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Autore: Sonnyx94    26/12/2011    5 recensioni
Sono passati sette anni da quando i Volturi hanno minacciato di distriggere la famiglia Cullen. Le giornate passano lente e "noiose", tra una battuta di caccia e la scuola. Renesmee ormai ha l'aspetto di una diciottenne e il suo rapporto con Jacob inizia a farsi più complicato. La ragazza non riesce a spiegarsi come mai abbia bisogno della presenza costante del suo "migliore amico" - questo perchè le hanno tenuto nascosto che, alla sua nascita, Jake ha avuto l'impronting con lei. Ma un nuovo pericolo interrompe l'eternità della famiglia: i Volturi sono tornati e vogliono Renesmee. Si giungerà ad un nuovo scontro?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Tutti i lacci che mi stringevano alla vita, si spezzarono in un attimo,
come lo spago di un grappolo di palloncini.
Tutto ciò che mi rendeva ciò che ero:
l'amore per la ragazza morta al piano di sopra, l'amore per mio padre, la fedeltà al mio nuovo branco, affetto per gli altri miei Fratelli,
l'odio per i miei nemici, per la mia casa, per il mio nome, per me stesso, 
si staccò da me in quell'istante - zac, zac, zac - e fluttuò nello spazio.
Ma non andai alla deriva.
Un nuovo laccio mi tratteneva dov'ero.
Non uno: un milione. Non di corda, ma d'acciaio.
Un milione di cavi d'acciaio che mi legavano a una cosa sola;
al centro esatto dell'universo.
Finalmente capii che l'universo ruotava attorno a quel punto.
Non avevo mai colto la simmetria dell'universo, che adesso mi era chiara.
Ora non era più la forza di gravità a imbrigliarmi.
Era la bambina fra le braccia della vampira bionda.
 Renesmee.

  [cit.] Breaking Dawn - Jacob.

  7 anni dopo

 
 


Renesmee

 

L’alba cercava di fare capolino nel cielo, lottando contro la folta coltre di nebbia mattutina, per poter sciogliere la brina che aveva imbiancato la foresta di pini alti fino al cielo. Il freddo di dicembre penetrava da sotto i vestiti raggiungendo le ossa e rendendo ogni movimento lento ed eterno.
C’era silenzio, la natura dormiva ancora indisturbata e gli animali poltrivano al sicuro nelle loro tane, godendosi il letargo, nell’attesa di una primavera ch,e a Forks, non sarebbe mai arrivata.
Un cervo si era inoltrato coraggiosamente nel cuore della foresta, abbandonando prematuramente il proprio nascondiglio e, silenzioso, si stava abbeverando ad un ruscello.
Non poteva certo sapere che due famelici predatori lo stavano marcando.
Il Lupo, grande quasi quanto un cavallo, dalla pelliccia folta e rossastra, lo stava osservando, il petto caldo che sfiorava il terreno bagnato dalla pioggia, pronto a scattare per avventarsi sulla preda. Era nascosto dietro ad un cumulo di foglie secche e, quando finalmente fece un balzo verso il giovane cervo, vide la propria vittima sparirgli da sotto il naso nel giro di qualche secondo.
Ero stata più veloce. Come sempre, dopotutto.
Ero rimasta ferma sulla cima dell’albero vicino al cervo, aspettando la mossa del Lupo e quindi gettarmi sulla mia preda, vincendo 10 dollari!
Nel momento in cui il mio udito ipersensibile aveva udito i muscoli del Lupo contrarsi per darsi la spinta necessaria ad aggredire, mi ero tuffata per prima sul cervo, buttandolo a terra, dall’altre parte del ruscello e, dopo avergli rotto l’osso del collo, avevo cominciato a bere il suo sangue.
Il Lupo era rimasto con gli occhi sgranati e, mentre vedeva la propria preda morire, ringhiava nella mia direzione.
Quando la mia sete si placò, lasciai cadere il cervo a peso morto sul terreno e mi voltai verso il mio avversario  –E sono 10 dollari anche stamattina!- cantilenai.
Il Lupo ringhiò ancora in modo amichevole e con un colpo di coda, sparì dietro gli alberi.
Io tornai verso l’albero dal quale ero saltata giù e afferrai lo zaino che avevo abbandonato lì vicino. Tra libri di matematica e letteratura inglese, tirai fuori una camicia pulita e me la infilai, sostituendo quella che avevo sporcato con il sangue del cervo. Poi buttai quella sporca dietro una roccia, come facevo ogni mese, quando andavo a caccia.
Avevo preso la decisione di nutrirmi di sangue solo quando fosse stato strettamente necessario l’anno prima. Essendo mezza vampira e mezza umana riuscivo a sopravvivere sia con il sangue sia con il cibo e, visto che avevo scelta, preferivo cibarmi di sangue solo una o due volte al mese, solo per recuperare le forze.
Mi sedetti vicino al ruscello, con lo zaino appoggiato alle gambe e aspettai.
-Hai barato!- esclamò, all’improvviso, una voce calda alle mie spalle.
Scattai in piedi alla velocità della luce e ridendo dissi al mio migliore amico –E tu non sai perdere. Dammi i miei soldi- e aprii il palmo della mano.
Jacob Black, il Lupo, che ora aveva ripreso le sue sembianze umane, brontolò ma si mise comunque una mano in tasca e mi diede 10 dollari. –Devo smettere di fare scommesse con te. Prima o poi mi manderai in bancarotta, Nessie!- si lamentò.
Probabile, pensai. –Forza, brontolone o faremo tardi a scuola-
-Sai che peccato- fece lui, mettendosi lo zaino su una spalla per poi incamminarsi insieme a me, avvolgendomi le spalle con un braccio caldo e possente, come era sempre solito fare.
Con passo veloce, e quando dico veloce intendo no concepibile per i limiti umani, raggiungemmo il limitare del bosco, dove sul ciglio della strada ci aspettava una fiammeggiante moto da corsa, nera metallizzata. Regalo da parte di mia madre e mio padre per l’ultimo compleanno di Jake.
Mi sedetti dietro di lui, tenendomi stretta per non cadere, e mentre Jacob fece partire la moto, sfrecciando per le strade deserte della superstrada, mi abbandonai al suo calore, accucciandomi vicino alla sua schiena. Il calore del suo corpo riscaldava il mio; io che nonostante conservassi ancora la possibilità di arrossire, di prendere un raffreddore e di cambiare aspetto, avevo sempre il corpo gelido e ogni volta che potevo mi rannicchiavo contro il Mio Jake per illudermi di avere per almeno qualche minuto le mani calde.
Io e Jacob avevamo “ripreso”, almeno lui, la scuola l’anno scorso.
Avevo insistito molto per poter frequentare una scuola e ricevere un’istruzione per mettere alla prova le mie capacità, dato che a casa non avevo molto da fare.
Erano passati sette anni dalla mia nascita, ma avevo l’aspetto e la mente di una diciottenne. Così l’anno prima avevo costretto i miei ad iscrivermi al penultimo anno di liceo, in modo che Jacob potesse riprendere gli studi che aveva abbandonato sette anni prima, in modo da non dover frequentare le lezioni da sola.
Ovviamente non avevamo potuto iscriverci alla scuola dove mia madre, Bella, e mio padre, Edward, si erano conosciuti. Avrei riscosso troppi pettegolezzi perché assomigliavo troppo a Bella per essere la cugina che veniva dall’Alaska di Edward e assomigliavo troppo ad Edward per essere parente di Bella. E anche Jacob avrebbe suscitato molte chiacchiere, dato che in sette anni non era cambiato di una virgola.
Così ci eravamo iscritti, o almeno avevo obbligato Jake ad iscriversi, alla scuola superiore di una cittadina vicino Forks. Una città dove nessuno sapesse chi fossero i Cullen o i Black, un posto lontano da tutti, un posto in cui io e Jacob potessimo fingere di essere adolescenti normali e non due ibridi, due persone a metà fra due mondi. Io non ero né un’umana né una vampira, Jake non era né un umano né un lupo.
Dopo un quarto d’ora di viaggio arrivammo a scuola, era un edificio grigio, dello stesso colore del cielo, triste e pieno di studenti che si avviavano verso l’entrata come i condannati a morte si avviavano verso l’impiccagione.
Jake entrò nel parcheggio della scuola sgommando, attirando l’attenzione dei ragazzi rimasti fuori dalla scuola. Saltai giù dalla moto, riponendo il casco nel sottosedile.
-E meno male che papà si raccomanda sempre di non attirare l’attenzione- dissi, indicando con la testa tutti i ragazzi che fissavano con la bava alla bocca la moto di Jake, mentre le ragazze erano più interessate al guidatore.
-Disse il vampiro che mise incinta un’umana- mi prese in giro lui, ricevendo subito dopo una gomitata nello stomaco da parte mia.
-Nessie!- mi chiamò una vocina, impedendomi di rispondere alla battuta di Jacob.
-Ciao, Emma- salutai la ragazzina che mi si era appena affiancata. Era più bassa di me di un po’ di centimetri, magra e con i capelli biondi.
L’avevo conosciuta l’anno prima, era nel mio stesso corso di chimica e insieme avevamo fatto evacuare il laboratorio perché avevamo fatto esplodere il compito. Quella volta Jake si era pisciato sotto dalle risate.
Emma mi era stata da subito simpatica e mi sarebbe piaciuto approfondire la nostra amicizia, insomma Jacob era il mio migliore amico e di certo non avrei mai potuto vivere senza di lui, non ero mai riuscita a spiegarmelo ma non riuscivo a stare lontana da lui per troppo tempo, come dopotutto non riuscivo mai a nascondergli niente. Ma mi sarebbe piaciuto parlare con un’amica, di cose stupide come di trucchi, di feste e dei ragazzi, cose da ragazze. Di certo non avrei mai potuto parlare di cose del genere con Jake, perché di trucchi lui non ne sapeva niente, le feste gli facevano venire il mal di testa e poi non avrei mai e poi mai potuto parlare di ragazzi con lui, visto che era terribilmente geloso nei miei confronti, come anche io lo ero nei suoi.
-Vi lascio da sole così potete fare quattro chiacchiere tra donne- disse Jacob, dopo avere salutato Emma, intuendo subito i miei pensieri. –Ci vediamo alla seconda ora- mi salutò, dandomi un bacio sulla fronte. Come ogni mattina separarci per frequentare lezioni diverse era una tortura.
Lo osservai allontanarsi mentre si dirigeva verso la scuola e sentii il cuore stringersi, fino quasi a farmi male.
-Allora per quando è fissata la data?- chiese Emma in tono scherzoso, dandomi di gomito.
-La data di cosa?- domandai confusa, riemergendo dalle mille sensazioni che mi provocava la mancanza di Jake.
-La data in cui tu e il tuo megafusto vi metterete insieme- rispose Emma, come se fosse una cosa scontata.
-Ma smettila!- la rimproverai io –Siamo cresciuti insieme, lui è il mio migliore amico ed è come...-
-Come se fosse tuo fratello e bla, bla, bla- fece Emma, imitando in modo goffo la mia voce.
-Sei una pervertita- le dissi.
Quando l’anno prima io e Jacob eravamo arrivati a scuola, Emma mi aveva fatto subito notare che, i modi con cui io e Jake ci atteggiavamo l’uno con l’altra facevano pensare ad una coppia di innamorati. Per Emma, e per tutti gli studenti della scuola, era inconcepibile che due ragazzi che non potevano sopportare la lontananza dell’altro per poche ore, che andavano in giro sempre abbracciati o mano nella mano e che si salutavano sempre con baci molto calorosi, non fossero fidanzati.
La cosa mi aveva spiazzata, io pensavo che fosse una cosa normale. Insomma ero cresciuta tra vampiri e licantropi che si dimostravano affetto a suon di botte o a suon di abbracci forti e calorosi. Quindi mi sembrava una cosa normalissima il rapporto che avevo con Jake.
L’unica cosa che mi sembrava strana era il fatto di non riuscire a sopportare la lontananza del mio amico licantropo e la sensazione di abbandono che essa mi provocava, ma era una cosa che avevo sin dalla nascita. Ogni ricordo che avevo era legato a lui e poi Jake provava le stesse cose nei miei confronti, quindi non mi ero mai posta il problema. Ma a quanto pare non era una cosa normale.
-Quindi non avete intenzione di...- tornò all’attacco la mia amica.
-No!- sbottai io, fulminandola con gli occhi.
-Bah- sospirò lei, delusa - Sai pensavo che almeno adesso che siamo all’ultimo anno, voi due vi sareste finalmente messi insieme-
-Noi non stiamo insieme- le feci notare io.
-Non è vero, voi state insieme solo che non vi baciate-
Sgranai gli occhi, rimanendo scioccata da quelle parole.
Era vero? Io e Jake ci stavamo comportando come due fidanzatini e non ce ne eravamo nemmeno accorti? Ci stavamo...No! non poteva essere vero non mi stavo innamorando del mio migliore amico, era una cosa assurda e un idea inconcepibile.
Però il pensiero di Jacob insieme ad un’altra ragazza mi innervosiva, mi faceva venire voglia di spaccare le cose.
 
Le lezioni passarono lente e infinite, come ogni mattina, ma come ogni giorno la campanella dell’ultima ora suonò, finalmente, alleggerendo il cuore degli studenti impazienti di abbandonare quel luogo di tortura.
Stavo uscendo da scuola mentre chiacchieravo con Emma, Jacob camminava svelto davanti a noi mentre raggiungeva la sua moto.
Fu questione di un attimo, non me ne resi nemmeno conto. All’improvviso vedevo la bocca di Emma muoversi producendo solo silenzio, la sua voce mi abbandonò. Tutti i miei sensi smisero di lavorare per una frazione di secondo, mentre una valanga di informazioni travolgeva la mia mente.
Tutto in un solo secondo, le immagini di ricordi mi raggiunsero, permettendomi di partecipare attraverso frammenti di immagini.
Vidi la mia famiglia: mamma, papà, nonna Esme, nonno Carlise e i miei zii.
Vidi la loro quiete mattutina interrompersi. Vidi zia Alice ammutolirsi all’improvviso, gli occhi persi nel vuoto mentre aveva una delle sue solite visioni. Poi il panico si impadronì dei suoi occhi color del miele.
-Stanno tornando- le uniche parole che riuscii a farfugliare.
Mio padre, con il volto contratto in una smorfia di preoccupazione, chiese severo –Perché l’hai visto solo ora?-
-Sono passati sette anni dall’ultima volta, pensavo avessero rinunciato a tornare- si scusò Alice, impotente.
-Che cosa?- chiese mia madre con espressione tesa –Edward che cosa ha visto?-
-I Volturi sono tornati. Jane è appena entrata nello stato di Washington, insieme a Demetri, Felix e Alec. Saranno a Forks nel pomeriggio e tra un paio di settimane arriveranno gli Anziani. E vogliono Renesmee.-
Le immagini si dissolsero nello stesso modo in cui si erano create, provai un tuffo al cuore e feci un passo indietro come se qualcuno mi avesse appena assestato un pugno nello stomaco.
Dovetti ricordare di respirare, il mondo intorno a me girava ad una velocità spaventosa mentre il significato di quei frammenti di ricordi si insinuava nella mia mente.
I Volturi. Mi ricordavo benissimo di loro, ricordavo tutto di quel periodo.
Ricordavo la preoccupazione e la rassegnazione della mia famiglia. Ricordai mia madre, ricordai di come Bella Swan, una mattina di Dicembre, mise sulle mie spalle uno zainetto di cuoio, con dentro soldi, passaporti falsi e due biglietti per il sud America, intimandomi di dire a Jake di scappare, di portarmi via, quando fosse stato necessario.
Ricordai il vampiro Aro, affascinato e allo stesso tempo famelico, come se stesse lottando tra la decisione di tenermi viva o di distruggermi seduta stante.
Mia madre mi aveva inviato i ricordi della visione di Alice, in sette anni aveva affinato alla perfezione la tecnica di proiettare i suoi ricordi.
Emma mi guardava interrogativa, ma io non feci caso a lei e alle sue domande. Alzai lo sguardo verso Jacob, che stava a una decina di metri da me.  Teneva ancora in mano il mio casco, pronto a porgermelo quando lo avessi raggiunto. I suoi occhi scuri per un momento furono pervasi dalla paura, che venne subito sostituita da uno sguardo minaccioso.
Alzò lo sguardo verso di me, fissandomi attentamente.
Anche lui aveva visto ciò che avevo visto io.
Poi all’improvviso una voce si insinuò nella mia mente e in quella di Jacob.
Jake, portala via. Portala da Charlie!
La voce di mia madre non lasciava possibilità di repliche, era un ordine.
Jacob non se lo fece ripetere due volte, saltò velocissimo sulla moto e mise in moto. Con una sgommata frenò vicinissimo agli scalini su cui mi trovavo e mi lanciò il casco.
Io lo presi al volo e me lo infilai in testa.
-Nessie, ma che succede?- chiese sconcertata Emma.
-Non posso parlare ora, Emma- dissi in modo distratto, mentre salivo sulla moto avvinghiandomi a Jake. Lui non diede tempo alla mia amica di ribattere, spinse il piede sull’acceleratore e partii a massima velocità, alzando una folta nube di polvere nel parcheggio.

Arrivammo a casa di nonno Charlie nel giro di dieci minuti.
-Nessie, Jake!- ci accolse calorosamente Charlie, non appena ci aprii la porta. –Qualcosa non va?- chiese vedendo le espressioni sulle nostre facce.
-Problemi in vista- disse Jacob –Nessie dovrà rimanere qui per un po’ di tempo. Bella e Edward stanno arrivando per chiarire la situazione, ma tutto questo riguarda cose di cui tu non vuoi essere messo a conoscenza, Charlie-
Mio nonno osservava ammutolito Jake, mentre il mio migliore amico lo riempiva di informazioni di cui lui non ne capiva niente.
Li lasciai a parlare, dirigendomi verso le scale. Andai al piano di sopra e mi sedetti sul letto che una volta era appartenuto a mia madre. Ora quella era diventata camera mia, dormivo lì quando stavo da nonno Charlie.
Avrei voluto eclissarmi, per non sentire la discussione che stava avendo luogo al piano di sotto, ma il mio udito non mi lasciò tregua.
-Nel giro delle prossime settimane la sicurezza di Nessie potrebbe essere messa a rischio. Per il momento mi è stato ordinato di portarla qui, è un posto sicuro e nessuno dei vampiri che la stanno cercando conosce questo posto- finì di spiegare Jake.
-Si, si ho capito- fece Charlie ma in tono confuso –Basta che non ripeti più quella parola-
Seguirono pochi minuti di silenzio, poi la porta della mia stanza si aprii e Jacob si sedette sul letto davanti a me.
Mi prese delicatamente la mano tra le sue, non me ne ero accorta ma stavo tremando, e Jake per tranquillizzarmi iniziò a disegnare dei cerchi con le dita, come se il mio palmo fosse una carta da disegno.
-Credevo che non sarebbero più tornati- dissi alla fine, lasciando che la paura prendesse il sopravvento sulla mia voce.
-Lo speravo anche io- disse Jacob, stringendomi forte la mano.
 -Non voglio che scoppi un’altra battaglia a causa mia. Non sono abbastanza forte- gemetti e una lacrima mi rigò il viso.
Jacob si avvicinò a me, asciugò la mia guancia con la punta del pollice e poi mi passò una mano tra i capelli –Sei la persona più forte che io conosca- mi rivelò –E, qualunque cosa succeda, non sarai sola-
Con la mano libera cercai la sua, la strinsi forte mentre il calore del palmo della sua mano si infondeva nella mia pelle. –Non voglio che vi succeda niente di male- gli dissi.
Non avrei potuto sopportare la perdita di un componente della mia famiglia, avrei preferito morire io stessa.
-Non ci succederà niente, abbiamo già combattuto questa guerra e abbiamo vinto. Vinceremo ancora-
Jacob sembrava quasi convinto di quelle parole, ma la differenza tra sette anni prima e quel momento era che: in passato sapevamo per cosa combattere, oggi no. Non sapevamo perché i Volturi erano venuti. Volevano me. Ma non bastava.
-Non permetterò mai a nessuno di farti del male- mi promise Jacob.
Non era la prima volta che mi faceva quella promessa e sapevo che l’avrebbe mantenuta a costo della vita.
Era questo che mi faceva paura.
-Non voglio che tu muoia per me- gli dissi.
Jake appoggiò la sua fronte sulla mia, io chiusi gli occhi assaporando la sua vicinanza, il suo profumo e il suo calore.
-Se dovessi scegliere il miglior modo per morire, io sceglierei questo- disse.
Era un pensiero che mi terrorizzava, ma sorrisi comunque.
Misi una mano sul suo collo e appoggiai per un lungo momento le mie labbra sulla sua guancia, poi le staccai e abbandonai la testa nell’incavo del suo collo, mentre le braccia di Jacob mi avvolgevano la vita in un abbraccio caldo.
Non potevo sapere cosa sarebbe successo nelle settimane successive, ma di una cosa ero certa: Jacob.
Jacob era come le stelle: una costante. Le stelle ci sono sempre, anche quando non possiamo vederle per via del cielo coperto dalle nuvole, per via delle luci della città, ma noi sappiamo che ci sono sempre. Jacob era come le stelle. Anche quando non lo vedevo c’era sempre.
Jacob era una costante.
Sapere questo mi dava la forza di combattere qualsiasi battaglia.



***Ehi, Ciao! Allora questa è la mia prima fan fiction sulla saga di Twilight...Spero che vi piaccia! Commentate numerose!
Un bacione.
Sonny.

  
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