Iniezione d'amore

di fallsofarc
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Meglio Tony oggi che un principe domani ***
Capitolo 2: *** Chi trova un amico trova un meccanico ***



Capitolo 1
*** Meglio Tony oggi che un principe domani ***


Capitolo 1


Iniezione d'amore



Tony e Chastity provengono da Amore imprevisto

CAPITOLO 1
Meglio Tony oggi che un principe domani


C’era una volta una graziosa fanciulla che sognava l’arrivo di un dolce principe, che l’avrebbe chiesta in sposa.
C’era una volta una ragazzina romantica che credeva a queste favole.
Poi la ragazzina è cresciuta e di principi nemmeno l’ombra, figurarsi di proposte di matrimonio.
Fino a quella notte, quando all’alba dei suoi ventiquattro anni e mezzo, Chastity udì quella parola ormai dimenticata. Sposami.
Nessun principe, nessuna ambientazione romanticamente Regency, nessun uomo d’onore o pazzo d’amore. Soltanto una decisamente più prosaica festa di addio al nubilato e un ragazzo praticamente sconosciuto e paurosamente ubriaco.
Il mattino dopo lui non avrebbe ricordato nemmeno il suo viso e probabilmente nemmeno il bacio che le aveva rubato, prima di finire a sedere sul pavimento per la sua spinta.
Si era ritrovata a dividere la stanza con la cugina della sua vicina di casa, una ragazza simpatica e – Dio ti ringrazio – decisamente diversa dalla futura sposina.
Avevano chiacchierato mentre si preparavano per scendere a colazione e si era trovata stranamente a suo agio con lei, grazie probabilmente ai suoi modi diretti e irriverenti.
“Buongiorno moglie di Tony!” L’aveva salutata così, sbadigliando e sorridendole dalla porta del bagno.
“Credo di essere già tornata una donna libera, il mio promesso difficilmente ricorderà qualcosa della notte scorsa.” O così almeno sperava, soprattutto per non doverlo affrontare al tavolo della colazione.
D’altronde erano appena le dieci di mattina ed era alquanto improbabile che fosse già sveglio.
Improbabile ma non impossibile.
Chastity, infatti, lo trovò seduto a divorare ciambella e biscotti, non appena lei e l’altra ragazza entrarono nella piccola stanza al piano terra del Bed&breakfast, accolte dalla proprietaria che le interrogò gentilmente sulle loro preferenze per la colazione.
“Ciao Agatha! Per fortuna ci sei tu, avevo paura che Andrew mi avesse piantato in asso qui da solo, fuori non c’è la sua macchina.”
Tony salutò soltanto l’altra, perché probabilmente l’aveva conosciuta prima e da sobrio. Era perfettamente logico ma Chastity non riuscì ad evitare di sentirsi in qualche modo ferita.
“I due piccioncini sono tornati a casa, ti hanno affidato a me per avere un passaggio. Ti trovo bene, non si direbbe che poche ore fa eri ubriaco fradicio.” Agatha andò a sedersi allo stesso tavolino tondo, di fronte a Tony. A Chastity non restò che seguirla in silenzio e sedersi accanto a lei.
“Baby, non sottovalutarmi. Sono abituato a riprendermi in fretta.” Poi finalmente adocchiò Chastity, strizzando gli occhi come se stesse cercando di ricordare.
“Non mi presenti la tua amica?” Esperimento fallito, a quanto pareva.
“Chastity, tua moglie. Mi ha aiutata a non farti cacciare dal locale e a portarti qui a piedi mentre barcollavi e volevi abbracciare perfino i lampioni.”
“Che ho combinato di disastroso?” Domandò, incerto.
“Oh, niente. Le hai solo chiesto di sposarti, poi l’hai baciata.” Agatha scrollò le spalle incurante, servendosi un pezzo di dolce.
“Ma dici sul serio?” Tony guardò Chastity per un istante.
“Oh yes, baby.” Agatha addentò la crostata, con un sorrisetto.
Stanca di essere ignorata e trattata come se fosse invisibile, Chastity si schiarì la voce e decise di intervenire ma venne interrotta da Tony.
“Mi dispiace, Chastity. Di solito reggo bene l’alcol, temo di aver esagerato più del solito.”
“Ah quindi sei abituato a bere così tanto?” Domandò, con una vena polemica non voluta ma scatenata dall’irritazione e dall’imbarazzo.
“Non così tanto, di solito smetto prima di rischiare di non ricordare come aprire la cintura dei pantaloni.”
L’arrivo di tè e cappuccino evitò a Chastity di dover replicare. Si limitò a stringere il bordo della tovaglia di lino con i pugni, irritata e offesa.
Era stata baciata da un ragazzo che era talmente ubriaco da non ricordarsi nemmeno di averla mai conosciuta. Ragazzo poi… probabilmente aveva quasi trent’anni ed era un uomo, pur comportandosi con l’incoscienza di un ragazzino.
Chastity si concentrò sul suo cappuccino, assaggiando appena un paio di biscotti casalinghi. In un’altra situazione li avrebbe apprezzati così tanto da chiedere alla cuoca la ricetta.
Amava i dolci, mangiarli e soprattutto cucinarli, quando ne aveva l’occasione. Suo padre, però, sempre ipercritico e talmente ipocondriaco da essersi convinto di avere il diabete, a dispetto degli esami che dimostravano il contrario, non faceva che sbuffare se la vedeva cucinare torte o biscotti.
Non le restava che trovare qualsiasi scusa o ricorrenza per potersi mettere all’opera e quei biscotti sarebbero stati perfetti per la festa di Natale all’asilo.
Se non avesse amato così tanto i bambini da essere felice del suo impiego come maestra d’asilo, avrebbe senz’altro cercato lavoro in una pasticceria.
Aprirne una tutta sua era fuori discussione, non aveva soldi a sufficienza nemmeno per vivere da sola. Così si era convinta, evitando di informarsi sugli affitti, perché sua madre sarebbe morta di crepacuore vedendola uscire di casa non sposata.
Sua madre era una signora dolce e premurosa, ma sembrava non essersi mai adattata al nuovo secolo. L’aveva cresciuta con continui ammonimenti sul comportamento corretto da tenere con gli uomini, per non farsi usare e trattare da svergognata.
La verginità era un dono di nozze, l’unico vero dono che una donna potesse fare al marito.
Chastity aveva imparato molto presto che la visione di sua madre era anacronistica ed eccessiva ma si era trovata, suo malgrado, a non avere alcuna reale occasione per contraddirla.
Sarebbe stato perfino difficile farlo, non avendo mai potuto partecipare a feste che si protraessero oltre la mezzanotte. Nemmeno l’arrivo della maggiore età aveva cambiato le cose perché il motto di suo padre “casa mia, regole mie” era difficile da dimenticare.
“Chastity, tu sei venuta in auto con le altre?” Agatha le toccò il braccio, distogliendola dalla contemplazione delle briciole dei biscotti con cui stava giocando distrattamente, formando disegni astratti sulla tovaglia.
“No, sono venuta in autobus. La fermata non è molto lontana.” Le sorrise, un po’ a disagio.
“Ti riaccompagno io, via Pincherle non è distante da casa mia.” Non aveva avuto bisogno di dare ad Agatha il suo indirizzo, lo conosceva bene essendo lo stesso di sua cugina.
“Via Pincherle? E’ a duecento metri dalla mia officina. Puoi lasciarmi lì, Agatha, dovevo comunque passare a controllare un paio di cose.”
Chastity evitò di guardare Tony, era stata molto brava ad ignorarlo nell’ultimo quarto d’ora e non voleva rovinare tutto proprio alla fine.
Tra i fumi dell’alcol lui le aveva detto di essere un meccanico, o almeno lei l’aveva dedotto tra le righe di una sua battuta indecente riguardo la sua capacità di saper metter mano molto bene negli anfratti caldi, come i cofani delle auto. Non aveva capito però che l’officina era di sua proprietà.
Un onesto lavoratore e probabilmente bravo nel suo mestiere, al punto da saper gestire una sua autofficina. Che bisogno aveva di ubriacarsi a quel modo?
Chastity non aveva mai compreso l’attrattiva dell’alcol, forse perché non ne aveva nemmeno avuto l’occasione.
Scacciò quel pensiero, come faceva sempre quando la realtà dei fatti le dimostrava di aver sempre vissuto troppo lontana dallo stile di vita dei suoi coetanei.
Agatha e Tony si stavano accordando sul ritorno e lei tentò di rifiutare il passaggio, ringraziando Agatha per la sua gentilezza. Non aveva alcuna intenzione di rimanere un’ora in auto con quel tizio.
“Ma non esiste proprio! Andiamo nello stesso posto, non ha senso che io ti lasci ad aspettare un autobus in mezzo al nulla di domenica mattina!”
Tentò di rifiutare ancora ma capì in fretta che la gentile Agatha non era donna da essere contraddetta, con buona pace del suo bravo fidanzato.
Chastity si ritirò in camera, nell’attesa che la sposina e le damigelle facessero la loro comparsa per poterle salutare. Non aveva nemmeno idea di cosa avessero fatto, una volta rimaste sole al locale, o quando fossero rientrate. Probabilmente ben oltre l’alba, considerando che alle undici e trenta di mattina non avevano ancora dato segni di vita.
Agatha sbuffò spazientita, orma stanca di aspettare in camera, dove era arrivata dieci minuti dopo Chastity.
“Vado a bussare e dico che ce ne andiamo. Mia cugina è capace di svegliarsi oggi pomeriggio.”
Da dietro le spalle di Agatha, Chastity vide la porta aprirsi per lasciar comparire dal buio pesto della stanza la futura sposa, ridotta uno straccio, con il trucco colato, le occhiaie e i capelli sporchi di qualcosa di fosforescente, come i pennarelli che faceva usare ai bambini per far brillare i disegni al buio.
Non osò nemmeno immaginare come potesse essersi ridotta in quel modo e non ne ebbe nemmeno il tempo perché Agatha la salutò in modo sbrigativo, ripetendole le stesse cose tre volte prima di ricevere un cenno di comprensione che era in realtà più simile ad uno spasmo muscolare.
Raggiunsero Tony sul divanetto accanto alla reception, commentando perplesse l’origine della sostanza luminescente.
“Per fortuna il matrimonio è tra due settimane, almeno avrà il tempo per qualche seduta di emergenza dall’estetista. O forse dall’esorcista.”
Chastity ridacchiò complice, stupita ma non così tanto di trovare anche Agatha poco propensa a sopportare la cugina. Erano vicine di casa da sempre e non avevano mai legato, non aveva nemmeno compreso il motivo di quell’invito all’addio al nubilato, forse perché i suoi genitori erano invitati al matrimonio e lei era stata inclusa, per forza di cose, nell’invito, vivendo ancora con loro.
Aveva cercato di declinare cortesemente, non volendosi presentare al matrimonio senza accompagnatore e per giunta insieme ai propri genitori.
Era scortese rifiutare un invito a nozze, le aveva ripetuto sua madre, allo sfinimento. L’aveva perfino sentita dire alla madre della sposa, incontrata probabilmente non per caso vicino alla siepe divisoria, che Chastity era timida e che stava fingendo di rifiutare quell’onorevole invito perché non conosceva così bene la sposa.
Ed ecco che si era trovata invitata all’addio al nubilato, grazie allo zampino delle due madri, ci avrebbe scommesso.
Da un paio di anni, i suoi genitori avevano allentato le catene, lasciandola libera di uscire quanto e come voleva, tanto ormai non aveva quasi più amici, stanchi dei suoi continui rifiuti.
Una festa di addio al nubilato doveva essere, a rigor di logica, considerata comunque scandalosa da sua madre e aveva cercato di farlo presente, non gradendo per nulla la compagnia, aldilà della possibilità di passare finalmente un sabato sera in un locale.
“Non essere sciocca, Chastity! I nostri vicini sono persone rispettabili e non permetterebbero mai che accadesse niente di disdicevole alla festa della figlia.” La risposta assurda di sua madre le aveva tolto la voglia di ribattere, inutile farle notare che i genitori avrebbero avuto ben poca voce in capitolo su quel genere di ritrovo, lungi dall’essere una formare festa di fidanzamento.
Per chi, come i suoi genitori, era abituato a essere incluso, a forza più che per spontanea iniziativa, nella vita e in ogni singola scelta della propria figlia, era impensabile ragionare in altro modo.
“Abbiamo avvisato la sposa di Belfagor, possiamo andare.”
Tony si alzò, sorridendo e avviandosi alla porta. “C’erano anche le due conigliette alla ricerca dell’amico gay di tendenza?” Si riferiva alle due amiche della sposa, che si erano contese Tony per qualche minuto, credendolo il compagno di Andrew.
“Penso che fossero ancora in coma, oppure hanno trovato qualcuno che ha saputo fingersi gay fino al momento opportuno.” Osservò Agatha, avviandosi verso la sua auto.
“Non è qualcosa di così palese, non ho mai visto nessuno andare in giro con un cartello con su scritto: “sono etero” oppure “sono omosessuale”.” Chastity si sentì in dovere di intervenire, standole a cuore l’argomento.
“No, infatti. Hai ragione.” Agatha le sorrise, facendole segno di salire in macchina.
Scelse il sedile posteriore, lasciando a Tony il sedile del passeggero.
“Il mio amico Robert continua a ricevere avances da molte ragazze, pur essendo felicemente fidanzato con un uomo straordinario, un chirurgo giovane ma già molto noto.”
“Ah ecco perché ti eri scaldata tanto, pensavo che volessi difendere la categoria per motivi personali.” Tony le sorrise dallo specchietto, un sorriso tranquillo e rilassato senza malignità.
“Infatti, è un motivo personale. Robert è un caro amico da anni.” Non si accorse subito di non aver compreso pienamente il commento di Tony, fu l’occhiataccia che Agatha gli riservò a farle accendere la lampadina.
“Oh. Tu credevi che io fossi…” Non riuscì a continuare perché subito Tony aveva alzato le mani per difendersi e si era girato verso di lei.
“No no, ma non ci sarebbe stato nulla di male, eh!” Evitò di commentare ancora, sembrava comunque sincero e dispiaciuto per l’equivoco.
“Soltanto… così si sarebbe spiegata l’altra notte.” Lo sentì sussurrare, a malapena, mentre Agatha avviava il motore.
“Ascoltiamo un po’ di musica?” Anche Agatha doveva averlo udito, perché scattò troppo velocemente ad accendere l’autoradio.
“Come scusa?” Chastity si sporse tra i due sedili, infiammata.
“Nulla… ho solo pensato che… Ok, non ricordo praticamente nulla della scorsa notte ma a quanto pare ci ho provato con te e anche parecchio… Però mi sono svegliato da solo e Agatha ha dormito con te.”
“Oh Santo cielo!” Chastity si lasciò andare contro il sedile.
“Tony, chiudi la bocca che è meglio.” Gli consigliò Agatha mentre si immetteva sulla provinciale.
“Ho offerto ad Agatha di dormire nella mia stanza, una doppia tra l’altro, per non lasciarla in una matrimoniale con un tizio ubriaco fradicio!” Indignazione e incredulità la spinsero ad alzare il tono della voce, sovrastando quella del dj alla radio.
“No ma non volevo intendere questo!” Rise per un istante. “Lo so che Agatha è fidanzata, con un uomo, almeno penso.” Guardò Agatha, che scosse il capo, sbuffando.
“Allora cosa volevi intendere? Non capisco.” Chastity incrociò le braccia, nervosa.
“Che non eri nel mio letto…”
“Non ci posso credere. Sei uno di quegli uomini che crede di essere così irresistibile da trovare scuse assurde di fronte ad un rifiuto?”
“Quindi ti ho chiesto di venire a letto con me?” Si informò, incurante della sua accusa.
“Certo che no! Mi hai baciata senza il mio consenso e ti ho spinto via.” Si sentì arrossire, per l’imbarazzo e la rabbia.
“Ma ti ho chiesto di sposarmi, no? Ci sarà pur stato qualcosa di fisico, un momento di tensione erotica.”
Non poteva credere alle sue orecchie, non avrebbe mai immaginato di dover sostenere un simile dialogo con uno sconosciuto.
“Continuavi a cercare di abbracciare tutto, persone e oggetti inanimati e a dire che volevi bene a tutti, al mondo intero. Se quelle tu le chiami proposte, allora le hai fatte ad un signore in pigiama, al suo cane che faceva pipì, a cinque o sei lampioni e al tuo amico Andrew.”
“Minchia, ero veramente ridotto male. Ok, come non detto. Scusami ancora, è tutto a posto.” Si allacciò la cintura, soddisfatto di quel chiarimento, mentre lei fumava ancora di rabbia.
Che razza di cafone! Rimase a fissare fuori dal finestrino, cercando di sbollire la rabbia e contando i minuti di viaggio rimasti per potersi liberare di quell’individuo.
Anche Agatha evitò di coinvolgerla in una conversazione, rimanendo concentrata sulla strada e lasciando alla radio il dovere di riempire il silenzio.
Scambiò soltanto qualche colorita opinione con Tony su Julia e Andrew, la coppia di migliori amici appena diventata coppia di fatto. Julia era collega e amica di Agatha e Andrew era amico di Tony da anni.
Ecco spiegato come facesse Agatha a conoscere un individuo come quel meccanico rozzo e maleducato.
“Siamo arrivati, puoi accostare qui. Grazie mille per il passaggio, Agatha.” Non era mai stata così sollevata all’idea di rivedere casa propria come quel mattino.
Scese a recuperare la sua valigia dal bagagliaio e si ritrovò Tony accanto.
“Volevo chiederti scusa, è evidente che ho detto qualcosa che ti ha fatta arrabbiare.” Un genio di perspicacia.
“Grazie per essertene accorto.” Osservò con sarcasmo, ottenendo in risposta un sorriso grato come se fosse veramente riconoscente per il suo ringraziamento.
“Posso offrirti qualcosa per farmi perdonare? Un caffè, un gelato, una pizza, una cena… un orgasmo.”
Chastity quasi si strozzò deglutendo e tossì in modo convulso, aiutata da qualche pacca non troppo delicata sulla schiena, esattamente all’altezza del gancio del reggiseno.
“Non ti incomodare… Mi bastano le scuse, grazie.” Si sentì troppo simile a sua madre a rispondere in modo così compito e virginale ad un’offerta sessuale.
D’altronde, non era abituata ad avere a che fare con qualcuno così sconvolgentemente diretto e privo di ritegno.
“Se cambi idea…” Aprì il portafoglio, estratto dalla tasca con gesto fluido e ammiccante.
Prima che potesse trovare una scusa per defilarsi, si ritrovò in mano un biglietto da visita dell’autofficina di Tony.
“Chiamami.” Le fece un inaspettato e piuttosto umido baciamano, lasciandola poi impalata sul marciapiedi.
Salutò con un cenno Agatha che cercava di trattenersi dal ridere, non riuscendoci, e poi si diresse verso la porta di casa.
Prima di infilare il biglietto nella borsa, già decisa a liberarsene gettandolo nel cestino, lo voltò per puro scrupolo, trovandoci una sorta di minicalendario dell’anno artificialmente impresso sulla t-shirt bagnata di una maggiorata. Lo sfondo di un seno prosperoso e dell’alone scuro dei capezzoli era facilmente visibile, nonostante i numeretti dei giorni e la ripartizione in mesi.
Non sapeva se ridere o indignarsi, troppo codarda per lasciarsi sfuggire pienamente il sorrisetto incredulo che tentava di fare capolino. Infilò il biglietto al sicuro nella tasca interna della borsa prima di aprire la porta di casa, l’ultima persona al mondo che avrebbe dovuto trovarlo era la sua pudica madre.
Non c’era alcun pericolo che avesse la tentazione di chiamarlo né c’era il rischio di incontrarlo per caso, se non era mai accaduto prima, nonostante la vicinanza dell’officina a casa sua.
“Oh Chastity! Per fortuna che sei tornata! Devi prendere la bicicletta e portare la teglia di pasta al forno a zia Margareth!” Appena tornata a casa e già iniziavano le richieste, come al solito.
“Non poteva portarla papà stamattina, di ritorno dal centro?” Come aveva sempre fatto praticamente ogni domenica, da anni.
“Stamattina non è riuscito a far partire l’auto, il vicino ha provato con i cavi ma sembra che non sia la batteria. Dobbiamo trovare un meccanico onesto, l’auto è vecchia e le riparazioni sono costose. Quest’anno abbiamo dovuto anche rifare il tetto! Poveri noi!”
Chastity sospirò, incapace di affrontare l’ennesimo dramma economico, ingigantito come sempre da sua madre.
Aveva appena promesso a se stessa che non avrebbe mai più rivisto Tony, senza contare che non poteva certo conoscere la sua reale abilità o onestà come meccanico.
Però forse le avrebbe fatto un prezzo di favore per scusarsi o per provarci con lei. Sembrava il genere di uomo che ci prova anche con una bombola d’ossigeno, pensando che potesse respirare per magia.
Si sarebbe trattato solamente di chiamarlo e di chiedergli cortesemente di passare a rimorchiare… l’auto, non lei.
Con la mano già istintivamente infilata nella tasca interna della borsa e le dita che scorrevano sul lucido bigliettino indecente, Chastity prese un bel respiro per farsi coraggio.
“So io chi chiamare.” E che il cielo me la mandi buona, aggiunse tra sé.




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Capitolo 2
*** Chi trova un amico trova un meccanico ***


Capitolo 2


Iniezione d'amore



CAPITOLO 2
Chi trova un amico trova un meccanico


“Tony… Sono Chastity.” Le tremava un po’ la voce e non era soltanto per il freddo pungente di quella mattina di tardo autunno.
Aveva deciso di telefonare mentre andava alla fermata dell’autobus, sia perché probabilmente l’officina aveva appena aperto, sia perché non voleva che sua madre ascoltasse la loro conversazione.
“Che bella sorpresa! Ti mancavo già così tanto?” Era la reazione che si aspettava, ma questo non le impedì di sospirare e alzare gli occhi al cielo.
“Veramente… ti ho chiamato perché l’auto di mio padre non parte più e…”
“Oh baby! Non era necessario manomettere la macchina del papi per sentirmi!”
L’irritazione vinse la battaglia interiore sia contro l’incredulità che contro il sottile divertimento per quel tono convinto che lui aveva usato.
“Io non ho manomesso un bel niente! Fino a prova contraria questo è il numero della tua autofficina e io sono una cliente!” Non avrebbe dovuto stizzirsi così tanto, considerando che le serviva un favore e un prezzo d’amico.
“Ok, dimmi tutto.” Non sembrò essersi veramente offeso ma adottò un tono quasi professionale.
“Non dà segni di vita da ieri mattina, non sembra essere la batteria. Quindi temo che vada…” Non le usciva proprio la parola rimorchiata, non al telefono con Tony.
“Tra cinque minuti arrivano i ragazzi e posso uscire a prenderla, mi aspetti?”
“Veramente io non sono a casa, sto andando al lavoro. Suona al numero dodici, c’è mia madre e ti dirà tutto lei.” Non si azzardò a chiedergli di non fare battute con sua madre, totalmente priva del senso dell’umorismo.
“Speravo di vederti… Che peccato.” Sembrava davvero deluso, oppure era bravo a farlo credere.
“Ecco… Volevo anche chiederti se potevi dare prima un’occhiata alla macchina e farmi un preventivo della spesa. Ha parecchi anni e…” La tolse dall’imbarazzo, comprendendo al volo ciò che intendeva.
“No problem. La controllo io personalmente prima di sera, a patto che tu venga qui dopo il lavoro, così posso riferirti il preventivo a voce.”
Istintivamente avrebbe voluto rifiutare e smascherare quel tentativo di ricatto, però aveva bisogno del suo aiuto così non le restò che accettare.
“D’accordo. Grazie… Tony.”
“Di nulla, Chastity. Per te questo e… altro. A stasera.”
Chiuse la conversazione un attimo prima di salire sull’autobus, pensierosa e accaldata. Forse non faceva abbastanza freddo da portare quella sciarpa pesante oppure il riscaldamento dell’autobus era troppo alto.
Certamente non avrebbe mai ammesso che quei modi palesemente artefatti ed eccessivi di Tony la stessero comunque destabilizzando. Per quanto tentasse di ricordare sempre che per lui era sicuramente un gioco e che era il suo modo di fare con le donne in generale, non poteva sentirsi comunque risvegliata e lusingata nel profondo da quelle attenzioni.
Dieci minuti in officina, il tempo di parlare del preventivo e delle riparazioni, poi lo avrebbe ringraziato e salutato. E non lo avrebbe più rivisto, perché sarebbe andato suo padre a ritirare l’auto, una volta pronta.
Poteva farcela, niente drammi. Non era nemmeno detto che sarebbero stati da soli, se si fosse sbrigata a prendere il primo autobus sarebbe arrivata abbastanza presto, prima che i dipendenti finissero di lavorare.
Farsi tutti quei problemi era assurdo, non era certo una ragazzina timida, era una donna con una cultura e un’educazione sufficienti a farla conversare con chiunque senza metterla in imbarazzo.
Era un rapporto cliente-fornitore. Tony era un meccanico e lei aveva un’auto da riparare.
Il suo meccanico, niente più. No, suo non era l’aggettivo giusto.

Aveva percorso in fretta i metri che separavano la fermata dell’autobus dall’autofficina, sperando di trovarla ancora nel pieno dell’attività. O forse sperando il contrario.
Era stata inquieta tutto il giorno all’idea di rivedere Tony, inquieta non elettrizzata. Così almeno si ripeteva.
Nell’istante in cui adocchiò l’insegna luminosa, vide due uomini uscire, in tuta da lavoro e con uno zainetto in spalla. Era arrivata tardi, avrebbe trovato solo Tony ad aspettarla.
Indugiò per qualche istante all’ombra di un cassonetto, scegliendo il momento sbagliato per farsi coraggio e avvicinarsi all’entrata. Tony era appena apparso sulla porta per richiamare uno dei due dipendenti e ricordargli di finire il lavoro sulla Mercedes il mattino successivo.
Mentre stava per rientrare, la vide e le sorrise.
“Eccoti qui, dolcezza. Entra pure.” Rimase sulla soglia del portone, indicandole elegantemente con un braccio l’interno, come se fosse stato un salone da ballo.
Doveva smetterla di leggere romanzi storici, assolutamente.
“Ciao, Tony. Tutto bene?” La buona educazione prevalse sull’imbarazzo.
“Ora che sei qui molto più che bene. Tu?” Era partito subito in quarta.
“Sto bene, grazie. Sei riuscito a controllare l’auto di mio padre?” Arrivò subito al sodo, stringendosi nel cappotto e guardandosi intorno un po’ nervosa.
“Certo, te lo avevo promesso. Purtroppo il guasto è…”
“Scusami se ti interrompo ma sono veramente ignorante in materia e so che non dovrei svelarti la mia inesperienza però, ecco, mi fido e so che sarai onesto con me…” O almeno sperava che lo avrebbe spinto ad esserlo, in quel modo.
Certo, usare la parola “inesperienza” era stato quanto di più sbagliato potesse fare, d’altronde di fronte a Tony ogni parola sembrava assumere connotati sessuali e lei finiva inspiegabilmente ad usare proprio quelle peggiori.
“Non mi approfitterei mai della tua… inesperienza.”
Stava parlando di lavoro, nient’altro. Non c’era alcun riferimento alla sua verginità, come avrebbe potuto d’altronde? Non aveva scritto in fronte “Intonsa”!
“… parecchie ore di lavoro e quindi…” Tony aveva ripreso a parlare e lei si era distratta, rischiando di fare la figura della stupida.
Annuì, fingendosi attenta.
“La cifra finale, manodopera compresa, sarebbe sui cinquecento…”
Quello l’aveva compreso, suo malgrado. Probabilmente sbiancò perché Tony la guardò in modo strano, un po’ dispiaciuto.
“Ok.” Deglutì e cercò di darsi un contegno. “Quanti giorni servono per il lavoro? Va bene un assegno? Passo a portartelo io, prima che sia pronta. A mio padre però dirai un’altra cifra, se non ti spiace.” Aveva deciso su due piedi, non voleva sentire sua madre lamentarsi e piangersi addosso per giorni, aveva comunque qualche soldo da parte, oltre a quelli che dava in casa ogni mese.
“Vuoi pagare tu? E perché mai? La usi anche tu?” Sarebbe stato troppo facile se avesse accettato senza fare domande.
“No, veramente non ho nemmeno la patente.”
“Allora perché? Non capisco…” E lei non poteva spiegargli le dinamiche interne alla sua famiglia, ci sarebbero voluti giorni e non erano così in confidenza.
“So che ti sto chiedendo di mentire ad un cliente, prova a fingere che l’auto sia mia e che mio padre passi soltanto a prenderla.” Forse avrebbe dovuto mentirgli fin dall’inizio e farglielo credere.
Tony scosse la testa, perplesso. “Vieni con me.”
Si avviò verso il fondo dell’officina, verso quello che sembrava un piccolo ufficio.
Quando fu sulla porta si accorse che era veramente piccolo e ingombro, pur essendoci solo una scrivania, due sedie e un piccolo schedario. Le pareti erano così piene di fogli e calendari da impedirle di vedere il laminato a cui erano attaccati.
Tony stava digitando qualcosa al computer, che lei non aveva nemmeno notato, sommerso com’era da pile di fogli sulla scrivania.
“Ecco, guarda qui.” Girò lo schermo verso di lei, che si sporse di poco e lo fissò, confusa.
“Questo è il ricambio che serve e quello che vedi è il prezzo del mio fornitore. Tutto il resto sono le ore di lavoro per montarlo, che sono parecchie.” Le stava spiegando dove avrebbe speso i soldi, gli fu grata per quello pur non capendoci granché.
“Va bene. Non… ti stavo chiedendo uno sconto, so che le ore di lavoro vanno pagate.” Spiegò, gesticolando nervosamente.
“Questo è il prezzo che dirò a tuo padre.”
“Ah, ok. Sì mi sembra sensato, almeno avrai una base di verità a cui appoggiarti.” Convenne.
“E questi sono i soldi che sarà lui a darmi.” La guardava in modo strano, come se stesse cercando di farle capire qualcosa.
“Il resto lo coprirò io, va bene.” Era sensato, avrebbe evitato di inventarsi qualcosa a casa.
“No. Ti chiedo solo il prezzo di costo del pezzo. Il lavoro lo farò io personalmente e non dovrai pagarmelo.”
A quel punto, Chastity si bloccò e lo guardò socchiudendo gli occhi.
“E perché mai dovresti farmi un favore di questo tipo?” Senz’altro avrebbe voluto qualcosa in cambio e se la richiesta fosse stata di natura sessuale, come temeva, se ne sarebbe andata all’istante a cercare un altro meccanico.
“Ti chiedo solo, in cambio…” Eccolo là, prevedibile.
“Non ho alcuna intenzione di venire a letto con te per ripagarti il lavoro, ho i soldi per pagartelo senza dover svendere il mio corpo.” Fiera e impettita, fu tradita solo dal rossore sulle guance.
“Ma per chi mi hai preso? Ti stavo chiedendo in cambio di venire a cena con me, nient’altro!” Si era risentito e a lei non rimase che pregare di sprofondare nei meandri della terra per nascondere l’imbarazzo.
“Oh.” Sospirò, guardandosi la punta degli stivaletti.
“Prometto di non bere e di evitare proposte di matrimonio.” Le fece un gran sorriso, come se avesse già dimenticato il risentimento per la sua accusa.
“Scusami se ho pensato male…” Scusarsi era il minimo.
“Tranquilla, non mi sono offeso. Se poi ci scapperà un dopo-cena a letto, non dovrai considerarlo come il pagamento del lavoro.”
Scusarsi era stato inutile, più che altro. Era veramente incorreggibile, se mai riusciva a comportarsi da gentiluomo per cinque secondi, mandava tutto all’aria con un’uscita imbarazzante subito dopo.
“Se hai questo genere di… aspettative.” Sussurrò tra i denti. “Non mi sembra il caso di accettare.”
“Non volevo offenderti! Non sembri il tipo che la dà al primo appuntamento, volevo solo mettere in chiaro che, se ti andasse di farlo non dovresti sentirti frenata dall’idea di considerarlo un… pagamento in natura.”
Chastity alzò le mani come per allontanarlo e farlo tacere nello stesso momento, scosse il capo e prese un grosso respiro.
“E’ evidente che non ci capiamo, perciò possiamo evitare l’argomento e basta? Fai il lavoro, ti porterò l’assegno. Fammi solo sapere l’importo esatto, ti lascio il mio numero. Basta un messaggio.” Si avvicinò alla scrivania, cercando un foglietto su cui scriverlo.
“Chastity, perché non vuoi uscire a cena con me? Mi trovi così brutto?” Le domandò, con l’aria di un bambino offeso dall’amichetto prepotente.
“Tony, senti…” Deglutì, poggiandosi con le mani alla pila di fogli sul margine della scrivania.
Alzò gli occhi, decisa a parlargli chiaramente, guardandolo in viso. “Per te è tutto un gioco ma io non sono quel genere di donna… Non sentirti offeso, credo solo che cerchiamo… cose diverse.”
Io l’amore e tu il sesso. Non l’aveva detto ma era sottointeso.
“Quindi un po’ ti piaccio…” Le diede un colpetto al gomito con la mano, come per punzecchiarla mentre sogghignava.
Era più difficile parlare con lui che con i suoi bambini all’asilo.
“Dammi un foglio, ti scrivo il numero e vado.” Inutile girarci ancora intorno.
“Non ho intenzione di farti pagare la manodopera.”
“E io non ho intenzione di venire a cena con te per non pagarla.”
Erano in una fase di stallo, difficile uscirne. In quel momento, una voce proveniente dall’officina, mise in pausa lo scontro titanico.
“Tony? Dove sei?”
“Sono qui, Andrew.” Gli rispose, continuando a fissarla.
Andrew, l’amico che aveva accompagnato a quell’addio al nubilato. Il fidanzato dell’amica di Agatha. La causa di tutto, era colpa sua se lei aveva conosciuto Tony.
“Senti, non è che…” Andrew si interruppe, scorgendola dalla porticina dell’ufficio.
“Oh, sei in compagnia. Chastity?” La guardò, sorpreso e incuriosito.
“Ciao, Andrew. Julia sta bene?” Si sforzò di essere cortese, non aveva granché senso mostrarsi ostile con lui, certamente non poteva intuire il suo risentimento.
“Sì sì. Sta facendo la spesa al supermercato qui vicino, sono passato per chiedere in prestito a Tony...”
“Andrew, sai che sei come un fratello per me ma certe cose non si condividono. Se vuoi qualche nuovo giochino vibrante posso farti fare lo sconto da Tatiana.”
“Volevo solo gli attrezzi per smontare il rubinetto del bagno!” Andrew lo fulminò, guardando di sottecchi la reazione di Chastity che si stava sforzando di non diventare paonazza e soprattutto di non ridere.
Perché, a prescindere dalla sua educazione, non riusciva ad ammettere di trovare esilaranti quelle uscite sboccate e pericolosamente serie di Tony.
“E allora potevi dirlo subito, no! E’ il rubinetto di Jules? Vuoi fare l’uomo di casa sperando che lei ti ringrazi a modo suo?” Ammiccò, ridendo.
Andrew sembrò in imbarazzo, sorrise appena. Probabilmente Tony aveva visto giusto e se lei non fosse stata lì con loro, l’avrebbe ammesso apertamente.
“Prendi quella cassetta rossa sullo scaffale qui fuori a destra. Dovrebbe esserci tutto, sono gli attrezzi che ho usato per controllare il sifone della pollastra che abita di fronte a me.”
Al contrario di Andrew, che cercava di comportarsi educatamente di fronte a lei, Tony non sembrava per nulla preoccupato di risultare sgradevole.
“Ok, grazie amico. Ti devo un favore. Ciao, Chastity.” Le sorrise, ancora palesemente incuriosito dall’averla trovata lì da sola con Tony.
“Salutami Julia.” Al nome della sua ragazza, Andrew si aprì in un sorriso enorme e la ringraziò, prima di sparire insieme alla cassettina rossa.
“Scusa l’interruzione, Andrew è come un fratello per me.”
“Lo avevo capito. Comunque ora devo andare.” Afferrò un foglietto bianco, che aveva individuato mentre fingeva di non ascoltare lo scambio colorito tra i due amici, e ci scrisse velocemente il suo nome e numero.
“Un sms con l’importo esatto e l’intestazione per l’assegno.” Lo consegnò a Tony che la stava guardando in modo così serio e corrucciato da farle temere che sarebbe esploso per la concentrazione.
“Sei proprio decisa ad evitarmi, eh? Non mi dai nemmeno una possibilità? Voglio solo conoscerti, due chiacchiere a cena e ti riporto a casa. Credi forse che potrei allungare le mani o approfittarmi di te? E’ colpa di quel bacio che ti ho rubato da ubriaco? Non toccherò nemmeno un goccio di vino a cena, te lo prometto.”
“Tony…” Iniziò ma non seppe come continuare, toccata dal suo discorso.
“Abbiamo modi di vedere le cose così differenti che continuiamo a fraintenderci e offenderci senza volerlo. Non funzionerebbe.” Concluse alla fine.
“Ho capito. Quindi, siccome non sono materia da fidanzamento, non posso nemmeno esserti amico?” Come era possibile che stesse riuscendo a far passare lei come la cattiva della situazione, quando era palesemente lui quello che si comportava in modo assurdo?
“E lavoreresti gratuitamente per ore, soltanto per uscire a cena con un’amica?” Lo interrogò, scettica.
“Certo. Chiedi ai miei amici, sono sempre qui a farmi lavorare sulle loro auto e in cambio mi pagano giusto il pranzo del sabato da Burger King sulla statale.”
“Quindi se offro io la cena, siamo pari?” Tentò.
“No, perché io ti ho chiesto di poterti invitare a cena, non di essere invitato. Non farei mai pagare la cena ad una donna.”
“Nemmeno se siamo solo amici?” Era improbabile riuscire ad esserlo con Tony, per come erano fatti entrambi, però sembrava comunque essere amico di Julia e Agatha, perciò escluderlo a priori sarebbe stato sbagliato.
“Una volta per uno, stavolta ti ho invitata io. Accetti, allora?”
Mai avrebbe immaginato di arrivare ad accettare e senza nemmeno sbuffare. Era improbabile che riuscisse davvero a diventare amica di Tony, in realtà non aveva mai avuto nessun amico maschio, tranne Robert.
Però non riuscì a dirgli di no, non di fronte a quel sorriso speranzoso e un po’ infantile.
Sembrava un bambinone, pur non avendone per nulla l’aspetto. Era un uomo sulla trentina, con un velo di barba scura a coprirgli le guance, corti capelli neri e spalle larghe.
Non era molto più alto di lei, una decina di centimetri in più del suo metro e sessantotto.
“Va bene.”
“Evvai!” Esultò, l’esatto opposto del comportamento di un gentiluomo.
L’opposto di ciò che aveva sempre cercato in un uomo. Quella convinzione l’avrebbe dovuta mettere al sicuro da qualsiasi improbabile e minimo interesse romantico.
“Devo andare ora, mi aspettano a casa.”
“Se aspetti cinque minuti che mi cambio, ti accompagno.” Si offrì.
“No no, è vicino. Non ti preoccupare.” Però gli sorrise, stupita e lusingata da quell’offerta premurosa.
Si guardò attorno, un po’ imbarazzata, non sapendo bene come congedarsi.
Fu un tragico errore perché il suo sguardo venne catturato dal calendario appeso alla sua destra. Miss Novembre era completamente nuda, tranne gli stivali di pelo.
“Bello, eh? Sono nudi artistici!” Tony si mosse verso il calendario, facendole maledire di essersi fatta beccare a guardarlo.
Lo tolse dalla parete e, per quanto imbarazzata, si sentì in obbligo di fermarlo. “No, ma non devi…” Stava per dire “toglierlo” ma venne interrotta dall’esposizione di Miss Agosto, illustrata da Tony con compiacimento.
“E’ il mio mese preferito, foto fighissima vero?”
Di Miss Agosto non si vedeva altro dalla vita in su, era chinata in avanti, sullo sfondo di un’artefatta spiaggia tropicale e il primo piano, lungi dall’essere il suo viso, era tutto dedicato al suo sedere e a ciò che si scorgeva nel mezzo delle gambe aperte.
Sorrideva soddisfatto mentre le mostrava quel tesoro. “Interessante.” Tossicchiò, nascondendo il viso e l’imbarazzo dietro la mano.
“C’è chi le trova volgari, ma sono foto d’arte.” Le spiegò, rimettendo il calendario e Miss Novembre al proprio posto sul muro.
“Ah sì? Pensavo che fossero più d’interesse scientifico. Questa sarebbe perfetta appesa in uno studio ginecologico.”
Tony si girò, la fissò e prese a ridere sguaiatamente, piegandosi su se stesso.
“Ma sei una forza, Chas! Chi l’avrebbe mai detto!” Le diede una sorta di amichevole pugno sulla spalla, un po’ troppo forte e improvviso tanto che lei rischiò di cadere, perdendo l’equilibrio.
“Oh cazzo, scusami! Sono abituato a metterci un po’ troppa forza con Andrew e gli altri.”
“Non fa nulla.” Si massaggiò la spalla dolorante, sforzandosi di sorridere.
“Sono capace di fare l’amico di una donna, eh. Devo solo conoscerti un po’ per sapere come comportarmi.” La rassicurò, o almeno di tentò di farlo.
“Buono a sapersi. Allora, io vado… Grazie per il favore che mi stai facendo.”
“Per gli amici sono sempre disponibile. Ti passo a prendere domani sera alle otto, va bene? Per la cena, se sei ancora d’accordo.”
“Va bene. Fammi uno squillo quando arrivi, così scendo.” Non sarebbe stato il caso di presentarlo ai suoi genitori. Non aveva mai presentato nessun ragazzo a casa, nemmeno un amico.
“Yes, baby. A domani.” Niente baciamano canonico, per fortuna.
Chastity fece un cenno con la mano e un mezzo sorriso, per poi barcollare fuori dall’officina.
Era riuscita a far spendere meno ai suoi genitori, senza intaccare i suoi già miseri risparmi, aveva chiarito con Tony e sarebbe comunque uscita a cena dopo tanto tempo.
Doveva sentirsi sollevata, a rigor di logica. Però c’era qualcosa che la turbava e che l’accompagnò fino all’ora di dormire.
Un sottile fastidio. Ma non era per il comportamento di Tony, in fondo era solo un tantino diretto e vivace ma era una brava persona e sembrava aver capito di doverla smettere con quelle finte avances.
C’erano buone probabilità che, alla fine, avesse compreso il suo volere e che, la sera dopo, si sarebbe limitato a scherzare senza eccedere né corteggiarla con i suoi modi originali.
Allora perché non si sentiva più a suo agio, più tranquilla? Al contrario, era irritata, da se stessa.
Non aveva senso, aveva ben chiaro di non volere niente di più da Tony, se anche lui avesse mai avuto qualche seria intenzione con lei, oltre al fatto di volerla seriamente portare a letto perché era donna e respirava.
Era forse stizzita perché si era preclusa così quei finti complimenti che, teoricamente, la infastidivano ma in realtà un po’ la lusingavano?
Non era una gran bellezza, non era disinvolta e non aveva un bel fisico.
Aveva troppi chili in eccesso e un seno troppo prosperoso, era sì abbastanza alta ma aveva le gambe tozze e i polpacci troppo grossi.
Non era eccessivamente critica verso se stessa, aveva imparato ad accettarsi e cercava comunque di curarsi, pur non scegliendo mai indumenti troppo scollati o stretti, che l’avrebbero fatta sentire a disagio.
La realtà dei fatti era che, a parte qualche flirt adolescenziale, nessun uomo l’aveva mai veramente corteggiata e cominciava a sentirne la mancanza.
Sapeva di non dover prendere alla lettera i complimenti di Tony, probabilmente li aveva rivolti a chissà quante altre donne prima di lei.
Però… egoisticamente e stupidamente le facevano piacere. E lei li aveva rifiutati.
Lo aveva rifiutato, per timore che volesse solo una botta e via. Non sarebbe stato nella sua indole accettare una relazione del genere ma, a maggior ragione, non poteva accettarla essendo ancora vergine.
Se ne vergognava anche un po’, come avrebbe reagito lui a quella notizia, se mai lei avesse avuto davvero intenzione di concedersi?
Non aveva comunque senso perdere il sonno a interrogarsi su qualcosa che era già stato archiviato prima ancora di poter avere una possibilità.
Tony era l’opposto di ciò che cercava in un uomo ma come poteva continuare a fare confronti con quella lista mentale di qualità che aveva ricavato da uomini astratti, immaginari o di carta?
Fisicamente in qualche modo l’attraeva e quando le sorrideva apertamente, in quel modo così disarmante e quasi infantile, la faceva sentire bene.
Quel bacio che le aveva rubato in corridoio, poi… Era durato pochi secondi, il tempo di rendersene conto e di allontanarlo ma l’aveva sovraeccitata e non soltanto per la rabbia e l’indignazione, come aveva voluto far credere a tutti e soprattutto a se stessa.
Erano troppi anni che non baciava un uomo e avrebbe voluto poter rivivere quel momento soltanto per poterlo assaporare con cognizione.
Perché non ci sarebbero stati altri baci, ormai si era auto-relegata nel ruolo di amica.
Fu difficile addormentarsi quella notte, troppo presa dal nervosismo che l’irritazione verso se stessa le aveva causato.
Con quelle premesse, sarebbe stata di pessima compagnia a cena, troppo delusa da ogni allusione all’amicizia che lui avrebbe fatto.
Ben le stava, così aveva scelto.
Quello che ancora non sapeva era che Tony non aveva mai creduto all’amicizia tra uomo e donna, a meno che la donna non fosse felicemente fidanzata.




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