Al Centro Esatto Dell'Universo

di Sonnyx94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sette anni dopo ***
Capitolo 2: *** Vampiri e Licantropi di nuovo alleati ***
Capitolo 3: *** Imprinting ***
Capitolo 4: *** Scelte ***
Capitolo 5: *** L'arrivo dei rinforzi ***
Capitolo 6: *** Il futuro è dietro l'angolo ***
Capitolo 7: *** "Non sono capace di starti lontano e non voglio nemmeno farlo" ***
Capitolo 8: *** Devi badare alla mia bambina adesso ***
Capitolo 9: *** Non mi hai dato scelta ***
Capitolo 10: *** Finalmente la verità ***
Capitolo 11: *** Alla fine la felicità ***
Capitolo 12: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 13: *** Il compito di un Alfa ***
Capitolo 14: *** La tempesta si avvicina ***
Capitolo 15: *** L'eternità di una notte ***
Capitolo 16: *** Più della mia stessa vita ***
Capitolo 17: *** L'inizio del viaggio ***
Capitolo 18: *** L'amore ti riporterà indietro ***
Capitolo 19: *** Pausa Natalizia ***
Capitolo 20: *** Ricordi dal passato ***
Capitolo 21: *** La mia forza più grande, il mio tallone d'Achille ***
Capitolo 22: *** Il risveglio ***
Capitolo 23: *** Bruciare ***
Capitolo 24: *** Il sacrificio dell'eroe ***
Capitolo 25: *** Di nuovo insieme ***



Capitolo 1
*** Sette anni dopo ***


Tutti i lacci che mi stringevano alla vita, si spezzarono in un attimo,
come lo spago di un grappolo di palloncini.
Tutto ciò che mi rendeva ciò che ero:
l'amore per la ragazza morta al piano di sopra, l'amore per mio padre, la fedeltà al mio nuovo branco, affetto per gli altri miei Fratelli,
l'odio per i miei nemici, per la mia casa, per il mio nome, per me stesso, 
si staccò da me in quell'istante - zac, zac, zac - e fluttuò nello spazio.
Ma non andai alla deriva.
Un nuovo laccio mi tratteneva dov'ero.
Non uno: un milione. Non di corda, ma d'acciaio.
Un milione di cavi d'acciaio che mi legavano a una cosa sola;
al centro esatto dell'universo.
Finalmente capii che l'universo ruotava attorno a quel punto.
Non avevo mai colto la simmetria dell'universo, che adesso mi era chiara.
Ora non era più la forza di gravità a imbrigliarmi.
Era la bambina fra le braccia della vampira bionda.
 Renesmee.

  [cit.] Breaking Dawn - Jacob.

  7 anni dopo

 
 


Renesmee

 

L’alba cercava di fare capolino nel cielo, lottando contro la folta coltre di nebbia mattutina, per poter sciogliere la brina che aveva imbiancato la foresta di pini alti fino al cielo. Il freddo di dicembre penetrava da sotto i vestiti raggiungendo le ossa e rendendo ogni movimento lento ed eterno.
C’era silenzio, la natura dormiva ancora indisturbata e gli animali poltrivano al sicuro nelle loro tane, godendosi il letargo, nell’attesa di una primavera ch,e a Forks, non sarebbe mai arrivata.
Un cervo si era inoltrato coraggiosamente nel cuore della foresta, abbandonando prematuramente il proprio nascondiglio e, silenzioso, si stava abbeverando ad un ruscello.
Non poteva certo sapere che due famelici predatori lo stavano marcando.
Il Lupo, grande quasi quanto un cavallo, dalla pelliccia folta e rossastra, lo stava osservando, il petto caldo che sfiorava il terreno bagnato dalla pioggia, pronto a scattare per avventarsi sulla preda. Era nascosto dietro ad un cumulo di foglie secche e, quando finalmente fece un balzo verso il giovane cervo, vide la propria vittima sparirgli da sotto il naso nel giro di qualche secondo.
Ero stata più veloce. Come sempre, dopotutto.
Ero rimasta ferma sulla cima dell’albero vicino al cervo, aspettando la mossa del Lupo e quindi gettarmi sulla mia preda, vincendo 10 dollari!
Nel momento in cui il mio udito ipersensibile aveva udito i muscoli del Lupo contrarsi per darsi la spinta necessaria ad aggredire, mi ero tuffata per prima sul cervo, buttandolo a terra, dall’altre parte del ruscello e, dopo avergli rotto l’osso del collo, avevo cominciato a bere il suo sangue.
Il Lupo era rimasto con gli occhi sgranati e, mentre vedeva la propria preda morire, ringhiava nella mia direzione.
Quando la mia sete si placò, lasciai cadere il cervo a peso morto sul terreno e mi voltai verso il mio avversario  –E sono 10 dollari anche stamattina!- cantilenai.
Il Lupo ringhiò ancora in modo amichevole e con un colpo di coda, sparì dietro gli alberi.
Io tornai verso l’albero dal quale ero saltata giù e afferrai lo zaino che avevo abbandonato lì vicino. Tra libri di matematica e letteratura inglese, tirai fuori una camicia pulita e me la infilai, sostituendo quella che avevo sporcato con il sangue del cervo. Poi buttai quella sporca dietro una roccia, come facevo ogni mese, quando andavo a caccia.
Avevo preso la decisione di nutrirmi di sangue solo quando fosse stato strettamente necessario l’anno prima. Essendo mezza vampira e mezza umana riuscivo a sopravvivere sia con il sangue sia con il cibo e, visto che avevo scelta, preferivo cibarmi di sangue solo una o due volte al mese, solo per recuperare le forze.
Mi sedetti vicino al ruscello, con lo zaino appoggiato alle gambe e aspettai.
-Hai barato!- esclamò, all’improvviso, una voce calda alle mie spalle.
Scattai in piedi alla velocità della luce e ridendo dissi al mio migliore amico –E tu non sai perdere. Dammi i miei soldi- e aprii il palmo della mano.
Jacob Black, il Lupo, che ora aveva ripreso le sue sembianze umane, brontolò ma si mise comunque una mano in tasca e mi diede 10 dollari. –Devo smettere di fare scommesse con te. Prima o poi mi manderai in bancarotta, Nessie!- si lamentò.
Probabile, pensai. –Forza, brontolone o faremo tardi a scuola-
-Sai che peccato- fece lui, mettendosi lo zaino su una spalla per poi incamminarsi insieme a me, avvolgendomi le spalle con un braccio caldo e possente, come era sempre solito fare.
Con passo veloce, e quando dico veloce intendo no concepibile per i limiti umani, raggiungemmo il limitare del bosco, dove sul ciglio della strada ci aspettava una fiammeggiante moto da corsa, nera metallizzata. Regalo da parte di mia madre e mio padre per l’ultimo compleanno di Jake.
Mi sedetti dietro di lui, tenendomi stretta per non cadere, e mentre Jacob fece partire la moto, sfrecciando per le strade deserte della superstrada, mi abbandonai al suo calore, accucciandomi vicino alla sua schiena. Il calore del suo corpo riscaldava il mio; io che nonostante conservassi ancora la possibilità di arrossire, di prendere un raffreddore e di cambiare aspetto, avevo sempre il corpo gelido e ogni volta che potevo mi rannicchiavo contro il Mio Jake per illudermi di avere per almeno qualche minuto le mani calde.
Io e Jacob avevamo “ripreso”, almeno lui, la scuola l’anno scorso.
Avevo insistito molto per poter frequentare una scuola e ricevere un’istruzione per mettere alla prova le mie capacità, dato che a casa non avevo molto da fare.
Erano passati sette anni dalla mia nascita, ma avevo l’aspetto e la mente di una diciottenne. Così l’anno prima avevo costretto i miei ad iscrivermi al penultimo anno di liceo, in modo che Jacob potesse riprendere gli studi che aveva abbandonato sette anni prima, in modo da non dover frequentare le lezioni da sola.
Ovviamente non avevamo potuto iscriverci alla scuola dove mia madre, Bella, e mio padre, Edward, si erano conosciuti. Avrei riscosso troppi pettegolezzi perché assomigliavo troppo a Bella per essere la cugina che veniva dall’Alaska di Edward e assomigliavo troppo ad Edward per essere parente di Bella. E anche Jacob avrebbe suscitato molte chiacchiere, dato che in sette anni non era cambiato di una virgola.
Così ci eravamo iscritti, o almeno avevo obbligato Jake ad iscriversi, alla scuola superiore di una cittadina vicino Forks. Una città dove nessuno sapesse chi fossero i Cullen o i Black, un posto lontano da tutti, un posto in cui io e Jacob potessimo fingere di essere adolescenti normali e non due ibridi, due persone a metà fra due mondi. Io non ero né un’umana né una vampira, Jake non era né un umano né un lupo.
Dopo un quarto d’ora di viaggio arrivammo a scuola, era un edificio grigio, dello stesso colore del cielo, triste e pieno di studenti che si avviavano verso l’entrata come i condannati a morte si avviavano verso l’impiccagione.
Jake entrò nel parcheggio della scuola sgommando, attirando l’attenzione dei ragazzi rimasti fuori dalla scuola. Saltai giù dalla moto, riponendo il casco nel sottosedile.
-E meno male che papà si raccomanda sempre di non attirare l’attenzione- dissi, indicando con la testa tutti i ragazzi che fissavano con la bava alla bocca la moto di Jake, mentre le ragazze erano più interessate al guidatore.
-Disse il vampiro che mise incinta un’umana- mi prese in giro lui, ricevendo subito dopo una gomitata nello stomaco da parte mia.
-Nessie!- mi chiamò una vocina, impedendomi di rispondere alla battuta di Jacob.
-Ciao, Emma- salutai la ragazzina che mi si era appena affiancata. Era più bassa di me di un po’ di centimetri, magra e con i capelli biondi.
L’avevo conosciuta l’anno prima, era nel mio stesso corso di chimica e insieme avevamo fatto evacuare il laboratorio perché avevamo fatto esplodere il compito. Quella volta Jake si era pisciato sotto dalle risate.
Emma mi era stata da subito simpatica e mi sarebbe piaciuto approfondire la nostra amicizia, insomma Jacob era il mio migliore amico e di certo non avrei mai potuto vivere senza di lui, non ero mai riuscita a spiegarmelo ma non riuscivo a stare lontana da lui per troppo tempo, come dopotutto non riuscivo mai a nascondergli niente. Ma mi sarebbe piaciuto parlare con un’amica, di cose stupide come di trucchi, di feste e dei ragazzi, cose da ragazze. Di certo non avrei mai potuto parlare di cose del genere con Jake, perché di trucchi lui non ne sapeva niente, le feste gli facevano venire il mal di testa e poi non avrei mai e poi mai potuto parlare di ragazzi con lui, visto che era terribilmente geloso nei miei confronti, come anche io lo ero nei suoi.
-Vi lascio da sole così potete fare quattro chiacchiere tra donne- disse Jacob, dopo avere salutato Emma, intuendo subito i miei pensieri. –Ci vediamo alla seconda ora- mi salutò, dandomi un bacio sulla fronte. Come ogni mattina separarci per frequentare lezioni diverse era una tortura.
Lo osservai allontanarsi mentre si dirigeva verso la scuola e sentii il cuore stringersi, fino quasi a farmi male.
-Allora per quando è fissata la data?- chiese Emma in tono scherzoso, dandomi di gomito.
-La data di cosa?- domandai confusa, riemergendo dalle mille sensazioni che mi provocava la mancanza di Jake.
-La data in cui tu e il tuo megafusto vi metterete insieme- rispose Emma, come se fosse una cosa scontata.
-Ma smettila!- la rimproverai io –Siamo cresciuti insieme, lui è il mio migliore amico ed è come...-
-Come se fosse tuo fratello e bla, bla, bla- fece Emma, imitando in modo goffo la mia voce.
-Sei una pervertita- le dissi.
Quando l’anno prima io e Jacob eravamo arrivati a scuola, Emma mi aveva fatto subito notare che, i modi con cui io e Jake ci atteggiavamo l’uno con l’altra facevano pensare ad una coppia di innamorati. Per Emma, e per tutti gli studenti della scuola, era inconcepibile che due ragazzi che non potevano sopportare la lontananza dell’altro per poche ore, che andavano in giro sempre abbracciati o mano nella mano e che si salutavano sempre con baci molto calorosi, non fossero fidanzati.
La cosa mi aveva spiazzata, io pensavo che fosse una cosa normale. Insomma ero cresciuta tra vampiri e licantropi che si dimostravano affetto a suon di botte o a suon di abbracci forti e calorosi. Quindi mi sembrava una cosa normalissima il rapporto che avevo con Jake.
L’unica cosa che mi sembrava strana era il fatto di non riuscire a sopportare la lontananza del mio amico licantropo e la sensazione di abbandono che essa mi provocava, ma era una cosa che avevo sin dalla nascita. Ogni ricordo che avevo era legato a lui e poi Jake provava le stesse cose nei miei confronti, quindi non mi ero mai posta il problema. Ma a quanto pare non era una cosa normale.
-Quindi non avete intenzione di...- tornò all’attacco la mia amica.
-No!- sbottai io, fulminandola con gli occhi.
-Bah- sospirò lei, delusa - Sai pensavo che almeno adesso che siamo all’ultimo anno, voi due vi sareste finalmente messi insieme-
-Noi non stiamo insieme- le feci notare io.
-Non è vero, voi state insieme solo che non vi baciate-
Sgranai gli occhi, rimanendo scioccata da quelle parole.
Era vero? Io e Jake ci stavamo comportando come due fidanzatini e non ce ne eravamo nemmeno accorti? Ci stavamo...No! non poteva essere vero non mi stavo innamorando del mio migliore amico, era una cosa assurda e un idea inconcepibile.
Però il pensiero di Jacob insieme ad un’altra ragazza mi innervosiva, mi faceva venire voglia di spaccare le cose.
 
Le lezioni passarono lente e infinite, come ogni mattina, ma come ogni giorno la campanella dell’ultima ora suonò, finalmente, alleggerendo il cuore degli studenti impazienti di abbandonare quel luogo di tortura.
Stavo uscendo da scuola mentre chiacchieravo con Emma, Jacob camminava svelto davanti a noi mentre raggiungeva la sua moto.
Fu questione di un attimo, non me ne resi nemmeno conto. All’improvviso vedevo la bocca di Emma muoversi producendo solo silenzio, la sua voce mi abbandonò. Tutti i miei sensi smisero di lavorare per una frazione di secondo, mentre una valanga di informazioni travolgeva la mia mente.
Tutto in un solo secondo, le immagini di ricordi mi raggiunsero, permettendomi di partecipare attraverso frammenti di immagini.
Vidi la mia famiglia: mamma, papà, nonna Esme, nonno Carlise e i miei zii.
Vidi la loro quiete mattutina interrompersi. Vidi zia Alice ammutolirsi all’improvviso, gli occhi persi nel vuoto mentre aveva una delle sue solite visioni. Poi il panico si impadronì dei suoi occhi color del miele.
-Stanno tornando- le uniche parole che riuscii a farfugliare.
Mio padre, con il volto contratto in una smorfia di preoccupazione, chiese severo –Perché l’hai visto solo ora?-
-Sono passati sette anni dall’ultima volta, pensavo avessero rinunciato a tornare- si scusò Alice, impotente.
-Che cosa?- chiese mia madre con espressione tesa –Edward che cosa ha visto?-
-I Volturi sono tornati. Jane è appena entrata nello stato di Washington, insieme a Demetri, Felix e Alec. Saranno a Forks nel pomeriggio e tra un paio di settimane arriveranno gli Anziani. E vogliono Renesmee.-
Le immagini si dissolsero nello stesso modo in cui si erano create, provai un tuffo al cuore e feci un passo indietro come se qualcuno mi avesse appena assestato un pugno nello stomaco.
Dovetti ricordare di respirare, il mondo intorno a me girava ad una velocità spaventosa mentre il significato di quei frammenti di ricordi si insinuava nella mia mente.
I Volturi. Mi ricordavo benissimo di loro, ricordavo tutto di quel periodo.
Ricordavo la preoccupazione e la rassegnazione della mia famiglia. Ricordai mia madre, ricordai di come Bella Swan, una mattina di Dicembre, mise sulle mie spalle uno zainetto di cuoio, con dentro soldi, passaporti falsi e due biglietti per il sud America, intimandomi di dire a Jake di scappare, di portarmi via, quando fosse stato necessario.
Ricordai il vampiro Aro, affascinato e allo stesso tempo famelico, come se stesse lottando tra la decisione di tenermi viva o di distruggermi seduta stante.
Mia madre mi aveva inviato i ricordi della visione di Alice, in sette anni aveva affinato alla perfezione la tecnica di proiettare i suoi ricordi.
Emma mi guardava interrogativa, ma io non feci caso a lei e alle sue domande. Alzai lo sguardo verso Jacob, che stava a una decina di metri da me.  Teneva ancora in mano il mio casco, pronto a porgermelo quando lo avessi raggiunto. I suoi occhi scuri per un momento furono pervasi dalla paura, che venne subito sostituita da uno sguardo minaccioso.
Alzò lo sguardo verso di me, fissandomi attentamente.
Anche lui aveva visto ciò che avevo visto io.
Poi all’improvviso una voce si insinuò nella mia mente e in quella di Jacob.
Jake, portala via. Portala da Charlie!
La voce di mia madre non lasciava possibilità di repliche, era un ordine.
Jacob non se lo fece ripetere due volte, saltò velocissimo sulla moto e mise in moto. Con una sgommata frenò vicinissimo agli scalini su cui mi trovavo e mi lanciò il casco.
Io lo presi al volo e me lo infilai in testa.
-Nessie, ma che succede?- chiese sconcertata Emma.
-Non posso parlare ora, Emma- dissi in modo distratto, mentre salivo sulla moto avvinghiandomi a Jake. Lui non diede tempo alla mia amica di ribattere, spinse il piede sull’acceleratore e partii a massima velocità, alzando una folta nube di polvere nel parcheggio.

Arrivammo a casa di nonno Charlie nel giro di dieci minuti.
-Nessie, Jake!- ci accolse calorosamente Charlie, non appena ci aprii la porta. –Qualcosa non va?- chiese vedendo le espressioni sulle nostre facce.
-Problemi in vista- disse Jacob –Nessie dovrà rimanere qui per un po’ di tempo. Bella e Edward stanno arrivando per chiarire la situazione, ma tutto questo riguarda cose di cui tu non vuoi essere messo a conoscenza, Charlie-
Mio nonno osservava ammutolito Jake, mentre il mio migliore amico lo riempiva di informazioni di cui lui non ne capiva niente.
Li lasciai a parlare, dirigendomi verso le scale. Andai al piano di sopra e mi sedetti sul letto che una volta era appartenuto a mia madre. Ora quella era diventata camera mia, dormivo lì quando stavo da nonno Charlie.
Avrei voluto eclissarmi, per non sentire la discussione che stava avendo luogo al piano di sotto, ma il mio udito non mi lasciò tregua.
-Nel giro delle prossime settimane la sicurezza di Nessie potrebbe essere messa a rischio. Per il momento mi è stato ordinato di portarla qui, è un posto sicuro e nessuno dei vampiri che la stanno cercando conosce questo posto- finì di spiegare Jake.
-Si, si ho capito- fece Charlie ma in tono confuso –Basta che non ripeti più quella parola-
Seguirono pochi minuti di silenzio, poi la porta della mia stanza si aprii e Jacob si sedette sul letto davanti a me.
Mi prese delicatamente la mano tra le sue, non me ne ero accorta ma stavo tremando, e Jake per tranquillizzarmi iniziò a disegnare dei cerchi con le dita, come se il mio palmo fosse una carta da disegno.
-Credevo che non sarebbero più tornati- dissi alla fine, lasciando che la paura prendesse il sopravvento sulla mia voce.
-Lo speravo anche io- disse Jacob, stringendomi forte la mano.
 -Non voglio che scoppi un’altra battaglia a causa mia. Non sono abbastanza forte- gemetti e una lacrima mi rigò il viso.
Jacob si avvicinò a me, asciugò la mia guancia con la punta del pollice e poi mi passò una mano tra i capelli –Sei la persona più forte che io conosca- mi rivelò –E, qualunque cosa succeda, non sarai sola-
Con la mano libera cercai la sua, la strinsi forte mentre il calore del palmo della sua mano si infondeva nella mia pelle. –Non voglio che vi succeda niente di male- gli dissi.
Non avrei potuto sopportare la perdita di un componente della mia famiglia, avrei preferito morire io stessa.
-Non ci succederà niente, abbiamo già combattuto questa guerra e abbiamo vinto. Vinceremo ancora-
Jacob sembrava quasi convinto di quelle parole, ma la differenza tra sette anni prima e quel momento era che: in passato sapevamo per cosa combattere, oggi no. Non sapevamo perché i Volturi erano venuti. Volevano me. Ma non bastava.
-Non permetterò mai a nessuno di farti del male- mi promise Jacob.
Non era la prima volta che mi faceva quella promessa e sapevo che l’avrebbe mantenuta a costo della vita.
Era questo che mi faceva paura.
-Non voglio che tu muoia per me- gli dissi.
Jake appoggiò la sua fronte sulla mia, io chiusi gli occhi assaporando la sua vicinanza, il suo profumo e il suo calore.
-Se dovessi scegliere il miglior modo per morire, io sceglierei questo- disse.
Era un pensiero che mi terrorizzava, ma sorrisi comunque.
Misi una mano sul suo collo e appoggiai per un lungo momento le mie labbra sulla sua guancia, poi le staccai e abbandonai la testa nell’incavo del suo collo, mentre le braccia di Jacob mi avvolgevano la vita in un abbraccio caldo.
Non potevo sapere cosa sarebbe successo nelle settimane successive, ma di una cosa ero certa: Jacob.
Jacob era come le stelle: una costante. Le stelle ci sono sempre, anche quando non possiamo vederle per via del cielo coperto dalle nuvole, per via delle luci della città, ma noi sappiamo che ci sono sempre. Jacob era come le stelle. Anche quando non lo vedevo c’era sempre.
Jacob era una costante.
Sapere questo mi dava la forza di combattere qualsiasi battaglia.



***Ehi, Ciao! Allora questa è la mia prima fan fiction sulla saga di Twilight...Spero che vi piaccia! Commentate numerose!
Un bacione.
Sonny.

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Capitolo 2
*** Vampiri e Licantropi di nuovo alleati ***


Remesmee

 Mentre ero ancora stretta nell’abbraccio di Jake, mamma e papà entrarono come dei razzi nella casa di nonno Charlie. Il poveretto provò a chiedere informazioni ma, appena sentii le parole Volturi, vampiri e licantropi, intimò ai miei genitori di fermarsi.
Charlie sapeva che sua figlia non era più la stessa ma non aveva voluto conoscere i particolari, soprattutto dopo che, sette anni prima, Jacob si era trasformato in un lupo, grande quanto un cavallo, sotto i suoi occhi.
Quando mi fui ricomposta, scesi al piano di sotto insieme a Jacob. Il mio migliore amico sembrava ancora più teso di me, ma lo nascondeva bene. L’unica cosa che lo tradiva, erano le mani chiuse a pugni mentre affondava le unghie nei palmi, per evitare di dare sfogo a tutta la sua rabbia.
Allungai una mano verso la sua e gliela strinsi, per paura che si facesse davvero del male. Lui emise un sospiro poi rilassò leggermente i muscoli, ma non troppo.
Charlie si era dileguato, dicendo che aveva finito il latte, precipitandosi fuori dalla porta per non sentire la nostra conversazione.
Mamma e papà erano già in salotto. Edward teneva una mano appoggiata alla schiena di Bella, come era solito fare, entrambi avevano il viso tirato dalla preoccupazione ma restavano sempre perfetti e bellissimi.
Vidi mio padre irrigidirsi quando notò che io e Jake ci tenevamo per mano, ma non disse nulla.
-Allora- iniziò Jacob impaziente –Qual è il piano?-
-Sedetevi, vi prego-  disse mia madre e la sua voce che era sempre risuonata candida e leggera, come un canto, si spezzò, come se avesse stonato.
Obbedii, senza farmelo ripetere e strattonai la mano di Jake per obbligarlo a sedersi sul divano al mio fianco, dato che non aveva alcuna intenzione di muoversi.
Mio padre si fece avanti, sedendosi sul tavolino pieno di giornali vecchi, di fronte a noi. –Jane è arrivata prima del previsto- sembrava esausto ed indifeso, non l’avevo mai visto così. –E sono già venuti a casa nostra-
Jacob emise un lieve ringhio e gli strinsi forte la mano che ancora non avevo voluto lasciare. -Che cosa vogliono?- chiese lui sprezzante.
-Renesmee- rispose mia madre, che era rimasta in piedi vicino al caminetto.
-Perché Alice ha visto l’arrivo dei Volturi così tardi?- chiesi io, quando finalmente riuscii a liberarmi del terrore che mi attanagliava le corde vocali.
Edward si passò una mano attorno alle labbra –Siamo stati degli imprudenti- concluse, ma la frase suonò come un rimprovero –Abbiamo smesso di controllare le loro mosse due anni fa. Pensavamo che non si sarebbero fatti più vedere, pensavamo che per loro non fossimo più un problema-
Che errore stupido, pensai.
Come potevamo essere stati così imprudenti? Ci eravamo illusi tutti, me compresa, che i Volturi non sarebbero mai tornati a cercarci. Ma come potevano essersi dimenticati di noi?
Aro era rimasto estasiato da me, dai miei poteri, dal fatto di vedere un essere a metà tra un’umana e una vampira. Ero in grado di confondermi benissimo tra i mortali e, oltre a proiettare nella mente delle altre persone i miei ricordi, potevo anche infrangere qualsiasi barriera protettiva, penetrando nella mente di chi volevo.
Nessuno avrebbe mai potuto soggiogarmi, avevo alla mia portata la mente, i segreti e le menzogne di tutti: umani, vampiri, licantropi e qualunque altra forma di vita sulla terra.
Ero dotata di un potenziale troppo pericoloso per poter essere lasciata a piede libero.
-Che vi ha detto la succhiasangue?- chiese Jacob, come se fosse rimasto fermo a quel punto e non avesse sentito niente del resto della conversazione.
-Nulla di nuovo- rispose mio padre malinconico –Ha notato l’assenza di Nessie, ma non ha chiesto il motivo. Ci ha solo detto di tenerci pronti perché tra qualche settimana arriverà Aro.-
-E non sapete quando quel dannato vampiro arriverà?- chiese Jacob, la voce che tremava per la rabbia.
-Alice non riuscirà a vedere il loro arrivo in tempo. Sono protetti da una barriera, come quella che riesce a creare Bella-
Al contrario di Jake, che da un momento all’altro si sarebbe trasformato in lupo se non si fosse dato una bella calmata, io sentii che piano piano la paura mi stava divorando dall’interno.
La mia gola era secca, le corde vocali sembravano avere perso la facoltà di muoversi, mi sentivo come imprigionata dentro ad uno di quei sogni in cui per quanto tu cerchi di urlare, dalla tua bocca non esce alcun suono.
-Nessie- mi chiamò mia madre, facendomi riemergere dalle mie preoccupazioni.
Bella prese posto vicino a mio padre, mi porse la mano e io, con riluttanza, smisi di stringere quella di Jacob.
-Tesoro, so che odi questo genere di precauzioni, ma è assolutamente necessario che per un po’ di tempo tu non torni a casa-
Sì, aveva proprio ragione.
Tolsi la mia mano dalla stretta di mia madre e spostai lo sguardo verso il pavimento, non  volevo guardare i suoi occhi. Ma mamma non si arrendeva mai tanto facilmente, mi prese delicatamente il mento tra le mani, costringendomi a guardarla. –Nelle prossime settimane non potrai andare a scuola e resterai a casa del nonno o da Billi, dove Jacob e il suo branco potranno offrirti tutta la protezione possibile-
-Così metterete ancora una volta la vostra vita a rischio per me- conclusi, frustrata.
Mi alzai bruscamente dal divano e raggiunsi la finestra, iniziavo già a sentirmi come un uccellino in gabbia.
Non potevo sopportare che la mia famiglia rischiasse così tanto per proteggermi. Mi sentivo completamente impotente, segregata in casa mentre fuori le persone che amavo giocavano a nascondino con la morte per evitare che mi trovassero.
Sentii le braccia fredde di mia madre avvolgermi in un abbraccio. Sapevo che mi capiva, perché anche lei in precedenza si era trovata al mio posto, ma era un’umana, non aveva alcun modo di difendersi contro dei vampiri assetati del suo sangue. Io ero in grado di badare a me stessa: battevo sempre Jacob nella caccia, non avevo mai perso una partita a braccio di ferro con zio Emmet e zio Jasper mi aveva insegnato a combattere contro gli altri vampiri, persino con i neonati.
Perché dovevo finire a girare per le case degli altri come una tigre messa in una gabbia del circo?
-Quindi qual è il piano?- chiese di nuovo Jacob. Sapevo benissimo che era d’accordo con le precauzioni che avevano preso i miei genitori, fosse stato per lui mi avrebbe sempre tenuta segregata in casa. Un posto dove potesse tenermi d’occhio e dove avrebbe sempre potuto proteggermi, anche dalla puntura di una zanzara.
-Non c’è un vero e proprio piano- ammise mio padre, che era rimasto immobile come una statua –Non sappiamo che cosa vogliano i Volturi da Renesmee. Abbiamo chiesto aiuto ai clan nostri amici, ma dubito che in così poco tempo tutti possano rispondere alla nostra chiamata-
-Saremo numericamente inferiori rispetto all’ultima volta- osservò Jacob in tono cupo.
-Magari non vogliono combattere- rispose mia madre, come per dissolvere il pessimismo di Jake.
Ma nemmeno Bella sembrava convinta delle sue stesse parole, che i Volturi volessero combattere o meno eravamo di meno e, questa volta, non potevamo contare sull’effetto sorpresa dei licantropi. Dovevamo tirare fuori un altro asso dalla manica e in fretta.

Nel giro di un quarto d’ora la casa di nonno Charlie si riempì: Emmet e nonno Carlisle erano già di pattuglia entro i confini dell’abitazione, gli altri erano rimasti nella casa sperduta in mezzo al bosco, nel caso in cui Jane e i suoi tornassero.
Solo quando ogni minimo particolare venne definito, mia madre chiese a Jacob di tornare a La Push, per avvisare il suo branco del pericolo imminente e per organizzare i turni di guardia.
Ora che i Volturi erano a conoscenza della loro esistenza, i licantropi sarebbero stati un bersaglio più che perfetto. Nel caso li avessero attaccati mentre ancora non erano stati avvisati del ritorni dei capi dei vampiri, li avrebbero distrutti con poche difficoltà.
Jacob non fu molto felice di lasciarmi a casa, sapeva che ero protetta dai miei genitori e da zio Emmet e nonno Carlisle, ma come sempre il fatto di doversi separare da me lo rendeva vulnerabile.
Questo valeva anche per me, ma sapevo che il mio migliore amico aveva dei compiti come maschio Alfa e spesso dovevo accettare di stare intere giornate senza di lui.
Accompagnai Jake alla porta sul retro della piccola casetta di Charlie. Il retro dava su un boschetto nel quale Jacob si sarebbe trasformato in lupo e avrebbe raggiunto La Push in pochi minuti.
Mi fermai sulla soglia della porta, Jacob era già fuori e mi fissava attentamente, come se volesse memorizzare nella sua mente ogni singola mia caratteristica, anche se le conosceva già tutte perfettamente.
La verità era che al mio migliore amico piaceva osservarmi, in quel momento probabilmente stava cogliendo i particolari che non avevo quando ero tranquilla.
Tenevo le braccia strette attorno al petto per proteggermi dal gelo, i miei capelli ramati venivano scompigliati dal forte vento di dicembre che si faceva strada sotto il piccolo portico ed i miei lunghi boccoli coprivano una piccola parte del mio viso.
Sentivo gli occhi lucidi, un po’ per la preoccupazione dell’arrivo dei Volturi e un po’ per la distanza che in breve tempo mi avrebbe separata da Jacob. Le guance mi si erano arrossate, come le labbra che in quel momento mi bruciavano.
Jacob rimase immobile e in silenzio per un paio di minuti, non era ancora pronto a salutarmi.
Poi però i tratti del suo viso, che fino a quel momento erano rimasti molto tirati, si rilassarono e il suo solito sorriso bellissimo tornò ad illuminarmi, mozzandomi il fiato.
Fece un passo verso di me, spostò con una mano i ricci che mi coprivano gli occhi e me li mise dietro l’orecchio.
Non spostò però la mano, la lasciò appoggiata sul mio collo.
-Stai attenta- mi sussurrò, era serio.
Corrugai un sopracciglio –Ci sono quattro vampiri a guardia della casa e io mi so difendere, cosa mi potrebbe succedere?-
Jacob mi guardò storto, non aveva voglia di scherzare. –Nessie, sai cosa voglio dire. Non fare stupidaggini-
Aveva paura che sgattaiolassi via, in un atto di ribellione. Ma non avevo intenzione di farlo, mi sarebbe piaciuto, ma non l’avrei fatto. Perché sarebbe andato su tutte le furie, mi sarebbe venuto a cercare, mettendo a repentaglio la sua vita e io non volevo che lo facesse.
-Va bene- gli dissi.
-Promesso?-
-Promesso- feci spazientita. Odiavo quando mi trattava come una bambina.
-Sii prudente- mi ripeté Jake, accarezzandomi la guancia e seguendone il profilo con il pollice, così dolcemente che sentii quasi il desiderio di chiudere gli occhi. Oscillai come ipnotizzata dai suoi occhi, scuri come la notte, nei quali mi era sempre facile perdermi. Rimasi lì, cullata dal suo tocco.
-Anche tu- lo pregai, dopo un lungo momento.
Jacob si mise a ridere, ma non era una risata spensierata, era una risata forzata. Poi colmò la distanza tra di noi e mi abbracciò, immergendo il viso tra i miei capelli e assaporandone il profumo. Mi rannicchia vicino al suo petto, trovando riparo dal freddo. Strinsi il colletto della sua camicia tra le mani, come per trattenerlo.
Perché era così dannatamente difficile salutarlo? E perché lo era anche per lui lasciare me?
Jacob mi diede un bacio sulla fronte –Tornerò da te stasera-
Non mi diede nemmeno il tempo di replicare. Si staccò bruscamente dall’abbraccio, come si fa con un cerotto, e corse via.
Lo osservai finché non sparii dietro gli alberi. Poi, prima di richiudermi la porta alle spalle, l’ululato di un lupo spezzò la quiete del bosco.



Angolo autrice: Salve! Allora so che questo capitolo potrà risultare un po' noiosetto, ma è necessario per collegare il primo al resto della storia. Spero comunque che ci saranno un po' più di recensioni, rispetto all'ultima volta. Da adesso pubblicherò con un po' più di calma, perchè devo studiare e poi il ritorno a scuola mi terrà molto occupata. Ma non vi preoccupate troverò sempre tempo di aggiornare questa mia storia :D
Con questo vi saluto e vi auguro di passare bene quest'ultima settimana di vacanza!
Sonny

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Capitolo 3
*** Imprinting ***


Renesmee

 
Erano passati cinque giorni dal fatidico pomeriggio in cui mi avevano condannata agli arresti domiciliari, come Charlie si divertiva tanto a definire. Ma era la pura verità, la mia famiglia non mi permetteva di mettere il naso fuori di casa senza essere scortata.
Jake, di ritorno da La Push, mi aveva portato il necessario per stare fuori casa: dei vestiti puliti, una scorta di sangue e il peluches a forma di lupo che mi aveva regalato per il mio primo compleanno.
Sempre il solito spiritoso!
Per fortuna a zia Alice era venuto in mente di prepararmi i vestiti prima dell’arrivo di Jacob. L’idea che un ragazzo mettesse mano nel mio guardaroba non mi andava molto a genio, anche se quella persona era il mio migliore amico.
La mia reclusione procedeva noiosa e deprimente, a parte qualche visita di Jake, quando non doveva fare i turni di guardia, passavo le mie giornate sola e senza fare niente.
Charlie stava per la maggior parte del tempo a lavoro o a pescare con gli amici, e quando era a casa l’unica cosa di divertente che riusciva a propormi erano le partite di baseball alla tv.
Quella sera il sole era calato prima del solito e nonno Charlie aveva chiamato per avvisarmi che avrebbe fatto tardi, così presa da un atto di disperazione, avevo cominciato a pulire la casa.
Sì, lo so, è deprimente!
Stavo spolverando i mobili del salotto, quando qualcuno aprii la porta d’ingresso.
-Nessie?- mi chiamò Jacob.
-In salotto!- urlai, mentre mi arrampicavo per raggiungere la parte più alta del mobile. Feci svolazzare lo straccio per togliere la polvere, ma ci misi un po’ troppa forza e feci cadere a terra un vaso, che si frantumò in mille pezzi.
Jacob che era apparso sulla soglia del salotto, mi guardava allibito. –Ma che diavolo stai facendo?!- esclamò, raggiungendomi di corsa, per controllare se mi fossi fatta male.
-Ammazzo il tempo- risposi secca io.
-E non solo quello- osservò il mio migliore amico, lanciando un’occhiata ai resti del vaso sparsi sul pavimento.
Liberai un sospiro e, affranta, mi lasciai cadere sulla poltrona vicino alla televisione. –Non dirlo a Charlie, per favore- supplicai Jacob, mentre lui si era diretto in cucina a prendere la scopa per ripulire il disastro che avevo appena combinato.
-Solo se mi dici cosa diavolo avevi intenzione di fare- disse lui, quando ogni traccia del vaso fu sparita.
-Te l’ho detto- brontolai –Mi stavo annoiando e così mi sono messa a pulire un po’ la casa-
Jacob sgranò gli occhi e mi guardò con aria perplessa –Chi sei tu e che ne hai fatto della mia Nessie?-
-Nessie è morta per la noia!- esclamai lasciandomi cadere all’indietro, sdraiandomi sulla poltrona.
Rimanemmo per un po’ in silenzio, ma grazie al mio udito ultrasensibile, sentii che Jacob si stava mordicchiando la guancia. Conoscevo molto bene quel suo vizio, faceva così quando non sapeva se trasgredire le regole o no.
-Forza, alzati- mi ordinò all’improvviso, spostando le mie gambe dal bracciolo della poltrona sul pavimento –Stasera si esce-
Lo guardai sconcertata –Che cosa?- domandai, avevo sentito bene?
-Sali a cambiarti, ti porto fuori- ripeté Jake, porgendo una mano per aiutarmi ad alzarmi.
-Cos’è un appuntamento?- chiesi con finta malizia, afferrandogli la mano.
Il mio migliore amico rise –Bè non credo che una visita a La Push possa essere considerata come appuntamento, ma fa come credi-
Con la mano ancora stretta nella sua mi diedi la spinta necessaria per tirarmi in piedi.
Già, una visita a La push suonava più come un tentativo di fuga, ma non aveva importanza.
Tutto pur di uscire da quella casa.
 
Nel giro di dieci minuti ero già sulla moto di Jacob.
Mi ero infilata alla svelta un paio di vecchi jeans, una felpa e le mie convers mezze distrutte, uscendo di casa mentre lottavo ancora con la cerniera del giubbotto.
Respirare finalmente l’aria gelida della notte mi rese la persona più felice dell’universo e lo fui ancora di più, quando lasciai il vialetto di casa Swan, mentre io e Jake sfrecciavamo inosservati, confondendoci nell’oscurità.
Raggiungemmo La Push in una ventina di minuti, tutta la tribù degli indiani Quileute si era riunita intorno ad un grande falò. Io e Jacob fummo gli ultimi ad arrivare.
Salutai quella che era la mia famiglia adottiva, c’erano tutti i componenti del branco di Jacob, con le loro compagne, e anche i membri anziani.
Mi avvicinai a Billi e lo salutai calorosamente, mi invitò a passare la notte da loro ed io accettai di buon grado, felice di poter passare diverse ore lontana da ogni minima preoccupazione.
Jacob mi fece strada tra i partecipanti e ci accomodammo su di un tronco, vicino a Leah. Gli altri ragazzi erano seduti intorno a noi, salutai Seth che teneva un braccio avvolto alle spalle di una ragazza che non avevo mai visto.
Quil passò a me e a Jacob un cartone di pizza, io mangiai solo un trancio perché, prima che potessi allungare una mano per prenderne un altro, Jake si era già fatto fuori tutta la nostra cena.
-Chi è la ragazza vicino a Seth?- domandai, avvicinandomi a Jacob, in modo che nessuno mi sentisse.
Il mio migliore amico fece altrettanto e, sussurrandomi all’orecchio, disse –E’ la sua nuova compagna. Si sono conosciuti qualche settimana fa. I genitori di lei vivono da sempre qui, ma la ragazza, Kait, è stata lontana per molti anni e, quando è tornata, Seth ha perso subito la testa per lei-
Mi voltai verso Seth. Il più piccolo del branco teneva per mano la sua compagna, Kait, che doveva avere più o meno la sua stessa età.
Un’umana così giovane...pensai.
Sapevo che per gli umani era rischioso stare con i licantropi, certo non pericoloso quanto stare con i vampiri, ma l’esempio di Emily che portava sul viso i segni dell’aggressione da parte di Sam, non prospettavano un futuro tutto rosa e fiori.
Seth alzò lo sguardo verso di me e mi sorrise, risposi a mia volta, cercando di vedere i lati positivi dell’innamorarsi di un licantropo.
Avevo chiesto spesso a Jacob come funzionasse l’amore tra quelli come lui che si innamoravano degli umani, ma le sue risposte erano sempre state molto evasive e cercava ogni modo per portare la discussione su una diversa strada. All’inizio non capivo perché si comportasse così, poi avevo semplicemente perso interesse per l’argomento e non gli avevo più chiesto niente. Le poche cose che ero riuscita a sapere erano che, quando un licantropo si innamorava, era per sempre e che se la ragazza o ragazzo che fosse, non avesse corrisposto il sentimento, il lupo non avrebbe interferito. Per loro l’unica cosa importante era, solo e semplicemente, la felicità della persona amata.
Ma quasi mai i sentimenti dei licantropi non erano corrisposi, -Come potrebbero non amarci? Siamo così adorabili!- aveva detto una volta, Jacob.
Quella sera Billi avrebbe raccontato una delle tante leggende sui licantropi Quileute, mamma mi aveva parlato molte volte di quelle leggende, l’avevano aiutata a scoprire molte cose, quando ancora era un’umana.
Mentre noi aspettavamo che il padre di Jake iniziasse a raccontare, mi guardai intorno e notai che, a parte Leah ed Embry, ogni lupo aveva la sua compagna. Sam ed Emily, Quil e la piccola Claire, Paul e la sorella maggiore di Jacob, Rachel, Jared e Kim. Poi c’eravamo io e Jacob.
Mi chiesi se fosse davvero una coincidenza.
-Buonasera- esordì Billi, strappandomi dal flusso dei miei pensieri. –Benvenuti alla riunione, so che gli eventi dell’ultima settimana hanno tenuto tutti voi molto occupati ma desidererei alleviare i vostri animi per questa sera-
Un improvviso silenzio calò tra tutti noi, con quelle poche parole Billi era riuscito a catturare l’attenzione di tutti, me compresa. A malapena mi accorsi che Jacob aveva avvolto un braccio attorno alle mie spalle. All’inizio mi sentii a disagio, ma poi capii il perché di quel gesto: il mio migliore amico aveva intuito che, per i miei standard, la temperatura esterna era troppo bassa e, senza accorgermene, avevo iniziato a tremare.
Sciolsi i muscoli delle braccia e appoggiai la testa sulla spalla di Jacob, per lasciare che il suo calore rinvigorisse il mio corpo.
-Dato che stasera tra noi c’è la piccola Nessie, vorrei raccontarvi del primo incontro tra i vampiri e i licantropi- annunciò Billi, sorridendo nella mia direzione.
- La prima volta che i nostri antenati videro un vampiro risale a molti secoli fa, li chiamavano i Freddi...-
Sapevo che prima della mia nascita, i rapporti tra i vampiri e i licantropi di Forks non erano stati molto facili. La mamma mi aveva raccontato che, all’inizio, mio padre e Jacob non si potevano sopportare.
Jacob era il migliore amico di mia madre e l’aveva conosciuta quando Bella era ancora umana, erano nate parecchie liti tra i due, quando mamma aveva deciso di diventare un’immortale, era quasi scoppiata una guerra.
Poi però Bella aveva trovato il modo di far alleare i due nemici naturali: vampiri e licantropi uniti per salvare vite innocenti. Infine ero nata io che, con il mio carisma, avevo conquistato l’affetto di ogni singolo licantropo, sigillando una convivenza pacifica ed eterna. O almeno, questo era quello che mi avevano raccontato anche se, avevo come il sospetto che non fosse davvero andata così. Era come se mancasse qualcosa, che la mia famiglia avesse omesso un piccolo particolare, piccolo ma fondamentale.
Ad ogni modo, la storia che quella sera raccontò Billi mi aprii gli occhi e capii perché vampiri e licantropi erano stati nemici per così tanto tempo.
Bili raccontò con passione e con precisione quella storia, la storia di Yaha Uta.
Raccontò di come il capo tribù combatté coraggiosamente la vampira, o la Fredda, che per giorni aveva decimato i Quileute. Rimasi ammaliata da quella storia e restai senza fiato quando Billi disse come Yaha Uta era riuscito a sconfiggere la sua avversaria.
-Il vecchio capo tribù era arrivato allo stremo delle sue forze, ma nel momento in cui la Fredda stava per colpire per l’ultima volta il Lupo, accadde qualcosa che sconvolse completamente lo svolgersi degli eventi.- disse Billi mettendo delle pause qua e là per aumentare la tensione.
-Prima che la vampira potesse uccidere Yaha Uta, la terza moglie del licantropo, che aveva assistito impotente al combattimento, afferrò un coltello e se lo conficcò nel cuore. La fredda, attirata dall’odore del sangue della donna, si distrasse quel tanto che permise al Lupo di ucciderla-
Il pubblico che per tutto il tempo aveva trattenuto il fiato, ricominciò a respirare.
-Ma la terza moglie di Yaha Uta, morì. Grazie a lei i nostri antenati riuscirono a sconfiggere la Fredda, grazie al suo sacrificio e grazie al legame che la univa al suo compagno: l’imprinting-
Imprinting? Mi chiesi, non avevo mai sentito quella parola.
Nel momento esatto in cui quel pensiero si formulò nella mia mente, sentii il braccio di Jacob irrigidirsi intorno alle mie spalle. Alzai leggermente lo sguardo, giusto per vedere con la coda dell’occhio il profilo del mio migliore amico. Aveva gli occhi più scuri della notte e la mascella era contratta.
Ma che diavolo gli prende?
-Da quel giorno Yaha Uta non si fece più vedere, abbandonò la tribù affidando il comando ai propri figli che da lui ereditarono il dono, o la maledizione, di trasformarsi in giganteschi e imbattibili lupi-
Ci fu un grosso applauso e prima che tutti avessero il tempo di riprendere a fare chiasso, domandai ad alta voce: -Billi, cos’è l’imprinting?-
La domanda mi era uscita senza che l’avessi previsto, ma non pensavo che avrei attirato tutti quegli occhi su di me. Tutti mi guardavano come se avessi appena detto una parolaccia, sembravano a disagio. Tutti mi fissavano tranne Jacob, che guardava un punto fisso davanti a sé.
-Bè, Nessie...- cominciò Billi, rimasto anche lui senza parole. Lo vidi cercare lo sguardo del figlio, mostrandogli un espressione mortificata, ma Jacob non diede cenno né di averlo visto né di volerlo scusare, per qualunque cosa avesse detto.
-E’ il termine che noi Quileute utilizziamo per definire l’amore che ci lega alle nostre compagne- disse infine Billi, non mi sembrava molto convinto, la voce gli tremava ma decisi di credergli. Avevo comunque la sensazione che avesse omesso una parte della storia, come credevo avessero fatto i miei per dell’alleanza con i licantropi. Decisi che quello non era né il luogo né il momento per chiedere ulteriori informazioni, le avrei domandate a Jacob, quando si fosse calmato un po’ e se lui non avesse voluto, sarei andata da Billi.
Più tardi quella sera, ero seduta a gambe incrociate sul letto di Jacob. Lui era uscito un momento per parlare, con i componenti del branco, di come organizzare i turni di pattuglia che quella sera avrebbero visto coinvolta la casa dei Black.
Il mio migliore amico era rimasto silenzioso per tutta la sera, dopo la storia di Billi avevamo visto un vecchio film in dvd, sinceramente non avevo fatto molto caso alla trama perché ero troppo occupata a pensare cosa diavolo passasse per la testa di Jake. Mi torturai fino a farmi venire il mal di testa sul perché non riuscisse a dirmi un parola o a guardarmi negli occhi o a fare finta almeno che non ci fosse niente che non andasse.
Non sperando in un miglioramento di umore da parte del mio amico licantropo, andai in bagno, mi lavai i denti e mi infilai il pigiama.
Le lenzuola sapevano del profumo di Jacob, mi strinsi le braccia al petto perché, visto che Jacob non poteva soffrire il freddo, il letto non era munito di coperte pesanti.
Qualche minuto dopo sentii la porta della camera aprirsi: era Jacob.
Feci finta di dormire e non dissi una parola quando lo sentii sfilarsi la maglietta per poi sdraiarsi nel letto, cingendomi il corpo con le braccia.
Non era la prima volta che dormivamo insieme, avevo dormito con lui tantissime volte, era una cosa che facevamo sin da quando avevo ricordi ma, quella sera, qualcosa cambiò.
All’improvviso sentire la pelle nuda del suo petto a contatto con la mia maglietta di catone, mi fece venire la pelle d’oca. All’improvviso sentire il suo respiro tra i capelli mi fece diventare rigida come una statua, mi venne voglia di girarmi e di stringermi a lui, non in un semplice abbraccio tra amici. D’un tratto mi chiesi come sarebbe stato baciarlo.
In quel momento una parte del mio inconscio capii, anche se non lo realizzai subito. Fui certa che non fosse un caso se, quella sera tutti i licantropi, tranne Leah ed Embry, avevano una compagna.
-Che hai?- mi chiese Jacob, aveva capito benissimo che non stavo affatto dormendo.
-Io non ho niente.- dissi sapendo di mentire –Che hai tu, piuttosto?-
-Niente- rispose a sua volta Jake.
Presi un respiro profondo e alla fine mi voltai verso di lui, appoggiando la testa sulla mano, in modo da guardarlo bene negli occhi. –Mi stai mentendo- lo accusai.
-Anche tu- osservò con cipiglio, passandomi una mano tra i capelli.
Ma perché diavolo non riuscivo mai a nascondergli niente?
-Perché non me lo vuoi dire?- chiesi insistente, allontanando la sua mano dal mio viso.
-Per lo stesso motivo per cui anche tu non mi vuoi dirmi cosa ti passa per quella testolina-
Sbuffai rassegnata e feci per voltarmi di nuovo, per dargli le spalle, ma Jacob fu più veloce di me. Mi prese per le braccia e mi attirò a sé, facendo in modo che il mio petto aderisse perfettamente al suo, sigillandomi in un abbraccio che non mi lasciava via di fuga, anche se non l’avrei comunque cercata.
Mi arresi alla parte di me che supplicava di stargli sempre più vicina e mi accoccolai, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
-Dovremmo iniziare ad accettare che non sempre avremo voglia di parlare- disse Jacob.
-Ti odio quando fai così- ringhiai.
-Ti voglio bene anche io- rispose Jake, immergendo il viso tra i miei capelli e assaporandone il profumo. –Buona notte, Nessie-


***Angolo autrice: Ehi! Scusate il ritardo ma, ahimè la scuola è ricominciata...daaaa! Sono andata avanti di molto nello scrivere i capitoli, ma sono in uno stato pietoso e scritti con una pessima grammatica. Però mi sono venute in mente molte idee e, nella paura di perderle, ho iniziato a buttare giù qualche bozza. Comuqnue spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ho passato settimane a pensare a come fare saltare fuori l'argomento imprinting senza che Jacob ne avesse l'intenzione, poi, qualche sera fa ho riletto Eclipse e ho trovato la storia del primo incontro con i Freddi e ho colto l'occasione! Ma parliamo del prossimo capitolo...Vi dò un'anticipazione, che so, renderà molto felice una mia accanita e con pochi peli sulla lingua lettrice. Sarà scritto dal punto di vista di uno dei Volturi :D
Spero di avere suscitato il vostro interesse! Un enorme GRAZIE alle ragazze che hanno commentato questa storia e che spero continueranno a farlo :D
un bacione,
Sonny

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Capitolo 4
*** Scelte ***


Renesmee

Il vapore dell’acqua, dovuto alla mia lunga doccia bollente, aveva preso il sopravvento nel bagno. Lo specchio, dove ero solita osservare il mio riflesso, era completamente appannato e piccole goccioline scendevano lungo i bordi, come le lacrime solcano le guance delle persone.
Mi diressi nella mia stanza. La mia vera camera, quella della piccola casetta che nonna Esme aveva regalato ai miei genitori.
Dopo lunghe discussioni ero riuscita a convincere la mia famiglia, e soprattutto Jake, che i Volturi avrebbero potuto attaccare in ogni caso, sia che fossi da Charlie o a La Push e quindi era inutile che mi scorrazzassero per tutte le case.
I turni di pattuglia erano ben divisi: quattro a sorvegliare la casa in cui mi trovavo, più una persona che non mi lasciasse sola; altre quattro a La Push e tre a guardia della casa di Charlie, per precauzione. Gli altri, invece, riposavano o andavano a caccia, in attesa di montare per il turno successivo.
In quel momento a guardia della casa c’erano Jake, Embry, Emmet e mio padre, mentre zia Alice era con me. Mamma aveva accettato di andare a caccia senza Edward solo perché anche lei si era accorta che era assolutamente necessario e perché due lupi grossi come orsi, il membro più forte della famiglia e mio padre mi sorvegliavano.
Mi abbandonai sulla sedia vicino alla scrivania e fissai il mio riflesso nel piccolo specchio d’orato, regalo di zia Rosalie, che era appeso alla parete.
I miei occhi color cioccolato erano stanchi e un lieve accenno di occhiaie li circondava, cosa che raramente capitava. I miei capelli erano bagnati e le gocce d’acqua mi bagnavano l’accappatoio; la mia pelle era ancora più pallida del solito, ad eccezione delle guance, arrossate per il calore della doccia.
La tensione di quei giorni si era alzata ancora di più. Stava passando troppo tempo dall’ultima visita da parte di Jane e, della Guardia dei Volturi, non c’era traccia. Mamma sperava che avessero deciso di ritirarsi o che avessero altri problemi più importanti, ma nessuno ci credeva davvero e probabilmente nemmeno lei.
Quando distolsi lo sguardo dalla mia immagine, lo posai su di una busta abbandonata nel centro della scrivania. Con caratteri maiuscoli e grassettati, la scritta “Harvard University. Domanda di iscrizione” spiccava come un faro nella notte.
Non avevo mai pensato seriamente al mio futuro, nonostante avessi già le ambizioni di una donna quasi adulta, ero al mondo da appena sette anni. Ma una mattina mi ero svegliata pensando che avevo davanti a me tutta l’eternità, un concetto di tempo talmente lungo da non poterlo nemmeno immaginare.
Cosa avrei fatto nella mia piccola parte di eternità?
Tutta la mia famiglia aveva già vissuto la loro vita, o almeno una parte.
Mio padre e la sua famiglia vivevano da centinaia di anni e avevano visto il mondo. Mia madre, pur essendo giovane come vampira, aveva vissuto la sua vita da umana, aveva viaggiato con nonna Renee e aveva avuto molte altre esperienze: l’amore con mio padre, i pericoli che aveva dovuto affrontare entrando nel mondo dei vampiri, l’addio ai suoi amici più cari, la gravidanza, me.
E io? Che progetti avevo? La mia famiglia si aspettava davvero che avrei accettato di vivere per tutta la mia vita a Forks?
Ero sveglia, intelligente e con tanta voglia di imparare. Avevo ancora i documenti falsi che mia madre aveva fatto per me e Jacob, quando aveva temuto che lo scontro con i Volturi potesse finire in un bagno di sangue. Perché non vedere posti nuovi e avere le mie avventure?
Così avevo preso una domanda di iscrizione per Harvard e l’avevo compilata all’insaputa di tutti.
-A che pensi?- chiese Alice spuntando all’improvviso. La guardai dal riflesso dello specchio e abbozzai un finto sorriso, era appoggiata sulla soglia della porta, sempre bellissima nei suoi vestiti all’ultima moda. Il suo viso era una maschera perfetta che le nascondeva ogni minimo cenno di paura o ansia, quel giorno però i suoi tratti erano leggermente tirati, segno che le cose non andavano bene.
-A nulla- dissi, facendo spallucce. Quando zia Alice fece un passo verso di me, nascosi la busta con dentro la domanda d’ammissione sotto una pila di fogli volanti.
Alice si sporse sulla scrivania ed afferrò un pettine, poi passandomi le dita lunghe e sottili tra i capelli chiese-Posso?-
La lasciai fare e mi abbandonai a qual suo tocco che, sin da bambina, era stato sempre in grado di calmarmi.
-Si dice che una delle gioie della vita sia farsi spazzolare i capelli- mi rivelò lei, ridendo.
-Alice, posso chiederti una cosa?- domandai, mi era saltata alla mente un’idea, un pensiero che, dalla sera del falò a La Push, non mi aveva dato pace. –Qual è stato il motivo per cui licantropi e vampiri si sono alleati?-
La spazzola che mia zia stava dolcemente passando trai i miei capelli se fermò all’improvviso, qualche centimetro sotto la nuca. Alice rimase immobile per la frazione di un minuto, se non l’avessi guardata, probabilmente non me ne sarei nemmeno accorta. Poi riprese a spazzolarmi i capelli regolarmente.
-Tesoro, la sai già questa storia. E’ stato per via di tua madre...-
Ma la interruppi –E’ solo che, come può un odio così profondo e antico spezzarsi per via di una ragazza amica di un licantropo e amante di un vampiro? Insomma dovrebbe esserci stato un evento più clamoroso per avere creato un’alleanza in così poco tempo.-
Zia Alice aspettò qualche minuto prima di rispondermi, come se volesse valutare ogni singola parola. Come se non volesse raccontarmi dei particolari.
-Vedi, prima che tu nascessi, Jacob e Bella erano molto amici- cominciò, con voce poco sicura –Lui all’inizio non approvava il fatto che volesse diventare una vampira, le disse anche che avrebbe preferito vederla morta che come una di noi-
Il sangue nelle vene mi si gelò. Jacob che diceva una cosa del genere. Il Mio Jacob.
-Il patto che avevano stipulato Carlisle e il nonno di Jacob, ci impediva di creare nuovi vampiri, quindi se avessimo trasformato Bella sarebbe stata guerra. Ma quando Jacob venne a sapere che lei era incinta e che l’unico modo per farla vivere era quello di trasformarla, accettò-
-E perché non uccidermi? Perché mantenere un’alleanza così stretta con i vampiri? Dopotutto mio padre gli ha portato via la sua migliore amica- chiesi.
Perché Jacob avrebbe dovuto essere così tanto premuroso con me, perché combattere le battaglie dei vampiri? Cosa lo spingeva a proteggerci?
Un sorriso lieve si dipinse sul viso di Alice –Jacob non ti avrebbe mai uccisa, sei figlia di Bella, la sua migliore amica. Le voleva troppo bene per infliggerle un dolore così grande-
Grazie alla sue rivelazioni molti pezzi della storia andarono al loro posto, mi aveva raccontato molti particolari che nessuno mi aveva mai svelato. Ma la sensazione che mancasse qualcosa, che ci fosse di più, non mi lasciava tregua.
–Sai che giorno è domani?- mi chiese all’improvviso zia Alice.
Spalancai gli occhi e vidi la sorpresa del mio viso riflessa nello specchio –E’ Natale- esclamai, come se avessi appena scoperto chissà che cosa.
-E come immagino- fece Alice divertita –tu non hai nessun regalo-
Mi voltai verso di lei mortificata, con tutto quello che era successo: la tensione per un attacco che sembrava non arrivare mai, la paura di ciò che volessero da me i Volturi…avevo dimenticato che il tempo, nonostante tutti i miei problemi, continuava a scorrere.
-Ho una proposta da farti- disse in tono malizioso mia zia, ma a me risuonò quasi come un ricatto. –Se lasci che ti trucchi, in modo da nascondere quelle brutte occhiaie e ti fai vestire, come dico io, ti porto a fare shopping!-
-Ma le misure di sicurezza?- chiesi allibita.
Alice mi rivolse un ghigno, alzando un sopracciglio –Non penso che questa sia la prima volta che infrangi le regole, signorina-
Mi lasciai scivolare nuovamente sulla sedia e, in tono di resa, acconsentii –Va bene, sono tutta tua-
-Evviva!- esclamò lei, saltando e battendo le mani.
A volte tra lei e Jacob, non sapevo distinguere chi fosse il bambino. E io avevo sette anni!



 



Jane

Con una semplice ed aggraziata spinata, Felix fece cadere sul pavimento di legno marcio gli ultimi tre umani.
Il sole era calato da ore e la luna dominava nel cielo, celando la perfidia della notte dietro la sua luminosità. L’alloggio che avevamo trovato era a dir poco squallido, niente a che vedere con lo sfarzo del castello italiano al quale tutti noi eravamo abituati.
Demetri aiutò Felix a trascinare le ultime vittime in un angolo del monolocale, insieme agli altri uomini, tutti legati e con un fazzoletto in gola. Le urla di quegli esseri inferiori mi provocavano sempre delle emicranie, se solo Aro non li avesse reputati così interessanti e se non fossero stati l’unica cosa al mondo a mantenere in vita noi vampiri, li avrei già sterminati tutti.
Perché lasciare credere loro di essere superiori? Un topo si era mai creduto più forte del gatto?
Inutili, esseri inferiori.
-Come intendi procedere, sorella?- la voce di Alec fece capolino dal centro della stanza, gli occhi rossi esprimevano impazienza, lasciando intendere che non aveva nessuna intenzione di passare più del tempo necessario in quel luogo.
-Pazienza, Alec- risposi, avvicinandomi ad uno degli uomini distesi sul pavimento. –Aro arriverà stasera, domani prenderemo ciò che ci spetta o distruggeremo una volta per tutte i Cullen-
Afferrai con forza i capelli del giovane uomo, lo obbligai a guardarmi. Lo obbligai a mostrarmi i suoi occhi pieni di terrore, confermandomi la sua debolezza e la sua inferiorità.
-Entro il calare del sole, domani saremo già di ritorno a casa- terminai la frase, senza però badare troppo a ciò che dicevo.
Inclinai leggermente la testa di lato e avvicinai il mio viso a quella che sarebbe stata la mia cena. Respirai a pieni polmoni e l’odore di alcool misto a quello della paura mi inebriò i sensi. Sangue di un esemplare giovane, sbronzo e terrorizzato: non potevo chiedere di meglio.
Lasciai libera la mente, concentrandomi solo sul dolore che avrei potuto provocare nella mente dell’uomo. Nel giro di pochi secondo l’essere cominciò a dimenarsi e a mugugnare urli di dolore, bloccati dal fazzoletto che gli bloccava la gola, si dimenò come un pesce fuor d’acqua.
Ma prima che potessi avventarmi su di lui, qualcuno bussò alla porta della piccola casa persa tra la vegetazione. Il nostro alloggio.
-Felix- ordinai, scattando in piedi e avanzando verso la porta.
Felix spalancò la porta e il suo braccio si bloccò a pochi centimetri dal collo di Suplicia, la compagna di Aro.
-Calmi, fratelli- ci intimò lei, avvolta nel suo pesante mantello nero. Ma Felix non mosse il braccio e la tensione nella stanza non si smorzò. Con ribrezzo, feci cenno a Felix di levarsi.
-Che cosa ci fai qui, Suplicia?- chiesi sprezzante.
-Ho un messaggio da parte di Aro- rispose lei, chiudendosi piano la porta alle spalle. –Ha deciso che non parteciperà alla battaglia-
Finsi di non essere sorpresa dalla notizia, ma in realtà dovevo aspettarmelo. Se ad Aro e agli altri Anziani fosse davvero importato qualcosa dei Cullen, sarebbero venuti subito di persona. A loro interessava solo la ragazza, del resto del clun non importava nulla.
-Quali sono i nuovi ordini di preciso?- chiesi.
Suplicia sembrò valutare le parole da usare. Non mi era mai piaciuta quella vampira, non avevo la minima idea di come Aro avesse potuto scegliere lei come compagna. Era così insignificante, pari agli umani che giacevano sul pavimento.
-Il comando è nelle tue mani- disse infine –Io dovrò rimanere comunque con voi, per assicurarmi che non facciate pasticci, come l’ultima volta con i neonati. Se non ricordo male è da lì che i Cullen hanno iniziato a dubitare di noi-
Feci un sorriso amaro, un passo verso di lei –Sarai anche la moglie di Aro- l’avvertì, sibilando –ma rivolgiti a me ancora una volta in questo modo e pregherai di non essere mai nata-
La mia minaccia funzionò, come succedeva sempre dopotutto. Suplicia fece un passo indietro e per un momento la vidi tremare.
-Aro dice che hai tempo fino alla fine del mese, altrimenti interverrà lui. Spera comunque che non sia necessario, per tutti voi- specificò mentre la voce le tremava ancora –Dei Cullen potete fare quello che volete e anche dei licantropi, ma la figlia di Edward deve restare viva- questo dettaglio lo evidenziò con molta enfasi, come se da questo dipendesse l’esito di tutta la missione. Ed era vero.
-Bene- conclusi, voltandomi per tornare alla mia cena. dissi –Lasciamo che la famiglia Cullen si goda le feste-
Prima di chinarmi sull’uomo che mi guardava con sguardo supplichevole, immaginandosi ogni tipo di morte tranne quella che gli avrei inflitto, dissi –Dopotutto, a Natale siamo tutti più buoni-
I miei denti splendenti e appuntiti si conficcarono con estrema facilità nella pelle fredda dell’uomo, che in un primo momento tentò di ribellarsi, infine lasciò che il veleno penetrasse nel suo sangue, fino a raggiungere il cuore. Poi si accasciò a terra, come fa il topo nelle grinfie del gatto.




Angolo autrice: Salve a tutti! Mi scuso per il ritardo ma sono stati dei giorni difficili per me, ho avuto alcuni problemi. Comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto, è stato molto difficile scrivere dal punto di vista di Jane ma spero di avere fatto un bel lavoro.
un bacio, Sonny.

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Capitolo 5
*** L'arrivo dei rinforzi ***


Renesmee

 

La mattina della Vigilia di Natale si aprii con la prima neve della stagione. Nel pomeriggio le strade e i boschi di Forks si erano colorati di bianco, regalando una perfetta atmosfera natalizia e, con la neve, arrivarono anche i primi rinforzi.
Il clan delle Amazzoni arrivò di prima mattina, fui felicissima di rivedere Zafrina. Quando l’avevo conosciuta, sette anni prima, avevo stabilito un bellissimo legame con lei. Era così bella, forte e affascinante, tutto quello che io avrei voluto essere.
Nel pomeriggio arrivarono anche Vladimir e Stefan, i due vampiri rumeni che, come era già avvenuto in precedenza, suscitarono il disagio di molti nella mia famiglia. Io, invece, li avevo sempre trovati molto interessanti, forse perché rispecchiavano perfettamente lo stereotipo di vampiri che la gente comune conosceva nelle vecchie leggende.
Nonostante questo, decisi comunque di tenere le distanze da loro. Quando li avevo conosciuti per la prima volta, non potevo capire che l’appoggio che dei due rumeni davano alla mia famiglia, era solo perché vedevano una nuova possibilità di sconfiggere i Volturi e prendere il loro posto.
La sera della Vigilia, mentre me ne stavo accoccolata sul divano in braccio a Jacob, a ciondolare tra il sonno e la veglia, il clan degli irlandesi fece irruzione in casa.
Siobhan, Liam e Maggie si scusarono con tutti noi per il grande ritardo, ma avevano ricevuto il messaggio di Carlisle solo pochi giorni fa e avevano fatto il possibile per raggiungerci.
Edward e Carlisle erano abbastanza soddisfatti, quasi tutti i clan erano riusciti ad arrivare prima dell’attacco dei Volturi, ma allo stesso tempo erano molto agitati. Di Jane non c’era più traccia, Jacob e gli altri avevano perlustrato ogni angolo del territorio, ma non erano riusciti a trovare niente. E all’appello mancavano ancora i vampiri del clan di Denali. Forse non avevano ricevuto la nostra richiesta di aiuto o forse la neve in Alaska aveva impedito loro di raggiungerci. Chi lo poteva sapere...
Il giorno di Natale mi ricordò tanto quello di molti anni fa, quando l’arrivo dei Volturi e la nostra disfatta sembravano ormai alle porte. Il clima era molto teso e nessuno sembrava avere davvero voglia di festeggiare. Questo finché Jacob non ricevette il suo regalo.
Come ogni anno moltissimi regali erano per me, Alice mi aveva riempito il guardaroba di altri vestiti nuovi. Vestiti che, tra l’altro, non avrei mai messo.
-Sei uguale a tua madre!- sbraitava sempre, ogni volta che mi vedeva uscire con i soliti jeans e la vecchia e logora felpa.
Mamma e papà mi avevano regalato degli spartiti per il pianoforte, Carlisle ed Esme l’ultimo modello di i-pod, già pieno di tutte le mie canzoni preferite, e Rosalie ed Emmet una collana piena di Swarovski.
Ma il regalo di Jacob superò qualsiasi sua aspettativa e, devo ammettere, anche mia.
L’espressione del suo viso, quando vide sul vialetto di casa Cullen, una Ferrari nera metallizzata, fu il regalo di Natale più bello del mondo. Per me si intende.
Sul parabrezza dell’auto c’era un grande fiocco rosso e un bigliettino con scritto: “auguri, Fuffy”, da parte di Rosalie.
Lo vidi volare fuori di casa a velocità innaturale, persino per un licantropo, e saltellare intorno alla macchina come un bambino.
-Ho come l’impressione che gli piaccia- osservò sarcastico Edward, lanciando uno sguardo complice a mia madre.
-Perché non la provi, Jake?- chiese Bella, ridendo.
Jacob alzò all’improvviso lo sguardo e cercò il mio –Andiamo?-
-Solo se poi la fai provare anche a me!- esclamai, saltando sul sedile.
-Neanche per sogno!-
Guidò come un pazzo lungo le strade vicino alla costa, mentre si ammazzava dalle risate, ancora incapace di credere che quell’auto ora era sua.
Quando alla fine gli chiesi di fermarsi perché correre come pazzi sulle strade secondarie, sulle quali avevamo rischiato di capovolgerci per via della neve, mi aveva fatto venire la nausea; ci fermammo ad un piccolo parco a La Push.
Mi sedetti su di un altalena mezza diroccata e mi strinsi nel giubbotto cercando di mandare via il freddo. Jacob si era seduto anche lui sull’altalena di fianco alla mia e, quando l’euforia per il suo nuovo gioiello si dissolse, gli feci la domanda più stupida ed inappropriata del modo –Jake, tu ti sei mai innamorato?-
Non so perché glielo chiesi. Forse perché tra tutti quelli della mia famiglia, lui non aveva mai lasciato Forks, non aveva finito la scuola. Da quando ero nata non c’era ricordo che non comprendesse anche lui, quindi non aveva fatto granchè da sette anni a quella parte. Ma prima? Chi era stato Jacob Black, prima di essere il mio migliore amico?
Jake smise di dondolarsi sull’altalena e mi piantò i suoi due occhi neri addosso, come quando dicevo cose che lo facevano arrabbiare. –Perché me lo chiedi?- domandò, ma non sembrava arrabbiato, piuttosto: sorpreso.
Scossi la testa in modo da poter distogliere il mio sguardo dai suoi occhi –Non so. Sono sette anni che ti conosco e non ti ho mai visto guardare una ragazza, sei sempre con me. E poi c’è questa storia del patto tra voi e i vampiri...-
-Che storia? Cosa ti hanno detto?- chiese impaziente.
-Il fatto che il vostro odio si sia spento così all’improvviso, del fatto che solo perché tu abbia deciso di salvare la vita di mia madre, tutti quelli del tuo branco abbiano accettato la cosa con così tanta facilità. Mi fa pensare-
-Ti stai chiedendo se sono stato innamorato di Bella?-
-Lo sei stato?- chiesi esitante, non sapevo se ero davvero disposta a conoscere la sua risposta.
-All’inizio credevo di sì. Ma mi sbagliavo, le volevo bene. L’amavo come si ama un componente della famiglia-
La notizia mi sollevò. Poi realizzai che fino a quel momento ero stata...gelosa.
Gelosa di Jacob, del fatto che, prima di me, lui potesse essere appartenuto a mia madre e...
No. Un momento. Jacob non era mio, o meglio sì lo era, ma non in quel senso.
Non avevo mai pensato a Jacob come qualcosa di più che un amico. O no?
-E prima di Bella c’è mai stato nessuno?- chiesi senza volerlo. La mia stupida linguaccia stava prendendo il sopravvento sulla discussione.
-No- rispose ridendo Jake, notando il mio imbarazzo. –Sto aspettando-
-Non mi dirai che aspetti il colpo di fulmine, vero?- chiesi con gli occhi sgranati.
Jacob un ragazzo romantico? Sarebbe stato più facile credere agli asini che volano.
-Non esattamente- mi corresse lui –Pensavo più ad uno spostamento di gravità-
Rimasi ammutolita e con sguardo molto eloquente lo esortai a spiegarmi l’ultima frase.
-La persona che sarà in grado di sostituire la gravità, che mi legherà al suolo al posto di essa. E’ questo che cerco-
Mille pensieri invasero il mio povero cervello, talmente tante idee da non poterle cogliere davvero tutte fino in fondo. Mi chiesi se il mio amico non fosse ubriaco, se gli fosse partito all’improvviso l’unico neurone che aveva nel cervello e altre ipotesi che è meglio non elencare.
Poi mi chiesi se io sarei mai stata capace di sostituire la gravità.
Ma che cavolo sto facendo! No, no, no e poi no. Certo che non potrò mai sostituirla perché io non amo Jacob!
Cioè sì, amavo Jacob ma non in quel senso. Vero?
Ma che casino!
-E hai intenzione di aspettare questa ragazza o alla fine ti stuferai?- chiesi.
Jacob mi guardò con sguardo malizioso, stava pensando a qualcosa ma ero certa che non me l’avrebbe mai detta. Comunque rispose alla mia domanda –L’aspetterò, come ben sai, non sono uno che si accontenta-
Già, lo sapevo bene.
-Cos’è l’imprinting?- chiesi cogliendo quell’occasione all’istante, dovevo assolutamente cambiare argomento. Quella discussione mi stava mandando in paranoia, creando stupide fantasie.
Ad ogni modo, la storia dell’imprintig mi importava davvero. Da quando Billy aveva menzionato quel nome non ero più riuscita a levarmelo dalla mente. Ero andata su internet a cercare informazioni, ma lo riconosceva solo come modello di apprendimento nel mondo animale. “In etologia e psicologia è la forma di apprendimento di base, che si verifica in un periodo della vita detto periodo critico, quando si è predisposti biologicamente a quel tipo di apprendimento”, così citava il sito che avevo aperto.
Una forma di apprendimento. Le osservazioni degli studiosi dicevano che, in alcune specie di animali, era il modo in cui i cuccioli, appena nati, riconoscevano la figura della madre. Era qualcosa di essenziale e che avveniva nell’arco di pochissimi secondi, senza l’imprinting non sarebbero sopravvissuti.
Quindi non aveva nulla a che fare con l’amore.
-Cosa?- chiese Jacob con la faccia di uno che è stato appena colpito da un fulmine.
-Billy l’altra sera ha detto che è il modo in cui trovate le vostre compagne. Cosa cambia dall’amore tra le persone normali?-
-Bè, non succede molto spesso, anzi è molto raro.- precisò lui, era a disagio e invece di parlare guardandomi negli occhi, come faceva sempre, teneva lo sguardo piantato per terra mentre si sfregava nervosamente le mani.
- Non se sappiamo molto, a dire il vero. E’ il modo in cui troviamo le nostre compagne, come hai detto tu, le persone con cui potremo garantire una discendenza e trasmettere il gene dei licantropi-
-Posso farti un’altra domanda, Jake?- domandai piano, come se avessi paura della sua reazione. Ma lui non rispose, anzi sembrò quasi non avermi sentito -Perché non mi hai tolto la vita, quando ho quasi ucciso Bella nascendo?-
Alice mi aveva già dato una risposta a quella domanda, ma volevo sapere la verità. E la volevo da Jacob.
-La gravidanza di Bella è stata un vero inferno- ammise, prendendo un respiro profondo. Il ricordo di quei momenti lo logorava ancora per il dolore. Di solito lui e tutti gli altri componenti della famiglia non amavano parlare di quel periodo. Sapevo ben poco dei mesi precedenti alla mia nascita e tutto quello che mi avevano detto lo avevo estratto a forza dalle bocche di ciascuno di loro.
 –Ero così accecato dalla paura che non capivo perché lei stessa non volesse abortire e perché nessuno intervenisse per aiutarla. Mi ero ripromesso che ti avrei uccisa se Bella fosse morta- e con quella frase Jacob alzò nuovamente gli occhi per posarli suoi miei. Sembrava esausto, ma il solo fatto di potere sprofondare nell’intensità del mio sguardo attento al suo racconto, sembrò donargli nuovamente vigore.
Spostò leggermente l’altalena verso destra, e io feci lo stesso verso sinistra. Eravamo faccia a faccia, solo una piccola pozzanghera divideva le nostre scarpe logore di fango. L’umidità si faceva strada sotto i miei vestiti, e la neve che aveva ricominciato a scendere dal cielo, mi bagnava i ricci che sbucavano dal cappello che indossavo.
-Ma non me ne hai dato il tempo.- sorrise divertito - Rosalie ti teneva sollevata in aria, una posizione perfetta per completare il mio piano. Ma prima che potessi anche solo pensare di muovere un muscolo, dal primo piano un rumore attirò la mia attenzione. Era il battito di un nuovo cuore. Bella era viva.-
Feci forza sulle gambe e allontanai il mio corpo di qualche centimetro da lui, ma l’altalena mi bloccava e mi impediva di scappare. -Quindi non mi hai uccisa solo per questione di qualche secondo- conclusi. In quel momento Jacob mi faceva paura, pensare che se mia madre fosse morta lui mi avrebbe...
-Lasciami finire, ti prego- supplicò il mio migliore amico, spingendosi con il busto in avanti, in modo da afferrare la mia mano. Mi rilassai un secondo, pensando che quello era sempre il mio Jacob. La persona più importante della mia vita. –Avevo già deciso di non ucciderti prima che Bella tornasse a vivere. In realtà lo capii nell’esatto momento in cui ti vidi-
-Perché? Cosa ti fece cambiare idea così all’improvviso?- chiesi. Stavolta ero io quella che non osava guardarlo negli occhi.
-Perché sei parte di Bella. Sei l’essere più strano e complicato che potesse mai nascere da Bella e quel succhiasangue di Edward.- rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
-Grazie- gli sorrisi. Grazie per non avermi uccisa, per avere accettato l’essere che aveva quasi ucciso la tua migliore amica, per volermi così tanto bene e per essere mio, qualunque cosa significhi desiderare la tua appartenenza. Ma questo non lo dissi.
Un silenzio carico di mille emozioni si creò tra di noi, i nostri occhi erano fissi su quelli dell’altro come se volessimo scovare un segreto, qualcosa che in quella lunga conversazione non ci eravamo detti.
Consapevole del fatto che non avrei saputo altro da lui, affondai una mano nella tasca della giacca e, trovato quello che cercavo, lo tirai fuori. Era un piccolo pacchetto, fatto all’ultimo momento perché l’avevo preso solo il giorno della Vigilia, e lo porsi a Jacob -Non ho voluto condividere il merito del tuo regalo con altri, non è speciale quanto la macchina ma a me è piaciuto e volevo che lo avessi-
Jacob non disse nulla, prese esitante il pacchetto e, quando si ritrovò il mio regalo tra le mani, rimase in silenzio senza dire niente.
Era una collana. Avevo chiesto ad Alice di portarmi allo stesso negozio di antiquariato in cui, tempo fa, Bella aveva comprato il mio ciondolo dove custodivo la foto di famiglia.
Avevo chiesto al negoziante di farmi avere una collana identica alla mia. Ero andata per il sottile, scegliendo di non appendere il ciondolo ad una catenina dorata, che non era molto da Jake, ma ad un filo di cauciù. Avevo fatto incidere una scritta molto semplice sulla superficie d’oro, poteva risultare banale ma per Jacob non volevo scegliere frasi fatte che, pur essendo vere, sarebbero svanite col tempo. Così avevo deciso per un semplicissimo e pulito: “Più di tutta la mia vita”. La stessa frase che io avevo incisa in francese.
All’interno avevo inserito una mia foto con lui, mamma ce l’aveva scattata a pochi mesi dal suo risveglio dopo la trasformazione. Eravamo in giardino, davanti alla casa di nonno Carlisle, io ero nata da meno di qualche settimana ma sembravo già una bambina di due anni. Jake mi teneva in braccio e lo stringevo per il collo con le mie braccia candide e sottili, avevamo entrambi un sorriso sincero e ben marcato, nonostante il pericolo che si avvicinava.
-Jake, se non ti piace posso sempre cambiarlo- dissi non sapendo come interpretare quel suo silenzio.
Ma Jacob tirò su la testa di scatto e si affrettò a dire –No, no. Ti prego non farlo. E’ bellissimo-
Non ebbi dubbi. Dal suo tono di voce e dagli occhi che brillavano contrastando il nero delle pupille, capii che il mio regalo gli piaceva davvero.
-Ora è il mio turno- si alzò dalla sedia e mi prese il polso destro delicatamente. Si girò tra le mani il bracciale della tribù dei Quileute, dono che lui mi aveva fatto per il mio primo Natale, poi sentii il suono di un gancio che si chiudeva.
Quando alzai il braccio notai che una piccola medaglietta penzolava dal mio bracciale. Era la miniatura di un lupo, raffigurato mentre ululava. Era di legno quindi intuii che lo avesse fatto Jacob.
-Ne regalai uno simile a tua madre, per il diploma. Ho pensato che lo dovessi avere anche tu. Dato che siate le donne più importanti della mia vita- spiegò lui.
In quel momento sentii il mio cuore stringersi e il segreto che gli avevo celato per mesi si fece strada nel mio inconscio. Quel segreto lo avrebbe fatto imbestialire, mi avrebbe odiata per la scelta che avevo preso, ma non ero intenzionata a tornare indietro. Lo avrei fatto soffrire terribilmente e anche io avrei sofferto se il mio piano fosse andato in porto. Non sapevo come avrei fatto a sopportare la sua lontananza, ma non avevo intenzione di chiedergli di rinunciare al branco per me. E non glielo avrei permesso.
Quando il dolore si fece insopportabile, prima di poter decidere se soffrire in silenzio o meno. La mia bocca parlò –Ieri ho spedito la domanda di ammissione per Harvard-
Prima ancora di alzare lo sguardo verso Jacob, sentii il rumore di qualcosa che si spezzava.
Il rumore di un cuore spezzato.


Angolo autrice: Ma buongiorno! Oggi me ne sono stata bellamente a casa da scuola perchè...ci sono 20 centimetri di NEVE! *__* che cosa carina. Così mi sono sistemata il capitolo e ho deciso di pubblicarlo. Spero vi sia piaciuto, personalmente è uno dei miei preferiti, sopratutto la parte in cui Jacob e Nessie si scambiano i regali. L'idea mi è venuta così ma ne sono molto soddisfatta! Spero di ricevere molto commenti e come sempre un GRAZIE MILLE a tutte coloro che recensiscono.
Vi voglio bene, un bacio.
Sonny

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Capitolo 6
*** Il futuro è dietro l'angolo ***


Renesmee

 

Fino a quel momento avevo pensato che la situazione non potesse andare peggio di così.
Come al solito, mi sbagliavo.
Avevo provocato qualcosa di irreparabile, dicendo a Jacob di Harvard. Sembrava che qualcosa tra di noi si fosse spezzato, come se il filo che ci aveva sempre tenuto uniti fosse stato tagliato.
Non era stata certo mia intenzione farlo soffrire, non avrei potuto andare avanti altro tempo senza dirgli la verità. Se avessi aspettato troppo non avrei fatto altro che peggiorare la situazione.
Io e Jacob ci tenemmo a distanza per qualche ora, avrei preferito liberarmi della sua presenza e del suo cattivo umore per qualche giorno ma, come al solito, nessuno dei due riusciva a stare lontano dall’altro abbastanza a lungo. Avrei voluto scappare per non dovere essere obbligata a sentire proiettato nella mia mente tutto il dolore che avevo provocato in lui, ma era impossibile, allo stesso tempo avevo bisogno che stesse con me e, contemporaneamente, volevo che mi lasciasse sola.
La settimana successiva alla nostra discussione fu un vero inferno, trovai conforto solo nella compagnia di Zafrina. In quel periodo mi esercitai molto con i miei poteri, non volevo essere un peso e, nel caso avessi dovuto difendermi da sola, non volevo trovarmi impreparata.
Possedevo il potere opposto rispetto a quello di mia madre. Bella creava intorno a sé una barriera protettiva che non poteva essere penetrata, io avevo il potere di sconfiggere ogni tipo di barriera, ma solo con il contatto fisico. Come se nelle mie mani fosse contenuto un potere immenso.
Sette anni prima era stata Kate, del clan di Denali, a insegnare a mia madre come controllare i suoi poteri; ma visto che il clan dell’Alaska non si era ancora fatto vivo, io e Zafrina ci dovevamo provare da sole. Il mio intento era quello di riuscire ad espandere il mio potere, volevo poter infrangere le barriere protettive dei miei avversari senza doverli toccare con le mani.
Lavorare ai miei poteri mi costava tantissima energia, senza contare che non sapevo nemmeno da dove cominciare.
Dopo qualche giorno di tentativi avevo cominciato a perdere le speranze, poi una mattina era arrivato il miracolo. Avevo preso un lungo respiro profondo, lasciando che tutti i miei pensieri navigassero senza meta nell’oceano del mio inconscio. Immaginai di lasciare il mio corpo e di fluttuare nell’aria fino a raggiungere la mente di una possibile vittima. E la trovai.
Fu questione di un nano secondo, ma riuscii a percepire le scintille della mente di mia madre. Penetrai le sue difese e cercai di proiettare un’immagine qualunque, mia madre sussultò e arretrò di qualche passo. Tutte le mie forze si prosciugarono e persi l’equilibrio, non mi ero mai sentita così stanca. Ci misi un paio di giorni per rimettermi e i miei genitori decisero che non era più il caso di esercitarmi.
Il mio potere non era poi così tanto utile, proiettare i miei ricordi nelle menti altrui non mi sarebbe servito molto per difendermi, ma forse se avessi trasferito una sensazione di terrore e dolore, avrei potuto far vacillare i miei avversari e andare in vantaggio. Chi poteva saperlo...
Con il passare dei giorni io e Jacob trovammo un tacito accordo. Di mattino presto, Jacob passava a casa mia, quando ancora facevo finta di dormire. Sapeva benissimo che ero sveglia, ma non sapendo nemmeno lui che cosa dire, stava al gioco. Si sedeva vicino a me sul letto, mi accarezzava delicatamente i capelli e rimaneva a fissarmi per un po’, senza dire o fare niente poi se ne andava, per tornare a casa da Billy o per montare il turno di guardia.
Non mi ero mai accorta di quanto Jacob alleviasse le mie giornate. Solo ora che si teneva davvero alla larga da me, riuscivo a percepire quanto questo mi costasse.
Come avrei potuto resistere per un anno intero?
-Mi stai chiedendo di scegliere fra te e il mio branco- aveva ringhiato Jacob, quando gli avevo detto che sarei andata ad Harvard.
-Non ti sto chiedendo di fare questo- mi ero difesa, non mi sarei fatta incolpare di una mia scelta. –Tutti voi avete avuto una vita: Bella ha avuto la sua storia d’amore con mio padre, Edward e gli altri vivono da centinaia di anni e hanno girato il mondo, perfino tu non sei mai stato solo a La Push. E io?-
Jacob non mi ascoltava, sapevo che era troppo occupato a controllare la sua rabbia e che stava cercando un modo per farmi cambiare idea, ma proseguii lo stesso. –Tu e gli altri credevate davvero che avrei passato tutta l’eternità racchiusa nelle quattro mura di una casa sperduta nella foresta?- Con quella frase ero riuscita ad attirare l’attenzione di Jacob, che mi guardava con un espressione indecifrabile.
-Non sono un uccellino che puoi tenere in gabbia, Jake.- avevo esagerando, lo sapevo. Ma lui doveva capire che non potevo e non volevo perdermi le occasioni che il mondo aveva da offrirmi.
Certo, mi sarei stancata di girare senza una vera meta, ma solo dopo avere conosciuto una parte delle possibilità che avevo a mia disposizione e quando avessi sentito il bisogno di ritornare per sempre a casa. Lo avrei fatto, sarei tornata da lui.
-Sono il maschio Alfa, ho delle responsabilità qui- aveva detto Jacob, tenendo i suoi occhi scuri fissi sui miei, le mani chiuse a pugno e la mascella tirata. –Come intendi stare lontana da qui per un anno intero, se io e te non possiamo stare separati nemmeno per un giorno?-
Era la prima volta che Jacob parlava di quella parte del nostro rapporto, ad entrambi veniva tutto molto spontaneo e la dipendenza che avevamo l’uno nei confronti dell’altra non sembrava essere un problema, anzi.
-Questo perché non abbiamo mai provato!- avevo sbottato –Le persone normali stanno lontane continuamente e nessuno è mai morto. Non ci vedremo più tanto spesso, è vero, ma io tornerò per le vacanze e quando i corsi estivi termineranno-
Non ero convinta nemmeno io di quello che avevo detto, ma dovevo dimostrare di credere in quelle parole, altrimenti Jacob l’avrebbe avuta vinta.
-Come se io e te fossimo normali-  aveva ringhiato con una nota amara pronunciando quell’ultima parola –Credi davvero che la parola “normale” possa definire il rapporto che c’è tra noi due?-
Rimasi allibita da quella frase. Emma aveva ragione. Nel nostro rapporto non c’era nulla di normale, nessun amico aveva bisogno di vedere l’altro ventiquattro ore al giorno.
Jacob lo sapeva. Perché io non me ne ero mai accorta? Chi altri della mia famiglia sapeva che qualcosa non andava fra me e Jake?
Ad ogni modo, quella fu l’ultima frase che Jacob mi rivolse.
Le cose non migliorarono, come potevano dopotutto?
Con il tempo Jacob aveva imparato a celare i suoi pensieri a mio padre, come avevo imparato anche io. Così Edward non scoprì subito di Harvard, o almeno, finché un giorno  non glielo dissi.
Mamma era sdraiata sul divano mentre ascoltava mio padre suonare la sua ninnananna al pianoforte. Scesi i gradini delle scale lentamente, come se volessi posticipare la mia condanna.
La reazione dei miei genitori fu pari a quella di Jacob, se non peggio. L’unico lato positivo era che loro due si erano arrabbiati solo perché non gliene avevo parlato.
-Harvard, eh?- chiese mio padre con cipiglio, quando lui e Bella finirono la sfuriata.
Ero seduta sull’ultimo gradino della scala, con il mento raccolto nelle mani. –Già-
-Non la Julliard?-
-Se diventassi una pianista famosa poi dovrei spiegare perché non invecchio mai- risposi ma in realtà non avrei mai preso quell’università in considerazione. Mi piaceva suonare ma lo vedevo più come un passatempo e poi, potevo imparare tutti i brani che volevo in pochi secondi. Che bisogno c’era di andare in una scuola per imparare una cosa che già sapevo?
-Pensavo filosofia- ammisi –Mi piace e poi nessuno fa mai carriera con filosofia, a meno che non ti droghi e non cominci a scrivere libri pieni di frasi da cioccolatini-
-E tu non hai intenzione di scriverne uno, vero?- chiese mia madre preoccupata, aveva decisamente preso la notizia peggio di papà, che invece ne era entusiasta, ma non disse nulla perché sapeva che era giusto così.
-No- la rassicurai –Criticherò tutti gli autori che mi faranno studiare-
 
Quello stesso giorno, nel pomeriggio, mi recai a Port Angeles.
Rachel, la sorella maggiore di Jacob, si sarebbe sposata con Paul e io ero una delle damigelle. Mi sentii a disagio quando entrai nel negozio insieme a lei e a tutte le ragazze della riserva, molto probabilmente Paul aveva messo al corrente la sua ragazza di quello che era successo tra me e Jacob e avevo paura che mi facesse domande poco gradevoli.
Non volevo parlare di Jake, soprattutto con sua sorella maggiore.
Così rimasi seduta sul divano insieme alle altre ragazze, aspettando che la sposa scegliesse il suo abito per poi, pensare a quello delle damigelle. Paul e Rachel si sarebbero sposati a marzo, qualche mese prima del mio diploma. Se fossimo stati ancora tutti vivi, ovvio.
Jacob mi aveva detto che, quando Rachel aveva saputo del ritorno dei Volturi, era impazzita per la preoccupazione. Voleva che Paul si ritirasse dalla battaglia, che lasciasse La Push per un po’, in modo da non mettere a rischio la sua vita, ma Paul non avrebbe mai accettato di abbandonare i suoi, era una questione di onore e di legame con il branco.
Così Paul aveva deciso di chiedere la mano di Rachel.
-Se accetti di sposarmi, io prometto che tornerò da te. Giuro sulla mia anima che non morirò- queste erano le esatte parole che aveva usato.
E Rachel come avrebbe potuto non accettare?
Tutti noi sapevamo che quei due erano destinati a rimanere insieme per sempre. Io ero stata molto felice per loro, Jacob e Billy un po’ meno perché ora non avrebbero più potuto sbattere fuori di casa Paul a calci nel sedere, quando gli smontava il salotto o derubava la loro dispensa.
-Questa sarà la mia condanna a morte- mi aveva detto Jake, il giorno in cui mi aveva annunciato delle nozze e che Rachel avrebbe tanto voluto che io fossi una delle damigelle. –Mia sorella sposa il tizio che ruba sempre il cibo a casa mia e questo vuol dire che non potrò più prenderlo a pugni. Come diavolo farò a sopravvivere?-
Sorrisi al pensiero che, quei giorni così felici in cui io e Jacob ci rivolgevamo ancora la parola, non erano poi così lontani. Come aveva potuto una notizia come quella di andare all’università, rovinare tutto in così pochi minuti?
-Che ne dite di questo?- chiese Rachel, uscendo dal camerino.
Era il terzo abito che provava. Era a stile impero, di un bianco brillante. Il corpetto aveva una scollatura leggermente ondulata, sorretta da delle sottilissime spalline bianche che le avvolgevano le spalle. Una finissima fila di piccoli stras luccicanti era posizionata appena sotto il seno, da dove la gonna cadeva lunga in una cascata di seta morbidissima.
Era bella da mozzare il fiato. Il vestito non aveva nulla di particolare, anzi era davvero molto semplice ma faceva sembrare Rachel una dea, era proprio una sposa. Gli invitati non sarebbero stati catturati dal vestito, ma dalla visione celestiale di quella stupenda ragazza.
La donna che le aveva infilato il vestito, andò a prendere un semplice velo, che le attaccò sotto la nuca. Rachel si voltò, guardandosi allo specchio con un sorriso smagliante. Era incredibilmente simile a Jacob, avevano lo stesso sguardo e lo stesso sorriso, dal quale tutti potevano intuire la loro indole ribelle e giocosa.
Tutte le sue amiche si complimentarono per il bellissimo vestito, ma Rachel non si accontentò della loro opinione.
-Nessie, che ne dici?- mi chiese regalandomi un suo bellissimo sorriso.
Mi diedi ancora un minuto per poterla osservare, il vestito era semplicemente perfetto, le ricadeva a pennello slanciando le sue bellissime forme. –E’ stupendo- le dissi, ricambiando il sorriso –Paul impazzirà-
La cerimonia che si sarebbe tenuta tra qualche mese non era una cosa in grande stile, come lo era stato per i miei genitori. Dopotutto gli appartenenti alla tribù di Jacob non erano mai state persone sofisticate o snob, il matrimonio si sarebbe tenuto nella riserva con una cerimonia civile.
Alla fine Rachel comprò il vestito. E arrivò la parte migliore o peggiore. Non so come vedano le damigelle la prova degli abiti...Io non particolarmente bene!
Rachel non voleva che avessimo tutte lo stesso abito e questo mi rincuorò, ma volle a tutti i costi che indossassimo vestiti dello stesso colore, che doveva essere tassativamente rosso, perché lei avrebbe avuto il bouquet di rose rosse, mentre noi quello di rose bianche. Ovviamente le rose rosse della sposa erano abbinate alla rosa che avrebbe avuto lo sposo sul taschino della giacca e le rose bianche delle damigelle, abbinate alla rosa che avrebbero avuto gli amici dello sposo.
Mah. Perché i matrimoni dovevano essere una cosa così complicata?
Così tutte le amiche della sposa si diedero alla pazza gioia e andarono alla ricerca degli abiti più belli e più costosi del negozio e, mentre loro erano già tutte nei camerini con cinque abiti a testa da provare, io ero ancora tra gli scaffali a scartare quasi tutti i vestiti.
Erano davvero o troppo volgari o troppo pretenziosi per i miei gusti, avrei voluto qualcosa di più semplice.
-Non ti piacciono i vestiti?- chiese Rachel spuntandomi dietro all’improvviso.
-No- dissi, facendo un balzo per lo spavento –No, non è questo. Sono tutti molto belli, ma non fanno per me, ecco-
-Umm- fece lei, spostandosi ad un altro scaffale –Vieni, forse qui troviamo qualcosa-
Dopo qualche minuto Rachel trovò un bellissimo abito rosso, non era proprio nel mio stile, ma era l’unico vestito semplice che avessi visto in tutto il negozio. Lei insistette perché lo provassi e dopo alcune suppliche, accettai per farla contenta.
-Allora, come ti sta?- mi chiese Rachel, qualche minuto dopo essere entrata nel camerino.
-Emm- in realtà stavo ancora lottando con la zip perché non ne voleva sapere di venire su, alla fine mi arresi e lasciai l’ultima metà della schiena scoperta e aprii la tendina del camerino.
Rachel sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta.
-Sta tanto male?- chiesi portandomi le mani per coprire la parte nuda della schiena.
-Mi vuoi prendere in giro?- mi sgridò lei, facendomi voltare verso lo specchio.
Chiuse la zip al posto mio e lasciò che mi guardassi allo specchio.
La ragazza riflessa nell’immagine era bella da mozzare il fiato. Non mi ero mai vista bella, in realtà non avevo mai fatto caso al mio aspetto, anche perché non avrei mai potuto competere con la perfezione dei miei parenti vampiri. Ma nonostante le differenze, quel vestito mi stava davvero bene.
Era sbracciato, con la scollatura a cuore sorretta da due spalline, molto simili a quelle del vestito di Rachel. Un lunghissimo drappo di tessuto avvolgeva il mio corpo, appena sotto il seno, e terminava in una grande galla, stretta sulla mia schiena, da dove la profonda scollatura a V lasciava intravedere la mia pelle bianca come la neve, in forte contrasto con il rosso brillante del vestito. A differenza di mia madre, che era sempre stata molto magra, io non ero di certo grassa ma, come diceva sempre zia Rosalie, avevo le forme giuste nei posti giusti e, quel vestito, le faceva risaltare in maniera aggraziata e delicata, senza essere per nulla volgare.
La gonna scendeva morbida sulle mie gambe, terminando con un leggero accenno di balze, e arrivava qualche centimetro sopra il mio ginocchio.
Rachel prese i miei boccoli ramati tra le mani e li sollevò, creando uno chignon improvvisato. I miei occhi color cioccolato al latte all’improvviso non sembrarono più così anonimi, erano ancora più belli di quelli dorati dei vampiri. Le gote rosse e gli zigomi leggermente pronunciati mi davano un aria matura, mentre le piccole labbra rosse come le rose richiamavano la mia breve e felice infanzia.
-Non fa male togliersi jeans e felpa ogni tanto, vero?- disse ridendo.
Scoppiai a ridere anche io, aveva ragione. Ogni tanto farsi belle non era affatto male.
-Senti, secondo te, se chiedessi a tua zia...Alice si chiama, giusto?-
-Se è quella fissata con la moda, sì-
-Sì, esatto lei. Se le chiedessi di farmi acconciatura e trucco il giorno del matrimonio, secondo te accetterebbe?- mi chiese Rachel con una nota dubbiosa nella voce.
La guardai sbalordita. Nonostante l’accordo di pace tra licantropi e vampiri, i primi si dimostravano ancora restii a intrattenere un rapporto stretto con i vecchi nemici, fatta eccezione per me si intende. A parte Jacob e Seth, gli altri si tenevano a debita distanza dalla mia famiglia, la stessa Leah, sempre fedele a Jacob, si teneva il più possibile alla larga da noi. Cosa irrilevante mi aveva spesso ripetuto Jake, Leah si teneva alla larga da tutti.
Dubitai per qualche secondo ma alla fine le risposi –Certo, credo che Alice ne sarebbe entusiasta-
-Grazie mille, allora-
Passarono alcuni minuti senza che nessuna di noi due dicesse una parola, io ero persa a fissare il mio riflesso nello specchio, ma in realtà stavo pensando a quanto sarebbe significato per la mia famiglia poter prendere parte al matrimonio di uno dei membri del branco di licantropi. E non una parte qualunque, io sarei stata una damigella e Alice avrebbe pensato a trucco e pettinatura della sposa e, probabilmente, anche delle damigelle.
Talmente persa nei miei pensieri, dimenticai quasi la presenza di Rachel che colse al volo l’occasione di prendermi di sorpresa.
-Sono contenta che tu sia una delle mie damigelle- mi disse, andando a cercare un paio di scarpe da abbinare con il vestito.
Tornò con delle scarpe molto alte, per i miei gusti, ma non dissi nulla perché il matrimonio era il suo e io avevo promesso che avrei fatto la brava bambina.
-Sono anche felice che Jacob abbia un’amica come te- disse, reggendomi mentre muovevo i miei primi passi incerti su quei trampoli.
Quella frase mi fece malissimo, Rachel doveva sapere per forza che avevo deciso di andare ad Harvard e che avevo chiesto a Jacob di non venire con me. Forse mi stava punendo perché lo stavo facendo soffrire.
Lei capii subito cosa stavo pensando e mi rassicurò –Non l’ho detto per farti sentire in colpa, sei libera di decidere della tua vita e non ti giudicherò. E’ solo che...- scosse la testa come se non sapesse spiegarmi quello che le passava per la mente –Era da tanto che non vedo mio fratello così felice e sereno, finché non sei arrivata tu. La tua amicizia gli ha fatto davvero bene-
-Umm- feci. Già, che bell’amica che ero!
Alla fine accettai di comprare il vestito e le scarpe che, dovevo ammetterlo, mi facevano molta paura. Così anche quella era andata e potei tornarmene a casa a rimuginare su come risolvere le cose con Jacob.
Non sapevo che quella giornata non era ancora finita, molte altre cose dovevano accadere. Cose che mi avrebbero portato a dubitare di ogni parte della mia vita, cose che mi avrebbero aperto gli occhi su parti sconosciute di me e del futuro che mi attendeva.



Angolo Autrice: Ciao a tutte ragazze! Mi scuso per il grande ritardo ma è stato un periodo un po' così. Il cane che avevo da quando avevo tre anni è morto e sono stata molto male, quindi potete immaginare che la mia voglia di scrivere fosse sotto lo zero. Comunque ora sto meglio, la vita va avanti e io devo farmi trascinare da lei, giusto? Su questo capitolo- potrebbe risultare un po' noioso ma era assolutamente necessario perchè vorrei concentrarmi bene sui poteri di Nessie, visto che è ancora materiale inesplorato :) E poi ho un po' di idee per il matrimonio ma a questo penseremo moootlo più avanti. Per il resto posso assicurarvi che il prossimo capitolo vi piacerà da impazzire! 
Spero di ricevere tanti commenti. Grazie mille per quelli dello scorso capitolo, sono stata molto felice di leggere così tante recensioni e tutte belle!
un bacione, siete magnifiche!
Sonny

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Capitolo 7
*** "Non sono capace di starti lontano e non voglio nemmeno farlo" ***


Renesmee

 

Mamma e papà erano andati a caccia e zia Rosalie sarebbe arrivata nel giro di pochi minuti, così mi lasciai cadere a peso morto sul bellissimo divano di pelle bianca del salotto di casa mia. Fissai per minuti interminabili il soffitto, senza saper che fare o pensare. Mi sarebbe piaciuto trovare una crepa su quel cemento bianco, ma come ogni cosa della mia vita era perfettamente tenuta in ordine, mantenendo una perfezione quasi spaventosa. Giusto per ricordarmi che io non ero un essere perfetto come i miei famigliari. Giusto per ricordarmi che io ero diversa.
Sapevo che Jacob avrebbe dovuto montare il turno di guardia dopo la mezzanotte, quindi non capii subito il motivo di quell’intrusione, quando all’improvviso i suoi pugni fecero tremare la porta d’ingresso.
-I tuoi ti lasciano andare ad Harvard?- suonò più come un insulto che come una domanda, ma decisi di ignorare quella sua frecciata e lo invitai ad entrare in casa.
-Sì, sono felici che io voglia imparare qualcosa- risposi lasciando intendere che ero ancora arrabbiata con lui, perché aveva pensato a sé stesso invece di pensare a cosa Harvard significasse per me.
-Bè, allora spero che ti prendano- doveva essere un augurio, ma detto con quel tono non lo sembrò affatto. Jacob non si mosse, rimase fermo sull’entrata.
Non gli avrei dato la soddisfazione di perdere le staffe, così con il tono più gentile che riuscii a trovare risposi: –Grazie. C’era qualcos’altro che volevi dirmi?-
-No, niente-
-Bene- lo congedai, lasciandomi scappare un tono acido e quando lui chinò il capo per salutarmi, un saluto aggressivo, gli chiusi la porta in faccia.
Tirai un sospiro lungo e profondo, mentre la mia schiena aderiva al legno della porta, lasciando che il mio corpo scivolasse a terra a contatto del pavimento gelido. Mi faceva male la testa, così male che pensai fosse sul punto di scoppiare, causa sovraccarico di emozioni.
Come mio solito non pensai. Non pensai che avrei messo a rischio tutta la mia famiglia, che sarei stata un perfetto bersaglio per i nemici che non si erano ancora fatti vivi e che, molto probabilmente, aspettavano un mio passo falso. Non pensai che avrei anche messo in pericolo una mortale che non sapeva nulla di licantropi e vampiri.
Lasciai che la rabbia e la voglia di ribellione presero il controllo, disobbedii alla promessa che settimane prima avevo fatto a Jacob, disobbedii alla sua richiesta di stare attenta e non commettere stupidaggini.
Salii come un razzo in camera, afferrai il cellulare e chiamai l’unica persona che volevo sentire in quel momento.
-Emma, sono Renesmee- dissi quando lei rispose alla mia chiamata.
-Nessie!- esclamò sorpresa la mia amica –Ma che fine hai fatto? Non sei più venuta a scuola e non hai mai risposto ai miei messaggi...-
-Ti spiegherò tutto più tardi- improvvisai, mi sarei inventata una scusa mentre andavo da lei. –Che fai stasera?-
-E’ sabato- concluse lei –Il capitano della squadra di football della nostra scuola dà una festa-
-Allora è deciso, ci andiamo- le annunciai, non ero felice di andare ad una festa di teenager in piena crisi ormonale, ma dovevo allontanarmi da quella casa, dalla mia famiglia, da ciò che ero.
Solo per qualche ora, non se ne sarebbe accorto nessuno. Che cosa poteva succedere?
 
Dovrei smetterla di chiedermi che cosa potrebbe mai andare storto!
Avevo preso in “prestito” la Volvo che i miei avevano tenuto, perché Bella ancora non si era abituata alla sua Ferrari. Fui felice di quella scelta perché una decappottabile, un SUV o una macchina da corsa non sarebbero mai passate inosservato.
Andai a prendere Emma sotto casa e ripartimmo, dirette verso la festa.
-Sai le migliori amiche dovrebbero dirsi tutto- fece Emma, mentre un lungo silenzio si era fatto largo tra noi.
Strinsi forte le mani sul volante e fissai diritto la strada, davanti a me. -Mi dispiace-
-Non ti devi scusare- rispose seccata Emma –Non sono arrabbiata. E’ che non capisco, siamo amiche. Ci siamo sempre dette tutto, cosa c’è stavolta? Cosa non mi vuoi dire?-
Mi morsi la lingua. Emma credeva che tra me e lei non ci fossero segreti, che fossimo quasi due sorelle. Io avrei voluto, davvero tanto. Ma non potevo coinvolgerla nella mia vita, non l’avrebbe sopportato e volevo che vivesse una vita normale, ignorando l’esistenza dei muta forma e dei bevitori di sangue.
-Non è che non voglio, io non posso dirtelo-
-Come no- disse, battendo i pugni sulle gambe, coperte dal bellissimo vestito di seta viola che aveva indossato per la festa.
-Emma, hai mai custodito un segreto? Qualcosa che non puoi dire a nessuno?-
-No, perché decido io cosa dire e a chi voglio dirla-
-E se io avessi promesso a qualcuno di custodire questo segreto? Se servisse a proteggere le persone che amo, capiresti?-
Spostai il mio sguardo su di lei. Mi fissava attentamente, come se dai miei occhi potesse estorcere il mio grande segreto. I suoi bellissimi occhi verdi smeraldo, gli occhi della mia migliore amica. La persona a cui avrei voluto raccontare tutto: la paura di perdere la mia famiglia per colpa dei Volturi, il terrore di non essere all’altezza dello scontro e di non poter salvare coloro che amavo. La confusione che si era creata tra me e Jacob. Avrei voluto parlare dei nuovi sentimenti che ultimamente si erano fatti strada dentro di me, probabilmente lei mi avrebbe aiutato a capire, ma non potevo farle questo.
No, lei doveva vivere. Vivere una vita vera, dove nessun licantropo o vampiro avrebbe potuto tormentare i suoi sogni.
-No, non capirei- disse in un sospiro –ma accetterei comunque la tua scelta-
Il cuore mi si riempii di gioia. Le rivolsi un sorriso caloroso e fui lieta di vedere Emma ricambiare. In quel momento non potevo pretendere che mi capisse, avevo solo bisogno che mi stesse vicina.
-Fammi indovinare- disse poi con tono scherzoso –centra con Jacob, vero?-
Evitai di voltarmi verso di lei e guardarla con occhi sgranati, così lasciai che le mie unghie affondassero nel volante mentre rispondevo con finta ironia: -Dio, ma tu sei fissata!-
-Ehi, di che ti lamenti? Ce l’avessi io un migliore amico così figo che mi guarda come Jake guarda te!-
-Che razza di pervertita- commentai, alzando gli occhi al cielo. Mi era mancata la sua ilarità nel mese in cui le ero stata lontana, ora ricordavo perché le volessi tanto bene e del perché avevo disubbidito ai miei genitori, nel stringere un legame così forte con un umana, al di fuori di nonno Charlie e della tribù di Jacob.
-Sì certo, quando tu e Mr Muscoli vi metterete insieme ti rifilerò una bella sberla-
Certo, a vedere come stavano andando le cose in quel periodo, probabilmente io e Jake non saremmo più rimasti nemmeno amici.
-Mr Muscoli?- domandai ridendo, divertita dal soprannome che aveva affibiato a Jacob.
-Bè non venirmi a dire che non li hai mai guardati!- fece Emma, sorridendo all’idea.
Cercai di non pensare a quanto fosse fuori di testa quella ragazza e al fatto che, l’essere così ossessionata dal fatto che io e il mio migliore amico dovevamo assolutamente metterci insieme, non era una cosa tanto normale.
Arrivammo alla festa qualche minuto più tardi e mi pentii della decisione che avevo preso nell’esatto momento in cui varcai la soglia della porta.
Avevo indossato un vestito che zia Alice mi aveva comprato tempo fa, nella speranza che rinsanissi e trovassi il buon gusto in fatto di abbigliamento.
Era la prima volta che lo mettevo e mi sentivo a disagio. Il vestito era fatto di seta, morbida e leggera, color blu notte. Si legava dietro al collo e si apriva sul petto con uno scollo a V, lasciando intravedere le mie forme. Il vestito aderiva perfettamente al mio corpo fin sotto il seno, da dove il tessuto scendeva morbido, slanciando le mie lunghe gambe. Sui bordi della gonna erano disegnati dei piccoli fiorellini neri, intonati alla scarpe. Era anche la prima volta che indossavo i tacchi per così tanto tempo e giurai che sarebbe stata l’ultima, Rachel poteva anche essere la persona più buona dell’universo, ma non avrei mai tenuto quelle trappole mortali per un’intera giornata! Come diavolo facevano Alice, Rosalie ed Esme a stare su quei trampoli per tutto il giorno?
Non mi divertii particolarmente, perché la musica così alta mi distruggeva i timpani, muniti di un udito eccezionale e la mia vista ultrasensibile non reagii bene a tutto quel buio e alle luci che andavano e venivano.
Comunque fu liberatorio passare qualche ora senza doversi preoccupare di Volturi, lettere di ammissioni per l’università e licantropi con il cuore infranto.
Le cose cominciarono ad andare male quando un ragazzo mi chiese di ballare. Era più alto di me di qualche centimetro, un sorriso smagliante, i capelli biondi e gli occhi verdi.
Bello da mozzare il fiato, ma non tanto bello quanto Jacob.
Oh Dio, l’ho pensato davvero?
All’inizio avevo pensato di rifiutare l’invito, ma quel pensiero mi diede la spinta necessaria per accettare.
Ballai con quel ragazzo e fu orribile: cercò di sfiorare ogni parte del mio corpo, per poi toccarmi con mani più aggressive. Lo respinsi spesso, senza però riuscire mai a staccarmelo di dosso. Mi teneva stretta nel suo sudicio abbraccio, non sapeva che avrei potuto sbatterlo contro il muro o dargli un pugno in faccia che lo avrebbe lasciato privo di sensi per ore, ma non potevo fare nessuna di queste cose, non in una sala piena di gente.
La goccia che fece traboccare il vaso fu quando tentò di baciarmi, cercai di allontanarlo ma il ragazzo mi strinse i polsi con una mano e con l’altra afferrò il mio viso e lo avvicinò al suo.
Che stupida, mi ero fatta immobilizzare troppo facilmente. Per giunta da un essere umano!
Non feci nemmeno in tempo a pensare a come lo avrei colpito, un semplice calcio in pancia sarebbe bastato a levarmelo di torno, ma l’idea mi venne in mente troppo tardi. Una figura alta e possente si era già avventata su di lui, dividendomi da quel verme.
-Che cosa credevi di fare?- non ebbi bisogno di guardare in faccia l’aggressore, la voce tremolante e rabbiosa di Jacob l’avrei riconosciuta ovunque.
Il ragazzo dagli occhi verdi non rispose, era rimasto sbalordito dalla velocità e dalla forza con cui Jake lo aveva strattonato via da me.
Senza il minimo sforzo, il mio migliore amico lo sollevò per il colletto della camicia. -Vedi di stare lontano da lei- poi lo fece ricadere sul pavimento con un tonfo sordo e il tizio non se lo fece ripetere una seconda volta, si girò e sparii tra la folla.
Io ero rimasta ferma per tutto il tempo, con la bocca spalancata e un’espressione da pesce lesso sulla faccia, poi la mano calda di Jacob si strinse nella mia e con forza mi strattonò via con sé.
-Hai la minima idea del casino che hai combinato?- mi urlò contro, usciti dalla casa. Eravamo sul vialetto, a pochi metri dalla moto con cui Jacob era venuto a recuperarmi, la musica della festa rimbombava per tutto il vicinato e degli strani tizi erano sdraiati sul giardino, incapaci di rialzarsi per il troppo alcool.
 –Ti stanno cercando tutti e sono tutti molto preoccupati per te. Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in testa?-
Non risposi e non lo guardai in faccia. Ero stata così egoista, avevo messo in pericolo tutta la mia famiglia per un mio piccolo capriccio e per avere litigato con Jake.
-Nessie, guardami!- mi ordinò e io obbedii. Mi sentii morire quando lessi nei suoi occhi quanto lo avessi fatto stare in pena. La rabbia che dimostrava mentre mi parlava era solo un modo per sfogare tutte le sue preoccupazioni.  
–Dimmelo, ti prego. Perché non so proprio che cosa pensare, dimmi che non sei stata così stupida da prendere e sparire via così! Anche se lo trovo difficile visto che: prima te ne vuoi andare in un college lontano chilometri da me, scappi senza dire niente a nessuno e infine, dopo avere girato in tondo come uno idiota, temendo il peggio, ti trovo ad una stupida festa abbracciata al primo che passa! Cos’è ti diverte tanto vedermi stare male per te?-
-No- fu l’unica parola che uscii dalla mia bocca. Un suono appena percettibile.
-No, cosa?- chiese di nuovo Jacob, più arrabbiato che mai.
-No, non mi diverto a vederti soffrire- gli sbottai contro, quando il suo tono di voce iniziò a darmi sui nervi. Come poteva credere che desiderassi la sua sofferenza? Sapeva benissimo che se stava male lui, stavo male anche io. Avevo sempre desiderato la sua presenza, sentivo sempre la necessità di averlo al mio fianco, gli avevo dato mille dimostrazioni del mio affetto. Come poteva solo dubitare di me e di noi?
– Ma se ho fatto quello che ho fatto è perché la persona più importante della mia vita, il mio migliore amico, mi ha dato dell’egoista quando gli ho rivelato che ho intenzione di fare qualcosa della mia vita-
Jacob rimase senza parole, una volta tanto, e stavolta fu il mio turno di buttare fuori tutte le mie angosce. -Lo sai come ci si sente ad essere sempre quella da proteggere? A vedere tutta la tua famiglia che mette a rischio la vita per salvarti mentre tu non puoi fare niente? Voglio vedere il mondo Jake. Voglio studiare, prendere la laurea e anche se non lavorerò mai, perché non potrò rimanere nello stesso posto a lungo, voglio rendermi utile. Quando mi hai detto che Harvard era una scelta sbagliata e che ero stata un’egoista a non pensare a noi due, mi sono sentita morire-
Non volevo piangere, non piangevo mai di solito, se non per cose importanti ma non riuscii a trattenere le lacrime e mi odiai per questo, non volevo dimostrarmi debole.
Il dolore che mi aveva provocato la disapprovazione di Jacob era troppo forte. In genere ogni volta che mi succedeva qualcosa, sia bella che brutta, il primo pensiero che mi sfiorava la mente era: “devo dirlo subito a Jake!”. E quando zio Emmet faceva una battuta, mi voltavo sempre per vedere se anche lui stava ridendo.
Sapere che il mio migliore amico non condivideva la mia scelta di andare ad Harvard mi aveva lacerata. -Non ti avrei mai chiesto di scegliere fra il tuo branco e me- dissi infine.
-Il problema qui non è se mi vuoi con te ad Harvard. Il problema è che io non voglio che tu vada-
-No, non lo dire.- dissi e sembrò una supplica. - Non sei un ipocrita, Jacob.-
-E invece lo sono!- non si era mai rivolto a me in quel tono. Sembrava arrabbiato, perché stava urlando come un pazzo ma in realtà era solo distrutto dal dolore. Un dolore che non riuscivo a capire, era come se qualcosa lo stesse frustrando. C’era qualcosa che non mi voleva dire, perché  voleva che ci arrivassi da sola. Forse era questo che lo esasperava, il fatto che fossi così cieca da non capire una cosa che per lui era talmente ovvia.
- Cristo, Nessie ma non l’hai ancora capito? Io non voglio che tu te ne vada perché non sopporterei la tua mancanza. Non sono forte come credi, non quando si tratta di te. Non sono capace di starti lontano e non voglio nemmeno farlo.-
Quella rivelazione mi lasciò esterrefatta. In realtà, ora che ci pensavo bene, avrei dovuto davvero capirlo da sola. Era così palese, ma non ci ero arrivata. O forse, semplicemente, non avevo voluto capirlo.
Jacob lasciò passare qualche minuto e, quando seppe che non avrei detto nulla, fece dei lunghi e lenti passi verso di me, come se non fosse ancora del tutto convinto di quello che stava per fare. Ma alla fine mi raggiunse, si mise davanti a me, oscurandomi con la sua stazza. Mi prese il mento nella sua mano forte e calda e, con il pollice, accarezzò il profilo del mio viso.
Poi si chinò leggermente verso di me e allo stesso tempo, alzò il mio viso di qualche millimetro, e mi baciò. Non fu un bacio lungo e appassionato, né tantomeno dolce.
Appoggiò le labbra sulle mie con forza, come se stesse rivendicando un suo diritto, come se fossi  sua.
Ma non socchiuse la bacca e non intensificò quel nostro primo bacio. Il mio primo bacio.
Io non opposi resistenza, a causa della troppa sorpresa, ma prima che potessi anche solo realizzare che cosa stavamo facendo, Jacob si scostò. Sciolse il mio viso dalla sua stretta e si mise la mano in tasca. Gli occhi erano spalancati, come se nemmeno lui si fosse reso conto di quello che aveva appena fatto. Rimase lì a pochissimi centimetri da me, abbassò leggermente lo sguardo, osservando con attenzione il mio vestito. Non era abituato a vedermi in quella versione.
-Sei molto bella- sussurrò, probabilmente sperando che non l’avessi sentito.
Senza aggiungere altro e senza guardarmi in faccia, si voltò e a passi veloci, raggiunse la sua moto.
Rimasi ferma imbambolata ancora per qualche secondo.
Non ci potevo credere. Era successo. Jacob. Il mio migliore amico, mi aveva baciata.
Quante volte Emma mi aveva parlato di questo momento? Aveva passato ogni giorno dell’anno scolastico a riempirmi la testa di strane fantasie in cui io e Jacob, finalmente, rivelavamo i nostri sentimenti per poi concludere la bella scenetta con un lungo e dolce bacio.
Bè non era andata proprio come Emma si era immaginata.
Emma….Emma!
Dov’era finita?
Feci per voltarmi e andare a cercarla, non potevo lasciarla lì, in mezzo a tutti quei sudici ubriaconi, ma prima di rientrare in casa a cercare la mia migliore amica, guardai Jacob.
Una stranissima sensazione mi pervase. Chi poteva pensare che, dopo un bacio, Jake mi sarebbe sembrata una persona totalmente diversa?
Fu come se qualcuno avesse tolto un velo, un velo che aveva reso i miei occhi ciechi. Vidi Jacob per la prima volta, in quell’istante tutto sembrò perfettamente chiaro. Tutto ciò che volevo, tutto ciò di cui avevo bisogno e che fino a quel momento non avevo mai sospettato mi mancasse. Quell’immagine mi sarebbe rimasta impressa per tutta l’eternità, nulla avrebbe potuto essere così chiaro; in sette anni della mia vita, dalla prima volta che avevo visto Jacob, dalla volta in cui, pochi minuti dopo la mia nascita, il mio migliore amico era entrato nella stanza in cui Rosalie mi teneva cullata tra le braccia, avevo visto gli occhi pieni d’odio del mio assassino mutare in occhi pieni d’amore, di quel ragazzo, l’unico ragazzo che avrei mai potuto amare.
-Jake- lo chiamai, ma lui fece finta di non sentirmi.
Gli corsi dietro, mentre lui stava già tirando fuori il casco dal sottosella della moto. –Jake, guardami!- lo strattonai per un braccio e lo costrinsi a voltarsi.
Quando lui si girò e posò il suo sguardo sul mio, il mio cuore fece un salto.
Lo afferrai con forza per il colletto della giacca e lo strinsi a me, cercai con avidità la sua bocca e quando la trovai, lo baciai con la stessa forza che lui aveva usato prima.
Senza aspettare una sua reazione, schiusi le labbra e approfondii il bacio che, piano piano, mi investii con tutta la sua potenza, quando le braccia muscolose di Jacob mi circondarono i fianchi e mi sollevarono da terra. In quell’esatto momento, così perfetto ed eterno, giusto e sbagliato divennero una cosa sola, come il sogno e la realtà. Come me e Jacob.
Il fatto che stessi baciando il mio migliore amico non mi aveva ancora sfiorata, nel senso che avevo reagito di istinto, senza lasciare il tempo alla mia mente di pensare, perché probabilmente se lo avessi fatto, non avrei mai avuto il coraggio di baciarlo così.
Il mio inconscio desiderava con tutto se stesso che quel bacio non finisse mai, mentre la parte conscia del mio cervello urlava, chiedendosi cosa diavolo stessi facendo. Ma non importava, in una situazione di piena lucidità ciò che io e Jake stavamo facendo, l’avrei denominata come sbagliata. Una cosa del tutto sbagliata e irrazionale.
Non mi importava, in quel momento, che fosse la cosa giusta o meno non era rilevante.
Presa da quel bacio, non mi accorsi che Jake aveva fatto mezzo giro su se stesso, appoggiandomi al sedile della moto. Gli circondai il collo con le braccia, mentre con le mani disegnavo piccoli cerchi tra i suoi capelli. Il sapore della sua bocca si unii al mio, provocandomi un brivido di freddo che mi pervase la spina dorsale.
Come potevo essere stata così ingenua? Come potevo avere creduto che tra me e Jacob ci fosse stata solo amicizia?
Lasciai che il mio corpo aderisse perfettamente a quello di Jacob, che mi stringeva con tale forza da togliermi il respiro. Quell’atto, riconfermò il sospetto che, il mio migliore amico, stesse cercando di rivendicare un suo antico diritto, come se volesse affermare la mia appartenenza. In quell’abbraccio, in quel bacio, sentii di essere sua e di esserlo sempre stata, sentii io stessa di volerlo, non mi sarei ritratta a quel richiamo. Era troppo forte, come se fosse una cosa genetica, come se io e Jacob dovessimo per forza stare insieme per poter vivere.
Il bacio durò per un tempo incalcolabile, ore o forse minuti, qualche breve secondo. Poi ci costringemmo a concludere il bacio, quando entrambi ricordammo di dover respirare.
Le mie guance si erano arrossate per la foga del momento e sentivo le labbra inumidite del sapore di Jacob, lui aveva gli occhi che brillavano e respirava a fondo per cercare di riprendere il controllo di sé.
Presi un respiro profondo, assaporando l’aria gelida della notte. Alzai lo sguardo su Jacob per vedere se anche sul suo viso ci fosse un’espressione di sconvolgimento come nel mio, ma il mio migliore amico non volle incrociare i miei occhi, si diede un’occhiata in giro e, con delicatezza, sciolse l’abbraccio in cui eravamo ancora avvinghiati.
-Dovremmo tornare a casa, ora- disse, scostandomi una ciocca di capelli dal viso. Sembrava imbarazzato, non sapeva cosa fare o cosa dire.
Senza guardarmi, si mise il casco e quando vide che io non mi ero mossa, prese il casco di riserva, che teneva per me, dal sotto sella e me lo mise in testa. Poi mi avvolse il suo giubbotto sulle spalle, visto che avevo dimenticato alla festa il mio.  Jake salii sulla moto e, con una stretta dolce, mi prese i polsi e si avvolse le mie braccia attorno al busto. Fece partire la moto e sfrecciò a tutta velocità nel buio della notte, nera come l’inchiostro.
Mi accompagnò fino davanti alla porta di casa, tenendosi leggermente a distanza, per evitare che le nostre mani si sfiorassero. Le mie gambe tremavano, un po’ per la foga del bacio e un po’ per tutti i sentimenti che esso mi avevano provocato. Prima di entrare mi voltai verso di lui, in cerca di qualcosa nel suo sguardo. Volevo essere certa di non trovarvi alcun segno di pentimento.
-Meglio se entri, sono tutti in pensiero per te- disse Jacob facendo un cenno verso la porta, cercando di sorridere. Io feci un passo avanti verso di lui, avrei voluto baciarlo di nuovo. Avrei passato tutta la notte stretta fra le sue braccia, ma prima che potessi fare qualunque cosa, prima ancora di toccarlo, Jacob mise le mani avanti, bloccandomi a debita distanza.
-Cerca di non combinare altri guai, mostriciattolo- Si chinò e mi diede un lieve bacio sulla testa, augurandomi la buona notte, e poi si allontanò frettolosamente lungo il vialetto. Sparendo con la stessa velocità con cui era apparito alla festa. Rimasi ferma sulla porta d’ingresso, finché le luci della moto non sparirono nel buio, poi mi preparai a subire la più grande sgridata della storia dei tempi.



Angolo Autrice: Ehi ciao! Allora devo dire che questo capitolo è stata una vera e propria tortura. Volevo che la scena del bacio tra Jacob e Renesmee fosse assolutamente perfetta, la descrizione, il luogo, i loro sentimenti così confusi. L'avrò riscritta almeno cento volte, aggiungendo o togliendo ogni volta una parte diversa. Alla fine mi sono detta che non potevo andare ancora avanti così, perchè altrimenti non avrei mai finito questa storia. Così ecco qui il capitolo, ne sono soddisfatta anche se, fosse stato per me, non l'avrei mai pubblicato. Sono una perfezionista, mi dispiace per voi :D
Beh per il resto spero che vi sia piaciuto...COMMENTATE NUMEROSE, voglio sapere cosa ne pensate!
Grazie mille a chi ha commentato il capitolo precedente!
un bacione, Sonny.

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Capitolo 8
*** Devi badare alla mia bambina adesso ***


Jacob

 
Oh per l’amor del cielo, Jake piantala!
La voce di Leah pervase la mia mente, riscuotendomi dal flusso dei miei pensieri.
Ti lamentavi di meno quando Bella stava per trasformarsi in una succhiasangue!Si lamentò nuovamente il mio comandante in seconda, la mia Beta.
 Sai, Leah le dissi, scrollandomi l’umidità dell’alba dal pelo lungo e folto. Se ti danno fastidio i miei pensieri, dovresti smettere di ascoltare e farti gli affari tuoi, una volta tanto!
Leah era molti chilometri più a ovest rispetto a me, che stavo controllando il lato opposto della casa dei Cullen. Socchiusi leggermente gli occhi e vidi che stava raggiungendo le zone dove io e Nessie eravamo soliti andare a caccia. Chissà se era più tornata senza di me? E se no, aveva abbastanza riserve di sangue per sopravvivere ad uno scontro?
Erano passate settimane dal giorno in cui i Volturi erano venuti a farci visita, due giorni dopo sarebbe stato capodanno, e di loro non si era più saputo niente. Edward non riusciva a sentire i loro pensieri, Alice non vedeva nulla, a parte un sacco di macchie nere e noi licantropi non avevamo sentito nessun odore anomalo.
Avevo cominciato a pensare che, avendo vissuto così tanto tempo con i vampiri, il loro odore non mi desse più fastidio e che il mio subconscio lo avesse catalogato come innocuo e quindi qualcosa da non considerare. Ma anche Sam e gli altri non avevano sentito nulla di strano in arrivo, nessuna morte ingiustificata nelle zone vicino Forks.
Qualcosa non quadrava.
Già, ma sai è un po’ difficile ignorare qualcuno che urla come un pazzo! Ringhiò di nuovo Leah.
Cercai di ignorarla, avevo già troppi problemi per dover anche badare a lei.
Io proprio non ti capisco. Continuò, sapendo che stavo iniziando ad innervosirmi ma tanto ci era abituata. Fino all’anno scorso non avevi ancora mai visto Renesmee in quel senso. E adesso che l’hai baciata, perché non vuoi essere più solo suo fratello, sei entrato in stato vegetativo e non fai che lamentarti. Ma diavolo sei innamorato di lei e lei ha ricambiato il bacio, perché cavolo continui a piagnucolare?
 Io non sto piagnucolando! Protestai offeso.
Oh si che lo fai, sembri un neonato che vuole il latte. Si intromise Seth, che si era appena trasformato, coprendo il lato a sud di casa Cullen.
 Ma la volete piantare voi due? Cos’è avete fondato un fan club per spettegolare sulla mia vita?
Continuai per un po’ a borbottare su quanto quei due fossero irritanti, poi alla fine mi arresi e spiegai tutta la situazione. Da una parte avevo bisogno che quei due stessero un po’ zitti, perché mi stavano davvero irritando ma avevo anche bisogno di qualcuno con cui parlare, che mi consigliasse su come affrontare una discussione con Nessie, in cui avrei dovuto rivelarle molte cose sul nostro rapporto.
Il problema non stava nel fatto di avere paura di stare con Nessie. O meglio, sì era anche quello un problema perché Bella mi avrebbe staccato la testa non appena avesse saputo che avevo cominciato a pensare a Nessie in quel senso, ma di tutti quello era il male minore.
E dove sta il problema? Chiese insistente Leah, mentre rincorreva un alce tra gli alberi.
 Smettila di fare il cucciolo! La rimproverai.
Allora rispondi alla mia domanda.
 Il problema sta nel fatto che non le ho ancora detto nulla dell’imprinting.
Ecco quello era l’enorme problema. Non era una cosa facile andare da una persona e dire: “ehi c’è una cosa che mi sono dimenticato di dirti: da quando sei nata sei diventata il centro del mio universo!”
No, non era una cosa facile. Soprattutto se la persona in questione era Nessie.
Ero terrorizzato dalla reazione che avrebbe avuto. La conoscevo meglio di me stesso eppure non avrei saputo dire come avrebbe reagito, speravo solo che avrebbe capito.
Mah, ti avevamo detto tutti di non tenerle nascosta la cosa tanto a lungo. Disse Seth, con una nota di soddisfazione nella voce, visto che per una volta lui era nel giusto.
Certo, facile per te che hai avuto l’imprinting con una ragazza della tua età e che non è figlia della tua quasi ex ragazza!
 Ahah, già. Ridacchiò Seth, ricordando il casino in cui la sorte mi aveva ficcato. Non trovi una nota di ironia in tutto questo? Forse la vita ha davvero il senso dell’umorismo!
 Se è così, io non lo trovo divertente. Dissi avvilito, mentre mi dirigevo più a nord. Sono stato proprio un idiota. Ieri sera avrei dovuto dirglielo e invece non l’ho fatto!
Umm, fece Leah pensando ad un modo delicato per dirmi ciò che aveva in mente. Allora sei fottuto.
 Grazie mille per il supporto, eh.
Sempre a tua disposizione.
 
Staccai qualche ora dopo, il sole stava ancora nascendo e quando passai davanti a casa Cullen per recuperare il mio giubbotto di pelle e la moto, l’abitazione era silenziosa come al solito. Riuscivo a sentire il respiro di Nessie al piano di sopra, mentre dormiva beatamente nella camera da letto che una volta era appartenuta a suo padre.
Ripensare al bacio della sera precedente mi fece venire voglia di correre come un pazzo verso la porta, volare su per le scale e piombare da lei per svegliarla e baciarla di nuovo. Ma non l’avrei fatto. Sapevo che anche per Nessie le cose erano cambiate, da più di un mese avevo notato che l’affetto di amicizia che nutrivo nei suoi confronti era svanito. E un nuovo filo ci aveva avvolto, un filo più forte e più stretto.
-Jake- qualcuno chiamò il mio nome. Mi voltai di scatto e vidi Bella in piedi sull’ingresso che mi guardava con sguardo interrogativo. –Che stai facendo?-
-Ciao Bells- la salutai, cercando di fingere indifferenza –Stavo per andare a casa-
-Ti va di entrare un momento? Ti offro qualcosa da mangiare, credo che ci sia ancora qualche avanzo del gelato che Nessie ha mangiato ieri sera-
Ecco, perfetto. Bella mi aveva già beccato e mi stava attirando con la scusa del cibo per staccarmi la testa, come aveva già tentato di fare sette anni prima.
-Emm, okay- risposi con una certa esitazione, però alla fine mi rimisi le chiavi della moto in tasca ed entrai in casa, seguendo Bella.
Mi accomodai sulla sedia della penisola che divideva a metà la cucina e osservai la mia migliore amica prendere una vasca da un chilo di gelato dal frigorifero per poi mettermela sotto il naso. Ero tentato di mangiarmi tutto il gelato al cioccolato che Nessie aveva avanzato, ma decisi che non era il caso, dato che l’espressione di Bella mi faceva intuire che non mi avesse invitato dentro solo perché mi vedeva un po’ patito.
-Ci sei solo tu?- chiesi, dato che quella mattina Emmet e Jasper avevano appena montato il turno di guardia.
- Sì- annuì Bella con un sospiro –Edward e Alice sono andati a caccia, Rosalie ed Esme controllano mio padre e Carlisle è andato a prendere un po’ di sangue per Nessie- si fermò come se quel pensiero le facesse male –Nel caso fosse necessario- aggiunse poi.
Conficcai con forza il cucchiaio nel gelato e cominciai a disegnarci dei piccoli cerchi. Senza alzare lo sguardo chiesi –Come sta?-
-Bè, credo che questa domanda dovrei farla io a te- osservò Bella, senza lasciare trasparire nessuna emozione.
Stavo per completare un cerchio, ma il cucchiaio mi scivolò di mano disegnando una lunga linea diritta in mezzo alla vaschetta.
Da quando Bella era diventata una vampira aveva acquisito anche il dono della perspicacia, quando era umana non arrivava facilmente a trarre le conclusioni giuste o almeno ci metteva un po’ di tempo. Adesso mi ritrovavo nei casini perché nasconderle qualcosa era diventato dannatamente difficile. Così decisi di non tirarmi indietro, confessai, consapevole delle conseguenze che avrebbe portato.
–Non pensavo che sarebbe stato così difficile- ammisi, ammettendo la mia colpa.
-Umm, nemmeno io- concordò.
Rimanemmo in silenzio per lunghi minuti, dove nessuno si mosse. Il tempo si fermò in quell’istante imbarazzante.
-Sai, quando mi parlasti per la prima volta dell’imprinting, mi chiesi se ci sarebbe mai stata una ragazza alla tua altezza dopo tutto il male che ti avevo fatto- disse Bella con un lieve sorriso sulle labbra.
Alzai di scatto lo sguardo su di lei, era...felice? non aveva alcuna intenzione di staccarmi la testa? Di squartarmi, di uccidermi a morsi o che so io?
Ma mi lasciai scivolare via la tensione e, con una risata lieve quanto il suo sorriso dissi –Scommetto che non ti saresti mai immaginata una cosa del genere-
-No- concordò lei –assolutamente no-
-E’ cominciato tutto un mese fa-, decisi di dirle la verità, tanto l’avrebbe scoperta comunque. -All’inizio non ci avevo fatto molto caso perché era cominciato in modo graduale, poi con la storia di Harvard le cose sono precipitate e, l’altra sera, quando sono andato a prenderla è successo. E non le ho detto la verità-
-Lei ti ama Jake- mi rivelò Bella, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo -da quando è nata. Tu le appartieni, come lei appartiene a te-
-Potrebbe non prenderla così bene- le feci notare io.
-Bè all’inizio probabilmente no, ma non potete fare a meno l’uno dell’altra. Tu l’hai scelta, l’hai trovata. È lei la tua compagna- mi ricordò e sembrò quasi che la cosa le facesse piacere.
-Sette anni fa non sembravi così entusiasta-
-Non lo sono nemmeno adesso, credimi.- si affrettò a precisare, mollandomi una forte pacca sulla spalla -Ho semplicemente accettato il fatto che tu le vuoi bene, la puoi rendere felice e questo è ciò che voglio per lei-
Non le risposi. Il fatto di pensare sempre prima alla felicità di Nessie non mi era mai pesato, lo consideravo un onore. Qualcosa per cui ero nato. Semplicemente l’avevo scoperto tardi.
La nascita di Renesmee mi aveva permesso di capire molte cose su me stesso, prima di lei avevo creduto che il mio unico destino fosse stato quello di dover sempre vivere nell’ombra e nella sofferenza. Il dolore per l’amore non corrisposto di Bella mi stava prosciugando, mi aveva fatto diventare egoista, mi aveva fatto odiare i vampiri che ora erano come una seconda famiglia per me. Solo quando era arrivata Renesmee tutti i pezzi della mia vita avevano trovato di nuovo il loro posto e il mondo all’improvviso mi sembrava avere un senso.
La frustrazione che provavo per Bella, il fatto di non poter e non voler accettare il suo rifiuto...era sempre stata Nessie. Non potevo vivere senza Belle perché una piccola parte di lei, quella che poi avrebbe dato vita alla ragazza di cui mi ero innamorato, non voleva in realtà che smettessi di starle vicino e di amarla.
Solo la sera più brutta e più bella della mia vita, la sera del parto della mia migliore amica, tutta la mia vita aveva finalmente acquisito un senso. Finalmente avevo capito chi ero. Ero Jacob Black, nipote di un maschio Alfa, non avrei rinunciato al mio diritto di comandare e avrei per sempre amato Renesmee Cullen, la figlia della mia migliore amica e del mio acerrimo nemico.
-Dimmi un po’, non è che hai baciato mia figlia nello stesso modo in cui hai baciato me, il giorno della battaglia con i neonati, vero?- chiese Bella in tono malizioso, ma con una nota di minaccia.
Ripensai alla forza e all’aggressività con cui avevo baciato Bella, tanti anni prima, facendole credere che se l’avesse fatto io non avrei partecipato alla battaglia.
Il bacio con Nessie era stato una cosa totalmente diversa. Era stato spettacolare, come se mi fossi ricongiunto alla parte mancante della mia anima. L’avevo aspettata per così tanto tempo.
-Posso avvalermi della facoltà di non rispondere?- chiesi, pensando che sarebbe stato meglio per la mia salute non proferire parola sull’argomento.
-Va bene. Lo scoprirò presto, comunque- mi avvertii Bella ma in modo scherzoso. Poi sembrò rabbuiarsi, come se si fosse ricordata qualcosa di molto spiacevole.
Fissò su di me i suoi occhi color del miele, che una volta erano stati colore del cioccolato al latte, come quelli della figlia.
-Jake, devo chiederti un ultimo favore- disse Bella, con la voce che tremava.
Non mi diede il tempo di rispondere, lasciò la cucina e si diresse verso la grande sala. Io la seguii senza fare domande e presi posto sul divano di pelle bianco, mentre Bella apriva un cassetto del mobile vicino alla mega televisione al plasma. Si sedette vicino a me con in grembo una cartelletta blu, la teneva stretta a sé come se ne andasse della sua stessa vita.
-Setti anni fa chiesi a Renesmee di dirti di portarla via se i Volturi non ci avessero dato via di scampo.- cominciò, tamburellando nervosamente le dita sul fascicolo di fogli appoggiati sulle gambe.  -Lo feci sapendo che lei avrebbe obbedito, anche se questo significava lasciare tutti noi.-
Il mio cuore accelerò i battiti e il mio respiro si fece affannoso. Avevo paura di ciò che Bella stava per dirmi.
-Oggi invece non potrei più farle la stessa richiesta, non accetterebbe di fuggire sapendo di lasciare tutti noi di fronte a morte certa- sospirò a malincuore. Il suo bellissimo viso era contratto in una smorfia di dolore.
 -Ancora una volta, devo chiederti molto Jacob. Però non potrei affidarla a nessun altro, non per l’amore che nutri nei suoi confronti, ma perché sei l’unico che potrà mai tenerla al sicuro-
Spostò la cartelletta dalle sue gambe alle mie -In questa busta ci sono due nuovi passaporti, una patente per te e due biglietti per l’Australia.- disse mentre con le dita candide sfogliava tutto l’occorrente per una fuga.
-Non dare mai nulla per scontato- mi raccomandò, piantandomi addosso uno sguardo severo, per un momento i suoi occhi sembrarono pericolosi come quelli di sette anni fa, quando ancora era una neonata. Sapevo che non avevo nulla da temere, pur essendo un’immortale fredda e indistruttibile era sempre una mamma.
–Ho aperto diversi conti bancari in tutto il mondo, lì ci sono tutti i soldi della famiglia Cullen. Questa è la lista con tutti i codici e i luoghi in cui potrai prelevare il denaro, mi raccomando: sempre in contati così non vi potranno rintracciare.-
Avevo cominciato a scuotere la testa, troppe informazioni mi stavano viaggiando in testa e la consapevolezza della richiesta che mi stava facendo Bella era troppo dolorosa.
-Non restate nello stesso posto per troppo tempo e cercate di non dare nell’occhio. Quando puoi rinnova i passaporti con nomi diversi, qui c’è il numero di un amico di famiglia che ti farà avere tutto l’occorrente senza fare domande-
-Bella, io…- provai a ribattere perché, nonostante l’amore che mi legava a Nessie, la mia coscienza mi ricordava che c’erano molte altre persone a cui volevo bene e che, accettando il compito che mi stava affidando Bella, avrei dovuto abbandonare in faccia alla morte.
-Jacob, la vita che ti sto chiedendo di fare sarà dura e pericolosa, non potrete più avere un posto da chiamare casa e non potrete mai più fare ritorno a Forks.- mi interruppe lei, cercando di convincermi che quella era l’unica soluzione, l’unica possibilità di proteggere la nostra libertà. -I Volturi vi verranno a cercare e finché non avranno trovato Renesmee non vi daranno pace-
Presi un respiro profondo, avevo pensato molte volte a come risolvere la situazione nel caso le cose si fossero complicate ma quella soluzione non mi era mai venuta in mente. Probabilmente perché avevo sempre sperato che non si arrivasse a tanto.
-Mi stai chiedendo di lasciarvi tutti a morire? Vuoi che scappi mentre il mio branco, tu, Edward e gli altri si fanno massacrare da quegli schifosi?- chiesi con la voce che tremava non so se per rabbia o per sofferenza.
 -No. Ti sto chiedendo di salvare Renesmee- rispose Bella con voce pacata ma consapevole di quanto fosse grave il compito che mi stava affidando.
In quel momento però, realizzai che era davvero la soluzione migliore. No, era l’unica.
Magari i Volturi non volevano nulla e noi tutti ci eravamo preoccupati per niente, ma ormai quella vana speranza si era quasi dissolta per tutti noi. Se fossero venuti per una visita di piacere e quindi per controllare semplicemente la situazione, perché Aro e gli altri avrebbero dovuti disturbarsi e venire fin qui?
No, volevano Renesmee. Volevano qualcosa da lei.
Se si fosse raggiunti ad uno scontro, saremmo morti tutti. Eravamo troppo pochi per sostenere una battaglia con così tanti avversari, la cui maggior parte munita di poteri. E se invece avessimo accettato le loro condizioni probabilmente ci avrebbero uccisi tutti lo stesso, dopo avere preso da Renesmee ciò che volevano.
Bella aveva ragione, solamente io e Renesmee avremmo potuto sopravvivere, gli altri erano tutti condannati a morte. I Volturi avrebbero rintracciato i Cullen ovunque, l’unica possibilità che Nessie aveva di vivere era di scappare con un licantropo, il solo che avrebbe coperto il suo odore e che nessun vampiro avrebbe potuto rintracciare con i poteri. Quindi l’unico a poterla salvare ero io. Ero nato per questo, era il mio destino.
-Ti prego Jake, salva mia figlia. Promettimi che, se le cose dovessero andare male, la porterai via. Ti odierà per quello che hai fatto, ma te lo chiedo comunque. Ti prego, portala via, salvatevi entrambi e vivete una vita lunga e felice-
Sapevo che Bella aveva ragione, che dovevo salvare Renesmee. L’amavo e non avrei permesso a nessuno di farle del male, al diavolo anche l’imprinting! Era l’essere vivente migliore che avessi mai incontrato nella mia vita, l’avrei salvata perché le volevo bene e non perché ci univa una leggenda dei lupi.
Provai lo stesso a ribellarmi per un’ultima volta, perché il pensiero di abbandonare tutti mi faceva sentire un vigliacco.
-Il mio compito è quello di difendere il mio branco e voi tutti, compresa Renesmee- dissi, serrando i pugni.
-No, non più. Il tuo compito è quello di badare alla mia bambina adesso-



Angolo Autrice: Ciao ragazze! E' un po' che non aggiornavo così oggi visto che avevo la giornata libera ho ricontrollato un po' il capitolo e l'ho pubblicato, spero di poter andare avanti un po' con la storia durante le vacanze ma ne dubito visto la quantità di cose da studiare -.-" Beh non ci pensiamo!
Allora che ne pensate di questo capitolo? Ho deciso di cambiare il punto di vista questa volta perchè è giusto che ci sia un po' anche Jacob, amo parlare da Renesmee ma anche il nostro Jake ha la sua parte :D chiedo perdono se le battute e il dialogo tra i licantropi non fanno sbellicare dalle risate come in realtà Jacob ha fatto in tutti i libri di Twilight...vedete non sono molto brava e non ho reso giustizia al sarcasmo del nostro Jake. Chiedo perdono. Comunque sono molto soddisfatta del dialogo con Bella riguardo alla fuga, mi è piaciuto molto scriverlo.
Per il resto, datemi voi un vostro parere...VOGLIO TANTI COMMENTI!
come sempre grazie mille a tutte voi che lasciate magnifici commenti che mi fanno sempre sorridere, siete troppo gentili, non merito tanti complimenti!
un bacione,
Sonny

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Capitolo 9
*** Non mi hai dato scelta ***


Renesmee

 
 

-Lei ti ama Jake-
Dovetti coprirmi la bocca con le mani per evitare di urlare.
Ero rimasta nascosta nella penombra, le scale a un metro dietro di me, mentre spiavo la conversazione dietro la porta della cucina.
-Da quando è nata. Tu le appartieni, come lei appartiene a te-
Avevo sentito la porta d’ingresso spalancarsi e la mia mente si era espansa fino al piano di sotto per capire chi mamma avesse fatto entrare, poi avevo sfiorato la bellissima e calda aura di Jacob. Ero corsa in bagno a lavarmi e vestirmi, per poi precipitare giù per le scale e cercare il mio migliore amico. O ex, dato che non penso gli amici si bacino con la stessa intensità con cui lo avevamo fatto noi, la sera precedente.
Avevo bisogno di spiegazioni, volevo sapere se anche Jacob aveva sentito che qualcosa tra noi era cambiato.
Però, prima di aprire la porta della cucina, quelle parole mi avevano fatta accasciare a terra. Persi la capacità di muovermi, di reagire e di parlare. Così ero rimasta in ascolto.
-Potrebbe non prenderla così bene- aveva detto Jacob.
Perché non avrei dovuto essere felice? Okay, all’inizio ero un po’ confusa, ma avevo avuto tempo per rifletterci bene. Jake era tutto quello che volevo, tutto ciò di cui avevo bisogno. Non avrei mai dovuto fingere di essere una persona migliore, perché a lui andavo bene esattamente come ero.
Stare con lui sarebbe stato facile come respirare.
Ma la frase che pronunciò mia madre distrusse ogni mio ragionamento.
-Tu l’hai scelta, l’hai trovata. È lei la tua compagna-
Scelta. Trovata. Compagna.
Billi aveva detto che l’imprinting era il modo in cui i licantropi trovavano le loro compagne.
Avevo partecipato ad ogni rito della tribù di Jacob, tutti i componenti del suo branco mi adoravano e il patto di pace tra licantropi e vampiri era stato sigillato la stessa sera della mia nascita.
Tutte le storie che mi avevano raccontato avevano un pezzo mancante. Poteva essere quello?
Dovevo andare da Billi.
Quei pensieri mi portarono lontana. Via da Forks, dalla mia famiglia, dai miei sentimenti per Jacob mentre mi dirigevano verso quella che, forse, avrebbe potuto essere la verità.
Il pensiero che la conversazione potesse essere finita, nel tempo in cui la mia mente aveva fatto tutti quei ragionamenti così complicati che in una situazione normale non avrei sopportato, cercai di ricompormi e di guadagnare le scale, per scappare dalla finestra e andare a La Push.
Poi arrivò. La frase che mi distrusse e che mi avrebbe tormentata per l’eternità.
-Dimmi un po’, non è che hai baciato mia figlia nello stesso modo in cui hai baciato me, il giorno della battaglia con i neonati, vero?-
All’improvviso la prospettiva di venire distrutta dai Volturi non mi sembrò la cosa più terribile dell’universo. Avrei preferito sentire le lunghe e forti dita di Felix, stringersi attorno al mio collo e poi, con un colpo secco e deciso, smettere di respirare.
 
Scesi e presi la Volvo che papà era andato a recuperare la sera precedente.
Ero in castigo ma cosa importava?
Spinsi sull’acceleratore e mi diressi verso La Push. Arrivata davanti alla piccola casa rossa dei Black, bussai con tutta la forza che avevo in corpo. Le palpitazioni del mio cuore stavano arrivando alle stelle e respirare cominciava a farsi difficile, la mia testa sarebbe scoppiata per i troppi pensieri che giravano a velocità supersonica, il mondo sembrava messo sottosopra e avevo la nausea.
-Billy?- chiamai, quando nessuno rispose alla porta –Billy?-
-Non c’è nessuno in casa- disse una voce secca dietro di me.
Leah.
-E dov’è?- chiesi ansimante –Devo parlargli, è urgente-
-Non saprei- rispose indifferente, facendo spallucce. Come tutti gli altri licantropi, era vestita in abiti leggeri anche se le temperature erano sotto lo zero. Portava un semplice top estivo ed un paio di jeans strappati sopra il ginocchio, i capelli corti e nerissimi erano bagnati per via dell’umidità, ma lei non sembrava farci molto caso. Si voltò, dirigendosi a passi veloci verso il bosco.
La odiavo quando faceva così.
La rincorsi fino ai primi alberi –Leah! Che diavolo di risposta è “non saprei”?-
Lei, che si era già addentrata, si voltò di scatto –La risposta adeguata alla domanda che mi hai appena posto- fece stringendo forte i pugni. Sembrava volesse evitarmi.
-Smettetela di fare i misteriosi!- esclamai perdendo la pazienza e raggiungendola. –Smettetela di mentirmi. Ho bisogno di sapere!- le sbraitai contro mentre agitavo le braccia.
-Cosa devi sapere, mezza sanguisuga?- mi domandò Leah, in tono di sfida.
-Devo sapere la verità su voi licantropi-
-Ci sono tante di quelle storie…-
-Devo sapere dell’imprinting- la bloccai, prima che potesse cambiare discorso e, per la prima volta dalla mia nascita, rimase senza parole. Non tentò nemmeno di rispondere male, o di fare qualche battuta sul fatto che fossi uno scherzo della natura.
Spesso avevo pensato che fosse gelosa del mio rapporto con Jacob. Da bambina io lo ero stata molto nei suoi confronti, quando Jake si doveva allontanare da me per sbrigare le sue “questioni da lupo” e se ne andava via con Leah. Mi sentivo abbandonata e rifiutata.
Quei ricordi mi fecero venire la pelle d’oca, dovevo assolutamente sapere la verità.
-Oh- fece Leah. L’avevo sorpresa, non si sarebbe mai aspettata quella domanda e, in effetti non era nei miei piani parlare di un argomento così delicato con lei.
 -Non sono la persona adatta- tagliò corto alla fine, fissandomi con quei suoi occhi grandi e scuri, molto simili a quelli di Jacob.
-Nessuno a quanto pare lo sembra, ma non è un buon motivo per tenermi all’oscuro di tutto!-
-Dico sul serio, non posso parlartene- ora sembrava a disagio.
Come la sera in cui avevo chiesto, davanti a tutta la tribù, cosa fosse l’imprinting.
Loro sapevano. I lupi sapevano qualcosa che mi riguardava, anzi, che riguardava me e Jacob.
Leah si voltò e fece per andarsene, ma quando capii che si stava per trasformare e scappare via da me la fermai. -Leah!- le urlai dietro -Tu ed Embry non avete avuto l’imprinting, ma tutti gli altri sì. E Jake? Non avete mai detto nulla a suo riguardo-
In realtà non ero sicura di quella teoria, era un’idea che mi era venuta in mente e l’avevo detta come se la pensassi davvero, per capire dalla reazione di Leah se ci avessi visto giusto.
E a quanto pare, avevo colto nel segno. La ragazza lupo si bloccò all’istante e riuscii a sentire i battiti del suo cuore che aumentavano.
-Tu lo sai e non mi mentire, sai se Jacob ha avuto l’imprinting e sai anche con chi. Condividete tutti i vostri pensieri e queste cose le devi conoscere, come conosci benissimo l’imprintig anche se non l’hai mai provato sulla tua pelle- non ero sicura nemmeno di quello, ma era l’unica soluzione che riuscivo a trovare. -Ora ti supplico, dimmi la verità- la scongiurai.
Non ero molto fiduciosa, non pensavo davvero che alla fine mi avrebbe detto ciò che volevo sapere, ma tentai comunque.
-Jacob mi ucciderà- disse, ma sembrava avere già preso la sua decisione.
-No, non lo farà-
-E va bene. Ma non ti dirò se Jacob ha avuto l’imprinting, quello lo scoprirai da sola- accettò, girandosi verso di me con un sorriso divertito. Sembrava avere trovato la scappatoia perfetta ad un giuramento che aveva prestato di malavoglia.
-Ma se Jake mi butta fuori dal branco, avrai un licantropo molto arrabbiato che ti perseguiterà per il resto della tua infinita esistenza!-
Era qualcosa con cui avrei potuto benissimo convivere.
-Cosa sai precisamente sull’imprinting?- mi domandò, quando raggiungemmo la parte della foresta migliore per non farci sentire. Un luogo abbastanza lontano dove per i componenti del branco sarebbe stato difficile capire cosa Leah stava per rivelarmi e non ci avrebbero mai interrotte.
-E’ il modo in cui trovate le vostre compagne, chi potrà garantire una prole che erediti il gene dei licantropi- recitai quella frase che ormai si era impressa nella mia memoria.
-Tutto qui?- disse sorpresa, alzando un sopracciglio.
-Te l’ho detto che qui nessuno mi vuole dire niente!-
-Va bene- mi zittii con un movimento secco della mano -Ma di preciso che vuoi sapere?-
-Come accade-
-Beh è una cosa improvvisa e che non può essere controllata, succede e basta. Possiamo avere l’imprinting solo dopo la nostra prima trasformazione, prima i geni dei licantropi non sarebbero capaci di fare una cosa simile. E, da quello che ho visto dai pensieri degli altri, accade quando la vedi. La prima volta che vedi la tua anima gemella, dopo la trasformazione, tutto all’improvviso cambia. Faresti di tutto, saresti tutto per lei- notai una nota di malinconia nella sua voce.
Jacob mi aveva detto che lei e Sam erano stati innamorati per molti anni, ma quando lui aveva conosciuto Emily le cose erano cambiate, Sam aveva finalmente trovato la sua perfetta metà.
Per via di quella storia, avevo sempre visto di cattivo occhio il vecchio Alfa, Jacob spesso mi aveva detto che non potevo capire. Ora invece cominciavo a capire.
-E può succedere solo tra persone adulte?- chiesi, non riuscendo a levarmi dalla testa le parole di mia madre. Lei ti ama, Jake. Da quando è nata. Tu le appartieni, come lei appartiene a te.
-No, quando Quil ha avuto l’imprintig con Claire, lei aveva appena due anni- quella notizia mi sconcertò. Due anni?
-Non fare quella faccia da pesce lesso!- mi sgridò Leah, notando la mia espressione. -Non è come pensi. L’imprinting non è proprio amore, non nel senso romantico del sentimento. Quando ci si lega con una persona attraverso questo meccanismo, il licantropo diventerà ciò di cui lei ha bisogno, che sia un fratello, un amico o un amante-
Ero cresciuta con Jacob considerandolo il mio fratello maggiore, poi era diventato il mio migliore amico ed infine...mi ero innamorata di lui.
-Succede tutto all’improvviso. Non saprei spiegartelo ma, stando ai racconti che ho sentito, è come un colpo di fulmine, solo molto più potente-
-Come uno spostamento di gravità- dissi utilizzando le stesse parole che Jacob mi aveva detto a Natale, quando gli avevo chiesto se si fosse mai innamorato.
-Esatto- confermò Leah con un filo di voce. Di certo non ero la prima a cui Jacob aveva detto quella frase.
Mi si mozzò il fiato. Il mio cervello non ce l’avrebbe fatta ad elaborare tutto quel quantitativo di informazioni e non sapevo se il mio cuore avrebbe potuto sopportare la conclusione. Ogni pezzo del puzzle stava andando al suo posto, come se avessi ritrovato l’ultimo tassello sotto il divano, scoprendo che combaciava perfettamente con il piccolo buco in mezzo all’immagine.
Era vero, la mia famiglia aveva omesso un pezzo della mia storia e, mentre la verità veniva a galla da sola, scoprii una parte di me. Una parte che non avevo mai conosciuto, una parte che non sapevo nemmeno esistesse.
Il mio rapporto con Jacob era sempre stato un mistero, come se ci fosse qualcosa di giusto e di innato. Ogni cosa con lui mi veniva facile e naturale. Nonostante tutte le incertezze della mia vita e del mio essere mezza vampira e mezza umana, lui era l’unica cosa ovvia e sicura.
Ci univa un legame fortissimo. Un legame così forte da potere sopravvivere alla malattia del tempo, in grado di riecheggiare tra le ere e di sostituire la gravità.
-Perché Jacob non me l’ha mai detto?- chiesi mentre mi accasciavo a terra. Mi sentii come se un enorme masso mi stesse schiacciando, rendendomi un tutt’uno con il terreno umido e fangoso.
-Non lo so- ammise Leah, rimanendo a un metro da me con gli occhi fissi sul mio viso, più pallido del normale. Si mise le mani in tasca. Aveva fatto quello che le avevo chiesto, senza rompere la promessa che aveva fatto a Jacob molti anni fa, quella di non dirmi che io e lui eravamo legati dall’imprinting, ma non le aveva fatto giurare di non dirmi cosa esso fosse. -Era felice, ma allo stesso sconvolto. Prima di avere l’imprinting credeva di amare un’altra-
-Mia madre- ma non era una domanda. Sapevo benissimo che era la verità e, in realtà, lo avevo sempre saputo.
 
Non rientrai in casa, rimasi seduta sui gradini del pergolato. una leggera pioggerellina aveva iniziato a bagnare i boschetti di Forks, ma io non ci feci caso.
Lasciai che i miei ricci si facessero più folti e vistosi, che le goccioline d’acqua mi scendessero giù per le guance colorandomi delle finte lacrime sulla pelle. Non avrei pianto, o almeno, ci avrei provato.
Fissavo con sguardo perso il bracciale che Jacob mi aveva regalato molti anni fa.
Come ero stata stupida. Tutte le compagne dei membri del branco ne indossavano uno identico al mio, era come un anello  di fidanzamento, come avevo potuto ignorare un dettaglio così ovvio?
Jacob era ancora in casa, ma non volevo affrontarlo di fronte a mamma. Lo avrei aspettato fuori.
E, come sempre, Jake non si fece attendere.
Socchiusi gli occhi e trassi un respiro profondo, quando sentii i suoi passi avvicinarsi.
Jacob esitò per qualche secondo, prima di prendere posto al mio fianco. Io mi scostai di qualche centimetro, per evitare che le nostre gambe si sfiorassero, lui fece finta di non notare quel mio gesto ma non c’era bisogno di leggere la mente per capire che la mia reazione lo stava facendo preoccupare.
-Dove sei stata?- mi chiese con esitazione, cercando i miei occhi ma io tenni lo sguardo fisso davanti a me. Avevo preparato un discorso da premio nobel e adesso mi ero dimenticata tutto.
-A La Push- dissi e non aggiunsi altro, volevo fargli credere che fossi andata lì per cercarlo. Gli avrei estratto la verità, non gliel’avrei sbattuta in faccia, sarebbe stato troppo facile.
-Vado a casa per riposarmi un po’- disse, passandosi una mano trai i capelli color ebano –ma più tardi vorrei parlare con te di ieri sera-
Sorrisi amaramente –Già, ci sono tante cosa di cui dobbiamo parlare-
Ma Jacob non capii il senso della frase, o forse fece solo finta. Si alzò e con un balzo si ritrovò all’inizio del vialetto.
-Jacob?- lo richiamai e lui si voltò all’istante –C’è niente che vorresti dirmi?-
Jake sembrò confuso e mi guardò con aria perplessa. Fece un passo in avanti e salì sul primo gradino, e io per la prima volta alzai lo sguardo verso di lui.  -Qualcosa di molto importante- aggiunsi in tono acido.
-Non capisco di cosa stai parlando- fece Jacob, cercando una risposta nei miei occhi.
- La simmetria dell’universo può risultare molto complessa- dissi, alzandomi lentamente. Anche se in piedi su tre gradini più in alto rispetto a lui, ero sempre più bassa di qualche centimetro. –A meno che la gravità non si sposti e il centro del tuo universo diventi qualcosa di più reale, qualcosa che ti permetta di cogliere chiaramente come funzioni il cosmo-
Quella metafora funzionò alla perfezione.
Jacob smise di respirare, il petto si gonfiò e i suoi occhi si spalancarono all’improvviso.
-Perché, Jake?- chiesi allora in un lamento.
-Nessie, io...- provò a dire lui, ma non lo ascoltai.
-Quando avevi intenzione di dirmelo?-
-Io volevo, ma aspettavo il momento giusto...-
-E non ti è saltato in mente che, dopo avermi baciata ieri sera, sarebbe stato il caso di dirmi la verità?- mentre parlavo sentivo che le lacrime cercavano di farsi spazio nei miei occhi, non volevo piangere ma in quel momento avrei voluto fare solo quello. Non ero abbastanza forte per litigare con Jacob, non ci ero mai riuscita. Non volevo farlo soffrire, anche se lo meritava per avermi mentito per così tanto tempo. -Perché mi hai fatto questo Jake? Come credi sia stato scoprire che tutto quello che provo per te è una cosa che non ho scelto, che sono nata apposta per amarti e che non mi hai uccisa solo perché hai avuto l’imprinting? Non mi avresti mai amata altrimenti, mi avresti uccisa. Avresti ucciso il mostro nato dalla ragazza che amavi. Sì lo so, l’ho sempre saputo anche se non ho mai voluto accorgermene. Sei sempre stato innamorato di mia madre, io sono stata la soluzione perfetta ai tuoi problemi.-
-Nessie, non è così. Lascia che ti spieghi- Mi implorò Jacob. Gli stavo spezzando il cuore, non avrei voluto farlo, ma lui aveva distrutto il mio.
Lo amavo e fino a quel momento niente mi era stato più chiaro, ma lo odiavo perché quell’amore non era vivo. Lui aveva sempre amato Bella, io ero stata una decisione obbligata.
-Mi dispiace- provò ancora a dire –Io non pensavo che...-
-Cosa?- lo interruppi e sembrò quasi che stessi urlando –Non pensavi che l’avrei scoperto?-
-No, no, Nessie ti prego ascoltami. Io volevo solo proteggerti-
-Io non voglio essere protetta!- stavolta invece, urlai. Buttai fuori tutta la rabbia, tutto il dolore e tutta l’impotenza che comportava il fatto di amare un licantropo attraverso l’imprinting.
Jake fece un passo verso di me e cercò di prendermi il viso tra le mani, ma lo allontanai con rabbia. -Non mi toccare- lo avvertii in un ringhio, indietreggiando verso la porta d’ingresso. -Stai alla larga da me-
-Nessie-
Mi sembrava di vederlo per la prima volta. Non lo avevo mai davvero visto in tutti gli anni che l’avevo conosciuto, era sempre stato qualcosa di certo e scontato.
Avevo sempre saputo che mi amava, che mi voleva bene. Ma ora vedere i suoi occhi pieni d’amore, di un amore imposto dalla sua natura e non dal suo cuore, mi fece salire i brividi.
Tutto quello che sentivamo l’uno per l’altra, era una bugia. Una prigione, dalla quale non avremmo mai potuto fuggire.
Lo odiavo perché non mi aveva dato la possibilità di odiarlo o di amarlo per quello che era. Non mi aveva dato scelta.
-Jacob, ti prego vattene- furono le parole più difficili che dovetti dire in tutta la mia vita. Non avrei mai pensato di dirle, tantomeno a lui.
-Ma non posso stare lontano da te. Voglio che tu sia felice- mi sfiorò delicatamente la guancia, la sua pelle scivolò sulla mia come una coperta calda in quel mattino freddo.
-Se tieni davvero a me, se il tuo imprinting vale qualcosa e se vuoi la mia felicità te ne andrai.- accarezzai la sua mano calda, mentre una parte di me urlava perché non gli chiedessi questo. Ma dovevo. Dovevo chiedergli di stare lontano, io non sarei mai appartenuta a nessuno. Né ai Volturi, né a lui.
Allontanai la sua mano dal viso, la tenni stretta per qualche secondo e poi la lasciai andare -Vattene Jacob e non tornare-
Un altro passo indietro e mi appoggiai alla porta d’ingresso, Jacob rimase fermo mentre ogni muscolo del suo corpo tremava. Non era arrabbiato e non si sarebbe trasformato, tremava per il dolore.
Avrei voluto non vederlo mai così, soprattutto per colpa mia.
Ma per il legame che ci univa e per il desiderio di rendermi felice, obbligò le sue gambe ad allontanarsi da me.
Non sapeva che la sua lontananza non mi avrebbe resa felice, mi stavo solo imponendo di stare lontano da lui, per quanto questo mi costasse.
Mi affrettai ad entrare in casa e a sbattermi la porta dietro le spalle, poi appoggiai la schiena su di essa. Trassi un respiro profondo e l’aria si fece strada nei miei polmoni, bruciando come fuoco.
Poi, quando sentii il rumore della moto di Jake dare gas e sparire, lontano da me, lasciai che le lacrime colmassero il vuoto che il ragazzo che amavo aveva lasciato.


Angolo Autrice: Ciao! Allora come va? Ho deciso di pubblicare prima questo capitolo perchè nelle prossime settimane sarò impegnatissima con la scuola e non potrò scrivere, quindi vi rendo l'attesa un po' meno logorante con questo capitolo :) Grazie mille per i magnifici commenti, come sempre! 
Beh finalmente Renesmee ha scoperto il grande segreto di Jacob e il passato che lo lega a Bella, ovviamente non l'ha presa molto bene. Come potrebbe dopotutto? All'inizio avevo pensato di fare spiegare a Billy la verità però poi mi sono ricreduta e ho pensato che Leah sarebbe stata fantastica! Adesso che succederà? Renesmee accetterà il legame che la lega a Jacob? E con Bella?
Troverete le risposte a tutte le vostre domande nel prossimo capitolo!
Un bacione,
Sonny.

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Capitolo 10
*** Finalmente la verità ***


Renesmee

 

Come se un nodo alla gola mi impedisse di respirare.
Come se qualcuno mi avesse riempito di pugni e sberle.
Come se mi avessero spinta in mezzo alla strada e un tir continuasse a investirmi, senza sosta.
Immobile nel mio letto, il solo pensiero di respirare mi faceva venire il volta stomaco e allo stesso tempo non potevo fare a meno di respirare con affanno, come se l’aria non riuscisse ad accedere alla trachea per arrivare ai polmoni. Ma la cosa che più mi spaventava era che non volevo nemmeno combattere.
Io non ero così, non mi ero mai arresa, non avevo mai permesso ai miei sentimenti di prendere il sopravvento sulle mie azioni, ma quando si parlava di Jacob era tutta un’altra storia.
Per anni avevo bramato la verità, ed ora che questa si era rivelata a me, l’unico mio desiderio era quello rinnegarla. Volevo lasciarmi almeno l’illusione di poter scegliere, di essere padrona della mia vita. Fino a quel momento non avevo mai capito nulla su di me. Ogni cosa, ogni sentimento, pensiero e azione non erano state dettate dal mio cervello, ma da una stupida legge che mi legava ad un licantropo.
Avrei voluto trovare la forza di alzarmi da quel maledetto letto, scendere e fare almeno finta di stare bene. Invece stavo lì, paralizzata tra le lenzuola della vecchia camera di mio padre, a piangere. Volevo trovare la forza di odiare Jacob, di poter decidere di stare lontana da lui, ma non ci riuscivo. Il solo pensiero di trascorrere le notti senza il tepore del suo corpo mi rendeva fragile, non volevo stare a guardare la mia vita senza la sua presenza.
-Nessie?-
Più volte durante quel pomeriggio e la notte successiva alla mia discussione con Jake, mia madre e il resto della mia famiglia avevano tentato di entrare in camera, con scarsi risultati.
Non volevo che mi vedessero così, mia madre avrebbe ucciso Jacob, se fosse venuta a sapere cosa era successo e non volevo parlare con loro perché mi avevano mentito. Tutti loro, per sette anni.
Mi avevano nascosto tutta la verità.
E soprattutto, non avrei parlato dei miei sentimenti per Jake con Bella. In quel momento il solo pensiero che io e mia madre avessimo toccato e baciato le stesse labbra mi faceva ribrezzo.
Un rumore mi destò dai miei pensieri.
-Mamma, vattene- mi alzai di scatto sul letto, spingendo sul fondo le lenzuola. Ma non era Bella.
Edward, era entrato in camera dalla finestra che avevo lasciato aperta.
-Sono solo io, purtroppo- fece con un lieve sorriso, chiudendosi la finestra alle spalle.
-Oh- dissi, incrociando le gambe e sfregandomi le braccia con i palmi della mani.
-Posso restare un po’ qui?- chiese mio padre, indicando il grande letto dorato fatto a baldacchino.
Lo osservai con attenzione. Era bello come un dio greco, con i capelli biondo rame e gli occhi ambrati. Non avevo mai notato la grande somiglianza tra noi due, avevamo gli stessi lineamenti, lo stesso colore di carnagione e gli stessi capelli.
Annui e mi spostai per fargli posto sul grande letto, mio padre continuò a fissarmi silenzioso, nel lungo momento in cui non ebbi il coraggio di levare lo sguardo dalle coperte che arrotolavo tra le dita lunghe e delicate.
-Sai, presi questo letto la prima sera in cui tua madre venne a dormire qui- raccontò Edward, interrompendo il silenzio –fu qualche sera prima che i neonati ci attaccassero-
-E le donasti l’anello di tua madre- continuai io, perché quella storia me l’avevano raccontata almeno un centinaio di volte.
-Già- fece ridendo lui –Quello e il ciondolo con il cuore furono gli unici regali che mi permise di farle da umana-
-Eppure non esitò ad accettare il lupo che le aveva regalato Jacob- replicai, con voce acida.
Non capivo come mio padre avesse potuto accettare che Jacob stesse così vicino a Bella, quando era innamorato di lei.
Edward mi prese una mano tra le sue e con un sospiro disse: -Nessie, le cose sono più complicate di quanto pensi-
-Allora spiegati- sbottai, ritraendo di scatto la mano –Dimmi cosa c’è di tanto complicato nel capire che, se Jacob non avesse avuto l’imprintig, mi avrebbe uccisa e avrebbe sofferto per sempre l’amore non corrisposto di mia madre!- dissi ormai esasperata. Se le cose erano così complicate e tutti credevano che io “non potessi capire”, perché diavolo nessuno si era preso la briga di spiegarmi tutta la verità molti anni prima? -Illuminami ti prego, così potrai porre fine a questa mia sofferenza-
-Lo so quanto stai soffrendo-
-No, tu non capisci. Come potresti capire? Il tuo amore non era destinato, è semplicemente successo. Tu hai scelto, io non ne ho avuto la possibilità-
-Ti sbagli, tesoro- fece lui, interrompendomi all’improvviso.
-Come?-
-Credo che Leah abbia omesso dei piccoli particolari, non è colpa sua, certe cose non le può sapere, visto che ha provato l’imprinting solo attraverso l’esperienza dei suoi compagni-
Mio padre rimase in silenzio per alcuni minuti, forse sperando che arrivassi da sola alla spiegazione. Ma io non riuscivo a capire.
-Credi davvero che le persone possano scegliere chi amare? Davvero credi che tua madre, se avesse saputo che venendo a Forks avrebbe rischiato innumerevoli volte la sua vita per stare con un vampiro, si sarebbe precipitata in questa città dispersa nel nulla?- mi illuminò mio padre, osservandomi con sguardo intenso e allo stesso tempo solenne, come se il fardello di dovermi rivelare una cosa così importante fosse troppo anche per lui, che riusciva sempre egregiamente in tutto.
-Non fraintendermi, tua madre ci ama e rischierebbe altre mille volte tutto quello che ha passato per avere questa famiglia. Ma, se prima di conoscere me, prima di poter sentire ciò che oggi sente per me, per te e per tutta la famiglia, pensi che avrebbe accettato di venire qui?-
Rimasi sbalordita dalla verità di quelle parole. Quale persona sana o con un briciolo di amore per se stessa avrebbe scelto una vita del genere? Certo, mia madre aveva ottenuto l’immortalità, ma ad un caro prezzo. Un prezzo che probabilmente non avrebbe mai accettato, se prima non avesse provato l’amore per mio padre.
-Jacob ti ama, ti avrebbe amata anche se non avesse avuto l’imprinting. Ciò che è accaduto la notte in cui sei nata ha solo rafforzato un amore che già esisteva.-
-Non è vero, Jacob era innamorato di mamma-
-Davvero? Ne sei proprio sicura?-
Lo osservai con cipiglio, più confusa che mai. -Che stai cercando di dirmi?-
-Non ti sei chiesta perché Jacob non ha avuto l’imprinting con Bella?-
-No- sospirai. Quello non mi era proprio passato per la testa.
-Prima che tu venissi concepita, lui e Bella avevano un rapporto speciale, si comprendevano in modi che ancora oggi io non posso eguagliare ma, nei momenti in cui Bella lo metteva in situazioni difficili, non esitava un istante ad allontanarsi da lei. Poi tua madre è rimasta incinta e separarsi da lei era diventata una cosa impossibile- il viso di mio padre si fece cupo, al ricordo di quei momenti in cui aveva temuto che il suo amore sarebbe morto per lasciare vivere il mostro che cresceva all’interno del suo utero.
-Sei sempre stata tu, Renesmee. Sempre.- quella rivelazione mi fece venire i brividi, ogni mia difesa crollò e la potenza di ciò che mi legava a Jacob mi spaventava, per quanto mi sentissi protetta dal suo amore.  -Ha amato Bella, finché lei componeva una parte di te e ha odiato me con tutto il suo cuore, perché ero la parte mancante del tuo essere.  Renesmee, sei nata dall’amore di Jacob e dal suo odio. -
Tutto quello che mio padre stava dicendo era suonato molto romantico ed eterno, un legame che non si sarebbe mai potuto sciogliere. Ma pur sempre un legame non voluto. Se Jacob, come diceva Edward, non era mai stato davvero innamorato di mia madre ma di me, questo comunque confermava che lui non aveva avuto scelta, come non l’aveva potuta dare a me.
Mio padre sembrò intuire il mio pensiero e, con la risposta già pronta, mi aprii gli occhi.
-Hai ragione, così dicendo tu sei sempre appartenuta a lui e lui a te e non avete mai avuto scelta. Ma chi ne ha mai? Chi sceglie la persona di cui innamorarsi?-
Già. Chi sceglie di chi innamorarsi? Nessuno.
Cavoli, non mi era mai venuto in mente. Perché però ero ancora così spaventata?
Probabilmente era vero, nessuno sceglie mai in amore, ma questo non semplificava le cose. Jacob mi aveva mentito, tutti mi avevano mentito. L’imprinting era una cosa troppo importante, era una parte di me e forse avrei reagito meglio se ne fossi sempre stata a conoscenza.
In realtà avevo sempre creduto che io e Jacob fossimo legati da qualcosa di più che semplice affetto. Di fronte ad esso persino l’amore indissolubile tra i miei genitori tremava.
Il senso di appartenenza nei confronti di Jake non mi era mai pesato, finché non mi avevano messo di fronte la prova lampante che entrambi fossimo uniti, che per vivere uno aveva per forza bisogno della presenza dell’altro. Quel legame mi faceva sentire a mio agio ma dal momento in cui avevo saputo la verità, gravava come un peso sulla mia coscienza. Temevo di non essere all’altezza.
-Però mi avete mentito, tutti voi e Jacob vi ha chiesto di farlo per tenermi lontana la verità- provai a ribattere.
-Sì. Fu una sua scelta, che non condivisi, ma la rispettammo. Jacob e, lo ammetto, nessuno di noi sapeva come dirtelo, per la verità. Insomma, l’imprinting non è una cosa di per sé facile da spiegare, quindi avevamo deciso che Jacob te lo avrebbe detto quando fossi cresciuta e quando e se i sentimenti tra voi due sarebbero mutati- mio padre sorrise e con la mano, scostò una ciocca di capelli dal mio viso -E, a quanto vedo, lo sono-
Sorrisi a mia volta, arrossendo. -Sai questo discorso non avrei mai immaginato di farlo con te-
-Posso chiamare tua madre, sarebbe molto più facile- provò a dire Edward, indicando la porta.
-No. Non riuscirei a parlare con mamma di questo.-
-Non sarà facile, ma quando avrai assimilato questa cosa dell’imprinting, riuscirai a perdonare tutti noi, soprattutto Bella e Jacob- poi con un sospiro, aggiunse –Parlo per esperienza-
-Cosa?-
-Beh come credi che abbia reagito quando, pochi minuti dopo la tua nascita, ho scoperto che quel sudicio cane aveva già impresso il suo zampone su di te?-
A quel punto non riuscii a trattenere una risata. Nemmeno per mio padre doveva essere stato molto facile accettare che il ragazzo che per lungo tempo aveva cercato di soffiargli la ragazza che amava, si era legato per sempre a sua figlia.
-Ricordo di averlo sbattuto con violenza contro il muro e per la prima volta in vita sua, Jacob mi ha lasciato fare. La reazione di tua madre è stata anche peggio, se Seth non si fosse intromesso, probabilmente gli avrebbe staccato la testa-
Sorrisi ancora leggermente, ma poi fui costretta ad abbassare lo sguardo. Il momento di sollievo che mi aveva concesso la battuta di Edward si era già dissolto, come per avvisarmi che non era ancora tempo di perdonare o di stare bene del tutto.
-Dovresti andare da lui, a proposito- mi consigliò mio padre, cercando il mio sguardo.
-Non credo di essere ancora pronta-
-Lo sei invece e io vorrei tanto che non lo fossi- la voce calda e affettuosa di Edward mi cullò verso la giusta strada, quella che mi avrebbe fatto reagire, mi avrebbe permesso di uscire da quella stanza e tornare ad affrontare il mondo con la stessa carica di sempre, anzi, magari anche più forte di prima. Perché adesso, sapevo davvero chi fossi. -ma sono felice che alla fine tu abbia scelto Jacob. La cosa migliore dell’imprinting è che il legame che vi unisce non implica per forza l’amore eterno, avresti potuto scegliere Jacob come amico, fratello o protettore.- un sorriso divertito si dipinse sul viso di mio padre, ma la sua risata risuonò leggermente contrariata -Avrei preferito queste ultime tre opzioni, ma poi avresti dovuto vivere come una zitella e penso che per te questa opzione non sia molto allettante-
-Decisamente no-
-Quindi tra tutti, Jacob è la migliore delle opzioni- fece Edward anche se non riuscii nemmeno stavolta a liberarsi di quella risata poco convincente.
-Perché?-
-Perché ha salvato innumerevoli volte la vita a tutti noi. A me, a Bella e a te-
-Spiegati- lo pregai.
-Quando Jacob non era ancora alfa, Sam e gli altri licantropi andarono su tutte le furie quando vennero a sapere che avrebbe potuto nascere un essere pericoloso. Così, la sera della tua nascita, organizzarono un’imboscata. Tutto sembrava perduto, eravamo troppo pochi e i lupi erano più feroci che mai, poi Jacob ci salvò la vita. Le leggi dei licantropi impediscono che la compagna di un membro del branco che ha avuto l’imprinting venga uccisa. E, per l’ennesima volta, fu solo grazie a Jacob che riuscimmo a cavarcela-
-Credi che dovrei andare da lui?- gli chiesi. Non ero ancora pronta ad incontrarlo anche se una parte di me non desiderava altro.
-Solo tu puoi dirlo. Jacob sarà a pezzi-
-Non sono ancora pronta a perdonarlo-
-Ma?- domandò mio padre, consapevole che non fosse finita lì.
-Sono innamorata di lui e non voglio stargli lontana-
-Dovresti farglielo sapere-



Angolo Autrice: Ciao ragazze!! Scusate per la lunghissima attesa ma sono stata davvero impegnatissima in questo periodo e non ho avuto molto tempo per scrivere...e poi, lo ammetto, avevo perso l'ispirazione. Questo capitolo e quello successivo sono stati una vera sfida per me, perchè (nonostante avessi già tutta la storia in mente) non riuscivo più a scrivere, mi innervosivo perchè i pezzi non venivano bene come volevo e altre cose da crisi esistenziale...beh credo che prima o poi tutti gli scrittori debbano attraversare un blocco :)
Comunque, mi ritengo soddisfatta di questo capitolo e sono quasi sicura che piacerà anche a voi!
Poi volevo dirvi che nelle prossime settimane sarò poco presente perchè...PRENDO UN CANE!! ihih è una cucciolina di due mesi e mezzo, un border collie, e l'ho chiamata Maya *-* se vi va potete vedere le foto su twitter, cercate @_ItsNessie. Aggiungetemi pure, vi seguirò molto volentieri :)
Un bacione e alla prossima!
Sonny

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Capitolo 11
*** Alla fine la felicità ***


Renesmee



Lasciai passare ancora qualche giorno. Morivo dalla voglia di vedere Jacob  ma mi imposi di rimandare, dovevo trovare la forza di parlargli senza saltargli al collo e baciarlo. Dovevo trovare la forza di fargli capire quanto fossi arrabbiata con lui, che mi aveva fatto male sapere che aveva preferito mentirmi per tutti questi anni e che lo amavo, ma di certo questo non mi avrebbe impedito di farmi perdere le staffe nel momento in cui avesse combinato qualche disastro.
Dal giorno in cui avevo scoperto dell’imprinting il tempo era peggiorato, per giorni Forks fu massacrata da un’intermittente tempesta di neve.
Decisi di aspettare che la bufera passasse, in modo da poter arrivare sana e salva a La Push, senza rischiare di diventare un ghiacciolo.
Passarono tre giorni. Li trascorsi chiusa nella mia stanza, quella della casa dei nonni, scendendo in salotto solo di notte, quando i miei genitori erano tornati a casa e gli altri invece se ne stavano nelle loro stanze a fare…beh, quello che le coppie di vampiri fanno di notte.
Poi, la mattina del quarto giorno, mi alzai e, guardando fuori dalla finestra, mi accorsi che la tempesta aveva deciso di concedere una tregua.
Scesi le scale di casa lentamente e mi pietrificai nel vedere Zafrina, mentre parlava con nonno Carlisle. Non volevo che qualcuno mi notasse, dovevo cercare di lasciare quella casa senza che nessuno se ne accorgesse. Dovevo andare da Jacob il prima possibile, nessuno avrebbe dovuto fermarmi per parlare, avevo bene in mente un discorso ad affetto da fare al mio migliore amico e avevo paura di dimenticarmi tutto se qualcuno mi avesse voluto trattenere per “chiarire la situazione” e spiegarmi “qualcosa che non potevo capire”.
Come se fossi una stolta!
Il mio sangue si gelò e il battito del mio cuore perse un colpo quando gli occhi dorati di Zafrina si puntarono severi su di me, ma non disse nulla e con un segno impercettibile del capo mi fece capire che potevo andare e che non avrebbe detto niente a nessuno.
Con il cuore in gola, mi avviai verso l’uscita il più silenziosamente possibile, consapevole del fatto che, se un vampiro della mia famiglia stesse aspettando la mia fuga, mi avrebbe sicuramente sentita. Mi chiusi la porta d’ingresso alle spalle e subito un’ondata di freddo mi colpì in faccia, come se qualcuno mi avesse appena rifilato una sberla. Trascinai i piedi lungo il vialetto, sepolto sotto il mezzo metro di neve che la bufera aveva provocato.
Non mi resi conto di non essere sola in giardino, ma non mi sarei accorta di niente in alcun caso, così presa dai miei pensieri e dal fatto che non ero ancora sicura di cosa avrei fatto nel vedere Jacob.
-Renesmee- la voce soave di mia madre mi destò dallo stato comatoso in cui ero piombata e mi girai di scatto.
Era in piedi vicino agli scalini dell’entrata, le ero passata davanti senza nemmeno accorgermene. Sembrava quasi che Bella mi stesse aspettando.
-Possiamo parlare?- chiese lei, raggiungendomi.
-Ho già parlato con papà- risposi in tono distaccato.
Era cambiato tutto, non riuscivo più a guardarla con gli stessi occhi di prima, gli occhi di una bambina che vorrebbe essere in tutto e per tutto come la propria mamma.
Sapere che il ragazzo di cui ero innamorata aveva amato per moltissimo tempo la donna che mi aveva dato la vita mi rendeva fragile e, allo stesso tempo, aggressiva. Avrei voluto sotterrarmi da qualche parte e aspettare che la natura facesse il suo corso, ma alla stesso tempo avrei avuto voglia di rompere qualcosa, distruggere tutto quello che mi trovavo davanti.
-Non si tratta di quello- mi corresse lei.
-Mamma, ti prego non lo fare- la implorai. Voleva dirmi qualcosa riguardo lei e Jacob, ma io non volevo sapere proprio niente dei giorni in cui loro due avevano trascorso momenti da perfetti innamorati. –Ho capito. Papà mi ha detto che i tuoi sentimenti e quelli di Jacob erano dovuti a me, ma ti prego non mi dire niente. So che non hai mai amato Jake come papà, ma mi avete mentito. Tutti. E ci metterò un po’ a digerire la cosa-
Mia madre non aveva mai levato il suo sguardo da me, io in realtà avrei voluto che lo facesse. Era già difficile per me doverle parlare così e poi non ero ancora riuscita a perdonarla del tutto -Quindi per favore, dammi tempo-
-Certo. Non credo potrei chiederti altro.- rispose lei, increspando il suo viso perfetto con un sorriso triste -Mi dispiace, lo abbiamo fatto con buone intenzioni-
-Lo so- la rassicurai. Non avevo mai avuto dubbi su questo, ma uno sbaglio restava tale, anche se fatto con buone intenzioni.
-Ti voglio bene, Nessie- disse Bella, avvicinandosi rapidamente e sfiorandomi la guancia con le sue mani fredde.
-Anche io te ne voglio-
Mi sottrassi al suo tocco con dolcezza e velocità, per poi allontanarmi lungo il vialetto ormai sepolto dalla neve. Non avrei potuto prendere la macchina perché nessuno sarebbe venuto a ripulire le strade. Non mi rimaneva altra scelta che camminare.
 Il viaggio fino a La Push sarebbe stato più complicato del solito, ma questo non mi avrebbe fermata.
 
-Ciao, Billy- salutai, quando il padre di Jacob mi venne ad aprire.
-Nessie, ma che sorpresa! Vieni, entra- fece Billy, facendomi entrare subito, visto che tremavo come una foglia per il freddo che c’era fuori. -Posso offrirti qualcosa?-
-No, grazie Billy. Veramente non sono venuta qui per una visita di cortesia- dissi, scuotendo i capelli bagnati dai grandi fiocchi di neve che avevano ripreso a scendere dal cielo.
-Oh, sì.- fece Billy con sguardo mortificato -Mi hanno detto che hai saputo-
-Già-
-Mi dispiace per come lo sei venuta a scoprire, non era intenzione di Jacob farti soffrire-
-Lo so- lo rassicurai, anche se ormai quella frase l’avevo sentita dire troppe volte -Posso parlare con lui?-
-Oh, vedi Nessie...- tentennò Billy, muovendo avanti e indietro le ruote della sedia a rotelle –Jake non c’è-
Il suo sguardo sembrava preoccupato, ma non riuscii a capire cosa potesse turbarlo così tanto. Di solito Billy era abituato alle lunghe assenza del figlio, dopotutto sapeva benissimo quanto i suoi impegni da maschio Alfa fossero importanti e il fatto di non poter stare lontano da me di certo non aiutava. -E dov’è andato?- chiesi.
-Via- disse il vecchio Quiliute, come se questo gli costasse un enorme sforzo fisico.
-Come via?- domandai ancora, con il panico che cominciava a farsi strada dentro di me.
-Il clan di Denali non ha ricevuto la richiesta di aiuto da parte di tuo padre e la tua famiglia ritiene molto importante la presenza di Tanya e dei suoi allo scontro con i Volturi.- cominciò Billy. Parlò e sembrò quasi che gli stesse prendendo un attacco cardiaco, farfugliò quelle parole con fatica e le pronunciò molto velocemente. Probabilmente se non fossi stata dotata di capacità speciali, non avrei capito nulla del suo discorso.
 -Avrebbero dovuto recarsi da loro Carlisle ed Edward ma, dopo averti sentito dire che volevi che ti stesse lontano, Jacob ha deciso di partire al posto loro-
-Cosa?- ma la mia più che a una domanda, sembrò un urlo di dolore.
-Mi dispiace.- farfugliò ancora Billy, sfregandosi le mani come spesso faceva il figlio quando si trovava in difficoltà -Era distrutto, pensava di renderti felice allontanandosi da te, come gli avevi chiesto. E’ partito mezz’ora fa, sta andando in Alaska.-
Ma non gli lasciai finire la frase. Mi precipitai fuori dalla vecchia e piccola casa, correndo a perdi fiato verso il bosco dietro l’abitazione dei Black. M’inoltrai nella fitta vegetazione, illuminata solo dal bianco della neve fresca e candida su di uno sfondo silenzioso. Nessun verso di animale, nessun segno di impronte di lupo sul terreno.
-Jake!- urlai mentre cominciavo a trascinare le gambe. Sapevo che era troppo tardi, che il mio migliore amico ormai doveva trovarsi già al confine della cittadina di Forks e che correre verso il nulla o urlare il suo nome non sarebbe servito a niente
-Jake, sono io!- urlai disperata, trascinando per l’ultima volta i miei passi, per poi lasciarmi cadere sulle ginocchia.
Il freddo mi ustionava la pelle, insinuandosi sotto i miei vestiti e la neve mi bagnava le gambe, irrigidendomi i muscoli. Respirai con affanno, e l’aria uscita dalle mie labbra si condensò in pochissimi secondi, creando piccole nuvolette che si dispersero nella foresta.
Perché riuscivo sempre a rovinare tutto?
Come mia madre prima di me, ero riuscita a fare soffrire Jacob. Ma cosa c’era che non andasse in quel ragazzo? Non si meritava così tanta sofferenza e io non lo meritavo. Era la persona migliore che conoscessi, metteva sempre per prima la mia felicità rispetto alla sua, ma non lo faceva solo con me, con tutti. Era stato il fratello migliore che avessi mai potuto desiderare, mi aveva insegnato così tante cose. Era stato il migliore amico più sincero e fedele del mondo. E di sicuro sarebbe stato l’uomo perfetto da amare.
Per la prima volta da quando ero nata, capii davvero cosa mi legasse a Jacob.
Avevo avuto bisogno di perderlo per riuscire a comprendere cosa fosse l’imprinting.
Cosa significasse amare.
Una crepa di disegnò lungo il profilo del mio cuore, magari impercettibile ma abbastanza profonda da mandare in tilt tutto il mio corpo.
La sensazione di perdita era dilaniante, fu come se mi avessero amputato tutti gli arti e lasciato solo il petto, per poter soffrire quel terribile destino che mi aveva separato dalla persona che amavo.
In quell’istante capii davvero il significato delle parole di mio padre, quando mi aveva detto che l’imprinting aveva solo alimentato e reso eterno un amore che sarebbe comunque esistito, senza l’intervento di un’antica leggenda sui licantropi.
L’amore che provai in quel momento, esploso per la perdita che avevo subito, era davvero qualcosa di sincero. Sentivo con tutte le fibre del mio corpo che era mio e non poteva esserlo di nessun altro.
Ora il significato dell’imprinting per me e Jake era chiarissimo. Eravamo due esseri a metà tra due mondi, né vampiro né lupo e per poterci amare per l’eternità avevamo avuto bisogno di un aiuto.
I licantropi non vivevano per sempre, o almeno, decidevano, una volta preso il controllo delle trasformazioni, di abbandonare il lupo che viveva nel loro cuore, la maggior parte delle volte per poter vivere quanto le loro compagne umane.
Io ero immortale, di conseguenza, Jake avrebbe dovuto vivere per sempre e l’unico modo per poter rendere il nostro amore indistruttibile era stato quello di unirci nel legame più sincero di sempre.
Ecco perché Jacob aveva avuto l’imprinting.
-Jake- quello non era più un richiamo. Era il nome della persona a cui dovevo tutto e a cui avrei dato tutto, se avessi mai dovuto scegliere a chi affidare la mia vita avrei di sicuro scelto lui.
- Nessie?- la prima volta, pensai che fosse solo frutto della mia immaginazione, che il dolore dovesse provocarmi delle allucinazioni per impedirmi di accasciare il mio corpo a terra e lasciarmi morire assiderata.
Poi la seconda volta, la voce tonante di Jacob si fece chiara, in modo da sembrare quasi un ordine. Come se mi stesse obbligando a reagire, perché non potevo permettermi di lasciare che le cose andassero così.
Con la consapevolezza che, se mi fossi voltata e non l’avessi visto, il dolore sarebbe stato troppo forte da sopportare, decisi di seguire quella voce così famigliare e accogliente. Quella voce che tanto amavo e che per anni mi aveva augurato la buona notte con un bacio sulla fronte.
Lentamente mi rimisi in piedi, alzando prima una gamba e poi l’altra. Mi levai la neve dai jeans e, prima di voltarmi, tirai un respiro profondo lasciando che l’aria gelida dell’inverno mi bruciasse i polmoni.
Mi voltai e, sbattendo le palpebre, osservai il mio migliore amico, stupita.
-Oh mio Dio- solo quell’esclamazione stupida riuscii ad uscire dalla mia bocca. Aprii e richiusi la labbra un paio di volte come se da lì potesse uscire qualche cosa di intelligente da dire.
Jacob mi guardava con gli occhi sgranati, portava solo un paio di vecchi pantaloni, segno evidente che si era appena trasformato in umano, non riuscendo a capire la situazione. Gli avevo chiesto di tenersi alla larga da me e, quando aveva esaudito il mio desiderio, gli ero corsa dietro urlando come una pazza.
Avrei potuto dire tante cose o farne tante altre, decisamente molto più appropriate visto che una parte di me era ancora arrabbiata con lui per avermi mentito per così tanto tempo. Ma alla fine mandai quella parte del mio cervello all’inferno e lasciai che il mio corpo facesse il resto.
Con due balzi aggraziati tanto quanto veloci, assalii Jacob e gli strinsi forte le braccia al collo. –Stupido idiota!- lo sgridai, stringendolo forte, cercando di tenerlo il più possibile vicino a me, soffocandolo con la mia stretta.
-Cosa diavolo ti è venuto in mente?- chiesi, con il tono di voce più arrabbiato che potessi trovare in quel momento.
Jacob allentò la mia stretta con dolcezza e con voce confusa disse –Credevo volessi che me ne andassi-
-Sei un deficiente!- ignorai il suo gesto e lo strinsi ancora più forte, infischiandomene del rischio di poterlo soffocare. -Promettimi che, se mai ti chiederò ancora di andartene, tu non lo farai- gli sussurrai, mentre piccole lacrime mi rigavano il viso per poi andare a bagnare la pelle calda di Jacob.
 -Jake promettimelo, ti prego- lo implorai, dandogli uno strattone.
Sentii Jacob sorridere contro la mia spalla, poi mi passò una mano tra i capelli e con l’altra mi circondò la vita -Te lo prometto-
A quelle parole il mio cuore scoppiò di gioia e un piccolo sorriso si disegnò tra le mie lacrime.
Il mio migliore amico i mise a ridere e cercò di allentare nuovamente la mia presa, ma senza allontanarmi –però potresti smettere di soffocarmi?-
-Ti odio- dissi, dandogli un pugno sul petto, che probabilmente fece più male a me che a lui. Ma prima che potessi dire altro, Jacob mi prese il viso tra le mani e mi baciò dolcemente.
Lo lasciai fare, abbandonando il mio corpo alla sensazione di piacere che ogni volta mi pervadeva il contatto con la sua bocca.
-Nessie- sussurrò il mio nome a bassa voce, con le labbra ancora premute sulle mie.
Mi staccai dal bacio con leggerezza, ma continuando a tenere le labbra vicinissime alle sue, tanto che i nostri nasi si toccavano -Non credere che sia tutto risolto. Non ti ho ancora perdonato per avermi mentito-
Jacob sorrise e riprese a baciarmi –Aspetterò. Sono uno che non si accontenta, ricordi?-
-Idiota- sussurrai mentre ricambiavo il bacio, talmente perfetto, che ogni volta sembrava il primo.

Angolo Autrice: Ciao ragazze! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto :) Vi chiedo in anticipo scusa ma sono impegnatissima con la scuola e poi sabato ho portato a casa la mia piccola cagnolina di due mesi, quindi come potete immaginare il tempo per scrivere è davvero pochissimo! Ma non vi preoccupate la settimana dopo l'11 sarò tutta vostra e pubblicherò gli ultimi capitoli. Non so ancora bene quanti saranno perchè non li ho ancora scritti, ma ho bene in mente la fine quindi...beh ci siamo quasi :)
Quindi grazie ancora per il sostegno che mi avete dato in questi lunghiii mesi.
un enorme bacione.
Sonny

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Capitolo 12
*** L'inizio della fine ***


Renesmee

 

-Quindi fammi capire bene- fece Jacob, con un ghigno di soddisfazione –Ti sei precipitata qui a piedi, camminando su un metro e mezzo di neve, bagnandoti tutti i vestiti, per dirmi che hai cambiato idea?-
-La vuoi smettere di prendermi in giro?- sbottai.
Nel momento in cui Jake aveva realizzato cosa avevo fatto quando avevo saputo che stava per partire un sorriso di soddisfazione si era disegnato sul suo viso. –E comunque non ho cambiato idea, sono ancora arrabbiata con te! Come hai potuto tenermi nascosta una cosa come l’imprinting?-
Jacob stava giocherellando con il palmo della mia mano, disegnandoci sopra dei piccoli cerchi immaginari, come se fosse stata il suo foglio da disegno. Ci eravamo seduti sulla neve, nell’esatto posto in cui ci eravamo ritrovati. Avevo tutti i pantaloni bagnati ma non sentivo freddo e poi ero abbracciata al mio termosifone personale, con le possenti braccia di Jacob che mi avvolgevano le spalle. Anche se mi fossi trovata al polo nord non avrei sofferto il freddo.
-In realtà non stavo parlando dell’imprinting- mi corresse lui – Ma prova a metterti nei miei panni. Non è proprio una cosa semplice da spiegare, soprattutto a una testona come te!-
-Ehi- protestai, rifilandogli una gomitata nello stomaco –Avresti potuto almeno provarci, avrei apprezzato il tentativo-
-Certo come no- disse lui sarcastico, corrugando un sopracciglio.
-Che cosa intendevi, prima, sul fatto di aver cambiato idea?- gli chiesi allora.
-Intendevo dire che, finalmente, ti sei accorta di non poter stare lontana da me- mi disse Jacob dolcemente, sfiorando il mio orecchio con le labbra.
-Non ci provare- gli risposi con tono calmo, voltando il viso per vederlo negli occhi con i nostri nasi che si sfioravano -So che cosa stai insinuando ma no, non ho cambiato idea-
-Certo, certo ne riparleremo quando vorrai partire per Harvard- mi zittì lui sfiorandomi le labbra con un leggero e veloce bacio.
-Sai ero riuscita ad ignorare la rabbia che provo nei tuoi confronti, ma adesso me la stai facendo riaffiorare!- sbottai fingendomi arrabbiata.
-Eh dai Nessie- fece lui , dandomi un pizzicotto sul braccio -Da quando sei così suscettibile? Stavo mettendo la cosa sul ridere-
-Non voglio scherzare sull’università- dissi e stavolta il mio tono fu serio, non mi andava proprio di ridere del mio futuro o meglio del nostro.
-Lo so. E’ che lo sai come sono fatto, quando non riesco a trovare una soluzione ad un problema ci rido sopra-
-Già. Fosse tutto così facile-
Jacob mi accarezzò i capelli con la mano, poi avvolse il suo braccio intorno alla mia vita e strinse con più vigore la mia schiena al suo petto. Riprese a parlare con dolcezza mentre il suo respiro sfiorava il mio collo -Non la prendere male. Sono felice che tu voglia andare all’università e ti seguirei ovunque, sette anni fa avevo deciso che sarei venuto con voi, se tu, Bella e Edward vi foste trasferiti per sfuggire ai Volturi, ma in quel caso era per la tua sicurezza ed era assolutamente necessario. Adesso mi sentirei in colpa con me stesso per non avere rispettato i doveri che ho accettato, divenendo capo branco, per seguirti al college.-
-Non hai intenzione di accettare la mia scelta, giusto?-
-No-
-E io non accetterò la tua-
-Troveremo una soluzione- disse, baciandomi il collo, appena sotto l’orecchio -Per il momento, credo sia meglio non pensare a questa storia dell’università. Adesso il nostro problema è un altro-
Aveva ragione...I Volturi.
-Sì, hai ragione. Ci penseremo se sopravvivremo-
Jacob emise un sospiro sommesso, come se volesse ribattere alla mia affermazione ma sapeva che, questa volta, non poteva promettermi nulla del genere. Avrebbe lottato, ma nemmeno un lupo era indistruttibile. All’improvviso mi afferrò per la vita e mi sollevò, come se fossi una piuma, mi prese delicatamente per mano e mi sorrise dolcemente. –Ti accompagno a casa-
-Resta da noi- lo pregai, sapendo che se ne sarebbe andato subito, appena arrivata a casa –Esme avrà di sicuro cucinato qualcosa-
Lui cercò di trattenere una risata poi, con un leggero strattone, mi attirò più vicina a sé –Per quanto mi costi stare lontano da te, l’idea di stare in una stanza piena zeppa di vampiri puzzolenti non mi attira molto-
Tentai quindi un’ultima volta: mi piazzai davanti a lui, allungando le braccia per avvolgergli il collo. Gli sfiorai le labbra con le mie –Potresti venire a casa mia- sentii le braccia possenti di Jacob avvolgermi la vita, in modo che i nostri corpi premessero l’uno sull’alto, mentre le sue mani accarezzavano delicatamente tutta la mia schiena. Quindi lo baciai socchiudendo le labbra, in modo da sentire appieno il sapore della sua bocca. –La casa di Carlisle sarà piena di occhi rossi, ma ti posso assicurare che nella mia saremmo totalmente soli-
Sulle labbra di Jacob si disegnò un sorriso malizioso, le sue mani scesero sulle mie gambe poi mi prese in braccio –Stai per coso tentando di corrompermi?-
Io sorrisi a mia volta, mentre con le mani gli accarezzavo i capelli –E anche se fosse?-
Tornammo a piedi verso la casa dei Black, dove Jacob aveva parcheggiata la sua auto. Ci dirigemmo a tutta velocità verso casa di nonno Carlisle, in realtà quella non era la nostra vera destinazione, ma dovevo comunque passare da lì. Avevo lasciato i miei genitori abbastanza preoccupati per me e dovevo fargli sapere che stavo bene.
Jake parcheggiò sul vialetto dell’enorme villa a vetrate. Appena scesa dalla macchina lui fu al mio fianco, il viso contratto e la testa alta. Aveva avvertito qualcosa, ma quando gli rivolsi uno sguardo preoccupato mi fece cenno con la testa di stare tranquilla.
Entrammo in casa mano nella mano. In salotto c’era tutta la mia famiglia insieme ai vari clan che avevano risposto alla nostra chiamata d’aiuto, stavano parlando di qualcosa ma, quando ci sentirono entrare, tacquero tutti all’improvviso.
-Come immaginavo- ringhiò Jacob –un sacco di occhi rossi, qui dentro-
Bella rivolse uno sguardo di rimprovero verso il suo migliore amico, mentre mio padre si alzò dal divano  -Potete scusarci?- disse rivolgendosi ai nostri ospiti –Io e la mia famiglia vorremmo parlare con Renesmee e Jacob in privato-
Sussurri di approvazione si levarono nella stanza, mentre i vampiri dagli occhi rossi lasciavano la stanza. Poi il silenzio riempii la grande sala mentre tutti si guardavano, non sapendo bene da dove iniziare. Così mi feci coraggio e parlai per prima, stringendo forte la mano di Jake.
-Volevo annunciare che ho scoperto il vostro piccolo segreto, ora so cosa lega Jacob e me e so casa è successo prima della mia nascita. Vi chiedo scusa per aver reagito male alla notizia, ero spaventata e confusa, ma ora capisco molte cose. Capisco perché avete deciso di tenermi nascosta una parte della vostra e della mia storia e anche se, sono ancora un po’ arrabbiata perché comunque mi avete mentito, volevo dirvi che amo con tutta me stessa ognuno di voi e sono felice di avere una famiglia che mi ama così tanto-
La mia famiglia rimase immobile, ma quella mancata reazione mi sembrò strana perfino per un gruppo di vampiri. Ripensai a quando io e Jacob eravamo scesi dalla macchina, pochi minuti prima, al suo sguardo e alla sua postura, sembrava un lupo in allerta. Anche quando riprendeva le sembianze umane, la parte di lupo che era in lui non lo lasciava mai e il lupo in quel momento teneva la schiena diritta come per fiutare qualcosa. Un pericolo in arrivo.
-Anche io vorrei dirvi una cosa- la voce di Jacob mi fece trasalire, come il resto della mia famiglia. Non pensavo che anche lui volesse aggiungere qualcosa.
Lo osservai con sguardo curioso e lui, prima di proseguire mi rivolse un sorriso di incoraggiamento.
Volse lo sguardo verso quella famiglia che per tanto aveva criticato e che ora apparteneva alle persone che avrebbe difeso fino alla morte. - Avete sempre saputo quanto Nessie fosse importante per me ma, come avete potuto constatare voi stessi, le cose sono cambiate. Ci ho pensato molto negli ultimi tempi, e voglio stare con lei. Voglio che Renesmee diventi la mia compagna- lo disse come se fosse la cosa più naturale del mondo, la sua sicurezza mi mozzò il fiato, lasciandomi a bocca aperta. Poi Jacob mi guardò negli occhi, io riuscii a sentire per la prima volta quanto davvero credesse a quelle parole. I suoi bellissimi occhi castani erano pieni d’amore. Mamma mi aveva detto che si poteva riconoscere l’amore vero da come le persone si guardano negli occhi, perché lo sguardo è come quello di un cieco che vede la luce per la prima volta.
Jacob vedeva quella luce e la vedeva in me.
Fino a poche ore prima quella rivelazione mi aveva messo una paura folle, ero terrorizzata dall’arduo compito che il legame con lui mi aveva affidato. Avevo paura di non essere all’altezza del suo amore. Di non essere abbastanza.
Poi ricordai che anche Jacob per me era la mia luce. A lui era stato destinato il mio stesso compito: quello di amarmi incondizionatamente per il resto della nostra esistenza.
Jake portò la mano che mi stava stringendo, al petto e se l’appoggiò sul cuore, lo sentii battere sotto la camicia. Correva all’impazzata, come il mio. -Se è quello che vuole anche lei-
Non potei fare a meno di sorridere, lieta che il destino avesse scelto me. Lieta che Jacob avesse scelto me, per avermi dato la possibilità di poterlo amare fino alla fine dei miei giorni.
Dovetti trattenermi dal prendergli il viso tra le mani e baciarlo e baciarlo…fino a che l’euforia si fosse placata e il mondo avesse smesso di girare all’impazzata.
-Jake, Nessie- disse mia madre alzandosi, prendendo posto vicino a mio padre -Dobbiamo dirvi una cosa anche noi, sedetevi vi prego- indicò il divano che lei ed Edward avevano lasciato libero per noi.
La felicità che fino a quel momento aveva pervaso ogni singola fibra nervosa del mio corpo si affievolì per via del tono dei miei genitori. Allora avevo ragione, Jacob aveva avvertito cattiva notizie in vista, ma aveva preferito non arrivare a conclusioni affrettate. Conclusioni che, sfortunatamente, erano risultate esatte. Prima di muovere un passo in avanti sentii il braccio di Jacob avvolgermi velocemente la vita, per poi scortarmi verso il divano. Ci sedemmo uno al fianco dell’altra, Jake mi abbracciava mentre io tenevo una mano stretta al suo ginocchio.
-Prima, con gli altri, stavamo organizzando un piano di attacco- esordì mio padre, in tono truce.
-Come? Ma il clan di Denali?- lo interruppe immediatamente Jacob in tono preoccupato, ma dalla sua voce si sentii trapelare un ringhio - Mancano ancora molti vampiri, non siamo pronti-
-Non ci sarà tempo per andare a cercarli- sospirò mio padre -I Volturi saranno qui domani mattina-


Angolo Autrice: spero che il capitolo vi sia piaciuto. Sarò assente per i prossimi 10 giorni, quindi vi saluto e vi mando un grosso bacio, oltre a ringraziarvi per tutti i magnifici commenti!
Sonny

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Capitolo 13
*** Il compito di un Alfa ***


Jacob

 

Idiota!
Come avevo potuto essere così idiota?
Mi ero illuso. Sapevo che quei vecchi succhiasangue italiani non ci avrebbero mai lasciato in pace, eppure non lo avevo realizzato del tutto. Avevo preso la faccenda troppo alla leggera, perché non si erano presentati subito, era passato troppo tempo e io ci ero cascato come uno scemo!
Ora sarebbero arrivati e dovevo rendermi conto di cosa questo avrebbe comportato per me.
Avrei dovuto combattere, portare i miei fratelli davanti alla morte ed abbandonarli lì, nel caso le cose si fossero messe male. Avrei dovuto organizzarmi per portare via Nessie che, di sicuro, non avrebbe accettato volentieri la nostra fuga. Dovevo riorganizzare una vita intera, la nostra vita: la mia e quella di Renesmee, perché non saremmo mai stati al sicuro.
Ringhiai rabbioso mentre uscivo a grandi passi dalla villa dei Cullen, presi a pugni un albero e nella corteccia ci lascai un bel buco, mentre decine di schegge penetravano nella mia pelle.
Dopo la grande rivelazione dell’arrivo imminente dei Volturi, Edward e Bella avevano impartito compiti ben precisi sia a me che a Nessie.
Avevo lasciato Renesmee nella sua stanza, a prepararsi per il giorno dopo. Bella le aveva detto di portarsi dietro una borsa con vari cambi di vestiti pesanti perché, ad alta quota e rifugiati in una tenda, non si poteva mai sapere. In realtà sapevo benissimo che quella borsa doveva contenere vestiti resistenti per un viaggio in groppa ad un lupo, fino al confine dello stato, e altri vestiti per il viaggio in aereo.
Renesmee mi aveva guardato supplichevole, quando Edward mi aveva chiesto di tornare a La Push per avvisare il mio branco, ma l’avevo rassicurata: promettendole di fare ritorno al più presto.
Raggiunsi La Push nel minor tempo possibile, ignorando tutti i cartelli stradali, i semafori e sorpassando di un bel po’ il limite di velocità. Mi sorpresi quando arrivai a casa senza avere provocato nemmeno un incidente. Saltai giù dalla macchina e mi diressi di corsa verso il bosco, dove mi liberai dei vestiti per poi trasformarmi in lupo. Quando i miei artigli raschiarono il terreno, sollevai la testa inarcando la schiena, lasciando che il mio ululato di allarme si liberasse dai miei polmoni, riempiendo il silenzio della foresta.
Il richiamo raggiunse l’intera riserva, squarciando l’aria, paralizzando tutti i suoi abitanti. Tutti tranne i membri del branco che abbandonarono all’istante le loro faccende e accorsero al richiamo dell’alfa.
Quando mi ritrovai di fronte il branco, composto da lupi con tonalità di mantello di ogni colore, dimensioni e forza differenti, trasmisi loro i miei ricordi e annunciai la cattiva notizia.
Tenetevi pronti. li avvisai in un ringhio sommesso, guardandoli uno alla volta Attaccheranno all’alba.
C’è qualche speranza?  Domandò Paul urgente.
Non so che dirvi, ammisi affranto Ma dubito che quei succhiasangue siano venuti semplicemente per una visita di cortesia.
I miei compagni non aggiunsero altro, se non Seth che, con un ululato, mi confermò la fedeltà del branco. Avrebbero combattuto con me, per i Cullen e per Renesmee. E io li avrei abbandonati.
Cercai di scacciare quel pensiero, in modo da non  fare insospettire gli altri, così mi affrettai ad aggiungere: Andate a salutare chi amate, ce ne andremo stasera.
I lupi corsero via, obbedendo al mio ordine e io mi avviai dove avevo lasciato i vestiti. Ripresi la mia forma umana ma, una volta rivestito, sentii qualcuno dietro di me.
-Cosa succederà se non dovessimo farcela?- chiese Leah con sguardo accusatorio.
Evitai il suo sguardo, non volevo dirglielo. Non volevo che mi reputasse un codardo, non avrebbe capito o forse ero solo io che non riuscivo ancora ad accettare il fatto di dovere abbandonare tutte le persone che amavo di fronte a morte certa. Per poi scappare dove? Dove avrei mai potuto trovare un posto per proteggere Nessie da qualunque tipo di pericolo? Avremmo dovuto scappare per sempre, senza avere alcuna certezza di sopravvivenza.
-E’ un’eventualità che non ho ancora preso in considerazione- mentii sapendo che Leah non mi avrebbe mai creduto, ma tentai lo stesso.
Ovviamente lei non si diede per vinta, si parò di fronte a me e mi costrinse a guardarla negli occhi –Non è vero- ringhiò –tu sai esattamente cosa farai-
Rimasi in silenzio per vari minuti. Nei suoi occhi scuri trovai la ragazza stramba e musona che avevo sempre pensato fosse fino all’età di sedici anni, quella stessa donna che ora stava di fronte a me, che mi aveva aiutato in molte occasioni, a partire da quando c’era stata la scissione e Leah aveva deciso di stare dalla mia parte.
Sapevo cosa avrebbero dovuto fare i membri del mio branco se le cose non fossero andate bene.
Solo che era difficile dovere dare a loro quell’ordine.
-Se dovessimo perdere la battaglia- cominciai con il tono di voce di uno che ha appena preso un pugno nello stomaco –io scapperò con Renesmee-
Leah non disse nulla, il suo volto era una maschera imperscrutabile, così andai avanti senza sosta, perché altrimenti non avrei più saputo proseguire –La porterò via e non faremo mai più ritorno. La proteggerò dai Volturi, che continueranno ad inseguirci per il resto della nostra vita-
Leah cominciò a respirare in modo profondo e veloce, strinse forte i pugni fino a far diventare le nocche delle mani completamente bianche. Si allontanò da me e potei percepire lo sguardo di ribrezzo che trapelava dai suoi occhi, disprezzo nei miei confronti per la scelta che avevo fatto, per il destino che avevo scelto per me e per loro.
-Ci abbandoni, quindi...- mormorò lei fra i denti serrati.
-Sì- ammisi a testa china, vergognandomi di me stesso.
-Sei il nostro Alfa!- esclamò lei a gran voce –e ci lasci a morire mentre tu te ne scappi come un vigliacco con la tua bella-
-Scappo perché è l’unica cosa che si possa fare per salvare Renesmee e scappo perché sono l’unica persona che potrà mai tenerla al sicuro-
Abbandonare i mie compagni non era una cosa di cui andavo fiero, ma dovevo proteggere Renesmee e questo veniva prima di qualsiasi altra cosa.
-Tu sei nato per essere il nostro capo, è questo il tuo compito!-
-No, sono nato per proteggere Nessie!-
-E hai intenzione di abbandonare tutti noi?- era disgustata, lo si vedeva chiaramente. Ma non mi potevo certo aspettare altro, lei non aveva avuto l’imprinting, non poteva nemmeno immaginare cosa Renesmee significasse per me.
-Vi lascerò, non lo nego. Ma prima di andarmene, dovrete obbedire al mio ultimo ordine- le annunciai. La decisione l’avevo presa in quel momento, su due piedi. Era l’unico modo, l’unica cosa da fare. Perché non potevo chiedere al mio branco di sacrificarsi per me.
A differenza dei Cullen, che erano spacciati in ogni caso, il mio branco aveva ancora una possibilità per salvarsi e l’avrebbero sfruttata, volenti o nolenti.
-Abbandonate la battaglia prima di essere sconfitti, mettetevi in salvo e scappate. I vampiri non vogliono voi, saranno troppo occupati a cercare me e Renesmee per tenervi da conto. Abbandonate La Push per un po’ e poi fateci ritorno. Ricordate il vostro compito, proteggete gli abitanti della riserva e portate avanti il gene dei licantropi-
-Come potremo ricominciare senza un capo?- mi apostrofò lei, con fare rabbioso. Non riusciva più a trattenersi, se non si fosse calmata si sarebbe trasformata e poi mi avrebbe squarciato la gola.
-Ci sarà un nuovo Alfa a comandare-le piantai gli occhi addosso, allungai un passo verso di lei -E sarai tu-
All’improvviso la sua furia si placò e riuscii ad intravedere un bagliore di terrore nei suoi occhi, poi scomparve all’istante -No, questo compito è tuo-
-Non lo è più, ormai- le ricordai.
-Non prenderò il tuo posto, solo perché tu hai scelto Renesmee!- ululò piena di odio per me, saltò in avanti e alzò una mano verso il mio viso, con l’intento di rifilarmi un pugno diritto nell’occhio.
Afferrai prontamente il suo braccio -Farai quel che ti dico, invece- glielo strinsi forte, fino a farla accasciare sul terreno, ricordandole l’autorità che ancora avevo nei suoi confronti -perché sono ancora il tuo capo branco, finché non lo decido io-
La lasciai andare, osservandola ancora per qualche istante mentre rimaneva in ginocchio sulla neve ancora fresca. Mi voltai e mi diressi verso la macchina.
 Era un peso enorme, lo sapevo. Io per primo avevo rinunciato al ruolo di Alfa in passato, ma mi ero reso conto che non era nella mia natura essere comandato, per quanto odiassi avere così tanta influenza sul destino dei miei compagni. Ora passavo il mio compito a lei, perché dovevo dedicarmi ad uno più importante. Renesmee era la  mia vita, dovevo proteggere lei. Era quello il compito per cui ero nato, non quello di governare.
-Buona fortuna, Jake- un sussurro impercettibile, uscì dalle labbra di Leah come un debole respiro.
Quando mi voltai per cercarla era già sparita.
 
Tornai a casa Cullen.
Era più silenziosa del solito. I vari clan che ci erano venuti di nuovo in soccorso erano andati probabilmente a caccia per prepararsi al gran giorno.
Trascinai le gambe lungo i gradini dell’ingresso e spalancai la grande porta di legno, per ritrovarmi nell’entrata. Anche l’interno era avvolto da un melodioso e terrificante silenzio, non c’era nessuno. Diedi un’occhiata in salotto, ma anche lì niente.
Osservai il grande divano bianco sul quale avevo riscaldato Bella, le notti di molti anni fa, quando aspettava Renesmee. Davanti al maestoso ed elegante divano, il pianoforte nero brillava di splendore, come i ricordi degli spettacolini che a Nessie piaceva mettere in scena solo per me, mostrandomi quanto fosse brava a suonare.
Sospirai, amareggiato. Quella casa e quella famiglia che avevo tanto odiato, che avevo tanto desiderato vedere distrutta, era quella che mi aveva dato la ragazza che amavo più della mia stessa vita e per la quale avrei lasciato tutto quello che conoscevo a La Push. Mio padre, i miei amici, i miei compagni, la mia migliore amica...
All’improvviso il rumore della macchina per il caffè mi fece sobbalzare, mi voltai di scatto e mi diressi verso la cucina.
Nessie si stava versando una tazza di caffè, quando avvertì i miei passi si voltò e cercò di sorridermi, con scarsi risultati. Io cercai di fare lo stesso, ma non ci riuscii nemmeno io.
-Vuoi del caffè?- mi chiese allungano una tazza fumante sul bancone.
Mi levai la giacca e afferrai la bevanda calda, sapendo che anche se non l’avessi bevuta non sarei riuscito ugualmente a chiudere occhio quella notte. Presi posto sulla sedia di fronte a Nessie, mi misi a giocherellare con il bordo della tazza, con lo sguardo perso nel vuoto.
Dovevamo organizzare ancora così tante cose. Dovevo trovare il modo di infilare nella borsa di Renesmee tutto il necessario per la nostra fuga e, magari, un cambio d’abiti. Dovevamo decidere come passare la notte, come affrontare i Volturi e...la testa mi scoppiava!
-Ti senti bene?- mi chiese Renesmee, notando il mio sguardo vacuo e perso nel nulla.
Posai gli occhi su di lei, era bellissima. Le sorrisi tristemente, lasciando andare un sospiro. Allungai una mano verso la sua e la strinsi, avrei voluto dire che sì, stavo bene, ma non ci riuscivo. Le avevo già mentito una volta e avevo rischiato di perderla, non le avrei mentito mai più.
-Vado da nonno Charlie con la mamma- mi comunicò lei, stringendo forte la mia mano –per salutarlo, sai...non si sa mai- aggiunse con la voce tremolante.
Feci per rispondere ma la voce di qualcun altro mi anticipò.
-Jacob, devo parlarti- Edward era apparso alle mie spalle e senza guardarmi in faccia era uscito dalla portafinestra che dava sul giardino. Lo osservai titubante, rimanendo immobile sulla mia sedia.
-Vai- mi esortò Rensmee, scuotendomi leggermente la mano prima di lasciarla –Andrà tutto bene-
Ne dubitavo, ma annuì cercando di essere il più convincente possibile. Appoggiai la mia mano sul collo di Nessie e le baciai la fronte –Passo a prenderti da Charlie, più tardi-
-Okay- mi salutò lei, alzandosi sulle punte per darmi un veloce bacio sulle labbra.
Raggiunsi Edward, che mi aspettava vicino al bosco, sotto un vecchio pino.
-Devi dirmi cos’hai intenzione di fare- incominciai frettolosamente. Avevo così tanti pensieri che mi giravano per la testa, tantissime cose da decidere e da pianificare. Talmente tante che iniziavo a temere che non ci fosse abbastanza tempo. –Ho bisogno di sapere come ci organizzeremo per la notte, come avete intenzione di procedere. Che diremo ai Volturi? Cosa devono fare i miei?-
-Ci accamperemo, stanotte- rispose secco Edward, non lasciandomi finire nemmeno di parlare –Nello stesso luogo in cui ci siamo accampati l’altra volta, devi dire ai tuoi di prepararsi. Ce ne andremo al calare del sole-
Scoccai una veloce occhiata al bosco, non riuscivo quasi a credere che quel giorno fosse davvero arrivato –E che facciamo con i Volturi?-
Edward non rispose subito. Si prese qualche minuto per pensare, come faceva sempre. Vidi la sua mascella contrarsi, mentre i denti digrignavano. Rimasi al mio posto, come una statua. Furono brevissimi minuti, ma infernali.
-Jacob ho bisogno che tu faccia qualcosa per me- si interruppe –per lei- si corresse, indicando con un cenno del capo la cucina.
-So cosa ha intenzione di fare Bella- mi annunciò –So che ti ha chiesto di portare via Renesmee-
Rimasi immobile, senza proferire parola e lo ascoltai attentamente.
-Nonostante l’idea che mia figlia si sia innamorata di te non mi entusiasmi, sono felice che abbia trovato qualcuno che la meriti e che farà tutto il possibile per renderla felice -
-Perché mi stai dicendo questo?-
-Perché ho bisogno di sapere che farai tutto quello che è in tuo potere per salvare la mia bambina-
Mossi un passo verso di lui, pestando i piedi -Lo sai cosa lei significhi per me- ringhiai.
-E so anche quanto ti costi abbandonare i tuoi compagni- mi ricordò lui, cercando di tenermi testa -Jacob, devo essere sicuro che, nel momento in cui io ti chiederò di abbandonaci, nel momento prima della morte di tutti noi, compresa Bella, la tua migliore amica e anche dei membri del tuo branco, tu non ti tirerai indietro. Devi darmi la tua parla, che scapperai con Rensemee e non farai mai ritorno qui, cosciente del fatto che non potrai mai sapere se noi siamo sopravvissuti allo scontro-
Edward mi stava mettendo la cruda e ingiusta realtà davanti agli occhi, senza giri di parole, senza frasi di morte accompagnate da altre smielate. La sola e pura realtà, che mi terrorizzava come mai in tutta la mia vita.
-Sono nato per proteggere e amare Renesmee. Non permetterò mai a nessuno di farle del male-
-Lascerai dunque, tuo padre, la tua famiglia, i tuoi amici a morire se sarà necessario?- continuò il vampiro.
Non parlai. Non riuscì subito ad ammettere che li avrei lasciati tutti a morire, nessuno me l’aveva mai chiesto.
-Jacob?- mi spronò ancora.
Un respiro profondo e ricacciai indietro le lacrime. Per Renesmee.
-Se permetterà a Nessie di salvarsi, lo farò-
-Non farai mai più ritorno qui-
-Lo so- dissi con suono gutturale.
-E vivrai scappando-
-La terrò al sicuro- stavolta ringhiai, non riuscivo a sopportare quando il mio amore per Renesmee veniva messo in discussione.
-Bene, allora farai anche un’ultima cosa per mia figlia- fece Edward, rizzando la schiena, guardandomi dall’alto in basso -Scappa, domani mattina, prima dell’alba. Fa credere a Renesmee e a tutti gli altri che resterai per lo scontro, ma quando Alice dirà che si stanno avvicinando i Volturi, tu prenderai mia figlia e la porterai via con te-
-Ma...- provai a ribattere. Questa era perfino peggio della richiesta di Bella. Non avrei combattuto, me ne sarei andato ancor prima dell’inizio della battaglia. Un vigliacco.
-Jacob, ti prego- mi supplicò Edward, intuendo i pensieri che iniziavano a nascere nella mia mente. Aveva bisogno che accettassi quelle condizioni o per sua figlia non ci sarebbe stato nulla da fare. -E’ l’unico modo perché voi possiate avere la possibilità di scappare. Se aspettate, i Volturi vi cattureranno, non sarai mai abbastanza veloce. Noi faremo da esca e li tratterremo, in modo da darvi il tempo di uscire dai confini dello stato.-
Non dissi niente. Respirai a fatica, mentre piccole nuvolette di vapore gelido si disperdevano nell’atmosfera.
-Ti supplico, non c’è altra soluzione per salvarla. Fallo per lei-
Edward aveva ragione. Bella aveva ragione. Erano tutti spacciati, tutti loro e io non sarei mai stato troppo veloce per seminare un intero esercito di vampiri con poteri sovrannaturali.
-Farai in modo che il mio branco ne esca illeso?- chiesi, non potevo fare molto, non avevo scelta, ma almeno potevo tentare di salvare i miei compagni.
-Dirò io loro quando dovranno lasciare la battaglia- mi giurò lui, annuendo ripetutamente.
Tirai un sospiro non di sollievo ma, allo stesso tempo, di resa. Mi arrendevo a quel destino crudele, quel destino che per poco non si era portato via la mia migliore amica, quel destino che aveva tentato di rubarmi la mia piccola Nessie e che ora si era ripresentato per avere il conto.
-Jacob? Lo farai?-
Alzai gli occhi verso Edward, il mio acerrimo nemico, l’essere immondo che avrei sempre voluto uccidere e il padre dalla ragazza che amavo.
-Si, lo farò-
Nella fine dei Cullen, la mia storia e quella di Renesmee avevano trovato un nuovo inizio.
Saremmo dovuti scappare, per sopravvivere. E per permettere a noi di vivere, c’era bisogno di un sacrificio. Con la vita sarebbe arrivata la morte, la morte di tutte le persone che amavamo.
La nostra storia sarebbe continuata, con il nostro viaggio.


Angolo Autrice: Ciao a tutti, scusate se mi sono fatta tanto attendere ma ho avuto un bel po' da fare in questo periodo...comunque ho visto che nell'ultimo capitolo npn ho ricenuto molte recensioni, spero che sarete un pochino di più a commentare in futuro :) Quindi commentate numerosi :)
baci,
Sonny

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Capitolo 14
*** La tempesta si avvicina ***


Renesmee



Osservai la piccola casetta bianca davanti a me. In quel momento mi sembrava strano pensare a quante case considerassi mie: la casa di nonno Carlisle e nonna Esme, la casa dei miei genitori, la casa di Jacob a La Push e quella piccola villetta bianca che si stagliava nel buio e triste grigio di Forks. La casa di Charlie.
-Qualcuno passerà a prenderti stasera, tesoro- disse mia madre, strappandomi dal turbine dei miei pensieri.
-Va bene, fate con calma- risposi con la voce tremolante. Ecco, alla fine il momento che tutti temevamo era giunto: i Volturi sarebbero arrivati, nel giro di poche ore.
Bella si sporse dal finestrino della Volvo grigia di papà, tentando di regalarmi uno dei suoi sorrisi rassicuranti –Andrà tutto bene, Nessie. Te lo prometto-
Non risposi, tornai a fissare la casa di nonno Charlie, confortata dal fatto che, almeno per un pomeriggio, avrei potuto scappare da me stessa e dal destino che mi attendeva sempre più strepitante.
-Ti voglio bene- mi salutò Bella, mettendo la retromarcia.
Presi un respiro profondo e mi preparai ad entrare in scena.
-Nonno!- salutai Charlie con un gridolino di felicità, quando lui mi aprii la porta d’ingresso, prima ancora che potessi suonare il campanello.
-Nessie!- esclamò a sua volta, con amore, allargando le braccia -Come stai, mostriciattolo?-
-E’ stato un periodo un po’ difficile – risposi con una piccola smorfia, trovando il mio posto nel suo caldo abbraccio.
-Umm, già. Tua madre mi ha raccontato della storia con Jake- rispose perplesso, allontanandomi leggermente per potermi guardare negli occhi.
-Sul serio?- chiesi scioccata, davvero mamma gli aveva parlato dell’imprinting?
-Sì- confermò Charlie, annuendo serio -Quel ragazzo mi farà venire un infarto, prima o poi. Devo ammettere che in un primo momento avrei voluto ucciderlo, però Bella mi ha detto che non c’è nulla di sbagliato e che non posso capire perché ci sono in mezzo tutte quelle cose strane che non voglio sapere-
Ah, Bella gli aveva raccontato solo parte della verità. Ma forse era meglio così, meglio pensasse che la mia espressione preoccupata fosse il risultato di una pena d’amore, invece di sapere che un intero esercito di vampiri, i più potenti del mondo, stava venendo a prendermi e che, nel tentativo di proteggermi, tutta la mia famiglia sarebbe morta. Tutti tranne lui. Charlie si sarebbe salvato.
-Jake è una brava persona, nonno- dissi e pensare a lui mi face nascere un piccolo sorriso, durò il tempo di un battito di ciglia, ma fu intenso. E magnifico, come sempre.
-Lo so, per questo non gli ho ancora sparato-
-Nonno!- esclamai, facendo finta di preoccuparmi. Sapevo che nemmeno una mitragliatrice avrebbe potuto fargli male.
-Che c’è? Posso farlo, sai, sono un poliziotto!- borbottò lui, scrollando le spalle in modo giocoso.
-Nonno, io lo amo- gli rivelai e le parole mi uscirono leggere come il vento che preannuncia la primavera. Risuonarono così vere e dolci in un momento tanto difficile.
-E so che lui ama te- mi confermò Charlie, diventando improvvisamente rosso in volto. Poverino, in meno di dieci anni si era visto portare via la figlia, appena maggiorenne, dall’amore, si era sposata, era cambiata in modi che nemmeno lui poteva immaginare e aveva avuto una figlia. La quale stava seguendo la stessa strada della madre, con ritmi ancora più veloci.
-Beh, che ne dici di un po’ di football?- buttò lì nonno Charlie, per uscire dall’argomento “ragazzi”. Argomento che, tra l’altro, non aveva mai amato.
Cercai di trattenere una risata e feci di sì con la testa, lasciandomi portare in salotto, sul solito divano e i soliti pop-corn troppo salati, con la stessa televisione e la stessa squadra.
Chissà se Charlie avesse saputo che quello, con ogni probabilità, avrebbe potuto essere il nostro ultimo pomeriggio insieme? Chi lo sa, se mi avrebbe fatto stare su quella poltrona a guardare la tv, oppure mi avrebbe portato via, a fare un giro, o forse per sempre?
L’unica cosa di cui ero certa, era che non lo avrei più rivisto. Tentavo di convincermi che c’era ancora una speranza, ma non riuscivo più a vederla, ormai. Il giorno dopo sarei morta oppure sarei andata via con i Volturi, perché non avrei mai permesso alla mia famiglia di farsi uccidere.
Nessuno di loro lo sapeva e non l’avrebbero mai saputo ma, se i Volturi volevano me, sarei stata loro. Ancora non sapevo come avrei convinto la mia famiglia e Jacob a rinunciare a me. Non sapevo come obbligarli a lascarmi andare e continuare le loro vite senza di me. Sapevo solo che non era giusto che per la vita di una persona, ne dovessero morire tante.
 Così lasciai che il pomeriggio passasse e che si inoltrasse sempre più verso il tramonto, l’ultimo che avrei visto. Poi, all’improvviso, qualcosa mi tornò alla mente. Se quello doveva essere il mio ultimo giorno, non potevo permettermi di lasciare delle cose in sospeso, anche se questo significava dovere sottrarre del tempo che avrei potuto passare con nonno Charlie.
-Nonno, dovrei uscire un momento- dissi di getto, alzandomi dal divano di scatto.
-Dove vuoi andare?- chiese Charlie, scrollando gli avanzi dei pop-corn dalla camicia e guardandomi con occhi vitrei. –Tua mamma è d’accordo?-
-Devo fare una cosa, è molto importante. Mamma capirà- risposi a singhiozzi, trattenendo a stento l’emozione, i miei sarebbero stati di ritorno nel giro di poche ore e avevo poco tempo.
Charlie sembrò pensarci su un minuto -Va bene, basta che torni tra un ora, così tua madre non saprà nulla.-
-Grazie, nonno. Ti voglio bene- gli risposi con un sorriso sincero, chinandomi per dargli un bacio.
-Anche io, bambina mia- rispose, ma quando mi girai, mi prese per un braccio e mi fece voltare -E, nel caso non dovessi tornare, sai che questa resterà sempre casa tua, vero?-
Charlie sapeva, nessuno gli aveva detto niente, ma non serviva. Aveva già capito tutto.
Dovetti affondare il viso nella sua spalla e abbracciarlo forte, per impedirgli di vedermi piangere.
 
-Nessie?-
-Ciao, Emma- risposi con un sussurro, quando la mia migliore amica aprì la porta di casa sua e mi guardò allibita.
-Che diavolo ci fai qui?- chiese, non seppi dire se più arrabbiata o più stupita.
-Posso entrare?- domandai indicando ciò che c’era alle spalle di emma
mma. Lei non rispose subito, anzi non si mosse proprio. Rimase lì, ferma a fissarmi, come se fosse indecisa tra il rifilarmi un cazzotto o sbattermi la porta in faccia. Alla fine si voltò, lasciando la porta aperta, per farmi entrare, e io la seguì su per le scale, in camera sua.
-Allora, che cosa vuoi?- chiese frustrata, sbattendo la porta della stanza con forza.
-Emma, so di essermi comportata malissimo nei tuoi confronti...-
-Settimane! Sono passate settimane dall’ultima volta che ti ho vista!- sbottò lei, perdendo il controllo - A scuola non sei più venuta, ti ho chiamata, ti ho mandato una valanga di messaggi e tu non ti sei mai degnata di darmi una risposta. Ero preoccupata, sei sparita dalla festa senza dirmi niente, ho cercato il tuo indirizzo tra le cartelle della segreteria scolastica e ho scoperto che quell’indirizzo nemmeno esiste. E ora ti presenti qui, pretendendo di entrare in casa mia e buttandomi lì delle scuse a caso? Ma chi credi di essere?-
Sospirai, era giusto che Emma fosse arrabbiata con me. Mi ero comportata da pessima amica e avrei potuto almeno telefonarle una volta, ma non ci ero mai riuscita. Però, ora più che mai, doveva sapere che le volevo bene e che avevo bisogno di lei, per l’ultima volta.
-Hai tutto il diritto di essere arrabbiata con me, ma sono successe così tante cose in questi ultimi tempi...-
-Cosa, Renesmee, cos’è successo?- iniziò a urlare Emma, spazientita -Dimmi cosa può esserti accaduto di così tanto grave da non potermi nemmeno telefonare una volta per dirmi che stavi bene?-
-Io...- provai a dire ma non mi venne in mente niente, non potevo mentirle ancora -Emma, non posso dirtelo-
-Oh, ma certo- rispose lei, lasciandosi cadere sul letto, con il suo disappunto stampato sul viso -quasi dimenticavo che ci sono delle cose che non puoi dirmi, come se mi stessi nascondendo chissà quale segreto. Sai una cosa? Mi sono stufata! Non ho intenzione di sentirmi ripetere la storia del segreto terribile che ti porti dietro e del quale non potrai mai parlarmi-
-Emma, non capisci. Se non ti dico la verità è solo perché ti voglio al sicuro- le assicurai, sedendomi accanto a lei, cercando di prenderle la mano.
-Pure la storia della mia sicurezza tiri in ballo? Che fantasia- fece sprezzante, levando subito la sua mano.
-Se ti dicessi il mio segreto rimpiangeresti di avermelo chiesto-
-Allora mettimi alla prova! Dimmi cosa diavolo mi stai nascondendo, sono stanca di dover giocare a fare la sibillina- sospirò Emma, esausta. Doveva essere stanca di essere arrabbiata con me e stanca di volermi tanto bene da non potermi odiare per quanto la facessi soffrire. Non potevo biasimarla, anch’io odiavo me stessa per come l’avevo trattata.
-Voglio essere tua amica, ma come posso se tu sparisci ogni volta che mi giro e quando riappari, resti giusto il tempo di dirmi che ti dispiace?- mi chiese lei, ora che la rabbia sembrava essersi sbollita.
Dovevo prendere una decisione e alla svelta. Se non le avessi detto niente, sarebbe finita con l’odiarmi per davvero ma, se le avessi detto tutto, l’avrei esposta ad un pericolo mortale.
-Non posso dirti tutto, ma ci proverò- dissi infine e gli occhi di Emma si illuminarono. Trattenni il respiro e poi confessai: -Io sono diversa. Ho dei doni, sono capace di fare delle cose che nessun’altro può-
-Che vuoi dire?- domandò Emma, sporgendosi verso di me.
-Io posso entrare nella mente delle persone-
La mia migliore amica spalancò gli occhi, esterrefatta -Leggi nel pensiero?-
-Non esattamente, posso entrare nella mente di qualcuno e comunicargli tutto ciò che voglio, immagini, ricordi, sensazioni...- non era facile parlare di ciò che ero, tutte le persone che erano a conoscenza del mio segreto erano speciali quanto me, o comunque erano venute a conoscenza delle mie capacità ancora prima che io potessi controllare i miei poteri.
-Continuo a non capire- confessò Emma, mortificata.
-Te lo mostro, dammi la mano-
Con timidezza Emma me la porse e io la strinsi con dolcezza, sentendo il calore della temperatura umana diffondersi lungo il mio braccio.
Non dubitai nemmeno un secondo per scegliere cosa le avrei mostrato. Così cominciai a proiettare delle immagini.
Una ragazza del terzo anno, con gli occhi verdi e i capelli castani. Seduta da sola, nell’ultima fila di banchi nell’aula di scienze. Un’altra ragazza, della stessa età, le si avvicina. Ha gli occhi color del miele e i capelli ramati, che le cadono in una cascata di ricci sulle spalle.
“E’ occupato, questo posto?” chiede la ragazza con i ricci, indicando il banco vuoto.
“No, siediti pure” le risponde la ragazza con gli occhi verdi, con un sorriso timido.
“Mi chiamo Renesmee”.
Che strano nome, pensa la ragazza dai capelli castani. “Io sono Emma, piacere di conoscerti”.
-Oh mio Dio!- Emma si ritrasse all’improvviso, interrompendo il mio ricordo.
-Non sono l’unica, molti nella mia famiglia hanno questi doni- continuai a spiegarle.
-Possono fare quello che fai tu?- mi chiese Emma, con il fiato corto.
-No, sono l’unica in grado di farlo, loro sono capaci di fare altre cose-
-Tipo cosa?-
-Questo non te lo posso dire- le risposi in tono di scusa, potevo mettere a rischio me stessa ma non la mia famiglia.
-E Jacob, anche lui ha questi doni?-
Mi fermai e per un momento non seppi cosa risponderle, dovevo dirle che Jake non era esattamente come noi? Che era un licantropo e non un vampiro?
-Sì, possiamo dire così- decisi di dirle alla fine.
-Ora sì che si spiega tutto...-
-Ma Emma, questo non è il motivo per cui sono venuta da te- scrollai la testa, per tenete fisso il mio obiettivo -Sono venuta a salutarti-
-Come, perché, dove vai?- chiese spaventata Emma.
-Purtroppo anche questo non posso dirtelo- mi scusai ancora -ma devi promettermi una cosa: che non verrai a cercarmi, dimenticati di me-
-Cosa? No!-
-E’ l’unico modo, Emma. Ci sono delle persone che mi cercano e dalle quali non mi posso difendere, nessuno può. Per questo motivo ti sto chiedendo, se non dovessi tornare da te, di non cercarmi più-
-Nessie, io...-
-Sei la mia migliore amica. Non pensavo che sarei mai riuscita ad averne una, mi hai regalato una cosa che nessun’altro potrà mai eguagliare, nemmeno Jake. E ti voglio un bene dell’anima-
-Mi stai dicendo addio?- strillò terrorizzata lei, balzando in piedi.
-Sono convinta che un giorno ci rivedremo, ma per il momento sì, è un addio-
Feci per avvicinarmi a lei e abbracciarla, dopo tutto quello che aveva fatto per me...non aveva nemmeno la minima idea di quanto mi sarebbe mancata.
Poi il suono di un clacson fece sobbalzare entrambe. Ci voltammo verso la finestra e non potei fare a meno di sorridere.
-Jake- dissi, in un sospiro di sollievo.
La decappottabile nera era parcheggiata all’inizio del vialetto della casa di Emma, Jacob era appoggiato alla portiera del guidatore e ci salutava con la mano.
-E’ parte di uno di quei segreti di cui non mi puoi parlare?- chiese Emma, cercando di rimanere seria.
-Se l’è fatta regalare per Natale- le dissi, scoppiando finalmente a ridere. Non volevo che Emma si deprimesse per me, volevo che vivesse una vita lunga e felice, lontano dal mio mondo e dai suoi pericoli.
-Io non stavo parlando della macchina- mi riprese lei con cipiglio, incrociando le braccia al petto.
Alzai gli occhi al cielo, gliela dovevo quella soddisfazione -Avevi ragione tu, lo amo-
-Capirai che novità- brontolò lei in tono scherzoso -Da quanto state insieme?-
-Credo, da sempre- ammisi, diventato tutta rossa.
-Non so se riuscirò a mantenere la promessa, ma...Ti voglio bene, Nessie-
-Anche io te ne voglio-
Così ci abbracciammo, come solo le migliori amiche si abbracciano. Con l’anima.
Dieci minuti dopo, scesi le scale e uscii dalla casa di Emma, uscendo dalla sua vita.Non mi voltai indietro, perché non avrei potuto dirle addio ancora una volta, anche se sapevo che mi stava guardando dalla finestra della stanza, sperando che mi girassi un’ultima volta.
-Ti prego, non dire niente- dissi secca, quando raggiunsi Jacob che aveva stampato sul volto il suo solito ghigno.
Jake scoppiò a ridere, allungando le braccia verso di me -Non mi intrometto nelle questioni tra ragazze, è una lezione che ho imparato a mie spese-
-Mi sono persa qualcosa?- chiesi, facendo un passo indietro.
-Nulla- mi tranquillizzò lui, prendendomi per un braccio e stringendomi a sé –E’ solo che non è facile doverti condividere con Emma-
-Piantala, lo so le vuoi bene-
- Okay, lo ammetto, odio di più doverti condividere con tutti quei vampiri-
- E io so che vuoi bene anche a loro- lo presi in giro, mentre gli avvolgevo le braccia al collo.
-Certo, quando dormono- rispose lui, sfiorandomi la punta del naso con il suo.
-Ma i vampiri non dormono-
-Appunto!- rispose lui, stampandomi alla velocità della luce un bacio sulle labbra, prevedendo che gli avrei rifilato una gomitata nello stomaco, per poi brontolare: -Che idiota-
-Ma mi ami-
-Già, per mia sfortuna- ammisi, stavolta arrendendomi al sapore delle sue labbra, mentre le sue braccia facevano aderire il mio corpo perfettamente al suo, in modo che io lo desiderassi così tanto, come mai prima di allora. Fu un bacio intenso e appassionato, che mi lasciò senza fiato.
Dolcemente, Jacob pose fine a quel momento e, con riluttanza, di staccò da me. Guardandomi negli occhi, trasmettendomi tutto il suo amore, come per compensare la cattiveria della frase che stava per pronunciare. -Andiamo, è ora di partire-
-Sì- annuì –Ora sono pronta-

Angolo Autrice: Perdonate la lunga attesa, ma quest'anno è quello della maturità e sono già piena di cose da fare, oltre che già in ansia per l'esame! Comunque, ci ho messo un po' ma alla fine ho terminato questo capitolo :) Spero vi sia piaciuto e che potrete sopportare i periodi di attesa tra i vari capitoli...Vi chiedo scusa, ma non è una cosa che dipende da me :) Come sempre un enorme grazie per tutte le belle recensioni che ho ricevuto.
un bacio,
Sonny

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Capitolo 15
*** L'eternità di una notte ***


Renesmee
 

 
Il sole calava dietro le montagne innevate della cittadina di Forks, un altro giorno moriva e con lui, ogni nostra speranza.
-Come facevi a sapere dov’ero?- domandai a Jacob, mentre la sua decappottabile divorava l’autostrada.
-Quando sono arrivato, Charlie mi ha detto che eri uscita, ma che non sapeva dove fossi. Gli avevi promesso che saresti tornata subito, perché dovevi fare una cosa urgente – mi rispose lui, stringendomi con amore la mano che avevo appoggiata sulla gamba. –Credo di non averlo mai visto così spaventato, probabilmente pensava che Bella l’avrebbe sbranato se ti fosse successo qualcosa-
-Già- commentai amareggiata, mordicchiandomi la guancia –ti prego non dire alla mamma che sono andata via- lo supplicai, tremando al solo pensiero di vedere Bella arrabbiarsi come una furia. L’ultima cosa di cui avevo bisogno, quel giorno, era una delle tante ramanzine che ero solita dovere ascoltare per non essere stata attenta, per non avere detto a nessuno dove fossi andata, eccetera, eccetera.
Jacob sorrise divertito –Va bene, sarà il nostro piccolo segreto-
Lasciammo la macchina sotto alcuni pini, vicino all’inizio del sentiero. Mi infilai due felpe e due pesanti giacconi, avvolgendomi lo zaino che conteneva il necessario per sopravvivere ad una nottata in tenda…in pieno inverno.
Jacob si inoltrò nel boschetto lì vicino, per trasformarsi, mentre io lo attendevo in mezzo alla neve, perfettamente bianca e intatta. Mi sistemai meglio i lacci degli scarponi da montagna, poi udii dei passi pesanti dietro di me e, quando mi girai, il solito lupo dal pelo rossastro mi stava osservando, sovrastandomi con tutta la sua mole.
Jacob mi porse la camicia e i jeans, di cui si era disfatto poco prima, che teneva ben stretti tra le possenti fauci. Li afferrai e li riposi con cura nel mio zaino, poi mi feci strada tra le sue enormi spalle e mi sistemai sulla sua groppa.
Un umano ben allenato avrebbe impiegato mezza giornata per arrivare alla nostra destinazione, ma io e Jacob raggiungemmo gli altri nel giro di un paio d’ore.
Quando intravidi da lontano le piccole tende che erano state piantate sulla cima della montagna, in mezzo a tutta quella neve, era ormai calato il buio totale e il mio corpo era quasi diventato un ghiacciolo. Jacob si fermò all’improvviso, a diversi metri dall’accampamento, mi fece scendere ed io lo guardai sbigottita.
Io e Jake non potevamo davvero comunicare, quando lui assumeva le sembianze di un lupo, ma chissà come, a noi due le parole non servivano. Anzi, anche quando lui non mutava forma, spesso non avevamo bisogno di parlare, a noi bastavano gli occhi e il contatto delle nostre mani. Nient’altro era importante, nient’altro era essenziale.
Il grande lupo rossiccio mi diede un colpetto con il muso, facendomi girare leggermente verso destra. Quando posai gli occhi su ciò che Jacob mi voleva mostrare, vidi nove enormi lupi che attendevano il loro capo branco, in disparte. Jacob doveva conferire con gli altri e io non potevo restare con lui, i suoi grandi occhi scuri mi guardarono dolcemente, promettendomi che non ci avrebbe messo molto, ma che io dovevo proseguire senza di lui. Allungai una mano verso il suo corpo maestoso, immergendola nel caldo e folto pelo, fino a raggiungere la pelle. E, senza guardare indietro, mi avvicinai alle tende che la mia famiglia aveva allestito.
-Ti sembra questa l’ora di arrivare, cara nipotina?- chiese ridendo zio Emmet, mentre usciva dalla tenda. –La festa non può cominciare senza di te!-
In un altro momento avrei ribattuto dicendo che non mi sembrava il momento di fare battute del genere, ma ero troppo occupata a cercare di non morire assiderata. Le previsioni non prospettavano nulla di buono, il vento gelido delle montagne stava diventando sempre più forte ed insistente, senza contare che aveva anche ripreso a nevicare.
Sarebbe stata una lunga notte. Non vedevo l’ora di entrare nella mia tenda e nascondermi dentro il sacco a pelo.
-Renesmee, dove sei stata?- domandò a sua volta zia Rosalie, seguendo il marito fuori dalla tenda. –Eravamo preoccupati, perché tu e Jacob ci avete messo così tanto?-
-Volevo rimanere un po’ di più con Charlie- risposi sulla difensiva, sperando che mio padre non fosse nei paraggi, o che, per lo meno, non volesse verificare se stessi dicendo la verità.
-E quel cane te l’ha permesso, ovvio- sibilò mia zia, lanciando un’occhiataccia dietro di me.
- Calmati, Rose- intervenne mio padre, sbucando fuori dal nulla. –Non c’è bisogno di farne un dramma-
Ringraziai il cielo per il tempismo di mio padre, non avrei sopportato altre domande a cui avrei dovuto rispondere con altre menzogne. Così cercai di cambiare argomento: -Di cosa stanno discutendo i licantropi?-
-Oh. Stanno solo parlando di come organizzare i turni per questa notte, nulla di cui ti debba preoccupare- mi rincuorò Bella, stringendomi un braccio attorno alle spalle, anche lei apparsa come per magia.
A quel punto non riuscii più a trattenermi e balzai via di scatto dall’abbraccio di mia madre, a volte i miei genitori dimenticavano che fossi vampira solo per metà e che, nonostante la mia sopportazione alle temperature estreme, anche la mia termoregolazione aveva i suoi limiti.
-Scusa, mamma- mi sbrigai ad aggiungere, notando il suo sguardo pieno di dispiacere. –E’ che sto morendo di freddo- le spiegai, battendo forte i denti.
-Freddo?- chiese Jacob correndo verso di noi e abbracciandomi da dietro –Stavate forse parlando di me?-
Nonostante l’improvviso irrigidirsi dei miei genitori, il calore che il corpo di Jake emanava era troppo allettante perché io mi potessi contenere. Trassi un respiro di sollievo e lasciai che la testa mi ricadesse all’indietro, a diretto contatto con il suo petto bollente. Finalmente il mio corpo cominciava a sentire un po’ di sollievo dal freddo.
Sentii mio padre schiarirsi la voce e poi guardare un punto indefinito in mezzo a noi –Renesmee tu e Jacob dormirete nella tenda che abbiamo piantato all’interno del bosco, così il vento non soffierà troppo forte e resterete al riparo- poi alzò lo sguardo verso Jake e disse con urgenza –ma noi resteremo appena oltre il delimitare del bosco, per controllare la situazione.-
In quel momento avrei tanto voluto scavarmi una fossa in mezzo alla neve, ma decisi di deglutire e fare finta di non avere colto il messaggio nascosto nell’avvertimento di mio padre.
-Mi sembra un’ottima idea- rispose con semplicità Jacob, per nulla imbarazzato, anzi sembrava quasi non avere capito cosa intendesse Edward.
-Forza, andate alla tenda- ci esortò Bella, prendendo per mano mio padre, come per impedirgli di saltare addosso a Jake per squartagli la gola. –Preparate i vostri sacchi a pelo e tutto ciò di cui avete bisogno e poi andate diritti a dormire, domani sarà una lunga giornata-
Mi staccai con fretta da Jacob e strinsi in un breve ma forte abbraccio i miei genitori, tentai con tutte le mie forze di rimanergli vicina il più a lungo possibile, ma il mio corpo chiedeva di fare ritorno alla pelle calda e accogliente del mio migliore amico.
-Buonanotte mamma, buonanotte papà- sussurrai loro, prima di lasciarli andare.
Quella, con ogni probabilità, era la nostra ultima notte insieme. Forse, la mattina dopo, non ci sarebbe nemmeno stato il tempo di dirsi a addio, di ricordare l’uno all’altro quanto ci amassimo, quanto ci sarebbe mancato chi non sarebbe sopravvissuto. Quello era il nostro ultimo saluto ed era crudele pensare che, anche volendo, non avrei potuto dargli più di questo, più di un semplice abbraccio e una promessa, che qualunque cosa fosse accaduta, li avrei amati. Per sempre.
-Buonanotte, piccola mia- mi salutò Edward con un rapido bacio sulla fronte.
-Ti voglio bene- mi ricordò  Bella, sorridendo, ed entrambe aggiungemmo, subito, insieme –Più della mia stessa vita-
Passò un lungo secondo in cui nessuno si mosse. Edward e Bella non se ne andarono, io rimasi immobile, nemmeno Jacob se la sentii di intromettersi in quell’istante così triste. Sapeva di fare parte delle nostra famiglia, ma sapeva anche che quel momento era solo nostro. Non si permise quindi di fare un passo in avanti per abbracciarmi e sciogliere la neve che, nel frattempo, si era ammucchiata sul mio giubbotto. Rimase immobile, ad aspettare che passasse.
Ad aspettare che fossimo pronti per andare, per accettare la sconfitta. Aspettò che quel momento così sbagliato finisse.
Quando i miei genitori se ne furono andati, tornai svelta tra le braccia di Jacob, lasciandomi portare all’interno del bosco. Non ci impiegammo molto per trovare la nostra tenda, era sempre la solita. Quella che avevamo usato anni prima, per la stessa occasione. La stessa in cui una me molto più piccola aveva dormito, cullata dalle braccia di quello stesso ragazzo che ora mi abbracciava con amore.
-Pensare che una volta mi piaceva il campeggio- ammise Jacob, cercando di alleggerire un po’ la tensione. –Tutta colpa di questi vampiri-
-Quelli che vogliono uccidermi- lo corressi, dandogli una gomitata scherzosa nella pancia.
Jake alzò gli occhi al cielo stellato –Sempre la solita storia-
Mi concessi di ridere, forse l’unica risata sincera di quella giornata così triste. Mi concessi di pensare anche a come sarebbe stato se, io e Jacob, avessimo trasgredito alla raccomandazione di mio padre.
Jacob si era messo a ridere insieme a me e dalle sue bellissime labbra uscivano grandi nuvole di vapore, i suoi occhi neri mi guardavano, luccicanti. Gli avvolsi una mano dietro il collo e lo avvicinai, per baciarlo. Sentii le sue labbra sorridere contro le mie, mentre le sue braccia mi cingevano saldamente la vita. Mi sollevò da terra, per poi aprire la zip della tenda con una sola mano. Sentii il suo corpo piegarsi sopra il mio, poi qualcosa di caldo mi sfiorò la schiena: era il sacco a pelo.
Nell’esatto momento in cui sentii che Jacob stava richiudendo la tenda, socchiusi le labbra per lasciare che il suo sapore mi colmasse la bocca. Come una scintilla, come una fiamma che divampa dal nulla, un nuovo desiderio si fece strada in me. Volevo noi, volevo Jacob, volevo stare insieme a lui. Mi feci forza sui gomiti e gli rotolai sopra, baciandolo con foga mentre, con una mano, iniziavo a giocare con i bottoni della sua camicia. Sentii le braccia di Jacob avvolgermi con forza il corpo, mentre i suoi palmi caldi mi accarezzavano prima la schiena e poi giù, sempre più giù, fino alle cosce.
-Dove hai trovato questi vestiti?- chiesi per distrarlo, mentre lo baciavo sul collo e cominciavo a sbottonargli la camicia.
-Me li ha portati Leah- disse piano, con gli occhi chiusi, mentre assaporava il mio profumo.
Quando ebbi sbottonato completamente la sua camicia, tornai a baciarlo con affanno sulle labbra.
Gli strinsi una mano nella mia e, mentre ci baciavamo, cominciai a trasmettergli tutti i ricordi che avevo di noi. Le nostre numerose battute di caccia, le serate passate sul divano di casa mia a non fare nulla, il nostro primo Natale, il secondo, il terzo e tutti quelli che erano venuti dopo, le canzoni che suonavo al pianoforte solo per lui, solo per renderlo fiero di me.
-Dio- esclamò Jacob, allontanando con dolcezza le mie labbra dalle sue –Quando hai imparato a farlo?-
Sorrisi con dolcezza, accarezzandogli la guancia con la mano, mostrandogli il ricordo del nostro primo bacio –Non l’ho imparato, l’ho semplicemente pensato-
-E’ stato magnifico- ammise Jacob, attirandomi nuovamente a sé.
-E potrebbe anche essere meglio- dissi, prendendogli la mano e posandomela sulla schiena, sotto la maglietta.
-Nessie, che fai?- domandò con affanno Jake, tirandosi su a sedere, con me ancora adagiata sulle gambe.
Non ragionai, non pensai che se mio padre avesse voluto, avrebbe potuto venire da noi e dividerci. Non pensai che, se avessimo fatto una cosa del genere, tutta la mia famiglia e il branco di Jacob ci avrebbe scoperti. Pensai solo che dopo quell’orribile giornata, fosse la cosa giusta da fare. Con ogni probabilità, il giorno seguente non avrei visto il calare la notte. Quella era, quasi sicuramente, l’ultima notte che avrei passato con Jacob, non avrei mai più avuto l’opportunità di rimanere sola con lui. Lo amavo, lo amavo e ci avrebbero divisi. Io avrei potuto essere già morta l’indomani, lui avrebbe potuto non sopravvivere allo scontro, I Volturi avrebbero potuto portarmi via per sempre.
Era l’ultima notte in cui io e Jacob potevamo davvero stare insieme.
Lo amavo e volevo stare con lui, in tutti i modi umanamente possibili.
Senza lasciargli il tempo di reagire, mi sfilai la maglietta e lo abbracciai. Il mio corpo seminudo aderii perfettamente al suo petto caldo e liscio, ormai libero della camicia, baciai Jacob con dolcezza, lasciando che i miei boccoli gli ricadessero sul viso. Sentii Jake gemere, e stringere forte i denti. Le sue mani, che prima stavano accarezzando avidamente la mia schiena nuda, si bloccarono di colpo.
-Nessie, fermati- disse piano, tentando di allontanarsi.
-Perché?- protestai, cercando di riavvicinarlo a me.
-Basta, fermati- mi prese con forza per le spalle e mi costrinse a sedermi al suo fianco.
-Jacob, ma che fai?-
-Hai intenzione di farmi andare fuori di testa?- sbottò Jacob, cercando di sembrare arrabbiato, ma con scarsi risultati. Notai che i suoi occhi mi divoravano e le sue mano erano chiuse a pugno, come per cercare di trattenersi.
-Scusa- dissi, affranta, cercando la mia maglietta.
Jacob scosse la testa, come per cercare di fare ordine nei suoi pensieri, e mi porse la maglia che mi ero tolta poco prima. –Lo sai che se Edward avesse deciso di ascoltare i nostri pensieri sarebbe scoppiato un putiferio?-
-Se è questo il problema potrei benissimo depistarlo- lo rimproverai. Dopo tutti quegli anni non poteva davvero pensare che l’avrei bevuta, Jacob sapeva che lo conoscevo fin troppo bene per credere alle sue stupide scuse. Come si permetteva di mentirmi così sfacciatamente? –Potrei trasmettere alla tua mente tutti i miei ricordi, l’ho già fatto mentre ci stavamo baciando, posso farlo anche dopo-
-No, non è una buona idea. E’ troppo rischioso- decretò Jacob, riallacciandosi la camicia.
-Cosa non è una buona idea?- sbottai adirata, alzandomi di colpo sulle ginocchia per aprire il sacco a pelo –Fare l’amore con me non è una buona idea? Dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo avermi detto che per te, io ho preso il posto della gravità, credi che sia troppo rischioso stare insieme per davvero?-
Mi infilai nel sacco a pelo con gesti meccanici e violenti, per poi richiudere la zip, con troppa forza, finendo per romperla. Trattenni un’imprecazione e mi voltai verso il lato della tenda, dando le spalle a Jacob.
Rimanemmo in silenzio per alcuni lunghi ed incessabili minuti, senza nemmeno muoverci o respirare. Poi sentii la mano di Jacob sfiorarmi la spalla attraverso il tessuto del sacco a pelo.
-Nessie?- mi chiamò, tentando di trovare l’apertura –Dai, fammi spazio o gelerai-
Mi ritrassi, chiudendomi a riccio –Sto benissimo così- mentii.
-Hai rotto il sacco a pelo, se non entro con te ora di domani mattina sarai un ghiacciolo- mi fece notare lui, prendendo con forza un lembo dell’apertura rotta e infilandosi con me all’interno di quella coperta avvolgente. Con disapprovazione, mi accoccolai in un angolino del sacco a pelo per fargli posto
-Nessie?- mi chiamò ancora Jacob, avvolgendomi le braccia alla vita per poi appoggiare il suo mento sulla mia spalla.
Sospirai ancora arrabbiata –Che cosa c’è, ancora?-
-Lo sai che quello che ho detto non significa che io non voglio fare l’amore con te, vero?-
-Invece è proprio quello che hai detto- lo corressi, costringendomi a non girarmi.
-Guardami- mi ordinò con dolcezza, ma quando non mi mossi, si sporse su di me per guardarmi in viso –Io ti amo e voglio fare l’amore con te, voglio stare insieme a te. Ma se stanotte lo facessimo, sarebbe per le ragioni sbagliate.-
Fu allora che non potei fare a meno di cercare il suo viso –Come puoi dire una cosa del genere?- chiesi con la voce smorzata dal dolore.
-Non fraintendere- mi rassicurò lui, accarezzandomi il viso –Non sono esattamente ragioni sbagliate, ma quando vorrò stare con te non voglio farlo solo perché credo che non ci sarà un’altra occasione-
Mi morsi la lingua per cercare di trattenere quella tempesta di emozioni che stava avendo luogo dentro di me, mi appoggiai sui gomiti e mi misi a sedere -Ma è così che stanno le cose, Jake-
-No, non è vero- mi ammonì lui, guardandomi con convinzione. –Io e te avremo ancora un’eternità di giorni insieme. Avremo ancora un’infinità di notti come questa, in cui ci ameremo fino a non avere più fiato. Quando tutto questo sarà finito, faremo l’amore perché ci amiamo. Stanotte non staremo insieme perché tu credi che questa sarà la nostra ultima notte insieme e non voglio ricordarmi della prima notte in cui ci siamo amati, fino in fondo, come un addio. Io e te sopravvivremo, te lo prometto. –
Come potevano i Volturi farci questo? Perché il mondo era così ingiusto?
Jacob non aveva fatto altro che soffrire nella sua vita. Aveva sofferto per la scomparsa della madre, per la perdita della sua migliore amica, per l’essere diventato un licantropo e adesso si sarebbe sacrificato perché io sopravvivessi.
-Jake- sospirai, cercando di fargli capire quanto lui significasse per me e quanto mi distruggesse anche solo il pensiero di doverlo lasciare. Mi sporsi per poterlo baciare con delicatezza –Non puoi farmi una promessa simile-
-Posso, invece, ed è l’unico modo per tenerti in vita- mi corresse lui, lo disse come se ne andasse della sua stessa vita. Mi prese il viso tra le mani calde e lo trattene vicino al suo, in modo che i suoi occhi fossero alla stessa altezza dei miei –Domani non sarà il nostro ultimo giorno. Io ti prometto che combatterò e mi salverò, perché ti amo e vivrò per l’eternità ad una sola condizione: che tu sia al mio fianco-
Per quanto dolci e perfette fossero le sue parole, non riuscii a fare a meno di guardarlo con rassegnazione, per il futuro che ci attendeva, e con invidia, per l’ottimismo che non lo abbandonava mai, nemmeno in momenti critici come questo. Quella, a mio parere, era l’ultima notte che avremmo trascorso insieme e avrei rinunciato ad unirmi a lui, perché quello era l’unico modo per non farlo morire prima del tempo. Era egoista, ma avevo bisogno che Jacob si conservasse com’era, fino alla fine: il sostenitore accanito delle cause perse.
-Renesmee- il mio nome suonò così bello attraverso la sua voce trepidante di desiderio –Prometti che non ti lascerai morire-
E noi, noi tutti, eravamo una causa persa.
-Te lo prometto- mentii, per salvarlo.
Non avrei mai fatto l’amore con lui ma, almeno, sarei morta con la consapevolezza che mi aveva amata, fino alla fine.

Angolo autrice: Ciao a tutti! Scusate il mio solito ritardo, ma come ben sapete la scuola mi tiene molto occupata! Spero comunque di riuscire a pubblicare un altro capitolo durante il ponte che ci sarà a novembre, ma non vi prometto nulla...Ebbene ci siamo, eccoci al fatidico momento: i Volturi stanno arrivando. Ma la domanda più importante è: obbedirà Jacob al comando di Edward, ovvero di scappare con Renesmee prima che la battaglia abbia inizio? Il che ci porta ad altre domande: Riusciranno Jacob e Renesmee a sfuggire ai Volturi? Che fine farà l'intero clun dei Cullen, i loro alleati e i licantropi? Beh dovrete aspettare il prossimo capitolo!

Infine, volevo ringraziare tutte voi, che mi lasciate sempre dei magnifici commenti che non merito nemmeno, perchè non sono così brava come mi descrivete :) GRAZIE, GRAZIE INFITITE! Volevo inoltre ringraziare anche le ultime due lettrici, ShioriS e CHRISTY25179 per le vestre recensioni e anche per le vostre critiche che mi hanno fatto notare alcuni miei errori. Grazie, sono felice di avere lettrici così attive e che, nonostante la mia poca esperienza in campo narrativo, io riesca a farvi apprezzare la mia storia.
Grazie ancora a tutti.
un bacio,
Sonny.

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Capitolo 16
*** Più della mia stessa vita ***


Ricordate:
Posterò il prossimo capitolo solo se riceverò
almeno 3 recensioni,
GRAZIE




Renesmee

 

Quella notte sembrò non volere finire mai, il vento continuò a soffiare e nemmeno quando il giorno sorse, diede il minimo accenno di volersi fermare. La neve aveva smesso di cadere dal cielo e aveva attecchito al terreno.
Il tempo sembrava essere tornato indietro, indietro di sette anni. Quell’anno in cui zia Alice aveva predetto l’arrivo dei Volturi, il giorno in cui la lunga nevicata fosse terminata e i suoi fiocchi si fossero legati al terreno in maniera indissolubile. La vita doveva avere un sadico senso dell’umorismo, non riuscì a trovare altra spiegazione.
Avevo trascorso l’intera notte a rigirami tra le mani il ciondolo che mi aveva regalato mia madre, quel piccolo ciondolo che, una volta aperto, conteneva la scritta “plus que ma propre vie” e una foto scattata di nascosto ai miei genitori, mentre si guardavano negli occhi, occhi pieni d’amore.
Per tutta la mia breve vita, mi ero chiesta come fosse possibile amare una persona come Edward e Bella facevano. Un amore per cui si è disposti a sfidare le leggi dei vampiri, a sfidare l’umanità, a sfidare la vita stessa. Poi tutto mi era sembrato così chiaro e semplice, la risposta era saltata fuori da sola, il giorno in cui avevo baciato Jacob. In quel momento avevo capito che la soluzione al mio dilemma era sempre stata dentro di me e aveva solo aspettato che io fossi pronta per comprenderla.
-Significa: “più della mia stessa vita”- mi aveva detto la mamma, quando mi aveva donato la collanina –E’ quanto io ti ami-
Ed era quanto io amassi lei, quanto amassi mio padre, la mia famiglia...Jacob. E tutto si sarebbe concluso, i Volturi ci avrebbero uccisi tutti, dal primo all’ultimo, questa volta ne ero certa. I vampiri italiani non avevano mai accettato la mia esistenza, andavo eliminata e al più presto. La mia famiglia era riuscita a fermarli una volta, facendoli diventare ancora più crudeli, e adesso erano torniti per ripresentare il conto. Volevano vendetta, volevano riportare giustizia, uccidendo tutti coloro che avevano osato sfidarli per proteggere un’unica ed insignificante esistenza: la mia. Non l’avrei mai detto a nessuno, ma sapevo che tutte le vite che nel giro di qualche ora si sarebbero spezzate per causa mia, avrebbero potuto essere risparmiate. Sette anni prima, avrei dovuto essere stata eliminata, in modo da permettere alle persone che amavo di vivere.
Quando il primo raggio di luce colpì la tenda, cercai di guardare dietro la mia spalla. Jacob dormiva ancora profondamente, il suo russare mi aveva tenuta sveglia tutta la notte ma non era stato un problema, ero sempre stata abituata al suo sonno rumoroso e, con il tempo, avevo imparato a non farci più caso. In realtà, quella notte, non sarei mai riuscita a prendere sonno, anzi probabilmente era stato meglio così, il silenzio spaventoso dell’oscurità mi avrebbe fatto pensare alla morte, un’idea che fino a quel momento non mi era mai stata così vicina. Il russare di Jake mi aveva rammentato, durante quelle lunghe ore, che c’era ancora vita, che nonostante la morte delle persone a me più care, il mondo avrebbe continuato a esistere.
-Non hai dormito stanotte- mi rimproverò Jacob, dopo qualche minuto, con ancora gli occhi chiusi.
Un sorriso tirato mi si disegnò sul viso –Come fai a dirlo? Non hai mai smesso un minuto di russare-
Sentì le sue labbra allargarsi, sorridenti, mentre si appoggiavano sulla mia pelle per baciarmi il collo, le sue braccia calde, che fino a quel momento mi avevano stretto la vita, fecero girare il mio corpo in modo che il mio petto potesse aderire perfettamente al suo –Hai un aspetto terribile- sussurrò, cercando di trattenere il tremolio della sua voce.
Fu come se mi avessero rifilato una pugnalata nello stomaco, dovevo smetterla di fare la vittima, avevo avuto tutta la notte per piangermi addosso, era arrivato il momento di essere forte, per l’ultima volta. Per far credere a Jacob che avrei combattuto, che credevo ancora in un miracolo.
-Quello di una che ha passato una notte in tenda- provai a dire, ma la mia battuta non suonò poi così divertente, anche se Jake rise sommessamente.
Un ululato in lontananza riecheggiò per tutta la foresta e noi restammo immobili, in attesa.
-Devo fare l’ultimo giro di guardia, Bella e Emmett stanno arrivando a prenderti- mi comunicò Jacob, con poca convinzione. L’idea di lasciarmi doveva infastidirlo quasi quanto infastidisse me.
Annuì come per cercare di convincere me stessa, nella voce di Jake non avevo sentito alcun tono di urgenza, quindi la situazione per il momento doveva ancora essere abbastanza tranquilla. Mi misi a sedere, levandomi di dosso il sacco a pelo e il gelo della mattina si insinuò sotto i miei vestiti, spezzandomi il respiro. Prima ancora che Jacob potesse ricacciarmi al caldo, sotto le coperte, presi al volo il giubbotto e mi precipitai fuori dalla tenda per respirare l’aria dell’alba.
Rosa, arancione, azzurro. Quei colori così sgargianti si riflettevano nel bianco del paesaggio innevato, uno spettacolo mozzafiato. L’ultimo che avrei visto.
-Dovresti tornare dentro- mi avvisò Jacob, seguendomi fuori, mentre mi osservava preoccupato.
Mi voltai verso di lui e gli sorrisi. Che importanza aveva se mi fossi presa un colpo di freddo? Sarei morta in ogni caso, ma questo non glielo potevo dire.
Senza pensarci mi buttai fra le sue braccia. Non volevo che mi lasciasse, nemmeno per un secondo. Nel giro di pochissimo tempo ci avrebbero divisi per sempre, non aveva importanza quanto ci amassimo, tutte le promesse che ci eravamo fatti erano svanite nell’istante in cui i Volturi avevano decretato la nostra sentenza. Di fronte al loro egoismo, tutti i pericoli che i miei genitori avevano affrontato per tenermi in vita, tutta la sofferenza di Jacob nel cercare il suo posto nel mondo, tutte le battaglie che io avevo dovuto affrontare per salvare la mia famiglia non erano servite a nulla.
Avrei voluto dire a tutti di scappare, di lasciarmi al mio destino, ma sapevo che nessuno di loro lo avrebbe fatto.
-Promettimi una cosa- gli chiesi, stringendo con forza le mie braccia al suo collo.
Jacob rimase immobile, quasi spaesato, ma ricambiò il mio abbraccio quando sentì quella frase.
-Promettimi che non ti sacrificherai per salvarmi- lo implorai, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo –Prometti di non prendere il mio posto nel caso i Volturi volessero uccidermi-
-Nessie- provò a dire, tentando di allontanarmi per guardarmi in viso, ma io serrai la mia presa.
-Ti prego, non lo fare. Non poteri vivere sapendo che sei morto per salvarmi, mi uccideresti-
Non parlò. Sapevo di chiedergli molto, ma era l’unica cosa che potevo pretendere da lui. Non potevo obbligarlo ad andarsene perché, per quanto potessi risultare egoista, l’imprinting mi faceva desiderare di averlo vicino, anche se questo significava metterlo davanti alla morte.
Passò un lungo momento, in cui nessuno dei due disse o fece niente. Quando Jacob parlò, sentì i passi di mia madre e Emmett avvicinarsi.
-Nemmeno io potrei vivere sapendo di averti persa- mi sussurrò, prendendomi il viso tra le mani. Mi guardò negli occhi e fu come se volesse tuffarvisi dentro. –Non lascerò che quei succhiasangue ti portino via da me e se mai dovessero riuscirci, devi sapere che ti troverò. Sempre-
Le sue mani si fecero largo sulla mia gola, fino alla nuca e le sue labbra trovarono le mie.
Non avevo mai pensato a come avrei detto addio a Jacob, probabilmente non esisteva un modo. Io e lui eravamo nati per stare insieme, l’imprinting non prevedeva una separazione. Un bacio, un giorno, non sarebbero mai stati abbastanza per riuscire a voltare pagina. In quel momento, la scelta che avevo preso di andare ad Harvard mi sembrò così sciocca e inopportuna. Jacob aveva ragione, se mai saremmo sopravvissuti, anche se continuavo a dubitarlo, avrei bruciato la mia lettera di ammissione.
-Renesmee? Jake?- la voce di mia madre risuonò nell’aria e fummo costretti a porre fine a quel bacio con grande riluttanza.
-Siamo tu ed io contro il mondo- mi promise Jacob, che sembrava avere ritrovato il solito sorriso di sempre.
-Ti amo-  Era la prima volta che glielo dicevo davvero, lo sapeva ma non gliel’avevo mai detto di mia spontanea volontà. Lo avevo ammesso ai miei genitori, a Charlie ma quelle due paroline mi erano uscite solo in quel momento, avevo sempre pensato di avere tutta l’eternità per dimostrargli quanto lo amassi e, all’improvviso, il tempo per noi era scaduto.
-Eccovi, finalmente!- esclamò mia madre sollevata, probabilmente aveva sentito tutta la nostra conversazione ma si comportò come se nulla fosse.
-Ehi, piccioncini- esordì Emmett, sbucando alle spalle di Bella, lanciandoci uno sguardo malizioso.
-Jacob, Leah e gli altri ti stanno aspettando. Ci vediamo tra quindici minuti nella radura- lo esortò Bella, sapendo che Jacob non si sarebbe mosso di lì senza un ordine ben preciso.
-Okay- rispose lui, con gli occhi ancora fissi sui miei. –Dove sono Edward e gli altri?- chiese, sforzandosi di guardare mia madre.
-Sono già lì che ci aspettano-
Jacob fece un cenno di assenso poi tornò a guardarmi. –Ci vediamo tra poco- e mi diede un veloce bacio sulla fronte, per poi sparire dietro gli alberi.
Nei quindici minuti che seguirono, entrai nella tenda per cambiarmi. Avevo bisogno di abiti nuovi, perché quelli che avevo tenuto indosso durante la notte erano completamente umidi e ricoperti di brina. Così dovetti infilarmi nuovamente nel sacco a pelo per potermi spogliare, ma il gelo riuscì a colpire la mia pelle lo stesso. Bella ed Emmett rimasero fuori dalla tenda, evitando di raffreddare ulteriormente l’aria all’interno dell’abitacolo.
-E’ andato tutto bene stanotte?- chiese mia madre quando iniziammo ad incamminarci verso la radura, dove mio padre e gli altri ci aspettavano, il luogo dove tutte le nostre esistenze sarebbero state giudicate. Emmett era qualche metro avanti a noi, intento ad aprirci la strada tra la foltissima vegetazione innevata. Procedeva a passo spedito, veloce e nervoso, anche per un vampiro. Bella avrebbe di sicuro preferito proseguire alla sua stessa velocità, ma le mie gambe non volevano decidersi a sbrigarsi. Mi sentivo come un condannato a morte che cerca di scampare alla morte, rimandando i minuti che lo separano alla sua fine. Io mi aggrappai alla vita di mia madre, come una bambina in fuga dai brutti sogni, mi strinsi forte al suo corpo di marmo gelato e, nonostante ogni centimetro della mia pelle chiedesse pietà, non la lasciai andare.
-Non pensavo che sarebbe andata a finire così- ammisi, riferendomi a tutto quello che ci era successo negli ultimi mesi. Bella non rispose, mi guardò con sguardo mortificato come per scusarsi di non essere riuscita a proteggermi da quella situazione. Le sue braccia d’acciaio mi avvolsero le spalle e le sue mani fredde e delicate mi accarezzarono i capelli.
-Nemmeno io, tesoro- mi sussurrò con la voce rotta. Così capì, eravamo davvero spacciati. I Volturi ci avrebbero separati per sempre, lo leggevo chiaramente nei suoi occhi.
-Mamma?- la chiamai, tirandole un lembo della giacca, come ero solita fare da bambina.
-Sì?- mi rispose lei, dopo un momento di silenzio. Sembrava quasi spaventata, ma non seppi dire se per il destino che ci attendeva o per quello che avrei potuto chiederle.
-Ho paura- le confidai e mi odiai per questo. Mi ero ripromessa che sarei stata forte, che i Volturi avrebbero potuto portarmi via tutte le persone che amavo ma non avrebbero mai potuto togliermi la mia indipendenza. Loro erano i capi dei vampiri, ma non i miei. Io non ero né umana né immortale, io appartenevo a me stessa.
-Oh amore, nessuno ti farà del male- mi promise Bella, stringendomi d’impeto, immaginai per nascondermi il suo viso contratto in un’espressione di dolore dove, se fosse stata ancora umana, vi sarebbero affiorate numerose lacrime  -Non lo permetterò, Jacob non lo permetterà-
Quelle parole mi giunsero come una frustata, mi allontanai leggermente da lei, impedendole di nascondermi i suoi occhi -Cosa intendi dire?- le chiesi, preoccupata.
-Stagli vicino e tutto andrà bene- raccomandò mia madre e il discorso terminò lì. Mi strinse forte la mano e cominciò a correre, esortandomi a seguirla.
 
Il centro della foresta si apriva in una radura circolare, un’enorme spiazzo. Sembrava fosse stato fatto a posta per lo scenario di una battaglia. Un’arena. E noi eravamo i gladiatori che attendevano di essere sbranati dai leoni.
Riuscì a sentire la voce di Alice, prevedere il nostro arrivo. Tutti i vampiri si girarono a guardarci, alcuni con un espressione di rassegnazione sul volto, altri tentarono un sorriso di incoraggiamento, ma con scarsi risultati.
 -Renesmee- il mio nome uscì in un sospiro di sollievo dalle labbra perfette di mio padre, gli corsi in contro e mi gettai fra le sue braccia. Edward sembrò stupito di quel mio gesto, probabilmente temeva di provocarmi dolore a causa del suo corpo gelido, ma in quel momento non mi importava. Avevo bisogno di sentire il contatto delle persone che amavo.
Ancora immersa nel dolce profumo di mio padre e nelle sue braccia che mi cullavano con amore, non mi accorsi del grande lupo dal pelo fulvo che mi osservava, al fianco di Edward. Solo quando mia madre gli si avvicinò e gli avvolse le braccia all’enorme e possente collo, alzai lo sguardo, sbalordita.
–Sei il migliore amico che avessi mai potuto desiderare, Jake.- disse mia madre al licantropo, avrebbe voluto piangere, in modo da alleviare il dolore, ma non poteva. Lui la guardò con gli occhi pieni di tristezza e con la testa, le diede un dolce colpetto sulla spalla - Ti voglio bene, ti auguro ogni felicità- quello di mia madre sembrò quasi un addio. Il lupo guaì.
Quella frase mi lasciò senza fiato -Che succede?- chiesi con urgenza, cercai di allontanarmi da mio padre, ma lui mi tenne stretta a sé, come se avesse paura che fuggissi -Dove sono i lupi?- domandai, all’improvviso allarmata.
Di Leah, Seth e di tutti gli altri non si vedeva l’ombra. Chiusi gli occhi concentrandomi sulle cose intorno a me, con la mente raggiunsi il limitare della foresta, ma nulla. Dei lupi non c’era traccia.
-Non combatteranno- disse mio padre, la mascella contratta e gli occhi fissi su Jacob. Come se volesse ricordargli qualcosa.
-Cosa? Perché?- chiesi ancora. Sentì di non potere più trattenere le lacrime. Paura, agitazione, stanchezza si riversarono sulle mie guancie sottoforma di gocce d’acqua cristalline.
-Perché devono proteggerti- mi spiegò Bella, staccandosi con riluttanza da Jacob.
-Cosa state dicendo? Spiegatemi!- li implorai quasi urlando terrorizzata, anche se non ne avevo bisogno. All’improvviso l’ordine di mia madre di rimanere vicino a Jacob, perché mi avrebbe sempre protetta, mi illuminò. In quel momento ciò che mia madre voleva da me mi risultò così chiaro, dopotutto non era la prima volta che mi chiedeva una cosa simile.
-Devi andare con Jacob, tesoro mio- mi esortò Bella, avvicinandosi a me ed Edward. Lei guardò mio padre che ancora non aveva sciolto il suo abbraccio e i suoi occhi sembrarono volere convincere anche lui.
-No!- protestai, aggrappandomi alle spalle di mio padre, con le lacrime che mi bruciavano il viso - Perché?-
-Perché è l’unico che può tenerti al sicuro- Bella appoggiò una mano sulla spalla di Edward e l’altra sulla mia. Mio padre prese un lungo respiro e poi rilassò il viso e, con un ultimo sforzo, sciolse la sua presa dal mio corpo e mi lasciò andare.
Non mi arresi, continuai a stringermi forte a lui e mia madre aspettò. Aspettò che fossi pronta ad andare, non lo sarei mai stata, ma volle comunque concedermi qualche secondo per costringermi a lasciarli. Dopo un periodo di tempo che non mi sembrò abbastanza, sentì qualcuno infilarmi sulle spalle una grande sacca. Mi voltai e trovai Esme, dietro di lei tutta la mia famiglia: Carlisle, Alice, Jasper, Emmett, Rosalie.
-Dovrebbe bastarvi per lasciare il paese- disse mio padre, allontanandomi definitivamente.
Scossi la testa violentemente, non riuscivo ancora a capacitarmi di quello che la mia famiglia mi stava chiedendo. Li guardai uno ad uno, cercando di ricacciare indietro le lacrime -Non capisco e voi che farete?-
-Faremo da esca. - mi spiegò Carlisle, avvicinandosi ad Esme e avvolgendole le spalle -Tratterremo i Volturi il più possibile, in modo da dare a te e Jacob la possibilità di scappare-
-No!- protestai, cercando lo sguardo del lupo. Non poteva farmi questo, non poteva avere accettato di lasciare tutti lì a morire per me, ma Jacob aveva gli occhi e le orecchie basse. -Io non vi lascio qui-
Bella mi abbracciò, accompagnandomi vicino al lupo -Devi farlo, tesoro- mi sussurrò tra i capelli.
-No- tentai di protestare per l’ultima volta, ma non avevo scelta. Mi avrebbero mandata via comunque, non potevo pensare di avere la meglio su tutti quei vampiri che mi amavano talmente tanto da chiedermi di scappare con un licantropo, quegli stessi vampiri che avevano scelto di morire al posto mio.
Edward aiutò mia madre ad issarmi sulla groppa di Jacob, da sola non ce l’avrei mai fatta. Ogni parte del mio corpo si rifiutava di scappare lontano da tutti quelli che amavo.
-Addio, Jacob e grazie.- lo salutò mio padre, una volta avermi fatta salire, accarezzandogli il folto pelo -Grazie di tutto, non avremmo mai potuto farcela senza il tuo aiuto. Sono felice che Renesmee abbia te- Edward fece un passo indietro, si mise al fianco di mia madre, il posto che era sempre stato suo di diritto e se la strinse al petto. -Abbi cura di mia figlia, siate felici insieme-
-Mamma, papà- li chiamai per un’ultima volta, cercando di convincerli a non lasciarmi andare.
-Ti abbiamo amata con tutta la nostra anima- mi ricordò mio padre, stringendo i denti per non lasciare che il dolore avesse la meglio.
Alice fece un passo avanti e mi guardò con amore, poi il suo sguardo sembrò perdersi per qualche istante e allora capì, mi stava concedendo l’onore di una sua ultima profezia -I Volturi potranno anche separarci ma noi rimarremo sempre insieme.- disse alla fine mia zia, augurandomi buona fortuna perché, per quanto provasse, un vampiro non poteva vedere il futuro di un licantropo e di una mezza immortale.
- La tua vita non è finita, continuerà insieme a Jacob. Ti proteggerà da ogni male, come ha sempre fatto.- aggiunse mia madre con la voce spezzata, guardò Jacob e gli fece segno di sbrigarsi perché altrimenti non avrebbe più avuto la forza di andarsene -Non provare mai a tornare indietro.- lo ammonì con amore.
Jacob mi lasciò il tempo di guardare per l’ultima volta tutta la mia famiglia e di godere ancora per qualche istante del calore dei loro occhi pieni d’amore. Nessuno parlò, nessuno di loro volle dirmi un’ultima parola. Nessuno di loro aveva mai pensato che ci saremmo dovuto separare. Alla fine, uno di loro però sembrò ripensarci.
-Siate prudenti ma non abbiate mai paura di amare- disse Carlisle, prima che il mio sguardo si abbassasse e le mie mani si stringessero con forza al pelo di Jacob, per dirgli che ero pronta.
Aprì la bocca per dire qualcosa, non seppi mai di preciso cosa avrei detto se la mia voce avesse avuto il coraggio di farsi udire, ma non ne ebbi il tempo. Fu come un lampo, un’esplosione, un momento prima ero davanti alla mia famiglia e un momento dopo il mondo cominciò a scivolare veloce dietro di me. Il grande lupo dal pelo fulvo mi portò via dalle persone che amavo e che sarebbero morte per me.


Angolo Autrice: Ciao a tutti! Perdonate come al solito l'attesa ma ho sempre il solito noioso problema...LA SCUOLA! Non vedo l'ora che arrivino le vacanze, ho bisogno di un po' di relax e di tempo per scrivere un po' di più, anche se da una parte spero di avere già concliso questa mia storia entro Natale...vedremo come andranno le cose, visto che ho qualche idea nuova e questa mia storia potrebbe dimostrarsi leggermente più lunga del previsto. E' tutto ancora molto incerto, non andate a farvi strane idee, al massimo si allungherà di qualche capitolo. Mi mancherà da morire questa storia quando l'avrò terminata...se mai la terminerò :) Chiedo scusa in anticipo per eventuali errori grammaticali e/o di battitura, ho avuto poco tempo per controllare e visto che questa settimana avrei avuto poco tempo per rileggere ho deciso di pubblicare il capitolo. Spero dunque vi sia piaciuto, il prossimo sarà anche meglio, ve lo prometto!
Bacioni,
Sonny

p.s. Mi sono dimenticata la cosa più importante, grazie infinite a tutti voi che commentate con amore la mia storia e mi scrivete per esortarmi ad andare avanti nei miei lunghi periodi di blocco. Non potete nemmeno immaginare cosa voglia dire per me, perchiò GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE E ANCORA GRAZIE!

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Capitolo 17
*** L'inizio del viaggio ***


Ricordate:
posterò il prossimo capitolo solo se riceverò
almeno 3 recensioni,
GRAZIE



Renesmee

 

Ormai da ore il mondo aveva cominciato a scivolarmi attorno, lunghe file di alberi, prati, montagne apparivano sfocate intorno a noi e una parte di me avrebbe voluto obbligare Jacob a fermarsi, a rallentare la sua folle corsa per potersi girare e tornare indietro. Ci avevo provato un paio di volte, lo avevo tirato per le spalle muscolose, aggrappandomi al suo folto pelo, nella speranza che si fermasse per paura che qualcosa fosse potuta essermi successa senza che lui se ne accorgesse. Ma non lo fece, per tutto il tempo, mi ignorò usando tutte le sue forze. Sapeva che, se avesse rallentato anche solo di poco, sarei balzata giù dalla sua groppa e avrei cominciato a corre, anche senza di lui. Il problema era che, il dolore per quello che stavamo facendo, mi stava dilaniando al punto da avermi fatto perdere il senso dell’orientamento. Nella prima ora di fuga, mi ero fatta piccola sulla schiena del mio migliore amico lupo, nascondendo il viso nella sua pelliccia calda. Il mio cuore batteva quanto il suo, anche se io ero immobile mentre lui correva con il mio peso sulle spalle. Quindi non avrei saputo dire se avesse deciso di dirigersi verso il Canada o restare entro i confini degli Stati Uniti.
Poi, dopo un tempo che mi sembrò infinito, sentii i muscoli del lupo sotto di me allentarsi e la corsa si fece più rilassata. Alzai gli occhi, che nel frattempo mi erano diventati gonfi e rossi, in cerca di qualcosa, fu allora che Jacob rallentò il passo e io percepii due nuove presenze. Nel giro di pochi secondi altri due lupi mastodontici ci furono al fianco. Erano Embry e Paul.
Le mie labbra si aprirono in un gemito di sorpresa, non avevo pensato che li avrei rivisti così presto.
Jacob si avvicinò a Paul e inclinò la schiena, cercando di scrollarmi dalle sue spalle. Presa in contropiede, mi aggrappai alla pelliccia di Paul per non cadere e lui mi aiutò a issarmi meglio sulla sua groppa, dandomi una spinta con il muso. Spaesata e terrificata, cercai all’istante lo sguardo di Jacob, già pronto a rincuorarmi. Poi Jake emise un ululato sommesso e lui ed Embry sparirono nella boscaglia.
Non staccai gli occhi dal lupo con il pelo rossiccio, finché la vegetazione non mi ostruì la visuale. Quando tornai a guardare davanti a me, notai che io e Paul eravamo ormai arrivati al delimitare del bosco e, al di là degli alberi, riuscii a intravedere il grigio di quella che mi sembrò una grande azienda e dai rumori, intuii che eravamo ormai vicini a una città.
Paul smise all’improvviso di correre e camminò fino a raggiungere gli ultimi alberi, poi si fermò e io balzai a terra con un tonfo sordo, sulla neve ancora immacolata.
Presi un respiro profondo che mi impedì di traballare e crollare a terra, il freddo che per tutte le ore di quel folle viaggio mi aveva continuamente frustato le ossa mi fece tremare come una foglia.
Paul mi diede un colpetto sulla schiena con il muso e quando incontrai i suoi occhi, trovai uno sguardo mortificato. Quasi lo stesso che mia madre mi aveva rivolto quando le avevo rivelato di essere terrorizzata per il destino che ci attendeva, o meglio, che li attendeva, perché io ero scappata come una vigliacca, lasciando tutta la mia famiglia a morire per me.
-Paul- gemetti, per via di quei suoi occhi pieni di tristezza. –Mi dispiace così tanto-
Lui guaì, strofinandomi il naso sul giubbotto.
-Mi dispiace di avere combinato tutto questo casino, per colpa mia il tuo matrimonio con Rachel è stato rovinato- mi scusai ancora, mortificata e mi sporsi per accarezzargli la testa.
-Nessie?-
Mi voltai di scatto e il mio cuore si riscaldò un poco nel vedere Jacob a qualche metro di distanza, mentre cercava il mio sguardo con affanno. Si precipitò verso di me velocemente, seguito a ruota da Embry ancora in forma di lupo.
-Grazie, Paul- fece Jacob, rivolgendosi all’amico e piazzandosi subito vicino a me, stringendomi forte un braccio attorno alla vita. Mi chiesi se lo avesse fatto più per paura che scappassi o perché, semplicemente, avesse bisogno di sentirmi vicina. Aveva abbandonato una parte della sua famiglia davanti alla morte e, adesso, avrebbe dovuto dire addio anche alla seconda parte, al suo branco.
-Leah ci sta aspettando dentro l’aereoporto, dobbiamo sbrigarci- mi sollecitò Jake, prendendo la sacca che avevo portato io durante tutto il viaggio, per poi caricarsela sulle spalle.
-State lontani da La Push per qualche settimana, non credo che i Volturi verranno a cercarvi- disse poi, rivolgendosi a Paul ed Embry –I vampiri stanno cercando le tracce di Nessie e non hanno mai badato in particolar modo al nostro odore, perciò aspettate ancora un po’ in modo che la situazione possa tornare tranquilla.-
Lo osservai con malinconia, i suoi occhi neri luccicavano e per quanto tentasse di essere forte, il lupo Alfa non riuscì a trattenersi. Una lacrima solitaria gli rigò la guancia, costringendolo ad abbassare lo sguardo. Gli strinsi con forza la mano, come per dirgli che non eravamo costretti a farlo. Lui poteva ancora avere una vita, avrebbe potuto vivere ancora felice per molti anni, vedere sua sorella sposarsi, farle da testimone e magari, un giorno, incontrare un’altra ragazza che lo avrebbe reso felice. Doveva solo arrendersi, riportarmi indietro e lasciarmi andare incontro al mio destino. Non avevo potuto salvare la mia famiglia, ma avrei potuto salvare lui e gli altri lupi.
Sarei stata disposta  a rinunciare a lui se questo significava metterlo al sicuro, io l’amavo fino a questo punto. Ma lui mi amava altrettanto e, per mantenermi in vita, avrebbe sacrificato tutto se stesso.
Jacob mi strinse ancora più forte a sé, forse perché non sarebbe riuscito a dire addio alla sua famiglia senza la certezza che io, comunque, sarei rimasta.
–Paul devi prenderti cura di mia sorella, adesso, e anche di mio padre, dì loro che li amo e che gli auguro ogni bene-
I due lupi inarcarono le schiene, liberando un latrato di dolore che fece riscuotere l’intera foresta, stormi di uccelli si levarono in volo, disperdendosi nel cielo e macchiando le nuvole.
-Addio, ragazzi- sussurrò Jake con un gemito.
E così come erano apparsi, Paul ed Embry, sparirono dietro gli altissimi alberi innevati. Restammo fermi per lunghi minuti ad aspettare, non seppi bene cosa, ma io e Jake rimanemmo fermi ad osservare il punto in cui i due grandi lupi si erano trovati fino a pochi secondi prima. Forse Jacob stava aspettando di essere pronto ad intraprendere quel lungo viaggio che ci attendeva, ora sarebbe toccato a lui guidarmi in quel mondo che era tanto ostile nei miei confronti.
Poi Jake si voltò bruscamente, trascinandomi con sé, e incominciò a camminare a passo spedito con il capo chino. Quasi non riuscivo più a riconoscerlo, come avevano potuto i Volturi sconvolgere la vita anche a lui?
Il mio amico spavaldo e impertinente era svanito, la sua camminata fiera, la testa alta e gli occhi ammiccanti, dov’erano finiti? Li avrei mai più rivisti o erano rimasti insieme ai miei genitori, davanti alla morte?
Quando all’improvviso alzai gli occhi, mi accorsi che ogni tipo di vegetazione era sparita, davanti a me c’erano un sacco di macchine parcheggiate e un rumore di motori mi riempì i timpani. Alzai lo sguardo giusto in tempo per vedere la coda di un aereo passarmi sopra le testa, ecco quella era la nostra ultima fermata: l’aereoporto. Nel giro di pochi minuti io e Jacob avremmo lasciato il paese alla volta di qualche continente lontano.
Mi guardai attorno e vidi che l’ingresso era a qualche metro davanti a noi, ma Jacob si bloccò di colpo, lasciando la mia mano. Si avvicinò ad un cesto della spazzatura, aprì la sacca che aveva sulla spalla e ne estrasse tutti i miei vestiti.
-Jake, ma che stai...- balbettai ma non feci in tempo a fermarlo, con un gesto deciso, Jacob fece volare all’interno del contenitore tutti i miei vestiti e lo sportello si richiuse con un colpo secco.
-Dobbiamo liberarci di tutte le cose che portano il tuo odore così che nessuno ci possa seguire, Leah ci sta aspettando dentro, ci lascerà alcuni suoi vestiti per te- rispose Jacob con fermezza, ritornando al mio fianco e tirandomi per mano, sollecitandomi a sbrigarmi.
Ero rimasta talmente allibita dal comportamento di Jake, da non accorgermi nemmeno del momento in cui lui riuscì a individuare Leah. Talmente presa dai miei pensieri, le andai addosso e quando alzai lo sguardo, i suoi occhi color cioccolato erano fissi sui miei, avevano un’aria minacciosa ma allo stesso tempo incerta.
-Sei riuscita a sentire qualcuno?- chiese Jacob con urgenza, stringendo con forza i pugni.
-Ho parlato con Seth- rispose lei, spostando lentamente il suo sguardo da me a lui –E’ rimasto nelle vicinanze dello scontro finché Edward non è riuscito a distruggere Demetri, poi lui e gli altri se ne sono andati come i Cullen avevano richiesto-
-Qualcun altro ha tentato di seguire le nostre tracce?- chiese Jacob, impedendomi di intervenire.
Mio padre e mia madre avevano architettato tutto alla perfezione, chissà da quanto avevano pianificato la mia fuga...
Demetri era l’unico, nella guardia dei Volturi, che avrebbe potuto rintracciare il mio odore anche se ero a stretto contatto con un licantropo, il suo olfatto era imbattibile, mi avrebbe trovata in ogni caso, ovunque Jacob avesse deciso di portarmi. Quindi andava eliminato per dare a me e Jake una possibilità. Quella era stata la priorità assoluta dei miei familiari e ci erano riusciti.
-Quando hanno visto che Nessie non c’era, molti di loro si sono sparsi per la foresta- ammise Leah, con rammarico –I Cullen stanno pensando a quelli che sono rimasti entro i confini di Forks, agli altri penseremo noi-
-Leah, dimmi come stanno- la pregai, prendendola per le braccia –Ti prego-
Leah prima di rispondere guardò Jacob, come per avere il permesso di parlare -Emmett e Jasper sono stati feriti, ma non so dire di che entità sia il danno, degli altri non so nulla. Ho perso i contatti con Seth, deve avere lasciato la battaglia-
Jacob si intromise nuovamente, impedendomi di porre altre domande –Dì agli altri di stare di guardia fino a sera, poi andatevene e tornate a La Push appena possibile-
-Va bene, Jacob- annuì sommessamente Leah, sapendo di non potersi opporre al suo capo branco. –Come farò a contattarvi nel caso ci siano dei sopravvissuti?- chiese poi, illuminandosi.
Il mio sguardo balzò subito verso Jacob, che però sembrava aspettarsi quella domanda sin dall’inizio. Capii che, nonostante la mascella contratta, lo sguardo titubante e le mani strette nei pugni, Jacob sapeva già qual’era la risposta, non ne aveva mai dubitato. Aveva pensato a lungo a come trovare uno spiraglio nel piano perfetto che mia madre e mio padre avevano architettato, ma erano vampiri e mio padre aveva vissuto da eremita per oltre un secolo e aveva saputo gestire la situazione alla perfezione. Io e Jacob non avevamo quasi mai lasciato Forks, come potevamo pretendere di riuscire a battere cento anni di esperienza?
No, non c’era alcun modo di raggirare i piani dei miei genitori. Jake lo sapeva e anche io, così pronunciò quelle ingiuste e spietate parole: -I Volturi non si fermeranno mai, nel  caso qualcuno sopravviva, non provate nemmeno a cercarci.- disse ed io riuscii a percepire lo stridere dei suoi denti, nel tentativo di soffocare un ringhio –Voi del branco avete la possibilità di vivere, andate avanti e non pensate a noi. Io e Nessie ce la caveremo-
Leah provò a protestare ma lo sguardo di Jacob la pietrificò, a quanto pareva non c’era tempo per i ripensamenti e il mio migliore amico aveva bisogno di portarmi via di lì al più presto, altrimenti non ce l’avrebbe mai fatta a dire addio anche ai suoi migliori amici, il suo branco, la sua famiglia.
-Ora sono tutti tuoi Leah, sono sicuro che non avrei mai potuto lasciarli in mani migliori- la rassicurò Jake, cercando di sorriderle. Fece un passo avanti e l’abbracciò, non un abbraccio caldo e affettuoso, come quelli che riservava a me, era uno stringersi composto e ordinato ma riuscii a sentire il carico di emozioni dei loro due corpi. Devozione, lealtà, amicizia.
Rimasi stupefatta da quel gesto, sapevo che, nonostante la freddezza di Leah, lei e Jacob fossero molto amici, con il tempo avevano imparato ad apprezzarsi fino a diventare i capi saldi del branco. Da bambina avevo spesso provato gelosia nei confronti di Leah, il mio unico desiderio era quello di avere vicino il mio amico licantropo, il Mio Jacob e lei, ogni volta che il branco ne aveva bisogno, veniva a casa mia e se lo portava via. Non ero mai riuscita a sopportarlo.
-Andrà tutto bene, Nessie- mi spronò Leah, una volta che i due si sciolsero dall’abbraccio.
-E come potrebbe?- le chiesi, disorientata. Cosa sarebbe andato bene? La mia famiglia aveva firmato la propria condanna a morte poche ore prima e, adesso, io e il ragazzo che amavo stavamo per partire per non so dove e il destino non sembrava esserci alleato. In che modo le cose sarebbero migliorate?
Ma Leah non mi diede il piacere di una risposta, si tolse dalle spalle una sacca che fino a quel momento non avevo notato e me la porse. L’afferrai con titubanza e poi cercai ancora lo sguardo di Jacob.
-Ogni mese verrò a depositare qui una nuova sacca con i vestiti che vi serviranno e lascerò anche dei documenti falsi, nel caso non possiate usufruire del contatto fornitoci da Bella e Edward- ci promise Leah, allontanandosi da noi di qualche passo -Buona fortuna ragazzi- sussurrò e poi, sparì tra la folla.
-Anche a te, Leah- rispose Jacob anche se ormai non lo poteva più sentire, io rimasi ferma dov’ero. Non riuscivo quasi più a riconoscermi, mi sentivo così estranea da quella situazione. Tutto era sbagliato, spaventoso e il pensiero di cosa sarebbe successo di lì a poco mi terrorizzava.
-Forza- fece Jacob scuotendo la testa come per riprendersi –Dobbiamo trovare un bagno in cui ti possa cambiare-
Mi prese per mano e io mi lascai guidare dai suoi occhi, finché non andai a sbattere contro una porta che portava l’insegna del bagno delle donne.
-Cerca di fare in fretta- mi sollecitò, accarezzandomi con disinvoltura la mano, cercando di essere dolce ma, in quella situazione, non riuscì bene nemmeno a lui –Il nostro volo parte tra poco-
Mi sbrigai a entrare, anche se il mio passo era simile a quello di un moribondo. Trovai un bagno vuoto e mi infilai dentro. Aprii la borsa e ne estrassi un paio di jeans e una felpa e me li misi, l’odore di Leah mi invase i polmoni, andandosi ad adagiare sulla mia pelle. Mi irrigidii, sentendo l’odore forte del lupo invadermi ogni centimetro del corpo, facendomi sentire un’estranea all’interno di me stessa. Cercai un elastico per raccogliere i ricci che si erano scompigliati a tal punto da farmi sembrare una pazza, per colpa del lungo viaggio in groppa a un lupo, ma non ve ne era traccia. Trovai un cappello di lana e decisi che almeno avrei potuto rimediare al danno, me lo infilai e i miei capelli non sembrarono poi così mal ridotti. Dovevo cercare di non dare nell’occhio e, due ragazzi che avevano l’aspetto di due diciassettenni non sarebbero passati inosservati in aereoporto, soprattutto se uno dei due aveva l’aspetto di uno zombie.
Nel tirare fuori il capello però, qualcosa scivolò fuori dalla sacca. Erano due biglietti aerei, indicavano numerosi scali, ma l’ultima fermata appariva chiara e netta sulla carta bianca: Sidney. Finalmente il grande mistero era stato svelato, l’Australia era il nostro capolinea.
Una volta uscita da quello squallido bagno, seguii Jacob verso il nostro terminal ma rimasi scioccata nel vedere che, sull’insegna delle partenze e degli arrivi, il nostro volo era diretto in Brasile. Mi bloccai, strattonando Jacob per la manica del giubbotto –Jake, aspetta- lo chiamai, frugando con urgenza nella sacca che portavo al collo –Questo non è il nostro volo-
-Non andremo in Australia- mi informò lui, prendendo con delicatezza i biglietti che avevo in mano per poi buttarli nel bidone più vicino. Quando tornò a guardarmi, fece per avvicinarsi a me, con le braccia tese, ma io mi allontanai di un passo, le spalle rigide e lo sguardo diffidente.
-Cos’hai in mente, Jacob?- gli chiesi malfidente, come aveva potuto non rispettare i piani dei miei genitori? Portarmi via da loro e lasciarli morire per me andava bene, ma non rispettare il loro volere sulla destinazione. Molto probabilmente, in Australia c’era qualcuno o qualcosa di essenziale alla nostra sopravvivenza ad aspettarci, conoscevo mia madre e mio padre, non avevano mai lasciato niente al caso.
-Devo portarti in un posto sicuro- mi ricordò, cercando di mantenere la calma. Lo stavo distruggendo, lo sapevo, ma dopo quello che avevo subito quel giorno, non ne potevo fare a meno. – e l’Australia non lo è abbastanza- concluse, infilandosi le mani nelle tasche e mettendosi a guardare fuori dalla finestra. Un silenzio freddo e sconosciuto si celò su noi due, nessuno si impegnò per mettervi fine, restammo semplicemente fermi e muti in coda ad aspettare di salire su quel dannato aereo, a soffrire in silenzio, per conto nostro.
 Ero consapevole che, il comportamento freddo che avevo assunto nei suoi confronti, da quando avevamo lasciato Forks, lo stava facendo soffrire nonostante il dolore che già provava per avere abbandonato tutta la sua famiglia. Ma io ero fatta così, per sopravvivere al dolore mi chiudevo in me stessa. Con lui non l’avevo mai fatto, non gli avevo mai negato il permesso di accedere al mio cuore ma, fino a quel momento, non avevo mai provato un senso di perdita così forte. Per Jacob, era la prima volta che si sentiva rifiutato da me, era una sensazione orribile per entrambi, ma non riuscivo a farne a meno.
Nessuno dei due parlò, io non aprii bocca nemmeno quando salimmo sull’aereo e Jacob non mi tenne la mano mentre decollavamo, non era la prima volta che volavo e non avevo mai avuto paura dell’altezza ma, sin da bambina, avevo sempre voluto che Jacob mi stringesse la mano, era l’unico che mi facesse sentire al sicuro. Per quanto amassi i miei genitori e la consapevolezza che mi avrebbero sempre protetta, in realtà sin dalla mia nascita, l’unico con cui mi ero sempre sentita al sicuro era proprio lui. Forse era per questo che la mia famiglia aveva deciso di affidarmi a Jake.
Il comandante annunciò che saremmo arrivati a Rio de Janeiro in tarda serata, più tardi, sul display davanti a me, l’atterraggio era previsto per le 21:30, ora locale.
Il viaggio sarebbe durato ancora diverse ore, ero stremata e volevo solo chiudere gli occhi per sprofondare in un sonno senza sogni. Incrociai le gambe, spostandomi sul sedile piccolo e scomodo dell’aereo, mi avvolsi sulle spalle la coperte che le hostess ci avevano consegnato e appoggiai la fronte al finestrino, lasciando che i miei occhi si perdessero nei colori del tramonto.
-Vorrei tanto che tu non mi odiassi in questo momento- disse Jacob, dopo tutte quelle ore di silenzio. Lo disse come se quelle fossero le ultime parole di un condannato a morte.
Mi voltai di scatto, sperando di incrociare il suo sguardo, ma Jacob stava fissando assorto il sedile davanti a sé. Mi chiesi se avesse pronunciato quelle parole sperando che io non lo sentissi.
-Io non ti potrei mai odiare, Jake- gli rivelai, con la voce spezzata. Non avrei mai voluto fargli credere una cosa del genere.
-Allora vorrei che decidessi di vivere- protestò Jacob, battendo il pugno contro il bracciolo del suo sedile -So che stai soffrendo, che ti senti morire. Lo so, per me è lo stesso, ma ti sento lontana e ho paura di stare per perderti-
Quelle parole arrivarono al mio cuore come una pugnalata. Era stato egoista da parte mia allontanarlo da me, non volere condividere il mio dolore con lui. Ero arrabbiata perché mi aveva portato via dalla mia famiglia, ma come potevo biasimarlo? Mi amava e aveva deciso di vivere come fuggitivo per salvarmi e potere stare con me, chi l’avrebbe mai fatto? Chi si sarebbe mai assunto una tale responsabilità senza alcun indugio?
La mano calda di Jacob si posò sulla mia e la strinse forte, quella sensazione così familiare e che amavo tanto mi alleggerì per un momento il cuore -Se tu muori che senso ha avuto il loro amore e il mio amore per te?- chiese Jacob, avvicinando il viso al mio in modo che la punta del suo naso sfiorasse delicatamente la mia. La sua vicinanza, alleviò il dolore che in quelle ore non mi aveva mai lasciato tregua -Ti prego, Nessie-
-Non mi perderai mai, Jake- gli giurai, stringendomi forte al suo braccio, lasciando che la mia testa ricadesse sulla sua spalla poi, il bacio che mi diede sulla testa, mi accompagnò in un sonno senza sogni.



Angolo Autrice: Ciao a tutte! Il problema con la connessione ad internet non si è ancora risolto, ma sono riuscita a scroccare il computer di mio padre quindi riuscirò lo stesso a pubblicare. Lo so, non è successo molto in questo capitolo ma vi prometto che tra sabato e domenica ne posterò un altro che, sono sicura, vi piacerà da impazzire! Spero che abbiate apprezzato lo stesso anche questo, la storia sta per prendere una svolta travolgente...l'ultima. Non ho bene in mente il numero di capitoli che mancano alla fine, ma so alla perfezione cosa fare accadere gli eventi successivi....sono alquanto soddisfatta di me stessa :)
Come sempre un'enorme grazie a tutte voi che commentate, l'ultima volta ho ricevuto tantissime recensioni e ne sono stata davvero entusiasta, non pensavo che con il tempo la mia storia sarebbe diventata così popolare!! GRAZIE, GRAZIE infinite dal profondo del mio cuore! E grazie soprattutto alla mia carissima lettrice CHRISTY25179, che ultimamente mi sta dando una mano ricontrollando i miei capitoli, se le mie storie sono prive di errori grammaticali o di battitura, è solo merito suo!
Perciò, Jacob dove porterà Renesmee? E che ne sarà della famiglia Cullen?
Le risposte le avrete solo nei prossimi capitoli.
Baci e a presto,
Sonny.

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Capitolo 18
*** L'amore ti riporterà indietro ***


Renesmee
 

-Dove stiamo andando?- chiesi con urgenza, lottando con la brezza dell’oceano che continuava a farmi scivolare i capelli sul viso.
-Nell’unico posto in cui saremo finalmente al sicuro-
Dall’acqua di fronte a noi spuntava un isolotto coperto da palme ondeggianti, con una spiaggia che scintillava chiara alla luce della luna. Il mio fiato si mozzò all’improvviso e quando, qualche minuto dopo, Jacob mi aiutò a scendere dal motoscafo, ogni dubbio presente nella mia mente svanì. Non ero mai stata in quel posto ma non ebbi bisogno di chiedere conferma a Jacob, per capire che ci trovavamo nel luogo in cui ero stata concepita.
-Isola Esme- il nome di quell’isola scivolò velocemente dalle mie labbra, spezzandomi il respiro.
Mamma e papà avevano trascorso qui la loro luna di miele e, negli anni successivi alla mia nascita, vi avevano fatto ritorno una volta l’anno, per l’anniversario delle loro nozze. Non erano mai stati via più di una settimana, perché il solo pensiero di allontanarsi da me li faceva impazzire. Io avevo sempre odiato doverli salutare, ma a casa l’affetto non mi era mai stato negato. Nei giorni in cui il monopolio sulla piccola della famiglia, non apparteneva più ai miei genitori, i nonni e gli zii si facevano in quattro per soddisfare ogni mio capriccio e anche Jacob non si era mai fatto scappare l’occasione di avermi tutta per lui, senza che Edward o Bella venissero ad interromperci.
Quando mi ritrovai sulla veranda della villa mozzafiato che Carlisle aveva fatto costruire per Esme, un dolore lancinante al cuore mi fece arretrare. Riuscivo a sentire tutti quei ricordi felici delle coppie che c’erano state prima di noi, l’amore che trapelava dai muri di quella casa era perfettamente palpabile e mi logorava dall’interno. Non volevo entrare lì dentro e rovinare quell’atmosfera così pacifica e beata.
-Mi dispiace- si scusò calorosamente Jacob, allungando una mano verso di me –Se non fosse stato strettamente necessario, non ti avrei portata qui-
Certo, ora tutto era chiaro. I Volturi avrebbero di sicuro cominciato a cercarci nelle zone più remote della terra e l’Australia, per quanto fosse lontana, era una scelta troppo ovvia. Jacob probabilmente si era fatto dare le informazioni necessarie per raggiungere l’Isola Esme, visto che nessuno ne conosceva l’esistenza, eccetto i Cullen.
-Non resteremo per molto- mi promise, afferrandomi la mano, visto che io non mi decidevo a muovermi e mi attrasse a sé, accompagnandomi dentro. –Giusto il tempo di capire come muoverci-
L’interno della villa era arredato con estrema cura, come solo nonna Esme era capace. Io e Jacob restammo a bocca aperta nel vedere le numerose vetrate che si aprivano sull’oceano, lasciando che la luce della luna facesse capolino nelle enormi stanze.
Mossi qualche passo incerto lungo il corridoio e mi sporsi a guardare le due stanze da letto che i miei genitori avevano distrutto durante il loro viaggio di nozze. Ora entrambe le camere erano perfettamente in ordine ed immacolate. Sentii i passi di Jacob dietro di me, percependo il suo respiro affannato. Stava per caso pensando quello che pensavo io?
Guardai pensierosa la stanza, il letto a baldacchino bianco, i mille cuscini che vi erano adagiati sopra e le tende che celavano la trapunta delicata.
Cosa sarebbe successo quella notte?
Isola Esme era stata il rifugio di tutti gli innamorati della mia famiglia, dopo quello che era successo nella tenda la notte precedente, dopo avere abbandonato la mia famiglia alla morte, potevamo io e Jacob fingere per qualche momento che nulla fosse successo? Potevamo estraniarci dal mondo per un po’, come avevano sempre fatto le coppie che avevano dormito in quel letto?
Jake diede un colpo di tosse, con le guance arrossate, mi voltai verso di lui e divenni ancora più rossa nel notare che anche i suoi zigomi, erano infiammati quanto i miei.
-E’ meglio che vada a portare il motoscafo sul retro dell’isola, dove c’è più vegetazione, così posso fare anche un giro di ricognizione. Giusto per essere prudenti- mi spiegò, strofinandosi i palmi delle mani, imbarazzato.
-Io, io...- balbettai, improvvisamente a disagio –credo che farò una doccia-
-Okay- mi rispose, voltandosi per andarsene.
Non feci nemmeno in tempo a sedermi sul letto e lasciare andare un gran sospiro, che Jacob fu di nuovo da me. Mi prese il viso con tra le mani e mi baciò con tale forza e trasporto, da lasciarmi senza fiato. Durò il tempo di un battito di ciglia, poi uscì di corsa dalla casa, lasciandomi sola.
Rimasi qualche istante a fissare il vuoto, ero talmente stupita che mi sembrò di averlo baciato per la prima volta. Alla fine, mi imposi un po’ di contegno e mi alzai, andando a svuotare la borsa che mi aveva dato Leah. Poi, decisi che era finalmente arrivato il momento per una lunga e bollente doccia. Mi liberai dei vestiti di Leah, lasciandoli in un mucchietto vicino alla porta del bagno e mi infilai sotto il getto dell’acqua.
Quando, alla fine, decisi di uscire, era passata più di mezz’ora. Mi avvolsi in un asciugamano e mi diressi in camera con i capelli ancora grondanti d’acqua, le cui goccioline disegnavano lunghe strisce sul mio corpo. Raggiunsi l’enorme vetrata che dava sulla spiaggietta della villa, mi strinsi forte le braccia al petto e respirai il mio odore, felice di essermi liberata del profumo estraneo dei vestiti di Leah che, per quanto potesse risultare buono, non mi apparteneva.
Le braccia calde e possenti di Jacob mi presero completamente di sorpresa, quando si avvinghiarono con forza alla mia vita. Le sue labbra fameliche si adagiarono sul mio collo, baciandone ogni centimetro fino a raggiungere l’orecchio, in modo che un brivido di piacere mi pervadesse in ogni parte del corpo. Lo lasciai fare per qualche minuto, poi mi ribellai, girandomi e richiamando il suo corpo al mio.
Le mie mani si persero tra i suoi capelli neri e le nostre bocce tornarono a fondersi con trasporto, i palmi caldi di Jacob mi accarezzarono con dolcezza la schiena, coperta semplicemente dall’asciugamano. In quel momento realizzai che non ero mai stata così vicina a lui, Jacob non portava la maglietta perché doveva essersi appena ritrasformato e i nostri petti erano separati soltanto da un leggero strato di tessuto.
Mi bloccai all’improvviso e Jacob con me, ma non sembrò intimidito. Lui aveva sempre avuto più controllo sulle sue emozioni, quello che provava non lo spaventava. Io invece, mi sentivo completamente nuda.
La sera prima avevo davvero desiderato fare l’amore con lui, ma non eravamo arrivati fino a quel punto, appena mi ero tolta la maglietta, Jake mi aveva fermata.
Quella sera il mio migliore amico non sembrava avere intenzione di volersi fermare.
La punta del suo naso scivolò sulla mia gola, d’impeto, lo strinsi a me come un bambino.
-Finalmente, hai di nuovo il tuo profumo- sussurrò Jacob, contro la mia pelle, facendo scendere il viso lungo il mio petto, ancora bagnato dalla doccia, fino al bordo della scollatura, dove l’asciugamano copriva le mie forme.
Ogni paura sembrò volatilizzarsi in quell’istante, il desiderio mi pervase e lo costrinsi a baciarmi di nuovo. La mia lingua cercò con avidità la sua, ansiosa di poter sentire ancora il suo sapore. Le mani di Jacob, abbandonarono ogni dolcezza e si fecero più possessive, accarezzarono ogni parte del mio corpo, soffermandosi lungo le cosce. Poi la destra salì lungo il mio profilo, andando a giocherellare con il nodo che teneva legato l’asciugamano al mio corpo.
Non ti fermare, ti prego. Lo pregai con il pensiero, sentendo il suo indugiare.
Mi feci coraggio e lasciai che le mie mani abbandonassero le sue spalle, per slacciargli i pantaloni.
-Nessie- lo sentii, protestare con scarsa convinzione. Così non mi fermai e le mie dita si spostarono su i suoi fianchi, nel giro di mezzo secondo Jacob era in boxer, ma non seppi dire se fu per causa mia o se avesse fatto tutto da solo.
Con un urto che avrebbe potuto uccidere un uomo adulto, ma che io sentii appena, mi ritrovai schiacciata dal corpo muscoloso di Jacob, contro la parete della stanza.
Gemetti di piacere quando le sue mani sciolsero finalmente il nodo che avevo fatto all’asciugamano, ma eravamo talmente attaccati che questo non cadde.
-Fermami- mi implorò, ma non vidi il motivo per cui avrei dovuto.
-No- risposi con fermezza, tra le sue labbra.
-Non possiamo farlo così- mi ricordò lui, staccando le sue labbra da me, ma lasciando che il suo corpo rimanesse perfettamente attaccato al mio. Il ricordo del discorso che mi aveva fatto la notte precedente mi colpì in pieno viso. In quel momento avrei voluto prenderlo a pugni, cosa diavolo importava quando e come avremmo fatto l’amore? Io lo amavo e volevo stare con lui, perché diavolo avrei dovuto aspettare?
Gli appoggiai le mani sulle guance, non avrei voluto arrivare fino a quel punto, ma lui non mi lasciava altra scelta. Chiusi gli occhi e mi concentrai sui sentimenti che avevano animato il mio cuore e la mia mente negli ultimi due giorni.
Gli mostrai la gioia che avevo provato quando aveva detto alla mia famiglia che avrebbe fatto di me la sua compagna, con o senza il loro permesso e alla paura che mi aveva inghiottito l’anima quando mio padre ci aveva detto che i Volturi sarebbero arrivati il giorno seguente. Gli mostrai il ricordo della sera nella tenda, ai nostri corpi uniti sotto quel sacco a pelo mal cucito, il ricordo del sapore della sua bocca e il desiderio imperterrito di farlo mio, la sera precedente e in quell’istante. Il desiderio di essere finalmente sua, che mi logorava da una vita intera.
-In aereo mi hai detto che hai paura di perdermi, che devo continuare a vivere perché altrimenti il nostro amore non avrà avuto alcun senso, ricordi?- chiesi quando terminai di mostrargli quello che volevo.
-Sì, Nessie, ma...-
-Bene- sentenziai in un tono che non ammetteva repliche –Vuoi tenermi in vita? Allora dammi un motivo per cui dovrei vivere-
-Non così- provò ancora a convincermi Jacob, ma stavo vincendo. Sentivo ogni parte del suo copro che mi stava reclamando e, i ricordi che gli avevo mostrato, erano riusciti nel loro intento. Avevano distrutto ogni sua convinzione di dovere trattenere il desiderio che provava per me.
-Ho lasciato la mia famiglia a morire per me, l’unica persona della quale potrò fidarmi d’ora in avanti sei tu. Ho bisogno di sapere che mi ami e ho bisogno che tu me lo dimostri-
-Ti amo- mi giurò Jacob, osservandomi negli occhi per qualche secondo e io ricambiai il suo sguardo. Volevo che quel ricordo rimanesse impresso nella mia mente, per sempre.
Nello stesso istante, entrambi ci sporgemmo in avanti, tornando a saziare la nostra fame dell’altro. Le mie gambe si avvinghiarono alla sua vita e le sue braccia mi sollevarono da terra.
All’improvviso, mi ritrovai sdraiata sul letto, con il peso di Jacob che mi spingeva contro il morbido materasso, sotto la mia schiena.
Lo sentii indugiare poi, con fermezza, inarcò la schiena e fece scivolare via l’asciugamano che ci divideva, i suoi boxer fecero la stessa fine l’esatto secondo dopo e, finalmente, nessun’altra barriera ci divise più.
Gli baciai le spalle, fino a scendere lungo il suo petto e lo sentii trattenere un gemito, la mia bocca si riempì del sapore del sale proveniente dall’oceano. Mi strinse in modo possessivo e la sua bocca umida tornò sulla mia, divorandomi con uno di quei baci che mi toglievano sempre il fiato.
-Farò piano- mi  promise, accarezzandomi con delicatezza le gambe.
-Ti amo- lo rassicurai, rilassando i muscoli.
-Ti ho aspettata per tutta la vita-
Chiusi gli occhi e lo lasciai entrare dentro di me, mi aggrappai a lui quando cercò di ritrarsi, temendo di farmi male, ma non glielo permisi. Avevo bisogno di lui, lo volevo. Ogni parte di me lo richiamava, impedendogli di abbandonare il mio corpo. I suoi baci raggiunsero ogni centimetro della mia pelle, sul petto, la pancia, l’ombelico e poi di nuovo su, il mio seno, la gola.
Passammo tutta la notte ad amarci in quel modo così profondo e sincero, dove le nostre imperfezioni non avevano alcuna importanza, dove l’unica cosa che era strettamente necessaria, eravamo noi due.
 

Non aprii subito gli occhi. Rimasi per qualche secondo assopita, per guastare ancora una volta i ricordi di quella magnifica notte.
Era stato così bello amare Jacob e anche quando, alla fine, i nostri corpi erano crollati per la stanchezza dovuta all lungo viaggio, io avevo continuato a sognare le sue labbra fameliche sulla mia bocca, le sue mani calde che stringevano le mie e i nostri corpi diventare uno solo.
Quando infine, decisi di aprire lentamente gli occhi, le prime luci soffuse del giorno avevano cominciato a fare capolino nella stanza.  Cercai di tirarmi su a sedere, ma il braccio pesante di Jacob che avevo attorno al collo mi riportò giù, così lo spostai con delicatezza, lasciandolo ricadere sul suo petto muscoloso. Non riuscii a trattenere un sorriso nel guardarlo dormire, il mio migliore amico si era lasciato andare ad un sonno profondo e pacifico. Tutte quelle ore di corsa con me in groppa dovevano averlo distrutto e di certo, la notte che avevamo passato insieme, non era stata particolarmente tranquilla.
Arrossii all’improvviso, dopo tutto quello che era successo tra noi due, non riuscivo a smettere di pensare a lui come al mio migliore amico. Jacob era stato così tante cose per me, una delle poche cose certe della mia vita. Era stato mio fratello, il mio migliore amico, il mio custode...e l’unico amore della mia vita.
Quella notte non ci eravamo solo uniti per la prima volta, ero diventata sua, lo avevo percepito nell’istante esatto in cui Jacob si era fatto spazio dentro di me. Finalmente il nostro rapporto era arrivato alla fine di una lunga e straordinaria corsa, d’ora in poi i miei sentimenti per lui e i suoi per me, non sarebbero più cambiati. Quella notte ero diventata la sua compagna.
Gli accarezzai delicatamente la guancia, poi mi alzai, lasciandolo riposare in pace. Io non avevo più sonno.
Ero terribilmente affamata, il cibo umano non mi sarebbe bastato, lo sapevo. Ero completamente priva di forze ed erano giorni che non bevevo sangue. Mi diressi in cucina, aprii la dispensa, sperando di trovare qualcosa, ma era completamente vuota. Così abbandonai ogni buon proposito e andai alla ricerca della borsa di Jacob, di sicuro i miei genitori dovevano avergli dato qualche sacca di sangue.
La sua borsa era dietro il divano dell’enorme sala così cominciai a frugarvi dentro. Era ancora piena di tutta la sua roba, quindi non fu facile trovare quello che stavo cercando, la sacca contenente il sangue era arrotolata attorno a due magliette, feci per estrarla ma, quando mi drizzai in pieni, una busta bianca scivolò fuori dalla borsa di Jacob, andando a depositarsi sul pavimento lucente.
Il mio cuore fece un salto, sulla busta da lettere, il mio nome era scritto in maiuscolo, con una calligrafia svolazzante e perfetta che mi era spaventosamente famigliare.
La sacca del sangue mi cadde dalle mani. Rimasi immobile per qualche secondo, temendo di avere svegliato Jacob ma, quando il mio amico riprese a russare, mi avventai sulla lettera ai miei piedi e corsi fuori dalla casa.
Mi fermai solo quando l’acqua gelida dell’oceano mi bagnò le dita dei piedi, guardai verso l’orizzonte dove l’alba stava per nascere nella brillantezza dei suoi colori. Le mie mani tremavano e il respiro mi si era fatto affannoso, ero sicura che, le parole scritte su quel foglio di carta, avrebbero ufficialmente decretato la fine della mia famiglia. Sapevo di non essere pronta ad accettare la cosa, non volevo arrendermi a quell’ingiustizia, ma la curiosità era troppa e avrebbe finito con l’uccidermi.
 

Cara Renesmee,

non è la prima volta che ti scrivo questa lettera, francamente, speravo che tu non avresti mai dovuto leggerla. Credevo che saremmo rimasti insieme per sempre, ma l’eternità non è stata lunga quanto io mi ero augurata.
La decisione di lasciarti andare non è stata facile, lasciarti non è stato semplice per nessuno di noi. Io e tuo padre abbiamo lottato tanto per farti vivere con noi, ma non è stato sufficiente. L’importante ora è che, comunque andranno le cose, ci sarà Jacob a prendersi cura di te e tu sarai salva e al sicuro.
Credimi, quando ti dico, che non avrei mai affidato la tua vita nelle mani di nessuno se non in quelle di Jacob. Non per il legame che lo tiene unito a te, ma perché nei suoi occhi riesco a vedere la stessa luce che ho trovato in quelli di tuo padre, il primo giorno in cui l’ho conosciuto e che, grazie al cielo, riesco a vedere ancora oggi e che, mi auguro, vedrò per l’ultima volta nel giorno della nostra fine.
La vita d’ora in poi non sarà facile, non te lo nascondo. Tu e Jacob sarete in costante pericolo, non avrete più un posto in cui tornare, da chiamare casa. Ti prego, non tentare di salvarci. Non provare a scappare da Jacob, non venirci a cercare, sarebbe inutile. Noi tutti abbiamo accettato il nostro destino e siamo felici che le nostre vite, salveranno la tua.
Non penso ci sia bisogno di rammentarti quale magnifica persona sia Jacob, ma immagino l’angoscia che tu stia vivendo in questo momento, perciò preferisco non lasciare nulla al caso.
Jacob è il migliore amico che io potessi mai augurarmi di trovare e, la maggior parte delle volte, non ho meritato il suo affetto. Non troverai mai, al mondo, una persona più sincera e leale di lui, che sappia amare senza scrupoli. Prendi esempio da lui, se ami non lasciare mai che qualcosa ti fermi, soprattutto se quel qualcosa sei tu.
Jacob è la persona migliore che avrei mai potuto sperare per mia figlia, per te. So che ritieni di essere già abbastanza grande da capire come vivere senza i consigli di nessuno, ma credimi se ti confesso che, in realtà, non si finisce mai di imparare dalla vita.
Jacob ti insegnerà a vivere, ad amare e a crescere. Come al tempo fece con me ed è per questo che ti ho affidata a lui, senza alcun indugio.
C’è chi dice che l’amore sia ovunque e io ci credo, è solo che non è sempre facile da trovare.
L’amore ha molte facce, lo si trova nel volto dei famigliari, degli amici, di quel tuo migliore amico estroverso e sprovveduto (ti prego, non dire a Jacob che ho detto questo di lui).
L’amore ha tante sfaccettature e, se si decide di amare, bisogna essere abbastanza forti per imparare ad apprezzarle tutte. Amare è la capacità di fare cose che, altrimenti, non avresti mai fatto. Potrebbero spaventarti, disgustarti, essere al di sopra delle tue capacità, ma le farai lo stesso perché sai che è per il bene di chi ami, perché sai che è tuo dovere farlo e nessun altro lo farà al posto tuo.
Può darsi che nella vita non sarai mai obbligata ad affrontare situazioni simili ma, se quel momento arriva, devi essere pronta ad affrontarlo. Ricorda sempre, che la tua famiglia ha fatto questo per te e che Jacob si è sacrificato per tenerti al sicuro, un sacrificio che, come tutti noi, ha fatto senza nessun rimpianto, ne sono più che sicura.
L’amore spesso fa male, sa essere disgustoso e troppe volte, chiede di pagare prezzi troppo alti per la felicità. Per amore spesso si rischia di finire dannati per l’eternità. L’amore è capace di portarti fino nelle viscere dell’inferno. Ma se sei fortunata, molto fortunata, l’amore ti riporterà indietro.

Con amore,
mamma.

 
E per la prima volta da quando avevo lasciato la mia famiglia, mi permisi di crollare, di liberare un pianto isterico. Mi sarei messa ad urlare, ma Jacob si sarebbe svegliato e non potevo farmi vedere da lui in quello stato. Gli avevo promesso che avrei combattuto, che non avrei permesso al dolore di distruggermi e avrei mantenuto la mia promessa, avevo solo bisogno di piangere, per l’ultima volta, le persone che amavo. Poi, sentii che il sonno di Jacob si era fatto meno profondo, si stava svegliando. Imposi alle lacrime di smettere di scivolarmi sulle guance e cercai di riportare indietro quell’espressione così felice che mi si era disegnata sul viso, quando mi ero svegliata. Cercai di riportare indietro il sorriso di gioia che dovrebbe trovarsi sul volto di ogni ragazza che fa l’amore per la prima volta.
Feci appena in tempo a sdraiarmi sul materasso, poi Jacob aprì gli occhi.
-Ciao- lo salutai, cercando di pensare ai bei momenti che avevamo passato durante la notte, in modo da dare alla mia voce il suono più dolce possibile.
-Buongiorno, piccola- mi salutò lui con lo sguardo sornione. Le sue braccia si allungarono verso di me, per poi afferrarmi con decisione in modo da farmi sdraiare sul suo petto. Le sue labbra cercarono subito le mie e la baciarono dolcemente, un tocco totalmente diverso da quello di poche ore prima.
-Stai bene?- mi chiese poi, titubante, notando la mia espressione preoccupata.
Sorrisi teneramente, sfiorandogli la punta del naso –Certo-
-Hai trovato la lettera, non è vero?-
Non mi stupii di quella domanda, era ovvio che mia madre l’avesse consegnata a lui prima di partire. –Sì-
Jacob non disse niente, si limitò a ricambiare il mio sguardo, mentre con le mani continuava ad accarezzare i miei ricci.
-La mamma è felice che io abbia te- gli rivelai, non seppi bene il motivo, ma mi sembrò giusto che lo sapesse –E lo sono anche io-
Il mio migliore amico sorrise, come non sorrideva da tempo, si sporse in avanti per baciarmi la fronte.
–Oh, Nessie- sussurrò contro la mia pelle –Sono io quello fortunato-
E ricominciammo da dove eravamo rimasti quella sera, la sua bocca tornò sulla mia e mi stupii nuovamente di come il mio corpo si incastrasse alla perfezione con il suo, come se non potesse essere altrimenti. Avevo perso la mia famiglia, ma avevo ancora Jacob e non avrei permesso a nessuno di portarmelo via.
Dopo tutto quello che era successo, come potevo immaginare che presto, molto presto, il destino ci avrebbe divisi nuovamente?




Angolo Autrice: eheh, mi piacerebbe un sacco vedere le vostre facce! Sono molto soddisfatta di questo capitolo, per la prima volta mi faccio i complimenti da sola :) Spero sia piaciuto molto anche a voi! E' stato davvero difficile scrivere questo capitolo, in particolar modo la scena in cui Jacob e Renesmee fanno l'amore, credo di averla riscritta almeno trenta volte perchè c'era sempre qualcosa che mancava...alla fine ho deciso che questa era la migliore. Insomma l'unico posto in cui potevano stare insieme per la prima volta poteva solo essere Isola Esma, non trovate? Anche la lettera di Bella è stata una grande sfida, ma ne sono davvero contenta.
Il finale....beh mica posso fare finire la storia così, vi pare? 
Grazie mille come sempre per i bellissimi commenti, siete davvero gentilissime!
Baci e a presto,
Sonny

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Capitolo 19
*** Pausa Natalizia ***


Tantissimi Auguri!








In queste settimane sarò molto presa dalla prima simulazione per l'esame di maturità,
dalla tesina e a fine mese partirò per le vacanze,
quindi vi avviso in anticipo che fino all'inizio del nuovo anno
non penso di pubblicare altri capitoli.
Spero che tutti voi passerete uno splendido Natale
e vi faccio tutti i miei più sinceri auguri per un nuovo anno pieno di felicità.

Con amore,
Sonny


 

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Capitolo 20
*** Ricordi dal passato ***


Ricordate:
posterò il prossimo capitolo solo se riceverò
almeno 3 recensioni,
GRAZIE


Renesmee
 

 

Il vento aleggiava tiepido e leggero nell’entroterra di Isola Esme.
Le foglie delle piante tropicali erano immobili, quasi in attesa, ed ogni forma di vita in quel piccolissimo pezzo di terra, nato quasi a caso in mezzo all’oceano, pareva essersi abbandonata ad un letargo eterno, godendosi il calore umido di quelle giornate senza tempo.
Solo in quel momento riuscii a capire il perché, la mia famiglia, amasse così tanto quel posto.
Isola Esme non apparteneva al mondo, era un piccolo ritaglio fuori dall’universo, che seguiva un ritmo tutto suo. Ogni cosa sembrava non dovesse finire mai, ogni giorno pareva non  avere mai un inizio e una fine.
Quanto tempo era passato dal nostro arrivo? Giorni, settimane, mesi? Non seppi rispondere a quella mia tacita domanda e ,probabilmente, nemmeno Jacob ci sarebbe riuscito.
Era stato così facile lasciarci prendere dai nostri sentimenti, dimenticando la razionalità per un po’. Le nostre sensazioni, i nuovi desideri che provavamo l’uno per l’altra erano arrivati alla velocità della luce, travolgendoci con la forza di un uragano, ma non c’era stato tempo di saziarli a dovere, con i tempi giusti e in modo moderato. Tutte quelle pulsioni sconosciute che avevano portato i nostri corpi ad allacciarsi sempre più stretti, per tutte le notti e per la maggior parte dei giorni che avevamo trascorso a Isola Esme, erano scoppiate nel momento in cui i nostri cuori avevano percepito che, per un po’, il pericolo non ci avrebbe scovati. Ma quelli erano sentimenti che erano cresciuti troppo dentro di noi e che il destino ci aveva costretto a reprimere ed ora nessuno dei due sapeva come smettere, come andare avanti. Nessuno di noi si stancava tanto facilmente, avremmo potuto andare avanti così per tutta la vita e fermarci giusto il tempo di riprendere le forze, dormendo un paio d’ore o andando a caccia per non morire di fame, ma poi avremmo ricominciato dall’inizio, il tempo avrebbe continuato a scorrere e noi non saremmo invecchiati.
Tempo...no, noi non ne avevamo. Non ero sicura di quanto ci fossimo trattenuti su quell’isola paradisiaca, ma era di sicuro troppo.
-Dobbiamo lasciare l’Isola- esordì Jacob, sussurrando quelle parole al mio orecchio, riportandomi alla realtà. Lo disse con tono fermo, quel suo tono che non ammetteva obiezioni, ma riuscii a sentire che non ne aveva la minima voglia. Lo capivo, nemmeno io avrei voluto abbandonare quell’angolo di paradiso, ma non era sicuro restare.
Quando riaprii gli occhi la visione della magnifica cascata che si trovava davanti a me, mi mozzò il fiato. Eravamo andati a caccia, perché non potevo permettermi di sprecare le sacche di sangue umano solo per non voler uscire da quelle lenzuola che avevano fatto scudo a me e a Jacob per tutto il tempo della nostra permanenza. Alla fine, ci eravamo arrampicati su di un albero enorme, il più maestoso che avessi mai visto e poi, ci eravamo seduti sul ramo più alto. Jacob con la schiena appoggiata al tronco, io cullata dal suo abbraccio caldo, i nostri piedi a penzoloni nel vuoto e le nostre mani intrecciate.
-Sì, lo so- annuii, con poco entusiasmo.
Forse un giorno saremmo tornati a Isola Esme, per stare un po’ tranquilli, quando le acque si sarebbero calmate. Dubitavo comunque che quel momento sarebbe arrivato tanto presto.
-Anche se non so esattamente dove potremmo andare- mi confidò Jacob, stringendomi al suo petto. Le sue mani bollenti e avide del mio corpo si fecero strada sotto la mia maglietta, mentre le sue labbra scivolarono umide sul mio collo e sulle mie spalle, facendomi sospirare per il piacere, costringendomi a gettare il capo all’indietro per trattenere un gemito.
E il discorso terminò lì, se ne volò via insieme alla brezza tropicale di quel mattino di un’estate che non avrebbe mai avuto fine. Isola Esme ci avvolse nuovamente con i suoi ritmi privi di ogni logica e il nostro amore bastò per saziare la nostra fame.
 

Una mattina io e la mia famiglia eravamo usciti di casa presto, per andare a vedere l’alba dalla cima dei pini che circondavano casa, era una cosa che facevamo sempre all’inizio di ogni estate. Di solito, mariti e mogli si stringevano stretti sugli alberi verdeggianti, con gli occhi rivolti verso l’alto, in attesa che il sole facesse la sua entrata trionfale, mozzando come sempre il fiato a tutti noi, nonostante molti avessero giù assistito a quello spettacolo per centinaia di anni.
La tradizione aveva avuto inizio a un anno dalla mia nascita, mamma mi aveva adagiata sulle sue gambe e con l’indice aveva puntato verso il cielo.
-Ecco, tesoro, guarda- mi aveva sussurrato all’orecchio, mentre pian piano la sua mano cominciava a brillare come diamanti –L’alba irrompente-
Quella mattina però, lungo il tragitto, ci eravamo imbattuti in Nahuel. Avevo cinque anni, ma il mio corpo e la mia mente ne avevano quindici. Con il tempo, la mia crescita aveva cominciato a rallentare la corsa e nel giro di due anni avrei raggiunto le sembianze di una diciottenne e non sarei mai più cambiata.
Il mezzo vampiro Sud Americano era arrivato da pochi giorni, per una visita di piacere. Si era proposto di venire con noi e io avevo accettato per tutti, anche se, per la prima volta da quando lo conoscevo, la sua presenza mi metteva in imbarazzo. Jacob non ne fu felice, ma decise di rimanere in silenzio al mio fianco, guardando diritto davanti a sé.
Mentre ci addentravamo nella foresta, per raggiungere i pini più alti e vecchi, Nahuel aveva cominciato a fare discorsi molto strani. Diceva di voler andare alla ricerca di altri ibridi, perché di sicuro dovevano essercene altri come noi, probabilmente erano stati creati per sbaglio, da vampiri inesperti. Secondo lui noi mezzi vampiri dovevamo unirci, per formare una nuova specie.
-Non ti sembra un discorso da megalomane?- gli avevo chiesto, perché tutte quelle parole mi erano sembrate insensate e mi avevano fatta irritare.
Una nuova specie? Cosa voleva, proclamarsi il dittatore dei mezzi vampiri, come avevano fatto i Volturi? Sempre che ce ne fossero stati altri come noi due.
-Dovresti prendere questo discorso più seriamente, Renesmee- mi aveva risposto tagliente, con quel suo accento Sud Americano –Potresti essere l’unica semi vampira esistente, dovresti pensare alla salvaguardia di noi ibridi-
Mia madre si era voltata subito verso Jacob, con aria preoccupata. Mio padre si era arrestato all’improvviso, squadrando Nahuel con fare minaccioso, insieme al resto della famiglia. Ma il mio migliore amico sembrava quello più sconvolto, aveva gli occhi più neri del solito e stava cercando, con scarsi risultati, di trattenere un ringhio furibondo.
-Che cosa stai insinuando, Nahuel?- gli avevo chiesto allora, con lo stesso tono di sfida che lui aveva usato nei miei confronti –I giri di parole non mi sono mai piaciuti, dimmi esattamente quello che pensi-.
-Sto dicendo che dovresti unirti a me, dovremmo cercare insieme altri come noi-
-Non osare dirle quello che deve fare!- aveva ringhiato Jacob, inarcando la schiena per impedirsi di trasformarsi.
-Jake, non serve- mi ero intromessa, posandogli una mano sul petto cercando di farlo calmare. In quel momento una rissa era l’ultima cosa di cui avevamo bisogno. Sapevo di poter contare su di lui, ma quella era una cosa che riguardava me e Nahuel soltanto.
 –Nahuel, capisco che tu voglia cercare i nostri simili, non hai nessuno su cui contare veramente, è orribile e mi dispiace. Ma io ho già la mia famiglia e non intendo cercarne un'altra-
-Ti stai solo illudendo, qui nessuno è come te- mi aveva accusato, guardando con sdegno gli immortali attorno a noi.
-Hai ragione, ma è l’unico posto in cui voglio stare e l’unico in cui potrò mai sentirmi amata-
-Io posso darti di più. Potremmo essere gli unici della nostra specie, io e te dobbiamo stare insieme-
-Nahuel, ora basta- era intervenuto mio padre, con voce dura. Mettendosi fra me e lui  –Nessuno obbligherà mia figlia a fare niente-
-Non voglio obbligarla, ma è suo dovere ed è giusto che sappia qual è il suo compito-
Nell’udire quella frase Jacob aveva perso totalmente il controllo.
-Pensi davvero che la convincerai a lasciare tutti coloro che ama per venire via con te?- si era fatto avanti ergendosi in tutta la sua altezza, sovrastandolo con i suoi possenti muscoli. -Chi diavolo sei tu, brutto idiota, per venire qui e pretendere di decidere cosa sia giusto per lei? Credi davvero che venire qui a trovarla una volta l’anno sia sufficiente per pretendere qualsiasi cosa da lei?-
Mio padre aveva cercato di mettersi tra i due, ma Jacob lo aveva spostato con un semplice colpo di spalla -Nessie non ti deve niente e, soprattutto, non deve obbligarsi a stare con te solo perché siete gli unici della vostra specie. L’hai salvata una volta ma questo non significa che tu possa avere voce in capitolo sulla sua vita. Lei non è tua, è libera di scegliere di vivere come e con chi vuole-
-Credi davvero che mi importi dell’opinione di un cane, come te?- aveva risposto Nahuel sprezzante, era consapevole di non essere abbastanza forte per affrontare uno scontro con un licantropo, ma questo non gli aveva impedito di trattenere tutto il suo sdegno per il rapporto di amicizia che c’era tra me e Jake. Aveva sempre disapprovato il mio affetto nei confronti del “cane”, come era solito chiamarlo, sapevo che trovasse innaturale il fatto che io preferissi la compagnia di Jacob alla sua.
-E credi davvero che ti lascerò trattare la miaNessie così?  Prova anche solo a toccarla e giuro, ti farò morire talmente lentamente che mi pregerai di staccarti quella testa vuota-
Era stato in quel momento che Jacob si era strasformato, puntando diritto alla gola di Nahuel.

 
-Nahuel-
Quel nome che non pronunciavo da così tanto tempo, uscì dalla mia bocca senza che nemmeno io lo volessi. Il nome di quell’essere, che ogni volta, mi provocava sensazioni sconvolgenti.
Mi guardai attorno, con il fiatone e le gocce di sudore che correvano lungo la mia schiena e riconobbi i mobili della sala della villa di Isola Esme. Mi ero addormentata sul divano di pelle bianca con indosso solamente la maglietta di Jacob.
-Che cosa?- tuonò il mio migliore amico, tornando di corsa in salotto, dove mi aveva lasciata. Le mani strette a pugno, la mascella contratta e il viso improvvisamente scuro.
Mi misi a sedere, reggendomi la testa con le mani, sconvolta per il sogno che avevo appena fatto. No, mi sbagliavo. Non era stato un semplice sogno quello, era un ricordo.
-Penso che dovremmo andare a cercare Nahuel- ripetei in un tono di scusa che non mi seppi nemmeno spiegare. Sapevo che Jacob non lo aveva mai trovato particolarmente simpatico, anzi a dire la verità la sola sua presenza era in grado di farlo uscire completamente di testa. Ma doveva esserci un motivo per cui quel ricordo mi era riapparso in sogno, non pensavo più a Nahuel da anni e, dopo tutto quello che era successo con Jacob sull’isola, era decisamente l’ultimo essere al quale avrei mai potuto rivolgere le mie attenzioni.
-Ho sentito- rispose Jake cupo, osservandomi, cercando di nascondere il proprio sconcerto.
-L’idea non elettrizza nemmeno me, se vuoi saperlo- ribattei, alzando leggermente la voce. Mettendo a tacere quel dubbio che sapevo si stava facendo strada nella mente del mio migliore amico  -Ma qualcosa mi dice che dobbiamo trovarlo, sento che è quello che avrebbero voluto mamma e papà-
Dopo la prima visita dei Volturi, sette anni prima, e dopo essere rimasto qualche giorno per conoscere la prima mezza vampira di cui avesse mai sentito parlare, Nahuel era tornato spesso a Forks per me. L’avevo sempre trovato bizzarro, con quei suoi modi di fare da enigmatico e quei suoi vestiti fatti di pelle di animale, ma finché ero rimasta una bambina le sue visite non mi erano mai dispiaciute. Era bello trovare qualcuno che fosse esattamente come me, veleno e poteri a parte. Non ero umana, non ero una vampira e non ero un licantropo, ma la mia famiglia mi piaceva per quel motivo, perché ognuno di noi era diverso a modo suo, e nessun’altro posto avrebbe mai potuto essere più accogliente.  Però, non me lo sapevo spiegare, ogni tanto pensare che non fossi unica al mondo mi faceva sentire bene, come se un peso troppo grande mi fosse stato tolto dalle spalle.
Le visite di Nahule erano sempre state gradite alla mia famiglia. Di solito veniva a trovarci durante l’estate, una volta l’anno, per vedere come procedeva il mio processo di crescita. Anche Jacob per un po’ aveva tollerato la sua presenza, nonostante continuassi a sentire alcuni discorsi dei miei genitori che si chiedevano cosa sarebbe successo quando fossi diventata più grande. Al tempo non sapevo dell’imprinting, quindi non ero riuscita a capire come Jacob e Nahuel avrebbero potuto diventare una minaccia.
Poi i timori dei miei famigliari erano stati confermati quella mattina di inizio estate, quando Jake e Nahuel si erano attaccati.
Nahuel era arrivato da pochi giorni e, quando ci eravamo rivisti, avevo notato che, effettivamente, qualcosa era cambiato. Nahuel mi aveva guardata con occhi diversi, mi aveva osservata attentamente dalla testa ai piedi, indugiando su alcune parti del mio corpo. Quel suo nuovo tipo di attenzioni mi aveva fatto sentire in imbarazzo, visto che nessuno si era mai permesso di guardarmi così. Ovviamente, questo non era passato inosservato agli occhi di Jacob, che aveva dovuto allontanarsi per evitare di perdere il controllo e trasformarsi per poi avventarsi su Nahuel. La spiegazione che avevo trovato a quella reazione, perché ormai erano anni che Jacob aveva imparato a gestire la sua rabbia, era che, come migliore amico, non sopportasse quelle attenzioni e avesse paura di venire messo da parte. Non era poi così lontano dalla realtà.
-Non mi sembra una buona idea tornare sul continente- fece Jacob, contrario. Spostando la sua attenzione su qualcosa fuori dalla finestra.
-Oh, andiamo Jake!- obbiettai, balzando in piedi, cercando di non inciampare tra i cuscini -Non fare il bambino, Nahuel mi ha salvata una volta, potrebbe esserci utile ancora. Lui è al mondo da più di un secolo e i Volturi non si sono mai accorti della sua esistenza. Potrà essere un caso che Irina mi abbia vista quel giorno ma, vuoi davvero credere che, in tutti questi anni, i Volturi abbiano semplicemente fatto finta di non vedere un mezzo immortale? Nahuel sa come nascondersi e lo sa fare davvero molto bene, almeno proviamoci! Abbiamo bisogno di aiuto e lo sai benissimo-
Jacob mi guardò con gli occhi sgranati, quasi incredulo che quelle parole fossero uscite davvero dalla mia bocca -Ma non sappiamo nemmeno dove si trovi!-
Dopo quello spiacevole episodio, mio padre aveva cacciato via Nahuel molto sgarbatamente e gli aveva annunciato che una sua visita, negli anni a venire, non sarebbe più stata gradita. Da quel giorno di Nahuel non seppi più niente. Però era anche vero che, da quanto ci aveva raccontato durante le sue visite, era da un po’ che non lasciava il Brasile.
-Da quando è venuto a conoscenza della mia esistenza non se n’è mai andato dal Sud America, dove pensi che possa essere?-
-Continuo a pensare che non sia sicuro-
-Allora dimmi dove potremmo essere mai al sicuro?- lo incalzai, muovendomi verso la porta finestra per scrutare l’oceano che si sperdeva nella linea dell’orizzonte -Jake, non esiste un posto dove poter stare tranquilli e non esisterà mai più. Dobbiamo andarcene da quest’isola e io dico che dobbiamo andare a cercare Nahuel-
-Io dico invece che dovremmo andare a cercare il clan di Denali o quello Egizio- si impose testardamente, incrociandosi le braccia al petto.
-Così da mettere in ulteriore pericolo Kate e Benjamin? Possiedono poteri troppo forti e Aro non vede l’ora di impossessarsene, saranno i primi a cui i Volturi faranno visita. Sono nostri alleati, la nostra e la loro assenza alla battaglia li avrà fatti pensare. Crederanno che ci siamo rifugiati da loro, non faresti altro che firmare la condanna a morte di tutti noi-
-Beh, vedo che hai deciso- concluse Jacob, adirato e allo stesso tempo sconcertato -E io non posso avere voce in capitolo-
-Jake, io...- tentai di ribattere perché nella condizione in cui ci trovavamo, litigare non avrebbe giovato a nessuno di noi due, ma soprattutto alla nostra sopravvivenza.
-Raccogli in fretta la tua roba, torniamo in Brasile-

Angolo Autrice: Lo so, lo so. Come mio solito mi sono fatta attendere, ma ormai credo che ci abbiate fatto l'abitudine, no? Spero che tutte voi abbiate passato delle splendide vacanze. Questo capitolo potrà risultare alquanto noioso rispetto agli ultimi, ma è stato assolutamente necessario. Cosa succederà adesso che i nostri due eroi stanno per rimettersi in viaggio alla ricerca di Nahuel? Beh, lo scoprirete nei prossimi capitoli!
Voglio chiedere scusa per la presenza di errori in questo capitolo, ma sapevo di non avere tempo la settimana prossima di aggiornare perciò ho preferito abbreviare i tempi! Grazie mille come al solito a tutte per le bellissime recensioni, sono felice che una cosa che mi piace tanto fare venga apprezzata!
Un bacione a tutti e al prossimo capitolo, sarà...scioccante!
Sonny

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Capitolo 21
*** La mia forza più grande, il mio tallone d'Achille ***


Ricordate:
posterò il prossimo capitolo solo se riceverò
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Renesmee

 

 
 Non saprei spiegare esattamente da che punto cominciarono le ricerche, quando ero arrivata a Isola Esme non avevo pensato di farmi spiegare da Jacob in quale punto del mondo ci trovassimo con precisione. Dovevamo essere ancora in Brasile, ma non avrei saputo dire dove, non sapevo nemmeno quanto distasse l’aereoporto di Rio. Jake, invece, sembrava essere sicuro di dove andare. Aveva spalancato con forza la porta d’ingresso della villa dei miei nonni e si era voltato verso di me, con il viso corrucciato, ma stando attento a non incontrare il mio sguardo.
-Sei pronta?- mi aveva chiesto con voce ferma, piegando sotto la forza del suo pugno la maniglia color dell’oro.
All’improvviso timorosa, avevo annuito più volte, abbassando lo sguardo, e lo avevo seguito fin sulla spiaggia, dove ci aspettava lo stesso motoscafo che ci aveva condotti sull’isola giorni prima.
Jacob non aveva indugiato nemmeno una volta sulla direzione da prendere, era partito a tutta velocità, sfrecciando sull’acqua e nel giro di qualche ora si era avvicinato alla costa.
Non c’era nessun porto, però. Solo la parete di un altissimo strapiombo che dava diretto sulle onde dell’oceano. Guardai in alto e intravidi della fitta e alta vegetazione tropicale.
Jacob accostò il motoscafo alla parete di roccia e spense il motore, anche lui alzò gli occhi al cielo, come per valutare la fattibilità del suo piano.
Il mio migliore amico si sporse e appoggiò una mano sulla roccia per verificarne la friabilità e la consistenza poi si aggrappò anche con l’altra e, con la sola forza delle braccia, si issò su e cominciò ad arrampicarsi.
Quando i suoi piedi furono all’altezza della mia testa, si voltò verso di me, con lo sguardo di chi sa di stare chiedendo troppo –Pensi di potercela fare?-
Lo guardai sbigottita e spaurita. Sapevo di essere forte e veloce, ma non avevo mai sperimentato il limite della mia immortalità, non ce ne era mai stato il bisogno. Se fossi caduta da quella scogliera, non era certo che sarei sopravvissuta.
Avrei vissuto per l’eternità, ma questo sarebbe valso anche se fossi caduta da una trentina di metri per poi affondare nell’acqua ghiacciata dell’oceano?
-Nessie?- la voce di Jacob mi chiamò, abbandonando quel tono distaccato che aveva tenuto nei miei confronti dal momento in cui le mie labbra avevano sussurrato il nome di Nahuel.
I miei occhi si lasciarono confortare dai suoi. Non avevamo altra scelta dopotutto, tornare a Rio non era sicuro e attraccare in un porto avrebbe comportato il dovere registrare il nostro passaggio. Io e Jacob dovevamo evitare qualsiasi contatto e dovevamo impedire che qualcuno riuscisse a rintracciarci.
Sistemai meglio lo zaino che portavo sulle spalle, stringendolo il più possibile, quindi mi issai come aveva fatto Jacob sulla roccia e lo seguii.
-Stai attenta- mi avvisò, quando tentai di arrampicarmi al suo fianco –Resta dietro di me e metti le mani e i piedi solo dove li metto io-
-Va bene- dissi tesa, facendo come mi aveva detto.
Ci arrampicammo per una ventina di metri, probabilmente Jacob avrebbe impiegato meno tempo se fosse stato da solo, ma era preoccupato per me perché percepiva la mia insicurezza e le mie mani tremanti. Proprio per quel motivo, quando ormai mancavano solo una decina di metri all’arrivo, la mia mano destra mancò la presa, facendomi scivolare. L’adrenalina che però si era innescata nel mio corpo, riuscì a salvarmi la vita, permettendomi di rispondere prontamente a quella distrazione. Recuperai subito la presa, affondando le mani nella pietra, fino a sentire le mie unghie rompersi.
-Nessie!- Jacob si arrestò all’istante, guardando sotto di sé, gli occhi pieni di terrore.
Non mi mossi e non proferii parola, rimasi semplicemente immobile con il cuore che non sembrava volersi fermare. Lo sentivo battere nel mio petto, faceva così male che per un momento pensai volesse uscire.
-Ness, guardami- mi chiamò ancora Jacob con urgenza.
Non lo feci, ma lui continuò a parlare: –Cerca di calmarti, andrà tutto bene. Ti fidi di me?-
-Sì- dissi piano, cercando di controllare il suono della mia voce –Sì, mi fido-
-Mancano ancora pochi metri e sarà tutto finito. Ce la puoi fare-
- O-Okay – balbettai.
-Sei pronta a ripartire?-
Alzai gli occhi verso di lui e annuii lentamente. Jacob sembrò indugiare ancora per un secondo, ma poi riprese a salire.
Cinque minuti dopo, Jake arrivò sulla cima della scogliera poi si sporse il più possibile e tirò su anche me. Una volta di nuovo in piedi, mi strinsi forte a lui, nascondendo il viso nel suo petto caldo e accogliente, le sue braccia mi massaggiarono dolcemente la schiena e sentii le sue labbra posarsi sui miei capelli per lasciarci un bacio.
-Va tutto bene- mi sussurrò all’orecchio –adesso sei al sicuro-
-Ti amo- risposi, strofinando il volto contro il suo collo.
-Ti amo anch’io- mi rassicurò, stringendo il suo abbraccio.
-Mi dispiace per la storia di Nahuel-
Quelle parole bastarono per far ricadere il gelo tra di noi.
Jacob si allontanò, se pur con delicatezza, per poi girarsi e valutare quale strada percorrere.
-Jake?- lo chiamai, preoccupata. Le cose tra di noi sarebbero andate così, d’ora in poi?
Il mio amico lupo si passò una mano tra i capelli per poi aggiungere: –Dovremmo iniziare ad incamminarci-
Quando lo vidi togliersi la maglietta gli corsi in contro. Non lo avrei lasciato trasformarsi per evitare di rivolgermi la parola.
-Jake, dovremo parlarne prima o poi- lo incalzai, afferrando al volo la sua maglietta.
-Non è il momento- rispose lui serio.
-E quando?- lo provocai allora – Quando pensi verrà il momento di farti passare quest’assurda gelosia nei confronti di Nahuel?-
-Non sono geloso- puntualizzò Jake, infastidito, inoltrandosi nella vegetazione.
-Ah, davvero?- feci, andandogli dietro, cercando di mantenere il suo passo spedito senza inciampare tra i rami caduti –Da come ti comporti non si direbbe-
-Mi comporto così semplicemente perché non mi spiego come tu possa voler chiedere aiuto a quell’idiota che due anni fa ti ha parlato come se fossi un oggetto di sua proprietà-
-Credi davvero che non mi scocci dover andare a chiedere il suoi aiuto?- gli feci notare adirata. Davvero era convinto che affrontassi il fatto di dover avere bisogno di Nahuel a cuor leggero?
-Quella che è stata insultata da lui sono io eppure metto da parte il mio rancore perché so che Nahuel è l’unica persona in grado di darci una mano-
Jacob scosse furiosamente la testa, scavalcò con un balzo il tronco di un albero che intralciava il nostro cammino, poi si voltò offrendomi la mano -Possiamo farcela benissimo senza di lui-
-Non è vero e questo lo sai- lo corressi, ignorando la sua offerta. Saltai con tutta la grazia che mi era concessa, atterrando un passo avanti a lui -Come non vuoi ammettere che rifiuti il suoi aiuto solo perché lo odi-
-Hai mai pensato che, magari, potrebbe chiedere qualcosa in cambio?- scoppiò all’improvviso, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.
Mi voltai di scatto, scioccata da quella sua reazione. A che cosa diavolo stava pensando il mio lupo?
-Ma cosa stai dicendo?-
-Pensaci un attimo, Nessie- rispose, prendendomi per le spalle in modo che lo guardassi bene negli occhi. Sembrava quasi pensasse che solo in quel modo avrei compreso la logica contorta dei suoi ragionamenti distorti dalla gelosia. -Lui ti ha sempre voluta, se ora io e te lo troviamo e gli chiediamo di aiutarci perché sei in grave pericolo, non potrebbe volere in cambio qualcosa da te? Tipo di soddisfare la richiesta che ti fece due anni fa?-
-E’ questo che pensi?- domandai scoraggiata. Era quello il grande problema? Non si fidava di Nahuel. Non si fidava di me, anche dopo tutto quello che era successo, dopo tutto quello che gli avevo detto e mostrato.
-Beh, non è un segreto il fatto che lui ti abbia sempre voluta per sé- ammise Jacob con ribrezzo, come se il solo pensiero gli provocasse un dolore fisico.
-E tu temi che potrei accontentarlo?- lo anticipai, indignata da quella sua mancanza di fiducia nei miei confronti. In noi. -Pensi davvero che, dopo tutto quello che è successo a Isola Esme, io potrei accettare una simile condizione?-
Jake alzò gli occhi al cielo, frustrato. Si allontanò da me di qualche passo, dandomi le spalle. Si teneva la testa tra le mani, dal rumore dei suoi respiri sembrava che gli dovesse scoppiare da un momento all’altro.
-No, ma dovresti- mi disse, a fatica. -Se davvero Nahuel conosce un modo per tenerti al sicuro, dovresti fare tutto quello che ti chiede- solo allora si voltò verso di me, gli occhi lucidi e lo sguardo confuso e spaventato. Era completamente inerme, non l’avevo mai visto così. Avrei voluto tanto raggiungerlo e abbracciarlo, poi prenderlo per le spalle e scuoterlo con forza. Perché quando si trattava di me diventava così vulnerabile? Avrei tanto voluto essere il suo punto di forza e invece ero semplicemente il suo tallone d’Achille.
-Ecco perché lo odio- mi rivelò, abbassando la testa.
Non feci nemmeno in tempo a pensare a qualcosa da dire che il mio migliore amico incominciò a trasformarsi. Era capitato poche volte che Jacob mutasse proprio sotto i miei occhi, di solito si allontanava di qualche metro per poi raggiungermi già sotto la forma di lupo, ma in quel momento la faccenda di Nahuel lo aveva talmente sconvolto che non si prese nemmeno la briga di togliersi i pantaloni.
Accadde tutto nel giro di una manciata di secondi. Jacob inarcò leggermente la schiena e poi, sembrò cadere in avanti. Mentre il suo corpo precipitava inesorabilmente verso il terreno, ogni pezzo di tessuto che gli copriva la pelle venne squarciato in mille pezzi. La sua pelle morbida e calda cambiò sotto il mio sguardo incredulo, trasformandosi nella bellissima pelliccia rossiccia che tanto amavo. La caduta si arrestò all’improvviso, quando le zampe anteriori del Lupo toccarono il terreno.
-Non farei mai una cosa simile, Jake- sussurrai con un filo di voce, quando gli occhi grandi e dorati del maestoso lupo dalla pelliccia ramata si fissarono su di me -Non ti abbandonerei mai-
Ma Jacob non fece nulla, non sospirò nemmeno come faceva di solito. Si girò semplicemente, annusò l’aria con attenzione e poi proseguì verso Ovest.
Camminammo senza che io avessi la minima idea di dove stessimo andando per tutta la mattinata, Jacob in testa e io subito dietro di lui che lo seguivo a testa bassa, come un bambino che ha fatto troppi capricci.
Quando il sole salì alto nel cielo, illuminando anche gli angoli più nascosti della selvaggia foresta tropicale, il mio umore cambiò all’improvviso. Sin da quando eravamo saliti su per la scogliera, quel posto non mi era piaciuto, percepivo con estrema chiarezza la presenza di innumerevoli animali, il suono dei loro cuori che battevano all’unisono, la differente scansione dei loro respiri e il calore del loro sangue. Ma ogni volta che mi guardavo intorno, non c’era niente. Il mio occhio riusciva a vedere solo un’innumerevole quantità di piante tutte uguali e allo stesso tempo diverse tra loro. Mi sentivo seguita, ma non sarei riuscita a dire da che cosa o dove questa si trovasse.
Poi, con la coda dell’occhio, intravidi una figura dietro il profilo di un albero. Mi fermai all’istante, con il cuore che martellava violento contro il mio petto.
-Jake?- lo chiamai, vedendo che continuava a procedere con il naso alto in modo da non perdere la pista. Arrancai di qualche passo per non rimanere sola e seguirlo, ma il panico stava ormai prendendo il sopravvento e Jacob era troppo concentrato sulla direzione da prendere per rendersi conto del mio timore.
Trattenni il respiro per poter sentire meglio. Nessun suono, la foresta che fino a pochi secondi prima pullulava di vita tutto intorno a noi era completamente deserta. Gli unici suoni che potevo udire appartenevano ad alcuni animali a qualche chilometro di distanza. Nelle vicinanze nessun cuore batteva, nemmeno una goccia di sangue scorreva. Le uniche fonti di rumore eravamo io e Jacob.
-Jake?- lo implorai, sentendo che si era allontanato di qualche passo.
Fissai diritta davanti a me una schiera di alberi scuri e silenziosi, poi l’oscurità si fece avanti raggiungendo lentamente la zona di terreno luminosa dove mi trovavo io. Una nebbia nera come la notte si faceva largo verso di me, inghiottendo ogni cosa al suo passaggio.
Quella nebbia...era estremamente famigliare, anche se l’avevo vista una volta soltanto. Sette anni prima, la mattina in cui la neve aveva attecchito al terreno di Forks.
Alec.
-Jake!- lo chiamai ancora una volta, con la voce spezzata. Feci un balzo indietro, per evitare che la nebbia inibisse i miei sensi, mi aggrappai alla coda di Jacob e lo strattonai con forza per obbligarlo a voltarsi -Ci hanno trovato- gli dissi, quando i suoi occhi perplessi si posarono suoi miei.
Il volto del lupo rossiccio si trasformò subito in una maschera di terrore. Con un solo movimento fulmineo mi caricò sulla sua groppa e partì verso una corsa priva di ogni controllo.
Jacob non riuscì nemmeno a percorrere pochi metri che i nostri aggressori ci furono addosso.
Un corpo alto e massiccio ci tagliò la strada, colpendo Jacob in pieno muso. Felix.
Il mio lupo guaì per il dolore, inciampando nelle sue stesse zampe. Rotolò su se stesso e io non riuscii a trattenere un gemito, quando tutto il suo peso mi schiacciò contro il terreno. Jake non si diede per vinto, si tirò di nuovo su e riprese a correre. Ignorai il dolore che mi stava pervadendo ogni parte del corpo e obbligai le mie braccia a stringersi forte alla sua pelliccia, per evitare di cadere.
Poi, all’improvviso, tutto si fece buio. Le zampe di Jacob cedettero sotto la forza della nebbia inibitrice di Alec e io, priva di ogni controllo sul mio corpo e sulla mia mente, mollai la presa che mi teneva ancorata alla schiena di Jacob.
Quando ripresi i sensi, stavo ruzzolando sul terreno umido. Qualcuno mi aveva spinta giù dalla groppa del mio migliore amico e stava cercando di immobilizzarmi. Alzai gli occhi e incrociai lo sguardo malvagio di Alec che, con un ghigno di soddisfazione, stava avendo la meglio su di me. Gli sferrai un calcio diritto nell’inguine e con un movimento fulmineo mi tirai in piedi, pronta a combattere, ma l’ululato di dolore di Jacob mi distrasse. Stava combattendo proprio accanto a me, le zanne in bella vista e gli artigli letali pronti a squartare la carne del suo aggressore. Ma Felix gli era piombato addosso dall’alto, spezzandogli una spalla. Riuscii a sentire il suono netto dell’osso che si rompeva in due e il mio migliore amico cadde a terra, in preda alle convulsioni per il dolore.
-No!- urlai spaventata, pronta a gettarmi su Felix per correre in aiuto di Jacob, ma Alec tornò all’attacco. Si parò davanti a me, afferrandomi per le mani. Mi fece fare un giro su me stessa, bloccandomi in un abbraccio mortale.
-Fermati, Felix- intervenne all’improvviso una voce imperiale, quando Felix si chinò su Jacob per spezzargli anche l’altra spalla. In quel momento, mi resi conto che Jacob era tenuto immobile non solo da quel vampiro ma da ben altri quattro Volturi, membri della guardia che non conoscevo per nome, ma che avevo incontrato sette anni prima.
-Jane- sussurrai, spaventata, quando la minuta vampira bionda entrò nel mio campo visivo.
Era esattamente come me la ricordavo: piccola, bella da mozzare il fiato e terrificante.
-Bene, bene ecco i nostri due fuggitivi- fece con un sorriso soddisfatto, avvicinandosi -Devo ammettere che i Cullen sono riusciti a sorprenderci ancora una volta: lasciare la loro piccola ibrida nella mani di uno dei loro cani da guardia. Mossa astuta, non ci avevo pensato-
Si fermò davanti a Jacob osservandolo con disprezzo, lui ricambiò con un ringhio furioso che però venne subito zittito da un pugno che Felix gli assestò allo stomaco. Quindi Jane si voltò compiaciuta verso di me -Allora mia cara Renesmee, hai finalmente intenzione di arrenderti?-
-Và all’inferno, Jane- ringhiai a mia volta, stringendo i denti e scalciando con tutta la forza che avevo per levarmi di dosso Alec.
Jane rise di gusto, scuotendo leggermente la testa, come per rimproverarmi -Valuterei con più cura le parole da usare, piccola semivampira. I Volturi non concedono mai una seconda occasione ma, come ben sai, sin dal principio sei stata un’eccezione, perciò ti concedo la possibilità di rimediare-
La piccola vampira si voltò verso il mio lupo che all’improvviso cominciò a dimenarsi per il dolore. Jane stava usando i suoi poteri per torturarlo e ottenere quello che voleva da me, qualunque cosa fosse.
-No!- la implorai, spingendomi in avanti, nonostante sapessi che ogni mio movimento avrebbe solo fatto sì che la presa di Alec si facesse sempre più stretta -Ferma, non fargli del male!-
-Sarai felice di sapere che a nessun membro della tua famiglia è stato fatto del male, a dire la verità, loro non erano compresi nei nostri piani- i guaiti di Jacob cessarono all’improvviso e Jane riportò la sua attenzione su di me.
-Menti!-
-Che tu mi creda o no non fa alcuna differenza, ma il fatto che la tua cara famigliola abbia ucciso uno di noi sì- mi fece notare lei, mettendosi davanti a me, a pochi centimetri dal mio viso -Come ben saprai, Demetri è stato ucciso per opera di uno dei vostri schifosi cani. Quindi cosa potrebbe mai impedirmi di dare il permesso a Felix di ottenere la nostra vendetta?-
I cinque vampiri strinsero Jacob fino a fargli scricchiolare le ossa di tutto il corpo, facendolo dimenare per il dolore.
-No!- urlai con le lacrime agli occhi, straziata quanto Jacob per doverlo vedere soffrire così, solo a causa mia. Se solo non mi avesse mai amata, tutto questo non gli sarebbe mai accaduto. Ero stata un’ingenua. Jake aveva ragione: era da sadici tornare in Brasile.
Felix si sporse sul collo del mio migliore amico, spostando la folta pelliccia, in modo da fare intravedere la pelle nuda.
-Hmm, sarebbe un vero peccato se il tuo amico qui morisse, non è vero? Sai che il morso di un vampiro è letale per quelli come lui?- mi stuzzicò Jane, mentre guardava divertita le labbra di Felix che si ritraevano per mostrare i canini affilati.
-Non provate a toccarlo- la minacciai, cercando di mordere prima lei poi Alec.
-Non gli faremo niente- mi promise la vampira, allontanandosi -ma tu devi venire con noi-
-Piuttosto la morte-
-Vedi, il problema è proprio questo: Aro non se ne fa niente di te morta, ma se preferisci così, vorrà dire che qualcun altro se ne andrà al posto tuo-
Non so da dove Jacob riuscì a trovare la forza per liberarsi, ma ci riuscì. Approfittò della distrazione di tutti, per tentare di mordere uno dei cinque vampiri che lo tenevano fermo. Questi, spaventati, si ritrassero all’improvviso e il Lupo cercò di avventarsi su Jane. Il tentativo di Jacob però fu vano, perché la vampira minuta fu subito pronta a rispondere al suo attacco.
Jake cadde nuovamente a terra in preda alle convulsioni e Felix gli fu ancora una volta addosso. Il mio lupo tentò di dimenarsi ma, il dolore che proveniva dalla propria testa a causa di Jane, era troppo forte per potere affrontare quel colosso, che gli circondò la vita con le braccia, impedendogli di respirare.
-No!- piansi, terrorizzata -No, vi prego no! Fermatevi!-
Jane alzò una mano e Felix e Jacob rimasero esattamente dov’erano -Allora riproviamo. Ti arrendi?-
Che cosa potevo fare? Se mi fossi arresa non era certo che avrebbero lasciato vivere Jacob, ma se mi fossi rifiutata di fare quello che volevano, sarebbe morto di sicuro.
Indugiai su cosa rispondere. Avevo chiesto a Jacob di non sacrificarsi per me, per lasciarmi vivere, perché non avrei mai voluto affrontare l’eternità senza di lui. Ora invece i Volturi mi stavano chiedendo di scegliere se lasciarlo morire o se permettergli di sopravvivere, ma senza di me.
Sapevo che non si sarebbe mai dato per vinto, io non l’avrei fatto. Ma non ero abbastanza forte per guardarlo morire.
I nostri aggressori sfruttarono il mio silenzio per farmi crollare. Al segnale di Jane, Felix strinse talmente la presa attorno al corpo di Jacob che, nel giro di pochi minuti, ogni costola del mio migliore amico si ruppe. Il suo ululato invase l’intera foresta, facendo scappare ogni forma di vita presente nelle vicinanze. Quel suono mi spezzò il cuore, dissolvendo ogni mio tentativo di ribellione, le mie gambe cedettero sotto il mio peso, abbandonando il mio corpo sulle braccia di Alec.
-Mi arrendo- urlai, priva di ogni forza. -Mi arrendo, verrò con voi ma, vi prego, lasciatelo andare-
Felix mollò la presa su Jacob, lasciandolo ricadere sul terreno. Il mio lupo rotolò su se stesso, privo di sensi, riprendendo le sembianze di sempre. Rimasi a guardarlo, con la vista offuscata per le troppe lacrime, ci stavano separando e questa volta, per sempre. Nessuno sapeva dove fossimo, nessuno sarebbe venuto alla ricerca di Jake. La guarigione accelerata avrebbe aggiustato tutte le ossa ma completamente storte, non sarebbe stato in grado di camminare da solo e nemmeno di ritrasformarsi. Lo stavo lasciando morire da solo, mentre i Volturi mi portavano via, probabilmente incontro alla sua stessa fine. Non ci avrebbero nemmeno concesso di lasciare quel mondo insieme, come ci eravamo promessi.
Jacob aprì gli occhi, quando Felix e Alec mi presero per le braccia, conducendomi via con loro. Cercai di dire qualcosa ma dalle mie labbra non uscì nulla, il mio migliore amico perse di nuovo i sensi, rimanendo abbandonato a se stesso in mezzo a quella foresta dimenticata da Dio.
Poi la nebbia accecante di Alec mi inibì i sensi e anche io, sprofondai nell’abisso più profondo.


Angolo Autrice: Okay...ora, probabilmente qualcuna di voi avrà voglia di uccidermi. Vi prego, non lo fate! ;-) Sono molto soddisfatta di questo capitolo e spero, nonostante la tragedia, che anche voi abbiate saputo apprezzarlo. Volevo a tutti i costi stupirvi, cogliervi di sorpresa con questo improvviso colpo di scena...mi auguro di essere riuscita nel mio intento, perciò fatemi sapere la vostra reazione. Non preoccupatevi comunque, la fine della storia si avvicina, ma c'è ancora tempo per risolvere tutto o almeno, quasi tutto...
Aggiornerò la storia al più presto, lo prometto!
Baci,
Sonny

 

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Capitolo 22
*** Il risveglio ***


Renesmee

 

Non avevo mai sofferto la nausea, non ricordavo di avere mai provato quella sensazione ma, quando rinvenni, la prima cosa a cui pensai fu che non mi ero mai sentita così male in tutta la mia vita. La testa mi doleva e il mondo sembrava aver cominciato a girare in un sadico girotondo, solo quando riaprii gli occhi, mi resi conto che, invece, erano le prese di Felix e Alec a farmi oscillare in quel malo modo. Stavano bisbigliando qualcosa, parlavano talmente veloce da non farmi capire una sola parola, anche se sapevo parlare l’italiano discretamente.

Quando alla fine riuscii a focalizzare gli oggetti attorno a me, riscontrai che nulla del posto in cui mi trovavo era familiare. Stavamo attraversando un passaggio sotterraneo, simile al tunnel di una prigione, immerso completamente nell’oscurità. Non vi erano finestre, ma solo grandi fiaccole che mi ricordarono quelle presenti nei castelli dei re medioevali, ogni fonte di calore sembrava essere svanita nel nulla, probabilmente se avessi sfiorato il fuoco avrei scoperto che era freddo.
Era un ambiente angusto e umido, il più terrificante che avessi mai visto. Tutto in quel luogo mi sembrava statico e immutabile, quasi volesse imporre il proprio potere incontrastato.
Intravidi sopra la spalla di Jane un’enorme portone fatto di legno massiccio, che la piccola vampira aprì come se fosse stato fatto di carta velina.
Non ebbi bisogno di entrare nella stanza davanti a me, per capire dove ci trovassimo o chi avrei incontrato. Istintivamente, feci forza sulle gambe, cercando di bloccarmi sul posto, sapevo benissimo che non sarebbe servito a niente, che Felix ed Alec non avrebbero avuto problemi a trascinarmi dentro, dopotutto mi avevano trasportata per tutto il viaggio senza alcun problema. Ma il mio corpo si rifiutò di accettare quella forzatura, non ero pronta ad affrontare quella situazione, ero sola contro tutti.
-Jane, mia cara, sei arrivata finalmente- disse una voce spaventosamente famigliare.
Aro si voltò eccitato, sfoderando il suo ghigno impaziente.
-E con quello che avete chiesto, mio signore- Jane gli andò in contro cercando di trattenere il proprio orgoglio, ma a me sembrò un cane che correva scodinzolando verso il padrone per ottenere sul suo premio.
-Eccellente!- esclamò lui, compiaciuto, prendendole il viso tra le mani in modo da poterle baciare la fronte. Quindi spostò la sua attenzione su di me, guardandomi con i suoi occhi crudeli e curiosi. Non avrei dovuto stupirmi di trovarlo esattamente uguale a come lo ricordavo, alto, magro e con la sua solita aria da folle omicida. Avrei voluto essere più forte, meno spaventata. Avrei voluto indietro l’ingenuità della prima volta in cui l’avevo conosciuto, dove mi ero dimostrata calma e coraggiosa, ma in quell’occasione mi ero trovata al fianco della mia famiglia, a Forks, a casa mia, ora ero stata rapita e portata in Italia, avevo lasciato Jacob a morire disperso nella foresta amazzonica ed ero terrorizzata.
-Mia carissima, Renesmee- disse Aro, allungando le sue mani verso il mio viso. In quel momento, notai anche che la scintilla dei  i suoi luminosi occhi rossi era la stessa che mi aveva folgorato sette anni prima.
 –E’ passato tanto tempo dall’ultima volta in cui ti ho vista, sei così cresciuta- constatò, parlando quasi più a sé stesso che a me, poi fece cenno a Felix ed Alec di lasciarmi andare e loro non esitarono un solo istante nell’obbedire al loro capo supremo.
Io, così affaticata per il lungo viaggio e terrorizzata per il destino incerto che mi attendeva, non riuscii a muovere un passo. Il mio cervello voleva tentare la fuga, perché persino la morte avrebbe potuto essere una sorte migliore che diventare il giocattolino di quei tiranni, ma le mie gambe tremavano come foglie al vento e dovetti esercitare tutto il mio autocontrollo per non cadere sulle ginocchia. No, non mi sarei arresa, non mi sarei mai prostrata ai piedi dei miei nemici, coloro che mi avevano privato della mia famiglia, di Jacob e di tutto ciò che amavo.
Così Felix prese la decisione per me, mi spinse in avanti, e io mi ritrovai faccia a faccia con l’essere che per la seconda volta mi aveva rovinato la vita.
Aro sorrise e io strinsi i pugni.
-Ciao, Aro- sibilai fra i denti serrati, cercando di mantenere quel poco di contegno che mi era rimasto.
Lui non riuscì a trattenere quella sua risata malefica che anche sette anni prima mi aveva fatto accapponare la pelle. Senza che lo potessi prevedere, allungò con rapidità una mano per prendere la mia. Quando l’avevo incontrato ero stata io a mostragli i miei ricordi, mamma mi aveva detto che quello sarebbe stato l’unico modo per convincerlo della mia unicità. Aro non aveva mai usato il suo potere su di me e io, in quel momento, mi sentii violata come mai in tutta la mia vita. Nessuno aveva mai osato toccarmi o farmi del male e nemmeno lo sguardo di Jacob, nel vedermi così com’ero, senza nulla che mi coprisse, mi aveva provocato quella sensazione. Lo stesso Nahuel, che per la prima volta aveva osato guardarmi come solo un uomo guarda una donna mi aveva fatta sentire così male.
Sapevo che mio padre poteva leggermi nella mente e lo aveva sempre fatto, ma io non me ne ero mai accorta. Ora Aro stava frugando in ogni angolo della mia mente, osservando ogni ricordo che potessi custodire. Pensai che probabilmente era così che doveva sentirsi una donna, quando viene stuprata.
Sentivo dolore in ogni parte del corpo, non volevo che quell’essere potesse vedere i ricordi a me più cari. Il mio sogno di andare all’università, la mattina in cui mio padre mi aveva spiegato cosa significasse l’imprinting, la notte in cui io e Jacob avevamo fatto l’amore per la prima volta, la lettera di mia madre… Erano ricordi miei che non volevo condividere con nessuno.
Ma Aro non si curò di questo, cercò minuziosamente informazioni sull’evolversi del mio corpo, dei miei poteri e sul mio autocontrollo nei confronti degli umani. Poi si soffermò sui ricordi che riguardavano me e Jacob, fu allora che mi rifiutai di sottomettermi al suo potere. Gemetti per il dolore e mi dimenai, riuscendo a liberare la mia mano alla sua stretta.
Aro non si oppose, mi lasciò andare, guardandomi a bocca aperta, stupefatto.
-In tutti questi secoli, sono quasi certo di non avere mai visto una creatura più bella- disse infine, impassibile, poi si voltò di scatto dietro di sé, verso una parte della stanza che non avevo ancora notato. Su una porzione di pavimento rialzato, sorgevano tre troni e ai lati vi erano seduti due vampiri.
 -Trovi, Caius?- chiese Aro a uno dei due, in un tono che non ammetteva contraddizioni.
Ma Caius non esitò, sapeva bene qual’era la risposta: -Unica nel suo genere-
-Bellissima e unica, tuo padre ne sarà fiero- commentò Aro, rivolgendosi nuovamente a me e io non potei trattenermi dal guardarlo con tutto il disprezzo che provavo nei suoi confronti.
-Oh, non guardarmi in quel modo. La tua famiglia è al sicuro-
-Dammi un motivo per cui dovrei crederti- lo incalzai, sprezzante. Come poteva permettersi di parlarmi in quel modo, dopo tutto quello che mi aveva fatto?
-Mia cara, da quando sono venuto a sapere della tua esistenza l’unico mio desiderio è stato quello di conoscerti meglio, comprendere più affondo la tua specie e il tuo potere-
-E a quale scopo?- chiesi, esitante, guardandomi attorno. La porta dalla quale eravamo entrati si era chiusa e alcuni membri della guardia vi si erano messi davanti, in più Alec e Felix erano alle mie spalle e controllavano ogni mio singolo movimento. Non c’erano finestre e non riuscivo a vedere altre vie di fuga. Ero in trappola. -Esiste solo un altro essere come me, quale minaccia potremo mai costituire per voi?-
-Minaccia? Oh, bambina hai frainteso le nostre intenzioni- si affrettò a correggermi Aro, sorridendomi calorosamente, ma quella gentilezza non fece altro che farmi rabbrividire dalla paura. -Non ho alcuna intenzione di farti del male, desidero solo capirti-
-Inviando un esercito per catturarmi, minacciando tutta la mia famiglia?-
-E’ stato necessario, sappiamo bene come i Cullen possano dimostrarsi protettivi nei tuoi confronti-
-Possiamo biasimarli?- domandai acida, sfidandolo a contraddirmi.
-Hai lo stesso spirito di tua madre, una combinazione magnifica di due caratteri perfetti- commentò Aro, avvicinandosi nuovamente.
-So cosa vuoi da me- risposi, cercando di rimanere calma. Non lo persi di vista un solo istante, mentre lui cominciava a girarmi intorno, squadrandomi da capo a piede -Sappi che non mi unirò mai a voi-
-Se non abbiamo fatto del male alla tua famiglia ci sarà un motivo- mi richiamò Caius, alzandosi di scatto, come a rimproverarmi per essermi permessa di parlare così al suo re.
-Caius, calmati- intervenne allora Marcus, parlando per la prima volta.
Gli occhi rossi di Aro continuarono a trapassarmi la carne, sentivo il loro tocco sulle ossa, fino a sfiorarmi l’anima.
-Saresti un’ottima arma nelle nostre mani, ma ho bisogno della tua collaborazione che avrò con le buone o le cattive- affermò con una calma che mi fece rabbrividire, poi mi porse una mano e rimase immobile, in attesa.
-Uccidimi pure, allora- ringhiai, sputando sul suo palmo -da me non avrai niente-
-E se invece uccidesi qualcuno a te molto caro? Per esempio, potrei cominciare dal tuo adorato nonno, o da Jasper, il caro zietto che non ha ancora raggiunto il pieno autocontrollo o perché no, da uno dei vostri cani da guardia ai quali, come vedo, tieni tanto -
Rimasi ammutolita, guardandolo terrorizzata. Non ero riuscita a proteggere la mia famiglia, Aro era riuscito a scovare nella mia mente ogni nostro più piccolo segreto. Sapeva che zio Jasper non era ancora riuscito ad ottenere il pieno controllo nei confronti degli umani e che tra me e Jacob, c’era qualcosa che andava oltre il semplice rapporto di amicizia o amore.
-Ah, allora vedi che ti importa- disse piano Aro, accarezzandomi delicatamente la guancia con la sua mano gelida e crudele.
Chiusi gli occhi, sperando che le cose sarebbero risultate più semplici nell’oscurità e pregando perché le lacrime non scendessero lungo il mio viso -Che cosa vuoi?- chiesi, ormai rassegnata al mio destino.
-Tutto, voglio sapere tutto- rispose con urgenza il capo dei vampiri, prendendomi il viso tra le mani -Mostrami come si è evoluto il tuo potere e io ti renderò più forte. Ti aiuterò a svilupparlo e tu in cambio dovrai solo servirmi- poi avvicinò le sue labbra al mio orecchio, sussurrando:-Fai questo e io non toccherò chi ami-
Mi morsi un labbro, fino a percepire il sapore del sangue in bocca. Come potevo fidarmi di loro? Non ero certa che Aro avesse davvero deciso di risparmiare la mia famiglia, non ero certa che, dopo avermi fatto svenire, Jane avesse abbandonato lì Jake, per quanto ne sapevo, probabilmente aveva ordinato alle guardie di ucciderlo.
Ma potevo rischiare? Potevo rifiutarmi di collaborare? Non mi avrebbero mai lasciata andare e se mi fossi opposta e le mie supposizioni fossero state errate, una persona che amavo avrebbe perso la vita.
Appoggiai la mia mano sul viso di Aro. Chiusi gli occhi e gli mostrai il buio più assoluto, paragonabile a quello di Alec, gli trasmisi le sensazioni peggiori che avessi mai provato: terrore, frustrazione, impotenza. Pensai anche di comunicargli qualcosa, di mostrargli che oltre a proiettare immagini dei miei ricordi, potevo anche parlargli, ma all’ultimo decisi di non farlo. Se gli avessi mostrato tutto il mio potere, probabilmente non sarei mai più riuscita a scappare e lui non si sarebbe mai dato pace, nel caso fossi riuscita a fuggire.
Quando riaprii gli occhi, per la prima volta, vidi Aro inginocchiato davanti a qualcuno: me.
Mi guardò con occhi persi, poi sembrò rinvenire e mi fissò allibito -Incredibile- farfugliò, sfiorandomi la punta delle dita.
Presi un respiro profondo e aggiunsi, con calma: -Posso mostrarti tutto quello che conosco, tutte le emozioni che ho provato-
Aro si rimise in piedi, mi afferrò per le spalle e, senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai schiacciata dal suo peso, contro la parete opposta della stanza. -Sei in grado di farlo senza toccare una persona?- domandò con urgenza.
Mi bloccai prima di rispondere, valutando la situazione. Non volevo espormi troppo, stavo imparando a farlo ma non ne ero ancora capace. Se mi fossi esercitata ancora un po’ forse sarei riuscita a soggiogare tutti e a scappare, ma avevo bisogno di tempo e nessuno di loro doveva sapere che le mie capacità non avevano ancora interrotto il loro sviluppo. Quella poteva essere la mia unica possibilità di fuga, non dovevo sprecarla.
-No, riesco solo se le mie mani entrano in contatto con l’oggetto interessato- dissi, con una certa incertezza, sperando che tutti mi credessero.
-Straordinario- commentò, comunque Aro, lasciandomi andare. Camminò un po’ in circolo, massaggiandosi il mento, io rimasi immobile, disorientata, poi Caius mi fece segno di avvicinarmi. Obbedii, ma mi fermai al centro della stanza, non osando fare un passo in più verso di lui. Per certi aspetti, Caius mi faceva ancora più paura di Aro.
-E cosa mi dici del cibo?- mi chiese il vampiro biondo, interessato.
-Mi nutro di cibo umano e ogni tanto bevo sangue animale, ma posso benissimo sopravvivere con solo uno dei due-
-Come aveva detto l’altro ibrido- constatò Marcus, ricordando la testimonianza di Nahuel.
-Ma io non sono velenosa-
-E quanto sei forte?- tornò a chiedere Aro, come riemerso da uno stato di trance.
-Più di un umano, meno di un vampiro-
Lui si mise al mio fianco, osservando attentamente la mia corporatura -Quanto impiega il tuo corpo a guarire dalle ferite?-
-Cosa?- gli domandai, stordita.
-Se ti rompessi un braccio, l’osso guarirebbe da solo? In quanto tempo?-
Non mi ero mai rotta nulla ma gli aghi delle iniezioni non riuscivano a penetrare la mia pelle, però non sapevo nulla con certezza. Per quanto le battute di caccia con la mia famiglia fossero feroci, la componente vampira del mio corpo non mi aveva mai concesso di ferirmi tanto gravemente.
-Non ne ho idea, penso dipenda tutto dalla quantità di energie che ho in corpo, ma non mi sono mai fatta del male per poterlo sapere-
Aro sorrise, cercando lo sguardo di Caius che sembrò altrettanto soddisfatto, mentre il volto di Marcus si trasformò in una maschera di terrore. Senza che nemmeno me ne potessi accorgere, Felix fu alle mie spalle e con un movimento fulmineo, mi fece roteare il braccio di centoottanta gradi, rompendo ogni osso dalla spalla alla punta delle dita.
Un urlo soffocato mi si strozzò in gola e caddi a terra a peso morto. Gli occhi sbarrati e le labbra strette tra i denti, cercai di non piangere e di non mettermi ad urlare.
-Beh, lo scopriremo molto presto- sogghignò Aro, al mio fianco, mentre io perdevo nuovamente i sensi.

Angolo Autrice: Ormai vi sarete abituate ai miei lunghissimi tempi di scrittura, però io vi chiedo comunque scusa per il ritardo :)
Questo capitolo è stata una grandissima sfida, sapevo cosa doveva accadere ma non sapevo bene come impostare i dialoghi e le varie descrizioni, perciò ci ho messo un po' di più del solito...sapete che non sono una che si accontenta! Non disperate però, so che la storia sta prendendo una svolta abbastanza tragica e il fatto che ormai manchino davvero pochissimi capitoli alla fine non vi rende le cose più facili ma fidatevi, tutto tornerà a posto...o quasi :)
Come sempre, un enorme grazie dal profondo del mio cuore per tutte le bellisime recensioni! Siete fantastche, sul serio!
Un enorme bacio e al prossimo capitolo!
Sonny

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Capitolo 23
*** Bruciare ***


Renesmee

 

La gola bruciava, come non aveva mai fatto nella mia vita. Era un bruciore sconosciuto, malvagio e pericoloso che mi logorava fin giù nello stomaco. Ero arida, asciutta e, per la prima volta, avevo bisogno di bere.
Avevo sete, sete di sangue.
Aprii a fatica gli occhi. I miei occhi, anche loro bruciavano come la mia gola. La retina formicolava sotto le palpebre. Era tutto buio e freddo.
Mi trovavo sdraiata su di un pavimento gelido e spoglio, fatto di pietra dura. Feci per mettermi a sedere ma una fitta atroce alla gamba mi riportò alla realtà e ricordai.
I Volturi stavano testando la mia forza, la prima volta che Felix mi aveva spezzato l’osso del braccio questo era guarito nel giro di due giorni. Erano passate settimane dall’ultima volta in cui mi ero nutrita di sangue o di qualsiasi cosa e la mia gamba non era guarita. Caius me l’aveva rotta dopo la solita ispezione di routine, qualche giorno dopo la guarigione del braccio. L’assenza di sangue nel mio corpo però non le permetteva guarire velocemente anzi, a mio avviso, non stava proprio migliorando. Erano passate due settimane e avevo sentito solo qualche pezzettino di osso riassestarsi, ma io non potevo ancora stare in piedi.
-Ti sei svegliata, finalmente- fece Alec, apparso dal nulla.
Lo guardai spaventata, non potevo sopportare un’altra giornata di torture fisiche o psicologiche. Avevo bisogno di mangiare qualcosa, di riposare. Avevo bisogno di casa mia e delle persone che amavo.
-Aro crede sia ora di rimetterti a posto quella gamba o non riusciremo più a lavorare con te- aggiunse il vampiro, sprezzante.
-Beh era ora- gli feci notare con sarcasmo –Non poteva capirlo una settimana fa?-
-Aprite la cella- ordinò Alec a qualcuno che io non riuscii a vedere –e fatela entrare-
Ignorando il dolore alla gamba, tentai in qualche modo di tirarmi su per capire cosa stesse succedendo.
Senza che lo avessi premeditato, senza nemmeno che il pensiero mi avesse sfiorato la mente, una ragazzina dai capelli lunghissimi biondi, venne gettata all’interno della mia cella personale e sbattuta per terra, mentre la porta si richiudeva subito e fragorosamente dietro di lei.
-Aro spera sia di tuo gradimento- sogghignò Alec, sparendo nell’oscurità.
Osservai impietrita la sagoma a pochi metri da me, la ragazza saltò in piedi all’improvviso, indietreggiando verso il muro. Aveva un taglio sulla fronte dal quale colavano delle solitarie gocce di sangue, l’odore mi raggiunse forte e penetrante facendomi ansimare per la sete. Non avevo mai avuto problemi a controllarmi ma non ero nemmeno mai stata così tanto tempo senza cibarmi.
Istintivamente i miei canini aguzzi scivolarono fuori dalle mie labbra in un ringhio sommesso che veniva dal fondo del mio stomaco vuoto e che richiedeva la sua razione di sangue.
La ragazza bionda probabilmente non lo notò, perché quando si rese conto di essere stata rinchiusa con una sua coetanea, fece per avvicinarsi chiedendo –Tu...tu chi sei?-
-Stammi lontano!- le urlai, scaraventandomi contro il muro della cella opposto al suo.
-Ma cosa?-
-Ti ho detto di stare lontano da me!- ringhiai di nuovo, anche se in realtà stavo piangendo. Perché Aro mi faceva questo? Perché doveva torturarmi anche in quel buco di cella? Non volevo essere cattiva, non volevo uccidere quella ragazza che mi ricordava tanto Emma. Eppure il mio corpo e la mia mente non facevano altro che richiedere e pensare alla sua pelle liscia e candida, al pulsare della sua vena sul collo e quella sul braccio, sentivo già il piacere di affondare i miei canini nella sua carne, fino ad assaporare il suo sangue dolce e caldo.
Non volevo farle del male, ma dovevo sopravvivere. Dovevo trovare il modo di scappare, di tornare a casa mia e l’unica possibilità che avevo era quella di bere del sangue e dovevo accettare quello che mi avevano dato.
Guardai per un’ultima volta il viso della ragazza che era spaurita e terrorizzata, non l’avrei uccisa. Ero forte, avevo un autocontrollo che ogni vampiro del mondo poteva solo invidiare, potevo farcela.
Mi dissi che, alla fine, era come bere sangue umano dalle sacche che mi procurava nonno Carlisle e che, dovevo solo stare attenta a non prenderne troppo per evitare che quella ragazza morisse.
Presi un respiro profondo e mi avvicinai a lei –Stai tranquilla- le sussurrai, passandole prima una mano lungo i capelli biondi, per poi scendere lungo il braccio, fino al polso –Andrà tutto bene-.
Affondai i miei denti nelle sue vene e bevvi avidamente, sperando solo di essere forte quanto credevo.
 
 


Jacob

 
Mi era sempre piaciuta, la neve.
Quella mattina i bellissimi fiocchi bianchi e candidi avevano smesso di scendere dal cielo, dopo una tormenta che aveva inquietato l’intera foresta per diverse settimane. La radura era intatta, sembrava uno di quei luoghi dove di solito si ambientano le favole con le fate d’inverno, gli gnomi, gli animali parlanti. La radura di Forks però, non era stata protagonista di una fiaba, ma di un film dell’orrore.
Lo scontro era stato violento, il più crudele al quale avessi mai partecipato. La mia pelliccia era bagnata dalla neve e sporca di sangue, un po’ mio e un po’ di quello delle mie vittime. Avrei voluto essere uno dei primi, lì avanti, a decapitare quei brutti succhiasangue arrivati dall’Italia per distruggere la nostra esistenza, ma dovevo rimanere il più lontano possibile dalla battaglia per proteggere Renesmee.
Nessie aveva partecipato, seppur in modo molto limitato, alla battaglia e si era distinta in velocità e fatalità, le sue tecniche di combattimento non avevano nulla da invidiare a quelle di Emmet o Jasper. Era più debole di un vampiro, ma era proprio per questo motivo che molti Volturi l’avevano sottovalutata, andando incontro a morte certa. Eravamo in pochi ma stavamo avendo la meglio, Demetri, Felix, Alec e Caius erano morti e tantissimi altri membri della guardia avevano fatto la loro stessa fine.
Mi voltai verso Renesmee, era distrutta, il fiato corto. I bellissimi capelli ramati si erano fatti di un colore più accesso, sembravano una cascata di fiamme e gli occhi luccicavano per il freddo. Aveva un graffio sulla guancia e l’artefice di quell’abominio aveva pagato con la sua vita, nel momento in cui aveva osato farle del male sotto i miei occhi. Lei mi guardò, cercando di improvvisare un sorriso di incoraggiamento, prima di riprendere il combattimento.
Poi, tutto terminò nel giro di pochi secondi. Alice, Jasper ed Emmet immobilizzarono Jane e Bella fece loro da scudo per evitare che la piccola vampira usasse i suoi poteri su di loro. Leah piombò addosso alla ragazzina, squartandola in mille pezzi e poi, Edward le diede fuoco. Tutti si fermarono, con il fiato sospeso. L’urlo silenzioso di Aro riecheggiò nelle menti di tutti noi.
E tutto finì. Saltai avanti di qualche secondo, non seppi bene come tutto terminò ma, alla fine, i Volturi si arresero e sparirono nella coltre di nebbia che si erano portati dietro.
Mi sembrò di vivere una di quelle scene dei film, vista a rallentatore. Bella ed Edward si strinsero in un forte abbraccio, baciandosi sollevati, come anche Alice e Jasper, Emmet e Rosalie e il dottor Carlisle con Esme. Il mio branco e quello di Sam ululò incontro a quell’alba irrompente, quell’alba che tutti credevamo dovesse essere l’ultima e che invece, avremmo rivisto nascere per l’eternità.
L’eternità. Io e Nessie avevamo tutta l’eternità.
Mi voltai verso di lei, le orecchie diritte e le zanne sguainate in quel sorriso da deficiente che mi faceva sembrare un cagnolino addomesticato e che a Renesmee faceva tanto ridere, ma non mi importava. Ero riuscito a mantenere la mia promessa: eravamo sopravvissuti.
Nessie sorrideva, ma quel sorriso non mi era familiare, non era quello che conoscevo e amavo. Era un sorriso di rassegnazione, quello che hanno le persone anziane nel momento della morte, quando sono felici di distaccarsi da una vita che non vale più la pena di essere vissuta.
Poi, Renesmee si portò una mano sul ventre e le sue mani si colorarono di sangue, rivolsi spaventato lo sguardo verso i suoi occhi, pregando perché quel sangue non fosse il suo ma le sue pupille si ribaltarono all’indietro e lei cadde incosciente su quel letto di neve.
 
-Jake?- una voce, nell’oscurità chiamò il mio nome –Jake, mi senti?-
Bruciavo, stavo andando a fuoco, letteralmente. Ogni muscolo del mio corpo sembrava essere sul punto di sciogliersi e di evaporare via allo stesso tempo. La testa mi andava in fiamme eppure l’unica cosa che potevo vedere era un buio immenso, privo di ogni scappatoia.
Dov’era Nessie? Che cos’era successo?
La visione di poco prima era ancora vivida nella mia mente e non riuscivo a capire se fosse stato solo un sogno o fosse un ricordo.
Sentivo tante voci in sottofondo che mi chiamavano, tante voci familiari, ma non c’era l’unica che avrei voluto sentire. Il tono squillante e sicuro di Nessie non c’era, non mi stava richiamando indietro, non mi stava pregando di tornare da lei.
-Dottore che sta succedendo?- riuscii a distinguere la voce di mio padre, vicinissima a me, riuscii a percepire la sua preoccupazione e il suo cuore palpitante, correre come un cavallo impazzito. Se non si fosse tranquillizzato gli sarebbe venuto un infarto.
-Si sta svegliando- rispose un’altra voce, quella del dottor Carlise. –Seth, presto, la mia valigetta!-
Il rumore di passi veloci che andavano e tornavano, quelli del mio compagno, mi martellarono la testa. Il dolore si faceva sempre più forte. Le ossa delle gambe, delle braccia e del busto tiravano, dove diavolo mi avevano messo? In una stiratrice?
La puntura dell’ago di una siringa mi trapassò la pelle della spalla.
-Che cosa sta facendo?- chiese mio padre preoccupato, mentre il liquido pungente dell’iniezione si propagava lungo il mio braccio e poi, via via, lungo tutto il mio corpo.
-Lo riaddormento- fece Carlise con fermezza, estraendo l’ago per poi farmi un’altra iniezione –Le ossa non sono ancora guarite e dovrò rompere di nuovo quelle che si sono riassestate in modo sbagliato. Se si sveglia non ce la farà a sopportare il dolore-
No, no. Dovevo sapere, cosa stava succedendo? Dove mi trovavo?
-Ma Rensemee…- chiese mio padre, terrorizzato.
Renesmee, cosa? Perché cazzo non parlavano?
-Temo che Renesmee dovrà cavarsela senza di noi, per un po’-
No! Mi dovevo svegliare, non potevano addormentarmi con qualche iniezione piena di morfina per cavalli!
Ma non riuscii ad impedirlo, tentai di ribellarmi ma non avevo alcun controllo sul mio corpo e sulla mia mente. Il buio tornò a farsi largo in me, facendomi sprofondare in un abisso profondo privo di risposte.
Stavolta stavo sognando, ne ero certo.
Sognavo quella notte di tanti anni fa, in cui ero convinto di avere perso per sempre la mia migliore amica, la donna che credevo di amare.
-Bella!- l’avevo chiamata in continuazione, scuotendo quel corpo esile e malridotto, squarciato in due da quell’abominio di mezzo vampiro che si era tanto ostinata a dare alla luce –Bella, devi continuare a far battere il tuo cuore-
Ma non l’aveva fatto. Il suo cuore si era fermato e il suo sguardo, un tempo pieno di speranza, si era perso nel vuoto.
Sapevo cosa dovevo fare e non mi sarei mai tirato indietro, non importava se poi i Cullen mi avrebbero ucciso, il mostro doveva morire. Subito.
Mi ero diretto, senza indugi, verso quella cosa che tutti si ostinavano a chiamare bambina, come potevano essere così stupidi? Aveva ucciso Bella, se Edward diceva di amarla come poteva solo tollerare la presenza di quell’essere che le aveva tolto la vita?
Non avrei ucciso quel succhiasangue, meritava di vivere con quel dolore, con il senso di colpa per non avere salvato la donna che amava e che amavo anche io. Avrei fatto tutto quello che era in mio potere per tenere Edward in vita, assicurandomi che il dolore non lo abbandonasse mai.
Ma quel mostro, quell’abominio della natura. Lei sì, meritava di morire e io sarei stato il suo carnefice.
Poi l’abominio mi aveva guardato e la gravità si era allacciata a lei. All’improvviso, tutto il mio dolore aveva avuto un senso, il perché non riuscissi a fare a meno di Bella fu chiaro come la luce del sole. Era lei, era sempre stata lei, sin dal principio: Renesmee.
 
Quando ripresi coscienza, ricordavo tutto.
Ricordavo di essere scappato con Renesmee a isola Esme, ricordavo la bellissima notte che avevamo passato insieme e quella seguente e quelle dopo ancora. Non avevo dimenticato la gelosia che mi aveva colto di sorpresa nel momento in cui Nessie mi aveva proposto di andare a cercare Nahuel e non avevo dimenticato l’attacco dei Volturi che me l’avevano strappata via.
Il mondo intorno a me rimase offuscato ancora per qualche istante e poi, tutto tornò al suo posto. Riuscii a riconoscere la mia camera da letto a casa di Billy, quella camera spoglia che negli ultimi tempi avevo utilizzato solo per dormire e che poi non avevo più adoperato, perché il solo pensiero di passare ore senza sapere dove fosse Renesmee mi faceva impazzire.
-Jake!- la voce di Seth chiamò il mio nome, in tono stupefatto.
-Cosa diavolo sta succedendo?- chiesi con tono imperativo, cercai di tirarmi a sedere ma una fitta di dolore mi pervase il busto, ero fasciato dalla vita sino alle spalle.
-Ehi, ehi- mi bloccò il mio compagno, spingendomi contro il materasso –Non ti conviene amico, eri conciato parecchio male quando ti abbiamo trovato-
-Dov’è Nessie?- chiesi secco, guardandolo in cagnesco e obbligandolo ad aiutarmi a mettermi seduto. Seth non rispose, ma obbedì e si avvolse il mio braccio attorno ad una spalla, mettendomi seduto sul letto.
-Alice stava osservando le decisioni di Jane- disse mio padre, apparso all’improvviso sulla soglia della stanza, doveva avere sentito Seth chiamare il mio nome. –Quando all’improvviso non è più riuscita a vederla ha capito che vi avevano trovati-
-Ha perso le sue tracce in Brasile, era riuscita solo a vedere una foresta, perciò siamo partiti e abbiamo setacciato ogni angolo verde del sud America e poi ti abbiamo trovato- intervenne Seth, gli occhi tristi. Dovevano essersi preoccupati parecchio.
-Voglio sapere dov’è Nessie- dissi ancora una volta, ma temevo di sapere la risposta. –Quanti giorni sono passati da quando mi avete trovato?-
-Erano passati più di due mesi dallo scontro con i Volturi, quando ti abbiamo trovato erano gli inizi di febbraio-
-Cosa mi state nascondendo?-
- Ti sei svegliato qualche settimana dopo averti trovato, allora Carlisle ha dovuto metterti in coma farmacologico- fece mio padre a malincuore, facendo forza sulle ruote della sedia per avvicinarsi al mio letto.
-Settimane? Quanto tempo sono rimasto privo di sensi?-
- Un mese-
-Un mese?- esclamai terrificato, se non ci fosse stato Seth a tenermi sarei caduto inesorabilmente giù dal letto -Adesso basta, dove diavolo è Nessie? Cosa le è successo?-
Seth e mio padre si guardarono a lungo, come per decidere a chi toccava darmi la brutta notizia, chi fosse la persona più adatta.
Alla fine mio padre si passò una mano sulla fronte e, senza riuscire a guardarmi in faccia, disse a mezza voce: -L’hanno presa i Volturi, non sappiamo cosa le sia accaduto-
Quelle parole bastarono a permettermi di alzarmi dal letto senza l’aiuto di nessuno, arrancai a fatica tra le mie cose sparse sul pavimento, cercando di raggiungere la porta.
-No, Jake, non puoi andartene sei ancora ferito- mi urlò dietro Seth, scattando subito in piedi, mettendosi al mio fianco.
-Chiudi il becco e portami a casa dei Cullen!- lo rimproverai, allungando un braccio verso di lui per permettergli di aiutarmi a camminare.
-Ma, Jake…-
-Subito, Seth!- lo zittì, guardandolo nel modo peggiore che conoscessi.
 
-Jake- sospirarono tutti i Cullen di gioia, quando Carlise mi aprì la porta d’ingresso.
-Cosa sta succedendo qui?- chiesi secco a tutti quanti, guardandoli con aria di rimprovero. La scena mi ricordò all’improvviso della volta in cui ero irrotto nello stesso modo, in quella stessa casa, quando avevo saputo che Bella era in cinta.
-Jacob, calmati- provò a dire Edward avvicinandosi a me, allungò una mano per accarezzarmi la spalla ma io mi spostai sgarbatamente.
-Calmarmi? Nessie è stata catturata da quei bastardi e mi dici di calmarmi? E’ passato un mese e voi cosa cazzo avete fatto? Niente! Cosa aspettate, che ve la riportino a casa dopo avere terminato la gita turistica in Italia? Siete la sua famiglia e non avete ancora fatto niente!-
-Smettila!- sentì l’urlo distinto di Bella dietro di me e, senza che avessi il tempo di accorgermene, la mia migliore amica mi aveva letteralmente sollevato per il colletto della giacca e scaraventato contro il muro.
-Smettila di comportarti come se fossi l’unico a cui importi di lei.- ringhiò Bella, a pochi centimetri dal mio viso mentre con la sua forza immane continuava a tenermi bloccato contro la parete -È mia figlia, Jacob. Mia figlia! Ho rischiato la vita per metterla al mondo, quando nessuno a parte Rose la voleva, quindi non venirmi a dire che non stiamo facendo nulla per salvarla o giuro che ti stacco quella brutta testaccia!-
Edward raggiunse subito la moglie e me la levò di dosso, allontanandola con dolcezza, cingendole la vita. Poi tornò a rivolgersi a me: - Non sei l’unico che muore dalla voglia di vedere i Volturi morti, ma se vogliamo portare a casa Renesmee sana e salva abbiamo un’unica occasione e non possiamo fallire. Se sbagliamo, sarà condannata, i Volturi ci uccideranno tutti e nessuno potrà più salvarla, lo capisci?-
-Sì, capisco- sussurrai, tossendo a causa delle costole che Bella mia aveva nuovamente incrinato -Cosa pensate di fare?- chiesi ansioso.
-Dobbiamo trovare qualcosa, una merce di scambio- disse serio Edward.
-Oh, Edward sai che non funzionerà- lo rimproverò Rosalie.
-Fermi, cosa non funzionerà?- chiesi, guardandoli tutti confuso.
-Edward è convinto che, se troviamo qualcosa di più prezioso per Aro, accetterà di scambiarlo con Renesmee- mi spiegò Carlisle e dal suo tono intuii che fosse d’accordo con la vampira bionda.
Una voce che fino a quel momento non aveva ancora parlato, si fece avanti e disse senza alcuna esitazione: -Mi offrirò io-
-Alice...- la richiamò Jasper, stringendole il braccio.
-No, Aro mi ha sempre voluta. Non si tirerà indietro se mi offrirò a lui in cambio della libertà di Renesmee- disse ferma lei, ribattendo alla tacita obiezione del marito.
-Alice, non posso chiederti di fare una cosa simile- le fece notare Edward.
-Non me lo devi chiedere, è mia nipote ed è anche in parte figlia mia, è la figlia di tutti noi qui dentro-
- Ci offriremo anche noi, se è quello che Aro vuole- disse Bella, stringendo la mano di Edward.
-Aro non vorrà nessuno di voi- disse poi una voce che non apparteneva a nessuno dei presenti. Ci voltammo tutti insieme verso la porta a finestra che dava sul giardino della villa, dove un giovane ragazza vestito di pellicce ci guardava con occhi divertiti. Un brivido di rabbia e sorpresa mescolate insieme, mi percorse la spina dorsale quando Nahuel sfoderò un sorriso smagliante.
 –Lui vuole un ibrido-
E forse quel ragazzo che tanto avevo odiato e temuto, aveva ragione, forse poteva essere davvero l’ultima carta nascosta che ci restava da giocare.


Angolo Autrice: Ecco questo maxi capitolo, completo di ben due punti di vista :) E' il mio regalo di Pasqua e quello per farmi perdonare del mio solito ritardo, anche se questa volta penso proprio di avere battuto il mio record di sveltezza! Sono fiera di me.
Un altro colpo di scena vi dirite, eh? E adesso cosa succederà? Vi dico solo di non illudervi, la storia ormai sta volgendo al termine e, per quanto sia per me difficile porrvi la parola fine, molto presto dovremo salutare tutti i nostri personaggi. Non so se definitivamente, ho una fantasia abbastanza attiva perciò non escludo la possibilità di ritornare a questa storia o comunque di parlare ancora di Jake e Nessie, a mio parere ci sono ancora tante cose da dire su di loro.
Vi avviso che, al termine di questa storia, mi prenderò una pausa. Ho bisogno di stare un po' tranquilla e pensare alla maturità e poi anche all'università, quindi devo eliminare ogni tipo di distrazione e, per quanto ami pubblicare ciò che scrivo, questo mi porta via un po' di tempo...comunque state tranquille, tornerò molto presto e poi, devo ancora finire qui! 
Godetevi gli ultimi capitoli della storia, spero vi piaceranno.
Ancora tanti auguri di buona Pasqua e grazie infinite per tutte le stupende recensioni!
Un enorme bacio,
Sonny

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Capitolo 24
*** Il sacrificio dell'eroe ***


Jacob

 
-Bene- esordii, facendo la mia entrata trionfale, zoppicando, in cucina
–E’ ora di mettersi in viaggio- sogghignai, sistemandomi lo zaino sulla spalla, pregustando il momento in cui finalmente avremmo preso quegli stupidi italiani a calci nei loro sederi decrepiti.
Edward, Bella, Alice e Carlise erano già pronti per partire, il dottore teneva stretti i biglietti dell’aereo in mano, come se ne valesse della sua stessa vita. Dopo una lunga discussione, erano arrivati alla conclusione che non potevano partire tutti i Cullen, sarebbe stato troppo rischioso. Il capo clan e i preferiti di Aro, ovvero Edward, Bella e Alice, sarebbero andati a prendere Renesmee.
Gli altri invece stavano discutendo con i caln di Denali, gli irlandesi, gli egiziani, i rumeni e Nahuel, anche loro sembravano molto agitati.
-Ehi, fermo lì- mi sbarrò la strada Bella, superando tutti gli ospiti e guardandomi con il suo solito sguardo preoccupato –Cosa vuoi dire?-
-A che ora è l’aereo? Non ho intenzione di aspettare un momento di più-
Sentii Nahuel tentare di nascondere una risata e io feci del mio miglio per ignorarlo ed evitare di staccargli la testa. Solo perché aveva trovato un modo per salvare Nessie non poteva mica pensare di trovarsi in vantaggio rispetto a me.
Nessie era mia.
-Jacob, tu non puoi venire con noi- tagliò corto Bella, costringendomi a indietreggiare verso la porta.
-Che cosa? Non esiste che io resti qui ad aspettare il vostro ritorno!- puntualizzai, ergendomi in tutta la mia altezza.
-Se vieni con noi tutto il piano andrà in fumo- mi sgridò lei, dandomi un pugno sulla spalla per farmi capire che non aveva alcuna paura di me -I Volturi non ci faranno nemmeno avvicinare a Renesmee, sei un lupo porca miseria!-
-Non me ne importa un accidenti, verrò con voi, fine della discussione-
-Jake!- urlò Bella, fulminandomi con il suo sguardo agghiacciante.
-No, Bella. Non puoi farmi cambiare idea, tantomeno costringermi-

-Potrebbe venire come rappresentante- si intromise dal nulla Benjamin, del clan egizio, e tutti si voltarono a fissarlo attoniti.
-Cosa?- ruggì Bella, pronta a saltargli al collo per esserle andato contro.
-Se un membro di ogni clan venisse con voi a Volterra come portavoce e chiedesse di lasciare libera Renesmee, i Volturi sarebbero in minoranza- si giustificò lui, spiegandole il piano che aveva appena architettato.
-Se venissi io in rappresentanza del mio clan e tutti gli altri facessero lo stesso, Jacob allora potrebbe venire in quanto capo branco dei licantropi e rappresenterebbe insieme a noi altri i vostri alleati-
-Potrebbe essere una buona idea, Bella- intervenne Edward, gli occhi illuminati da una luce di speranza -Più persone saranno dalla nostra parte e più sarà facile riavere Renesmee, i Volturi non possono distruggere clan interi, sarebbe un disastro-
-Ha già funzionato una volta...- sussurrò Carlisle, valutando la prospettiva di quel nuovo piano.
-Visto?- feci, con un sorriso di vittoria stampato sul viso, guardando Bella.
Ma lei non fu molto contenta, mi afferrò per il colletto della maglietta e avvicinò il mio viso al suo, ringhiandomi addosso un: -Promettimi che non farai stupidaggini-
-Eh dai, Bella ti sembra il caso di...-
-No, Jacob sul serio- ribadì, scrollandomi un po’ –Verrai, ma devi promettermi che non ti lascerai sopraffare dalla rabbia. Renesmee è con i Volturi da più di un mese e non sappiamo cosa le abbiano fatto, potrebbe essere ferita o peggio. Mi devi promettere che non ti trasformerai, che all’improvviso non salterai su uccidendo tutti i vampiri che ti capitano a tiro. Starai in un angolo, zitto e muoverai un passo solo se e quando te lo dirò io-
Esitai per un secondo, incerto sulla reazione che avrei potuto avere nel caso fossi venuto a sapere che quei succhiasangue avevano fatto del male alla mia Nessie, ma Bella non mi diede il tempo di rifletterci abbastanza e ad alta voce mi ordinò nuovamente -Promettilo, Jacob!-
-Va bene, te lo prometto- era l’unico modo per andare dalla mia Nessie.

 
 
 

Renesmee

 
Un bagliore di luce illuminò all’improvviso la cella.
I miei occhi impiegarono qualche secondo ad abituarsi alla luce, poi riuscii a vedere il profilo della ragazza intrappolata insieme a me.
Era spaventata e affamata, la maglietta era zuppa di sangue, il suo sangue, e sul polso brillava una piccola cicatrice a forma di mezzaluna. L’impronta dei miei denti sulla sua carne.
Non avevo avuto più il coraggio di bere il suo sangue. Ci avevo provato solo una volta ed ero riuscita a non ucciderla per miracolo. Aro avrebbe potuto sottopormi a tutte le torture che voleva, ma non mi avrebbe mai cambiata: io non ero un’assassina.
Cercai di avvicinarmi alla porta della cella, ma quando vidi in faccia i due vampiri che erano appena entrati nelle segrete, indietreggiai velocemente, schiacciandomi contro il muro.
No, non ancora. Implorai nei miei pensieri. È passato troppo poco tempo dall’ultima volta, non sono abbastanza forte.
Ormai avevo perso la concezione del tempo, non avrei saputo dire quanto tempo fosse passato dall’ultima seduta di torture che i Volturi mi avevano inflitto, ma sapevo con certezza che non ne era trascorso a sufficienza perché io potessi sopravvivere. Avevo un braccio rotto e la caviglia slogata, per non parlare dei lividi e dei tagli che avevo su tutto il corpo.
Alec aprì la cella e prima che lui potesse varcarne la soglia, Felix fu subito al mio fianco e mi sollevò per il braccio rotto.
Per tutta risposta ringhiai, tentai di graffiarlo e di rifilargli un calcio, ma ero troppo debole per affrontare un vampiro così anziano, quindi Felix non ebbe problemi a bloccarmi le mani dietro la schiena con una mano, mentre con l’altra stringeva il mio collo.
-Oh, non devi avere paura, piccola ibride- disse divertito Alec –Aro richiede la tua presenza, vuole mostrarti una cosa-
Venni trascinata di peso su per le infinite scale del palazzo dei Volturi, Alec camminava a passo svelto, mentre io e Felix procedevamo dietro di lui.
Tentai con in ogni modo, ma invano, di liberarmi dalla stretta soffocante della mia guardia. Non volevo essere ricondotta di nuovo da Aro, non potevo sopportare altro dolore ed altre ferite.
Quando arrivammo davanti al portone del salone principale, quello che dava dietro i tre troni di Aro, Caius e Marcus, sperai che almeno questa fosse l’ultima volta. Supplicai di non sopravvivere a quest’ultima dose di torture.
-Vieni piccola Cullen, c’è qualcuno che non vede l’ora di vederti- sogghignò Alec, divertito, aprendo la porta.
All’improvviso terrorizzata più che mai dalle parole del gemello di Jane, piantai i piedi per terra, utilizzando le ultime forze che mi rimanevano in corpo.
-No!- urlai, mentre Felix tentava di trascinarmi all’interno della stanza. Intravidi solo con la coda dell’occhio un gruppo di vampiri in piedi davanti ai troni, ma non ci badai, ero troppo occupata a cercare di scappare.
Felix mi afferrò per il collo e mi spinse all’interno della stanza ed io caddi rovinosamente a terra, sbattendo la testa contro il pavimento.
La botta che avevo preso mi offuscò la vista per qualche secondo, faticavo a muovermi ma riuscii a distinguere chiaramente la voce di Aro che esclamò eccitato alla mia destra:
-Ecco, la nostra carissima Renesmee-
Le mani possenti di Felix tornarono ad afferrarmi bruscamente per le spalle, per poi rimettermi in piedi.
Zoppicai un po’, mentre la testa terminava di girare. La mia vista piano piano tornò ad essere più chiara e quando ogni cosa fu al suo posto, mi resi conto di chi fossero quelle persone che, secondo Alec, “non vedevano l’ora di vedermi”.
Erano tutti ammutoliti nel vedermi, erano spaventati ma anche molto arrabbiati, perché avevano appena visto il trattamento che i Volturi mi riservavano e sapevano benissimo che non potevano assolutamente intervenire, altrimenti né io né loro ne saremmo usciti vivi.
-Mamma, papà- sussurrai, con la voce piena di emozione.
Bella ed Edward, mi guardarono con occhi pieni di amore e cercarono di rivolgermi un sorriso di incoraggiamento.
-Tesoro mio...- sospirò mia madre con voce tremante.
Il mio sguardo si posò su tutti i vampiri che avevo davanti: mia madre, mio padre, mio nonno Carlisle, mia zia Alice.
Dietro di loro tutti i rappresentati dei clan nostri amici: gli egizi, i Denali, gli irlandesi...
E poi, in fondo a tutti loro, c’era lui. C’era Jacob.
Era troppo lontano perché i miei occhi potessero intercettare i suoi, ma sapevo che mi stava guardando e lui sapeva che io l’avevo visto in mezzo a tutti gli altri.
Il contatto dei nostri occhi non fu necessario comunque, il mio cuore riusciva a sentire il battito del suo e questo bastava. Entrambi si risintonizzarono, felici di ritrovare il loro compagno.
-Devo farvi i complimenti, cari Edward e Bella- iniziò Aro, rompendo il silenzio. –Vostra figlia è la creatura più unica che abbia mai incontrato-
-Grazie, Aro. Ne siamo consapevoli- rispose mio padre, mantenendo il tono di voce più calmo possibile.
Aro si avvicinò a me, sfiorandomi una guancia con le sue mani terribilmente fredde. –Allora, potrete capire perfettamente il motivo per cui io la desideri tanto come membro della mia guardia-
-Lo capiamo molto bene- rispose Carlisle, in tono diplomatico –Ma il mio clan, insieme a tutti gli altri qui presenti, è venuto per chiederti comunque di lasciarla andare-

-Nobile gesto, lo riconosco. Nel tempo il tuo clan, Carlisle, ha saputo stringere forti ed importanti alleanze, ma resta il fatto che Renesmee è un esemplare unico e soprattutto utile ai miei scopi. Se ora io la lasciassi andare che cosa ne guadagnerei?-
Mio padre fece un passo avanti e rispose in tono deciso: -Siamo venuti per proporti uno scambio-
Il mio cuore perse un battito.
No, non potevo permettere alla mia famiglia di sacrificarsi per me.
-Interessante ma, caro Edward, nonostante io desideri vedere te, tua moglie e tua sorella unirsi alle mie difese, Renesmee vale più di voi- declinò Aro immediatamente, guardandomi come se fossi un rarissimo diamante.
-Infatti non saranno loro a proporsi- specificò una voce che proveniva dal fondo della sala. Quasi mi strozzai con l’aria che avevo in gola quando il vampiro si fece avanti.
-Nahuel- sussurrai, sbalordita.
-Io voglio prendere il posto di Renesmee- decretò con convinzione e senza il minimo cenno di dubbio.
-Nahuel, no!- protestai dimenandomi, ma Felix strinse forte la presa sul mio braccio rotto, costringendomi a piegarmi al dolore e alla sua volontà.
Vidi mio padre e mia madre trattenere il respiro per evitare di intervenire e staccare la testa a quel bestione.
-Sono un ibrido esattamente come Renesmee, ma a differenza sua il mio morso può trasformare in vampiro e ho un dono- aggiunse rapidamente Nahuel, per cercare di fare passare inosservato quel mio tentativo di ribellione.
-Mi ricordo di te, Nahuel- fece Aro, guardingo -Ma non mi avevi detto di possedere un dono, quando ci siamo incontrati-
-Non lo ritenevo necessario-

-E quale sarebbe di preciso questo tuo dono?-
-E’ analogo a quello di Alice, posso vedere il futuro. Riesco a controllare le visioni, posso decidere di vedere il futuro di chi voglio.-
Gli occhi di Aro brillarono all’improvviso, entusiasti. Aveva sempre desiderato più di ogni cosa avere dalla sua parte un vampiro che sapesse vedere il futuro. Alice, fino a quel momento, era stata l’unica in grado di farlo, ma si era sempre rifiutata di entrare a fare parte della guardia dei Volturi.
Nahuel stava offrendo ad Aro un’opportunità che non poteva rifiutare, in una sola volta il capo dei Volturi avrebbe soddisfatto due dei suoi più grandi desideri: avere un ibrido e qualcuno che vedesse il futuro.
-Molto interessante, questo scambio mi potrebbe essere utile anche se, c’è ancora una cosa...- disse Aro, cercando di trattenere l’entusiasmo.
-Che cosa, Aro?- chiese Bella, pietrificata dalla paura.
-Ho visto che Renesmee è molto legata ai vostri alleati licantropi, in particolare prova un disarmante affetto nei confronti di uno di loro che, guarda caso, è proprio qui, in questa stanza- Aro fece una pausa, posando lo sguardo su Jacob che, dal fondo della stanza, stava facendo del proprio meglio per controllarsi.
-Conosco le leggi dei lupi e il fatto che Renesmee sia per metà umana mi fa dubitare che...beh, non si era mai sentito parlare di un ibrido per metà vampiro e per metà umano, eppure Renesmee e Nahuel sono qui. L’unione fra un semivampiro e un licantropo...-
-Non potrà mai accadere- tuonò Edward, fulminando con lo sguardo Aro.
-Tu sei l’esempio vivente che da un vampiro ed un’umana può nascere un ibrido!-
-Ma Bella era umana quando è rimasta incinta, poteva avere figli, il suo organismo poteva cambiare.- si intromise Carlisle, cercando di calmare i toni e non fare alterare i Volturi. -Renesmee ha raggiunto la maturità da più di un anno ed io l’ho sempre tenuta sotto monitoraggio. Da quando ha compiuto sette anni il suo corpo non ha più subito la minima trasformazione. E’ immortale come noi, solo che può sopravvivere senza bere sangue ed è meno forte di un vampiro per via della sua metà umana-

Aro sembrò pensarci per qualche minuto, ma poi lasciò correre, ormai aveva trovato qualcosa più interessante di me.
-Mi fiderò del tuo parere Carlisle, ma se il futuro dovesse rivelare la tua teoria errata, tu e il tuo clan ne subirete le conseguenze-
-Non accadrà, te lo garantisco-
-E sia. Renesmee sarà libera e Nahuel farà parte della mia guardia- decretò con un ghigno terrificante il capo dei Volturi, facendo segno a Felix di lasciarmi andare.
Quando finalmente il mio corpo fu libero dalla stretta del vampiro, corsi incontro a Nahuel mentre stava salendo i gradini per raggiungere Aro.
-Nahuel, ti prego, non farlo- lo supplicai, parandomi davanti a lui, prima che i Volturi lo potessero toccare.
-E’ l’unico modo per salvarti- mi fece notare lui in tono pacato, non era né dispiaciuto né arrabbiato.
-Ma non sei tenuto a farlo, io...- mi interruppi.
Non riuscivo proprio a capire per quale motivo si stesse sacrificando per me. Io l’avevo respinto, avevo scelto la mia famiglia, avevo scelto Jacob, quando invece lui mi aveva proposto un futuro solo per noi due, lontano dalle persone che amavo.
-Sono solo al mondo Renesmee, l’unica persona che avrei desiderato avere al fianco eri tu, ma tu hai già una famiglia- mi fece notare, ricordando la discussione che avevamo avuto anni prima. -Tu hai lui- aggiunse sotto voce, in modo che solo io lo sentissi.
Sì, avevo scelto Jacob e non lui.
-Mi dispiace tanto-
-Sarebbe stato più giusto il nostro amore- mi disse, rivelando il suo unico rimpianto.
-Lo so- risposi, perfettamente consapevole che lui avesse ragione.

Sarebbe stato decisamente più sensato amare Nahuel, lui apparteneva alla mia stessa specie e, per molti aspetti, stare con lui sarebbe stato molto più facile che stare con Jacob, ma amare non significa sempre scegliere la via più facile.
Avevo imparato a mie spese che non bisogna cercare la persona migliore, bisogna cercare la persona capace di renderci migliori.
-Diventerò parte della tua guardia, Aro- promise Nahuel, guardando il capo dei Volturi che si ergeva dietro le mie spalle. -Farò tutto quello che mi ordinerai, ma se posso vorrei porre una condizione-
-E sarebbe?- chiese incuriosito l’altro.
-Vorrei che non mi fosse mai chiesto di fare qualsiasi cosa che possa nuocere ai Cullen e a tutti i loro alleati-
Aro sorrise divertito, anche se io riuscii ad individuare una nota di scocciatura nel suo tono -Certamente-
Nahuel si voltò verso la mia famiglia e disse:-Abbiate cura di lei-
Poi posò lo sguardo su di me ed io sperai che Jacob mi avrebbe perdonata per quello che stavo per fare.
Mi alzai sulle punte dei piedi e gli diedi un bacio a fior di labbra.
-Grazie, Nahuel-
Rimasi per un momento a fissarlo negli occhi e lui fece lo stesso. Diedi una sbirciata a quello che, avendo fatto scelte diverse in passato, avrebbe potuto essere il mio futuro.
Poi Naheul seguì Aro, dando inizio alla sua nuova vita.
Sperai che il destino che si era scelto, lo avrebbe ricompensato a dovere.
E quando Marcus e Caius ci congedarono, mi voltai, correndo tra le braccia della mia famiglia, consapevole che non l’avrei mai più rivisto.



Angolo Autrice: Ciao!! Finalmente dopo una pausa lunghissima, sono tornata! Chiedo scusa per l'attesa, ma tra l'esame di maturità e la preparazione per i test di ammissione all'università non ho proprio mai trovato tempo per scrivere...e avendo visto che l'ultimo capitolo postato aveva ricevuto solo una recensione (grazie mille Reb_clas!), non vedevo il motivo di andare avanti. Però adesso sono libera, senza nulla da fare, quindi vorrei terminare questa storia, anche perchè mancano solo due capitoli!
Non pensavo che sarei arrivata a questo punto, ma è vero: la storia sta volgendo al termine. Spero che mi darete la possibilità di finirla e di pubblicarla qui. Quindi vi prego: se leggete COMMENTATE!
Alla prossima,
un grosso bacio.
Sonny

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Capitolo 25
*** Di nuovo insieme ***


Ricordate:
posterò il prossimo capitolo solo se riceverò
almeno 3 recensioni,
GRAZIE





 
Renesmee


 
Avevo detto addio a Nahuel tante volte, sapendo che in realtà avrebbe sempre trovato il modo di tornare da me, per ricordarmi che c'era un'alta vita che mi aspettava e che mi avrebbe sempre accolta.
Quella vita che avrei dovuto condividere con lui, assaporando appieno la nostra unicità, con la consapevolezza inebriante, ma anche spaventosa, che nessun altro al mondo fosse come noi.
Io e lui eravamo gli unici della nostra specie.
Avevo sempre rifiutato quella possibilità, avevo provato a prenderla in considerazione, ma non ero mai riuscita ad apprezzarla come avrei dovuto.
Nahuel voleva scappare da una vita di solitudine, voleva il mio amore, voleva l'affetto di una persona che non lo apprezzava quanto avrebbe meritato.
Nessuno mi aveva mai negato il suo affetto, io non avevo bisogno di quella vita che Nahuel desiderava tanto per noi. Io avevo la mia famiglia, anzi ne avevo più di una: avevo i Cullen, avevo Charlie e avevo gli amici di La Push.
E, per quanto egoista potesse risultare, non desideravo altro. Qualunque cosa fosse successa, per quanto Forks potesse starmi stretta, nonostante il mio bisogno di scoprire il mondo in ogni suoi piccolo angolo, alla fine, sapevo che l'unico posto in cui avrei sempre voluto fare ritorno era proprio quella cittadina sepolta sotto una coltre perenne di nubi e pioggia. Sarei sempre tornata a casa, dalle persone che amavo.
Speravo solo che Nahuel potesse capire le mie ragioni.
L'unica cosa certa era che rispettava la mia decisione, perché mi aveva salvata.
Quando finalmente potei voltare le spalle ai Volturi, tutti i sentimenti che avevo cercato di reprimere da quando mi avevano imprigionata, ebbero la meglio su di me.
Bella ed Edward furono i primi ad avvicinarsi e, quando furono a pochi centimetri da me, il mondo si annebbiò ed io persi i sensi.
Quando mi risvegliai, delle braccia accoglienti mi stavano coccolando dolcemente, mentre una voce melodiosa canticchiava una bellissima ninnananna. La mia ninnananna.
-Papà?- lo chiamai con gli occhi ancora socchiusi, la testa che non smetteva di girare.
-Ciao, tesoro- mi salutò lui, con un sorriso dolcissimo, baciandomi la fronte. Era bello come sempre, l’incarnazione di un dio greco, ma riuscii comunque ad intravedere l’enorme stanchezza che celavano i suoi occhi. La preoccupazione e la pura di perdermi lo avevano portato ai limiti della sopportazione e solo ora i suoi lineamenti sembravano essersi concessi il lusso di distendersi un po’.
-Cosa è successo?- domandai, sbattendo più volte le palpebre per cercare di vedere meglio.
-Sei svenuta un paio d'ore fa-
Mi aggrappai al suo collo e lui mi aiutò a tirarmi su, allora mi accorsi che eravamo seduti su di una sedia.
-Dove siamo?- chiesi guardandomi attorno mentre la vista cominciava a diventare più chiara.
Vidi molte persone camminare frettolosamente e lunghe file di panchine semivuote, dove della gente sedeva leggendo giornali o parlando al cellulare. Sembrava una sala d’aspetto.
-Dopo che hai perso i sensi abbiamo preso un treno, ora siamo all'aeroporto di Roma, stiamo aspettando l'aereo che ci porterà a casa- spiegò mio padre e la sua voce ebbe un tremito pronunciando l’ultima parola.
Casa.
Dopo tutto quel tempo passato con i Volturi, quella parola mi sembrò così strana, mi riempì il cuore di gioia. Era davvero finita, stavo tornando a casa, da tutte le persone che amavo.
-Quanto tempo sono stata via?-
-Tu e Jake siete riusciti a rimanere nascosti per qualche settimana, poi i Volturi ti hanno rapita e sei rimasta loro prigioniera per due mesi- disse Bella, arrivando alle nostre spalle con una bottiglia che portava un'etichetta con scritto "succo di mirtilli", ma quando lei mi fece l'occhiolino capii che non c'erano mirtilli là dentro. Era sangue.
Io l'afferrai all'istante e la bevvi tutta d'un fiato. Il sapore inebriante del sangue mi ridiede vita, i dolori che avevo lungo tutto il corpo si affievolirono leggermente e ringraziai il cielo perché ero finalmente riuscita a fuggire dall’inferno.
-Come ti senti, amore?- chiese mia madre, accarezzandomi i capelli, con sguardo preoccupato.
Mi ripulii l'angolo della bocca con la mano. -Un po' ammaccata ad essere sincera- ammisi, dando un'occhiata alle mie braccia e alle mie gambe.
-Passerà presto, devi solo stare a riposo- mi consolò Edward, tenendomi stretta a sé, per poi allargare l'abbraccio anche a  mia madre.
Rimanemmo così per qualche minuto ed io riuscii a dimenticare l'orrore che avevo vissuto nell'ultimo periodo. Eravamo solo noi, io ed i miei genitori, coloro che avevano sempre lottato per la mia vita, per il loro piccolo miracolo.
-Tesoro, c'è qualcuno che vuole parlarti- mi sussurrò all’orecchio, Bella, indicandomi con lo sguardo un gruppetto di persone che si trovavano a qualche metro da noi, davanti alle vetrate che davano sulle piste dell’aeroporto. Tra di loro, c’era un ragazzo che guardava nella nostra direzione, con gli occhi pieni di due sentimenti tra loro contrastanti: preoccupazione e sollievo.
Mia madre e mio padre mi affiancarono mentre, lentamente, mi incamminavo verso quel gruppo di persone.
Zia Alice e nonno Carlisle furono i primi a raggiungermi, mi abbracciarono e baciarono, ma io non riuscii a trovare nulla da dire a causa dell’emozione, li guardai con occhi luccicanti di affetto, perché non sapevo con quali parole avrei mai potuto ringraziarli per quello che avevano fatto, per tutto quello che avevano messo a repentaglio per salvarmi. E feci lo stesso con gli altri rappresentanti dei clan nostri alleati.
Poi passai oltre quel gruppetto di vampiri e, zoppicando, mi avvicinai al ragazzo che aveva osservato l’abbraccio che io ed i miei genitori ci eravamo scambiati.
Si era messo da parte, lontano da tutti, mi aspettava appoggiato alla vetrata.
-Ciao, Jake- lo salutai, quasi timidamente.
-Ciao, Nessie- ricambiò lui, allungando le braccia per tenermi per la vita, temendo che perdessi l’equilibrio.
-Mi hai trovata, alla fine-
-Io ti troverò sempre.- promise, perché sapeva che sarebbe sempre stato così. Si avvicinò a me e baciò le mie labbra dolcemente ed io fui felice di aver finalmente ritrovato tutte le parti che erano state strappate dal mio cuore.
-Nessie, Jake!- la voce di mio padre squillò gioiosa nella sala d’aspetto dell’aeroporto -Torniamo a casa!-
Finalmente.
 
Il viaggio durò più del previsto, ma non aveva alcuna importanza, eravamo diretti a Forks e questo era sufficiente. I miei genitori e Jake si erano fatti in quattro perché io avessi sempre una spalla su cui poter sonnecchiare, anche se, come sempre, quella del mio licantropo era quella che preferivo in assoluto.
Una volta atterrati a Port Angeles mi sentivo già molto meglio, riuscivo a camminare senza avere bisogno di un sostegno e questo era già qualcosa. Certo, avrei avuto bisogno di molte settimane di riposo e di numerose sacche di sangue per tornare perfettamente in forma, ma almeno papà e Jake non dovevano fare a turni per portarmi in braccio.
Quando poi, finalmente, mio padre si fermò davanti a casa di nonno Carlisle, mi mancò quasi il fiato. Non scesi subito dalla macchina, rimasi impalata davanti al finestrino ad ammirare la bellezza di quella villa. Non me ne ero mai accorta prima, ma quella casa emanava calore ed amore da ogni angolo.
Jake mi prese per mano, invitandomi a scendere e, senza che potessi avere il tempo di accorgermene, tantissimi vampiri e licantropi mi circondarono.

Nonna Esme e zia Rosalie furono le prime ad arrivare e si apprestarono subito a riempirmi di baci, poi fu il turno di Emmet e Jasper che mi sollevarono da terra in un abbraccio caloroso.
Arrivarono Seth e Leah che vollero subito sapere come stavo, insieme al branco di Sam.
Dopo un primo momento di confusione, riuscii a tranquillizzarmi e a rendermi conto di quante persone erano lì davanti a me, nel giardino dei miei nonni. Tra tutti, però, una persona attirò particolarmente la mia attenzione.
-Emma!- esclamai con sorpresa –ma cosa ci fai tu qui?-
La mia migliore amica si era fatta strada per ultima tra tutte le persone presenti ed ora aspettava tra loro, aspettava che io la notassi. Le sorrisi calorosamente, ma incredula.
Come aveva fatto a trovare casa mia? Le avevo detto di non cercarmi più! E perché non si avvicinava, ma rimaneva in disparte, sorridendomi con timidezza?
Mi irrigidii di colpo e il mio cuore perse un battito. Sentii la collera salire dentro di me, facendomi serrare con forza i pugni.
C’era una nuova luce negli occhi della mia migliore amica, non l’avrei mai notata in circostanze diverse, ma io quella luce la conoscevo fin troppo bene.
Il calore del suo cuore era diverso, più simile al mio.
 Potevo sentire perfettamente che, ora, una cosa ci accomunava. In sua presenza non mi sentii più come quella mezza umana. Io e lei, l’ibride e l’umana, avevamo qualcosa in comune.

Eravamo entrambe una luce: la luce che illumina gli occhi di un cieco che vede per la prima volta.
Mi voltai bruscamente verso i licantropi, scrutai i volti dei ragazzi ad uno ad uno e un ringhio furibondo mi uscì dalle labbra. –Chi è stato?- domandai urlando, ma sembrò più un’imprecazione.
Jacob mi si avvicinò, sfiorandomi un braccio con la mano, ma io l’allontanai con forza, fulminandolo con gli occhi. Come aveva potuto tenermi nascosta una cosa simile?
I licantropi si guardarono con aria preoccupata, impauriti dalla mia improvvisa collera.
Passai il mio sguardo accusatore su ognuno di loro, finché non lo posai sull’unica alternativa possibile. Uno dei pochi ragazzi maturi che non aveva ancora trovato la sua compagna.
-Tu- sputai, facendo un passo verso Embry.
-Nessie, ti prego- mi supplicò lui, facendo a sua volta un passo verso di me, con le mani in avanti.
-Come hai potuto, cane?!- ringhiai, con gli occhi fuori dalle orbite per la rabbia.
-Dai, Ness- fece lui, ridendo, cercando di alleggerire la cosa -Non te lo devo mica spiegare, sai come funziona! E’ capitato perfino a te...-
-Hai avuto l’imprinting con la mia migliore amica!- provai ad avventarmi su di lui, ma mio padre mi afferrò per un braccio, cercando di trattenermi, mentre Jacob mi si parava davanti, bloccandomi la strada.
-Renesmee!- mi sgridò Edward.
-No, papà!- protestai, liberandomi dalla sua presa.
Emma, nel frattempo, aveva cercato di avvicinarsi ad Embry, io guardai Leah e Seth ed ordinai: -Portate via Emma-
-No!- gridò la mia migliore amica, mentre Seth e Leah la circondavano, cercando di tenerla lontano da noi. Sapevano bene che quella cosa avrebbe potuto finire non molto bene.
-Jacob, lasciami. Non ti voglio fare del male- dissi con fermezza.
-Oh no, non un’altra volta- guaì Seth, rammentando l’ultima volta che aveva assistito ad una scena simile.
-Nessie, non puoi davvero essere arrabbiata, dopo tutto quello che è successo tra te e Jake...- fece Embry da sopra la spalla di Jacob.
-Due anni!- scoppiai, spostando Jake con una gomitata, di modo che nessuno mi separasse da quel verme di Embry.

-Ho passato due anni a mentire e a creare sotterfugi per tenere Emma lontana e al sicuro da questo mondo. Poi arrivi tu e credi di poter avere qualche stupida pretesa da lupo su di lei?!-
-Chissà perché, ma mi suona stranamente famigliare- ridacchiò Jacob, guardando divertito mia madre.
-Sta zitto, Jake!- brontolò Bella, perfettamente comprensiva nei miei confronti –e trattieni la tua ragazza, se non vuoi ritrovarti con un componente del branco in meno-
-Nessie, non è colpa sua!- si intromise Emma, sporgendo da sopra il braccio di Leah –Sono venuta io fin qui, sono riuscita a trovare il tuo indirizzo. Ero preoccupata per quello che mi avevi detto quando sei venuta a salutarmi, avevo paura che ti fosse successo qualcosa e sono venuta a cercarti. Io ti ho disubbidito. Embry era in giardino quando sono arrivata ed è successo-
-Sì, è successo- si intromise Embry –esattamente come è capitato a te e a Jake-
Fu a quel punto che persi il controllo e mirai alla sua gola.
 
-Seth!- urlò Jacob, andando a soccorrere l’amico.
Era successo tutto nel giro di pochi secondi. Stavo per atterrare Embry e azzannarlo alla gola, ma Seth si era intromesso ed io gli ero caduta sul braccio, piegandoglielo in due.
-Oh santo cielo, Seth!- esclamai, mortificata, mentre il ragazzo era steso a terra -Mi dispiace, non volevo!-
-Tranquilla- fece lui, tenendosi la spalla –Ormai ci ho fatto l’abitudine-
La mia famiglia non poté fare a meno di sorridere, Jacob addirittura si rotolò per terra dalle risate e, dalla reazione dei presenti, dedussi che probabilmente, quando mia madre aveva appreso dell’imprinting che Jacob aveva avuto con me, la storia doveva essersi conclusa esattamente nello stesso modo.
Carlisle intervenne subito, riposizionò le ossa del braccio di Seth prima che la guarigione accelerata avesse inizio e, nel giro di qualche ora, il ragazzo aveva già ripreso perfettamente l’utilizzo del braccio.

Il pomeriggio lo trascorremmo tutti a casa dei nonni, passando il tempo a salutare i rispettivi clan che ci erano venuti in aiuto e che si apprestavano a tornare a casa.
Quando la rabbia si fu leggermente sbollita, trovai anche la forza di prendere da parte Emma e di salutarla come si doveva.
La riproverai per avermi disubbidito e perché, da quel momento in poi, la sua vita sarebbe stata in costante pericolo. Amare un licantropo non era esattamente facile, non lo era per un ibride come me, figuriamoci per un umana!
Emma mi rispose che non aveva importanza, l’amore, a suo parere, sarebbe sempre stato difficile, perfino tra due umani.
Non mi scusai però per il comportamento che avevo avuto con Embry, ero ancora furiosa con lui e avrebbe fatto bene a starmi alla larga per un po’.
Quando si fece buio tutti i clan se ne erano andati e, alla fine, anche Emma decise di rincasare, accettando un passaggio da parte di un Embry molto soddisfatto. Allora la casa dei Cullen si svuotò.
Accompagnai Jacob alla moto che aveva lasciato davanti all’ingresso. Anche lui aveva deciso di tornare a casa a La Push, Billy non aveva più sue notizie da giorni e di sicuro sarebbe stato un gran sollievo sapere che suo figlio dormiva in camera sua.
-Ehi, quasi dimenticavo- fece Jake, mentre tirava fuori il casco dal sottosella -Che cosa fai venerdì sera?-
Lo guardai incredula. –Nulla, perché me lo chiedi?-
-Mi sarebbe piaciuto uscire insieme, non le nostre solite serate a La Push, intendo proprio uscire- spiegò lui, facendo spallucce per cercare di nascondere un leggero imbarazzo -Potremmo andare a Port Angles a vedere un film-
-Jake, mi stai per caso chiedendo un appuntamento?- lo stuzzicai, prendendolo in giro.
-Da quando ci siamo baciati la prima volta, alla festa, non abbiamo mai avuto un po’ di tempo per stare insieme senza dover pensare ai vampiri cattivi- disse dolcemente, attirandomi a sé.
-Sarei molto felice di uscire con te- ammisi, circondandogli il collo con le braccia e sfiorandogli il naso con il mio.
-Magari potremmo chiedere anche a Emma e Embry, un doppio appuntamento!- scherzò lui, cercando di trattenere le risate.

-Jake!- lo fulminai, assestandogli una gomitata nello stomaco.
A quel punto non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere, divertito –Okay, magari più avanti, quando avrai accettato la cosa-
-Non credo che riuscirò mai a farci l’abitudine- brontolai, sentendo che il cattivo umore tornava a farsi strada dentro di me.
-Tua madre mi disse la stessa cosa e guardaci adesso!- fece, baciandomi.
-Sì, ma...- provai a ribattere, ma non trovai nessun buon pretesto –Oh, lascia stare!-
-Credimi, so che l’imprinting non è facile da capire. Io stesso mi stupisco ogni giorno del legame che mi lega a te, ma quando lo vivi capisci tante cose su te stesso. L’imprinting non è solo l’amore verso qualcuno, è scoprire le parti più nascoste della propria anima e saperle mettere alla prova. Riesci a immaginare un amore così?- mi guardò speranzoso, come per avere la conferma di qualcosa che solo io e lui avremmo potuto capire.
-Sì- ammisi, dopo qualche secondo, accarezzandogli il petto con la mano, nel punto esatto in cui si trovava il suo cuore. -Sì, lo sento-
-Non è diverso da quello che è successo a Emma e Embry o a tutti gli altri- mi spiegò, stringendomi la mano.
- E’ solo che avrei voluto Emma fuori da questo mondo. Ho paura che non sarà abbastanza forte per affrontarlo-
-Ci penserà Embry, la terrà al sicuro- mi rassicurò Jacob, portandosi la mia mano alla bocca, baciandone il palmo che aveva accarezzato il suo cuore.
-Lo so, non permetterà mai a nessuno di farle del male- confermai, avvicinando il mio viso al suo -Come hai fatto tu-
-Come farò sempre- promise, baciandomi finalmente come non mi baciava da Isola Esme. Le sue labbra socchiusero le mie e il suo sapore mi inebriò la bocca, mentre le sue braccia mi tenevano saldamente per la vita, stretta al suo corpo.
-Jake?- chiesi dopo qualche minuto.

-Sì?- rispose, baciandomi il collo.
-Non ti ho mai ringraziato-
-Per che cosa?-
-Per tutto. Per l’amore che provi per me, per avermi salvata, in tutti i modi in cui una persona può essere salvata. Per avere scelto me, regalandomi la vita migliore che potessi desiderare-
-Non ringraziarmi mai più- disse serio. -Tu hai salvato la mia vita. E’ solo grazie a te che, finalmente, ho ritrovato me stesso-
Solo allora lo lasciai andare, con la promessa che ci saremmo visti la mattina seguente a La Push.
Accennò distrattamente al fatto che Billy sarebbe uscito a pesca e che sarebbe tornato solo nel pomeriggio. La cosa mi rese felice, perché avevo bisogno di stare sola con Jake, anche se casa sua non era esattamente come Isola Esme. Ma non aveva importanza, avremmo trovato il modo, al momento giusto, di fare ritorno all’isola, per goderci il nostro paradiso. Per il momento, ci saremmo accontentati di qualche momento per stare da soli, in fondo era quella la cosa importante.
Quando mi richiusi la porta alla spalle, Bella mi stava aspettando in cima alle scale, le salì tutte d’un fiato e mi gettai fra le sue braccia.
-Sono felice mamma- le rivelai, con il viso premuto fra i suoi capelli profumati. -Sono felice che tu abbia scelto di combattere e di donarmi la vita-
-Tesoro, lo sono anch’io-


Angolo Autrice: Buonasera a tutti! Ci siamo, la storia  sta davvero volgedo al termine, manca solamente l'epilogo che conto di scrivere questa settimana...Mi sembra incredibile!
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, so che è un pochino lungo ma non volevo dilungarmi con altri capitoli.
Vorrei ringraziarvi dal più profondo del cuore per il sostegno che mi avete dato, per i vostri commenti sempre bene accetti, sia quelli positivi che negativi. Non credevo sarei riuscita  a concludere questa storia, ma alla fine eccomi qui, pronta a scrivere un finale che non avrei mai pensato di poter scrivere e tutto questo grazie a voi lettrici! Non so davvero come esprimere la mia gratitudine...

Grazie mille ancora!
Al prossimo ed ultimo capitolo.
Un enorme bacio,
Sonny.

 

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