If only I could take your pain

di Deriama
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** But you see it's not me ***
Capitolo 2: *** If you have to go, please go quiet ***
Capitolo 3: *** When I see your smile ***
Capitolo 4: *** Until you're resting here with me ***
Capitolo 5: *** Breathe into me and make me real ***



Capitolo 1
*** But you see it's not me ***


1

capitolo: But you see it's not me

 

But you see it's not me, it's not my family
In your head, in your head, they are fighting
With their tanks, and their bombs
And their bombs, and their guns
In your head, in your head they are cryin'
In your head, in your head, Zombie, Zombie
In your head, what's in your head Zombie

 The Cranberries “ Zombie ”

 

   Era molto tardi ma Hermione non si decideva ad andare nel dormitorio, voleva aspettare Harry e Ginny dal ritorno dell'allenamento di Quidditch. Ora che Harry era diventato il capitano, ogni momento libero veniva impiegato da duri allenamenti Quidditch e tutta la squadra tornava quasi tutte le sere distrutta, irritata ed infradiciata dalla pioggia.

C'era anche un altro motivo per cui Hermione non voleva allontanarsi, lei non era la sola ad non essere a dormire. Sapeva che sarebbe durato per poco tempo la sua forzata “astinenza” da Quidditch ed era molto raro che loro due restassero da soli. Per questo Hermione doveva assolutamente cogliere al volo quell’unica occasione.

 Il coraggio però aveva bisogno di motivazioni migliori per agire, perché la timidezza di Hermione era nettamente più forte della sua spavalderia limitandola solo ad osservare imbarazzata l’altra figura nella stanza. Stava proprio davanti al fuoco sulla poltrona e lei lo scrutava di sottecchi mentre, goffamente, fingeva di leggere uno dei suoi apocalittici libri di 2000 pagine. La sua solita lettura leggera.

 Tutte le sere si riprometteva di agire ma poi finiva inevitabilmente ad imprimere nella mente - ben nascosta dal suo libro - ogni suo minimo movimento. Hermione trascorreva la serata lì imbambolata a fantasticare e formularsi nella testa tante domande senza, per una volta, risposta.

 Si chiedeva cosa ci fosse in quella testa rossa, cosa lo turbasse tanto e soprattutto perché la evitasse.

 Pareva quasi concentrato a causa del suo sguardo accigliato e impegnato, lì seduto scompostamente, indaffarato a scrivere su una pergamena e a solleticarsi il mento con la piuma. In quel momento Hermione desiderò ardentemente di poterlo capire per aiutarlo, lo voleva ma al tempo stesso sapeva che non sarebbe stata di nessun aiuto.

 Hermione si guardò furtivamente intorno costatando che erano soli nella stanza. Essendo entrambi prefetti era loro compito ogni sera completare le varie ronde per assicurarsi che nessuno sgarrasse dall’ora di rientro nella propria sala comune. Proprio un’ora prima aveva mandato in dormitorio un gruppo di ragazzini del primo anno. Nonostante fossero in due ad essere prefetti era solo lei che prendeva le decisioni o iniziative, mentre lui la accompagnava passivo immerso in chissà quali “viaggi mentali”.

 A volte le pareva di essere sola nel corridoio tanto era silenzioso il suo compagno.

 Titubante si alzò presa da un improvviso sbalzo di coraggio, ma nel momento in cui aprì la bocca per catturare l’attenzione del rosso seduto sulla poltrona arrivarono Harry e Ginny. E non erano per niente allegri…no per niente.

 “ACCIDENTI!!! Che tempo del cavolo!!!” vociò Ginny completamente fradicia.

 Era da ormai una settimana che il tempo aveva deciso di rimanere perennemente piovoso e temporalesco nonostante fosse che appena ottobre.

 “Hermione!! Guardami!!! Ormai ho le ossa annacquate !!! “ Ginny guardò allibita Hermione facendo una giro su se stessa “ è tutta colpa di Harry!! Digli qualcosa Hermione non si può andare avanti così!! Ci farà ammazzare di questo passo!!” disse esasperata.

 Harry stizzito incrociò le braccia sul petto e la guardò imbronciato “Dai Ginny non esagerare!! È solo pioggia!!! Non un uragano”

 Ginny sgranò gli occhi addosso ad Harry esterrefatta e si voltò infuriata verso Hermione “Ma lo senti Hermione? Mi dice Dai-Ginny-Non-Esagerare!!” poi cercando di darsi una calmata “No che non esagero Harry, non esagero mai”

 Harry fece un sorrisino ironico “A no?”

 “Harry! ha ragione lei, vi potreste ammalare o peggio farvi male, vuoi che tutta la squadra faccia la fine di Ron?” replicò Hermione fissando minacciosa Harry.

 C’era un limite a tutto e lei lo stava dettando.

 Hermione sapeva che erano importanti per Harry quei stramaledetti allenamenti forse, come aveva sempre sospettato, più per scaricare tutto lo stress e i sentimenti che lui provava dalla morte di Sirius. Da allora tutte le volte che provava ad affrontare l’argomento Harry diventava silenzioso e distaccato.

 Hermione ripensando a tutte le sfuriate che insieme a Ron e a Ginny aveva dovuto pazientare durante l’estate scorsa dopo la morte di Cedric, aveva sempre avuto temuto che reagisse come allora urlando e strillando contro tutto e tutti il suo dolore. Harry però aveva scelto una soluzione alternativa, la peggiore. Si chiudeva, come un riccio, in se stesso a crogiolarsi nel suo tormento interiore e non permetteva a nessuno di avvicinarsi. Hermione sapeva che Harry si sentiva responsabile della morte di Sirius e come con Ron si sentiva inutile come mai nella sua vita.

 “Grazie Hermione, sempre carina eh?…ma ti ricordo che mica l’ho voluto io di rompermi un braccio e la testa” intervenne Ron felice di poter mettere da parte la pergamena.

 Ron si alzò dalla poltrona rossa per fronteggiare Hermione, anche se con un bernoccolo e le braccia fasciate aveva molto poco di minaccioso.

 “ Sarà anche vero, ma nessuno ti ha chiesto di sbattere la testa in volo e di cadere da un’altezza di 15 metri e inoltre di svenire! Nessuno!” concluse astiosa Hermione esternando tutto il suo disappunto sull’accaduto.

 Nessuno lo sapeva ma lei in quei secondi tremava dalla paura e per tutto il pomeriggio dopo quella caduta, infatti Ron  per colpa di una forte raffica di vento e la pioggia, aveva sbattuto violentemente la testa su uno dei cerchi e, a causa dell’urto, era caduto svenuto. Hermione si era spaventata a morte vedendo che Ron non si riprendeva. Aveva visto tutto perché si trovava all’allenamento per aspettare Ginny che aveva bisogno di ripetizioni, ma era troppo scossa che aveva dovuto rimandare e scappare a calmarsi per non agitare nessuno.

 Difficile, in quel momento, capire se era più rosso il colore dei capelli di Ron o la sua faccia.

 “Così è il Quidditch Hermione… è così!!” abbaiò furioso Ron “e dovresti smetterla di additarmi continuamente come…come l’idiota del momento sempre con quel tono sprezzante” rispose rantolante Ron fissandola ostile, lei non sapeva niente! Non sapeva il vero motivo per cui era caduto svenuto.

 “Cosa stai dicendo? È colpa tua se ti comporti come un’idiota! Non scaricare la colpa su di me ora Ronald, come tuo solito!! ” urlò furiosa Hermione stufa di passare sempre come la cattiva di turno.

 “Non fare la vittima Hermione! Hai cominciato tu!!”

 “Io? Dici che i-o ho cominciato R-o-n-a-l-d? Con che coraggio lo dici…se solo un…” rispose sferzante Hermione

 “Ora basta Hermione … Ron dacci un taglio!” ordinò stanco Harry, era infastidito dalle loro continue scenate.  

 “No Harry…” disse Ron scrutando Hermione “la nostra miss so-tutto-io ha qualcosa da dirmi, vero?” chiese duramente Ron.

 “RON!! smettila” esplose Ginny fissando sbalordita Ron “ma cosa state facendo? Harry?” disse in direzione di Harry che fissava preoccupato Hermione.

 “Non chiamarmi così!!” ringhiò Hermione trattenendo a stento i tremiti “come ti permetti” chiese improvvisamente arida.

 “Mi permetto eccome Hermione” rispose guardandola dall’alto del suo metro e ottanta “perché sono stufo di sentirmi…ecco…così” rispose incerto Ron improvvisamente rosso in zone orecchie.

 “Così come? La colpa è solamente tua Ron!! Sei tu un incapace, punto!! Anch’io sono stufa di dover sempre litigare con te!! Nonostante io ti aiuti continuamente tu hai il coraggio di dirmi che ti faccio sentire un idiota… forse perché lo sei? Te lo sei mai chiesto? Eh?” concluse Hermione ansimante per lo sfogo violento.

Forse aveva esagerato, Hermione non lo reputava un idiota ma quando parlava così era molto vicino ad esserlo.

 Ron dal canto suo, dopo la risposta secca di Hermione non aveva proferito parola. Il suo rossore era sparito lasciandolo pallido e all'improvviso stanco. Ron sentiva che quelle parole erano vere e in quel momento qualcosa di sottile, sotto le fasce, gli stava ferendo le braccia. Il dolore era forte, ma mai così intenso come la tristezza che si stava imprigionando di lui.

 “Bene direi…siamo tutti d’accordo allora” disse mestamente non sapendo più come ribattere a dovere, cosa poteva dire? Lo considerava un’incapace idiota. Considerando poi che non sapeva come dagli torto.  

Ron lo sapeva e doveva smetterla di illudersi che sarebbe cambiato qualcosa, rimaneva sempre il solito stupido Ron mentre lei, la splendida Hermione, sempre perfetta e affidabile che tirava tutti fuori dai guai.

 Lui cosa aveva da offrire? Il coraggio…il coraggioso era Harry, lui aveva ancora una paura fottuta dei ragni e si ostinava ad non nominare il nome di Tu-sai-chi… l’intelligenza? Nemmeno fra un milione di anni, e poi era Hermione la vera intelligente. La forza? Non era nemmeno capace di aprire un barattolo di marmellata senza la bacchetta. Sarebbe rimasto un semplice fallito per sempre.

 Era la storia della sua vita, cosa era Ron in confronto al famoso Harry e all’impeccabile Harmione? Cosa era lui in confronto a Bill? A Charlie? Perfino in confronto a Percy e a Fred e George? Tutti avevano una dote, avevano trovato la loro strada e un scopo… mentre lui rimaneva sempre indietro, arrivando ad invidiare Ginny. La piccola Ginny stava crescendo lontano da lui.

 Ron capii di essere solo.

 Ne Harry ne Hermione potevano aiutarlo. Non aveva il coraggio di confidarsi con Harry che aveva già i suoi problemi mentre Hermione… entrava nel panico ogni volta che la vedeva o la sfiorava ma soprattutto aveva paura di essere giudicato e criticato. Ron immaginava già cosa le avrebbe risposto Hermione: “Ron non essere sciocco” oppure “invece che pensare a queste cose dovresti applicarti di più!!” fino all’infinito.

 Lui non è mai stato veramente d’aiuto, geloso del suo migliore amico e innamorato di un’irraggiungibile Hermione.

 E poi c’erano loro…sempre a tormentarlo e a ricordargli che misera persona fosse.

 “ Cos- aspetta Ron!!” tentò di rimediare Hermione ma Ron ormai si stava dirigendo verso l’uscita dalla sala comune.

 La schiena di Ron sembrava vagamente abbattuta mentre si allontanava e Harry sapeva che si sentiva inferiore ad Hermione, anzi che provasse dei sentimenti diversi dall’amicizia. Ora Hermione lo stava guardando disorientata, cosa rara per lei. In quel momento Harry provò un lampo di soddisfazione vedendola così.

 “Harry…” lo chiamò Ron voltato “ Vado da Madama Chips per le bende” disse neutro tenendosi il braccio, prima di scomparire oltre il quadro.

 Era tardi, forse la mezzanotte era passata da un bel pezzo e nella sala rimasero solo Hermione, Ginny e Harry, che si lasciò cadere stanco morto sul divano che poco prima occupava Ron sperando che Hermione avesse la decenza di non chiedere spiegazioni, ma evidentemente sbagliava, e di grosso.

 Hermione lo fissava incerta.

 “Oh insomma che c’è?” brontolò Harry stufo di essere fissato così insistentemente da Hermione che però parve scossa, come risvegliata da qualche sua riflessione.

 “ P-perché ha risposto così?” domandò sempre più arrabbiata e meno turbata, tipico di Hermione ma Harry non aveva ne la forza e ben che meno la voglia di rispondere.

 Bofonchiò qualcosa che assomigliava vagamente a un lascia-perdere-che-è-meglio.

 “Hermione ascoltami…sai com’è Ron” disse Ginny cercando di riparare. Ma Hermione comunque non aveva intenzione di lasciar perdere, sapeva che Ron era cambiato dall’ultimo anno come tutti del resto, ma c’era qualcosa che allontanava loro tre dal giorno del fatto al ministero. Lei era svenuta ma sia Harry che Ron erano mutati e non per lo stesso motivo.

 Hermione poteva anche capire Harry per il suo comportamento anche se percepiva che nascondesse qualcosa, ma Ron: lui non lo capiva, a volte lui sembrava quasi trasparente. Non capiva perché a volte scomparisse per ore senza dire nulla, non capiva perché le stesse così lontano, ma soprattutto non capiva perché solo lei percepiva quelle sfumature nel comportamento di Ron. Ginny, ogni volta che le confessava le sue inquietudini rispondeva evasiva che lei non notava nulla mentre Harry, da quel poco che capiva lui e Ron non parlavano molto.

 La mattina dopo nessuno vide Ron, ne a colazione, ne a lezione. Nessuno sapeva dove fosse, ma nessuno dei professori sembrava accorgersi della sua assenza. Hermione subito dopo la fine della lezione di Trasfigurazione preoccupata e anche perché in colpa, si precipitò in infermeria dove la sera prima Ron aveva detto che andava. Ma lì non c’era e nemmeno Madama Chips.

 “Ma dov’è?” chiese poco dopo a Harry che la raggiungeva ansimante per la corsa.

 Fino a quel momento Harry non si era preoccupato per Ron nemmeno quando non lo aveva visto salire al dormitorio, ma ora era diverso sembrava scomparso e nessuno sembrava notarlo.

 “Ehi Harry!! Hermione!!” ad urlare era Ginny che agitando la mano li raggiunse.

 “Ginny per caso hai visto Ron? le chiese subito Hermione con una certa apprensione nella voce.

 “Ron? No, speravo che fosse con voi… non l’ho visto a colazione e volevo…” rispose Ginny

 “Harry forse è nella Guferia…oppure nei sotterranei…o…” farfugliò confusa Hermione non sapendo il perché ma nel profondo aveva un brutto presentimento.

 “Ok! Dividiamoci, Ginny tu vai nella Guferia, Hermione nei Sotterranei e io andrò da Hagrid” concluse asciutto Harry mentre si precipitavano nei rispettivi punti di ricerca.

 Harry non capiva perché ma la scomparsa di Ron lo aveva come svegliato da un lungo tepore, si era reso conto che da quando aveva deciso di evitare la realtà della morte di Sirius, lui evitava indistintamente sia Lupin, Tonks o il professore Moody, sia chiunque altro tentasse di affrontare il discorso. E Ron questo doveva averlo compreso perché ora a distanza di settimana dal suo arrivo alla Tana, loro non avevano mai parlato veramente. Solo le solite due parole, ma nient’altro.

 Ripensando anche durante il viaggio sull’Espresso per Hogwarts, Ron non era tornato con Hermione nella carrozza che Harry aveva occupato con Ginny e Neville, solo verso la fine del viaggio era riapparso e si era giustificato con Hermione rispondendo generico che era stato trattenuto.

 Correndo come una forsennata Hermione arrivò presto nei sotterranei e girando angosciata raggiunse l’aula di Pozioni, ma escludendo che Ron fossi lì dentro fece per incamminarsi quando sentì gridare.

Immediatamente Hermione ritornò circospetta su suoi passi fino ad arrivare alla porta e notando che era semi aperta, guardò contenendo un singhiozzo.

 Ron era lì disteso a terra e si contorceva con gli occhi sbarrati. Il professo Piton lo sovrastava fissandolo indifferente con la bacchetta abbassata. Hermione non poteva credere che il professor Piton avesse scagliato un “crucio” su Ron, ma quelle grida, quei bruciori li poteva quasi sfiorare, ricordava le urla.

 Prima che potesse estrarre la bacchetta Hermione sentì il sangue gelarsi e una energia estranea proiettarla all’interno dell’aula scaraventando tutti i banchi sui muri, fermandola a pochi passi da Ron che si era alzato e le dava le spalle.

 La cosa più incredibile era che non era Piton l’autore di tutto ciò, infatti sul suo volto non trasparivano nessuna emozione se non odio, disgusto e disprezzo, ma si intravedeva anche sorpresa.

 “R-Ron… c-cosa succede…” gemé spaventata Hermione che era ancora sospesa in mezzo all’aula.

 “Weasley ” disse secco Piton “lasci la signorina Granger ” Ron non rispose e non fece nemmeno quello che Piton aveva detto, come se non lo avesse sentito.

 “Ho detto di lasciare la signorina Granger, signor Weasley!”  ordinò duro Piton mentre lentamente rialzava la bacchetta.

 Hermione non capiva quello che stava succedendo. Perché Ron era lì con Piton? Perché non parlava? Perché aveva paura di Ron? Hermione non riusciva a muoversi e i battiti del suo cuore ormai erano fuori controllo. Poi lentamente sentì la morsa che la tratteneva allentarsi fino a farla scivolare sul pavimento.

 “Bene, signor Weasley” riprese sprezzante Piton “ora a causa dell’intromissione della sua amica Granger mi vedo costretto a concludere qui”

 “Si, signore ” ringhiò Ron

 “La prossima volta le consiglio di tenerla lontana” disse con un ghigno “sennò mi dovrò costretto a prendere serie precauzioni e signor Weasley …” continuò beffando.

 “Si ” rispose Ron

 “Me le saluti se le sente” sogghignò Piton soddisfatto

 Prendendola brutalmente per il braccio Ron condusse Hermione fuori dall’aula, scarpinando velocemente su per il sotterraneo finendo dritti addosso Harry.

 Harry infatti stava correndo per raggiungere Hermione per raccontarli quello che Ron aveva chiesto ad Hagrid poche ore prima di vedere. Infatti l’amico aveva chiesto ad Hagrid di vedere i Thestral. La cosa strana era che Ron li vedeva… aveva visto la morte, ma quando…forse al Ministero.

 “Ron!!” gridò Harry rialzandosi “dove eri finito?”

 “Io…immagino che la nostra amica impicciona ti racconterà tutto” disse brusco Ron tenendo ancora il braccio di Hermione.

 “Ahi!! Ron lasciami” strillò Hermione agitandosi.

 “Questa è l’ultima volta” disse aggressivo Ron “io…non voglio più avere niente a che fare con te Hermione” concluse avviandosi verso le scale.

 “Ron! RON!!” urlò Harry in direzione di Ron che non sembrava averlo sentito scomparendo oltre una porta.

 “Cosa è successo?” chiese ad una Hermione che tratteneva a stento un’ondata di lacrime.

 “Non lo so… ho…trovato Ron con Piton e…” mugolò piangendo “Oh Harry!! Cosa sta succedendo a Ron?” implorò singhiozzando “era lì con Piton che urlava come sotto la maledizione Cruciatus e poi mi sono trovata sospesa in mezzo all’aula…”  terminò fissando demoralizzata Harry.

 “Come sospesa…in aria?”

 “Galleggiavo a mezz'aria nell’aula, ma non era stato Piton è stato Ron” fece Hermione rabbrividendo al ricordo di quello che aveva visto.

 “Ron, Sicura?” insisté Harry 

“Si ” 

“D’accordo… ora vado a parlargli” fece Harry avviandosi verso la sala comune “Hermione cerca Ginny e avvertila”

 “Harry aspetta!!” disse attirando ancora una volta l’attenzione di Harry aggiungendo “Piton alludeva a qualcosa, ha detto : Me le saluti se le sente…non so cosa però”

 “Mmh” disse incerto

 Harry cercò Ron in tutti i posti che conosceva, ma era tardi e le lezioni stavano iniziando. La prima lezione del pomeriggio era Erbologia con la professoressa Sprite. Corse per tutto il castello dirigendosi rapidamente verso la serra, ma non era l’unico che era in ritardo, infatti qualcuno correva verso le serra e sembrava che si allontanasse dalla capanna di Hagrid.

 La pioggia anche se diminuita dagli altri giorni rendeva la vista di Harry appannata a causa dei suoi occhiali. Una cosa però aveva notato, all'improvviso l’altra persona si era accasciata per terra. Subito gli fu accanto, la figura era rannicchiata in se stessa e nascondeva la testa con le mani e mormorava qualcosa, parole confuse. La divisa era quella di un ragazzo.

 “Ehi? Tutto bene?” chiese preoccupato “ma questo è sangue?” disse Harry stupito, guardandosi le mani sporche di sangue, notando c’è ne era dappertutto intorno al ragazzo

 Ma il ragazzo non rispose anzi continuò ad agitarsi tenendosi la testa con le mani. Harry conosceva quella persona, i capelli erano rossi…era Ron!!

 “RON!! Ron mi senti? Cosa hai?” urlò Harry per sovrastare il vento e la pioggia.

 “Silente…”ansimò Ron “portami da Silente”

 E così fece Harry, anzi propriamente lo fece Hagrid che li aveva raggiunti quando aveva visto Harry dalla sua finestra. Hagrid si caricò Ron in spalla lo portò dentro al castello. Harry vide l’origine di tutto quel sangue. Ron aveva tutte le braccia sanguinanti attraversate da lunghi solchi, anzi poteva scorgere delle pieghe e avvicinandosi capii che erano parole, come quelle della punizione dell’anno prima con la Umbridge. 

 Da quando Silente era entrato velocemente nell’infermeria Harry non aveva più saputo nulla di Ron. Madama Chips non faceva entrare nessuno. Anche quando la professoressa McGranitt era uscita e li vide lì ad aspettare non rispose alle domande. Harry, Hermione e Ginny erano molto angosciati sulle condizioni di Ron.

 “Professoressa come sta Ron?” domandarono insistenti in coro tutti e tre

 “Mi dispiace ma non posso dire nulla ” disse guardandoli con dispiacere “vi consiglio di tornare nella vostra sala comune, è tardi e la signorina Granger deve fare la ronda, vero?”

 “Ah!! Si, ma Ron è l’altro prefetto” precisò brusca Hermione

 “Il preside ha già provveduto a nominare un temporaneo sostituto” replicò la professoressa McGranitt “Paciock lo sostituirà”

 Non vedendo nessun’altra occasione per scoprire cosa era successo a Ron, decisero di comune accordo di ritornare nella sala grande e di ritrovarsi a mezzanotte e mezza per ritornare a discutere. 

 “Ehi! Harry ” bisbigliò piano Ginny “siamo qui” disse mentre indicava lei ed Hermione sedute vicino al camino.

 “Neville?” chiese Hermione con una punta di strizza

 “Si è appena addormento” rispose cauto Harry sforzandosi di rimanere calmo “Hermione ora ripetimi quello che è successo giù nei sotterranei con calma” e così Hermione rispiegò tutto l’episodio.

 “Ascoltatemi ora, Ron” riprese circospetto Harry “ha chiesto ad Hagrid di vedere i Thestral”

 “I Thestral?” ripete stranita Ginny “cosa sono?”

 “ L’anno scorso ne hai cavalcato uno…per andare al Ministero” rispose funebre Harry. Avevano usato i Thestral per i loro senso dell’orientamento stupefacente per arrivare al Ministero e salvare Sirius.

 “Vedi i Thestral possono vederli solo chi ha visto la morte” spiegò Hermione cauta , ormai l’oscurità stava pian piano ricoprendo tutta la sala comune. Il fuoco si stava pian piano spegnendo.

 “Si ricordo, Ron non riusciva a vederli come me…” riflette a voce alta.

 “Hagrid a detto che Ron li vedeva oggi” disse Harry piatto. La cosa lo scombussolava parecchio. Si sentiva terribilmente in colpa, come mai nei confronti di Ron. Soprattutto perché era il suo migliore amico e non lo aveva mai visto in quelle condizioni. Stava molto male e non lo aveva detto a nessuno, nemmeno a lui.

 “E quando ha visto la morte? Quando?”  chiese angosciata Hermione.

 “Non so” riflette piano Harry, non aveva nessuna idea. Per tutta l’estate era rimasto nella sua stanza immobile nel suo letto a fissare in catalessi perenne il soffitto. Harry riviveva attimo per attimo tutta la sua vita fino alla morte del suo padrino. E ogni volta non poteva che sentirsi sempre peggio. Si sentiva colpevole e questo nessuno avrebbe potuto cambiarlo. Per questo tutta l’estate non si era minimamente interessato allo stato di salute di Ron e Hermione. Si ok, nelle lettere lo chiedeva ma per abitudine e non per vero interesse.

 In quel momento Harry si sentì un meschino per quei pensieri.  

 “Hermione!” disse bruscamente

 “S-si dimmi Harry” rispose incerta per la sorpresa.

 “Tu come stai?” chiese timidamente Harry sperando, pieno di sensi di colpa, di recuperare l’irrecuperabile, glielo doveva almeno alle persone che lui considerava come la famiglia che non aveva mai avuto. Era stato un bastardo coi fiocchi fino dall’ora ed era ormai il tempo di essere sinceri.

 “Io, Harry?” ripeté Hermione pensandoci “sto bene” rispose sicura guardandolo negli occhi per la prima volta.

 Harry guardandola accigliato contestò “Sicura?”

 “Si, e ora sono felice che tu me lo abbia chiesto” disse continuando a guardarlo “era da tanto che non me lo chiedevi”

 “Già, è vero” sussurrò colpevole distogliendo lo sguardo da Hermione “scusami”

 “Non devi scusarti” intervenne subito Hermione “veramente ora è tutto a posto”

 “Harry” lo richiamò Ginny “ e tu? Stai bene?”

 Harry non rispose, aprì la bocca un paio di volte per formulare una risposta decente ma niente. Non riusciva ad esprimersi a dovere e finiva col fare la figura dell’eterno scorbutico asociale. Ma non era la verità. Harry sentiva il bisogno di sfogarsi e anche molto, ma il dolore era troppo grande e forte che si rifiutava di uscire da lui. 

 “Io…ecco…” cercò di parlare fissando imperterrito il pavimento “…io…”

 “Se non vuoi, non importa Harry” disse dolcemente Ginny prendendogli una mano e cercando di incrociare il suo sguardo.

 Quegli occhi che tanto a lungo aveva sperato di vedere in altri ragazzi, ma che nessuno aveva in sé. Nessuno possedeva degli occhi così espressivi e affascinanti. Solo Harry e mai a nessuna aveva lasciato un segno così indelebile quanto a lei. Nessuno aveva visto quegli occhi che guardavano lei preoccupati e angosciati. Occhi piani di rabbia, furia, astio e astuzia ma dolci e felici nel vederla sana e salva, come quella volta nella camera segreta.

 Lì Ginny capii che avrebbe amato Harry per tutta la sua vita come un dolce ricordo che solo lei alla notte, nell’intimità della sua camera, avrebbe potuto ammirare e sorridere alla nostalgia dei suoi batticuori, rossori e poi, alla fine felice, rimettere il suo amato al suo posto d’onore, nel suo cuore.

 “Davvero Harry, non importa” continuò ferma Hermione vedendo il suo sforzo.

 “No!!” protestò Harry spostando il suo sguardo da Hermione a Ginny, era scappato anche troppo da loro, avevano il diritto di sapere…alla fine li aveva coinvolti troppo nella sua vita e dovevano sapere per decidere se il gioco valeva la candela “Io non vi ho detto una cosa molto importante… ” incominciò cauto Harry “ma vorrei che ci fosse anche Ron, lui deve sapere come voi e… ecco…” si inciampò non sapendo più come continuare, ora gli avrebbero chiesto cosa doveva dirgli…

 “Va bene, Harry” lo interruppe Hermione “è giusto che ci sia anche Ron…anzi anche lui ci deve delle spiegazioni, no?” disse Hermione sorridendo serenamente nella sua direzione.

 Sorrideva timidamente anche Ginny, anche un po’ rossa in viso, forse per il fatto che Harry non aveva ancora lasciato la sua mano. Ma era felice perché pian piano stava tornando il suo Harry, il suo amato Harry.

 “Bene, allora” fece Harry con il suo primo vero sorriso che da tanto non faceva “rimane solo Ron”

 “Ron…” mormorò piano Hermione fissando il fuoco che si stava spegnendo “ma che ti succede” chiese più a se stessa che a gli altri

 “Ron aveva le bende lacere e c’erano tagli sulle braccia quando l’ho trovato” fece pensieroso Harry “ e quando mi sono avvicinato sembravano come delle parole, frasi intere…” concluse fitto.

 “Quest’estate Ron era strano…” disse lentamente Ginny guardandoli triste “spariva spesso e non tornava a casa se non poco prima di mattina”

 “E dove andava?” chiese subito Hermione interessata

 “Non lo so Hermione… una volta l’ho seguito ma quasi subito l’ho perso di vista e sono tornata dentro decisa ad aspettarlo e strapazzarlo a dovere al suo ritorno…” continuò il suo racconto sempre triste.

 “E poi?” sollecitò Harry

 “E poi niente” rispose Ginny guardandolo freddamente “non si è fatto vedere per due giorni di fila” continuò furiosa Ginny “la cosa incredibile è che la mamma non gli ha detto nulla, nemmeno papà”

 Nessuno disse nulla per cinque buoni motivi, tutti immersi nei loro pensieri, talmente presi che non si accorsero che qualcuno era entrato nella sala comune e che vedendoli si era nascosto nell’ombra.

 “Forse al ministero deve essergli successo qualcosa mentre era ancora nella stanza dei cervelli” spezzò il silenzio Harry “io non c’ero e nemmeno Neville”

 “Anch’io la penso così” fece di rimando Hermione e Ginny annuì, quella era l’unica risposta.

 Ora bastava chiederlo a Ron e tutto sarebbe finito.

 “Ma bene” disse una voce “ora ci mettiamo anche a sparlare, mentre il povero idiota non c’è”

 “RON!!” disse Hermione dirigendosi verso Ron che si era avvicinato.

 Illuminato dal chiarore del fuoco quasi spento e dalle poche candele che avevano acceso, Ron sembrava pallido come un cadavere, l’efelidi sulla sua faccia campeggiavano come sassolini mentre le occhiaie erano visibile a distanza.

 “Stai bene, Ron?” chiese felice e preoccupata Hermione avendo scorto il suo sguardo, vuoto e freddo come mai i suoi occhi erano stati. Pieni di rabbia, frustrazione o delusione. Pieni di felicità, incredibilità o sicurezza ma mai vuoti o freddi.

 Quello non era il suo Ron. Non poteva essere Ron con degli occhi azzurri come il ghiaccio morto.

 Ron fermò i polsi di Hermione prima che lo potessero toccare, aveva poca forza in corpo ma l’ultima cosa che avrebbe permesso era farsi toccare da Hermione. Non poteva.

 “R-Ron, lasciami, mi fai male” fece Hermione mentre la presa delle mani di Ron su i suoi polsi si faceva più stretta “RON!! Lasciami, mi fai paura!!” gli urlò disperata guardandolo negli occhi.

 Fu allora che Ron mollo di colpo Hermione e si allontanò da lei, mentre Harry lo guardava incredulo. Qualcosa era successo a Ron, ma era qualcosa che non riusciva a percepire.

 “Stai bene, Hermione” fece Ginny sussurrando in direzione di Hermione che ancora fissava spaventata Ron, mentre si massaggiava i polsi visibilmente rossi.

 “S-si Ginny, tutto apposto!!” rispose altrettanto piano Hermione.

 “Ron” tentò Harry “dobbiamo parlare”

 “Parlare” gli fece il verso Ron guardandolo neutro “dici che DOBBIAMO P-A-R-L-A-R-E, Harry… e di cosa di grazia?”

 “Di una cosa che non vi ho detto” disse mortificato “e che avrei dovuto dirvi molto tempo fa”

 Ron strinse forte i pugni “Se è per quello, sei in ritardo di cinque mesi” sbottò “conosco il tuo segreto Harry”

 “Cosa? Come puoi saperlo?” domandò sorpreso Harry, stava chiaramente mentendo. Ron non poteva sapere, solo lui e Silente conoscevano la profezia e nessun altro…che Silente gliela abbia rivelata? Perché farlo? 

 “Non è stato Silente…” rispose subito Ron, come se avesse letto i pensieri di Harry “lo so e basta”

 “Allora diccelo…” fece Ginny forzando il silenzio che era calato dall’ultima affermazione di Ron

 “Posso avere l’onore, Harry? ” disse Ron ironico sorridendoli artificiosamente.

 “Si” rispose semplicemente sperando che Ron dicesse una delle sue geniali pensate.

 “La profezia” disse lentamente scandendo bene la parola e guardando Harry fisso negli occhi

 “é andata distrutta Ron!!” replicò Hermione sfidandolo, si stava comportando da arrogante e non le piaceva per niente la piega che stava prendendo la discussione.

  “Ti devo deludere Hermione” esclamò Ron dandole le spalle, voleva vedere la faccia di Harry, questa era una piccola rivincita “Harry conosce la profezia parola per parola, vero?”

 “Si, me la rivelò Silente la notte della morte di Sirius” confessò Harry tristemente

 “Ma ha preferito non dirci niente, forse non siamo così importanti per sapere” provocò minaccioso Ron guardandolo negli occhi.

 “No!! Non è per quello che decisi di non rivelarvelo” ribatté subito Harry cercando con gli occhi Hermione e Ginny. Non era per quello, anzi nemmeno lui sapeva il perché. Era troppo difficile da spiegare. La profezia era la sua condanna, la sua morte.

 “Harry avrà avuto le sue ragioni per non parlarci della profezia” disse sicura Hermione “io non lo condanno per la sua scelta”

 Harry si sentì rinvigorito dalle parole di Hermione, lei aveva avuto fiducia, ma non capiva come Ron ne era venuto a conoscenza “Ma tu come?” fece dando voce ai suoi pensieri.

 “Ti basta sapere Harry” disse pacatamente “che non sei l’unico che ha dei segreti” e detto ciò Ron si diresse spedito verso il dormitorio, non aveva intenzione di sopportare oltre quella situazione assurda. Tutti erano con Harry nonostante la sua scelta di tacere su una cosa così importante Hermione lo appoggiava come sempre e Ginny, lei ne era innamorata. Non poteva chiedere aiuto a loro, era il momento di imparare ad arrangiarsi.

 Il giorno dopo, anzi per l’intera settima ne Harry, ne Ginny o Hermione parlarono con Ron, di comune accordo aveva deciso quella famosa notte di lasciargli del tempo. Dopo che Ron aveva lasciato la sala comune quella notte Harry aveva raccontato a Ginny e Hermione il messaggio della profezia e dopo poco sia Hermione che Ginny con gli occhi lucidi lo avevano abbracciato mormorandoli che loro e anche Ron, quando sarebbe rinsavito, non lo avrebbero mai abbandonato e che non era solo a combattere conto Voldermord. Loro erano con lui sempre e dovunque.

 Harry non era solo, i suoi genitori erano morti, Sirius era morto, ma anche se aveva scelto di  dimenticarsene la sua vera famiglia restavano Ron, Hermione e anche Ginny. 

 Durante le varie lezioni del sesto anno, tutti i professori stranamente lasciavano Ron in disparte, da solo anche quando c’erano esercizi di gruppo. Addirittura durante le ora di Pozione col professor Piton, Ron rimaneva da solo ad eseguire l’esercizio. Naturalmente Piton non perdeva l’occasione di riprendere Ron anche se meno del solito.

 “Harry!! Basta!!” urlò preoccupata Hermione

 “Eh? Cosa?”

 “Hai già messo abbastanza radice!!” fece contrariata Hermione appena in tempo.

 “Lo vedi Piton?” chiese ad Hermione sempre distratto mentre nell’oscurità del sotterraneo lo seguiva con lo sguardo.

 “Si, e vedo anche Ron” rispose guardandolo abbattuta “è sempre da solo”

 “Anche Piton è più indulgente con lui” continuò imperterrito, qualcosa era successo e i professori lo sapevano e loro no.

 Hermione inarcò un sopracciglio “Forse, ma resto dell’idea che prima chiariamo meglio è”

 “Diamogli ancora del tempo” fece Harry disinteressandosi completamente della pozione “se lo costringiamo, si sentirà minacciato e con Ron non una buona idea”

 Hermione sospirò “Sarà come dici tu”

 Altri giorni passarono nella medesima statica situazione, Hermione con Harry mentre Ron rimaneva isolato. Tutti o quasi aveva capito che era maglio tenersi alla larga da Ron anche se non ne capivano la ragione. Harry aveva deciso di parlare con Ron servendosi della scusa dell’imminente partita di Quidditch contro Tassorosso, anche perché passava la notte nelle stanze per i prefetti e quindi non aveva mai occasione di parlarli tranquillamente, ma Ron era riuscito a filarsela prima che lui riuscisse a raggiungerlo. Harry non si diede per vinto e decise di aspettare fino alla fine della partita per parlargli a costo di immobilizzarlo.

 Il giorno della prima partita Ron arrivò per ultimo in spogliatoio, rimase sempre silenzioso ed ascoltò quieto le indicazioni di Harry sulla partita, anzi quando lui lo chiamò per chiedergli come andavano le braccia, Ron rispose annuendo semplicemente.

 Ginny dal canto suo era furiosa. Era stufa del comportamento del fratello e della sua passività. Non era Ron. Suo fratello era buono, leale, impetuoso e molto testardo!  Non era mai stato un solitario ne uno zoticone come l’ultima volta che lo aveva affrontato. Anche lei come Harry decise di sorprenderlo alla fine della partita per una bella strapazzata.

 Grifondoro aveva vinto. Harry aveva preso il boccino d’oro ad un punteggio di 30 a 80 per Grifondoro. Ron aveva giocato al meglio e parava di tutto. Harry quindi decise subito di cogliere l’occasione per congratularsi con lui e naturalmente parlagli a quattrocchi, ma appena preso il boccino e sentito il fischio di Madama Bumb, Ron non era più davanti alla porta ma correva verso lo spogliatoio.

 “Certo che è proprio bravo ad evitarci quello scemo” notò impressionato Harry ancora ancorato alla sua scopa con in boccino che si dibatteva nella sua mano. Ron stava scomparendo oltre la porta dello spogliatoio e lì in mezzo a tutto quel fragore Harry capii che gli mancava il suo migliore amico e anche molto.

 “Quello stupido zoticone di un fratello, se la sta dando a gambe levate alla grande” pensò simultaneamente Ginny fissando incavolata Ron dirigersi frettolosamente allo spogliatoio “Ah! ma questa volta t’acchiappo caro fratellino!! Fosse l’ultima cosa che faccio!!”

 “Guardalo come corre!!” rifletté Hermione immersa nel baccano della tribuna del Grifondoro “corri quanto vuoi caro Ron del cavolo, non ti mollo finché non mi avrai detto tutta la verità!! ”

 “Ca**o!! Che male!! Queste stramaledette bende non tengono!!” pensò Ron guardando allarmato l’enorme chiazza di sangue che gli stava imbrattato tutta la manica della divisa. “E ora come lo lavo sto’ sangue” arrivato nello spogliatoio, Ron stringendo forte i denti, cercò di levarsi la casacca della divisa che gli si era incollata alle ferite delle braccia. Pregando che non facesse poi così male come immaginava, Ron con uno forte strattone urlò dal dolore e finalmente riuscì a togliersela “oh  me**a non ora ti prego!!”

 “RON!!! Ma cosa??” gridò Ginny entrando nello spogliatoio seguita a ruota da Hermione ed Harry

 Ron immaginando il putiferio che sarebbe successo appena Harry, Hermione e Ginny avrebbero realizzato che lui grondava sangue dalle braccia con le fasce a brandelli, pensò bene di non dargli il tempo di pensare e prese la sua divisa e si catapultò fuori dallo spogliatoio diretto verso l’infermeria.

 Corse forte come mai aveva fatto, forse correva per dimenticare lo sguardo di disgusto che aveva letto sul volto di Hermione appena lo aveva visto, Ron correva per dimenticarli. Ma non era il solo a correre.

 “Ehi!! Ron ” gli urlò una voce femminile “Fermati! RON asp!! Ahi!!”

 Ron non voleva girarsi e vederla, ma lei lo stava chiamando singhiozzando e lui non era così meschino da lasciarla lì. No, era solo innamorato e l’amore è cieco davanti alle proprie ferite.

 Ron le si avvicinò “ ‘mione stai bene? Ti sei ferita?” domandò teneramente prendendole una mano ed aiutandola a rialzarsi da terra.

 “S-si sono solo caduta” rispose imbarazzata per la figuraccia

 Ron la guardò arrossendo “Sicura?”

 “Si, tutto a posto Ron” Hermione cercò di sorridere ma appena lo guardò ricordò di botto perché lo stava seguendo, ricordò tutto quel sangue sulle sue braccia. Era proprio come nei suoi incubi.

 “Ron!! Ascoltami ti prego!” fece subito Hermione con le lacrime che le riempivano gli occhi senza che lei potesse far niente per evitarlo. Piangeva perché amava Ron. Moriva ogni secondo che gli stava lontano.

 Hermione non poteva far finta di niente, Ron ormai popolava i suoi sogni e incubi tutte le notti. Se a volte Ron l’avvolgeva tenero nel suo forte abbraccio e le sussurrava parole dolci e piene di amore, altre volte, molte altre volte, Ron non tornava più da lei, scompariva. Aveva paura di addormentarsi perché, anche se non lo aveva detto a nessuno, lei sognava di tenere Ron tra le sue braccia, piangendo ed urlando perché cullava Ron morto.

 “Parlami Ron!! Io ti ascolterò!!” continuò Hermione piangendo “i-io n-non penso che tu sia un’idiota!! Scusami se puoi, ma ti prego torna come prima”

 Ron serrò forte gli occhi, una nuova ondata di dolore lo stava travolgendo“Ah!! No, basta!” ringhiò tra i denti. Lo stavano ancora tormentarlo come facevano solo quando era con Hermione.

 “Ron…” Hermione prese fra le mani la manica della maglietta di Ron, aveva paura che sarebbe scomparso se lo avesse lasciato, mentre con l’altra gli accarezzo la guancia “sono qui, Ron! Sono qui per te” tentò ancora

 “Lasciami Hermione” e con uno strattone forte Ron si liberò dalla presa di Hermione ed iniziò a correre verso il castello.

 “RON!! Ti Prego!!” Hermione non era riuscita a trattenerlo. Lui soffriva terribilmente ed era solo.

 “Hermione!! Dov’è Ron?” chiese Ginny raggiungendola, guardandosi in giro sperando di scorgerlo “Ehi? Perché piangi, Ron ti ha fatto qualcosa? ” domandò subito vedendola in quello stato.

 Hermione scosse la testa negativamente “Se ne è andato, Ginny”

 “Cosa intendi? ” domandò nervosa Ginny, tutta quella storia stava peggiorando ogni giorno che passava.

 “Non sono stata capace di farlo parlare” rispose lei

 “E allora? Basta insistere!! Hermione non vorrai dirmi che ti arrendi?” disse guardandola teneramente. Hermione era innamorata di quello scorbutico di suo fratello. Lo aveva confessato pochi giorni prima, mentre lo guardavano solo vicino alla finestra. Glielo aveva confessato tra balbettii e rossori. Ginny non aveva mai visto Hermione più imbarazzata e rossa in volto come quel giorno.

 “Allora signorina Granger, rinuncia?”

 Hermione la guardò con un nuovo fuoco dentro, non avrebbe mai abbandonato Ron, esisteva ancora il Ron che lei amava tanto, glielo aveva dimostrato poco prima. Lui era ancora lì che l’aspettava “No, che non rinuncio Ginny”

 Ginny sorrise finalmente felice dopo molto tempo “Bene, cognatina! Andiamo a fare il culo a mio fratello!!”

 Harry finalmente riuscì ad allontanarsi dallo spogliatoio per vedere se Hermione era riuscita a convincerlo, ma arrivando a metà del giardino le vide ridere di gusto.

 “Ragazze? Tutto apposto” si informò sorridendo spontaneamente a tutte quelle risate

 “Beh, direi di no” disse Ginny ridestandosi dalle risate “ma Hermione ha dichiarato guerra aperta a Ron!!”

 Harry fece un risolino “Cioè”

 “Cioè, mio caro Harry, che non lascerà in pace Ron finché non verremo a capo di questa storia!!” disse Ginny abbracciando Hermione e facendole l’occhiolino “vero Hermione?”

 “Si” rispose serenamente

 “Allora sono con voi!!”

 Fine 1° capitolo

 

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Ringrazio fin da ora chi leggerà la mia storia!! ^__^  un grazie dal profondo del cuore!! Ringrazio anche chi vorrà commentare!! Mi scuso inoltre per i vari difetti ed errori grammaticali!!!

 

Un bacio e al prossimo capitolo

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Capitolo 2
*** If you have to go, please go quiet ***


2

2° capitolo: If you have to go, please go quiet

No you don't know what its like when nothing feels alright
No you don't know what its like to be like me to be hurt to
To feel lost to be left out in the dark
To be kicked when you're down
You feel like you've been pushed around to be
On the edge of breaking down and no one's there
To save you no you don't know what its like
Welcome to my life

 Simple Plan “Welcome to my life”

Ron era diventato un professionista nell’evitare i suoi amici e Ginny. Dormendo sempre nella stanza adibita ai prefetti e studiando nella stanza delle necessità, non dava modo a nessuno di avvicinarlo. Nonostante la professoressa McGranitt sapesse che Ron era ormai ristabilito dall’incidente, non aveva cambiato la sua disposizione nei confronti del suo sostituto Paciok diventato il prefetto provvisorio nelle ronde di sorveglianza. I professori non lo disturbavano e ormai l’unico momento in cui si faceva vedere era durante gli allenamenti di Quidditch. Ron non ne perdeva uno e dava anima e corpo in quelle ore, unico momento che aveva per sentirsi finalmente libero di scaricarsi.

 Madama Chips era riuscita a fornire a Ron delle bende incantate capaci di soffocare i tentativi di fuga delle shadows come le chiamava Madama. Nessun tentativo da parte dei professori era stato in grado di aiutarlo, anche se era convinto che nessuna cura sarebbe stata capace di aiutarlo. Era grato ai professori per i loro tentativi e capiva perfettamente perché Silente si tenesse a distanza, ma se nemmeno lui era stato in grado di aiutarlo, Ron si rese conto di avere ben poche speranze di guarigione e il tempo ormai stava terminando. 

 Grazie a quelle bende negli ultimi giorni Ron era finalmente riuscito a dormire ed addirittura a sognare. Quella mattina Ron si era svegliato tutto agitato e sudato, aveva sognato come da molto tempo non faceva, ma il sogno era di gran lunga uno dei più strani che gli era mai successo di ricordare. Per Ron quel sogno era stano perché aveva fantasticato su lui e Hermione, ma in modo tutt’altro che casto.

 Quella mattina Hermione si svegliò a causa di un incubo che la tormentava quasi tutte le notti, era sempre lo stesso - per cui ancora più angoscioso – e ogni notte diventava sempre più particolare quasi da sembrare vero. Era ancora presto per alzarsi, la stanza era ancora immersa nel buio di una mattina di Novembre e la stanchezza di Hermione la fece sprofondare debolmente di nuovo nel sonno e nei suoi incubi.

 Hermione non ricordava di aver mai  passato un periodo peggiore, nonostante le buone intenzioni non riusciva ad avvicinarsi a Ron in nessun modo. Ginny la incoraggiava ma vedeva che anche lei era molto scoraggiata dalla situazione. Non era la prima volta che passavano dei giorni senza che lei e Ron si parlassero ma ora Hermione ne era – consapevolmente – innamorata. La notte non dormiva e quando cadeva dalla stanchezza i suoi sogni erano dolci e dolorosi tanto da svegliarla piangendo.

 Qualcun’altro si agitava nel sonno ma nel dormitorio maschile e più precisamente Harry. Si sentiva terribilmente solo e frustrato perché non riusciva a capire cosa avesse il suo migliore amico. I sensi di colpa lo tormentavano. Harry capiva perfettamente il motivo per cui Ron non si confidava con lui. Lui per primo non aveva avuto fiducia in Ron e non si era confidato con lui riguardo alla morte del suo patrigno e anche a proposito della profezia. Si era isolato e non si era interessato a loro nemmeno per un minuto. Harry però rivoleva indietro il suo migliore amico sempre ottimista, impacciato e testardo di marca Weasley.

 Per la sorpresa di tutti quella mattina Ron fece colazione con gli altri, insolito visto che per evitare tutti era l’elfo domestico Dobby che gli portava la colazione. Non c’era un motivo particolare, ma quella mattina, un po’ per il sogno e un po’ perché si sentiva bene ed euforico, Ron varcò la porta della Sala Grande e rimase stranito vedendo che molti lo fissavano sconvolti. Subito il suo sguardo si arrestò sul centro del tavole dei Grifondoro dove sedevano immobili a fissarlo Harry, Hermione e sua sorella Ginny.

 Ginny stava guardando in giro per caso e trattene il fiato così rumorosamente che attirò subito l’attenzione dei suoi amici. Subito Harry e Hermione seguirono la direzione del suo sguardo e Harry quasi non si strozzava col succo dalla sorpresa. Era ormai da più di un mese che Ron non faceva colazione con loro, nemmeno pranzo e cena.

 Hermione vide che Ron era diventato improvvisamente rosso come un peperone e che cercava di evitare il suo sguardo. Lei non poteva certo capire il perché della reazione di Ron nel vederla, ma ciò non gli impediva di imbarazzarsi al solo ricordo del sogno della notte appena passata.

 “Ron!!” fece scossa Hermione “forse è qui per parlarci” sperò in cuor suo

 “Staremo a vedere” ribatté subito Ginny squadrando il fratello avvicinarsi

 Ron però non diede alcun cenno di voler parlare con loro, si sedette appositamente il più lontano da loro vicino alla fine della tavola.

 Hermione non si era mai sentita così vuota ed inutile, ora il suo proverbiale cervello non serviva a nulla e la sua unica fonte di forza la evitava come si evita la peste, e ogni volta che Ron, vedendola, scappava qualcosa nel suo cuore si spezzava. Hermione sentiva crescere dentro di sé una grande rabbia, come mai le era capitato.

 “Quello stupido” mormorò Ginny innervosita, odiava quella situazione. Non si poteva andare avanti così, ne avevano passate talmente tante insieme da poter scrivere dei libri su di loro ed ora Ron di ostinava come un mulo ad evitarli o a sparare frasi a metà.

 “Ci ha deliberatamente ignorati” disse amaro Harry cacciandosi in bocca una fetta biscottata

 “Si, ma ancora per poco” annunciò Ginny alzandosi dalla tavola “ora vado lì e lo sistemo per le feste”

 “No, Ginny!!” esclamò Harry trattenendola per un braccio. Capiva perfettamente i sentimenti di Ginny ma sentiva quello che nascondeva Ron era qualcosa di estremamente grave che perfino i professori si tenevano a dovuta distanza. Harry sapeva che bisognava avanzare gradualmente.

 “Lasciami!!”

 “Ginny, per favore” iniziò calmo Harry alzandosi e superando quanto basta Ginny in altezza da costringerla ad alzare lo sguardo furioso verso di lui “calmati, non è così che riusciremo ad aiutare Ron”

 “E come allora?” strillò Ginny “aspettando che lui si allontani definitamene da noi?”

 “Ginny” fece Harry per calmarla “è troppo presto e improvviso”

 “Proprio tu” disse malevola Ginny “Harry proprio tu che ci hai mandato in pasto ai Mangiamorte poco meno di cinque mesi fa”

 “GINNY!! Smettila!!” esclamò Hermione

 Harry la guardò intensamente negli occhi, lei aveva ragione la sua sconsideratezza aveva portato loro a un passo dalla morte e all’omicidio di Sirius. Come dargli torto. Con che diritto si frapponeva fra le decisioni di Ginny, Ron ed Hermione, anzi lei lo aveva avvertito che si poteva trattare di una trappola e lui l’aveva aggredita.

 Lui non voleva fare l’eroe, voleva salvare Sirius e loro lo aveva seguito nonostante non avesse con se uno straccio di prova e lui come li aveva ripagati? Ignorandoli o comandandoli a bacchetta.

 Harry capii che proprio perché si sentiva responsabile della morte di Sirius e dei problemi di Ron che doveva gire con più buon senso e non precipitosamente. Non avrebbe commesso lo stesso errore, non avrebbe sopportato perdere un’altra persona cara per la sua causa.

 “È vero” rispose infine Harry, ridestandosi dai suoi pensieri “ma vedi Ginny” riprese per spiegarle prendendole una mano “dalla morte di Sirius io…sono molto cambiato! Non ripeterò lo stesso errore”

 “Oh, Harry…” disse tristemente Ginny scorgendo nel suo sguardo quanto dolore aveva fatto rifiorire con quelle sue insensibili parole “scusami…non volevo”

 “Non devi piccola Ginny” le rispose Harry regalandole uno dei suoi ormai rari sorrisi.

 Ginny salutò inquieta Harry e Hermione per dirigersi a lezione. Il suo cuore era diventato inaspettatamente più pesante, come aveva potuto pronunciare quelle orribili parole proprio verso Harry? Con che diritto aveva avanzato quelle accuse? Harry voleva solo salvare il suo padrino e alla fine nonostante tutti i sacrifici lui era morto. Lo aveva accusato con una totale leggerezza da meritare… e invece Harry le aveva rivolto un dolce e tristissimo sorriso, ma si sarebbe fatta perdonare.

 Harry si allontanò dopo aver salutato Hermione che si avviò a lezione di Aritmazia al 3° piano, lei non incolpava Harry perché sapeva perfettamente che ci pensava lui stesso ad incolparsi inutilmente. Hermione stessa aveva paura anche solo di pensare a mettersi nei panni di Harry per cercare di capire cosa provasse: perché dopo essere la causa della morte dei propri genitori, del proprio padrino e nonostante ciò continuare a vivere con una profezia per condanna a morte…lei sarebbe impazzita.

 “Oh! Ma chi abbiamo qui? Granger la mezzosangue” disse una voce tagliente come il ghiaccio seguita da le solite inappropriate risate sguaiate.

 Nel corridoio deserto serpeggiava Malfoy seguito a ruota dai suoi armadi Goyle e Tiger, non c’era nessuno nei paraggi e le lezioni stavano per incominciare. Hermione decise categoricamente di ignorarlo e riprese a camminare per dirigersi verso la sua aula.

 “Ehi!! Quanta fretta” disse Malfoy con scherno “ma lo sai che per essere…una mezzosangue” fece avvicinandosi strascicando i piedi “non sei affatto male”

 Malfoy colse al volo l’occasione data dalla sorpresa di Hermione per le sue parole e le bloccò i polsi sulla parete. Goyle e Tiger intanto sorvegliavano il corridoio sghignazzando.

 “Ecco fatto! ma che ingenua che sei Granger” insinuò Malfoy sussurrandole nell’orecchio “però mi stuzzicano molto le vergini ingenue”  

 Hermione rimase senza parole.

  Malfoy era impazzito, ma lei non si sarebbe fatta intimidire da un pallone gonfiato come Malfoy e avrebbe urlato, scalciato fino a quando non l’avrebbe lasciata andare.

 “Lasciami immediatamente Malfoy altrimenti…” ribatté Hermione duramente

 “Altrimenti cosa?” ripeté lui provocatorio

 “Altrimenti ti prendo a calci in culo fino a farti venire fuori i capelli neri” parlò feroce una voce maschile calda e profonda. Subito il proprietario della voce si scagliò contro Malfoy allontanandolo da Hermione, finalmente libera dalla stretta delle sue mani.

 “Bene” fece Malfoy distanziandosi e cercando con lo sguardo dove erano finiti quegli incapaci di Tiger e Goyle, trovandoli sotto l’effetto Engorgio - incantesimo che fa gonfiare in modo impressionante chi ne è colpito -  “beh… lenticchia la mummia, quand’è che ti tolgono le bende? O le tieni per le prossime volte che ruzzolerai giù come un sacco di lenticchie?”

 Nonostante le loro condizioni sia Goyle che Tiger cercarono di ridere ma riuscirono solo a produrre dei insopportabili grugniti. Ammirabile la loro dedizione al dovere verso Malfoy.

 Ron si voltò verso Hermione per accertarsi che stesse bene e vedendola subito si sentì rincuorato.

 “Ti dirò Malfoy, forse voglio nascondere qualche bel nuovo tatuaggio” fece fronteggiandolo “di un po’…come sta tua padre?” chiese infine pungente mantenendo la mano salda vicino alla bacchetta.

 “Tu…non osare” sibilò arido Malfoy

 “Per caso si è fatto un nuovo orrendo tatuaggio?” continuò Ron soddisfatto “magari con una bella dedica in onore di Voldermort

 “Tu… te la faccio pagare!!!” urlò Malfoy estraendo fulmineo la bacchetta “Furnuncu!

 “Petrificus Totalus

 Malfoy venne irrigidito del tutto dall’incantesimo immobilizzandolo temporaneamente, a scagliarlo fu la professoressa McGranitt arrivata giusto in tempo.

 “50 punti in meno a Serpeverde” disse la professoressa McGranitt concisa senza fretta “e 15 punti in meno per Grifondoro”

 Hermione che era rimasta in disparte vicino alla parete si fece scappare un sospiro di sollievo, sarebbe sicuramente finita molto male se non fosse intervenuta la professoressa.

 “Ora sig.na Granger vada immediatamente a lezione” disse poi rivolgendosi verso Malfoy e i suoi armadi – liberi gli effetti dell’incantesimo -“mentre voi tre alle diciassette in punto nel mio studio, avvertirò il professor Piton e discuterò con lui della vostra punizione”

 Malfoy strinse forte i pugni “Ma professoressa…” cercò di riparare “è stata colpa di…”

 “Avremo modo di verificare sig. Malfoy, ora in classe!!” disse aspramente guardandolo da dietro le lenti quadrate dei suoi occhiali “e lei sig. Weasley mi segua”

 Ron si soffermò a guardare Hermione per accennarle di seguire l’ordine della professoressa, ma vedendo il suo classico sguardo DI-QUELLO-CHE-VUOI-IO-TANTO-NON-TI-ASCOLTO la vide seguirlo. Intuendo dove lo stesse portando la professoressa McGranitt, Ron attirò subito la sua attenzione per riferirle che Hermione li stava seguendo.

 Vagando con lo sguardo Ron cercò Hermione “Professoressa?” fece voltandosi verso di lei.

 “Sig. Weasley ora ho lezione” disse in maniera contenuta “ma ora deve assolutamente andare in infermeria…ho già avvertito i professori delle prime ore”

 “Si”

 La McGranitt si trattenne a fissarlo “E mi raccomando Weasley…abbia fiducia” aggiunse con un tono dolce prima di entrare in classe

 Ron rimase fermo a guardare vacuo il portone dell’aula di Trasfigurazioni oltre la quale era appena scomparsa la figura della professoressa. Fiducia…aver fiducia? Come poteva aver fiducia quando tutti lo avevano abbandonato? I suoi genitori non osavano nemmeno chiederli come stava, le uniche persone che lo sapevano o erano lontane o lo evitavano. E poi c’erano Harry, Hermione e Ginny, ma a loro non poteva rivelare la vera natura di quelle ferite… già Hermione!!!

 Ron sentì qualcosa lacerarli la carne, il dolore era acuto e violento. Un turbinio di immagini gli invasero il cervello scaraventandolo giù per un pozzo senza fondo. Ron cadde nel caos senza poter fare nulla.

 Urlava sputando sangue. Ma nessun suono veniva emesso dalla sua bocca.

 Tormento, sangue, terrore, disprezzo e tanto, tanto sangue da invadergli le narici e gli occhi. Piangeva sangue, vomitava sangue, quelle urla gli foravano le orecchie scagliandolo in una dimensione vacua color vermiglio.

 Quello era il suo mondo, dove il cielo era nero come la pece, la pioggia color cremisi, la terra completamente ricoperta di ossa. Umane. Come un tappeto i teschi, ossa, cadaveri ricoprivano tutto. Il silenzio regnava sovrano, il vento feroce trascinava con se strascicati bisbigli di un passato ormai lontano. Essi non erano altro che grida cariche di odio per colui che le aveva procreate.

 Ron riuscì ad rialzarsi, la vista gli era confusa dal gocciolare del sangue dalla sua tempia. Instabile sulla collina di cadaveri cercò di prestare attenzione ad un lamento che lo raggiunse fulmineo nel cervello.

 Era il triste pianto di un bambino. No! A piangere era una dolce bambina dai mossi capelli color castano accovacciata ai piedi di un lavandino nel bagno. Piangeva perché aveva il cuore spezzato. A spezzarglielo era stato…lui.

 “Ron!!”  urlò disperata Hermione vedendolo ancora incosciente a terra con la tempia sanguinante “RON??!!”

 “Che c’è? Che hai da urlare?” le rispose brusco. Era colpa di Hermione se era caduto. No…era sua la colpa se lei sentiva quello. Ora ricordava.

 Ron si alzò di scatto facendole perdere l’equilibrio. Hermione aveva perso un battito quando correndo aveva visto accasciarsi Ron a terra sbattendo la tempia sul gradino dell’aula di Trasfigurazioni. Accovacciandosi vide che non sanguinava solo dalla tempia, infatti tutte le maniche della divisa erano impregnate di sangue. Hermione lo toccò e debole e un ricordo attraversò la sua mente.

 “Ron s-stai sanguinando…” balbettò incerta vedendolo furioso “devi andare subito in infermeria” riprese con la sua solita voce petulante, non si era fatta intimidire da Malfoy e non sarebbe certo stato Ron ad avere il privilegio. 

“Lo so” fece aspro allontanandosi da lei “va via ora!!”

Hermione lo guardò sbarrando gli occhi “Come? Stai scherzando, vero?”

“No, vattene” le rispose neutro

“…”

Innervosito Ron “Va bene” disse “fa come vuoi” e così prese a correre verso l’infermeria, ma non era il solo. Hermione aveva deciso di seguirlo e di estorcergli la verità a tutti i costi. Tutti! Ma Ron non era dello stesso avviso, loro lo tormentava già abbastanza senza che Hermione interferisse. Aveva avuto la conferma che erano particolarmente sensibili alla sua presenza, tanto da proiettarlo nel suo mondo.

“Madama Chips!!!” urlò Ron arrivando davanti al portone dell’infermeria “MADAMA CHIPS!!”

“Chi è che urla in questo modo??!!” rispose seccata la Madama aprendo la porta “oh santo cielo!! Sig. Weasley…entri su!!”

“Madama…non la faccia entrare” disse Ron, esausto

“Chi?” chiese curiosa Madama Chips

“Lei” le rispose indicando Hermione “la prego” scongiurò intorpidito, aveva perso troppo sangue.

“Signorina Granger!! Dovrebbe essere in classe a quest’ora” disse la Madama frapponendosi tra Hermione e la porta “e comunque non può entrare”

“Madama mi faccia entrare” la supplicò Hermione cercando di scorgere Ron “Sta male”

“Gliene faresti di più restando” replicò duramente chiudendo con un colpo secco la porta.

Hermione rimase scossa dall’affermazione della Madama. Non ne capiva il perché ma ora il peso sul suo cuore aumentò visibilmente…che fosse realmente colpa sua i strani attacchi di Ron? Era per quello che lui l’aveva evitata con tanta cura?

“Acc! Weasley ma quanto sangue ha perso?”

Ron non rispose, era troppo anchilosato dalla mancanza di sangue che la sua mente stava vagando sfrenata ma ritornava ogni volta a quell’immagine. Ritornava irrimediabilmente a quella bambina.  

“Ora! Prenda questa ogni ora!” disse la Madama porgendogli una boccetta color rosetta “l’aiuterà a riprendere le forze”

“Madama... aveva detto che queste bende avrebbero tenuto di più” fece guardandola assente

“Si, e avrebbero dovuto farlo” rispose mortificata la Madama “ma vedi, se le shadows sono così intense servono a ben poco come ha visto”

“Sono stanco…” disse Ron amaro “tremendamente stanco”

“Deve aver pazienza, e fiducia” disse pacatamente

“Aver pazienza e fiducia?” ribatté ostile Ron “scusi la volgarità Madama ma non gliene frega un cazzo a nessuno di me e allora in chi dovrei aver fiducia?”

La Madama non si scompose, nella sua lunga carriera di infermiera al San Mungo e ad Hogwarts ricordò solo un’altro caso così…disperato. Come a quel tempo che non si conoscevano gli effetti e le reali cause, ancora oggi non esiste una cura o incantesimo capace di annullare gli effetti delle shadows. Nulla, solo una pozione capace di inibirle temporaneamente, ma se abusata – come allora – il risultato non è altro che morte per overdose.

Tutto di quello che succedeva a Weasley le ricordava il caso Hamilton. Erano passati 30 anni dalla morte di Bruce Hamilton. Era uno studente tirocinante come lei che studiava per diventare guaritore, lo aveva conosciuto, gli aveva parlato, era uscita con lui e se era innamorata.

“Madama… io lo vedo il mio futuro” disse Ron improvvisamente ridestando così Madama Chips “lo vedo nei suoi occhi…finirò come quel Hamilton”

“NO! non finirai come Bruce” esplose la Madama con gli occhi lucidi “prenderai la pozione che il professor Piton sta preparando in dosi piccole e regolari”

“Madama…”

“E ti allenerai con lui per controllare gli spasmi d’astinenza” asserì alzandosi dalla sedia ed allontanandosi da lui.

Ron chiuse gli occhi ascoltando i suoi singhiozzi “Madama lei lo sa meglio di me…” disse quieto “io morirò o di overdose” poi si fermò e puntò i suoi occhi azzurri su quelli della Madama ormai asciutti ma infelici “o perché mi suiciderò prima di essere completamente succube e rinchiuso”

“Rinchiuso?” ripeté confusa “da chi lo hai sentito?”

Ron richiamò alla memoria le lacrime che sua madre aveva versato sapendo la verità sulla sua situazione. Durante la sua convalescenza a scuola al ritorno dal ministero le sue condizioni erano lievi, ma con l’avvento dell’estate arrivarono le prime voci, i primi deliri e le prime ferite. Subito decise di recarsi al San Mungo solo per un consulto ed era ritornato a casa dopo due giorni di esami, sballottato in reparto a reparto, esaminato da decine di guaritori fino a quando gli fecero leggere la cartella clinica di Bruce Hamilton deceduto nel 1967 per overdose.

Quella cartella clinica descriveva tutti i comportamenti che Hamilton aveva manifestato nella sua permanenza al reparto Lesioni da Incantesimi fino al momento della sua morte nel reparto speciale lungodegenti da dissociazione mentale magica. Ron leggendo tutti quei sintomi non poté che identificare se stesso.

Inizialmente Ron aveva creduto che fosse solo coincidenze tutte quelle sintomatologie e che lui non poteva certo avere una malattia ignota e senza cura, ma la conferma arrivò una mattina pochi giorni dopo rileggendo attentamente la “fotocopia” di quella cartella clinica. Ron riconobbe la scrittura di Madama Chips dell’infermeria di Hogwarts che testimoniava il fatto accaduto nel laboratorio di ricerca sui cervelli 30 anni prima.

Il racconto spiegava l’incidente che aveva coinvolto il tirocinante Bruce Hamilton nell’eseguire la procedura di congelamento della massa n° 14/J.M. L’errore nella procedura aveva scatenato una reazione della massa n°14/J.M. al contatto con la sua pelle al momento del trasporto dalla vasca di cristallo. Il racconto finisce con il ricovero di Hamilton al San Mungo e la richiesta scritta di Madama Chips sull’origine della massa n°14/J.M.

“Weasley?” fece scotendolo leggermene dal suo assopimento. Era comprensibile la sua stanchezza a causa della perdita di tutto quel sangue ma doveva assolutamente sapere cosa sapeva “cosa sai tu, su Hamilton?”

Ron aprì lentamente gli occhi, sentiva tutto il corpo intorpidito e le braccia gli dolevano parecchio “Tutto” rispose infine

“Spiegati!” comandò la Madama, nervosa…

“Tutto quello che è scritto sulla sua cartella clinica” disse neutro tirandosi su dal letto dell’infermeria “tutto quello che ha scritto lei e tutto quello che gli è successo dopo il ricovero”

“Oh! Santo cielo!” rispose alla affermazione di Ron, non poteva credere che quel ragazzo sapesse tutto.

Ron prese la boccetta color rosa pallido, si sistemò meglio la divisa ormai pulita dal sangue e si alzò “La saluto Madama” fece poi avviandosi verso la porta “non deve preoccuparsi per me” le disse sorridendoli timidamente.

“…” la Madama non riuscì a rispondere, non sapeva cosa dirgli perché nulla avrebbe potuto ridargli la sua innocenza perduta o salvarlo da ormai morte certa.

Hermione decise comunque di aspettare Ron fuori dall’infermeria, reprimendo la smania di entrare o di ascoltare i discorsi. Aveva sentito la Madama alzare al voce e Ron risponderle, ma era riuscita a resistere ed aspettare Ron.

Ron voltò le spalle alla Madama ed uscì fissando il pavimento. Chiuse lentamente la porta alle sue spalle e sentì un fremito soffocato e un paio di scarpe da ragazza poco distanti da lui. Ron sapeva a chi appartenevano ma decise di ignorarle e si diresse verso il dormitorio, era stanco e poteva dormire almeno 4 ore prima dell’inizio delle lezioni pomeridiane.

“Ron?”

“…” lui non aveva intenzione di darle corda.

“Ron! Ehi?” riprovò lei, ma Ron non diede segno di averla sentita.

Hermione allora si spazientì “Ron! Non fare finta di non sentire!!”

“Ok! Che cacchio vuoi? Non ti avevo detto di sparire?” rispose lui scontroso “Cos’è sei sorda? ”

“Ehi! Non usare quel tono maleducato con me, R-O-N-A-L-D” gli strillò indispettita

“Vattene Hermione” continuò lui imperterrito “lasciami in pace”

“Vaffanculo Ron!!” urlò furiosa Hermione, era stufa di quel comportamento infantile, si era stancata di corrergli dietro o di aspettarlo, perché se lo avesse fatto sarebbe morta di vecchiaia nel frattempo “non me ne vado finché non mi dice cosa hai!!”

“E meno male che sono io il volgare” mormorò tra se e se sorridendo

“Che hai detto?” domandò subito sentendolo borbottare

Ron non poteva mandare tutto all’aria e parlarle, trascurando gli incubi, i tagli, le allucinazioni e le voci che lo tormentava giorno e notte, ma soprattutto non poteva dimenticarsi che lui era innamorato perso di lei ma presto lui…sarebbe morto… lei sarebbe stata sicuramente più felice lontano da lui, solo doveva ancora capirlo, infondo Ron per Hermione era solo un semplice amico…non sarebbe stato difficile allontanarla.

“VATTENE!! Non voglio più vederti Hermione!! Sono stanco di te!!” urlò brusco spaventandola “sono stato chiaro?”

“Cristallino direi” lo provocò lei, non si sarebbe arresa, a costo di picchiarlo.

Ron sbuffò infuriato e si allontanò veloce da lei, costatando felice che non lo aveva seguito, forse c’era finalmente riuscito. Mancava solo Ginny. Era da solo ormai e non poteva dare torto a nessuno per quello, non odiava i suoi genitori, ne i suoi fratelli, ma quelle parole lo avevano massacrato nell’anima e ne era rimasta una macchia indelebile.

Hermione non aveva rinunciato, semplicemente aveva deciso di obbligarlo a parlare in un altro momento, in un altro luogo dove non sarebbe riuscito a mentirli. Aveva deciso di preparare la pozione Veritaserum, era la fine di Novembre e per la fine del ciclo lunare sarebbe arrivato Natale. Periodo perfetto!

“Harry!”

“Ciao Ginny!” la salutò sorridendole

Le stava sorridendo, stava sorridendo a lei in quel suo modo adorabile. Vedeva la sua deliziosa fossetta, gli occhi verdi socchiudersi lievemente dietro gli occhiali e la sua testa inclinarsi leggermente. Ma come poteva dedicarle un sorriso così dolce dopo quelle cattiverie? Forse… lui provava… no non poteva illudersi… ma come riusciva a sorridere in quel modo sapendo della profezia, come face Harry a rimanere così… semplice nonostante tutto.

“Ehi? Ginny stai bene?” le domandò Harry agitandole una mano davanti agli occhi

“Eh? Che? Si, si!!” rispose Ginny sfociando in una forte risata genuina

“Mi ero incantata, sai sei così bello che mi succede a volte!!” gli disse scherzosamente

Ma Harry rimase spiazzato da quelle parole, tanto da arrossire vistosamente e da non riuscire ad articolare nessuna risposta decente. Lei lo trovava…b-bello? No, stava sicuramente scherzando.

“Harry, s-sei arrossito?” fece indicandogli il volto, Harry era arrossito per la sua battuta? No, prima gli sorrideva in quel modo e ora arrossiva per la sua battuta? Il mondo doveva essere seriamente impazzito!

“I-io…” cercò Harry di risponderle “è solo…ecco mi hai stupito… ma era una battuta, vero?” chiese tanto per essere sicuro

“No” rispose seria

“Eh?”

Harry non si era mai sentito così confuso, prima era giocosa e dopo seria. Diceva sul serio o lo stava prendendo in giro? Certo, Harry sapeva che Ginny non era un persona del genere, ma quel sentimento che aveva sempre ignorato ora gli faceva battere il cuore in sua presenza. Non capiva cosa lo turbasse tanto. In fondo era Ginny, la piccola Ginny che era ormai cresciuta e anche lui. 

Ignorava cosa provasse per lei, ma su una cosa era certo non era nemmeno paragonabile a quella cottarella per Cho l’anno prima.

Ora per Ginny provava un sentimento così forte da fargli dolere il cuore. La pensava giorno e notte. E per questo si sentiva in colpa. Tremendamente in colpa. Come poteva essere così felice dopo la morte di Sirius, eppure lei era riuscita a salvarlo. Aspettava ansioso gli allenamenti perché era felice quando la vedeva esultare e ridere per aver fatto segno, irrequieto attendeva il momento per chiacchierare con lei davanti al camino. Ogni tanto era stato felice del fatto che Ron li evitasse perché così aveva avuto tutto il tempo per assaporare ogni momento con la sua Ginny.

Ma Harry aveva paura…perché aveva scrutato tanto in se e aveva riscoperto un se stesso oscuro, aveva paura perché dipendeva dalla vitalità di Ginny, lei era diventata la sua fonte di vita. Tutto il suo mondo. Aveva  paura perché quel se stesso che la voleva tutta per se. Non poteva commettere lo stesso errore. Troppe persone avevano pagato per il suo desiderio di affetto.

“Non essere superfluo Harry” gli rispose secca “mai sottovalutare le parole di una ragazza” aggiunse poi sorridendo tristemente

“Ginny!!” fece Harry prendendola per un braccio e girandola “io…”

La stava per baciare? Sia Harry che Ginny se lo stavano chiedendo. Sciocco ma l’impeto di audacia di Harry era andato scemando guardando gli occhi chiari di Ginny, mentre lei… aspettava annegando nel verde degli occhi di Harry. Erano lì a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro, sarebbe bastato poco, pochissimo e tutti i sogni di Ginny si sarebbero avverati. Percepiva la presa forte di Harry sul suo braccio, la sua grande mano chiudersi sul suo piccolo braccio e sentiva il suo respiro irregolare solleticarle il naso. Era cresciuto e si era fatto bello. Il suo Harry.

Harry avvertiva la fragilità di Ginny in quel momento, lui sapeva che lei aveva avuto una cotta per lui, ma allo stesso tempo aveva sempre sottovalutato quel sentimento, ma ora lei era lì davanti a lui e non si sottraeva alla sua presa. Lo guardava senza pretese nello sguardo, ma fiduciosa e sorrideva lievemente. Era un segno? Quel piccolo sorriso, lei voleva essere baciata? Doveva baciarla? Certo che per aver 17 anni Harry si sentiva proprio un imbranato.

“Io…” disse in fine Harry non sapendo cosa fare, era arrossito, ora capiva perfettamente i sentimenti di Ron quando si lamentava della sua assurda tendenza ad arrossire in continuazione.

Ma Ginny non si sarebbe fatta scappare quell’occasione, sentiva che in Harry era scattato qualcosa verso di lei, lo percepiva. Lei voleva che accadesse per poter dedicarsi finalmente a lui, Ginny voleva aiutare Harry in tutti i modi ma i freni dell’amicizia era troppo vincolanti per lei. Non poteva fingere per sempre…non sarebbe stato giusto ne per lei ne per Harry. Gli avrebbe donato il suo cuore.

“Shh” sussurrò appoggiandoli un dito sulle sue labbra “Harry…io voglio starti vicina” aggiunse accarezzandogli un guancia e guardandolo dolcemente “per sempre”

Harry spalancò gli occhi, cosa stava cercando di dirgli. Che lo amava? Lui non era degno di lei e del suo amore, e lo sapeva bene. Lei meritava di meglio, meritava una persona in grado di amarla liberamente senza paura…perché Harry era tormentato dalla paura di perderla.

Lei sarebbe morta restando con lui! Non lo avrebbe permesso!

“Non posso” sussurrò distogliendo lo sguardo “M-mi dispiace Ginny” e corse via, ma non fece in tempo perché sentii i suoi singhiozzi e la risposta di Ginny alla domanda di Hermione. Era stato lui a ferirla ma non poteva essere così egoista, non poteva desiderarla solo per lui e condannarla così.

“Ginny, perché piangi?” domandò Hermione preoccupata

Ginny guardò il suo viso offuscato dalle traballanti lacrime “Perché mi ha spezzato il cuore” rispose accasciandosi a terra ed abbracciandola. Lei gli aveva donato il suo cuore e lui non lo voleva. 

 

Fine 2° capitolo

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Ringrazio :

 Daffydebby

Phoebe80

Miky Black  

Blacky

MandyJJ

Teta

Hermy

Pepero

Bebba

 

Un bacio per i commenti, sono stata molto contenta che vi sia piaciuta la ff!! Spero di non aver deluso nessuno con la seconda parte :-P  Un GRAZIE dal profondo del cuore  ^__^

Commentate in tanti, aspetto ansiosa le recensioni!

 

 

P.S. Mi scuso per i vari difetti ed errori grammaticali

 Un bacio e al prossimo capitolo

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** When I see your smile ***


Prima di lasciarvi al 3

Prima di lasciarvi al 3° capitolo ho da ringraziare una persona.

 Sono grata a Laura alias Lilith the First per la sua Fanfic “Aftermath” (pubblicata su AccioFanfiction) che mi ha ispirato questa storia. Ritenevo doveroso farlo.

 Ti ringrazio dal profondo del cuore!! ^__^

 Buona lettura 

 

3° capitolo: When I see your smile

 Last night before you fell asleep
You whispered something to me
Was it just a dream
I'm gonna listen to you close
Coz your goodnight kiss
Felt like a ghost

 What are you trying to say to me
What are you trying to say

 The Corrs “Intimacy”

 

Il ciclo lunare stava per compiersi e Natale era alle porte. Per tutta la scuola, tra festoni incantati, canzoncine smielate e regali in anticipo, si respirava finalmente un aria allegra e serena che solo a Dicembre si poteva avere. Molti studenti avrebbero passato le vacanze natalizie con la propria famiglia, nella propria casa a gustare ogni momento con i propri affetti. Non tutti però erano felici dell’avvento del Natale, non tanto per il freddo, la neve e la carica di compiti ma perché si prevedeva scompiglio ininterrotto per due intere settimane. 

Hermione era la più felice di tutti sia perché era Natale, ma soprattutto perché era sicura di avere Ron in pugno. Aveva faticato a trovare tutti gli ingredienti per prepararla, ma mancavano pochi giorni al concludersi del ciclo lunare e la pozione Veritaserum sarebbe stata pronta. Solo una goccia e finalmente avrebbe scoperto il segreto di Ron. Si era data tanto da fare a prepararla di nascosto che nemmeno Harry e Ginny ne erano venuti a conoscenza. Si precipitava ogni volta che poteva nel bagno delle ragazze di Mirtilla Malcontenta come al secondo anno. Ma questa volta era sola, non c’era Harry e nemmeno Ron. Sapeva che molto presto tutta la verità sarebbe venuta a galla e quel maledetto puzzle che era diventata la sua vita avrebbe avuto una spiegazione e una conclusione. Nel bene e nel male sarebbe presto tutto finito.

Guardando il volto di Ginny in quei giorni si poteva credere che qualcuno la maltrattasse,  dato che aveva molto spesso – soprattutto la mattina – gli occhi gonfi e rossi. Per dimenticare ed impegnare la mente, dopo il rifiuto di Harry, Ginny si era buttata sui libri di scuola. Sarebbe stato tipico di una Hermione farlo, ma lei non aveva più nessuno. Ron l’evitava, non riusciva a parlargli ed era ormai un impresa anche solo vederlo. Hermione scappava ogni momento libero e intuiva che stesse escogitando qualcosa mentre Harry, le aveva ferito il cuore. Capiva che forse non era ancora pronto, ma lei gli aveva dato se stessa, gli aveva promesso che non lo avrebbe mai abbandonato. Harry doveva iniziare a capire che non era più solo a combattere contro Voldemort e che doveva fidarsi di loro. Immaginava che volesse tenerli lontano da lui per proteggerli, ma non poteva farlo in eterno e lei aveva preso la sua decisione.

Erano passati molti giorni da quando era scappato come un codardo da Ginny. Harry da allora abbassava sempre lo sguardo davanti a Ginny, aveva paura di vedere i suoi occhi ancora rossi dal pianto e umiliati, non lo avrebbe sopportato.

Ciò non impediva però, ad Harry, di sognarla tutte le notti, fantasticando su che sapore avessero le sue labbra rosse, desiderando di tornare indietro e d’infrangere quella distanza tra di loro, voleva baciarla, sfiorarla e toccarla giorno e notte, sentirla viva vicina a lui, con tutto se stesso, perché sapeva di amarla.

Sospirava ai sogni proibiti di abbracciarla teneramente e farle dimenticare ogni cosa. Detestava se stesso perché non sarebbe mai stato capace di scappare da tutti e da tutto, distante dalle sue responsabilità, indifferente ai suoi dolori, lontano da un destino che Harry non voleva ma che lo aveva scelto.

Poi una sera, Harry la vide lì addormentata sul divano davanti al fuoco. Era splendida.

 Ma l’immagine di Ginny che lo perseguitava la notte le si soprapponeva: vedeva Ginny morta, distesa senza vita in una pozza di sangue massacrata. Come un limbo riviveva la morte dei suoi genitori, quella di Sirius, l’assassinio di Cedric Diggory e poi la sua. Ogni volta si svegliava con le lacrime che gli rigavano i volto, ma non era un pianto liberatorio, era un pianto silenzioso e amaro.

Harry era oppresso dalla paura, era angosciato perché Voldemort avrebbe potuto attaccare in ogni momento e lui non sapeva come difendere le persone a cui voleva bene.

Molte, troppe persone a lui care si erano sacrificate per salvare la sua vita. Per questo se quel giorno Harry e Ginny si fossero baciati, se si fossero amati come due semplici ragazzi lei avrebbe finito per soffrire enormemente. Harry questo non poteva permetterlo, non conosceva il suo futuro e cosa gli riservasse, ma aveva compreso che la profezia esigeva un sacrificio, e ciò che chiedeva era la vita.

“Ti amo, Ginny” le sussurrò una volta all’orecchio mentre era assopita in sala comune. Poteva solo fare questo, comportarsi da debole e sussurrarle il suo amore all’orecchio sapendo che non potrà mai sentirlo.

Ron si era arreso, non aveva scoperto nulla in grado di aiutarlo. Aveva passato l’ultimo mese in biblioteca a cercare qualcosa che nemmeno lui sapeva cosa fosse. In fine tutto si era rivelato inutile.

Il tempo passava, la sua follia peggiorava e stava per prendere il controllo di tutto: dei suoi sentimenti, dei tormenti e delle sue debolezze. Lui lo stava schiacciando. In quei momenti Ron sentiva il suo cuore stritolarsi come se qualcuno glielo stringesse in una morsa, il suo respiro rallentava quasi da non respirare più e i sensi si intorpidivano. 

Lui, loro desideravano la sua morte. Bramavano la sua sconfitta. Ron doveva soffrire come loro.

Le volte che si trovò proiettato in quel caos di mondo Ron aveva udito una debole melodia. Era triste e lenta, sapeva di antico, parlava di un uomo solo, del suo potere e della sua pazzia. Spesso la melodia veniva coperta dalle voci che gridavano parole senza senso. Ma quando tornava la sentiva recitare ancora una volta della vita, della morte e poi, esaltava il potere del solo. Ron non riuscì mai a catturare quel nome, chi fosse il solo, un nome che non poteva essere menzionato.

Comunque ora non gli interessava più cercare di comprendere il suo martirio, l’unica cosa che capì era che non gli rimaneva molto prima che lui lo soggiogasse del tutto e tornasse ad uccidere.

Doveva sistemare le cose e farla finita.

“Sig. Weasley?”  fece una voce lieve ma chiara

“Professor Silente” esclamò Ron sorpreso di vederlo

“Vuole seguirmi nel mio ufficio?” domandò Silente, pacato “avrei da parlarle”

“Si, certo” rispose incerto fissando tutto tranne Silente “ma…ecco…non ha paura?”

“Non deve preoccuparsi sig.Weasley” ribatté sorridendo lievemente “non per me”

Ron lo seguì poco convinto, non aveva più avuto contatti con il professor Silente dal giorno della lettera. In quella lettera c’era scritto il suo futuro e la sua decisione. Poteva ricordare quel giorno come se fosse stato ieri, quando disse tutta la verità dal ritorno dal S. Mungo.

C’erano sua madre, suo padre, Bill e Charlie appena tornati da un lavoro per l’Ordine. Si stava facendo sera, Ginny e i gemelli che era fuori ad Hogsmeade, non erano ancora tornati. Parlò loro di tutto quello che gli era accaduto in quei mesi, rivelò a loro delle allucinazioni, delle ferite e della presenza delle voci.

“Con questo è tutto, mamma” fece Ron alzandosi dalla sedia, non poteva sopportare la vista delle lacrime di sua madre e lo sguardo vuoto di suo padre.

Da quando era nato non aveva mai fatto nulla per rendere i suoi genitori orgogliosi di lui, nulla. Era lo smidollato sesto figlio di sette fratelli. Non aveva doti né speciali attitudini, non era molto sveglio e aveva un carattere codardo e timido. Ed ora questo…aveva finito per far soffrire le persone che amava.

“È colpa mia, vero?” domandò trattenendo i sussulti dei singhiozzi

“Ma cosa dici, Molly” ribatté suo marito “non ti deve nemmeno sfiorare il pensiero!”

“No, no è colpa  mia!!” continuò piangendo la signora Weasley “non avrei dovuto”

“Dovuto cosa?” domandò accigliato Ron, cosa stava cercando di dire sua madre.

La signora Weasley lo guardò con le guance rigate dalle lacrime e il mento tremante “n-non lo so… ” disse infine riprendendo nuovamente a singhiozzare.

“Non è colpa tua, mamma e nemmeno di papà” disse dispiaciuto Ron guardandoli lì seduti uno vicino all’altro, con papà che sussurrava qualcosa all’orecchio di sua madre “la colpa è mia”

“Si è vero…la colpa è tua, Ron” disse severo Bill

“Bill…” parlò a bassa voce Charlie che gli era vicino “non esagerare”

“No! Che non esagero” esplose Bill guardandolo furibondo “hai una vaga idea del futuro che ti aspetta, Ron?”

“Bill!!” disse gemendo la signora Weasley “non lo aggredire”

“Io conosco l’aneddoto di cui parla Ron… il caso Hamilton e l’unica cura è una pozione contro quelle cose che si può usare temporaneamente perché porta ad una forte dipendenza, tanto forte da portare alla pazzia”

“Oh! Cielo!” esclamò la signora Weasley

“È pericoloso…” fece muovendosi verso Ron “lo sai che non potrai più tornare qui…” lo avvertì Bill sfiduciato. 

Ron lo guardò vacuo, vedeva lo sguardo avvilito dei suoi fratelli maggiori, sentiva suo padre abbracciare forte sua madre ancora scossa dai singhiozzi. Lui sapeva che non avrebbe più avuto l’occasione di poter tornare a vivere con loro, ritornare felice da loro a ridere come quando era un semplice ragazzino. Quel tempo era morto con il Ron di allora.

“Ma… non c’è una cura…alternativa?” chiese il quel momento il signor Weasley

“No” rispose Bill per Ron

“Quindi non c’è rimedio?” riprese la signora Weasley “e che fine farà Ron?”

Bill guardò Ron. Suo fratello minore era condannato a morire in una cella del S. Mungo da solo e aveva solo 17 anni. Non lo poteva accettare, come si poteva…avere la forza di subire una situazione del genere con la consapevolezza che alla fine Ron sarebbe comunque morto. Bill si sentiva così frustrato, lui era il fratello maggiore e stava obbligando Ron ad una fine ignobile.

“Verrà internato al S. Mungo” disse cupo Bill distogliendo lo sguardo

 “Dovremo informare Silente di questa storia” fece notare Charlie

Non poteva credere che Ron sarebbe morto, che non esistessero cure, pozioni o incantesimi capaci di salvare un ragazzino di soli 17 anni. Ma soprattutto non poteva credere che al Ministero non si fossero ancora sbarazzati di quei maledetti condannati al noxa immortālis.

E ora per colpa di quei maledetti fanatici, suo fratello sarebbe morto senza sapere nulla della vita.

 “Per questo me ne andrò, frequenterò la scuola se Silente accetterà e poi…” confermò solamente

“Poi…? Cosa ti succederà?” lo interruppe il signor Weasley rivolgendo a loro lo sguardo

“La faremo finita” ribatté Ron lentamente guardandolo fisso negli occhi, di una sola cosa era certo: non si sarebbe fatto rinchiudere, piuttosto la morte

La signora Weasley si alzò dalla sedia su cui era stata seduta, alzò lo sguardo fino a catturare gli occhi di suo figlio Ron “Vorrei non averti mai avuto, Ron ” disse “perché questo dolore è troppo grande anche per una madre” e pianse disperatamente, tanto da costringere suo marito a calmarla con un incantesimo.

“Lo so” rispose piangendo “ anch’io lo vorrei, mamma

Arrivati davanti al gargoyle di pietra, quest’ultimo si aprì davanti alla nuova parola d’ordine, che però Ron non colse per colpa dei suoi pensieri.

“Madama Chips mi ha informato che ha avuto una ricaduta” disse Silente scrutandolo da dietro i suoi occhialini a mezzaluna “nonostante le bende incantate”

Ron confermò con un lieve movimento del capo

“Inoltre mi ha riferito che lei conosce tutta la storia in merito al caso Hamilton” continuò sempre guardandolo penetrante

Ron fece un cenno affermativo

“Ma forse non conosce la storia di Jeff McFandes” insinuò Silente curvandosi leggermente verso di lui che gli era di fronte, oltre la scrivania “o sbaglio?”

“No, non conosco nessun Jeff M-Mcqualcosa, signore” rispose Ron sincero e non pensava che cambiasse molto saperlo.

“Jeff McFandes, sig.Weasley” lo corresse Silente

“No, signore” ripeté

Silente si alzò dalla sua poltrona ed si mosse verso la sua Fanny al massimo del suo splendore, era di un rosso lucente, emanava forza e armonia. Passarono dei minuti immersi nel silenzio eccetto per il rumore leggero delle mani di Silente sulle piume della fenice.

“È importante che lei, sig.Weasley” incominciò calmo “conosca la storia del sig. McFandes”

“Perché, signore? Servirebbe a qualcosa?” si azzardò a domandare, irrequieto

Silente lo guardò impassibile, ma poi sorrise impercettibilmente “Si” rispose

Ron gli lanciò uno sguardo un po’ torvo, si fidava del suo preside, ma aveva perso la speranza e finita quella non gli rimaneva altro che la consapevolezza che non c’era futuro per lui.

“Servirebbe, sig.Weasley, perché 14/J.M. ” riprese pacatamente “non sono altro che le iniziali del nome Jeff McFandes”

Natale era ormai alle porte e tutti i professori si davano da fare per riempire a dovere i propri alunni di compiti per le imminenti vacanze. Pochi giorni e Hogwarts sarebbe stata svuotata di parecchi dei suoi studenti. Quella mattina la neve non dava segno di smettere di cadere, la si poteva osservare scendere con lentezza, ma ininterrottamente, da oltre una settimana. Ad Hermione era sempre piaciuta la neve fin dall’infanzia, perché le ricordava i bei momenti passati con i suoi genitori. Un caro ricordo custodiva nel cuore e lo doveva alla neve.

Doveva aver avuto più o meno sette anni quando una forte bufera di neve mandò in completo blackout tutto il suo quartiere. Le strade erano impraticabili per i centimetri di neve che continuava a cadere. La scuola era stata chiusa per precauzione e per la felicità di tutti i bambini. Solo una bambina ne era seccata, anzi notevolmente innervosita perché a causa di quella stupida neve, lei non avrebbe potuto ricevere il compito che da tempo aspettava. Si era impegnata tanto per quel compitino ed ora avrebbe dovuto aspettare chissà quanto tempo prima di riceverlo, ed inoltre avrebbe perso giorni preziosi di lezioni.

Quella graziosa bambina imbronciata, dai lunghi capelli mossi, si chiamava Hermione Jane Granger.

Hermione, inoltre, era arrabbiata perché così non sarebbe riuscita a comprare il regalo di Natale da dare ai suoi genitori. Per colpa di quella stupida neve, lei non sarebbe riuscita a raggiungere il negozietto alla fine della strada.

Hermione si svegliò molto presto quella mattina e girovagò un po’ per la casa con il suo amico Lu che era una lontra di peluche. Glielo avevano regalato per il suo compleanno due anni prima i suoi genitori. Era stata veramente sorpresa del regalo perché, non lo aveva mai confessato a nessuno, ma era sempre stata interessata a quel piccolo animaletto e teneva dei libri sulle lontre nascosti dentro un scatola per scarpe.

Attraversò piano il corridoio che divideva la sua stanza da quella dei suoi genitori e li vide dormire beatamente. Suo padre abbracciava sua madre che riposava con la testa appoggiata sul petto del marito.

Hermione amava i suoi genitori e sapeva che loro l’amavano altrettanto, ma sentiva come se mancasse qualcosa, qualcosa di fondamentale. Per questo sin dalla più tenera età, Hermione si era impegnata in tutto, sentiva di essere diversa dalle altre bambine che giocavano con le bambole desiderando di andare al Luna Park mentre lei leggeva C.S. Lewis e fantasticava su un mondo magico popolato di streghe, giganti, elfi e spiriti, pieno di incantesimi e pozioni, sognava creature mitologiche e fantastiche come sirene, unicorni, Kraken*, centauri ed i leggendari draghi.

Si sentiva a suo agio in quel mondo, sentiva di essere a casa.

Ma, questo non poteva certo dirlo ai suoi genitori, loro non avrebbero potuto capire il senso d’incompletezza che accompagnava la loro bambina. In fin dei conti aveva appena sette anni, ma erano abbastanza per sentirsi fuori posto.

“Hermione?” parlò una voce assonnata, era quella del suo papà “stai male?”

Lei non parlò, non era abituata a vedere i suoi genitori a casa alla mattina. Di solito a quell’ora erano già nel loro studio – erano dentisti – per gli appuntamenti, ma a causa di quella neve avevano dovuto disdire tutti gli appuntamenti e rimanere a casa. Li aveva visti contenti di quelle ferie forzate perché così avrebbero potuto dedicarsi ai loro piccoli piaceri. Suo padre poteva leggere i suoi libri preferiti oppure aggiustare qualcosa che in casa non andava. Sua madre invece amava ricamare, le aveva fatto a mano metà del suo vestiario fino ai quatto anni, ora invece le stava ricamando le sue iniziali su tutti i fazzoletti di tessuto che trovava carini per la sua bambina.

“Jane…piccola, cosa c’è?” riprovò sua madre svegliata dal marito “hai freddo?”

Hermione arrossì vistosamente, era venuta nella loro camera per abitudine infatti quando si sentiva triste e sola si rintanava un po’ sul loro lettone. Solo che loro non sapeva che Hermione si sentiva sola e triste un giorno si e anche l’altro, per colpa delle cattiverie dei suoi compagni che la evitavano.

“Viene nel lettone, Jane” disse sua madre dolcemente spostandosi per farla salire “è da tanto che non dormiamo insieme, vero tesoro?” fece voltandosi verso il marito

“È vero, dai Hermione” la incitò il padre “vuoi raccontare alla mamma il libro che stai leggendo…La storia di Joe?”

Ad Hermione si illuminarono gli occhi, la passione per la lettura gliela aveva trasmessa suo padre e lui la incitava dicendo sempre che “leggere un buon libro aiuta sia lo spirito che il cuore, oltre che la mente” amava leggere, perché in quei mondi si sentiva viva.

“P-posso veramente?” chiese timidamente

“Certo che puoi, Jane!” rispose la sig.Granger “dai che sono curiosa di sapere di Joe”

E così quella bambina seccata dalla neve, passo tutta la mattina nel lettone dei suoi genitori a raccontare di Joe un bambino che scoprì di essere un maghetto e di non essere il solo. Parlò ai suoi genitori degli incontri magici di Joe con animali parlanti, fantasmi, saggi unicorni e tanti amici come lui.

Quella stupida neve aveva portato un po’ di calore nel cuore solo di quella bambina imbronciata, dai lunghi capelli mossi, che si chiama Hermione Jane Granger.

Un forte rumore distolse Hermione dai ricordi nostalgici dell’infanzia, qualcuno aveva rovesciato un bicchiere a terra e quella persona non era altro che Harry, seduto di fianco a lei.

“Harry!” esclamò Hermione estranea a tutta la situazione

Harry era semplicemente scioccato, Ginny si era seduta davanti a lui. Nulla di strano se non per il particolare che era dal famoso giorno in cui lui l’aveva respinta che non si parlavano e si evitavano educatamente.

Ginny lo guardò ed incurvò un sopracciglio, gli aveva fatto quell’effetto solo sedendosi davanti a lui, chissà che reazione avrebbe avuto dopo lo scherzetto che stava preparando per lui.

“Oh! Ginny!” disse con enfasi Hermione altrettanto scioccata nel vederla lì seduta con loro. Da quando Ginny li evitava lei e Harry non avevano molto di cui parlare. Entrambi erano soli col cuore infranto… che accoppiata. Hermione poteva ritenersi più fortunata perché Ron si faceva vedere più spesso a colazione e a Cena rispetto a prima, mentre Ginny si accontentava di non parlare con Harry e di stargli lontano quel poco che poteva.

“Che cosa avete voi due?” rispose indispettita da tutta quella sorpresa.

“Nulla! È solo…” cercò di spiegare Hermione

“Era da tanto che non stavi qui con noi” provò Harry aspettando la sua reazione

“Già…ma ora sono qui” disse guardandoli e regalando un sorriso a Harry

Harry era al settimo cielo, Ginny si era seduta davanti a lui e gli aveva addirittura regalato un sorriso. Non poteva chiedere di più. Tutto…o quasi era tornato come prima. Harry si sentiva il cuore molto più leggero, era felice che Ginny fosse tornata da lui. Anche se non poteva dirglielo, lui l’amava e aveva bisogno di lei, anche se c’era poco tempo. Harry desiderava godere di ogni momento passato con Ginny ora che poteva. Sperava che lei rimanesse con lui fino al quel giorno.

Poi l’avrebbe lasciata libera.

“Ehi Ginny!” la richiamò Hermione “quello non è Errol?”

In un frazione di secondo un vecchio Gufo si schiantò sul tavolo dei Grifondoro, capitombolando addosso ad Harry, che sbilanciato, cadde all’indietro tenendo in braccio il gufo. 

“Harry? Stai bene?” domandò Ginny imbarazzata, dovevano sbarazzarsi di quel gufo, era diventato un pericolo pubblico

“Si, sono sopravvissuto”

“È per te, Harry?” chiese Hermione trattenendo un sorriso

“…no… credo che sia per te, Ginny” disse Harry rialzandosi e porgendo Errol a Ginny.

Ron aveva osservato in disparte tutta la scena, dall’arrivo di Errol – e si vergognò – fino alla parata di Harry. Spontaneamente sul suo viso nacque un sorriso, forse qualche anno fa un incidente del genere lo avrebbe fatto sbellicare dalle risate e avrebbe preso in giro Harry per un mese, invece ora Ron si limitò ad un sorriso malinconico. Non poté, però, fare a meno di osservare Hermione. Vedeva in lei un cambiamento, sembrava cresciuta. No…lei era cresciuta, si era fatta più bella e più matura.

“Ah! Siete invitati per Natale” disse subito “venite, vero?”

“Certo!” risposero simultaneamente, l’ambiente familiare natalizio avrebbe fatto bene a tutti e soprattutto a Ron.

“Quello stronzo!” pronunciò Ginny furiosa

“Chi? Cosa dice la lettera?” chiese preoccupata Hermione

“Ron, lui non verrà a casa a Natale” spiegò Ginny stropicciando la lettera “ma ora mi sente” e si diresse velocemente verso Ron che stava finendo di fare colazione al limite del tavolo.

“Harry, dobbiamo fermarla?!” affermò poco convinta Hermione

“…No… questa è una questione tra fratelli” rispose Harry guardando la sua rossa preferita “noi non centriamo”

Ginny spiattellò la lettera sciupata sul piatto di Ron

“Cos’è sta storia?” urlò sbalordita, non poteva credere che i suoi genitori lasciassero fare a Ron l’asociale senza dire nulla.

“…”

“RON!!! Parla!” strillò infuriata

“Non so cosa vuoi sapere” rispose Ron vacuo, sapeva cosa diceva quella lettera ma non doveva rendere conto a nessuno delle sue decisioni.

“Non fare finta di non sapere” continuò Ginny fregandosene degli sguardi curiosi “perché non vuoi tornare a casa”

Ron non rispose, bevve l’ultimo sorso di succo e si alzò superando Ginny, ma lei non aveva intenzione di far cadere la questione tanto facilmente. 

“Basta, Ron!!” disse con più calma “ti stai comportando da vero idiota”

Ron si girò “Vorrà dire che tu sei la sorella di un idiota, consolati non sei messa meglio di me” e continuò a camminare, ma Ginny gli bloccò il passaggio mettendosi davanti a lui “non voglio più essere tua sorella, se non la smetti con questo comportamento infantile” lo minacciò

Doveva ammettere che ne aveva di fegato sua sorella, si vedeva che era cresciuta in mezzo a sei fratelli. Aveva il coraggio di un Grifondoro e il temperamento dei Weasley. Ron era orgoglioso di Ginny e del suo carattere forte e dolce, gli ricordava una persona…

“Fa un po’ come ti pare, io non ti trattengo” disse aspramente, sapeva di farle del male ma lei era forte e avrebbe tenuto duro, anche per questo le voleva un bene dell’anima. Sarebbe stato difficile e doloroso i primi tempi per la sua famiglia, senza di lui, ma un giorno sarebbero tornati sicuramente a ridere e scherzare come una volta.

“Ron…davvero non te ne frega?” chiese sbalordita dalla risposta insensibile di suo fratello, con il quale aveva passato tutta la sua vita.

“Esatto…” disse cercando di superarla, erano a pochi metri da Harry e Hermione, che lo guardavano: uno con uno sguardo omicida e l’altra sbigottita.

“Ti odio” fece Ginny allargando le braccia per non farlo passare, aveva abbassato la testa per non far vedere che piangeva, non poteva credere che quello fosse Ron.

Lui si fermò a guadarla, cercava di capire se piangeva, forse aveva sperato che lei fosse abbastanza forte da sopportare quella situazione ma dal movimento delle sue spalle, Ron capì che in fondo Ginny era una semplice ragazza di sedici anni.

“Bene…felice di saperlo” disse superandola “era ora che me lo dicessi” con la coda dell’occhio Ron vide Harry abbracciare sua sorella, scossa dal pianto, con il viso nascosto sul suo petto. Hermione invece lo stava scrutando. Ron non capii il suo sguardo, non era arrabbiato ne deluso…era solo intenso. Forse un giorno avrebbe finalmente scoperto cosa passasse per quella folta testa riccia che aveva Hermione. Forse.

Hermione vedendo Ginny in buone mani con Harry, decise di mettere in atto il suo piano, la pozione era pronta. Avrebbe preferito usarla durante le vacanze natalizie, in un ambiente un po’ più comodo ma pazienza. Si sarebbe accontentata anche di un uragano pur di scoprire il segreto di Ron.

Ginny rimase abbracciata a Harry abbastanza da poter respirare il suo profumo. Harry le accarezzava teneramente i capelli e le sussurrava parole di conforto. Ginny non odiava Ron, ma stava succedendo qualcosa di terribile nella sua vita e credeva che i suoi genitori ne fossero a conoscenza. Non poteva essere altrimenti. Sua madre non era certo una persona che si arrendeva facilmente ma poteva ricordare bene gli occhi rossi dal pianto alla mattina.

 “Ginevra, ti senti meglio?” chiese Harry timidamente, non l’aveva mai chiamata con il suo nome per intero e non capiva nemmeno perché proprio in quel momento lo avesse fatto. Con quale scopo? 

 Ginny soffocò una risata nel petto di Harry, era tremendamente intimo quel contatto che doveva essere fucsia il colore della sua faccia. Ma rideva per un’altra cosa.

 “G-Ginny?” borbottò imbarazzato

 “Scusa…” disse Ginny sorridendo “è solo che non sono abituata a sentimi chiamare con il mio nome per intero, sai nessuno lo fa mai”

 “S-se ti da fastidio” incominciò imbarazzato, si era ripromesso di accontentarsi anche solo di vederla, ma evidentemente il suo corpo non era d’accordo. L’aveva solo abbracciata ed ora desiderava  prenderle il viso tra le mani e baciarla fino a farle scomparire tutte le lacrime.

 “No, no!! Ero solo sorpresa” esclamò subito per rimediare, quella era la sua occasione. L’altra volta aveva fallito perché era insicura, ma da quella notte ne era certa. Ginny era sveglia perché doveva finire i compiti di pozioni, ma si era lasciata cullare dal calduccio ed aveva chiuso gli occhi momentaneamente e lui aveva confessato. Harry le aveva sussurrato all’orecchio Ti amo.

 Non c’era più nessuno nella Grande Sala, perché stavano per incominciare le lezioni. Erano soli.

 “Harry?” disse infine Ginny ancora abbracciata a Harry

 “Si…” rispose accarezzandole distrattamente i capelli, non riusciva a sciogliere quell’abbraccio. Si sentiva completo solo quando stava abbracciato alla sua Ginevra.

 “Quella sera…tu…” iniziò non sapendo come fargli capire che aveva sentito tutto

 Harry si irrigidì subito a quelle parole, che si stesse riferendo a quella sera che gli aveva sussurrato Ti amo? Nervoso, sperò in cuor suo di no.

 “Quale sera?” fece in risposta, nervoso.

 “La sera, Harry” disse Ginny sorridendo, non poteva vedere la sua espressione, ma il suo corpo rispondeva altrettanto bene ai suoi sentimenti. Si era subito irrigidito e stava ancora trattenendo il fiato “quando mi sussurrasti…Ti amo 

 Harry era inorridito davanti le parole di Ginny. Sapeva tutto. Harry si era fregato con le sue stesse mani, si era ripromesso di non farlo, ma non era riuscito a trattenersi dal dirle almeno una volta quelle parole.

 Ora lei lo stava guardando con un fastidiosissimo risolino. La vedeva lì compiaciuta nel vederlo terrorizzato. Aveva vinto lei.

 “È finita, Harry” disse soddisfatta “Ah! Non t’azzardare a dire che era una frottola”

 “Io…” Harry cercò di far funzionare il cervello per produrre una spiegazione convincente, ma era completamente concentrato sul movimento delle labbra di Ginny. Le fissava le labbra con bramosia.

 Harry alzò lo sguardo imbarazzato – stava diventando un porco – ma incrociò quello di lei. Vedeva nei suoi occhi la speranza. Era una speranza ignara che non sempre c’era un lieto fine.

 “Harry!” parlò duramente Ginny, lo vedeva combattuto però lei non avrebbe mollato “quel giorno ti dissi che ti sarei stata vicina…per sempre…e tu devi capire che lo farò! Non ho intenzione di perderti! Io ti amo, con tutta me stessa” disse tutto d’un fiato

 “Non posso, Ginevra” le rispose frustrato

 “No!! Non lo accetto un non-posso-Ginevra!! Spiegati, me lo devi questo Harry! ”urlò piena di delusione.

 Era deciso a spiegarle tutto, così finalmente lei avrebbe rinunciato. Avrebbe trovato qualcuno in grado di amarla totalmente.

 “Va bene, è vero te lo devo”

 “Ti ascolto”

 “La profezia” proferì come se potesse spiegarle tutto

 “N-non capisco…” replicò dubbiosa

 “Ginevra, io non vi ho detto una cosa quel giorno su di essa” incominciò guardandola negli occhi “la profezia dice che l’uno dovrà morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive

 Ginny era scioccata, non sapeva cosa dire. Cosa significavano quelle parole? Che Harry…

 “Io morirò, questo è il mio destino” rivelò Harry allontanandosi leggermente da Ginny “ed è per questo che…io non volevo legarti a me”

 Piangeva, non riusciva a trattenere le lacrime. Non credeva di essere una ragazza dalla lacrima così facile, ma stava perdendo tutte le persone a cui voleva più bene. Come doveva comportarsi? Ginny non lo sapeva e lei che non riusciva a capire il perché del rifiuto di Harry ed ora scopriva che aveva rinunciato a lei per il suo bene.

 E al bene di Harry chi ci pensava? No, non poteva abbandonarlo proprio ora. Lo amava e questo era l’importante…tutto il resto non le importava, nemmeno di soffrire.

 Ora, pensò Harry, lei gli avrebbe detto addio e…

 “Sei uno sciocco” disse invece “perché pensi sempre agli altri? Dovresti smetterla di fare l’eroe tragico” fece sorridendogli e tornando ad abbracciarlo

 “Ginny? Tu…” fece cercando di guardarla negli occhi per capire cosa stesse pensando, ma affogò in un mare di amore e dolcezza.

 “Sshh! Tu una volta mi salvasti la vita… ora tocca a me!” fece accarezzandogli la guancia “starò sempre con te, Harry…fino alla fine! Non sarai più solo perché sono felice solo insieme a te”

 E Ginny tocco le sue lacrime, lui stava piangendo si stava finalmente aprendo con lei. Ginny prese a baciargli le guance bagnate dalle lacrime.

Harry non era più solo, ora condivideva il suo dolore con lei. Capiva che non era giusto farle questo, ma non poteva più reprimere i suoi sentimenti e la sua voglia di lei.

 “Ho paura, Ginevra” disse singhiozzando abbracciandola “ho paura di perderti come ho perso i miei genitori e Sirius… non potrei vivere sapendo di aver perso un’altra persona che amo”

 “Lo so…anch’io ho paura” rispose dolcemente “possiamo solo amarci, Harry”

 “Ti amo, Ginevra” le disse sfiorandole dolcemente le labbra umide delle sue lacrime.

“Ti amo anch’io, Harry” gli rispose rendendo più profondo il bacio tra di loro. Si baciavano con disperazione di chi sa che ogni momento è prezioso, perché forse non ci sarà un domani. Si davano baci dal sapore zuccherino,si accarezzavano bramosi di sensazioni e nuovi ricordi. Ognuno desiderava intensamente l’altro.

 Si stava amando.

 “Ron!! Fermati” gridò Hermione seguendo Ron fuori dalla Sala dopo la quella scenata.

 “Hermione forse ti ho sempre sopravvalutata” 

“Cosa intendi dire?” domandò inacidita

 “Nulla! Solo che quando qualcuno dice: non voglio più vederti” rispose irritato “intende proprio:  non-voglio-più-vederti

 “Ah ah…ma che simpaticone” fece Hermione avvicinandosi

 “Dico sul serio, Hermione” replicò duramente “non scherzo”

 Hermione si arrestò, non si mosse più. Sentiva la boccetta scivolarle dalla mano sudata. Stava per fare una cosa meschina, ma era l’unico modo, Ron non ricordò mai quello che fece Hermione dopo aver tirato fuori la sua bacchetta.

 Si risvegliò scombussolato in una stanza arredata sobriamente. Lui era disteso su un letto a baldacchino rosso. Ma non era solo nella stanza, poco più lontana stava seduta compostamente e rossa in volto Hermione. Subito ricordò che lei aveva tirato fuori la bacchetta e che… 

“Ron…come ti senti?” chiese imbarazzatissima

 “Mi sento come a voler strozzare qualcuno” rispose acido alzandosi dal letto ma subito sbatté contro qualcosa di invisibile

 “No! Ron c’è un campo invisibile che copre tutto il letto” spiegò Hermione tra le imprecazioni di Ron “scusa!” 

 “Scusa un corno! Cosa diavolo sta succedendo, Hermione?” domandò furioso toccando la barriera che lo teneva rinchiuso

 Hermione tirò fuori dalla tasca la boccetta di Veritaserum. E la indicò a Ron “Questa, Ron, è una pozione…”

 “Quale pozione?” chiese nervoso. Hermione non poteva averlo fatto, non avrebbe osato…

 “Veritaserum” rispose pacatamente

 “Cosa? Non riuscirai a farm-mi b-ere que-” finì di balbettare, lei era arrossita. Questo significava che lei, mentre era svenuto, gli aveva versato delle gocce e ora lui era obbligato a dirle la verità.

 “Oh merlino! Come hai potuto Hermione?” disse deluso prendendosi la testa fra le mani 

“Ho-potuto eccome!” urlò alzandosi “mi hai costretto tu! Con il tuo comportamento…lo so che è una cosa meschina ma era l’unico modo!”

 Non doveva andare così. Ron aveva programmato tutto ed ora lei stava stravolgendo ogni cosa, perché poi? Curiosità e nien’altro…non poteva esserci altro.

 Sentiva il formicolio alle braccia, ciò significava che stava per avere una nuova ondata di shadows. Pregò di non avere una crisi lì davanti a lei, sarebbe stato troppo umiliante.

 “Hermione, per favore fami uscire” provò a chiedere con falsa calma, aveva la testa che rimbombava a ogni sua parola e un martellante dolore alle tempie. Si sentiva male.

 “No”

 “CA**O!! Fammi uscire” urlò Ron furioso, non poteva creder che lei gli stesse facendo quello solo…per sapere il suo segreto…

 “Lo farei se potessi…” rispose Hermione per nulla intimidita dalle urla di Ron “ma la barriera si dissolverà solo se mi avrai detto tutta la verità”

 “…” non sapeva che dire. Stava vivendo un incubo.

 “Perché mi fai questo?” domandò Ron con voce rassegnata “per curiosità, vero? Non puoi fare a meno di sapere tutto, tu?” chiese con crescente rabbia.

 “Non è così” rispose amareggiata dalle sue parole “Ron, io t…”

 “Ah, no?” scoppiò lui “allora, spiegami il motivo…perché non l’ho ancora capito”

 Scese il silenzio dopo la domanda di Ron, non sapeva che fare, Hermione era combattuta, non sapeva se rivelargli i suoi veri sentimenti o mentirgli dicendogli che lei era la sua migliore amica e che quindi… ma Hermione capì che lo avrebbe perso comunque. Doveva prendersi le sue responsabilità e rischiare, Ginny lo aveva fatto ed era ora di affrontare Ron onestamente.

 “L’ho fatto perché…” cercò di dire, ma era più difficile del previsto, aveva paura del rifiuto “perché sono preoccupata per te”

 Lo sapeva, lei era solo preoccupata per lui, ma come una leale amica, nulla di più. Ron sarebbe sempre rimasto solo un amico. Provò molta delusione, aveva sperato ardentemente che lei avesse agito in quel modo perché spinta dal ben altro sentimento. Invece tutto gli era crollato addosso. Si sarebbe portato il suo amore per Hermione nella tomba.

 “Allora smettila di esserlo…” disse duramente Ron guardandola “devi dimenticarti di me”

 “Cosa?”

 Chiuse gli occhi per trovare il coraggio “Mi hai rotto, Hermione ” fece distogliendo subito lo sguardo da lei “i-o t-i d-det-testo…ah!! ma che mi succede” chiese massaggiandosi la gola improvvisamente secca.

 “Stai dicendo una bugia” rispose Hermione come se fosse ovvio “la pozione ha iniziato ad avere effetto…sei obbligato a dire la verità”

 Ron la guardò con orrore. Hermione aveva il viso disteso, non sorrideva e non aveva il suo solito cipiglio. Era seria come mai la aveva vista. Per una frazione di secondo aveva pensato che fosse tutta una messa in scena per costringerlo e invece lei lo aveva fatto per davvero.

 “Ron…” lo chiamò dolcemente vedendolo impallidire, era terrorizzato.

 “Ti prego non chiedermi nulla…” la pregò non sapendo cosa fare. Lo aveva incastrato alla grande. Non aveva la bacchetta, non poteva né fuggire né minacciarla, e neppure stare zitto. Era che bello fregato.

 “Ascoltami… devo dirti una cosa” disse appoggiando una mano sulla barriera, era proprio davanti a Ron che era seduto sul margine del letto e la guardava dal basso.

 “Ti ascolto…” rispose rivolgendole lo sguardo, si l’aveva notato il suo cambiamento, ma ora che era a meno di due passi da lui, la vedeva come brillare di un luce più attraente. I lineamenti del viso erano più  marcati, mantenendo però la freschezza della giovinezza. Le mani affusolate e le curve del suo corpo erano più accentuate. Non riusciva a vederle sotto quella maledetta divisa ma lo poteva immaginare. Era proprio bellissima.

 “Io…” disse, ma improvvisamente gli occhi le si riempirono di lacrime, delle gocce di sangue stavano sporcando il pavimento della Stanza delle Necessità “Ron? Stai sanguinando!”

 “Eh? Che? Oh, è vero” rispose sorpreso, non aveva sentito dolore, tanto era concentrato a pensare a Hermione che non se ne era accorto. Strano.

 Ron si alzò e girandosi, si levò la divisa rimanendo con la canottiera. Hermione arrossì vistosamente e si voltò velocemente dandogli le spalle. Ron sorrise a quel comportamento e la stuzzicò “Non è la prima volta che vedi un ragazzo in canottiera, vero?”

 “C-certo che no” rispose colpita nel segno, non era propriamente vero. Aveva visto centinaia di volte Ron e Harry in pigiama, sia a scuola che durante le vacanze alla Tana, ma forse Ron non si rendeva conto che era cresciuto anche fisicamente oltre che in altezza. Gli allenamenti di Quidditch lo aveva scolpito molto. Non era più il rosso magrolino e alto.

 “Mmh” mugolò in risposta, accidenti aveva bisogno di un’altra maglietta. Il suo sangue aveva sporcato anche la canottiera. Non poteva certo rimane a torso nudo, era pur sempre Dicembre e di spifferi in quel castello ce ne erano anche troppi. E poi c’era Hermione.

 “…’mione?” la chiamò dolcemente “ho bisogno di un cambio e delle bende”

 “Oh…si…eccole” rispose Hermione vedendo apparire sul tavolino al centro della stanza delle bende e un cambio di magliette.

 “Tieni… ops” Hermione guardò acutamente Ron, avrebbe potuto togliere quella barriera in qualsiasi momento, ma voleva che lui le desse una spiegazioni per quelle strane ferite. Poteva fidarsi?

 “La barriera…” disse Hermione in risposta al suo sguardo perplesso.

 “Ah! Già è vero” fece di rimando con voce triste “la barriera”

 Doveva fidarsi. Non poteva più mentire.

 “Io…posso toglierla” disse Hermione senza fretta “ma…”

 Lui la guardò confuso.

 “Devi promettermi che non scapperai” precisò avvicinandosi. 

“Te lo prometto, ‘mione” rispose serenamente, non poteva dirle il falso, tanto valeva arrendersi. 

Convinta dalla risposta, Hermione mormorò delle parole e la barriera si infranse. Appoggiò accanto a Ron i ricambi e prese a bendarli il primo braccio, inginocchiandosi davanti a lui. Vedeva che le ferite sulle braccia erano avevano una forma strana, come delle frasi.

 “Sono delle parole, mi feriscono il braccio e poi sanguinano” spiegò Ron come meglio poteva, vedendo il suo sguardo triste nel guardare la mappa di cicatrici che erano diventate le sue braccia.

 “T-ti f-fanno molto male, vero?” domandò imponendosi di non piangere

 “Si” rispose Ron “ma stranamente oggi, non l’ho nemmeno sentito, il dolore”

 “Come mai?” chiese distrattamente, essendo impegnata a bendargli il braccio.

 “Forse… perché stavo pensando a te” disse con un sussurro e diventando tutto rosso, fino alla punta delle orecchie. Ne avrà anche passate tante in quei ultimi mesi, ma non aveva ancora imparato ad non arrossire. Era una persecuzione.

 “A-a me?” domandò, anch’essa arrossita, evitando accuratamente il suo sguardo.

 “Hermione” fece alzandole il mento con la mano “guardami”

 Hermione finì per perdersi in quegli occhi color Indaco, vedeva il suo cielo in quelle iridi. Avrebbe potuto passare tutta la sua vita a cercare di conoscere quegli occhi. A cercare lui.

 “Io provo un sentimento diverso per te” disse dolcemente. Forse era per colpa della pozione, ma sentiva di dover essere sincero per se stesso, doveva cogliere quell’unica opportunità. Solo confessando avrebbe potuto accettare più serenamente ciò che lo aspettava. Sarebbe morto con il ricordo del viso del sua amata. Non poteva chiedere altro.

 “Sono innamorato di te” disse tutto d’un fiato arrossendo. Non era stato poi tanto difficile, detta le prime parole il resto era semplice, ora doveva solo aspettare la sua risposta. Era nervoso come non gli capitava da molto, moltissimo tempo.

 “…Mi ami?” chiese invece Hermione, credendo di non aver compreso a fondo le parole: Sono innamorato di te.

 Ron la guardò stupito, aveva fantasticato molto su come Hermione avrebbe potuto rispondere. Alle volte saltandogli addosso, piangendo e urlandogli: Anch’io ti amo. Molte altre immaginava la sua faccia rossa per le risate, pronta a dirgli: Stai scherzando, vero? Siamo solo amici. Mentre la peggiore dell’ipotesi – quella più plausibile - era vederla insieme a qualcun altro.

 Invece lei ora gli chiedeva un’altra conferma.

 Ron si inginocchiò, arrivando a sfiorarle la fronte con le labbra. Le prese il viso tra le mani, poi avvicinandosi all’orecchio sussurrò la risposta.

 La reazione di Hermione non tardò molto ad arrivare. Non gli si gettò al collo urlando Ti amo, ne rise di lui.

 Invece lei fece un sorriso imbarazzato, ma dolce. Lo guardava in silenzio, non aveva risposto perché sapeva che appena avrebbe aperto bocca sarebbe esplosa piangendo. Fu così che impacciata si avvicinò al suo viso tanto da appoggiare le sua labbra su quelle di Ron. Era un contatto morbido ed elettrizzante. Hermione sentì la sorpresa di Ron, quando lei intraprendente, lo abbracciò ed approfondì il bacio.

 Ron non si sottrasse a tutto quello. Per la prima volta la sua testa era sgombra di tutto. Poteva finalmente dedicarsi solo ed unicamente a Hermione e al suo bacio. Entrambi baciavano traspostati dall’istinto. Poteva accarezzarle la schiena, giocare con i suoi capelli ricci e sentirsi amato.

 Hermione interruppe il bacio per guardare Ron negli occhi “Ti amo” disse infine. Avevano entrambi il viso rosso. Ron allora fece un sorriso malizioso e prendendo Hermione in braccio la adagiò sul letto. Lei non ebbe obiezioni e continuò a baciarlo.

 Naturalmente Ron sapeva che lei non era ancora pronta per andare oltre, e non intendeva rovinare tutto per colpa dei suoi ormoni d’adolescente. Una cosa non riusciva a comprendere. Le voci che sempre lo tormentava quando era vicino ad Hermione, si erano affievolite ed ora non le sentiva più.

 “Ron…” lo chiamò accarezzandogli i capelli. Erano lì distesi a farsi le coccole. Hermione si sentiva felice, finalmente aveva entrambi fatto chiarezza dei loro sentimenti e dopo molto tempo si erano incontrati.

 Ma sapeva che il problema non si era risolto, anzi forse era addirittura peggiorato. Doveva assolutamente sapere la verità su quello che affliggeva Ron. 

 “Vuoi sapere cosa mi è successo in questi mesi, vero?” l’anticipò Ron continuando a giocare con i suoi capelli

 “Si”

 Lui rimase in silenzio “D’accordo, ma è complicato…devi avere pazienza” disse sistemandosi meglio il cuscino dietro le spalle. Hermione in risposta si era seduta sul letto proprio di fronte a lui.

 “Tutto incomincia dalla condanna al noxa immortālis di un uomo di nome Jeff McFandes

 “Noxa immortālis?” domandò Hermione, l’aveva già letta da qualche parte.

 “Si, ho avuto un conversazione con Silente pochi giorni fa” riprese guardandosi le mani e cercando di spiegarle tutto in modo esauriente “vedi, questa punizione veniva un tempo emessa a coloro che commettevano crimini innominabili. Jeff McFandes era stato condannato per il massacro chiamato Red Eden, più di 40 fa. Il cervello che ho richiamato la notte al Ministero della Magia era il n°14/J.M.”

 “J.M sono le iniziali di Jeff McFandes” affermò Hermione pensierosa “ma cosa…”

 “Aspetta…” parlò allungando le braccia in segno di fermo “non è così semplice…Jeff McFandes… beh lui è stato il primo Mangiamorte. Voldemort si era servito di lui per attuare il suo piano di Sterminio dei Babbani e dei Mezzosangue”

 “Questo tizio era nato con uno strano potere: sentiva delle voci nella testa, poteva avvertire i sentimenti maligni delle persone attorno a lui. Riviveva i traumi della gente.”

 “Silente…mi spiegò che la Maledizione Senza Perdono Cruciatus era stata creata dal primo Mangiamorte proprio per vendicarsi sugli altri. Voleva far provare anche agli altri tutto il dolore che per colpa del suo potere, lui sentiva dalla nascita”

 “Ma è terribile” mormorò Hermione sbarrando gli occhi “tu..?”

 “…’mione…attraverso quel contatto all’Uffico Misteri, mi ha trasmesso lo stesso potere…ecco perché le ferire, le voci e tutto il resto…” disse Ron guardandola, ora avrebbe dovuto dirgli del caso Hamilton e che non esistevano cure “Ma c’è stato un altro caso come il mio 30 anni fa”

 “Oh! Quindi c’è una cura?” reagì speranzosa, dalla voce rassegnata di Ron aveva pensato che non ci fossero pozioni o incantesimi in grado di aiutarlo.

 “No” diede risposta Ron, avvicinandosi a lei per abbracciarla, non voleva farla piangere, ma era inevitabile “Hamilton è morto per overdose. La pozione che diminuisce gli effetti delle voci porta ad una forte dipendenza e quindi a forti crisi d’astinenza come hai potuto vedere quel giorno nell’aula di pozioni”

 Hermione si era irrigidita sotto la stretta delle braccia di Ron. Ascoltava il cuore Ron battere forte, irregolare, sentiva che non le aveva ancora detto tutto “Non hai ancora finito, vero?”

 “No, infatti” rispose abbracciandola istintivamente di più, credeva forse di poterla proteggere da quello che stava per dirle. Si, lo sperava.

“Era stato internato al S. Mungo perché folle, tutte quelle voci lo aveva soggiogato del tutto, era come impazzito, dalla cartella clinica trapela che Bruce Hamilton era diventato violento anche contro se stesso”

 Hermione aveva finito per cedere alle lacrime, non sapeva come fare per smettere. Si erano appena ritrovati innamorati ed ora scopriva che Ron… era condannato…a morire?

 “Cosa ti succederà?” domandò allontanandolo leggermente permettedole di guardarlo negli occhi. 

“Dovrei essere internato anch’io” rispose con distacco “ma non succederà”

 “Eh?”

 “Non gli permetterò di usarmi come cavia…” disse con rabbia

 “Ron” lo chiamò singhiozzando

 “No, ‘mione…piuttosto la morte” le sussurrò abbracciandola e cullandola. Poteva anche solo immaginare il suo dolore. Ma lui aveva deciso. Non si sarebbe fatto internare per sottostare ai loro esperimenti.

 Si sarebbe ucciso prima della fine.

  

Fine 3° capitolo 

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 Ringrazio :

Bebba

Blacky

Phoebe80

Pepero

Miky Black

 Magica

 E ovviamente Lilith the First  ^__^

 Grazie per i commenti, ho un sacco di nuove idee per la ff!!

 Aspettatevi molti colpi di scena!! Sarà molto lunga avanti di questo passo!! Bene, bene ^__^ ho faticato un po’ per questo capitolo.

Con tutti i sogni, gli ormoni impazziti e le “voglie” di Harry e i pianti di Ginny mi stavo per suicidare! Almeno per un po’ di tempo non la vedremo più piangere. Hermione d’altronde…beh ne ha di cose su cui piangere ma…non si sa mai…chissà!

  

Commentate mi raccomando!! Sono più spronata a scrivere se mi lasciate anche solo un saluto!! 

 A presto!!

 P.S. Scusate gli errori!! Ma scrivo principalmente di sera – ho le idee all’una di notte – per cui perdonate i vaneggiamenti!! (^ /// ^)

 * Kraken = è una gigantesca creatura marina

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Capitolo 4
*** Until you're resting here with me ***


Nuova pagina 1

4° capitolo: Until you're resting here with me

 

I see my memories in black and white
they are neglected by space and time
I store all my days in boxes
and left my whishes so far behind
I find my only salvation in playing hide and seek in this labyrinth
and my sense of connection
is lost like the sound of my steps
is lost like the sound of my steps.

Elisa “Labyrinth”

 Lui lo convocò. Aveva coltivato quell' insano odio per anni, quel logorante desiderio primitivo di rivalsa. Si viziava della sofferenza inflitta al proprio nemico. Rideva dei suoi brividi di delizia, dal sapore di vendetta privata che sapeva la sua vita.

La totale eliminazione fisica era cominciata.

“Ti stavo aspettando” disse una voce acuta “dimmi, hai notizie in grado di allietarmi?”

“Sì, padrone” rispose una voce untuosa

“Parla!! Allora!! Mio servo!!” vociferò divertita l’altra voce.

“Mio signore, è tutto pronto…” annunciò viscidamente “il giorno è arrivato, padrone…”

Nelle tenebre guizzarono due occhi vermigli e una risata dal sapore mortale si levò. Rideva senza allegria, ma con crescente sadismo. Era, quindi, giunto il momento della vendetta?

“L’ora è arrivata…vai! Mio fedele servo” gracchiò soddisfatto “non deludermi! Perché la mia collera si riverserà su di te!!”

“Si, mio padrone” rispose sogghignando la figura incappucciata dalla voce viscida scomparendo.

“Padrone” lo chiamò una flebile voce femminile

“Bella! Mia dolce Bella” disse con falsa dolcezza “ti darò la possibilità di riscattarti”

“Oh! Si, si..si mio padrone” rispose eccitata prostrandosi ai suoi piedi “comandate, mio signore”

“Il giorno è arrivato” fece lisciando i lunghi capelli neri della donna contratta davanti a lui “radunatevi e attaccate Hogsmeade”

“Subito, mio padrone” rispose infiammata “Si, si” fece toccando febbricitante il mantello del suo padrone

“La voglio vedere rasa al suolo, Bellatrix” pronunciò gelidamente divertito, i suoi occhi bramavano vendetta “voglio vedere un massacro…tutti dovranno morire invocando il mio nome”

“Si, mio oscuro padrone…tutti gli infedeli moriranno” rispose ridendo follemente e svanendo.

La Seconda Guerra Magica era iniziata.

Hogwarts era immersa nel silenzio, cosa innaturale considerando la moltitudine di alunni che normalmente lo popolava, ma quell’anno il Natale veniva ottenebrato dal ritorno di Colui-che-non-deve-essere-nominato. Si potevano sentire le leggere melodie incantate trasportate di stanza in stanza dal gelido vento invernale. Gli unici alunni che rimasero nella scuola per le vacanze natalizie furono Ron e Hermione. Lei aveva faticato molto per convincere Ginny e Harry che la sua decisione era irremovibile. Sarebbe rimasta ad Hogwarts. Ron le aveva fatto promettere di non rivelare nulla di quello che le aveva confidato nella Stanza delle Necessità.

Ron le aveva spiegato di non aver molto tempo e che Silente ne era al corrente. Molto presto sarebbe dovuto scappare da Hogwarts prima dell’arrivo dei Guaritori, loro lo avrebbero rinchiuso per usarlo come cavia da esperimenti.

A quel pensiero ad Hermione si riempivano gli occhi di lacrime, sentiva una morsa allo stomaco e il cuore farle male. Si era imposta di non  farsi mai vedere in quello stato davanti a Ron, ma passando ogni momento di quelle vacanze con lui, le era inevitabile pensarci e sentirsi perduta.

 Ron poteva solo immaginare lo sforzo che faceva Hermione per sembrare tranquilla e allegra, ma si accorgeva anche del suo sguardo indugiare su di lui e gli occhi gonfi e rossi. Gli si stringeva il cuore a pensarla in lacrime nel suo letto pensando che presto lui…l’avrebbe dovuta abbandonare. Lei stava cercando in tutti i modi di aiutarlo. Lo coccolava, lo copriva di attenzioni, si baciavano abbracciati davanti il fuoco nella Sala Comune e giravano per la scuola mano nella mano. Proprio come una coppia.

La mattina di Natale, Hermione si alzò molto presto e si precipitò in bagno per vedere se la sua massa informe di capelli era presentabile, ma guardandosi allo specchio vide che i suoi capelli ricci e folti erano come sempre ostili. Arresa all’idea di dover svegliare Ron in quelle condizioni Hermione si annodò bene la fascia della vestaglia, su cui sua madre aveva inciso le iniziali H.J.G e si diresse a passo spedito verso il dormitorio dei ragazzi. Portava in mano un bel pacco rosso con un nastro giallo. Quello era il regalo per Ron. 

L’assenza totale di rumori rendeva il dormitorio quasi minaccioso. Subito però si accorse di un leggero ronzio. Un largo sorriso incurvò le labbra di Hermione, quel ronzio non era altro che il russare di Ron. Lo vide spaparanzato sul lettone laterale. Gli elfi domestici dovevano essere già passati a sistemare la stanza, perché tutti gli altri letti erano fatti.

Ignaro della presenza estranea nella sua camera, Ron continuò a bearsi nel suo sonno.

Lentamente Hermione appoggiò il pacco sul comodino di Ron, e sistemandosi di fianco a lui per guardarlo finì con l’addormentarsi anche lei.

Passarono tutta la mattina lì a dormire, l’uno accanto all’altro. Forse per istinto Ron aveva abbracciato Hermione nel sonno, ed ora erano abbracciati, lei che riposava con il viso appoggiato al petto di lui e Ron dormiva respirando il dolce profumo dei capelli ricci di Hermione.

Ad un certo punto un fastidioso ticchettio svegliò Ron, di certo lui non aveva una di quelle feglie o come si chiamavano che aveva visto comprare a suo padre, ma quel fastidioso rumore ripetitivo glielo ricordava abbastanza. Mugolando, subito si accorse di essere abbracciato a qualcosa o qualcuno e dato la massa di ricci che gli coprivano la vista, Ron capì che si poteva trattare solo di una persona. Hermione.

Sorrise al pensiero di lei entrata nella sua stanza per dargli il regalo e che poi si fosse addormentata accanto a lui, ma doveva ammettere che Hermione era una ragazza estremamente ingenua. Ron non poteva certo definirsi un maniaco sessuale, ma il fatto di trovarsi la propria ragazza nel proprio letto in vestaglia poteva fare concorrenza al più sconci sogni adolescenziali.

Certo, lui come tutti i ragazzi aveva sognato più volte di…si…insomma andare oltre, ma ogni volta che guardava quegli suoi occhi color nocciola vedeva che lei non era cambiata da quella semplice ragazzina di undici anni che aveva conosciuto sul treno per Hogwarts sei anni prima. Hermione, indubbiamente, era cambiata molto fisicamente, ma dentro lei era innocente e pura come un fiore di primavera.

Improvvisamente ricordò il perché del suo risveglio, infatti quel ticchettio non era cessato, anzi era peggiorato nel frattempo. Cercando la fonte del rumore vide che fuori dalla finestra accanto alla suo comodino, c’era Edvige la civetta di Harry. Sorpreso, provò ad alzarsi senza svegliare la ragazza ancora profondamente addormentata accanto a lui.

Appena aperta la finestra, Edvige ondeggiò elegantemente fino ad appoggiarsi sul margine dello schienale della sedia. Legate alla zampetta, c’erano tre lettere. Accarezzandola, Ron slegò il tutto e sedendosi sul limite del letto, lesse la prima lettera indirizzata a lui.

Era di sua madre

Mentre stava leggendo la pergamena Ron sentì Hermione muoversi sotto le coperte. Si girò per guardarla e la vide sbattere le lunghe ciglia nella sua direzione e fissarlo. Ron le sorrise dolcemente “Buon Natale, amore” e le sfiorò teneramente le labbra.

Hermione era esterrefatta, si era svegliata e si era trovata il volto di Ron sorridente. Non ebbe nemmeno il tempo di capire come lui fosse arrivato nella sua camera che capì di essere lei nella camera da letto di Ron. Ora ricordava, lo aveva trovato addormentato e non volendolo svegliare si era distesa anche lei per guardarlo, ma doveva essersi assopita anche lei.

“B-Buon Natale anche a te, Ron” rispose Hermione incerta, doveva ancora rimettere in moto il cervello.

“E così facciamo le visite, così di prima mattina, eh?” la stuzzicò lui appoggiando la pergamena sul letto “mh?”

“V-volevo farti una sorpresa…” si giustificò lei sulla difensiva

“Ah…ora capisco…” rispose sorridendo maliziosamente

“Cosa?” chiese Hermione, sistemandosi alla meno peggio la vestaglia.

“…Beh, la sorpresa era trovarti nel mio letto, no?” fece Ron avvicinandosi pericolosamente

“Come? No, no! Hai frainteso…” saltò su Hermione arrossendo vistosamente.

Ron stava cercando di non scoppiarle a ridere in faccia, ma il volto rosso di Hermione era imparagonabile!

“Stavo scherzando” la rassicurò Ron, accarezzandole la guancia

Hermione lo guardò torvo, aveva capito che lui si stava divertendo a prenderla in giro, ma non gliela avrebbe fatta passare liscia “Perché?” chiese guardandolo

“Mh?” fece guardandola curioso, Ron non capiva a cosa alludesse con la sua domanda

“Non ti piacerebbe trovarmi nel tuo letto, una di queste notti” disse con più audacia di quel che credeva di possedere.

Ron non rispose, ma il suo sguardo parlava da solo. Hermione era capace di mandarlo nella più completa confusione. Un attimo prima gli sembrava di aver in pugno la situazione, tanto da farla arrossire e un attimo dopo era lui a diventare rosso, come un pomodoro.

“…’Mione…non dovresti chiedere queste cose ad un ragazzo” disse in fine per sbloccare la faccenda, non poteva certo risponderle che le sarebbe volentieri saltato addosso, meglio tergiversare.

“Ah, no? E perché?”

Ok, lo faceva apposta. Lo stava chiaramente provocando per metterlo in difficoltà “Perché…” fece distogliendo lo sguardo. Sentiva caldo, molto caldo “…ecco…insomma…è normale”

“Ron, lo sai vero, che non stai rispondendo!?” lo ammonì divertita.

“Oh!! Merlino! Hermione…certo che mi piacerebbe trovarti nel mio letto, ma non solo una notte, tutte le notti, i giorni e le ore!!” rispose Ron coprendosi gli occhi “solo che non succederà!!” si stava vergognando da morire. Gli aveva praticamente confessato che la desiderava sempre.

Hermione cercò di toccarlo “Ron…”

“No, scusami…dimentica quello che ho detto, ok?” disse scostandosi da lei.

“Ron, tu vorresti fare l’amore con me?” domandò con voce sicura, se era quello…lei gli avrebbe regalato tutta se stessa.

Per la  terza volta Hermione riuscì a scioccarlo. Prima la trovava addormentata di fianco a lui, poi gli chiedeva se non gli sarebbe piaciuto trovarsela nel suo letto una notte ed ora questo…

“Vuoi fare l’amore con me?” ridisse Hermione alzandosi e cercando lo sguardo di Ron. Lei si sarebbe concessa a lui, se lui lo desiderava. Si amavano così tanto, eppure aveva condiviso quei loro intensi sentimenti per un tempo così breve.

“…’Mione…” fece Ron guardandola e spostando i suoi capelli dietro l’orecchio “n-non…devi farlo se non sei pronta”

“Io sono pronta a tutto per te, ma non sono pronta a lasciarti andare…” mugugnò scossa dalle prime lacrime “non sono pronta a lasciarti morire, Ron”

“Shhh, non piangere, amore mio” le sussurrò all’orecchio mentre si stringevano l’uno all’altro “Ti amo, Hermione…e questo non cambierà mai”

Non esistevano parole, carezze o baci in grado di portare un po’ di sollievo nel cuore di Hermione.

“Anch’io, Ron…per sempre” gli rispose, regalandogli un bacio dal sapore amaro.

Ma la bella atmosfera venne disturbata dal tubare indignato di Edvige.

“Ron?” lo chiamò Hermione “ma quella non è Edvige? Perché è qui”

“Ah, già! Le lettere…” disse a voce alta, rammentando delle lettere.

“Lettere?” ripeté avvicinandosi al letto. C’erano tre lettere di cui una già aperta. Probabilmente erano gli auguri di Harry e Ginny “e questa?” chiese prendendo la lettera. Era di sua madre.

“Me l’ha mandata mia madre” rispose lieve

Chiedeva scusa per qualcosa che gli aveva detto. La signora Weasley doveva averla scritta piangendo perché c’erano sbavature su alcune parole. Chissà cosa si era detti “Le risponderai?”

Ron non voleva farlo, anche perché cosa le avrebbe potuto scrivere? Che la perdonava, era logico che lo faceva, non odiava sua madre per quelle parole, ne i suoi fratelli, semplicemente non sarebbe cambiato nulla. Lui sarebbe morto e non credeva nei miracoli. Hermione inspiegabilmente attenuava le voci e da molto tempo si era sentito come un semplice ragazzo, senza tormenti, voci o incubi. Ma quelle rare volte che loro prendevano il sopravvento sentiva che qualcosa di spaventoso stava per accadere, sentiva il richiamo del sangue dentro di se e per riacquistare la ragione si feriva, perché il dolore fisico era l’unica cosa che lo destava dal torpore delle voci.

Qualcosa di estremamente terribile stava per succedere perché le voci erano vaghe e lui esaltato, eccitato da qualcosa.

Hermione si avvicinò vedendolo assorto “A cosa pensi?”

Ron le afferrò il braccio dolcemente, le baciò il dorso della mano e la strinse a se “Penso che non cambierebbe nulla se le scrivessi o meno”

Hermione si scostò subito e lo guardò accigliata “Certo che cambierebbe, tutto!” disse lei “Vuoi lasciare tua madre, così? Con il rimorso per tutta la sua vita?”

Ron distolse lo sguardo “..No…ma…”

“Hai intenzione di fare così anche con me?” disse infine allontanandosi da lui, sentiva quel tremendo dolore all’altezza del cuore, lui sarebbe sparito un giorno. Senza un biglietto, una parola… l’avrebbe abbandonata.

“Come?” fece cercando di toccarla, ma lei si allontanava. Non poteva credere che Hermione avesse quella paura. Certo lui doveva andarsene, ma non sarebbe sparito all’improvviso.

“No…” gemette lei evitando le sue mani

Erano distanti, lei al limite della stanza e lui lì in mezzo. La vedeva coprirsi la bocca per reprimere i singhiozzi. Hermione era forte, intelligente e razionale, ma lei aveva messo la sua fragilità nelle mani di Ron. Una parole e si sarebbe infranta.

“Non lo farei mai” disse “Mai”

Verso l’inizio del pomeriggio Edvige tornò soddisfatta alla Tana. Il suo arrivo portò sollievo a tutti gli abitanti della casa, anche se si poteva percepire una buona dove di nervosismo.

La signora Weasley era così distratta che per poco non mandò a fuoco tutto il pranzo di Natale. Ginny e Tonks si erano offerte per aiutarla – ma soprattutto per controllarla – a preparare. Seduti intorno al tavolo c’erano Bill, Lupin e il signore Weasley che parlavano fitti di qualcosa – probabilmente su affari dell’ordine – Charlie stava ridendo con Fred e George su delle nuove caramelle. Più lontano stava seduto insieme a loro Percy e Penelope.

 Harry  appena arrivato alla Tana, quando aveva visto Ginny saltare addosso ad uno dei suoi fratelli. Ad abbracciarla non era altro che Percy. Subito lo aveva salutato e si era scusato per tutto. Harry sapeva che Percy era estremamente orgoglioso e quindi accettò le sue scuse senza commenti. Lui gli aveva lanciato una sguardo eloquente di muto ringraziamento e aveva presentato a loro la sua fidanzata Penelope. Presto si sarebbero sposati.

Fred e Gorge avevano spiegato ad Harry che Percy era stato costretto da Penelope a rispondere all’invito. Penelope era stufa che Percy si nascondesse dietro il suo stupido orgoglio, e ormai con la venuta di Colui-che-non-deve-essere-nominato era ora di scusarsi e di unire le forze. Così Percy era tornato e per poco la signora Weasley era stata felice, ma poi inevitabilmente si era rattristata.

Percy era tornato, ma ora era Ron che mancava.

Edvige andò ad atterrare sulla spalla di Harry e gli beccò affettuosamente le dita. Legate alla zampetta c’erano due lettere. La signora Weasley non riuscì a trattenere le lacrime, il suo bambino non aveva risposto. La odiava e non poteva far nulla per cambiare le cose.

Harry vedendo la disperazione della signora Weasley, aprì in fretta le lettere. Una era di Hermione e l’altra di Ron.

“È di Ron…è per lei, signora Weasley” disse allungandole la lettera. La sorpresa della donne fece sorridere Harry, probabilmente essendone arrivate solo due, doveva aver pensato che Ron non le avesse risposto.

Il signor Weasley prese la lettera e si sedette di fianco alla moglie e insieme la lessero.

Cara mamma,

Io sto bene e mangio a sufficienza. Grazie per la torta - era davvero ottima – e anche per il maglione.

Non devi più tormentarti, non ti odio mamma  e non hai nulla da farti perdonare. Devi credermi. Anzi sono io che dovrei chiederti perdono, per tutto il dolore che stai provando. Devi stare bene anche per me, mamma. Ora mi sento meglio, anche perché vicino a me c’è una persona a cui voglio molto bene.

Ti voglio bene mamma, anche a papà.

Non piangere più per me. Voglio che mi prometti che sorriderai, perché quando lo fai sorrido anch’io.

Tuo Ron

P.S. Fate gli auguri a tutti da parte mia.

Tutti aspettavano che iniziasse a piangere, ma la signora Weasley sorrise, non avrebbe deluso suo figlio. Lui l’aveva perdonata ed ora di andare avanti. Se poteva aiutarlo anche solo sorridendo lo avrebbe fatto. E poi era più tranquilla ora che Hermione era con suo figlio.

“Ron vi saluta e vi augura Buon Natale” fece alzandosi e sorridendo.

Anche suo marito sorrideva, Ron aveva ridato il sorriso a sua moglie. Non lo aveva detto a Molly, ma aveva ricevuto qualche giorno prima una lettera da Silente, in cui era scritto che il tempo stava per esaurirsi e presto Ron sarebbe dovuto essere internato. Silente però aveva scritto che lui era deciso a non farsi rinchiudere. Poteva solo immaginare cosa sarebbe successo.

Passarono serenamente tutto il pomeriggio, Hermione aveva mandato una lettera ad Harry e Ginny, dove li ringraziava degli auguri e li rassicurava che stava bene. Scrisse che stava sempre con Ron. Ginny era felice perché nell’ultima riga Hermione aveva scritto che era felice con lui. Questo poteva solo significare che si era dichiarati, ma soprattutto che Ron si fosse finalmente aperto.

“Sono felice” disse Ginny la sera di Natale, mentre sedeva vicino ad Harry. Avevano deciso di comune accorto di non dire ancora che stava insieme.

“Si?” rispose guardandola, era bellissima. I suoi capelli solitamente legati in una coda, quella sera li aveva sciolti e le ricadevano morbidi sul viso e sulle spalle. Guardava il luccichio ramato di quei capelli, osservava il movimento delle sue labbra. Ne era incantato.

“Sono felice perché mia madre non piange più” fece alzandosi e sedendosi sul tappeto vicino al fuoco “perché Percy è tornato” disse attirando Harry vicino a lei “perché Ron ha Hermione vicino, ma soprattutto perché ho te” finì di dire abbracciandolo. Tutti dormivano, Percy e Penelope erano tornati a casa loro mentre Tonks e Lupin, erano tornati a Grimmauld Place. 

Harry non aveva più rimesso piede a Grimmauld Place dalla morte di Sirius, ma sapeva che un giorno ci sarebbe dovuto entrare. Però ora, voleva sono starsene abbracciato a Ginny e non pensare più a nulla.

Tutti aveva notato il cambiamento di Harry e intuivano che fosse per il fatto che stesse con Ginny, infatti lui sorrideva molto di più ed era anche più determinato. Tanto è vero che aveva chiesto a Lupin di insegnargli tutto quello che poteva essergli utile per difendersi.

Fu così che durante la prima settimana di vacanze Harry si allenò con Lupin e Tonks ad imparare più cose possibili. Alla sera era sempre stanco ma soddisfatto, faceva dei progressi e si sentiva anche più sicuro di se. Stava andando tutto per il verso giusto.

La terza notte di Gennaio la cicatrice a saetta di Harry gli scaricò come delle scosse elettriche ed urlò tanto era il dolore. Il suo gridò svegliò tutti e tutta la famiglia Weasley si precipitò nella sua stanza, Ginny in testa. Stava accadendo qualcosa, perché Voldemort era soddisfatto, lo sentiva ridere felice, se così si poteva definire… proprio come l’anno prima. Non riusciva ad articolare nessuna parola per colpa del bruciore della cicatrice. Gli stava letteralmente perforando il cervello.

Poi tutto cessò. Harry sentì la sua voce nella testa.

“Guarda Potter…”

Harry si svegliò d’improvviso. Bill e Charlie lo tenevano inchiodato sul letto. Lì guardò confuso e spaventato. Ricordò solo una cosa: il corpo senza vita di…Silente.

Voldermort gli aveva fatto vedere Hogwarts in fiamme e il corpo senza vita di Silente.

“Silente…Hogwarts è in fiamme…hanno attaccato la scuola” disse Harry senza fiato.

Bill lo guardò incredulo “Sei sicuro, Harry?” chiese allentando la presa, ma il frastuono di vetro rotto e un urlo bloccò Harry. Tutti si girarono per capire cosa fosse successo e videro che Molly non era nella stanza con loro. Subito il signor Weasley si precipitò giù dalle scale e vide sua moglie inginocchiata a piangere. Piangeva e si era ferita una mano con i pezzi di vetro.

“Molly cara, cosa è successo” domandò apprensivo suo marito, colpendo leggermente con la bacchetta la mano della moglie, che continuava a piangere.

“Mamma, cos’hai?!!” domandò Ginny, toccandole la schiena.

Fu allora che tutti guardarono la direzione del dito della signora Weasley e nessuno riuscì ad evitare un fremito di sorpresa. Stavano tutti sgranando gli occhi addosso alla lancetta di Ron sul numero 12: Pericolo di morte.

“Il mio bambino” singhiozzò la signora Weasley

“BILL!! CHARLIE!! cercate subito di contattare Lupin e gli altri!!” urlò il signor Weasley “Ginny occupati di tua madre…FRED! GEORGE!! Avvertire il ministero” fece poi voltandosi verso la cucina “Harry vieni con me!”

“Dobbiamo cercare una Passaporta” disse indaffarato il signor Weasley “spero che sia dove Silente l’ha lasciata”

“Com’è fatta?” domandò angosciato, sentiva ancora i lamenti della signora Weasley provenire dal salotto e le parole di Ginny.

“È…una piccola palla…mmmh gialla” disse rovistando come un matto nei cassetti “Silente me l’ha affidata per precauzione…nel caso dovessimo andare…ah! trovata” fece alzando la mano in alto. Teneva una pallina da Tennis in mano.

In quel momento si materializzarono Tonk, Lupin e Alastor Moody. Bill e Charlie erano al seguito “Dobbiamo muoverci!! Arthur la Passaporta?” disse conciso Moody

“Si…eccola” fece appoggiandola sul tavolo

“Voglio venire anch’io!!” disse forte Harry, non poteva rimane lì, fermo sapendo che Ron ed Hermione erano in pericolo. Non poteva credere che Hogwarts era in fiamme e che Silente fosse veramente morto “Vi prego”

“Non sappiamo quello che ci aspetta, Harry” disse Lupin guardandolo intensamente “Potremmo trovare molti Mangiamorte lì”

“Non aspettano altro che te, Harry e noi non possiamo rischiare” fece sbrigativo Moody trapassandolo col suo occhio magico “lo capisci, vero?”

“Si” disse rassegnato

“Bene” e con uno scoppio le sette figure sparirono.

Ron era al settimo cielo. Non poteva nemmeno crederci. Silente aveva fatto un miracolo, era davvero riuscito a guarirlo. Sarebbe potuto tornare dalla sua famiglia, avrebbe potuto stare per sempre con Hermione. Non ci credeva.

Hermione nel frattempo stava piangendo come una fontana e rideva, piangeva e rideva ancora. Non sapeva che fare. Era scioccata. Silente aveva salvato Ron…le aveva ridato la speranza. Non poteva crederci. Tutto si sarebbe risolto. Ron non sarebbe morto. Non l’avrebbe abbandonata.

Erano così felici che rimasero lì abbracciati piangendo entrambi per chissà quanto tempo.

Era guarito, più nessuna voce, incubi, allucinazioni o dolore…lui era scomparso. Non sarebbe più stato male. Tutto sarebbe tornato come una volta. Ora poteva riabbracciare sua madre, suo padre e i suoi fratelli. Avrebbe potuto riavere il suo migliore amico e sua sorella. Ma, la cosa più importante era che sarebbe rimasto con Hermione per il resto della sua vita.

“È come se ci fossimo sposati, vero?” disse Hermione senza fiato per il troppo piangere. Doveva avere un’ aspetto terribile. Ma aveva pianto di gioia talmente tanto che era sfinita.

“Si” rispose stringendola ancora di più tra le braccia

La sera del 31, Silente aveva chiamato sia Ron che Hermione nel suo ufficio. Li aveva fatti accomodare e gli aveva presentato davanti due piccoli pacchetti. Entrambi lo guardarono perplessi.

“Sono per voi… è un regalo” disse rispondendo alla loro perplessità

“M-ma professore…noi non abbiamo…” balbettò confusa Hermione

“Shh, Shhh! Non deve preoccuparsi sig. Granger” la interrupe dolcemente “Su, che aspettate?”

Incerti Ron e Hermione aprirono i piccoli pacchetti e al loro interno trovarono due collane con un ciondolo piccolo.

Ron la guadò un po’ sbieco “Professore?” fece alzando la piccola collana fino all’altezza del suo viso “è una collana?”

“Esattamente, signor Weasley” rispose Silente sorridendo “ma vede non è una collana comune”

“Ah…e cos’è?” gli fece eco Ron.

“Appartenevano ad una mia cara amica, la signora McFandes… lei me li ha cortesemente dati” disse rivolgendo lo sguardo a Ron.

“La signora McFandes?” ripeté incredulo Ron

“Si, deve sapere che quelle collane avevano il potere di annullare i poteri del signor McFandes” spiegò pacatamente “ma funzionano solo se si è in due ad indossarli…”

Ron e Hermione si fissarono frastornati, veramente quella semplice collana sarebbe stata in grado di annullare gli effetti devastanti delle voci su Ron. Era tutto vero? Lui sarebbe guarito?

“È tutto vero… non ho potuto rivelarvi prima della loro esistenza perché non ne ero certo nemmeno io” disse spostandosi e dirigendosi verso Fanny che era molto affaticata “ma ora, appartiene a lei signor Weasley la deve indossare sempre, solo così potrà aver effetto e anche lei signorina Granger, la dovrà sempre portare…vedete è una questione d’equilibrio”

“D-Davvero funzionerà?” chiese titubante Hermione “Ron…non morirà?”

“No, non morirà…ma su, mettetele” fece loro cenno.

Ron la indosso immediatamente e una leggera luce scaturì dal ciondolo. Si sentì più leggero, più vuoto in un certo senso, non avvertiva più nessun dolore. Come quelle volte che stava insieme ad Hermione “Ma come è possibile? Come faceva lei a sapere della loro esistenza?

“Nessuno nasce malvagio, signor Weasley, sono le nostre scelte a condurci in una direzione o nell’altra” disse tristemente fissando un punto indefinito oltre la spalla di Ron “il signor McFandes era una persona molto tormentata, nonostante la presenza della collana, lui non riuscì a darsi pace e decise di farsi giustizia, fu così che sposò la causa di Voldemort e divenne il primo Mangiamorte”

“E lei? Che fine ha fatto?” chiese Hermione

“La signora McFandes?”

“Si”

“Lei era una donna estremamente forte” disse risistemandosi sulla poltrona oltre la scrivania “lo è tuttora, ma si sa il più dolce dei sentimenti è anche il più caparbio. Lei lo sostenne sempre e comunque”

“Sostenne?” ripeté Ron

“Lei non venne mai incriminata per i fatti del massacro del Red Eden, perché fu lei stessa a denunciare il marito”

“Oh! Santo cielo!” esclamò Hermione “e poi?”

“Rimase accanto al marito ad Azkaban – venne incriminata per complicità - fino al verdetto al noxa immortālis. Poi 10 anni fa ne uscì e si ritirò. L’ho cercata in tutti i modi in questi mesi, poi finalmente la trovai e lei mi consegnò le collane…il suo bene più prezioso”

Ron voleva urlare dalla gioia “Sono in debito con lei”

“No, è un regalo”

“Allora grazie” fece alzandosi

Hermione guardò Silente con le lacrime, doveva quella felicità a Silente. Doveva la vita di Ron a Silente “Io…non so…come ringraziarla”

“Gli stia vicino…sempre”

“Lo farò” e così Hermione e Ron lasciarono pieni di una nuova speranza l’ufficio di Silente.

Passarono i giorni successivi allegri, felici e anche i professori se ne rallegrarono. Ma la notte del 3 Gennaio Ron si svegliò in preda ai dolori. Subito si alzò l’orlo della maniche per capire cosa fosse. Che l’amuleto non funzionasse? Ma non era come le altre volte. C’era qualcosa nell’aria e capì tutto vedendo lo scempio sul suo braccio destro. Stava per succedere qualcosa.

Ron si alzò e si vestì il più in fretta possibile e scese velocemente le scale a spirale fino ad arrivare in sala Comune e lì chiamò a voce alta Hermione. Non poteva salire nel dormitorio ma almeno poteva sgolarsi senza problemi. Dopo pochi urli dall’alto della scala arrivò una Hermione mezza addormentata e spaventata da quegli urli “Cosa succede?”

“Dobbiamo andarcene, ‘Mione” disse facendole gesto di scendere “dobbiamo avvertire Silente…sta per succedere qualcosa”

“Cosa?” domandò prendendolo per mano e correndo fuori dal dormitorio.

“Non lo so…ma sento che non sarà nulla di bello” rispose scendendo velocemente le scale, poi percorsero il corridoio ed arrivarono davanti l’ufficio del preside “Cavolo!!La parola d’ordine”

“La so io… Zuccotti di Zucca” disse sicura e in risposta il gargoyle si animò.  

“Sarei perso senza di te” fece Ron regalandole un sorriso “questo lo sai?”

“Si, lo so… e so anche che anch’io sarei persa senza di te” rispose arrossendo un po’. Ron le faceva sempre quest’effetto.

Arrivati davanti alla porta di quercia che dava sull’ufficio di Silente, udirono delle voci. La porta era semiaperta ed entrambi videro Silente con in pugno la bacchetta e il braccio di un’altra persona. Ma non riuscirono a capire chi fosse essendo fuori dal raggio della fessura da cui guardavano.

“Ti aspettavo” fece Silente pacato

“Vedo che non sei sorpreso” rispose una voce untuosa

Quella voce…Ron e Hermione si guardarono negli occhi ed entrambi compresero che quella bacchetta e quella voce non fosse altri che del professor Piton. Lui che faceva parte dell’Ordine, che era stato a Grimmauld Place da loro. Lui era forse una spia di Voldemort?

“Ron…” bisbigliò Hermione spaventata, ma lui non rispose, le strinse solo più forte la mano.

Poi delle grida gli fecero trasalire. Stava succedendo qualcosa agli altri professori.

“Non va ad aiutarli, Silente” disse Piton schernendo

Silente non rispose, ma rimase lì immobile a fissare gelido il suo avversario “Ho fiducia nei miei colleghi”

“Tsk, fiducia…” ringhiò in risposta Piton

“Anche se morirò non cambierà nulla, Severus”

“Invece cambieranno molte cose con la sua morte” ribatté sferzante “ti ucciderò e nessuno lo saprà mai… nemmeno quegli stupidi quadri”

“Ehi!! Isolente!!” rispose una voce alterata da un quadro “Tu hai tradito tutti!! Corrotto!!”

“ZITTO!!” reagì Piton “è ora di farla finita”

Ma prima che Piton potesse scagliare un’incantesimo, Ron irruppe nella stanza e con un forte spintone alla porta colpì Piton che, sbilanciato sbatté addosso alla parete.

“Professore!! Venga!!” urlò Hermione in direzione di Silente

“Andate voi!” rispose avvicinandosi alla porta “Ora voi sapete…”

“Ma…” cercò Ron di convincerlo

“Ricordate, non cambierà nulla con la mia morte…” disse sorridendo dolcemente “Su!! Andate! Scappate!!” ordinò prima di chiudere con un forte scatto l’enorme porta di quercia.

Non fecero nemmeno in tempo a cercare di forzare la porta che sentirono le urla di Piton“Ti ucciderò e poi ammazzerò quei sudici seccatori” 

“Hermione dobbiamo andarcene subito” sibilò duramente “dobbiamo scappare”

“E Silente? E gli altri professori?” protestò spaventata

“Non possiamo fare più nulla qui per Silente” le rispose “ma salvandoci potremo raccontare ciò che è successo”

Hermione si fece condurre fuori dall’ufficio del preside senza fare resistenza. Giunti al corridoio udirono più distintamente le urla. Si udivano incantesimi e contro-incantesimi, urla di dolore. Videro fiamme rosse e verdi rimbalzare fuori dalle stanze. Erano i Mangiamorte di Voldemort.

“Andiamo”

E così corsero senza mai fermarsi fino fuori dal castello, fortunatamente non incontrarono nessuno, anche se scorgerono di sfuggita il corpo senza vita di Mrs. Purr.

Era notte fonda e arrivati al limite del castello videro l’immensa distesa di neve che circondava tutta Hogwarts. Faceva freddo. Hermione era vestita solo del suo pigiama e della sua vestaglia mentre Ron dalla fretta indossava solo un paio di pantaloni e una felpa.

“Mmh…ok!” mormorò sfilandosi la felpa e porgendola ad Hermione “mettila”

“Cosa? No..no prenderai freddo senza!!” protestò lei animatamente

“Prenderò freddo comunque e poi tu hai solo il pigiama” ribatté prontamente alla sua protesta “Forza! Dobbiamo raggiungere la Stamberga Strillante attraverso il Platano Picchiatore…lì saremo al sicuro”

Suo malgrado Hermione indossò il maglione di Ron e incedendo dietro di lui si incamminarono verso il Platano Picchiatore. Ron usò un incantesimo riscaldante per scioglie la neve, ma avanzavano a rilento tanta era la neve che qualcuno avrebbe potuto vedere il luccichio dell’incantesimo in quella buia notte.

A metà strada sentirono un possente ruggito e girandosi videro la possente figura di Hagrid spuntare dal nulla e gettarsi su una figura incappucciata. Lo videro combattere contro l’altra figura “Scappate!! Forza!! Ci penso io qui!!” gridò nella loro direzione

“Hagrid” singhiozzò Hermione trascinata da Ron

“Hermione dammi la tua bacchetta, con due faremo prima” disse girandosi a guardarla “Fatti forza”

Finalmente giunsero in prossimità del Platano Picchiatore. Dovevano bloccarlo come al terzo anno. “Ci serve qualcosa per bloccarlo” disse Ron cercando nell’oscurità un ramo.

Hermione stava tremando violentemente dal freddo, aveva i piedi congelati e non sentiva più la sensibilità delle gambe “Ron!! Lì c’è un ramo!!”

Ron seguì con lo sguardo la direzione del braccio “Accio ramo!!…Oh, perfetto!!”

Grazie al ramo, Ron riuscì a bloccare il Platano Picchiatore schiacciando il nodo nel tronco ed entrarono così nel passaggio segreto che portava alla Stamberga Strillante. Attraversarono sempre più incupiti il tunnel e finalmente arrivarono nella stanza che pochi anni prima aveva ridato un padrino ad Harry. Lì sarebbero stati al sicuro per un po’.

Qualcosa, però stava succedendo fuori da lì. Un forte odore di zolfo e di bruciato aveva infettato l’aria. Si sentivano rumori lontani smorzati dalla neve. Nel buoi della stanza un lampo attirò la loro attenzione. Ron ed Hermione – riscaldata dall’incantesimo – si affacciarono alla finestra dalla quale entrava la strana luce e lo videro.

Il marchio nero risaltava fiero su tutta Hogsmeade. Era in fiamme. Tutto bruciava.

Ron era inorridito. Tutte quelle persone…stavano bruciando vive nelle loro case. Non si sarebbero salvate.

Hermione scivolò senza forze a terra e se non fosse stato per Ron avrebbe sbattuto la testa, tanto era lo sgomento della ragazza. Era rimasta ammutolita davanti a tutta quella crudeltà.

Poteva esserci speranza in quel mondo che tanto amava e che stavano tentando di annientare.

C’era veramente la speranza di un nuovo giorno?

 

Fine 4° capitolo

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Ringrazio:

Pepero

MandyJJ

Magica

Miky Black

SiJan

Caillean

Blacky

 

Un grazie immenso come l’universo!! ^___^  Grazie, Grazie e Grazie!! Spero che siate contente del nuovo capitolo!!

Forse potrete pensare che ci siano degli spoiler, ma non è così!! Disgraziatamente ho letto degli spoiler sul 6° libro – praticamente è scritto dappertutto - però tutta la faccenda lo sviluppata nella mia maniera. Non so nulla sul reale svolgimento della storia di Harry Potter e il Principe MezzoSangue. E vorrei rimanerle totalmente all’oscuro fino all’uscita del libro (*o*)

Comunque nella mia testa era già tutto chiaro dalla prima e ultima riga. È sempre stato così il naturale svolgersi della storia…con o senza 6° libro…diciamo solo che ho dato più spessore.

Vabbè! Vi aspetto per i commenti!! Numerosi!!

Ciao a presto!!

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Capitolo 5
*** Breathe into me and make me real ***


Nuova pagina 1

5° capitolo: Breathe into me and make me real

 

I'll take your little dead boy
I'll take your little dead girl
About every week I come ringing for the dead
I pile 'em up high - feets and heads
I squash 'em in tight
I shout my call :
I'll take your little dead boy
I'll take your little dead girl
I don't mind"

The Sevant “Devil”

“Ricordate, non cambierà nulla con la mia morte…” 

Cinque anni erano passati dal giorno in cui venne pronunciata quella frase. Nessuno sentì più il suono delicato e gentile di quella voce, perché quella presenza rassicurante morì la notte stessa poco dopo aver pronunciato quell’ultima frase.

Era un anziano signore. Il suo nome era Albus Percival Wulfric Brian Silente, era alto e magro, dalla lunga barba e dai chiari capelli color bianco-argento. La sua figura era slanciata, con un naso adunco, sul quale si posavano un paio di occhiali a mezzaluna, dietro i quali risaltavano due occhi azzurro chiaro, luminosi e scintillanti.

Albus Silente è stato l'ultimo preside di Hogwarts. Oggi non è rimasto nulla di quel luogo, così da perdersi anche quei ricordi pieni di valore legati a quel nome. Tutti preferiscono dimenticare, far finta che non sia mai esistito quel luogo che si poteva chiamare casa, ove si rideva, ci si amava e dove si scopriva chi si era veramente; ora solo le rovine del castello testimoniano la sua passata presenza. Neppure una torre, porta o scala è ancora in piedi, sono rimaste solo macerie, fumo e sangue.

Quel giorno vennero distrutte vite, speranze e molti futuri tramontarono; l'incendio di Hogsmeade, causò perdite insanabili, pochi furono i sopravvissuti e quasi nessuno ebbe il coraggio di guardare il cielo.

Il mattino dopo il disastro il sole non osò mostrarsi, le nuvole nascosero la luce, lasciando un profondo vuoto nell’aria; sembrava tutto ricoperto da una fitta nebbia di incredulità e paura. Silente era morto, Hogwarts distrutta e Hogsmeade in fiamme; a nulla valsero i soccorsi, ne la disperata ricerca degli assassini, tutti sapevano che quello era l’inizio di tutto.

Il tempo del terrore era ormai iniziato. La speranza aveva abbandonato tutti.

*

“Non voglio ricordare!!” sembrò gridare nell’oscurità un gemito soffocato

“Devi!! È tuo dovere!” ribatté duramente una voce maschile “dove sono le vostre belle parole, eh?! Dove sono ora, i vostri aiuti?”

“Mi dispiace…è troppo tardi” rispose ansimando.

“Cos…? Cosa significa?” chiese impaurita una voce femminile “Tu puoi!! Siete come loro!! Ti ho visto!! Ti supplico…sono i miei bambini! Salvali!!”

“…non posso…”

Sciaff!! La donna colpì violentemente il viso dell’uomo incatenato al muro. La candela illuminò il viso pallido e magro di un uomo dai sporchi capelli rossi. Gli avevano legato i polsi e le caviglie con catene di ferro mentre il corpo era segnato da ferite ancora sanguinanti.

Era prigioniero di un gruppo illegale di civili babbani.

“Ti uccideremo!” lo provocò fuori di sé la donna “ti ammazzeremo e butteremo il tuo corpo in pasto ai Mangiamorte”

“Jordan, no!!”

“Cosa? SONO LORO!!” disse la donna dai lunghi capelli biondi, indicando con il dito tremante il prigioniero “ è colpa…sua…no, LORO se i miei bambini…David…”

“Lo so, Jordan…ma ucciderlo? Arrivare ad uccidere?”

“Parli come se fosse un peccato, Michael…” rispose Jordan fissandolo negli occhi “uccidere o essere uccisi? Dimmi Michael… quanto forte è la tua fede qui, ora?”

“…io…”

“…lasciatemi andare…” sospese la discussione la voce soffocante del prigioniero

I membri del gruppo si girarono in direzione di Jordan aspettando una sua risposta. Erano circa una ventina di persone, ognuna di loro sola al mondo. Tutti portavano negli occhi l’immagine della morte di David, il capo del gruppo. Lo avevano perso durante l’ultima soppressione dei Mangiamorte e avevano rapito i suoi figli avuti da Jordan. A nulla erano valse le armi, le grida e i pianti, i Mangiamorte lo avevano trucidato e lei era impazzita dal dolore. 

“…lui resta qui…” rispose freddamente Jordan “...e morirà qui!”

“Mi troveranno…i miei compagni mi…” ribatté il prigioniero con improvvisa rabbia “mi staranno cercando”

“…e allora?” lo provocò giocando con un pugnale “credi davvero che loro siano ancora lì a cercarti?”

“…mi troveranno…lo so…”

“Ne sei sicuro, Ron?” lo richiamò freddamente la donna “stento a credere che l’incertezza non abbia mai attanagliato il tuo debole cuore…ma potrai consolarti…il dubbio sarà tuo compagno di morte”

Ron alzò di scatto il capo e fissò intensamente Jordan “Non temo la morte”

Jordan lo guardò torvo e poi sorrise “Invece dovresti” disse trattenendosi dal colpire “perché lei non aspetta altro che peccatori…come te! All’inferno Ron, è lì il tuo posto! Muori abominio del mondo!!” 

“Il mio posto è insieme alle persone che amo” sussurrò rilassato fissando con i suoi occhi limpidi, quelli folli della donna davanti a se.

“No!! Jordan” urlò Michael gettandosi su di lei

“Muori!!!” urlò la donna piangendo “la tua morte mi ridarà i miei bambini”

Con il volto sollevato, Ron guardò profondamente Jordan “...Hermione…” pensò chiudendo lentamente gli occhi aspettando il colpo…ma la coltellata non arrivò…solo una forte esplosione. Quando aprì gli occhi vide solo polvere. Non riuscì a distinguere le figure, ce ne erano di ferme e altre che correvano urlando spaventate. Erano i Mangiamorte o…  

“RESTATE TUTTI FERMI!! Smith blocca quei babbani!!” urlò furiosa un voce acuta “Zebrosky, James sparpagliatevi e trovatelo!!”

“Sì, maggiore!” urlarono all'unisono

“James, Zebrosky… sono i miei compagni, sono loro, mi hanno trovato” pensò felice Ron guardandosi con agitazione intorno, ma l’unica cosa che vide fu una lama conficcarsi nel suo stomaco

“…dicevi di non temere la morte, Ron…” gli sussurrò Jordan ancora sofferente per le ferite “l’inferno ti aspetto, mago…”

Ron vide il sangue sgorgare dalla suo addome e colargli velocemente fino a terra ad allargarsi in una pozzanghera color cremisi. La donna di fronte a lui rideva distesa a terra “Arrivo David” disse sorridendo.

Quella era la fine. Era la sua punizione…non era riuscito a salvarla.

Mentre la vista gli si annebbiava, Ron scorse i suoi occhi, erano del colore dell’amaranto ma tristi e sofferenti, come mai ne aveva visto. Gli ricordavano quelli della sua Hermione… belli ma pieni di dolore.

“Non ti lascerò morire, Ron”

*

La bianca luce del neon illuminò violentemente l’asettica stanza, dove un via e vai di guaritori bisbigliavano ogni qual volta ne scorgevano l’interno. L’angusto corridoio brulicava di persone indaffarate, piene di carte, amuleti, bende e pozioni e tutti venivano inondati da quella sterile luce dei neon.

Dalla stanza si sentivano solamente bisbigli, parole sconnesse e di circostanza. Nulla rivelava la presenza di vita nella stanza, forse solamente il lento suono della macchina della frequenza cardiaca, nessun respiro libero, solo il ritmo del respiratore.

“È permesso? Sono Jackson” spezzò il silenzio una voce “Maggiore?” 

“…si, entri Jackson” rispose una voce femminile

“Devo consegnarle questo, Maggiore…” disse Jackson, porgendo ala donna una lettera color bianco riciclato “Maggiore Granger?”

“…mh?” rispose il maggiore reggendo la lettera

“…si riprenderà il Maggiore Weasley?” osò domandare con una punta di sconforto nella voce

Il maggiore Granger non rispose, ma trafisse con i suoi occhi color amaranto l’uomo di fronte a se. Jackson indietreggiò di scatto, nell’istante in cui un lungo freddo brivido gli percorse la schiena “Sc-scusi Maggiore, non si ripeterà mai più” 

Subito Jackson uscì con velocità dalla stanza, facendo un frettoloso saluto. Nonostante la sua stazza Jackson aveva avuto paura, molta paura nel momento in cui il Maggiore Granger lo aveva guardato fisso negli occhi. Una paura più forte e cattiva, era un sentimento più remoto, quasi come se non gli appartenesse…

“…Ehi?! Ho appena visto Jackson pallido come un lenzuolo” disse una voce profonda “Hermione…?”

“Non gli ho fatto niente, se vuoi saperlo” rispose Hermione acida “l’ho solo spaventato un po’, è stato impertinente…tutto qua!”

“Mh…va bene…” asserì sorridendo, ma ritornando subito serio “come sta?” chiese preoccupato

“Come vuoi che stia, Harry?” ribattè con foga “sta morendo… e non so come salvarlo”

Il Maggiore Hermione Jane Granger era dipinta come una donna tutto di un pezzo, fredda, intransigente e incrollabile. Tutti coloro che appartenevano all’unità D.E.O.M. provavano nei suoi confronti una profonda ammirazione, paura ed invidia, ma ora lì davanti al corpo del suo unico amore, stava dimostrando che nulla nella donna che raffiguravano era vero.

Era cambiata. Tutti lo erano, ma più di tutti quella dolce Hermione… scomparve. 

“Hermione…” disse dolcemente Harry per consolarla “…vedrai che…”

“No, no e no!!! Non è vero che si sveglierà!!!”

A quelle parole Harry la prese per le spalle e la spinse verso il letto, costringendola a guardare il viso scarno di Ron, ormai infermo in quel letto da diversi giorni.

“Guardalo bene, Hermione” mormorò neutro Harry spingendo il suo capo verso Ron “lui ora è qui!! È ancora attaccato alla vita…non puoi abbandonarlo”

 “…mi odia…”

“Lo sai che non è possibile” rispose fermo Harry “non ne è capace…” finì con una nota di dolcezza.

Hermione alzò lo sguardo amaranto fisso sugli occhi verde smeraldo di Harry.

Non c’era rancore, odio o rabbia, solo un’infinita tristezza. Lei ricordava, sapeva che Ron non era mai stato capace di odiare nessuno…ma oggi chi è Ron? Chi è veramente Harry? E lei…chi è la donna che è diventata?

Un mostro?

“Hermy…?” la richiamò serenamente, immaginava la confusione che dilagava nel cuore e nella mente della sua migliore amica, ma non poteva permetterle di vacillare proprio ora “cosa hai deciso?”

“…deciso…” ripeté lei sottile accarezzando con lentezza la guancia infossata del volto del suo amato Ron “ pensi ancora che in questo momento… l’amore possa salvare questo mondo marcio?” chiese senza sentimento “anche dopo quello che è successo?!”

Harry fece un lungo respiro “Sempre”

“Ah ah!” beffò opaca “io invece non credo”

“Hermione!!!” alzò la voce Harry

“Hermione un corno!! È la mia decisione non la tua Harry!!” rispose caricando la voce “è la mia missione!! Tu vedi di seguire la tua!!”

“Tsk!! È completamente inutile parlare con te!!” respinse astioso Harry “Ti stanno mandando al macello Hermione… è un suicidio!!!”

“Non mi interessa…se questo servirà…”

“Non servirà!! Ti ammazzeranno per l’amor del cielo!! Non è una simulazione o un compito in classe Hermione” urlò fronteggiandola “è veramente questo che vuoi Granger?! Vuoi morire per nulla?”

“Non tutti la pensano come te Harry” disse distanziandosi abbastanza da mettere la mano sulla bacchetta “non tutti sono così stupidi”

Harry non rispose, rimase lì a fissarla senza muoversi.

“È ora che tu vada a casa da tua moglie Harry” riprese cauta Hermione “Ginny ti starà aspettando con la cena pronta”

“…”

“Và dalla tua famiglia Harry” disse più forte Hermione con la mano ferma sulla bacchetta “torna nel tuo nido d’amore”

“…ti voglio bene Hermione…” disse Harry avvicinandosi alla porta “ma questo non ti giustifica”

Hermione lo guardò colpita

“La sua morte non è stata colpa tua… non farlo Hermy”

“VATTENE!!!” urlò sull’orlo delle lacrime “va via Harry!!”

Dopo un semplice refolo la vigorosa figura di Harry scomparve dalla stanza lasciando una sempre più disperata Hermione inginocchiata al fianco di Ron, nascosta tra le asettiche lenzuola.

“Mi dispiace Ron…non odiarmi” sgorgò tra le lacrime “Dylan perdonami…perdonatemi”

*

La foschia si mescolava con il tetro buio, nascondendo agli occhi qualsiasi figura, tutto sembrava essere risucchiato dal quel vortice furioso, era un giorno di marzo ma nulla di quel periodo ne ricordava la natura.

Nessun fiore, nessun cinguettio, nessun profumo della nuova rinascita… nemmeno più il sole illuminava le terre perché il giorno si fece notte e nessuno vide più la grande stella di fuoco, quel grande sole sparì.

Solo un lungo letargo di buio.

“Mamma!! Mamy!! È tornato!!” urlò eccitata una voce stridula “Dai Mamy!!”

“Jackie!!! Allontanati subito dalla finestra!!!” la richiamò una voce di donna “quante volte te lo dovrò ripetere? Eh signorina?”

Dalla sedia appoggiata alla finestra, una bambina dai rossicci capelli lisci scese di malavoglia, con un piccolo broncio che le regalava un'espressione buffissima. Era lì di fronte alla madre piantata a guardarla “Ma mamma!!” disse laconicamente 

Di fronte a lei si erigeva la figura magra di una donna dai folti capelli ramati raccolti in una semplice coda e  portava un grazioso grembiule color pesca legato in vita “Niente «ma mamma»...lo sai che è pericoloso e poi ora arriva” ribadì addolcendo il tono “solo un po’ di pazienza, ok?” 

Dei forti rumori provenienti dall'altra parte della porta attirò la loro attenzione, subito Jackie iniziò a saltare sempre tenendosi a debita distanza dalla porta, lei sapeva che non poteva avvicinarsi e allora sgambettava impaziente intorno alla mamma... poi la porta si aprì. 

“Sono a casa! Ah!” esclamò Harry trovando Ginny che chinata tratteneva la figlia “che succede?” 

“Nulla...solo tua figlia” rispose ironicamente 

“Papà!! Papà! Ho visto un «Uficorno»” urlò tutta agitata spingendo il padre verso la cucina  “Papà tu lo sai che cos’è??L’hai mai visto?

“Ehm...” disse guardando Ginny che sorrideva leggermente e che li faceva cenno di no “«uNicorno» dici?”

“Sì, sì!! Unicorno!!” ripeté allegra 

“No, mai...Perché? Non dirmi che tu lhai visto?” domandò fingendo invidia 

“Io si!!” rispose allontanandosi dai genitori e ballando per il salotto imitando l'animale “Oggi a scuola!!” asserì ridendo 

Harry e Ginny si guardarono negli occhi. 

“Jackie perché non prendi il tuo libriccino”domandò Harry sedendosi nella poltrona “così scriviamo dell’unicorno”    

Subito la bambina sfrecciò per quanto possibile verso la sua cameretta al piano superiore. Ginny cogliendo l'occasione si adagiò di fianco al marito “Come è andata?” chiese vedendo che lui non accennava ad iniziare il discorso 

“Male... è testarda Ginny” mormorò fissando un punto indefinito della stanza “tremendamente testarda!!” 

Ginny tacque. Conosceva Hermione da ormai tanto tempo e l’orgoglio e la testardaggine erano le uniche cose che la faceva andare avanti. Sentiva la mancanza della Hermione dei tempi di Hogwart, quando era dolce, comprensiva, forte e allegra, ma ormai di quella persona non è rimasto che un pallido ricordo.

“...lo so...” asserì 

“La stanno mandando al macello!!” saltò su rialzandosi dalla poltrona ed iniziando a muoversi avanti e indietro per il salotto “...e lei non lo capisce...”

Ginny si sistemò meglio sulla poltrona intrecciando le mani sul grembo “Harry”

“...” 

“Hermione non vuole più vivere” disse lentamente soppesando le sue parole, sapeva che sua marito era  ipersensibile all'argomento “lei ha deciso da molto tempo”

Harry si girò dando le spalle al fuoco nel camino, il gioco di luci rendeva la figura di Harry più minacciosa ma nel suo sguardo c'era solo sconforto. 

Ginny guardando quegli occhi così tristi di cui si era perdutamente innamorata, ebbe una morsa al cuore “Solo Ron potrebbe salvarla...ma dalla cartella clinica...ci vorrà molto tempo prima che si svegli...” disse con una punta di dolore 

“Se si sveglierà!!” la interruppe Harry respirando rumorosamente “è colpa mia...ho così paura di perdere te e Jackie... che sto perdendo tutti”

“Lo sai che non è vero... dove saremmo noi senza di te?” ribatté prontamente Ginny alzandosi a sua volta “quello che è successo non è stata colpa di nessuno”

“Ginny” la richiamò all'improvviso 

“Dimmi amore” 

“Parlando con lei oggi...ho finalmente capito” pronunciò lentamente abbassando lo sguardo 

Lei gli si avvicinò costringendolo a guardarla “Cosa?”

“Lei mi ritiene responsabile della morte di Dylan” asserì abbracciandola “...e forse è proprio così”

*

Quel mio mondo fatto di cadaveri ora ti appartiene, non puoi sfuggirmi per sempre, cadrai anche tu sotto la forza dell’oscuro signore. Ti piegherai e tradirai tutti.

Aprì gli occhi di colpo, senza nessun preavviso. Quello che vide fu abbastanza da fargli pregare  di ritornare nell’oscurità il prima possibile, peccato che fosse quella l’oscurità….il suo mondo. Nulla era mutato, tutto era rimasto fermo, il cielo di pece e le colline di ossa, le urla e il sangue; tutto uguale, tutto sicuro come la morte che arriva.

Aveva pregato, aveva sperato, aveva creduto che quel universo fosse svanito ed ora era lì disteso fra cadaveri e ossa a contemplare stremato il suo mondo, il loro mondo.

Nemmeno un ricordo felice riusciva a trovare, nessun dolce suono o morbidi baci lo raggiungevano. Aveva perso il ricordo delle fragole e del miele, ne memoria dei volti a lui cari; solo lunghi e lugubri cortei di ombre e fantasmi. Presenze piene di rabbia e odio per lui, per loro o per se stesso.

Ora come un tempo passato Ron era caduto nella sua dimora tra serpenti e distruzione.

“Ben tornato” urlò il sibilo arrivato dal cielo purpureo “non sei contento di essere tornato a casa? Mi sei mancato!!”

Ron si rialzò a fatica “Si… felice davvero”

All’improvviso un lampo colpì il terreno in un punto poco lontano da Ron, rivelando oltre il fumo un essere deforme, dai contorni logori e decrepiti; forse in un tempo passato quell’essere era stato un uomo, ma ora era solo l’ombra dei suoi delitti; lui si alzò lentamente con un sadico sorriso stampato sulle aride labbra, anche gli occhi avrebbero potuto esprime tale crudeltà se solo li avesse ancora avuti.

“Non giocare con me” rispose acceso la creatura

Ron gli piantò ferocemente gli occhi addosso, serrando i pugni “Giocando? Credi davvero che io stia giocando?”

“Indubbiamente” ribatté allargando il sorriso insecchito “e sai perché stai giocando?”

Ron non rispose.

“Perché credi ancora di poter scappare da tutto questo e di poter ritornare felice tra le braccia della tua sgualdrina” cantilenò viscido

A quelle parole il suo cuore si accartocciò furiosamente perché non riusciva a ricordarsi il suo volto, nulla riusciva a rievocare di lei, né la voce, né l’odore della sua pelle… neanche il colore dei suoi occhi.

“Vuoi vederla?” si insinuò la voce “io posso mostrartela”

Ron aveva imparato che nulla di quello che avrebbe visto sarebbe stata la verità, lo avrebbe ingannato in tutti i modi, ma aveva bisogno di vederla… voleva essere certo che fosse viva.

Non ricordava quasi nulla di quella notte. Era un’operazione di salvataggio piuttosto rischiosa, si erano si erano infiltrati in un gruppo illegale di Babbani. Loro erano a capo della missione, lui ed Hermione; si erano proposti senza problemi, erano operazioni di routine in quei tempi cupi, nulla di non già visto.

Il D.E.O.M. era una un’ squadra segreta, fondata per contrastare l’ascesa di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. I membri che ne faceva parte venivano addestrati, istruiti affinché potessero far fronte ad ogni emergenza.

Lei era diventata Maggiore nel giro di pochi anni, anche lui e Harry si erano contraddistinti subito; Harry era talmente motivato che passava ogni momento libero ad allenarsi e a studiare, lui naturalmente gli faceva da spalla. Nel giro di qualche anno erano a un livello molto al di sopra della norma.

 Fu così che iniziarono ad svolgere missioni sempre più importanti, più pericolose, fino a quando accadde…

“Inizio Flashback”

“Nooo!! Stai scherzando?” strillò una voce femminile rimbombando in tutta la sala mensa “davvero hai visto Joe farle la dichiarazione??”

“Te lo sto dicendo da  un quarto d’ora ‘Mione!!!” rispose seccata l’altra voce “ero lì a due passi da loro…”

Hermione sospirò “Romantico non trovi?”

L’uomo di fronte a lei la guardò esterrefatto “Si, davvero romantico in uno spogliatoio” rispose ironico “altro che Romeo e Giulietta!! Trovo lo spogliatoio particolarmente intimo e…”

“Oh!! Smettila Ron!!” lo riprese astiosa la ragazza “non hai motivo di fare il sarcastico”

Ron si guardò in giro per un momento “Io credo di si” disse prendendole le mani “visto che la mia proposta di matrimonio mi è costata quasi 2 stipendi!”

Hermione a quelle parole ritirò subito le mani da quelle di Ron e alzandosi rovesciò la sedia sul pavimento, provocando un gran rumore “Ma davvero? È così che la pensi?” disse lentamente guardandolo dall’alto.

Ron sorrise divertito perché gli piaceva stuzzicarla e vederla furiosa “Più o meno… ma non dovrebbe contare giusto?”

“Certo che conta!!!” ribatte confusa “cioè no…no!! Si che conta se…”

“Per me no…e sai perché ‘Mione?” chiese Ron sicuro

“Sentiamo perché grande Romeo” rispose animosa

Ron le si avvicinò con fluidità e raccogliendole le mani, le portò alla bocca e le baciò “Perché Amore mio, io ora ho te e Dylan” disse dolcemente guardandola negli occhi “e per voi darei la vita…ecco perché il resto non conta”

“Sei il solito scorretto” piagnucolò Hermione con le lacrime agli occhi “ma ti amo perché sai farmi piangere dalla felicità”

***

“Ron!!! Dove sono?”

“Nella torre!! Lì” rispose Ron indicando una torre in rovina molto alta.

“Ginny!! Io e Ron andiamo nella torre” urlò in direzione di una ragazza dai capelli rossi indaffarata a curare  i feriti.

“Vengo con voi!! Hermione potrebbe essere ferita e anche i…” cercò di dire Ginny

Harry però non le permise di parlare “No!!! Devi rimanere al campo!! Li riporteremo tutti qui sani e salvi!!”

Ginny lo guardò intensamente e lui rispose allo sguardo, nessuna parola, solo la fiducia che lui avrebbe salvati tutti.

“Ehi sorellina!” la richiamò Ron “non preoccuparti gli paro io il culo a tuo marito!!” 

“Andiamo!!” urlò forte Harry iniziando a correre “forza Ron!!”

Arrivati alla base della torre, Ron e Harry sentivano ancora i lamenti dei loro compagni all’accampamento di emergenza. Avevano scelto di rischiare tutto, costretti perché li avevano rapiti.

L’ingresso della torre, che dava verso l’interno privo di qualsiasi luce, era semi aperta, alta e possente. Appena varcata la soglia il silenzio li inghiottì rapido e pesante come una spessa coltre. Il buio era impenetrabile e denso come fosse fatto d’acqua… o forse come il carminio sangue vivo.

L’aria sapeva di antiche pozioni e cadaverici sacrifici umani; nulla in quel posto poteva definirsi neutrale, tutto era impregnato di una forza primitiva del mondo. La distruzione.

La “Torre Nera”. Con questo nome veniva indicata l’unico osservatorio che spiccava dalle ciclopiche mura della prigione di Azkaban.

La prigione era diventata la nuova dimora del Signore Oscuro. I suoi custodi, i Dissennatori volteggiavano come “dei della morte”, i giganti delle selve occidentali proteggevano le enormi entrate della prigione e le Chimere erano posate sulle mura scrutando il mondo in cerca di prede.

Harry e Ron avvertivano il male strisciare sulla loro pelle, viscido e pressante “Hai sentito?”

“Cosa?? Non sento nulla” rispose rapido Harry

Ron diede un’occhiata alla porta della torre “Appunto…non si sente niente” rispose strizzando gli occhi per penetrare l’oscurità “siamo in una torre no?”

“Si…ma non c’è nessun eco delle nostre voci” concluse Harry circospetto “almeno non ci sentiranno arrivare”

Ron lo guardò “E questo è bene?”

È bene!” rispose sorridendo “sta arrivando qualcuno!!” digrignò sottovoce

Ron ritorno a guardare l’oscurità “Questo è male

Molto male!” asserì impugnando la bacchetta

“Non vedevo l’ora!!” sorrise Ron facendo trasparire una ferocia malamente controllata “adoro quando è male

“Andiamo a riprenderci Hermione e i nostri figli”

***

Irruppero con foga nella stanza e ciò che trovarono li paralizzò all’istante. Hermione giaceva a terra immobile; accanto a lei c’era Jackie in lacrime. Ron puntò subito lo sguardo al muro e la vide. Oltre i 3 esseri incappucciati, inchiodata alla parete c’era la sua bambina. Esanime e sporca di sangue, era ancora in preda dei spasmi della maledizione Cruciatus.

Il vuoto attanagliò la mente di Ron. Solo un unico pensiero gli ossessionava la mente: Uccidere!! Massacrare!!

Nemmeno il tempo di reagire che Ron si era già scagliato contro i 3 Mangiamorti. Harry rimase per qualche secondo sgomento di fronte alla furia del suo amico, poi lo affiancò senza più esitazioni. Ron stava affrontando uno dei Mangiamorte a mani nude in preda alla rabbia, colpendolo ripetutamente senza esitazione. Uno, due, tre colpi al viso, un calcio alla bocca dello stomaco e l’incappucciato crollò senza fiato. Boccheggiando il Mangiamorte cercò di raggiungere la sua bacchetta, ferma in terra, ma quel gesto gli costo le dita delle mani spezzate dal peso del corpo di Ron, che ora lo guardava neutro.

“RON!!!!” urlò Harry con le spalle immobilizzate da uno dei Mangiamorti, l’altro si girò di scatto prendendosi così un calcio in pieno volto.

Grondante di sangue il Mangiamorte gli puntò contro la bacchetta e con un ghigno gli scagliò una maledizione. Ron riuscì a malapena a schivarla, e grazie allo spostamento riuscì ad impugnare la sua bacchetta. Dopo pochi secondi il Mangiamorte coperto di sangue crollò a terra esanime.

Nel frattempo Harry era riuscito a liberarsi dalla presa del terzo Mangiamorte e lo aveva immobilizzato contorcendogli le braccia dietro la schiena, riuscendo poi a scoprirne il volto.

“Ah!! Guarda Ron” disse tirando l’uomo per i capelli “ecco la nostra spia… Dixon”

“Ehi Harry!!!” lo richiamò ansimante Ron

“Sì!! Tranquillo vai …me ne occupo io” rispose assestando un diretto a Dixon “ ritieniti fortunato”

Mentre Ron si dirigeva veloce vero la fine della stanza, Harry si accostò subito ad Hermione, ancora immobile. 

“È solo svenuta” constatò sollevato Harry che intanto teneva in braccio Jackie ancora in lacrime “va tutto bene Jackie… adesso torniamo a casa”

Ron corse immediatamente verso Dylan. La bambina era immobilizzata da delle corde spesse e i lividi non si contavano, ma respirava.

“Dylan!! Bambina mia!!” urlò Ron sconvolto

“…Pa…pà” sussurrò la bambina dai cappelli “…sei tu??”

Finalmente riuscì a liberarla “Si sono io, Dylan” la prese in braccio e raggiunse Harry dall’altra parte della stanza “è tutto finito” le sussurrò

“Hermione come sta?” domandò chinandosi e stendendo la piccola.

“Respiro regolare…ora dobbiamo portarle al campo…Ferula” disse gravemente cullando la figlia e bendando il braccio ferito della piccola “non siamo al sicuro qui” concluse poi guardandosi intorno.

Dei mugolii attirarono la loro attenzione, Hermione si stava svegliando. Con i capelli che le nascondevano il viso, Hermione aprì lentamente gli occhi; Ron delicatamente gli scostò il cappelli unti e appiccicati dal volto.

“Hermione??? Mi senti” la chiamò dolcemente Ron “sono io…Ron” insistette vedendola crollare nuovamente

Hermione non rispose ma spalancò gli occhi quando una piccola mano sporca le toccò il viso. Era Dylan che le accarezzava il viso sudato “Mamma…” disse la piccola guardandola ancora spaventata.

“Dylan…Ron” riuscì a dire Hermione alzando un braccio e toccando la mano di suo marito “state bene?”

“…Stiamo tutti bene…” rispose Harry “torniamo a casa ora”

Ciò che successe dopo cambiò per sempre il futuro di tutti. Dixon era rinvenuto dal colpo e recuperata la bacchetta aveva immobilizzato Harry e scagliato contro Ron la maledizione Cruciatus.

“Soffri Weasley!!” ringhiò delirante “ora ucciderò la tua bella mogliettina…davanti a te”

Un urlò di dolore perforò tutta la torre. Era Ron, che nonostante fosse in preda al dolore della maledizione, si stava avvicinando ad Hermione ancora stesa a terra inerme.

“Avresti dovuto scegliere me” disse Dixon viscidamente “ora…la pagherai”

“AVADA KEDAVRA” gridò con gli occhi iniettati di sangue

Hermione chiuse gli occhi di fronte alla forte luce verde. Stava per morire e… un peso all’improvviso le compresse lo stomaco. Subito spalancò gli occhi e la vide. Il corpicino morto di Dylan, la sua bambina sopra di lei.

“No…” riuscì a dire Hermione prima di cadere nelle ombre della sua anima

***

Si dice che il valore di una persona si capisce da quante persone la piangono quando questa muore.

Al funerale della piccola Dylan, si raccolsero molte persone. Era solo una bambina, ma aveva toccato il cuore di tutti coloro che aveva incontrato. In processione tutti lasciavano una candida margherita bianca sulla infante bara, ringraziando, piangendo o pregando.

La famiglia Weasley si era raccolta intorno a Ron, solo di fronte alla bara della sua unica figlia. Hermione da quella notte non si era ancora svegliata, viveva rinchiusa nella sua mente. Ron sperava che almeno lei fosse felice in quel mondo, perché lì…dove lui guardava nascere un sole rosso c’era solo morte, sangue e disperazione.

Molly piangeva silenziosamente coccolata dal marito, aveva ormai perso tutte le forze, ma continuava a versare lacrime. Lei non capiva come fosse potuto accadere… la guerra le aveva tolto sua nipote Dylan.

Una guerra in cui lei non centrava.

“…Ron…” chiamò cauta Ginny stretta ad Harry “il tramonto sta per finire… è ora di tornare a casa”

Nessun suono giunse da Ron, il sole gli stagliava il profilo facendo risaltare la durezza del suo viso. Con gli occhi fissi sulla lapide della figlia disse solo “Andate” poi il silenzio lo inglobò pesante.

Harry strinse leggermente la mano di Ginny, che si girò preoccupata “Andiamo Ginevra” pronunciò lentamente “vieni” concluse attirando leggermente la moglie che si fece trascinare senza opporre resistenza.

Aveva il cuore spezzato nel vedere il fratello lì solo…non voleva abbandonarlo “lo stiamo abbandonando Harry…lo perderò” gemette tra i singhiozzi mentre Harry la conduceva a forza verso la fine del cimitero senza voltarsi. Anche Harry si sentiva un vigliacco, ma non c’era nulla che loro potessero fare… niente avrebbe potuto alleviare il dolore di perdere un figlio.

***

“Hermione??” la chiamò una voce nella stanza. Lei avrebbe potuto riconoscere  quella voce fra mille. Nessuno possedeva una tono così basso e profondo, pieno di sfumature e carico di energia. Doveva ammettere che qualcosa era cambiata nel timbro, era diventato forse più duro e freddo. Le ricordava un periodo durante la scuola…era lo stesso tono: freddo e indifferente.

“Si?” rispose senza alzare gli occhi dalle scartoffie che teneva in mano.

“Il generale ci ha convocato…una missione” incominciò lui vigoroso nel suo metro e ottanta superato “le indicazioni…” cercò di continuare ma Hermione lo interruppe subito

“Declino…propongo Hellys per la missione” pronunciò secca “ho troppo lavoro arretrato e diversi rapporti da stilare”

Ron abbassò lo sguardo a terra “ Ascolta ’Mione” iniziò cercando di non infiammarsi subito “dobbiamo parlare… tu e io…”

“Non ne sento il bisogno”  graffiò acida senza alzare lo sguardo “ora va via…devo lavorare”

Ron si avvicinò fulmineo alla scrivania della donna dai castani capelli mossi “…Declino…” mormorò dopo aver afferrato Hermione per le spalle “dobbiamo parlare…”

Hermione infine lo guardò infuriata “E di cosa?” urlò cercando di divincolarsi

“Dylan”

“…No…ti prego…” singhiozzò all’improvviso senza forze. Hermione poteva affrontare il mondo con freddezza ed ostinazione, ma non ne era capace, non era in grado di parlare di quel giorno, ne di Dylan e nemmeno del perché fosse successo tutto.

“È ora… tu devi affrontare la sua morte” disse Ron con il cuore colmo di dolore.

Hermione non aveva partecipato al funerale perchè era rimasta in un coma vegetativo per oltre un mese. Più tardi, al suo risveglio, la verità le era crollata addosso e dentro di lei qualcosa si spezzò. Le lasciò una ferita profonda ed insanabile.

“…” lei non rispose e si lasciò scivolare a terra con gli occhi sbarrati e vuoti

Ron la osservò, poi si inchinò e prendendole il viso tra le mani la baciò delicatamente sulle labbra. Era un bacio lieve, ma pieno di sentimenti “Ho deciso di accettare la missione” parlò guardandola fissa negli occhi “ è un’operazione rischiosa…ma ormai sento di aver perso già tutto” disse alzandosi “ho perso te e Dylan… nulla mi trattiene… io ti amo e ti amerò per sempre… più della mia stessa vita, Hermione” 

“Ron” sussurrò Hermione seguendolo con lo sguardo, aveva le guance rigate dalle lacrime. Lei lo amava, era tutto il suo mondo, ma quel sentimento di odio…ormai le tormentava la mente… Hermione si disprezzava a tal punto che…

“Ora vado ‘Mione” finì di dire Ron “ci vediamo amore mio

Da quella missione Ron non tornò.

“Fine Flashback”

“Vuoi vederla?” domandò brusca la voce “allora?”

Il volto di Ron era rivolto verso il basso, a nascondergli lo sguardo. Nonostante tutto non riusciva a ricordarsi il suo viso, il colore dei suoi occhi o la delicatezza dei suoi baci. Solo il vuoto riempiva la sua amnesia.

Una cosa Ron ricordava con chiarezza: sapeva che Hermione non era stata in grado di superare il dolore per la morte della loro bambina… e che forse lei lo riteneva responsabile. Probabilmente era proprio colpa sua.

“No…” disse infine con sconforto

“Come no” chiese la voce con disappunto

“Basta…sono stanco” riprese Ron stendendosi sul suolo di ossa “voglio solo andarmene” disse infine chiudendo gli occhi

“NO!!” urlò la voce maligna impaurita “Non puoi farlo”

Ron sorrise “Invece è proprio quello che farò”

*

La luce del neon si accendeva con intermittenza, trasformando ogni cosa in una sequenza di movimenti ritmici.

Sul comodino risaltavano vivi una colorata varietà di fiori magici, molto simili ai loro predecessori vegetali, però essi non producevano più alcun florido profumo. Dall’ascesa di Colui Che Non Deve Essere Nominato il mondo esteriore aveva perso tante tra le sue meraviglie e si era trasformato in un luogo silenzioso; una enorme necropoli dal nome “…………..”

La guerra si era estesa in breve tempo, distruggendo senza criterio. Dove i mangiamorte passavano lasciavano dietro di loro solo fiamme e morte. Il mondo magico si era mostrato agli occhi dei babbani invadendo le nazioni, uccidendo la popolazione e decimando i bambini.

Nessun bambino dovrà mai più nascere o crescere su questo mondo.

Da allora nessun fiore si era più mostrato sulla terra, solo vecchi e cattivi alberi resistevano alla malignità che alimentava le viscere della terra. Il cielo si era tinto di rosso e la terra di nero, una seconda oscurità si era impadronita del mondo…

Hermione sedeva scomposta sulla sedia, tenendo tra le proprie mani quella di Ron. Non lo aveva più lasciato da quando lo aveva trovato, forse perché temeva che anche solo per un attimo lontana da lui… l’avrebbe perso per sempre.

“Ron…” mormorò nel sonno piangendo silenziosamente “non lasciarmi amore mio

A quelle parole la mano di Ron si mosse impercettibilmente, stringendo lievemente la mano di Hermione che all’istante sbarrò gli occhi spaventata. Dovette subito richiuderli per la brusca luce del neon “Ron? Sei stato tu?” domandò frastornata “RON!!” gridò sentendo la sua mano stringersi sotto quella del marito “SVEGLIATI RON!!” riprese agitata e in lacrime.

All’improvviso la luce si spense, lasciando Hermione nella più completa oscurità. Sbattendo più volte gli occhi riuscì lentamente ad abituarsi cercando poi di scorgere il volto di Ron.

“Non farlo…ti prego” gemette strofinando la sua guancia sul volto di Ron “non lasciarmi Ron” soffocò distrutta accarezzando il suo volto “non mi hai mai persa… io…ti amo”

Il buio spense i singhiozzi di Hermione trasformando la stanza in un grande buco nero, poi lentamente a flash bianchi la luce tornò. Hermione mormorava frasi sconnesse continuando ad accarezzare con movimenti quasi meccani il volto bagnato dalle lacrime di Ron.

A quel contatto umido Hermione si alzò di colpo da terra “RON!!” urlò asfissiata dalla sorpresa.

Ron la guardò indeciso “Stavo per andarmene ‘Mione…ti avevo dimenticato” disse baciando lievemente la mano di lei “poi ho sentito la tua voce e mi sono ricordato di te”

Lei stette in silenzio sbigottita e impaurita, aveva paura… ora che lui era sveglio cosa avrebbe dovuto dire? Lei lo aveva fatto soffrire, tormentato e abbandonato “Ti amo Ron! Ci siamo giurati che mai ci saremmo lasciati… ricordi la nostra promessa?”

Ron girò il volto “Si…lo ricordo, ma tu ti eri allontanata da me e io” sussurrò poi “ho avuto paura di essere rimasto solo

Hermione lo abbracciò con impeto circondandogli il corpo con le braccia e affondando il viso nel suo petto “Non so se mi perdonerai mai…mi dispiace per averti fatto soffrire, mi dispiace per tutto!” pronunciò accarezzandogli i capelli “Io mi odiavo…ma tu hai continuato a starmi vicino…sono stata solo una codarda”

Ron le prese risoluto il viso tra le mani, era dimagrita e i suoi occhi erano rimasti di quel particolare colore, i capelli erano arruffati e le labbra secche “Ho sentito la tua voce e sono tornato” iniziò fissandola intensamente negli occhi “avevi bisogno di me… ho capito che non ero più solo, amore mio” finì baciandola con ardore.

Continuarono così a parlare per tutta la notte, finendo con l’addormentarsi accanto abbracciati.

*

Qualcosa però si stava muovendo oltre quella stanza, oltre il corridoio, lontano da quel rifugio. Lui era furioso perché il suo servo più fedele non si era ancora mostrato, lo stava aspettando da molto tempo.

“Portateti quel mago” disse una voce infame in uno stridulo acuto “so che il Primo Mangiamorte è molto vicino” concluse sorridendo malignamente nell’oscurità della stanza.

“Si…sarà fatto” rispose vacua una voce roca “le porteremo Ron Weasley”

“Questa volta non mi limiterò ad uccidere chi fallirà” asserì scomparendo nel buio la voce infida “è ora di mettere fine a questo gioco”

*

Quella notte Ron sognò. Nulla di definito, si sentiva come dentro ad una grande bolla dove non giungeva suoni ma solo rumori attutiti e lievi. Galleggiava nel vuoto senza sapere come o perché. Eri lì immerso nel silenzio, quando improvvisamente un dolore acuto lo fece piegare e precipitare.

“Questo è solo l’inizio” sentì una voce “mi sta cercando…e farò in modo di tornare dal mio padrone”

“Non lo permetterò” urlò Ron in preda al bruciore “non vincerai”

Una risata arida si estese per tutto il vuoto, come in una caverna producendo così l’eco “non si tratta di vincere o perdere…non l’hai ancora capito” riprese sogghignando “si tratta di massacri, sangue e urla…parlo di come io ucciderò con le tue mani. Io ti userò per tornare ad essere il Primo Mangiamorte

Ammazzerò attraverso te e la mia prima vittima sarà la tua adorata moglie.

*

Hermione uccidimi!” gracchiò Ron con le mani immobilizzate da lastre di ghiaccio.

“…Ti amo” rispose dura Hermione con le lacrime che le appannavano la vista e le mani insanguinate con la bacchetta retta.

“Anch’io amore mio…ci vediamo lassù da Dylan” le rispose sorridendo, chiudendo gli occhi e alzando il viso verso il cielo.

 

Addio

 

Fine 5° capitolo

 

Salve a tutti!! Un’anno è passato dall’ultimo capitolo…ma ho avuto serie difficoltà a scrivere questo cap. – riscritto più e più volte – ora infatti sono riuscita a terminarlo.

Spero vi piaccia e commentate!!

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