Il canto della Sirena. di Mia Swatt (/viewuser.php?uid=111649)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In principio. ***
Capitolo 2: *** Il suo canto. ***
Capitolo 3: *** Il patto. ***
Capitolo 4: *** Nuova vita. ***
Capitolo 5: *** La sua voce. ***
Capitolo 1 *** In principio. ***
'sera a tutti! Qualcuno mi
conoscerà, altri si staranno chiedendo chi diavolo io sia XD
Ho già
una storia in corso nel fandom di Twilight, ma ho pensato di
cominciare a postare anche questa piccola flash che avrà CINQUE
CAPITOLI!
Premetto che non è un'idea nuova, in quanto la trama
è un insieme della meravigliosa favola Disney "La
Sirenetta", ma avrà anche qualcosa della sua originale
scritta da Christian Andersen. Ovviamente, il tutto, sarà
contornato da qualche cambiamento di mia invenzione! Adoro prendere
ispirazione, ma mi piace sempre inserire qualche chiave nuova nella
narrazione.
Detto
ciò vi lascio al capitolo e buona lettura!
.
Il canto
della Sirena
Il mio
slancio è infinito come il mare, e non meno profondo
è il mio amore;
più te ne
dono più ne posseggo, perché entrambi sono
infiniti.
William
Shakespeare.
1.
In
principio
C’era
una volta, tanto tempo fa, un regno fatto completamente di cristallo.
Questo
impero non si trovava sulla Terra, bensì in fondo al mare.
Tutti,
laggiù, vivevano in pace, governati da un sovrano saggio e
giusto: Re Tritone,
meno conosciuto come Charlie. Il Re aveva tre figlie: Rosalie, la bella
sirena
dalla lunga chioma bionda, nonché sorella maggiore; Alice,
la piccola sirena da
una sbarazzina capigliatura nera; e, per finire la più
giovane delle sue tre
figlie, Isabella.
Bella,
così si faceva chiamare da tutti i suoi amici del mare, era
la più sognatrice
delle sirene. Due occhi color cioccolato, incorniciati in un pallido
viso a
cuore; capelli lunghi, castano scuro, e un sorriso limpido come il
cielo
d’estate.
Il
cielo…, pensava spesso Bella.
Come avrebbe voluto, un giorno, nuotare fino in superficie e vedere il
sole.
Vederlo davvero. Sapeva,
però, che
questo era proibito dalle leggi marine, in quanto a nessuna sirena era
concesso
di entrare in contatto con gli umani. Bella aveva sempre trovato questa
legge
molto, molto stupida.
Mentre
nel castello di cristallo si stava tenendo un grande ricevimento,
Bella,
accompagnata dal suo fidato pesce palla Emmett, stava scorrazzando per
l’oceano
alla ricerca di oggetti preziosi. Adorava quelle cianfrusaglie; quegli
oggetti
talmente terrestri e strani di cui non aveva la minima idea di cosa
fossero
realmente.
―
Bella, guarda qui! ― disse Emmett, trovando un grazioso oggetto
luccicante. La
sirena non se lo fece ripetere due volte. Agirò la cosa e,
in men che non si
dica, fu affianco al suo grassoccio amico.
―
È fantastico! ― strillò lei, emozionata ― Ma che
cos’è?
―
E lo chiedi a me? Forse Jazz lo sa! ― rispose Emmett, agitando la sua
pinna.
Era
un pesce molto carino: totalmente azzurro, eccezion fatta per pinne e
rifiniture nere. Ma il dettaglio che più piaceva a Bella
erano i suoi grandi occhi
dorati.
―
Ma Jasper è sempre bisbetico, Emmett! ― sbuffò la
piccola sirena, continuando a
guardare il suo nuovo oggetto ―
Assomiglia al tridente di papà! Solo che questo ne ha di
più e tutti uguali!
―
Magari è il simbolo di qualche sovrano umano! ―
tentò di indovinare il piccolo
pesce.
L’oggetto
che entrambi avevano trovato, altri non era che una semplice forchetta
d’argento pregiato.
―
Guarda lì! ― urlò Bella, sbattendo la coda e si
direzionò verso il relitto di
una vecchia nave ― Sai quante cose bellissime ci saranno? Non vedo
l’ora!
Andiamo, Emmett!
―
Bella, ma non ci staremo dimenticando qualcosa? ― chiese Emmett, mentre
seguiva
la sua migliore amica.
***
Intanto
a casa di Bella, tutto il mondo marino era radunato per i grandi
festeggiamenti.
Il
Re Tritone sedeva sul suo trono d’oro, annoiato come sempre;
Rosalie ed Alice
chiacchieravano tra loro, cercando di allontanare giovani tritoni
invadenti.
―
Te ne sei accorta, sorella? ― domandò la sirena bionda, con
fare distratto.
―
Certo che sì, spero solo che non se ne accorga nostro padre!
Darebbe di matto,
questa volta. ― rispose Alice, scuotendo la testa sconsolata.
―
Quella sirena è davvero una piccola peste! ―
strillò Rosalie, giocherellando
con il suo drink ― Questa feste è in suo onore. È
il suo compleanno e lei
dov’è?
―
Sai com’è fatta, Rose. ― sospirò Alice
― Bella è diversa da noi… Lei sogna la Terra
e tutto ciò che ne fa
parte…
―
Che idiozie! ― strillò la bionda, con aria stizzita ― Non la
capisco proprio.
Qui ha tutto ciò che chiunque, esseri umani compresi,
desidererebbe! Ma lei non
è mai contenta! ― uno squillo di trombe attirò
l’attenzione, interrompendo il
discorso di Rosalie.
Tutti
gli invitati alla festa si voltarono, affinché i loro occhi
fossero puntati sul
Re. Charlie, il sovrano Tritone, si alzò con un dolce
sorriso stampato in
volto. Era un uomo molto bello: notevolmente muscoloso, capelli lunghi
castani
– come i lunghi baffi che possedeva –, il tridente
reale sempre in mano e, per
finire, la sua lunga coda blu e azzurra.
―
Vi ringrazio per essere venuti tutti qui! ― disse, con tono imperiale ―
Questa
feste è molto importante per me e per la mia famiglia. Oggi,
Isabella, la mia
terza figlia compie diciassette anni. Tutti noi abbiamo voluto rendere
questo
giorno speciale.
Tutti
gli invitati cominciarono ad applaudire, entusiasti. Nel frattempo,
Alice e
Rosalie, si scambiarono un’occhiata preoccupata. Non appena
loro padre avrebbe
chiamato il nome di Bella, lei non sarebbe apparsa.
―
Jasper! ― lo chiamò Alice, afferrandolo per le chele. Il
piccolo granchio rosso
sgranò gli occhi, due occhietti neri come il petrolio, e si
immobilizzò
all’istante.
―
Cosa posso fare per lei, signorina Alice?
―
Bella è sparita!
―
Che cosa?! ― urlò Jasper, cominciando con le sue solite
recite drammatiche ― Ma
perché quella ragazza deve comportarsi così? E
adesso cosa dirò al Re? Oddio,
mi ucciderà! E avrebbe anche ragione… Isabella,
Isabella, Isabella! Ah! Cosa
combini, ragazza mia! Per colpa sua adesso diventerò i resti
di un granchio!
―
Continuerai ancora per molto, Jasper? ― lo interruppe Rosalie,
fulminandolo.
―
No, ho finito, Miss.
―
Bene, adesso possiamo escogitare qualcosa prima che…
―
ISABELLA! ― tuonò il Re Tritone ― Dov’è
mia figlia?!
―
Troppo tardi. ― parlò Alice ― Papà lo ha appena
scoperto.
***
Più
tardi, quello stesso giorno, la piccola quiete di Bella fu interrotta
da una
furibonda strigliata di suo padre.
―
Cosa ti è saltato in mente, Isabella!? ― tuonò
Charlie, quando ormai tutti gli
invitati avevano lasciato il regno. La festa, purtroppo, era stata un
vero
disastro.
―
Me ne sono dimenticata…
―
Dimenticata!? ― gridò suo padre, furente ― Sono mesi che ti
sto dicendo di
questa festa, Isabella. MESI! Cosa avevi di più importante
da fare?
―
Ehm ecco io…
―
Sì?
―
Ero in giro, papà.
―
A fare cosa, Isabella? ― domandò ancora suo padre, senza
ottenere risposte
precise. Bella sapeva che non poteva rispondere; sapeva che se Charlie
avesse
saputo che era andata ancora alla ricerca di un contatto con i
terrestri si
sarebbe infuriato. Il silenzio, però, si rivelò
un’arma a doppio taglio. Gli
occhi scuri del Tritone si allargarono, trasformandosi in due voragini
nere. Il
fondale marino tremò, mentre il tridente – nelle
sue mani – vibrò, esplodendo
con tutto il suo potere.
―
Di nuovo!? Sei andata di nuovo alla ricerca di un contatto con gli
umani?
Isabella, RISPONDI! Subito!
―
Non ho fatto niente di male! Non sono tornare sulla superf…
― la sirena ti
tappò la bocca, ma era troppo tardi.
― Superficie!? ― le
domandò ruggente ― Sei
stata in superficie? Ma cosa devo fare con te, cosa! Non puoi davvero
cercare
un contatto con quei… quei… con quegli esseri!
―
Sono come noi, papà! Ma tu non capisci, non puoi capire! Tu
li disprezzi, senza
neanche un motivo!
―
Noi apparteniamo agli abissi, Isabella! Non alla Terra! E questo non
cambierà
mai, capito? Mai! ― gli occhi
castani
della sirena si riempirono di lacrime. Così,
voltò le spalle a suo padre e si
diresse nella sua stanza.
―
Bella! ― la chiamarono all’unisono le sue sorelle, ma lei non
voltò. Al
contrario, non le degnò di uno sguardo e continuò
a nuotare senza tregua.
Le
tre sirene erano molto diverse l’una dall’altra.
Rosalie, la primogenita, aveva
i capelli biondi e gli occhi azzurri – esattamente come sua
madre. La lunga
coda era viola, di una tonalità molto chiara, abbinata per
colore al suo
reggiseno di conchiglie. Alice, la figlia di mezzo, era una fanciulla
un po’
pazza, ma con le “pinne sul fondale”, totalmente il
contrario di sua sorella
minore. Il suo sbarazzino caschetto nero, incorniciava il suo chiaro
incarnato,
facendo risaltare i suoi grandi occhi celesti. La coda era un tenue
arancio,
abbinata al suo piccolo reggiseno di conchiglie. E poi c’era
Isabella, la più
fantasiosa, romantica, ingenua e sognatrice delle tre sirene. Lunghi
capelli
castani, simili ai suoi grandi occhi; una lunga coda verde smeraldo,
che non
c’entrava niente col suo piccolo reggiseno di conchiglie
lilla. Anche in
questo, Bella, doveva farsi riconoscere.
―
Lui non capisce! ― diceva, singhiozzando sul suo grande letto
– una gigante
conchiglia rosa, il posto in cui era nata.
―
Sai com’è fatto tuo padre… ― cercava di
consolarla Emmett ― Lui è il Re, ha il
compito di proteggere i suoi sudditi.
―
Ma io sono sua figlia, Emmett! E lui non mi capisce.
―
Cercare di mettersi in contatto con gli esseri umani non è
una grande mossa,
Isabella. ― intervenne Jasper, con il suo solenne tono.
―
Ma sta’ zitto, tu! ― lo ammonì Emmett,
schiacciandolo con una pinna.
―
Come, prego? ― domandò Jasper, rimettendosi in piedi dopo la
spinta.
―
Dovremmo consolarla, non darle addosso!
―
Se tu fossi un pesce palla più responsabile tutto questo non
succederebbe!
―
Non vorrai dire che è colpa mia, adesso!
―
È esattamente quello che sto dicendo, invece!
―
Smettete voi due! ― intervenne Bella, ridendo ― Siete riusciti a farmi
ridere,
adesso basta però.
Jasper
la guardò stralunato, mentre Emmett sorrideva. Siete riusciti a farmi ridere?,
pensò il granchio confuso, ma io
le pensavo davvero quelle cose!
―
Quando voi, principessina. ― disse Emmett, strizzandole
l’occhio. Jasper si
diede una chela sulla faccia e tentò di dirigersi
all’uscita.
―
Aspetta, Jasper! ― strillò Bella, richiamandolo.
Lasciò la sua conchiglia e
nuotò fin dove nascondeva la preziosa forchetta ― Sapresti
dirmi cos’è questa?
―
Dove l’hai trovata? ― domandò Jasper, guardando
l’oggetto argenteo incuriosito.
―
Poco lontano dal palazzo, era dalle parti del vecchio relitto
abbandonato. ―
spiegò Bella ― Avanti, tu sai cos’è? Me
lo dici?
―
Non è nulla di che. ― rispose il granchio, gonfiando il
petto con l’aria di chi
ne sapeva troppo ― Gli esseri umani usano questo aggeggio per
pettinarsi i
capelli.
―
Quindi è un pettine? ―
chiese Bella,
con un sorriso brillante e sincero ― Forte!
I
tre amici restarono nella graziosa camera di Bella tutta la notte,
affinché
Jasper desse un nome a tutti gli oggetti che Isabella aveva trovato in
quelle
ore.
***
Era
passata una settimana dalla tremenda litigata tra Bella e suo padre, ma
le cose
sembravano essersi chiarite. Finché le idee di Bella fossero
rimaste tali, il
Tritone non si sarebbe più arrabbiato. Il problema,
però, era che nonostante la
sirena non ne parlasse, la sua fissazione per la terra ferma restava
sempre là,
nella sua mente e nel suo cuore.
―
A cosa stai pensando? ― domandò Alice, notando sua sorella
affacciata alla
grande finestra marina.
―
A nulla di particolare. ― rispose Bella, guardandosi intorno ―
Dov’è andata
Rosalie?
―
A cercarsi marito! ― rispose allegra Alice ― Sai
com’è fatta. È più grande di
noi e si domanda ancora perché mai ancora nessun tritone sia
venuto a chiedere
la sua mano! ― concluse, scoppiando a ridere.
―
Ma non ci si dovrebbe sposare… per amore?
― domandò, timida, Bella.
Alice
smise all’istante di ridere e fissò Isabella negli
occhi. Restarono in silenzio
per minuti interi, senza che nessuna delle due emettesse un suono.
―
Sei proprio strana, Bella. ― sussurrò Alice, sospirando ―
L’amore… Ci credi
davvero?
―
Papà si è sposato con la mamma per amore! ―
rispose ferma, sua sorella minore ―
Quindi, perché sarei strana?
―
Papà è papà, Bella. Lui ha avuto la
fortuna di trovare la sirena del suo
destino. Ma sai cosa si dice degli abitanti del mare: i loro cuori sono
freddi
come le acque in cui vivono. ― concluse e nuotò lenta, verso
la porta.
―
Cosa significa? ― gridò Bella, pregando di ricevere una
risposta ― Che per noi
non è possibile innamorarsi? ― Alice, però, non
rispose.
Il
mare era immenso e freddo, per chi nuotava in quei profondi abissi.
Essere una
sirena, però, ti impediva di sentirne il gelo. A differenza
degli umani, tutto
il popolo del mare, poteva respirare benissimo sott’acqua! E
parlare, cantare…
L’unica che cosa che una sirena non sarebbe mai riuscita a
fare, era ballare. O
almeno, ballare come facevano gli
esseri umani. Stare in piedi, l’uno di fronte
all’altra, e muoversi dolcemente
assecondando la musica.
Tra
tutti gli oggetti che Bella aveva trovato sul fondale marino, quello
che più le
piaceva era un vecchio carillon. Da esso partiva una dolce melodia:
melanconica
all’inizio, più dolce e serena alla fine. Due
statuette, incastrate su di esso,
ruotavano – danzando – a ritmo di quelle note. La
ragazza era molto bella,
slanciata e con lunghi capelli mossi dal vento; il ragazzo era
affascinante, con
aria risoluta e forte. Lui teneva la sua compagna stretta a
sé, mentre i loro
piedi poggiavano su una superficie solida. La piccola sirena
sospirò,
tristemente, sedendosi all’entrata di una caverna molto
antica.
―
Cosa ti prende, Bella? ― domandò Emmett che, in silenzio,
stava nuotando con
lei.
―
Nulla, Emmett. Stavo pensando alla conversazione avuta con Alice.
―
Quella sull’amore? ― domandò il rotondo pesce, e
la sirena annuì sconsolata.
―
Credi che sia come dice lei?
―
Non lo so, Bella. L’unica cosa di cui sono certo è
che il tuo cuore è grande. ―
rispose lui. Sorrise e le lasciò un piccolo bacio sulla
guancia.
―
Grazie, Emmett! ― disse Bella, avvolgendo il pesce in un soffocante
abbraccio ―
Ti voglio bene!
Emmett
non poté rispondere, perché proprio in quel
momento, entrambi, sentirono un
sordo boato.
―
Cos’è stato? ― domandò Bella,
guardandosi intorno.
―
Veniva da sopra… Oh no, Bella! No! ― ma era troppo tardi. La
piccola sirena
stava già nuotando verso la superficie.
Quando
portò la testa fuori dall’acqua si rese conto che
era notte. La luna – quel
cerchio bianco o argenteo che tanto amava – era
già sorta, ed era totalmente
piena. Nel cielo, però, non vi erano solo le stelle.
Tantissimi colori,
preceduti da grandi frastuoni, rendevano il cielo magico e brillante.
―
Emmett! Hai mai visto niente di così spettacolare?
―
No, ma se tuo padre ci scopre…
―
Oh al diavolo mio padre! Uh, guarda lì! ― disse, indicando
una nave ― Stanno
festeggiando qualcosa, andiamo a vedere! ― non attese che il suo amico
rispose.
Si tuffò in acqua e notò verso il veliero.
Quando
vi fu vicina, si arrampicò senza troppi sforzi e si
fermò ad un oblò aperto.
Ciò che vide la lasciò senza fiato. La sala era
fantastica: il pavimento era di
un colore rosso acceso; il lampadario in cristallo era enorme e faceva
risplendere l’intera sala. Al centro, moltissime coppie
stavano ballando, sotto
le note di un’allegra musica.
―
Andiamo, Edward! ― sentì dire da un uomo. Era molto bello:
alto, capelli biondi
e occhi chiari ― Non vorrai stare qui, seduto al tavolo, tutta la sera!
―
Non mi va di ballare, papà. ― rispose, quello che doveva
chiamarsi Edward.
―
Figliolo è Capodanno! Divertiti un po’! ― Bella
non poteva vedere il suo viso,
né tanto meno l’espressione truce che fece il
ragazzo ― E va bene! ― si arrese
il padre ― Fa’ ciò che vuoi, ma se cambi idea io e
tua madre siamo lì! ― Edward
annuì, riprendendo a sorseggiare il suo cocktail di frutta e
vodka.
Troppo
assorta nella discussione, la sirena, non si rese conto che davanti
alla sua
faccia c’era un cane. Era enorme! Il pelo corto e rossiccio,
il muso lungo e
gli occhi nocciola. Più che un cane poteva passare per un
lupo. Bau!, sentì dire
dall’animale, prima che
egli le passasse la lingua sulla faccia. Bella restò
interdetta, ma continuò a
sorridere.
―
Jacob! ― urlò il ragazzo, chiamando il cane ― Dove sei
finito? Vieni qui,
bello! Su! ― e fu allora che Bella lo vide.
Edward
era bellissimo, anche meglio di tutti i tritoni che abitavano
l’oceano. Il viso
era perfetto, dritto e spigoloso. I capelli erano sbarazzini, di uno
strano
colore bronzeo; gli occhi, invece, erano due gemme verdi. Il cuore
della sirena
cominciò a battere all’impazzata.
―
Cosa stavi facendo lì, eh? ― chiese Edward, giocando con il
cane che abbaiò in
risposta ― Vediamo! ― a quell’espressione, Bella si
spaventò e si ributtò
velocemente in acqua.
―
Allora? ― domandò Emmett, notando lo sguardo sognante della
sua amica ― Cos’hai
visto? Cosa c’era? Dai, racconta!
―
Per tutti i pesci del mare! ― disse lei, improvvisamente ― È
la creatura più
bella che abbia mai visto!
―
Quello che ti ha lavato la faccia? ― chiese confuso, Emmett ― Non era
troppo
peloso? Poi, oh, i gusti sono gusti…
―
Ma non quello, scemo! Il ragazzo era, era… ―
sospirò sognante ― Più bello di
tutti i coralli esistenti! Più bello di ogni singola stella
marina! ― Emmett non
rispose, ma formò una graziosa “o” con
le labbra.
―
Cosa farai, adesso? ― domandò Emmett, notando lo sguardo
pericoloso di Bella.
―
Devo rivederlo! ― rispose lei, all’istante.
Mentre nuotavano silenziosi,
Emmett sapeva benissimo che tutta quella faccenda si sarebbe
trasformata in una
grossa bomba pronta ad esplodere, da un momento all’altro.
~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~∙~
Eccoci
qui con il primo capitolo di questa storia! Come già detto,
essa, è ispirata alla favola della sirenetta. Cosa ne
pensate? Fatemi sapere, se vi va! :D
Il prossimo aggiornamento,
se vi incuriosisce sapere come proseguirà, è per
Lunedì prossimo!
Per chi volesse rimanere in
contatto con me, questo è il mio blog: Violet Moon (Blog).
|
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Capitolo 2 *** Il suo canto. ***
Buon
pomeriggio a tutti! Come state? Io sono giorni che non mi fermo un
attimo! Sono una formica laboriosa XD *che razza di paragone!*
Volevo ringraziare tutti
voi che avete recensito il primo capitolo! Cioè, grazie
mille! Già 9 recensioni in una sola pubblicazione *-* vi
adoro, non ho altro d'aggiungere! <3
Adesso, quindi, vi lascio al capitolo! E... buona lettura!
2.
Il suo canto
Quando
la nave attraccò, Edward, si diresse all’istante
nell’auto residenziale. La
famiglia Cullen, di cui facevano parte lui – figlio unico
–, suo padre,
Carlisle, e sua madre Esme, era la più ricca di tutta la
città. Anzi, forse era
la famiglia più ricca di tutto lo Stato. Carlisle Cullen era
un Politico, e
come tale possedeva tutte le ricchezze e le agevolazioni che ne
facevano parte.
Esme, invece, era una dottoressa – una pediatra per la
precisione. Edward non
amava quel mondo, fatto solo di beni e di soldi. Era un ragazzo
semplice, troppo semplice, per
quella dimensione
tanto lontana dal suo modo di essere.
Viveva
a Sydney da sempre. Amava quella città, così
tecnologica e al tempo stesso così
magica e favolosa. Adorava l’oceano che la circondava ma,
purtroppo, poteva
nuotare solo nella grande piscina della sua villa.
Sydney
era una città dell'Australia sud-orientale, capitale dello
stato del Nuovo
Galles del Sud. Era la città australiana più
antica – fu fondata, infatti, nel
1788. Insieme a Melbourne, sua eterna rivale per il titolo di
città più
importante d'Australia, rappresentava il cuore finanziario, commerciale
e
culturale della nazione. Essa era una meta importante per il turismo
locale e
internazionale ed era stata più volte premiata come una
delle città più belle e
vivibili del mondo; ammirata per il suo porto, la bellissima costa, il
clima
caldo e piacevole e la cultura cosmopolita. Sydney, si trovava in un
bacino
compreso fra l’Oceano Pacifico ad Est e le Blue Mountains
– "monti
blu" – a Ovest. Vi si trovavano il più ampio porto
naturale del mondo,
Port Jackson, e oltre centoventi spiagge – fra cui la celebre
Bondi Beach, in cui si praticava il
surf
tutto l'anno.
―
Edward? ― chiamò suo padre, bussando alla porta della sua
stanza.
―
Sì, papà? ― domandò il ragazzo, steso
sul suo grande letto ad ascoltare un po’
di musica ― Entra pure.
―
Volevo solo avvisarti che tra un’ora arriveranno i signori
Mallory, con loro
figlia ovviamente.
―
Cosa?! ― strillò Edward, saltando giù dal letto.
Non vide il povero Jacob, il
quale si svegliò di soprassalto, perché il suo
padrone gli aveva schiacciato la
coda.
―
Lo sapevi, Edward. ― rispose Carlisle, vedendo la confusione sul volto
del
figlio ― Sapevi che Lauren prova qualcosa per te e che suo padre
vorrebbe che
tu e lei…
―
Ma non esiste, papà! ― strillò Edward,
accarezzando la testa di Jacob per
scusarsi ― Ma non vedi com’è quella ragazza? Ha
diciotto anni e ragiona come
una bambina! È altezzosa, egoista, viziata… ― non
poté continuare, perché suo
padre lo interruppe bruscamente.
―
Edward, ma cosa devo fare con te? Hai vent’anni e non ti sei
ancora trovato una
compagna! Non dico che debba sposarti, ma… Figliolo, io
vorrei lasciare il mio
impero nelle mani di un uomo affermato.
―
Non hai mai pensato che io non lo voglia, il tuo impero,
papà? ― sussurrò
Edward, troppo stanco per cominciare l’ennesima lite.
―
Sarai nella sala da pranzo alle nove in punto! ― strillò
Carlisle ― E non accetto
colpi di testa! Mi hai capito bene, Edward? ― il ragazzo
annuì sconsolato,
pregando che quella giornata finisse al più presto.
Non
aveva molti amici, in quanto la maggior parte dei ragazzi che
frequentava era
simili – se non peggio – a Lauren Mallory. Erano
ricchi, viziati, egocentrici
ed egoisti. A nessuno di loro importava di ferire le persone; il
problema era
che si credevano superiori, i migliori del mondo – solo
perché erano pieni di
soldi e potere.
Quando
Jacob abbaiò, Edward, si ridestò dai propri
pensieri. Il suo cagnolone era
anche il suo unico, vero e più fidato amico. Non lo avrebbe
sostituito mai, per
niente al mondo.
***
Era
passato più di un mese da quando Isabella aveva visto quel
bellissimo ragazzo
dagli occhi verdi. Edward, così si chiamava, non lasciava i
suoi pensieri
nemmeno per un secondo. La sirena non smetteva mai di sorridere, di
giocare con
i pesci, di sistemarsi stelle marine tra i capelli… Tutti,
nel mondo marino, si
erano accorti del cambiamento della giovane, comprese le sue sorelle e
suo
padre.
―
Allora, Bella? ― domandò Rosalie, sedendosi sul letto della
sorella ― Qualche
novità interessante?
―
Che genere di novità, Rose?
―
Bella, sei sempre sorridente e… bellissima! Non che tu non
lo sia, ma hai una
strana luce negli occhi!
―
Rose ha ragione! ― la spalleggiò Alice ― Avanti, sorellina,
cos’è successo? Hai
conosciuto qualcuno? Dai, dai, dai!
―
Forse… ― sussurrò la sirena, stravaccandosi sul
suo letto di conchiglia con un
luminoso sorriso.
―
Lo sapevo! ― urlarono all’unisono le due sorelle ― Avanti,
chi è? Forse, mmm Marcus?
Quel bel tritone dalla coda blu? Oh no, forse è Aro! Il
rosso della sua coda è
così…
―
Non ha la coda.
―
Ti sei innamorata di un pesce? ― domandò Alice, strabuzzando
gli occhi ― Non ti
sarai mica innamorata di Emmett, spero.
―
Oddio, e nemmeno di Jasper mi auguro! ― disse Rosalie.
―
Cosa? Ma no ragazze, siete fuori strada!
―
Allora chi è? ― chiesero in coro le due sirene, guardandosi
a vicenda.
Isabella
si trovò spiazzata. Cosa dire, adesso? Sapeva che non
avrebbe mai potuto confessare
alle sue sorelle di provare qualcosa per un bipede,
un essere umano, un mortale. Si
rattristò di colpo. Non ci aveva mai pensato… Da
quella notte, Bella, era
andata a trovarlo tutte le sere. Grazie ad Emmett, aveva scoperto dove
abitava,
come si chiamava, quali erano i suoi hobby…
L’unica cosa alla quale non si era
mai soffermata a pensare era quel piccolo dettaglio che, fino a quel
momento,
non aveva rappresentato un ostacolo: lei era una sirena, come tale era immortale.
―
Oh no! ― urlò Alice, improvvisamente ― Dimmi che sto
sbagliando! Che quello che
leggo nei tuoi occhi non è… non…
Bella, dimmi che non ti sei innamorata di un
essere umano!
―
Cosa? ― chiese confusa, Rosalie ― Alice, ma come ti viene in mente!
Bella,
diglielo. Digli che… ― ma quando incrociò gli
occhi spaventati di sua sorella
minore, non poté continuare.
―
Vi prego! ― le supplicò Bella ― Non ditelo a nostro padre!
―
Tu sei pazza, ragazzina! ― strillò Rosalie, allontanandosi ―
Sei folle!
―
Rosalie, ti prego! ― ma era troppo tardi, entrambe le sue sorelle erano
già
uscite da quella stanza, lasciandola sola a piangere se stessa. Hanno ragione tutti quanti…,
si ritrovò
a pensare. Io sono sbagliata, non sono
normale. C’è qualcosa che non va in me…
Ma
nessuno venne a consolarla, quella notte.
Il
tempo passava, ma nonostante la giovane sirena si sentisse in colpa,
non poteva
fare a meno di pensare al ragazzo che le aveva rubato il cuore.
Anche
quella notte, infatti, si trovava sotto la sua finestra. Era una villa
maestosa, costruita sulla costa. Aveva come minimo quattro piani,
almeno per
quello che Bella riusciva a vedere. La stanza di Edward affacciava
sull’oceano;
era grandissima e fabbricata con solo vetro.
―
Riesci a vederlo? ― domandò Emmett, muovendosi circospetto
attorno a Bella.
―
Sì, è di spalle e sta leggendo un libro.
È seduto su qualcosa… ma non so di
cosa si tratti.
―
Uno scoglio? ― Bella voltò la testa verso il piccolo pesce e
incurvò un
sopracciglio ― Ok, domanda stupida! Gli esseri umani non hanno scogli
nei loro
palazzi.
―
Ecco. ― rispose semplicemente la sirena, senza distogliere gli occhi da
Edward.
Accovacciato
accanto ai suoi piedi c’era Jacob, l’essere che le
aveva leccato la faccia, più
di un mese prima.
Isabella
sapeva che stava infrangendo tutte le leggi del suo Regno. Cercare di
instaurare un contatto con gli esseri umani era vietato, eppure a lei
non
importava. Voleva conoscere quel ragazzo, il vero problema era che non
sapeva
come fare.
Non
posso di certo
lanciargli qualche onda alla finestra e dirgli: “Ehi ciao, io
sono Bella e sì,
sono un sirena! Vuoi essere mio amico?”. No, certamente no… E
allora cosa poteva fare?
Troppo
concentrata nei suoi pensieri, non si rese conto del ragazzo
affacciato. Stava
fissando un punto ben definito in quella distesa d’acqua;
stava fissando lei.
―
Ehi, tu! ― urlò Edward, riferendosi alla ragazza dai lunghi
capelli scuri ― Chi
sei? E cosa ci fai in acqua a quest’ora?
La
sirena, spaventata, indietreggiò senza parlare. Edward, dal
canto suo si sentì
uno stupido.
―
Bella, filiamo! Bella, Bella! Noi dobbiamo andare! ― diceva Emmett,
tirandola
per la coda. La sirena, però, non si muoveva. Si era persa
in un oceano più
grande e prezioso: quello verde degli occhi del ragazzo.
―
Scusa. ― disse Edward ― Forse ti ho spaventata… Ma
è mezzanotte passata, cosa
ci fai in acqua? Per di più, tutta sola?
Isabella
fu colta alla sprovvista. Cosa doveva fare? Rispondergli? Lei lo
capiva, ma
lui? Lui avrebbe capito il suo linguaggio o erano diversi anche da quel
lato?
Senza perdere altro tempo, fece la sola cosa che le venne in mente;
l’unica
cosa che le veniva naturale fare:
cominciò a cantare [ ¹
].
Edward
l’ascoltò ammirato, come quel canto lo stesse incantando. E forse era
così… Erano molte le leggende degli uomini
di mare in cui si narrava che il canto di una sirena, potesse
ipnotizzare i
marinai portando loro, e le loro navi, alla deriva.
―
Bella, basta! ― la chiamò Emmett, ancora una volta ―
Dobbiamo andare via, prima
che lui decida di venire qui! Sei una sirena e lui è un
umano, non potete
incontrarvi. Non potete, è proibito!
― a quelle parole, la sirena, smise all’istante di cantare.
Si allontanò lenta,
cercando di tenere sottacqua la sua lunga coda.
―
No, aspetta! ― urlò Edward, sporgendosi un po’
troppo dal suo grande terrazzo ―
Non te ne puoi andare così, dimmi almeno chi sei! Dimmi il
tuo nome! ― Jacob
abbaiò, sperando che il suo padrone tornasse in
sé e si allontanasse dal
davanzale, costruito troppo basso.
Accadde
tutto velocemente: Bella si immerse, nell’istante esatto in
cui Edward cadde
nell’oceano. Era un ottimo nuotatore, era vero, ma lo
spavento non giocava a
suo favore. Jacob, dal canto suo, non la smetteva di abbaiare;
arrivò, perfino,
a svegliare tutta la casa.
―
Non pensarci nemmeno, Bella! ― disse Jasper che, finalmente, si era
deciso a
farsi vedere. Nonostante li seguisse ogni notte, non era mai uscito
allo
scoperto.
―
Jazz! ― strizzò Bella, voltandosi ― Ma non posso non fare
nulla, affogherà!
―
E che affoghi! ― rispose, però troppo in fretta, il piccolo
granchio.
―
Che tatto, complimenti! ― gli rispose Emmett.
Bella,
senza aspettare oltre, voltò le spalle ai suoi due amici e
nuotò in direzione
del ragazzo con gli occhi verdi. Afferrò Edward in men che
non si dica e cercò
di trascinarlo in superficie. Nonostante fosse nata per nuotare, il
peso di
Edward era notevole per la sua misera corporatura; non poteva,
però, lasciarlo
al suo destino. Strinse i denti, Bella, e trascinò il
ragazzo fino a riva.
L’alba
splendeva su di loro, donando a tutta l’isola
un’aria magica, quasi fiabesca.
Bella
fissava il ragazzo steso sotto di lei. Era completamente bagnato, dalla
testa
ai piedi; la camicia bianca era appiccicata al suo corpo, mettendo in
evidenza
i suoi pettorali e addominali scolpiti; i jeans neri, colmi
d’acqua, gli fasciavano
totalmente le gambe sode. Ma ciò che le piaceva di
più era il suo viso…
Sembrava quello di un bambino; dolce e innocente. Il naso era dritto,
piccolo e
perfetto; i capelli, di quello strano colore che ricordava il bronzo,
erano
scompigliati sulla sabbia.
All’improvviso,
Edward, cominciò a tossire. Si stava svegliando.
―
Bella! ― urlò Emmett ― Non può vederti, rientra
subito in acqua!
―
Ma…
―
Niente “ma”! ― la interruppe Jasper, saltandole
sulla coda ― Hai la coda, non
ti può vedere così! Devi tornare in acqua, subito!
La
sirena, con il gelo nel cuore, accarezzò dolcemente il viso
del ragazzo e poi
tornò nell’oceano.
Erano
passati diversi giorni dall’incontro con Edward e Bella
soffriva moltissimo.
Non avrebbe mai potuto amarlo. Non avrebbe potuto abbracciarlo o stare
con lui.
Lei era una sirena e apparteneva agli abissi…
―
Finalmente ti è entrato in testa! ― disse Rosalie ― Non ci
speravo più, sai
Bella?
―
Rose, un po’ di tatto! ― la rimproverò Alice ― Non
vedi come sta? Ha bisogno di
noi…
―
Poteva pensarci prima, però.
―
Rosalie!
―
Va bene, va bene! Hai ragione. ― rispose lei, nuotando fino a Bella. Le
cinse
le spalle con il braccio e se la dondolò al seno,
esattamente come faceva loro
madre quando erano piccole.
Rosalie,
avevo ventitre anni; Alice ne aveva venti; Bella, per concludere, ne
aveva da
poco compiuti diciassette. Era la più piccola ed anche la
più sfortunata. Non
ricordava sua madre, a differenza delle sue due sorelle lei non
rammentava
neanche il suo volto. Era troppo piccola per ricorda, quando ella
morì.
―
Papà non lo saprà mai, vero? ― chiese la giovane
sirena, tra le lacrime.
―
Io non aprirò bocca. ― disse Alice, fingendo di chiudere
quel segreto con un
lucchetto e di buttarne via la chiave.
―
Nemmeno da me lo saprà mai! ― rispose Rosalie, facendosi una
croce sul petto ―
Non oso immaginare cosa ti farebbe, Bella, se scoprisse che ti sei
innamorata
di un essere umano.
Un
rumore assordante costrinse le tre sirene a voltarsi. Sulla soglia
della camera
della sorella maggiore, c’era loro padre.
―
CHE COSA HAI DETTO, ROSALIE? ― tuonò, facendo tremare tutto
il palazzo di
cristallo.
―
Io non… Oh padre! ― sussurrò la bionda,
tappandosi la bocca con le mani.
―
Isabella! ― urlò il Tritone, avvicinandosi a lei come un
fulmine ― Che cos’hai
fatto?
―
Non ho fatto nulla!
―
Come hai fatto ad innamorarti di uno di quegli
esseri? Sei tornata in superficie, vero? ― quando la sirena
non rispose, il
Sovrano urlò più forte ― VERO!?
―
Sì! ― rispose sua figlia ― Sono tornata in superficie e ho
anche parlato con
lui! Non sono come li ha descritti, papà! Non sono dei mostri! Loro sono teneri, dolci,
innocenti… ― uno schiaffo ben
assestato la interruppe.
―
Non uscirai più da queste mura, Isabella. ―
sussurrò il Tritone, con le lacrime
agli occhi ― La tua camera sarà la tua prigione,
finché non ritroverai il
senno! ― intimò le altre sue due figlie di farsi largo e
trascinò Isabella
nella sua stanza.
La
sirena pianse per giorni, invano. Sapeva che non ci sarebbe stato nulla
da
fare, le guardie non avrebbero mai lasciato che lei, dopo essere stata
imprigionata dal Re, andasse in giro per il fondale. Perché
non capisci, papà?, continuava a chiedersi. Perché non capisci che mi sono
innamorata di
un ragazzo fantastico? Il mio cuore è diventato gelido,
papà, e non per colpa
di quelli che tu chiami “mostri”.
―
Oh piccina… ― disse una voce, che non riconosceva ― Il
Sovrano è stato tanto
cattivo con te?
―
Chi sei? ― domandò Bella, guardandosi intorno ― Dove sei?
Non ti vedo… Sto
forse impazzendo?
―
Oh no piccina, sto solo parlando nella tua testa.
―
Cosa vuoi da me? Chi sei?
―
Qualcuno che potrebbe rispondere a tutte le tue domande e, magari,
avverare
anche i tuoi sogni.
―
Quali domande? Quali sogni? ― domandò Bella, e poi si
incupì ― Io non ho più
sogni…
―
Tu vuoi stare con un umano, dico bene? ― domandò la voce,
attirando tutta
l’attenzione di Bella ― Tu sei innamorata di un essere umano
ma, ahimé, tuo
padre non lo accetterà mai. Come se non bastasse tu hai una
coda… E questo,
piccina, complica un po’ le cose.
―
Ma chi sei tu? ― chiese Bella, cominciando a muoversi in circolo ― Come
fai a
sapere tutto questo?
―
Vieni da me, Isabella. ― sussurrò suadente quella voce ― E
ti dirò tutto ciò
che ancora non sai sulla tua famiglia.
―
Non posso uscire… ― tentò di dire la sirena,
cercando qualcosa che le impedisse
di andare via.
―
Le guardie stanno facendo un sonnellino. ― ridacchiò la voce
― Dai, piccola sirena,
raggiungimi!
―
D’accordo…
―
Il mio nome, comunque, è Tanya! ― disse la voce, mentre
Bella stava uscendo
dalla sua grande finestra ― Vieni da me, segui i miei due amici.
La
piccola sirena non rispose, ma seguì le due murene nere che
le stavano
indicando la via.
Tanya…, si
ritrovò a pensare Bella, mentre nuotava veloce per uscire
dalle mura del
palazzo. La strega del mare.
¹. Per sentire il canto di
Isabella, cliccate QUI.
.
Eccomi qui a
pubblicarvi il nuovo capitolo! Cosa ne pensate? Le aspettative sono
ancora all'altezza del primo?
Come avrete potuto
vedere, a differenza della favola Disney, qui, Edward non è
un principe, è solo il figlio unico di una ricca famiglia.
Non ha un incidente in nave, come nel cartone, ma cade semplicemente in
acqua perché amaliato dalla voce della sirena.
Cosa
succederà, adesso? Charlie, alias Re Tritone, non sopporta
l'idea che sua figlia si sia innamorata di un bipede; la rinchiude,
perciò, nella sua stanza. Questo, però, spinge la
giovane Isabella a seguire una voce: quella della strega del mare.
Il prossimo
appuntamento con questa piccola flash è per
Lunedì prossimo! :)
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Capitolo 3 *** Il patto. ***
Buona
sera a tutti! Solitamente posto nel primo pomeriggio, ma
università e lavoro non sempre mi permettono di adempiere
perfettamente a questi impegni. Eccomi, perciò, a pubblicare
a quest'ora il terzo capitolo di questa piccola storia!
Spero vi piaccia! Non vi faccio perdere tempo e vi auguro una buona
lettura!
3.
Il patto
Quando
Edward si svegliò, sotto le calde lenzuola del suo grande
letto, aveva un mal
di testa tremendo. Non riusciva a togliersi dalla mente il viso di
quell’angelo
che, prima aveva cantato per lui, e poi gli aveva salvato la vita.
Edward
non riusciva a comprendere se tutto quello fosse reale oppure frutto
della sua
mente fantasiosa. Cosa ci faceva una ragazza – anche nuda,
visto che non
sembrava portare alcun costume – da sola, di notte, in mezzo
all’oceano? E
perché, la suddetta ragazza, avrebbe dovuto cantare per lui
invece di rispondere
alle sue domande? Cantare…,
pensò
Edward ricordando la sua voce. Era
melodiosa.
―
Edward, finalmente sei sveglio. ― disse Esme, sua madre, entrando in
camera ―
Come ti senti?
―
Emicrania. ― rispose lui, massaggiandosi le tempie ― Per il resto tutto
ok,
mamma.
―
Ci hai fatto prendere un colpo, figlio mio! Ma cosa ti è
saltato in mente?
―
Mamma, non mi sono buttato. Sono caduto.
―
Come caduto?
―
Già. ― rispose il giovane, mandando giù una
compressa con un po’ d’acqua fresca
― Mi era sembrato di vedere una cosa e… e mi sono sporto
troppo, tutto qui.
―
Sei un nuotatore eccellente, Edward. ― sussurrò Esme,
accarezzandogli i capelli
― Cos’è successo?
―
Credo sia stato lo spavento, non lo so. ― sospirò,
sconsolato ― Non ero
preparato al tuffo, ed era anche bello alto! I jeans non hanno aiutato
e credo
di aver perso i sensi. ― tentò di ricordare ― Come avete
fatto a trovarmi?
―
Eri sulla spiaggia, per fortuna. ― tirò un sospiro di
sollievo, la donna ―
Credo tu sia riuscito ad arrivare sulle terra ferma e poi hai perso i
sensi.
―
Cosa? ― domandò stralunato, Edward ― No, è
impossibile. Ho perso i sensi dentro
l’acqua… C’era una ragazza! È
possibile?
―
Non ho visto nessuno accanto a te, Edward. ― rispose Esme, sorridendo a
suo
figlio ― Ora, purtroppo, devo andare. Tu stai qui tranquillo, se non ti
senti
di andare a lezione non importa. Io e tuo padre rientriamo in
serata… Se ti
serve qualcosa, rivolgiti ai domestici, tesoro, va bene?
―
Come sempre, mamma. ― rispose il giovane. Esme, dal canto suo, si
chinò su suo
figlio e gli baciò la fronte, dopodiché
uscì.
Edward
era al secondo anno di medicina, presso
l’università più costosa di tutta
l’Australia. Sognava di diventare pediatra, cosa che suo
padre non vedeva molto
di buon occhio. Nonostante tutto, il ragazzo, credeva nei suoi sogni e
non si
sarebbe lasciato fuorviare da nessuno, tanto meno da suo padre.
Erano
passati diversi giorni dall’incidente, ma il viso a cuore
della giovane
fanciulla non abbandonava mai la mente di Edward. Non riusciva,
inoltre, a
capire come avesse fatto ad arrivare sulla terra ferma. Ero
troppo spaventato per nuotare, pensava, inoltre
ho perso i sensi quasi subito… Come ho fatto a tornare sulla
spiaggia? Nulla, in tutta quella storia, aveva un briciolo di
senso. Forse,
arrivò alla conclusione, stava diventando semplicemente
pazzo.
―
Ehi, Edward! ― lo chiamò Mike, intravedendolo nel corridoio
universitario.
―
Ciao Mike. ― rispose Edward, con poco entusiasmo.
Michael
Newton, detto Mike, era il ragazzo più insopportabile che
avesse mai avuto la
sfortuna di incontrare. Era il figlio di un Senatore, nonché
grande amico di
suo padre. Si poteva dire che, Mike ed Edward, fossero cresciuti
insieme; non
avevano niente in comune, però. Mike era alto, qualche
centimetro in meno del
giovane Cullen, aveva i capelli biondi – sempre accuratamente
pettinati – e gli
occhi di un azzurro splendente, da risultare quasi finto. Era altezzoso
e
arrogante. Si credeva il migliore di tutti, solo perché
aveva una sostanziosa
fortuna in banca.
―
Ho sentito dell’incidente! Come diavolo hai fatto a cadere
dal tuo terrazzo? ―
domandò, scoppiando a ridere subito dopo.
―
Io non sto ridendo, Mike. ― gli fece notare Edward, e subito
cessò la sua
ilarità.
―
Scusa, solo che è strano. ― gli fece notare
l’amico ― Come hai fatto a cadere?
Per caso te la stavi svignando ed è finita male?
C’entra una ragazza? Se è sì,
com’è fatta? Voglio i dettagli: fisico, tette e
culo!
―
Mike! ― lo ammonì Edward ― Possibile che tu non cambi mai?
―
E perché dovrei? Comunque non hai risposto,
perciò ci ho preso! ― affermò Mike,
dando ad Edward una pacca sulle spalle ― Avanti, raccontami tutto,
Cullen!
―
Non ho nulla da raccontarti, Mike. ― rispose Edward, visibilmente
infastidito
dal comportamento del suo amico ― Se avessi voluto parlare di lei lo avrei fatto, ma…
―
Ah! Vedi? Una lei esiste. ― Edward avrebbe voluto maledirsi per quella
innocente confessione, fatta per giunta proprio a Mike, ma aveva
bisogno di
qualcuno con cui parlarne… Fece un lungo respiro e
cominciò a narrare.
***
La
strega del mare abitava in una lontana caverna, giù, ancora
più in fondo del
fondale marino. Bella non si era mai addentrata così in
profondità nelle acque…
Sapeva, però, che non vi era altro posto per incontrare
Tanya, in quanto il Re
Tritone – ovvero suo padre – l’aveva
esiliata dal Regno di Atlantica.
―
La sirenetta ha una faccia
così
cadaverica… ― sussurrò una delle due murene.
―
Forse è spaventata. ― rispose l’altra ―
È una principessa, in fondo. Non si
addentrerà mai nel profondo di queste acque, così
tetre…
―
Guardate che ci sento! ― si intromise Bella ― E non ho affatto paura,
io.
Le
due murene sghignazzarono, ma non aprirono più bocca. Solo
dopo pochi minuti si
fermarono, annunciando alla sirena che aveva raggiunto la meta.
Il
posto era piuttosto squallido e buio. La caverna, inoltre, era in
pessime
condizioni. Alcune alghe, ormai secche e avvizzite, erano attaccate
alle
pareti, donando al posto un’aria da film
dell’orrore.
―
Tanya… ― parlò la seconda murena ― Isabella
è arrivata.
Dal
profondo della caverna scura, si sentì un fruscio. Man mano
il rumore si
intensificò, finché davanti a Bella non apparve
una donna bellissima.
―
Quindi sei tu, Isabella.
―
E… e tu devi essere Tanya.
La
strega del mare era la creatura più bella che la sirena
avesse mai visto. I
lunghi capelli neri, lisci, ricadevano su un corpo perfetto. Sulla
guancia
sinistra, aveva una piccola squama di pesce di uno strano color
celeste. Il
nero delle labbra, poi, era perfettamente intonato al colore dei suoi
occhi.
―
Cosa ha portato una giovane sirena come te a seguire il suggerimento di
un’esiliata? Se tuo padre
lo scoprisse…
―
Non mi interessa di mio padre! ― urlò Bella, pervasa da
un’improvvisa rabbia ―
Lui non capisce! Non capisce me.
―
Il Tritone ha sempre avuto una sua visione delle cose. ― rispose Tanya,
sedendosi in una larga fessura, che poteva benissimo passare per una
comoda
poltrona.
―
Come hai fatto a chiamarmi? ― chiese Bella, improvvisamente spaventata
― Come
hai fatto a raggiungermi mentalmente se sei… qui! Come fai a
conoscere mio
padre e cos’è che mi nasconde?
―
Ehi, ehi, ehi… ― la interruppe la strega ― Calma, ragazzina!
Una domanda alla
volta, per favore. ― disse e scoppiò in una frizzante risata.
―
Oh, scusa…
―
Non fa niente, mia piccola sirena. Ti risponderò…
― disse alzandosi e si
avvicinò a Isabella ― Ti ho raggiunta perché ho
dei poteri, ma questo già lo
sai, dico bene? La strega del mare…
Non è così che tutti voi mi chiamate? ―
domandò, ma Bella non rispose ― Oh,
poco importa! Sono una strega, in effetti. E sono anche una creatura
marina,
perciò mi va bene! Per quanto riguarda il tuo dolce
papà… ― iniziò, ma si
interruppe.
―
Cosa? ― la incitò Bella ― Cosa sai tu
di mio padre?
―
Non vuoi sapere perché odia così tanto
l’oggetto del tuo amore?
―
L’oggetto del mio… ― sussurrò Bella,
incrociando le due profonde fessure nere
della strega ― Amore?
―
Non dirmi che non senti il cuore battere quando lo vedi! O quando pensi
a lui…
― disse Tanya, ruotando abilmente su se stessa. Aveva un corpo molto
snello,
totalmente nero – eccezion fatta per il decolté in
bella vista, le lunghe
braccia, le spalle e la testa – e alla sua
estremità vi erano enormi tentacoli
di piovra.
―
Lo hai toccato, da quello che so. ― affermò Tanya,
catturando la completa
attenzione di Bella ― Una sirena che salva un essere umano…
Non oso immagine
neanche lontanamente cosa potrebbe fare Re Tritone se scoprisse che sua
figlia
ha toccato un mortale!
―
Ma tu non glielo dirai! Vero?
―
Certo, piccolina. Sarà il nostro segreto. ― concluse
facendole un occhiolino ―
Perciò il tuo desiderio è quello di essere umana,
non è vero?
A
quelle parole, Bella si immobilizzò. Non aveva mai pensato
ad un’eventualità
del genere. Inoltre, era davvero possibile? Lei, una sirena, una
creatura
leggendaria che viveva nei profondi abissi del mare, poteva realmente
diventare
umana?
―
Certo che sì! ― rispose Tanya, sorridendo ― Io
posso farti diventare umana. Ovviamente, a tutto vi è un prezzo.
―
Tu mi leggi nella mente?
―
Io so fare molte cose, mia piccola Isabella. Ma non stiamo parlando di
me,
dimmi di te. Sei disposta a diventare umana? ― a quella domanda, la
sirena, non
sapeva rispondere. Fino a quel momento, non aveva avuto neppure la
minima idea
di cosa fosse l’amore, quello vero. Secondo Rosalie ci si
sposava per
interesse, era per questo che adesso si era messa in testa di cercarsi
marito;
secondo Alice, invece, l’amore non esisteva. Almeno per loro.
―
Io non so se lo amo… ― disse Bella, tremando ― Io non so
nulla, sono troppo
giovane e… e forse è stato un errore venire qui,
forse…
―
Non credere a ciò che senti, piccina. ― la interruppe la
strega ― Non è vero
che gli abitanti del mare non possono innamorarsi. Tu sei innamorata di
quel
ragazzo, lo vedo. Non saresti qui, altrimenti. Tuo padre si
è sposato per
amore… O mi sbaglio?
―
No, mio padre amava molto mia madre.
―
Visto? Noi esseri del mare, possiamo amare. ― le disse, accennando un
sorriso ―
Sei pronta a rischiare per amore, Isabella?
Bella
si ritrasse un po’, ripensando a tutto ciò che
avrebbe guadagnato e perso. Non
avrebbe mai più potuto nuotare con i suoi amici pesci, o
passare le notti a
dormire sul fondale marino; non avrebbe più rivisto suo
padre e le sue sorelle,
perché diventando umana sarebbe divenuta l’oggetto
del loro odio e disprezzo.
Eppure, nonostante tutto, il suo cuore le urlava di accettare.
―
Io vorrei… vorrei pensarci.
―
No! ― urlò Tanya, trascinando la sirena nella
profondità della caverna ― Voglio
dire, la mia offerta è unica e irripetibile. Hai due scelte:
accettare e
diventare umana, oppure rifiutare e tornare a casa. Ma non avrai
seconde
occasioni.
―
Io non so, io… ― Tanya, con un asso nella manica, fece
illuminare una sfera
celeste davanti al viso di Bella. In essa si alternavano diverse
immagine:
Edward che giocava con Jacob, il suo cane-lupo; Edward in
università, seduto ad
un tavolo della biblioteca a studiare; Edward che sorrideva e poi
scoppiava a
ridere; Edward e…
―
Una ragazza? ― domandò Bella, provando l’invidia
in un modo che mai prima di
allora aveva sentito.
―
Quella è Lauren Mallory. ― spiegò Tanya ― I
genitori sono molto amici di quelli
di Edward. Il padre del tuo amato, un certo Carlisle Cullen, vuole che
suo
figlio e la giovane signorina si sposino. ― a quelle parole, il cuore
di
Isabella andò in frantumi.
―
Sposarsi!? ― strillò, percependo gli occhi inondarsi di
lacrime.
―
Sì, piccola Isabella. ― rispose la strega, fingendosi
addolorata ― Non volevo
dirtelo e, per tutti i tritoni del mare, quanto mi dispiace! Ma se non
diventerai umana, beh… Il tuo giovane amante si
sposerà con quella ragazza.
Bella
la guardò attentamente. Era molto bella: lunghi capelli
biondi, occhi chiari.
Il corpo era perfetto e le gambe – così aveva
scoperto chiamarsi quei lunghi
arti che univano il busto ai piedi – erano perfette. La
sirena venne
ipnotizzata dal quel particolare e non riusciva più a
staccargli gli occhi di
dosso.
―
Tic, tac. Tic, tac… ― sussurrò Tanya
all’orecchio di Isabella ― Il tempo
scorre… Cosa vuoi fare?
―
Accetto. ― si sentì dire, senza rendersi conto delle sue
parole.
―
Benissimo! ― applaudì la strega del mare ― Ma prima dobbiamo
parlare del patto!
―
Quale patto?
―
Oh, nulla di che. È una sciocchezza, un piccolo
particolare… Una clausola
superflua, ma necessaria per il compimento del rito!
―
Quale clausola? ― domandò Bella, mentre Tanya stava andando
su e giù, a destra
e a sinistra, per tutta la caverna, rivoltandola come una conchiglia
chiusa.
―
Io ti trasformo in un essere umano, ma tu devi donarmi qualcosa.
Inoltre, hai
un tempo specifico per farlo innamorare di te… Ma dove
avrò messo quella
pozione! Ah, eccola!
―
Donarti qualcosa? Cosa? E… tempo? Quanto tempo?
―
Tre giorni. ― rispose secca la strega del mare ― Se al sorgere del sole
del quarto
giorno, il ragazzo, non avrà ancora dichiarato il suo amore,
sigillando il suo sentimento
con un bacio, tu ti trasformerai in schiuda di mare ed io
potrò prendere il tuo
posto nelle profondità marine. Come dono, chiedo in cambio
la tua voce.
―
COSA?! ― urlò Bella, chiedendosi che stesse parlando sul
serio.
―
Posso trasformarti in una donna mortale, ma non posso invertire il
processo.
Quando una sirena diventa un essere umano, tutto in lei cambia. Molte
sirene
sono venute da me, chiedendomi delle gambe, ma mai nessuna fallendo nel
suo
intendo è tornata una sirena. Questo, purtroppo, non sono io
a deciderlo, mia
piccola sirena, ma il vostro cuore… ― spiegò,
sfiorando il petto di Bella, nel
lato sinistro ― Quando il cuore di una sirena, diventata umana, si
spezza essa
si trasforma in schiuda di mare, a causa del proprio dolore.
―
E la mia voce? ― domandò la sirena, confusa da quella
rivelazione ― Perché vuoi
la mia voce?
―
Hai cantato per lui. ― rispose Tanya, come se fosse una cosa ovvia ― Il
canto
della sirena ammalia, dolcezza. Dovresti saperlo… Non vorrei
che mi
imbrogliassi e cantassi per lui.
―
Non lo farò, lo giuro!
―
Non posso rischiare! ― le urlò in risposta, Tanya ― Io ti
trasformerò, ma
questi sono i patti! Prendere o lasciare, ragazzina!
―
Essia. ― disse, ormai senza speranza, la giovane Bella. Non si era
accorta,
essendo troppo ingenua e ben predisposta a trovare il buono in
qualunque cosa,
del piano che si celava dietro le false promesse della feroce Tanya.
Essa,
infatti, non aveva alcuna intenzione di far nascere l’amore
tra i due giovani.
Al contrario, sapeva benissimo che senza la sua voce, in una vita
nuova,
inesperta, in un mondo non suo, Bella non sarebbe mai riuscita a
conquistare il
ragazzo. Avrebbe ottenuto, così, la sua vendetta, tramutando
la figlia minore
del Re in schiuma di mare.
―
Bene allora. Cominciamo!
Per
prima cosa, fece firmare alla sirena un patto col suo sangue.
Dopodiché
cominciò a mescolare varie fiale e ingredienti segreti per
donare a Bella un
bel paio di gambe.
―
Canta! ― urlò a Bella, estraendo una conchiglia che avrebbe
avuto lo scopo di
catturare al suo interno la sua melodiosa voce ― Adesso canta! ― e la
sirena
cantò.
Il
tutto si svolse molto velocemente: più la sirena cantava,
più la sua voce si
affievoliva; la coda, poi, cominciò a bruciarle, fino a
farle male. Urlò, ma
nessun suono uscì dalle sue labbra. Intorno a lei si fece
tutto improvvisamente
buio. L’ultima cosa che ricordava era la risata malefica
della strega del mare.
―
Come ha fatto ad arrivare qui? ― domandò una voce.
―
Non lo so, ma è uno schianto! ― rispose qualcun altro.
―
Ma è… nuda.
―
Ma se le tolgo quell’alga da lì?
―
Fallo e sei un uomo morto, Mike! ― quella fu l’unica voce che
riconobbe. Era la
sua voce. Non riusciva ad aprire gli
occhi, troppo stanca e intontita per capire quello che stava succedendo.
―
Ma… ― sussurrò Edward, a pochi centimetri dal suo
viso ― Non è possibile. Allora
non me la sono immaginata, era reale.
―
Hai detto qualcosa, amico?
―
No. Mike, dammi la tua giacca.
―
Cosa? E perché?
―
Mike, bisogna coprirla! Dammi quella cavolo di giacca! Subito! ― il
ragazzo
sbuffò, ma fece quello che Edward gli aveva detto.
La
sirena, ancora parzialmente priva di sensi, percepì un nuovo
calore avvolgerle
le gambe e la vita e qualcuno che la solleva da terra.
―
Andrà tutto bene. ― le sussurrò Edward,
stringendola a sé ― Nessuno ti farà del
male, promesso. ― quando
Bella aprì
leggermente gli occhi si rese conto di trovarsi tra le sue
braccia. Tra le braccia del ragazzo che le aveva rapito il
cuore. Aveva fatto tutto per lui e, per ora, sembrava essere andato
tutto bene.
Quando
tentò di parlare, nessun suono uscì dalle sue
labbra. Il dolore alle corde
vocali fu troppo lacerante da sopportare, così ricadde in un
profondo sonno.
Consapevole che, al suo risveglio, avrebbe rivisto Edward.
.
Bene,
bene, le cose si fanno più interessanti. Isabella ha stretto
un patto con Tanya, la strega del mare, che le ha donato le gambe -
ovviamente, non senza qualcosa in cambio. Bella, ingenuamente, crede
alla maligna strega e accetta. Tutto, però, sembra filare
liscio... E' tra le braccia del suo Edward, adesso, ma cosa
succederà in futuro?
Per
saperlo basta che vi ritroviate a leggere la mia storia,
Lunedì prossimo! :) spero che il capitolo vi sia piaciuto e
che le piccole aggiunte e modifiche che sto apportando alla storia
siano di vostro gradimento. Ringrazio di cuore tutti quelli che mi
seguono, soprattutto chi recensisce! Grazie mille!
|
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Capitolo 4 *** Nuova vita. ***
Buon pomeriggio a tutti!
Eccomi qui col nuovo - ma soprattutto, penultimo - capitolo. Di recente
non riesco mai a rispettare i miei orari di pubblicazioni,
perciò chiedo scusa! Ma tra il lavoro e
l'università è una faticaccia!
Prima di lasciarvi al
capitolo, volevo proporvi un'altra piccola storia che fa parte di
questa collana fiabesca: Beauty
and the Beast.
Come per Il canto della Sirena,
anche questa è flashfic è ispirata ad una favola
Disney, quale - appunto - La
Bella e la Bestia. Vi lascio di seguito la copertina, che
basta premere per poter leggere la storia.
Adesso
vi lascio al capitolo! Speri vi piaccia :)
Buona lettura e ci si legge a fondo pagina! :*
4.
Nuova vita
Erano
diverse ore che la ragazza ritrovata sulla spiaggia giaceva nel suo
letto, in
un sonno profondo. Edward, nonostante le lamentele del padre
– “Potrebbe essere
una spia, figliolo!” – aveva portato la giovane
nella sua grande casa. Grazie
all’aiuto della sua domestica, la piccola e dolce Angela
Weber, l’aveva lavata
e coperta – facendole indossare una graziosa camicia di seta,
rosa – e l’aveva
portata nella camera degli ospiti, la più grande di tutta la
villa.
Era
una stanza immensa, arredata in stile anticato. I grandi mobili di
legno
pregiato, stavano divinamente con quegli alti soffitti. Il letto
matrimoniale,
di ferro battuto colato nell’oro, era grande, rivestito con
lenzuola pregiate.
Le pareti erano spugnare in ocra e bianco candido, e donavano alla
stanza una
luminosità unica.
Fu
solo dopo diverse ore di sonno che la piccola sirena
cominciò a svegliarsi.
―
Buongiorno… ― disse Edward, che si trovava su una poltrona
ai piedi del letto.
Non appena sentì la sua voce, Bella scattò a
sedere, provocandosi un fastidioso
giramento di testa.
―
Ehi, piano! ― l’ammonì Edward, avvicinandosi
velocemente a lei ― Sei molto
debole, adesso. Ti ho trovata sulla spiaggia priva di sensi
e… sì, insomma, ti
ho riconosciuta. ― a quelle parole, il cuore della sirena fece svariate
capriole. Lui si ricordava di lei! Uscì dalle coperte
all’istante,
scoprendosi totalmente le cosce, e arrivò ad una spanna dal
viso di Edward.
Stava sorridendo, a trentadue denti, ed era raggiante. Quando
aprì bocca, però,
alcuna frase trovo compimento.
―
Cosa c’è? ― domandò il ragazzo, notando
lo sgomento sul volto della bellissima
ragazza dagli occhi color del cioccolato fondente. Non sapendo come
rispondere,
Bella, si toccò la gola con una mano.
―
Non puoi parlare? ― chiese Edward, e quando la fanciulla scosse la
testa anche
sul viso del giovane apparve una leggera tristezza ― Oh. Quindi non sei tu… ― parlò
sconsolato,
rattristando anche Isabella.
Restarono
a fissarsi per un tempo che parve infinito. La ragazza che Edward aveva
di
fronte era indiscutibilmente bella: lunghi capelli mossi, castani;
grandi occhi
scuri; fisico da urlo. Una ragazza del genere avrebbe fatto gola a
chiunque. E,
questa volta, faceva gola perfino a lui. Bella, dal canto suo, ammirava
il
volto perfetto del giovane. A differenza dell’ultima volta,
adesso non era
addormentato. Gli occhi brillavano come mai prima, di un verde chiaro
molto
intenso; il naso era dritto e sottile, gli zigomi alti e scolpiti, la
mascella
spigolosa e perfetta. Il fisico era anche più perfetto di
come lo ricordava:
muscoloso, ma non eccessivamente, con pettorali e addominali scolpiti.
Il
classico fisico di un surfista.
Solo
dopo qualche istante, Edward, si rese conto che il corpo della
fanciulla – che
stava squadrato da chissà quanto tempo, ormai –
era totalmente alla sua mercé.
Le lunghe gambe candide erano
lisce, slanciate e perfette; il seno era piccolo, ma bello e tondo da
sembrare
sodo. La sottile camicia era tirata così su, da lasciar
intravedere il piccolo
slip di pizzo color pesca…
―
Ti prego, copriti. ― disse, improvvisamente Edward, alzandosi in piedi
e
voltando le spalle alla ragazza. Era imbarazzato e sì, anche
un po’ eccitato.
Bella
non capì il suo comportamento. Si guardò,
perciò, intorno. Cosa significava
“copriti”? Cosa avrebbe dovuto fare? Questa parola
non era usata in fondo al
mare.
―
Hai capito cosa ti ho detto? ― domandò Edward, guardandola
con la coda
dell’occhio. Bella scosse la testa, in risposta ― Tira un
po’ giù la camicia,
ti si vede… ehm, tutto. ― concluse grattandosi la fronte. La
sirena inclinò la
testa, senza capire una sola parola di quello che le stava dicendo. Che cos’è una
“camicia”? E cosa si intende
per “si vede tutto”?, si chiese
mentalmente la ragazza.
Edward
sospirò, cercando di controllarsi. Non faceva sesso
da… molto tempo. Perse
la sua verginità, infatti, all’età di
diciassette anni. La fortunata si
chiamava Jane. Stettero insieme per un anno, circa, ma nessuno dei due
era
veramente interessato all’altro. Dopo
quell’esperienza, Edward, comprese che alcune
cose non potevano essere fatte tanto per fare.
Il sesso rientrava in
una di quelle cose.
Ritrovarsi
una ragazza seminuda nel letto, indubbiamente, non aiutava il suo
autocontrollo. Era un essere umano, per la miseria! E quella ragazza,
tra le
altre cose, era di una bellezza sconvolgente.
―
Non mi capisci, forse? ― chiese Edward ― Non parli inglese? ―
continuò,
domandandole la medesima frase in diverse lingue: tedesco, francese,
spagnolo,
italiano, ma il risultato era sempre lo stesso. Nonostante la ragazza
capisse
qualsiasi linguaggio usato da Edward, non comprendeva cosa volesse che
lei
facesse.
―
Sembri una bambina. ― affermò lui, ridendo di gusto ― Sembra
essere tutto
nuovo, per te. ― Bella rise insieme a lui, cominciando ad annuire.
―
Allora mi capisci? ― annuì ancora ― Ma non riesci a
comprendere quello che
voglio che tu faccia? ― ancora un “sì”
muto ― Hai preso una botta in testa, per
caso? ― domandò Edward, avvicinandosi a lei. Bella fece di
no con la testa, ma
continuava a sorridergli.
―
D’accordo. Ehm, stenditi allora che… che ti
sistemo io. ― anche questa volta,
la ragazza, non riuscì a comprendere ciò che
voleva dirle.
Edward
portò il ginocchio destro sul materasso, scorrendo
più vicino a lei. Le mise le
mani sulle spalle e l’adagiò delicatamente sul
letto. Bella percepì il freddo
del materasso scontrarsi contro la sua schiena calda, e le sue guance
presero
diverse tonalità di porpora. Mai nessuno le era stato
così vicino, e pensare
che il primo fosse proprio Edward le donava uno strano senso di
agitazione allo
stomaco.
―
Ora ti… ti sistemo la camicia, ok? ― domandò il
ragazzo, con voce tremante.
Fece scivolare le sue grandi mani sui fianchi di Bella, facendola
sussultare ―
Sta’ tranquilla, non voglio farti nulla. ―
sussurrò dolce.
Quando
le dita di Edward le sfiorarono la coscia, Bella percepì una
scarica elettrica
invaderle tutto il corpo. Sgranò gli occhi, affogando in
quelli verdi di lui.
Cos’era quella sensazione? E perché le faceva
bruciare la pelle? Quando la mano
del ragazzo salì, accarezzandole la spalla, il suo cuore era
un martello
pneumatico. Vide Edward afferrare quel sottile tessuto che aveva
addosso e
sistemarglielo meglio. Ecco cosa
significa “copriti”, pensò la
sirena ingenuamente. A differenza degli
esseri umani, gli abitanti del mare, non indossavano indumenti
– eccezion fatta
per quel piccolo reggiseno di conchiglie.
―
Ecco. Ho… ho fatto, adesso. ― sussurrò Edward,
senza lasciare la sua posizione.
Erano
l’uno sopra l’altra, immobili a fissarsi.
Più il ragazzo la guardava e più si
rendeva conto di quanto quella fanciulla fosse splendida. Un
po’ strana, forse,
ma comunque bellissima. Le sue labbra erano piene e rosee; avrebbe
voluto
baciarla.
Rendendosi
conto di quello che aveva pensato, si sollevò subito da lei.
Bella, però, non
voleva separarsi da Edward. Non comprendeva ancora totalmente le
emozioni
umani, ma quel calore, provato poco prima, le era piaciuto
più del lecito.
―
Non ci siamo neppure presentati. ― si ricordò il ragazzo,
passandosi una mano
tra i capelli bronzei ― Io mi chiamo Edward, Edward Cullen. E tu? ― la
sirena
rispose, ma dalle sue labbra non uscì nessun suono.
―
Ah, già. ― disse Edward, parlando più a se stesso
che a lei ― Ho un’idea, puoi
scriverlo! ― a primo acchito, Bella, non capì cosa volesse
dire, ma poi
comprese. Io non so scrivere…,
pensò
tristemente. Come avrebbe potuto fare per farsi capire?
―
Deduco dalla tua espressione che la mia non è
un’ottima idea, vero? ― la
ragazza sospirò, cominciando a sentirsi inadeguata ―
D’accordo, proviamo con il
labiale! ― propose Edward, con un po’ troppa euforia ― Tu
pronuncia il tuo nome
ed io cercherò di leggerti le labbra. Dai, proviamo!
Restarono
in quella stanza quasi tutta la mattina, dimenticando perfino la
colazione, e
solo dopo innumerevoli tentativi, Edward, riuscì a capire il
nome della piccola
sirena.
―
Isabella! ― urlò Edward, mentre la ragazza annuiva
energicamente e batteva le
mani ― Però preferisci Bella! ― concluse lui, scoppiando poi
a ridere ― Nessun
nome poteva essere più azzeccato per una Dea come te. ― le
sussurrò lui,
facendola nuovamente arrossire.
***
Le
ore passarono in fretta, ma solo in quel momento – da sola
nella sua grande
stanza –, Isabella si rese conto che il primo giorno a sua
disposizione stava
già volgendo al termine. Il tramonto, infatti, stava facendo
sparire la grande
palla aranciata dietro la linea dell’orizzonte.
La
piccola sirena, diventata ormai umana, si sedette sospirando sul letto.
Cosa
avrebbe potuto fare, per far sì che il giovane si
innamorasse di lei? E, cosa
ancora più complicata, come avrebbe fatto a farsi baciare?
Un
rumore sul vetro della grande finestra la fece sobbalzare.
―
Apri, sconsiderata! Sono io, sono Jasper! ― stava urlando il piccolo
granchio
rosso, battendo la sua piccola e dura chela. Quando la sirena lo
riconobbe,
scattò in piedi e andò ad aprirgli.
―
Oh per tutti i pesci del mare! ― disse lui, fissando le lunghe gambe
della sua
amica ― Ma cosa hai combinato? Tuo padre si sta chiedendo dove ti sei
cacciata!
Tutto il mondo marino è… Ah! Cosa stai facendo?!
― strillò, venendo interrotto
da Bella, la quale lo sollevò e se lo strinse al petto.
Che
bello rivederti, Jazz!, pensò la fanciulla non
potendo parlare.
―
Va bene, va bene! Adesso fammi respirare, Bella. ― disse il granchio,
posizionandosi sulle ginocchia della ragazza. Si trovavano per terra,
in quel
momento, le gambe di lei piegate e la sua schiena contro il materasso.
―
Ma allora è vero… ― sospirò Jasper ―
Sei andata dalla strega del mare. ― Bella
annuì, sorridente ― E cosa le hai dato in cambio, ragazzina?
― a quella domanda
gli occhi della ragazza si rattristarono. Provò a rispondere
e poi cantare per
il suo piccolo amico, ma nessun suono uscì dalle sue labbra.
―
La tua voce? ― strillò Jasper ― Ma sei forse impazzita!? Ti
sei privata della
cosa più importante per
una sirena!
Senza voce non puoi cantare,
inoltre…
oddio! La tua voce può farla accedere al Regno! Sai che i
cancelli del Palazzo
di Cristallo possono essere aperti solo con il canto della famiglia
reale!
Isabella, sei… sei… ― l’isteria del
piccolo crostaceo scemò all’istante, quando
notò gli occhi della ragazza. Erano impregnati di tristezza
e dispiacere.
Jasper sospirò, avvicinandosi al viso di Bella e le
lasciò una dolce, quanto
paterna, carezza ― Sei un’umana bellissima.
***
Nel
frattempo, poco lontana dal Regno di Atlantica, la strega del mare
stava già
assaporando la sua vittoria. Sapeva che la piccola sirena non avrebbe
mai
catturato l’attenzione di quel ricco umano. Quando la piccola
e ingenua
Isabella si sarebbe trasformata in schiuma di mare, Tanya, avrebbe
preso le sue
sembianze e, usando la sua voce, si sarebbe introdotta nel Palazzo;
avrebbe
recuperato, poi, il tridente di Tritone, mettendo in
schiavitù tutto il regno
marino!
―
Mi prenderò la mia vendetta, caro Sovrano. ―
sibilò velenosa, mentre pettinava
i suoi lunghi capelli neri ― E tutto grazie a tua figlia! ― concluse,
scoppiando a ridere.
―
Mi scusi, padrona… ― si intromise una delle murene ― Potrei
chiederle come mai
serba tutto questo rancore, verso la famiglia reale?
―
Mi hanno esiliata! Non è abbastanza? ― ringhiò la
bella donna, con il corpo da
piovra ― E poi… ― sussurrò appena ― Il Re si
è portato via qualcosa
che mi stava molto a cuore.
***
Erano
le dieci di sera, ed Edward era nella sua stanza. Si era da poco fatto
una
doccia, ed ora si stava vestendo. Il spiaggia, alcuni ragazzi del
College,
avevano organizzato un falò e lui stava decidendo se andarci
o meno.
―
Edward? ― lo chiamò Esme, bussando alla porta della sua
stanza ― Ci sei?
―
Sì, mamma. Entra pure.
La
donna era molto bella, lo era sempre stata. Lunghi capelli
castano-bronzei,
mossi; grandi occhi verdi, come quelli di suo figlio; minuta, ma ben
formata –
nonostante la sua adulta età.
―
Vai alla festa sulla spiaggia? ― il ragazzo non rispose, troppo preso
ad
allacciarsi la camicia smeraldo ― Edward, non puoi stare sempre in casa
a
leggere, suonare il pianoforte o a disegnare… Hai talento,
figlio mio, ma esci
anche un po’! Perché non porti con te
anche…
―
Bella. ― l’aiutò suo figlio ― La ragazza si chiama
Isabella, ma preferisce
essere chiamata Bella.
―
E tu come lo hai scoperto? ― domandò la madre, strabuzzando
gli occhi ― Angela
ha detto che non aveva documenti con sé e anche tu
l’hai trovata nuda.
―
Abbiamo parlato un po’… O meglio, io
ho parlato, di lei ho letto solo il labiale! ― sghignazzò,
armeggiando col
colletto.
―
Sbaglio o Edward Cullen, mio figlio, ha uno strano luccichio negli
occhi?
―
Ma cosa dici, mamma!
―
Ti piace, quella trovatella?
―
È indubbiamente una bella ragazza. ― sussurrò
lui, lievemente imbarazzato. Non
aveva mai confidato questo genere di cose a sua madre; per dirla tutta,
non
aveva mia confidato a nessuno, questo genere di cose. Quando si sentiva
solo,
infatti, parlava col suo fido cagnolone Jacob, oppure – la
maggior parte delle
volte – scriveva due righe su Word,
salvando il contenuto sul suo Notebook.
―
Perché non la porti con te al falò? ― propose
Esme, sorridendo ― Le farà bene
uscire un po’, non credi?
―
Sicura? ― controbatté Edward ― L’abbiamo trovata
questa mattina e non vorrei…
―
Scuse, ragazzo mio! Vai a chiedere a quella bella signorina se le va di
uscire.
― disse, facendogli l’occhiolino, e uscì dalla
stanza.
Isabella,
dal canto suo, si trovava nella sua camera – ancora, non
essendo mai uscita di
lì – a fissare il cielo stellato, in compagnia di
Jasper. Aveva pregato il suo
amico di aspettare almeno l’indomani prima di tornare negli
abissi ed avvisare
suo padre. Stranamente, quella volta, Jasper aveva accettato senza
troppe
proteste.
―
Bella? ― chiamò Edward, bussando leggermente alla porta
della stanza degli
ospiti ― Stai dormendo? Posso entrare?
―
Oh per tutte le stelle marine! ― sussurrò Jasper, scattando
da una parte
all’altra ― Non può trovarmi qui, come glielo
spieghi?
―
Isabella? ― bussò nuovamente Edward.
Non
sapendo cosa fare, Bella, prese Jasper tra le mani e lo
gettò nell’oceano. Scusa,
amico!, pensò e corse ad aprire
la porta.
―
Ehi! ― la salutò Edward, con un sorriso stampato in faccia.
Bella, non sapendo
come ricambiare, agitò la mano sperando che anche sulla
Terra esistesse quel
genere di saluto.
―
Ti trovo bene. ― continuò Edward, passandosi una mano tra i
capelli ― Senti…
alcuni amici hanno organizzato una festa in spiaggia, un
falò. Pensavo, ti va
di andarci? ― a quelle parole, il volto di Isabella si accese. Non ho idea di cosa sia questo
“falò”, ma
conosco le feste!, pensò. Certo
che
vengo! Si ritrovò, però, a fare gesti
sconnessi e a sperare che quel bel
giovane la potesse capire.
―
Lo prendo per un “sì”? ― chiese Edward.
La ragazza, di tutta risposta, sorrise
e gli buttò le braccia al collo, stringendolo moltissimo ―
Piano, piano! ―
disse lui, ridendo ― Sei piuttosto forte, eh? ― facendo un meraviglioso
sorriso
sghembo che fece arrossire violentemente Isabella.
Restarono
a fissarsi per alcuni minuti, finché Angela non interruppe
il loro idillio.
―
Ehm, scusate… ― disse lei, schiarendosi la voce ― Tua madre
mi ha mandato a
darle una mano per vestirsi.
―
Oh sì, certo. ― disse Edward, un po’ impacciato ―
Beh allora, quando avete
finito accompagnala giù, nel salone. Bene. A dopo! ―
concluse e scese al piano
di sotto.
Bella
lo seguì con lo sguardo, per tutto il tempo,
finché non scomparve dalla sua
visuale.
―
Vogliamo entrare, signorina? ― domandò Angela, seguendo
Isabella nella sua
stanza ― Può scegliere ciò che preferisce. ―
disse e le fece vedere un’infinità
di completi piuttosto costosi. C’era di tutto: prendisole,
costumi da bagno –
interi, ma anche a due pezzi –, canotte e pantaloncini, gonne
corte, e
moltissimo altro. Isabella esaminò tutto attentamente, senza
sapere cosa
farsene e quali scegliere.
Angela
intuì il disagio e l’indecisione della ragazza,
così le suggerì un paio di
pantaloncini viola scuro, abbinati al costume da bagno – un
due pezzi molto
semplice – e una canotta, intrecciata dietro alla schiena,
verde chiaro,
abbinata alle piccole infradito.
Quando
Bella scese di sotto, Edward restò senza parole nel vederla.
Era di una
bellezza straordinaria, innocente e genuina. Non aveva mai incontrato
una ragazza
così, e la cosa lo mandava totalmente nel pallone.
―
Sei bellissima. ― le sussurrò, baciandole il dorso della
mano. A quel gesto,
Isabella, provò a parlare. Non ottenne nulla,
però. Evidentemente non
è questo il bacio del vero amore…,
pensò
sconsolata.
―
Va tutto bene? ― le domandò Edward, notando il suo triste
sguardo. Bella annuì
decisa, e fece un passo verso di lui. Non era ancora capace di
camminare
perfettamente, però, così inciampò nei
suoi stessi piedi. Edward l’afferrò
prontamente, impedendole di farsi male. Scusa,
mormorò Bella con voce muta.
―
Non è successo niente. ― le rispose Edward ―
L’importante è che tu stia bene.
―
‘Sera ragazzi. ― li salutò Carlisle, uscendo dal
suo studio ― Uscite?
―
Sì, papà. ― rispose Edward ― Andiamo al
falò sulla spiaggia.
―
Oh bene, allora divertitevi! ― concluse sorridendo ai due ragazzi, e
poi si
volatilizzò su per la grande scalinata.
La Bondi
Beach era una rinomata spiaggia
dell’Australia, e si
trovava a sette chilometri a Est del centro si Sydney. Era immensa e di
notte,
con l’oceano scuro e più misterioso che mai,
sembrava ancora più maestosa.
C’erano falò sparsi ovunque, a qualche metro
l’uno dall’altro, ed era gremita
di gente. Era una spiaggia di sabbia fine, delimitata ai lati da due
scogliere.
Ogni anno diventava la meta di appassionati del surf, i quali
arrivavano lì da
ogni parte del mondo alla ricerca dell’onda perfetta.
―
Cosa ne dici? ― sussurrò Edward all’orecchio di
Bella ― Non è male, no? ― la
ragazza scosse la testa, come a fargli capire che l’atmosfera
era di suo
gradimento.
―
Edward Cullen! ― parlò una voce alle loro spalle ― Non esci
mai come i comuni
mortali, a cosa dobbiamo l’onore?
―
Ciao anche a te, Alec. ― rispose Edward, senza voltarsi. Bella, dal
canto suo,
era curiosa, così voltò leggermente il capo.
Dietro di loro c’era un ragazzo
alto, dalle spalle larghe, niente male. Ma nonostante gli sbarazzini
capelli
biondi e gli occhi di un azzurro intenso, non le trasmetteva nulla.
―
Ciao, zuccherino. ― le disse Alec, avvicinando il suo viso a quello di
Bella ―
Non ti ho mai vista in giro, sono sicuro che un corpo e un viso del
genere non
me li sarei dimenticati tanto facilmente.
―
Piantala, Alec. ― lo ammonì Edward, voltandosi ― Non
è alla tua portata, va
bene? Oltretutto è minorenne, quindi lasciala in pace.
―
Minorenne? Con quel bel balconcino?
―
domandò, scoppiando a ridere seguito da quegli scagnozzi che si portava sempre dietro.
Edward scattò in avanti,
pronto a colpirlo, ma in quell’istante esatto
arrivò qualcuno a fermarlo.
―
Calmati, amico. ― disse Mike, trattenendo il giovane per le spalle ―
Sai com’è
fatto, lascialo parlare e vieni da noi.
Edward
controvoglia si voltò, dando le spalle ad Alec, il quale non
smise un attimo di
ridere.
―
Stronzo. ― sibilò Edward tra i denti, calmandosi solo quando
incrociò gli occhi
terrorizzati di Bella.
La
ragazza, infatti, non era riuscita a capire nulla di quello che era
appena
accaduto. Edward voleva fare a botte con quel giovane, Alec, ma non
aveva
capito il perché. È
minorenne, pensò
lei, questo lo ha detto Edward. Ma, per
tutte le murene del mare, cos’è un
“balconcino”?
―
Mi dispiace per prima. ― le sussurrò Edward ― Adesso
andrà meglio, vedrai.
Passarono
la maggior parte della nottata intorno al fuoco, a ballare e scherzare.
Nonostante Isabella capisse solo la metà – e,
forse, nemmeno quella – dei
discorsi che i ragazzi erano impegnati a fare, si stava divertendo. La
musica,
se pur molto diversa rispetto a quella che era abituata a sentire,
risultava
piacevole. Tutti i ragazzi la guardavano in modo strano, compresi gli
amici di
Edward. Quest’ultimo ne sembrava visibilmente infastidito.
Gli sguardi delle
ragazze, però, erano di invidia. Bella conosceva bene quel
modo di guardare,
perché era lo stesso che usavano le sirene in fondo al mare
ogni volta che
incrociavano Rosalie, sua sorella maggiore.
Ripensando
alla sua famiglia, la ragazza si intristì. Cosa avrebbe
fatto d’ora in poi? Suo
padre o le sue sorelle, non sarebbero mai saliti in superficie; neppure
se
questo significasse rivedere lei. Hai tre
giorni, aveva detto la strega del mare, se
al sorgere del sole del quarto giorno, il ragazzo, non avrà
ancora dichiarato
il suo amore per te, sigillando il suo gesto con un bacio, ti
trasformerai in
schiuda di mare ed io potrò prendere il tuo posto nelle
profondità marine.
Solo in quel momento si rese realmente conto di quello che aveva fatto.
Lei non
avrebbe mai più rivisto la sua famiglia! Anche se Edward non
avesse ricambiato
il suo amore, lei non sarebbe tornata ad essere una sirena; si sarebbe
trasformata in schiuma di mare.
Si
alzò di scatto in piedi, attirando l’attenzione di
tutti i ragazzi. Ma, senza
badarci troppo, corse verso gli scogli. Aveva bisogno di sentire
l’oceano sotto
i piedi, l’acqua tra le dita… Aveva bisogno di
sentirsi a casa, almeno per un
momento.
―
Bella! ― la chiamò Edward, correndogli dietro ― Cosa ti
prende? Vuoi tornare a
casa? Ti senti male? ― la ragazza scosse furiosamente la testa, diede
le spalle
al ragazzo e si diresse verso l’acqua.
―
Aspetta! Non posso permettertelo! È buio, non si vede
nulla… ― Bella, però,
aveva bisogno di nuotare; di sentire il rumore dell’acqua
nelle orecchie.
―
Possibile che fossi tu? ― domandò lui, avvicinandosi a lei.
Adesso erano
entrambi nell’acqua. Le onde, leggere e rilassanti, si
infrangevano sulle loro
gambe nude.
―
Eri tu la ragazza che ho visto? Dimmelo, ti prego. Eri tu che cantavi
per me,
quella notte? ― Bella si avvicinò a lui, accarezzandogli una
guancia. Avrebbe
voluto rispondergli che, sì, era lei quella
ragazza. Ma come avrebbe mai potuto crederle? Lei non poteva
più cantare.
―
Scusami. ― disse Edward, appoggiando la fronte su quella di Isabella ―
Forse
l’ho soltanto immaginata. ― le donò un bacio sulla
fronte e se ne andò, capendo
che la giovane voleva starsene un po’ da sola.
―
Finalmente è andato via!
Emmett!,
urlò mentalmente Bella,
raggiungendolo nell’acqua.
―
Già, non puoi parlare. ― disse, tristemente, il pesce palla
― Jazz me lo ha
detto. Bella, sei forse impazzita? Hai rinunciato a tutto
per… per un essere
umano. ― la sirena annuì, sorridendo lievemente.
Passò
mezzora, in cui Isabella continuò a parlare con il suo amico
marino. O per
meglio dire, lui parlava, lei ascolta ed annuiva o rideva spensierata.
―
Mio Dio. ― disse una voce alle sue spalle ― Devi proprio essere
suonata! Questo
dettaglio Edward non ce lo aveva detto. ― solo quando Bella si
voltò, si rese
conto di chi le stava davanti. Lauren
Mallory.
― Ragazzi! Mike, Tyler!
Jess, Alec!
Venite qua! La ragazzina di Edward è pazza! ―
sputò fuori, cominciando a
ridere.
―
Come, pazza? ― chiese Mike, alzando
un sopracciglio.
―
Stava parlando con un pesce! ― la schernì la bionda, ridendo
maligna.
―
Scherzi? ― domandò Jessica.
―
No, no. Guardatelo, è lì!
―
Oh mio Dio! ― dissero in coro Tyler e Mike ― Non ci posso credere,
questa è
suonata!
―
Beh, basta pensare che l’abbiamo trovata tutta nuda sulla
spiaggia. ― spiegò
Mike, visto che – a quando pareva – nessuno dei
suoi amici sapeva la sua
storia.
Bella
indietreggiò di poco, capendo che per lei le cose si stavano
mettendo male. Non
comprendeva tutto quello che stavano dicendo, ma era palese che a loro,
lei,
non piacesse. Avrebbe potuto nuotare via, ma senza coda non sarebbe mai
stata
così veloce; avrebbe potuto chiamare Edward, ma come?
―
Quindi, perché tutte queste storie per vederla nuda? ―
domandò Alec,
togliendosi i bermuda color cachi, e si avvicinò a lei.
―
Alec, è una ragazzina. ― lo fermò Tyler,
tirandolo per un braccio.
―
E allora? Tanto non può nemmeno urlare… ― la
cattiveria negli occhi del
ragazzo, fece scoppiare Isabella in un pianto isterico. Non sapeva
esattamente
ciò che Alec volesse farle, ma presumeva non fosse nulla di
buono.
Accadde
tutto in fretta: Edward arrivò come un lampo e si
buttò addosso ad Alec,
prendendolo a pugni; Mike e Tyler cercarono di separarli, mentre
Jessica e
Lauren volevano svignarsela.
―
Mi fate tutti schifo! ― urlò il ragazzo, prendendo in
braccio Bella ― Voi non
siete essere umani, ma non posso dire neppure che siete animali. ― fu
allora
che Jacob abbaio, ringhiando contro tutti loro ― Come potete vedere ho
un cane,
ciò vuol dire che gli animali mi piacciono. ― e senza dar
loro il tempo di
replicare sparì, tenendo Bella tra le braccia. Per la
seconda volta.
.
Ecco
il capitolo che tanto avete atteso! Finalmente, Edward e Bella, si sono
incontrati. Molte cose, però, ostacolano l'amore della
sirena: in assoluto c'è l'attrazione del ragazzo verso la
ragazza che ha sentito cantare quella notte.
Gli
amici di Edward, se così possono essere definit, sono i
classici bullenti arroganti pieni di soldi... Alec, soprattutto,
è stato abbastanza subdolo. La cosa brutta è che
tutto questo, e molto altro ancora, accade davvero nella
realtà. Isabella è stata fortunata, per fortuna
c'era Edward.
Come
vi ho già accennato sopra, il prossimo capitolo
sarà l'ULTIMO. Lo avevo già detto
nella pubblicazione del primo capitolo che, questa storia, sarebbe
stata una flashfic di cinque capitoli. Vi annuncio, quindi, che non
è detto che il prossimo capitolo verrà postato
Lunedì. Se i miei impegni lavorativi e universitari me lo
permettono, potrei anticipare la pubblicazione a Venerdì 3
Febbraio. In caso non riuscissi, l'aggiornamento sarà
previsto per Lunedì, come di consueto.
|
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Capitolo 5 *** La sua voce. ***
Buon
pomeriggio a tutti! Eccomi qui a postare l'ultimo capitolo di questa
piccola favola. Immagino che più di sentire le mie
chiacchiere preferireste leggere il capitolo, perciò
esaudisco le vostre richieste - anche se sono un po' in ritardo - e poi
ci leggiamo in fondo!
Buona lettura!
5.
La sua voce
Un
altro giorno era passato, e la giovane Isabella non aveva ancora
concluso
nulla. Non riusciva a capire perché Edward, dopo la sera
prima, non volesse più
vedere né, tanto meno, sentir nominare i suoi amici.
Non
poteva lamentarsi, però. Nonostante non vi fosse stato
ancora alcun bacio, aveva
trascorso la giornata più bella di tutta la sua vita.
Edward, infatti, l’aveva
portata in giro per Sydney, facendole vedere tutte le bellezze di
quella
meravigliosa città.
Si
erano svegliati presto, quella mattina. Edward le aveva portato,
perfino, la
colazione a letto. Era la prima volta che assaggiava del cibo umano, e
le era
piaciuto parecchio! Quale alimento più dell’altro,
Bella, non avrebbe saputo
dirlo. Era tutto squisito: dai pancakes, con quello strano sciroppo
dolciastro
sopra, fino al succo di frutta, all’arancia. Aveva anche
provato ad assaggiare
la bevanda scura di Edward, ma l’aveva risputata subito. Troppo amara!, aveva pensato, mentre
Edward era scoppiato a ridere.
―
Non hai mai bevuto caffè, Bella? ― le aveva domandato lui.
Di tutta risposta,
Bella, scosse il capo, continuando a pulirsi la lingua con la mano ―
Dai, poi
passa! Va’ a lavarti, ti porto a fare un bel giro per tutta
la città! ― le
aveva detto Edward, prima di dirigersi verso la porta, con il suo
vassoio,
ormai vuoto, in mano ― Ci divertiremo. Promesso! ― le aveva strizzato
un
occhio, lasciandola poi da sola, in camera sua.
E
aveva mantenuto la promessa. Si erano divertiti moltissimo, insieme. Ma quanto durerà, ancora? Si
ritrovò a
pensare, tristemente, la sirena. Se la matematica non era
un’opinione, erano
già passate quarantotto ore da quando aveva fatto il patto
con la strega del
mare. Le mancava un giorno, uno soltanto, dopodiché tutto
sarebbe andato
perduto: il suo amore per Edward, quello per la sua
famiglia… Lei stessa.
―
Bella, va tutto bene? ― domandò Edward, percependo il suo
sospiro pesante. La
sirena tornò coi piedi per terra, lasciando perdere i suoi
pensieri. Gli
sorrise, sperando che il giovane non facesse altre domande.
―
Sei una pessima bugiarda, lo sai, scricciolo?
― a quella parola, Bella, inclinò la testa. Che
cosa vuol dire “scricciolo”?, si
domandò, senza ottenere risposta.
―
Forse… ― riprese Edward, tornando serio. Stava guardando
fisso di fronte a lui
― È per quello che è successo ieri sera? Bella,
mi spiace. Davvero, non pensavo
che Alec potesse essere così… Non ho termini per
definirlo, mi dispiace. ―
Bella, di tutta risposta, sorrise calorosa e si avvicinò al
ragazzo. Gli poggiò
una mano sulla guancia, accarezzandogliela piano, dolcemente. Edward,
non aspettandosi
quel gesto, rimase da prima sorpreso poi, però, si
lasciò andare,
abbandonandosi sulla sua pelle liscia e fresca. Chiuse gli occhi,
lasciando che
quel contatto lo avvolgesse totalmente. Isabella era la creatura
più innocente,
dolce e meravigliosa che avesse mai incontrato. La conosceva da poco,
era vero,
eppure aveva come l’impressione che, senza quei due occhioni
marroni – che
guardavano il mondo come se non lo avessero mai visto prima
–, la sua vita non
sarebbe stata più la stessa.
―
Bella… ― sussurrò Edward, poggiandole le mani sui
fianchi. Si trovavano l’uno
di fronte all’altra, adesso; erano più vicini che
mai. Il cuore della sirena
galoppava senza sosta, le dava l’impressione di volerle
fuoriuscire dal petto.
Edward, dal canto suo, non si era mai sentito così vivo come
in quel momento.
―
Chi sei, tu? ― le domandò, attirandola maggiormente a
sé ― Sei comparsa nella
mia vita all’improvviso e… e in pochi giorni mi
hai fatto scoprire cose che non
credevo potessero esistere. ― le afferrò una mano,
portandosela al petto ― Lo
senti? Non ha mai battuto così forte, il mio cuore. Credi
che sia stupido? ― le
domandò, avvicinandola sempre di più ― Credi che
stia correndo troppo,
facendomi trascinare dagli aventi? ― Bella avrebbe voluto rispondere,
dire
qualcosa – qualunque cosa –, ma non poteva. Le
ragioni, al momento, erano due:
non aveva la voce, per parlare; era ipnotizzata dagli smeraldi liquidi
di quel
ragazzo.
―
Io vorrei… ― sussurrò ancora, Edward, portando
una mano sotto il mento della
ragazza. Le sollevò il viso, accarezzandoglielo dolcemente,
mentre avvicinava
le sue labbra a quelle di lei ― Credi io possa bacia… ― non
concluse la frase.
Un’onda,
troppo alta, quasi li bagnò entrambi. Edward se ne accorse
in tempo, e trascinò
via Bella, prima che l’acqua le bagnasse il suo grazioso
abito celeste.
No!, pensò Bella. Non
sapeva
se essere più dispiaciuta o arrabbiata. Cosa
avrebbe mai potuto farci un po’ d’acqua?,
si domandò la sirena. Non sapeva
quello che Edward stava per fare, ma sapeva bene che il suo cuore
voleva quel
gesto.
―
Accidenti! ― strillò il ragazzo, rosso in viso ―
L’oceano è agitato, questa
sera. ― continuò lui, grattandosi la fronte. È
un gesto che fa sempre, quando è imbarazzato,
pensò Bella. Ma perché
è imbarazzo?, si domandò, guardandolo
curiosa.
―
Andiamo a cenare! ― suggerì Edward, offrendole il braccio
destro ― Siamo già in
ritardo di mezzora, ci conviene sbrigarci. ― la ragazza
annuì, lasciando
perdere i suoi dubbi e le sue domande, e si fece trascinare via dal suo
amato.
Si
trovavano ad Anderson Place, più o meno. Edward aveva
prenotato al Cottage Point Inn Restaurant,
per quella
sera.
Il
posto era molto carino, grande e arieggiato; era costruito
sull’oceano. Di
sera, poi, era completamente illuminato da piccole luci arancioni, le
quali
donavano al posto un’atmosfera magica. Il pavimento era
costruito tutto in parché;
i tavoli erano piccoli, appartati, e su di essi c’era sempre
una coppia di
candele profumate. Forse ho esagerato,
pensò Edward, mentre spostava la sedia affinché
Bella potesse sedersi. Insomma, siamo
amici… E la porto in un posto
così romantico?, si domandò, ma quando
incrociò gli occhi sereni e
spensierati di Isabella, capì di aver fatto la scelta
giusta.
***
Nei
profondi abissi marini, la strega del mare, era più agitata
che mai. Furiosa,
era dire poco. Non riusciva a concepire come fosse possibile che quel
ragazzo
si stesse realmente innamorando di quella sciocca sirenetta. Non posso permetterlo!, pensò
furente.
Se il giovane l’avrebbe baciata, il patto con lei stipulato,
sarebbe diventato
nullo. La sua vendetta, così, non avrebbe mai avuto
compimento.
―
Devo fare qualcosa. ― disse tra sé, nuotando avanti e
indietro, con aria
pensierosa.
―
Potreste ucciderla, sua Maestosità. ― propose una murena.
―
E come, genio? ― domandò lei, con voce tagliente ― Ti
ricordo che lei ha un
paio di gambe, io no. Inoltre, non voglio abolire il patto…
Voglio solo che
finisca a modo mio!
―
Perciò, cosa vuoi fare? ― intervenne l’altra
murena ― Aspettare, ma soprattutto
sperare, che in meno di un giorno
arrivi qualcun’altra che attiri l’attenzione del
giovane? Tanya, nemmeno tu sei
così… ― l’animale si zittì,
notando il sorrisetto sornione della strega ― Cosa
ho detto?
―
Tu sei un piccolo, strisciante, genio! ― urlò lei,
baciandolo tra gli occhi
sconvolti ― È esattamente quello che succederà,
ragazzi! Il giovane Cullen si
innamorerà perdutamente di un’altra
ragazza…
―
Come? Quando?
―
Questa notte tutto cambierà per la piccola e fastidiosa
Isabella.
―
Che cos’hai in mente, Tanya?
―
Edward incontrerà la proprietaria della voce che ha sentito,
qualche tempo fa…
― spiegò vagamente la strega del mare, scoppiando in una
sonora risata.
***
Isabella
si trovava nella sua stanza, in quel momento. Indossava la sua camicia
da notte
rosa ed era stesa sul letto, supina. Il sorriso non voleva lasciare la
sua
faccia. Aveva trascorso una giornata indimenticabile, provando
sensazioni
nuove. Uniche.
―
Bella, sono io! ― la chiamò Jazz, bussando alla finestra ―
Apri, vedo che hai
gli occhi aperti! Ciò significa che sei sveglia.
La
sirena, continuando a sorridere spensierata, si alzò e
andò ad aprire al suo
piccolo amico.
―
Perché quella faccia? ― domandò lui ―
È forse successo qualcosa? Oh, per tutti
i calamari del mare! Ti ha baciata, vero? E adesso puoi parlare
e… e resterai
un’umana per sempre. ― concluse tristemente il piccolo
granchio, sospirando
pesantemente. Bella lo prese tra le mani, dandogli un leggero bacio
sulla
faccia, e poi scosse la testa.
―
Non è ancora successo niente? ― domandò Jasper,
non sapendo se esserne più
sollevato o rammaricato ― Il tempo sta scadendo, Bella. Possibile che
quel baccalà non abbia
ancora tentato di
baciarti! ― la ragazza alzò le spalle, facendo sorgere una
domanda nella
testolina del suo piccolo amico.
―
Isabella, tu sai cos’è un bacio, vero? ― di tutta
risposta, Bella, scosse
energicamente la testa ― Come no? Ciò vuol dire che non hai
nemmeno provato a baciarlo, giusto?
― lei annuì,
facendo roteare al cielo gli occhi di Jasper ― Oh, per tutte le balene
del mare!
Ragazzina, e tu vieni a dirmelo solo adesso? ― la faccia della sirena
divenne
paonazza e cominciò a mordicchiarsi le labbra.
Jasper,
dal canto suo, scese dalle mani della sua amica e cominciò a
spiegarle cosa
fosse un bacio.
―
Quando due persone sono vicine e le loro labbra si sfiorano, si
baciano. Quello è il
bacio, Isabella. ― concluse
Jasper, facendo sgranare gli occhi a Bella.
Cosa?, si domandò stupita. Quello è il bacio? Prima…
prima di andare a
mangiare sull’acqua, Edward ha provato a…,
non poteva crederci. Edward
aveva provato a baciarla? Se solo non si fosse preoccupato
dell’acqua!
―
Cos’è quella faccia? ― le chiese Jasper ― Ti ha
baciata? ― a quella domandò,
Bella, tentò di rispondere, ma ottenne solo dei gesti
sconfusionati e senza
senso.
― Frena,
frena, frena! ― la interruppe Jasper ― Prendi un respiro profondo e
spiegami,
ma con calma, prego! ― Bella fece quello che le era stato chiesto e
provò a
farsi capire dal suo piccolo, quanto intelligente, amico.
Nel
frattempo, affacciato al balcone della sua stanza, Edward stava
contemplando il
mare. L’ho quasi baciata,
pensò
sorridendo. Era stato bene con lei, quella giornata. In
verità, doveva
ammetterlo, stava bene da quando Isabella, come per magia, era apparsa
nella
sua vita, su quella spiaggia solo pochi giorni prima. Cos’era
che lo
tormentava, allora?
―
Ti ho mai vista davvero? ― si sorprese a pensare ad alta voce. Jacob,
accanto a
lui, abbaiò come in risposta ― Sai Jake, a volte ci penso
ancora a quella
ragazza. Che l’abbia soltanto immaginata? ― il cane, dal
canto suo, abbaio
ancora, facendo ridere di gusto Edward.
―
Figliolo? ― lo chiamò Carlisle, bussando alla porta ― Posso
entrare?
―
Certo, papà. Entra pure.
―
Come stai, Edward? ― domandò Carlisle, raggiungendo il
ragazzo fuori dal balcone
― E Bella, come se la sta passando?
―
Da quando ti interessa di Bella, papà? ― chiese il ragazzo,
incurvando un
sopracciglio ― Com’è che avevi detto, quando
l’ho portata a casa? ― si finse
pensiero ― Ah, sì! “Attento figliolo! –
borbottò, imitando la voce di suo padre
– Potrebbe essere una spia!” ― concluse, scoppiando
a ridere.
―
Oh beh, dai… ― parlottò Carlisle, diventando
rosso per l’imbarazzo ― Sono
leggermente fissato, su alcune cose.
―
No, sei paranoico, papà.
―
E va bene, sono paranoico. ― acconsentì Carlisle ― Ma una
persona può
ricredersi, no? Ebbene, è successo a me. Trovo che Isabella
sia una ragazza
molto, molto carina.
―
Già, l’ho notato anche io.
―
E allora cosa ci fai qui, solo nella tua stanza, a fissare
l’oceano con
quell’aria da cane bastonato? ― a
quell’affermazione, Jacob, si sentì tirato in
causa ed abbaiò ― Oh scusa, Jacob! ― disse Carlisle,
accarezzandogli la testa ―
Non mi venivano altri paragoni.
―
Non lo so, papà. ― rispose amareggiato.
―
Non starai pensando ancora a quella ragazza fantasma, spero.
―
E tu come lo sai? ― domandò Edward, voltandosi di scatto.
―
Tu madre. ― rispose Carlisle, ridacchiando ― Posso darti un consiglio,
figlio
mio? ― Edward annuì, così egli
proseguì ― Perché sprecare tempo a pensare ad
una ragazza di cui non sai nulla, neppure se è mai esistita
davvero, quando ne
hai una vera, nella stanza accanto? Isabella è un ragazza
molto dolce e
sensibile… Non ti ho mai visto così spensierato e
felice, in tutta la tua vita.
Isabella ti fa bene, Edward. Perché non ti concentri su di
lei, invece che
stare qui a pensare ad un’allucinazione dettata dalla
stanchezza? ― le parole di
suo padre lo colpirono.
Carlisle
aveva ragione, si ritrovò a riflettere, mentre
l’uomo usciva dalla sua stanza. Perché
continuare ad aggrapparmi a qualcuno
che non esiste?, pensò. E
anche se
esistesse, perché dovrei avere la fortuna di incontrarla di
nuovo?
Dopo
una notte insonne, si rese conto che la bellissima trovatella
meritava un’opportunità e che, nonostante tutto,
lui
voleva dargliela.
La
mattina seguente, Bella, si svegliò serena e assolutamente
riposata. Quello che
gli umani chiamavano “letto” era la cosa
più comoda che avesse mai provato,
anche meglio della sua adorata conchiglia.
Jasper,
per tutta la notte, le aveva spiegato tutto quello che avrebbe dovuto
sapere su
“come conquistare un essere umano”, ma la sirena
aveva trovato le sue parole
piuttosto confusionarie.
―
Il fatto che tu non parli, tesoro, non compromette niente! ― aveva
detto il
piccolo granchio ― Agli esseri umani, di sesso maschile, le parole
stanno
strette. Preferiscono i fatti, capito?
No, aveva pensato la giovane,
non capito affatto! Jasper le
illustrò, così, tutte le tattiche di seduzione
possibili affinché Edward la
baciasse.
Saltò
giù dal letto, lavandosi e vestendosi, e scese ai piani
inferiori.
Il
rito della colazione le piaceva particolarmente – anzi, era
proprio il cibo
umano a piacerle particolarmente.
―
Ciao, Bella. ― la salutò Esme, seduta al grande tavolo di
cristallo pregiato
del salotto ― Come stai, oggi? Siediti pure con noi, cara.
Isabella
accettò l’invito, salutando Carlisle –
che sedeva a capo tavola, con un
giornale in mano –, ma continuò a guardarsi
intorno, irrequieta.
―
Se stai cercando Edward… ― parlò il capofamiglia,
abbozzando un sorriso ― È
andato a fare surf mattutino. È fuori già da
un’ora, rientrerà tra poco…
Sta’
tranquilla! ― a quelle parole, Bella, si rilassò e
cominciò allegramente a
mangiare.
Erano
passate ore, ormai, ma di Edward non vi era ancora alcuna traccia.
Anche i signori
Cullen, adesso, cominciavano a preoccuparsi. Sapevano che quando il
giovane
diceva una cosa, questa veniva rispettata; inoltre, non aveva mai fatto
così
tardi col surf. Era quasi ora di pranzo, ed Edward mancava ormai da
cinque ore.
―
Carlisle! ― lo chiamò Esme, agitata ― Non credi che dovremmo
andare a cercarlo?
Magari gli è successo qualcosa!
―
Tesoro, stai calma. ― cercò di tranquillizzarla suo marito ―
Sono sicuro che
nostro figlio sta bene.
―
Ma non è ancora rientrato!
―
Esme, sta’ tranquilla. Ho mandato qualcuno a
cercarlo… ― Bella smise
all’istante di ascoltare e si precipitò in camera
sua. Doveva trovare Jasper!
Insieme a lui e ad Emmett, lo avrebbe trovato.
Appena
varcò la soglia, inciampò nei suoi piedi, e si
ritrovò a terra. Davanti a lei c’era
il piccolo granchio rosso.
―
Isabella, ma non hai ancora imparato a camm… ― non lo fece
finire di parlare,
che subito lo prese tra le mani, agitandosi come una pazza.
―
Ehi, ehi, ehi! Frena! ― tentò di parlare Jazz ― Per tutti i
molluschi del mare,
Bella! Non sto capendo niente!
Edward!, urlò mentalmente la
fanciulla. Non si trova, Jasper! Non si
trova!
Nemmeno
il granchio riuscirò a comprendere per qualche motivo la
voce della sua giovane
amica gli stesse rimbombando nella mente, fatto era che riusciva a
capirla.
―
Come non si trova? ― domandò, angosciato ― Da quanto
è sparito? Vuoi che
perlustro l’oceano con Emmett? ― Bella annuì,
mentre i suoi occhi si riempirono
di lacrime amare.
Il
tutto successe all’improvviso: non appena Jasper
uscì dalla finestra, il grido
di sollievo di Esme arrivò dal piano inferiore. Edward era
tornato.
A
quella rivelazione, Bella, si precipitò di sotto.
Inciampò svariate volte, ma
non aveva tempo per cadere, doveva arrivare dal suo amato.
―
Edward, ci hai fatto preoccupare. ― disse Carlisle, dando al figlio una
pacca
sulla spalla.
―
Potevi avvertirci! ― lo rimproverò dolcemente, Esme ― Non
avevi il cellulare
con te?
―
Scusatemi. ― disse lui, guardando fisso di fronte a sé ― Non
era mia
intenzione, farvi preoccupare. ― la sua voce era strana, sembrava quasi
una
cantilena. Era come se fosse in trance.
Sul
momento, Isabella, non ci fece caso; era semplicemente contenta che lui
stesse
bene. Non si rese nemmeno conto della fanciulla, dai lunghi capelli
biondi, che
era alle spalle del ragazzo.
―
Edward… ― parlò la ragazza, affiancandolo ― Non
mi presenti alla tua famiglia?
―
Certo. ― rispose lui, inespressivo ― Mamma, papà, questa
è Taissa. ― tutti,
compresa Bella, si voltarono a guardarla.
Era
una ragazza molto bella, alta e slanciata; il corpo era minuto con
forme
perfette. I capelli, mossi, risplendevano di un biondo accecante; gli
occhi,
invece, era di un intenso celeste.
Chi
è questa ragazza?, si ritrovò a
domandarsi
Bella.
―
Piacere di conoscerti, Taissa. ― parlò Carlisle, facendole
il baciamano ― Sei
nuova? Non ti ho mai vista da queste parti… ― per natura, il
signor Cullen, era
una persona diffidente.
―
Come hai conosciuto Edward? ― si intromise Esme.
―
Questa mattina, signori. ― rispose Taissa, timidamente ― Mi ha
insegnato a fare
surf. È stato davvero molto dolce e paziente… ―
concluse, arrossendo.
Una
fitta di dolore vero, squarciò il cuore di Bella quando
sentì pronunciare
quelle parole. Le ha insegnato a fare
surf…, pensò tristemente, è stato
dolce e comprensivo con lei.
―
Mamma, papà. ― annunciò Edward, abbracciando
Taissa ― Forse a voi sembrerà una
pazzia, ma voglio sposare questa ragazza!
―
Cosa?! ― urlarono all’unisono Esme e Carlisle.
Non
può essere!, pensò Bella,
sull’orlo
delle lacrime. Chi era quella ragazza? E perché Edward, dopo
che aveva tentato
di baciarla, voleva sposare lei?
―
Me ne sono innamorato… ― sussurrò lui,
sfiorandole una guancia con le dita ― È lei,
capite? ― continuò, incrociando gli
occhi dei suoi genitori ― Lei è la ragazza che ho visto
quella notte! Non sono
pazzo, lei esiste davvero e il destino ha voluto che io la trovassi! ―
il cuore
di Bella si ruppe in mille pezzi, definitivamente.
―
Figliolo, non credi che sia tutto molto affrettato?
―
Ha ragione tuo padre. ― lo spalleggiò Esme ― Inoltre, hai
detto tu stesso che
la ragazza che hai visto quella notte non aveva i capelli biondi, ma
scuri. Non
l’hai neppure vista in faccia!
―
Ma io amo Taissa, mamma! ― quasi ringhiò il giovane dagli
occhi spenti ― E la
sposerò! Questa sera stessa!
―
E Isabella? ― gli chiede Carlisle, attirando l’attenzione
anche della sirena ―
Non stavi provando qualcosa per lei? ― a quella domanda, Bella, si fece
avanti.
Incrociò gli occhi di Edward e un brivido di freddo le
scivolò lungo la
schiena. I suoi soliti smeraldi liquidi, adesso, non risplendevano
più come
prima; erano spenti, di svariate tonalità più
scure.
―
Lei non è niente, per me, papà. ―
parlò Edward ― Forse sarebbe il caso,
perfino, di cacciarla di casa.
Non
poteva sentire altro. Isabella oltrepassò la soglia di casa
e uscì, dirigendosi
sulla spiaggia. Piangeva, come non aveva mai fatto in tutta la sua
vita. Il
dolore che percepiva era intenso e lacerante, le impediva persino di
respirare.
Corse
per ore, senza trovare una meta sicura. Ma la stanchezza era troppa, e
dovette
fermarsi.
Si
sentiva sola, Bella, abbandonata a se stessa. Non era ancora pronta per
diventare schiuma di mare… Ma era quello che, a breve,
sarebbe successo.
―
Bella… ― si sentì chiamare. Si guardò
intorno, ma non c’era nessuno accanto a
lei, se non un’immensa scogliera. Si raggomitolò
su se stessa, pregando che
tutto finisse in fretta.
Avrebbe
fatto male? Si domandava. Sarebbe stato doloroso? Tante domande, ma
nessuna
risposta. Papà…,
pensò e continuò a
singhiozzare. Charlie l’avrebbe mai perdonata? E Rosalie,
Alice? Le sue sorelle
l’avrebbero mai capita?
Uno
spruzzo d’acqua e un fischio attirarono la sua attenzione.
―
Finalmente, bella fanciulla! Ti sto chiamando da mezzora!
Emmett!, pensò Bella,
tuffandosi
nell’oceano per abbracciare il suo amico.
―
Bella, mi stai soffocando… Bella, vanno bene le effusioni,
però qui si
esagerata! ― a quelle parole, la ragazza, si allontanò
mordendosi il labbro
inferiore. Scusa, pensò.
―
Non ti preoccupare, sono un pesce palla forzuto! ― disse, piegando le
pinne ―
Guarda che roba, muscoli di ferro, dolcezza! ― Bella alzò
gli occhi al cielo,
ma sorrise appena.
―
Jasper era nei paraggi, questa mattina… ―
sussurrò Emmett ― Mi dispiace
moltissimo, Bella. Ora cosa farai? Davvero diventerai schiuma di mare?
―
tristemente, Bella, annuì a quella domanda. Aveva fallito, e
quella era la sua
punizione. La strega del mare non le avrebbe concesso una seconda
opportunità e
comunque, anche se lo avesse fatto, non aveva i mezzi per
rintracciarla.
Un
canto, in quel momento, arrivò alle orecchie dei due amici,
gelandoli sul
posto. Era una voce dolce e melodiosa… Una voce che sia
Bella che Emmett
conoscevano bene.
―
Ma… ma è la tua
voce! ― urlò il
piccolo pesce palla, sgranando gli occhi dorati ― Ma
com’è possibile?
―
La strega del mare! ― strillò Jasper, saltando in testa a
Isabella ― La ragazza
che Edward ha portato a casa è Tanya! Ha usato la tua voce
per ammaliarlo,
Bella! Dobbiamo fare qualcosa e subito!
―
Cosa? ― chiese Emmett, sconcertato ― Ma sei sicuro di… ―
Bella non rimase ad
ascoltarli un minuto di più. Si alzò di
scattò e cominciò a correre verso villa
Cullen.
―
Vai a chiamare il Re! ― urlò Jazz, tenendosi saldo ai
capelli della giovane ―
Portalo in superficie, porta tutti i superficie!
Quando
arrivò nei pressi di villa Cullen, Bella, notò la
ragazza bionda affacciata
alla terrazza di Edward. Il ragazzo, notò la sirena, era
sdraiato immobile sul
letto. Inerme. È sotto incantesimo!,
pensò Bella, colma di rabbia.
Non
si era accorta, purtroppo, che stava già scendendo la sera.
Le restava poco
tempo. Ma non era quello che, adesso, le interessava. Voleva salvare il
ragazzo
che amava, poco importava se al sorgere dell’alba lei non ci
sarebbe più stata.
―
Guarda chi si vede! ― disse Tanya, accarezzando con le dita il
davanzale bianco
― Pensavo fossi a piangere da qualche parte.
Tu!
Dannata, strega!,
sbraitò Bella, conscia
che lei potesse leggerle nel pensiero.
―
Ammetto di averti sotto valutata, sai? ― domandò la strega,
appoggiando i gomiti
sul marmo bianco ― Hai capito chi sono, me ne compiaccio. Peccato che
non ti
servirà a nulla, mia cara sirenetta! Le tenebre stanno
calando e il sole,
quello del nuovo giorno – del quarto giorno, per la
precisione –, sorgerà
prestissimo!
Perché
mi hai imbrogliata?, le chiese la sirena. Cosa ti ho fatto di male? Volevi la mia
voce, te l’ho data! Abbiamo stretto un patto e tu…
―
Io, cosa? ― chiese, scoppiando a ridere ― Credevi davvero che ti avrei
lasciata
vincere? Sai perché ho fatto tutto questo, ragazzina? Solo
ed esclusivamente
per vendetta! Non credevo che una
sciocca e insulsa sirena potesse far innamorare un giovane
così ricco e bello!
Lui
mi… ama?, si chiese la fanciulla.
―
Certo, mia piccola ingenuotta. Contenta? Morirai, sapendo
ciò che hai perso! ―
concluse, ridendo malefica.
Isabella
si mise a correre, cercando di entrare in casa, ma il suo ingresso fu
ostacolato da tutte le guardie che la famiglia Cullen aveva per
sicurezza. Sono tutti sotto il suo controllo,
pensò
Bella, cercando un modo – un qualsiasi modo – per
raggiungere Edward.
―
Bella, Bella! ― la chiamò Emmett, riemergendo
dall’oceano ― Tuo padre sta
arrivando! ― a quella rivelazione, il cuore della sirena si
scaldò un poco.
Forse c’era ancora una speranza.
―
COSA!? ― tuonò Tanya, facendo scoppiare un temporale ― Il
Tritone in
superficie? Come’è possibile? Perché? ―
si domandò, battendo i piedi come una
bambina capricciosa.
―
PERCHÉ È MIA FIGLIA, TANYA! ― urlò
Charlie, emergendo fiero e possente, dagli
abissi del mare.
Papà!, pensò Isabella,
correndogli incontro.
―
Bambina mia… ― sussurrò il Tritone tra i capelli
castani di sua figlia ― Ti ho
cercata dappertutto, non sai quanto sono stato in pena per te.
Ti
voglio bene, papà!, disse mentalmente
Isabella, tra le lacrime. Non sai quanto
mi sei mancato!
― Che
scenetta commovente. ― sibilò Tanya che, ora, era in piedi
sul tetto della
villa ― Cosa c’è, Charlie? Hai cambiato idea sugli
esseri umani, adesso che tua
figlia è una di loro!?
―
Taci, strega! ― le ordinò lui, facendo agitare
l’acqua e vibrare il tridente
nelle sue grandi mani ― Come ti sei permessa di ingannare mia figlia?!
―
Oh scusa, dovevo prima chiederti il permesso?
―
Spezza il patto, Tanya! Spezzalo adesso!
―
Neanche per sogno, Tritone. ― rispose la strega, mentre una forte
tempesta si
stava abbattendo su tutta Sydney ― Vedrai tua figlia morire, come io ho
visto
perire il mio amore!
―
Ma di cosa stai parlando? ― urlò Charlie, tenendo stretta
Isabella, affinché le
onde non la trascinassero via ― Per cosa ti stai vendicando, Tanya? Se
ce l’hai
con me prenditela con me, non usare mia figlia!
―
Papà! ― lo chiamarono Rosalie ed Alice che, seguendolo,
erano riemerse in
superficie ― Bella! ― urlò quest’ultima,
stringendo spasmodicamente sua
sorella.
―
Bella, ma tu hai… ― cominciò Rosalie, ma venne
interrotta da Alice.
―
…le gambe! ― Isabella sorrise appena, credendo che in quelle
condizione le due
sirene non volessero più avere nulla a che fare con lei.
Quanto si sbagliava.
―
Sei bellissima. ― sussurrò Rosalie, accarezzandole i
capelli. Bella sgranò gli
occhi, sorpresa da quelle parole, e si tuffò nella braccia
di sua sorella
maggiore.
Il
momento era troppo perfetto perché durasse. Tanya, infatti,
richiamò su di sé
l’attenzione. Agitò il mare, facendo illuminare il
cielo; tuoni e saette
rimbombarono furenti, facendo muovere le onde e le palme. Nemmeno gli
abitanti
del mare riuscivano a stare ancorati al loro posto; molti, infatti,
vennero
trascinati via dalla corrente.
―
Adesso smettila, Tanya! ― urlò Rosalie, fronteggiando la
strega ― Sei stata
troppo tempo sola e adesso vuoi divertirti?
―
Già! ― la spalleggiò Alice ― Non mi sei mai
piaciuta, nemmeno quando eri una sirena!
― a quella frase, Bella, sgranò
gli occhi, di nuovo. Tanya era una
sirena?
―
Prendetevela con vostro padre! ― sbraitò la strega, facendo
infuriare ancora di
più la tempesta ― È colpa sua se vostra sorella
morirà!
―
Che cosa ti ho fatto, Tanya? ― domandò Charlie ― Eri
diventata un pericolo per
il mio Regno! Sei stata implicata nell’assassinio di mia
moglie!
―
Cosa?! ― chiesero le tre sirene – chi a voce, chi no.
―
Tu hai ucciso Felix! ― lo accusò la strega, inferocita.
―
Aveva ucciso Renée!
A
quel nome, Bella, si bloccò. Non aveva più
sentito suo padre pronunciarlo, da
quando sua madre era morta. Renée era la sirena
più bella che fosse mai esistita.
I lunghi capelli castano chiaro, contrastavano nettamente con i suoi
occhi
azzurro ghiaccio. Aveva un sorriso che contagiava… La sua
coda, di un
particolare verde/viola, era la più lunga e lucente di tutto
il Regno di
Atlantica. Bella, a differenza delle sue sorelle, la ricordava poco.
Non sapeva
quasi nulla persino della sua morte. Quando Renée era viva,
la vita marina era
molto diversa; Charlie era molto diverso. Più allegro,
più spiritoso… Più padre
e meno sovrano. Ma quando la sua amata morì,
cambiò tutto.
―
Io ucciderò tua figlia e il suo amore! ― strillò
la strega. Teneva fra le
braccia un Edward addormentato, mentre ella stava riprendendo le sue
oscure
sembianze. Si tuffò in acqua, lasciando che il corpo del
giovane sprofondasse
negli abissi.
Bella,
istintivamente, scappò via dalle sue sorelle e
seguì il corpo di Edward che,
lentamente, stava raggiungendo il fondale.
―
Bella! ― urlò Alice.
―
Non sei una sirena! Hai bisogno di ossigeno, torna indietro! ―
tentò Rosalie ―
Vado a riprenderlo io, ma tu torna in superficie! ― Bella,
però, non le
ascoltò.
Aveva
ormai raggiunto Edward, quando la strega del mare trascinò
entrambi ancora più
giù.
―
Lasciali andare, Tanya! ― strillò il Tritone, puntandole
addosso il tridente.
―
Spara, Re Tritone! ― lo incitò lei ― E ucciderai anche tua
figlia!
Isabella,
ormai quasi priva di sensi, tocco il cuore di Tanya. Stava tentando di
rompere
la conchiglia, il luogo dove si nascondevano la sua coda e la sua voce.
Solo
così sarebbe stata in grado di salvare la sua famiglia
e… Edward. Ma quello che
accadde la lasciò senza fiato.
Vide
tutto ciò che successe molti anni prima: sua madre,
Renée, che veniva pescata
da un branco di pescatori; le loro torture. Vide una ragazza bionda,
umana,
amare uno di quei pescatori. Quella ragazza era Tanya… Aveva
usato lo stesso
incantesimo che aveva donato a Bella, con l’inganno, per
trasformarsi in un
essere umano. Non poté vivere il suo amore, però,
perché Charlie, suo padre,
uccide tutti i responsabili delle atrocità fatte a sua
moglie. Tanya, scampata
al disastro, tornò negli abissi, ma non riuscì a
riprendere l’aspetto di una
sirena. Si trasformò così in una mezza piovra.
Quando il Re scoprì che la
ragazza dai capelli biondi altri non era che Tanya, la bandì
dal Regno, esiliandola.
Da quel momento in poi, Tanya, fu chiamata – per diverse
ragioni – la strega
del mare.
Tutto
passò molto velocemente nella sua testa. Il ricordo di
quegli istanti era
confuso… La conchiglia si aprì, donando alla
ragazza la sua coda e la voce. Ma
era troppo tardi. Il corpo di Edward le scivolò via dalle
mani, come la sua
vita umana scivolò via, giù, in quei tetri
abissi. Il buoi arrivò prepotente,
inghiottendo ogni cosa.
―
Bella? ― chiamò una voce lontana ― Bella, ti prego. Bella,
svegliati… ― chi era
che la chiamava? E cosa voleva da lei? ― Bella, sono io, sono
Edward… Bella,
apri gli occhi. ― solo allora la ascoltò.
―
Edward…? ― sussurrò piano, aprendo lentamente gli
occhi.
―
Rose, Rose, si sta svegliando!
―
Lo vedo, Alice!
―
Ma la piccoletta è sempre così? ―
domandò Edward a Bella, regalandole il suo
bel sorriso sghembo ― Come ti senti?
―
Non so. ― rispose a voce alta, la sirena ― Frastornata. Ma…
Oddio, sto
parlando!
―
Tuo padre ha sistemato la strega del mare. ― rispose il ragazzo ― Tutto
è bene,
quello che finisce bene… O almeno, la maggior parte. ―
concluse tristemente,
abbassando gli occhi. Bella seguì il suo sguardo e rivide la
sua lunga coda
verde.
―
Oh no! Tu non dovresti vedermi così!
―
E perché? Sei una sirena molto, molto bella…
―
Baciala, scemo! ― urlò Alice, ricevendo uno scappellotto da
Rosalie.
Edward,
però, accettò il consiglio e premette le sue
labbra su quelle della sirena.
Erano
sulla spiaggia, proprio sopra il bagno-asciuga. La linea perfetta in
cui terra
e mare si univano. Il bacio fu dolce, passionale, ma soprattutto
stracolmo di
amore.
―
Ti amo, Isabella. ― sussurrò lui, sulle sue labbra ― Ti amo
da quando ti ho
sentita cantare per me, quella notte; da quando ho incontrato i tuoi
occhi
color del cioccolato, quella mattina. Ti amo da quando ti ho vista
ridere; da
quando ho capito che hai dato un senso alla mia vita, che priva di te
era priva
di colore.
―
Ti amo anche io, Edward. ― rispose lei, sfiorandogli nuovamente le
labbra ― Ma
come possiamo fare, adesso?
―
Potrei vivere con te nell’acqua! ― scherzò ―
Pensaci, mi faccio un accampamento
su uno scoglio e quando la mia pelle è troppo raggrinzita
esco! Sono un nuotare
eccellente!
―
Oh, com’è romantico… ―
sospirò sognante, Alice.
―
Che mi venga un colpo! ― ribatté Rosalie, dandosi una manata
in faccia.
―
Non posso chiedertelo, Edward. ― disse Bella ― Che vita sarebbe, per te?
―
La mia vita sei tu. Non mi importa di nient’altro.
―
Oh, com’è… ― tentò di nuovo
Alice, ma Rosalie la anticipò.
―
Alice, ridillo e ti affogo!
―
Ami davvero mia figlia? ― chiese Charlie, avvicinandosi maggiormente
alla riva.
―
Con tutto me stesso, sua Maestà.
―
E tu, Isabella, ami davvero questo ragazzo?
―
Sì, papà. ― rispose Bella, avvicinandosi al
Tritone ― Ho visto tutto, papà. Ho
visto quello che hanno fatto alla mamma… Ma non tutti gli
esseri umani sono
così, papà! Edward e la sua famiglia sono brave
persone…
―
Adesso l’ho capito, figlia mia. ― rispose, baciandole la
fronte.
Una
luce calda venne sprigionata dal tridente di Charlie; avvolse Bella,
dolcemente,
e la portò a qualche centimetro da terra. A mano a mano, la
sua coda, venne
sostituita da due gambe lunghe e lisce, fasciate da un paio di jeans
aderenti.
Il reggiseno di conchiglie lilla, lasciò il posto ad un
semplice bikini bianco,
ricamato con fiori viola; sulla spalle, poi, apparve una leggera giacca
di
jeans, abbinata ai pantaloni.
Quando
la ragazza toccò la sabbia coi piedi non poté
credere ai suoi occhi. Charlie,
il suo adorato papà, l’aveva trasformata in un
essere umano, senza patti e senza
inganni; senza clausule e senza scadenza.
―
Sii felice, figlia mia. ― disse il Tritone, mentre lentamente
scompariva
all’orizzonte ― Verrò a trovarti, Isabella!
Verremo tutti a trovarti, un
giorno!
―
Ti voglio bene, papà! ― urlò Bella, in piedi
sulla riva ― Voglio bene a tutti
quanti! E vi aspetterò, vi aspetterò
finché vivrò!
Due
braccia forti le cinsero la vita, mentre guardava suo padre scomparire,
nelle
profondità dell’oceano. Non lo avrebbe
più visto spesso, ma sapeva che lui le
voleva bene e che, se avesse mai avuto bisogno, lui ci sarebbe sempre
stato.
―
Ti sei pentita? ― le domandò Edward, appoggiando il suo
mento sulla sua spalla.
―
No. ― rispose semplicemente lei. Si voltò e lo
baciò dolcemente.
Fu
così che, mano nella mano, tornarono nella casa che aveva
visto nascere il loro
innocente sentimento.
Da
quel giorno, Edward e Bella, non si separarono mai più. Al
contrario, vissero
felici e contenti, insieme, per tutta la vita.
FINE.
.
Eccomi di nuovo qui a
mettere l'ennesimo punto ad una mia storia. Spero che questa piccola
parentesi fiabesca sia stata di vostro gradimento...
Avrei tantissime
cose da dirvi, ma oggi non sto particolarmente bene, ma non volevo
mancare all'appuntamento conclusivo di questa flashfic! Ci tengo,
però, a dirvi GRAZIE!
Soprattutto a chi ha recensito ogni capitolo, ma anche a chi ha voluto
dirmi la sua quando aveva tempo. Ringrazio anche chi ha inserito la
storia tra le preferite, seguite e nelle storie da ricordare. Sono i
lettori a rendere grande una storia, non solo chi la scrive...
Perciò grazie a tutti, che mi sostenete sempre in qualunque
nuova idea folle! XD
Prima di
lasciarvi vorrei dirvi che Mercoledì - cioè
dopodomani - comincerò la pubblicazione di un'altra
fanfiction (questa volta è una long!) ho voluto fare un
omaggio ad una trilogia che mi è piaciuta moltissimo. Il
titolo della mia storia sarà Edelstein - L'amore attraverso i
secoli. Se vi va di seguirmi anche lì,
Mercoledì venite a farvi un giro nel mio profilo di EFP,
magari l'idea può piacervi :)
Un bacione a tutti! :*
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