Il canto della Sirena.

di Mia Swatt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In principio. ***
Capitolo 2: *** Il suo canto. ***
Capitolo 3: *** Il patto. ***
Capitolo 4: *** Nuova vita. ***
Capitolo 5: *** La sua voce. ***



Capitolo 1
*** In principio. ***


'sera a tutti! Qualcuno mi conoscerà, altri si staranno chiedendo chi diavolo io sia XD
Ho già una storia in corso nel fandom di Twilight, ma ho pensato di cominciare a postare anche questa piccola flash che avrà CINQUE CAPITOLI! Premetto che non è un'idea nuova, in quanto la trama è un insieme della meravigliosa favola Disney "La Sirenetta", ma avrà anche qualcosa della sua originale scritta da Christian Andersen. Ovviamente, il tutto, sarà contornato da qualche cambiamento di mia invenzione! Adoro prendere ispirazione, ma mi piace sempre inserire qualche chiave nuova nella narrazione.
Detto ciò vi lascio al capitolo e buona lettura!
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Il canto della Sirena

Il mio slancio è infinito come il mare, e non meno profondo è il mio amore;
più te ne dono più ne posseggo, perché entrambi sono infiniti.

William Shakespeare.

1.
In
principio

Cera una volta, tanto tempo fa, un regno fatto completamente di cristallo. Questo impero non si trovava sulla Terra, bensì in fondo al mare.
Tutti, laggiù, vivevano in pace, governati da un sovrano saggio e giusto: Re Tritone, meno conosciuto come Charlie. Il Re aveva tre figlie: Rosalie, la bella sirena dalla lunga chioma bionda, nonché sorella maggiore; Alice, la piccola sirena da una sbarazzina capigliatura nera; e, per finire la più giovane delle sue tre figlie, Isabella.
Bella, così si faceva chiamare da tutti i suoi amici del mare, era la più sognatrice delle sirene. Due occhi color cioccolato, incorniciati in un pallido viso a cuore; capelli lunghi, castano scuro, e un sorriso limpido come il cielo d’estate.

Il cielo…, pensava spesso Bella. Come avrebbe voluto, un giorno, nuotare fino in superficie e vedere il sole. Vederlo davvero. Sapeva, però, che questo era proibito dalle leggi marine, in quanto a nessuna sirena era concesso di entrare in contatto con gli umani. Bella aveva sempre trovato questa legge molto, molto stupida.
Mentre nel castello di cristallo si stava tenendo un grande ricevimento, Bella, accompagnata dal suo fidato pesce palla Emmett, stava scorrazzando per l’oceano alla ricerca di oggetti preziosi. Adorava quelle cianfrusaglie; quegli oggetti talmente terrestri e strani di cui non aveva la minima idea di cosa fossero realmente.
― Bella, guarda qui! ― disse Emmett, trovando un grazioso oggetto luccicante. La sirena non se lo fece ripetere due volte. Agirò la cosa e, in men che non si dica, fu affianco al suo grassoccio amico.
― È fantastico! ― strillò lei, emozionata ― Ma che cos’è?
― E lo chiedi a me? Forse Jazz lo sa! ― rispose Emmett, agitando la sua pinna.
Era un pesce molto carino: totalmente azzurro, eccezion fatta per pinne e rifiniture nere. Ma il dettaglio che più piaceva a Bella erano i suoi grandi occhi dorati.
― Ma Jasper è sempre bisbetico, Emmett! ― sbuffò la piccola sirena, continuando a guardare il suo nuovo oggetto ― Assomiglia al tridente di papà! Solo che questo ne ha di più e tutti uguali!
― Magari è il simbolo di qualche sovrano umano! ― tentò di indovinare il piccolo pesce.
L’oggetto che entrambi avevano trovato, altri non era che una semplice forchetta d’argento pregiato.
― Guarda lì! ― urlò Bella, sbattendo la coda e si direzionò verso il relitto di una vecchia nave ― Sai quante cose bellissime ci saranno? Non vedo l’ora! Andiamo, Emmett!
― Bella, ma non ci staremo dimenticando qualcosa? ― chiese Emmett, mentre seguiva la sua migliore amica.

***

Intanto a casa di Bella, tutto il mondo marino era radunato per i grandi festeggiamenti.
Il Re Tritone sedeva sul suo trono d’oro, annoiato come sempre; Rosalie ed Alice chiacchieravano tra loro, cercando di allontanare giovani tritoni invadenti.
― Te ne sei accorta, sorella? ― domandò la sirena bionda, con fare distratto.
― Certo che sì, spero solo che non se ne accorga nostro padre! Darebbe di matto, questa volta. ― rispose Alice, scuotendo la testa sconsolata.
― Quella sirena è davvero una piccola peste! ― strillò Rosalie, giocherellando con il suo drink ― Questa feste è in suo onore. È il suo compleanno e lei dov’è?
― Sai com’è fatta, Rose. ― sospirò Alice ― Bella è diversa da noi… Lei sogna la Terra e tutto ciò che ne fa parte…
― Che idiozie! ― strillò la bionda, con aria stizzita ― Non la capisco proprio. Qui ha tutto ciò che chiunque, esseri umani compresi, desidererebbe! Ma lei non è mai contenta! ― uno squillo di trombe attirò l’attenzione, interrompendo il discorso di Rosalie.
Tutti gli invitati alla festa si voltarono, affinché i loro occhi fossero puntati sul Re. Charlie, il sovrano Tritone, si alzò con un dolce sorriso stampato in volto. Era un uomo molto bello: notevolmente muscoloso, capelli lunghi castani – come i lunghi baffi che possedeva –, il tridente reale sempre in mano e, per finire, la sua lunga coda blu e azzurra.
― Vi ringrazio per essere venuti tutti qui! ― disse, con tono imperiale ― Questa feste è molto importante per me e per la mia famiglia. Oggi, Isabella, la mia terza figlia compie diciassette anni. Tutti noi abbiamo voluto rendere questo giorno speciale.
Tutti gli invitati cominciarono ad applaudire, entusiasti. Nel frattempo, Alice e Rosalie, si scambiarono un’occhiata preoccupata. Non appena loro padre avrebbe chiamato il nome di Bella, lei non sarebbe apparsa.
― Jasper! ― lo chiamò Alice, afferrandolo per le chele. Il piccolo granchio rosso sgranò gli occhi, due occhietti neri come il petrolio, e si immobilizzò all’istante.
― Cosa posso fare per lei, signorina Alice?
― Bella è sparita!
― Che cosa?! ― urlò Jasper, cominciando con le sue solite recite drammatiche ― Ma perché quella ragazza deve comportarsi così? E adesso cosa dirò al Re? Oddio, mi ucciderà! E avrebbe anche ragione… Isabella, Isabella, Isabella! Ah! Cosa combini, ragazza mia! Per colpa sua adesso diventerò i resti di un granchio!
― Continuerai ancora per molto, Jasper? ― lo interruppe Rosalie, fulminandolo.
― No, ho finito, Miss.
― Bene, adesso possiamo escogitare qualcosa prima che…
― ISABELLA! ― tuonò il Re Tritone ― Dov’è mia figlia?!
― Troppo tardi. ― parlò Alice ― Papà lo ha appena scoperto.

***

Più tardi, quello stesso giorno, la piccola quiete di Bella fu interrotta da una furibonda strigliata di suo padre.
― Cosa ti è saltato in mente, Isabella!? ― tuonò Charlie, quando ormai tutti gli invitati avevano lasciato il regno. La festa, purtroppo, era stata un vero disastro.
― Me ne sono dimenticata…
― Dimenticata!? ― gridò suo padre, furente ― Sono mesi che ti sto dicendo di questa festa, Isabella. MESI! Cosa avevi di più importante da fare?
― Ehm ecco io…
― Sì?
― Ero in giro, papà.
― A fare cosa, Isabella? ― domandò ancora suo padre, senza ottenere risposte precise. Bella sapeva che non poteva rispondere; sapeva che se Charlie avesse saputo che era andata ancora alla ricerca di un contatto con i terrestri si sarebbe infuriato. Il silenzio, però, si rivelò un’arma a doppio taglio. Gli occhi scuri del Tritone si allargarono, trasformandosi in due voragini nere. Il fondale marino tremò, mentre il tridente – nelle sue mani – vibrò, esplodendo con tutto il suo potere.
― Di nuovo!? Sei andata di nuovo alla ricerca di un contatto con gli umani? Isabella, RISPONDI! Subito!
― Non ho fatto niente di male! Non sono tornare sulla superf… ― la sirena ti tappò la bocca, ma era troppo tardi.
Superficie!? ― le domandò ruggente ― Sei stata in superficie? Ma cosa devo fare con te, cosa! Non puoi davvero cercare un contatto con quei… quei… con quegli esseri!
― Sono come noi, papà! Ma tu non capisci, non puoi capire! Tu li disprezzi, senza neanche un motivo!
― Noi apparteniamo agli abissi, Isabella! Non alla Terra! E questo non cambierà mai, capito? Mai! ― gli occhi castani della sirena si riempirono di lacrime. Così, voltò le spalle a suo padre e si diresse nella sua stanza.
― Bella! ― la chiamarono all’unisono le sue sorelle, ma lei non voltò. Al contrario, non le degnò di uno sguardo e continuò a nuotare senza tregua.
Le tre sirene erano molto diverse l’una dall’altra. Rosalie, la primogenita, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri – esattamente come sua madre. La lunga coda era viola, di una tonalità molto chiara, abbinata per colore al suo reggiseno di conchiglie. Alice, la figlia di mezzo, era una fanciulla un po’ pazza, ma con le “pinne sul fondale”, totalmente il contrario di sua sorella minore. Il suo sbarazzino caschetto nero, incorniciava il suo chiaro incarnato, facendo risaltare i suoi grandi occhi celesti. La coda era un tenue arancio, abbinata al suo piccolo reggiseno di conchiglie. E poi c’era Isabella, la più fantasiosa, romantica, ingenua e sognatrice delle tre sirene. Lunghi capelli castani, simili ai suoi grandi occhi; una lunga coda verde smeraldo, che non c’entrava niente col suo piccolo reggiseno di conchiglie lilla. Anche in questo, Bella, doveva farsi riconoscere.
― Lui non capisce! ― diceva, singhiozzando sul suo grande letto – una gigante conchiglia rosa, il posto in cui era nata.
― Sai com’è fatto tuo padre… ― cercava di consolarla Emmett ― Lui è il Re, ha il compito di proteggere i suoi sudditi.
― Ma io sono sua figlia, Emmett! E lui non mi capisce.
― Cercare di mettersi in contatto con gli esseri umani non è una grande mossa, Isabella. ― intervenne Jasper, con il suo solenne tono.
― Ma sta’ zitto, tu! ― lo ammonì Emmett, schiacciandolo con una pinna.
― Come, prego? ― domandò Jasper, rimettendosi in piedi dopo la spinta.
― Dovremmo consolarla, non darle addosso!
― Se tu fossi un pesce palla più responsabile tutto questo non succederebbe!
― Non vorrai dire che è colpa mia, adesso!
― È esattamente quello che sto dicendo, invece!
― Smettete voi due! ― intervenne Bella, ridendo ― Siete riusciti a farmi ridere, adesso basta però.
Jasper la guardò stralunato, mentre Emmett sorrideva. Siete riusciti a farmi ridere?, pensò il granchio confuso, ma io le pensavo davvero quelle cose!
― Quando voi, principessina. ― disse Emmett, strizzandole l’occhio. Jasper si diede una chela sulla faccia e tentò di dirigersi all’uscita.
― Aspetta, Jasper! ― strillò Bella, richiamandolo. Lasciò la sua conchiglia e nuotò fin dove nascondeva la preziosa forchetta ― Sapresti dirmi cos’è questa?
― Dove l’hai trovata? ― domandò Jasper, guardando l’oggetto argenteo incuriosito.
― Poco lontano dal palazzo, era dalle parti del vecchio relitto abbandonato. ― spiegò Bella ― Avanti, tu sai cos’è? Me lo dici?
― Non è nulla di che. ― rispose il granchio, gonfiando il petto con l’aria di chi ne sapeva troppo ― Gli esseri umani usano questo aggeggio per pettinarsi i capelli.
― Quindi è un pettine? ― chiese Bella, con un sorriso brillante e sincero ― Forte!
I tre amici restarono nella graziosa camera di Bella tutta la notte, affinché Jasper desse un nome a tutti gli oggetti che Isabella aveva trovato in quelle ore.

***

Era passata una settimana dalla tremenda litigata tra Bella e suo padre, ma le cose sembravano essersi chiarite. Finché le idee di Bella fossero rimaste tali, il Tritone non si sarebbe più arrabbiato. Il problema, però, era che nonostante la sirena non ne parlasse, la sua fissazione per la terra ferma restava sempre là, nella sua mente e nel suo cuore.
― A cosa stai pensando? ― domandò Alice, notando sua sorella affacciata alla grande finestra marina.
― A nulla di particolare. ― rispose Bella, guardandosi intorno ― Dov’è andata Rosalie?
― A cercarsi marito! ― rispose allegra Alice ― Sai com’è fatta. È più grande di noi e si domanda ancora perché mai ancora nessun tritone sia venuto a chiedere la sua mano! ― concluse, scoppiando a ridere.
― Ma non ci si dovrebbe sposare… per amore? ― domandò, timida, Bella.
Alice smise all’istante di ridere e fissò Isabella negli occhi. Restarono in silenzio per minuti interi, senza che nessuna delle due emettesse un suono.
― Sei proprio strana, Bella. ― sussurrò Alice, sospirando ― L’amore… Ci credi davvero?
― Papà si è sposato con la mamma per amore! ― rispose ferma, sua sorella minore ― Quindi, perché sarei strana?
― Papà è papà, Bella. Lui ha avuto la fortuna di trovare la sirena del suo destino. Ma sai cosa si dice degli abitanti del mare: i loro cuori sono freddi come le acque in cui vivono. ― concluse e nuotò lenta, verso la porta.
― Cosa significa? ― gridò Bella, pregando di ricevere una risposta ― Che per noi non è possibile innamorarsi? ― Alice, però, non rispose.

Il mare era immenso e freddo, per chi nuotava in quei profondi abissi. Essere una sirena, però, ti impediva di sentirne il gelo. A differenza degli umani, tutto il popolo del mare, poteva respirare benissimo sott’acqua! E parlare, cantare… L’unica che cosa che una sirena non sarebbe mai riuscita a fare, era ballare. O almeno, ballare come facevano gli esseri umani. Stare in piedi, l’uno di fronte all’altra, e muoversi dolcemente assecondando la musica.
Tra tutti gli oggetti che Bella aveva trovato sul fondale marino, quello che più le piaceva era un vecchio carillon. Da esso partiva una dolce melodia: melanconica all’inizio, più dolce e serena alla fine. Due statuette, incastrate su di esso, ruotavano – danzando – a ritmo di quelle note. La ragazza era molto bella, slanciata e con lunghi capelli mossi dal vento; il ragazzo era affascinante, con aria risoluta e forte. Lui teneva la sua compagna stretta a sé, mentre i loro piedi poggiavano su una superficie solida. La piccola sirena sospirò, tristemente, sedendosi all’entrata di una caverna molto antica.
― Cosa ti prende, Bella? ― domandò Emmett che, in silenzio, stava nuotando con lei.
― Nulla, Emmett. Stavo pensando alla conversazione avuta con Alice.
― Quella sull’amore? ― domandò il rotondo pesce, e la sirena annuì sconsolata.
― Credi che sia come dice lei?
― Non lo so, Bella. L’unica cosa di cui sono certo è che il tuo cuore è grande. ― rispose lui. Sorrise e le lasciò un piccolo bacio sulla guancia.
― Grazie, Emmett! ― disse Bella, avvolgendo il pesce in un soffocante abbraccio ― Ti voglio bene!
Emmett non poté rispondere, perché proprio in quel momento, entrambi, sentirono un sordo boato.
― Cos’è stato? ― domandò Bella, guardandosi intorno.
― Veniva da sopra… Oh no, Bella! No! ― ma era troppo tardi. La piccola sirena stava già nuotando verso la superficie.
Quando portò la testa fuori dall’acqua si rese conto che era notte. La luna – quel cerchio bianco o argenteo che tanto amava – era già sorta, ed era totalmente piena. Nel cielo, però, non vi erano solo le stelle. Tantissimi colori, preceduti da grandi frastuoni, rendevano il cielo magico e brillante.
― Emmett! Hai mai visto niente di così spettacolare?
― No, ma se tuo padre ci scopre…
― Oh al diavolo mio padre! Uh, guarda lì! ― disse, indicando una nave ― Stanno festeggiando qualcosa, andiamo a vedere! ― non attese che il suo amico rispose. Si tuffò in acqua e notò verso il veliero.
Quando vi fu vicina, si arrampicò senza troppi sforzi e si fermò ad un oblò aperto. Ciò che vide la lasciò senza fiato. La sala era fantastica: il pavimento era di un colore rosso acceso; il lampadario in cristallo era enorme e faceva risplendere l’intera sala. Al centro, moltissime coppie stavano ballando, sotto le note di un’allegra musica.
― Andiamo, Edward! ― sentì dire da un uomo. Era molto bello: alto, capelli biondi e occhi chiari ― Non vorrai stare qui, seduto al tavolo, tutta la sera!
― Non mi va di ballare, papà. ― rispose, quello che doveva chiamarsi Edward.
― Figliolo è Capodanno! Divertiti un po’! ― Bella non poteva vedere il suo viso, né tanto meno l’espressione truce che fece il ragazzo ― E va bene! ― si arrese il padre ― Fa’ ciò che vuoi, ma se cambi idea io e tua madre siamo lì! ― Edward annuì, riprendendo a sorseggiare il suo cocktail di frutta e vodka.
Troppo assorta nella discussione, la sirena, non si rese conto che davanti alla sua faccia c’era un cane. Era enorme! Il pelo corto e rossiccio, il muso lungo e gli occhi nocciola. Più che un cane poteva passare per un lupo. Bau!, sentì dire dall’animale, prima che egli le passasse la lingua sulla faccia. Bella restò interdetta, ma continuò a sorridere.
― Jacob! ― urlò il ragazzo, chiamando il cane ― Dove sei finito? Vieni qui, bello! Su! ― e fu allora che Bella lo vide.
Edward era bellissimo, anche meglio di tutti i tritoni che abitavano l’oceano. Il viso era perfetto, dritto e spigoloso. I capelli erano sbarazzini, di uno strano colore bronzeo; gli occhi, invece, erano due gemme verdi. Il cuore della sirena cominciò a battere all’impazzata.
― Cosa stavi facendo lì, eh? ― chiese Edward, giocando con il cane che abbaiò in risposta ― Vediamo! ― a quell’espressione, Bella si spaventò e si ributtò velocemente in acqua.
― Allora? ― domandò Emmett, notando lo sguardo sognante della sua amica ― Cos’hai visto? Cosa c’era? Dai, racconta!
― Per tutti i pesci del mare! ― disse lei, improvvisamente ― È la creatura più bella che abbia mai visto!
― Quello che ti ha lavato la faccia? ― chiese confuso, Emmett ― Non era troppo peloso? Poi, oh, i gusti sono gusti…
― Ma non quello, scemo! Il ragazzo era, era… ― sospirò sognante ― Più bello di tutti i coralli esistenti! Più bello di ogni singola stella marina! ― Emmett non rispose, ma formò una graziosa “o” con le labbra.
― Cosa farai, adesso? ― domandò Emmett, notando lo sguardo pericoloso di Bella.
― Devo rivederlo! ― rispose lei, all’istante.

Mentre nuotavano silenziosi, Emmett sapeva benissimo che tutta quella faccenda si sarebbe trasformata in una grossa bomba pronta ad esplodere, da un momento all’altro.

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Eccoci qui con il primo capitolo di questa storia! Come già detto, essa, è ispirata alla favola della sirenetta. Cosa ne pensate? Fatemi sapere, se vi va! :D
Il prossimo aggiornamento, se vi incuriosisce sapere come proseguirà, è per Lunedì prossimo!


Per chi volesse rimanere in contatto con me, questo è il mio blog: Violet Moon (Blog).

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Capitolo 2
*** Il suo canto. ***


Buon pomeriggio a tutti! Come state? Io sono giorni che non mi fermo un attimo! Sono una formica laboriosa XD *che razza di paragone!*
Volevo ringraziare tutti voi che avete recensito il primo capitolo! Cioè, grazie mille! Già 9 recensioni in una sola pubblicazione *-* vi adoro, non ho altro d'aggiungere! <3
Adesso, quindi, vi lascio al capitolo! E... buona lettura!



2.
Il suo canto

Quando la nave attraccò, Edward, si diresse all’istante nell’auto residenziale. La famiglia Cullen, di cui facevano parte lui – figlio unico –, suo padre, Carlisle, e sua madre Esme, era la più ricca di tutta la città. Anzi, forse era la famiglia più ricca di tutto lo Stato. Carlisle Cullen era un Politico, e come tale possedeva tutte le ricchezze e le agevolazioni che ne facevano parte. Esme, invece, era una dottoressa – una pediatra per la precisione. Edward non amava quel mondo, fatto solo di beni e di soldi. Era un ragazzo semplice, troppo semplice, per quella dimensione tanto lontana dal suo modo di essere.
Viveva a Sydney da sempre. Amava quella città, così tecnologica e al tempo stesso così magica e favolosa. Adorava l’oceano che la circondava ma, purtroppo, poteva nuotare solo nella grande piscina della sua villa.
Sydney era una città dell'Australia sud-orientale, capitale dello stato del Nuovo Galles del Sud. Era la città australiana più antica – fu fondata, infatti, nel 1788. Insieme a Melbourne, sua eterna rivale per il titolo di città più importante d'Australia, rappresentava il cuore finanziario, commerciale e culturale della nazione. Essa era una meta importante per il turismo locale e internazionale ed era stata più volte premiata come una delle città più belle e vivibili del mondo; ammirata per il suo porto, la bellissima costa, il clima caldo e piacevole e la cultura cosmopolita. Sydney, si trovava in un bacino compreso fra l’Oceano Pacifico ad Est e le Blue Mountains – "monti blu" – a Ovest. Vi si trovavano il più ampio porto naturale del mondo, Port Jackson, e oltre centoventi spiagge – fra cui la celebre Bondi Beach, in cui si praticava il surf tutto l'anno.
― Edward? ― chiamò suo padre, bussando alla porta della sua stanza.
― Sì, papà? ― domandò il ragazzo, steso sul suo grande letto ad ascoltare un po’ di musica ― Entra pure.
― Volevo solo avvisarti che tra un’ora arriveranno i signori Mallory, con loro figlia ovviamente.
― Cosa?! ― strillò Edward, saltando giù dal letto. Non vide il povero Jacob, il quale si svegliò di soprassalto, perché il suo padrone gli aveva schiacciato la coda.
― Lo sapevi, Edward. ― rispose Carlisle, vedendo la confusione sul volto del figlio ― Sapevi che Lauren prova qualcosa per te e che suo padre vorrebbe che tu e lei…
― Ma non esiste, papà! ― strillò Edward, accarezzando la testa di Jacob per scusarsi ― Ma non vedi com’è quella ragazza? Ha diciotto anni e ragiona come una bambina! È altezzosa, egoista, viziata… ― non poté continuare, perché suo padre lo interruppe bruscamente.
― Edward, ma cosa devo fare con te? Hai vent’anni e non ti sei ancora trovato una compagna! Non dico che debba sposarti, ma… Figliolo, io vorrei lasciare il mio impero nelle mani di un uomo affermato.
― Non hai mai pensato che io non lo voglia, il tuo impero, papà? ― sussurrò Edward, troppo stanco per cominciare l’ennesima lite.
― Sarai nella sala da pranzo alle nove in punto! ― strillò Carlisle ― E non accetto colpi di testa! Mi hai capito bene, Edward? ― il ragazzo annuì sconsolato, pregando che quella giornata finisse al più presto.
Non aveva molti amici, in quanto la maggior parte dei ragazzi che frequentava era simili – se non peggio – a Lauren Mallory. Erano ricchi, viziati, egocentrici ed egoisti. A nessuno di loro importava di ferire le persone; il problema era che si credevano superiori, i migliori del mondo – solo perché erano pieni di soldi e potere.
Quando Jacob abbaiò, Edward, si ridestò dai propri pensieri. Il suo cagnolone era anche il suo unico, vero e più fidato amico. Non lo avrebbe sostituito mai, per niente al mondo.

***

Era passato più di un mese da quando Isabella aveva visto quel bellissimo ragazzo dagli occhi verdi. Edward, così si chiamava, non lasciava i suoi pensieri nemmeno per un secondo. La sirena non smetteva mai di sorridere, di giocare con i pesci, di sistemarsi stelle marine tra i capelli… Tutti, nel mondo marino, si erano accorti del cambiamento della giovane, comprese le sue sorelle e suo padre.
― Allora, Bella? ― domandò Rosalie, sedendosi sul letto della sorella ― Qualche novità interessante?
― Che genere di novità, Rose?
― Bella, sei sempre sorridente e… bellissima! Non che tu non lo sia, ma hai una strana luce negli occhi!
― Rose ha ragione! ― la spalleggiò Alice ― Avanti, sorellina, cos’è successo? Hai conosciuto qualcuno? Dai, dai, dai!
― Forse… ― sussurrò la sirena, stravaccandosi sul suo letto di conchiglia con un luminoso sorriso.
― Lo sapevo! ― urlarono all’unisono le due sorelle ― Avanti, chi è? Forse, mmm Marcus? Quel bel tritone dalla coda blu? Oh no, forse è Aro! Il rosso della sua coda è così…
― Non ha la coda.
― Ti sei innamorata di un pesce? ― domandò Alice, strabuzzando gli occhi ― Non ti sarai mica innamorata di Emmett, spero.
― Oddio, e nemmeno di Jasper mi auguro! ― disse Rosalie.
― Cosa? Ma no ragazze, siete fuori strada!
― Allora chi è? ― chiesero in coro le due sirene, guardandosi a vicenda.
Isabella si trovò spiazzata. Cosa dire, adesso? Sapeva che non avrebbe mai potuto confessare alle sue sorelle di provare qualcosa per un bipede, un essere umano, un mortale. Si rattristò di colpo. Non ci aveva mai pensato… Da quella notte, Bella, era andata a trovarlo tutte le sere. Grazie ad Emmett, aveva scoperto dove abitava, come si chiamava, quali erano i suoi hobby… L’unica cosa alla quale non si era mai soffermata a pensare era quel piccolo dettaglio che, fino a quel momento, non aveva rappresentato un ostacolo: lei era una sirena, come tale era immortale.
― Oh no! ― urlò Alice, improvvisamente ― Dimmi che sto sbagliando! Che quello che leggo nei tuoi occhi non è… non… Bella, dimmi che non ti sei innamorata di un essere umano!
― Cosa? ― chiese confusa, Rosalie ― Alice, ma come ti viene in mente! Bella, diglielo. Digli che… ― ma quando incrociò gli occhi spaventati di sua sorella minore, non poté continuare.
― Vi prego! ― le supplicò Bella ― Non ditelo a nostro padre!
― Tu sei pazza, ragazzina! ― strillò Rosalie, allontanandosi ― Sei folle!
― Rosalie, ti prego! ― ma era troppo tardi, entrambe le sue sorelle erano già uscite da quella stanza, lasciandola sola a piangere se stessa. Hanno ragione tutti quanti…, si ritrovò a pensare. Io sono sbagliata, non sono normale. C’è qualcosa che non va in me…
Ma nessuno venne a consolarla, quella notte.

Il tempo passava, ma nonostante la giovane sirena si sentisse in colpa, non poteva fare a meno di pensare al ragazzo che le aveva rubato il cuore.
Anche quella notte, infatti, si trovava sotto la sua finestra. Era una villa maestosa, costruita sulla costa. Aveva come minimo quattro piani, almeno per quello che Bella riusciva a vedere. La stanza di Edward affacciava sull’oceano; era grandissima e fabbricata con solo vetro.
― Riesci a vederlo? ― domandò Emmett, muovendosi circospetto attorno a Bella.
― Sì, è di spalle e sta leggendo un libro. È seduto su qualcosa… ma non so di cosa si tratti.
― Uno scoglio? ― Bella voltò la testa verso il piccolo pesce e incurvò un sopracciglio ― Ok, domanda stupida! Gli esseri umani non hanno scogli nei loro palazzi.
― Ecco. ― rispose semplicemente la sirena, senza distogliere gli occhi da Edward.
Accovacciato accanto ai suoi piedi c’era Jacob, l’essere che le aveva leccato la faccia, più di un mese prima.
Isabella sapeva che stava infrangendo tutte le leggi del suo Regno. Cercare di instaurare un contatto con gli esseri umani era vietato, eppure a lei non importava. Voleva conoscere quel ragazzo, il vero problema era che non sapeva come fare.

Non posso di certo lanciargli qualche onda alla finestra e dirgli: “Ehi ciao, io sono Bella e sì, sono un sirena! Vuoi essere mio amico?”. No, certamente no… E allora cosa poteva fare?
Troppo concentrata nei suoi pensieri, non si rese conto del ragazzo affacciato. Stava fissando un punto ben definito in quella distesa d’acqua; stava fissando lei.
― Ehi, tu! ― urlò Edward, riferendosi alla ragazza dai lunghi capelli scuri ― Chi sei? E cosa ci fai in acqua a quest’ora?
La sirena, spaventata, indietreggiò senza parlare. Edward, dal canto suo si sentì uno stupido.
― Bella, filiamo! Bella, Bella! Noi dobbiamo andare! ― diceva Emmett, tirandola per la coda. La sirena, però, non si muoveva. Si era persa in un oceano più grande e prezioso: quello verde degli occhi del ragazzo.
― Scusa. ― disse Edward ― Forse ti ho spaventata… Ma è mezzanotte passata, cosa ci fai in acqua? Per di più, tutta sola?
Isabella fu colta alla sprovvista. Cosa doveva fare? Rispondergli? Lei lo capiva, ma lui? Lui avrebbe capito il suo linguaggio o erano diversi anche da quel lato? Senza perdere altro tempo, fece la sola cosa che le venne in mente; l’unica cosa che le veniva naturale fare: cominciò a cantare [ ¹ ].
Edward l’ascoltò ammirato, come quel canto lo stesse incantando. E forse era così… Erano molte le leggende degli uomini di mare in cui si narrava che il canto di una sirena, potesse ipnotizzare i marinai portando loro, e le loro navi, alla deriva.
― Bella, basta! ― la chiamò Emmett, ancora una volta ― Dobbiamo andare via, prima che lui decida di venire qui! Sei una sirena e lui è un umano, non potete incontrarvi. Non potete, è proibito! ― a quelle parole, la sirena, smise all’istante di cantare. Si allontanò lenta, cercando di tenere sottacqua la sua lunga coda.
― No, aspetta! ― urlò Edward, sporgendosi un po’ troppo dal suo grande terrazzo ― Non te ne puoi andare così, dimmi almeno chi sei! Dimmi il tuo nome! ― Jacob abbaiò, sperando che il suo padrone tornasse in sé e si allontanasse dal davanzale, costruito troppo basso.
Accadde tutto velocemente: Bella si immerse, nell’istante esatto in cui Edward cadde nell’oceano. Era un ottimo nuotatore, era vero, ma lo spavento non giocava a suo favore. Jacob, dal canto suo, non la smetteva di abbaiare; arrivò, perfino, a svegliare tutta la casa.
― Non pensarci nemmeno, Bella! ― disse Jasper che, finalmente, si era deciso a farsi vedere. Nonostante li seguisse ogni notte, non era mai uscito allo scoperto.
― Jazz! ― strizzò Bella, voltandosi ― Ma non posso non fare nulla, affogherà!
― E che affoghi! ― rispose, però troppo in fretta, il piccolo granchio.
― Che tatto, complimenti! ― gli rispose Emmett.
Bella, senza aspettare oltre, voltò le spalle ai suoi due amici e nuotò in direzione del ragazzo con gli occhi verdi. Afferrò Edward in men che non si dica e cercò di trascinarlo in superficie. Nonostante fosse nata per nuotare, il peso di Edward era notevole per la sua misera corporatura; non poteva, però, lasciarlo al suo destino. Strinse i denti, Bella, e trascinò il ragazzo fino a riva.
L’alba splendeva su di loro, donando a tutta l’isola un’aria magica, quasi fiabesca.
Bella fissava il ragazzo steso sotto di lei. Era completamente bagnato, dalla testa ai piedi; la camicia bianca era appiccicata al suo corpo, mettendo in evidenza i suoi pettorali e addominali scolpiti; i jeans neri, colmi d’acqua, gli fasciavano totalmente le gambe sode. Ma ciò che le piaceva di più era il suo viso… Sembrava quello di un bambino; dolce e innocente. Il naso era dritto, piccolo e perfetto; i capelli, di quello strano colore che ricordava il bronzo, erano scompigliati sulla sabbia.
All’improvviso, Edward, cominciò a tossire. Si stava svegliando.
― Bella! ― urlò Emmett ― Non può vederti, rientra subito in acqua!
― Ma…
― Niente “ma”! ― la interruppe Jasper, saltandole sulla coda ― Hai la coda, non ti può vedere così! Devi tornare in acqua, subito!
La sirena, con il gelo nel cuore, accarezzò dolcemente il viso del ragazzo e poi tornò nell’oceano.

Erano passati diversi giorni dall’incontro con Edward e Bella soffriva moltissimo. Non avrebbe mai potuto amarlo. Non avrebbe potuto abbracciarlo o stare con lui. Lei era una sirena e apparteneva agli abissi…
― Finalmente ti è entrato in testa! ― disse Rosalie ― Non ci speravo più, sai Bella?
― Rose, un po’ di tatto! ― la rimproverò Alice ― Non vedi come sta? Ha bisogno di noi…
― Poteva pensarci prima, però.
― Rosalie!
― Va bene, va bene! Hai ragione. ― rispose lei, nuotando fino a Bella. Le cinse le spalle con il braccio e se la dondolò al seno, esattamente come faceva loro madre quando erano piccole.
Rosalie, avevo ventitre anni; Alice ne aveva venti; Bella, per concludere, ne aveva da poco compiuti diciassette. Era la più piccola ed anche la più sfortunata. Non ricordava sua madre, a differenza delle sue due sorelle lei non rammentava neanche il suo volto. Era troppo piccola per ricorda, quando ella morì.
― Papà non lo saprà mai, vero? ― chiese la giovane sirena, tra le lacrime.
― Io non aprirò bocca. ― disse Alice, fingendo di chiudere quel segreto con un lucchetto e di buttarne via la chiave.
― Nemmeno da me lo saprà mai! ― rispose Rosalie, facendosi una croce sul petto ― Non oso immaginare cosa ti farebbe, Bella, se scoprisse che ti sei innamorata di un essere umano.
Un rumore assordante costrinse le tre sirene a voltarsi. Sulla soglia della camera della sorella maggiore, c’era loro padre.
― CHE COSA HAI DETTO, ROSALIE? ― tuonò, facendo tremare tutto il palazzo di cristallo.
― Io non… Oh padre! ― sussurrò la bionda, tappandosi la bocca con le mani.
― Isabella! ― urlò il Tritone, avvicinandosi a lei come un fulmine ― Che cos’hai fatto?
― Non ho fatto nulla!
― Come hai fatto ad innamorarti di uno di quegli esseri? Sei tornata in superficie, vero? ― quando la sirena non rispose, il Sovrano urlò più forte ― VERO!?
― Sì! ― rispose sua figlia ― Sono tornata in superficie e ho anche parlato con lui! Non sono come li ha descritti, papà! Non sono dei mostri! Loro sono teneri, dolci, innocenti… ― uno schiaffo ben assestato la interruppe.
― Non uscirai più da queste mura, Isabella. ― sussurrò il Tritone, con le lacrime agli occhi ― La tua camera sarà la tua prigione, finché non ritroverai il senno! ― intimò le altre sue due figlie di farsi largo e trascinò Isabella nella sua stanza.
La sirena pianse per giorni, invano. Sapeva che non ci sarebbe stato nulla da fare, le guardie non avrebbero mai lasciato che lei, dopo essere stata imprigionata dal Re, andasse in giro per il fondale. Perché non capisci, papà?, continuava a chiedersi. Perché non capisci che mi sono innamorata di un ragazzo fantastico? Il mio cuore è diventato gelido, papà, e non per colpa di quelli che tu chiami “mostri”.
― Oh piccina… ― disse una voce, che non riconosceva ― Il Sovrano è stato tanto cattivo con te?
― Chi sei? ― domandò Bella, guardandosi intorno ― Dove sei? Non ti vedo… Sto forse impazzendo?
― Oh no piccina, sto solo parlando nella tua testa.
― Cosa vuoi da me? Chi sei?
― Qualcuno che potrebbe rispondere a tutte le tue domande e, magari, avverare anche i tuoi sogni.
― Quali domande? Quali sogni? ― domandò Bella, e poi si incupì ― Io non ho più sogni…
― Tu vuoi stare con un umano, dico bene? ― domandò la voce, attirando tutta l’attenzione di Bella ― Tu sei innamorata di un essere umano ma, ahimé, tuo padre non lo accetterà mai. Come se non bastasse tu hai una coda… E questo, piccina, complica un po’ le cose.
― Ma chi sei tu? ― chiese Bella, cominciando a muoversi in circolo ― Come fai a sapere tutto questo?
― Vieni da me, Isabella. ― sussurrò suadente quella voce ― E ti dirò tutto ciò che ancora non sai sulla tua famiglia.
― Non posso uscire… ― tentò di dire la sirena, cercando qualcosa che le impedisse di andare via.
― Le guardie stanno facendo un sonnellino. ― ridacchiò la voce ― Dai, piccola sirena, raggiungimi!
― D’accordo…
― Il mio nome, comunque, è Tanya! ― disse la voce, mentre Bella stava uscendo dalla sua grande finestra ― Vieni da me, segui i miei due amici.
La piccola sirena non rispose, ma seguì le due murene nere che le stavano indicando la via.

Tanya…
, si ritrovò a pensare Bella, mentre nuotava veloce per uscire dalle mura del palazzo. La strega del mare.

¹. Per sentire il canto di Isabella, cliccate QUI.

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Eccomi qui a pubblicarvi il nuovo capitolo! Cosa ne pensate? Le aspettative sono ancora all'altezza del primo?
Come avrete potuto vedere, a differenza della favola Disney, qui, Edward non è un principe, è solo il figlio unico di una ricca famiglia. Non ha un incidente in nave, come nel cartone, ma cade semplicemente in acqua perché amaliato dalla voce della sirena.
Cosa succederà, adesso? Charlie, alias Re Tritone, non sopporta l'idea che sua figlia si sia innamorata di un bipede; la rinchiude, perciò, nella sua stanza. Questo, però, spinge la giovane Isabella a seguire una voce: quella della strega del mare.
Il prossimo appuntamento con questa piccola flash è per Lunedì prossimo! :)

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Capitolo 3
*** Il patto. ***


Buona sera a tutti! Solitamente posto nel primo pomeriggio, ma università e lavoro non sempre mi permettono di adempiere perfettamente a questi impegni. Eccomi, perciò, a pubblicare a quest'ora il terzo capitolo di questa piccola storia!
Spero vi piaccia! Non vi faccio perdere tempo e vi auguro una buona lettura!


3.
Il patto

Quando Edward si svegliò, sotto le calde lenzuola del suo grande letto, aveva un mal di testa tremendo. Non riusciva a togliersi dalla mente il viso di quell’angelo che, prima aveva cantato per lui, e poi gli aveva salvato la vita.
Edward non riusciva a comprendere se tutto quello fosse reale oppure frutto della sua mente fantasiosa. Cosa ci faceva una ragazza – anche nuda, visto che non sembrava portare alcun costume – da sola, di notte, in mezzo all’oceano? E perché, la suddetta ragazza, avrebbe dovuto cantare per lui invece di rispondere alle sue domande? Cantare…, pensò Edward ricordando la sua voce. Era melodiosa.
― Edward, finalmente sei sveglio. ― disse Esme, sua madre, entrando in camera ― Come ti senti?
― Emicrania. ― rispose lui, massaggiandosi le tempie ― Per il resto tutto ok, mamma.
― Ci hai fatto prendere un colpo, figlio mio! Ma cosa ti è saltato in mente?
― Mamma, non mi sono buttato. Sono caduto.
― Come caduto?
― Già. ― rispose il giovane, mandando giù una compressa con un po’ d’acqua fresca ― Mi era sembrato di vedere una cosa e… e mi sono sporto troppo, tutto qui.
― Sei un nuotatore eccellente, Edward. ― sussurrò Esme, accarezzandogli i capelli ― Cos’è successo?
― Credo sia stato lo spavento, non lo so. ― sospirò, sconsolato ― Non ero preparato al tuffo, ed era anche bello alto! I jeans non hanno aiutato e credo di aver perso i sensi. ― tentò di ricordare ― Come avete fatto a trovarmi?
― Eri sulla spiaggia, per fortuna. ― tirò un sospiro di sollievo, la donna ― Credo tu sia riuscito ad arrivare sulle terra ferma e poi hai perso i sensi.
― Cosa? ― domandò stralunato, Edward ― No, è impossibile. Ho perso i sensi dentro l’acqua… C’era una ragazza! È possibile?
― Non ho visto nessuno accanto a te, Edward. ― rispose Esme, sorridendo a suo figlio ― Ora, purtroppo, devo andare. Tu stai qui tranquillo, se non ti senti di andare a lezione non importa. Io e tuo padre rientriamo in serata… Se ti serve qualcosa, rivolgiti ai domestici, tesoro, va bene?
― Come sempre, mamma. ― rispose il giovane. Esme, dal canto suo, si chinò su suo figlio e gli baciò la fronte, dopodiché uscì.
Edward era al secondo anno di medicina, presso l’università più costosa di tutta l’Australia. Sognava di diventare pediatra, cosa che suo padre non vedeva molto di buon occhio. Nonostante tutto, il ragazzo, credeva nei suoi sogni e non si sarebbe lasciato fuorviare da nessuno, tanto meno da suo padre.

Erano passati diversi giorni dall’incidente, ma il viso a cuore della giovane fanciulla non abbandonava mai la mente di Edward. Non riusciva, inoltre, a capire come avesse fatto ad arrivare sulla terra ferma. Ero troppo spaventato per nuotare, pensava, inoltre ho perso i sensi quasi subito… Come ho fatto a tornare sulla spiaggia? Nulla, in tutta quella storia, aveva un briciolo di senso. Forse, arrivò alla conclusione, stava diventando semplicemente pazzo.
― Ehi, Edward! ― lo chiamò Mike, intravedendolo nel corridoio universitario.
― Ciao Mike. ― rispose Edward, con poco entusiasmo.
Michael Newton, detto Mike, era il ragazzo più insopportabile che avesse mai avuto la sfortuna di incontrare. Era il figlio di un Senatore, nonché grande amico di suo padre. Si poteva dire che, Mike ed Edward, fossero cresciuti insieme; non avevano niente in comune, però. Mike era alto, qualche centimetro in meno del giovane Cullen, aveva i capelli biondi – sempre accuratamente pettinati – e gli occhi di un azzurro splendente, da risultare quasi finto. Era altezzoso e arrogante. Si credeva il migliore di tutti, solo perché aveva una sostanziosa fortuna in banca.
― Ho sentito dell’incidente! Come diavolo hai fatto a cadere dal tuo terrazzo? ― domandò, scoppiando a ridere subito dopo.
― Io non sto ridendo, Mike. ― gli fece notare Edward, e subito cessò la sua ilarità.
― Scusa, solo che è strano. ― gli fece notare l’amico ― Come hai fatto a cadere? Per caso te la stavi svignando ed è finita male? C’entra una ragazza? Se è sì, com’è fatta? Voglio i dettagli: fisico, tette e culo!
― Mike! ― lo ammonì Edward ― Possibile che tu non cambi mai?
― E perché dovrei? Comunque non hai risposto, perciò ci ho preso! ― affermò Mike, dando ad Edward una pacca sulle spalle ― Avanti, raccontami tutto, Cullen!
― Non ho nulla da raccontarti, Mike. ― rispose Edward, visibilmente infastidito dal comportamento del suo amico ― Se avessi voluto parlare di lei lo avrei fatto, ma…
― Ah! Vedi? Una lei esiste. ― Edward avrebbe voluto maledirsi per quella innocente confessione, fatta per giunta proprio a Mike, ma aveva bisogno di qualcuno con cui parlarne… Fece un lungo respiro e cominciò a narrare.

***

La strega del mare abitava in una lontana caverna, giù, ancora più in fondo del fondale marino. Bella non si era mai addentrata così in profondità nelle acque… Sapeva, però, che non vi era altro posto per incontrare Tanya, in quanto il Re Tritone – ovvero suo padre – l’aveva esiliata dal Regno di Atlantica.
― La sirenetta ha una faccia così cadaverica… ― sussurrò una delle due murene.
― Forse è spaventata. ― rispose l’altra ― È una principessa, in fondo. Non si addentrerà mai nel profondo di queste acque, così tetre…
― Guardate che ci sento! ― si intromise Bella ― E non ho affatto paura, io.
Le due murene sghignazzarono, ma non aprirono più bocca. Solo dopo pochi minuti si fermarono, annunciando alla sirena che aveva raggiunto la meta.
Il posto era piuttosto squallido e buio. La caverna, inoltre, era in pessime condizioni. Alcune alghe, ormai secche e avvizzite, erano attaccate alle pareti, donando al posto un’aria da film dell’orrore.
― Tanya… ― parlò la seconda murena ― Isabella è arrivata.
Dal profondo della caverna scura, si sentì un fruscio. Man mano il rumore si intensificò, finché davanti a Bella non apparve una donna bellissima.
― Quindi sei tu, Isabella.
― E… e tu devi essere Tanya.
La strega del mare era la creatura più bella che la sirena avesse mai visto. I lunghi capelli neri, lisci, ricadevano su un corpo perfetto. Sulla guancia sinistra, aveva una piccola squama di pesce di uno strano color celeste. Il nero delle labbra, poi, era perfettamente intonato al colore dei suoi occhi.
― Cosa ha portato una giovane sirena come te a seguire il suggerimento di un’esiliata? Se tuo padre lo scoprisse…
― Non mi interessa di mio padre! ― urlò Bella, pervasa da un’improvvisa rabbia ― Lui non capisce! Non capisce me.
― Il Tritone ha sempre avuto una sua visione delle cose. ― rispose Tanya, sedendosi in una larga fessura, che poteva benissimo passare per una comoda poltrona.
― Come hai fatto a chiamarmi? ― chiese Bella, improvvisamente spaventata ― Come hai fatto a raggiungermi mentalmente se sei… qui! Come fai a conoscere mio padre e cos’è che mi nasconde?
― Ehi, ehi, ehi… ― la interruppe la strega ― Calma, ragazzina! Una domanda alla volta, per favore. ― disse e scoppiò in una frizzante risata.
― Oh, scusa…
― Non fa niente, mia piccola sirena. Ti risponderò… ― disse alzandosi e si avvicinò a Isabella ― Ti ho raggiunta perché ho dei poteri, ma questo già lo sai, dico bene? La strega del mare… Non è così che tutti voi mi chiamate? ― domandò, ma Bella non rispose ― Oh, poco importa! Sono una strega, in effetti. E sono anche una creatura marina, perciò mi va bene! Per quanto riguarda il tuo dolce papà… ― iniziò, ma si interruppe.
― Cosa? ― la incitò Bella ― Cosa sai tu di mio padre?
― Non vuoi sapere perché odia così tanto l’oggetto del tuo amore?
― L’oggetto del mio… ― sussurrò Bella, incrociando le due profonde fessure nere della strega ― Amore?
― Non dirmi che non senti il cuore battere quando lo vedi! O quando pensi a lui… ― disse Tanya, ruotando abilmente su se stessa. Aveva un corpo molto snello, totalmente nero – eccezion fatta per il decolté in bella vista, le lunghe braccia, le spalle e la testa – e alla sua estremità vi erano enormi tentacoli di piovra.
― Lo hai toccato, da quello che so. ― affermò Tanya, catturando la completa attenzione di Bella ― Una sirena che salva un essere umano… Non oso immagine neanche lontanamente cosa potrebbe fare Re Tritone se scoprisse che sua figlia ha toccato un mortale!
― Ma tu non glielo dirai! Vero?
― Certo, piccolina. Sarà il nostro segreto. ― concluse facendole un occhiolino ― Perciò il tuo desiderio è quello di essere umana, non è vero?
A quelle parole, Bella si immobilizzò. Non aveva mai pensato ad un’eventualità del genere. Inoltre, era davvero possibile? Lei, una sirena, una creatura leggendaria che viveva nei profondi abissi del mare, poteva realmente diventare umana?
― Certo che sì! ― rispose Tanya, sorridendo ― Io posso farti diventare umana. Ovviamente, a tutto vi è un prezzo.
― Tu mi leggi nella mente?
― Io so fare molte cose, mia piccola Isabella. Ma non stiamo parlando di me, dimmi di te. Sei disposta a diventare umana? ― a quella domanda, la sirena, non sapeva rispondere. Fino a quel momento, non aveva avuto neppure la minima idea di cosa fosse l’amore, quello vero. Secondo Rosalie ci si sposava per interesse, era per questo che adesso si era messa in testa di cercarsi marito; secondo Alice, invece, l’amore non esisteva. Almeno per loro.
― Io non so se lo amo… ― disse Bella, tremando ― Io non so nulla, sono troppo giovane e… e forse è stato un errore venire qui, forse…
― Non credere a ciò che senti, piccina. ― la interruppe la strega ― Non è vero che gli abitanti del mare non possono innamorarsi. Tu sei innamorata di quel ragazzo, lo vedo. Non saresti qui, altrimenti. Tuo padre si è sposato per amore… O mi sbaglio?
― No, mio padre amava molto mia madre.
― Visto? Noi esseri del mare, possiamo amare. ― le disse, accennando un sorriso ― Sei pronta a rischiare per amore, Isabella?
Bella si ritrasse un po’, ripensando a tutto ciò che avrebbe guadagnato e perso. Non avrebbe mai più potuto nuotare con i suoi amici pesci, o passare le notti a dormire sul fondale marino; non avrebbe più rivisto suo padre e le sue sorelle, perché diventando umana sarebbe divenuta l’oggetto del loro odio e disprezzo. Eppure, nonostante tutto, il suo cuore le urlava di accettare.
― Io vorrei… vorrei pensarci.
― No! ― urlò Tanya, trascinando la sirena nella profondità della caverna ― Voglio dire, la mia offerta è unica e irripetibile. Hai due scelte: accettare e diventare umana, oppure rifiutare e tornare a casa. Ma non avrai seconde occasioni.
― Io non so, io… ― Tanya, con un asso nella manica, fece illuminare una sfera celeste davanti al viso di Bella. In essa si alternavano diverse immagine: Edward che giocava con Jacob, il suo cane-lupo; Edward in università, seduto ad un tavolo della biblioteca a studiare; Edward che sorrideva e poi scoppiava a ridere; Edward e…
― Una ragazza? ― domandò Bella, provando l’invidia in un modo che mai prima di allora aveva sentito.
― Quella è Lauren Mallory. ― spiegò Tanya ― I genitori sono molto amici di quelli di Edward. Il padre del tuo amato, un certo Carlisle Cullen, vuole che suo figlio e la giovane signorina si sposino. ― a quelle parole, il cuore di Isabella andò in frantumi.
― Sposarsi!? ― strillò, percependo gli occhi inondarsi di lacrime.
― Sì, piccola Isabella. ― rispose la strega, fingendosi addolorata ― Non volevo dirtelo e, per tutti i tritoni del mare, quanto mi dispiace! Ma se non diventerai umana, beh… Il tuo giovane amante si sposerà con quella ragazza.
Bella la guardò attentamente. Era molto bella: lunghi capelli biondi, occhi chiari. Il corpo era perfetto e le gambe – così aveva scoperto chiamarsi quei lunghi arti che univano il busto ai piedi – erano perfette. La sirena venne ipnotizzata dal quel particolare e non riusciva più a staccargli gli occhi di dosso.
― Tic, tac. Tic, tac… ― sussurrò Tanya all’orecchio di Isabella ― Il tempo scorre… Cosa vuoi fare?
― Accetto. ― si sentì dire, senza rendersi conto delle sue parole.
― Benissimo! ― applaudì la strega del mare ― Ma prima dobbiamo parlare del patto!
― Quale patto?
― Oh, nulla di che. È una sciocchezza, un piccolo particolare… Una clausola superflua, ma necessaria per il compimento del rito!
― Quale clausola? ― domandò Bella, mentre Tanya stava andando su e giù, a destra e a sinistra, per tutta la caverna, rivoltandola come una conchiglia chiusa.
― Io ti trasformo in un essere umano, ma tu devi donarmi qualcosa. Inoltre, hai un tempo specifico per farlo innamorare di te… Ma dove avrò messo quella pozione! Ah, eccola!
― Donarti qualcosa? Cosa? E… tempo? Quanto tempo?
― Tre giorni. ― rispose secca la strega del mare ― Se al sorgere del sole del quarto giorno, il ragazzo, non avrà ancora dichiarato il suo amore, sigillando il suo sentimento con un bacio, tu ti trasformerai in schiuda di mare ed io potrò prendere il tuo posto nelle profondità marine. Come dono, chiedo in cambio la tua voce.
― COSA?! ― urlò Bella, chiedendosi che stesse parlando sul serio.
― Posso trasformarti in una donna mortale, ma non posso invertire il processo. Quando una sirena diventa un essere umano, tutto in lei cambia. Molte sirene sono venute da me, chiedendomi delle gambe, ma mai nessuna fallendo nel suo intendo è tornata una sirena. Questo, purtroppo, non sono io a deciderlo, mia piccola sirena, ma il vostro cuore… ― spiegò, sfiorando il petto di Bella, nel lato sinistro ― Quando il cuore di una sirena, diventata umana, si spezza essa si trasforma in schiuda di mare, a causa del proprio dolore.
― E la mia voce? ― domandò la sirena, confusa da quella rivelazione ― Perché vuoi la mia voce?
― Hai cantato per lui. ― rispose Tanya, come se fosse una cosa ovvia ― Il canto della sirena ammalia, dolcezza. Dovresti saperlo… Non vorrei che mi imbrogliassi e cantassi per lui.
― Non lo farò, lo giuro!
― Non posso rischiare! ― le urlò in risposta, Tanya ― Io ti trasformerò, ma questi sono i patti! Prendere o lasciare, ragazzina!
― Essia. ― disse, ormai senza speranza, la giovane Bella. Non si era accorta, essendo troppo ingenua e ben predisposta a trovare il buono in qualunque cosa, del piano che si celava dietro le false promesse della feroce Tanya. Essa, infatti, non aveva alcuna intenzione di far nascere l’amore tra i due giovani. Al contrario, sapeva benissimo che senza la sua voce, in una vita nuova, inesperta, in un mondo non suo, Bella non sarebbe mai riuscita a conquistare il ragazzo. Avrebbe ottenuto, così, la sua vendetta, tramutando la figlia minore del Re in schiuma di mare.
― Bene allora. Cominciamo!
Per prima cosa, fece firmare alla sirena un patto col suo sangue. Dopodiché cominciò a mescolare varie fiale e ingredienti segreti per donare a Bella un bel paio di gambe.
― Canta! ― urlò a Bella, estraendo una conchiglia che avrebbe avuto lo scopo di catturare al suo interno la sua melodiosa voce ― Adesso canta! ― e la sirena cantò.
Il tutto si svolse molto velocemente: più la sirena cantava, più la sua voce si affievoliva; la coda, poi, cominciò a bruciarle, fino a farle male. Urlò, ma nessun suono uscì dalle sue labbra. Intorno a lei si fece tutto improvvisamente buio. L’ultima cosa che ricordava era la risata malefica della strega del mare.

― Come ha fatto ad arrivare qui? ― domandò una voce.
― Non lo so, ma è uno schianto! ― rispose qualcun altro.
― Ma è… nuda.
― Ma se le tolgo quell’alga da lì?
― Fallo e sei un uomo morto, Mike! ― quella fu l’unica voce che riconobbe. Era la sua voce. Non riusciva ad aprire gli occhi, troppo stanca e intontita per capire quello che stava succedendo.
― Ma… ― sussurrò Edward, a pochi centimetri dal suo viso ― Non è possibile. Allora non me la sono immaginata, era reale.
― Hai detto qualcosa, amico?
― No. Mike, dammi la tua giacca.
― Cosa? E perché?
― Mike, bisogna coprirla! Dammi quella cavolo di giacca! Subito! ― il ragazzo sbuffò, ma fece quello che Edward gli aveva detto.
La sirena, ancora parzialmente priva di sensi, percepì un nuovo calore avvolgerle le gambe e la vita e qualcuno che la solleva da terra.
― Andrà tutto bene. ― le sussurrò Edward, stringendola a sé ― Nessuno ti farà del male, promesso. ― quando Bella aprì leggermente gli occhi si rese conto di trovarsi tra le sue braccia. Tra le braccia del ragazzo che le aveva rapito il cuore. Aveva fatto tutto per lui e, per ora, sembrava essere andato tutto bene.

Quando tentò di parlare, nessun suono uscì dalle sue labbra. Il dolore alle corde vocali fu troppo lacerante da sopportare, così ricadde in un profondo sonno. Consapevole che, al suo risveglio, avrebbe rivisto Edward.

.
Bene, bene, le cose si fanno più interessanti. Isabella ha stretto un patto con Tanya, la strega del mare, che le ha donato le gambe - ovviamente, non senza qualcosa in cambio. Bella, ingenuamente, crede alla maligna strega e accetta. Tutto, però, sembra filare liscio... E' tra le braccia del suo Edward, adesso, ma cosa succederà in futuro?
Per saperlo basta che vi ritroviate a leggere la mia storia, Lunedì prossimo! :) spero che il capitolo vi sia piaciuto e che le piccole aggiunte e modifiche che sto apportando alla storia siano di vostro gradimento. Ringrazio di cuore tutti quelli che mi seguono, soprattutto chi recensisce! Grazie mille!

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Capitolo 4
*** Nuova vita. ***


Buon pomeriggio a tutti! Eccomi qui col nuovo - ma soprattutto, penultimo - capitolo. Di recente non riesco mai a rispettare i miei orari di pubblicazioni, perciò chiedo scusa! Ma tra il lavoro e l'università è una faticaccia!
Prima di lasciarvi al capitolo, volevo proporvi un'altra piccola storia che fa parte di questa collana fiabesca: Beauty and the Beast.
Come per Il canto della Sirena, anche questa è flashfic è ispirata ad una favola Disney, quale - appunto - La Bella e la Bestia. Vi lascio di seguito la copertina, che basta premere per poter leggere la storia.



Adesso vi lascio al capitolo! Speri vi piaccia :)
Buona lettura e ci si legge a fondo pagina! :*


4.
Nuova vita

Erano diverse ore che la ragazza ritrovata sulla spiaggia giaceva nel suo letto, in un sonno profondo. Edward, nonostante le lamentele del padre – “Potrebbe essere una spia, figliolo!” – aveva portato la giovane nella sua grande casa. Grazie all’aiuto della sua domestica, la piccola e dolce Angela Weber, l’aveva lavata e coperta – facendole indossare una graziosa camicia di seta, rosa – e l’aveva portata nella camera degli ospiti, la più grande di tutta la villa.
Era una stanza immensa, arredata in stile anticato. I grandi mobili di legno pregiato, stavano divinamente con quegli alti soffitti. Il letto matrimoniale, di ferro battuto colato nell’oro, era grande, rivestito con lenzuola pregiate. Le pareti erano spugnare in ocra e bianco candido, e donavano alla stanza una luminosità unica.
Fu solo dopo diverse ore di sonno che la piccola sirena cominciò a svegliarsi.
― Buongiorno… ― disse Edward, che si trovava su una poltrona ai piedi del letto. Non appena sentì la sua voce, Bella scattò a sedere, provocandosi un fastidioso giramento di testa.
― Ehi, piano! ― l’ammonì Edward, avvicinandosi velocemente a lei ― Sei molto debole, adesso. Ti ho trovata sulla spiaggia priva di sensi e… sì, insomma, ti ho riconosciuta. ― a quelle parole, il cuore della sirena fece svariate capriole. Lui si ricordava di lei! Uscì dalle coperte all’istante, scoprendosi totalmente le cosce, e arrivò ad una spanna dal viso di Edward. Stava sorridendo, a trentadue denti, ed era raggiante. Quando aprì bocca, però, alcuna frase trovo compimento.
― Cosa c’è? ― domandò il ragazzo, notando lo sgomento sul volto della bellissima ragazza dagli occhi color del cioccolato fondente. Non sapendo come rispondere, Bella, si toccò la gola con una mano.
― Non puoi parlare? ― chiese Edward, e quando la fanciulla scosse la testa anche sul viso del giovane apparve una leggera tristezza ― Oh. Quindi non sei tu… ― parlò sconsolato, rattristando anche Isabella.
Restarono a fissarsi per un tempo che parve infinito. La ragazza che Edward aveva di fronte era indiscutibilmente bella: lunghi capelli mossi, castani; grandi occhi scuri; fisico da urlo. Una ragazza del genere avrebbe fatto gola a chiunque. E, questa volta, faceva gola perfino a lui. Bella, dal canto suo, ammirava il volto perfetto del giovane. A differenza dell’ultima volta, adesso non era addormentato. Gli occhi brillavano come mai prima, di un verde chiaro molto intenso; il naso era dritto e sottile, gli zigomi alti e scolpiti, la mascella spigolosa e perfetta. Il fisico era anche più perfetto di come lo ricordava: muscoloso, ma non eccessivamente, con pettorali e addominali scolpiti. Il classico fisico di un surfista.
Solo dopo qualche istante, Edward, si rese conto che il corpo della fanciulla – che stava squadrato da chissà quanto tempo, ormai – era totalmente alla sua mercé. Le lunghe gambe candide erano lisce, slanciate e perfette; il seno era piccolo, ma bello e tondo da sembrare sodo. La sottile camicia era tirata così su, da lasciar intravedere il piccolo slip di pizzo color pesca…
― Ti prego, copriti. ― disse, improvvisamente Edward, alzandosi in piedi e voltando le spalle alla ragazza. Era imbarazzato e sì, anche un po’ eccitato.
Bella non capì il suo comportamento. Si guardò, perciò, intorno. Cosa significava “copriti”? Cosa avrebbe dovuto fare? Questa parola non era usata in fondo al mare.
― Hai capito cosa ti ho detto? ― domandò Edward, guardandola con la coda dell’occhio. Bella scosse la testa, in risposta ― Tira un po’ giù la camicia, ti si vede… ehm, tutto. ― concluse grattandosi la fronte. La sirena inclinò la testa, senza capire una sola parola di quello che le stava dicendo. Che cos’è una “camicia”? E cosa si intende per “si vede tutto”?, si chiese mentalmente la ragazza.
Edward sospirò, cercando di controllarsi. Non faceva sesso da… molto tempo. Perse la sua verginità, infatti, all’età di diciassette anni. La fortunata si chiamava Jane. Stettero insieme per un anno, circa, ma nessuno dei due era veramente interessato all’altro. Dopo quell’esperienza, Edward, comprese che alcune cose non potevano essere fatte tanto per fare. Il sesso rientrava in una di quelle cose.
Ritrovarsi una ragazza seminuda nel letto, indubbiamente, non aiutava il suo autocontrollo. Era un essere umano, per la miseria! E quella ragazza, tra le altre cose, era di una bellezza sconvolgente.
― Non mi capisci, forse? ― chiese Edward ― Non parli inglese? ― continuò, domandandole la medesima frase in diverse lingue: tedesco, francese, spagnolo, italiano, ma il risultato era sempre lo stesso. Nonostante la ragazza capisse qualsiasi linguaggio usato da Edward, non comprendeva cosa volesse che lei facesse.
― Sembri una bambina. ― affermò lui, ridendo di gusto ― Sembra essere tutto nuovo, per te. ― Bella rise insieme a lui, cominciando ad annuire.
― Allora mi capisci? ― annuì ancora ― Ma non riesci a comprendere quello che voglio che tu faccia? ― ancora un “sì” muto ― Hai preso una botta in testa, per caso? ― domandò Edward, avvicinandosi a lei. Bella fece di no con la testa, ma continuava a sorridergli.
― D’accordo. Ehm, stenditi allora che… che ti sistemo io. ― anche questa volta, la ragazza, non riuscì a comprendere ciò che voleva dirle.
Edward portò il ginocchio destro sul materasso, scorrendo più vicino a lei. Le mise le mani sulle spalle e l’adagiò delicatamente sul letto. Bella percepì il freddo del materasso scontrarsi contro la sua schiena calda, e le sue guance presero diverse tonalità di porpora. Mai nessuno le era stato così vicino, e pensare che il primo fosse proprio Edward le donava uno strano senso di agitazione allo stomaco.
― Ora ti… ti sistemo la camicia, ok? ― domandò il ragazzo, con voce tremante. Fece scivolare le sue grandi mani sui fianchi di Bella, facendola sussultare ― Sta’ tranquilla, non voglio farti nulla. ― sussurrò dolce.
Quando le dita di Edward le sfiorarono la coscia, Bella percepì una scarica elettrica invaderle tutto il corpo. Sgranò gli occhi, affogando in quelli verdi di lui. Cos’era quella sensazione? E perché le faceva bruciare la pelle? Quando la mano del ragazzo salì, accarezzandole la spalla, il suo cuore era un martello pneumatico. Vide Edward afferrare quel sottile tessuto che aveva addosso e sistemarglielo meglio. Ecco cosa significa “copriti”, pensò la sirena ingenuamente. A differenza degli esseri umani, gli abitanti del mare, non indossavano indumenti – eccezion fatta per quel piccolo reggiseno di conchiglie.
― Ecco. Ho… ho fatto, adesso. ― sussurrò Edward, senza lasciare la sua posizione.
Erano l’uno sopra l’altra, immobili a fissarsi. Più il ragazzo la guardava e più si rendeva conto di quanto quella fanciulla fosse splendida. Un po’ strana, forse, ma comunque bellissima. Le sue labbra erano piene e rosee; avrebbe voluto baciarla.
Rendendosi conto di quello che aveva pensato, si sollevò subito da lei. Bella, però, non voleva separarsi da Edward. Non comprendeva ancora totalmente le emozioni umani, ma quel calore, provato poco prima, le era piaciuto più del lecito.
― Non ci siamo neppure presentati. ― si ricordò il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli bronzei ― Io mi chiamo Edward, Edward Cullen. E tu? ― la sirena rispose, ma dalle sue labbra non uscì nessun suono.
― Ah, già. ― disse Edward, parlando più a se stesso che a lei ― Ho un’idea, puoi scriverlo! ― a primo acchito, Bella, non capì cosa volesse dire, ma poi comprese. Io non so scrivere…, pensò tristemente. Come avrebbe potuto fare per farsi capire?
― Deduco dalla tua espressione che la mia non è un’ottima idea, vero? ― la ragazza sospirò, cominciando a sentirsi inadeguata ― D’accordo, proviamo con il labiale! ― propose Edward, con un po’ troppa euforia ― Tu pronuncia il tuo nome ed io cercherò di leggerti le labbra. Dai, proviamo!
Restarono in quella stanza quasi tutta la mattina, dimenticando perfino la colazione, e solo dopo innumerevoli tentativi, Edward, riuscì a capire il nome della piccola sirena.
― Isabella! ― urlò Edward, mentre la ragazza annuiva energicamente e batteva le mani ― Però preferisci Bella! ― concluse lui, scoppiando poi a ridere ― Nessun nome poteva essere più azzeccato per una Dea come te. ― le sussurrò lui, facendola nuovamente arrossire.

***

Le ore passarono in fretta, ma solo in quel momento – da sola nella sua grande stanza –, Isabella si rese conto che il primo giorno a sua disposizione stava già volgendo al termine. Il tramonto, infatti, stava facendo sparire la grande palla aranciata dietro la linea dell’orizzonte.
La piccola sirena, diventata ormai umana, si sedette sospirando sul letto. Cosa avrebbe potuto fare, per far sì che il giovane si innamorasse di lei? E, cosa ancora più complicata, come avrebbe fatto a farsi baciare?
Un rumore sul vetro della grande finestra la fece sobbalzare.
― Apri, sconsiderata! Sono io, sono Jasper! ― stava urlando il piccolo granchio rosso, battendo la sua piccola e dura chela. Quando la sirena lo riconobbe, scattò in piedi e andò ad aprirgli.
― Oh per tutti i pesci del mare! ― disse lui, fissando le lunghe gambe della sua amica ― Ma cosa hai combinato? Tuo padre si sta chiedendo dove ti sei cacciata! Tutto il mondo marino è… Ah! Cosa stai facendo?! ― strillò, venendo interrotto da Bella, la quale lo sollevò e se lo strinse al petto.

Che bello rivederti, Jazz!, pensò la fanciulla non potendo parlare.
― Va bene, va bene! Adesso fammi respirare, Bella. ― disse il granchio, posizionandosi sulle ginocchia della ragazza. Si trovavano per terra, in quel momento, le gambe di lei piegate e la sua schiena contro il materasso.
― Ma allora è vero… ― sospirò Jasper ― Sei andata dalla strega del mare. ― Bella annuì, sorridente ― E cosa le hai dato in cambio, ragazzina? ― a quella domanda gli occhi della ragazza si rattristarono. Provò a rispondere e poi cantare per il suo piccolo amico, ma nessun suono uscì dalle sue labbra.
― La tua voce? ― strillò Jasper ― Ma sei forse impazzita!? Ti sei privata della cosa più importante per una sirena! Senza voce non puoi cantare, inoltre… oddio! La tua voce può farla accedere al Regno! Sai che i cancelli del Palazzo di Cristallo possono essere aperti solo con il canto della famiglia reale! Isabella, sei… sei… ― l’isteria del piccolo crostaceo scemò all’istante, quando notò gli occhi della ragazza. Erano impregnati di tristezza e dispiacere. Jasper sospirò, avvicinandosi al viso di Bella e le lasciò una dolce, quanto paterna, carezza ― Sei un’umana bellissima.

***

Nel frattempo, poco lontana dal Regno di Atlantica, la strega del mare stava già assaporando la sua vittoria. Sapeva che la piccola sirena non avrebbe mai catturato l’attenzione di quel ricco umano. Quando la piccola e ingenua Isabella si sarebbe trasformata in schiuma di mare, Tanya, avrebbe preso le sue sembianze e, usando la sua voce, si sarebbe introdotta nel Palazzo; avrebbe recuperato, poi, il tridente di Tritone, mettendo in schiavitù tutto il regno marino!
― Mi prenderò la mia vendetta, caro Sovrano. ― sibilò velenosa, mentre pettinava i suoi lunghi capelli neri ― E tutto grazie a tua figlia! ― concluse, scoppiando a ridere.
― Mi scusi, padrona… ― si intromise una delle murene ― Potrei chiederle come mai serba tutto questo rancore, verso la famiglia reale?
― Mi hanno esiliata! Non è abbastanza? ― ringhiò la bella donna, con il corpo da piovra ― E poi… ― sussurrò appena ― Il Re si è portato via qualcosa che mi stava molto a cuore.

***

Erano le dieci di sera, ed Edward era nella sua stanza. Si era da poco fatto una doccia, ed ora si stava vestendo. Il spiaggia, alcuni ragazzi del College, avevano organizzato un falò e lui stava decidendo se andarci o meno.
― Edward? ― lo chiamò Esme, bussando alla porta della sua stanza ― Ci sei?
― Sì, mamma. Entra pure.
La donna era molto bella, lo era sempre stata. Lunghi capelli castano-bronzei, mossi; grandi occhi verdi, come quelli di suo figlio; minuta, ma ben formata – nonostante la sua adulta età.
― Vai alla festa sulla spiaggia? ― il ragazzo non rispose, troppo preso ad allacciarsi la camicia smeraldo ― Edward, non puoi stare sempre in casa a leggere, suonare il pianoforte o a disegnare… Hai talento, figlio mio, ma esci anche un po’! Perché non porti con te anche…
― Bella. ― l’aiutò suo figlio ― La ragazza si chiama Isabella, ma preferisce essere chiamata Bella.
― E tu come lo hai scoperto? ― domandò la madre, strabuzzando gli occhi ― Angela ha detto che non aveva documenti con sé e anche tu l’hai trovata nuda.
― Abbiamo parlato un po’… O meglio, io ho parlato, di lei ho letto solo il labiale! ― sghignazzò, armeggiando col colletto.
― Sbaglio o Edward Cullen, mio figlio, ha uno strano luccichio negli occhi?
― Ma cosa dici, mamma!
― Ti piace, quella trovatella?
― È indubbiamente una bella ragazza. ― sussurrò lui, lievemente imbarazzato. Non aveva mai confidato questo genere di cose a sua madre; per dirla tutta, non aveva mia confidato a nessuno, questo genere di cose. Quando si sentiva solo, infatti, parlava col suo fido cagnolone Jacob, oppure – la maggior parte delle volte – scriveva due righe su Word, salvando il contenuto sul suo Notebook.
― Perché non la porti con te al falò? ― propose Esme, sorridendo ― Le farà bene uscire un po’, non credi?
― Sicura? ― controbatté Edward ― L’abbiamo trovata questa mattina e non vorrei…
― Scuse, ragazzo mio! Vai a chiedere a quella bella signorina se le va di uscire. ― disse, facendogli l’occhiolino, e uscì dalla stanza.

Isabella, dal canto suo, si trovava nella sua camera – ancora, non essendo mai uscita di lì – a fissare il cielo stellato, in compagnia di Jasper. Aveva pregato il suo amico di aspettare almeno l’indomani prima di tornare negli abissi ed avvisare suo padre. Stranamente, quella volta, Jasper aveva accettato senza troppe proteste.
― Bella? ― chiamò Edward, bussando leggermente alla porta della stanza degli ospiti ― Stai dormendo? Posso entrare?
― Oh per tutte le stelle marine! ― sussurrò Jasper, scattando da una parte all’altra ― Non può trovarmi qui, come glielo spieghi?
― Isabella? ― bussò nuovamente Edward.
Non sapendo cosa fare, Bella, prese Jasper tra le mani e lo gettò nell’oceano. Scusa, amico!, pensò e corse ad aprire la porta.
― Ehi! ― la salutò Edward, con un sorriso stampato in faccia. Bella, non sapendo come ricambiare, agitò la mano sperando che anche sulla Terra esistesse quel genere di saluto.
― Ti trovo bene. ― continuò Edward, passandosi una mano tra i capelli ― Senti… alcuni amici hanno organizzato una festa in spiaggia, un falò. Pensavo, ti va di andarci? ― a quelle parole, il volto di Isabella si accese. Non ho idea di cosa sia questo “falò”, ma conosco le feste!, pensò. Certo che vengo! Si ritrovò, però, a fare gesti sconnessi e a sperare che quel bel giovane la potesse capire.
― Lo prendo per un “sì”? ― chiese Edward. La ragazza, di tutta risposta, sorrise e gli buttò le braccia al collo, stringendolo moltissimo ― Piano, piano! ― disse lui, ridendo ― Sei piuttosto forte, eh? ― facendo un meraviglioso sorriso sghembo che fece arrossire violentemente Isabella.
Restarono a fissarsi per alcuni minuti, finché Angela non interruppe il loro idillio.
― Ehm, scusate… ― disse lei, schiarendosi la voce ― Tua madre mi ha mandato a darle una mano per vestirsi.
― Oh sì, certo. ― disse Edward, un po’ impacciato ― Beh allora, quando avete finito accompagnala giù, nel salone. Bene. A dopo! ― concluse e scese al piano di sotto.
Bella lo seguì con lo sguardo, per tutto il tempo, finché non scomparve dalla sua visuale.
― Vogliamo entrare, signorina? ― domandò Angela, seguendo Isabella nella sua stanza ― Può scegliere ciò che preferisce. ― disse e le fece vedere un’infinità di completi piuttosto costosi. C’era di tutto: prendisole, costumi da bagno – interi, ma anche a due pezzi –, canotte e pantaloncini, gonne corte, e moltissimo altro. Isabella esaminò tutto attentamente, senza sapere cosa farsene e quali scegliere.
Angela intuì il disagio e l’indecisione della ragazza, così le suggerì un paio di pantaloncini viola scuro, abbinati al costume da bagno – un due pezzi molto semplice – e una canotta, intrecciata dietro alla schiena, verde chiaro, abbinata alle piccole infradito.
Quando Bella scese di sotto, Edward restò senza parole nel vederla. Era di una bellezza straordinaria, innocente e genuina. Non aveva mai incontrato una ragazza così, e la cosa lo mandava totalmente nel pallone.
― Sei bellissima. ― le sussurrò, baciandole il dorso della mano. A quel gesto, Isabella, provò a parlare. Non ottenne nulla, però. Evidentemente non è questo il bacio del vero amore…, pensò sconsolata.
― Va tutto bene? ― le domandò Edward, notando il suo triste sguardo. Bella annuì decisa, e fece un passo verso di lui. Non era ancora capace di camminare perfettamente, però, così inciampò nei suoi stessi piedi. Edward l’afferrò prontamente, impedendole di farsi male. Scusa, mormorò Bella con voce muta.
― Non è successo niente. ― le rispose Edward ― L’importante è che tu stia bene.
― ‘Sera ragazzi. ― li salutò Carlisle, uscendo dal suo studio ― Uscite?
― Sì, papà. ― rispose Edward ― Andiamo al falò sulla spiaggia.
― Oh bene, allora divertitevi! ― concluse sorridendo ai due ragazzi, e poi si volatilizzò su per la grande scalinata.

La Bondi Beach era una rinomata spiaggia dell’Australia, e si trovava a sette chilometri a Est del centro si Sydney. Era immensa e di notte, con l’oceano scuro e più misterioso che mai, sembrava ancora più maestosa. C’erano falò sparsi ovunque, a qualche metro l’uno dall’altro, ed era gremita di gente. Era una spiaggia di sabbia fine, delimitata ai lati da due scogliere. Ogni anno diventava la meta di appassionati del surf, i quali arrivavano lì da ogni parte del mondo alla ricerca dell’onda perfetta.
― Cosa ne dici? ― sussurrò Edward all’orecchio di Bella ― Non è male, no? ― la ragazza scosse la testa, come a fargli capire che l’atmosfera era di suo gradimento.
― Edward Cullen! ― parlò una voce alle loro spalle ― Non esci mai come i comuni mortali, a cosa dobbiamo l’onore?
― Ciao anche a te, Alec. ― rispose Edward, senza voltarsi. Bella, dal canto suo, era curiosa, così voltò leggermente il capo. Dietro di loro c’era un ragazzo alto, dalle spalle larghe, niente male. Ma nonostante gli sbarazzini capelli biondi e gli occhi di un azzurro intenso, non le trasmetteva nulla.
― Ciao, zuccherino. ― le disse Alec, avvicinando il suo viso a quello di Bella ― Non ti ho mai vista in giro, sono sicuro che un corpo e un viso del genere non me li sarei dimenticati tanto facilmente.
― Piantala, Alec. ― lo ammonì Edward, voltandosi ― Non è alla tua portata, va bene? Oltretutto è minorenne, quindi lasciala in pace.
― Minorenne? Con quel bel balconcino? ― domandò, scoppiando a ridere seguito da quegli scagnozzi che si portava sempre dietro. Edward scattò in avanti, pronto a colpirlo, ma in quell’istante esatto arrivò qualcuno a fermarlo.
― Calmati, amico. ― disse Mike, trattenendo il giovane per le spalle ― Sai com’è fatto, lascialo parlare e vieni da noi.
Edward controvoglia si voltò, dando le spalle ad Alec, il quale non smise un attimo di ridere.
― Stronzo. ― sibilò Edward tra i denti, calmandosi solo quando incrociò gli occhi terrorizzati di Bella.
La ragazza, infatti, non era riuscita a capire nulla di quello che era appena accaduto. Edward voleva fare a botte con quel giovane, Alec, ma non aveva capito il perché. È minorenne, pensò lei, questo lo ha detto Edward. Ma, per tutte le murene del mare, cos’è un “balconcino”?
― Mi dispiace per prima. ― le sussurrò Edward ― Adesso andrà meglio, vedrai.
Passarono la maggior parte della nottata intorno al fuoco, a ballare e scherzare. Nonostante Isabella capisse solo la metà – e, forse, nemmeno quella – dei discorsi che i ragazzi erano impegnati a fare, si stava divertendo. La musica, se pur molto diversa rispetto a quella che era abituata a sentire, risultava piacevole. Tutti i ragazzi la guardavano in modo strano, compresi gli amici di Edward. Quest’ultimo ne sembrava visibilmente infastidito. Gli sguardi delle ragazze, però, erano di invidia. Bella conosceva bene quel modo di guardare, perché era lo stesso che usavano le sirene in fondo al mare ogni volta che incrociavano Rosalie, sua sorella maggiore.
Ripensando alla sua famiglia, la ragazza si intristì. Cosa avrebbe fatto d’ora in poi? Suo padre o le sue sorelle, non sarebbero mai saliti in superficie; neppure se questo significasse rivedere lei. Hai tre giorni, aveva detto la strega del mare, se al sorgere del sole del quarto giorno, il ragazzo, non avrà ancora dichiarato il suo amore per te, sigillando il suo gesto con un bacio, ti trasformerai in schiuda di mare ed io potrò prendere il tuo posto nelle profondità marine. Solo in quel momento si rese realmente conto di quello che aveva fatto. Lei non avrebbe mai più rivisto la sua famiglia! Anche se Edward non avesse ricambiato il suo amore, lei non sarebbe tornata ad essere una sirena; si sarebbe trasformata in schiuma di mare.
Si alzò di scatto in piedi, attirando l’attenzione di tutti i ragazzi. Ma, senza badarci troppo, corse verso gli scogli. Aveva bisogno di sentire l’oceano sotto i piedi, l’acqua tra le dita… Aveva bisogno di sentirsi a casa, almeno per un momento.
― Bella! ― la chiamò Edward, correndogli dietro ― Cosa ti prende? Vuoi tornare a casa? Ti senti male? ― la ragazza scosse furiosamente la testa, diede le spalle al ragazzo e si diresse verso l’acqua.
― Aspetta! Non posso permettertelo! È buio, non si vede nulla… ― Bella, però, aveva bisogno di nuotare; di sentire il rumore dell’acqua nelle orecchie.
― Possibile che fossi tu? ― domandò lui, avvicinandosi a lei. Adesso erano entrambi nell’acqua. Le onde, leggere e rilassanti, si infrangevano sulle loro gambe nude.
― Eri tu la ragazza che ho visto? Dimmelo, ti prego. Eri tu che cantavi per me, quella notte? ― Bella si avvicinò a lui, accarezzandogli una guancia. Avrebbe voluto rispondergli che, sì, era lei quella ragazza. Ma come avrebbe mai potuto crederle? Lei non poteva più cantare.
― Scusami. ― disse Edward, appoggiando la fronte su quella di Isabella ― Forse l’ho soltanto immaginata. ― le donò un bacio sulla fronte e se ne andò, capendo che la giovane voleva starsene un po’ da sola.
― Finalmente è andato via!

Emmett!, urlò mentalmente Bella, raggiungendolo nell’acqua.
― Già, non puoi parlare. ― disse, tristemente, il pesce palla ― Jazz me lo ha detto. Bella, sei forse impazzita? Hai rinunciato a tutto per… per un essere umano. ― la sirena annuì, sorridendo lievemente.
Passò mezzora, in cui Isabella continuò a parlare con il suo amico marino. O per meglio dire, lui parlava, lei ascolta ed annuiva o rideva spensierata.
― Mio Dio. ― disse una voce alle sue spalle ― Devi proprio essere suonata! Questo dettaglio Edward non ce lo aveva detto. ― solo quando Bella si voltò, si rese conto di chi le stava davanti. Lauren Mallory.
― Ragazzi! Mike, Tyler!
Jess, Alec! Venite qua! La ragazzina di Edward è pazza! ― sputò fuori, cominciando a ridere.
― Come, pazza? ― chiese Mike, alzando un sopracciglio.
― Stava parlando con un pesce! ― la schernì la bionda, ridendo maligna.
― Scherzi? ― domandò Jessica.
― No, no. Guardatelo, è lì!
― Oh mio Dio! ― dissero in coro Tyler e Mike ― Non ci posso credere, questa è suonata!
― Beh, basta pensare che l’abbiamo trovata tutta nuda sulla spiaggia. ― spiegò Mike, visto che – a quando pareva – nessuno dei suoi amici sapeva la sua storia.
Bella indietreggiò di poco, capendo che per lei le cose si stavano mettendo male. Non comprendeva tutto quello che stavano dicendo, ma era palese che a loro, lei, non piacesse. Avrebbe potuto nuotare via, ma senza coda non sarebbe mai stata così veloce; avrebbe potuto chiamare Edward, ma come?
― Quindi, perché tutte queste storie per vederla nuda? ― domandò Alec, togliendosi i bermuda color cachi, e si avvicinò a lei.
― Alec, è una ragazzina. ― lo fermò Tyler, tirandolo per un braccio.
― E allora? Tanto non può nemmeno urlare… ― la cattiveria negli occhi del ragazzo, fece scoppiare Isabella in un pianto isterico. Non sapeva esattamente ciò che Alec volesse farle, ma presumeva non fosse nulla di buono.
Accadde tutto in fretta: Edward arrivò come un lampo e si buttò addosso ad Alec, prendendolo a pugni; Mike e Tyler cercarono di separarli, mentre Jessica e Lauren volevano svignarsela.
― Mi fate tutti schifo! ― urlò il ragazzo, prendendo in braccio Bella ― Voi non siete essere umani, ma non posso dire neppure che siete animali. ― fu allora che Jacob abbaio, ringhiando contro tutti loro ― Come potete vedere ho un cane, ciò vuol dire che gli animali mi piacciono. ― e senza dar loro il tempo di replicare sparì, tenendo Bella tra le braccia. Per la seconda volta.

.
Ecco il capitolo che tanto avete atteso! Finalmente, Edward e Bella, si sono incontrati. Molte cose, però, ostacolano l'amore della sirena: in assoluto c'è l'attrazione del ragazzo verso la ragazza che ha sentito cantare quella notte.
Gli amici di Edward, se così possono essere definit, sono i classici bullenti arroganti pieni di soldi... Alec, soprattutto, è stato abbastanza subdolo. La cosa brutta è che tutto questo, e molto altro ancora, accade davvero nella realtà. Isabella è stata fortunata, per fortuna c'era Edward.
Come vi ho già accennato sopra, il prossimo capitolo sarà l'ULTIMO. Lo avevo già detto nella pubblicazione del primo capitolo che, questa storia, sarebbe stata una flashfic di cinque capitoli. Vi annuncio, quindi, che non è detto che il prossimo capitolo verrà postato Lunedì. Se i miei impegni lavorativi e universitari me lo permettono, potrei anticipare la pubblicazione a Venerdì 3 Febbraio. In caso non riuscissi, l'aggiornamento sarà previsto per Lunedì, come di consueto. 

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Capitolo 5
*** La sua voce. ***


Buon pomeriggio a tutti! Eccomi qui a postare l'ultimo capitolo di questa piccola favola. Immagino che più di sentire le mie chiacchiere preferireste leggere il capitolo, perciò esaudisco le vostre richieste - anche se sono un po' in ritardo - e poi ci leggiamo in fondo!
Buona lettura!


5.
La sua voce

Un altro giorno era passato, e la giovane Isabella non aveva ancora concluso nulla. Non riusciva a capire perché Edward, dopo la sera prima, non volesse più vedere né, tanto meno, sentir nominare i suoi amici.
Non poteva lamentarsi, però. Nonostante non vi fosse stato ancora alcun bacio, aveva trascorso la giornata più bella di tutta la sua vita. Edward, infatti, l’aveva portata in giro per Sydney, facendole vedere tutte le bellezze di quella meravigliosa città.
Si erano svegliati presto, quella mattina. Edward le aveva portato, perfino, la colazione a letto. Era la prima volta che assaggiava del cibo umano, e le era piaciuto parecchio! Quale alimento più dell’altro, Bella, non avrebbe saputo dirlo. Era tutto squisito: dai pancakes, con quello strano sciroppo dolciastro sopra, fino al succo di frutta, all’arancia. Aveva anche provato ad assaggiare la bevanda scura di Edward, ma l’aveva risputata subito. Troppo amara!, aveva pensato, mentre Edward era scoppiato a ridere.
― Non hai mai bevuto caffè, Bella? ― le aveva domandato lui. Di tutta risposta, Bella, scosse il capo, continuando a pulirsi la lingua con la mano ― Dai, poi passa! Va’ a lavarti, ti porto a fare un bel giro per tutta la città! ― le aveva detto Edward, prima di dirigersi verso la porta, con il suo vassoio, ormai vuoto, in mano ― Ci divertiremo. Promesso! ― le aveva strizzato un occhio, lasciandola poi da sola, in camera sua.
E aveva mantenuto la promessa. Si erano divertiti moltissimo, insieme. Ma quanto durerà, ancora? Si ritrovò a pensare, tristemente, la sirena. Se la matematica non era un’opinione, erano già passate quarantotto ore da quando aveva fatto il patto con la strega del mare. Le mancava un giorno, uno soltanto, dopodiché tutto sarebbe andato perduto: il suo amore per Edward, quello per la sua famiglia… Lei stessa.
― Bella, va tutto bene? ― domandò Edward, percependo il suo sospiro pesante. La sirena tornò coi piedi per terra, lasciando perdere i suoi pensieri. Gli sorrise, sperando che il giovane non facesse altre domande.
― Sei una pessima bugiarda, lo sai, scricciolo? ― a quella parola, Bella, inclinò la testa. Che cosa vuol dire “scricciolo”?, si domandò, senza ottenere risposta.
― Forse… ― riprese Edward, tornando serio. Stava guardando fisso di fronte a lui ― È per quello che è successo ieri sera? Bella, mi spiace. Davvero, non pensavo che Alec potesse essere così… Non ho termini per definirlo, mi dispiace. ― Bella, di tutta risposta, sorrise calorosa e si avvicinò al ragazzo. Gli poggiò una mano sulla guancia, accarezzandogliela piano, dolcemente. Edward, non aspettandosi quel gesto, rimase da prima sorpreso poi, però, si lasciò andare, abbandonandosi sulla sua pelle liscia e fresca. Chiuse gli occhi, lasciando che quel contatto lo avvolgesse totalmente. Isabella era la creatura più innocente, dolce e meravigliosa che avesse mai incontrato. La conosceva da poco, era vero, eppure aveva come l’impressione che, senza quei due occhioni marroni – che guardavano il mondo come se non lo avessero mai visto prima –, la sua vita non sarebbe stata più la stessa.
― Bella… ― sussurrò Edward, poggiandole le mani sui fianchi. Si trovavano l’uno di fronte all’altra, adesso; erano più vicini che mai. Il cuore della sirena galoppava senza sosta, le dava l’impressione di volerle fuoriuscire dal petto. Edward, dal canto suo, non si era mai sentito così vivo come in quel momento.
― Chi sei, tu? ― le domandò, attirandola maggiormente a sé ― Sei comparsa nella mia vita all’improvviso e… e in pochi giorni mi hai fatto scoprire cose che non credevo potessero esistere. ― le afferrò una mano, portandosela al petto ― Lo senti? Non ha mai battuto così forte, il mio cuore. Credi che sia stupido? ― le domandò, avvicinandola sempre di più ― Credi che stia correndo troppo, facendomi trascinare dagli aventi? ― Bella avrebbe voluto rispondere, dire qualcosa – qualunque cosa –, ma non poteva. Le ragioni, al momento, erano due: non aveva la voce, per parlare; era ipnotizzata dagli smeraldi liquidi di quel ragazzo.
― Io vorrei… ― sussurrò ancora, Edward, portando una mano sotto il mento della ragazza. Le sollevò il viso, accarezzandoglielo dolcemente, mentre avvicinava le sue labbra a quelle di lei ― Credi io possa bacia… ― non concluse la frase.
Un’onda, troppo alta, quasi li bagnò entrambi. Edward se ne accorse in tempo, e trascinò via Bella, prima che l’acqua le bagnasse il suo grazioso abito celeste.

No!, pensò Bella. Non sapeva se essere più dispiaciuta o arrabbiata. Cosa avrebbe mai potuto farci un po’ d’acqua?, si domandò la sirena. Non sapeva quello che Edward stava per fare, ma sapeva bene che il suo cuore voleva quel gesto.
― Accidenti! ― strillò il ragazzo, rosso in viso ― L’oceano è agitato, questa sera. ― continuò lui, grattandosi la fronte. È un gesto che fa sempre, quando è imbarazzato, pensò Bella. Ma perché è imbarazzo?, si domandò, guardandolo curiosa.
― Andiamo a cenare! ― suggerì Edward, offrendole il braccio destro ― Siamo già in ritardo di mezzora, ci conviene sbrigarci. ― la ragazza annuì, lasciando perdere i suoi dubbi e le sue domande, e si fece trascinare via dal suo amato.
Si trovavano ad Anderson Place, più o meno. Edward aveva prenotato al Cottage Point Inn Restaurant, per quella sera.
Il posto era molto carino, grande e arieggiato; era costruito sull’oceano. Di sera, poi, era completamente illuminato da piccole luci arancioni, le quali donavano al posto un’atmosfera magica. Il pavimento era costruito tutto in parché; i tavoli erano piccoli, appartati, e su di essi c’era sempre una coppia di candele profumate. Forse ho esagerato, pensò Edward, mentre spostava la sedia affinché Bella potesse sedersi. Insomma, siamo amici… E la porto in un posto così romantico?, si domandò, ma quando incrociò gli occhi sereni e spensierati di Isabella, capì di aver fatto la scelta giusta.

***

Nei profondi abissi marini, la strega del mare, era più agitata che mai. Furiosa, era dire poco. Non riusciva a concepire come fosse possibile che quel ragazzo si stesse realmente innamorando di quella sciocca sirenetta. Non posso permetterlo!, pensò furente. Se il giovane l’avrebbe baciata, il patto con lei stipulato, sarebbe diventato nullo. La sua vendetta, così, non avrebbe mai avuto compimento.
― Devo fare qualcosa. ― disse tra sé, nuotando avanti e indietro, con aria pensierosa.
― Potreste ucciderla, sua Maestosità. ― propose una murena.
― E come, genio? ― domandò lei, con voce tagliente ― Ti ricordo che lei ha un paio di gambe, io no. Inoltre, non voglio abolire il patto… Voglio solo che finisca a modo mio!
― Perciò, cosa vuoi fare? ― intervenne l’altra murena ― Aspettare, ma soprattutto sperare, che in meno di un giorno arrivi qualcun’altra che attiri l’attenzione del giovane? Tanya, nemmeno tu sei così… ― l’animale si zittì, notando il sorrisetto sornione della strega ― Cosa ho detto?
― Tu sei un piccolo, strisciante, genio! ― urlò lei, baciandolo tra gli occhi sconvolti ― È esattamente quello che succederà, ragazzi! Il giovane Cullen si innamorerà perdutamente di un’altra ragazza…
― Come? Quando?
― Questa notte tutto cambierà per la piccola e fastidiosa Isabella.
― Che cos’hai in mente, Tanya?
― Edward incontrerà la proprietaria della voce che ha sentito, qualche tempo fa… ― spiegò vagamente la strega del mare, scoppiando in una sonora risata.

***

Isabella si trovava nella sua stanza, in quel momento. Indossava la sua camicia da notte rosa ed era stesa sul letto, supina. Il sorriso non voleva lasciare la sua faccia. Aveva trascorso una giornata indimenticabile, provando sensazioni nuove. Uniche.
― Bella, sono io! ― la chiamò Jazz, bussando alla finestra ― Apri, vedo che hai gli occhi aperti! Ciò significa che sei sveglia.
La sirena, continuando a sorridere spensierata, si alzò e andò ad aprire al suo piccolo amico.
― Perché quella faccia? ― domandò lui ― È forse successo qualcosa? Oh, per tutti i calamari del mare! Ti ha baciata, vero? E adesso puoi parlare e… e resterai un’umana per sempre. ― concluse tristemente il piccolo granchio, sospirando pesantemente. Bella lo prese tra le mani, dandogli un leggero bacio sulla faccia, e poi scosse la testa.
― Non è ancora successo niente? ― domandò Jasper, non sapendo se esserne più sollevato o rammaricato ― Il tempo sta scadendo, Bella. Possibile che quel baccalà non abbia ancora tentato di baciarti! ― la ragazza alzò le spalle, facendo sorgere una domanda nella testolina del suo piccolo amico.
― Isabella, tu sai cos’è un bacio, vero? ― di tutta risposta, Bella, scosse energicamente la testa ― Come no? Ciò vuol dire che non hai nemmeno provato a baciarlo, giusto? ― lei annuì, facendo roteare al cielo gli occhi di Jasper ― Oh, per tutte le balene del mare! Ragazzina, e tu vieni a dirmelo solo adesso? ― la faccia della sirena divenne paonazza e cominciò a mordicchiarsi le labbra.
Jasper, dal canto suo, scese dalle mani della sua amica e cominciò a spiegarle cosa fosse un bacio.
― Quando due persone sono vicine e le loro labbra si sfiorano, si baciano. Quello è il bacio, Isabella. ― concluse Jasper, facendo sgranare gli occhi a Bella.

Cosa?, si domandò stupita. Quello è il bacio? Prima… prima di andare a mangiare sull’acqua, Edward ha provato a…, non poteva crederci. Edward aveva provato a baciarla? Se solo non si fosse preoccupato dell’acqua!
― Cos’è quella faccia? ― le chiese Jasper ― Ti ha baciata? ― a quella domandò, Bella, tentò di rispondere, ma ottenne solo dei gesti sconfusionati e senza senso.
― Frena, frena, frena! ― la interruppe Jasper ― Prendi un respiro profondo e spiegami, ma con calma, prego! ― Bella fece quello che le era stato chiesto e provò a farsi capire dal suo piccolo, quanto intelligente, amico.

Nel frattempo, affacciato al balcone della sua stanza, Edward stava contemplando il mare. L’ho quasi baciata, pensò sorridendo. Era stato bene con lei, quella giornata. In verità, doveva ammetterlo, stava bene da quando Isabella, come per magia, era apparsa nella sua vita, su quella spiaggia solo pochi giorni prima. Cos’era che lo tormentava, allora?

― Ti ho mai vista davvero? ― si sorprese a pensare ad alta voce. Jacob, accanto a lui, abbaiò come in risposta ― Sai Jake, a volte ci penso ancora a quella ragazza. Che l’abbia soltanto immaginata? ― il cane, dal canto suo, abbaio ancora, facendo ridere di gusto Edward.
― Figliolo? ― lo chiamò Carlisle, bussando alla porta ― Posso entrare?
― Certo, papà. Entra pure.
― Come stai, Edward? ― domandò Carlisle, raggiungendo il ragazzo fuori dal balcone ― E Bella, come se la sta passando?
― Da quando ti interessa di Bella, papà? ― chiese il ragazzo, incurvando un sopracciglio ― Com’è che avevi detto, quando l’ho portata a casa? ― si finse pensiero ― Ah, sì! “Attento figliolo! – borbottò, imitando la voce di suo padre – Potrebbe essere una spia!” ― concluse, scoppiando a ridere.
― Oh beh, dai… ― parlottò Carlisle, diventando rosso per l’imbarazzo ― Sono leggermente fissato, su alcune cose.
― No, sei paranoico, papà.
― E va bene, sono paranoico. ― acconsentì Carlisle ― Ma una persona può ricredersi, no? Ebbene, è successo a me. Trovo che Isabella sia una ragazza molto, molto carina.
― Già, l’ho notato anche io.
― E allora cosa ci fai qui, solo nella tua stanza, a fissare l’oceano con quell’aria da cane bastonato? ― a quell’affermazione, Jacob, si sentì tirato in causa ed abbaiò ― Oh scusa, Jacob! ― disse Carlisle, accarezzandogli la testa ― Non mi venivano altri paragoni.
― Non lo so, papà. ― rispose amareggiato.
― Non starai pensando ancora a quella ragazza fantasma, spero.
― E tu come lo sai? ― domandò Edward, voltandosi di scatto.
― Tu madre. ― rispose Carlisle, ridacchiando ― Posso darti un consiglio, figlio mio? ― Edward annuì, così egli proseguì ― Perché sprecare tempo a pensare ad una ragazza di cui non sai nulla, neppure se è mai esistita davvero, quando ne hai una vera, nella stanza accanto? Isabella è un ragazza molto dolce e sensibile… Non ti ho mai visto così spensierato e felice, in tutta la tua vita. Isabella ti fa bene, Edward. Perché non ti concentri su di lei, invece che stare qui a pensare ad un’allucinazione dettata dalla stanchezza? ― le parole di suo padre lo colpirono.
Carlisle aveva ragione, si ritrovò a riflettere, mentre l’uomo usciva dalla sua stanza. Perché continuare ad aggrapparmi a qualcuno che non esiste?, pensò. E anche se esistesse, perché dovrei avere la fortuna di incontrarla di nuovo?
Dopo una notte insonne, si rese conto che la bellissima trovatella meritava un’opportunità e che, nonostante tutto, lui voleva dargliela.

La mattina seguente, Bella, si svegliò serena e assolutamente riposata. Quello che gli umani chiamavano “letto” era la cosa più comoda che avesse mai provato, anche meglio della sua adorata conchiglia.
Jasper, per tutta la notte, le aveva spiegato tutto quello che avrebbe dovuto sapere su “come conquistare un essere umano”, ma la sirena aveva trovato le sue parole piuttosto confusionarie.
― Il fatto che tu non parli, tesoro, non compromette niente! ― aveva detto il piccolo granchio ― Agli esseri umani, di sesso maschile, le parole stanno strette. Preferiscono i fatti, capito?

No, aveva pensato la giovane, non capito affatto! Jasper le illustrò, così, tutte le tattiche di seduzione possibili affinché Edward la baciasse.
Saltò giù dal letto, lavandosi e vestendosi, e scese ai piani inferiori.
Il rito della colazione le piaceva particolarmente – anzi, era proprio il cibo umano a piacerle particolarmente.
― Ciao, Bella. ― la salutò Esme, seduta al grande tavolo di cristallo pregiato del salotto ― Come stai, oggi? Siediti pure con noi, cara.
Isabella accettò l’invito, salutando Carlisle – che sedeva a capo tavola, con un giornale in mano –, ma continuò a guardarsi intorno, irrequieta.
― Se stai cercando Edward… ― parlò il capofamiglia, abbozzando un sorriso ― È andato a fare surf mattutino. È fuori già da un’ora, rientrerà tra poco… Sta’ tranquilla! ― a quelle parole, Bella, si rilassò e cominciò allegramente a mangiare.

Erano passate ore, ormai, ma di Edward non vi era ancora alcuna traccia. Anche i signori Cullen, adesso, cominciavano a preoccuparsi. Sapevano che quando il giovane diceva una cosa, questa veniva rispettata; inoltre, non aveva mai fatto così tardi col surf. Era quasi ora di pranzo, ed Edward mancava ormai da cinque ore.
― Carlisle! ― lo chiamò Esme, agitata ― Non credi che dovremmo andare a cercarlo? Magari gli è successo qualcosa!
― Tesoro, stai calma. ― cercò di tranquillizzarla suo marito ― Sono sicuro che nostro figlio sta bene.
― Ma non è ancora rientrato!
― Esme, sta’ tranquilla. Ho mandato qualcuno a cercarlo… ― Bella smise all’istante di ascoltare e si precipitò in camera sua. Doveva trovare Jasper! Insieme a lui e ad Emmett, lo avrebbe trovato.
Appena varcò la soglia, inciampò nei suoi piedi, e si ritrovò a terra. Davanti a lei c’era il piccolo granchio rosso.
― Isabella, ma non hai ancora imparato a camm… ― non lo fece finire di parlare, che subito lo prese tra le mani, agitandosi come una pazza.
― Ehi, ehi, ehi! Frena! ― tentò di parlare Jazz ― Per tutti i molluschi del mare, Bella! Non sto capendo niente!

Edward!, urlò mentalmente la fanciulla. Non si trova, Jasper! Non si trova!
Nemmeno il granchio riuscirò a comprendere per qualche motivo la voce della sua giovane amica gli stesse rimbombando nella mente, fatto era che riusciva a capirla.
― Come non si trova? ― domandò, angosciato ― Da quanto è sparito? Vuoi che perlustro l’oceano con Emmett? ― Bella annuì, mentre i suoi occhi si riempirono di lacrime amare.
Il tutto successe all’improvviso: non appena Jasper uscì dalla finestra, il grido di sollievo di Esme arrivò dal piano inferiore. Edward era tornato.
A quella rivelazione, Bella, si precipitò di sotto. Inciampò svariate volte, ma non aveva tempo per cadere, doveva arrivare dal suo amato.
― Edward, ci hai fatto preoccupare. ― disse Carlisle, dando al figlio una pacca sulla spalla.
― Potevi avvertirci! ― lo rimproverò dolcemente, Esme ― Non avevi il cellulare con te?
― Scusatemi. ― disse lui, guardando fisso di fronte a sé ― Non era mia intenzione, farvi preoccupare. ― la sua voce era strana, sembrava quasi una cantilena. Era come se fosse in trance.
Sul momento, Isabella, non ci fece caso; era semplicemente contenta che lui stesse bene. Non si rese nemmeno conto della fanciulla, dai lunghi capelli biondi, che era alle spalle del ragazzo.
― Edward… ― parlò la ragazza, affiancandolo ― Non mi presenti alla tua famiglia?
― Certo. ― rispose lui, inespressivo ― Mamma, papà, questa è Taissa. ― tutti, compresa Bella, si voltarono a guardarla.
Era una ragazza molto bella, alta e slanciata; il corpo era minuto con forme perfette. I capelli, mossi, risplendevano di un biondo accecante; gli occhi, invece, era di un intenso celeste.

Chi è questa ragazza?, si ritrovò a domandarsi Bella.
― Piacere di conoscerti, Taissa. ― parlò Carlisle, facendole il baciamano ― Sei nuova? Non ti ho mai vista da queste parti… ― per natura, il signor Cullen, era una persona diffidente.
― Come hai conosciuto Edward? ― si intromise Esme.
― Questa mattina, signori. ― rispose Taissa, timidamente ― Mi ha insegnato a fare surf. È stato davvero molto dolce e paziente… ― concluse, arrossendo.
Una fitta di dolore vero, squarciò il cuore di Bella quando sentì pronunciare quelle parole. Le ha insegnato a fare surf…, pensò tristemente, è stato dolce e comprensivo con lei.
― Mamma, papà. ― annunciò Edward, abbracciando Taissa ― Forse a voi sembrerà una pazzia, ma voglio sposare questa ragazza!
― Cosa?! ― urlarono all’unisono Esme e Carlisle.

Non può essere!, pensò Bella, sull’orlo delle lacrime. Chi era quella ragazza? E perché Edward, dopo che aveva tentato di baciarla, voleva sposare lei?
― Me ne sono innamorato… ― sussurrò lui, sfiorandole una guancia con le dita ― È lei, capite? ― continuò, incrociando gli occhi dei suoi genitori ― Lei è la ragazza che ho visto quella notte! Non sono pazzo, lei esiste davvero e il destino ha voluto che io la trovassi! ― il cuore di Bella si ruppe in mille pezzi, definitivamente.
― Figliolo, non credi che sia tutto molto affrettato?
― Ha ragione tuo padre. ― lo spalleggiò Esme ― Inoltre, hai detto tu stesso che la ragazza che hai visto quella notte non aveva i capelli biondi, ma scuri. Non l’hai neppure vista in faccia!
― Ma io amo Taissa, mamma! ― quasi ringhiò il giovane dagli occhi spenti ― E la sposerò! Questa sera stessa!
― E Isabella? ― gli chiede Carlisle, attirando l’attenzione anche della sirena ― Non stavi provando qualcosa per lei? ― a quella domanda, Bella, si fece avanti. Incrociò gli occhi di Edward e un brivido di freddo le scivolò lungo la schiena. I suoi soliti smeraldi liquidi, adesso, non risplendevano più come prima; erano spenti, di svariate tonalità più scure.
― Lei non è niente, per me, papà. ― parlò Edward ― Forse sarebbe il caso, perfino, di cacciarla di casa.
Non poteva sentire altro. Isabella oltrepassò la soglia di casa e uscì, dirigendosi sulla spiaggia. Piangeva, come non aveva mai fatto in tutta la sua vita. Il dolore che percepiva era intenso e lacerante, le impediva persino di respirare.
Corse per ore, senza trovare una meta sicura. Ma la stanchezza era troppa, e dovette fermarsi.
Si sentiva sola, Bella, abbandonata a se stessa. Non era ancora pronta per diventare schiuma di mare… Ma era quello che, a breve, sarebbe successo.
― Bella… ― si sentì chiamare. Si guardò intorno, ma non c’era nessuno accanto a lei, se non un’immensa scogliera. Si raggomitolò su se stessa, pregando che tutto finisse in fretta.
Avrebbe fatto male? Si domandava. Sarebbe stato doloroso? Tante domande, ma nessuna risposta. Papà…, pensò e continuò a singhiozzare. Charlie l’avrebbe mai perdonata? E Rosalie, Alice? Le sue sorelle l’avrebbero mai capita?
Uno spruzzo d’acqua e un fischio attirarono la sua attenzione.
― Finalmente, bella fanciulla! Ti sto chiamando da mezzora!

Emmett!, pensò Bella, tuffandosi nell’oceano per abbracciare il suo amico.
― Bella, mi stai soffocando… Bella, vanno bene le effusioni, però qui si esagerata! ― a quelle parole, la ragazza, si allontanò mordendosi il labbro inferiore. Scusa, pensò.
― Non ti preoccupare, sono un pesce palla forzuto! ― disse, piegando le pinne ― Guarda che roba, muscoli di ferro, dolcezza! ― Bella alzò gli occhi al cielo, ma sorrise appena.
― Jasper era nei paraggi, questa mattina… ― sussurrò Emmett ― Mi dispiace moltissimo, Bella. Ora cosa farai? Davvero diventerai schiuma di mare? ― tristemente, Bella, annuì a quella domanda. Aveva fallito, e quella era la sua punizione. La strega del mare non le avrebbe concesso una seconda opportunità e comunque, anche se lo avesse fatto, non aveva i mezzi per rintracciarla.
Un canto, in quel momento, arrivò alle orecchie dei due amici, gelandoli sul posto. Era una voce dolce e melodiosa… Una voce che sia Bella che Emmett conoscevano bene.
― Ma… ma è la tua voce! ― urlò il piccolo pesce palla, sgranando gli occhi dorati ― Ma com’è possibile?
― La strega del mare! ― strillò Jasper, saltando in testa a Isabella ― La ragazza che Edward ha portato a casa è Tanya! Ha usato la tua voce per ammaliarlo, Bella! Dobbiamo fare qualcosa e subito!
― Cosa? ― chiese Emmett, sconcertato ― Ma sei sicuro di… ― Bella non rimase ad ascoltarli un minuto di più. Si alzò di scattò e cominciò a correre verso villa Cullen.
― Vai a chiamare il Re! ― urlò Jazz, tenendosi saldo ai capelli della giovane ― Portalo in superficie, porta tutti i superficie!

Quando arrivò nei pressi di villa Cullen, Bella, notò la ragazza bionda affacciata alla terrazza di Edward. Il ragazzo, notò la sirena, era sdraiato immobile sul letto. Inerme. È sotto incantesimo!, pensò Bella, colma di rabbia.
Non si era accorta, purtroppo, che stava già scendendo la sera. Le restava poco tempo. Ma non era quello che, adesso, le interessava. Voleva salvare il ragazzo che amava, poco importava se al sorgere dell’alba lei non ci sarebbe più stata.
― Guarda chi si vede! ― disse Tanya, accarezzando con le dita il davanzale bianco ― Pensavo fossi a piangere da qualche parte.

Tu! Dannata, strega!, sbraitò Bella, conscia che lei potesse leggerle nel pensiero.
― Ammetto di averti sotto valutata, sai? ― domandò la strega, appoggiando i gomiti sul marmo bianco ― Hai capito chi sono, me ne compiaccio. Peccato che non ti servirà a nulla, mia cara sirenetta! Le tenebre stanno calando e il sole, quello del nuovo giorno – del quarto giorno, per la precisione –, sorgerà prestissimo!

Perché mi hai imbrogliata?, le chiese la sirena. Cosa ti ho fatto di male? Volevi la mia voce, te l’ho data! Abbiamo stretto un patto e tu…
― Io, cosa? ― chiese, scoppiando a ridere ― Credevi davvero che ti avrei lasciata vincere? Sai perché ho fatto tutto questo, ragazzina? Solo ed esclusivamente per vendetta! Non credevo che una sciocca e insulsa sirena potesse far innamorare un giovane così ricco e bello!

Lui mi… ama?, si chiese la fanciulla.
― Certo, mia piccola ingenuotta. Contenta? Morirai, sapendo ciò che hai perso! ― concluse, ridendo malefica.
Isabella si mise a correre, cercando di entrare in casa, ma il suo ingresso fu ostacolato da tutte le guardie che la famiglia Cullen aveva per sicurezza. Sono tutti sotto il suo controllo, pensò Bella, cercando un modo – un qualsiasi modo – per raggiungere Edward.
― Bella, Bella! ― la chiamò Emmett, riemergendo dall’oceano ― Tuo padre sta arrivando! ― a quella rivelazione, il cuore della sirena si scaldò un poco. Forse c’era ancora una speranza.
― COSA!? ― tuonò Tanya, facendo scoppiare un temporale ― Il Tritone in superficie? Come’è possibile? Perché? ― si domandò, battendo i piedi come una bambina capricciosa.
― PERCHÉ È MIA FIGLIA, TANYA! ― urlò Charlie, emergendo fiero e possente, dagli abissi del mare.

Papà!, pensò Isabella, correndogli incontro.
― Bambina mia… ― sussurrò il Tritone tra i capelli castani di sua figlia ― Ti ho cercata dappertutto, non sai quanto sono stato in pena per te.

Ti voglio bene, papà!, disse mentalmente Isabella, tra le lacrime. Non sai quanto mi sei mancato!
― Che scenetta commovente. ― sibilò Tanya che, ora, era in piedi sul tetto della villa ― Cosa c’è, Charlie? Hai cambiato idea sugli esseri umani, adesso che tua figlia è una di loro!?
― Taci, strega! ― le ordinò lui, facendo agitare l’acqua e vibrare il tridente nelle sue grandi mani ― Come ti sei permessa di ingannare mia figlia?!
― Oh scusa, dovevo prima chiederti il permesso?
― Spezza il patto, Tanya! Spezzalo adesso!
― Neanche per sogno, Tritone. ― rispose la strega, mentre una forte tempesta si stava abbattendo su tutta Sydney ― Vedrai tua figlia morire, come io ho visto perire il mio amore!
― Ma di cosa stai parlando? ― urlò Charlie, tenendo stretta Isabella, affinché le onde non la trascinassero via ― Per cosa ti stai vendicando, Tanya? Se ce l’hai con me prenditela con me, non usare mia figlia!
― Papà! ― lo chiamarono Rosalie ed Alice che, seguendolo, erano riemerse in superficie ― Bella! ― urlò quest’ultima, stringendo spasmodicamente sua sorella.
― Bella, ma tu hai… ― cominciò Rosalie, ma venne interrotta da Alice.
― …le gambe! ― Isabella sorrise appena, credendo che in quelle condizione le due sirene non volessero più avere nulla a che fare con lei. Quanto si sbagliava.
― Sei bellissima. ― sussurrò Rosalie, accarezzandole i capelli. Bella sgranò gli occhi, sorpresa da quelle parole, e si tuffò nella braccia di sua sorella maggiore.
Il momento era troppo perfetto perché durasse. Tanya, infatti, richiamò su di sé l’attenzione. Agitò il mare, facendo illuminare il cielo; tuoni e saette rimbombarono furenti, facendo muovere le onde e le palme. Nemmeno gli abitanti del mare riuscivano a stare ancorati al loro posto; molti, infatti, vennero trascinati via dalla corrente.
― Adesso smettila, Tanya! ― urlò Rosalie, fronteggiando la strega ― Sei stata troppo tempo sola e adesso vuoi divertirti?
― Già! ― la spalleggiò Alice ― Non mi sei mai piaciuta, nemmeno quando eri una sirena! ― a quella frase, Bella, sgranò gli occhi, di nuovo. Tanya era una sirena?
― Prendetevela con vostro padre! ― sbraitò la strega, facendo infuriare ancora di più la tempesta ― È colpa sua se vostra sorella morirà!
― Che cosa ti ho fatto, Tanya? ― domandò Charlie ― Eri diventata un pericolo per il mio Regno! Sei stata implicata nell’assassinio di mia moglie!
― Cosa?! ― chiesero le tre sirene – chi a voce, chi no.
― Tu hai ucciso Felix! ― lo accusò la strega, inferocita.
― Aveva ucciso Renée!
A quel nome, Bella, si bloccò. Non aveva più sentito suo padre pronunciarlo, da quando sua madre era morta. Renée era la sirena più bella che fosse mai esistita. I lunghi capelli castano chiaro, contrastavano nettamente con i suoi occhi azzurro ghiaccio. Aveva un sorriso che contagiava… La sua coda, di un particolare verde/viola, era la più lunga e lucente di tutto il Regno di Atlantica. Bella, a differenza delle sue sorelle, la ricordava poco. Non sapeva quasi nulla persino della sua morte. Quando Renée era viva, la vita marina era molto diversa; Charlie era molto diverso. Più allegro, più spiritoso… Più padre e meno sovrano. Ma quando la sua amata morì, cambiò tutto.
― Io ucciderò tua figlia e il suo amore! ― strillò la strega. Teneva fra le braccia un Edward addormentato, mentre ella stava riprendendo le sue oscure sembianze. Si tuffò in acqua, lasciando che il corpo del giovane sprofondasse negli abissi.
Bella, istintivamente, scappò via dalle sue sorelle e seguì il corpo di Edward che, lentamente, stava raggiungendo il fondale.
― Bella! ― urlò Alice.
― Non sei una sirena! Hai bisogno di ossigeno, torna indietro! ― tentò Rosalie ― Vado a riprenderlo io, ma tu torna in superficie! ― Bella, però, non le ascoltò.
Aveva ormai raggiunto Edward, quando la strega del mare trascinò entrambi ancora più giù.
― Lasciali andare, Tanya! ― strillò il Tritone, puntandole addosso il tridente.
― Spara, Re Tritone! ― lo incitò lei ― E ucciderai anche tua figlia!
Isabella, ormai quasi priva di sensi, tocco il cuore di Tanya. Stava tentando di rompere la conchiglia, il luogo dove si nascondevano la sua coda e la sua voce. Solo così sarebbe stata in grado di salvare la sua famiglia e… Edward. Ma quello che accadde la lasciò senza fiato.
Vide tutto ciò che successe molti anni prima: sua madre, Renée, che veniva pescata da un branco di pescatori; le loro torture. Vide una ragazza bionda, umana, amare uno di quei pescatori. Quella ragazza era Tanya… Aveva usato lo stesso incantesimo che aveva donato a Bella, con l’inganno, per trasformarsi in un essere umano. Non poté vivere il suo amore, però, perché Charlie, suo padre, uccide tutti i responsabili delle atrocità fatte a sua moglie. Tanya, scampata al disastro, tornò negli abissi, ma non riuscì a riprendere l’aspetto di una sirena. Si trasformò così in una mezza piovra. Quando il Re scoprì che la ragazza dai capelli biondi altri non era che Tanya, la bandì dal Regno, esiliandola. Da quel momento in poi, Tanya, fu chiamata – per diverse ragioni – la strega del mare.
Tutto passò molto velocemente nella sua testa. Il ricordo di quegli istanti era confuso… La conchiglia si aprì, donando alla ragazza la sua coda e la voce. Ma era troppo tardi. Il corpo di Edward le scivolò via dalle mani, come la sua vita umana scivolò via, giù, in quei tetri abissi. Il buoi arrivò prepotente, inghiottendo ogni cosa.

― Bella? ― chiamò una voce lontana ― Bella, ti prego. Bella, svegliati… ― chi era che la chiamava? E cosa voleva da lei? ― Bella, sono io, sono Edward… Bella, apri gli occhi. ― solo allora la ascoltò.
― Edward…? ― sussurrò piano, aprendo lentamente gli occhi.
― Rose, Rose, si sta svegliando!
― Lo vedo, Alice!
― Ma la piccoletta è sempre così? ― domandò Edward a Bella, regalandole il suo bel sorriso sghembo ― Come ti senti?
― Non so. ― rispose a voce alta, la sirena ― Frastornata. Ma… Oddio, sto parlando!
― Tuo padre ha sistemato la strega del mare. ― rispose il ragazzo ― Tutto è bene, quello che finisce bene… O almeno, la maggior parte. ― concluse tristemente, abbassando gli occhi. Bella seguì il suo sguardo e rivide la sua lunga coda verde.
― Oh no! Tu non dovresti vedermi così!
― E perché? Sei una sirena molto, molto bella…
― Baciala, scemo! ― urlò Alice, ricevendo uno scappellotto da Rosalie.
Edward, però, accettò il consiglio e premette le sue labbra su quelle della sirena.
Erano sulla spiaggia, proprio sopra il bagno-asciuga. La linea perfetta in cui terra e mare si univano. Il bacio fu dolce, passionale, ma soprattutto stracolmo di amore.
― Ti amo, Isabella. ― sussurrò lui, sulle sue labbra ― Ti amo da quando ti ho sentita cantare per me, quella notte; da quando ho incontrato i tuoi occhi color del cioccolato, quella mattina. Ti amo da quando ti ho vista ridere; da quando ho capito che hai dato un senso alla mia vita, che priva di te era priva di colore.
― Ti amo anche io, Edward. ― rispose lei, sfiorandogli nuovamente le labbra ― Ma come possiamo fare, adesso?
― Potrei vivere con te nell’acqua! ― scherzò ― Pensaci, mi faccio un accampamento su uno scoglio e quando la mia pelle è troppo raggrinzita esco! Sono un nuotare eccellente!
― Oh, com’è romantico… ― sospirò sognante, Alice.
― Che mi venga un colpo! ― ribatté Rosalie, dandosi una manata in faccia.
― Non posso chiedertelo, Edward. ― disse Bella ― Che vita sarebbe, per te?
― La mia vita sei tu. Non mi importa di nient’altro.
― Oh, com’è… ― tentò di nuovo Alice, ma Rosalie la anticipò.
― Alice, ridillo e ti affogo!
― Ami davvero mia figlia? ― chiese Charlie, avvicinandosi maggiormente alla riva.
― Con tutto me stesso, sua Maestà.
― E tu, Isabella, ami davvero questo ragazzo?
― Sì, papà. ― rispose Bella, avvicinandosi al Tritone ― Ho visto tutto, papà. Ho visto quello che hanno fatto alla mamma… Ma non tutti gli esseri umani sono così, papà! Edward e la sua famiglia sono brave persone…
― Adesso l’ho capito, figlia mia. ― rispose, baciandole la fronte.
Una luce calda venne sprigionata dal tridente di Charlie; avvolse Bella, dolcemente, e la portò a qualche centimetro da terra. A mano a mano, la sua coda, venne sostituita da due gambe lunghe e lisce, fasciate da un paio di jeans aderenti. Il reggiseno di conchiglie lilla, lasciò il posto ad un semplice bikini bianco, ricamato con fiori viola; sulla spalle, poi, apparve una leggera giacca di jeans, abbinata ai pantaloni.
Quando la ragazza toccò la sabbia coi piedi non poté credere ai suoi occhi. Charlie, il suo adorato papà, l’aveva trasformata in un essere umano, senza patti e senza inganni; senza clausule e senza scadenza.
― Sii felice, figlia mia. ― disse il Tritone, mentre lentamente scompariva all’orizzonte ― Verrò a trovarti, Isabella! Verremo tutti a trovarti, un giorno!
― Ti voglio bene, papà! ― urlò Bella, in piedi sulla riva ― Voglio bene a tutti quanti! E vi aspetterò, vi aspetterò finché vivrò!
Due braccia forti le cinsero la vita, mentre guardava suo padre scomparire, nelle profondità dell’oceano. Non lo avrebbe più visto spesso, ma sapeva che lui le voleva bene e che, se avesse mai avuto bisogno, lui ci sarebbe sempre stato.
― Ti sei pentita? ― le domandò Edward, appoggiando il suo mento sulla sua spalla.
― No. ― rispose semplicemente lei. Si voltò e lo baciò dolcemente.
Fu così che, mano nella mano, tornarono nella casa che aveva visto nascere il loro innocente sentimento.
Da quel giorno, Edward e Bella, non si separarono mai più. Al contrario, vissero felici e contenti, insieme, per tutta la vita.

FINE.

.
Eccomi di nuovo qui a mettere l'ennesimo punto ad una mia storia. Spero che questa piccola parentesi fiabesca sia stata di vostro gradimento...
Avrei tantissime cose da dirvi, ma oggi non sto particolarmente bene, ma non volevo mancare all'appuntamento conclusivo di questa flashfic! Ci tengo, però, a dirvi GRAZIE! Soprattutto a chi ha recensito ogni capitolo, ma anche a chi ha voluto dirmi la sua quando aveva tempo. Ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le preferite, seguite e nelle storie da ricordare. Sono i lettori a rendere grande una storia, non solo chi la scrive... Perciò grazie a tutti, che mi sostenete sempre in qualunque nuova idea folle! XD
Prima di lasciarvi vorrei dirvi che Mercoledì - cioè dopodomani - comincerò la pubblicazione di un'altra fanfiction (questa volta è una long!) ho voluto fare un omaggio ad una trilogia che mi è piaciuta moltissimo. Il titolo della mia storia sarà Edelstein - L'amore attraverso i secoli. Se vi va di seguirmi anche lì, Mercoledì venite a farvi un giro nel mio profilo di EFP, magari l'idea può piacervi :)
Un bacione a tutti! :*

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