 Gennaio. O il 4, massimo.
COOOOmunque, scherzi a parte, spero siate rimaste soddisfatte e di non avervi deluso. ;)

Ringrazio (per l'ennesima volta) tutti, dal primo all'ultimo, perchè leggere ogni recensione, vedere le visualizzazioni che aumentano, così come le persone che seguono, ricordano e preferiscono, dà una soddisfazione immensa. Non potrei chiedere di meglio. :)

Dopo ciò.. Boh.
Fate conto che per la mezzanotte di domani vi arrivi un messaggio da me con scritto: BUON ANNO! °ç°
Sì, anche con la faccina. E' così stupida che non posso ometterla.

A Martedì, spero! :D

Maricuz

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15


Il fine settimana era passato.
Sabato ero stata riaccompagnata a casa e mia madre, vedendomi giù di morale, fu informata di ciò che era successo in quel locale. Per quanto riguarda la Domenica, fu una normale Domenica. Noiosa e pensierosa. Dalla sera precedente non avevo rivisto nessuno dei miei amici, neanche Lorenzo. A dir la verità non avevo idea di cosa accadesse fuori da casa mia, escludendo quello che sapevo grazie alle due chiamate di Dafne e Selene.
Alessandro stava male, anche fisicamente. Mi sembra scontato dire che avesse un mal di testa incredibile. Inoltre, appena venne a sapere le parole che aveva detto lui stesso e come era finita l’uscita di gruppo, iniziò a sentirsi in colpa per quello che ci ha fatto passare, soprattutto a sua sorella. Avevo la sensazione che non l’avrebbe fatto più.
Era Lunedì e mi ero svegliata piuttosto bene. Certo, ero un po’ arrabbiata con il mio ragazzo perché alla festa era sparito e non si era fatto vivo per scusarsi o cose del genere, però non potevo dire di avere un diavolo per capello. Anche il fattaccio di due giorni prima si era risolto, quindi non avevo niente che non andava.
Alla fermata dell’autobus ero sola, di Gabriele non c’era traccia e non avevo ricevuto notizie neanche da lui. Quando arrivai a scuola, nel tragitto per arrivare nella mia classe, non vidi nemmeno Lorenzo, cosa che aumentò la mia rabbia nei suoi confronti.
La prima lezione della giornata iniziò e il mio compagno di banco non era ancora arrivato, la passai quindi sola soletta, con la mente neanche troppo sveglia a cercare di ascoltare la professoressa di italiano che parlava. Era assente anche Selene, mentre Dafne, sola anche lei perché teoricamente vicina di banco dell’assenteista, aveva il mio stesso destino. Mi appuntai mentalmente di andare a farle compagnia dalla seconda ora in poi, ma al suono della campanella i miei piani fallirono miseramente.
Infatti, il caro Bonetti, fece il suo ingresso proprio mentre mi stavo alzando. Con gli occhi puntati sul banco e lo sguardo serio, si avvicinava. Notai qualcosa di strano sul suo viso, e potei capire bene cosa fosse solo quando arrivò a qualche passo da me. Un occhio nero.
“Che hai fatto lì?” chiesi immediatamente.
Spuntò un sorriso ironico sul viso “Dove?”
Sospirai “L’occhio, Gabri. Che hai fatto?”
Scrollò le spalle mentre posava lo zaino a terra “Mah, niente. Un pugno.”
“Come un pugno? Di chi? Quando? Hai fatto a botte con qualcuno?”
“Si, un pugno. Smettila di fare domande!” rispose, innervosito. Sbuffò e si sedette, incrociando le braccia e guardando davanti a sé. Mi accomodai anche io, sistemai la mia sedia il più vicino possibile a lui e poggiandogli una mano sulla guancia lo feci girare verso di me, per vedere meglio le sue condizioni. Lo vidi deglutire, probabilmente a disagio per esser studiato così da qualcuno.
“Che è successo?” domandai di nuovo, ma usando un tono più calmo.
“Niente, una rissa. Capita.”
“Con chi?”
Abbassò lo sguardo e vacillò un po’, indeciso. Non sapeva se dirmelo o meno. Con aria rassegnata, poi, vuotò il sacco.
“Argenti.”
Argenti? Lorenzo Argenti? Quel Lorenzo Argenti?
Prima che potessi ricominciare con l’interrogatorio, mi bloccò.
“Si, il tuo ragazzo. Sabato sera, quando sono andato via. Non ti dico il perché, non sta a me farlo, se davvero lo vuoi sapere chiedilo a lui.”
Tolsi lentamente la mano dal suo viso e mi appoggiai al muro dietro di me con la schiena, guardandolo nei suoi occhi chiari.
“E’ messo peggio?”
“Un po’.”
“Chi ha iniziato?”
“Io.” Disse, quasi orgoglioso. Feci una smorfia contrariata. Ne andava pure fiero? Alessandro non era l’unico ubriaco Sabato sera, evidentemente.
“Non fare quella faccia se non sai cosa è successo.” Mi rimproverò lui.
“Se me lo dicessi..” tentai.
“Non attacca.”
“Ok, ok. Ho capito. Perché sei entrato ora, però?” chiesi, aggrottando la fronte.
“Sono andato a fare un controllo. Mia madre è paranoica, se aggiungi anche che l’occhio è una parte delicata ottieni ossessione allo stato puro. Comunque è tutto apposto, tranne il livido che resterà per qualche giorno.”
Ridacchiai, soddisfatta “Perdi punti in bellezza, Bonetti.”
“Ma ne guadagno altri in fascino. Adesso sono il tipico ragazzo bello e dannato.”
 
Fino all’intervallo, non parlammo più del suo occhio nero e della presunta rissa con Lorenzo. Non appena suonò la campanella uscii dalla classe, raggiungendo quella del biondo. Era seduto al suo posto, non si era neanche minimamente preoccupato di venirmi a cercare, magari per dirmi che cavolo era successo o semplicemente per avvertirmi della sua non-morte.
Appoggiai le mani sul suo banco, facendo volontariamente rumore per riscuoterlo dallo stato di coma in cui era. Alzò la testa, spalancando gli occhi.
Io, invece, non mostrai nessuna sorpresa per il livido sullo zigomo e il labbro mezzo spaccato.
“Mi devi dire qualcosa?”
Sospirò tormentato da chissà cosa guardando la finestra, poi tornò a fissare me.
“Senti, è vero, ho baciato Cloe, ma..” Realizzai il meno possibile, quello che mi bastava per rispondergli e non soffrire ancora.
“Cosa hai fatto?!” urlai.
Deglutì e capì che si era appena fregato con le sue stesse parole. Cominciò a balbettare “Io.. Io..”
“Tu. Tu.” Lo bloccai, decisa “Tu sei uno stronzo.” Lo schiaffo che gli tirai –sull’ematoma, poi- diede il via ai mormorii e ad un paio di risatine dei suoi compagni rimasti in classe durante la pausa e lo fece gemere dal dolore. Non mi ero trattenuta per niente.
“Ilaria, fammi spiegare, per favore.” Disse a bassa voce, probabilmente per non farsi sentire dagli altri che stavano assistendo interessati alla scena.
“Certo, spiegherai quanto vuoi all’uscita. Fatti trovare, mi raccomando.”
 
Rabbia. Rabbia. Rabbia.
In quel momento, mentre aspettavo Lorenzo fuori dall’edificio, non avevo che quella dentro di me. Era il  mio sangue e il mio ossigeno. Se l’acqua è presente per il 60-70% nel nostro organismo, la restante percentuale era rabbia.
Le ultime due ore non avevo detto niente, immobile e con la migliore faccia omicida presente al mondo dall’alba dei tempi. Gabriele aveva fatto bene a stare zitto. Aveva visto l’aria che tirava, probabilmente.
Incrociai le braccia sbuffando e battendo ripetutamente il piede a terra. Cercavo di non pensarci troppo, di rimanere con la mente più lucida possibile per rifilargli le peggiori infamate successivamente. Che stronzo.. Chissà che soddisfazione aveva avuto Bonetti a picchiarlo. Lo invidiai, per aver avuto quel grande onore.
La seconda scelta, la paranoia, lo sguardo da cane bastonato.. E poi si era andato a baciare l’unica persona che odiavo sul serio. Pure quella, che puttana. Strinsi i denti e chiusi gli occhi, cercando di non ringhiare tra la folla di studenti che tornavano a casa per non passare da psicopatica.
Passarono i minuti, le persone si erano tutte allontanate tranne quei pochi gruppetti che aspettavano chissà cosa o chi. Mi sentii toccare la spalla, scansai quella mano e mi voltai di scatto, lanciando fin da subito saette con gli occhi.
“Ilaria, non fare conclusioni affrettate. Io non so quello che ti ha detto Bonetti, ma probabilmente hai frainteso le sue parole, o direttamente è lui ad averti detto le cose sbagliate..”
Risi sarcasticamente “Tu sei da ricovero. Non dare la colpa a lui, che quello che ha baciato un’altra sei tu.”
“Lo difendi perché sei accecata dalla gelosia. Che cosa ti ha detto?” mi domandò Lorenzo, facendosi più aggressivo.
“Io lo difendo perché non mi ha detto niente di sbagliato. Non mi ha detto proprio niente, sai? Tutto quello che so, è ciò che mi hai detto tu. Ma non è questo il punto, caro Lorenzo. Volevi spiegarti? Fallo. Spiegami perché cazzo hai baciato Cloe. Spiegami perché l’hai fatto nonostante tu sia stato sempre la seconda scelta. Povero pulcino. Volevi provare il brivido del tradimento? Volevi una vendetta? Perché a me, che non ti ho fatto niente?” sputai in parte quello che mi passava per la testa in quel momento, puntandogli il dito sul petto e guardandolo con tutto l’odio immaginabile.
“L’ho baciata, non so il perché! Mi provocava, io non ero esattamente sobrio, non ragionavo bene. E’ stato uno sbaglio, lo so. Mi dispiace, Ilaria.” Dicendo queste parole tornò con la solita espressione da vittima, da innocente. Era sempre stato così falso? Ma cosa avevo sugli occhi? Due cotolette?
“Non me ne faccio un cazzo di un tuo mi dispiace.” Scossi la testa.
“Vuoi.. Vuoi lasciarmi?”
“Si, Lorenzo. Voglio lasciarti.” Risposi immediatamente, guardandolo negli occhi.
“Ma.. Cristo, Ila! Può capitare, è stato un momento di debolezza! Non puoi condannarmi così!” protestò, allargando le braccia.
“Dovevi pensarci prima di baciarla. Mi sono fidata di te, ti ho permesso di abbattere quel muro tanto famoso tra voi ammassi di ormoni. Ti ho permesso di sapere cose di me che nessuno sa, escluse le mie due migliori amiche di sempre. Ti ho permesso di diventare speciale per me, Lorenzo. E tu mi hai tradita, guidato da quel coso che hai fra le gambe, neanche per sentimento. Perché no, con Cloe non può essere sentimento l’unica sera che vi siete parlati, o almeno spero che sia stata l’unica sera. Sei uno stronzo, e lasciarti è il  minimo che possa fare.”
La mia ira si percepiva a chilometri di distanza. Era quasi palpabile. Non mi ero calmata proprio per niente, e in quel momento avevo in circolo anche l’adrenalina per tutte le cose che gli stavo urlando in faccia. Non mi avrebbe fermata nessuno.
“Ma certo! Rinfacciami tutto! Fammi sentire una merda!” gridò lui.
“Oh sì, caro mio. Ti rinfaccio tutto! E non sono io a farti sentire una merda, è quel poco che ti rimane della tua coscienza a fartelo capire!”
Mi guardò malissimo, come non l’avevo mai visto fare, men che meno con me. Quasi vidi tutte le offese che avrebbe voluto rivolgermi frullare nella sua testolina bacata.
“Qualcosa da ridire? Vuoi cercare altre giustificazioni? Perché non dici che ti ha minacciato?”
“Vaffanculo.” Ed era stato anche gentile.
Feci in sorriso tiratissimo “Ci vediamo in giro, magari. Mh?” girai i tacchi e cominciai a camminare verso la fermata dell’autobus. Mancavano quaranta minuti. Probabilmente a piedi avrei fatto prima.
Sentii la voce di Lorenzo nel suo ultimo tentativo e mi voltai di nuovo verso di lui “Ti pentirai di avermi lasciato.”
“Forse starò male all’inizio, ma non me ne pentirò di sicuro, fidati.” Risposi, senza neanche pensarci e perdendo pian piano la determinazione che avevo avuto fino ad un minuto prima.
Tornai sui miei passi e misi le mani in tasca. Deglutii.
Era finita. Dopo una settimana esatta era già finita. Era questo che mi aspettavo? No, per niente. Il ragazzo giusto e buono, che rasentava la perfezione, quello che pensavo fosse il mio principe azzurro mi aveva fatto le corna appena ne aveva avuto l’occasione, mentre io ero con i miei amici per aiutare Alessandro, in un momento di bisogno.
Quello che invece mi aveva nascosto una cazzata, quello con cui mi ero arrabbiata per un motivo stupido, che avevo detestato e martoriato dal primo momento, c’era. C’era quando Davide stringeva una Selene in lacrime, che stava male per le condizioni del fratello. E mi aveva difesa, prendendosi anche un pugno sull’occhio.
Che cavolo c’era che non andava in me? Perché sbagliavo a valutare le persone e a dare loro importanza?
Presi un respiro profondo, tremando. Senza neanche accorgermene avevo iniziato a piangere, così, in mezzo al marciapiede. La mia forza si era definitivamente trasformata in debolezza e la rabbia adesso non era altro che tristezza, sconforto e delusione.
Mi asciugai in fretta le lacrime e cominciai a correre. Volevo entrare in casa, buttarmi sul letto e piangere fino ad avere il mal di testa, affondare la faccia nel cuscino ed urlare, finendo per sentir bruciare la gola.
Volevo solo un fottuto modo per buttare fuori quello che avevo dentro. Sotto forma di cosa, se di lacrime o di urla, non mi interessava.
 


Bella gente! :D
Così, giusto per informazione, avete appena letto la Tempesta pt. 2 il Ritorno. 
Allora, molte di voi avevano già azzeccato cosa sarebbe successo al locale, una ragazza (o due? ._.) ha addirittura predetto chi fosse la ragazza con cui Lorenzo (maledetto) avrebbe tradito la nostra cara Ilaria. Ebbene, nonostante la poca originalità del fatto in sé, spero che il capitolo sia piaciuto. Specie nella parte finale, mi sono impegnata veramente tanto per farvi render conto dei sentimenti provati dalla protagonista e se mi dite che l'avete capita, sarò la persona più felice del mondo. 
Stessa cosa vale per TUTTO il prossimo capitolo, ma quello sono sicura che vi piacerà, e non lo dico per modestia. Io non c'entro niente, è la storia che va così.
Vedrete, vedrete!

Comunque.. Beh, ragazze (si, siete tutte donne probabilmente ._.) è il primo capitolo dell'anno! Cioè.. Auguri di nuovo! :D ahahah
E grazie, perchè mi avete fatto terminare il 2011 con più di 100 recensioni. Incredibile davvero, quando ho pubblicato il primo capitolo non mi sarei mai aspettata tutto questo "successo", tra virgolette.
Spero davvero che questo 2012 vi porti le cose, le persone, l'esperienze etc che più desiderate. :)

A questo punto, non mi resta che salutarvi. 
Pubblicherò Sabato sera (perchè il pomeriggio sono a Firenze ad un meeting u_u) o Domenica dopo pranzo. 
Boh, a me non cambia niente! ._. Vedrò.

A pVesto, caVissime!!

Maricuz

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16


Stesa sul letto sopra le coperte da circa un’ora, la schiena rivolta verso la porta e gli occhi arrossati puntati sul muro davanti a me.
Era il primo pomeriggio e mi ero alzata solo ed esclusivamente a mezzogiorno e qualche minuto per andare a pranzo. Non a mangiare, a fare presenza. Non avevo messo niente sotto i denti. Avevo lo stomaco chiuso, un mal di testa assurdo e il cuore spezzato. Già sapevo che sarebbe andata così quando l’avevo lasciato il giorno prima. 
Forse starò male all’inizio, ma non me ne pentirò di sicuro, fidati.” Avevo detto. E infatti, non me ne pentivo affatto. Ma faceva male..
Mi piaceva, Lorenzo. Mi piaceva davvero. Non lo amavo, questo no, ma provavo comunque qualcosa per lui, e quando ventiquattro ore prima avevo realizzato tutto mi ero sentita uno schifo. Ero stata così stupida e ingenua, come se non avessi diciassette anni ma dodici. Una bambina inesperta contro la sua prima delusione in campo amoroso. Patetico.
Come se non bastasse, mi sentivo inadeguata e sbagliata. Perché l’aveva fatto? Non ero forse abbastanza? Aveva ragione Cloe, quando diceva che i maschi pensavano solo al contatto fisico e che io ero inferiore a colui che era il mio ragazzo? Beh, me l’aveva dimostrato. Entrambi erano riusciti ad essere superiori a me, perché alla fine quella che era rimasta scottata ero solo io. Illusa da me stessa di aver trovato finalmente qualcuno che mi volesse davvero, ingannata dagli sguardi e le paroline dolci del mio ex, presa in giro dalla nemica per eccellenza, la bionda tinta che odiavo e che aveva vinto quella battaglia.
Pensavo, pensavo e ripensavo, mentre le lacrime continuavano a scendere indisturbate e i singhiozzi scuotevano il mio corpo. Sentivo solo il mio respiro affannato e le fitte alla testa.
Cosa aveva lei in più di me? Tette? Culo? Ce li avevo anche io. Cervello? No, con tutta la modestia di questo mondo, ne avevo più di lei. E allora perché?
Semplice, perché ero io. Ilaria Archi, quella in classe con Cloe Mazzini e Gianmarco Tilli che non aveva mai voluto nessun ragazzo e che era sempre scorbutica con tutti. Adesso era anche quella che dopo esser stata tradita, aveva tirato uno schiaffo in faccia a Lorenzo Argenti, il capitano della squadra di basket. Una nullità, in pratica.
Non solo soffrivo, ero anche arrabbiata con me stessa. Ero me. Il problema era proprio che ero me. Era quello il mio destino: essere al di sotto di tutti.
Afferrai il lenzuolo con la mano sinistra. Tremava, e le nocche erano bianchissime. La forza che ci stavo mettendo faceva male persino alle mie dita. Gemetti per la frustrazione, stringendo i denti più che potevo per quel mix letale di sensazioni.
Sussultai e smisi immediatamente di singhiozzare quando sentii una voce arrabbiata dietro di me, riconoscendola. No, non ci potevo credere. Avrebbe potuto essere Dafne, Selene, mia madre o  mio padre, ma non lui.
Qualcosa che cadeva a terra –probabilmente lo zaino-, la porta che si chiudeva e poi di nuovo Gabriele “Ripeto: che cazzo stai facendo?”
Non risposi. Non ci riuscivo, e la risposta era alquanto ovvia.
“No, è inutile che mi ignori, voglio sapere perché cazzo sei qui a piangerti addosso. Non sei neanche venuta a scuola.” Perspicace come poche volte.
“Vai via, per favore..” mormorai. L’avevo detto così piano che addirittura non ero sicura di esser stata udita.
“Non ci penso neanche! Non ti lascio qui mentre ti deprimi come una stupida.” Grazie, pensai ironicamente.
“Non rompere, vattene!” questa volta urlai.
Sospirò e pur non vedendolo, immaginai stesse alzando gli occhi al cielo “Ilaria.. Parla per favore. Spiegami cosa senti, potrei provare a capirti..” aveva abbandonato il tono aggressivo di prima e si era fatto più dolce. L’ho sempre detto che era strano.
Voltai la testa verso destra, affondando maggiormente il viso nel cuscino per diminuire la probabilità che potesse vederlo, conciato com’era. Non avrei parlato con lui di ciò che sentivo, anzi, non avevo proprio intenzione di parlarne, né con lui, né con nessun altro. Non mi sentivo giusta per niente, e dirlo a Gabriele sarebbe stato inutile. Non avrebbe capito. Ero sicura che lui non si sentisse a disagio in nessuna situazione.
Attese qualche secondo, sperando che cambiassi idea, poi ricominciò “Ok, ho capito. Non ne hai voglia. Beh è normale, suppongo. Ma se non parli, non significa che me ne andrò, anzi. Mi metto qui, comodamente seduto..” percepii il letto abbassarsi sotto il suo peso “e sparlerò un po’ di quello che mi viene in mente. Intanto ti racconto quello che è successo a scuola, ti va?”
Lo stava davvero facendo? Perché?
“Giusto, tu non parli.” Disse dopo un breve momento di silenzio “Beh, inizio col dirti che Selene è ritornata a scuola. Mi ha detto che Alessandro sta meglio e sta tornando l’Alessandro di sempre. Non che lo conoscessi, prima, ma mi fido delle sue parole. Insomma, è suo fratello, se non lo sa lei chi lo deve sapere?” stava parlando e ragionando da solo con una tranquillità assurda, come se raccontasse una barzelletta. Tirai su col naso e deglutii, aspettando comunque che continuasse. Ero più pazza di lui, visto che lo stavo ascoltando.
“Poi lei è andata accanto a Dafne, quindi io mi sono spostato accanto ad Andrea! Comunque credo che anche Dafne non stia tanto bene. Non lo so, non ne sono sicuro, però ha avuto aspetti più raggianti. Insomma, dicevo, io e Andrea abbiamo discusso un po’ di varie cavolate, poi abbiamo parlato anche di lei. Lui ancora è stra-cotto. Dovresti vederlo mentre la guarda. Voi donne che siete fissate con queste frivolezze vi sciogliereste notandolo. Poi cos’è successo? Ah, niente. C’è chi ha interrogato, chi ha spiegato.. A proposito. Mi ha interrogato a spagnolo e ho preso otto e mezzo.” Senza neanche accorgermene, mi feci sfuggire un piccolo sorriso ricordando l’otto che aveva preso al compito dopo le mie ripetizioni.
Attendevo, ma non continuava. Aggrottai la fronte confusa. Perché si era fermato?
“Sai..” sussurrò poi, serio “Forse dovrei approfittarne per scusarmi, invece di fare l’idiota.” Abbassai lo sguardo, puntandolo sulla mano che prima stringeva il lenzuolo bianco. Adesso era rilassata.
“Mi dispiace, ok? Fin qui ci siamo arrivati tutti, e so che lo hai capito anche tu. Sinceramente non trovo neanche io giustificazioni, probabilmente perché non ce ne sono. Non l’ho fatto per un motivo particolare, né tantomeno avevo uno scopo. Non volevo assolutamente farti soffrire, Ila. E’ l’ultima cosa che voglio.” Inevitabilmente, le lacrime cominciarono a riprendere il loro corso.
“Hai ragione: sono stato un bastardo, un cretino, uno stronzo e qualunque altro aggettivo tu mi abbia affibbiato in questa settimana, ma sono anche dispiaciuto, e mi sento in colpa. Anche io ho un profilo Twitter segreto, so cosa significa avere il bisogno di evadere da tutto e da tutti e non rendere conto a nessuno quando si scrive qualcosa, eppure ti ho mentito ugualmente. Ti ho mentito e ho valicato il confine che c’era tra il nostro mondo ed il tuo. Io..” sospirò ancora una volta e lo sentii muoversi, probabilmente a disagio. E io che pensavo stesse sempre bene ovunque, con chiunque e in qualunque occasione.
Tirai su col naso, continuando a piangere e cercando di trattenere i singhiozzi.
“Io in realtà non so neanche dove voglio arrivare con questo discorso. Anche te non aiuti, però. Stai qui, stesa, zitta ad ascoltare.. Mi metti soggezione.” Disse, provando ad allentare un po’ la tensione “Comunque..” si fermò ancora una volta.
Nessun rumore, nessuno spostamento, poi un leggero contatto. Aveva appoggiato la mano sul mio braccio, delicatamente, facendomi venire i brividi.
“Ti voglio bene, Ila. Ok, l’ho detto. Non l’ho mai detto a nessuno se non a mia madre qualche volta da piccolo, quindi.. insomma.” I miei addominali soffrivano con me. A forza di trattenere quei dannati singhiozzi li stavo sforzando un sacco. Come se non bastasse, il mio cuore aveva cominciato a battere velocissimamente, sembrando impazzito. Fermatelo.
“Io.. Ti voglio bene sul serio. Ti voglio bene perché sei sempre stata sincera con me, che fosse stato per una presa in giro, un’infamata o un complimento. Perché mi hai aiutato con spagnolo facendomi prendere un otto e un otto e mezzo, nonostante in quel periodo mi detestassi. Perché sei stata la prima, senza rendertene conto, a darmi il benvenuto in questo posto e a farmi trovare qualcosa di positivo in una città che non conoscevo dopo un periodo della mia vita che preferirei cancellare.” La sua mano si stava muovendo pianissimo, accarezzandomi il braccio, e la voce che stava usando per dire quelle parole, mi fecero piangere ancora di più.
Era lui che avevo trattato male. Quello che a me ci teneva davvero. Mi odiavo sempre di più.
“Avrei dovuto ringraziarti, e invece ti ho solo delusa.. Perdonami.”
Lui non sapeva però che lo avevo già perdonato.
Stette immobile per qualche minuto, fermando anche quella sua carezza che mi rilassava e mi scombussolava allo stesso tempo. All’improvviso, si mosse. Non capivo cosa stesse facendo, finché non avvolse il mio corpo con il suo braccio, stringendomi. Mi stava.. abbracciando? Si era steso anche lui?
Si.
Istintivamente, mi feci più piccola, come per farmi trattenere meglio da lui e dal suo abbraccio. Stavamo fermi, di nuovo, ma stavolta più calmi, senza l’attesa della prossima mossa dell’altro. Amavo stare lì, sentire il suo calore, il suo petto che sfiorava la mia schiena e che si muoveva a tempo del suo respiro, destinato a scontrarsi con i miei capelli.
Uno più profondo, poi ancora la sua voce, più bassa del solito.
“Prima di venire qui a Firenze, abitavo in un paese più piccolo ad una cinquantina di chilometri da qui con i miei genitori. Apparentemente ero una persona normale con una famiglia normale. Andavo a giocare a calcio, avevo amici, i voti a scuola erano piuttosto alti, non mi mancava nulla.. Poi un anno fa, cambiò tutto..” deglutii e mi asciugai le lacrime, attenta alle sue parole. Cosa gli era successo? E perché me ne stava parlando?
“Un pomeriggio ero andato da un mio amico e invece che alle sette e mezzo, come facevo di solito, ero tornato a casa in anticipo. Sapevo che mio padre era andato via da poco e che avrei sicuramente trovato mia madre. Ero entrato, aprendo con le mie chiavi, e avevo iniziato a cercarla per casa. Arrivato davanti al bagno, ho visto uno spiraglio di luce venire dalla stanza. La porta non era del tutto chiusa, e quando mi sono avvicinato per aprirla ho..” la voce aveva iniziato a tremargli, così si fermò per riprenderne il controllo schiarendosi la gola “ho visto mia madre davanti allo specchio che piangeva.”
Spostai la mia mano sulla sua, posata vicino alla mia pancia, e gliela strinsi. Sentivo una brutta sensazione all’altezza del petto, e quel momento di pausa non aveva fatto che aumentarla.
“Quando mi sono avvicinato ho visto che aveva dei lividi su tutto il corpo.” Oh mio Dio.
“Ho scoperto così che mio padre la picchiava. Le mogli devono soddisfare i propri mariti, diceva. In poche parole, voleva solo scopare. Chissà quante volte l’ha tradita..” dalle sue ultime frasi, potei percepire perfettamente tutto il rancore che aveva nei confronti del padre. Che cosa terribile.
“Comunque, ho passato i primi mesi a cercare di convincerla a divorziare. Il rapporto con.. quello era andato completamente a farsi fottere. Una volta gli ho addirittura tirato un pugno. Poi.. a fine estate mi sono trasferito con mia madre qui. Il giorno dopo mi sono scontrato con te in gelateria.”
“Perché me lo stai dicendo?” riuscii finalmente a chiedere.
“Perché voglio che tu sappia qualcosa del mio, di mondo. E perché non l’ho mai detto a nessuno e avevo bisogno di farlo con qualcuno di cui mi fido.”
Sospirai. Di scatto, sorprendendolo, mi voltai verso di lui con tutto il corpo e lo guardai negli occhi. Perché era bello anche con un occhio nero? Dopo qualche secondo riabbassai lo sguardo e mi appiccicai a lui, accoccolandomi e sistemando la testa sotto il suo mento.
Scusami.” Dissi, solamente.
Scusami se non ti ho perdonato prima, scusami se ti ho trattato male, scusami se non mi sono resa conto della tua costante presenza nell’ultimo mese e mezzo, scusami se sono stata così stupida.
Era questo il vero significato di quell’unica parola sussurrata sul suo collo.
Mi sarei aspettata una sua domanda o una reazione inesistente, invece lui capì. Capì quello che intendevo e mi strinse a sé, baciandomi poi i capelli. Sorrisi.
“Ti voglio bene anche io.”
 


Odiatemi, perchè alla fine ho pubblicato oggi invece che ieri sera, ma vi prego, perdonatemi (visto che siamo tutti in vena di perdono)! E' rientrato un imprevisto e non ho potuto!
Amatemi adesso per quello che è successo in questo capitolo, però.
Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto. E' uno di quei capitoli, questo, di cui anche io sono abbastanza soddisfatta.
Questa storia gasa anche me. Insomma, Gabriele è un figo e Ilaria non si decide ad accorgersene. u_u
A parte gli scherzi, spero di trovare recensioni di persone che mi garantiscono la riuscita effettiva del capitolo.

Grazie mille a tutti per le 14 recensioni che avete lasciato nello scorso capitolo. Sono veramente tante e mi avete lasciato piacevolmente sorpresa! *___*
Grazie anche a chi segue, chi ricorda e chi preferisce! Davvero, è bellissimo vedere quei numeri aumentare quasi (non sono un fenomeno ahah) ogni giorno. :3

Detto questo, spero che abbiate letto il capitolo con qualcosa preso dalla calza della befana e che vi stiate rimpinzando anche adesso. *w*
Domani ricomincia la scuola e io sono depressa, MA pubblicherò probabilmente Giovedì! :D
A presto!!

Maricuz

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17


Una trentina di minuti dopo, se ne era andato.
Era uscito da casa mia dicendomi di prepararmi per il compito di inglese del giorno seguente, invece di stare a disperarmi, vietandomi di piangere ancora per una persona con cui ero stata una settimana ed esortandomi a sorridere.
Sei più gnocca, se sorridi. Vedi poi come rode il culo a Lorenzino.” Aveva detto, con un tono di rimprovero poco credibile.
E si, cavolo. Avrei sorriso. Mi domandavo: ma perché mi sono fatta mettere ko in questo modo da una persona che si, mi piace, ma non è così importante per me?
In realtà, non avevo pianto per lui.
Dio, se avessi ascoltato meglio i miei stessi ragionamenti lo avrei capito subito, senza Gabriele. Era tutta una specie di rabbia repressa nei miei confronti. Ma andava bene così. Avevo perso il mio ragazzo, ma avevo chiarito con l’altro e adesso potevo benissimo definirlo amico, senza tante domande in mezzo e mie stupide idee senza nessun fondamento. E mi sentivo bene. Un po’ di chiarezza, tra di noi, in me, ci voleva proprio.
Quel Mercoledì mattina ero lì, ferma alla fermata dell’autobus ad attendere il mio salvatore. In due mesi di conoscenza, non lo avevo mai atteso, e solo questo pensiero mi fece sorridere. Il tempo cambiava, cambia e cambierà sempre le cose.
“Oddio, non ci credo.” Sentii la voce divertita di Bonetti al mio fianco e mi voltai, allargando il sorriso.
“Allora mi ascolti quando parlo! Ma sorridi meno, che metti in pericolo il mio autocontrollo.”
“Scemo.” Risi. Si, stavo decisamente meglio “Stavo solo pensando.”
“A cosa?” domandò interessato, sistemandosi lo zaino sulle spalle.
“Al tempo. Cambia molte cose.” Risposi guardandolo.
I tempi cambiano e noi cambiamo con essi, diceva non mi ricordo chi. Quindi, non sono d’accordo con te. Non è lui al controllo di tutto.” Con aria furbesca, ricambiò il mio sguardo.
“Tutto questo mi ricorda una qualsiasi conversazione tra Secretly e Anonymous.” Mormorai quasi malinconica, invece di continuare il discorso principale. Era la prima cosa che mi era venuta in mente non appena aveva aperto bocca per fare quella citazione.
“Stavamo parlando di cambiamenti o sono rincoglionito all’improvviso io? Voglio dire..” sospirò, alzando gli occhi come per cercare nell’aria la spiegazione che voleva darmi “Sei tu che hai iniziato questo argomento. Non era scritto da nessuna parte che avremmo dovuto parlare seriamente solo sottoforma di account senza un qualunque collegamento con la vita reale!”
Non era scritto, dici? Non eri tu quello che diceva che sono gli uomini forti a creare gli eventi?” gli feci notare, sorridendo scaltra, come se lo avessi fregato in qualche modo.
“Oh, andiamo, Ila! E’ un modo di dire. Te sei sempre dell’idea che chiunque scelga il proprio, di destino?”
“Chi vuole sceglierlo, sì! E mi domando come tu possa fare dei pensieri così.. antichi! Con te vale la legge del più forte?  Cavolo, quanto sei arretra-”
Mi interruppe “Zitta un po’! E’ arrivato l’autobus.” Rise, vedendo la mia smorfia di disappunto, e mi diede un buffetto sulla guancia.
 
“Una volta è successa anche a me una cosa simile, ma senza Supernatural di mezzo.” Disse lui, mentre ci avvicinavamo all’entrata dell’edificio.
Senza sapere come eravamo arrivati a quell’argomento, stavamo discutendo sugli avvenimenti a sfondo horror a cui avevamo assistito in prima persona. Io avevo appena terminato di descrivere la mia paura a stare in casa da sola mentre guardavo, appunto, Supernatural. Non so se avete presente: demoni, creature sovrannaturali, spiriti maligni.. Ecco, un giorno di qualche mese prima, non riuscivo neanche ad uscire dalla mia camera perché avevo sentito dei rumori strani, probabilmente provenienti dagli appartamenti dei vicini. Stupida Ilaria. Ovviamente –e giustamente- Gabriele era scoppiato a ridere prendendomi in giro.
“Praticamente, abitavo ancora.. ” feci caso al suo sguardo quasi incerto, in quella sospensione “e una sera, o meglio, notte, ero tornato a casa e i miei già dormivano. Non avevo acceso le luci perché.. Non lo so, non mi piace accendere le luci.”
“Neanche a me.” Ridacchiai io, entrando dalla porta che il mio interlocutore aveva gentilmente aperto.
“Poi di notte. Insomma, se è buio c’è un motivo, perché sprecare energia elettrica e allungare il braccio per premere un interruttore? Comunque, le luci erano spente. Arrivato davanti alla mia camera, ho aperto la porta..” man mano che il racconto si faceva più interessante, rallentava il ritmo delle sue parole, facendo focalizzare la mia attenzione su di lui, sui suoi movimenti, sul suo viso.
Gesticolava, come per farmi capire meglio la scena. I suoi occhi chiari erano puntati sulle sue mani, come per rivedere la situazione e fare un passo nel passato, mentre la lingua, tra una frase e l’altra, umettava velocemente ed involontariamente le labbra.
Deglutii. Quel ragazzo mi faceva male. Mi riconcentrai sulle sue parole, ma solo perché distolsi lo sguardo.
“Vedo una sagoma strana, non propriamente umana. Lì per lì mi era preso un colpo. Ti giuro, ho sentito il cuore perdere un battito, poi ho guardato meglio. Il computer, a differenza delle luci, era acceso. La figura non era altro che la mia sedia ricoperta di pantaloni, felpe e chissà cos’altro, resa più spettrale dalle ombre create dallo schermo del pc.” Scosse la testa “Pure io non ho avuto quella grande intelligenza..”
Risi “Così impari a prendermi per il culo.”
Ghignò, poi il la sua espressione si irrigidì. Aggrottai la fronte e seguii la direzione che avevano preso i suoi pezzi di ghiaccio. Lorenzo.
E si stava dirigendo verso di noi.
Mugolai, non avendo voglia di discutere con lui e di ripensare ai giorni precedenti, non essendo ancora pronta e non avendo digerito la faccenda. A quanto pare però, lui non era dello stesso avviso. Senza neanche guardare Gabriele, si piazzò davanti a me.
“Ilaria, dobbiamo parla-”
“Scordatelo e lavati di mezzo.” Il castano si mise tra me e il mio ex ragazzo, fissandolo con tutto l’odio possibile. O almeno, era quello che credevo. Non l’avevo mai visto in quelle circostanze.
“Si può sapere che cazzo c’entri tu in questa storia?” chiese il biondo, anche lui arrabbiato.
“A questo punto non puoi chiedermi una cosa del genere. Basta che ti guardi allo specchio. Vedo un labbro spaccato proprio qui.” Il mio compagno di banco fece un cenno col capo verso l’altro, con aria di sfida.
“Ah sì? Io invece un occhio nero.”
“Bene, sono contento che la caduta non ti abbia causato problemi celebrali o alla vista.”
“Si, sono contenta anche io delle vostre straordinarie osservazioni” sentendomi esclusa, avevo tirato indietro Gabriele per la manica e avevo cominciato a parlare, guardando principalmente quest’ultimo “e mi dispiace interrompere questa pacifica conversazione, ma vorrei andarmene in classe.” Spostai lo sguardo sul Lorenzo “E non ho intenzione di parlare con te.”
Strattonai il mio amico verso le scale voltando le spalle all’altro, per l’ennesima volta.
Era riuscito a rovinarmi la giornata. Stavo bene, cavolo! Perché doveva tornare? Perché doveva farmi tornare quei fottuti pensieri che ero riuscita ad ignorare fino a quel momento? L’altro ragazzo, invece di tenersi tutto per sé, aveva iniziato a sparare offese su offese “Io quello lo ammazzo. Ancora non ha capito che non ci vuoi parlare! Ma cos’è, stupido?”
“Non sai neanche cosa ci eravamo detti Lunedì dopo scuola..” dissi, con voce più spenta.
“Fa lo stesso. Rimane un cretino!”
Mi girai verso di lui. L’espressione seria, il tono isterico con cui l’aveva detto e la smorfia che aveva sulle labbra, mi fecero scoppiare a ridere.
“Si può sapere cosa ci trovi di divertente?” chiese, perplesso.
“Niente, niente.” Risposi, sventolando una mano e asciugandomi una lacrima con l’altra. Era riuscito a riportarmi il sorriso. Di nuovo.
“E pensare che ieri non sei neanche venuta a scuola per questo..” borbottò, poi tornò davvero serio “Sappi che un giorno dovremmo parlarne, di quello che è successo e di quello che vi siete detti. Non puoi sfuggirmi per sempre.”
Presi un respiro profondo, ricomponendomi dopo la risata ormai finita definitivamente, ed annuii.
Restammo qualche secondo in silenzio, fin quando non arrivammo a qualche metro dalla nostra classe. Ci fermammo. Qualcuno stava discutendo abbastanza animatamente, tanto da far sentire la sua voce dal corridoio.
“Ma che cazzo..?” sentii Gabriele sussurrare queste dolci parole, poi mi superò per entrare nell’aula. Ovviamente, lo seguii.
“Basta! Mi sono rotta le scatole! Di te, di quel tuo calcio del cavolo, delle tue lamentele e del tuo chiedermi di uscire quando sai benissimo che le persone a cui tengo di più stanno male! Non te ne importa niente di me e di chi mi sta attorno! Ti importa solo di avere la fidanzatina tutto zucchero e miele e del portiere della tua squadretta da quattro soldi che si è infortunato! Per l’amor di Dio, mi dispiace povero ragazzo, ma chi se ne frega! Pensa piuttosto a come sta lui con una caviglia rotta, invece che cercare una tattica per prendere meno goal possibili!”
Quella non era Dafne. Non poteva essere lei. Non l’avevo mai vista perdere il controllo. Notai, però, che non aveva detto nessuna parolaccia. Era Dafne.
Con gli occhi spalancati, mi guardai intorno. Selene e Davide erano seduti su due banchi, spettatori di quella scena con, più o meno, la mia stessa espressione. Andrea era davanti a loro, mandibola all’altezza dei piedi e mani all’aria, immobilizzato probabilmente mentre stava parlando di qualcosa. Anche Gianmarco, colui che aveva fatto arrabbiare la mia amica come non mai, era a dir poco scandalizzato. Girai leggermente la testa verso destra, per osservare Gabriele.
Un sopracciglio alzato e labbra unite. Gli occhi addirittura socchiusi. Mi stupii vedendo la sua faccia. Ogni sua reazione era del tutto imprevedibile, per me. Mi sarei aspettata la sua sorpresa, un suo shock, non la sua perplessità, perché era davvero l’unico perplesso, in quella stanza.
Tornai a guardare lo spettacolo. Dafne si torturava i suoi bellissimi capelli biondi nervosamente, mordendosi il labbro inferiore con un’agitazione che non le avevo mai visto.
Prese un respiro profondo, poi parlò di nuovo, con voce più calma “Dimmelo, per favore. Dimmi se ti interesso, se ti piaccio, se mi vuoi almeno un po’ di bene, perché non sembra.”
Gianmarco la fissò per un po’, fece per aprire bocca, ma la richiuse ed abbassò lo sguardo “Scusami..”
A quanto parve, le bastò. Sorrise amaramente, con gli occhi azzurri puntati sul banco vicino a lei. Si tirò indietro i capelli e continuando a massacrarsi il labbro, si voltò fuggendo dalla classe.
Sentii il mio zaino scivolare lentamente dalle mie spalle. Sussultai, non avendolo previsto e non sapendo chi fosse.
“Sono io, genia.” Disse Gabriele, sfottendomi “Ti toglievo il peso, così puoi andare da Dafne tranquillamente senza ucciderti.”
Continuava ad essere imprevedibile. Lo ringraziai sorridendo, poi lanciai un’occhiata a Selene, che stava spostando Andrea con lo scopo di raggiungere la nostra amica.
Sapevamo già dove trovarla. Infatti, non appena entrammo nei bagni, sentimmo dei singhiozzi. Guardammo le cinque porte: solo una era chiusa. Selene si scagliò subito davanti ad essa e cominciò a bussare ripetutamente “Tu, facci entrare!”
La sentimmo lamentarsi, come se non volesse farlo, ma la porta si aprì. Nonostante il poco spazio, entrammo e ci chiudemmo nuovamente dentro.
“Lo sapevo. Lo sapevo.. Mi ha solo presa per il culo..” continuava a ripetere frasi di questo tipo, coprendosi il volto arrossato e bagnato di lacrime con mani tremanti. Destabilizzante. Era l’unico termine che riuscivo ad attribuire a quella immagine. Io stessa sentivo un groppo enorme alla gola.
“Daf..” mormorai, appoggiandole delicatamente una mano sulla spalla e piegandomi sulle ginocchia.
“Sono una stupida..”
“Mi spieghi cos’è successo?” mentre dicevo queste parole, vidi con la coda dell’occhio Selene accucciarsi. Passarono alcuni secondi, dove nessuno disse una parola. Capii dal respiro più calmo della bionda che stesse cercando di calmarsi per spiegarmi.
“Io.. Non lo so.. Sono scoppiata.. Lui mi aveva chiesto di andare a vedere la sua partita del cavolo.. Invece io volevo stare con voi..” continuava a singhiozzare, aumentando il ritmo via via che parlava “Volevo stare con voi perchè.. non c’è un motivo. Alessandro, Lorenzo.. Insomma penso sia necessario stare insieme in questi momenti.. Ma a lui non interessava, eppure l’ha visto anche in che condizioni era tuo fratello. Possibile che per lui conti solo se stesso?” scoppiò, ancora una volta, a piangere.
Guardai di nuovo Selene, a questo punto era lei a dover entrare in gioco. Doveva dirne una delle sue. Le sue uscite erano miracolose.
“..Dafne.” disse, infatti.
La ragazza spostò leggermente le mani, quel che bastava per scoprire gli occhi azzurri e umidi.
“..Hai le tue cose, non è vero?”
Ridacchiò leggermente “Uhm.. Sì.”
 


Bonjour. (non so se si scrive così.)
Aaaallora! Eccoci qua con il primo capitolo dopo la riappacificazione UFFICIALE dei nostri due cari ragazzi. u_u
Il loro rapporto si è ristabilito, mentre un altro si è spezzato, e a tal proposito vorrei dirvi: non odiate Gianmarco. Il perchè lo scoprirete poi, ma non  odiatelo povero ragazzo. Lo avete sempre trattato male, voi, donne (credo siate tutte donne almeno) cattive, perchè ha rubato Dafne ad Andrea. Ebbene, provate a vedere del buono in lui!
Poi, nel prossimo capitolo (che pubblicherò molto probabilmente Lunedì) capirete qualche cosina in più, e soprattutto, ci sarà un pezzo interessante. Almeno io lo ritengo interessante, poi mi direte la prossima settimana! °-°

 GRAZIE . Grazie, veramente. Grazie. 16 recensioni nello scorso capitolo. 
Io mi ero meravigliata del numero precedente, ovvero 14, e adesso 16. Ditemi la verità, non vi piace la storia e per farla finire uccidete me, vero? 
Vi ringrazio tantissimo, e ovviamente ringrazio anche chi semplicemente preferisce, ricorda, segue o legge! Mi fate sentire bene. :)

Adesso vi saluto. Per domani devo studiare scienze (interrogazione. Odio quella materia. Non ce la faccio. T_T) e inglese (compito. Per il madrelingua, poi! Quello è in grado di dare 1,65 come voto).
Magari domani quando tornerò da scuola stressatissima verrò qui su EFP a gongolarmi per i complimenti (del tutto immotivati, poi!) che mi lasciate! ._.
Basta, davvero. Me ne vado.

A Lunedì! :D

Maricuz

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18


“A quanto ho capito io è scoppiata dal niente.” Disse piano Gabriele, giocherellando con la penna e stando attendo che la professoressa di inglese non ci beccasse mentre parlavamo.
“Credo che in queste tre settimane in cui sono stati insieme abbia accumulato un sacco di cose. Anche una settimana fa aveva detto a me e a Selene che non si sentiva desiderata.” Feci una pausa, poi aggrottai la fronte “Ma non ho capito, lui le ha lasciato intendere che non gli interessava.”
Il ragazzo annuì “Sì. Quando eravate in bagno ha detto che ha fatto una cazzata mettendosi con lei. Le piaceva, ma non così tanto. Dice anche di aver perso la testa per un’altra ragazza. Non chiedermi chi è, non ci ha detto neanche il nome.”
Sospirai. Quindi: Gianmarco si era messo con Dafne, cotta di lui, riducendo in un pessimo stato Andrea, che andava dietro a lei. Gi-emme in realtà non moriva per lei, anzi, gli piaceva un’altra ragazza. Dafne questo non lo sapeva, ma già aveva capito che tra loro era ormai finita. Bella roba.
“Certo, prima di farla esplodere in questo modo poteva parlarne però.” Dissi, innervosita.
“Sono d’accordo.” Abbozzò un sorriso, poi si appoggiò allo schienale della sedia “Ancora però non ho ricevuto aggiornamenti da Andrea..” aggiunse poi.
“Vedi di riceverli, agente.” Comandai con voce grossa.
Lui si voltò verso di me, alzò un sopracciglio e fece un sorriso sghembo “Mi dai ordini, tigre?”
Senza che potessi evitarlo, il mio cuore aumentò il ritmo dei battiti. Mi aveva chiamata di nuovo tigre. Non avrei mai pensato di dirlo, ma mi mancava quel nomignolo. Ma soprattutto mi mancava l’espressione che si formava sul suo viso quando lo diceva. Ma che cavolo di pensieri stavo facendo?!
“S-Sì” balbettai “Ovvio. Chi è più forte comanda. Detta gli eventi, no?”
“Certo. Ciò che non mi torna è il fatto che tra noi due la più forte sia tu.”
Feci una smorfia “Pallone gonfiato.”
Qualcuno bussò alla porta. Inevitabilmente, l’attenzione di tutti i miei compagni di classe si concentrò sulla bidella e sul foglio di carta che aveva in mano. La prof, scocciata –solo lei- da questa intrusione, e forse dal fatto che lei quell’interesse non l’avesse mai ricevuto, sbuffò e si fece passare la circolare. Si schiarì la gola.
“Qui dice che il torneo di pallavolo tra classi avrà inizio il dieci Novembre,” si fermò per fare dei conti “che sarebbe Martedì prossimo.” Torneo di pallavolo? Mi ero addirittura scordata di essermi iscritta.
“Contro chi siamo, prof?” domandò Davide.
“Siete la quarta D, vero?” annuimmo.
“Memoria infallibile..” mormorò Gabriele, facendomi sorridere.
“Allora.. Contro la quarta G!” disse, tranquilla.
Non appena pronunciò quella lettera, si voltarono tutti verso di me. Voi vi chiedete perché, non è vero? Beh, è semplice. Quella era la classe del mio carissimo Lorenzo Argenti. Mi sfuggì un sorrisetto ironico. Ditemi chi è l’uomo forte che crea gli eventi in questo caso, che glieli tiro in faccia.
Se questa fu la mia reazione, quella del mio compagno di banco fu del tutto differente. Io ero scocciata, per questo scontro, perché meno avevo intorno Lorenzo e meglio stavo, mentre lui sembrava addirittura soddisfatto. Chissà cosa progettava, nella sua mente malata. A dir la verità, immaginavo vagamente il motivo. Avrebbe sicuramente cercato di tirargli il maggior numero di pallonate in piena faccia.
“Vuoi fargli male?”
“Tanto.”
 
“Abbiamo parlato e.. niente. Abbiamo deciso di chiuderla qui. Era inutile continuare se da una parte non c’è sentimento.” Dafne strinse più forte la tazza di cioccolata calda e tirò su col naso. La delicatezza che le veniva solitamente attribuita era diventata fragilità.
Eravamo proprio a casa sua e stavamo trascorrendo uno di quei classici pomeriggi tra amiche, passandolo prima sui libri –perché eravamo persone diligenti- e poi tra schifezze e dolciumi vari.
“Mi ha detto che gli dispiace e che non avrebbe dovuto illudermi. E di stare tranquilla, perché è sicuro che tra non molto lo avrò già dimenticato. Ma lui non sa che gli sono andata dietro per più di un anno.” L’ultima frase, detta ovviamente con rabbia, quasi la urlò “La fa facile. Non era mai stato preso da me, ci metterà poco di sicuro.” Una lacrima scese indisturbata dai suoi occhi azzurri.
Presi un pacchetto di fazzoletti e ne tirai fuori uno, mentre Selene incominciava la fase di incoraggiamento “Dai, Duffy Duck, forse potrebbe avere ragione. Con quel faccino che ti ritrovi figurati se non trovi un ragazzo che te lo farà dimenticare seriamente!”
Annuii energicamente, mentre passavo il pezzo di carta alla bionda. Pensai subito ad Andrea. Ok, Gianmarco era oggettivamente più bello di lui, ma non poteva neanche lontanamente competere con l’altro in ambito caratteriale! Quel ragazzo era la perfezione fatta persona. Dolce, simpatico e carino. Da non dimenticare: innamorato.
“Si, certo. Lo trovo dietro l’angolo..” commentò lei, asciugandosi il viso.
“Beh, perché no?” sorrisi io.
“Perché sarebbe troppo bello.” Sospirò e distolse lo sguardo, puntandolo sul televisore spento davanti a lei. Cadde il silenzio, spezzato poi dall’ultima che aveva parlato.
“Alessandro come sta?” chiese alla riccia, che scrollò le spalle.
“Direi bene, adesso. E’ stato fino a ieri a scusarsi per quello che è successo, mentre io gli ripetevo di non preoccuparsi. Sapete com’è quando si sente in colpa, no? Comunque si è ripreso abbastanza. Sta a debita distanza da qualunque bevanda anche solo parzialmente alcolica e sta perfino smettendo di giocare alla playstation tutto il giorno.” Ridemmo.
“Tu, invece?” mi chiese dolcemente Dafne, dopo una breve pausa.
Sorrisi senza allegria “Io vado avanti. Lunedì e ieri sono stata in pessime condizioni.. Credo di non aver mai pianto così tanto.” feci una smorfia.
“Ma poi Gabriele è venuto a casa tua?” domandò curiosa Selene.
“Sì, perché?”
“Ieri a scuola era visibilmente nervoso. Quando è suonata l’ultima campanella è corso fuori, manco stesse partecipando ad una gara d’atletica.”
“Oh.”
“Ma che ti ha detto? Cioè, sei tornata a scuola così.. normale.”
Tante cose mi aveva detto. A parte il riassunto della giornata scolastica precedente, si era scusato con me, mi aveva detto di volermi bene –fu bello sentirselo dire, non nego- e mi aveva raccontato la sua vita. Ma non potevo certo raccontarla a loro.
“Niente, mi ha tirata su di morale.” Poche parole, ma vere.
Non fecero domande, poi vidi Selene accendersi come una lampadina “Comunque ieri Andrea mi ha raccontato cosa è successo Sabato sera quando siamo andati via! Te ne ha parlato lui?” scossi la testa “Allora te lo dico io. Praticamente Andrea era andato a cercare Lorenzo, no? Ecco, l’ha beccato mentre.. ehm.. baciava Cloe” fitta in pieno petto “e ha chiamato subito Gabriele, che infatti era corso via, ricordi?” annuii “Appena è arrivato al locale e ha visto Lorenzo, l’ha preso per la camicia e l’ha staccato da Cloe, che dopo è scappata, tipo.. Comunque, l’ha preso, l’ha staccato e gli ha tirato un pugno sulla faccia. E questo è il livido sotto l’occhio. Poi però ne ha preso uno lui, e hai visto cos’ha, così s’è incazzato ancora di più! L’ha afferrato di nuovo, la buttato a terra, gli è montato sopra e ha iniziato con più foga di prima. Quando Andrea lo ha allontanato il labbro di Lorenzo colava sangue in maniera spropositata!”
Ok, ero alquanto scandalizzata. Provate a capirmi, io immaginavo si fossero tirati giusto due o tre cazzotti e che li avessero divisi, non che si fossero ammazzati, o meglio, che lo avesse ammazzato di botte.
“Ilaria..” ricominciò la mora “Io.. Non vorrei tirare conclusioni affrettate ma.. Per me gli piaci.”
“Ha. Ha ha ha.” Risi, ironicamente “Non vorresti farlo, ma l’hai appena fatto. E come se non bastasse, sono sbagliate al duecento percento. Non gli piaccio, né ora, né mai.” Ed ero seriamente convinta delle mie parole.
“Perché lo dici così? Non è da escludere..” se ne uscì una Dafne perplessa.
La guardai come se fosse stato un leopardo viola della Cambogia “Non è da escludere?” ripetei, incredula.
“Sì! Voglio dire, perché no?” continuò.
Feci per dire qualcosa, ma richiusi la bocca. Perché no? Non lo sapevo, ma sapevo che era così. Era una di quelle cose che non avevano bisogno di giustificazione o motivo, andavano prese per come erano, ed io non piacevo a Bonetti! Era un assioma. Era così ed era evidente.
“E’ evidente!” insisté Selene.
No! Il contrario!” Urlò la mia mente. Infatti dissi “Ma evidente dove?”
“Per come ti difende, come si comporta con te, come ti guarda.. E anche te non sei da meno! Ogni tanto te lo mangi con gli occhi. Ti vedo, sai?” sorrise affabile Dafne.
Bene, mi avevano pure beccata in quelle due o tre volte in cui apprezzavo Gabriele. Non potevo negarlo, ma perché avrei dovuto, infondo? Non avevo niente da nascondere.
“Che c’entra, che è un figo lo sapevamo tutte.” Però faceva strano dirlo ad alta voce.
Le due ragazze, in un batter d’occhio, cambiarono l’espressione passando da neutrale a maliziosa, assecondando la mia teoria che dice che quello sguardo è una delle cose più fastidiose e imbarazzanti che sono in grado di fare gli amici. Infatti, arrossii.
“Ma che volete?!” sbottai, aggrottando la fronte.
“No, no. Niente. Prima non confessavi nanche quello.. Comunque hai ragione. Non piaci a Bonetti, e neanche lui piace a te.”
 
Ci mancava solo questa. Le mie migliori amiche pensavano che avessi una cotta per Gabriele. Fantastico! Dio, almeno potevano farmi riprendere dall’ultima catastrofica storia, prima di affibbiarmi la solita lista di spasimanti! Inoltre parlavano di Gabriele. Ma proprio lui?
Sbuffai, e continuai a dirigermi verso il parco con la mia amata macchina fotografica. Quel periodo era stato emotivamente intenso. Dalla felicità più assoluta ero arrivata alla preoccupazione per Alessandro, per poi procedere con la rabbia nei confronti di Lorenzo, seguita da una quasi depressione. Poi di nuovo abbastanza tranquilla. No, quelli non erano bei giorni proprio per nessuno. Ognuno aveva avuto da soffrire per qualcun altro o per se stesso.
Dovevo svagarmi un po’.
Non appena intravidi qualche albero, mi sentii già più a mio agio. Nonostante lì avessi baciato la prima volta il mio ex, continuava ad essere lo sfondo dei momenti più belli della mia vita, e  non avrei rinunciato ad esso per niente al mondo.
Arrivata accanto all’altalena, mi sedetti ed accesi la fotocamera, mentre iniziavo a guardarmi intorno e a dondolare. Feci caso solo in quel momento ad una lieve melodia e continuai a studiare il parco. Su una panchina, la stessa dove era iniziata la mia vicenda amorosa, c’era un ragazzo con una chitarra. La figura mi era familiare, ma non riuscivo a capire bene chi fosse per la distanza non indifferente. Con il potente zoom dell’apparecchio che avevo fra le mani, capii. Gabriele. Non sapevo suonasse.
Gli scattai qualche foto fermando la giostra, poi le riguardai. Era un ottimo soggetto, poi le foto fatte senza una posa ben precisa per me erano e saranno sempre le migliori. Lui era calmo e tranquillo. Il viso rilassato e gli occhi che seguivano le dita che accarezzavano le corde. Solo contemplando le foto sarei riuscita a prevedere che genere di suoni stesse producendo. Quelle immagini avevano un non so che di magico. Forse era l’oscurità del cielo e la luce tenue del lampione, gli alberi quasi completamente spogli e le foglie a terra che facevano da scenografia allo spettacolo, o la morbidezza con cui il castano trattava lo strumento. O forse ero solo io.
Mi alzai e mi avvicinai, cercando di fare il minor rumore possibile. Non volevo rovinare l’atmosfera.
Ogni passo mi permetteva di udire più chiaramente le note, ma mi faceva anche sentire quasi un’intrusa. Forse non avrei dovuto avvicinarmi. Indecisa, mi fermai, e così fece Gabriele.
Alzò lo sguardo, poi voltò la testa “Ilaria.” Probabilmente aveva sentito il rumore delle foglie sotto le mie scarpe.
“Gabriele..” ero in imbarazzo. Perché?
“Che ci fai qui?” chiese, ma con puro interesse. Non ero indesiderata, allora.
Rimanendo impalata sul posto, alzai la macchina fotografica un po’ impacciata e abbozzando un sorriso.
“Non sapevo suonassi..” dissi.
“Neanche io sapevo ti piacesse la fotografia.” Ribatté.
“Giusto..” sussurrai, abbassando per un secondo lo sguardo.
Mi fissava, come se fosse in attesa di qualcosa, poi parlò “Che fai lì? Perché non ti siedi? Pensavo che la fase Gabriele-Bonetti-troglodita fosse terminata.” Sorrise gentile, spostandosi leggermente sulla panchina.
Ridacchiai e con andatura incerta mi avvicinai ulteriormente.
“Tutto bene?” domandò confuso.
“Si, certo. Perché me lo chiedi?” chiesi a mia volta, nervosa, sedendomi al suo fianco.
“Sei strana.” Disse solamente. Puntò di nuovo lo sguardo sulle dita, e poco dopo tornò a pizzicare le corde, realizzando la stessa melodia di poco prima “Che hai fotografato?”
“Per ora solo te.” Dissi, sperando non mi prendesse in giro e non facesse l’idiota.
Mi diede un’occhiata veloce ghignando furbo “Ah si?” come non detto.
“Come avrei potuto non immortalare uno dei rari momenti in cui non fai il coglione?”
“Non premendo quel bottoncino sopra la macchina, ad esempio. O non accendendola direttamente. Oppure non ve-”
“Ok, ok, ho capito. E’ tardi, ormai le ho fatte.” lo bloccai, facendolo sorridere.
“Le voglio tutte, sappilo.”
Dopo qualche secondo di silenzio, prese parola “Sono stato due ore a casa di Andrea prima. Abbiamo parlato. Dice che non sa cosa provare. E’ dispiaciuto perché lei adesso sta male e preferirebbe vederla felice, è contento perché comunque s’è levato di torno un rivale, è ansioso perché sa che tra non molto dovrà farsi avanti e non sa come fare. Ha un po’ di paura.” Mi portai l’apparecchio davanti al viso e lo fotografai ancora. Subito dopo, alzò la testa e un sopracciglio guardandomi.
“Sono ispirata, lasciami perdere.” Dissi, muovendo la mano come per scacciare una mosca. Lui scrollò le spalle e tornò a suonare.
“Comunque ho capito.” Dissi, osservando la foto appena scattata “In due ore ha detto solo questo? E questa canzone non l’ho mai sentita. Mi piace, chi l’ha fatta?”
“Mica parliamo solo di lui.” Mi fece notare “L’ho fatta io. Ti piace?” mi chiese, speranzoso.
“Te l’ho appena detto..” sghignazzai per l’ingenuità del suo tono “E di che altro parlate?”
“Cazzi nostri.” Rispose, ridendo. Feci una smorfia. Ero troppo curiosa per mollare.
“Ma io voglio sapere. Dai.” Mi lamentai, come solo una poppante della peggior specie sapeva fare “Andrea parla di chi gli piace, e a te piace nessuno?”
Rise di nuovo, sinceramente divertito “Ma che hai oggi?”
“Non evadere le mie domande!”
“Potrebbe piacermi qualcuno, come non potrebbe.” E continuava a fissare la chitarra. Che odio! Non mi aveva risposto!
“Dai! Ti piace qualcuno?” ritentai.
Lo vidi riflettere, ancora con il sorriso sulle labbra “Forse..” bisbigliò insicuro ed esitante, come se anche lui non sapesse cosa provava per questa persona. Perché l’aveva detto in quel modo? E cos’era quella strana sensazione che sentivo nel petto?
Che mi stava succedendo?
 


Vi farò crepare con questa storia, voi fan del GabrielexIlaria. 
Ebbene, questo è quello che è successo lo stesso giorno del litigio tra Gianmarco e Dafne. So che ancora si capisce poco del vero motivo per cui si sono lasciati, ma con calma capirete davvero tutto! :) 
Inoltre c'è quel pezzo di cui ero (e sono) soddisfatta. Proprio l'ultimo, con i due personaggi principale al parco. Come dice Ilaria, mi sa proprio di magico, non so il perchè. Spero sia piaciuto anche a voi, fatemi sapere cosa ne pensate! :)

IMPORTANTE (no, non è vero, ma ho attirato la vostra attenzione) Vi volevo chiedere un favore!
Ovviamente non siete obbligati, proprio no. Vorrei scrivere dei Missing Moments, ovvero delle one shot che approfondiscono faccende che nella storia ufficiale non sono approfondite, ma per adesso l'idea è una sola (non vi dirò qual è u_u). Quello che vi chiedo io è di consigliarmi qualcosa. Non so, magari da lettori volete sapere qualcosa di più su un personaggio o una giornata specifica, quello che vi pare. Non garantisco che vi scriverò qualcosa, ma potrebbe essere. In ogni caso mi ispirerò a ciò che mi consigliate! :D Mi sareste davvero utili, grazie in anticipo per chiunque voglia aiutarmi!

What else? Vi ringrazio per ogni singola parola scritta nelle recensioni o letta nella storia. Siete la mia maggiore fonte di soddisfazione, ve lo giuro.
Pubblicherò Venerdì, probabilmente. Preparatevi. A mio parere è abbastanza divertente (con questo non voglio dire che vi scompiscerete dalle risate, però un sorriso almeno vi scappa!). Parlerà di scene carine. Poi come sono scritte me lo direte voi, che mi fido. ;)

A Venerdì, carissime!

Maricuz

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19


Guardavo tutte le foto che avevo fatto il giorno prima al parco. La maggior parte ritraevano Gabriele con la sua chitarra. Sono stata con lui quasi un’ora, fin quando non mi aveva chiamato mia madre, preoccupatissima, per chiedermi dove fossi. Quando gli avevo nominato il ragazzo, aveva sospirato sollevata. Non ho ancora capito il motivo, ma si fidava molto di lui, pur avendolo visto una sola volta. Forse si trattava solamente di sesto senso.
Gabriele seduto, fatta dall’altalena, un’altra, un’altra ancora, un’altra di nuovo. Ma quante ne avevo fatte, da lì? Oh, adesso cambiavano. Quella che stavo guardando in quel momento era la foto scattatagli mentre mi raccontava del pomeriggio con Andrea. Dovevo ammettere che era davvero bella, e anche lui era venuto bene. Andai avanti con gli scatti. No, lui veniva bene sempre. Poco dopo, mi concentrai su un’immagine in particolare. Non guardava l’obiettivo, stava guardando me e stava ridendo. Si vedevano benissimo gli occhi, altro motivo per cui quella foto mi piaceva.
Bene, adesso mi mettevo pure a contemplare Bonetti! Chiusi gli occhi sospirando. Forse avrei fatto bene a metterle un paio su facebook e taggarcelo. Se le avesse volute tutte non si sarebbe riguardato a chiedermele. Aprii una finestra con il social network, controllai le due notifiche che comparivano sulla schermata ed iniziai a caricare tre foto: una da lontano e quelle due che mi avevano colpito poco prima. Cinque minuti dopo, avevo fatto tutto.
Aprii la pagina di Twitter, cosa che mi vietavo di fare da qualche giorno, e potei notare che Anonymous –o Gabriele, che dir si voglia- era in linea. Un minuto prima aveva scritto qualcosa.
 

"Words like violence, break the silence, Come crashing in, into my little world" Enjoy the silence - Depeche Mode

 
Aggrottai la fronte. Cosa affliggeva così tanto l’imperturbabile Bonetti? Venni distratta dal suono della chat di facebook. Era proprio lui, e constatarlo mi fece uno strano effetto all’altezza del petto.
Belle le foto, ma credo sia tutto merito del sottoscritto.” scriveva, con tanto di occhiolino accanto. Sorrisi.
Parliamone.”
Ok, ok, ho capito. 70% a me e 30% a te?
Mmmh..
Che coglioni. Non ti sta mai bene niente. Vada per il fifty fifty, ma solo perché oggi sono in vena di carità.
Molto meglio. Adesso sono soddisfatta.” Commentai, continuando ad avere il sorriso sulle labbra.
Se non ci fossi io a soddisfarti come si deve…
Sei un maiale.
Sei una tigre. Gr.” Sghignazzai. Era la conversazione più stupida che avessi mai fatto.
Ho visto il tuo messaggio su Twitter, maiale. Stai bene?
Ah, sei tornata su Twitter! Ciò mi consola alquanto. Comunque si, tutto bene, sono solo un po’ confuso.”
Confusione di che genere?
Senza offesa tesoro, ma sono cose di cui preferirei parlare con qualcun altro (ovvero Andrea). E’ come se tu mi venissi a dire “Oh, quanto è figo Chuck Bass!”. Insomma, parlane con le tue amiche, non con me! Che poi proprio non capisco cosa ci troviate in Chuck Bass.. Personaggio interessante, sì, ma non venite a dirmi che è bello!” Risi per quel suo parere sul personaggio di Gossip Girl.
Guardi Gossip Girl? Ahahah Io preferisco Nate, se dobbiamo dirla tutta, ma solo esteticamente. Non sono mai stata un’appassionata di quel telefilm.” Risposi io.
Oh, grazie a Dio!
Comunque voglio sapere ugualmente cosa ti confonde.”
Mh, devo proprio? Dai, giuro che ti dirò tutto d’ora in poi, ma risparmiami su questo!” Potei immaginare il tono teatrale con cui l’avrebbe detto se fossi stata davanti a lui.
E sia.” Concessi.
Grazie. Domani ti do un bacino.” Spalancai gli occhi e sentii il cuore aumentare il ritmo. No, no! Fermati! Cioè, rallenta! Non doveva fare così. Non con lui! Pure Gabriele però poteva evitare. Quel ragazzo aveva un modo strano di dimostrare affetto: non lo faceva quasi mai, e quelle poche volte ti prendeva alla sprovvista. E avevo caldo. Mi schiarii la voce, come se avessi dovuto parlare.
Devi proprio?
So che lo vuoi. ;)” Beh, non che mi dispiacesse ma.. Dio, avevo bisogno di una consulenza da qualcuno. Qui quello in confusione non era Gabriele, ma io. Perché tutte quelle sensazioni? Tutte quelle emozioni? Che mi stava succedendo?
Non da te.” Infatti. Da Nate, ad esempio.
E da chi? Lo conosco?” alzai un sopracciglio perplessa. Non aveva capito di che genere di persona stessi parlando, ovvero inarrivabile?
Non credo proprio. Intendevo personaggi famosi.
Ah. Vabè..” Come vabè? Che stava a significare vabè? Mi grattai la testa sbuffando. Mi metteva in crisi parlare con lui. Niente era prevedibile, niente aveva senso, e se ce l’aveva, non si poteva capire perché era nella sua lingua.
Ah, le foto le voglio tutte. Un giorno voglio farne una anche con te. Comunque potresti mandarmele per e-mail come allegato?
Certo, faccio subito.
Grazie, sei un amore. <3” sospirai, spalmandomi il palmo sulla faccia.
 
Tirai su col naso. Maledetto raffreddore. Non stavo per niente bene, avevo un mal di testa assurdo e anche un po’ di mal di gola, purtroppo però mi toccava ugualmente andare a scuola per via del compito di matematica. Non avevo via di scampo: tre assicurato. Non che fossi negata, anzi, solo che quel compito mi destabilizzava. Ogni volta a capo basso per un ora, tra numeri ed operazioni, formule e grafici, alzavo la testa per consegnare e rischiavo lo svenimento per le condizioni fisiche in cui mi ritrovavo. Quel giorno mi trovavo pure svantaggiata. Sarei morta dopo il primo esercizio.
Mi strinsi nel mio cappotto dopo aver tirato su il cappuccio, per ripararmi maggiormente dal freddo di quella mattina di Novembre. Quel dannato autobus non si decideva ad arrivare –ero stata scema io ad arrivare troppo in anticipo- e, in più, ero sola, senza nessuno con cui parlare.
“Tigre.” Percepii una mano posarsi sulla spalla e sussultai, voltandomi.
“Non farlo mai più.” Dissi dopo aver preso un respiro profondo.
Gabriele rise “Scusa, la prossima volta ti faccio uno squillo.”
“Grazie..” borbottai, per cercare un fazzoletto nelle tasche. Maledetto, dove sei?
“Hai il raffreddore?” chiese intelligentemente lui. Annuii, poi mi soffiai il naso. Non era bellissimo da vedere, ma chi se ne frega, stavo male.
“Sembri un po’ rincoglionita, infatti.” Commentò osservandomi.
“Grazie, molto gentile da parte tua rinfacciarmelo..” dissi piccata e incrociando le braccia.
“Mh.. oggi sei più tigre di ieri.” Mormorò con un sorrisetto sghembo sul viso. Feci una smorfia, sentendo quasi il bisogno di giustificarmi.
“Sto male. Ho il raffreddore, lo odio. In più il mal di testa e il mal di gola. Il sonno e il freddo non aiutano per niente e sono preoccupata per il compito di matematica.”
“Hai preso 8 e mezzo allo scritto e 7 all’orale, se ti va male non muori mica.”
“E’ uguale, mi scoccia. E poi non ho voglia di farlo.  Non ne ho la forza.”
“Quello neanche io. Arriva l’autobus, dai che andiamo al calduccio.” Disse, picchiettandomi la mano sulla testa.
Ci sedemmo, io ovviamente al finestrino e lui accanto a me. Mi accucciai bene nell’angolino e chiusi gli occhi “Io dormo.”
“Dormi, dormi, bella addormentata.” Disse, e lo sentii accarezzarmi la guancia dolcemente, ma la scenetta durò ben poco, visto che parlò di nuovo con tono divertito “Sei buffa col nasino rosso. Sembri la renna di Babbo Natale.” Nasino rosso? Io avevo tutto il viso rosso, in quel momento. Stavo letteralmente andando a fuoco. Strinsi maggiormente gli occhi, come per scacciare via tutto e tutti, ma un contatto sulla gota mi fece immediatamente rilassare e, probabilmente, imbarazzare maggiormente.
“Il bacino che ti dicevo ieri.” Affermò poi.
Aprii gli occhi e lo guardai, così come faceva lui “Se vuoi ti aiuto io al compito.” Aggiunse, cambiando volutamente argomento. Che fosse a disagio anche lui? Nah.
“E come? Quello è un cane da guardia.” Sbuffai, riferendomi al professore.
“Vedremo chi vincerà.” Sorrise sicuro di sé.
 
“Potete iniziare.” Dicendo queste brutte parole, il professore si sedette alla cattedra ed appoggiò i gomiti sopra ad essa, pronto per osservarci e, nel caso di copiature and company, punirci con un bel due. Sospirai e mi feci forza, abbassando lo sguardo sul foglio. Quello bastò per demoralizzarmi. Ero preparata, e proprio perché sapevo cosa avrei dovuto fare mi presi la testa tra le mani. Non ce l’avrei mai fatta a fare tutto.
Ok, andiamo per ordine” mi dissi, e cominciai con calma a fare il primo esercizio. Qualche minuto dopo, rialzai la testa –che stava scoppiando- e mi stropicciai gli occhi. Poteva andare peggio, se fossi andata avanti in quel modo sarei almeno arrivata al cinque. Spostai lo sguardo su Gabriele, ovviamente con il banco lontano dal mio. Stava scrivendo con una foga incredibile, come se gli andasse dietro qualcuno. Menomale doveva aiutarmi..
Tossicchiai un po’, sentendo un leggero pizzicore alla gola, e ripresi il mio compito con la seconda prova. Mi rovinò. Riuscii a concluderla, per fortuna, ma quando dieci minuti dopo rialzai il capo, vidi girare tutto.
Addio, mondo crudele.” Deglutii. Come se non bastasse, avevo bisogno di soffiarmi il naso. Mancava quello, effettivamente. Feci per afferrare il pacchetto che avevo sotto il banco, quando vidi uno spostamento del castano alla mia destra. Lo guardai.
Mi stava porgendo un fazzoletto con un’espressione stampata sulla faccia che sembrava dicesse “Idiota, prendilo!”
Aggrottai la fronte e lo presi, ed insieme ad esso un foglietto ripiegato, che aprii dopo essermi soffiata il naso.
 

Bella addormentata, come puoi vedere qui sotto ci sono tutti gli esercizi.
Si, sono un fenomeno perché li ho fatti tutti, ora non rompermi i coglioni che li ho fatti per te e io devo risolverli un’altra volta.
Si, so che tu stai pensando “ma perché non te li sei fatti per te e poi li copiavi a me?”
Perché sennò non ce la facevamo in un’ora, testolina bacata! Così sono sicuro che ce la fai.
Zitta e copia, tigre.

 
Avevo gli occhi spalancati, da quanto ero stupita. Era un pazzo! Guardai il professore che stava parlando con Andrea alla cattedra. E se si fossero messi d’accordo? Ebbi la conferma quando il ragazzo in piedi diete un’occhiata fugace nella nostra direzione, come per accertarsi che la missione fosse stata compiuta. Li stavo adorando.
 
Non appena il professore uscì dall’aula alla campanella dell’intervallo, mi alzai in piedi e non so con quale forza corsi verso Gabriele che era andato a buttare qualcosa nel cestino. Quando si accorse della direzione che stavo prendendo, alzò un sopracciglio perplesso.
Ed io gli saltai addosso.
Letteralmente. E lui mi prese al volo. Lo stringevo e continuavo a ripetergli nell’orecchio dei ringraziamenti e varie frasi che parlavano di come la mia vita sarebbe cambiata se lui non mi avesse passato le soluzioni del test. Esagerando, ovviamente.
“Grazie!” ripetei, stringendo più forte.
Lo sentii ridere “Se lo sapevo ti aiutavo anche negli altri compiti.”
Allontanai il viso per guardarlo. Non eravamo mai stati così vicini, o almeno non fermi in quel modo. Vedevo ogni sfumatura nelle sue iridi, anche la più piccola, e il suo sorriso non mi era mai sembrato più bello. Forse cominciavo a capire. Oh, ca..volo.
“Davvero, grazie.” Mormorai, meno euforica di prima. Lo notò e il suo sorriso si spense.
“Tutto bene?”
“Sì. Sì. Fammi scendere..” ridacchiai, imbarazzata. Lo fece, ma continuò a tenere le mani posate sui miei fianchi, così come io le avevo sulle sue spalle. Mi scrutava, cercando di capire a cosa stessi pensando, così distolsi lo sguardo, incrociando però quello di qualcun altro.
“Ti sei ripresa, a quanto pare.” Disse Lorenzo, sorridendo ironico ma con gli occhi a cane bastonato. Ma doveva arrivare sempre nei momenti più inaspettati? Ammetto però che in quell’occasione mi aveva quasi salvata.
Gabriele si voltò di scatto, al suono di quella voce “Ancora tu?!”
“Si. Voglio solo parlarle.”
“Ci mancherebbe vorresti fare altro!” disse, scandalizzato.
Il mio ex sospirò e guardò me supplicante “Permettimi di parlarti. Due parole, per favore.”
Lo studiai, come se nel suo viso ci fosse scritta la risposta che avrei dovuto dargli, poi annuii incerta, sotto gli occhi stupiti di Gabriele. Uscì dalla classe, seguita dal biondo, e dopo un paio di passi mi fermai per ascoltarlo.
Il perché lo stessi facendo era semplice. Ancora non l’avevo dimenticato. Quattro giorni non mi erano bastati per smetterla di avere quella infatuazione per lui, e chissà quanti me ne sarebbero serviti. Stavo meglio, è vero, ma pensare a lui non mi faceva certo bene.
E poi avevo il mal di testa, non capivo niente.
 


Vi lascio con una non poco rincoglionita Ilaria.
Ora voi inizierete ad infamarla dicendogliele di tutti i colori, ed io non ve lo vieterò.
So che ancora voi vi state chiedendo cosa è successo tra Dafne e Gianmarco, e state tranquilli che lo scoprirete nel prossimo capitolo come tante altre cose.
Altra cosa che so oltre le due precedenti, è che continuerete ad adorare Gabriele, così come me medesima sta facendo. :3
A parte l'idiozia che mi caratterizza, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia fatto almeno sorridere e che, magari, vi abbia fatto staccare la spina per qualche minuto da possibili pensieri indesiderati. :)

Ah, la traduzione del testo della canzone che Anonymous (che sappiamo tutti chi sia) cita su Twitter è: Parole come violenza rompono il silenzio, arrivano schiantandosi nel mio piccolo mondo.

Ora invece vi ringrazio! Specialmente chi mi ha aiutato e mi ha dato qualche idea per i Missing Moments! :D Mi sono appuntata tutto, vedrò cosa sfornare. 
Ovviamente se volete approfondire altro potete dirmelo tranquillamente! :D

Il prossimo capitolo verrà pubblicato Martedì. Preparatevi, eh.
Un abbraccio ENOVME. 

Maricuz

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20


Mi manchi, mi aveva detto. Era stata una delle settimane più belle della sua vita, quella trascorsa insieme a me, e si era pentito fin da subito di aver baciato Cloe.
Per forza” avevo pensato “dopo le botte che gli ha dato Gabriele, chi non se ne sarebbe pentito?
Però a me piaceva Lorenzo,  e mentre diceva quelle parole, tenendomi le mani fra le sue e guardandomi con quegli occhi azzurri, il cuore l’avevo sentito, e come, e ne ero sorpresa. Non perché lo provavo per lui, ma perché era una sensazione che avevo sentito già due volte quel giorno. Con Gabriele.
“Quindi.. ti prego,” Disse il biondo a ormai fine discorso “torna con me.”
Non avevo detto una parola. Non una. Ne avevo pensate tante, quello sì, ma non era uscita aria dalla mia bocca se non per respirare, visto il raffreddore che mi ero ritrovata quella mattina.
“No.” Dissi solamente, con una freddezza che fino a quel  momento avevo usato solo con il mio compagno di banco, ingiustamente. Ma in quelle due lettere, di ingiusto, non c’era assolutamente niente. Mi piaceva? Sì. Mi aveva tradita? Sì. Mi fidavo di lui? Sì, due volte. Non sarei tornata con Argenti neanche se mi avessero pagato oro.
“No,” ripetei, sorridendo “magari Cloe è disponibile. Chiedi a lei.” Alzai un braccio, gli diedi due pacche sulla spalla e girai i tacchi, rientrando con calma in classe.
Appoggiato al muro c’era Gabriele che, mangiando il suo panino, parlottava con Andrea. Non appena varcai la soglia si voltarono contemporaneamente verso di me, in attesa di eventuali aggiornamenti da parte mia. Abbozzai un sorriso, poi ringraziai Andrea per aver distratto il professore di matematica mentre l’altro ragazzo mi passava gli svolgimenti e le soluzioni degli esercizi del compito. Gabriele, scocciato perché avevo bellamente ignorato la loro domanda silenziosa, mi richiamò.
“Ilaria.”
“Mi ha chiesto di tornare insieme a lui.” Scrollai le spalle, per sminuire la cosa, ma a quanto pare loro non erano dello stesso parere. Andrea lasciò cadere le braccia sospirando esasperato, mentre il suo amico spalancò gli occhi e alzò le sopracciglia.
“Con che coraggio?!” urlò, staccandosi dal muro.
“Che ne so, non mi importa, non ho mica accettato!” dissi spazientita.
“E menomale..” mormorò lui, ancora con il viso tirato.
“Posso chiederti una cosa poco bella?” mi domandò il moro, ed io annuii “Per lui cosa provi, adesso?”
Presi tempo facendo un respiro profondo, puntando lo sguardo sul pavimento “Qualcosa sicuramente, ma passerà.”
Cadde il silenzio, tornai a guardarli. Andrea stava guardando me, mentre Gabriele aveva gli occhi rivolti verso la porta e la mascella contratta. Il suo profilo era davvero..
“Io.. Io.. Ho bisogno di parlare con le ragazze.” Affermai, improvvisamente nervosa. Mi osservarono entrambi perplessi, poi, a modo loro, mi concessero di spostarmi. Con finta tranquillità mi girai e camminai verso Selene e Dafne, già in attesa del mio arrivo.
“Credo che qui le cose stiano cominciando a cambiare un pochino.” Dissi, sedendomi nella sedia davanti al banco della bionda.
“Fammi indovinare.. Ti sei accorta di provare qualcosa per un certo Ga-”
“NON DIRLO.” Gridai io, interrompendo Selene. Le due ragazze mi guardarono scandalizzate. Mi schiarii la voce e iniziai a parlare a bassa voce, per esser sicura di non esser sentita da nessuno “Io..”
L’entrata di una professoressa a noi sconosciuta mi fermò “Buongiorno ragazzi! La vostra professoressa di religione è assente, vi supplisco io.” Si sedette alla cattedra poi riprese “Fate pure quello che volete, basta che lo facciate in silenzio. Devo correggere dei compiti.” Rincuorata dal non dover far niente per ben sessanta minuti, tornai a rivolgermi alle mie amiche.
“Io provo cose che prima non provavo, o che almeno non credevo di provare. Mi ritrovo a contemplarlo, a pensare a quanto sia attraente, quanto siano chiari i suoi occhi, quanto sia bello il suo sorriso. Poi mi sorprende sempre. Che sia una parola, un gesto, un’azione. Stamattina mi ha baciato sulla guancia e pensavo di morire per autocombustione, prima mi ha passato tutto il compito di matematica perché sapeva che stavo male. L’altro giorno mi dite che ha picchiato Lorenzo appena l’ha visto baciare Cloe.. A me queste cose fanno effetto, cazzo. Non.. Non lo considererò un semplice amico per molto.” Sparai le parole a raffica gesticolando e fissando tutto tranne le mie amiche e il diretto interessato. Ero arrossita, non avevo mai detto quel genere di cose a nessuno.
“Ok, ti piace, ma..” disse piano Dafne, ma venne interrotta dall’altra.
“Ho due domande. Uno: ti ha baciato sulla guancia? Che carino! Due: queste cose che fa.. Non ti hanno fatto venire il dubbio? Non è che sei tu a piacere a lui?”
“No, assolutamente no. E’  lui che è così.”
“A me non mi ha mai difesa..” scrollò le spalle la bionda.
“A me non mi ha passato nessun compito!” disse convinta Selene.
“A me non ha dato nessun bacio.” Parlò ancora Dafne.
“Ok, ok, ho capito! Ma non gli piaccio. Ora, se mi volete scusare, vado. Devo assimilare la cosa.” Mi morsi il labbro, riflettendo “Dio.. Mi piace Bonetti..” bisbigliai incredula.
“Ma.. magari è solo un’attrazione fis-” tentai.
“Ilaria, vai, assimila.” Mi rimproverò Selene con sguardo duro. Sospirai.
Mi sedetti al mio posto, vicino ad un Gabriele che, annoiato, faceva i compiti di inglese per il giorno dopo “Finito di parlare?” mi chiese, continuando a scrivere.
“Già..”
Girò la testa verso di me perplesso “Ti ho mai detto che sei un tipetto un po’ lunatico?”
“No, però mi hai detto giusto tre o quattro volte che sono strana..” ridacchiai, mettendomi nella solita posizione scomposta.
Lo sentii sghignazzare, ma non disse più niente. Tornò ai suoi esercizi e mi misi ad osservarlo. Mi piaceva davvero? Beh, se fosse stato così si sarebbero spiegate un sacco di cose, come quelle che avevo elencato cinque minuti prima alle mie migliori amiche, ma.. No, non riuscivo a crederci.
Distolsi lo sguardo e cominciai a farlo vagare per la classe. Andrea stava parlando animatamente con Selene, quale fosse l’interessantissimo argomento non mi era dato saperlo, Dafne stava chiacchierando con Chiara, le due galline con la vacca per eccellenza non le guardavo neanche, mentre Davide stava –stranamente- studiando. Accanto a lui un Gianmarco a dir poco pensieroso. La mano destra tra i capelli castani, il gomito appoggiato sul banco e sopracciglia leggermente aggrottate. Lo osservai per un po’, ma non si mosse. Era strano da parte sua, era il tipico ragazzo che aveva sempre il sorriso sulle labbra, con gli amici intorno e le ragazze a seguito. In quattro anni di conoscenza non l’avevo mai visto così serio e sulle nuvole.
“Davide!” chiamai invano, cercando di non farmi beccare dalla professoressa.
“Davide, Cristo!” niente. Sbuffai.
Gabriele appoggiò il lapis sul libro, si voltò posando il gomito sul banco dietro di noi e lo chiamò tranquillamente, senza stare attento al volume della sua voce “Vallini, ti vuole Ilaria.”
Il ragazzo alzò la testa, guardò prima Gabriele poi me, con sguardo interrogativo. Nel frattempo: nessuna reazione da parte di Gi-emme.
“Verresti un attimo accanto a Gabriele?” lui annuì e ci scambiammo i posti. Magicamente mi ritrovai vicino all’ex di Dafne, che sembrava quasi non si fosse accorto dello spostamento del suo amico.
“Che c’è? Vuoi ricordarmi che sono uno stronzo? O magari parlarmi del dolore che sta provando Dafne?” chiese, con un sorriso amaro sul volto.
“Volevo chiederti come stavi, veramente.” Lui, dubbioso, mi guardò.
“Davvero?”
“Sì.”
“Sei la migliore amica della mia ex.” Mi ricordò.
“Ma davvero?” chiesi ironica “Tu rispondimi, come stai?”
Mi squadrò ancora un po’ con i suoi occhi verdi, poi tornò a fissare il vuoto “Come devo stare.”
“E come devi stare, allora?”
“Male. Non è un bel periodo..”
“E non ne parli con nessuno?”
“Poche persone capirebbero, e non so quali sono.”
“Io in genere capisco.” Mi offrii, dopo qualche secondo.
Lui rise “Ilaria, due giorni fa mi sono lasciato con Dafne, non mi sembra normale confidarmi con te, visto che c’entra anche la nostra storia.”
“Dimmi cosa c’è di normale in me, che ho dato fiducia a Lorenzo che poi mi ha tradito e ho tenuto il muso per una settimana a Gabriele che è venuto a casa mia a consolarmi quando ho lasciato quell’altro, dopo averlo ammazzato di botte!” dissi, buttandola sullo scherzo.
Sorrise divertito, poi pensò alle mie parole. Gli meritava parlarne con me? E poi, a parte i suoi di pensieri, perché mi ero proposta? Perché avevo avuto l’istinto di farlo? E stavo facendo la cosa giusta?
“E’ difficile da dire..” mormorò, distraendomi dalle domande che mi vorticavano per la testa.
“Prova..”
“Non..” sospirò, incrociando le dita delle mani davanti alle labbra e assottigliando lo sguardo “Non ci crederai, ne sono sicuro. E’ assurdo. Anche io non ci credevo, solo che poi sono successe un sacco di cose e..” la voce gli tremò, e smise di parlare chiudendo gli occhi. Mi avvicinai leggermente con la sedia e attesi. Era.. distrutto.
“Sono.. Sono gay Ila.”
Sono gay. Era gay. Gianmarco Tilli era gay. No, non ci credevo, ma la sua premessa, la sua voce, gli occhi umidi e la serietà sul suo volto mi convinsero immediatamente dopo.
“Da quanto lo.. lo sai?” chiesi, incerta. Quella domanda generalmente viene fatta ad una donna incinta.
“Con certezza da poco. Per questo sto così. Insomma, io non son-.. ero.. insomma, l’omofobia non mi ha mai riguardato. Non ho mai avuto niente contro gli omosessuali ma.. Cazzo, quando ti rendi conto che lo sei cambia tutto. Non so come affrontarlo, capisci?” si voltò speranzoso verso di me, ed io non riuscii a fare altro se non annuire.
“Non mi sono mai posto il problema, o quello che è. Penso a.. a come dirlo ai miei amici, alla mia famiglia, ai miei genitori.. Che reazione avranno? Mi accetteranno ugualmente? Ho una fottuta paura, cazzo.” Si coprì il volto con le mani, e respirò profondamente, forse per non scoppiare.
“Ho conosciuto..” riprese, qualche secondo dopo “un ragazzo al compleanno di mia sorella, a Settembre. Ha ventidue anni e non è etero. Io.. Non lo so, non ti so spiegare. Era come se fossi attratto da lui, ma non davo peso alla cosa. I giorni passavano e mi sono reso conto che le ragazze non.. non mi interessavano più come prima, diciamo. E lì ho fatto la cazzata: ho chiesto a Dafne di uscire. Volevo provare. Insomma, è carina, è dolce, è una ragazza stupenda e sfido chiunque a non innamorarsi di lei. Le voglio bene, ma ho scambiato questo per altro, purtroppo, e mi sono messo con lei.” Mi spiegò, stando bene attento a non incrociare i miei occhi con i suoi.
“Però.. Quando incontravo questo Francesco..” non terminò la frase, lasciandomi intendere quello che volesse dire. Gli piaceva lui, non Dafne.
“L’ho usata, e mi sento una merda. Se lo venisse a sapere mi strapperebbe le palle a mani nude.”
“Non credo. E’ la dolce e tenera Dafne.” Sorrisi incoraggiante “Secondo me dovresti dirglielo, comunque.”
“Magari con calma..” mormorò insicuro, poi si rilassò sulla sedia.
“Stai meglio?” domandai, sperando in una risposta affermativa. Lui, per fortuna, sorrise.
“Beh, pesa meno. Non lo dici a nessuno, vero?”
“Direi proprio di no. Quando sarai pronto, lo dirai tu.” Lo rassicurai, mentre mi alzavo.
“Mi lasci?”
“La compagnia di Davide è più gradita della mia, o no?” scherzai.
Spalancò gli occhi trattenendo un sorriso “Che stronza!” risi e gli feci una linguaccia.
 
“Che vi siete detti tu e Gi-emme?” ormai quel soprannome era di dominio pubblico. Gabriele mi fece quella domanda distrattamente, mentre scorreva le canzoni nel suo i-pod in autobus.
“Abbiamo parlato.” Dissi molto vaga io. Mica glielo potevo dire, anche se la tentazione era tanta. Non fraintendetemi, non ero un tipo che andava a dire a tutti gli affari degli altri, la vera tentazione era lui. Era lui che mi spingeva a dirgli qualunque cosa, anche non volendo.
“Grazie, non ci sarei mai arrivato!” mi lanciò un’occhiata e tornò alla sua principale attività.
Sospirai “Non posso dirtelo, non perché non voglio, capiscimi!”
“Mh.. Se indovinassi?”
“Non potrei dirti si o no.”
“Ma potrei capirlo dalla tua espressione.” Spense l’i-pod e mi guardò curioso ed euforico. Voleva giocare. Era peggio di un cucciolo di cane. Poi con quegli occhioni..
“S-sì.” Balbettai, a disagio per i miei stessi pensieri “Però se lo indovinassi dovrai far finta di non saperlo. Sei in grado di farlo?”
“Io sono in grado di far tutto, baby.” Ammiccò, facendomi arrossire.
“Idiota..” borbottai abbassando per un attimo lo sguardo, poi mi ripresi “Ok, iniziamo.”
Si sistemò meglio sul sedile ed iniziò a studiarmi, e così fece per tutto il resto del viaggio mentre diceva ogni possibilità, mettendomi ansia ogni secondo di più.
“Avete parlato di quanto sono immensamente bello?” alzai un sopracciglio “Ok, no. Sul serio. C’entra Dafne?” eh, si, ma non proprio. Feci una smorfia.
“Ho capito. C’entra, ma non è quello il problema principale.” si morse il labbro inferiore, facendomi deglutire, poi continuò “Famiglia, amici.. C’entrano?” stesso discorso di Dafne. Altra smorfia.
“Quindi riguarda lui.” Dedusse, e dopo qualche secondo scosse la testa “Ho bisogno di un indizio. E’ facile da indovinare?”
“Questo te lo posso dire: no.” Proprio no. Quando ci ripensavo continuavo a ripetermi: non è possibile. Non mi bastava dover assimilare il fatto che mi piaceva Bonetti, adesso anche la sessualità di Gianmarco.
Stette qualche minuto in silenzio, guardando me, guardando le sue mani, guardando il finestrino alla mia destra, poi ragionò ad alta voce “Non lo conosco molto. E’ egocentrico, ma è una brava persona. E’ un bel ragazzo, è stato con Dafne.. Non è facile da indovinare. Riguarda lui. Cosa può far male o.. che ne so, confondere un ragazzo di diciassette anni? Può avere una qualche malattia, ma non è una cosa così scioccante, purtroppo. Quindi..” si fermò, puntò i suoi occhi sui miei. Forse ci era arrivato. Non so come, ma c’era.
“Non ci credo. E’ gay.”
Non mi mossi, non feci nessun movimento né con il corpo né con il viso, e questo gli diede la conferma. La sua reazione mi dimostrò la maturità con cui affrontava le cose leggermente più serie rispetto ad un normale battibecco fra me e lui. Annuì alzando le sopracciglia comprensivo “Beh no, non è affatto facile, non all’inizio. Sai, mia cugina è lesbica.” Se ne uscì, tranquillamente.
“Interessante. I tuoi zii lo sanno?”
Lui ghignò “Non ancora. Lo nasconde da due anni. Secondo me sbaglia. Sono persone abbastanza aperte, loro. Non so i genitori di Gianmarco, però.”
“Non li conosco.” Mormorai io, alzandomi per uscire dall’autobus.
“Vedrà lui cosa fare.” Si mise in piedi anche lui, poi io aprii bocca per raccomandarmi ancora una volta, ma mi fermò roteando gli occhi e alzando una mano “Sì, sì! Starò zitto! Stai tranquilla, tigre. Mi faccio i cazzi miei.”
“Ma se sei una suocera! Sei tu che volevi saperlo!” ribattei.
“Ho le orecchie, ma non la bocca. Va bene così?” chiese fintamente scocciato, saltando sul marciapiede.
“Ma vattene.” Ridacchiai. Lui sorrise e mi parò davanti.
“Ok, ma voglio un bacino.” E si indicò la guancia.
“Fammi pensare.” Lo guardai. Si, anche due, disse la mia mente, “NO!” urlai io. Lui aggrottò la fronte.
“Potevi essere anche più delicata. Se non ti piaccio basta dirlo.” Arrossii violentemente. Il mal di testa tornava a farsi sentire
“No, non è che non mi piaci. Cioè, si. No. Voglio dire.. Oddio! Fanculo, Gabri, sto male! Fammi andare a casa!” lui scoppiò a ridere. Gentile! Cercava proprio di mettermi a mio agio!
“Ok, ok. Allora il bacio te lo do io.” Si abbassò e mi sfiorò la guancia con le labbra. Ilaria Archi necessita di doccia fredda.
“Ci vediamo domani.” Sorrise come solo lui sapeva fare e si voltò, cominciando a camminare. Sospirai e feci la stessa cosa. Starnutii.
Maledetto raffreddore.
 


Svelato l'arcano mistero.
Vorrei fare i complimenti a Hailstorm (che andando a tentativi assurdi ha indovinato il fatto che fosse gay) e _littleKAPPA (che chi giocava sopra dicendo "mi piacerebbe vederlo felice con la sua bella (o bello? xDD)"). Davvero, complimentoni. AHAHAH
Ebbene, finalmente, Ilaria ha aperto gli occhi. Ancora non ha realizzato bene, ma c'è quasi.
Spero davvero tantissimo che il capitolo vi sia piaciuto. :)


Ringrazio tutti, uno per uno, e oggi non ho voglia di dilungarmi. Tanto lo sapete che vi adoro per tutto quello che fate.

Il prossimo capitolo verrà pubblicato Domenica, tra 5 giorni, perchè ultimamente faccio fatica a reggere il ritmo. Sapete, con la scuola a fine quadrimestre.. Devo stringere un po' i denti. Già oggi ho pubblicato in ritardo per fare i compiti! D:
Il prossimo è un aggiornamento di azione! u_u No, non è vero. Cioè, non aspettatevi pistole, spade o liane. ._.

A Domenica, carissime! :D
Grazie ancora. :3

Maricuz

Ps: Ricordo che se volete sapere qualcosa in più o un Missing Moment in particolare, potete dirmelo tranquillamente! :D

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21


“Ok, dai, entrate pure!” gridai dall’interno dello spogliatoio femminile mentre mi legavo le scarpe.
“Siete già tutte vestite?” domandò Gabriele, dal corridoio. Io, Selene e Valentina –un’altra ragazza della nostra classe- gridammo un “si” all’unisono, e mentre il mio compagno di banco apriva la porta sentimmo chiaramente Davide imprecare.
“Vi preferivo nude.” Pochi attimi dopo, stava gemendo per aver ricevuto una scarpa in pieno stomaco dalla mia migliore amica.
“Io preferivo prenderti più in basso.”
Eravamo esattamente sei, ed oltre a quelli che ho già nominato c’era Gianmarco. Ancora non aveva fatto parola a nessun altro della sua sessualità, e gli unici a saperlo rimanevamo io e Gabriele, che continuava a far finta di niente.
I ragazzi si sedettero nelle panchine, tutte quasi completamente vuote. Era Martedì e quel giorno si sarebbe svolta la partita di pallavolo contro la quarta G. Dopo mezz’ora saremmo dovuti essere in palestra per riscaldarci con qualche palleggio e qualche bagher.
Mi tirai su sospirando e appoggiando le mani sulle cosce scoperte dai pantaloncini, iniziando a strofinarcele. Faceva abbastanza freddo.
“Beh però.. tanto vestite non siete.” ragionò di nuovo il riccioluto, guadagnandosi uno sguardo di fuoco di Selene.
“Sappi che ho un’altra scarpa.”
“Beh le pallavoliste sono amate proprio perché non sono esattamente coperte. Le gambe secondo me sono la parte migliore..” disse Bonetti, con sguardo perso nel vuoto “Oh, e il culo.”
“Hai perfettamente ragione.” Annuì Davide, emozionato per la piega che aveva preso il discorso “Il culo però per me viene anche prima delle gambe! Vero, Gi-emme?”
Il giovane alzò la testa, preso alla sprovvista, e aprì la bocca mentre cercava una risposta da dare.
“Io preferisco i pallavolisti.” Dissi, prima che il suo silenzio diventasse strano, e feci annuire tutte le ragazze.
“Allora inizierò a fare pallavolo.” Ammiccò Gabriele nella mia direzione, facendomi arrossire.
“Non ho detto tutti i pallavolisti.” Precisai.
“Dettagli.”
Sono i dettagli a differenziarci dagli altri.” Mormorai, citandolo e facendolo sorridere.
“Andiamo in palestra? Magari troviamo un pallone e iniziamo a giocare un po’.” Propose Valentina dopo aver controllato l’orario sul cellulare. Tutti d’accordo, uscimmo dallo spogliatoio e andammo nel posto prestabilito. Respirai profondamente.
Ero leggermente ansiosa. Non vedevo Lorenzo da quando mi aveva chiesto di tornare con lui e, sinceramente, non avevo molta voglia di trovarmelo davanti. Per fortuna non ero sola. Con Selene e Gabriele intorno non mi sarebbe successo sicuramente niente. Per dirla tutta, non so chi dei due fosse più pericoloso se veramente arrabbiato.
“Oh, non c’è un cazzo di pallone in questa palestra! Possibile siano tutti sotto chiave?” urlò Vallini, continuando a correre a destra e a manca.
“A meno che non stacchiamo la testolina bacata di Ilaria dal suo corpo, rimaniamo qui senza far niente.” Se ne uscì bello come il sole Gabriele.
“Simpatico quanto il prezzo della benzina..” borbottai.
“Mai quanto te, tigre.” Rispose lui, dandomi una leggera spinta con la spalla.
“Ragazzi, siete già pronti?” il nostro professore di ginnastica fece la sua entrata dicendo queste parole con espressione perplessa.
“Per vincere, prof. Solo per vincere.” Disse Davide gonfiando il petto.
“Vallini, per piacere, inizia a montare la rete.”
“Da solo?” spalancò gli occhi di colore indefinito. No, oggi ce l’ha sul verde..
“Si, devi faticare. Forza, scattare!” batté le mani, facendolo sussultare. Si girò ed iniziò ad eseguire gli ordini. Il nostro insegnante cominciò a cercare la chiave per aprire il lucchetto che ci vietava di ottenere quel fondamentale oggetto sferico, e dagli spogliatoi uscirono i nostri avversari. Primo fra tutti, vidi Lorenzo. Sospirai distogliendo lo sguardo, ce la potevo fare. Dovevo farcela. Avrei giocato quella partita senza disturbi emotivi, l’avrei vinta e sarei andata a casa soddisfatta per una duplice vittoria.
All’improvviso, capii che qualcuno stesse cercando di abbracciarmi da dietro e, aggrottando la fronte, mi voltai leggermente a destra, trovandomi a pochi centimetri dal viso di Gabriele. Arrossii, mentre riusciva nel suo intento.
“Non vedo l’ora di stracciarlo.” Mi sussurrò all’orecchio, facendomi rabbrividire. Dio, qualcuno mi salvi prima che sia io a stracciare i suoi vestiti.
“Oh mio Dio.” Dissi, spaventata da ciò che avevo appena pensato.
“Cosa? Che è successo?” domandò confuso il ragazzo, alzando lo sguardo per controllare la situazione circostante.
“No, no! Niente! Comunque anche io.” Dissi, un po’ balbettando. Lo sentii sghignazzare, poi mi lasciò un bacio sulla guancia –cosa che il mio autocontrollo non apprezzò, a differenza mia- e si staccò da me, facendomi percepire una sensazione di vuoto che non avevo mai provato con lui. Mi morsi il labbro, cercando di tranquillizzarmi. Mi piaceva Gabriele, ok, perfetto! Lo avevo ammesso, ma era straziante ugualmente. Per fortuna il richiamo di Gianmarco mi fece distrarre.
“Dai che ho il pallone, su! Selene, alza il culo da quella panchina e vieni a giocare!” urlò.
“Alza il tuo bel culo dalla panchina e vieni a giocare.” Lo corresse Davide mentre tornava tra noi dopo aver sistemato la rete, facendo spalancare gli occhi a lei e ghignare il ragazzo vicino a me.
“Davide nasconde qualcosa..” mormorò, infatti. Feci una smorfia annuendo. Non era il primo segnale che lanciava, effettivamente. Quei due si piacevano a vicenda ma non lo dichiaravano né a loro stessi, né ad un qualsiasi confidente. La loro storia era segreta quanto la mia attrazione per Bonetti.
Iniziammo a palleggiare e notai con piacere che, chi più, chi meno, tutti sapevano giocare a pallavolo. Non commentai Gabriele. Il ragazzo si era dimostrato un fenomeno in ogni sport affrontato nell’ora di educazione fisica e quel giorno non faceva certamente eccezione. Faceva solo rabbia! Io per prendere un pallone ci mettevo tutto l’impegno a me concesso, mentre se vedevi giocare lui sembrava che fosse un gioco per neonati, da come era tranquillo.
“Davide, alzamela!” urlò ad un certo punto e, come richiesto, ricevette una palla alta dal moro.
Pochi secondi dopo, mi ritrovai a gridare anche io “PAZZO!”
La schiacciata mi aveva quasi sfiorato la faccia, se non mi fossi spostata in tempo mi avrebbe presa in pieno. Scoppiarono tutti a ridere, ed il più contenuto fu proprio lui “Scusami! Non l’ho fatto apposta, giuro!”
“Ci mancherebbe.” Borbottai imbronciata, posandomi una mano sul petto per sospirare sollevata. Avevo perso dieci anni di vita in due attimi di secondo. Fantastico.
Il castano, ancora ridendo ma cercando di trattenersi, si avvicinò e mi sfiorò un braccio con la mano. Perché tutta quella ricerca di contatto fisico? L’avevo notato solo in quel momento: quando il bacino, quando l’abbraccio, quando la carezza..
“Tutto bene?” mi chiese, sorridendo ancora divertito e interrompendo i miei pensieri.
Annuii un po’ spaesata guardandomi intorno, poi concentrai la mia attenzione su di lui. Quegli occhi ghiacciati, lucidi per la risata e incredibilmente belli puntati sui miei. Deglutii.
“Spero che Argenti non sia reattivo come te.”
Pochi minuti dopo, il professore ci richiamò per dare inizio alla partita. Ci mettemmo d’accordo per schemi e tattiche varie –specie tra ragazzi- e ci posizionammo nelle zone prestabilite. Io ero all’opposto di Gabriele. Io dietro e lui davanti, che si scambiava occhiate di fuoco con Lorenzo. Vederli entrambi divisi da una rete e pronti per scannarsi mi fece sentire una strana sensazione a cui, sinceramente, non saprei dare un nome neanche adesso. Sospirai e mi preparai fino a quando il nostro insegnante non fischiò.
 
“Tra quanto abbiamo l’autobus?”
“Tra mezz’ora circa.”
“Che palle.” Mi sedetti sulla panchina della fermata e poco dopo mi raggiunse anche lui.
Avevamo vinto la partita, Gabriele aveva tirato la sua schiacciata in faccia a Lorenzo ed eravamo tutti molto soddisfatti. Ovviamente si era scusato, ma solo perché c’era il professore. In ogni caso, c’erano stati dei momenti in cui sia io che Selene temevamo che i due si sarebbero saltati addosso per gonfiarsi di botte.
“Su, stai un po’ di più con me, ti costa tanto?” mi chiese, guardandomi.
“Non mi costa niente. Stiamo insieme solo a scuola e quando aspettiamo l’autobus, però!” protestai, quasi, vergognandomi subito dopo.
“Mi stai chiedendo di uscire?” rise lui, prendendomi come al solito in contropiede.
“Perché, vorresti?” domandai io a mia volta, piccata ed imbarazzata, usando il suo stesso modo di porsi. Alzò le sopracciglia divertito e, credo, piacevolmente stupito. Non era certo l’unico a saper essere imprevedibile! Beh, magari lui era più immediato con le risposte..
“Non dovrei?”
“Dovresti?”
“Ok, basta. Hai vinto tu, per stavolta!” si lasciò andare ad una risata, sempre con gli occhi puntati su di me, ed io sorrisi soddisfatta.
“Com’è che avete già organizzato cosa fare per l’ultimo dell’anno?” chiese, cambiando completamente argomento. Quella mattina, a scuola, Dafne ci aveva avvertito che i suoi genitori le avevano dato il permesso per fare una festicciola a casa sua, tra intimi, con successivo pigiama party, ed aveva invitato anche Gabriele, Davide e Andrea. Gianmarco no, ma potete capire benissimo il perché.
“In realtà abbiamo sempre fatto così. Gli anni scorsi eravamo noi tre: Dafne, Selene ed io, più altre due o tre ragazze che facevano parte del giro. Abbiamo avuto poi delle discussioni con una di queste e ci siamo divise. Comunque, ci sistemiamo per tempo così che se entra qualche imprevisto possiamo riorganizzare qualcos’altro.” Spiegai, velocemente. Lui annuì.
“Se tutti confermano siamo in sei, o sbaglio?”
“Non sbagli.”
“Se Andrea ci prova con Dafne e Davide con Selene, noi due reggiamo il moccolo o ci scambiamo effusioni?” domandò, serio.
Lo fissai, senza nessun’apparente espressione, poi sospirai lentamente, non dicendo una parola. Scoppiò a ridere, mentre dentro di me morivo.
“Dai, un bacino almeno me lo darai!”
“Bravo, adesso se io avessi voluto dartene uno ti tocca aspettare un mese e mezzo. Complimenti Bonetti, ottima mossa, fattelo dire!” iniziai a battere le mani parlando con ironia e cercando di mantenere il controllo. Il mio istinto scalciava per dirgli “Ti darò tutti i bacini che vuoi, cazzo! Anche adesso!
“Oh, andiamo! So che cederai! Sai cosa sono in grado di fare! Mi attaccherò come una cozza come facevo all’inizio e otterrò il mio obbiettivo!”
“Certamente..” mormorai, giusto per dargli corda. A me non avrebbe fatto che piacere se si fosse attaccato come una cozza. Essere uno scoglio non sarebbe potuto essere più appagante.
“Dammi un po’ di soddisfazione! Non so, dimmi “Oh, Dio! No, ti prego! Non farlo!” almeno così mi spingi a farlo e lo faccio davvero!”
“Oh, Dio! No.. No, com’era?” chiesi, aggrottando la fronte.
“Oh, Dio! No, ti prego! Non farlo!” ripeté, con la stessa enfasi della prima volta.
“Ah, ok! Oh, Dio! No, ti prego! Non farlo!”
“Perfetto!” si schiarì la voce “E invece lo farò, cara la mia tigre! Lo farò e come!”
“Come?”
“..Che ne so, mi verrà in mente, suppongo. Ma Gianmarco non l’ha invitato?” eccolo che cambiava per l’ennesima volta argomento. Davvero, avrebbe potuto vincere qualcosa per questa sua capacità. Non so, un record, un attestato, un riconoscimento.
“No. E’ come se invitassi Lorenzo, Gabri! Che senso ha?”
“Mi piace quando mi chiami Gabri. Comunque ha senso. Non gliel’ha detto ancora?”
“No, non l’ha detto ancora a nessuno.”
“Ma io sono geloso.” Alzai un sopracciglio. Geloso? Di chi? Capendo la mia domanda dalla mia faccia, mi rispose “Di te! Lo sai solo tu! Tu sei mia.” Disse, usando la stessa intonazione che ha un bambino che reclama la sua merenda. Infantile, sì, ma mi fece sentire gli ennesimi brividi di piacere lungo la schiena. Mia. Sua. Dio, magari! In quella settimana ero veramente impazzita per lui, come se tutto il sentimento che avevo provato per lui in quei mesi di conoscenza fosse stato rinchiuso in una bolla, che era scoppiata improvvisamente i giorni successivi al litigio tra me e il mio ex.
Risi e parlai, cercando di mascherare la felicità che mi aveva colto con un tono scherzoso “Stai tranquillo, con lui a questo punto dovrei essere io a tenerti d’occhio.”
“Perché tu mi vuoi bene, giusto?”
“Ah, ah.” Annuii.
“No, dillo, bastarda!” rise.
“Sì, giusto!” tentai.
“Ilaria.”
“Sì, ti voglio bene!” sbottai, distogliendo lo sguardo.
Timidona!” mi prese in giro, afferrandomi delicatamente il mento con le dita e avvicinandomi al suo viso. Per pochi secondi temetti il peggio –o il meglio-, ma mi stampò solamente un semplice bacio sulla guancia, che bastò però per scaldarmi sia dentro che fuori.
 


Salve, care fonti di soddisfazione.
Ebbene, ecco il primo capitolo dove Ilaria mostra la sua agognatissima cotta per Gabriele. Si, ci ho messo venti capitoli ma sapete cosa? Non me ne pento affatto. Mi divertirò ancora di più a scrivere questa storia in futuro. Vi farò crepare. BUAHAHAHAHA
Insomma il nostro Lorenzo si è preso alla fine una pallonata in faccia. :3
Preparatevi al prossimo capitolo perché non sarà tranquillo come quello di oggi. Diciamo che questo era un po' di passaggio (un po', perchè comunque Gabriele che piace ad Ilaria non è affatto trascurabile! Non finirò mai di farlo notare. D:)

Ora i ringraziamenti.
GRAZIE perchè al primo capitolo ci sono più di 2000 visualizzazioni. Grazie perchè il  numero delle persone che preferisce, ricorda o segue aumenta ad ogni aggiornamento. Grazie perchè 194 recensioni in 20 capitoli non sono affatto poche. Non per me almeno, che non ero abituata (e non lo sono tuttora) a tutto questo "successo". Grazie mille. 
Se non ci foste voi! T____T Vi adoVo!

Un saluto alla sorellina di xlikeoxygen che è nata pochi giorni fa. Ciao Helena Sophie! 
[Non potevo non farlo. La mia lettrice ha promesso di narrarle la mia storia quando sarà più grande. u_u ahahha]

Infine, l'appuntamento per la prossima volta, che sarà Venerdì. Per me il 3 Febbraio è importante e voglio che un capitolo venga pubblicato quel giorno. u_u
Non uccidetemi dicendo "non ce la farò mai!" perchè ce la farete. Sono solo 5 giorni, passeranno in fretta. 
Grazie ancora a tutte e un mega ABRAZO.

Maricuz

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22


Vacanze natalizie. Non ci potevo credere.
Mi sentii libera immediatamente dopo aver fatto il primo passo fuori dall’edificio scolastico. Ormai era passata una settimana da quel giorno –sì, era passato anche Natale-, ma sentivo quella sensazione persino il quel momento, mentre fotografavo mia cugina che dondolava sull’altalena con un sorriso che solo i bambini di quell’età sono in grado di mostrare.
Si chiamava Luisa e aveva da poco sei anni. Andava in prima elementare e quel giorno lei ed i suoi genitori sarebbero stati nostri ospiti a pranzo. Le avevo promesso di andare al parco a giocare e quando saremmo tornate a casa lei ed i miei zii sarebbero andati via, per cui avevo scelto di fare quell’ultimo sforzo da baby-sitter e stringere i denti, ma con la macchina fotografica tra le mani.
Lala, mi spingi di più?” mi chiese, guardandomi con i suoi occhioni, uguali ai miei. Continuava a chiamarmi Lala, sì, come il coso giallo dei Teletubbies, ma infondo non mi dispiaceva.
Sospirai “Luisa, se ti spingo di più poi ti ritrovi sull’albero.”
“Dai!” urlò lamentosa. Alzai gli occhi al cielo e mi misi al collo il mio amato strumento, per poi posizionarmi dietro di lei e fare quello che mi chiedeva. Mentre la spingevo, mi guardavo intorno, giusto per curiosità, e nel marciapiede che separava il parco dalle varie abitazioni, vidi Gabriele camminare. Sentii del calore invadermi e mi spuntò involontariamente un sorriso sulla faccia, facendomi poi male a un dito perché mi ero distratta dalla mia principale occupazione.
“Porca pu.. mh.” Mi trattenni, per la presenza della bambina, scuotendo la mano colpita. Rialzai lo sguardo per controllare se Gabriele se ne fosse andato, ma lo trovai appoggiato ad un albero, bello come sempre, che mi fissava sorridendo.
“Uhm.. Ciao.” Lo salutai, impacciata e ancora dolorante.
“Ciao!” disse allegro, venendo verso di noi. Quando fu vicino, spostò lo sguardo da me per puntarlo su Luisa, che lo guardava adorante.
“E questa bella bambina?” chiese curioso, accovacciandosi davanti a lei e studiandola, facendole abbassare il visino rosso. Bonetti faceva uno strano effetto a qualunque donna della mia famiglia. Prima mia madre, poi me, adesso lei.
“E’ mia cugina.” Risposi.
“Buon sangue non mente..” mormorò pensieroso, poi sorrise di nuovo “Ciao, io sono Gabriele. Tu?”
“Luisa..” disse piano, a disagio.
“Luisa.. E quanti anni hai?”
“Sei..” il ragazzo annuì, poi alzò la testa colpendomi con i suoi occhi chiari.
“Sei qui con lei?” mi domandò. Confermai con un movimento della testa. Ero gelosa di una bambina della prima elementare, fantastico. Lui ghignò sadico, capendo che non era esattamente il modo in cui mi sarei aspettata di passare il pomeriggio, poi si tirò su.
“Posso farti compagnia?” chiese, ancora, ottenendo la stessa risposta “A te va bene se sto qui, Luisa?”
“Si..” rispose, ancora imbarazzata, facendolo sorridere.
“Ha parlato più lei di te.” Osservò, fissandomi “Tutto bene?”
“Certo!”
“Meglio.. Dai, spostati che la spingo io, così scatti le tue amatissime foto.” Così dicendo, prese il mio posto ed iniziò a spingere mia cugina sull’altalena.
“Che facevi da solo?” domandai dopo qualche attimo di silenzio.
Scrollò le spalle “A casa mi annoiavo e sono uscito per farmi un giro.”
“Che vita avventurosa..”
Passammo così una mezz’ora, tra una giostra e l’altra, parlando, scherzando e giocando. Scattai un sacco di foto, sia a mia cugina che a lui, fino a quando non venni chiamata da mia madre che mi diceva di tornare a casa.
“Noi dobbiamo andare.” Dissi veramente dispiaciuta rimettendo il cellulare nella borsa.
“Ho capito.. Beh, a questo punto noi due ci vediamo a casa di Dafne il 31.” Disse tranquillo, infilando le mani in tasca. Lui era calmo, io invece avrei fatto di tutto pur di stare altri dieci minuti con lui. Cavolo, adesso iniziavo a fare anche ragionamenti autolesionisti. La mia cotta stava aumentando a dismisura.
“Già..” sussurrai.
“Luisa, magari un giorno giocheremo ancora insieme, mh?” la prese in braccio “Me lo dai un bacino?” Fissato, pensai sorridendo. Ottenne quel che voleva e soddisfatto la rimise giù “E tu?”
“Io cosa?”
“Me lo dai?” aprii la bocca per rispondere con un “no” secco, ma mia cugina mi precedette.
“Certo che te lo dà, vero Lala?” oh no..
“Certo che me lo dai, vero Lala?” ripeté l’altro, più infantile della bambina, con un sorrisone gongolante stampato sulla faccia. Sbuffai e mi avvicinai velocemente al suo viso, lasciandogli un altrettanto veloce bacio sulla guancia.
“Adesso posso anche morire.” Rise lui, ma distogliendo lo sguardo. Sembrava cercasse di mascherare non solo la sorpresa per il mio gesto, ma anche l’imbarazzo.. No, no Ilaria. Non iniziare ad illuderti, mi dissi. L’avevo già fatto una volta, due mesi prima, non potevo farlo ancora. Sarebbe stato stupido.
“Si.. certo.” Borbottai e presi per mano Luisa che, chissà perché, aveva un’aria stranamente compiaciuta “Ora però andiamo sul serio.”
Ci salutammo, di nuovo, e me ne tornai a casa, pensierosa.
 
Ero rossa. No, bordeaux. No, non lo so.
Mia cugina aveva raccontato praticamente tutto ai suoi ed i miei genitori, o addirittura di più. Aveva iniziato a raccontarci le sue idee su di noi. Sono belli qui, si sposeranno di qua, avranno tanti bambini con cui potrò giocare di là. Consigliai vivamente a mia zia di smettere di farle vedere i film della Disney o di Barbie in cui esiste l’amore perfetto ed il principe azzurro.
Quando uscirono dalla nostra casa, dovetti sorbirmi mia madre.
“Ilaria, com’è che ogni volta che esci ti trovi sempre con Gabriele?” ammiccò.
“Eh, me lo chiedo anche io..” borbottai, sparecchiando la tavola dopo cena.
“Fuma?” chiese invece mio padre.
“No.” risposi, perplessa.
“Si droga? Frequenta un brutto giro? Ha piercing o tatuaggi?” continuò.
Aggrottai la fronte “No, non si droga. No, non frequenta un brutto giro, anche perché è nel mio e no, non ha né piercing né tatuaggi.”
“E’ un tipo apposto?”
“Si, è un tipo apposto, ma perché me lo chiedi?”
“Se ti devi sposare con lui almeno fammi sapere che tipo è!” disse tranquillo, piuttosto sorpreso per la mia domanda. Cioè, era lui ad esser sorpreso?!
“Ma che razza di pensieri state facendo voi due? Smettetela! Non stiamo neanche insieme!” scoppiai, allargando le braccia.
“E’ davvero un bravo ragazzo. Ricordo quando arrivò a casa quel Martedì. Tu stavi male per Lorenzo, e Gabriele appena uscì da scuola venne a suonare il campanello. Quando aprii mi chiese subito dove fossi. Non ebbi il tempo di dirglielo che si era già scaraventato in camera tua.” Sospirò sognante mia madre, facendomi arrossire al ricordo di quel pomeriggio.
“Maleducato.” La buttò lì mio padre, superficialmente interessato.
“Preoccupato, non maleducato. Era preoccupato per lei. Che dolce!”
“Mamma, papà, la smettete? Grazie.” Uscii inacidita dalla cucina per dirigermi in camera, ma nel corridoio mi bloccai. Qualcuno aveva suonato alla porta.
Sbuffando, mi avvicinai all’ingresso ed aprii. Davanti a me un ragazzo, di spalle, con un braccio alzato e la mano sulla nuca, immersa fra i capelli castani. Sentendo il rumore, si voltò.
“Gianmarco.. cosa..” non ebbi il tempo di dire niente di più intelligente. Si lasciò andare il braccio sul fianco, esausto, poi li rialzò entrambi per buttarsi su di me e abbracciarmi, anzi, stritolarmi. Ero completamente immobile, quasi scioccata. Non fraintendetemi, non lo ero per il contatto con l’aria fredda di fine Dicembre e con lui o per averlo visto davanti a casa mia, ma per come si era mostrato. Era in lacrime, stravolto. Gli occhi rossi, il respiro affannato adesso scosso dai singhiozzi.
Non sapevo con certezza cosa gli fosse accaduto, ma potei lontanamente immaginare. Lo strinsi anche io, indietreggiando per farlo entrare in casa, al caldo –sia per me, che per lui- e chiusi la porta.
“Gi-emme..” tentai di chiamarlo, più dolcemente possibile.
“Faccio una cazzata dopo l’altra..” mugugnò lui, quasi incomprensibilmente.
“Ok, bene..” dissi, a disagio “Vieni in camera e me ne parli un po’ meglio.” E non era una domanda, una richiesta o un’offerta. Annuì, ancora sulla mia spalla, poi si separò lentamente, tremando un po’.
“Ilaria, chi è?” mi chiese mia madre dalla cucina.
“Gianmarco, prepara due cioccolate calde, siamo in camera!” urlai, prendendolo per mano e dirigendomi nella mia stanza. Appena entrati lo feci sedere sul letto, chiusi la porta e mi sistemai accanto a lui paziente, ma nello stesso momento preoccupata.
Stetti in silenzio, guardandolo mentre si piegava su se stesso per appoggiare i gomiti sulle proprie ginocchia e stropicciarsi gli occhi. Sentivo il respiro irregolare che cercava di riportare alla normalità, vedevo le mani stringersi a pugno per il nervoso e percepivo il suo malumore.
Gli posai una mano sulla spalla, e feci caso solo in quel momento che aveva ancora il giubbotto.
“Levatelo questo..” mormorai.
Tirò su col naso e si raddrizzò per tirar giù la cerniera, fissando vuoto un punto davanti a lui.
Tornai ad attendere, e dopo un minuto si decise a parlare “L’ho detto ai miei. Non è andata molto bene.”
Mia madre bussò alla porta ed aprì. Le fui subito davanti, presi le due tazze e la liquidai. Non volevo ci fossero interruzioni ed irruzioni. Si stava per svolgere una discussione abbastanza delicata. Mi sedetti e porsi la cioccolata fumante al ragazzo, che l’afferrò sforzandosi di sorridere e ringraziando.
Riprese, fissando la bevanda “Sono sicuro di quello che sono, mi sono accettato, così oggi a pranzo ho confessato. Sai no, è il periodo natalizio, tutti più buoni, tutti spensieratamente in famiglia.. Sì, un cazzo. Pesava.” Scosse la testa, cominciando a cedere ancora, così si fermò approfittandone per bere un sorso. Si passò la lingua sulle labbra e riprese dopo aver preso fiato “Ho aspettato il momento in cui saremmo stati tutti insieme e ho esordito con il classico “vi devo parlare”, per poi girarci intorno per prendere coraggio e dire infine “sono gay”. Fin qui tutto apposto, il peggio è venuto subito dopo..” l’ultima frase la bisbigliò.
“Cosa hanno detto?” chiesi, un po’ esitante.
“E’ questo il problema.” Sorrise, senza allegria “Non hanno detto un bel niente. Sono rimasti zitti, immobili a fissarmi. Almeno mia sorella si è voltata per vedere la reazione dei nostri genitori. Lei era sorpresa, non scioccata. O delusa..”
“Delusa..?” aggrottai la fronte.
“Sì, delusa. Lei non lo era, mio padre sì. Dopo qualche minuto di silenzio si è alzato dal tavolo scuotendo la testa e se n’è andato in camera. Mia madre l’ha seguito.” Deglutì e con gli occhi che tornavano ad inumidirsi, si portò la tazza alla bocca. Gli venne in mente qualcosa da dire, lo notai da un leggero spostamento delle sopracciglia, e dopo aver ingoiato la bevanda ricominciò con voce tremante “Sai, io mi aspettavo un “non ti preoccupare, ti vogliamo bene lo stesso” o “l’importante è che tu sia felice”, come nei film, capisci?” ridacchiò mentre una lacrima scendeva sul suo viso “Mera illusione.”
Non sapevo che cosa dire. Sinceramente non avrei mai immaginato questa reazione o simili. Insomma, un po’ di sconcerto è normale, ma quello era un vero e proprio rifiuto. Il rifiuto di un genitore per il figlio. Continuai a guardarlo, aspettando si sfogasse ancora.
“Se ne è andato. Se ne sono andati. Sono rimasto fermo davanti a mia sorella senza sapere se provare odio per loro o per me stesso. Insomma, sono io quello strano, no?” chiese retoricamente, con rabbia “Perché cazzo lo hanno fatto? Cosa pensano di risolvere, sempre ci sia qualcosa da risolvere, facendo così?” si voltò finalmente verso di me, chiedendomi quasi di spiegargli il perché di tutto quello che gli stava succedendo.
“Cosa hai fatto dopo?” chiesi.
“Ho salutato mia sorella e ho avuto la geniale pensata di non voler tornare mai più in quella casa, e spero veramente di non farlo. L’unico problema è che adesso non so dove cazzo andare.” Sospirai e appoggiai la testa sulla sua spalla. Poco dopo, all’improvviso, si drizzò e cominciò a blaterare, facendomi sussultare, tornare in posizione eretta e spalancare gli occhi.
“E mi sono precipitato qui! Dio, scusami, magari avevi qualcosa di meglio da fare che stare ad ascoltarmi! E’ che mi sei subito venuta in mente tu, eri l’unica a saperlo e visto l’effetto che ha avuto su di te la notizia.. insomma pensavo che mi avresti potuto aiutare almeno per sfogarmi!” si alzò di scatto “Me ne vado, adesso. Ti ho rubato anche troppo tempo. Grazie di tutto e scu-” lo fermai.
“Gianmarco Tilli, dove te ne andresti? Così, per curiosità.” domandai solenne.
Mi guardò, poi vacillò “Ehm.. Non lo so..?” mi chiedeva se lui non lo sapeva? Apposto. Presi le tazze vuote.
“Aspettami qui.” Con un’idea ben precisa in mente andai in cucina e parlai prima con mia madre e, successivamente, con mio padre. Esattamente sette minuti dopo, con sorriso soddisfatto sul volto, tornai dal mio amico.
“Spostati.” Dissi. Lui, dubbioso, si fece da parte, ed io mi inginocchiai. Afferrai il letto sotto al mio, fatto apposta per averne due senza occupare troppo spazio nella camera, e tirai. Ancora sorridendo guardai dal basso Gi-emme, che mi fissava ad occhi sbarrati.
“Ma che..”
“Ringrazia che sei gay, sennò col cazzo che ti facevano dormire qui.”
 


Ed eccoci qui. Ennesimo "colpo di scena" riguardante il nostro Gi-emme! So che vi state ricredendo su di lui. DOVETE farlo. E' un bravo ragazzo, poverino! T_T
Scusatemi ma amo il padre di Ilaria, comunque..
Spero davvero che vi sia piaciuto il capitolo, che sia quantomeno credibile e un po' realistico (spero davvero tanto tanto) e che abbiate apprezzato il momento IlariaxGabriele con la cugina mi-faccio-più-film-mentali-che-Woody-Allen. *_*
Ah, e spero inoltre che voi stiate soffrendo perchè continuano a comportarsi come sempre. BUAHAHAH

Ho scelto di pubblicarlo oggi e non ieri perchè.. perchè ultimamente ho meno tempo per scrivere e, ahimé, poca voglia (perchè quando sto male fisicamente, non ce la faccio) e.. Perchè oggi è il mio compleanno.
No, non era perchè voglio che mi facciate gli auguri, ma perchè.. No, non c'è un motivo. Volevo pubblicare un capitolo il giorno del mio compleanno, fine! xD
Il prossimo non so quando pubblicarlo, detta sinceramente. MASSIMO mercoledì, ma non prometto niente. Potrebbe pure esser prima. :3

Che altro dire? GRAZIE. Come al solito. Mi fate sorridere come un'ebete quando leggo le vostre recensioni o le visualizzazioni che aumentano. Tutto questo è incredibile. Grazie davvero. Graziegraziegraziegraziegrazie!

Volevo dire qualcos altro? Non vi anticipo niente perchè c'è poco da anticipare.. Quindi..
A presto! :D

Maricuz

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23


“..Come?” domandò, con occhi spalancati.
Sospirai sorridendo e tirandomi su. Ero davanti a lui “Ho spiegato sinteticamente la situazione ai miei. Loro capiscono, io ho due letti e sono figlia unica. Se se sei d’accordo, puoi restare qui finché le cose non si risolveranno un po’ o non troverai un’altra sistemazione!” e feci un gran sorriso.
“I tuoi quindi sanno che sono..” indugiò, ed io annuii “E posso ugualmente stare qui?” sembrava scandalizzato. Aggrottai la fronte.
“Sei gay, non un appestato.”
Aprì la bocca, la chiuse e l’aprì un’altra volta “Io non so che dire. Non so neanche se accettare. Sembra che sia venuto qui per questo motivo. Ila ti ringrazio veramente tantissimo ma..” lo interruppi, quasi offesa.
“Gianmarco, non sai dove andare. Siamo nelle vacanze natalizie e nessuno dovrebbe vivere una situazione come la tua o simile, ed io voglio che qualcuno ti stia accanto, nella fattispecie: io. Non crei nessun disturbo e..” non sapevo che altro dire, così sparai, facendolo ridere “e ho sempre voluto un amico gay.”
Si calmò e cominciò a fissarmi, ancora divertito dalla mia ultima affermazione, poi sospirò “Te lo dico subito, non sono come quelli nei film che si fanno manicure, pedicure, cazzi, mazzi e palazzi.”
“Cazzi sì, dai.”
Mi diede una leggera spinta con finta indignazione, facendomi cadere sul letto mentre ridevo come una matta per la mia stessa –pessima- battuta. Neanche tanto signorile, poi.
“Sei peggio di Davide, fatti curare!”
 
Sospirai. Ero sveglia da almeno mezz’ora, ma di alzarmi proprio non avevo voglia. Guardai alla mia sinistra. Gianmarco stava dormendo profondamente nel letto accanto al mio, la bocca leggermente aperta, i capelli castani un po’ sparsi sul cuscino e la fronte lievemente aggrottata. Era quasi tenero. Sorrisi.
La sera prima aveva ringraziato i miei in tutti i modi possibili. E anche me. Non avevamo parlato poi molto, dopo. Mio padre gli aveva prestato qualcosa da usare come pigiama, in attesa dell’irruzione in casa Tilli programmata per quella mattina. Nell’arco di tempo in cui i suoi genitori sarebbero stati fuori per lavoro, il ragazzo sarebbe andato a prendere l’occorrente per la sua permanenza in trasferta. Faceva tanto missione segreta.
Pensai. In quell’ultimo periodo stavo rafforzando un sacco di rapporti. Adesso anche quello con Gi-emme che, sinceramente, non me lo sarei mai né aspettato né augurato. Non mi stava antipatico, lo ribadisco, era un ragazzo come un altro, fondamentalmente. Era più difficile gestirlo quando si auto-lodava, essendo a malapena sopportabile, ma ci avevo fatto l’abitudine dalla seconda superiore.
Un altro rapporto molto forte era sicuramente quello con Gabriele. Ovvio, mi piaceva. E come. Da un mese a quella parte gli sbavavo dietro in continuazione, e con questo non voglio dire che fosse tutta una questione di attrazione fisica. Mi attirava veramente tanto. Se prima venivo affascinata da Anonymous, da quello che diceva, pensava e commentava e da Gabriele per il suo aspetto, adesso ero veramente nei guai. Dalla riappacificazione dopo il nostro litigio, erano diventati la stessa persona.
Bloccai il mio susseguirsi di pensieri quando il castano cominciò a mugolare e a muoversi come un gatto che cerca la giusta posizione. Si stava svegliando.
Ridacchiai quando, con espressione un po’ smarrita, aprì gli occhi. Da appena sveglio erano ancora più verdi.
“Buongiorno!” dissi, allegra.
“Ciao..” farfugliò a gran fatica, coprendosi il viso con la coperta.
Improvvisamente animata, mi tirai su a sedere e mi stirai, per poi saltare letteralmente giù dal letto “Forza, pigrone. Alzati!” urlai.
Si scoprì il viso quanto bastava per fissarmi perplesso “Cos.. che?”
Mi buttai addosso a lui, e sentii un urlo soffocato dalle coperte e dagli stessi polmoni che stavo spiattellando grazie al mio lieve peso. Quella mattina mi ero svegliata col piede giusto e con una coccolosità che di solito non avevo. Mi succede quando sto bene e sono tranquilla. Mi viene sempre voglia di abbracciare le persone e di influenzarle con il mio entusiasmo. Ecco, quel giorno era la stessa identica cosa.
“Non sei mai stata così espansiva con me, che ti prende?” domandò infatti mentre si scopriva per respirare.
“Boh!” sorrisi.
“E’ perché sono gay e sei più tranquilla?” ghignò.
“No, che c’entra? Se ci fosse stato Gabriele probabilmente avrei fatto la stessa cosa.”
Alzò le sopracciglia e fece una smorfia, pensieroso “Perché proprio Gabriele?” eh, perché proprio Gabriele? Balbettai un po’, alla ricerca di una giustificazione.
“E’ il primo che mi è venuto.”
“Potevi dire Andrea.”
“Mi è venuto lui.”
“Davide.”
“Stessa cosa.” Era diventato un botta e risposta.
“Johnny Depp..” li aveva finiti.
“E lui che c’azzecca?” domandai infatti.
“E’ un gran figo.” Disse semplicemente, ancora sotto di me.
Spalancai gli occhi e cercai di non farmi sfuggire un sorriso emozionato. Avevo pure trovato un modo per sviare l’argomento principale. Mi guardò ancora confuso “Che è quella faccia?”
“E’ il primo apprezzamento da gay che ti sento fare!”
“Hai rotto i coglioni!” rise.
 
“Oh, andiamo! Gohan è una palla al piede!” protestò.
Era pomeriggio e stavamo guardando Dragon Ball alla tv seduti comodamente sul divano in salotto. Addosso aveva dei vistiti che aveva preso e portato a casa mia grazie al borsone da calcio. Mi aveva detto che in casa c’era la sorella. Lei aveva provato a farlo ragionare, ma da un lato lo capiva ed era d’accordo con la sua decisione. Non la conoscevo, ma mi stava già simpatica.
“Secondo me è un grande personaggio. Insomma, non ha la indole da guerriero inizialmente. E’ un bambino che vuole solo andare bene a scuola che si ritrova senza il padre da un giorno a l’altro e che viene costretto da un alieno verde a fare un addestramento! Ci credo che piange sempre.” Lo difesi. Era il mio personaggio preferito.
“Si ho capito, però potrebbe pure stringere i denti.”
“E cosa ha fatto secondo te?” domandai sconcertata.
“Ha pianto!” ribadì.
Scossi la testa “Si, piangeva anche prima di spaccare il culo a Cell.” Borbottai.
Il nostro dibattito venne improvvisamente interrotto dalla suoneria del mio cellulare. Mi era appena arrivato un sms. Aprii senza guardare il mittente, mentre fissavo ancora la televisione che trasmetteva l’anime. Abbassai distrattamente lo sguardo sull’apparecchio.
 

Annoiandomi e girovagando.

 
Mh, bene, e a me dovrebbe interessare?Pensai, poi mi chiesi chi l’avesse mandato. Gabriele. Spalancai gli occhi ed andai in iperventilazione. Cavolo, Ila, calmati. E’ solo un messaggio. Sì, era solo un messaggio, ma perché me l’aveva mandato? Respirai profondamente cercando di tranquillizzarmi e cominciai a digitare la risposta. Decisi di buttarmi.
 

Vieni a casa mia!

 
La sua replica non si fece attendere, infatti Gianmarco alzò un sopracciglio e ghignò malizioso, pur non sapendo chi fosse e cosa ci stessimo scrivendo.
 

Wow, mi sa di proposta indecente. Arrivo subito!

 
Che idiota.
 

Non siamo soli, cretino.

 
Sospirai e guardai il ragazzo accanto a me spronandolo a parlare. Mi fissava e mi dava fastidio. Se proprio doveva prendermi per il culo, doveva farlo bene.
“Sei arrossita, lo sai vero?”
“Ehm, in realtà no.” Mormorai, toccandomi piano le guance con le mani.
“Ora sì.” Rise.
“Comunque ora arriva Gabriele.” E dopo quella mia uscita avrebbe capito tutto. Aggrottò la fronte confuso, poi spalancò gli occhi trattenendo un sorriso. Alzai una mano di fronte al suo viso “No, non è quello che pensi. Non proferir parola. Sh.” Mi guardò scettico.
“Non è quello che penso?”
“No..” perché mentivo? Non mi fidavo, forse.
“Ila, tu hai mantenuto il mio segreto. Se me lo dici non lo dirò a nessuno neanche io.” Ecco, piccolo problema. Io il suo segreto ad una persona l’avevo detto. Lui però non lo sapeva.. Sospirai.
“Ok, si.” Ammisi.
“Che carini.” Dichiarò lui.
“Perché?”
“Ho capito perché state sempre appiccicati! Infatti era la prima volta che ti vedevo aprirti in questo modo con un ragazzo in quattro anni che ci conosciamo! Insomma, insieme siete troppo belli. Vi prendete per il culo, tu lo offendi, lui ti risponde.. Siete divertenti!”
“Si. Lui piace a me, ma io non piaccio a lui.” Precisai. Sentii la mia suoneria, e prima ancora di realizzare Gianmarco mi aveva già rubato il cellulare per leggere la risposta di Bonetti. Lesse ad alta voce.
 

Ménage à trois? Mi sta bene.

 
“Ma che cazzo di messaggi vi mandate?” chiese scandalizzato. Aveva più o meno la mia stessa faccia.
“E’ lui che fraintende tutto!” urlai in mia difesa. Tornò a puntare lo sguardo sul telefono e andò a vedere anche i messaggi precedenti, annuendo via via che leggeva.
“Hai ragione. Certo però che gliel’hai servita su un piatto d’argento.” Stavo per rispondere a tono, ma il campanello mi bloccò. Era arrivato. Mi alzai dal divano sbuffando e  mi diressi all’ingresso, pronta per dirne quattro anche a Gabriele.
Aprii la porta “Sei un porco.” Dissi subito.
“Tu anche, che mi chiedi di venire a casa tua. Chi è il terzo o la terza?” domandò, superandomi ed entrando. Richiusi l’uscio mentre rispondevo.
“Gianmarco.”
Si voltò di scatto e avvicinò il volto al mio “Ehi, io lo accetto, non ho niente contro i gay eccetera, ma sono etero.” Bisbigliò, per non farsi sentire. Gli tirai uno schiaffetto, indignata.
“Non capisci un cazzo.” La chiarezza era l’arma migliore. Rise, si rimise dritto e camminò verso il salotto. Li sentii salutarsi tranquillamente. Non capivo perché non mi avesse chiesto per quale motivo Gianmarco fosse a casa mia, data la sua innata curiosità. Probabilmente sapeva che l’avrebbe scoperto a tempo debito.
“E tu cosa ci fai qui?” chiese subito dopo che feci il mio pensiero mentre rientravo in salotto. Tempismo perfetto!
Il mio ospite mi guardò in cerca di aiuto, aprendo a vuoto la bocca. Verità o bugia? E se avesse detto la verità, Gabriele si sarebbe finto sorpreso? E se non lo avesse fatto Gi-emme avrebbe detto a tutti della mia cotta per il mio compagno di banco? Andai nel panico insieme a Tilli.
“E’.. una storia lunga.” Rispose.
“Ho tempo!” ribatté l’altro, sedendosi accanto a lui, nel centro del divano. Lentamente mi sistemai anche io, nell’unico posto rimasto.
Inaspettatamente, Gi-emme cedette subito. Cominciò a raccontargli tutto, sia della sua omosessualità che della sua fuga. Se prima aveva paura di quello che pensavano gli altri, adesso se ne fotteva altamente. Si era accettato veramente. Lo ammirai per la forza che stava dimostrando nonostante il rifiuto che aveva ricevuto.
Intanto Gabriele ascoltava in silenzio. Espressione lievemente e credibilmente sorpresa. Fu reale però quando il nostro compagno di classe arrivò al punto del coming out con i suoi genitori e della loro reazione. Lo bloccò.
“Se ne andato?” chiese, per conferma, ottenendo come risposta un cenno affermativo con la testa. Scosse il capo indurendo l’espressione del viso e si appoggiò allo schienale “Scusa se te lo dico, ma sono state delle teste di cazzo.”
Gianmarco sorrise “Se non lo pensassi anche io non sarei qui.” Finì parlando della serata precedente, del suo catapultarsi a casa mia e del mio letto nascosto. Appena concluse parve soddisfatto. Soddisfatto per aver raccontato tutto senza vacillare e per l’effetto che aveva avuto la notizia su Gabriele. Non sospettava niente, per fortuna. Ero salva.
“Quindi tu adesso stai qui?”
“Già. Cioè, per adesso.”
“Ho capito.” Annuii Bonetti, con un’espressione pensierosa, poi fece un’altra domanda “Ma a Capodanno tu vieni?” Ops.
Gi-emme aggrottò la fronte “Ehm.. Dove?”
“Oh, non lo sai.” Gabriele capì di aver detto una cazzata. Parlai io, giusto per dare fiato alla bocca. Ero rimasta zitta per troppo tempo.
“Il trentuno andiamo a casa di Dafne, facciamo il conto alla rovescia, stappiamo lo spumante, facciamo quello che ci pare e dormiamo lì.” Lo sguardo del ragazzo si spense leggermente. Immaginai che non fosse per il non esser stato invitato, ma perché sapeva quel era il motivo. Si sentiva ancora in colpa per la storia che aveva avuto con la mia migliore amica.
“Però verrai anche tu.” Dissi, decisa. Gabriele mi appoggiò annuendo.
“Non sono stato invitato.”
“Ti invitiamo noi. Sappiamo tutti il perché tu non abbia ricevuto l’invito, ma c’era una storia dietro. Ci presentiamo lì insieme, tu spiegherai chi sei e passeremo tutti una serata stupenda per iniziare un nuovo anno stupendo.” Positività al massimo.
“E se possibile, mi faccio dare un bacino da Ilaria.” Aggiunse l’idiota.
“Sì, sì. Quello che ti pare.” Lo liquidai, e tornai a guardare Gi-emme che stava cercando di non far trapelare i suoi strani pensieri su me e Bonetti “Allora, ci stai?”
Sospirò “Sì.”
 


Mi sono divertita troppo a scrivere questo capitolo.
Sarà che sono idiota, sarà che sono ammiratrice delle uscite imprevidibili di Gabriele, sarà la reazione di Gi-emme quando legge i messaggi, ma ho riso come una matta. ._. 
C'è un medico in sala?
Comunque, spero veramente che vi sia piaciuto. Anche qui non succede un gran chè, più che altro c'è questa nuova convivenza tra Ilaria e Gianmarco che non era esattamente all'ordine del giorno. Piuttosto, preparatevi al prossimo capitolo che oltre ad essere molto interessante, sarà anche più lungo del solito. u_u (e spero profondamente che qualcuno rimanga soddisfatto anche solo per il mio sforzo! ahah)

Grazie mille a tutti, come al solito, perchè siete fenomenali. Non finirò mai di dirvi quanto per me sia importante leggere ogni parola delle vostre recensioni o il numero delle persone che preferisce, segue o ricorda aumentare. Vi ringrazio. Non mi aspettavo niente di tutto ciò.
E grazie per gli auguri di compleanno! hahahah gentilissimi! :D

What else? Ah, sempre la solita cosa dei missing moments! Per ogni idea che vi viene fatemi sapere, e io vedrò! u_u

A questo punto vi saluto dandovi l'appuntamento a.. Sabato? Domenica? Vedrò se riesco coi tempi! :)
Grazie ancora a tutti!

Maricuz

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24


“E se non la prendesse bene?”
“La prenderà bene.”
“E se mi buttasse fuori di casa? Non sarebbe la prima..”
“Gianmarco, non lo farà.”
“Pensa che bella fine dell’anno. Sotto un ponte con una bottiglia di birra che brindo con un sasso..”
“Gianmarco..”
“Poi mi si avvicina pure un barbone, visto che ci siamo, e mi ritroverò a fare gli auguri a lui invece che ai miei amici.”
“Gi-emme..”
“Chissà come sono da ubriaco. Cioè, mi sono visto allo specchio, ma non mi ricordo. Ero ubriaco. Non divento più brutto, vero?”
“Cazzo, Tilli, stai un po’ zitto!” e all’esclamazione esasperata di Gabriele, finalmente chiuse la bocca. Tirai un sospiro di sollievo. Non era stato troppo gentile, ma almeno era riuscito a fare ciò che stavo tentando di fare io da circa tre giorni. Stavamo camminando per strada, diretti verso la spaziosa casa di Dafne. Il padre era un uomo d’affari, erano in una situazione abbastanza agiata.
“Scusate, è che quando sono ansioso tendo a dire cazzate.” Disse il ragazzo, passandosi nervosamente una mano fra i capelli.
“Devi stare tranquillo. Anche se non dovesse capire, e ne dubito fortemente, non cambierà niente. Non passerai da solo l’ultima serata dell’anno, piuttosto vengo insieme a te sotto al ponte, ci dividiamo quella fottuta birra e brindiamo insieme al barbone, a patto che si chiami Boris.” disse Gabriele, stavolta con tono tranquillo. Le mani in tasca, la testa alta, la camminata sicura. Come faceva ad esser sempre così deciso in qualunque occasione? Dio, quanto mi piacevano i tratti rilassati del suo viso mentre i suoi occhi guardavano la via davanti a noi.
Mi riscossi, e decisi di dire anche io qualcosa di intelligente “Ahimè, sono d’accordo con Bonetti.” E ricevetti una sua smorfia che avrebbe dovuto avere lo scopo di prendermi in giro.
Gianmarco sospirò “Grazie ragazzi..”
Quando arrivammo davanti all’abitazione della mia amica, posai una mano sulla spalla del ragazzo, in segno di solidarietà, mentre l’idiota –per me lo era sempre- gli sorrise e suonò il campanello.
Qualche secondo, silenzioso e pesante, poi la porta si aprì con una Dafne sorridente, la quale si spense leggermente quando vide l’ex ragazzo.
“Ciao!” disse allegro Gabriele, cercando di non far prolungare per troppo quel silenzio. Lo adoravo quando faceva così, ma d’altronde quando non lo facevo? Ero partita per la tangente “Gianmarco deve fare un discorso.” E sorrise angelico.
La bionda puntò i suoi occhi azzurri su quelli del ragazzo, poi tornò a sorridere, cercando di farlo sinceramente “Entrate, allora..”
Entrammo, Gabriele come se fosse a casa sua, Gianmarco piuttosto in imbarazzo e io a disagio per la situazione. Baciai sulla guancia Dafne “Siamo i primi?”
“No, ci sono Andrea e Selene di là. Manca solo Davide a questo punto..”
“Bone!” sentii proprio la voce di Andrea mentre salutava quell’altro.
“Bella Andre!” si diedero il cinque per una ragione a noi sconosciuta. Uomini. Saltellai verso Selene e salutai anche lei, che con sorriso meno euforico del solito, ricambiò.
“Tutto ok?” chiesi subito, aggrottando la fronte. Lei annuì energicamente e continuò a sorridere. Quando il campanello suonò, vidi i suoi occhi puntarsi alle mie spalle, verso la porta. Era Davide. Esageratamente come sempre salutò tutti raggiante, poi anche lui incrociò lo sguardo di Selene, facendosi più serio. Ok, qui gatta ci cova. Che poi, le gatte non covano le uova. Pensai.
Per un motivo a me oscuro mi ritrovai a scambiarmi uno sguardo d’intesa con Gabriele. Chissà perché notavamo sempre le stesse cose. Eravamo entrambi due suocere, in sostanza. I cazzi nostri, finemente parlando, mai.
Andammo tutti in salotto, dove dolciumi, bevande, alcolici e altre schifezze sfoggiavano la loro bellezza su di un tavolo all’angolo della stanza, alla destra dello stereo che già produceva qualche canzone anche se con il volume basso. Mi voltai verso Gianmarco che si guardava nervosamente intorno. Incrociò il mio sguardo e sembrò quasi supplicarmi di dargli un po’ di coraggio, e ci provai. Sorrisi e annuii, e lui respirò profondamente.
“Ragazzi, potreste sedervi?” tutti si zittirono e lo guardarono tra il perplesso e il preoccupato, ovviamente tranne me e Gabriele. Fummo i primi ad eseguire il suo ordine, mettendoci vicini. Scusate, ma non riuscivo ad allontanarmi più di tanto.
“Io..” si schiarì la voce, posando a disagio la mano sulla nuca “Non voglio rovinare la festa con la mia comparsa, ma Ilaria e Gabriele mi hanno invitato per dire quello che devo dire e cercare di farmi perdonare da te, Dafne.” Vidi con la coda dell’occhio uno spostamento di Andrea, che si stava sistemando meglio sul divano con un’espressione leggermente contrariata. Pensava volesse tornare con lei? Sarebbe rimasto sorpreso.
Dal canto suo, Dafne sospirò e si appoggiò allo schienale attendendo il resto del discorso  di Gianmarco.
“Non pensare che voglia tornare con te.” Mise subito in chiaro “E’ vero quello che ti ho detto, ovvero che non mi interessi in quel senso, mentre è falso il fatto che mi sia innamorato di un’altra ragazza, cosa che sanno praticamente a tutti. Non fraintendere” disse, rivolgendosi a lei “non è assolutamente colpa tua, sempre si possa definire colpa. Il problema è che io non sono come loro.” E indicò i tre ragazzi: Andrea, Davide, Gabriele.
“Chi vi piace?” domandò poi, facendo annichilire tutti e tre. Sentii il corpo di Bonetti irrigidirsi leggermente, ma poi cercò di sciogliere la tensione “E’ una domanda retorica?”
“Se vi chiedo chi vi piace, cosa rispondete?”
Davide scrollò le spalle “Una.”
“Bingo. Questo è il punto.” Tornò a guardare Dafne. L’aveva allargata veramente tanto, ma rimaneva Gianmarco, no? Era un’esibizionista, lo era sempre stato. Sorrisi divertita.
“Se dovessi rispondere a questa domanda.. Non risponderei una.”
Davide spalancò gli occhi “Due?”
Ci voltammo tutti verso di lui, ma nessuno sprecò fiato per dirgli che era un coglione.
“No, Dave, risponderei uno.” Calò il silenzio. Deglutì passando gli occhi su ognuno dei presenti, poi si fermò su quelli della mia migliore amica, praticamente scioccata “Sei una persona bellissima, Dafne, e penso che chiunque in questa stanza lo sappia. Mi dispiace dirlo così ma ti ho usata come prova del nove. Credo di essere abbastanza preso da un.. ragazzo e me ne sono reso conto solo un mese e mezzo fa. Ilaria lo sapeva già, non la incolpare di non averti detto niente, perché sono stato io a chiederle di mantenere questo segreto. Lo ha fatto e fino a qualche giorno fa era l’unica a saperlo. L’ho detto ai miei, loro..” esitò e gli tremò la voce “non mi hanno accettato e mi sono ritrovato in lacrime come un idiota davanti a casa sua. Per adesso sto da lei. Insieme a Gabriele mi hanno convinto a venire qui e vuotare il sacco, e se tu adesso vuoi buttarmi fuori di casa fallo pure, ho già un appuntamento con un barbone sotto un ponte. Giuro che non mi offendo.” Abbozzò un sorriso e abbassò lo sguardo, temendo la reazione della ragazza.
Per un minuto nessuno si mosse, tranne io che inconsciamente mi stavo appoggiando al corpo del castano vicino a me. Sospirai guardando gli altri. Dafne stava assimilando e Selene aveva gli occhi spalancati, mentre gli altri due fissavano Dafne in attesa della sua decisione.
“Giuro che non volevo tu soffrissi così tanto. E scusami se sono stato un pessimo ragazzo.” Aggiunse, sincero. La bionda si alzò e incrociò le braccia sotto il seno, come per stringersi e infondersi sicurezza “Ok.” Disse solamente, sorridendo lievemente.
“O..Ok?”
“Ok. Non ti serve a niente avere una ex che ce l’ha con te. A quanto ho capito hai già abbastanza problemi. Lasciami solo un po’ di tempo per.. tornare come prima.”
Gianmarco sorrise, come non lo vedevo fare da tanto, e i suoi occhi verdi brillarono sia per la felicità che per quella lacrima che cercava di trattenere da chissà quanto.
“Ora un abbraccio.” Disse Gabriele, facendomi sghignazzare.
Dafne ridacchiò un po’ imbarazzata, poi lo strinse a sé, facendolo scoppiare del tutto. Quasi veniva da piangere anche a me, pensando alle preoccupazioni che avevano assillato il ragazzo per giorni interi. Qualcosa era finalmente tornato al suo posto. Sentii un braccio avvolgermi le spalle e mi si bloccò il respiro quando vidi gli occhi sorridenti di Gabriele, glaciali eppure caldi, puntati sui miei.
“Mi sa tanto di C’è posta per te..” risi e lo spinsi leggermente col busto, per poi accoccolarmi.
“Abbiamo fatto una buona azione.” Dissi, facendolo annuire convinto.
“Tu soprattutto, però. Insomma, lo stai ospitando e lo stai appoggiando emotivamente.” Puntualizzò, guardandomi in modo serio. Arrossii e distolsi lo sguardo, puntandolo su tutti gli altri che adesso stavano facendo varie domande a Gianmarco. Sentii la risata di Gabriele “Ti ho messa in imbarazzo?” chiese con una punta di scherno.
“No, idiota.” Borbottai accavallando le gambe e cercando di non fargli vedere il rossore sul mio viso con i capelli. Lui me li spostò subito dietro l’orecchio e continuò a guardarmi, ma adesso con uno strano sorriso dolce. No, non guardarmi così.
“Cosa c’è?” sbottai, a disagio, facendolo sorridere maggiormente. Scrollò le spalle “Sei buffa.”
“Buffa.” Ripetei. Mi sarei sciolta se mi avesse detto bellissima, o qualsiasi altro aggettivo positivo, ma quello mi aveva quasi delusa. Mi stavo illudendo, ottimo.
“Buffa. Per me significa teneramente divertente.” Mi spiegò. Annuii fintamente interessata, e se ne accorse.
“Continui ad esserlo. Che ti aspettavi ti dicessi?” chiese curioso, aggrottando la fronte. Boccheggiai. Che avrei dovuto rispondere? Ragiona Ilaria, dì qualcosa di non prevedibile.
“Non so.. Che sei innamorato di me.” Spalancò gli occhi. Ilaria uno, Gabriele zero. Ghignai vittoriosa, anche se non mi sarebbe dispiaciuta affatto come affermazione, e mi sistemai meglio sul posto continuando a guardarlo. Gli diedi due pacche sul petto “Tranquillo tesoro” dissi, marcando sull’ultima parola “stavo scherzando.” Forse.
“Stai imparando dal sottoscritto.” Osservò, più calmo. Adesso che ci pensavo aveva proprio ragione. Quell’uscita era tipica del castano.
“Chi va con lo zoppo impara a zoppicare.”
 
Mancava più di mezz’ora alla mezzanotte. Dopo aver parlato un po’ con Dafne, saltellai verso Selene, che stava versando della coca-cola in un bicchiere. Mi sorrise, ma continuava a non convincermi molto “Allora signorina, vedo che si sta dando da fare con il signor Bonetti..”
“Abbassa la voce!” sussurrai, poi pensai alle sue parole “In che senso..?”
“In che senso?” rise “Dio, Ilaria! Ogni volta che parlate vi guardate come se non esistesse nessun altro, cercate in continuazione il contatto fisico senza rendervene conto, vi comportate come una coppietta di innamorati in piena fase ormonale e quando non siete insieme vi stuprate con gli occhi a distanza. Allora signorina, vedo che si sta dando da fare!” ripeté infine. Deglutii. Ero ridotta così male?
“Dici che se n’è accorto?” domandai impaurita.
“Chi, quello? State nella stessa situazione, mia cara. Come tu non ti sei accorta dei suoi modi di fare, lui non si è accorto dei tuoi.” Si fermò, bevve e borbottò divertita “Tonti.”
Gonfiai le guance. Insisteva col dire che anche lui provava qualcosa per me. Mi faceva male, cavolo, perché ero sicura: io per lui ero solo un’amica, niente di più e, per fortuna, niente di meno.
“Sarà.. Secondo me non è così.” Mormorai.
“Selly Kelly, te la posso rubare un attimo?” accanto a me comparve proprio Gabriele, che con l’utilizzo del soprannome dato alla mia amica da Davide, chiedeva il permesso di parlarmi. Mi aveva già preso la mano e mi stava allontanando.
“Oh, sì. Certo. Fanne quello che vuoi.”
“Ok!” Quello scambio di battute mi fece aprire la bocca scandalizzata. Ma che razza di gente frequentavo? Meno imbarazzanti no? Mi buttò sul divano –no, non fraintendetemi, mi spinse e caddi seduta, niente di pervertito- e si accomodò una seconda volta vicino a me.
“E’ andato.” Disse, fissandomi.
“Oh, menomale! E’ andato.” Annuii “Chi?”
“Andrea, Einstein. E’ andato a parlare con Dafne proprio adesso. Confesserà tutto.” Sorrise, e lo feci anche io e cominciai a battere le mani in modo stupido, presa da un’euforia incredibile.
“Sì, cazzo! Era l’ora!”
“Come sei fine, tigre.” Disse ridendo. Feci una smorfia.
“Se non ti vado bene, arrangiati.” Ribattei un po’ offesa. Cos’era quella suscettibilità improvvisa? Basta, stavo davvero rinunciando a capirmi. Con lui niente aveva più senso, meno di tutto il mio comportamento.
“A me vai benissimo così!” disse tranquillo, e quella tranquillità mi fece male. Amicizia, solo amicizia per lui. Non risposi, e lui mi squadrò “Me lo dai un bacio?”
Aggrottai la fronte e scoppiai a ridere “Tu stai male.”
“Non dirmelo così, però. Me l’hai dato uno qualche giorno fa, perché ora no? Fammi finire bene l’anno! Dai!”
“Scordatelo.” Chi mi avrebbe fermato da dargliene un altro, poi un altro ancora, poi?
“Un abbraccio? Mi abbracci?” tirò fuori il labbro inferiore e mi fece gli occhi dolci. Scossi la testa “Gabriele, non fare lo stronzo. Levati quella roba dolce dal viso.”
“No. Voglio un po’ di affetto. Dafne e Andrea si metteranno insieme, Davide e Selene anche. Io e te quando?” tralasciai la domanda finale.
“Davide e Selene, dici?”
Lui annuì tornando serio “Li hai visti anche te prima, no? Poi non dirmi che non hai mai avuto sospetti su di loro.”
“Beh, avevo il sospetto che si piacessero..” dissi osservandoli mentre parlavano con Gianmarco, non guardandosi neanche per sbaglio.
“Chissà perché.” Disse ironico sorridendo.
 
Tutti e sette seduti in cerchio a terra, con ben quattro bottiglie di spumante. L’onore di stapparle al ragazzo del coming out.
“Ma erano necessarie quattro bottiglie?” chiesi divertita.
“Certo! Ce le scoleremo tutte tra cinque minuti. Oddio, oddio!” urlò euforico Davide, facendo ridere tutti per uno dei suoi momenti di pazzia.
“Facciamo una cosa veloce. Nell’attesa del nuovo anno, diciamo cosa vorremmo nel prossimo!” propose Dafne.
“Queste cazzate solo te.” Commentò Selene, ma poi accettammo tutti.
“Ok, inizio io visto che l’idea geniale è mia. Vorrei.. vorrei che Gianmarco sia la prima e l’unica persona che si rende conto di esser gay stando con me.” Ridemmo tutti, lei compresa.
“Sta a me?” chiese il riccioluto, poi continuò serio “Vorrei.. Vorrei un sì da una persona.”
“Per fartela dare?” chiese Andrea ridendo.
“Quello viene poi.”
 “Io vorrei esser capito dalla mia famiglia.” Disse Gianmarco.
“Io vorrei un po’ di chiarezza in testa.” Ammise Selene, con lo sguardo basso.
“Ora sta a me.” Gabriele si schiarì la voce “Mi piacerebbe dire che vorrei che Ilaria smettesse di fare la sostenuta e che ogni tanto mi desse qualche bacetto o un abbraccio, ma visto che siete stati tutti seri.. Voglio che mia madre torni felice come un tempo.” Ci scambiammo un sorriso abbozzato mentre ci guardavamo. Ero completamente rossa, ma sono dettagli, infondo lui stava solo scherzando.
“Io..” vorrei che Gabriele Bonetti fosse mio “Vorrei tirare un calcio nelle palle a Lorenzo Argenti, perché purtroppo non ho mai avuto l’onore di farlo.” E tutti annuirono, tranne Andrea che parlò subito dopo con gli occhi nocciola puntati su quelli azzurri di Dafne.
“Io voglio te.”
Il silenzio era calato per la decima volta in quella serata. Sentii un sussurro vicinissimo al mio orecchio che mi fece rabbrividire, riconoscendo di chi fosse “Questa mossa è stata eccellente.”
Annuii alle parole di Gabriele, e tornai ad ascoltare il niente. Un Davide stanco si schiarì la voce guardando l’orologio.
“10..” partì il conto alla rovescia.
“9..” Guardai la faccia stupita di Gianmarco che non aveva la minima idea che il nostro amico fosse a dir poco cotto della sua ex ragazza. Avrebbe dovuto scusarsi anche con lui.
“8..” L’espressione di Dafne era sorpresa, ma neanche tanto. La discussione che avevano avuto prima era stata illuminante per lei.
“7..” Andrea la fissava in attesa, come se la risposta sarebbe arrivata da un momento all’altro.
“6..” Mi voltai a guardare Gabriele, beccandolo mentre mi fissava. Per un momento vidi un po’ di imbarazzo nei suoi occhi, poi mi mandò un bacio con una mano. Sorrisi divertita.
“5..” Davide continuava a contare come tutti noi, ma aveva lo sguardo puntato su una sola persona: Selene.
“4..” Lei se ne stava a fissare qualunque cosa, purché non fosse lui.
“3..” Gianmarco stava iniziando a stappare lo spumante mentre continuava a buttare occhiate sui Andrea e Dafne. Come tutti voleva sapere come sarebbe andata a finire.
“2..” Gabriele mi porse un bicchiere di plastica e lo afferrai ringraziandolo con una semplice occhiata.
“1..” Dafne si morse il labbro, poi si lanciò su Andrea, baciandolo.
 


Festa di Capodanno pt. 1.
Allora, ditemi cosa ne pensate. :D Ho scritto più delle altre volte, eh! Spero siate un po' più soddisfatti! u_u
Un breve riassunto potrebbe essere: Andrea confessa, Dafne lo bacia a mezzanotte. Gianmarco dice a tutti di essere gay. Tra Davide e Selene è successo qualcosa (cosa? BUAHAHA) e Gabriele e Ilaria come al solito battibeccano amorevolmente.
Il LORO capitolo sarà il prossimo, però. Capodanno pt. 2. Non so se mi amerete o mi odierete. Forse entrambe le cose, forse nessuna e mi ignorerete (e questo mi farebbe male, quindi non fatelo! T_T). Insomma, vedrete. :)

Grazie mille a tutti, come al solito. Non so davvero come fare a ringraziarvi. ._. Cioè siete troppo.. troppo.. troppo! Siete decisamente troppo! Grazie veramente. :') *Marica commossa*

Comunicazione di servizio: (?)
Rimane la solita richiesta di propormi cose per i missing moments. Siccome siete più geniali di me, ditemi! :D

A questo punto vi saluto. La seconda parte la pubblicherò o Mercoledì o Giovedì (solito discorso dell'altra volta. Se ce la faccio a scrivere bene, altrimenti.. Altrimenti metto il turbo e scrivo lo stesso, ma preferisco fare con calma. Chi va piano va sano e va lontano. O meglio, chi scrive con calma, sta tranquillo e scrive bene. ._.)

Ci si la prossima settimana, carissime! :D
Un mega abbraccio stritola interiora! :D

Maricuz

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25


Andrea si era ritrovato steso sul pavimento con Dafne a cavalcioni su di lui che gli teneva il viso e lo baciava come se a momenti sarebbe scoppiata una bomba e quella fosse la sua ultima occasione. Gianmarco stappò immediatamente lo spumante e urlammo tutti, tranne i due che avevano bocche e lingue occupate, e ci facemmo mettere la bevanda nei bicchieri.
“Cazzo, sì. Era l’ora!” disse divertito Gabriele, mentre Gianmarco versava “Butta giù, butta!” aggiunse.
“Una coppia da formare in meno.” Se ne uscì Gi-emme, lanciandomi un’occhiata. Feci una smorfia e alzai il bicchiere per brindare, poi guardai Dafne e Andrea.
“Magari con loro brindiamo dopo..” mormorai.
“Sai quante volte brinderemo ancora, Ila?” mi chiese retoricamente Davide ammiccando.
“Dai, un brindisi ad un buon inizio dell’anno sperando che le cose che abbiamo elencato poco fa possano realizzarsi!” parlò, stavolta senza farmi girare le scatole, il ragazzo con cui dividevo momentaneamente la camera da letto.
“E detto ciò.. Auguri!” cin cin collettivo e buttammo giù lo spumante come fosse acqua. Già sentivo caldo, non ero abituata a bere niente se non coca-cola, aranciata o bibite di quel genere. Dopo qualche attimo di silenzio, sentii di nuovo la voce di Gabriele rivolta ai due ragazzi a terra “Sì, ok, auguri, ma adesso staccatevi per favore. Siete imbarazzanti.”
 
“Obbligo o verità.”
“Dafne, perché queste idee stanotte? Prima cosa vorremmo nell’anno nuovo, ora obbligo o verità.. Gossippara.” Commentò Selene, spaventata dalla piega che aveva preso la serata per la nostra migliore amica. Tutti pensammo che i baci con Andrea l’avessero fatta rincoglionire del tutto, ma nessuno lo disse ad alta voce.
“Dai, sono buona: prima facciamo la domanda, poi scegliamo obbligo o verità.” Propose.
Mugolai protestando “Però così non c’è gusto.” Stupida Ilaria.
“E va bene! Allora andremo incontro al mistero più assoluto! Ci state, vero? Però mi raccomando. Che la verità sia verità.”
Annuimmo, chi più convinto, chi meno, e ci sistemammo in cerchio a terra come quando dovevamo aspettare la mezzanotte. Avevo una fottuta paura, no, che dico? Ero terrorizzata. Se mi avessero fatto domande su chi mi piacesse o cose del genere? Avrei spesso puntato sull’obbligo, già lo sapevo. Avrei dovuto valutare bene se fare affidamento sulla persona che mi avrebbe fatto la domanda.
“Bene. Comincio io.” Disse, sempre la bionda. Fece scorrere lo sguardo su tutti e sei e poi si fermò sulla mora “Selene.”
Lei sospirò “Verità.”
“Uhm.. La prima vera cotta?”
“La prima?” si grattò la testa riflettendo “Forse in seconda media.. Mi piaceva un amico di mio fratello.” Guardò l’altra che intanto annuiva soddisfatta, poi pensò a chi fare la domanda.
“Gianmarco.”
“Verità.” Questo poteva significare due cose: o non aveva niente da nascondere, o aveva paura dell’obbligo.
“Hai mai fatto fantasie erotiche su loro tre?” chiese ghignando e indicando gli altri tre ragazzi.
“Dio, no. Loro no.” Disse subito, spalancando gli occhi.
Davide alzò un braccio verso Gabriele e gli accarezzò i capelli “Ma come? Bonetti è un bel bocconcino..” sono d’accordo, Dave.
“Devo ancora abituarmi a quel tipo di pensieri, sinceramente..” Ribatté. Non capivo esattamente cosa provasse, ma forse ancora gli faceva strano. Boh.
“Ok, dai. Vai te.”
Gianmarco puntò subito gli occhi su Bonetti “Gab..”
Ci pensò, mentre lo fissava intensamente, come se volesse leggere nei suoi occhi la domanda che aveva in mente. Si leccò le labbra in un gesto involontario, facendomi deglutire, poi rispose “Obbligo.”
L’altro ragazzo aggrottò la fronte “Cazzo, mi cogli impreparato.”
“Attaccati.”
“Uhm..” si guardò intorno “Rimani a petto nudo e affacciati alla finestra.”
“Pensavo peggio..” mormorò l’altro alzandosi.
“Eh, insomma, fa freddino fuori sai?” Commentò Andrea in pena per l’amico. Esagerato. Doveva essere in pena per me, piuttosto, che mentre quello si stava spogliando stavo morendo lentamente e in modo abbastanza doloroso. Guardai le mie due amiche che stavano sghignazzando fra loro burlandosi di me e del mio rossore. Bastarde.
Sentii il rumore della finestra che si apriva e mi voltai. Pessima mossa.
Rimasi incantata a guardare la schiena scoperta e muscolosa del castano. Non troppo muscolosa, ma al punto giusto. La schiena di un ragazzo normale di quasi diciotto anni che ha sempre fatto sport.
“Ma quanto ci devo rimanere?” domandò voltando solo la testa. Tremava leggermente. Chissà se stava meglio lui al gelo o io nel fuoco più ardente.
“Può bastare, dai.” Concesse Gianmarco. Lui chiuse immediatamente la finestra e corse verso il divano in modo ridicolo dove era posato tutto l’abbigliamento che si era tolto precedentemente, io mi strozzai iniziando a tossire quando vidi anche la zona pettorali-addominali. Ciao ormoni. Sentii delle pacche sulla schiena che mi misero in maggiore difficoltà.
“Andre, fermo!” gridai, o meglio: tentai di gridare.
“Oddio Ilaria ci schiatta..” commentò fintamente spaventato Davide. Lo trucidai con un’occhiata mentre riprendevo a respirare con una mano posata sul petto. Ero viva e Gabriele era di nuovo vestito e seduto davanti a me. Perfetto.
“Vai Bone sta a te.”
“Ok. Ilaria!” sorrise gongolante e mi guardò. E te pareva?
Non gli avrei mai detto verità, perché sapevo che sarebbe stato in grado di fare domande alquanto scomode e che mi avrebbero messo allo scoperto tutto, esattamente come il suo ben di Dio poco prima, ma scegliere obbligo.. Sapevo sarebbe stato crudele. Ne valeva la pena?
“Obbligo.” Sì, ne valeva la pena.
“Ok, baciami.” Non ho capito.
“Eh?” chiesi stupidamente, sporgendomi in avanti col busto di qualche centimetro.
“Baciami! Dammi un bacio, metti a contatto le nostre labbra.”
Oh mio Dio. Mi ridomandai: ne valeva veramente la pena? Era caduto un’inesorabile silenzio. Dafne e Selene non ridevano neanche più, gli unici a mostrare qualcosa erano Gianmarco e Andrea con uno strano ghigno sulla faccia alquanto inquietante. Deglutii rumorosamente senza neanche rendermene conto. Stava scherzando.
“Ok, ehm, ora dimmi il vero obbligo.” Ridacchiai incerta.
“Dovresti ringraziarmi. Sono offeso. Avevo una domanda in mente che non ti immagini neanche, un bacio è il minimo.”
Avevo tante domande per la testa. Prima di tutte, perché proprio un bacio? Sarebbe stato meno imbarazzante rimanere in reggiseno –o quasi-. E proprio sulle labbra? Ma di questa sapevo la risposta. Poco prima aveva specificato abbastanza chiaramente. E poi, che domanda avrebbe voluto farmi? Era così compromettente da farlo arrivare a quello? E infine, ero contenta o impaurita da quel bacio?
Decisamente entrambe le cose.
“Devo per forza? Non c’è un modo per evitarlo o..”
“Muoviti prima che ci aggiunga anche il fattore lingua!” ribatté aggrottando la fronte. Era pure scocciato?!
Immaginai cosa avrebbe detto Selene se non ci fossero stati tutti “Stupida, temporeggia e faccela aggiungere!”  
“Ok, ok. Lo faccio.” Dissi, poco convinta.
Mi tirai su, mettendomi sulle ginocchia, e mi spostai davanti a lui. Mi fissava con i suoi magnifici occhi color ghiaccio, tranquillo, mentre io venivo divorata dalla paura. Ma paura di cosa, poi? Avrei sfiorato le labbra e mi sarei allontanata, infondo nessuno aveva specificato la durata del tutto. Alzò le sopracciglia come dire “Beh, che aspetti?”
Presi un respiro profondo e cominciai ad avvicinarmi, quando venni bloccata proprio da lui “Dimenticavo, stacci qualche secondo, sennò è troppo facile.” Testa di cazzo.
Per un momento lo guardai male, e vidi i suoi occhi sorridere. Oh, li amavo. Esprimevano più emozioni loro che Gabriele stesso. Tornai ad avvicinarmi chiudendo gli occhi e.. Dio, quanto erano morbide le sue labbra. Per mantenere un minimo di equilibrio rischiando di svenire seduta stante, posai una mano tra il collo e la spalla, sentendo la sua pelle calda contro le mie dita fredde. Avevo peggiorato la situazione. Dopo qualche secondo di contatto, che a me era sembrata un’eternità, mi staccai, rendendomi conto delle risatine e dei commenti stupidi delle persone intorno a noi. Aprimmo gli occhi insieme, fissandoci intensamente e senza proferir parola. Ruppi anche il contatto visivo, imbarazzata e completamente rossa, tornando al mio posto.
Ero felice, anche se era un semplice bacio a stampo per una specie di penitenza, ma anche tanto e notevolmente scossa.
Davide sospirò e parlò “Bene, quando Ilaria si riprende possiamo continuare.”
 
Stavano tutti dormendo, chi per terra su dei letti improvvisati, chi sul divano. Tutti tranne me e Gabriele. Non riuscivo a dormire, forse per quella sua richiesta inaspettata, forse perché dopo si era limitato a fissarmi in modo strano, o forse perché poco prima l’avevo sentito alzarsi per dirigersi in cucina. Sospirai cercando di non fare troppo rumore. Possibile che adesso i miei pensieri e le mie preoccupazioni ruotassero solo ed unicamente intorno a lui? Se Settembre e Ottobre li avevo passati a sopportarlo, da Novembre era cambiato tutto. Dicembre un continuo aumentare dei miei sentimenti e Gennaio.. Gennaio era appena iniziato con un bacio dettato da un gioco.
Dopo essermi girata e rigirata sul materasso buttato in mezzo al salotto, mi alzai stizzita e mi diressi da Bonetti. Erano le sette del mattino e non riuscivo ad addormentarmi dopo una festa di dieci ore. Mi sarei data una pacca sulla spalla per la resistenza.
Varcai la soglia della cucina e lo vidi appoggiato sul tavolo con il cellulare tra le mani. Lo fissava, senza realmente vederlo, e se lo muoveva tra le dita incurante del rischio che potesse cadere e frantumarsi sul pavimento. Mi accostai allo stipite della porta, osservandolo. Non si era accorto di me, anche perché io avevo cercato di essere silenziosa negli spostamenti. Mi schiarii piano la voce attirando la sua attenzione. Si voltò di scatto, sorpreso e con gli occhi leggermente spalancati.
“Non dovresti dormire?” mi domandò, piano.
Abbozzai un sorriso avvicinandomi lentamente “Non ci riesco..” annuì e lo sentii sussurrare mentre riabbassava la testa “Neanche io..”
Inclinai la testa quando arrivai davanti a lui, confusa “Che hai?”
Alzò lo sguardo gelandomi sul posto. No, non potevo andare avanti così. Ogni sua occhiata mi lasciava una successione di brividi per la schiena. Respirò profondamente col naso, cosa che faceva quando era stanco o un po’ giù di morale, poi fece una piccola smorfia.
“E’ che..” si fermò, poi scosse il capo “No, niente. Lascia perdere. Non voglio rattristarti coi miei problemi.” E tornò a guardare quel maledettissimo cellulare.
“Gabri..” lo rimproverai “Dopo il bacio posso sopportare di tutto.” Scherzai, anche se un lieve rossore colorò le mie guance. Ridacchiò poi si morse un po’ il labbro inferiore. Gabriele Bonetti, ispiri tanto ses..
“Mio padre mi ha mandato gli auguri.” Mi riscossi dai miei pensieri poco attinenti alla situazione e aspettai che continuasse “Ti stai chiedendo “Oh, bene, allora dov’è il problema?”, vero?”
“No, stavo aspettando mi spiegassi.” Ribattei divertita dal suo errore. Non capitava spesso.
“Ah. Beh comunque.. E’ che non chiama o manda messaggi da mesi. Non si è fatto sentire neanche per Natale e un’ora fa, con tutta la tranquillità del mondo, si ricorda di avere un figlio.” Non mi guardava neanche in faccia, e questo la dice lunga sul suo stato d’animo in quel momento. Gli posai una mano sul braccio e accarezzai lievemente, non sapendo cosa dire. Come potevo capirlo? Avevo avuto la fortuna di crescere in un ambiente familiare fantastico, dove i genitori si amavano e amavano me. Non potevo neanche immaginare.
“Sarò sincera. Non so che dire. Però.. Se vuoi parlarne fai pure, sono qui.” Dissi incerta e un po’ in imbarazzo, lasciando cadere la mano che era sul suo braccio.
Mi sorrise, scaldandomi davvero, poi parlò “Grazie.” Mi prese la mano con la sua “E’.. Strano da spiegare, credo. Almeno mi sembra.. Se penso a lui mi saltano i nervi. Ha fatto soffrire mia madre, me, ci ha costretti a rifarci una vita dal niente, senza un aiuto o un minimo di interesse. Vorrei dire che lo odio, ma mentirei solo a me stesso. Per quanto adesso possa detestarlo rimane mio padre, e.. Questo messaggio mi ha fatto ricordare delle cose.” Mormorò alla fine. Strinsi la sua mano, facendogli capire che lo stavo ascoltando e che ero con lui.
“E’ stato lui a portarmi al primo allenamento di calcio o a darmi i consigli per ricevere un bacino dalla bambina che mi piaceva, anche se ero all’elementari. Era lui che quando sono diventato capitano della squadra si è congratulato con me regalandomi la mia chitarra e che ad ogni goal segnato si alzava dalla tribuna e urlava “lui è mio figlio”, spaventando le persone accanto.” Una lacrima silenziosa scivolò sulla sua guancia, paralizzandomi. Sentii la sua presa intensificarsi e vidi i suoi occhi cercare una risposta nei miei “Perché adesso a malapena si ricorda di farmi gli auguri per Capodanno, dopo avermi fatto diventare quello che sono adesso? E perché non sparisce e basta, Ila?”
Non resistetti, gli lasciai la mano e lo abbracciai, stringendogli le braccia attorno al busto e nascondendo il viso tra il petto e il collo. Ricambiò il gesto con forza, ma senza farmi male, e lo sentii singhiozzare.
“Io non ce la faccio più ad esser forte sia per me che per mia madre, facendo finta di non vedere la tristezza nei suoi occhi. Non posso andare da lei e dirgli quello che sento. Non le serve un figlio che alla prima difficoltà si butta giù perché è troppo debole e non riesce a resistere. Non servo a niente.” Era scoppiato definitivamente e mi stringeva come se fossi il suo unico appiglio per vivere. Per quanto si era tenuto tutto dentro?
“Gabri..” lo chiamai, per chiederglielo.
Lui si staccò da me, probabilmente credendo che quell’abbraccio fosse un disturbo o che mi stesse uccidendo, ma io rimasi vicinissima “Scusa..” mormorò.
“No, che scusa? Volevo chiederti.. Se ne avessi mai parlato con qualcuno.” Guidata dall’istinto, portai una mano sul suo viso e gli asciugai le lacrime dolcemente, sentendolo rilassarsi sotto il mio tocco.
“No..” sussurrò, tirando su col naso e guardando in basso. Si era calmato.
“Sai che questo non è bello, vero?”
“Sì..” sembrava un bambino piccolo, e sorrisi intenerita.
“Ascoltami.. E guardami.” Alzò gli occhi timidamente, facendomi sciogliere “Non autoaccusarti, non è vero che non servi a niente. Stai affrontando la tua situazione nel migliore di modi. Anche i più forti hanno bisogno di sfogarsi a volte, non credere al contrario. Non so come ti comporti con tua madre, ma sono sicura che sai essere un figlio perfetto. Porti pure bei voti a casa, di che ti lamenti? E oltre a questo sai essere anche un amico. Un po’ rompiballe, eh, ma ci riesci.” Gli sorrisi divertita, continuando ad accarezzargli la guancia. Quanto avrei voluto baciarlo?
“Davvero..?” chiese incerto, con un luccichio di speranza negli occhi.
“Sì. Ah, dimenticavo che sei anche un po’ bastardo.” Riferimenti al bacio di ore prima del tutto casuali.
Sghignazzò e si riavvicinò, abbracciandomi ancora “Grazie..” mi sussurrò all’orecchio. Altri brividi.
“Ero in debito.” Mormorai, accoccolandomi tra le sue braccia. C’era un calduccio rassicurante.
“Ah, solo per questo? Bene.” si finse offeso, ed io risi cercando di non farmi sentire dagli altri, nella stanza accanto. Oh, no. Non era solo per quello.
“Perché avrei dovuto, altrimenti?” chiesi, curiosa di sapere che scusa avrebbe tirato fuori.
“Perché mi vuoi bene..” disse serio, sorprendendomi. E io che mi aspettavo una risposta delle sue come “perché vuoi sposarmi” o, ancora meglio, “perché mi vuoi portare a letto”.
Sospirai, allontanando leggermente il viso dal suo petto e guardandolo “Mi fai così sentimentale? E soprattutto, ti fai così importante?”
“Spero di esserlo.” Continuò ad esser serio. Ero leggermente a disagio e non sapevo cosa dire, spiazzata più di prima. Guardavo i suoi occhi e per un attimo -di puro masochismo- fissai anche le labbra. Non staccandomi dal suo corpo, gli accarezzai ancora il viso e sorrisi leggermente “Lo sei.”
Si, lo era. Diavolo, se lo era. Anche quando lo detestavo lo era, in qualche modo.
Mi alzai sulle punte e gli baciai la guancia, senza una sua richiesta, senza uno stupido gioco come obbligo o verità, senza pensarci.
Feci un passo indietro, riprendendogli la mano, e indietreggiai “Andiamo a dormire?”
Non staccava quei pezzi di ghiaccio da me, non aveva nessun’espressione in particolare, semplicemente annuì incrociando le sue dita con le mia e facendomi arrossire. La sua vicinanza per me era pericolosa. Invece il lo sguardo mi tranquillizzava, perché era il suo, e mi impensieriva, perché non sapevo cosa significasse.
Arrivati in salotto ci stendemmo sullo stesso materasso, vicini. Messi di fianco, faccia a faccia, ci demmo la buonanotte sussurrando, mentre lui mi lasciava una carezza dolcissima sul viso. Mi addormentai così, accanto al ragazzo che mi piaceva, turbata per i gesti guidati dal nostro rapporto ogni volta più solido e felice per lo stesso motivo.
 


Ora capite perchè dovete sia odiarmi che amarmi, sì?
Sono convinta che la maggior parte di voi mi amerà e basta, ma io voglio farmi odiare quindi ragionate: il bacio c'è stato, sì, ma era un gioco e questo non velocizzerà di certo le cose, quindi preparatevi a ciò che c'è stato fino ad adesso: niente. Volevo comunque darvi un po' di soddisfazione! u_u
Odiatemi anche perchè ho fatto piangere Gabri. (Lo metto tra parentesi, io mi sono commossa scrivendolo, quindi nel caso ci sia qualche sentimentale tra le lettrici: tranquille! Non siete le uniche!)
Ah, e amatemi perchè l'ho pure spogliato.
Dafne e Andrea pomiciano e ok! Tanto non sono loro i protagonisti di questo capitolo.
Di Selene e Davide non si sa ancora niente, e non lo saprete per molto. Saprete con esattezza cosa è successo solo in un Missing moment. Qualcuno me l'aveva richiesto uno su di loro, e ho deciso che sarà questo. u_u

A questo punto, che dire?
Vi ringrazio ovviamente per il supporto. TUTTI. Davvero, grazie mille. TçT

Anticipazione per il prossimo capitolo: sarà ancora principalmente GabxIla, anche se più tranquillo. Ci sarà anche un dialogo tra lei e Gi-emme! :)
Penso lo pubblicherò o Domenica o Lunedì. Dipende.
Qui nevica di nuovo, sapete? ._. O almeno mentre ero a scuola. Ora ha smesso di nuovo. [Chissenefrega?]

A presto, people! :D

Maricuz

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


Capitolo 26


Quella mattina mi mossi un po’, ma qualcosa di caldo bloccava i miei movimenti. Era una sensazione estremamente piacevole, mi sentivo quasi protetta da quella stretta che sapevo di conoscere, ma che ancora non riuscivo bene a distinguere. Ero in uno stato di dormiveglia, non capivo se stavo sognando o meno. Amo quel momento, ma non quando delle voci nella mia stessa stanza rovinano tutto.
“Ma quanto sono carini?”
“Gli faccio una foto. Dov’è la macchina di Ila?”
“Che cazzo ne so io?”
Non stavo capendo niente. Sentivo, ma non ascoltavo realmente le loro parole. A malapena ero riuscita a capire che a parlare fossero i miei amici. Ci fu un po’ di silenzio, poi degli urletti eccitati e delle risatine.
“Porca puttana, non rompete i coglioni.” quella voce mugugnata, che riconobbi subito –forse perché iniziavo a svegliarmi sul serio-, era di Gabriele, ed era molto, molto più vicina rispetto alle altre. L’abbraccio che mi circondava si fece più forte, ma comunque non fastidioso, e percepii uno spostamento sotto di me.
“Io direi di farli svegliare sul serio. Sono tipo le cinque del pomeriggio.” Ragionò Selene, che avevo riconosciuto dall’uso della parola tipo.
“RAGAZZI, SVEGLIA! Ilaria, Gab!” e quello stronzo era Davide.
Aprii piano gli occhi aggrottando la fronte e solo a quel punto feci caso al fatto che la mia testa non fosse appoggiata né su un cuscino, né su un materasso. Stessa cosa valeva per la mia mano destra. La superficie su cui ero dolcemente posata respirava. O meglio, la persona a cui apparteneva quella superficie comodissima respirava. Uno delle braccia che mi stringeva si staccò per spostarsi in alto, verso il viso di costui, che avevo paura ad identificare.
Con non so quale coraggio, alzai piano la testa. Un classico.
Mi ritrovai il mento di Bonetti a cinque centimetri dal mio naso. Si stava stropicciando gli occhi con una tenerissima smorfia sulle labbra. Rimasi incantata a guardarlo mentre mugolava qualcosa senza un apparente senso, poi incrociò il mio sguardo, riprendendo a stringermi come faceva poco prima.
“Buongiorno.” Borbottò, provando a sorridere. Gli occhi socchiusi che faticavano a stare aperti avevano una strana intensità. Possibile che ogni volta dovevo trovare qualche sfumatura differente da quelle precedenti? Sbattei un po’ di volte le palpebre, ancora leggermente rintontita, poi abbozzai un sorriso anche io.
“Ciao.”
“Ragazzi, buongiorno, ci siamo anche noi.” Ancora Davide? Ma mi lasciava svegliare tranquillamente con quel pezzo di figo davanti, slash, sotto? Sentii quest’ultimo sospirare e lo vidi far roteare gli occhi, poi tornò a puntarli sui miei.
“Alzati o ci grattugiano le palle per il resto della nostra vita.” Fantasioso. Annuii e, con calma, rotolai accanto a lui, finendo sul pavimento freddo a pancia in giù.
“Qualcuno mi aiuti..” mi lamentai, muovendo le gambe. Uno sbuffo, poi due mani mi afferrarono e mi girarono, mettendomi supina. Era Gianmarco. Mi porse la mano e l’afferrai, lasciandomi tirar su “Sacco di patate.” Mi disse divertito, mentre mi stiracchiavo.
“Ilaria, subito con noi.” Dafne mi afferrò il braccio e mi ritrovai catapultata in cucina. Guardai il tavolo e quasi rividi me e Gabriele abbracciati la notte stessa.
“Che volete..?” domandai sbadigliando.
“Guarda.” Mi accorsi in quel momento che Selene aveva in mano la mia macchina fotografica. Confusa, la presi e misi a fuoco l’ultima foto scattata. Oh Cristo. Arrossii e zoomai in modo da vedere alla perfezione l’immagine sotto i miei occhi. Ero davvero così tanto sopra a Bonetti? E lui mi stava davvero stringendo così tanto, mentre dormivamo?
“Avete fatto qualcosa stamattina mentre noi dormivamo?” mi chiese maliziosa la mora, facendomi avvampare ancora di più.
“No!” urlai imbarazzata. Niente di ciò che intendeva lei, almeno. C’era stato solo l’ennesimo avvicinamento e qualche sguardo che mi aveva fatto sperare, ma niente di più.
“Farò finta di crederti.”
“Beh dai Sele, una cosa per volta, per adesso è scattato il bacio..” intervenne furba l’altra.
“Ragazze, smettetela. Per prima cosa: l’abbraccio nel sonno è stato del tutto involontario. Seconda cosa: il bacio è stato un semplice obbligo di uno stupido gioco. Terzo.. Non pressate troppo, ho paura di illudermi.” Ammisi, con voce spezzata. Oh, si. La paura era davvero tanta. Già prima ero piuttosto sfiduciata nei confronti dei ragazzi, dopo la storia con Lorenzo il mio timore era aumentato notevolmente. Le mie stupide speranze mi bastavano, non mi servivano le insinuazione degli altri.
Le mie due amiche mi guardarono un po’ dispiaciute, poi mi abbracciarono.
“Scusa Ila, non romperemo più, giuro!” disse Selene, poi sentii anche la bionda annuire. Sorrisi mormorando un “grazie”.
 
Mi misi la tracolla dove era stato sistemato il mio pigiama sulla spalla e dopo aver salutato tutti mi diressi verso l’ingresso, dove già mi aspettava Gabriele. Avevamo deciso di fare la strada insieme, visto che abitavamo nella stessa zona, e io non potevo desiderare di iniziare in modo migliore l’anno. Gianmarco sarebbe andato a cena fuori con la squadra di calcio e mi avrebbe raggiunto la sera tardi. Avevamo deciso che per non disturbare i miei mi avrebbe fatto uno squillo per aprirgli la porta. Chi dormiva, tanto? Erano più o meno le sei e mezzo di sera e avevo poltrito fino ad un’ora e mezza prima.
Uscimmo dall’abitazione e in silenzio cominciammo a camminare. No, lo ammetto. Non era così che mi aspettavo il tragitto.
“Senti..” ok, forse qualcosa stava cambiando. Mi voltai verso il castano aspettando che parlasse.
“Hai presente in che mese siamo?” lo guardai perplessa. Che razza di domanda era? Forse c’era un trabocchetto sotto, oppure dovevo intuire qualcosa.
“Beh, si. Ci siamo da quasi diciotto ore, penso di aver realizzato. Perché?”
“Una delle prime volte in cui mi hai sorpreso hai indovinato il mio mese di nascita.” Abbozzò un sorriso, continuando a guardare la strada davanti a noi. Spalancai gli occhi e sorrisi euforica, per poi iniziare a saltellargli accanto strattonandogli un braccio.
“Sei quasi maggiorenne.” Dissi, fissandolo. Mi guardò anche lui, stranito da tutta quella gioia, poi non riuscì a trattenere un sorriso tra il divertito e lo stupito.
“Eh già.”
“Il ventisette, giusto?”
“Giusto.”
“E perché me l’hai ricordato?” domandai, curiosa. Scrollò le spalle e mi resi conto di essere ancora arpionata al suo braccio. Mi staccai “Beh volevo.. Volevo festeggiare.”
“E come?”
“Qualcosa tra intimi, tipo la festa che ha fatto Dafne per Capodanno. Mi sembra sia stato divertente anche senza una discoteca o un centinaio di persone, no?” chiese, per conferma. Annuii, trovandomi d’accordo con lui. Ancora però non capivo il  motivo per cui me l’avesse detto proprio in quel momento.
“Solo che casa mia non è abbastanza grande per fare qualcosa del genere e avevo intenzione di affittare una specie di appartamento con dei soldi che ho guadagnato quest’estate..”
“Hai lavorato?” chiesi inclinando la testa.
“Ho fatto qualcosa, sì. Lavoretti da amici di famiglia e cose del genere. Ho fatto pure il baby-sitter.” Sorrise divertito. Scoppiai a ridere.
“Davvero?”
“Giuro. Mi hanno rifilato certe pesti..” scosse il capo in memoria dei vecchi tempi, poi riprese il discorso iniziale “Comunque arrivando al punto, mi chiedevo se ti andasse di aiutarmi a preparare la stanza, quando sarà il momento. Sai, dare una ripulita, portare cibo e bevande.. Da solo è triste.” Ridacchiò in imbarazzo.
“Certo! Basta che me lo dici ed io arrivo!” e feci un mega sorrisone. Rifiutare di stare con lui? Anche no.
“Grazie.” Disse solamente. Tornò il silenzio. Era strano, sembrava più spento rispetto alle altre volte, e attribuii la colpa a quel messaggio che gli era arrivato prima di andare a dormire. Quello che l’aveva fatto scoppiare. Feci una piccola smorfia d’irritazione quando pensai alle lacrime che da quei grandi occhi chiari scendevano sul suo viso perfetto –per me-. Dovevo fare qualcosa.
“Dai, Gabri!” dissi con tono lamentoso battendo i piedi a terra. Aggrottando la fronte e a dir poco confuso guardò prima loro, poi me.
“Cosa?”
“Non fare così! Non sono abituata a vederti giù.” Stizzita mi sistemai la tracolla sulla spalla.
Lo sentii sghignazzare “Cosa dovrei fare allora? Non riesco ancora a controllare le mie emozioni.”
“Provaci! Quando ho lasciato Lorenzo e tu sei venuto a casa mia il giorno dopo ero più arzilla di un grillo. Perché io non ti faccio lo stesso effetto? Va bene che ognuno ha i suoi difetti, ma credevo di essere la tua ragione di vita!” mi misi davanti a lui, facendolo fermare, e gli afferrai le spalle prendendo tempo. Dovevo concentrare tutte le mie doti recitative in quella frase “Non mi ami più? Oh, Gabriele, dimmi la verità.”
Mi guardava, con un misto di espressioni sul viso: divertito, stranito, sorpreso, intenerito. Gli facevo tenerezza perché provavo a consolarlo? Boh, forse.
Sospirò tirando su le mani e afferrando le mie. Le strinse “Mia piccola Ilaria.. Questo non succederà mai.” Non ho detto a mia madre che le voglio bene e adesso sto per morire. Deglutii sperando di non essere arrossita. L’attrice che era in me non poteva andarsene in quel momento, così mi feci forza.
“E allora perché? Perché non scorgo sul tuo bellissimo viso il tuo solito sorriso?”
“Davvero pensi che abbia un bellissimo viso?” ghignò. Eccolo il mio Gabriele. Mi liberai una mano e gli diedi uno schiaffetto ridacchiando. Sì, lo penso.
“E tu davvero pensi di amarmi?” la sua influenza su di me veniva fuori ogni giorno di più, era innegabile.
“Sei il mio ossigeno!” ribatté lui. Se fosse stata la verità mi sarei sciolta, anche se era una frase troppo romantica e troppo scontata.
“Capisco.” Annuii “Allora sei bellissimo.”
Riafferrandomi entrambi i polsi mi attirò verso di sé, facendomi scontrare col suo petto. Alzai maggiormente la testa. Da quella distanza mi sembrava ancora più alto e la mia fronte ovviamente non gli arrivava neanche al mento. Mi guardava, con la solita aria strana con cui mi fissava negli ultimi tempi e continuava a non lasciarmi andare. Chi ti si stacca, tanto?
“Me lo dai un bacio?” mi chiese, con voce tranquilla.
Alzai le sopracciglia “Dove, signorino? No sai, perché ultimamente ci stiamo allargando un po’.” Non che mi dispiacesse, solo che ero un tantino confusa dal suo comportamento, ma si sa:  le donne son masochiste in questi casi.
“Dove vuoi tu.” Allora scappa Gabri, scappa.
“Potrei non dartelo, quindi?” il contrario di quello che avrei voluto fare, in sostanza.
“No, questo non lo accetto.” Roteando gli occhi fintamente scocciata, mi alzai sulle punte, ma poi riscesi.
“Abbassati che non c’arrivo, trampolo.”
“Sei tu che sei bassa!”
“Io sono di media altezza. Tu sei troppo alto.”
“Le ragazze prima si immaginano il ragazzo ideale alto, poi quando ce l’hanno si lamentano!” sbuffò.
“Tu non sei il mio ragazzo!” dissi subito, quasi indignata.
“Purtroppo no, ma non puoi lamentarti della mia altezza! E ora dammi il mio bacio!” replicò fingendosi offeso. Scossi la testa “Abbassati.”
“Alzati.”
“Abbassati, non posso alzarmi! Non ci arrivo lo stesso!”
“Allora vedi che il difetto è il tuo?”
“Lo vuoi questo bacio o no?!”
Si abbassò un po’, giusto per far arrivare il suo viso all’altezza del mio, ed io gli concessi quel dannatissimo bacio, con tanto di schiocco.
“Certo però, tanta fatica per questo bacetto.” Borbottò riprendendo a camminare.
“Te ne ho dati anche troppi quest’anno. Mi hai obbligato pure a dartene uno sulle labbra e hai il coraggio di ribattere!” commentai affiancandolo.
“Certo che ho il coraggio di ribattere! Pure a te non sta mai bene niente! Quando sto bene e faccio così litighiamo, mentre quando sto giù batti i piedi a terra perché non ti vado bene!”
“Non è vero!”
“Sì che è vero. Comunque ritiro: non litighiamo ma battibecchiamo.”
“Ma quello lo facciamo sempre.” Dissi io, cercando di seguire il filo del discorso. Impossibile.
“Lo so, perché questo è il nostro modo per dimostrarci che ci vogliamo bene.”
“Non ho capito dove vuoi arrivare.”
“Ci vogliamo tanto bene, Ila.” Arrivò al dunque “E non sono l’unico che ha capito che questo rapporto diventa più forte ogni minuto che passa.” Deglutii a disagio. Mi stava spaventando quella sua espressione seria..
“No, infatti.. quindi..?”
“Quindi un bacino con la lingua potresti anche darmelo.” E uno spintone non glielo tolse nessuno.
 
Per un momento, uno solo, avevo creduto che mi avrebbe fatto una di quelle dichiarazioni d’amore che vedi solo nella tua testa. Non so come avevo fatto in una frazione di secondo a farmi più trip mentali di una compagnia aerea, ma del resto sono un tipo che viaggia molto in queste occasioni.
Già in pigiama, stavo decidendo quali canzoni avrei ascoltato di lì a poco, nell’attesa del ritorno a casa di Gi-emme. Mi resi conto di avere una mano sul mouse e l’altra davanti alla bocca, ed inevitabilmente un pensiero mi sfiorò. Il bacio.
Sospirai al ricordo. Possibile che concentrandomi sarei riuscita a immaginare la consistenza delle sue labbra sulle mie? E’ normale morire all’idea di quei pezzi di ghiaccio puntati sui miei occhi che sembravano volermi dire qualcosa, da quanto quello sguardo fosse intenso? Scossi la testa. Sentivo le guance scaldarsi. Ero veramente da ricovero ed avevo chiuso gli occhi senza neanche rendermene conto.
La vibrazione del mio cellulare, per fortuna, mi distrasse. Vidi il solitario squillo di Gianmarco illuminare lo schermo così mi alzai e mi diressi con calma verso la porta. Aprii e abbozzai un sorriso. Il suo, molto più euforico, si spense leggermente.
“Che è? Non mi vuoi più come amico gay?” ridacchiando tornai in camera, dopo aver richiuso.
“No, tranquillo, tu non c’entri.”
“E allora non capisco.” Sentivo il fruscio del giubbotto che si stava togliendo “Per i dati registrati nella mia testa dovresti essere quantomeno felice. Hai baciato Gabri, non so se te ne sei resa conto.”
“Ma dai?” mi sedetti sul letto spalancando gli occhi con finta meraviglia “Cavolo, pensavo fosse solo frutto della mia immaginazione!”
“Avete litigato mentre tornavate?” si sistemò anche lui sull’altro materasso.
“No.” In realtà non sapevo neanche io il perché non fossi allegra, con esattezza “Dai Gi-emme, è una cosa da donne.”
“Ah, il ciclo.”
“No, non in quel senso!” risi.
“Quindi.. Paranoie da donne innamorate?” tentò, ed io annuii. Fece un’espressione che diceva “ah, allora ho capito!
“Della serie: non gli piaccio! Per lui è stato solo un gioco!” usò una vocetta fastidiosa in falsetto.
“Più o meno..” mormorai imbarazzata. Ero davvero così ridicola e scontata? Gabriele Bonetti l’avrebbe pagata molto cara. Ero diventata una qualsiasi ragazzina in piena fase ormonale! Se solo lui non fosse stato così bello, imprevedibile, fastidioso, divertente, adorabile, intelligente, comprensivo.. Così Gabriele.
Il ragazzo con gli occhi verdi mi guardò male, molto male “Certo.. Senti, io non lo conosco così tanto bene da poter capire il significato delle sue azioni o dei suoi comportamenti, ma una persona che prima ti sta sempre appiccicato per ripicca, anche se non ci crede nessuno, poi picchia il ragazzo che ti ha messo le corna e dopo ciò ogni occasione è buona per minacciarlo anche solo con lo sguardo, che ogni cinque minuti reclama un bacio o, più semplicemente, fa in modo di avere un contatto con te e per finire ti obbliga di baciarlo a stampo in un gioco non dimostra la sua indifferenza nei tuoi confronti, ma il contrario.” Ogni punto equivaleva ad un dito della sua mano sinistra.
“Che c’entra il bacio, quello era una penitenza.”
“Se fosse stata una penitenza ti avrebbe detto bacia Gianmarco, Andrea o Davide, non baciami.” Porcaccia vacca, era vero. Mi morsi il labbro abbassando lo sguardo.
“Continuo a non esserne convinta.”
“Non devi, infatti.” Aggrottai la fronte rialzando gli occhi. Mi prende per il culo?
“Ciò che non devi fare è escludere la possibilità che tu possa piacergli.”
“Non eri così saggio da etero.” Fu l’unica cosa che dissi.
“Lo ero anche prima, solo che dopo anni che ci conosciamo questa è la prima volta che parliamo di cose più serie rispetto ad una partita di calcetto con la classe o del calendario dei volontari.”
 


Mi sto impegnando per scrivere più del solito. Vi aspettano capitoli più lunghi degli scorsi, sappiatelo.
Insomma, ecco il loro risveglio. Piccini. *w*
Ora non so che dire! Questo è il capitolo e spero davvero che vi sia piaciuto.
Ditemi che avete stimato Gianmarco per il pezzo finale, forza. Tanto lo so che siete della sua stessa opinione, quindi.. u_u

Nel prossimo capitolo cambierà qualcosa (che cosa) e si conoscerà un nuovo personaggio (chi?)
Se nelle recensioni indovinate non ve lo dico, però magari nel prossimo capitolo lo faccio notare! ahahahah 
Preparatevi, comunque. Come sempre. ._. 

Adesso: G R A Z I E.
Grazie perchè con lo scorso capitolo mi avete lasciato 301 recensioni in totale. Dico, 301! Mamma mia. ._. 301 è '300+1! *w*
Grazie anche perchè il numero delle persone che prefericono la mia storia supera i 100. E grazie, ancora! TT__TT
Grazie anche a chi segue (201) e chi ricorda (32) :')

L'appuntamento a Giovedì o Venerdì. (Spero Giovedì pure io, eh! xDD)
Grazie ancora.
Un bacione dal Bonetti.

Maricuz

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27


Mugolai in segno di protesta, tirandomi coperte fin sopra il viso. Gianmarco continuava a scuotermi e chiamarmi, piuttosto ansioso, ma avevo troppo sonno per svegliarmi. Come se non bastasse mi infastidiva una canzone non molto lontana da me che non riuscivo a distinguere.
“Ila, ti prego..” si lamentò, fermandosi.
“Cosa..” mugugnai a fatica.
“Mi sta chiamando mia madre..” disse lui. Ok, forse avrei dovuto raccogliere tutte le mie energie e cercare di comunicare con lui. Mi scoprii il viso. Ecco cos’era quella musica.
“Hai intenzione di risponderle?” chiesi, stropicciandomi gli occhi.
“Non lo so.. Per questo ti ho svegliata..”
Sospirai, poi mi stiracchiai “Rispondi e senti quello che ti dice.”
Annuì incerto, poi rispose. Per lasciargli la sua privacy presi il cambio e andai in bagno a farmi una doccia. Ormai ero sveglia. Lavandomi pensai a cosa avrebbe potuto dirgli sua madre. Dormiva lì da quanto? Una settimana circa, e nessuno si era mai fatto sentire se non la sorella con qualche messaggio, per assicurarsi che stesse bene. Sperai con tutto il cuore che gli chiedesse di perdonarli e che lo accettassero per quello che era. Mi asciugai con calma, mi vestii e cominciai a trafficare col phon, canticchiando tra me e me.
Non sentivo Gabriele da quando eravamo tornati a casa il primo dell’anno, ovvero due giorni prima. Veramente ridicolo da ammettere ma.. Mi mancava. Mi diedi della stupida, perché sicuramente si sarebbe fatto vivo, e anche se non fosse stato così dopo qualche giorno saremmo rientrati a scuola. Avrei affrontato persino lei, pur di rivederlo. Maledetti sentimentalismi.
Un quarto d’ora dopo risistemai tutto e rientrai in camera mia, dove trovai un Gianmarco pensieroso steso sul letto, ovviamente ancora in pigiama –sempre che una maglietta vecchia e dei pantaloncini si possa definire tale-. Mi sedetti accanto a lui, guardandolo, e gli posai una mano sui capelli per arruffarglieli.
“Mi ha chiesto di tornare a casa..” mormorò, fissando il soffitto.
“E che altro ha detto?”
“Che cercheranno di accettarmi, che mi vogliono bene..” Fece una breve pausa “La famiglia non dovrebbe essere un punto fermo nella vita? Perché non mi danno la certezza che vorrei?” aggrottò la fronte e si morse il labbro, per mantenere il controllo.
“Non lo so..” sussurrai “Dovresti provare a tornare a casa, secondo me.”
Spostò il viso nella mia direzione, aspettando mi spiegassi “Insomma, dovresti dargli una seconda possibilità. Per la reazione che hanno avuto chiamarti per farti tornare indietro è positivo.. Dovresti stringere i denti, nonostante tu abbia paura, e andare a casa, per vedere come va. Se proprio non c’è modo.. Troveremo una soluzione. Tu, io e tutti gli altri.” Sorrisi incoraggiante, poi finii davvero “Sicuramente devi decidere tu, però. Io ti ho detto la mia idea.”
Sbuffò e si strofinò la mano sul viso “Forse hai ragione.. Ma nel caso andasse male..?”
Intenerita, gli passai una mano sul viso accarezzandolo. Non avrebbe rifiutato quel contatto, ne ero convinta. Immaginavo avesse bisogno d’affetto “Te l’ho detto, troveremo una soluzione e ti aiuteremo. Ma andrà bene.”
Abbozzò un sorriso, alzò il braccio afferrando la mia mano e cominciò ad accarezzarla quasi inconsciamente, tornando a fissare il soffitto. Se solo non avessi saputo che fosse gay, avrei ampliamente frainteso quel gesto. Ci pensai: se fosse stato Gabriele a farlo invece l’avrei interpretato come un gesto tra amici, nient’altro. Solo perché mi piaceva, naturalmente.
“Ho paura..” sussurrò pianissimo.
“Lo so.” replicai io. Sentii la sua stretta aumentare, e mi stesi accanto a lui, accoccolandomi.
“Profumi.” Se ne uscì lui, dopo qualche minuto di silenzio. Era ovvio, mi ero appena fatta la doccia.
“Vorresti dire che di solito puzzo?”
“Voi donne e il vostro vizio per la cucina..” borbottò.
“Che c’entra la cucina?”
“Rigirate le frittate.”
“Ma tu sei scemo.” Risi, coinvolgendo anche lui.
Scherzammo un po’, sapendo entrambi che era un modo per non pensare all’ennesimo trasferimento del ragazzo, ma avevo una domanda da porgli.
“Quando hai intenzione di andare?” sospirò.
“Questo pomeriggio. Mi accompagni?” chiese speranzoso. Annuii sorridendo. Finché avrei potuto sarei rimasta a fargli da supporto.
“Grazie.”
 
“Fammi capire, da quanto Andrea va dietro a Dafne?” mi chiese, sistemandosi il borsone sulla spalla. Dopo i vari saluti tra i miei genitori e Gianmarco, eravamo usciti per dirigerci verso la casa di quest’ultimo, e in quel momento stavamo camminando da circa un paio di minuti. Ci pensai su.
“A inizio anno scolastico mi ha detto che gli piaceva da quando è finita la scuola per le vacanze estive. Sei mesi, insomma.”
“Cazzo. Mi avrà voluto morto..” ragionò tra sé e sé.
“Ma no, Andrea sapeva che piacevi a Dafne. Quando avete iniziato ad uscire ha preferito mettersi da parte. Sai come è fatto, è di indole fin troppo tranquilla.”
“Si, l’ho visto da come pomiciavano l’altra notte.” Sghignazzò. Sorrisi divertita.
“Evidentemente in campo amoroso cambia.. Oh.” Gli afferrai il braccio spalancando gli occhi.
“Cosa?” domandò lui confuso.
“Guarda quello lì.” Feci un cenno con la testa verso destra “Nel marciapiede di là, quel tipo moro con i capelli tirati su. E’ un figo.” Non ero il tipo che faceva tanti apprezzamenti pubblicamente. Li facevo, sì, ma li tenevo per me, solo che volevo vedere come era un suo commento ad un bel ragazzo. Ero troppo curiosa, essendo rimasta al Gianmarco che sbavava dietro culi e tette. Gli strattonai un po’ il giubbotto, giusto per fare scena.
Lo vidi cercare con lo sguardo la figura che cercavo di fargli notare, poi sgranò gli occhi. Era talmente bello da esserne rimasto abbagliato? O forse..
“Oh cazzo.” Disse lui. Girò subito la testa verso la parte opposta e cominciò ad aumentare il passo.
“Gi-emme, perché stai scappando? Lo conosci?”
“E’ Francesco.” Rispose a denti stretti. Vidi una me stessa più piccola cercare tra gli archivi del mio cervello il nome Francesco collegato a quello di Gianmarco. Quando capii, spalancai la bocca per la sorpresa. Ma certo, quel Francesco! L’amico gay della sorella che gli aveva fatto venir dubbi! In sostanza: il tipo che gli piaceva.
“E perché scappi, allora?” Non capivo.
“Figurati se mia sorella non gli ha raccontato cosa è successo.” Si bloccò e si girò verso di me, cercando di spiegarmi il suo punto di vista piuttosto nervosamente “Sarebbe alquanto imbarazzante se mi chiamasse e mi chie-”
“Gianmarco!” quasi non scoppiai a ridere sentendo una voce sconosciuta e maschile alle mie spalle insieme al rumore dei passi che si avvicinavano. Senza considerare la sfumatura che avevano preso le guance del mio carissimo amico. Tenero. Un tempismo del genere andava premiato.
Voltandosi verso di lui fece una finta faccia sorpresa e tentò di sorridere “Francesco..” cercai di ricompormi anche io, per non apparire come la ragazza psicopatica di turno, e mi voltai.
Cavolo, se era bello. Mentalmente, sfidai chiunque a non avere strane immagini che riguardassero lui, quel piercing che aveva al labbro inferiore, quel sorriso mozzafiato e quei grandi e calorosi occhi color cioccolato. L’unico difetto che mi saltò all’occhio guardandolo in viso era forse il naso non proprio perfetto, ma non tutti erano divini come Gabr.. No, basta, torniamo ai due.
Il giovane –che mi pareva avesse ventidue anni, a detta di Gi-emme- si fermò davanti a noi, anche se il suo sguardo era puntato solo ed unicamente sul mio accompagnatore.
“Come stai?” chiese subito “Ho saputo cosa è successo.. Mi spiace.” Ed era sincero. Quel ragazzo era trasparente, anche per me che non lo conoscevo. Sembrava che ci fosse passato anche lui.
Gianmarco si irrigidì abbassando per un secondo lo sguardo, poi però sorrise un po’ imbarazzato “Sto bene, adesso. Stavo giusto tornando a casa per..” fece una smorfia “riprovare.”
Francesco annuì comprensivo “Scelta giusta. Stai tranquillo, mi raccomando.” Gli fece un occhiolino amichevole, senza malizia, e gli diede una pacca sulla spalla. Il castano era ancora più rosso di prima. Ilaria, non scoppiare a ridere..
Il ventiduenne si voltò poi verso di me, sorridendo “Tu sei la ragazza che l’ha ospitato?” Ero famosa.
“Già.” Sorrisi, poi mi porse la mano, che strinsi.
“Sono Francesco.” Lo so.
“Ilaria.” Ero un po’ imbarazzata anche io, lo ammetto. Rimaneva pur sempre un bel ragazzo.
“Bene, scusate ma adesso devo proprio andare. In bocca al lupo e, Ilaria, è stato un piacere conoscerti.”
“Crepi..” mormorò Gianmarco, mentre Francesco salutava con la mano e ci voltava le spalle.
“Dio, sono perso..” sospirò. Finalmente, mi lasciai andare ad una risata, beccandomi un’occhiata torva dal ragazzo.
“Scusa, scusa!” mi asciugai una lacrima e presi un respiro profondo “Andiamo, su. Comunque hai buon gusto in fatto di uomini, caro. Devo dire che non è per niente male!” lo presi a braccetto e cominciai a trascinarlo.
“Smettila di prendermi per il culo, pensi di essere messa tanto meglio con Gabriele? Tu non ti sei vista quando si è levato la maglietta, ma io si.” Arrossii, dandogli una leggera botta sulla spalla.
“Scusa eh, cos’è questo cambio di argomento?!”
“Hai voluto la guerra, ora te la becchi.”
“Faccio un complimento al tuo ragazzo e mi rinfacci il mio poco autocontrollo!”
“NON E’ IL MIO RAGAZZO.” Urlò, diventando paonazzo. Scoppiai a ridere una seconda volta, piegandomi addirittura su me stessa. Sentii gli addominali chiedermi pietà e i polmoni reclamare ossigeno. Stavo morendo.
“Sai cosa, se devo esser sincera è un peccato che sia gay. Poi, detta fra noi, ha proprio un bel culo.” Volevo farlo innervosire, sì.
“Potrei dire la stessa cosa di Gabriele.” Spalancai gli occhi.
“Hai pensato a lui in quel senso?” chiesi, scandalizzata e scandalizzando anche lui.
“Ilaria, perché tu salti sempre alle conclusioni?” mi chiese sinceramente dubbioso. Effettivamente la sua poteva essere semplicemente una risposta alla mia affermazione. A dir la verità, era proprio così.
“Mamma mia come sei possessiva!” mi prese in giro ridacchiando “Non te lo rubo, stai tranquilla!”
Feci una smorfia “Beh ha un bel culo, dai..”
“Di chi parli adesso?”
Di Gabriele “Di quel tipo fermo al semaforo.”
Gianmarco guardò, aggrottando la fronte come faceva sempre quando era alla ricerca di qualcuno, poi fece un’espressione di disgusto “Ma che stai dicendo? E’ molto più bello il mio. Non è neanche carino di faccia. In confronto pure il prof di filosofia è un figo.”
“E tu come saresti?”
“Io accanto a quello sarei come.. Brad Pitt  accanto a Topo Gigio.”
“Signore e signori, solo per voi, Narciso!”
“Puoi chiamarmi Gianmarco.” Mi sorrise.
 
Stavo tornando a casa, le mani in tasca, il viso coperto fino al naso dalla sciarpa. Faceva abbastanza freddo. Avevo lasciato da poco Gianmarco davanti a casa sua, dopo avergli chiesto se avrebbe preferito che restassi ancora un po’ con lui, ma mi aveva salutato con un sorriso un po’ teso e le parole “Hai fatto anche troppo.
Sospirai un po’ preoccupata, fissando i miei piedi. La sua situazione doveva cambiare. Doveva assolutamente cambiare. Nessuno si merita una cosa del genere, neanche Lorenzo, che mi aveva fatto patire come pochi.
Persa com’ero nei miei pensieri, a cinque minuti da casa mia non mi accorsi della porta che dava sul marciapiede su cui stavo camminando che si stava aprendo, facendo uscire una persona su cui andai puntualmente a sbattere. Appena recuperato il mio già scarso equilibrio, alzai lo sguardo imbarazzata.
“Scu.. Oh.” arrossii persino più di prima vedendo il ragazzo che mi guardava divertito.
“Salve! Era tanto che non mi venivi addosso!” disse allegro Gabriele con il sorriso sulle labbra.
“Eh, mi manca solo il gelato..”
“A che pensavi?” chiese, curioso.
“Gianmarco. L’ho appena accompagnato a casa.. Ma dove stai andando?” domandai a mia volta, vedendo che stava portando la chitarra da qualche parte.
“Al parco, volevo suonare un po’. Si è rotto pure l’mp3 e non so che fare. Vieni anche tu, così parliamo?” Che domande. Avevo proprio bisogno di lui per stare tranquilla e pensare solo alla sua straordinaria bellezza e la sua magnifica persona. Con un sorriso felice accettai e ci incamminammo.
Iniziai prima di tutto a spiegargli della chiamata della madre e dell’incontro che io e Gianmarco avevamo avuto con Francesco, sottolineando che era un bel ragazzo. Gabriele alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Hai dormito insieme a Gianmarco e hai apprezzato Francesco. Ottimo, ora potresti fare tutto questo con me?” sembrava davvero infastidito. Aggrottai la fronte.
“No.” Dissi, come se fosse ovvio.
“Perché? Se vuoi divento gay anche io!” risi.
“Ma che cavolo di ragionamenti fai?”
“Dimmi almeno che ti piacerebbe.” Mi guardò speranzoso.
“Gabri..” lo rimproverai ancora divertita, facendolo esultare contento.
“Te l’ho già detto che mi piace quando mi chiami Gabri?”
“Sì.” Annuii “Sei ripetitivo.”
“E tu sei ancora più bella con le guance arrossate a causa del freddo.” Disse serio, ma con un sorriso dolce sul viso. Arrossii immediatamente, facendolo sghignazzare.
“Ehm.. Grazie.” Balbettai, distogliendo lo sguardo. Ma perché faceva così? Perché cominciava facendo l’idiota e finiva con frasi spiazzanti e fottutamente belle per me, cotta, arrostita, per lui? Sentivo il cuore battere all’impazzata per quel semplice complimento e per l’espressione che aveva sul volto mentre lo diceva, senza contare la strana sensazione allo stomaco e il respiro leggermente più corto. Cosa mi stava facendo? Era davvero giusto che continuassi ad accontentarmi di piccoli gesti, sguardi e contatti? Perché non mi decidevo a confessare e provare ad ottenere qualcosa di più da lui?
Mi bastava anche quello, ecco perché. Mi bastava quel poco che avevo, che mi faceva stare bene.
La mia mano venne afferrata dalla sua e mi fece fermare. Lo guardai.
“Ci sediamo lì, va bene?” indicò una panchina poco distante, la stessa di quando lo sentii suonare la prima –ed unica- volta. Lo seguii e quando ci sedemmo aprì la custodia dello strumento, che poi sistemò sulle sue ginocchia.
Mi schiarii la voce “Ma sai anche cantare?”
Parve pensarci un po’, mentre accordava la chitarra “Non credo di essere stonato.”
“E gli altri che dicono?”
“Boh.” Scrollò le spalle.
“Come boh? Che significa? Chi ti ha sentito avrà commentato sicuramente!” ribattei subito.
“Se mi avesse sentito qualcuno..” e non terminò. Spalancai gli occhi.
“Nessuno ti ha mai sentito cantare?”
“No.” Rispose tranquillo, girandosi a guardarmi mentre iniziava a suonare.
“Canteresti, adesso?” supplicai sbattendo più volte le palpebre, cercando di convincerlo.
“Scordatelo.” Rise.
“Per favore! Non riderò!”
“Rassicurante..” borbottò, guardando le corde.
“Ti prego, Gabri!” gli piaceva sentirsi chiamare in quel modo? Allora l’avrei chiamato in quel modo.
“Non attacca..”
“Che ti costa? Perché non vuoi?” domandai, non capendo.
“Perché penso di non essere poi così bravo. Non voglio rovinarmi la reputazione!” stavolta era un po’ imbarazzato. Era raro vederlo in quello stato, ma non demorsi. Volevo sapere com’era la sua voce, volevo sentirla. Appoggiai il mento sulla sua spalla, facendolo voltare di nuovo verso di me. Pochi centimetri di distanza. Lo vidi deglutire mentre mi guardava negli occhi, poi alzò un sopracciglio.
“E se ti dessi un bacino? Un abbraccio?” vocina dolce mode: on.
Ci pensò, poi fece una smorfia “Non sono molto convinto..” ma stai cedendo, bello mio.
Mi avvicinai ancora con il corpo, poi alzai il viso e lo baciai sulla guancia calda, non so per colpa di quale incantesimo. Era tutto così naturale, e lui troppo vicino per resistere alla costante tentazione di non esserlo.
“Per favore..”
Abbassò lo sguardo mordendosi il labbro inferiore, poi sospirando annuì.
“Solo perché sei tu. Che devo cantare?”
Mi staccai sorridendo trionfante “Non lo so! Qualcosa!”
“La vecchia fattoria?”
“No, qualcosa di serio!”
“La vecchia fattoria è seria.”
“Gabriele.” Lo richiamai “Scegline una te e canta, dai!”
Smise di suonare per grattarsi il mento e rimase immobile finché non gli venne un’illuminazione e cominciò a produrre le note iniziali. Mi erano familiari, ma ancora non ero riuscita a riconoscere la canzone. Mi sistemai meglio e attesi, guardando le sue dita.
Lo vidi respirare più profondamente e puntai gli occhi sulle sue labbra, da cui uscirono le prime parole. Riconobbi la canzone: era She will be loved dei Maroon 5.
Perché proprio quella canzone? E perché aveva incrociato il mio sguardo, sicuramente per caso, al punto in cui il testo diceva “He was always there to help her, she always belonged to someone else”? Percepii i primi brividi corrermi lungo la schiena, sia per la scelta della canzone che per la sua voce. Non era solamente non-stonato, era davvero bravo, ma la cosa che più mi colpì non fu il quanto cantasse bene, ma come lo facesse. Trasmetteva un sacco di emozioni, anche solo con gli occhi o le espressioni che assumeva, e sembrava che fosse sua da come riusciva a immedesimarsi nella musica.
I quattro minuti passarono in fretta, ed io ero rimasta imbambolata a guardarlo e ascoltarlo con la faccia a pesce lesso. Mi guardò aspettando il mio commento. Chiusi la bocca per darmi un contegno, deglutii e iniziai a far funzionare le rotelle nella mia testa, visto che erano momentaneamente bloccate.
“Io.. Ehm..”
“Puoi dirmelo che faccio schifo, non mi offendo.” Ridacchiò a disagio.
“No, no! Il contrario! Sono senza parole. Sei..” gesticolai mentre ero alla ricerca di aggettivi giusti “Ehm..”
“..Bravo?”
“Credo sia un po’ poco.”
“Addirittura?” sorrise, più tranquillo e soddisfatto.
“Addirittura.”
“Beh.. Grazie.” Arrossì leggermente e spalancai gli occhi scioccata.
“SEI DIVENTATO ROSSO.”
“Non è vero.”
“Si.”
“E’ il freddo.”
“No.”
“E’ perché mi sento in imbarazzo e sono piacevolmente sorpreso, ok?” rise, distogliendo lo sguardo e scuotendo la testa “Ma guarda te cosa mi tocca ammettere per far contente le persone..” borbottò.
“Per far contenta me.” Lo corressi automaticamente, pentendomene subito dopo. Non dovevo fare uscite del genere.
“Giusto, per gli altri neanche sarei arrossito.” Mormorò.
 


HA. Eccolo qui. 
Innanzi tutto scusate. Avevo detto che avrei pubblicato o ieri o oggi. E' che questi ultimi giorni sono veramente pesanti a scuola e faccio un po' di fatica.. Perdono!
Spero almeno che il capitolo vi sia piaciuto. Alcuni di voi nella recensione hanno indovinato il personaggio che faceva la sua -bellissima- comparsa: Francesco, il ragazzo che piace a Gi-emme. Il cambiamento è duplice, poi. Sicuramente uno di questi è nel rapporto tra Ilaria e Gabriele (guardate, si stanno aprendo sempre di più..) e uno è nella situazione di Gianmarco. Torna a casa, il nostro caro amico (so che qualcuno di voi però lo vorrebbe come amante) gay.
[Una cosa: se volete ascoltatevela la canzone dei Maroon5 che canta Gabri, eh! A me piace un sacco. :3]
La domanda del giorno è: secondo voi, andrà tutto bene con i genitori? Fatemi sapere cosa ne pensate. u_u

Ebbene, anticipazione per il prossimo capitolo: tanta dolcezza tra Gab e Ilaria. 
Certo, questo non significa che non litigheranno come al solito, ma anche come litigano è dolce per me, quindi.. ._.
Spero di pubblicare Martedì. Se non ce la faccio, Mercoledì sarà ugualmente pubblicato. Sapete che non mi piace ritardare, quindi tranzolle!

GRAZIE all'infinito. GRAZIE PERIODICO. Cioè.. Grazie. 
Non l'ho mai ringraziate, ma grazie (LOL) anche alle persone che mi hanno inserito tra gli autori preferiti. PAZZI.

Non so che altro dire. Ci rileggiamo la prossima settimana. 
CONSOLATEMI perchè davvero, siete la mia unica ragione di vita! DDD: [Forse tra le uniche, dai. Non sono così depressa.]
CI SIIIII!

A Martedì! :D

Maricuz

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28


“Davvero?”
Davvero!
“Davvero davvero?”
Davvero davvero!” urlò euforica. Mi staccai per un momento il cellulare dall’orecchio destro, quasi non più funzionante. Avevo un sorriso grandissimo stampato sulla faccia e se non mi fossi appena seduta sulla sedia davanti al computer avrei cominciato a saltare per la camera come un coniglio succube di una crisi epilettica di non trascurabile gravità.
“Cavolo, quanto ci avete messo però!” commentai.
Ebbene, so che vi state chiedendo cosa cavolo stesse succedendo e cosa festeggiassi, e adesso vi accontento. Stavo parlando con Dafne e, rullo di tamburi, mi aveva appena informata che lei e Andrea stavano insieme. Il perché della mia affermazione potete capirlo anche voi: erano passati sei giorni dal loro primo bacio –quello allo scoccare della mezzanotte- e si erano chiariti ufficialmente solo poco prima, dopo un’ennesima dichiarazione del ragazzo. Insomma, dopo un avvicinamento del genere era passato anche troppo tempo.
Ila, lo sai come sono.. Poi.. Cioè..” cercò di spiegarsi, ma non ci riusciva. La immaginai gesticolare e aprire la bocca a vuoto. Sorrisi.
“Tranquilla, in campo amoroso tutti sono un po’ strani.”
Eh, proprio tu lo dici..” la sentii mormorare. Aggrottai al fronte.
“Che vorresti dire?”
Che tu e Gabriele vi piacete e neanche ve ne accorgete.Sì, come no.
“Io so che mi piace.”
Lo so, ma non ti rendi conto che anche tu piaci a lui. E non replicare, so cosa diresti!” mi bloccò, infatti. Colpita e affondata. “No, ma non gli piaccio! E io ti direi: ma hai visto come si comporta con te? E tu risponderesti: per lui sono solo un’amica!” spalancai gli occhi.
“Farei davvero così?”
Oh sì, carina. Ma stai tranquilla, è normale.” Mi rassicurò. E’ normale un corno!
“Mi sto rammollendo. Dov’è finita la mia prova per non permettere ai ragazzi di avvicinarsi troppo? Ero più acida, un tempo!” mi lagnai.
La sentii ridere “La selezione di Ilaria Archi, intendi? Credo che lui sia stato selezionato, a dire il vero. Mi sa che ha valicato il confine. Ha seriamente valicato il confine.” Come al solito, Dafne era la bocca della verità.
Semplicemente Gabriele, forse neanche volendo, si era fatto strada dentro il mio cuore abbattendo ogni muro che lo divideva da esso, con i suoi sorrisi, le sue battute pessime, le sue occhiate, i suoi gesti, le sue parole sempre giuste. Sospirai.
“Mi ha fregata ben bene..” borbottai.
Sì, lo ha fatto.” Ribadì, ma pur sempre con dolcezza.
“Possiamo cambiare argomento..?” chiesi speranzosa, per poi mordermi il labbro inferiore.
Certo! Volevo giusto chiederti una cosa.. Gianmarco?” feci una smorfia.
“Ho chattato con lui ieri sera, e non va molto bene a casa. Dice che la madre ci prova, e un po’ anche il padre, ma sente comunque che è cambiato qualcosa. Non lo trattano più come prima e sono più distanti. Molto più distanti..” Mi appoggiai col gomito alla scrivania e posai il viso sulla mano.
E Viola?
“Viola?” chiesi dubbiosa.
Viola, la sorella.
“Ah, Viola! Con lei non è assolutamente cambiato niente. Anzi, forse va anche meglio con lei. Spesso sta con lei, e di conseguenza..” ghignai furbescamente “Con Francesco e il resto del suo gruppo.”
Francesco è quel ragazzo di cui mi hai parlato l’altro giorno? Quello che avevate visto per la strada..” chiese, per conferma.
“Sì, il figo col piercing.”
Beh allora ben per lui!” rise contenta.
“Avresti dovuto vederlo. Era arrossito per un occhiolino e una pacca sulla spalla! Ma non un occhiolino malizioso, Dafne!” risi, intenerita dall’immagine di Gi-emme tutto rosso.
Che carino..” ridacchiò anche lei.
Feci per dire qualcos’altro, ma mia madre mi chiamò dicendomi che la cena era pronta. Salutai Dafne con calma e chiusi la chiamata, per poi trotterellare affamata verso la cucina.
 
Cantavo a squarciagola, fregandomene del fatto che non fossi propriamente intonata e che fossero le dieci di sera, un orario in cui la gente normale non è proprio al massimo delle energie. Ma che me ne fregava? Mi ero svegliata a mezzogiorno.
Appena finì la canzone mi calmai e sospirai soddisfatta. Mi sentivo abbastanza bene. Certo, il pensiero di Gianmarco non mi rallegrava affatto, ma se lo collegavo al fatto che si stava avvicinando all’altro ragazzo.. Beh, insomma, c’era qualcosa di positivo anche per lui. Volai su Twitter e scrissi qualcosa.
 

E bravo il nostro Einstein! Tutto è relativo.

 
Forse era l’unica citazione su cui non avevo mai dei ripensamenti, quella, mentre sul concetto del destino ogni tanto mi trovavo in disaccordo persino con me stessa, negli ultimi tempi. Tutta colpa di Gabriele.
Neanche a farlo apposta, il suono della chat di Facebook mi fece notare un messaggio da quest’ultimo. Sentii dei movimenti furiosi all’interno della mia cassa toracica e controllai, non dandogli troppo peso. Il ritmo sarebbe aumentato, se l’avessi fatto.
Questa volta siamo della stessa idea.” Se avessi avuto un calendario a portata di mano, avrei segnato la data di quel giorno.
Ma quando te l’ho chiesto? Ahaha” In realtà non sapevo cosa dire. Sghignazzai quando rispose.
Simpaticissima! Oh, lo sai vero?
No, che cosa?
Come che cosa? Andrea e Dafne! Non può non averti chiamata!
Ah, quella cosa! Certo che lo so! Sono stata con lei al telefono prima di cena! Però non so i dettagli. A te Andrea ti ha detto qualcosa?” effettivamente la bionda poteva parlarmene un pochino di più.
Sinceramente ne so poco anche io. E’ stato tre quarti d’ora a dirmi di quanto le piace, quanto è bella, quanto è dolce, quanto è Dafne e bla bla bla. Come se non sapessi che è Dafne, poi!” risi. Andrea in brodo di giuggiole, stupendo.
E dai, fallo sfogare, piccolino!
Piccolino un corno! Io volevo i fatti! L’unica cosa che sono riuscito a scoprire è che hanno fatto una sana pomiciata.
Lamentati.
Io mi lamento! Lui non l’ha fatto.
Ci credo.
Ma non parliamo di loro.. Parliamo di me!
Che bello. Sto saltando dalla felicità.” Invece nella realtà tremavo, perché avevo paura che facesse una di quelle sue uscite improbabili che poi mi mettevano sempre in difficoltà.
Ho controllato e il mio compleanno viene di Martedì.. Quindi io pensavo di festeggiare il Sabato sera, il 31. Tu ci sei, vero?” sospirai di sollievo. Argomento abbastanza tranquillo.
Certo che ci sono! Che domande.
Che stupido! Domanda del tutto insensata! Scusa eh, ma che ne so io dei tuoi programmi? Magari avevi impegni con la tua famiglia!
E non ce li ho!” ribadii.
Va bene. Cambiamo argomento. Adesso parliamo di scuola.
Pazzo.
Di te. Seriamente, mi daresti i compiti di matematica?
 
Non potevo farcela. Non c’era speranza. Avrei fatto meglio a non muovermi o, possibilmente, a continuare a poltrire nel letto come avevo fatto per gran parte delle vacanze natalizie, ma adesso.. Adesso ricominciava tutto.
Era Giovedì 8 Gennaio ed ero appoggiata al palo alla fermata dell’autobus come poche volte avevo fatto in tutto l’arco dell’anno scolastico. Sbattei le palpebre, vedendoci appannato, poi sbadigliai. Mi aspettavano lunghissime ore di lezione a cui non sarei mai sopravvissuta. Poi riflettei: Gabriele era ancora il mio compagno di banco. Le cose già miglioravano leggermente. Mi resi conto che ancora non era arrivato, così mi staccai e guardai alla mia destra, per vedere se stesse arrivando.
“Mi cercavi?” una voce alla mia sinistra. Preciso.
Mi voltai di scatto, o almeno quello che la mia reattività mi permetteva, e lo guardai rintontita. Sì, era proprio Gabriele e sì, aveva un sorriso che sonno o non sonno faceva sbavare anche oggetti inanimati.
“Sì.” La mia sincerità quando a malapena stavo in piedi era destabilizzante. Rimase sorpreso anche lui, nonostante non lo avesse dato a vedere.
“Mamma mia, hai poco sonno, eh!” notò, squadrandomi incuriosito. Cos’ero, un animale dello zoo adesso?
“Non.. Non puoi capire.” Scossi il capo disperata.
“Vieni qui, fatti coccolare un po’ che non ci vediamo da giorni!” allargò le braccia e io cosa feci? Se fossi stata in me ovviamente l’avrei mandato a quel paese, ma non ero in me. Mi tuffai letteralmente addosso a lui, aggrappandomi al suo giubbotto come se fosse una qualsiasi superficie morbida su cui si possa dormire, e chiusi gli occhi. Ad esser sinceri, ci avevo pure dormito lì sopra. Arrossii, mentre mi sentivo circondare il corpo dal castano. Paradiso.
“Ma come siamo dolci stamattina!” commentò divertito, da sopra la mia testa. Mugolai qualcosa di incomprensibile e mi strinsi maggiormente a lui, sistemando il viso all’altezza del petto.
“Cavolo, proprio adesso doveva arrivare l’autobus?” si staccò, lasciandomi spaesata, ma mi afferrò la mano e mi trascino verso il mezzo. Quando ci fummo sistemati mi fece re-accoccolare e cominciò ad accarezzarmi i capelli dolcemente. Ciao mondo.
Senza neanche farlo apposta, mugolai di piacere e lo sentii ridacchiare.
“Furbetta la Archi, eh.”
Alzai la mano sinistra e gli diedi un pugno leggero sullo stomaco, facendolo ridere ancora di più.
“Non rompere..” borbottai.
“E chi rompe? Io sto benissimo.” Disse, tranquillo.
Passammo quel quarto d’ora di viaggio in quel modo, a parlottare di cose stupide, dei compiti, delle interrogazioni che ci sarebbero state in quel periodo, fino a quando non arrivammo e fui costretta a staccarmi di nuovo dal ragazzo, a malincuore. Ovviamente questo non glielo dissi.
“Voglio chiedere a Gianmarco come va con Francesco.” Ghignai maliziosamente, un po’ più sveglia. Stavamo salendo la prima rampa di scale e già mi facevano male i polpacci. Ero fuori allenamento, avrei dovuto fare più sport.
“Francesco sarebbe quello che gli piace?” se ne era già dimenticato?
“Sì. Un figo, mamma mia..” commentai, d’istinto. Lo vidi guardarmi male.
“Ma è gay, questo?”
“Sì.” Risposi incerta.
“Ok.” Mormorò, tornando con la solita espressione rilassata. Scossi il capo. Chi lo capisce è bravo. Poi dicono delle donne.
Entrammo in classe e vedendo Gi-emme, posai velocemente giubbotto e zaino sul banco per poi correre da lui e abbracciarlo di slancio. Ricambiò la stretta ridacchiando, poi mi baciò sulla guancia, facendomi sorridere.
“Allora, con il bel moretto?” trillai.
“Vai subito al sodo tu eh?” ridacchiò “Fortunato Bonetti..” mi prese in giro a voce bassissima, in modo da farsi sentire solo da me. Lo spinsi divertita, arrossendo, poi lo spronai a rispondermi alla domanda.
“Credo.. Credo che vada bene.” Disse incerto, alzando un po’ le spalle e sviando lo sguardo.
“Credi? Vi vedete spesso?”
“Beh abbastanza. Spesso viene lui a casa nostra, altre volte quando esco con mia sorella ci accompagna.. Ultimamente io e Viola stiamo molto insieme. Cerchiamo entrambi di evitare mia madre e mio padre..” mi spiegò. Annuii.
“Dai, vedi il lato positivo: ti stai avvicinando al tuo ragazzo.” E gli diedi delle gomitate. Arrossì di colpo e si accigliò “Quante volte ti devo ripetere che non è il mio ragazzo?”
“Lo sarà. Oh Dio ti immagini che carini?” se fossi stata un cartone animato avrei avuto gli occhi a cuoricini. In ogni caso, unii le mani davanti al viso e gli lasciai un enorme sorriso sognante.
“No, non mi immagino, rompiballe.” Rispose lui imbarazzato, poi si morse il labbro e aggiunse “Oggi viene a prendermi a scuola..”
“Ma gli piaci?” comparve accanto a me Gabriele che, forse sentendosi escluso, si era intromesso nella conversazione. Era la stessa domande che stavo per fare a Gianmarco, quindi guardai immediatamente il ragazzo in attesa della sua risposta.
“Non penso.” Rispose lui afflitto “Cioè, con tutte le persone che conosce va ad interessarsi del frocetto inesperto? Non credo proprio..” spiegò, ed io spalancai gli occhi.
“Stai forse scarseggiando di autostima? Dov’è il Gianmarco che conosco? Quello che se gioca a calcio diventa una diva e se la tira o che si considera come il più bello della provincia minimo?”
“Che poi bello, guarda il sottoscritto.” Commentò Gabriele, ma lo lasciai perdere.
“Gi-emme, non ti scoraggiare così, seriamente.” Gli puntai gli occhi nei suoi, serissima. Lui sospirò e si passò una mano tra i capelli, guardando altrove “Ila, ha ventidue anni, io neanche diciotto. Lui l’hai visto, è..” gesticolò alla ricerca delle parole adatte, mentre arrossiva “è Francesco. Non lo conosci personalmente ma penso che tu abbia capito che tipo è. E’ veramente perfetto, cavolo. Io invece sono solo un ragazzetto montato.” Scosse il capo e si appoggiò con la schiena al muro.
Gabriele mugolò lamentoso “Senti, coso, questi sono discorsi da ragazzina. Solo Ilaria saprebbe farli.” Gli lanciai un’occhiataccia, incrociando le braccia indispettita. Aveva indovinato “Tu ci proverai con lui, vi metterete insieme e ci darete la buona notizia al mio compleanno, il 31 Gennaio. Fatti accompagnare da lui. Ah, visto che ci siamo pure da tua sorella. Tanto c’è spazio.” Rimasi sorpresa, come Gianmarco che aveva la bocca semi-aperta.
“Oh.. Ok. Ehm.. Grazie per l’invito.” Disse incerto.
“Prego. Ti farò sapere il posto.” Sorrise tranquillo, poi mi prese il braccio e mi trascinò verso i nostri due banchi, mentre si scusava con Gianmarco per averlo privato della mia irresistibile presenza. Così aveva detto.
“Che ti prende?” chiesi, curiosa.
“Mi prende che..”
“Buongiorno ragazzi!” entrò trafelata la professoressa.
“..Arriva la prof.” Terminò Gabriele, alzando le spalle. Continuò poi, aggrottando la fronte “Passato il sonno?”
“Un po’ sì.” Risposi a voce più bassa, sedendomi come aveva fatto lui poco prima.
“Peccato. Ti coccolo lo stesso, però.” Mi sorrise e mi baciò una guancia. Così, senza preavviso, facendomi inevitabilmente arrossire come una cretina.
“E’ stato gentile da parte tua invitare anche Francesco e Viola.” Preferii non commentare il bacio. Sarei sfociata in una richiesta del tipo “Potresti baciarmi ogni volta che respiri?
“Dici?”
“Dico.”
“Volevo invitare anche Alessandro. Lui lo conosco pure di più.” Annunciò, ed io sorrisi.
“Bell’idea.”
“Lo so, è mia.”
Sbuffai roteando gli occhi “Stai zitto va’, idiota.”
“Tutto quello che vuoi. Lo sai benissimo che farei qualsiasi cosa per te, tigre.” E se prima mi divertivano queste frasi scherzose, adesso erano come una pugnalata al petto. Avrebbe mai pronunciato quelle parole con serietà? No, probabilmente no. Non sarebbe mai stato così banale e scontato. Era Gabriele Bonetti, non un ragazzo qualunque.
“Ecco, allora esegui il tuo dovere. Visto che ci sei, mi prendi il libro di italiano? Sai, ne approfitto..”



 
Ciao a tutti, vi scrivo dall'aldilà.
Questa settimana è veramente da spararsi in bocca, con lo studio.. Ma non tradirò mai voi lettori, per cui eccomi qui. u_u
Questo cos'è? E' una specie di capitolo di passaggio. Andrea e Dafne stanno ufficialmente insieme. Gianmarco esce spesso con la sorella e il caro bel Francesco. Ilaria quando dorme è più coccolosa di un Teletubbies e Gabriele ovviamente è lì ad accontentarla.
Il bello è nel prossimo capitolo. Cioè, almeno per me è bello, dato che sarà tutto concentrato su Ilaria e Gabriele. 
Si svolgerà la pt. 1/3 del compleanno di Gabri. (si, sono tre parti, LOL). In pratica: la preparazione. STATE PRONTE.
Io vi lascio la domanda del giorno (quanto me gusta far la domanda del giorno?!): SERIAMENTE, quando pensate che ci sarà l'avvicinamento ufficiale tra Ilaria e Gabriele? Badate bene, "pensate", non "sperate". Se fosse per voi ci sarebbe già stato. LOL

Adesso vi ringrazio. Cioè, più di 3200 visualizzazioni al primo capitolo. Ragazzi.. siete pazzi.
Pazzo anche chi mi sponsorizza pure, tipo quella svitata di xlikeoxygen che ha fatto leggere la mia fan fic a delle sue amiche. Cioè, wow.
Grazie a chi legge, segue, ricorda, preferisce e recensisce. Davvero grazie. Non smetterò mai di dirlo.

Ah, due cose importanti da dire che fa molto serio:
1- Vale ancora il discorso dei Missing Moments, ovvero: se avete delle idee su degli approfondimenti, non vi preoccupate e ditelo pure. Se mi sento ispirata per tale cosa, vi accontenterò sicuramente anche perchè... (vedi sotto)
2- La storia sta veramente per finire. E' questione di 5 capitoli, su per giù, contando anche l'epilogo. Io penso che morirò.

Il prossimo aggiornamento sarà Sabato, e nel caso ci fossero problemi Domenica.

Grazie ancora, people.
Un mega ABRAZO.

Maricuz

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Capitolo 29


“Quella sta poco bene. Non è possibile che ci abbia dato più compiti lei per Lunedì che tutti i professori per l’intera settimana.” Protestò Gabriele, mentre attaccava al muro il grande tavolo, già coperto dalla tovaglia. Mi avvicinai a lui per aiutarlo, mentre esprimevo il mio essere d’accordo con la sua affermazione.
“Pensa che noi ce l’abbiamo dalla prima superiore. Speravamo che in terza cambiasse professoressa, ma.. Ora ci tocca sorbircela fino alla fine.” Scossi il capo rassegnata “E’ veramente tosta. Non è un’incompetente, questo no, però si comporta come ci fosse solo lei.”
“Ed è un ragionamento che fanno anche altri insegnanti. Insomma siamo poco pieni.” Borbottò fintamente allegro lui. Annuii stancamente sospirando e posando le mani sui fianchi.
Era Sabato. Sabato 31 Gennaio, e quella sera avremmo festeggiato il compleanno di quel gran figo che stavo aiutando in quel momento. Il Martedì, giorno del suo vero compleanno, l’avevamo tempestato di auguri dalla mattina alla sera più e più volte. Che sia stato dal vivo, per sms, su facebook o su twitter. Io avevo messo la sveglia alle tre di notte per mandargli un messaggio, sperando che avesse la suoneria, così da svegliarlo. Aveva funzionato, visto che mi aveva risposto immediatamente scrivendomi una pseudo-minaccia.
 

Grazie mille, tigre. Scusa il poco entusiasmo, ma sono stato brutalmente svegliato da una cretina nel cuore della notte. Ti voglio bene. <3

 
Inutile dire che quel “ti voglio bene” aveva un non so che di “ti farò incontrare il Creatore il prima possibile”. Dopo un sorriso divertito, mi ero riaddormentata. A scuola l’avevo riempito di baci e abbracci, tanto da stupirlo. Per tutta la settimana mi aveva rinfacciato quei gesti offendendosi perché ero tornata nel mio guscio. Oh, mica ero un distributore. Faceva diciotto anni e se li meritava, punto. Il fatto che mi piacesse sempre di più e che per me fosse un piacere coccolarlo era un particolare.
“Era più facile da te la scuola?” domandai curiosa. Alla fine del suo passato sapevo solo quello che mi aveva raccontato lui in quelle due uniche volte in cui avevamo affrontato l’argomento.
“Beh, si.. Per quanto mi riguardava, almeno. Dipende dai prof. I miei non erano un gran ché, basti guardare quella di spagnolo. Sei più brava tu.” Sorrise mentre spariva in una stanza.
“Beh, questo era ovvio, però è sempre bello sentirselo dire.” Ghignai soddisfatta, seguendolo.
Appena lo raggiunsi si voltò verso di me e mi porse una delle due scope che teneva in mano “Adesso, scopiamo.”
Spalancai gli occhi cercando di nascondere il divertimento e gli diedi un leggero schiaffo sulla guancia, facendolo ridere.
“Fai veramente schifo, quando ti ci impegni.” Afferrai una scopa e girai tacchi, tornando nella stanza dove si sarebbe svolta la festa.
“Eh, però mi devo impegnare parecchio. Insomma, per uno come me fare schifo è difficile.”
“Possibile che tu abbia sempre la risposta pronta? Sei snervante!” sbottai sorridendo e cominciando a spazzare dalla parte opposta della stanza rispetto a quella dove si trovava lui.
“Chiamatela virtù.”
“Chiamatela chi? Ci sono solo io, qui.”
“Quando sono con me, dicono tutte così.” Sospirai esasperata. Non c’era niente da fare, era un idiota e un idiota sarebbe rimasto.
“Quando hai smesso di giocare a calcio?” chiesi io, invece.
“A Giugno, appena finita la stagione.” Abbassò il capo serio e cominciò a pulire anche lui.
“Ti dà fastidio se parliamo di questo..?” mi fermai per vedere la sua reazione. Lui sorrise tranquillo e scosse la testa “No, tranquilla. Non se rimaniamo su questi argomenti..”
“Ok.. Perché non hai ripreso a giocare anche qui?”
“Soldi. Ho preferito risparmiare almeno su questo punto di vista.”
“Hai rinunciato a tante cose.” Notai.
“Solo il calcio.” Tentò di sminuire.
“Per te era tanto.”
Mi guardò bloccandosi per qualche secondo, poi fece una smorfia e ricominciò riabbassando la testa “A volte si devono fare sacrifici. L’avresti fatto anche tu, ne sono convinto.”
“Non so se riuscirei a sacrificare qualcosa come hai fatto tu.” riflettei tra me e me. In tutta la mia vita non mi ero mai ritrovata a dover rinunciare a qualcosa di veramente importante e ci facevo caso solo in quel momento.
“Adesso, solo perché non ne hai bisogno.” Ribatté continuando a fissare il pavimento e spazzando “Se ti chiedessi se rinunceresti mai alla tua macchina fotografica è ovvio che risponderesti negativamente, ma se in gioco c’è la tua vita, per quanto la tua passione possa essere forte, sceglieresti di vivere. E’ un esempio, ovviamente. Un po’ drastico, ma è un esempio.” Sorrise.
Annuii “Hai ragione..” mi drizzai e cominciai a stiracchiarmi, per poi finire di pulire a terra.
“E adesso?”
“Adesso si spolvera.” Si avvicinò ad un mobile e ci passò un dito, ricoprendolo di polvere “Guarda che schifo.. Hai portato altri vestiti, vero?” chiese guardandomi negli occhi.
“Certo! Secondo te ad un diciottesimo rimango in tuta?” ed era ciò che avevo addosso. Perché aiutare un amico a sistemare un appartamento con un vestito e i tacchi? Mi ero adeguata.
“Ah, che carina. Ti fai bella per me.”
“Idiota.” Lo guardai male “Sono bella a prescindere, e se non lo fossi non lo diventerei per te.”
“Amo quando fai così.” Sorrise furbo, mi afferrò un braccio e mi avvicinò a lui, facendomi sbattere sul suo petto. Non svenire, Ila. Avvicinò piano il suo viso al mio, guardandomi negli occhi, poi posò semplicemente le labbra sulla mia guancia. Chiusi gli occhi trattenendo il respiro. Non era affatto normale una cosa del genere.
Non era normale il modo in cui mi teneva vicino a sé. Non era normale il modo in cui mi stava guardando. Non era normale il modo in cui mi aveva baciato la guancia.
Non era normale per due semplici amici.
Quando si staccò riaprii gli occhi e provai a sorridere tranquillamente “Tu mi ami e basta.”
“Hai ragione, scusa.” Sorrise anche lui, divertito. Mi lasciò il braccio e portò la mano dove prima aveva poggiato la bocca e accarezzò, facendomi arrossire più di quanto già non lo fossi. Neanche quello era normale, ed io non ce la facevo più.
“Gabri..” sospirai supplicandolo con lo sguardo, senza sapere realmente cosa dire.
“Dimmi.” E mi guardava serio. Serio e bellissimo. Deglutii. Parla, Ilaria. Dì qualcosa. Ma cosa avrei dovuto dire? Avrei dovuto dichiararmi? Fare un discorso tipo “Gabri, smettila di fare così perché mi fai male. Mi fai male ogni volta che dici di amarmi per scherzo, che mi guardi in modo strano per poi dire una cazzata delle tue per alleggerire la tensione che altrimenti si creerebbe, che fingi di non vedere il mio rossore sulle guance quando mi fai un complimento. Mi piaci, Gabriele. Non fingere con me. Non illudermi e se non ricambi dimmelo subito così mi metto l’anima in pace.”?
Beh, forse quella era la cosa più giusta da dire, almeno per me, ma non avevo il coraggio. Non avevo il coraggio di mettere a rischio la nostra amicizia con quella confessione, nel caso lui non ricambiasse. Cosa ci avrei guadagnato, in quel caso? Ero una fifona ed un’egoista, a differenza sua. Io non avrei rinunciato a lui, anche a costo di soffrire.
“No, niente.” Scossi il capo e feci un passo indietro. Mi rimproverò con lo sguardo “Dimmi.” Ripeté.
Sospirai e risi, cercando di sembrare naturale “Mamma mia che palle, Bonetti! Volevo chiederti una cosa ma poi mi sono risposta da sola.”
Mi guardò scettico, ma fece ugualmente finta di crederci. Scrollò le spalle e uscì dalla stanza “Vado a prendere la roba per pulire!”
“Vai, vai..” Mi appoggiai al muro e guardai la porta da dove era scomparso. Perché diamine avevo accettato di aiutarlo, quel giorno?! Avrei dovuto immaginare che sarebbe stata una tortura –seppur piacevole- stare con lui tutto il tempo. Sospirai per la centesima volta. Masochismo, puro masochismo.
La vibrazione del mio cellulare mi riscosse dai miei pensieri. Lo levai dalla tasca e vidi che era un messaggio da Gianmarco. Aggrottai la fronte, chiedendomi mentalmente cosa volesse, e quando aprii mi lamentai mugolando, per poi sbottare con parole poco carine “Ma porcaccia puttana.”
 

A quanto pare i miei non riescono proprio ad accettarmi. Abbiamo litigato. Sono fuori con Viola e Francesco, adesso. Ti racconto stasera. Stai tranquilla! :)

 
Stare tranquilla era fuori discussione. Proprio non riuscivo a capire l’ottusità dei suoi genitori. Sì, ottusità, perché tutta la situazione dimostrava solo il loro non arrivare a comprendere il proprio figlio. Per fortuna almeno una parte della famiglia era dalla sua parte.
“Che è successo?” mi ritrovai davanti a me Gabriele con espressione visibilmente preoccupata. Feci una smorfia e gli mostrai il cellulare. Aggrottò la fronte mentre leggeva, poi irrigidì lo sguardo “Ma questi son proprio deficienti. Che cazzo cambia a loro se il figlio sta con un ragazzo invece che con una ragazza?” urlò allargando le braccia.
Alzai le spalle “Me lo chiedo anche io. Cioè.. Che schifo.”
“A questo punto speriamo almeno gli vada bene con Francesco, poveraccio. Non può davvero esser circondato da idioti. Stasera li chiudo in una stanza.” Borbottò, cominciando a pulire il mobile accanto a noi. Risi.
“Eh si, certo. Quella col letto, che c’è più polvere che aria.”
Ghignò “Quella è nostra.” Di nuovo. Roteai gli occhi fingendo un sorriso e presi ad aiutarlo, senza rispondere. Ilaria, hai fatto la tua scelta dieci minuti fa.
 
Canticchiavo a bassa voce mentre sistemavo sul tavolo pop-corn e patatine. Ero sola, visto che Gabriele era uscito per portare nell’appartamento cose come pizze, panini e dolciumi vari. Poggiai anche le bottiglie delle bibite, disposi in modo carino i piatti e accanto vi misi i bicchieri. Sentii aprire la porta mentre cercavo di non occupare troppo spazio sulla superficie, visto che mancavano ancora molte cose.
Mi voltai sicura di trovare il ragazzo sulla soglia del salone, ma vidi una donna con dei vassoi in mano. Avrà avuto sui quarant’anni, ma era molto bella e soprattutto giovanile. Aveva un sorriso gentile e sincero sul viso, che mi ricordò subito quello di Gabriele, e gli occhi chiari proprio come lui. Si somigliavano molto, solo che lei aveva i capelli biondi. Era sicuramente la madre.
Non ebbi il tempo di realizzare che lei già mi parlava “Oh! Ciao, tesoro! Tu devi essere Ilaria!” avevo la bocca spalancata. La richiusi, annuii energicamente e mi catapultai ad aiutarla, posando poi ciò che aveva in mano sul tavolo. Mi porse la mano e la strinsi.
“Molto piacere, io sono Katia, la madre di Gabriele!” era persino più espansiva del figlio, possibile? Sorrisi cordiale “Piacere mio.”
“Mi ha parlato tanto di te, sai?” si portò dietro l’orecchio una ciocca di capelli, poi si guardò intorno sospirando e portandosi le mani sui fianchi “Questa precisione non è tutta di mio figlio.” Ragionò, poi tornò a fissarmi con quegli occhietti vispi e allegri “Una donna porta sempre l’ordine con sé, non è vero?”
Amavo quella donna.
Ridacchiai un po’ imbarazzata “Verissimo.”
Sorrise soddisfatta, poi si portò nuovamente indietro i capelli “Grazie per averlo aiutato, sai ultimamente ho avuto veramente poco tempo. Spero non sia stato un disturbo.”
“No, ma si figuri! Quale disturbo? Mi fa piacere dare una mano.”
Non rispose, si limitò a fissarmi attentamente, mettendomi più in imbarazzo di quanto già non fossi e studiandomi come non ero mai stata studiata, ma senza aver l’intenzione di giudicare. Era solo sanissima curiosità, e lo si capiva da quegli occhi che erano uguali a quelli che conoscevo come le mie tasche “Sei veramente una bella ragazza.”
Ma che cazz.. Le guance mi si imporporarono e le sopracciglia si alzarono leggermente “Oh. Ehm.. Grazie.”
“Mamma, smettila.” Comparve Gabriele dal niente, alle sue spalle, con un grande stereo tra le braccia “Ci sono altri due vassoi in macchina. Portali qui e poi sloggia.” Sembrava piuttosto a disagio.
Katia sbuffò roteando gli occhi divertita “Non si può neanche far conoscenza con una tua compagna di classe?”
“No. Sei imbarazzante quando ti ci metti. Meno ci parli, meglio è.” appoggiò a terra l’oggetto –che pareva piuttosto pesante- poi si voltò completamente verso di noi. Sì, era a disagio.
“Io non sono imbarazzante. Non le ho detto niente di poco carino! O sbaglio, forse?” e la donna si voltò verso di me.
Guardai lei, poi lui, poi di nuovo lei “No no, non sbaglia.”
“Dammi del tu, tesoro!” e sorrise di nuovo. Erano troppo belli, quei due. Mi sentivo fuori posto.
“Ok, Ilaria dalle del tu, mamma vai a prendere i vassoi, per favore.” Si portò una mano sul collo e strofinò leggermente.
“Se vuoi rimanere solo con lei basta dirlo, eh.” lo rimproverò, facendoci arrossire entrambi.
“E poi non sei imbarazzante?!” scoppiò.
“Sai, avevi proprio ragione quando dicevi che era molto bella. Hai buon occhio!” aumentò il carico, ed io, malgrado la vergogna, mi coprii la bocca per non scoppiare a ridere nel vedere l’espressione scioccata di Bonetti.
“Senti, i vassoi li prendo io, così facciamo prima e te ne puoi andare.” A passo svelto uscì nuovamente, lasciandomi di nuovo sola con la donna che in quel momento se la stava ridendo come una pazza.
“Possibile che i ragazzi di oggi siano così timidi?” disse più a se stessa che a me, poi sospirò tranquilla “Mi sa proprio che devo salutarti. Spero di vederti presto, tesoro. Tienilo d’occhio stasera, eh!” e chi scolla lo sguardo?
“Stia.. Stai tranquilla. E’ stato un vero piacere conoscerti.” E anche uno shock.
“Oh, anche per me, credimi. Ciao!” e a passo tranquillo ma deciso seguì fuori il figlio. Che donna. Dimostrava una forza assurda, e se ripensavo a quello che aveva passato e stava passando mi venivano i brividi. Quella era una persona da prendere come esempio, altroché.
Mi mossi un po’ sul posto, riflettendo su tutto ciò che aveva detto Katia. Riassumendo: Gabriele le aveva parlato di me e mi aveva definita molto bella. Beh, potevo morire felice, no? Mi ridestai quando posai per caso gli occhi sui vassoi ancora incartati appoggiati sul tavolo. Sistemai anche quelli, mentre il castano mi aveva raggiunta ancora una volta.
“Cazzo..” lo sentii borbottare. Repressi una risata e lo guardai divertita.
“Ora devo solo prepararmi, visto che manca poco.” Mi ricordai da sola, poi mi rivolsi a lui “Cazzo cosa?”
“Come cosa? E’ meno imbarazzante andare in giro nudi!” si strofinò una mano sul viso guardando i panini.
“Da questo posso dedurre che se andassi in giro nudo ti vergogneresti. Cosa non nascondi, Bonetti?” ammiccai, calcando su quel non.
“Cosa sono questi messaggi subliminali, signorina Archi?” alzò un sopracciglio maliziosamente e avvicinandosi. Percepii una vampata di calore quando toccò lievemente la mia guancia con la sua mano “Dubiti delle mie.. come dire.. risorse?”
No, dubito della mia sanità mentale.Perché cazzo ero entrata in quel discorso? Avrei fatto meglio a starmene zitta. Boccheggiai un po’, poi cercai di mantenere il controllo e tenergli testa.
“Se devo esser sincera, sì.” E alzai leggermente il mento, affrontandolo.
“Vuoi vedere?”
“E vediamo!” risposi automaticamente, poi mi resi conto dell’enorme cazzata. Spalancai gli occhi quando portò entrambe le mani all’altezza dei pantaloni, e sbiancai quando sganciò il bottone e tirò giù la cerniera. La frase “quelle sono le sue mutande” mi stava vorticando in testa come un canguro ubriaco, per non parlare degli ormoni. Mi girai di scatto urlando “NO, NO, NO! SCHERZAVO.”
Lo sentii ridere, e dopo aver trafficato coi jeans –forse per risistemarsi- mi circondò il busto abbracciandomi da dietro e baciandomi i capelli “Non mi sarei spinto oltre, anche se non avessi scherzato. Visto? Rischiando ho vinto.”
“Cos’è, una lezione di vita?” chiesi, rilassandomi e appoggiando la testa su di lui, sperando non mi guardasse in faccia e notasse il rosso acceso delle mie guance.
“Se cogli il senso, sì.” Confermò serio. Mi morsi il labbro. Rischiare. Rischiare con chi? Per cosa? Intendeva dire che dovevo rischiare con lui? No. Come avrebbe potuto consigliarmelo se neanche sapeva i miei sentimenti per lui? Ma.. Se qualcuno glieli avesse detti? Chi sapeva? Dafne, Selene e Gianmarco. Dafne e Selene non l’avrebbero mai fatto, mentre Gianmarco non ne aveva motivo. Sospirai, ora mi mettevo pure a giocare al piccolo detective. Solo per una mia stupida paranoia, poi!
“Comunque, dato che non te l’ho fatto notare: sei un porco.” E me lo staccai di dosso, per girarmi verso di lui e fingere di guardarlo schifata.
“Ah ah” annuì “certo. Vieni qua e abbraccia questo porco, allora.” E mi attaccò di nuovo al suo corpo, soffocandomi. Risi sul suo petto e posai le mani sui suoi fianchi, cercando di staccarmi per respirare e continuare a vivere. Inutilmente, aggiungo.
“Gabri, non respiro più!” protestai, mentre lo circondavo io stessa. Piacere, coerenza.
“Non ti piacerebbe morire tra le mie braccia?”
“Non mi piacerebbe morire in generale, in realtà.”
“Avrei preferito una risposta come: morirei solo ed esclusivamente tra le tue braccia, e se non è possibile sarò immortale.”
“Sì, certo.” Lo assecondai “Staccati, buzzurro, che vado a cambiarmi.”
“Posso venire anche io?” si allontanò leggermente solo ed esclusivamente per guardarmi e pregarmi con quegli occhi magnifici. Chi resisterebbe a quello sguardo speranzoso e quel labbruccio sporgente?
“Anche no.”
 


Dio, quanto mi sono divertita a scrivere questo capitolo. .-.
Spero davvero con tutto il cuore che vi siate divertiti anche voi a leggerlo, magari se me lo fate sapere e mi dite quale parte vi è piaciuta di più sghignazzo un altro po'! ahahah
Insomma, Ilaria e Gabriele preparano la festa con panini, bibite, pizzette, frecciatine, mutande all'aria e entrata in scena di Katia, la madre (Complimentoni) di Gabriele. Che ne dite del suo personaggio? :)
C'è un aspetto negativo, però. Il nostro Gi-Emme ha avuto di nuovo problemi con i suoi parents.
E qui la domanda del giorno: cosa succederà secondo voi? Andrà un'altra volta via di casa? Se si, dove? Se no, riuscirà a migliorare la situazione?
Aaah, caro Gi-emme, ci dai sempre da pensare. (?)

Nel prossimo capitolo, che sarà pubblicato Mercoledì 7 sicuramente, si svolgerà la prima parte del compleanno vero e proprio del nostro (figo) neo-diciottenne.
Alcuni di voi dicevano che l'avvicinamento ufficiale sarebbe stato nella preparazione. Ahimé, si sbagliavano. Qui c'è ben altro.
Alcuni di voi dicevano che l'avvicinamento ufficiale sarebbe stato nella seconda parte, e questi hanno il 50% di possibilità di averci azzeccato.
Alcuni di voi dicevano che l'avvicinamento ufficiale sarebbe stato nella terza ed ultima parte, e anche questi hanno il 50% di possibilità di averci azzeccato.
MA LO SCOPRIREMO SOLO NEL PROSSIMO EPISODIO.
TO BE CONTINUED..

Mamma mia, scusate ma sto sclerando di brutto.
Lunedì compito a scuola e allenamento. Martedì idem. Mercoledì compito e partita. Giovedì compito e allenamento. Venerdì compito e partita. Oggi stessa cosa. 
Cioè, uccidetemi con affetto! :D Devo sclerare.

Grazie mille a tutti, come al solito.
Oggi non ho voglia di scrivere tutte le cose. Cioè, son sempre le stesse. Sapete che vi adoro per tutto quello che fate! :')

Ci si Mercoledì, people. 
Vi lowwo troppo cè!!!!!!1!!!radicequadrata!!!!

Maricuz

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30


Rimisi tutto ciò che avevo appena usato e i vestiti che avevo indossato fino a una mezz’oretta prima nello zaino –dove oltretutto c’era il regalo per Bonetti- e lo sistemai vicino al muro. Mi riguardai per la centesima volta allo specchio e, come raramente accadeva, sorrisi. Ero piuttosto soddisfatta del risultato, ed ero quantomeno carina. Forse era poco, considerando che si festeggiava il diciottesimo compleanno del ragazzo che mi faceva battere il cuore con una semplice occhiata, ma non potevo certo sperare in un miracolo così, dal niente.
Presi un respiro profondo, mi lisciai una piega sul vestito e aprii la porta. Mi diressi verso il salotto, dove si trovava Gabriele di spalle a collegare dei cavi per lo stereo. Mi fermai sulla soglia per guardarlo, accovacciato sulle ginocchia e concentrato su quello che stava facendo. Da quello che potevo vedere, aveva una semplice camicia bianca e un paio di jeans scuri che gli calzavano alla perfezione. Quando si alzò per girarsi verso di me si bloccò, così come fece il mio respiro. Non solo i jeans gli stavano bene, a quanto pareva: sembrava più un angelo caduto dal cielo che un semplice essere umano col quale andavo a scuola. Lo studiavo, così come lui stava facendo con me.
“Wow.” Soffiò, per poi umettarsi le labbra “Stai.. Stai benissimo.”
Arrossii sorridendo lievemente, alzando un po’ le spalle “Grazie. Anche tu.” Complimenti a me, che non potevo dire niente di più scontato.
Si avvicinò senza distogliere lo sguardo dal mio corpo neanche per sbaglio, poi si fermò ad un metro da me, incerto. Sembrava si stesse trattenendo dal dire, o fare, qualcosa. Quasi vedevo dall’espressione del suo viso il tormento interiore che lo assillava. Inclinai la testa e con un cenno lo spronai a parlare.
Sospirò, alzando le mani e afferrandomi delicatamente il viso, facendo un passo avanti. Realizzai il modo in cui i nostri sguardi fossero incatenati e sentii il cuore cercare di uscire da petto con ritmo veloce e inarrestabile. Vidi i suoi occhi passare ad osservare le mie labbra, e mi gelai sul posto. Deglutii quando si inumidì istintivamente le sue ancora una volta.
“Io non so come sia riuscito a no-” si bloccò, al suono del campanello. Chiusi gli occhi quando si separò da me con una lentezza estenuante per andare ad aprire, sbuffando. Cosa stava per succedere? No, basta. Dovevo essere oggettiva, almeno una volta. Lui mi avrebbe baciata se solo avessimo avuto altri cinque minuti. E se io avessi avuto quel fottuto coraggio di rischiare, di cui avevamo parlato durante la preparazione della stanza, lo avrei fermato in quel momento per baciarlo io stessa.
Ma io non ho mai avuto il coraggio di rischiare.
Sentii un vociare allegro dall’ingresso e dopo aver racimolato un po’ di forza per muovermi mi feci vedere. Erano Andrea e Dafne. Li avrei uccisi, ma sorrisi come solo una bambina a cui le viene dato un lecca-lecca sa fare. Si tenevano per mano ed erano di una tenerezza unica, senza contare i visi felici di entrambi. Affiancai Gabriele e li salutai anche io, poi li portammo nell’altra stanza mentre già chiacchieravamo animatamente. Non fecero in tempo a sedersi sul divano che il campanello era già suonato una seconda volta. Gabriele fece per rialzarsi, ma io lo fermai “Sono in piedi, vado io!”
Vidi il suo sorriso un po’ impacciato, poi corsi di nuovo alla porta. Aprii e mi ritrovai davanti tre persone: Gianmarco, Francesco e quella che doveva essere Viola, la sorella del mio amico.
Il castano sorrideva, anche se non era esattamente il ritratto della felicità. Senza commentare il fatto che lo avrei volentieri fatto rimanere orfano, lo abbracciai e gli baciai la guancia. Da sottolineare il significato che aveva quel gesto: solidarietà. Non era assolutamente compassione o pena, quella. Semplicemente, ero con lui. Quando ci separammo guardai anche gli altri due.
“Ciao! Tu devi essere Viola!” porsi la mano alla ragazza, praticamente identica a Gianmarco, e lei la strinse.
“E tu Ilaria. Piacere!” sembrava più allegra anche del fratello. Mi piaceva. Guardai il ragazzo e sorrisi anche a lui, divertita “Io e te ci conosciamo già.”
Quasi mi veniva da ridere al pensiero di Gi-emme tutto rosso, ma mi trattenni. Francesco ridacchiò annuendo “Ebbene sì.”
Li feci entrare e ci furono le varie presentazioni. Poco dopo arrivarono anche Selene e suo fratello Alessandro. Mancava solo quel ritardatario di Davide ed eravamo al completo. Quando Gabriele aprì la porta proprio a lui, notai gli sguardi inequivocabili che si stavano lanciando il fratello della mia migliore amica con la sorella del mio amico gay. Wow, veramente da fan fiction. Essendo finalmente tutti, ci buttammo letteralmente addosso al tavolo delle cibarie per ingozzarci come porci.
Voltandomi a destra per prendere una pizza, vidi che accanto a me c’era Gianmarco. Gli diedi una leggera gomitata per richiamare la sua attenzione e parlai “Dove hai intenzione di andare?”
“Ecco.. Qui forse ho una bella notizia.”
“Ovvero?”
Si morse il labbro inferiore poi si abbassò per rispondermi all’orecchio “Francesco si è offerto di ospitarmi. C’era pure mia sorella, ha praticamente accettato lei per me. Non so se esser felice o aver paura della convivenza. Io non reggo mica con quello lì in casa..”
Risi, poi borbottai “Cazzo.”
“Cosa?”
“Volevo vedere la tua faccia.”
“Anche io, credimi. Penso di aver spalancato la bocca come un cretino.. Che vergogna. Una reputazione andata a puttane, veramente.” Scosse il capo imbarazzato.
“Che carino.” Commentai, ancora sorridente, poi mi feci più seria “Mi spieghi che è successo oggi?”
Sospirò ed annuì. Prendemmo le ultime cose dai vassoi e ci sistemammo sul divano. Cominciai a mangiare mentre, probabilmente, faceva ordine nella sua testa. Morse un panino poi, dopo aver ingerito, cominciò a spiegarmi. Il motivo del litigio non era ben chiaro neanche a lui, ma pensava centrasse col fatto che usciva sempre con sua sorella e il suo amico, che sentivano come un pericolo per lui e una brutta influenza. Gli avevano rinfacciato la sua diversità –che diversità non era- e l’avevano verbalmente cacciato di casa. Più che triste sembrava arrabbiato e deluso. Finì il racconto con queste parole “Certo, sono i miei genitori, ma non posso dispiacermi io se sono loro a non volere più il figlio. Dopo una volta, alla seconda me ne vado e non torno indietro.”
“Sei cresciuto.” Risposi alla sua affermazione, fissandolo con orgoglio.
Sorrise divertito e annuì, con una smorfia incerta “Così dicono.”
“Cavolo, vorrei esserci quando per sbaglio vedrai Mr. Ho-il-piercing-sul-labbro in boxer.” Sussurrai, guardandolo maliziosamente.
“Perché lo vorresti vedere anche te o perché vorresti prendermi per il culo per l’espressione a pesce lesso che assumerà la mia faccia?”
“Entrambe le cose.”
“Rassicurante. Tu si che sei una vera amica! Vuoi umiliarmi e guardarti il ragazzo che mi pia-”
“Allora, ragazzi? Che si dice?” proprio in quel momento si sedette accanto al diciassettenne il ragazzo del quale stavamo parlando, con tutta la tranquillità del mondo. Gianmarco si portò con non-chalance una mano sul viso per far finta di non aver quasi fatto una figura di merda, ed io gonfiai le guance pur di non ridere.
“Ehm” mi schiarii la voce “parlavamo della fame del mondo e..”
“Lasciala perdere, le raccontavo di oggi.” Mi interruppe Gi-emme, guardandomi con un finto rimprovero. Ridacchiai, poi spostai lo sguardo su Francesco. I capelli corvini sparati ancora di più rispetto alla prima volta che l’avevo visto, forse perché si erano allungati leggermente. Gli occhi sempre i soliti. Marroni e sorridenti. Erano molto espressivi, vivi, accesi, e nonostante il colore delle iridi chiare colpisse maggiormente, i suoi non avevano niente da invidiare a quest’ultimi.
“Cose allegre, insomma.” Commentò lui, poi passò una mano tra i capelli castani di Gianmarco sorridendo “Non essere egocentrico non ti piace?”
L’altro sbuffò imbarazzato e spostò la testa “Va bene, allora parliamo di te, Ilaria. Cosa hai fatto con Gabriele fino a quando non siamo arrivati tutti?”
“No, fermi tutti. C’è l’inciucio col festeggiato?”
“C’è l’inciucio.” Confermò il più piccolo, ghignando.
“Mh, beata te! E’ un bel ragazzo.”
Il sorrisetto di Gianmarco si ghiacciò e irrigidì i tratti del viso. Gelosia, brutta bestia. Lo guardai male poi ribattei a tutte le affermazioni fatte borbottando.
“Inciucio, parliamone.”
“Ti piace?” mi domandò Francesco, curioso e affamato di gossip.
“Sì..” sussurrai, piano.
“E a lui piaci?”
“Eh.. Credo.. di no.” Risposi incerta. Dopo quel quasi bacio non ne ero poi così sicura.
Gianmarco colse il mio vacillamento e chiese immediatamente spiegazioni, spalancando gli occhi. Parlando a bassa voce, per non farmi sentire, raccontai brevemente tutto quello che era successo in quel pomeriggio: la dichiarazione nella mia testa che spingeva per uscire dalla mia bocca, l’incontro con la madre e il disagio di Bonetti, i vari contatti che c’erano stati e, infine, la scena del pre-campanello. L’avrei chiamata così per il resto della mia vita.
“Voi due, entro stasera, pomiciate.” Questo fu l’innocente parere del mio amico.
“Non mi interessa pomiciare con lui.” Protestai indignata.
“Si. Certo.”
“Immagino che tu voglia più una sua dichiarazione che altro, giusto?” dedusse Francesco, ed io annuii. Mi rassicurò “Credo che l’avrai. Poi ci pomici anche, che fa sempre bene.”
“Stop. Con chi dovrebbe pomiciare Ilaria?” Gabriele comparse davanti a me, in ginocchioni. Sussultai, spaventata, e aprii la bocca cercando una risposta. Intanto, aveva posato le sue mani sulle mie cosce, vicino alle ginocchia. La risposta che cercavo prima e che stava arrivando, si era volatilizzata.
“Con me!” intervenne Gianmarco.
“Ma non eri gay, tu?” chiese confuso.
“Mica dobbiamo pomiciare con sentimento obbligatoriamente.”
Gabriele rimase interdetto, poi spostò il suo sguardo su di me e riconobbe la mia faccia da “sto zitta che è meglio”.
“Ok..” mormorò incerto, poi si sporse verso di me e mi baciò sulla guancia “Comunque mi ha detto Selene che ha bisogno di parlarti.” Mi informò, raddrizzandosi.
“Ok, vado. Grazie.” Sorrisi e lo guardai tornare a parlare con Andrea e Davide. Sospirai quando sentii i commenti dei ragazzi accanto a me.
“Con chi dovrebbe pomiciare Ilaria?” gli fece il verso Gianmarco, sfottendolo.
“Ma non eri gay, tu?” rincarò la dose Francesco, mentre entrambi ridevano. Quei due erano un’accoppiata incredibile. C’era feeling e si vedeva. In ogni caso, alzai gli occhi al cielo e mossi la mano come per scacciare una mosca “Sfottete pure, finché non me lo dimostra, per me non gli interesso.” Così dicendo, mi alzai e mi diressi verso Selene, che si stava versando qualcosa nel bicchiere.
“Dimmi tutto!” l’affiancai e mi guardò nervosamente.
“Lo farò, ma andiamo in bagno. Se vuoi sapere tutto abbiamo bisogno di più privacy.”
Aggrottai la fronte e aspettai che bevesse. La seguii nel bagno e quando chiuse la porta a chiave quasi mi spaventai “Mi vuoi uccidere?”
“Cretina. Dammi retta e ascoltami.” Allargai le braccia e riprese “Ecco.. Ti ricordi a Capodanno? Mi avevi chiesto se qualcosa non andasse.”
“Sì, ricordo.”
“Ecco, c’era un qualcosa che non andava.. Cioè, non che non andasse ma.. Insomma.. Davide mi aveva baciata e.. Non commentare ancora!” alzò l’indice per bloccare la mia voce prima che uscisse “Dicevo.. mi aveva baciata e mi aveva chiesto di mettermi con lui, e io non sapevo che rispondere. Mi ha detto che avrebbe aspettato e ok.. Però tipo.. Cioè, ho cercato sempre di rimandare e a metà Gennaio alla fine ho rifiutato.”
“Si ma.. Ti piaceva?” chiesi, perplessa. Non ero un gran ché stupita. Sospettavo ci fosse stato qualcosa dopotutto, quindi il mio principale stato era quello della confusione. Omisi anche il fastidio per il fatto che mi avesse detto tutto dopo un mese.
“Eh, ancora no. O almeno ancora non l’avevo capito..” si passò una mano sul viso “E adesso credo che mi piaccia. Cioè, mi piace. E non so che fare.”
“..Dirglielo?”
“Parli proprio tu! Dovresti capirmi, visto che anche tu sei cotta di Gabriele!”
“Non urlare!” sibilai socchiudendo gli occhi “E comunque io non mi dichiaro perché non sono sicura di interessargli. Davide ti ha baciata e ti ha chiesto di metterti con lui, di che hai paura?”
“Che sia troppo tardi..” mormorò, guardandomi impaurita con i suoi grandi occhioni scuri. Sospirai e l’abbracciai, cercando di trasmetterle un po’ di affetto e coraggio.
“Non è mai troppo tardi. Fa molto film, ma è vero.”
Mi strinse anche lei e annuì “Allora mi butto?”
“Buttati. Ti metto pure una canzone dolce di sottofondo, ti va?”
Lei rise “Ok, magari mi ispira.”
Ci separammo e dopo poco eravamo tornate in salotto, tra le risate e le varie voci. Mi diressi immediatamente verso lo stereo. Cercai tra i tanti cd una canzone adatta, quando il mio sguardo cadde sulla scritta “Terrified – Katharine McPhee”. Sorrisi. La adoravo. Se avessi dovuto collegare la parola “amore” con una canzone, probabilmente sarebbe stata quella. Inserii il cd e dopo aver fatto l’occhiolino alla mia migliore amica mora, premetti play.
Le prime note riempirono la stanza ed io mi guardai intorno. Erano tutti piuttosto perplessi, tranne Selene che si stava dirigendo dal ragazzo riccioluto, torturandosi le mani. Li vidi scambiarsi un paio di battute, poi lui le prese la mano e la portò al centro del salotto. Sotto lo sguardo sorpreso di lei, le posò le mani sui fianchi e le sussurrò qualcosa all’orecchio. Gli si strinse anche lei e vidi dal suo labiale che gli disse “Ma io mi vergogno.
E nonostante questo, dopo poco cominciarono a muoversi lentamente, mentre lui continuava a sussurrargli qualcosa. Davide così tanto serio e dolce allo stesso tempo non l’avevo mai visto.
Già al primo ritornello li avevano raggiunti anche Andrea e Dafne, e mentre lo notavo sentii qualcuno afferrarmi la mano. Mi voltai e vidi Gabriele che mi sorrideva e che faceva un passo verso di loro. Mi impuntai.
“No.”
“Non rompere, vieni prima che finisca la canzone.” Mi strattonò e mi ritrovai appiccicata a lui, che indietreggiava e mi cingeva il corpo con le braccia. Imbarazzata, portai le mani che avevo sul suo petto prima sulle sue spalle, poi ancora più su, finendo con l’avere le braccia intorno al suo collo.
“Hai i tacchi.” Affermò.
“Non li avevi visti prima?”
“Certo, quando ti squadravo le gambe li ho notati, ma adesso capisco a cosa servono. Adesso potrei baciarti sulla fronte senza neanche piegarmi. Comodi.” Ridacchiai dandogli uno schiaffetto sulla nuca.
“Cosa mi squadravi, tu?” domandai minacciosa, ma con il sorriso sulle labbra.
“Le gambe.” Rispose tranquillo, con una fastidiosissima faccia a schiaffi. Scossi la testa e non risposi, anche perché lui riprese a parlare.
“L’hai fatto per Selene e Davide?”
“Già. E poi un po’ di dolcezza ci voleva.”
“C’eri già tu a diffondere dolcezza, qui.” Rispose lui, posandomi le labbra sulla guancia per rimanere a quella altezza. Non sapevo più se prenderlo sul serio o meno.
“Io dolce? Passo da tigre a dolce?”
“Hai ragione. Sei semplicemente Ilaria: la ragazza che si incazza se per sbaglio gli spalmi il gelato alla fragola sulla maglietta bianca, che non ti parla per giorni se non gli dici qualcosa di importante, che si dispera quando si molla col ragazzo ma che il giorno dopo è a scuola, più sorridente che mai, che non ti dà un bacio sulla guancia neanche a pagarla oro, anche se adesso si sta sciogliendo, e che ti aiuta a sgobbare prima di festeggiare il tuo diciottesimo compleanno. Ah, che stupido, e che sa essere la miglior confidente del mondo nel momento in cui più ne hai bisogno.”
Io morivo, e intanto la canzone incrementava l’emozione del momento dicendo “And I'm in love, and I'm terrified, For the first time and the last time in my only life.
Lo guardai negli occhi per un po’, fino a quando non mi decisi a parlare, o meglio: mormorare “Questo.. Perchè?”
“Perché ti volevo ringraziare per essere quello che sei, per fare quello che fai. In qualche modo mi sei sempre stata accanto e mi hai sempre aiutato, o con le tue parole, o con i tuoi gesti, o con il modo in cui pieghi la testa quando rifletti o non capisci qualcosa.” E vedevo il suo viso farsi sempre più vicino al mio, proprio come prima dell’inizio della serata “Il problema, Ila, è che non credo mi basti più tutto questo.”
“E.. cosa ti basterebbe..?” riuscii a chiedere, nonostante sentissi le gambe tremare. Percepii la sua stretta sui miei fianchi intensificarsi, come per volermi sostenere, poi, ormai a pochi centimetri dal mio viso, mi rispose “Niente, mi basterebbe. Vorrei baciarti, non sai quanto vorrei farlo, ma un solo bacio mi renderebbe solo più insoddisfatto.” Il mio cuore non aveva più controllo, ormai “Ho bisogno che tu mi rassicuri, che tu mi dica che posso baciarti e continuare a farlo anche dopo, quando la canzone sarà finita, in modo da sentire di nuovo quella sensazione di completezza che sento ogni volta che sono con te all’ennesima potenza.” Ancora pochi centimetri e ci saremmo sfiorati. Soffiò le ultime parole sulle mie labbra, mentre chiudevo gli occhi non reggendo più il suo sguardo così carico dei sentimenti che aveva appena espresso a parole “Permettimelo. Dimmi che posso farlo e lo farò fin quando potrò.”
Si era fermato e attendeva la mia risposta, che sapevo avrei dovuto dare, ma lo feci attendere qualche secondo. Erano le parole più belle che mi avessero mai detto, e non mi sarei mai aspettata che sarebbe stato proprio lui a dirmele. Presi un respiro, tremante “Non hai paura?” Non hai paura di amare? Di rovinare il nostro rapporto? Di un rifiuto?
“La senti la canzone, Ilaria? Le senti le parole? Sono innamorato, sono terrorizzato.” Rispose dolcemente, ancora vicinissimo, traducendo il testo di Terrified “Ma non mi conviene forse rischiare, sapendo che tu possa accettare il mio bisogno di te?”
“E allora rischia, Gabriele.” Dissi piano, dopo aver deglutito e cercato di trattenere le lacrime inutilmente. Non perse tempo e sentii chiaramente quelle labbra morbide sulle mie, per la prima vera volta, per la volontà di entrambi, per la necessità che avevamo. Non mi rendevo conto di niente, solo di quella strana sensazione che avevo in tutto il corpo e della persona che stavo e mi stava stringendo. Non udii gli applausi e le urla degli altri, la canzone giungere al termine o la voce di Gianmarco che gridava “Tanti auguri Gabriele, eh!”, sentivo solo che, finalmente, qualcuno aveva abbattuto il mio muro nel modo giusto. 
 


Non ci posso credere. Siamo finalmente arrivati al 30° capitolo.
Già questo fatto di per sé è un traguardo, poi per quello che è successo.. Su, ditemi che siete tutti felici. Esprimete la vostra euforia. LA ESIGO. Vi ho fatto soffrire per 4 mesi (sono 4 davvero, eh!) con questa storia. Con questa ragazza acida con un muro a proteggerla, con quel pezzo di manzo di Gabriele che le rompe i coglioni in ogni occasione possibile e con i loro amici, tutti con i loro problemi, le loro cotte, le loro virtù etc etc..
E finalmente siamo arrivati a ciò che noi tutti aspettavamo (sì, pur’io).
IL BACIO TRA QUEI DUE BEOTI DIABETICI. :’)
Ma non è finita qui, eh. Ci sono ancora 2 capitoli (uno dei quali è la terza parte della festa) + Epilogo!
A proposito di questo, vorrei chiarire una cosa, dato che in molti me l’hanno chiesto.
Non penso ci sarà un sequel. Vi spiego il perché. Non è certo perché non ho voglia o perché questi personaggi mi hanno stancata, anzi. Li amo dal profondo del cuore, tutti, uno per uno, il problema è che non saprei davvero cosa scrivere, ora come ora. Questo ora come ora significa che in un futuro, se mi verranno le idee giuste, potrei continuare Amore al primo tweet, e che quindi non escludo la possibilità. In ogni caso, non ci sperate.
Ci saranno comunque dei salti nel futuro con lo stesso Epilogo e con dei Missing Moments, che comincerò a pubblicare tra non molto tempo. :)
 
Adesso, siccome ho scritto già tutto fino alla fine, vi dirò le date di pubblicazione di quel che rimane di questa storia mentre cerco di non piangere dalla commozione. (?)
Domenica 11 – 31° Capitolo
Giovedì 15 – 32° Capitolo
Lunedì 19 – Epilogo

In tempo, oh. Il 25 parto per una gita in Germania di una settimana. Avrei ritardato la pubblicazione.. *esagerato senso del dovere*
 
Adesso invece vi ringrazio ABBESTIA.
Tra due recensioni arriveremo a 400. Ragazzi, 400. Mica pizza e fichi, oh!! D:
Grazie mille per chi ha contribuito a questo traguardo, a chi ha semplicemente preferito, seguito, ricordato e letto. A chi ha “pubblicizzato” questa storia facendola leggere ad amici e chi.. chi.. chi non è omofobo. ._. Perché Gianmarco è intoccabile, capito? *lo afferra e lo coccola come un peluche*
 
Ci leggiamo Domenica, people. Grazie davvero per tutto. ;)
Un bacione ENORME sia da me che da Gabri.
 
Maricuz

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31


Ciao a tutti, sono Ilaria Archi e ho diciassette anni, il 13 Marzo diciotto. Sono figlia unica, ho due migliori amiche e anche un amico gay. Ah, che stupida: sono fottutamente felice.
No, non erano queste le parole che pensavo mentre stavo realizzando il mio più grande desiderio degli ultimi mesi, ma non appena concludemmo quel bacio per mancanza di ossigeno, per poi guardarci negli occhi come non avevamo mai fatto, vedevo una enorme scritta luminosa nella mia testa che lampeggiava. Era una parola, una semplice parola di otto lettere che per me, in quel momento e tanti altri, significava tutto, quando per tutti gli altri poteva non significare niente. “Gabriele”, scritto del colore dei suoi occhi con uno sfondo nero dietro. C’era solo lui e lo vedevo benissimo, davanti a me che mi sorrideva felice e in un certo senso imbarazzato.
Sbattei un po’ di volte le palpebre, ma era ancora lì. Non ero certa fosse realtà, ma chiedergli di darmi un pizzicotto mi avrebbe reso una ragazzina ridicola con una cotta ustionante, persona che ero ma che cercavo di nascondere almeno ai suoi occhi.
Aggrottò un po’ la fronte, incerto “Ehm.. Non.. Non credo di averti mangiato la lingua. Non credo neanche di averla sfiorata veramente..” balbettò. Spalancai gli occhi e aprii la bocca per parlare ma.. Che cazzo dovevo dirgli?! Ero nel panico più assoluto. Lui era ancora più bello di come era qualche minuto prima, aveva un’espressione un sacco più dolce e tenera che mi faceva sciogliere e, come se non bastasse, avevo ancora le sue parole in mente. Fu il momento più imbarazzante e stupido della mia vita.
Valutai velocemente le potenziali risposte: dire che poteva benissimo sfiorarmi la lingua e, perché no, mangiarmela, era fuori discussione. Senza contare il fatto che non avrei mai avuto il coraggio di pronunciare quella offerta. Dire che la lingua ce l’avevo era ridicolo ed ovvio, così esclusi anche quella possibilità. Ammettere che non sapevo cosa dire sarebbe stato triste, tanto triste.
Mi limitai a sorridere come una cretina, al pensiero delle sue labbra sulle mie. Ero appena stata baciata da Gabriele Bonetti, cazzo. Una miniatura di me stessa ballava intorno alla scritta gigante e si arrampicava sulla “G”, presa da un attacco di pazzia.
Lo vidi rilassarsi e mi accarezzò una guancia, mentre mi guardava come se..
“Cavolo, quanto ci avete messo pure voi.” Se ne uscì tranquillamente Andrea, interrompendo la mia riflessione sullo sguardo del castano. Arrossimmo entrambi e lui si voltò verso gli altri, come me. Ci stavano guardando tutti. Nessuno escluso: Dafne e Andrea ancora abbracciati, Davide e Selene per mano –la mora doveva raccontarmi quello che mi ero persa-, Gianmarco ghignava verso di noi mentre era comodamente accomodato sul divano accanto a Francesco, e seduti su delle sedie c’erano Alessandro e Viola che sorridevano tranquilli. Imbarazzo totale.
Dulcis in fundo, ero ancora appiccicata a colui con cui mi ero baciata. Ero appena stata baciata da Gabriele Bonetti, cazzo. Non riuscivo a togliermi quella affermazione dalla capoccia e questo portava a due cose: l’aumento del rossore sulle mie guance e della mia felicità. Erano direttamente proporzionali, praticamente.
“Senti..” Gabriele vacillò, non sapendo che dire “Non rompere, ok?”
Chi aveva fatto rimanere Bonetti senza parole?! Chi?! Come aveva fatto?! Ero scioccata. Risero tutti, mentre io distolsi lo guardo fissando il colletto della camicia del castano. Vedendolo messo leggermente male, spostai un braccio da dietro il suo collo e lo presi tra le dita per sistemarlo. Rialzai lo sguardo e vidi due occhioni color ghiaccio fissarmi. Tante grazie, Gabriele. Arrossii ancora di più.
“Visto che hai già iniziato coi regali, vado a prendere il mio.” Gianmarco si alzò dal divano e si diresse verso l’ingresso, dove erano i pacchetti e le buste.
“Uh, Gi-emme, questa era bella!” se ne uscì Davide. E lo vidi, il signorino, mentre accarezzava la mano di Selene con non-chalance.
“Non credo sia stato solo Gabriele a ricevere un regalo.” Frecciatina.
Davide smise di ridere, spalancò leggermente quegli occhi multicolore e mostrò una piacevole sorpresa. Annuì sconfitto “Touché.”
“Ok, eccomi.” Gianmarco rientrò nella sala con le mani completamente occupate “Bone, caga un attimo noi comuni mortali poi torni a baciarti con la morosa, ok?”
Il ragazzo,  non sapendo cosa controbattere, mi lasciò andare con un sorrisino malinconico di scuse. Ed io respirai. Ero appena stata baciata da Gabriele Bonetti, cazzo.
“Ma di solito non si mangia la torta o.. Ma chi se ne frega. Il compleanno è il mio e decido io.” Si buttò sul divano, con i pochi pacchetti tra i piedi e ne prese uno: una scatola. Si guardò intorno chiedendo chi glielo avesse fatto.
“Io, Dafne, Selene e Alessandro.” Rispose Andrea, sorridendo. Gabriele gongolò e cominciò a scartarlo. Gli brillavano gli occhi, sembrava un bambino. Sorrisi intenerita mentre mi sedevo su un bracciolo del divano e sbirciavo.
“Un mp3.. Grazie!” disse veramente contento guardando i quattro. Riabbassò lo sguardo parlottando da solo “Non ce la facevo più senza di te.. Quanto mi sei mancato?”
“C’è anche il biglietto, nella busta.” Lo informò il ragazzo della bionda soddisfatto per aver fatto il regalo giusto.
Gabriele sistemò nella busta l’oggetto e tirò fuori un foglio ripiegato. Mentre lo apriva chiese “Ma posso leggerlo ad alta voce?”
“Hai niente da nascondere?”
“Non più.” Rispose subito, lanciandomi un’occhiata. E mi ritornò in mente che.. Ero appena stata baciata da Gabriele Bonetti, cazzo. Ricoveratemi.
“Allora si, puoi.”
Il festeggiato si schiarì la voce poi cominciò a leggere.
 

Tanti auguri per un buon diciottesimo compleanno!
P. S. by Andre: lo so quello a cui stai pensando. Sì, Bonetti, ti ascolto quando mi parli e l’ho fatto anche quando ti incazzavi con me perché il tuo mp3 non funzionava più. Visto che non ti sopportavo più ho proposto di regalartene uno et voilà. Il tuo nuovo mp3.
Adesso però devi fare una cortesia a tutta la popolazione mondiale..
Dì a Ilaria che le-

 
“No, aspettate, detto così è imbarazzante.” Si bloccò alzando gli occhi verso Andrea che se la rideva insieme ai suoi complici. Io, intanto, me ne stavo zitta nel mio angolino, seppur curiosa in una maniera spropositata. Dì a Ilaria che le cosa?
“Ora lo leggi, invece.”
“Posso cambiare la parola?”
“No. Leggi. Non la vedi che sta morendo dalla voglia di sapere?” gli fece notare Toletti riferendosi, ovviamente, a me.
“Se non vuole..” mormorai io, vedendolo in difficoltà e dicendo il contrario di ciò che volevo.
“Se non voglio..” mormorò lui.
“Se non vuoi.. Non me ne può importare di meno. Leggi.” Replicò perentorio il ragazzo con gli occhi nocciola.
Gabriele sospirò e riprese la lettura, a testa bassa e toccandosi i capelli.
 

Dì a Ilaria che le sbavi dietro dall’alba dei tempi o falle almeno capire che è così!
Tanto lo so che prima o poi cederai, quindi.. Auguri eh!

 
“..Grazie.” sibilò mentre ripiegava il foglio e lo ributtava dove era il regalo. Io, intanto, guardavo Dafne e Selene ad occhi spalancati. Loro sapevano..? No, quello era niente. Gabriele mi sbavava dietro dall’alba dei tempi e io lo sapevo solo adesso?
“Prego, amico mio.” Rise Andrea, portando un braccio intorno alle spalle di Dafne.
Accavallai le gambe e guardai l’espressione del castano che in silenzio prendeva l’altro regalo.
“Quello è nostro.” Annunciò Gianmarco indicando Francesco, Viola e Davide “Non c’è nessun biglietto, tranquillo.” Aggiunse sfottendolo.
“Tanto più sputtanato di così.” Sorrise ironicamente e aprì la busta. Tirò fuori un paio di jeans chiari e una maglietta bianca. La spiegò e la scritta “I’m sexy and I know it” lo fece scoppiare a ridere. Io intanto annuivo.
“Cristo, mai un regalo fu più azzeccato!”
“Ti riferisci all’aggettivo o alla tua modestia rappresentata nel tuo saperlo?” chiese Andrea.
“Entrambe le cose.” Disse lui, mentre si alzava in piedi per vedere le misure “Guarda qua.. Perfetti..” commentò guardandosi “Grazie davvero!” e regalò –nonostante il festeggiato fosse lui- un sorriso a tutti.
A quel punto tutti si voltarono verso di me. Mancava solo il mio. Alzai le spalle “Io ho già dato.”
“Ma se ieri mi hai detto che-”
“Selene, sta scherzando.” La interruppe in tempo Dafne, rimproverandola con lo sguardo.
“E dove l’hai?” chiese Gianmarco.
“Glielo do dopo. Preferisco.” Non potevo dire parole più sbagliate. I loro sguardi si fecero maliziosi, tranne –stranamente- quello di Gabriele.
“Certo.. Glielo dai dopo il tuo regalo.. Ilaria, se vuoi di là c’è una camera!” se ne uscì Davide, facendo ridere tutti. Scossi il capo.
“Sei veramente un cretino.”
 
Era passata una buona mezz’ora. Eravamo tornati a dividerci un po’ per le varie chiacchiere ed io avevo cercato in tutti i modi di evitare Gabriele. Perché lo stessi facendo? Semplice: avremmo dovuto parlare e in mezzo agli altri non era possibile, quindi avrebbe creato solo imbarazzo e balbettamenti inutili, soprattutto miei. E poi, detta chiaramente, era successo tutto troppo velocemente. L’atmosfera creata durante il bacio era stata rovinata, se così posso dire, dalla presenza degli altri, e subito dopo c’erano stati gli scartamenti. Avevamo bisogno di calma e di realizzare ciò che era successo, prima di dire qualcosa di decente. O almeno io.
Nel frattempo avevo preso da parte Selene e mi ero fatta raccontare quello che era successo mentre.. Mentre baciavo Gabriele, cavolo. In poche parole: appena era iniziata la canzone si era avvicinata dicendogli “Ho sbagliato”, ricevendo come risposta un “Sbagliato cosa?” e dando la spiegazione con “Ho sbagliato a dirti di no”. Dopo un momento di pausa l’aveva presa per mano e portata in mezzo alla stanza per ballare, sussurrandole che non gli importava quanto avesse dovuto aspettare per sentire un “sì”, perché la felicità che provava ripagava tutto.
Adesso stavano insieme, ed io consideravo le parole di Davide come la perfezione più assoluta, considerando il soggetto. Sì insomma, lui era quello delle uscite improbabili durante le lezioni, con le battute a sfondo sessuale e le prese in giro –quelle sane e divertenti- sempre pronte, non era certo conosciuto come il ragazzo romantico.
Per questo era la perfezione più assoluta. Sapeva essere anche serio, e questa sua elasticità la consideravo come un pregio.
In quel momento ero in bagno a tentare di respirare regolarmente e metabolizzando almeno una parte di quella festa ancora in corso. Mi guardavo allo specchio, appoggiata al lavandino, e mi chiedevo come potesse sbavarmi dietro Gabriele. Che io sbavassi dietro a lui non era un segreto ma se i ruoli erano invertiti iniziavo ad avere i miei dubbi. Se avessi reso partecipi del mio questionario interiore tutti i miei amici mi avrebbero mandata candidamente in culo, ma che ci potevo fare io se avevo ben poca autostima?
Poi dopo la mazzata data da Lorenzo e Cloe..
Mi tirai su sospirando e mi sistemai, per poi aprire la porta e ritrovarmi davanti un Gabriele con la mano chiusa a pugno e a mezz’aria. Lasciò andare il braccio sul fianco e socchiuse la bocca per dire qualcosa. Io intanto stavo arrossendo come un’allocca. Emotività traditrice.
“Ehm.. Scusa, pensavo stessi male.” Spiegò.
“Sto bene, tranquillo.” Cercai di sorridere, ma probabilmente uscì fuori una delle peggiori smorfie della storia umana.
“Sicura? Non parlo solo di malessere fisico..” ritentò guardandomi preoccupato. Oh, ero sicurissima. Ero felice, davvero, solo ancora troppo scossa per dimostrarlo. Annuii energicamente ed uscii dal bagno, essendo ancora sulla soglia.
“Ok, ti credo..” mormorò abbassando per un momento lo sguardo, poi tornò a puntarmi con i suoi fari ghiacciati “Senti.. Penso che dovrem-”
“Parleremo quando saranno andati tutti via.” Lo interruppi.
Annuì anche lui, poi parve incerto “Quindi.. Tutto bene.” E quella era la richiesta per una conferma. Lo vedevo dal suo sguardo cosa stesse chiedendo in realtà. “Quindi.. Non ti penti di avermi permesso di baciarti.”
“A meraviglia.”
“Bene.”
“Bene!”
“Ok.. Allora.. E’ giunto il momento della torta.”
“E’ giunto il momento della torta.” Ripetei. Feci qualche passo nel corridoio fin quando non mi sentii afferrare un braccio. Gabriele mi voltò di scatto e mi spinse contro il muro, ma facendo in modo che non mi facessi male, e successe. Di nuovo. Le sue labbra sulle mie e le sue mani che mi tenevano il viso. Stavolta però fu diverso. Sentivo che aveva bisogno di quel bacio. Sentivo l’irruenza, il desiderio, la passione. Senza quasi rendermene conto sentivo pure la sua lingua a contatto con la mia. Il cuore mi batteva quasi più forte della volta precedente e le gambe non avevano assolutamente voglia di reggersi da sole. Mi aggrappai alla sua camicia come se fosse il mio unico appiglio –e forse lo era davvero- e ricambiai con una foga che non credevo di poter avere nelle condizioni in cui ero. Completamente instabile, fisicamente e mentalmente.
Quando si separò col respiro affannato posò la fronte sulla mia e ghignò leggermente “Un solo bacio mi renderebbe solo più insoddisfatto. Pardon.” Mormorò, citando all’inizio le sue stesse parole.
Sorrisi “Puoi andare tranquillo.”
No. Quello dovevo solo pensarlo, diamine! Avevo i neurotrasmettitori ubriachi al cento per cento. Rassicurante. Divenni ancora più rossa di quello che ero.
Rise, in un modo che non mi ispirava una enorme quantità di pensieri casti, e si allontanò facendo un passo indietro e guardandomi felice e leggero. Sì, sembrava proprio essersi alleggerito di un peso enorme.
“Allora andrò tranquillo.” Replicò, poi alzò un braccio e indicò la cucina “La torta.”
“Certo, la torta.”
 
Dio solo sa quanto ci eravamo divertiti quella sera. Avevamo cantato a squarciagola, mangiato come mucche in maternità, ballato in tutti i modi possibili e assistito ad una sottospecie di test da parte di Alessandro per valutare l’affidabilità del nostro caro Davide. Pochi sanno dare un perché, ma era passato, data l’occhiata soddisfatta del bel moro dagli occhi neri. Tra parentesi, proprio lui aveva flirtato buona parte della serata con la sorella di Gianmarco, Viola, che stava giusto andando via in quel momento insieme al fratello e il caro Francesco. Erano gli ultimi rimasti e sapevo cosa mi aspettava da lì a poco.
Infatti, non appena il festeggiato chiuse la porta quando ormai erano le due di notte, cadde un silenzio quasi irreale. Si voltò con calma, mentre ero impalata in mezzo all’ingresso giusto ad un metro da lui. Io sapevo a cosa era dovuta quella situazione, il fatto era che nessuno dei due sapeva da dove iniziare.
“Ok, ehm..” si passò una mano fra i capelli “Intanto sediamoci sul divano.” E fin qui..
Sempre cercando di prendere tempo per riflettere ci accomodammo nella sala. Guardai il tavolo, ormai quasi del tutto spoglio del cibo che lo ricopriva precedentemente, e sorrisi al pensiero della festa. L’avrei ricordata per molto, molto tempo.
“Ti piace che io sia diretto?” mi chiese all’improvviso, facendomi sussultare e voltare verso di lui.
Annuii dubbiosa. A me piaci tu, puoi pure essere un antipaticissimo uomo delle caverne “Ehm, sì.”
“Ok, allora siccome prima non te l’ho detto molto chiaramente, anche se dubito che tu non l’abbia capito: mi piaci, Ilaria.” Parlò nervosamente, velocemente, e gesticolando. Nonostante questo, mi guardò sempre negli occhi.
E io mi estraniai dal mondo perché, sì, forse l’avevo capito, ma non mi ero ancora detta “Ehi, Ila! Piaci a Gabriele Bonetti!”. In realtà ero rimasta al “Sono appena stata baciata da Gabriele Bonetti, cazzo”. Mi vedevo vagare come un fantasma e osservare la scena in terza persona. Un figo che parlava e una stupida con la bocca semi-aperta. Divertente!
“..con me?” Forse non stavo seguendo il discorso. Aggrottò la fronte “Mi stai ascoltando?”
“Ti piace che io sia diretta?”
“Sì, molto.”
“Ok, allora no, non ti stavo ascoltando. Ero rimasta al mi piaci, Ilaria. Scusa, ripeti.” Era stato sincero, lo sarei stata anche io: questa era la mia decisione.
Sorrise divertito, si guardò le mani che stringevano le ginocchia poi tornò a considerare me “Sebbene consideri squallido il modo in cui si chiede una cosa del genere, quando io sono dell’idea che quando si vuole fare qualcosa si fa senza varie etichette eccetera..” e qui trovai la risposta alle domande sorte ad ogni sua parola e ad ogni suo gesto “Vuoi metterti con me?” boom.
Mi guardò per qualche secondo, poi scosse il capo con una smorfia adorabile sul viso “Dio, fa tanto ragazzino delle medie. Ci manca solo la risposta multipla “si”, “no”, “non lo so” e sono pronto per l’esame di terza.” Si sistemò meglio sul divano e tornò a fissarmi serio come faceva pochi secondi prima “Ok, allora.. Tu mi hai già dato il permesso di baciarti quanto voglio stasera. Io pensavo.. Cioè, sono convinto che vista in questo modo tu potresti fraintendere, quindi chiariamo: mi piaci. Mi piaci davvero, non fisicamente. Voglio dire, anche, ma mi piaci tu, come Ilaria, come persona. E credo di piacerti, da come hai reagito ai primi due baci. Ora, sto vaneggiando un po’, il fatto è che non so come essere diretto in questi casi senza ricorrere alla frase squallida di prima e-” e venne bloccato dalla mia risata “Cosa?”
“No, è che..” presi aria “Fai tutto da solo. E poi vederti andare nel pallone è lo spettacolo più bello che potessi vedere.”
Mi guardò inizialmente perplesso, poi vidi i suoi occhi cambiare e spuntargli un sorrisino divertito sulle labbra “Dai, hai capito quello che ti sto chiedendo.”
“No, non ho capito.” Sì, avevo capito e dentro di me aveva ripreso a lampeggiare la scritta “Gabriele”.
“Sei una stronza, veramente. Di quelle che soffocheresti baciandole, però.”
“Gabri.” Lo richiamai, racimolando tutto il mio autocontrollo.
“Ti ascolto.”
“Permettimi di baciarti. Dimmi che posso farlo e lo farò fin quando potrò.” Era la serata delle citazioni, quella, e mi adeguai parlando con il coraggio che avevo accumulato nei discorsi senza senso del mio compagno di banco causati da me. Eccola, la mia dichiarazione.
Sorrise dolcemente “Non devi neanche chiedermelo, tigre.”
Ci baciammo, tanto e a lungo, fino a quando io non ebbi il lampo di genio e mi staccai, seppur faticando, alzandomi subito dopo “Il regalo!”
“Ah, ce l’hai davvero?” chiese stupito lui. Scossi il capo “Ovvio che ce l’ho.” Senza neanche aspettare una sua replica, corsi nella stanza in cui mi ero cambiata, dove c’era il mio zaino obeso. Tirai fuori il raccoglitore impacchettato da me medesima e tornai indietro, sempre alla velocità della luce. Glielo porsi mentre tornavo a sedermi vicina a lui e lo guardavo ansiosa di sapere se fosse di suo gradimento o meno. Mi guardò sospirando e scuotendo la testa “Non dovevi. Insomma, mi hai pure aiutato a sistemare tutto..”
“Non rompere e apri.” Dissi, aggrottando la fronte e facendo una smorfia. Continuò a fissarmi per qualche secondo, poi puntò gli occhi sul regalo che aveva fra le mani e cominciò a scartarlo. Trovandosi tra le mani il famoso raccoglitore, sorrise immaginando già cosa ci fosse dentro.
“Addirittura..” sussurrò, aprendolo.
La prima pagina sfoggiava una delle tante foto fatte quel pomeriggio di fine Dicembre in cui ci incontrammo al parco quando c’era anche mia cugina Luisa. Entrambi con una smorfia al posto di un’espressione normale, guance e nasi rossi per il freddo e occhi luminosi e divertiti indirizzati verso l’obbiettivo della macchina fotografica. Inutile dire che l’adoravo. Alzai lo sguardo per vedere la sua reazione, ma il sorriso che scorsi sul suo volto non mi fece pensare più a niente. Sai di essere così tanto stupendo, Gabriele? Lo sfogliò fino alla fine, studiando le immagini immortalate in tutte le occasioni in cui avevamo fatto delle foto, tra cui la festa di Capodanno. Non erano molte, forse una decina, e c’erano molte altre pagine da riempire. Nelle ultime due c’era quella che avevano scattato i nostri amici proprio la mattina del primo Gennaio, quando dormivamo abbracciati. A destra un breve messaggio.
 

Ancora auguri all’unico ragazzo che mi abbia mai spalmato il gelato su una maglietta bianca senza chiedermi scusa.
Mi sembrava giusto ricordarti i momenti in cui non litighiamo come regalo di compleanno, e spero (non me lo rinfacciare) di aggiungere altre foto, un giorno, in questo raccoglitore.
Mi impegnerò. Questo messaggio sancisce la nostra collaborazione in questa missione.
Ti voglio bene, Gabri
 
La tua tigre

 
Continuando ad illuminarmi con il suo meraviglio sorriso, si girò verso di me “Non so che dire.” Rise, un po’ imbarazzato.
“Ti piace?” domandai speranzosa.
“Tantissimo. E’ bellissimo, davvero. Grazie.” Sorrisi trionfante. L’avevo quasi fatto rimanere senza parole, e quella era la mia più grande soddisfazione. Cominciai a non capirci più niente quando si avvicinò per sfiorarmi dolcemente le labbra con le sue, causandomi un infarto improvviso. Ringraziami sempre così, ti prego.
 


E anche il compleanno di quel figo del Bonetti si è concluso.
Non so. Cioè, boh. Spero davvero che vi sia piaciuto. Non è stato facile scrivere il capitolo senza essere banali o scontati. Vorrei avervi sorpreso, divertito, commosso.. Cioè, ditemi un po’ voi cosa ne pensate! D:
Nel prossimo (e penultimo, cazzo) aggiornamento vedrete l’inizio della “vita” di coppia dei due giovincelli. Preparati, mi raccomando! ;)
 
Un grazie speciale a chi ha recensito, che nell’ultimo capitolo siamo arrivati a 30. Cioè, pazzi. ._. E io pure che ho risposto a tutti. <3 ahahah
Un ringraziamento ovviamente anche a chi legge, segue, ricorda o preferisce. :)
Grazie ad ognuno di voi. :’)
 
Non so che dire.
AH. Ho pubblicato il prologo di una mia nuova storia. Fantasy. Mai fatto qualcosa di fantasy neanche per sbaglio. Comunque, nel caso possa interessare, ve l’ho detto. Siete liberi di leggerla come di non farlo. Se lo fate, mi fa comunque piacere (Capitan Ovvio, salve.)
 
Ci leggiamo GIVIDI’, bestiole adorate.
Un abbraccio very very stritola-costole.
 
Maricuz

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Capitolo 32


“You are the dancing queen! Young and sweet, only seventeen! Dancing queen! Feel the beat from the tambourine, OH YEAAAAH! You can dance, you can jive, having the time of your life.. OOOOH, see that girl, watch that scene! Dig in the dancing queen!”
Ilarietta cara, sei mia figlia e ti voglio bene, ma smettila per favore.” Interruppe le mie urla mio padre facendo capolino nella stanza. Io, ovviamente, non lo considerai neanche per sbaglio. Continuai a ballare l’epica canzone degli Abba come un’idiota anche quando sbuffò andando a lamentarsi con mia madre, nonché sua moglie, perché c’era stato qualche problema genetico che aveva causato delle disfunzioni nel mio cervello, ancora impegnato con la famosa scritta lampeggiante della sera prima.
Quando nella camera ci fu silenzio, mi buttai a peso morto sul letto col fiatone. Mai, mai ero stata più felice, e alla fine cos’era successo di così particolare? Solo qualche bacio scambiato con Gabriele..
Solo? Ma chi volevo prendere in giro? Risi, per poi ridere ancora di più al pensiero che lo stavo facendo senza un apparente motivo. Ancora scossa dalle risate, presi il cellulare e mandai un messaggio sia Dafne che a Selene.
 

Ciao. Sto con Bonetti.

 
Le tre parole finali mi fecero gongolare. La risposta di entrambe arrivò subito.
 

Ciao. Io con Davide. Siamo tutte accoppiate, cazzo! *festino*

 

Sono troppo contenta per te! :3 Tra poco esco con Andrea e sento cosa gli ha detto Gab. ahahaha

 
Indovinate di chi era il primo e di chi il secondo, forza.
Mi tirai a sedere e mi morsi il labbro inferiore guardandomi attorno. Già, chissà come stava Gabriele. Chissà se era felice quanto me, chissà se si era messo a ballare come un cretino, a cantare a squarciagola –a lui riusciva pure-, a mandare messaggi telegrafici al migliore amico.
Scossi il capo. Forse lui era più normale di me. Forse lui era meno innamorato di me.
Ma io, davvero ero innamorata? O si parlava ancora di cotta? Meglio non pensarci, era ancora presto, no?
Beh, relativamente presto. Infondo mi piaceva da mesi.
Mi spalmai una mano sulla faccia. Se avessi continuato con quei pensieri mi sarei crogiolata nella depressione più assoluta, e non ne avevo la minima voglia.
E poi, perché avrei dovuto? Stavo con Bonetti.
Sospirando scesi dal letto e saltellai verso il computer. Prima una controllata a Twitter, poi su Facebook, dove un post di Gianmarco faceva bella mostra di sé sulla mia bacheca. Il video della canzone Terrified, quella che mi aveva fatto da sottofondo durante la dichiarazione di Gabriele. Simpaticamente bastardo. Sorrisi scuotendo la testa e commentai dopo aver messo mi piace.
Della serie: riferimenti puramente casuali..” la sua risposta non tardò.
Vieni in chat, piccina. Vieni in chat..” come se non ci fossi. Andai subito a contattarlo, euforica di raccontare i particolari a qualcuno. Chi meglio di un amico come lui? Si era rivelato stupendo, purtroppo però in una poco bella circostanza.
Eccomi.
Eccoti. Allora.. Dimmi. Divertita ieri sera?
Cazzo, Gianmarco. CAZZO!” ecco. Quando ero felice tendevo anche ad essere meno fine del solito.
Narrami tutto ciò che c’è da narrare, babe.” Non avrebbe dovuto dirlo. Cominciai a scrivere il mio poema con una foga indescrivibile. Le dita premevano i tasti della tastiera senza fermarsi quasi mai se non nei momenti in cui leggevo i commenti di Gi-emme. Senza neanche volerlo, stavo trasmettendo tutti i miei sentimenti anche solo con i punti e con le virgole che inserivo tra le parole. Prendi la tua felicità e espandila, come Heidi faceva con le sue margherite.
Davvero ha detto quelle cose prima del primo bacio?!
Sì. Sì. Sì. Sì. Dio, sì. Mentre io lo guardavo come un pesce lesso!” Salutai la pazzia che tornava a farmi visita.
Minchia, romantico.
 
Non si era fatto vivo, il giorno prima, e questo era un problema.
Non fraintendetemi, ormai mi conoscete, non sono di quei tipi tutti “cicci pupù” che mandano al ragazzo messaggi come “Ciao piccino mio, sei tutta la mia vita. TATXSEO. <3”. No. Però sono –ed ero- piuttosto paranoica, per cui.. Insomma, un sms, un messaggio privato su Facebook, un tweet.. Mi avrebbe rassicurata un po’.
Sospirai sistemandomi lo zaino sulle spalle mentre andavo verso la fermata dell’autobus. E se fosse stato già lì? Dio, che gli avrei detto? Ma perché tutti questi trip mentali con Lorenzo non me li facevo?! Mi stavo innervosendo. Erano due giorni che ero completamente su di giri..
Sollevata, notai che alla fermata ancora non c’era traccia di Gabriele. Bene, per iniziare una conversazione mi sarei affidata a lui, che era più bravo. Mi accostai come al solito al palo e cominciai a guardare la strada, dove passavano macchine una dopo l’altra. Era sempre stata piuttosto trafficata. All’improvviso, facendomi sussultare, qualcuno appoggiò il mento sulla mia spalla da dietro di me. Non mi voltai neanche per controllare chi fosse.
“Scusa se non mi sono fatto sentire ieri. Giuro che non avevo idea di cosa dirti.” Allora non sono l’unica. Ridacchiai tranquilla.
“Nessun problema.” E sentii le sue labbra sulla mia guancia sinistra.
“Come mai così arrendevole, quest’oggi?” Perché sono felice.
“Così.” Risposi invece, sorridendo.
“Meglio per me.” Mi girò verso di lui e mi guardò. Ed io guardai lui, eh! Poteva sembrarmi persino più bello del solito?
“Perché sorridi?” domandò curioso. Sto sorridendo?
“Perché tutte queste domande?” chiesi io, aggrottando la fronte.
“Perché voglio sapere se stai bene grazie a me.” Affermò serio con un tono vagamente dolce. Fu così che mi sciolsi.
“Sì.”
“Sì stai bene grazie a me?”
“Sì sto bene grazie a te. Ma non è la prima volta, eh.” chiarii. Mi aveva fatto stare bene molte volte prima della festa del suo compleanno. Prima su tutte, che stetti davvero bene, era quando corse da me dopo scuola quando avevo lasciato Lorenzo. Per il resto, bastava la sua presenza. Terminai presto questo riassunto mentale perché ero presa da tutt’altro, ovvero il bacio che mi stava dando. Ancora non mi sembrava vero, e neanche al mio cuore. Aveva preso a battere ad una velocità improponibile. Vivevo, vivevo più del solito.
Quando mugolò sulle mie labbra, mi staccai perplessa “Cosa?”
“Autobus.” Borbottò con aria scocciata, facendomi ridere.
Salimmo, passammo un quarto d’ora comportandoci come avevamo sempre fatto –tranne che per qualche bacio- e arrivammo a scuola tranquilli e sereni.
Non appena varcammo la soglia della classe, però, sussultammo per un urlo in pieno stile Xena fatto da Davide e una serie di applausi di Gianmarco, Selene, Dafne e Andrea. La mia reazione e quella di Gabriele furono leggermente diverse. Mentre io distolsi lo sguardo e arrossii come una bambina, lui cominciò a ridere scuotendo la testa.
“Tre mesi ci avete messo. Tre mesi. Tre mesi.” Toletti prese a ripetere la stessa cosa per circa una decina di volte, mentre io appoggiai lo zaino sulla sedia cercando di far finta di niente ma non riuscendo a trattenere un sorriso divertito, seppur imbarazzato.
Mi sedetti sul banco, guardandomi intorno. Gabriele stava mandando affettuose infamate ai nostri amici, loro continuavano a fare gli idioti ed io non sapevo se dare corda a uno o agli altri. Non trovavo neanche qualcosa da dire, ero nel disagio più assoluto. Il mio ragazzo –oh mio Dio, il mio ragazzo- se ne accorse, ma prima ancora che dalla sua bocca potessero uscire delle parole, avevo già davanti Gianmarco che mi parlava.
“Due giorni di convivenza già mi bastano. Portami via da quella casa.” Aggrottai la fonte.
“Cosa? Francesco non è come ti aspettavi?”
“No, anzi. E’ anche meglio, ed è questo il problema.” Disse, con gli occhi verdi spalancati.
“Mi sa che non ti seguo.”
“Io gli salto addosso.” Sussurrò come se fosse senza fiato, scuotendo il capo esasperato. Gli scoppiai a ridere in faccia “Cosa ridi? Tu non ti rendi conto! In versione casalinga è pure più bello, poi stamattina sono passato davanti alla sua camera mentre dormiva. La porta ovviamente era semi-aperta, ma io dico, poteva chiuderla?! Insomma, guardo. Cioè, passo di lì, un’occhiata mi è venuta naturale.. Era mezzo nudo, Cristo! Siamo a Febbraio, oggi, cazzo dormi mezzo nudo?! Per far morire me?” esclamò, cercando comunque di mantenere la voce non troppo alta. Ovviamente, risi più di prima.
“Vaffanculo, Ila. Tu non puoi capire.”
“Posso capire, invece. Comunque ne stai facendo un dramma.. Come se non avessi mai visto un ragazzo mezzo nudo. Insomma, anche a calcio negli spogliatoi..”
“Sì, certo, peccato che almeno lì sono preparato psicologicamente e non c’è il tipo che mi piace!”ribatté immediatamente. Scossi la testa dandogli una pacca sulla spalla.
“Facci l’abitudine. Io te l’avevo detto che sarebbe stato imbarazzante ma piacevole.”
 
“Allora?” Gabriele si sedette accanto a me e cominciò a guardarmi in attesa.
“Allora cosa?”
“Allora, come sono andato all’interrogazione?” Piccolo problema: non avevo ascoltato niente. Proprio zero. Abbozzai un sorriso di scuse.
“Non ho ascoltato.”
“Ma se ti ho visto che mi guardavi!” replicò lui confuso, aggrottando la fronte. Appunto, Gabriele. La mia espressione dovette esser molto eloquente, dato che un sorrisetto si fece largo sul suo viso. Bentornato, rossore. Quasi mi mancavi “Ah, ho capito.” Gongolò lui mordendosi il labbro inferiore. Bentornati, pensieri perversi.
“Cosa?” domandai io, facendo finta di niente.
“Ti piaccio?” chiese invece lui, appoggiando il volto sulla mano destra e girandosi completamente verso di me.
Sbuffai “Lo sai.”
“Anche fisicamente?” Non poteva avermelo chiesto seriamente. Mi voltai lentamente verso di lui sgranando gli occhi allibita. Lo guardai per dieci secondi buoni. I capelli castani volutamente spettinati, gli occhi color ghiaccio, le ciglia lunghe che creavano un contrasto destabilizzante, il naso dritto, le labbra perfette, né troppo sottili né troppo carnose, il sorrisetto malizioso.. Senza contare il corpo che avevo avuto la fortuna di vedere alla festa dell’ultimo dell’anno. Mi ricordavo ancora che il primissimo pensiero su di lui quando lo vidi non fu “Guarda ‘sto stronzo”, ma “Ammazza che figo”. Certo, “Guarda ‘sto stronzo” venne subito dopo.
“Questa è la domanda più stupida che tu mi abbia mai fatto.” Dissi, senza realmente rispondere ma lasciando intendere che sì, mi piaceva anche fisicamente. Quando ridacchiò, scossi il capo.
“Tu sei peggio di Gianmarco. Vuoi proprio sentirtelo dire, non è vero?”
“Da te, perché non ti apri mai con me.. Ancora.”
“Dimmi che non c’era il doppio senso..” mormorai portandomi una mano sul viso stancamente.
“Te lo posso anche dire, ma sarebbe una bugia.”
“Non ho capito se tu stai con me perché ti interesso davvero o per assillarmi ancora di più.” Ragionai fra me e me scherzosamente. Lui sorrise e si avvicinò con la sedia, per poi afferrarmi una mano e cominciare ad accarezzarla distrattamente.
“Nessuna delle due cose.”
“E perché mai, allora?”
“Perché non sopportavo più mia madre. Voleva che trovassi una fidanzata, tu eri la più facile.”
“Brutto..” ritirai la mano e schiaffeggiai la sua, mentre se la rideva “Bastardo! Non incolpare tua madre!”
“Ma non ti sei offesa per quello che ho detto?”
“No, perché so che mi adori.” No, non lo so, ma so che confermerai.
“Colpito e affondato..” si arrese, avvicinandosi per baciarmi. Venne bloccato però dal suono delle zampacce di Davide sbattute sul banco.
“Volete un panino?”
 
“Ma quanto ho goduto?”
“Quando?” domandai, guardando sorpresa Gabriele che apriva la porta della scuola e si spostava per farmi passare.
“Quando Cloe si è resa conto che noi due stiamo insieme.” Noi due stiamo insieme. Questo si chiama “benessere”, caro il mio cuoricino.
“Non ho assistito all’esatto momento.” borbottai dispiaciuta per non aver visto tale immagine.
“Ma non ha fatto nulla di che. Cioè, ci ha visto quando ci baciavamo e ha aperto la bocca come fanno le galline quando sono indignate e poi l’ha richiusa facendo la superiore. Così..” e gli fece il verso. Scoppiai a ridere.
“Fallo di nuovo.”
“Scordatelo.”
Sbuffai, poi ghignai “Beh, strano che non abbia avuto qualcosa da ridire, quella rompicoglioni.”
“Si, aspetta. Siamo solo all’inizio..” e Conga fu. Significava che aveva intenzioni serie e che intendeva stare con me per più di una settimana, non come Lorenzo che dopo sette giorni mi aveva cornificata stile Bambi adulto.
“Mh..” dissi, sovrappensiero.
“Che mh? A che pensi?” chiese, guardandomi confuso e continuando a camminare tra i vari studenti che tornavano a casa.
“Niente.”
“Ho detto qualcosa che non va?”
“No, perché?”
“Perché quando state con qualcuno iniziate a pesare le parole di questo qualcuno in modo diverso. Da una frase riuscite a ricavare un ragionamento che in realtà neanche il tizio ha fatto ma a cui pensa inconsciamente.” Sembrava molto esperto.
“..Hai avuto molte ragazze?”
“Ecco, appunto. Ma mi segui quando parlo o fai finta?” domandò divertito.
“Tu rispondimi!”
“Qualcuna, ma mai niente di serio. Dopo poco mi annoiavano.”
“Oh..” mormorai. Bene. Sarei stata l’ennesima ragazza noiosa che avrebbe lasciato dopo poco, o almeno era ciò a cui stavo pensando in quel momento. Non avrei mai avuto il coraggio di chiederglielo, neanche sotto tortura.
“Ilaria, lo stai facendo di nuovo.”
“Cos.. Che.. Smettila di studiare le mie espressioni!” sbottai, arrossendo e spingendolo con la spalla. Lui scosse semplicemente la testa ridacchiando.
“Io non studio proprio niente. Ti conosco e stop. Se mi fossi venuta a noia, allora lo avresti fatto mesi fa, non certo adesso.” Mi imbronciai.
“Certo, certo.”
“Hai paura di perdermi?” mi chiese divertito. Certo che sì, cretino!
“No.” Parliamone.
“Dopo tutto il tempo che ci ho messo per conquistarti e farti sapere i miei sentimenti col cazzo che ti lascio.” Disse chiaramente, quasi infastidito.
“Cos’era questa? Una frase che voleva essere romantica?”
“Vedila come vuoi, tanto interpreti le cose solo come vanno bene a te!” borbottò.
“Eh, certo. Adesso è colpa mia.”
“Non è certo mia se fraintendi tutto ciò che dico! Questa discussione è iniziata perché hai cominciato a farti film mentali sul mio potenziale comportamento da stronzo con le ragazze!” feci per ribattere leggermente arrabbiata, poi mi fermai a riflettere “Perché non parli più, adesso?”
“Ma.. Stiamo litigando?” chiesi stupidamente.
Lui rallentò il passo socchiudendo lievemente gli occhi, pensieroso “Così sembra.”
“Wow.”
“Precoci, eh?” disse lui.
“Sì. Comunque hai ragione, mi faccio troppi film.” Cedetti, abbassando immediatamente l’ascia da guerra che stava iniziando ad essere puntata sul castano. Lui cominciò a gongolare e si fermò davanti a me.
“Ripeti che ho ragione.. Sai, non capita spesso che tu lo ammetta.”
Risi sarcasticamente “No.” Dissi seria.
“Dai, dillo..” insistette, prendendomi le mani tra le sue. Perché le mie erano fredde e le sue l’opposto? Se ne accorse e prese a strofinarle per scaldarmi. Sbuffai, addolcita però da quel gesto.
“Non mi compri.”
“Sei già mia, perché dovrei comprarti?” sorrisi, nonostante non volessi concederglielo. Adoravo queste sue uscite nascoste dalle battute. Iniziavo a comprendere che quello fosse il suo modo per dimostrarmi ciò che gli passava per la testa, e non erano dette così, per caso. Era un calcolatore, lui.
“Sono tua?” gli sfuggì un sorriso. L’avevo incastrato. Bastava poco, solo un po’ di sfacciataggine.
“Non dovevi farmi notare ciò che ho appena detto.” Affermò cominciando a ridacchiare, ed io lo seguii.
“Devi imparare a conoscere con chi hai a che fare.”
“Io so con chi ho a che fare, proprio per questo continuo ad avere a che fare con te.” Feci per dire qualcosa, ma mi interruppe subito “Sì, ti ho detto di nuovo che mi piaci a modo mio.”
“Come sei diabetico, Bonetti.”
“Non mi sembra di farti tanto schifo, però.”
“Chi ha detto questo?” alzai un sopracciglio, tirandolo giù stringendogli le mani per poi lasciargli un bacio a stampo. Stavo bene, mi sentivo libera, mi comportavo naturalmente. Mi veniva spontaneo fare e dire qualsiasi cosa con lui, o quasi. Qualche mia debolezza doveva rimanere segreta. Mica potevo cambiare di punto in bianco, io!
“Non so chi è più diabetico, sai?” ragionò lui, avvicinandosi per baciarmi ancora.
“Saremo diabetici insieme.”
“Appunto.”




Ciao. (Mi piaceva metterlo rosso.)
Questo è l'ultimo capitolo, gente.
Cioè, senza contare l'epilogo. Ci pensate? E' quasi finito tutto. Lunedì verrà pubblicato pure quello e ciao ciao Amore al primo tweet. 
No, i discorsi strappalacrime sempre alla fine. u_u
Insomma, eccoci qui. Non so cosa dire, avete letto il capitolo e quello che pensate dovreste dirmelo voi, per cui.. Niente. 
Come ho già detto, nell'epilogo ci sarà un saltino temporale. Non saranno più liceali, orsù.

Grazie a tutti, ovviamente. Mi limito a dire questo.

*Si accorge che è leggermente malinconica e da cosa ha scritto si capisce*

BENE. 
Comunicazione: sappiate che prima di Lunedì (forse Sabato) metterò il primo Missing Moment. u.u
Ci vediamo Lunedì (e Sabato) piccole creaturine pazze, lettrici di una storia che mi ha dato più soddisfazioni che altro. :')

Un bacione non bavoso. (?)

Maricuz

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Capitolo 33
*** Epilogo ***


Epilogo


Lunedì primo Luglio. Aspettavo quel giorno da mesi, ormai.
Ballando e cantando a squarciagola come al solito, zampettavo per tutta la camera allegra e felice. Faceva caldo e l’unica cosa da fare a quelle temperature era poltrire davanti al computer, ma la mia euforia non poteva starsene lì, ferma su una sedia a controllare tristemente la homepage di facebook per un tempo indefinito. E per dirla tutta, dieci minuti dopo sarei dovuta uscire, quindi meritava prepararsi, anche se un costume per me sarebbe andato benissimo.
Proprio mentre mi stavo dando una sistemata in bagno, suonò il campanello. Mi catapultai all’ingresso nel giro di sette secondi e sorridente aprii la porta. Immediatamente dopo ero attaccata al collo del castano.
“La mia piccina!” esclamò lui.
“Il mio amico gay!” replicai io, ridendo. Mi staccai e cominciammo a parlottare, dirigendoci verso la sua macchina. Ah, dimenticavo di dirvi che avevamo ventidue anni e non più tra i diciassette e i diciotto “Allora, come va?”
“Come ieri, come deve andare?”
“Che ne so! Guarda che in un minuto potrebbe cambiare qualsiasi cosa.” Affermai convinta, mentre lui mi assecondava come si fa con una bambina.
“Certo, giusto.”
“Stronzo.” Entrammo nei veicolo e subito dopo aver acceso la radio ripresi a fare domande “Ma Francesco?”
“Francesco è un coglione. Ieri in piscina non si è voluto dare la crema e si è ustionato ovunque. E’ praticamente paralizzato.” Rispose, scuotendo la testa esasperato “Ha ventisei anni e continua a comportarsi come un bambino. Possibile?!”
Stop. Fermiamoci un secondo per spiegare un po’ la situazione. Ebbene, Gianmarco e la sua inizialmente problematica cotta Francesco stavano insieme da più di tre anni. Inizialmente problematica perché sapete tutti, o almeno dovreste, delle vicende di Gianmarco con i suoi genitori causate dalla sua omosessualità. Adesso di loro non gli fregava più niente, ma gli importava ancora di più del bel moretto dagli occhi cioccolato. La loro convivenza li aveva portati a conoscersi sempre di più, fino a quando pure il più grande dei due si era reso conto di provare qualcosa per il mio caro amico. Posso dire che li adoravo profondamente?
“Beh, pure tu potevi insistere..”
“Come no? Lui il bambino ed io la balia.. Una coppia perfetta.” Sbuffò.
“Lo siete.”
“Leccaculo.” Sorrise, lanciandomi un’occhiata “Viola si è rimessa con Alessandro. Lo sapevi?”
Ok, stop di nuovo. Per rinfrescarvi la memoria: Viola era la sorella di Gianmarco, Alessandro il fratello di Selene. Non so se ricordate gli sguardi strani che si erano lanciati durante il diciottesimo compleanno di Gabriele, e se non li ricordate, li ricorderete adesso. In sostanza, avevano cominciato ad uscire e si erano innamorati. Inutile dire che adoravo pure loro. Purtroppo, dopo un anno di storia, si erano lasciati per i soliti motivi stupidi per cui le persone innamorate si lasciano e si erano evitati fino ad un paio di settimane prima, cioè da quando avevano messo da parte l’orgoglio per ammettere la necessità dell’altro.
“E questo è un bene.” Commentai io.
“Si, lo è. Viola sta bene e si vede, e se sta bene lei sto bene anche io.” Disse solenne il ragazzo. Annuii, comprendendolo. Sua sorella gli era stata molto vicina quando aveva avuto bisogno di qualcuno su cui contare, e lui crescendo si era mostrato sempre più protettivo nei sui confronti. Gli unici che avevano il permesso di avere a che fare con la sorella, infatti, erano proprio Alessandro e Francesco.
Seguì un momento di silenzio, che dopo un breve minuto spezzai muovendomi sul sedile “Cazzo, non vedo l’ora di rivedere Dafne.”
“Idem con patatine.” Sorrise raggiante lui.
Pausa anche qui. Accidenti, quante pause! Sarò breve e piuttosto telegrafica, tanto riempirvi di informazioni dettagliate sarebbe solo una perdita di tempo. Dafne era andata a Londra, decidendo di frequentare un’importante scuola di danza per coronare il suo sogno: diventare una ballerina classica professionista. Cosa che si stava realizzando, ma dopo aver sacrificato una delle cose più belle che le fossero mai capitate –parole sue-, ossia la sua storia con Andrea. Calmi tutti, so benissimo che comincerete a borbottare contrariati, l’avevo fatto anche io all’inizio, ma del resto era una sua scelta. Non credeva alle relazioni a distanza, non l’aveva mai fatto, e Andrea, essendo a conoscenza della passione della dolce metà, si era fatto da parte, esattamente come aveva fatto in passato quando la bionda aveva cominciato a frequentare colui che in quel momento guidava al mio fianco in direzione dell’aeroporto. Erano stati male entrambi, e a dir la verità, Andrea era sicuramente e inevitabilmente ancora innamorato di lei, ma non aveva ancora tentato di tornarci insieme.
“Ma adesso.. Selene e Davide?” chiesi guardando Gianmarco.
“Sono nel periodo ne-ho-le-palle-piene-di-te.” sospirò “Di nuovo.” Aggiunse.
Anche loro non erano certamente degli stinchi di santo. Ogni tanto si lasciavano per i loro continui scontri, altre volte si amavano alla follia e si ritrovavano in camera da letto a fare ciò che l’uomo ha sempre fatto: accoppiarsi. Una coppia normale si sarebbe lasciata definitivamente, dopo tutti quei tiri e molla, ma loro no. Loro erano così, forti, determinati, cocciuti e orgogliosi. Entrambi, e lo sapevano benissimo. Dio li fa, poi li accoppia.
“Quanto pensi che duri questa volta?” chiesi tranquillamente.
Lui scrollò le spalle “Mah, è così da un paio di giorni.. Considerando che il motivo è più stupido del solito ci sta pure che oggi spariscano all’improvviso. O che neanche si presentino!” sghignazzò, fermandosi ad un semaforo.
“Per quanto si attraggano a vicenda penso che Selene non si perderebbe mai l’arrivo di Dafne dopo sette mesi che non la vede.”
“E allora spariranno.”
“Senza alcun dubbio.”
“Ma non saranno certo gli unici, no?” ammiccò nella mia direzione distogliendo gli occhi dalla strada. Sbuffai, arrossendo leggermente “E’ verde.”
“Tu sei rossa.” Mi prese in giro, spingendo sull’acceleratore.
“Lo sai che mi imbarazza parlare di questo argomento quando ci sono di mezzo io!” esclamai incrociando le braccia.
“Mica sei da sola!”
“Ci mancherebbe…” borbottai.
“Tra l’altro non mi hai mai detto come è a letto. Poi dici che sono il tuo amichetto gay, che dobbiamo dirci tutto, che se abbiamo bisogno dobbiamo chiamare l’altro..”
“Neanche te mi hai parlato di come è a letto Francesco, ma neanche mi interessa!” replicai.
“A me però interessa com’è a letto il tuo uomo!”
“Senti ciccio, lo sai meglio di me che non è disponibile, quindi fantastica poco.”
“Io non fantastico su Bonetti, sono solo curioso.” Alzò le spalle ed io scossi la testa “Sei una suocera. No.. No! Sei proprio un Gianmarco! Dovrebbero cominciare a definire “Gianmarco” le persone che non si fanno i cazzi loro! Per antonomasia, ecco!” replicai, dicendo le prime cose che mi vennero in mente. Quando non riflettevo su cosa dire tiravo fuori affermazioni esageratamente stupide. Lui, per niente offeso, cominciò a ridere.
“Sono quasi d’accordo. Ah, a proposito, lui ci raggiunge più tardi al parco?”
“Già. Oggi era da Andrea..”
“Giusto. Ma.. Cioè, considerazioni?”
“Considerazioni..” ci pensai “Non nasconde che ancora prova qualcosa per lei. Certo, è diminuito un po’ il sentimento, ma solo perché è lontana e non la vede. Oggi infatti ha bisogno di supporto e Gabri è lì per quello.. E’ veramente complicato. Se non la vede sta meglio, ma la consapevolezza che lei sia qui anche solo per un mese gli fa male. Continua a non volerla vedere, sostenendo che altrimenti ricomincerebbe da capo tutto, ma vorrebbe comunque farlo. Io davvero non lo capisco.” Cercai di spiegare.
“Non capisce un cazzo.” Commentò delicatamente lui “Cioè, vieni e prenditela, fa’ qualcosa. Si sta distruggendo. Non ha neanche mai frequentato una ragazza per tentare di innamorarsi di nuovo. E’ rimasto lì nel mezzo a non fare un’emerita minchia.”
“Sempre fine tu, mh?”
“Quando ci vuole, ci vuole, Ila.” Replicò nervoso lui.
 
Eravamo in attesa della nostra amica da ormai mezz’ora. La situazione era piuttosto tesa, dato che eravamo quattro persone di cui due in stato litigioso. Deduco che voi abbiate già indovinato di chi sto parlando. Io e Gianmarco tentavamo in tutti i modi di fare conversazione, ma non c’era proprio verso. Peggio per loro, si sarebbero arrangiati. Incrociai le braccia sospirando e cominciai a guardarmi intorno, sperando che la figura di Dafne mi apparisse davanti. E fortunatamente, così fu.
Con il suo solito portamento aggraziato e un trolley a seguito, si avvicinava a noi mostrandoci un bellissimo e dolce sorriso. I lunghi e lisci capelli biondi si spostavano sulla schiena e i grandi occhi azzurri luminosi ci guardavano ridenti. Era sempre più bella, la mia migliore amica. Già sentivo le lacrime venir fuori. Cominciai a correrle incontro e le saltai addosso, abbracciandola e stringendola fortissimo.
“Dio, quanto mi sei mancata..” mormorai al suo orecchio. Rise.
“Come se non ci fossimo viste ieri su Skype..”
“E’ diverso! Cavolo, non mi sembra vero..”
Seguirono altri abbracci, urla, baci e parole sdolcinate come quelle di Selene, la quale molto teatralmente l’aveva stritolata affermando che la sua vita non avrebbe più avuto senso senza di lei. Poi.. Dafne era raggiante. Quando le avevamo chiesto se fosse stanca o meno, aveva risposto “Non sento nessuna stanchezza, voglio solo stare con voi!”
Sistemammo la sua enorme valigia nella macchina di Gianmarco, poi tutti insieme ci dirigemmo nel parcheggio vicino al parco per lasciare al loro destino i due veicoli –ebbene sì, Davide e Selene erano venuti insieme nonostante tutto- e per sederci allegri e spensierati sulla nostra panchina preferita.
Cominciammo a parlare di tutto ciò che ci venisse in mente. L’inglesina ci parlò della sua esperienza a Londra che ormai durava da più di due anni, dei suoi corsi, della serie di spettacoli che sarebbero iniziati a Ottobre in cui sarebbe stata una delle ballerine principali e del fatto che stesse passando uno dei periodi più belli della sua vita, nonostante avesse lasciato tutto –famiglia, amici e ragazzo- in Italia. Ero emozionata mentre la guardavo gesticolare allegra spiegandoci tutto quello che faceva e raccontandoci delle conoscenze fatte. Era il ritratto della felicità. Nel bel mezzo di una risata dopo una battuta di Davide, però, si bloccò fissando un punto alle nostre spalle. Mi voltai curiosa, e se da un lato fui contenta di notare Gabriele venire verso di noi, rimasi non poco sorpresa nel vedere Andrea vicino a lui. Cadde il silenzio, visto che non ero l’unica ad esser meravigliata.
Quando ci furono davanti, il mio ragazzo si piegò per baciare sulla guancia Dafne e salutarla tranquillamente, comportandosi come al solito. Odiava le situazioni imbarazzanti, faceva sempre finta di niente. Quando però toccò ad Andrea, quel momento fu inevitabile.
“Ciao.” Disse semplicemente il ragazzo.
La bionda abbozzò un sorriso e mormorò anche lei un saluto. Nel frattempo, bello come il sole, Gabriele si sedette sulle mie ginocchia.
“Gabri, non sei una piuma.” Protestai io parlando a bassa voce.
“Io non mi lamento quando lo fai tu. Sii uomo.” Sospirai esasperata e gli circondai il busto con le braccia, poi appoggiai la guancia sulla sua schiena. Tanto fa poco caldo, no? Ma con lui si sopporta tutto.
Già dopo poco, sempre grazie al ragazzo che avevo addosso, tornammo a fare una conversazione decente senza troppi disagi di mezzo. Nonostante questo, Andrea non parlò tantissimo e si limitò ad ascoltare le nostre chiacchiere, da quelle più stupide a quelle più intelligenti –in netta minoranza-. Passarono tre ore ed eravamo ancora lì a discutere del più e del meno, ma decidemmo comunque di separarci per andare a casa e far riposare Dafne, che aveva affrontato da poco un viaggio in aereo e neanche aveva visto i genitori, essendo stata rapita da noi. Facendo rimanere confusi tutti, decise di andarsene con Andrea, mentre Gianmarco rimase solo. Davide e Selene, litiganti ancora per poco, andarono via insieme ed io montai in macchina con il mio bel Bonetti, l’unico veramente calmo in quel momento.
Sospirai mettendomi la cintura, poi lo guardai mentre cercava una canzone decente alla radio con una leggera smorfia insoddisfatta e tenerissima sul viso “Gabri.” Dissi, a mo’ di saluto. Distolse lo sguardo dall’apparecchio e lo puntò su di me “Ila.”
“Prego, inizia pure.” Lo invitai a parlare, alzando le sopracciglia in attesa.
“A fare che?”
“A spiegarmi cosa sta succedendo. Cos’ha in mente Andrea?”
Ridacchiò, scuotendo il capo e raddrizzandosi sul sedile per poi mettere in moto l’auto “Cosa ti fa pensare che Andrea abbia in mente qualcosa?”
“La tua faccia a schiaffi.” Risposi immediatamente, come se fosse ovvio.
“Ma quanto mi conosce bene, la mia tigrotta?” chiese retoricamente con voce stupida e dandomi un buffetto sulla guancia senza neanche guardarmi. Aggrottai la fronte.
“Non mi hai risposto.”
“Si vuole trasferire a Londra.” Sganciò la bomba con non-chalance, mentre usciva dal parcheggio. Spalancai gli occhi ripetendo ciò che aveva appena detto. Lui mi lanciò un’occhiata perplessa “Sì, Ilaria, è quello che ho detto.”
“Spiegami! Dio, odio quando mi lasci in sospeso.” Borbottai nervosa. Lui ghignò fissando la strada e cominciò a spiegare “E’ semplice. La ama ancora e se per lei è lo stesso ed è ancora dell’idea che la distanza li distruggerebbe solamente, la seguirà a Londra e si farà una vita lì, con lei.” Eh, certo. Semplicissimo. Proprio una cosa da tutti i giorni.
“E’ per questo che sono rimasti insieme? Per parlare?”
“Ovvio, piccola.”
“Ma come diavolo fai ad esser così tranquillo?” domandai, socchiudendo gli occhi e continuando a fissarlo. Possibile che in quegli anni fosse solo diventato più bello? Ilaria, non è il momento per farsi questo genere di domande.
“E che dovrei fare, scusa?”
“Se Dafne non provasse più niente Andrea cadrebbe in depressione e visto che gli vuoi bene ti preoccuperesti per lui e lo aiuteresti e.. Insomma, hai capito. Invece se decidono di andare tutti insieme e appassionatamente in Inghilterra non vi vedreste quasi mai!” non ci arrivava?
“Ilaria, sarebbe la stessa e identica cosa che hai provato tu quando è partita Dafne.” Mi spiegò, quasi dolcemente. E non aveva tutti i torti.
“E se invece andasse male..?” chiesi incerta.
“Ci è già passato, sempre quando è partita Dafne. Non sarebbe niente di troppo nuovo. Probabilmente si metterebbe in testa che è finita davvero e proverebbe a rialzarsi.” Rispose serio.
“Odio quando hai ragione..” bofonchiai, facendolo ridere.
“Odi quando ti lascio in sospeso, odi quando ho ragione.. C’è qualcosa che non odi di me?”
“Giusto due o tre cose.” Non stavo mentendo, no.
“Ah-ah.” Annuì “Andiamo da me? Mia madre è a lavoro.”
“Va bene.” Accettai rilassata alzando un po’ il volume della radio. Quando rialzai la testa lo vidi silenzioso, pensieroso e con la fronte leggermente aggrottata. Brutto segno. Soprattutto per la parte che riguardava il “silenzioso”.
“A che pensi?”
“Niente di che..” minimizzò, scrollando le spalle.
“Da quando mi nascondi qualcosa, scusa?”
“Da quando ho l’amante.”
“Smettila di fare l’idiota per sviare il discorso principale.” Lo rimproverai.
“Ma niente, davvero. Solo che vorrei..” si bloccò, ma subito dopo riprese “Mi.. Mi piacerebbe vivere con te in futuro. Magari quando possiamo permetterci di prenderci una casa..” la buttò lì, cercando di nascondere il leggero imbarazzo nella sua voce. Lo guardavo con la bocca aperta e con la faccia a pesce lesso stampata sul viso.
“Oh.” Riuscii a dire, non tramutando la mia espressione facciale.
“A te non piacerebbe?” mi domandò, quasi allarmato per la mia –inesistente- reazione.
“Sì, certo che mi piacerebbe!” trillai. Ovvio che mi sarebbe piaciuto! Svegliarsi tutte la mattine con lui al suo fianco, guardarlo dormire con quell’aria da angelo caduto e i capelli spettinati, sentirlo suonare e cantare per casa.. Oh, beh, e anche vederlo uscire dalla doccia. Sarebbe stato bellissimo, sì.
“Ah..” sospirò “Pensavo di esser l’unico. Sai, la tua risposta non era delle più.. come dire.. significative.”
Mi morsi il labbro inferiore per non sorridere “Paura, eh?” lo provocai, sapendo che avrebbe cercato di nasconderlo fino alla morte.
Ma mi spiazzò, come sempre “Proibito da quando? Così, per informazione..”
“Chi ha detto che è proibito?”
“Chi ha detto che non aver paura per me è scontato?”
“Sei snervante.” Affermai, incrociando le braccia.
“Odi quando lo sono?” scherzo, rallentando. Eravamo arrivati.
“Se odiassi questa parte di te ti odierei e basta, ma non è così.”
“Questo è un modo carino per dirmi che sono sempre snervante o che mi ami?” domandò spengendo l’auto e guardandomi finalmente negli occhi. Sempre gli stessi, sempre destabilizzanti.
“La terza.” Dichiarai decisa, e lui scosse il capo divertito “Scendi, va’.”
Uscimmo senza dire nient’altro dalla macchina. Lui fischiettava un motivetto a me sconosciuto camminandomi affianco, poi tirò fuori le chiavi e aprì la porta. Prendemmo come al solito l’ascensore per arrivare al terzo piano, entrambi troppo pigri per fare le scale, poi entrammo nell’appartamento di Gabriele e sua madre. A proposito di lei, si era trovata un compagno che io stessa avevo conosciuto. Sia io che il mio ragazzo pensavamo fosse un uomo molto simpatico e a modo, per cui eravamo contenti di questa relazione nata con Katia. E poi, a detta del castano, lei era felice.
Senza neanche discutere, ci dirigemmo nella camera del ragazzo, come facevamo sempre. Mentre mi guardavo intorno notando un leggero ma necessario disordine, mi fece sentire la sua voce dire delle parole bellissime.
“Ti dispiace se sto senza maglietta? Fa un caldo pazzesco.” Sbuffò.
Non mi voltai neanche a guardarlo, mi diressi verso la scrivania piena di fogli, penne e lapis dandogli il mio permesso “No, no. A me non dispiace sicuramente.”
Ridacchiò e sentii il rumore della maglietta buttata sul letto, ma ero troppo presa da un raccoglitore vicino ad uno spartito per girarmi e ammirarlo, semi-nudo com’era. Sorrisi intenerita, riconoscendolo: era quello che gli avevo regalato per il diciottesimo compleanno. Lo presi in mano e lo aprii “E questo..?”
“Questo cosa?” si avvicinò e mi abbracciò da dietro, sbirciando “Oh. Questo.” Ah, ah! Quella era la voce a “Cavolo, pensavo di averlo messo apposto.” Ed io ero lì per infierire, no?
“Perché è qui?”
“Perché.. Volevo riguardarlo.” Rispose.
“E perché?” sorrisi divertita, mentre mi voltavo per guardarlo in viso. Mise il broncio.
“Che palle, dai.. Avevo voglia.. Poi non lo riguardavo da tanto. Ma tu oggi non mi hai dato neanche un bacio o sbaglio?”
“Non cambiare discorso.”
“Dammi un bacio.” Sporse il viso verso il mio, ma non volendo dargliela vinta feci la cosa contraria. Per sbaglio, si scontrarono altre due parti del corpo. Non fate gli innocenti, avete capito benissimo quali. Sorrise maliziosamente “Ah beh, se volevi altro bastava dirlo.”
“Cretino. Le riguardiamo?” alzai il raccoglitore e aspettai il suo assenso. Lui annuì, io sorrisi e saltellai verso il letto, per poi sedermi a gambe incrociate sopra di esso. Mi raggiunse immediatamente dopo, mettendosi di nuovo dietro di me e appoggiando il mento sulla mia spalla. Cominciai a sfogliare, con calma. Commentammo ogni singola foto, facendoci prendere dai ricordi, belli o brutti che fossero, e sorridendo come scemi riguardando quelle che avevano reso immortali i primi mesi della nostra storia, che era viva da ormai quattro anni e mezzo. Incredibile ma vero: non ci eravamo mai lasciati. Certo, di litigi ce ne erano stati veramente tanti, anche qualche periodo di crisi, ma mai eravamo arrivati a tanto, eppure nel gruppo eravamo quelli che meno dimostravano i sentimenti in compagnia. Su quel punto di vista non eravamo cambiati da come era la situazione quando ancora eravamo solo amici. Il vero cambiamento era nel privato. A volte coccolosi, altre insaziabili, altre ancora apparentemente distanti ma con un’aria familiare intorno spiazzante ma che per noi era normalissima. Insomma, i soliti: Gabriele e Ilaria, Ilaria e Gabriele.
“Il mio compleanno..” sussurrai sorridendo, accarezzando l’angolo della pagina dove era stata incollata una foto fatta da Gianmarco, che mi aveva rubato la macchina fotografica per rompere le scatole a tutti gli invitati. Eravamo tutti e due seduti sul divano e stavo mangiando la mia fetta di torta mentre lui allungava il braccio per rubarmene un po’ col suo cucchiaino. Nell’altra mano il piattino di plastica vuoto e sul viso un’espressione concentrata sdrammatizzata dalla lingua leggermente di fuori.
“Quanto era buona quella torta.” Disse trasognato e sospirando.
“Ti ricordi cosa mi hai detto per la prima volta, quel giorno?” chiesi, mettendolo alla prova e sottoponendolo al mio sguardo di sfida.
“Certo che me lo ricordo.”
“Non mi basta sapere che te lo ricordi. Voglio sapere cosa mi hai detto.”
“Sei tu che mi hai chiesto se me lo ricordavo!” si difese trattenendo un sorriso.
“Allora rifaccio la domanda: cosa mi hai detto per la prima volta, quel giorno?”
“Che ti amo.” Gongolò, per poi sfiorare le mie labbra con le sue. Sorrisi “Penso che tu non sia mai stato più dolce.”
“Io sono sempre dolcissimo, invece.”
“Ho ancora la lettera nel posto più segreto di camera mia.” Dissi orgogliosa, non considerandolo. In quel foglio aveva scritto una serie di frasi una più bella dell’altra, tanto che mi fecero piangere come una cretina. La fine però, fu la parte migliore. Arrivata in fondo avevo letto “Adesso alza gli occhi e guardami.” E lo avevo fatto. Lui, già davanti a me, mi aveva preso il volto tra le mani e fissandomi intensamente negli occhi, aveva sussurrato quelle due paroline, facendomi sentire sensazioni impossibili da descrivere con semplici parole umane.
“E l’altra parte, invece? Dove l’hai messa?” mi chiese, accarezzandomi un braccio e baciandomi ripetutamente sotto l’orecchio –adoravo quando lo faceva, e lui ne era a conoscenza-.
“Quella è tatuata a vita nella mia memoria.”
“Dici?”
“Dico. Poi tu me la rinfreschi ogni giorno..” mormorai, accoccolandomi maggiormente sul suo petto nudo.
“E come?”
“O me lo dici o me lo dimostri..” risposi, sfogliando le ultime pagine del raccoglitore. Quando terminò, lo chiusi e lo appoggiai sul comodino staccandomi dal bellissimo corpo del mio ragazzo, per poi inginocchiarmi sopra al letto e spingerlo per farlo stendere. Aggrottando la fronte dubbioso, lo fece. Non si rifiutava mai di far qualcosa, per questo a volte non chiedevo neanche. Mi sistemai sopra di lui e mi lasciai avvolgere dalle sue forti braccia. Io, invece, incrociai le mie sul suo petto e vi appoggiai il mento, cominciando a guardarlo senza motivo. D'altronde che motivo dovevo avere? Era bellissimo, con la pelle lievemente più scura del normale e i capelli schiariti dal sole, gli occhi curiosi, accesi e ipnotizzanti, il leggero velo di barba che gli dava un’aria più matura e, diciamocelo, provocante, e il sorriso appena accennato, sfrontato ma anche dolce. Sicuro di essere umano, Gabriele? Tu e la tua bellezza, il tuo modo di fare e quello in cui nascondi nelle battute i tuoi reali pensieri, le tue affermazioni imprevedibili, i tuoi baci, come mi guardi mentre mi dici che mi ami o mentre facciamo l’amore. Sicuro di non esser troppo, per me?
“Io te lo dimostro mai, che ti amo?” domandai in un sussurro incerto, guardandolo quasi spaventata dalla sua possibile risposta.
“Ogni volta che mi guardi, piccola..” rispose calmo, cominciando ad accarezzarmi la schiena. Sorrisi e mi allungai per lasciargli un semplice bacio a stampo, ma che lui approfondì facendomi ritrovare bloccata sotto di lui. Non che mi dispiacesse, ovvio.
Quando ci separammo, ansanti, prese a giocare con una mia ciocca di capelli “E tu nei miei occhi cosa vedi?” domandò curioso, socchiudendo gli occhi.
“Tutto.” Risposi di getto.
“Tutto quello che provo per te o tutto quello che tu provi per me?” sorrise divertito.
“Tutto.” Ripetei, ridendo.
“Vuoi proprio farti baciare, non è così?”
“Chi, io?”
“Sì, tu, piccola tigre diabetica.”
“In realtà dici così solo perché sei tu a voler baciare la piccola tigre diabetica.” Alzai il mento fintamente indispettita. In realtà non vedevo l’ora che lo facesse.
“Non ti sfugge niente, accidenti.” Sussurrò, un attimo prima di posare di nuovo le labbra sulle mie.
Diamine, potevo essere più felice? A pensare che inizialmente non potevo neanche vedere il ragazzo che stavo baciando mi veniva da ridere, considerando che adesso solo un giorno senza di lui mi mandava KO. Ma del resto, anche la sua presenza lo faceva. Era capace di annullarmi, di farmi stare sia bene che male, di farmi sentire unica e indispensabile, di farmi piangere dalla felicità, dalla commozione, dalla rabbia e dal divertimento, ma soprattutto era in grado di amarmi nonostante i miei difetti, che venivano fuori ogni giorno.
Quando si staccò per prendere fiato, scossi il capo e quasi non mi resi conto di aver parlato “Ma quanto cazzo ti amo?”
“Mai quanto mi amo io, bella mia.”
 


MESSAGGIO IMPORTANTE, PRIMA DI QUALUNQUE ALTRA COSA (?):
I Missing Moments, per chi non lo avesse notato, saranno messi come capitolo dopo il primo: Gabriele VS Lorenzo.
 
Ok, ora.. ehm..
Buonsalve, branco di pazzi scatenati.
Questo è l’epilogo, e spero davvero con tutto il cuore che vi sia piaciuto. Per quanto mi riguarda (e per quanto vi possa interessare la mia idea) ne sono rimasta abbastanza soddisfatta. Rileggendolo, dopo qualche giorno da quello in cui l’ho scritto, mi sono resa conto che è tanto, esageratamente diabetico (parlando della coppia principale), e quasi stavo per cancellarlo tutto, ma poi mi son detta: loro sono Gabriele e Ilaria, possono essere dolci quanto vogliono, ma rimarranno sempre i soliti liceali che si battibeccano anche per i più futili motivi, anche a distanza di anni, che siano pochi o tanti.
Ho cercato di dare spazio a tutti (chi più, chi meno) i personaggi che sono anche solo comparsi in questa storia. Lorenzo e Cloe non li ho cagati (parliamo chiaramente, orsù) di striscio volontariamente, immedesimandomi in Ilaria. Dubito che gliene freghi qualcosa di loro e che quindi sappia delle loro vite.
Ho fatto mettere insieme Gianmarco e Francesco, e infondo (esclusi i coglioni di cui parlavo prima) sono gli unici che fanno coppia e stop, senza vari litigi o problemi di mezzo, perchè direi che il nostro caro Gi-emme di problemi ne ha avuti fin troppi. La fortuna (o come la volete chiamare) gira per tutti, e ho voluto che almeno su questo punto di vista fosse in buone acque. (E detta francamente, Francesco è figo e voglio bene a Gianmarco. Bene che stia con lui.)
Davide e Selene. Molti (tutti, che io sappia) erano pure dalla loro parte, ed eccoli qui. Insieme, felici, arrapati e litiganti, ma comunque felici e perfetti insieme.
Alessandro e Viola, due personaggi che fondamentalmente non conosciamo quasi per niente, ma di cui ho sottolineato più volte il rapporto molto forte di entrambi con il/la proprio/a fratello/sorella. Beh, stanno insieme. Il bel moro dagli occhi neri non si ubriacherà mai più. Spero.
TASTO DOLENTE: Andrea e Dafne. Ok, pure loro coppia sofferta. Finisce la storia e neanche sappiamo con certezza se torneranno insieme oppure no. Beh, vi basti sapere che a me piacciono i lieto fine, poi vedetela come vi pare! Non è scritto, la vostra fantasia potrebbe lavorare. u_u
 
I ringraziamenti.
E sono veramente tanti da fare.
Innanzi tutto grazie per le 469 recensioni, che ogni giorno mi hanno fatto sorridere, ridere, quasi piangere (per la commozione, eh!), e chi più ne ha più ne metta. Ho scarsa autostima, questo l’avrò detto 100 volte su per giù, ma adoro ricevere complimenti o anche sono una parola positiva su quello che faccio e su cui mi impegno. Beh, sappiate che mi avete viziata e mi avete fatta stare bene, anche solo con un “ciao”.
Grazie per le 151 persone che l’hanno messe tra le preferite, le 42 tra le ricordate, le 267 tra le seguite. Siete dei pazzi. (E qui si spiega il “pazzi scatenati” iniziale.)
Grazie a chi legge questa storia dall’inizio, chi da metà, chi da pochissimo e ha speso una giornata o più sulla pagina di Amore al primo tweet per mettersi in pari. (Pazzi scatenati, ancora).
Grazie a chi ha “pubblicizzato” la storia facendola leggere anche ad amici, intavolando discussioni (anche brevi) su ciò che ho scritto. Fa tanto telefilm.
Grazie ancora alla mia amica Francesca, che commentando un accaduto dove io stessa sono stata protagonista, mi ha “illuminata” sul titolo da dare alla long-fic. Grazie all’artefice dell’accaduto di cui ho appena parlato (anche se non lo saprà mai), perché proprio attraverso i social network mi ha fatto connettere la parola “stimolante” ad una conversazione (ora, non pensate male). Grazie a chi mi ha spinto a scrivere e pubblicare la storia e a chi ho quasi ucciso per colpa dei miei continui (e stupidi) dubbi.
Grazie ad Ilaria, che mi ha fatto vivere insieme a lei un periodo della sua vita. Grazie a Gabriele, che oltre ad avermi fatto sbavare come pochi (e penso che anche voi riusciate a capirmi), mi ha divertito ogni volta che immaginavo una sua scena e una sua battuta. Grazie a Gi-emme, che mi ha fatto inconsciamente identificare nella sua realtà. Grazie a tutti gli altri personaggi, che adesso, insieme agli altri tre nominati, mi fanno piangere come una cretina. ._.
Grazie anche a me, visto che ho appena imparato a come sentirsi stupidi. <3 ahahahah
Ah, e grazie a tutta la storia, che mi permetterà di vivere una vita differente. Sì, perchè non riuscirò più a mangiare un gelato alla fragola senza sperare che qualcuno mi sbatta addosso, non riuscirò più a reclamare un bacino senza pensare immediatamente a Bonetti, non riuscirò più a dire o sentire la parola "tigre" senza immaginare Ilaria e la sua acidità, non riuscirò più a guardare un qualsiasi ragazzo di nome Lorenzo con gli stessi occhi! D:

Ma quanto cazzo ho scritto?
 
Ora, direi che è giunto il momento di salutarvi.
Se c’è qualche pazzo scatenato che vuole continuare a leggere qualcosa di mio, c’è la storia fantasy “Ruth.” che avrà piacere di esser letta, e io che sarò felice di sapere la vostra opinione su di lei.
 
Grazie ancora di tutto.
Vi adoro, mi avete fatto stare benissimo, mi avete dato la soddisfazione e l’ispirazione per continuare a scrivere, sia per voi che per me. Mi avete dato un impegno da portare avanti (e che ho terminato con successo, per quel che mi aspettavo inizialmente) e mi avete aiutato ad avere più fiducia in me.
 
Un abbraccio da me e dal tutto il cast. (LOL)
Un bacio dal Bonetti.
Una pacca sul culo da Davide. (?)
 
Grazie davvero.
 
Maricuz

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