You're my destiny

di CathLan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** 1. Our second chance ***
Capitolo 3: *** 2. Better days ***
Capitolo 4: *** 3. Just a feeling ***
Capitolo 5: *** 4. Who you are ***
Capitolo 6: *** 5. You're driving me crazy ***
Capitolo 7: *** 6. Same mistakes ***
Capitolo 8: *** 7. Like an idiot ***
Capitolo 9: *** 8. All about tonight ***
Capitolo 10: *** 9. Apologize ***
Capitolo 11: *** 10. Sweet dreams ***
Capitolo 12: *** 11. I don't care ***
Capitolo 13: *** 12. I don't understand ***
Capitolo 14: *** 13. Love like this ***
Capitolo 15: *** 14. Sorry, sorry ***
Capitolo 16: *** 15. Don't leave me ***
Capitolo 17: *** 16. Replay ***
Capitolo 18: *** 17. Use somebody ***
Capitolo 19: *** 18. Heart vacancy ***
Capitolo 20: *** 19. Wherever you will go ***
Capitolo 21: *** 20. Epilogo ***
Capitolo 22: *** 21. Speciale Larry ***



Capitolo 1
*** Prologue ***






You're my destiny




Prologo  


{ Commenterò a fine capitolo}


                                                                                                             
                                                                                                                           



Buona lettura.


~ Sei anni prima ~


Gli girava la testa e la musica e le luci psichedeliche non lo aiutavano affatto. Non aveva mai bevuto e proprio per questo si era ritrovato a non capire più niente dal terzo bicchiere di vodka. Si era spinto più in là del lecito perché quella era una serata speciale, insomma, oltre che trovarsi a Londra in vacanza con i suoi due migliori amici, quello era il giorno del suo diciottesimo compleanno, un'occasione che capita una sola volta nella vita. Ci avevano dato dentro e avevano fatto baldoria per bene, per dirla in poche parole.
Fece scorrere le iridi blu sui divanetti posti esattamente dall'altra parte dell'ala del locale nel quale si trovava lui e un altro giramento lo colse impreparato, obbligandolo ad aggrapparsi ad uno sgabello. Non si era ancora mosso dal bancone perché le gambe molli non gli permettevano di fare alcun passo, così si era ritrovato a dover invidiare i suoi amici che freneticamente si muovevano e si strusciavano su sconosciute come animali arrapati. Avrebbe voluto anche lui infilarsi tra la calca ad ondeggiare la testa e le braccia in modo convulso, ma era già tanto riuscisse a stare in piedi.
«Tutto okay?» un ragazzo che doveva avere sì e no la sua età, alto, coi capelli chiari, che nemmeno aveva notato gli si fosse avvicinato si sporse verso di lui, andando a parlargli direttamente nell'orecchio per farsi sentire. La musica era troppo alta per permettere alla gente di scambiare quattro chiacchiere decorosamente.
Lui si strinse nelle spalle, facendo 'no' con la testa, sogghignando. «Ho bisogno di sedermi su qualcosa che non sia alto come il Big ban» bofonchiò indicando gli sgabelli bianchi lunghi quanto le sue gambe. Non era così ubriaco da non riuscire a dire una frase di senso compiuto, semplicemente non riusciva a muoversi decentemente.
Il ragazzo annuì e lo aiutò a sorreggersi, portandolo lentamente sui divanetti in pelle nera. «Sono Liam» gridò per sovrastare il chiasso.
«Io Dave» mentì spudoratamente, se gli avesse rivelato il suo vero nome quello avrebbe capito subito che non era inglese e avrebbe cominciato a fare domande e lui non era pronto, non quella sera.
Il tipo aveva un bellissimo viso, le iridi dalle sfumature dorate ti catturavano e ti spingevano a non distogliere lo sguardo dai suoi occhi, come in un incantesimo, uno di quelli maledetti. «Hai bevuto tanto eh?» constatò quello aprendo e chiudendo le labbra screpolate velocemente.
«Un po'» tagliò corto lui, non voleva essere scortese, ma non era il momento adatto per socializzare.
Liam fece un cenno del capo e sorrise dolcemente. «Io non bevo mai, ma è una storia lunga.»
«Capisco», non era certo quello che aveva pensato quando i suoi amici gli avevano proposto di passare un week end in Inghilterra per festeggiare i suoi diciotto. Aveva piuttosto immaginato di divertirsi fino allo sfinimento e magari incontrare qualche bella ragazza, invece si ritrovava seduto scompostamente su un divanetto scomodo e puzzolente con accanto non una bionda da sballo, ma un ragazzo. Per di più con un dolore atroce alla testa.
«Sei qui da solo?» lo sconosciuto sembrava veramente interessato a fare amicizia, una delle ultime cose che uno di solito desidera di fare in discoteca.
«No, con due amici» sbuffò e si torturò i capelli estremamente biondi con le dita nivee. La sua pelle era sempre stata troppo chiara per i suoi gusti, ma non era mai stato capace di abbronzarsi, d'estate la sua pelle diventava rossa e poi, invece di prendere un bel colorito olivastro, si spelava e tornava bianco. «Tu?»
L'altro sospirò rumorosamente. «Con degli amici e la mia ragazza, ma a quanto pare lei ha trovato un tipo che la fa divertire più di me.»
Era stato mollato in discoteca, proprio un brutto colpo. «Come si chiama?»
«Jessica» sembrò voler aggiungere dell'altro, poi però scrollò il capo senza dire nulla.
Dave arricciò il naso. «Che brutto nome, non mi piace.»
Liam ridacchiò, ma si morse subito un labbro trattenendosi, come fosse troppo educato anche per permettersi di ridere della ragazza che gli aveva appena spezzato il cuore. «Immagino di essere sbagliato io» constatò stringendosi nelle spalle larghe coperte dalla camicia bianca che delineava per bene ogni singolo accenno di muscolo del suo petto. Erano talmente vicini che potevano sentire il cuore dell'altro battere forte sotto le costole.
«E perché?»
«Non è la prima volta che vengo tradito» sospirò nuovamente, ravviandosi il ciuffo con una mano tremante. «Devo essere io il problema.»
Anche a Dave era capitato di essere rimpiazzato da un altro nel bel mezzo di una relazione e sapeva benissimo come ci si potesse sentire, così, in un gesto spontaneo posò le dita affusolate sul viso dell'altro, facendole scorrere dalla tempia al mento lentamente. Liam rimase immobile, con le labbra socchiuse e il respiro appena più accennato.
«Secondo me è colpa delle donne.» Lo pensava davvero, eppure lo sconosciuto si mise a ridere come avesse appena assistito ad una delle battute più divertenti del mondo. Poi però tornò serio ed annuì, spostandosi appena più vicino al corpo bollente dell'altro, fino a sfiorarlo con una spalla.
«Qual è la soluzione quindi?» chiese, soffiandolo direttamente sul volto paonazzo di Dave.
«Non lo so, forse questa» fu più forte di entrambi, spezzarono simultaneamente ogni distanza premendo le proprie labbra su quelle dell'altro in un gesto istintivo. Subito, senza attendere oltre, il bacio divenne qualcosa di più profondo e Dave si issò sulle gambe di Liam, insinuando le dita tra i suoi capelli mossi. L'altro prese a carezzarlo e toccarlo, lasciando scie bollenti ovunque e si fermò solo quando arrivò sul suo cavallo, duro e caldo. Il biondo non poté fare a meno che gemere quando quello si mise a toccarlo con sempre più decisione, sarebbe impazzito di piacere di lì a poco e nemmeno quello rientrava nei suoi piani.
«Mh» gli sfuggì un gemito e il motivo del suo piacere ne sembrò soddisfatto, perché sorrise sulle sue labbra.  Non riuscendo a darsi del contegno, insinuò le mani sotto la camicia bianca di Liam, delineando con la punta delle dita i pettorali e gli addominali scolpiti e si sporse a lasciargli una scia di baci umidi sul collo. Non era mai stato con un uomo e mai gli sarebbe passata un'idea simile per la testa, eppure non si sa come gli stava piacendo. Le attenzioni dello sconosciuto, i baci e le carezze erano le migliori che si era mai scambiato con qualcuno e la cosa lo stava turbando molto. Non aveva mai sentito piacere nel guardare un uomo, tanto meno gli era venuta la voglia di andarci a letto, tuttavia in quel momento avrebbe fatto sesso con lui senza pensarci su nemmeno due misere volte. Sospirò quando Liam si staccò dal suo membro e andò a sfiorargli il volto ed i capelli, in gesti sensuali e dolci al tempo stesso e si domandò per un momento come avesse fatto quella Jessica a farsi scappare un tipo come lui, ma lasciò fuggire subito altrove il pensiero quando si ritrovò ad aspirare l'aria dalla bocca dell'altro, nuovamente. Il sapore che scaturiva da quei baci era un misto di alcool e menta e gli faceva perdere la cognizione del mondo, come se tutto girasse attorno non al sole, ma a quello scambio di salivazione. Cinse le braccia intorno al collo del ragazzo e spinse il bacino contro il suo, voglioso. Era straordinario cosa stesse provando in quel momento, era un'esplosione di emozioni e sensazioni differenti non dettate dall'alcool che gli scorreva nel corpo, tanto meno dalla confusione del locale, piuttosto dal suo nuovo “amico” -se così poteva definirlo-.
Poi, ad un tratto, proprio come tutto era iniziato tutto finì. Si staccarono l'uno dall'altro come ripresi da uno stato di trance e si asciugarono il mento umidiccio con l'avambraccio, muovendosi all'unisono.  «Devo andare, scusa» disse con un filo di voce Liam, Dave lo comprese solo perché gli lesse il labiale. Dopodiché si alzarono e, dopo essersi sistemato i jeans neri e la camicia, il ragazzo se ne andò scomparendo tra la calca della gente impazzita, mollandolo lì da solo.
Il mal di testa intanto era aumentato, anziché affievolito.
Sbuffò rumorosamente e si sistemò meglio sul divanetto, portandosi le mani alla faccia ancora calda. Una mongolfiera di sensazioni contrastanti stava avendo il sopravvento sulla sua ragione, quel ragazzo lo aveva colpito, molto probabilmente gli aveva sconvolto l'intera esistenza e nemmeno l'avrebbe mai più rivisto. O almeno questo era quello che pensava Dave.



-rullo di tamburi- MA ECCHIME 8D
Sono io, la pazza di “Scommetti che ti amo?”, sì esatto, quella di cui non vi siete ancora sbarazzate.
Vi abbraccerei tutte, ma poi verrebbe fuori una cosa troppo lunga (?) così mi fermo qui e vi presento semplicemente la mia seconda long dedicata interamente ai One direction! La coppia che ho deciso di far amoreggiare 'sta volta è la Niam :D Sì, lo so, verrà fuori un casino, ma li adoro #muchlove
Bene, bene, lo so che dovevo postare domani con l'uscita dell'epilogo dell'altra storia, ma non ce la facevo a resistere e così ho deciso di tuffarmi a capofitto in questa nuova avventura.
Ringrazio tutte le dolci donzelle che mi seguiranno e recensiranno, un bacio grande. A presto!
P.s. Aggiornerò non con la stessa frequenza della scorsa storia perché è stato quasi un suicidio. Mi farò sentire presto comunque, non preoccupatevi  <3

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Capitolo 2
*** 1. Our second chance ***





1. Our second chance

 


In un incontro vi può essere una Vita intera,
in una vita vi può essere un solo Incontro.



Sono tornata presto perché non avevo voglia di farvi aspettare tanto, ma vi avviso che gli altri aggiornamenti non saranno sempre così veloci, perché nella scorsa storia è stato quasi un suicidio.
Spero il capitolo non vi deluda e che cominci ad esservi chiaro che piega prenderà la trama, grazie mille a chi ha recensito ed inserito la fan fiction tra preferiti e seguiti. Un bacio, a presto.
{ Voglio solo aggiungere -siccome so che qualcuna che seguiva “Scommetti che ti amo?” è qui tra noi e ci tengo a farglielo sapere- che la Zarry è entrata tra le storie più popolari. Ci tengo a ringraziare ancora tutte le ragazze che hanno inserito la vecchia fan fiction tra le preferite permettendomi di realizzare un mio piccolo sogno, grazie tante, davvero. Vi adoro.}

Buona lettura





Sei anni dopo~


Le due grandi nocciole incastonate sul viso del mio migliore amico non avevano fatto altro che scorrere su di me velocemente, dall'alto al basso, come a non voler perdere nemmeno un dettaglio, come se volesse imprimere ogni cosa nella mente per non dimenticarla. «Cavolo, come sono agitato!» mi sorrise e i denti bianchi, in netto contrasto con la pelle ambrata -segno evidente delle sue origini pakistane- brillarono.  
«Stai tranquillo, Zayn», Louis fu più veloce di me a rispondere e, ancora col fiatone per la corsa, si appoggiò ad una colonna, incrociando le braccia al petto magro. «Andrà tutto bene, lo sai.»
Harry, il più piccolo tra tutti, con una massa informe di capelli ricci color biondo scuro, anche lui col respiro affannoso, annuì convinto dando piena ragione all'amico. «Che poi scommetto che tutta Muller cadrà ai tuoi piedi!»
«Mullingar semmai» lo corresse Lou, facendo lampeggiare i suoi occhi azzurri dal puro divertimento, scoppiando a ridere in una grossa risata.
«E' lo stesso porca carota!» il riccio imbronciò le labbra fingendo tutto d'un tratto di essersi offeso. «Aveva capito comunque, anche senza che tu facessi tutto il saputello!»
Da quando quei due erano sbucati da nulla, non avevo ancora smesso di pregare, preoccupato iniziassero a far casino come al solito, cosa che di lì a breve si sarebbe avverata. «Come mai siete arrivati così in ritardo?» speravo che distraendoli avrebbero lasciato perdere il battibecco.
«Perché il signorino -cominciò il più grande dando un buffetto sulla testa all'altro- quando sono arrivato a casa sua era ancora nudo e ci ha messo mezz'ora solo per farsi una cavolo di doccia.»
Mi ritrovai ad annuire involontariamente, conoscevo bene quei due pazzi e conoscevo ancor meglio le loro brutte abitudini. «Ancora qualche minuto e vi perdevate la sua partenza» ribattei pacato indicando il bruno, che era troppo nervoso anche solo per spiccicare parola.
«Ma non è stata solo colpa mia, Lou era già in ritardo per conto suo!» sbottò Harry, riferendosi al ragazzo castano che lo stava prontamente fulminando con lo sguardo. E da lì ritornarono a darsi addosso, scherzando certo, ma comunque vivacemente.
«Mi domando come si troverà il nuovo arrivato» bofonchiò all'improvviso Zayn scuotendo la chioma scura, distogliendo la mia attenzione dai due. Alle volte mi domandavo come riuscissero ad immedesimarsi tanto bene in due bambini dell'asilo nido, perché era quasi lodevole la loro capacità di saper essere seri cinque minuti prima e di divenire veramente immaturi dopo soli trenta secondi. «Secondo me scapperà via dopo forse tre giorni» aggiunse poi.
Louis e Harry si stavano appunto spintonando blaterando cose senza senso. Feci una smorfia e mi avvicinai al pakistano, poggiandogli un gomito sulla spalla. «Penso che non resisterà nemmeno un'ora.»
Il più grande gridò qualcosa riguardo delle carote e qualche passante si voltò allibito nella nostra direzione. «Dio, ragazzi tregua!» avevo già la testa pesante, se poi ci si mettevano pure loro a peggiorare la situazione era la fine. Feci per aggiungere dell'altro, ma il cellulare che tenevo nella tasca del giubbotto si mise a trillare come un ossesso, obbligandomi a prenderlo. Sul display compariva il nome di mio zio, il proprietario di uno dei locali più strambi e meno popolati della città.
«Pronto Liam?» mi chiese, come ad accertarsi che a rispondere fossi proprio io.
«Sì, sono io zio, che vuoi?» non volevo essere cattivo, ma quello era il momento meno adatto.
Ci fu una breve pausa. «So che hai da fare e non vorrei doverti chiederti questo proprio ora, ma ho bisogno del tuo aiuto», capii dal suo tono che doveva trattarsi di una cosa seria.
«Cosa è successo?»
«Non so la caldaia ha cominciato a perdere acqua e proprio non capisco come si fermi, ci ho messo sotto un catino e me ne ha già riempiti due» sbuffò e sentii il rumore come di qualcosa che cozza contro al ferro.
«No!» gridai quasi e i miei amici mi fissarono confusi, per fortuna Cip e Ciop avevano finito di accapigliarsi. «Zio non fare niente per piacere, arrivo subito, aspettami!» Buttai giù e tornai nel punto dove mi aspettavano gli altri.
«Mi dispiace, ma devo scappare» mi strinsi nelle spalle, sperando si rendessero conto che era una cosa urgente e che proprio non potevo fermarmi oltre. «Bobby ha bisogno d'aiuto al bar» spiegai, quando due paia di occhi, due verdi e due azzurri, mi puntarono famelici.
«Sei troppo buono Lì!» gridarono all'unisono, sghignazzando.
Sbuffai e scossi il capo. «Lo so, lo so.»
«E allora salutami, no?» la voce bassa di Zayn mi prese alla sprovvista, ruotai il capo e me lo ritrovai accanto, con le mani sui fianchi e un sopracciglio inarcato verso l'alto. Senza nemmeno farmelo ripetere due volte lo afferrai per i fianchi e me lo avvicinai, facendo scontrare i nostri petti muscolosi. Gli cinsi il bacino con le braccia e lo strinsi più che potei, proprio nello stesso modo in cui mi stava abbracciando lui.
«Ragazzi un po' di contegno» una testa riccioluta spuntò da chissà dove e due occhi verdi si assottigliarono su di noi maliziosi.  
«Non posso nemmeno salutare come si deve il mio coinquilino?» mi portai un palmo al volto, sfregandomelo spazientito. «E' assurdo.»
Una risata argentina si librò nell'aria, pur non vedendolo seppi per certo fosse quella di Louis. «Vi salutavate per bene stanotte, no?»
«Oh, ma finitela!» Prese parola il bruno, esasperato. Zayn aveva perso ogni speranza con loro qualche tempo prima, quando li aveva ritrovati intenti a cercare di toccare il soffitto con la testa usando come trampolino il materasso ad acqua. Naturalmente non si sa nemmeno come, con un ultimo balzo erano riusciti addirittura a far scoppiare il materasso, facendo fuoriuscire tutta l'acqua e allagandoci mezzo appartamento.
«Zayn fatti sentire tutti i giorni, mi raccomando!» la mia non era una richiesta, piuttosto un ordine.
«E se hai bisogno di qualsiasi cosa» cominciò Louis. «Chiamaci e veniamo in Irlanda a prenderti, capito?» finì con lo stesso tono che non accettava repliche Harry.
Zayn ce la diede vinta e annuì un paio di volte. «Non potrò mai sbarazzarmi di voi, giusto?», inarcò le labbra piene verso l'alto.
«Probabile!» ribatté il più grande, sorridendo sornione. «Di sicuro non ti sbarazzerai tanto facilmente di Liam, ti ama.»
«Non crescerai mai vero?» insomma, aveva venticinque anni e ancora faceva certe battutine idiote che ti facevano rizzare i peli delle braccia. «Ora vado, chiamami quando sei arrivato» mi rivolsi al bruno sorridendogli, ignorando bellamente i borbottii sommessi di Louis.
«Certo, stai tranquillo» mi strinse un'ultima volta e sospirò. «Ci vediamo allora!»
Annuii e me ne andai quasi correndo. Se non mi fossi sbrigato mio zio Bobby sarebbe stato capace di mandare a fuoco o all'acqua l'intero bar come se nulla fosse, dando poi la colpa alla nuova tecnologia come sempre.

**

Entrai in casa e mi levai di dosso subito il giubbotto fradicio, lo appesi all'attaccapanni e ci aggiunsi anche la sciarpa blu in lana che ero riuscito a salvare infilandomela prontamente sotto il maglione. Mi tolsi infine le All star inzuppate e le lasciai su un angolo dello zerbino in modo da non bagnare il pavimento. Sbuffai e mi stiracchiai sbadigliando, avevo sonno, mi sarei messo a letto e mi sarei svegliato solo per l'ora di cena, l'indomani sarebbe stato lunedì e mi toccava un'intensa giornata di lavoro, dovevo riposare per bene.
Salii le scale e mi fiondai in camera, aprii l'armadio e afferrai a caso dei vestiti, dopodiché mi diressi in bagno deciso a farmi una bella doccia calda. Aprii la porta del bagno e nel piccolo stanzino trovai una sorpresa, una sorpresa che mai e poi mai mi sarei aspettato. Davanti allo specchio se ne stava un ragazzo mezzo nudo, tutto concentrato a fissarsi i pettorali, con lo spazzolino infilato in bocca. Aveva la pelle nivea cosparsa da una manciata di nei sparsi a caso qua e là e i capelli di un biondo assurdamente chiaro che mi era capitato molto raramente di vedere. Quando si voltò verso di me fissandomi con due grandi occhi blu sgranati, mi sentii un completo idiota. Come avevo potuto dimenticarmi di lui? «Scusa, scusa, scusa» borbottai, spostando lo sguardo dai suoi boxer blu attillati al suo volto leggermente rotondo. Spalancò le labbra sottili e lo spazzolino cadde nel lavandino, accompagnato da una bavetta bianca che gli penzolò sul mento finché non decise di ripulirsi con l'asciugamano.
«Non ti preoccupare» aveva la voce bassa e un accento fortemente marcato. Ed era sorpreso, molto sorpreso. «Tu devi essere Liam», disse sorridendo, cancellando l'espressione meravigliata una volta del tutto, voltandosi poi nuovamente a guardare la superficie riflettente. Ruotai a mia volta il capo in direzione dello specchio e ciò che vidi mi fece  perdere un battito. Avevo i capelli decisamente sconvolti, fradici e spettinati, mi ricadevano sulla fronte scompostamente ed il mio abbigliamento era decisamente ridicolo. I pantaloni della tuta erano mezzi strappati e bagnati e la maglietta con disegnata su la faccina di pacman era estremamente comica, non ricordavo nemmeno di averla indossata quella mattina a dirla tutta. Ora comprendevo il motivo di tutto quello sbalordimento, chissà per che tipo di persona mi aveva preso.
«Si è rotto un tubo» bofonchiai, come a volergli spiegare il perché di quel mio stato. Lui mi guardò direttamente, indeciso se lasciarsi andare e mettersi a ridere o rimanere serio. «Puoi ridere» gli concessi, facendo spallucce.
Lui senza farselo ripetere si tuffò in una grossa risata convulsa, divenendo tutto rosso in viso. Dopo circa centoventisette secondi -li contai- prese un profondo respiro e tornò serio.
«Ti lascio il bagno così magari ti dai una sistemata» disse come se niente fosse e se ne andò senza nemmeno attendere una mia risposta, chiudendosi la porta alle spalle per lasciarmi la mia intimità.
Sbuffai stufo, la giornata era partita nei peggiori dei modi e a quanto pareva era finita allo stesso modo, ultimamente la sfiga mi faceva il filo e non sapevo se sentirmi lusingato o meno.


                                                                                                                         




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Capitolo 3
*** 2. Better days ***





2. Better days



E poi tornare ad essere vicini,
ma seguitare a sentirci lontani.




Ciao! Aggiorno ancora molto presto, perché ho tempo e voglia, ma sul prossimo non garantisco nulla.
Tengo a precisare che in questo capitolo non accade nulla perché è presto, davvero, ma non perdete la speranza, la storia prenderà tra qualche capitolo una 'bella' piega.
Spero come sempre il capitolo piaccia e beh, ringrazio tutte voi, care donzelle, per l'incoraggiamento.
Un bacio grande, a presto.

Buona lettura





Quella mattina non mi svegliai certo grazie al fastidioso trillo della sveglia a forma di tartaruga, ma bensì attirato da un odore intenso di caffè che mi colpii le narici, facendomi alzare dal letto con movenze tipiche di uno zombie attirato dall'odore di carne umana. Seguendo il profumo arrivai in cucina dove trovai l'irlandese mezzo incastrato dentro al frigorifero, mi domandai se pensasse di diventarne parte integrante e subito mi venne da ridere. Il biondino sobbalzò all'udire la mia risata sbattendo inevitabilmente la testa contro il congelatore.
«Stai bene?» andai da lui più velocemente che potei, cercando di non picchiare contro la mobilia, siccome avevo ancora gli occhi impastati dal sonno e ci vedevo doppio. «Ti sei fatto male?»
«Sì, no, tutto okay» mi rispose con voce roca -facendomi intendere si fosse svegliato da poco anche lui- uscendo letteralmente dall'elettrodomestico. Era presto, neanche le sette e dieci, doveva essere un tipo mattiniero, anche perché non c'era motivo di svegliarsi così presto quando le sue lezioni al College sarebbero iniziate soltanto alle nove. Zayn in confronto a lui era un eterno ritardatario, arrivava a lezione con sempre dieci minuti di ritardo. «Ti va bene se ti rubo uno yogurt?» mi mostrò il piccolo barattolo bianco con una mano, mentre con l'altra si massaggiava affettuosamente la testa.
«Certo», mi strinsi nelle spalle e mi spostai ai fornelli, versando un po' di liquido scuro ancora caldo in una tazza bella grande. Il caffè era ciò che mi permetteva di iniziare la giornata senza inciampare nei miei stessi passi e di formulare frasi di senso compiuto. «Quel che è mio è tuo.»
Lui sembrò soddisfatto della risposta perché distese le labbra sottili verso l'alto. «Dove tieni i cucchiai?»
«Non ce li ho» ammisi, andando a sedermi al tavolino quadrato della piccola cucina. Ci posai sopra la tazza e la avvolsi con le mani per riscaldarle un poco. In inverno a Londra faceva sempre un freddo del cavolo -tutta colpa dell'umidità- ed io proprio non lo sopportavo, ero un tipo da fuoco e fiamme, in tutti i sensi.
Chiuse il frigo con uno scatto dell'anca e inarcò un sopracciglio biondo. «E come li mangi questi scusa?»
«Ho paura -cercai di soppesare ogni parola per non sembrare completamente folle- dei cucchiai, è una fobia che mi porto dietro fin da piccolo.»
Pensai mi avrebbe mandato a cagare senza troppi giri di parole e invece annuì soltanto. «Ad ognuno il suo» si limitò ad accennare. «Ma quindi mi tocca berlo?»
Scrollai il capo, divertito da quel suo modo serioso di scherzare. «Nel primo cassetto a partire dal basso ci sono delle palette rettangolari piuttosto larghe e lunghe, usa quelle» gli indicai un mobile bianco, posto accanto alla lavastoviglie e lui mi diede le spalle, chinandosi. Mi resi conto solo in quel momento quanto quei pantaloni del pigiama color pesca gli delineavano alla perfezione il fondo-schiena, risaltandone la forma.  
«Hai altre strane fobie che magari dovrei conoscere?» mi chiese tornando dritto con in mano una paletta trasparente, facendomi ritrarre da quei miei pensieri orribilmente folli. «Insomma, prima che magari ti porto a casa un piatto quadrato e tu ti metti ad urlare come un matto» nel dirlo arricciò le labbra, compiaciuto dalla sua stessa battutina.
«No, stai tranquillo, le stranezze finiscono qui.» Mi piaceva il fatto che fosse una persona estremamente solare e pacata, oltre che fottutamente sarcastica.
Lui annuì e si avvicinò al tavolino, accomodandosi proprio di fronte a me. Allungò una mano per rubare qualche biscotto dal mio piatto e quando gli lanciai un'occhiata curiosa si limitò a fare spallucce. «Quel che è mio è tuo, no?»
Scoppiammo a ridere nello stesso momento, senza riuscire a trattenerci. «Sei proprio un tipo folle» mi permisi di bofonchiare tra le risa.
Lui inarcò le sopracciglia verso l'alto, corrugando lievemente la fronte e sorrise. «Parla quello che ha paura dei cucchiaini!»
«La mia è una stramberia lecita, insomma è una fobia» annuii auto-convincendomi di non aver appena detto una gran buffonata e lui sbuffò scherzosamente. «Tu invece sei strambo e basta.»
«Vuoi litigare?» chiese con finto tono minaccioso sporgendosi appena verso di me, con i palmi poggiati sulla tovaglia e un biscotto infilato a metà tra le labbra a mo' di sigaro.
Mi strinsi nelle spalle, alzando le braccia al cielo. «Okay, bandiera bianca.»
Seguì un momento di silenzio, in cui ci lanciammo solo qualche breve occhiatina curiosa e in cui mi permisi di perdermi nei suoi lineamenti dolci. «Ti svegli presto» constatò d'un tratto, spezzando la quiete.
«Anche tu, solitamente Zayn si svegliava verso le otto e mezza.»
Distese le labbra sottili, mordendo il frollino. «Non voglio fare tardi il mio primo giorno» disse dopo aver masticato per bene e poi ingoiato. «Insomma, non mi regaleranno i voti, l'Erasmus è un programma duro.»
Annuii semplicemente, mentre la mente volò in Irlanda, dal mio migliore amico. «Spero Zayn si svegli presto allora.»
«Mia madre non gli permetterà di fare alcun ritardo, è una donna piuttosto pignola.» Sorrise e poi fece spallucce, come a voler lasciar perdere l'argomento. «Oggi devi andare a lavorare?»
«Sì e -lanciai un'occhiata all'orologio da muro della cucina- esattamente fra tre minuti devo uscire.»
«Quindi devo chiudere io?»
«Certo, certo, te l'ho già detto che la chiave che hai usato ieri per entrare e che Zayn ti ha lasciato sotto lo zerbino è tua, no?»
Scosse il capo e io mi schiaffai una mano in fronte, ultimamente ero sempre più smemorato. «Ora lo so però» constatò sogghignando.
«Già» mi alzai dal posto e girai attorno al tavolo con la tazza ormai vuota in mano, la posai nel lavabo e poi mi soffermai lì accanto, rimanendo dietro a Niall che si era prontamente voltato per potermi guardare a sua volta. «Io vado, ci vediamo stasera allora.»
«Certo, a stasera.»
Con un ultima occhiatina verso di lui me ne andai, lasciandolo da solo in cucina a finire in santa pace la colazione.
La conversazione di quella mattina era stata la più lunga da quando era venuto ad abitare a casa mia, la sera prima infatti non avevamo parlato granché, anzi, non ci eravamo per niente rivolti la parola, io ero molto stanco e lui ancora agitato dalla partenza, per questo ci eravamo ritrovati a cenare in silenzio, per poi darci la buona notte alle nove e mezza e dirigerci nelle nostre stanze a dormire. Eppure, con quelle semplici quattro frasi che ci eravamo scambiati mi era già fin troppo chiaro che insieme ci trovavamo bene. Non avrei potuto sperare in un ragazzo migliore con cui dover condividere l'appartamento, lasciando da parte -ovviamente- il signor Zayn Malik che già mi mancava un casino.
Niall mi piaceva, molto di più di quanto nemmeno immaginassi. Mi sembrava di riuscire a cogliere qualcosa di lui che ancora però non mi era del tutto chiara, insomma, era qualcosa di buono, certamente, ma non sapevo di cosa si trattasse esattamente.


**Anticipazioni**

Lo stomaco si accartocciò su sé stesso e le gambe si misero a tremarmi come degli steli d'erba. La realtà era che non lo sapevo, non comprendevo il perché di quel gesto improvviso, semplicemente il suo profumo mi aveva spinto, illogicamente, a toccarlo. «Non devi darti così tanto da fare», non aveva il minimo senso la mia frase, ma era la prima cosa che mi era saltata in mente.


                                                                                                                       


 

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Capitolo 4
*** 3. Just a feeling ***





3.Just a feeling


Che sia o meno una sensazione,
c'è qualcosa in te che
so di aver già sfiorato.


 


Ciao! Sì, sono tornata presto 8D
La verità è che non ho mai un cavolo da fare -l'inverno non mi piace e l'idea di uscire al freddo per farmi congelare anche gli ultimi neuroni rimasti non mi alletta per niente- e quindi eccomi qui.
Questo capitolo è l'inizio di tutto, da qui in poi succederà quasi sempre qualcosa, quindi niente LOL Non so che dire, spero vi piaccia e che la storia vi prenda.
P.s. Ieri mi stavo annoiando e ho pubblicato una shot Ziam, se vi interessa fateci un salto <3
Un bacio, a presto.


Buona lettura.





Il lavoro quel giorno era stato particolarmente noioso e quando alle otto me ne tornai all'appartamento non avevo praticamente voglia di fare niente. Non c'era stata alcuna chiamata e avevo passato le mie dodici ore di lavoro a occuparmi di cose pressoché futili, che mi capitava di fare ogni santo giorno.
Varcai la soglia di casa con uno sbadiglio, che mi si smorzò in gola non appena intravidi una chioma riccioluta spuntare dallo schienale del divano in pelle nera.
«E tu -calcai il tono su quel “tu”- perché sei qui?» richiusi la porta e appesi il giubbotto all'attaccapanni.
Niall sbucò dalla cucina con un mestolo in mano. «Li ho fatti entrare, dicevano di essere tuoi amici» mi annunciò sorridendo. Aveva parlato al plurale, quindi da qualche parte doveva esserci pure l'altra metà della mela. Mi guardai attorno ma non riuscii a trovarlo da nessuna parte, non era nascosto nel grande vaso da collezione di Zayn, tanto meno dietro al mobile in legno antico di suo nonno.
Sbuffai spazientito. «Dov'è?»
«In cucina, mi sta aiutando a preparare la cena» era la prima buona notizia da quando avevo messo piede in casa.
Feci spallucce e raggiunsi la sala, tuffandomi sul divano accanto ad Harry. «Dovevi lasciarli fuori comunque» dissi a Niall.
Gli occhi verdi del riccio si sgranarono allibiti. «Noi ti veniamo a trovare e tu ci tratti in questo modo?» fece melodrammatico, portandosi una mano alla bocca.
«Ma finiscila, siete venuti qua solo perché Eleanor e Alice sono in giro da qualche parte a farsi i cavoli loro!» Lo spintonai e lui si indispettì maggiormente, incrociando le braccia sul petto largo.
«Sei proprio un bifolco!» e detto ciò si alzò prendendo sotto braccio il biondo, che era rimasto tutto il tempo a fissarci divertito, trascinandolo di nuovo in cucina. «Ti metto il veleno nella pasta, al posto del sugo, l'hai fatto rimanere male!» mi gridò Louis dall'altra stanza, seguito subito dalla risata sclerotica dell'irlandese.
Dedussi avessero fatto comunella e mi sentii tra il sollevato e l'offeso. E io e Zayn che avevamo creduto che Niall non li avrebbe sopportati, a quanto pareva dovevo informare il pakistano che sapevo già si sarebbe messo a ridere compatendomi, insomma erano tre contro uno ora.
Sbuffai e portai le braccia dietro la testa, mettendomi comodo. Alla televisione stavano trasmettendo un canale di musica, così chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dalle note di qualche nuovo pezzo in voga al momento. Non mi resi nemmeno conto del tempo che era passato fin quando qualcuno non mi schiaffò un palmo in faccia, con molta poca delicatezza. Feci scattare le palpebre verso l'alto e fulminai Louis che mi stava di fronte con la lingua di fuori e gli occhi azzurri ristretti a due piccole fessure.
«Bella Addormentata è pronta la cena!» trillò, correndo poi via prima che riuscissi a prenderlo e vendicarmi dello schiaffo.
Andai in cucina e prima di mettermi a sedere colpì con una sberla la nuca di Harry, quello mi guardò confuso e io di rimando feci spallucce. «Louis colpisce me e io colpisco te, chiaritevela voi» mi sentivo tanto come un bambino dell'asilo, ma non potevo far altro che mettermi al loro livello per batterli.
«Devo dire che sei proprio maturo!» sbottò il più grande, carezzando l'avambraccio dell'altro, con fare premuroso.
Niall sghignazzò qualche istante, poi corrucciò le labbra. «Vi conoscete da molto immagino.»
«Dall'asilo» rispose Hazza, arrotolando gli spaghetti attorno alla forchetta. «Anno più, anno meno» aggiunse, aprendo la sua enorme bocca per inserirvici la pasta.
Il biondo annuì. «Anche Zayn quindi?»
«Sì» questa volta parlò Lou, siccome il più piccolo stava ancora masticando. «Insomma, è da un sacco di anni.»
«E chi è il più grande?» si vedeva dai suoi occhi quanto fosse sinceramente curioso.
Il castano alzò una mano, muovendo velocemente in alto e in basso le sopracciglia. «Io, avevi qualche dubbio?»
L'irlandese sorrise. «Sì», per poco non mi soffocai con uno spaghetto quando il mento di Lou rotolò verso il basso. «Pensavo fosse Liam» nel dirlo mi fissò e io non potei fare a meno che ringraziarlo col labiale.
«Solo perché non l'hai ancora conosciuto davvero» protestò il riccio, pulendosi la bocca con il tovagliolo. «Tu mettigli in mano una banana e vedrai.»
Volesse oppure no essere una frase a doppio senso, scoppiammo tutti a ridere troppo colpiti dal concetto più pervertito della frase che da quello reale.
«Lo farò al più presto» strizzò un occhio blu e ricascammo tutti in un altra grossa risata. Quando finalmente l'ilarità si affievolì mi ritrovai senza più avere fiato nei polmoni.
Rimanemmo in silenzio per il resto della cena e ci rimettemmo a dialogare solo quando Harry ci posò di fronte una buona tazzina di caffè. «Quindi devi essere proprio uno studente modello se hai deciso di fare l'Erasmus, o sbaglio?» chiese il castano al biondo, dopo aver sorseggiato un sorso del liquido scuro fumante.
«Diciamo che mi piace ciò che faccio e l'opportunità di studiare in un altro stato per imparare un'altra lingua mi ha sempre attirato» si strinse nelle spalle, sorridendo. «Quindi eccomi qua.»
«Beh, a me pare che l'inglese lo parli alla perfezione» ci tenne a sottolineare il riccio.
L'irlandese annuì convinto. «Volevo soprattutto fare pratica, studiare per sei mesi in un altro stato è come una piccola medaglia sul curriculum.»
«Hai le idee chiare» mi permisi di aggiungere.
«In effetti sì», finì il suo caffè e puntò il suo sguardo su ognuno di noi. «Voi invece cosa fate?»
Louis incrociò le braccia sul tavolo, come se non aspettasse altro che quella domanda. «Lavoro in un College d'arte» lo conoscevo troppo bene, sapevo benissimo non si sarebbe fermato solo a quella misera informazione. «Insegno recitazione.»
Niall sembrò colpito da quella rivelazione, perché sgranò gli occhi. Nessuno lo avrebbe mai detto, Louis non aveva la faccia da professore, eppure era ormai un anno -da quando aveva finito il College- che donava il cuore ai propri studenti. «E' un bel lavoro immagino, interessante» in quel modo avrebbe fatto accrescere l'ego di Louis all'infinito, ma lui non lo poteva sapere.
«Io studio ancora, ma lavoro anche come modello» fortunatamente Harry lo immaginava e così si affrettò a spostare l'attenzione su di sé.
Il biondo sorrise. «Lo avevo immaginato» ammise, alludendo alla bellezza del più piccolo.
«E molto spesso partecipo a delle maratone» aggiunse, ignorando la risatina compiaciuta di Lou che era sbocciata alla frase “lo avevo immaginato” dell'irlandese. Harry era molto bello, non che Louis o Zayn non lo fossero, ma per aver solo ventidue anni era quasi un fenomeno il suo corpo. Alto più di tutti noi, con occhi verdi grandi e brillanti, sorriso da urlo, capelli invidiabili e corpo ben proporzionato e sodo, era normale fosse ambito da molte donne e invidiato da altrettanti uomini dalla tenera età di diciassette anni.
«Che genere di maratone?»
Il riccio si morse un labbro. «Quelle che raccolgono fondi per i bambini o certi tipi di malattie.»
«E' lodevole» constatò Niall. «E cosa studi?»
«Sociologia e affari.»
Quello annuì e sorrise. «E tu?» si rivolse a me arricciando le labbra in un sorriso beffardo, chissà cosa si immaginava facessi.
«Il pompiere» tagliai corto, sapendo già cosa di lì a poco sarebbe accaduto.
Proprio come avevo immaginato Cip e Ciop si tuffarono in una rumorosa risata. «Come non glielo hai ancora detto Liam?» mi si rivolse il più piccolo ed io lo incenerii con lo sguardo. «Lui è Mr. Gennaio del calendario dei pompieri, ecco» borbottò, dando una gomitata all'altro che ancora si stava spanciando dal ridere.
Niall aggrottò le sopracciglia chiare, guardandomi confuso. «Era una raccolta fondi, così ho posato nudo per il calendario dei pompieri» il biondo si morse un labbro con gli incisivi, per non scoppiarmi a ridere in faccia. «Insomma ci servivano dei fondi, non è che io mi metta a posare nudo così!»
Non ce la fece a trattenersi oltre e si unì agli altri due, facendomi sentire un perfetto demente. Mi ero pentito d'aver acconsentito a posare per quel dannato calendario il giorno esatto in cui era uscito in vendita, i miei migliori amici infatti ne avevano comprato cinquantadue copie e regalate ai locali che frequentavamo regolarmente, dicendo espressamente di lasciare il mese di gennaio in vista.
«Devi vederlo, veramente, è imperdibile» Harry si alzò e scomparve chissà dove. Non provai nemmeno a fermarlo, perché sapevo sarebbe stato impossibile e lo lasciai fare pure quando schiaffò quell'orrore in faccia all'irlandese.
Ricordavo benissimo la foto: ero completamente nudo, messo di fronte, con una mano tra i capelli e l'altra a reggere l'elmetto dei pompieri che tenevo tra le gambe per non lasciar vedere il “grande James” -così lo aveva soprannominato Louis-.
Sbuffai e mi portai le mani tra i capelli esasperato, mentre gli altri tre non avevano ancora finito di ridere.
«E' un peccato non si veda il “grande James”» il volto angelico del più grande si imbronciò e Niall lo fissò come fosse divenuto all'improvviso un alieno e gli fossero spuntate tre teste sul collo.
«Grande che?» gli chiese allibito.
«James» ripeté Louis, non comprendendo l'improvvisa serietà dell'altro. «Il secondo nome di Liam è James», spiegò poi meglio.
«Oddio, incredibile!» Niall ricominciò a ridere, tenendosi la pancia con le mani affusolate.
Louis e Harry si lanciarono un'occhiata sbalordita. «Cosa succede?»
«Mi chiamo Niall James Horan!» sputò tra un respiro affannato e un altro, cercando di tornare serio.
Quella rivelazione fu la goccia che fece traboccare il vaso, infatti ricominciarono tutti a spanciarsi dalle risate senza sosta, lamentandosi di tanto in tanto del male agli addominali.

**

«Ho una domanda» mi chiese all'improvviso l'irlandese, afferrando l'ultimo piatto sulla tavola per poi  sciacquarlo ed infilarlo nella lavastoviglie.
Annuii sorridendogli, in fondo avremmo dovuto vivere insieme per sei mesi, era inutile tenersi le domande per sé, dovevamo conoscerci. Negli ultimi due giorni non ci eravamo poi rivolti molto la parola, entrambi troppo concentrati sullo studio ed il lavoro. «Fammela pure, non devi farti tanti problemi.»
«Come mai sei diventato un pompiere?» quella domanda non mi sorprese poi molto, me la facevano in tanti dopo aver saputo della mia occupazione.
Feci spallucce e cercai la risposta più corta, ma allo stesso più risolutiva. «Ho sempre pensato che salvare vite fosse una delle cose più onorevoli del mondo e così ho pensato ai vigili del fuoco, che rischiano la propria vita per quella degli altri.»
«Anche i dottori e i poliziotti salvano vite» mi suggerì lui, andando a levare la tovaglia a quadrettoni dal piccolo tavolo.
«Lo so», gli indicai il piccolo balcone quando mi domandò con lo sguardo dove potesse scrollare il grande tessuto «ma la realtà è che non riuscirei a ficcare le mani nel corpo di qualcun altro e odio la violenza, qualsiasi tipo di violenza.»
«Capisco» mi puntò le iridi blu addosso, facendomi perdere per un istante il contatto con il mondo.
Abbassai lo sguardo, fissandolo sulla punta delle mie All star rosse su cui svettava qualche piccola macchiolina, mi ero ripromesso due settimane prima di lavarle e ancora non l'avevo fatto. Non riuscivo quasi mai a fare ciò che volevo e molto spesso mi sarei voluto uccidere per aver scelto un lavoro che mi permetteva a stento di respirare. «Mi sembri sorpreso però» mi decisi a dire, quando non riuscii più a trattenermi.
Sorrise mestamente, torturandosi con le dita il ciuffo biondo miele. «Il fatto è che pensavo facessi il modello pure tu.» Se ora dicessi che non mi sentii lusingato mentirei, sapevo benissimo di essere un bel ragazzo, ma sentirselo dire era sempre tutta un'altra cosa. I miei capelli biondo cenere ricci -non tanto quanto quelli di Harry-, gli occhi dalle sfumature dorate, il fisico prestante e l'altezza tutt'altro che misera erano sempre piaciuti alle ragazze ed era anche normale, ma che un ragazzo ammettesse la tua bellezza, quello sì che poteva darti la conferma di esserlo davvero, un bel ragazzo.
Non sapendo cosa rispondere mi limitai a distendere le labbra. «Tu in Irlanda studiavi soltanto o lavoravi anche?» mi ero dimenticato di chiederlo durante la cena, la domanda mi era fuggita di mente nel momento in cui era comparsa la mia imbarazzante foto.
«Insegnavo a dei ragazzini a suonare la chitarra, non era un vero e proprio lavoro, ma almeno ricavavo qualcosa.»
«Quindi suoni la chitarra, forte.» Il discorso stava decadendo nell'imbarazzo più totale, gli argomenti erano piatti, per un attimo mi mancò la presenza di Harry e Louis, ma subito ci ripensai e mi allietai del fatto che finalmente venti minuti prima avessero deciso di lasciarci per tornare a casa loro. «Io suono il pianoforte, ma non sono niente di speciale» gli rivelai, sbadigliando.
«Eppure non vedo nessun piano qua in giro.»
Annuii e infilai le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta, poggiando la schiena contro il muro color panna. «Non c'era spazio per tenerne uno, così ci ho rinunciato.»
«Potreste metterne uno verticale, potrebbe starci se toglieste un mobile» consigliò facendo spallucce.
«Ci avevamo pensato, ma alla fine con il trasloco e tutto il resto abbiamo finito con l'accantonare l'idea, in fondo è solo un passatempo, niente di importante» non era esattamente vero ciò che avevo appena detto, ma era inutile soffermarci su quel punto, non aveva importanza.
Sospirò e lasciò perdere, stirando le braccia verso l'alto, come un gatto. «Ho sonno e domani devo svegliarmi presto» ammise sbadigliando rumorosamente. «Vado a letto, buona notte Liam.»
Il biondo mi sorpassò e, a causa dello spostamento d'aria, un odore intenso di vaniglia mi colpì in pieno volto, mozzandomi il respiro. Senza pensarci mi spinsi verso di lui e lo afferrai per un polso, facendolo voltare istantaneamente verso di me. Spostò velocemente lo sguardo dalle mie dita olivastre strette intorno al suo braccio bianco, al mio volto e inarcò un sopracciglio. «Hai dimenticato di dirmi qualcosa?» mi domandò serio.
Lo stomaco si accartocciò su sé stesso e le gambe si misero a tremarmi come degli steli d'erba. La realtà era che non lo sapevo, non comprendevo il perché di quel gesto improvviso, semplicemente il suo profumo mi aveva spinto, illogicamente, a toccarlo. «Non devi darti così tanto da fare», non aveva il minimo senso la mia frase, ma era la prima cosa che mi era saltata in mente.
«Se ti riferisci alla colazione e alla cena ti posso solo dire che lo faccio con piacere, tu lavori tutto il giorno ed io sono ospite qui, non è affatto un disturbo.»
Mi ero salvato su calcio d'angolo. Distesi le labbra, il cuore stava lentamente decelerando la corsa frenetica. «Allora fai pure, ma non sentirti obbligato.»
Annuì e tornò con le iridi sulla mia mano. «Tranquillo.» Mi ero quasi dimenticato di star tenendolo ancora e alla velocità della luce abbandonai la presa, riportando il braccio a penzolarmi lungo il fianco. Sulla sua pelle candida c'erano i segni sottili e rossastri delle mie dita, oltre che bianco come il latte era pure molto delicato, in fondo non avevo stretto per niente. «Tutto qui?» aggiunse, quasi deluso.
«Sì» no, c'era qualcos'altro. Qualcosa che non riuscivo ad inquadrare ancora. «Sì è tutto.»
«Buona notte allora» si strinse nelle spalle e a passo traballante se ne andò, mollandomi da solo in cucina.
«'Notte Niall» bofonchiai al nulla.  
Non era male abitare con lui, passare del tempo in sua compagnia era piacevole e mai scontato, ma c'era qualcosa nel suo profumo o nel suo modo di parlare o guardarmi che mi attirava più del lecito e non riuscivo proprio a comprendere di cosa si trattasse.



**Anticipazioni**

Per il resto del tempo rimanemmo in silenzio, lui con gli occhi fissi sul musical ed io con lo stomaco troppo aggrovigliato per permettermi anche solo di respirare appena più forte del dovuto. Ad un tratto un peso strano mi piombò però addosso, proprio sulla spalla destra e voltandomi mi resi conto si trattava semplicemente della testa di Niall. Il cuore inciampò e sbatté ferocemente contro le costole. «Che fai?» domandai in un sussurro.


                                                                                                                                  
                                                                                                                             

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Capitolo 5
*** 4. Who you are ***





4. Who you are


Ma chi sei tu,
tu che con un sorriso mi rubi il fiato,
tu che con uno sguardo ti prendi il mio mondo.
Chi sei, lo sai almeno tu?




Ciao a tutte! Vi avviso che tra febbre, mal di stomaco e mal di gola non sono messa bene e che quindi non l'ho riletto molto il capito, quindi perdonatemi se troverete errori. Inolte, grazie a questa influenza improvvisa purtroppo i miei buoni propositi di scrivere una One shot Narry sono andati in fumo e quindi sono pure triste. Mannaggina D:
Sono veramente contenta la storia cominci a prendere, anche se in effetti non è ancora accaduto nulla di rilevante. Ringrazio tutte le ragazze che mi seguono e quelle che commentano ad ogni capitolo. Vi adoro, seriamente.
Un bacio grande, a presto.


Buon San. Valentino a tutte <3 Love you, girls.


Buona lettura




La pioggia che scrosciava freneticamente contro al vetro della finestra della mia camera non mi aveva ancora permesso di prendere sonno. Aprii un occhio e la luce del chiarore di luna filtrata tra le ante semiaperte mi fece capire fosse già abbastanza tardi. Mi ero coricato alle sette e mezza, subito dopo cena e, dal silenzio proveniente dalla casa, dovevano essere come minimo passate tre ore. Così preso dal filo dei miei pensieri non mi ero minimamente reso conto di come il tempo fosse volato. Pur essendo sabato sera molto probabilmente Niall era già filato a letto. Il temporale ci aveva bloccati in casa entrambi per tutto il giorno, rubandoci anche l'ultima piccola traccia di voglia d'uscire.
Mi alzai dal letto con la gola improvvisamente secca e aprii la porta della mia camera nel modo meno rumoroso che mi riuscii di fare, non avevo intenzione di svegliarlo, la sua stanza era proprio accanto alla mia, era chiaramente udibile ogni minimo movimento. Mi diressi in punta di piedi verso la cucina senza accendere alcuna luce e, sempre senza far rumore, mi versai un po' d'acqua fresca in un bicchiere. Assetato come un disperso nel deserto la bevvi tutta e poi me ne versai dell'altra, finendo alla svelta anche quella. Con la gola meno ruvida percorsi la strada a ritroso, ma quando feci per sorpassare il divano ed uscire dalla sala sbattei involontariamente il mignolo del piede contro qualcosa e lanciando un piccolo grido mi misi a saltellare su una gamba come Capitan Uncino.  
«Liam?» al sentire una voce bassa e roca chiamarmi da chissà quale punto imprecisato del salone mi venne un colpo e trattenni il fiato, immobilizzandomi come un camaleonte che cerca di fuggire alla preda.
«Chi è?» certo, non era una domanda tanto intelligente da porre, ma magari la voce mi avrebbe risposto gentilmente.
«Come chi è?» Seguì un lungo istante di silenzio, poi uno sbuffo e qualche altro basso mormorio. «Sono Niall, cavolo.»
Mi portai una mano al cuore che intanto aveva ripreso la sua naturale corsa e sospirai, grato a dio non fosse un ladro. «Mi hai spaventato, ma che voce hai?» ammisi, cercandolo con lo sguardo invano.
«Mi hai appena svegliato, non posso certo avere la voce di un usignolo» ribatté, facendo spuntare la testa straordinariamente bionda dallo schienale del divano.
Mi avvicinai a lui zoppicando, siccome il dolore al dito non era ancora del tutto scomparso e lo osservai da dietro, sporgendomi verso di lui. «Perché dormivi qui?»
Non riuscivo ancora a vederlo bene, ma mi parve fosse tutto accucciato, avvolto in una coperta in pile con delle stampe strambe. «Stavo guardando un film, poi mi sono addormentato.»
«E perché la televisione è spenta?» lo schermo era completamente nero e la spia rossa era accesa.
Si mise a sedere, buttando all'aria la coperta che poco prima lo aveva avvolto come l'involucro di un baco da seta. «Non lo so, devo essermi appoggiato al telecomando» suggerì, prendendo in mano l'oggetto in questione per riaccendere la tv. «Spero di non essermelo perso tutto.»
«Cosa guardavi?» Feci il giro del sofà e mi sedetti accanto a lui, non troppo vicino, ma nemmeno troppo distante. Era una sola settimana che vivevamo assieme e non ci eravamo ancora presi determinate libertà, ognuno aveva ancora il proprio spazio vitale, cosa che Harry e Louis non sapevano nemmeno cosa fosse. Loro lo spazio di Niall lo avevano occupato già il primo giorno.
«Grease» nel dirlo sorrise e istintivamente venne da distendere le labbra pure a me. I suoi sorrisi erano qualcosa di spaventoso, in senso buono naturalmente. La cosa bella era che sorrideva sempre, in ogni momento della giornata, dalla mattina appena sveglio, alla sera stanco e spossato gli angoli della sua bocca rosea erano costantemente arcuati verso l'alto.
 «E' il film preferito di Louis.»
«Quel ragazzo mi piace sempre di più» la sua risposta non mi sorprese, anzi, mi era stato ben chiaro quando due giorni prima li avevo beccati a mangiarsi una torta intera al cioccolato in cucina, mentre chiacchieravano del più e del meno come vecchi amici di buona data.
Stavano trasmettendo la pubblicità di un dentifricio formidabile, che agiva magicamente contro il sanguinamento delle gengive. «Attento, Harry potrebbe esserne molto geloso» scherzai e lui rise, sbocciando in quella specie di verso convulso e contagioso che era la sua risata.
Tornò serio dopo qualche istante e prese due respiri profondi, portando in avanti le braccia e poi in alto, per stiracchiarsi. «A mio parere niente potrebbe dividere quei due.»
Annuii e incrociai le caviglie, allungando le gambe. «Probabilmente hai ragione» mi strinsi nelle spalle e finalmente il film riprese, esattamente dalla seconda parte.
Mentre il biondo si perdeva tra le imperdibili battute di Sandy e Danny, io mi concentravo invece su di lui, lanciandogli qualche occhiata veloce, deciso a non perdermi alcuna sua espressione facciale o impercettibile movimento muscolare. Mi ero accorto di non riuscire a non guardarlo, mi attirava come il metallo per una calamita e, dopo tre giorni passati a farmi delle paranoie assurde, avevo deciso di soccombere e fregarmene dando libero sfogo al mio interesse. Quella sera indossava una maglietta informe blu e dei pantaloni del pigiama dello stesso colore, niente di speciale, eppure anche in quella variante riusciva ad apparire bello e tenero. Teneva gli occhioni blu fissi sullo schermo e le labbra leggermente imbronciate, nella sua solita espressione assorta.
«Non lo guardi?» mi sorprese a fissarlo insistentemente e sorrise, arcuando le labbra sottili verso l'alto.
Tornai alla velocità della luce con il volto rivolto alla tele e annuii per due volte. «Certo, certo.»
«Se non ti piace cambiamo, l'ho già visto un'infinità di volte» con la coda dell'occhio notai gli incisivi andare a chiudersi sul labbro inferiore come in una morsa e mi si strinse il cuore senza un reale motivo.
«No, guardiamolo» tagliai corto in modo che dalla mia voce non scaturisse alcun accenno di agitazione o nervosismo.
Per il resto del tempo rimanemmo in silenzio, lui con gli occhi fissi sul musical ed io con lo stomaco troppo aggrovigliato per permettermi anche solo di respirare appena più forte del dovuto. Ad un tratto un peso strano mi piombò però addosso, proprio sulla spalla destra e voltandomi mi resi conto che si trattava della testa di Niall. Il cuore inciampò e sbatté ferocemente contro le costole. «Che fai?» domandai in un sussurro.
Il biondo in risposta grugnì e arricciò il naso. Mi resi conto solo in quel momento che le palpebre erano serrate sulle iridi blu. «Ti sei addormentato quindi» constatai al vento, prendendo a torturarmi le mani. Come a voler sfidare la mia sanità mentale, con un braccio mi cinse i fianchi sfregando la fronte contro il mio bicipite teso, come un gattino. Il mio spazio vitale era stato invaso e ora lui mi era completamente addosso e tutto ciò non faceva altro che farmi agitare interiormente come il mare in tempesta. Mi sporsi verso di lui -facendo molta attenzione a non toccarlo- per poter acciuffare il telecomando posto sul bracciolo del divano e spensi la televisione, in modo da non disturbarlo ulteriormente. Per tutta la settimana non aveva fatto altro che alzarsi presto per preparare la colazione, andare al College e tornato, studiare per il resto della giornata, fino all'ora di cena del quale si occupava personalmente. Era normale fosse crollato in tal modo, doveva essere sfinito.
«Niall, Niall, Niall» bofonchiai sfiorandogli in un gesto istintivo il braccio posto sulla mia pancia, dal gomito al polso sottile, in movimenti lenti e delicati. Sospirò forte e con lo sguardo corsi al suo viso rotondo, perdendomi nei suoi lineamenti gentili. Aveva il naso dritto leggermente arricciato, le labbra sottili socchiuse, le sopracciglia chiare incurvate verso il centro e la fronte corrugata.
Sbuffai e spostai il suo arto superiore, portandomelo intorno al collo, dopodiché mi puntellai sulle gambe e portai un avambraccio sotto le sue ginocchia, alzandolo dal divano. Non pesava come mi ero aspettato, era molto più leggero di Harry o Zayn, eppure mangiava il doppio di entrambi. Un sorriso mi affiorò sulle labbra al pensiero della sua insaziabile fame, ma si spense subito quando sorprendendomi si strinse a me e nascose il volto nell'incavo del mio collo, solleticandomi con il respiro regolare. Una miriade di brividi mi rotolarono giù per la schiena e mi ritrovai con il cervello in tilt. Non riuscivo proprio a comprendere perché la sua vicinanza mi faceva perdere la concentrazione o il suo profumo la lucidità, ma ero assolutamente sicuro che ci fosse qualcosa di assurdamente illogico in tutto ciò.
«Liam?» la sua voce strascicata era estremamente tenera.
Distesi le labbra e me lo sistemai meglio addosso, facendo scontrare i nostri petti. Il tocco mi fece perdere un battito e mi ritrovai a sperare che le gambe reggessero, perché altrimenti avrei dovuto metterlo giù e fare la figura del pappamolla. «Niall.»
«Mi sono addormentato ancora» osservò, quasi dispiaciuto. Si guardò attorno e poi strinse appena la presa intorno al mio collo. «Sai, non sei l'unico a cui sono state date le gambe» scherzò, ormai era quasi diventata gradita la sua infinita ironia.
«Ormai siamo arrivati.» Con un calcio spalancai la porta di camera sua e vi entrai senza far troppi complimenti, scavalcai un ammasso di vestiti abbandonati sul pavimento chiaro e andai verso il letto. Una volta arrivato ai piedi di esso mollai l'irlandese, spalancando le braccia. Rimbalzò sul materasso con un tonfo sordo e le ante scricchiolarono sotto il suo peso.
«Ma come tratti la Bella Addormentata?!» sbottò inclinando il naso in una smorfia molto poco carina, mettendosi sulle ginocchia e incrociando le braccia al petto. Risi della sua espressione shockata e lui mi spintonò, sbuffando.
«Mi dispiace vostra grazia» tra un respiro affannoso ed un altro mi piegai teatralmente in un inchino.
«Va' a letto che è meglio, la stanchezza ti da alla testa!» mi scompigliò i capelli con una mano e ridacchiò a sua volta, non riuscendo a trattenersi.
Cacciai fuori la lingua e lui inarcò un sopracciglio, arricciando le labbra. «Preparati però che domani ti vengo a svegliare con un bacio!» ironizzai, riferendomi alla favola.
«Mi metto il burro-cacao allora, che dici?» Era assurdo il fatto che avesse sempre la risposta pronta, era impossibile vincere contro di lui, ce l'avrebbe fatta forse solo Louis.
Annuii serio e gli strizzai l'occhio. «Mi piace il cioccolato, ti avviso.»
«Mi dispiace ce l'ho alla menta, uso quello da quando ho sedici anni.»
Un nodo mi strinse lo stomaco e qualcosa mi riportò indietro di parecchi anni. Una nebbiolina si sovrappose però tra me e il ricordo e così lasciai fuggire lontano il pensiero, sapendo già non sarei riuscito ad arrivarci. «Buona notte Niall.»
«Sogni d'oro principe.» Prima di uscire e lasciarlo lo squadrai per bene e la stessa voce che mi aveva urlato poco prima di lasciar perdere tornò, ma questa volta sussurrando. Non puoi non ricordarlo.
Scrollai le spalle e zittii il cervello e la vocina stridula. Mi infilai nelle coperte del mio caldo lettuccio e chiusi gli occhi, infilandomi gli auricolari nelle orecchie e alzando al massimo il volume dell'iPod. Non mi andava di crogiolarmi su pensieri illusori e poco importanti, non era quello di cui avevo bisogno in quel periodo.


**Anticipazioni**

«Vorresti dire che non sono bello o bravo?» fece un passo verso di me, conscio del fatto che mi fosse impossibile indietreggiare a causa dei prodotti posti a muro alle mie spalle e mi posò un palmo sul petto. Mi spaventava il fatto potesse sentire il mio cuore vacillare a quel tocco, ma non riuscii a distogliermi dalla carezza.




                                                                                                                           

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Capitolo 6
*** 5. You're driving me crazy ***




5. You're driving me crazy


Sei un incantatore,
mi confondi e mi lasci senza fiato,
qual è il tuo trucco?


 

Ciao a tutte! Leggete per piacere, è importante.
Ho alcune cose da dirvi:
1. ragazze sono contenta voi mi chiediate di andare a dare un'occhiata alle vostre fan fiction e lo faccio anche molto volentieri, ma vorrei specificare che non sono nessuno, ecco, il fatto è che più che dare il mio parere io non so fare, quindi spero non rimarrete deluse dalle mie recensioni caccolose (?) Tra l'altro chiedo scusa se ho dimenticato di andare a vedere qualcuna delle vostre storie, ma ho la memoria corta. Ricordatemelo e io ci andrò, appena ho tempo, promesso. Ah -quasi dimenticavo-, aggiungo che fatico a digerire storie che non siano slash, soprattutto se riguardano la scuola e non sono AU, quindi mi dispiace se qualche long non riuscirò a leggerla, ma è più forte di me, scusate.
2. se avete qualche dubbio riguardante la storia, tipo se non capite cosa provi effettivamente Liam per Zayn non posso rispondervi, ma arriveranno presto chiarimenti con il susseguirsi dei capitoli. Mentre se avete dei dubbi tipo: "ma Niall nella storia è irlandese o inglese? Non ho ancora capito da dove è uscito fuori!" Chiedetemi e vi sarà data risposta. A volte non sono abbastanza chiara, lo so e mi dispiace.
3. alcune di voi mi hanno chiesto se scrivo solo storie slash e la verità è che no, non scrivo solo fan fiction a tematica omosessuale, anzi, ho iniziato su questo sito scrivendo originali su uomoxdonna. In effetti, la prossima storia dopo questa vorrei proprio fosse una long che narra di una storia d'amore tra una ragazza e uno dei One direction, ma non ne sono sicura, vi toccherà aspettare.
Non so che altro dire, quindi mi limito a ringraziare come sempre tutte le fanciulle che mi seguono e recensiscono e chiedo scusa anticipatamente per gli errori che potrete riscontrare nel capitolo!
Un grosso bacio! A presto.
P.s. Vi informo che ieri, in ritardo di un giorno causa febbre, ho postato finalmente la One shot Narry dedicata a San Valentino! <3


Buona lettura



«Liam, Liam!» prima ancora di poter comprendere cosa stesse realmente accadendo mi ritrovai seduto sul bordo del letto, con ancora gli occhi serrati e non del tutto sveglio. «Buon giorno!»
Alzai le palpebre con molta fatica e mi ritrovai dinanzi un Niall sfocato, ma sorridente. «Mh» fu l'unico suono che riuscì a farsi strada tra le mie labbra.   
«Non sei venuto a svegliarmi» bofonchiò, stringendo la presa attorno alle mie spalle, per non lasciarmi cadere all'indietro sul materasso. Mi era difficile anche solo guardarlo, figuriamoci rimanere dritto.
«Che ore sono?» quando mi resi conto che invece di parlare stavo gracchiando, mi schiarii la voce rumorosamente.
Si strinse nelle spalle, arricciando il naso. «Le nove meno un quarto credo.»    
Spalancai gli occhi sbalordito, abbandonando finalmente del tutto il mondo dei sogni. «Ti svegli presto anche la domenica?!» La domenica solitamente dormivo fino alle undici.
«Sì e mi aspettavo un tuo bacio» nel dirlo ghignò, levando i palmi dalle mie braccia. Traballai, ma con la forza degli addominali riuscii a rimanere seduto.
«E perché mai?»
«L'hai detto tu ieri sera», mi ricordò poggiando la punta dell'indice sulla mia fronte «hai la memoria davvero corta però.»
«Scherzi?!»
Scosse la testa bionda e mi spinse il dito contro, facendomi pendere l'equilibrio già precario, prontamente gli afferrai un polso e lo portai giù con me. Io ricaddi con la schiena sulle coperte aggrovigliate e lui si di me. Mi si mozzò per alcuni istanti il respiro per il contraccolpo, ma lo riacquistai subito.
«Dovrei andare a mangiare la mia colazione» sputò, rotolando giù dal mio petto.
Allungai un braccio verso l'esterno e glielo sbattei sul torace, bloccandolo, in modo che non si potesse rialzare. «Sei proprio un idiota se ti aspetti che ti lasci andare.»
«Ho fame» piagnucolò, cercando di liberarsi.
Mi venne da ridere, ma mi trattenni. Ruotai il volto dalla sua parte per poterlo guardare e qualcosa nel petto pizzicò forte. «Non volevi mica il bacino del risveglio?»
Ricambiò il mio sguardo e sorrise sornione. «Certo.»
«Oh» non mi aspettavo per niente che rispondesse affermativamente, quindi mi ritrovai col cervello in pappa, senza sapere come fare per tirarmi indietro.
«Sei proprio scemo» rise e il suo viso prese subito un colore molto simile a quello del pomodoro. «Secondo te mi aspettavo davvero lo facessi? In realtà mi sentivo solo a fare colazione e così sono venuto a romperti!»
Il mento mi rotolò giù, non tanto per il fatto che mi aveva svegliato solo per un capriccio, ma perché non mi credeva un uomo con le palle. Senza pensarci mi tirai su, puntellandomi sui gomiti e mi avvicinai al suo volto improvvisamente serio. Inclinai il capo e poggiai per qualche istante le labbra sulla sua guancia ancora bordò, lasciandovi un bacio rumoroso. Quando mi allontanai da lui mi ritrovai senza respiro. I suoi occhi blu erano caldi quanto il fuoco ed era forse possibile che le sue labbra socchiuse mi stessero invitando a saggiarle?
Scacciai via quel pensiero assurdo e per non sembrare un idiota imbambolato distesi le labbra, sorridendo.  «Bella Addormentata, buon giorno!»
Batté per due veloci volte le palpebre e sospirò. «Buon giorno stupido principe.»

**

Saggiai con le dita il tessuto morbido e liscio della tenda che copriva la finestra della mia camera e immancabilmente mi venne da distendere le labbra. Il drappo era un regalo della mamma di Zayn e proveniva direttamente dal Pakistan, me lo aveva donato il giorno stesso in cui aveva scoperto avremmo comprato un appartamento insieme io e suo figlio. Ne era stata talmente contenta che mi aveva sorriso per tutta la giornata, continuando a ripetere quanto fosse felice della notizia e che non poteva sperare in un coinquilino migliore per il suo tesoro -lo chiamava in quel modo apposta per farlo arrabbiare-.
Tutti quei ricordi non fecero altro che farmi ridacchiare tra me e me, come un'idiota.
«Ma mi stai ascoltando?» la sua voce bassa mi strappò dal filo dei miei pensieri, facendomi tornare alla realtà.
Annuii e mi appoggiai al muro bianco con una spalla, incrociando le gambe, in una posizione strana. «Sì, scusa, stavo pensando.»
«A cosa?»
Portai la mano libera, quella non occupata dal cellulare, a sistemarmi il ciuffo. «Pensavo che mi manchi, non averti in giro per casa è triste.» Mi parve di sentirlo sospirare e il cuore si strinse in una morsa. «Però Niall è divertente e quando sono a casa mi fa ridere» aggiunsi, staccandomi dalla parete.
Ero sicuro che se avessimo cominciato a rimuginare sulla lontananza saremmo finiti in lacrime e proprio non mi andava, per questo non si preoccupò di rispondermi subito.
«Meglio, sono contento che ti piaccia e che ti sappia tenere compagnia» era sincero, seppur fossimo al telefono e non potessi vederlo mi era facile capire se stesse mentendo o meno, lo conoscevo tanto quanto le mie tasche.
Andai verso il letto e mi ci sedetti sopra, tenendo il cellulare tra spalla e orecchio mi misi le scarpe, allacciandole un po' a casaccio. «Non ho detto che mi piace, solo che mi fa ridere.»
«Liam hai fatto tutto il tempo a parlarmi di lui, ti piace, certo non dico in modo fisico, ma ti piace come persona» sbuffò, esasperato dal mio solito modo di negare anche le cose incontestabili.  
Mi misi in piedi e andai verso lo specchio, sistemando meglio il maglione blu scuro in cotone pesante con attenzione. «Lo trovo molto simpatico e basta Zayn» tagliai corto con tono che non ammetteva repliche.
«Sì, sì va bene.»
Tirai un po' su i jeans in modo da non lasciare intravedere i boxer bianchi. «A te invece piace 'sta Ana, no?»
«Sì» il modo schietto con cui lo disse mi fece rotolare il mento sul pavimento. «Almeno io lo ammetto!» si affrettò ad aggiungere, con tono allegro.
Gonfiai una guancia, facendola esplodere dopo qualche istante come un palloncino. «Senti tu parli di una ragazza, ti informo che lui non lo è!»
«Io non ho mica detto che vuoi scoparci, ho detto ti piace come persona» sillabò le ultime quattro parole come stesse parlando con un cerebroleso.   
Abbandonai la mia immagine riflessa indispettita e tornai ad accomodarmi sul mio materasso morbido. «Noto che l'Irlanda ti ha reso più spiritoso, ora capisco l'ironia di Niall.»
Una risata mi distrusse un timpano, ma non era certo quella di Zayn, che a stento si poteva definire risata. Alzai lo sguardo dalle piastrelle del pavimento e lo puntai sul ragazzo biondo poggiato allo stipite della porta. Da quanto era lì? Cosa aveva sentito esattamente? Una sensazione molto simile al panico mi percorse la schiena, instaurandosi sulla nuca.
«Parli con Zayn?» mi chiese arricciando le labbra in un sorriso sfacciato.
Annuii soltanto, non riuscendo a spiccicare parola e lui mi strizzò l'occhio, picchiettando un dito sull'orologio avvolto intorno al suo polso niveo. «Ora devo andare a fare la spesa, ti chiamo stasera magari, okay?»
Seguì un attimo di silenzio. «Era Niall quello di prima vero?» mi domandò Zayn frettolosamente.
«Sì, andiamo insieme.»
Un fischio lungo e acuto mi perforò il cervello, da parte a parte. «Buona fortuna cowboy!»
Non mi lasciò nemmeno il tempo di ribattere che troncò la comunicazione, lasciandomi con l'amaro in bocca. Cowboy, odiavo quel soprannome. Me lo aveva dato alle superiori, a causa delle camicie a quadrettoni che ero solito portare e la mia sfrenata passione per Toy story.
«'Fanculo Zirror» sibilai alla cornetta, conscio del fatto che nemmeno pregando tutti i Santi assieme la mia voce sarebbe potuta arrivare a lui.
«Andiamo?»
Annuii e sbattendo i palmi contro le cosce mi rialzai. «Andiamo.»

**

«Perché compri tutte quelle caramelle?» Niall mi affiancò e inarcò un sopracciglio chiaro.
Abbassai lo sguardo sui sette pacchetti di Haribo che tenevo tra le mani e mi strinsi nelle spalle. «Piacciono a Harry.»
Sgranò gli occhi sorpreso. «Le compri per lui?»
«Quando viene a casa mia si mette ad aprire ogni anta della cucina in cerca delle caramelle, sa che le compro perché piacciono anche a Zayn, se non le trova mi mette il muso per tre giorni.»
«Ma Zayn non c'è.»
Annuii e lo sorpassai, dirigendomi verso i biscotti. «Ma se non le comprassi più Hazza non me lo perdonerebbe mai, viene a casa mia praticamente solo per quello.»
La sua risata convulsa mi sorprese alle spalle e contagiò anche me. «Sei proprio da sposare!» trillò, dandomi una pacca sulla spalla.
«In effetti sì» ammisi facendo scorrere lo sguardo sui vari tipi di biscotti esposti sugli scaffali. «Quali ti piacciono?»
Si avvicinò maggiormente ai prodotti e si morse un labbro, teso come fosse la scelta più importante di tutta la sua vita. «Questi qui» indicò un pacchetto di biscotti rotondi al burro di nocciola e poi si voltò verso di me, distendendo le labbra in un largo sorriso trionfante. «Sì, questi» ripeté con la voce colma di gioia.
Il cibo lo mandava in visibilio, nel vero senso della parola. «Io prendo questi invece» afferrai un pacco di biscotti al cioccolato e li buttai dentro al piccolo carrellino che si trascinava tutto orgoglioso dietro l'irlandese.
«Ora cosa dobbiamo prendere?» inclinò la testa da un lato e strizzò gli occhi pensoso. «Il latte, giusto?»
Feci 'sì' con la testa e lui sorrise, superandomi e dirigendosi chissà dove sempre con il cestino con le ruote al seguito. «Mi pare anche le uova» aggiunsi, rincorrendolo tra i reparti del  supermercato, sentendomi un emerito idiota.
Si fermò di colpo -arrestando la corsa- e per poco non gli sbattei contro, riuscii a bloccarmi ad un millimetro dalla sua schiena larga solo grazie ai riflessi da pompiere. «Sì, giusto» borbottò tutto concentrato.
«Si può sapere perché ti sei fermato così di colpo?» sputai con il cuore in gola per la sorpresa.
Si strinse nelle spalle e lasciò andare il manico del carrellino. «Le uova» nel dirlo si chinò per raggiungere gli scaffali posti in basso e io non potei far a meno di notare quanto fosse proporzionato e sodo il suo fondo-schiena, cosa di cui mi ero già accertato qualche mattina prima. Prese una confezione da dodici e la posizionò attentamente nel cestino.
«Scusa mi puoi aiutare?» una voce femminile e leggermente acuta mi arrivò alle orecchie infastidendomi leggermente. Mi guardai attorno e la trovai subito, in fondo era quasi impossibile non considerarla. La voce stridula proveniva da una ragazza snella ed evidentemente prosperosa, dai capelli e occhi scuri, che sembrava esser appena uscita da un sexy shop e che si stava mangiando con gli occhi l'irlandese.  
Niall si puntò un indice contro confuso. «Io?»
Lei sorrise maliziosamente e gli si avvicinò, torturandosi un labbro coi denti brillanti. «Sì, tu.»
Non mi piaceva affatto il modo in cui lo stava fissando, anzi, se avessi potuto avrei afferrato due uova e gliele avrei spiaccicate sulla testa molto poco gentilmente.  
«Mi puoi aiutare, non ci arrivo» aggiunse e si allungò verso il latte posto troppo in alto per il suo metro e sessanta scarso. Il giubbotto già fin troppo corto si alzò, lasciando intravedere la pelle bronzea del ventre piatto. Riuscii a scacciare il pensiero di darle un pugno in testa solo quando mi resi conto che Niall non la stava calcolando minimamente, ma che osservava con le iridi blu me.
Inclinai leggermente il capo accigliato e lui distese le labbra in un largo sorriso. «L'aiuto.»
Mi lasciò perdere e si rivolse alla ragazza, afferrò il cartone di latte intero che la mano piccola di lei non era riuscita ad artigliare e glielo passò, gentilmente, sempre con quel sorriso mozzafiato dipinto sul volto pallido. Qualcosa dentro si smosse e uno sbuffo mi scappò dalle labbra serrate, facendo voltare incuriosito il biondino dalla mia parte. Lei si aspettava qualcos'altro, ma lui era completamente concentrato su di me. Poi, inaspettatamente allungò una mano verso il mio volto e mi sfiorò una guancia, lasciando una scia infuocata dalla tempia al mento.
«Prendi il latte tesoro, così andiamo» mi strizzò l'occhio e compresi il suo gioco. Afferrai il cartone con su la scritta 'parzialmente scremato' e poi, senza nemmeno lanciare un'occhiata alla ragazza che ancora aspettava chissà che cosa, la oltrepassai, mollandola con la bocca asciutta, seguito da Niall.
Quando fui sicuro non ci potesse sentire feci scattare la testa alla mia destra e arricciai il naso rivolgendo un'occhiata infelice all'irlandese. «Perché non ci sei stato? Era molto bella.»
«Per chi mi hai preso?» scosse il capo sorridendo beffardo. «Non sono così disperato.»
In effetti era vero, solo un ragazzo arrapato come un coniglio avrebbe potuto raccogliere le avance di una tipa come quella. «Quindi ti sei finto gay.»
«Mi è venuto anche bene» gonfiò il petto, come fiero di sé stesso.
«Lascia perdere» nel dirlo mi sfuggì un ghigno divertito e lui se ne accorse, perché increspò le labbra sottili.
«Vorresti dire che non sono bello o bravo?» fece un passo verso di me, conscio del fatto che mi fosse impossibile indietreggiare a causa dei prodotti posti a muro alle mie spalle e mi posò un palmo sul petto. Mi spaventava il fatto potesse sentire il mio cuore vacillare a quel tocco, ma non riuscii a distogliermi dalla carezza. «Vedi, sono bravo, ci stavi credendo!» trillò all'improvviso riportando la mano in tasca, allontanandosi per lasciarmi riprendere aria nei polmoni.
«Mi hai fatto venire un colpo» ammisi, tastandomi il torace per accertarmi che il cuore fosse ancora presente, nella posizione naturale.
Si strinse nelle spalle, sorridendo sghembo. «Solo quello?»
Boccheggiai in cerca di una risposta decente che non mi facesse risultare ancora più demente di quanto già non fossi apparso e lui invece di aspettarla corse a prendere posto dietro ad una vecchietta arzilla, alla fila per la cassa, lasciandomi come un baccalà da solo.
Non riuscivo a crederci, quel biondino mi stava letteralmente facendo impazzire come mai nessuno prima, come nemmeno la mia dolce Danielle era riuscita.


**Anticipazioni**
 

«No, cosa c'è di male in questo?» arricciò le labbra in un sorriso, sempre con le palpebre serrate sugli occhi color cielo.
«Sei nudo.» Una piccola perla d'acqua che, coraggiosa, liberatasi dalle ciocche mielate stava scivolando sul suo petto niveo mi fece tremare le gambe, la seguii fino a quando interruppe la corsa infilandosi tra i peli pubici biondicci e mi dovetti reggere al lavandino per non rovinare a terra come un invertebrato. Afferrai più aria possibile infilandola nei polmoni, sentendomi un completo idiota. Non potevo fare a meno che guardarlo e la cosa era assurda. Il suo corpo non avrebbe dovuto farmi il benché minimo effetto, eppure nell'osservarlo qualcosa all'altezza dello stomaco bruciava come acido.


                                                                                                                 
                                                                                                                                 
                                                                                                                         
      Niaco Malfoy? ahahaha!

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Capitolo 7
*** 6. Same mistakes ***




6. Same mistakes


E sbaglio a dirti che no, non ti voglio.
Che sì, mi piace lei.
Che non lo so, che cosa è successo.



Ciao ragazze! Eccomi, con un dannato giorno di ritardo, mi dispiace.
Allora, no ragazze. Non posso dirvi che rapporto hanno Zayn e Liam, insomma lo scoprirete, molti dei dubbi che avete ora scompariranno con la lettura dei prossimi capitoli, quindi tranquille!
Ma io non ci credo che grazie a me molte di voi si sono avvicinate alle storie slash, cioè potrei seriamente gasarmi, davvero!
Mh, allora quando ho iniziato la storia alcune di voi mi hanno rivelato che la Niam non era tra le loro bromance preferite, ora vorrei sapere se è cambiato qualcosa, insomma piace? La Niam è diventata oppure no una buona bromance? Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, io personalmente adoro ogni singola bromance x°°
Ringrazio come sempre tutte le ragazze che inseriscono la ff tra preferiti e seguiti e recensiscono. Scusate eventuali errori, un bacio grande! A presto!


Buona lettura




Quel giovedì pomeriggio me ne stavo seduto comodamente sul divano ad oziare mangiando della frutta. Mi avevano messo al turno di notte, dalle otto di sera alle otto di mattina del giorno dopo e quindi dopo aver dormito fino all'una e pranzato mi ero ritrovato a non aver voglia di fare nulla.
Suonarono al campanello, ma non mi alzai, lasciai piuttosto che andasse ad aprire Niall.
«Liam è per te» Niall spuntò in sala, seguito da una ragazza con dei grossi occhioni color cioccolato incorniciati da una miriade di ricci scuri. Il corpo snello e sinuoso la faceva sembrare una dea. Le sorrisi e lei ricambiò, facendo distendere le labbra carnose sul viso piccolo.
«Danielle!» lei ricambiò il “saluto” alzando la mano affusolata, muovendola a destra e a sinistra rapidamente.
Mi alzai e li raggiunsi. L'irlandese ci guardava sbieco, come volesse capire chi fosse la ragazza e come mai sembravo così felice di vederla, mentre lei sorrideva raggiante. «Vi lascio soli» bofonchiò il biondo, facendo spallucce. «E' stato un piacere» strinse la mano a Danielle e le sorrise gentilmente, scomparendo poi chissà dove velocemente.
«Come mai sei venuta fin qui?» non riuscivo a far a meno che essere contento della sua visita improvvisa. «Che bella sorpresa.»
Si strinse nelle spalle esili, infilando le mani nelle tasche dei jeans che le fasciavano le gambe lunghe in modo superbo. «Darò una festa e ho pensato di venirti ad invitare di persona» spiegò.
«Una festa?»
«Sono stata presa per il nuovo music video di Jessie J e ho deciso di festeggiare» il tono contento e allo stesso tempo sensuale mi fece partire una valvola cardiaca.
«Complimenti!» troppo preso dall'eccitazione mi tuffai su di lei e la cinsi in un abbraccio, alzandola di peso e volteggiando per la sala. La sua risata dolce mi riempì la testa.
«Calma Payne!» mi intimò tra le risa, dandomi dei pugnetti sulle spalle per farsi mollare. La lasciai andare e lei sbuffò, sistemandosi il ciuffo con un gesto secco della mano. «Quindi verrai?»
«Certo che sì.»
Annuì soddisfatta e sospirò. «Vieni pure con Niall, mi sembra un tipo a posto.»
«Va bene, ma quando?»
«Sabato questo» sorrise, illuminandosi. «Ora devo andare, c'è qua fuori Eleanor che mi aspetta.»
La accompagnai alla porta e gliela aprii, con fare da gentiluomo. «Allora ci vediamo, è stato un piacere rivederti.»
«E' stato un piacere anche per me» si mise sulle punte e mi scoccò un bacio fugace sulla guancia, dopodiché mi diede le spalle e corse fuori, verso la BMW della sua migliore amica.
Chiusi la porta e presi un profondo respiro, ancora mezzo imbambolato da quel bacio. Danielle mi era sempre piaciuta, erano due anni ormai che la conoscevo e che ci andavo dietro come un deficiente, ma lei non lo sapeva e nemmeno se ne era resa conto. Non ero mai stato capace di rivelarle i miei sentimenti e molto probabilmente mai l'avrei fatto, però mi piaceva. Mi piaceva davvero tanto.

**

Finii di mangiare la mela e mi rialzai dal divano, con un bisogno impellente di andare in bagno.
Corsi quasi di corsa nel piccolo stanzino e vi entrai senza farmi troppi problemi, quando udii però il rumore dell'acqua della doccia aperta mi bloccai di colpo, con le mani ancora intorno alla cintura ormai slacciata per metà.
«Liam sei tu?» il suo accento bizzarro mi fece trasalire.
Annuii, anche se fortunatamente grazie alla tenda che separava la doccia dal resto del bagno non gli era possibile vedermi e sospirai rumorosamente. «Sì, sono io.»
«Ti dispiace passarmi l'asciugamano?»
Leggermente meno sconvolto dalla situazione mi voltai e aprii l'armadietto bianco posto sotto lo specchio. Afferrai una salvietta piuttosto grande, simile a quelle da spiaggia e nel rivoltarmi dalla sorpresa mi scivolò dalle mani, cadendo per terra in un tonfo sordo. Lo scroscio dell'acqua non faceva più da sottofondo, ma piuttosto c'era il mio respiro affannoso a fare da colonna sonora al momento più imbarazzante della mia vita.
«Niall cazzo sei scemo?» sputai tra i denti, portandomi una mano in faccia.   
«No, cosa c'è di male in questo?» arricciò le labbra in un sorriso, sempre con le palpebre serrate sugli occhi color cielo.
«Sei nudo.» Una piccola perla d'acqua che, coraggiosa, liberatasi dalle ciocche mielate stava scivolando sul suo petto niveo mi fece tremare le gambe, la seguii fino a quando interruppe la corsa infilandosi tra i peli pubici biondicci e mi dovetti reggere al lavandino per non rovinare a terra come un invertebrato. Afferrai più aria possibile infilandola nei polmoni, sentendomi un completo idiota. Non potevo fare a meno che guardarlo e la cosa era assurda. Il suo corpo non avrebbe dovuto farmi il benché minimo effetto, eppure nell'osservarlo qualcosa all'altezza dello stomaco bruciava come acido.
«Siamo due uomini» constatò facendo spallucce. «Anche tu hai il pipino» quel modo strano di chiamare il nostro sesso mi fece sogghignare. Chi mai a ventitré anni chiamava il proprio membro "pipino"? Assurdo, Niall James Horan era assurdo.
Mi infilai una mano tra i capelli e sospirai. «Sei assurdo» dissi ad alta voce, senza pensarci quasi.
«Fosse per me potremmo anche fare la doccia assieme» la mia faccia prese istantaneamente un colore rossastro e ringraziai il cielo non mi potesse vedere. Gli lanciai in faccia l'asciugamano e me ne uscii di corsa, incespicando quasi nei miei passi.
Cosa diavolo gli era saltato in mente di aprire la tenda?! Non era assolutamente normale quell'irlandese. «Cazzo, cazzo.» Forse non ero normale io invece. Insomma, avevo visto talmente tante volte Harry nudo e non mi era mai successo di sentirmi così strano. «Non sono normale.»
«E perché?» mi voltai di scatto e me lo ritrovai nuovamente davanti, però questa volta con il gingillo coperto dai boxer.
Lo linciai con lo sguardo e sbuffai. «Niente.»  
«No, dimmi, perché non pensi di essere normale?» ripeté avvicinandosi di un passo a me, facendomi perdere il respiro. I capelli bagnati, leggermente spettinati lo facevano sembrare maledettamente.. maledettamente cosa? Scrollai il capo inacidito dai miei stessi pensieri.
«Perché eri nudo.»   
Inarcò un sopracciglio chiaro, ancora non convinto. «Non sei normale perché ero nudo?» mi fece il pappagallo.
«Sì.»  
«Non ha senso, ma okay» fece spallucce e infilò le dita tra le ciocche biondicce, come a sistemarle alla meno peggio.
Spostai il peso da un piede all'altro, leggermente stizzito. «Sì insomma, com'è possibile che sembravi bello?»  
«Dovrei prenderlo come un complimento?» sghignazzò, riportando le braccia lungo i fianchi snelli.
Ero stufo di sentirmi sempre così strano in sua presenza. «Intendo per me, per un uomo.»
La sua bocca sottile prese la forma di una 'O'. «E che c'è di male?»
«Che a me piacciono le donne.»
Incrociò le braccia al petto. «Tipo quella Danielle» calcò il tono su “quella”.
«Sì.»  
Annuì e si grattò un pettorale con nonchalance. «Sai, la penso molto diversamente da te.»
«Cioè?» indietreggiai di qualche passo per potermi sedere sullo schienale del divano, avevo come l'impressione che la conversazione si sarebbe dilungata di molto.
«Sì, insomma io penso ci si interessi del cuore e della mente delle persone e poi del resto, quindi secondo me potremmo innamorarci sia di uomini che di donne.» Sorrise, illuminandosi. «In pratica non trovo ci siano problemi se ti piace il mio corpo, perché molto probabilmente prima di questo ti sei interessato ad altro di me.»  
Stava dichiarando di essere bisessuale? No, stava dichiarando che io lo ero. «Ma tu non mi piaci» bofonchiai imbarazzato.
«Questo lo puoi sapere solo tu» fece spallucce.
Sgranai gli occhi, sbalordito. «Appunto! Non mi piaci!»
«Non sono d'accordo» nel dirlo avanzò, parandomisi davanti. Sembrava una statua greca, talmente bella da farti venir voglia di toccarla. «Il modo in cui mi guardi non è» si interruppe e scrollò il capo, come se si fosse appena reso conto di cosa stesse realmente facendo. Sbuffò e tornò sui suoi passi, allontanandosi di qualche metro.
«Che fai ora?»
Le sue guance solitamente candide si imporporarono. «Non lo so nemmeno io» ammise con un filo di voce.
«Questo?» le mie gambe si mossero da sole, andando verso di lui senza che lo volessi davvero. Si fermarono solo quando le punte dei nostri nasi si sfiorarono. I polmoni si strinsero e l'aria faticò ad arrivare, mi venne il fiatone come dopo una corsa di venti minuti in salita. Alzai un braccio e portai un palmo nell'incavo del suo collo, abbandonandolo lì. I suoi occhi blu mi stavano dando letteralmente fuoco, ma per la prima volta nella mia vita non volevo acqua, ma lasciare bruciare semplicemente tutto.
«Cosa stai facendo?» il suo respiro profumato mi inebriò, facendomi perdere del tutto il contatto con la realtà e la ragione.
Spezzai ogni distanza e posai le mie labbra sulle sue, ricoprendomi istantaneamente di brividi. Feci scivolare la mano dal suo collo alla spalla e poi ancora più giù, in una lunga carezza. Non appena si sciolse e schiuse le labbra ci infilai dentro la lingua, trovando subito la sua. Il contatto umido mi sembrò la cosa più bella del mondo e non riuscendo a fermarmi lo spinsi verso il muro, incollando il mio corpo al suo ancora mezzo nudo. Era caldo, dannatamente caldo.
Le sue dita si infilarono sotto la mia maglietta e cercarono lembi di pelle, lasciando scie infuocate dai pettorali ai fianchi. Sospirai e lui sorrise, senza però smettere di baciarmi.
Si spinse contro di me e il suo bacino si scontrò con il mio, sentii la sua protuberanza dura cozzare contro la mia e il cuore inciampò, rovinando tra le costole. Era completamente differente dal rapporto con una donna, non c'erano curve, non c'era delicatezza o voglia di fare con calma per non frantumare l'idillio. Il piacere risiedeva nel perdermi nei suoi sospiri per niente timidi, nelle sue mani grandi e sicure, nel suo sapore maschile. Un sapore talmente familiare da farmi sentire a casa. Un ricordo si abbatté con forza contro le pareti della mente e mi ritrovai senza più fiato, mi staccai da lui e boccheggiai in cerca d'aria.
«Dave» fu un sussurro, ma lo comprese benissimo, eravamo troppo vicini perché non arrivasse alle sue orecchie.
Annuì, mordicchiandosi con gli incisivi il labbro inferiore. Anni prima erano leggermente storti, ora perfettamente dritti. Aveva messo dunque l'apparecchio. «Finalmente te ne sei ricordato.»
«Lo sapevi?» un rospo mi si arpionò alla gola, facendomi spezzare la voce a metà frase.
«Certo che sì, ero ubriaco, non completamente fumato» si strinse nelle spalle.
«E perché non mi sei venuto in mente tu, invece?»
Aggrottò le sopracciglia chiare. «Non lo so, forse la cosa ti ha colpito talmente tanto che hai preferito non pensarci più.»
«Probabilmente hai ragione, quella notte mi ha sconvolto l'esistenza.»
«Anche a me» ammise. «Ho pensato a te ogni stramaledetto giorno e quando due settimane fa sei apparso mi è venuto quasi un infarto, eppure tu non ricordavi e così ho preferito non dire niente.»  
Aveva pensato a me ogni giorno, per sei anni? Possibile? «Perché Dave?»
«Se ti avessi detto il mio vero nome avresti cominciato a farmi mille domande sulle mie origini e io non avevo la benché minima voglia di risponderti.»  
«Cos'era questo?»
Alzò lo sguardo che fino a quel momento aveva tenuto sul pavimento e lo puntò su di me, rubandomi un respiro. «Qualsiasi cosa tu voglia.»
«Non so cosa voglio che sia» il blu dei suoi occhi si spense. «A me piace lei.»
«E allora non c'è mai stato niente Liam.» Staccò le spalle dal muro e mi schivò, in modo da sorpassarmi e andarsene.
«Tu cosa volevi che fosse?» dovevo saperlo. Cosa ero per lui io?
Ruotò il capo e distese le labbra in un sorriso che però non raggiunse le iridi oceano. «Volevo fosse semplicemente qualcosa, ma non lo è. Non c'è stato niente.»
Se ne andò rapidamente, quasi correndo. Io lo avevo baciato e io mi ero tirato indietro, ero un verme. Diedi una manata alla parete sbucciandomi il palmo.
«Cazzo.» A me piaceva Danielle e allora perché avevo baciato Niall? Cosa diavolo stavo combinando? Ero impazzito all'improvviso, probabilmente.


**Anticipazioni**
 

Mi voltai e lo ritrovai sull'uscio della porta di camera mia. «Cos'hai?»
Allargò le braccia verso l'esterno, come se di lì a poco potesse spiccare il volo e sorrise, facendo brillare le iridi straordinariamente blu. «Come sto?»
Affilai lo sguardo sul suo corpo e mi si strinse il cuore. La camicia blu non faceva altro che sottolineare il chiarore della sua pelle e i pantaloni neri le cosce muscolose e sode. Roteò su sé stesso e i miei occhi si persero sul suo fondo-schiena perfetto. «Stai bene, stai bene» risposi portando lo sguardo altrove.
«Mi aiuti coi capelli?» Avrei voluto rispondere che no, non potevo aiutarlo perché mi era difficile stargli accanto senza ripensare a noi due appiccicati e ansanti, ma la mia testa scattò di sua spontanea volontà, stupendomi. «Grazie Liam, vado a prendere il gel.»


                                                                                                                                            

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Capitolo 8
*** 7. Like an idiot ***





7.Like an idiot

E sono un idiota,
perché ci stavo credendo.
Stavo cascando nuovamente
nella trappola mortale dei sentimenti.





Ciao ragazze!
HANNOVINTOHANNOVINTOHANNOVINTOHANNOVINTO! Okkei, torno normale.

AHAHAHA! Devo ammettere che il modo in cui avete massacrato di parole Liam mi ha fatto morire dal ridere, siete delle grandi. Vi adoro. E poi tutte le cose carine che dite a Niall sono *www* Lo so, cavolo, è uno zuccherino tutto coccole e baci (?) Anche se.. beh leggete e stupitevi.
Comunque, beh, non so sinceramente che dire se non che vi ringrazio davvero tanto per ogni singola recensione, complimento o commento e che sono contenta che così tanta gente mi segua e mi preferisca (?) :D
Scusate eventuali errori, un bacio grande. Muchlove.
P.s. ieri ho postato il prologo della fan fiction -nonslash- che sto provando a scrivere con tanto ammmore e quindi mi farebbe piacere se passaste, grazie in anticipo. Ah, si intitola "Love is a lie".



Buona lettura



«Secondo me sei un gran cretino» era la quarta volta che mi insultava, alla quinta gli avrei riattaccato il telefono in faccia.
«L'hai già detto.»
«Ma il primo è stato per il bacio, il secondo perché te ne sei pentito, il terzo perché fra poco dovrai andare alla festa di Danielle, la ragazza che ti piace, con Niall, il ragazzo che hai baciato qualche giorno fa, e l'ultimo perché non ti sei ancora reso conto che Danielle non ti piace davvero.»
Il mento mi colò come budino verso il petto. «Cos'hai detto?»
«Cazzo Liam, se ti fosse piaciuta davvero Danielle ti saresti messo a inciuciarti con il biondino?» fece una breve pausa, talmente breve da non lasciarmi nemmeno il tempo di rispondere. «No Liam, non l'avresti fatto.»
«Stai sbagliando su tutta la linea Zayn» mi alzai dal letto sbuffando. Ero già stufo di tutta quella storia e lui non mi stava aiutando affatto, anzi.
«E allora pensala come ti pare, quando ti ritroverai a sognare Niall e a svegliarti con un'erez-» non lo lasciai finire e schiacciai rapidamente il tasto rosso. Era fuori quel ragazzo, l'Irlanda l'aveva completamente ammattito. Avevo perso per sempre il caro dolce miglior amico.
Sentii dei passi avvicinarsi alla mia camera e mi irrigidii. Dovevo prepararmi per la festa e proprio non avevo tempo di lasciarmi coinvolgere in uno dei suoi assurdi discorsi riguardanti giraffe, patatine e trifogli.
«Liam?» eccolo, il nemico.
Mi voltai e lo ritrovai sull'uscio della porta di camera mia. «Cos'hai?»
Allargò le braccia verso l'esterno, come se di lì a poco potesse spiccare il volo e sorrise, facendo brillare le iridi straordinariamente blu. «Come sto?»
Affilai lo sguardo sul suo corpo e mi si strinse il cuore. La camicia blu non faceva altro che sottolineare il chiarore della sua pelle e i pantaloni neri le cosce muscolose e sode. Roteò su sé stesso e i miei occhi si persero sul suo fondo-schiena perfetto. «Stai bene, stai bene» risposi portando lo sguardo altrove.
«Mi aiuti coi capelli?» Avrei voluto rispondere che no, non potevo aiutarlo perché mi era difficile stargli accanto senza ripensare a noi due appiccicati e ansanti, ma la mia testa scattò di sua spontanea volontà, stupendomi. «Grazie Liam, vado a prendere il gel.»
Ero un deficiente, il mio cervello diceva una cosa, il mio corpo ne faceva un altra. Un invertebrato insomma.
Dopo poco ritornò in camera con in mano un tubetto di gel, si avvicinò e me lo passò, sorridendo tutto entusiasta.
«Come li vuoi?»
«Sparati da un lato» portò le mani dietro la schiena e chiuse gli occhi, come a non voler mettermi in soggezione. La cosa mi fece arrabbiare terribilmente, perché era da quanto ci eravamo baciati che si comportava in quel modo. Non mi toccava mai e se per sbaglio sfiorava le mie dita chiedeva subito scusa, alzandosi e scomparendo poi nella sua camera. Odiavo quella situazione, non era certo stata quella la mia intenzione, non lo avevo baciato per allontanarlo.
Schiacciai il tubo e un po' di poltiglia azzurrognola mi cadde sulla mano. Lasciai scivolare a terra il contenitore bianco e sfregai per bene i palmi l'uno contro l'altro omogeneamente, dopodiché infilai le dita nei suoi capelli straordinariamente biondi, facendogli prendere una direzione strana.
«Sei felice per stasera?» interruppe all'improvviso il silenzio inebriandomi col suo respiro fresco. I miei occhi corsero alle sue labbra sottili, leggermente incurvate e un nodo mi si formò sullo stomaco.
«Dovrei?» strinsi le ciocche tra indice e medio lentamente, trasportandole verso destra.
Fece spallucce. «Vedrai Danielle.»
«Sì, sono contento» la risposta mi costò due fitte al fianco sinistro. Continuavano a vorticarmi le parole di Zayn in testa e proprio non riuscivo a non essere d'accordo. Danielle non mi piaceva, no. O forse sì?
«Lo immaginavo» spalancò gli occhi blu puntandomeli addosso e non ce la feci. Scivolai con le dita umidicce sul suo volto candido e lo incorniciai, bloccandolo tra le mani. Mi chinai leggermente e incollai le mie labbra alle sue, in un gesto rapido e convulso. Lo volevo, era da quel dannato pomeriggio che lo desideravo, che sognavo un altro bacio. Le sue braccia mi cinsero la vita, portandomi più vicino al suo corpo e una scarica di adrenalina si propagò in ogni parte del mio corpo, dalla punta dei capelli alle dita dei piedi. Con una spinta lo sbattei sul mio letto, sempre senza staccarmi dalle sue labbra incantevoli e mi issai su di lui, cingendogli i fianchi con le ginocchia, sedendomi sul suo basso ventre. Spinse il bacino contro il mio e dovetti staccarmi per prendere un respiro profondo, eravamo già duri ed eccitati entrambi, avevamo aspettato per giorni quel momento e ora stavamo scoppiando. Con un gesto secco mi tolse la maglietta -aiutato dal fatto che portai le braccia in alto- e si mise a lambire ogni centimetro di pelle lasciando scie bollenti ovunque, dai pettorali ad appena sotto l'ombelico. Mordicchiò un lembo di pelle fino a farlo divenire color porpora e poi tornò su, a far mischiare le nostre salive. Afferrai le due parti davanti della camicia e tirai, qualche bottone schizzò contro le pareti, mentre altri si allentarono semplicemente, e finalmente potei ammirare il suo petto candido. Feci scorrere i palmi su tutta la lunghezza del suo tronco snello e arrivato al bordo dei pantaloni il cuore smise di battere. Posi qualche centimetro di distanza tra i nostri volti e sospirai forte.
Per tutto quel tempo non avevo minimamente riflettuto su cosa stesse realmente accadendo e ora mi ritrovavo ansante ed eccitato sopra un Niall altrettanto scombussolato, che con i grandi occhi blu scrutava ogni mia singola espressione facciale cercando di capire se fossi pentito oppure felice.
«S-sto bene devo solo» mi interruppi non sapendo come finire la frase.
«Liam» soffiò con il fiato corto, sfiorandomi una guancia con la punta delle dita. «Forse è meglio se ti prepari, okay?»
Non avevo la benché minima voglia di abbandonare quel calore, tanto meno di smettere di baciarlo, ma eravamo davvero in ritardo e le cose stavano andando fin troppo di corsa. Annuii e mi alzai. «Mi faccio una doccia e arrivo, tu aspettami pure in sala.»
Mi sorrise dolcemente e strizzò un occhio blu, alzandosi a sua volta dal letto. «Io vado a cercare un'altra camicia che si intoni a questi pantaloni.»
«Ci metto poco» lui fece un cenno d'assenso con il capo e se ne andò, quasi correndo, molto probabilmente anche lui scosso da tutta quella faccenda inverosimile.
Inspirai ed espirai per quattro volte prima di riuscire a tornare in me, a calmare almeno un po' la mia eccitazione ed entrare in bagno. Era incredibile cosa fosse appena accaduto, in fondo Zayn non si era poi sbagliato di molto, un'erezione con Niall l'avevo avuta, ma non in sogno, proprio dal vivo.

**

«Ti trovi bene?» per sovrastare la musica dovetti quasi gridare. Quella di Danielle non era una semplice festicciola da venti invitati, ma un mega party con duecento e qualcosa persone intente a bere, flirtare e ballare in una villa a dir poco stratosferica.  
La testa bionda di Niall scattò rapidamente dall'alto al basso, per poi fermarsi alla mia altezza. «Solo che non conosco praticamente nessuno!» nel parlare tirò un po' su il bicchiere che teneva in mano e lo mosse di qua e di là convulsamente, rischiando di rovesciarne il contenuto ovunque.
«Conosci me!»
Le sue labbra, quelle dolci ed invitanti labbra si distesero in un largo sorriso. «Tu dovresti cercare lei e magari salutare i tuoi amici, ho notato che ne conosci molte di persone presenti, non sono del tutto scemo da non sapere rimanere solo dieci minuti sai?»
«Ma vorrei parlare con te di ciò che è successo oggi» volevo farlo davvero, volevo chiarire e sistemare ogni cosa, anche se non sapevo bene in che modo e quali scelte prendere.
«Avremo tutto domani per parlarne e se proprio non riesci a resistere anche questa notte, quindi non ti preoccupare.»
Annuii e gli circondai le spalle con un braccio. «Vuoi che ti presenti qualcuno?»
«No, no» fu talmente rapido a rispondere che sembrò quasi spaventato al solo pensiero di fare nuove conoscenze. «Vai tu, ti aspetto qui.»
«Va bene, torno subito.»
Con un po' di riluttanza lo abbandonai accanto al tavolo colmo di bibite e alcolici e me ne scorrazzai un po' in giro, salutando questo e quello con un semplice cenno del capo.
Gran parte della gente la conoscevo, ma non potevo certo inserirla nella cerchia di amici, era già tanto se ricordavo qualche nome.
Scansai una ragazza che mi si era messa a strusciare addosso e per poco non mi scontrai con un tipo mezzo ubriaco intento a ballare chissà quale strano tipo di ballo nel centro del salone.
Una mano mi tirò il braccio e mi ritrovai sano e salvo, lontano dall'ubriacone. «Hey Liam!»
Alzai gli occhi al cielo, per niente contento di essere appena stato aiutato da Cip. «Louis», piuttosto che incontrarlo avrei preferito farmi schiacciare dal peso morto del tizio che ora stava ondeggiando come un budino accanto ad una ragazza.
«Sei venuto alla fine!» trillò, dandomi uno schiaffetto giocoso sul viso. «Io e Harry avevamo scommesso che non saresti venuto, mentre Danielle e Eleanor invece hanno puntato sul contrario» spiegò facendo spallucce.
«Avete scommesso?» ora mi spiegavo la visita improvvisa di Danielle qualche giorno prima, non mi avrebbe mai invitato di persona, lo aveva fatto soltanto per assicurarsi la vittoria.
Sospirò afflitto. «Già e dovrò pagare una pizza ad entrambe domani sera.»
Io ci avevo sperato, avevo creduto davvero che a Danielle interessasse qualcosa di me? Stupido, ero uno stupido e basta. Mi spettinai i capelli con le mani e mi guardai in giro, in cerca di una testa bionda che a quanto pare si era scollata dal tavolo-bar.
«La stai cercando?»
Scrollai il capo, assorto nella ricerca. «Cerco Niall.»
«Beh, andando da lui troverai pure lei» constatò, sorridendo sghembo.
Inarcai un sopracciglio non capendo dove volesse arrivare. «Perché?»
«Mi sembrano molto affiatati» alzò un braccio ed indicò un punto alle mie spalle, seguendo l'indice affusolato mi ritrovai ad osservare la scena più deprimente e paradossale di tutta la mia vita. In un angolo della grande stanza, nascosti da qualche corpo danzante c'erano loro due. Ciò che mi fece sgretolare il cuore tra le costole non fu però certo il fatto che stessero parlando amabilmente, ma piuttosto che insieme stessero facendo dell'altro. Mi salii la nausea e dovetti portarmi le mani alla bocca dello stomaco per non rimettere tutta la cena. «Cazzo pensavo lo sapessi» la voce di Louis mi arrivò lontana, molto probabilmente perché già ero partito in quarta verso i due traditori.
Ad ogni passo che mi portava più vicino non potevo far altro che soffocare nella frustrazione e nella convinzione di essere davvero il più grande deficiente della storia.

«Sì, insomma io penso ci si interessi del cuore e della mente delle persone e poi del resto, quindi secondo me potremmo innamorarci sia di uomini che di donne.»
Non riuscivo a scollarmi di mente le parole di Niall, si mescolavano insieme ai pensieri ragionevoli facendo divenire tutto un grande caos. Insomma, lui lo pensava davvero, pensava davvero tutte quelle cose, ed era per questo che non si stava facendo alcuno scrupolo a baciare Danielle, la mia Danielle. Non c'era sesso per lui, non c'ero io e molto probabilmente non c'erano e non avevano avuto importanza i nostri baci.
Ero un grande idiota, un colossale idiota.




**Anticipazioni**

Mi afferrò per le spalle e mi sbatté con prepotenza contro il muro. Il respiro mi si mozzò per il colpo e le gambe mi cedettero, facendomi rovinare a terra. «Ti calmi?» riuscii a chiedere, trovando la voce non si sa nemmeno dove.
«Sei così stronzo che ti stavi baciando Danielle per farmi cadere definitivamente tra le tue braccia?!»
Issandomi sul mobile in legno mi rialzai, arrivando alla sua altezza. Se davvero in quel momento il suo sguardo avesse avuto la capacità di uccidere, mi avrebbero ritrovato senza vita sul pavimento di una stanza lussuosa di non so nemmeno che quartiere. «Fammi spiegare cazzo.»
«Cosa dovresti spiegare eh?! Il fatto che ti è piaciuto il suo bel sorriso e allora hai deciso di saltarle addosso?!» sputò furioso, spintonandomi.
Scossi il capo esausto. La mandibola mi faceva un male terribile e lo stesso valeva per l'occhio sinistro. «Devi farmi parlare Liam.»
«La verità è che tu da ubriaco ti fai cani e porci, come è successo con me sei anni fa! E mi fai solo schifo!»



                                                                                                                          

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Capitolo 9
*** 8. All about tonight ***





8. All about tonight

Come farò, allora,
se pure il sussurrarti
all'orecchio il mio
amore incondizionato
è impresa vana?





Allora ragazze ciao! 8DDD
Scusate il disastroso ritardo, ma la realtà è che mi si è riempito il computer sul quale scrivo e con il quale posto i capitoli di virus e quindi sto usando illegalmente quello di mia sorella :333
Sono veramente di fretta e l'unica cosa che ci tengo a dirvi è: VI HO MESSE NEL SACCO!
Quindi, grazie tante a chi mi segue, mi preferisce (?) e mi recensisce <3 Scusate eventuali -molto possibili- errori, ma sono di fretta. Vi adoro. Un bacio, a presto!
P.s Non so quando posterò il seguito, spero presto.



Buona lettura



Successe tutto così in fretta che feci quasi fatica a rendermene conto.
Un attimo prima mi stava parlando del suo nuovo lavoro, qualche istante dopo di Liam e del dispiacere che provava sul fatto che lui non si fosse ancora dichiarato e qualche minuto dopo ancora mi stava baciando, insensatamente, furiosamente, mollando tutta la rabbia su di me, sullo sconosciuto, sul nuovo coinquilino del suo innamorato. Un bacio languido, bagnato e per niente soddisfacente, colmo d'alcool e rimpianto.
Cercai in tutti i modi di levarmela di dosso e di oppormi a quel bacio, ma non ce la feci, era talmente incollata a me che ogni mio sforzo risultò solo un fallimento.
Comunque il bacio -se così potevo definirlo- non durò che qualche minuto, perché a separarci ci pensò qualcun altro. Due mani forti si posarono rispettivamente sul mio torace e sulla spalla di lei dividendoci, io sbattei contro qualcuno alle mie spalle e lei barcollò soltanto, presa subito al volo da Louis.
Tutto ciò che vidi furono i capelli scuri di lei sparsi in giro e la faccia furiosa di Liam, rivolta non a lei, l'assalitrice, ma a me, la vittima.
Feci per aprire bocca e spiegare, quando il biondo con tutta la ferocia che nemmeno credevo potesse possedere mi prese per un polso e mi trascinò lontano dagli sguardi sconvolti, derisori e curiosi degli invitati.
Percorremmo due corridoi colmi di gente, arrancando tra spallate e spintoni, e poi salimmo una rampa di scale, ritrovandoci nelle stanze superiori pressoché spoglie e spopolate.
Il rumore del cuore che batteva all'impazzata in ogni zona del mio corpo non mi permetteva di sentire altro, o forse semplicemente avevo troppa paura per dare attenzione al ragazzo che senza nemmeno guardarmi mi stava portando chissà dove e chissà per quale motivo.
Superammo varie stanze e alla penultima prima del bagno ci fermammo ed entrammo, naturalmente io non per mia spontanea volontà.
«Liam io» feci per spiegare ciò a cui aveva appena assistito, ma lui scosse il capo, intimandomi di tacere.
Si voltò verso di me e finalmente potei osservare il suo corpo nell'intero, dagli occhi chiusi a due fessure, feriti e arrabbiati, alle labbra serrate, alle mani tremanti aperte che si chiusero a pugno soltanto per allungarsi verso di me, rapidamente. Chiuse le dita su sé stesse, mollandomi un gancio in pieno volto. Mi chinai e sbarrai le palpebre appena prima di ritrovarmi con la testa appiccicata al muro a causa di un secondo colpo, poco sotto il sopracciglio sinistro. Il sapore del sangue si impadronì della mia bocca e dovetti sputare per non ingoiare il liquido cremisi dal sapore tutt'altro che zuccherato.
Pensai fosse finita lì, che gli sarebbero bastati due pugni a sbollire la rabbia, ma mi sbagliavo terribilmente. Mi afferrò per le spalle e mi sbatté con prepotenza contro il muro. Il respiro mi si mozzò per il colpo e le gambe mi cedettero, facendomi rovinare a terra. «Ti calmi?» riuscii a chiedere, trovando la voce non si sa nemmeno dove.
«Sei così stronzo che ti stavi baciando Danielle per farmi cadere definitivamente tra le tue braccia?!»
Issandomi sul mobile in legno mi rialzai, arrivando alla sua altezza. Se davvero in quel momento il suo sguardo avesse avuto la capacità di uccidere, mi avrebbero ritrovato senza vita sul pavimento di una stanza lussuosa di non so nemmeno che quartiere. «Fammi spiegare cazzo.»
«Cosa dovresti spiegare eh?! Il fatto che ti è piaciuto il suo bel sorriso e allora hai deciso di saltarle addosso?!» sputò furioso, spintonandomi.
Scossi il capo esausto. La mandibola mi faceva un male terribile e lo stesso valeva per l'occhio che a stento riuscivo a tenere aperto del tutto. «Devi farmi parlare Liam.»
«La verità è che tu da ubriaco ti fai cani e porci, come è successo con me sei anni fa! E mi fai solo schifo!»
Quella frase sputata tra i denti mi ferì più di quanto non volli dare a vedere. Strizzai gli occhi che mi si erano improvvisamente fatti lucidi e sospirai, portandomi le mani al volto. Non potevo crederci, non meritavo tutto quel risentimento, quella sera di anni prima eravamo in due e ci eravamo spinti più in là del dovuto insieme. Non era stato per niente facile accantonare quella sera e ora lui me la sbatteva in faccia facendola passare per il ricordo più brutto della sua vita, per il mio errore più grande.
«Liam stai zitto» un ordine? Non lo sapevo nemmeno io.
Arricciò le labbra verso l'alto e il cuore mi si polverizzò, scivolando un po' ovunque. «Sai cosa ti dico invece?» feci un passo verso l'esterno ed il ginocchio mi batté contro un armadio. Persi l'equilibrio nuovamente e mi ritrovai con le ginocchia e i palmi sul pavimento lucido. Ero bloccato, a destra l'armadio a sinistra la porta chiusa, dietro il muro e davanti lui, irato come non mai. Non volevo ascoltare, mi sarei strappato volentieri le orecchie piuttosto di assistere ad un'altra sua offesa.
Non volevo sentire uscire dalle labbra della persona di cui mi stavo innamorando parole che non fossero pronunciate con un sorriso o gli occhi pieni di gioia. Ne avevo già avuto abbastanza di gente bastarda che mi aveva spinto sull'orlo del burrone lasciandomi ad ondeggiare in bilico tra la follia e la salvezza.
«No, non lo voglio sapere.»
Si allontanò di qualche passo, molto probabilmente per non assalirmi ancora. «Invece te lo dico» sospirò rumorosamente. «mi dai fastidio, non ti sopporto, odio il fatto che sei venuto ad abitare a casa mia, odio il fatto di averti incontrato non solo per una volta, ma addirittura per due.Mi hai rovinato la vita, ecco.»
Senza che potessi fare qualcosa per fermarle, le lacrime si misero a scendere sulle mie gote, rigandole come gocce di rugiada su un petalo di un fiore straziato dalla tempesta ormai passata.
A lui non era mai importato niente di me, non quella sera, non in quelle tre settimane passate assieme.
Non ero mai stato niente, molto probabilmente veniva da me solo quando il desiderio impellente di farsi qualcuno raggiungeva l'apice. Soffocava le sue voglie tra le mie labbra che tutto volevano meno essere violate con così poca giustizia.
Un singhiozzo mi risalì la gola e raggiunse le sue orecchie, perché il suo fiatone si calmò all'istante. «Piangi?»
Aveva davvero senso rivelargli ogni cosa? Che in fondo non ero stato io a baciare Danielle, ma che era stata lei? Era dunque giusto mozzare così ogni ultima possibilità di quella ragazza innamorata di raggiungere il ragazzo dei suoi desideri?
«No, no» con l'esterno del polso mi asciugai il volto, sporcandomi gran parte dell'avambraccio col sangue. Sulla pelle nivea faceva quasi impressione tutto quel rosso acceso. «Mi dispiace Liam, lei ti ama comunque, dovresti dichiararti.»
Puntellandomi sulle gambe mi rialzai. Con la testa bassa e le spalle chine mi ritrovai a dover fronteggiare il ragazzo che mi aveva sconvolto la vita, non una volta, ma bensì due. Il mio sogno più grande, l'amore che avevo atteso da tutta una vita. Il mio sbaglio più grande.
«Niall?» la sua voce uscì in un sussurro.
E ora cos'era quella sensazione strana alla bocca dello stomaco? Rabbia? Nausea? «Liam tu sei proprio come me, mi hai baciato quando più ti pareva opportuno» e quelle parole così colme di dolore?
«Come?»
«Ti sei comportato proprio come me, siamo uguali. Mi hai usato proprio come io ho usato Danielle questa sera.» Lo superai stando bene attento a non urtarlo e mi poggiai alla maniglia della porta bianca, dandogli le spalle. «Chi ti fa più schifo?»
Spalancai la porta e la varcai, barcollando. Me la sbattei alle spalle richiudendola e Louis, poggiato alla parete frontale della camera nel quale io avevo appena mandato a fanculo ogni mia ultima speranza di vivere un amore felice, mi puntò le iridi celesti addosso obbligandomi ad abbassare il volto.
Non avevo voglia di udire altre accuse, non mi rimanevano le forze necessarie a non cedere.
«Me lo ha detto, le dispiace, era ubriaca» sussurrò, con il volto splendido contratto in una smorfia. Ed io ero sobrio, paradossalmente era dalla sera di anni prima in cui avevo incontrato Liam che non toccavo alcool, per non commettere lo stesso passo falso. Perché non aveva senso bere, non mi era mai piaciuto e mi aveva portato solo problemi.
«Non dirglielo, lui pensa sia stato io» sorrisi, per quanto mi riuscisse a causa del labbro inferiore tagliato e mi strinsi nelle spalle. «Devo disinfettarmi.»
Annuì e infilandomi un braccio sotto le ascelle mi aiutò a reggermi in piedi. «Mi dispiace.»


**

«Mi dispiace Niall» era la quarta volta che si scusava, ma sembrava non essersi ancora stancata.
Mi tamponò la ferita sopra all'occhio e trattenni a stento un gemito di dolore. «Non ti preoccupare.»
«Non credevo ci tenesse talmente tanto a me, assurdo» stava pensando ad alta voce e la cosa mi fece tremare il cuore. Aveva ragione, Liam non ci aveva pensato su due volte a baciarmi e poi si metteva a sfasciarmi la faccia colto da un'attacco di gelosia nei confronti della sua bella.
«Gli piaci da anni» le confessai, arricciando il naso quando una goccia di disinfettante colò sulla ferita al labbro. «A quanto pare anche parecchio.»
«Sei sicuro quindi di voler continuare a mentire?» sospirò e un'alitata dall'odore stucchevole di rum mi si abbatté in viso facendomi salire la nausea. «Insomma, voi abitate assieme sarà piuttosto dura d'ora in poi.»
«Lo so, tranquilla» tagliai corto, veramente stufo di tutto. Avevo sonno, mi faceva male ovunque e avevo una grande e assurda voglia di piangere. L'unica cosa che volevo era chiudermi da qualche parte e dare sfogo a tutta la mia tristezza.
Non ero mai stato un tipo forte, tanto meno un tipo sicuro. Non avevo le capacità di schivare affondi e parole affilate, non ero mai riuscito nemmeno a non darci peso. Semplicemente ricevevo e mi rialzavo, ma tutto rimaneva dentro di me e si scavava un grosso solco. Un solco che non faceva altro che cercare di raggiungere anche l'ultimo strato di cuore rimasto intatto.
Questa volta lo avrei salvato o sarebbe caduto a brandelli anche quello? I colpi inferti dall'amore sono sempre i più duri e pericolosi, i più affilati e meno capaci di essere bloccati, come avrei resistito? Come mi sarei salvato?




**Anticipazioni**

«Idiota di un Liam!» una voce familiare mi raggiunse dal salotto. Ciop era nuovamente entrato senza suonare.
Sospirai e mi preparai al tornado imminente.
Fece capolino in cucina come una furia, coi ricci all'aria e le braccia piegate verso l'alto, coi pugni serrati. «Cosa vuoi Hazza?»
Strinse gli occhi smeraldo sulla mia figura e fece una smorfia schifata. «Si può sapere perché hai malmenato il mio Nialler?!»
E da quanto era suo? Mi ero perso qualcosa? «Se non sai la storia stai zitto.»
«A quanto pare qui l'unico a non sapere la storia sei tu, coglione» per la prima volta da quando lo conoscevo -e gli anni erano parecchi- mi sembrò serio. Il cuore si schiacciò divenendo piatto.
«Cosa intendi?»
«Louis mi ha detto di non dirti niente, ma non mi sebra giusto» cominciò e improvvisamente desiderai essere sordo, per non sentire davvero quanto fossi tremendamente nel torto marcio.



 

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Capitolo 10
*** 9. Apologize ***


 

 

 

9. Apologize

 

 

E tu scusami,
perdona ogni mio errore,
ne commetterò tanti lo sai,
ma tu perdonami.
Non sarà mai troppo tardi.
Non per noi.


 


Ciao! :D
Allora, scusate davvero il ritardo, ma questa settimana sono stata troppo, davvero troppo impegnata. Il computer oramai è a posto, ma non ho quasi mai tempo per scrivere e quindi non so quando arriverà il prossimo aggiornamento. Tra palestra, hip hop e scuola sono sempre stanca e non mi viene voglia di mettermi al pc :CCC
Finisco ringraziando chi mi segue, mi preferisce (?) e mi recensisce! Scusate eventuali errori. Un bacio, a presto!
P.s. Tutte le ff che recensivo prima del gran casino dei virus e che ho abbandonato momentaneamente prometto che tornerò a seguirle appena possibile, quindi non preoccupatevi! Tornerò a rompere!



Buona lettura



 

«Mi dispiace» lo dissi ad alta voce, rivolto a qualcuno che non avrebbe potuto rispondermi.
Ero preoccupato, non avevo chiuso occhio e in più ero triste. Mi sentivo in colpa, terribilmente in colpa. Non riuscivo ancora a credere fosse vero tutto quello che era successo la notte prima, eppure lo era. Il dolore alle nocche, al cuore e alla testa era reale, ogni parte di me pulsava ancora sotto l'effetto dell'adrenalina.
Sospirai e mi portai alle labbra il bicchiere di caffè forte, bagnandomi appena le labbra, dopodiché chiusi gli occhi ed inspirai a pieni polmoni. Seppur Niall la sera prima non fosse tornato a casa, il suo profumo mi entrò nelle narici, inebriandomi la mente. Il suo odore inconfondibile era penetrato fin dentro le pareti e aleggiava in ogni angolo di casa obbligandomi a pensare a lui sempre, in ogni istante.
Quella notte passata insonne ad arrancare con la mente fino ai suoi occhi o alle sue labbra, in particolare mi aveva creato parecchi dubbi sulla reale provenienza dei miei sentimenti nei suoi confronti. Non riuscivo bene a comprendere cosa provassi o cosa sentissi davvero, l'unica cosa certa era che mi mancava e che se avessi potuto tornare indietro prima di agire e prenderlo a pugni mi sarei fermato a riflettere e gli avrei chiesto spiegazioni. Insomma, Niall era davvero quel tipo di persona? Mi avrebbe davvero potuto ferire in quel modo? No. Non avrebbe potuto.
E allora cosa era accaduto la sera prima?
Quando il rumore della porta d'entrata che sibilava contro al pavimento mi arrivò alle orecchie riaprii gli occhi e scacciai via i pensieri tristi dalla testa, insieme all'ennesima tazza di caffè di quella mattina. Era la terza e ne avevo abbastanza.

«Idiota di un Liam!» una voce familiare mi raggiunse dal salotto. Ciop era nuovamente entrato senza suonare.
Sospirai e mi preparai al tornado imminente. Fece capolino in cucina come una furia, coi ricci all'aria e le braccia piegate verso l'alto, coi pugni serrati.
«Cosa vuoi Hazza?»
Strinse gli occhi smeraldo sulla mia figura e fece una smorfia schifata. «Si può sapere perché hai malmenato il mio Nialler?!»
E da quanto era suo? Mi ero perso qualcosa? «Se non sai la storia stai zitto.»
«A quanto pare qui l'unico a non sapere la storia sei tu, coglione» per la prima volta da quando lo conoscevo -e gli anni erano parecchi- mi sembrò serio. Il cuore si schiacciò divenendo piatto.
«Cosa intendi?»
«Louis mi ha detto di non dirti niente, ma non mi sembra giusto» cominciò e improvvisamente desiderai essere sordo, per non sentire davvero quanto fossi tremendamente nel torto marcio. «E' stata Danielle, sai?» finì semplicemente dopo qualche istante di silenzio.
«A fare cosa?» Era inutile fare finta di nulla, mi era già chiaro tutto, molto probabilmente ancor prima della sua entrata trionfale, eppure non riuscivo comunque ad accettare l'idea di aver sbagliato, di aver ferito la persona sbagliata. Non mi andava giù la cosa.
«Lei lo ha baciato» tagliò corto, incrociando le braccia al petto largo.
Tutto ciò che mi riuscii di fare fu annuire, con la bocca semiaperta e la fronte corrugata. «Dov'è lui?»
«E' rimasto a dormire nella casa che Danielle ha usato per la festa, Louis gli ha fatto compagnia, lei è dovuta andare via presto» scrollò il capo e poi si sistemò per bene il ciuffo riccioluto con una mano. «Se posso permettermi..»
«No, stai zitto» lo fermai. Avrebbe cominciato a farmi la paternale ed io, la strigliata da un ragazzo che passava il sabato sera a fare gare su chi portava a casa più numeri di telefono o mutandine, non me la facevo fare. Non potevo cadere così in basso, almeno non così tanto. «Gli chiederò scusa, ho sbagliato lo so e spero riuscirà a perdonarmi.»
«Bravo!» sorrise e le fossette presero vita ai lati della bocca grande.
«Come stava?» non riuscivo a levarmi dalla testa l'immagine degli occhi delusi e pieni di lacrime di Niall, non potevo credere di averlo spezzato davvero.
Harry sospirò e si grattò una tempia. «Non l'ho visto, ma Louis mi ha detto che non ciò che si può definire “il ritratto della salute”.»
Qualcosa in fondo al petto prese fuoco e come una molla scattai in piedi. «E perché non torna a casa?!» la mia voce seppur alta non aveva mai raggiunto toni tanto striduli e mi sembrò quasi ridicolo.
«Chi non torna?» Cip. Cip?
Ruotai il capo e improvvisamente sentii le gambe molli. Louis se ne stava accanto a Niall e lo sosteneva, mentre il biondo aveva le palpebre serrate e il viso ancora più rosso di quanto non ricordassi. Le ferite erano visibili, gonfie e scarlatte. Un orrore inferto dalle mie stesse mani.
«Cos'ha?» Hazza mi anticipò di un millesimo di secondo.
Il più grande fece spallucce e strinse appena di più Niall. «La febbre, deve essersi agitato talmente tanto ieri che ha perso le forze.»
Le mie gambe si mossero da sole e senza nemmeno chiedere il permesso, prendendolo da sotto le ascelle afferrai l'irlandese e me lo issai sulle spalle.
Pur descrivendo nei minimi dettagli ciò che provai nel momento in cui potei finalmente tenerlo fra le braccia, non riporterei davvero l'intensità e la potenza dei miei sentimenti, ma la realtà è che fu come ricevere una secchiata d'acqua fresca dopo un mese intero passato nella siccità del deserto.
«Lo porto in camera, preparate qualcosa di caldo voi due» un ordine. Semplice e diretto.
Niall mugugnò qualcosa di incomprensibile, ma non fece troppe storie, si lasciò semplicemente andare a peso morto su di me, mentre a passo svelto mi dirigevo nella mia camera da letto.
Il suo corpo era assurdamente caldo e leggero, ed il suo profumo magnifico, ancor migliore di quello che ormai aveva intriso la casa.
«Ora starai meglio» sussurrai lasciandolo sul morbido materasso, coprendolo poi con le coperte.
Feci per andarmene, ma la sua mano bollente mi arpionò un polso. «Perché?»
«Perché cosa?» rimasi con il corpo girato, dalla testa ai piedi, già abbastanza confuso per poter permettermi di perdermi nella profondità dei suoi grandi occhi blu.
«Non sei arrabbiato?»
Come avrei potuto? Era lui, lui quello a dovermi odiare, a dover essere arrabbiato. «Non ci pensare nemmeno» detto ciò le sue dita affusolate scivolarono via da me e fui libero di scomparire dietro la porta.


 

**

 

Come avrei dovuto comportarmi con lui? Louis si era assicurato di farmi mantenere la promessa del silenzio, cioè di non far sapere a Niall che in realtà conoscevo tutta la storia, ma non era certo quello che volevo. Avrei voluto scusarmi e baciarlo. Sì, tutto ciò che avrei voluto oltre al porgergli le mie scuse era poggiare le mie labbra sulle sue e assaporare nuovamente il suo sapore, perché mi mancava. Prima di tutta quell'assurda storia ero quasi deciso a darmi da fare, a lasciare perdere Danielle e invece no, era andato tutto storto. E tutto per la mia gelosia, che a quel punto avevo ben compreso non fosse dovuta al mio affetto per Danielle, ma a quello per Niall.
«Com'è?» alzai lo sguardo dalle mie mani e lo posai sul suo viso rosso.
Sorseggiò un altro po' di minestra alle carote e poi si strinse nelle spalle. «Buona.»
«L'ha preparata Louis.»
Il biondo annuì e si leccò le labbra, levando i baffetti arancioni che gli si erano formati sul labbro superiore dopo l'ultimo sorso. Gli era piaciuta, se l'era scolata in meno di tre minuti seppur fosse bollente. «Lo immaginavo.»
Allungai una mano e gli sfilai di mano il piatto ormai vuoto, dopodiché gli passai il bicchiere di acqua che mi aveva appena indicato. «Stai meglio?»
«Sì, certo.»
Era una situazione imbarazzante, volevo con tutto il cuore sapesse che non ero arrabbiato, ma piuttosto dispiaciuto. Che avevo compreso il mio errore e che mi sentivo uno schifo, ma non potevo. «Mi dispiace averti colpito» quello potevo dirlo, no?
Un sopracciglio biondo si inarcò verso l'alto. «Davvero?»
«Sì.»
La mia espressione contrita sembrò convincerlo, perché annuì e sorrise flebilmente. «Lou e Harry?»
«Sono in sala, ma non so cosa esattamente cosa stiano facendo.» In effetti era strano non scaturisse alcun rumore dal salone, quei due erano i più grandi casinisti esistenti in Inghilterra, ma non avevo voglia di alzarmi e andare a controllare. Mi piaceva rimanere lì a osservare Niall sdraiato nel mio letto, tra le mie coperte.
«Te lo hanno detto» non era una domanda, lui sapeva che io sapevo.
Mi sembrò inutile dissentire e così feci spallucce. «Hazza.»
«Quindi?» posò il bicchiere ancora pieno -non aveva bevuto- sul comodino accanto al letto e incrociò le braccia al petto, sopra le coperte.
«Mi perdonerai?»
Portò gli occhi al soffitto, inclinando la testa all'indietro. «Non so portare rancore io, sono troppo buono, ma dammi tempo.»
La dimostrazione improvvisa della sua mancanza di modestia mi fece tornare in mente quel vanitoso di Zayn e un sorriso mi fuggì dalle labbra. «Spero non mi farai aspettare troppo», e ora toccava alle scuse. «Scusami, io non sono quel tipo di persona, non so cosa mi sia preso.»
«Ti sei sentito tradito ancora, per l'ennesima volta, in un certo senso ti capisco.»
Sì, era così. Ero stato tradito così tante volte nella mia vita che quell'ennesimo fallimento mi aveva fatto andare letteralmente fuori di testa. «Credo di essermi arrabbiato soprattutto per colpa tua» ammisi, sentendomi immediatamente un emerito coglione.
«Cioè?» sbuffò e si mise a toccarsi i capelli biondi e spettinati. «Non sono stato io ad assalirla, cavolo!»
Scrollai il capo rapidamente. «No, penso di essermela presa perché -non sapendo che dire mi fermai un istante a pensare a come continuare-, sì insomma credo di essermi ingelosito per te, non per lei.»
I suoi occhi splendenti di quella tonalità di blu pazzesca si ingigantirono. «Cosa sarebbe questa?»
«Non lo so, la verità?» Cosa doveva essere?
Rise e all'udire quel suono altalenante e convulso il cuore mi si strizzò nel petto. «Una dichiarazione?» chiese tra un respiro affannato ed un altro.
«Dici?» a me non pareva tale. O sì?
Tornò serio in un nano secondo e la cosa mi sconvolse. «Vedi tu.»
«Non lo so.»
Si stropicciò gli occhi con le mani e sbadigliò. La febbre non era scesa del tutto e molto probabilmente necessitava di qualche altra ora di sonno. «Non ti ho ancora perdonato Liam.»
«Immaginavo» mi alzai da terra. «Ti sveglio per l'ora di cena, dormi pure.»
«Okay.»
«Buona notte» prendendo il piatto sporco e il bicchiere ancora colmo me ne uscii dalla stanza e chiusi la porta, in modo da non disturbarlo nel caso i due babbei nell'altra stanza avessero deciso di mettersi a gridare o fare la lotta.

 

**
 

Hazza mezzo stravaccato sul divano nel sentirmi tornare aprì gli occhi. «Come sta?»
Mi strinsi nelle spalle. «Meglio, ma ha ancora la febbre.»
Il riccio sorrise e si mise ad accarezzare la testa del più grande, che gli stava letteralmente addosso. «Si è addormentato» spiegò, come se non fosse abbastanza chiaro.
«E ti sta usando come materasso.»
I suoi occhi verdi brillarono divertiti. «Sono comodo, cosa credi?» scherzò.
«Non capivo il perché di tutto questo silenzio, ora comprendo: se Cip dorme Ciop se ne sta tranquillo e lo culla» nel dirlo mi venne da ridere, ma mi trattenni per non svegliare Lou.
«Perché tu non sei a cullare il tuo amorino allora?»
Lo ignorai bellamente e me ne andai in cucina a posare le stoviglie nel lavabo, dopodiché mi fermai nel piccolo stanzino e mi mangiai qualche biscotto. Avevo fame, non avevo pranzato e nemmeno fatto colazione.
«Ho sete» l'accento di Niall mi sorprese alle spalle e per poco non mi venne un infarto. Mi portai una mano al torace per constatare il cuore non si fosse appena squagliato e mi voltai verso di lui, che se ne stava sulla porta con le mani nelle tasche della tuta.
«Te lo portavo a letto» mi alzai dalla sedia e andai al frigorifero. «Cosa vuoi?»
«Usavo i segnali di fumo per avvisarti?» sghignazzò tra sé e sé e mi raggiunse accanto all'elettrodomestico. «Il succo.»
«Anche con la febbre sei molto simpatico devo dire» presi un bicchiere e lo riempii col liquido giallo. Succo alla pera, il mio preferito.
«Già, sono una persona orribile» sorrise e afferrò il bicchiere quando glielo passai.
«Scusa» non so esattamente perché lo dissi, glielo avevo già detto qualche minuto prima in camera, eppure questa volta la mia voce prese un tono diverso, così come il mio cuore prese a schiantarsi ripetutamente contro le costole, invece di sciogliersi.
I suoi occhi schizzarono nei miei, incendiandomi. «Perché?»
«Non sei una persona orribile, non mi fai schifo e non mi hai rovinato la vita» alla fine della frase mi mancò il respiro, forse perché avevo detto tutto d'un fiato, senza fare nemmeno una pausa tra un periodo e l'altro.
Il suo volto si raddolcì e la mano stretta intorno al bicchiere si strinse appena. «Meno male.»
Poi, come fosse il gesto più semplice e normale del mondo le mie braccia si allungarono verso il suo corpo e si richiusero attorno al suo collo, in un abbraccio che non avrebbe dovuto nemmeno essere idea. «Non lo sei, dico davvero.»
«Ti vuoi fare perdonare a tutti i costi eh?» le sue braccia rimasero stese lungo i suoi fianchi -quella con in mano il bicchiere leggermente piegata-, ma la cosa non mi ferì. Non potevo pretendere riuscisse ad abbracciarmi dopo che lo avevo colpito senza ritegno.
«Ho un'idea!» trillai quando un pensiero mi balzò in testa.
«Che idea?»
Mi staccai da lui e gli sorrisi. «Dammi un pugno.»
«Eh?» arricciò il naso, confuso.
«Sì, insomma colpiscimi così siamo pari.»
Inarcò un sopracciglio, sempre meno convinto della mia sanità mentale. «Sei scemo?»
«No!» gli levai il bicchiere di mano e lo posai sul mobile. «Fallo!»
Scosse il capo, ridendo. «Tu non sei normale.»
«Cosa ti costa? Io te ne ho dati due!» Gli presi il polso e gli chiusi la mano, in modo che la mettesse a pugno.
«Sei sicuro?» siccome sembrava essersi leggermente convinto, anche se dentro di me non ero del tutto certo la cosa potesse funzionare, annuì tutto contento.
Strinse le dita e le nocche si sbiancarono. Portò indietro il braccio e dopo un istante lo scagliò contro il mio viso, colpendomi dritto sul naso. Improvvisamente ciò che sentii mi fece salire la nausea, dopodiché mi girò la testa e fui costretto a chinarmi su me stesso. «Cazzo.»
«Liam scusa!» si inginocchiò per terra e mi prese il volto tra le mani. I suoi occhi erano grandi come due palle da bowling. «Merda sanguini!»
«Mi perdoni ora?» nel parlare il liquido rosso mi entrò in bocca ed un sapore ferreo si impossessò del mio palato.
«Sì, sì!» con uno straccio bagnato che non riuscii a comprendere da dove fosse uscito mi tamponò il naso. «Ti fa tanto male? E' rotto? Pensavo di avere meno forza, non ho mai picchiato nessuno!» era agitato e sconvolto e potei ben immaginare quanta adrenalina gli stesse scorrendo nelle vene in quel momento.
«Sto bene e stai calmo.» Se avesse continuato ad agitarsi in quel modo avrebbe svegliato Louis e chissà quante risate si sarebbe fatto quello nel vedermi conciato così.
«Okay, serve del disinfettante. Dov'è?»
Scossi il capo, non riuscivo a ricordare. Probabilmente in bagno. «Non so, in bagno forse.»
«Ma come non lo sai?!»
Non riuscivo più a reggere la sua ansia e così mi raddrizzai e mi fiondai su di lui. Lo strinsi per i fianchi e posai la fronte sulla sua spalla, fregandomene del sangue che colandomi dal naso lo avrebbe sporcato tutto. «Stai calmo.»
Finalmente si fermò, con il petto ansante e il cuore che si scontrava contro il mio petto rapidamente, come volesse entrarvici. «Mi dispiace.»
«Siamo pari ora, ti toccherà solo fare un'altra cosa stupida ed io ti perdonerò. Hai un biglietto omaggio del perdono.»
Le sue mani si posarono sulla mia schiena, stringendosi al tessuto della mia felpa. «Mi perdonerai per forza quindi?»
«Certo, hai la mia parola.»
La sua risata sbocciò spontanea, scaldandomi il cuore. «Bene.»
Niall. Che cosa provavo per lui? Cosa mi aveva spinto a mettere da parte orgoglio, maturità e intelletto? Era dunque l'amore a rendere più stupida la gente? Ma io non lo amavo, almeno non ancora. C'era qualcosa di più strano e profondo in tutto ciò che ci apparteneva. Amicizia, amore, odio, destino?
Da quando eravamo entrati l'uno nella vita dell'altro era andato tutto talmente velocemente che sembrava essere tutto frutto della fantasia. Mi aveva perdonato nemmeno diciotto ore dopo l'accaduto, era tornato a posto tutto talmente in fretta che mi faceva quasi paura la cosa. Cosa ci legava davvero?
Qualunque cosa fosse era dannatamente forte e profonda. E mi faceva paura, sì. Una paura folle.
Può nascere qualcosa di buono da un rapporto del genere? Una cosa che nasce dal nulla, tanto velocemente da sfidare la realtà delle cose, può durare? 



**Anticipazioni**



«Con Danielle?» lo chiese come se non gli interessasse davvero, ma gli occhi lo tradirono. Sembravano pregare.
«In realtà ho capito che non è la persona giusta per me.»
Annuì e smise di torturarsi le mani. «E io lo sono?»
Il cuore si spense, come se qualcuno avesse improvvisamente spento l'interruttore giusto. «Non lo so.»



                                                                                                   
                                                                                                                 





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Capitolo 11
*** 10. Sweet dreams ***



 

10. Sweet dreams


 

 

E tu sognami stanotte
perché lì sì che
possiamo stare insieme
senza farci male.


 

 



Hola! :D
Allora, ho da darvi due brutte notizie. No scherzo, non sono poi così tremende.

~Fino ai primi di aprile non potrò postare perché il ventisei parto per Madrid e torno il trenta, quindi dovrete aspettare un poquito, mi dispiace.
Pubblico questo capitolo -che scusatemi, ma fa cagare lo so- e poi basta perché sarò impegnata nella prossima settimana e non avrò tempo per scrivere qualcosa di decente :C

~Per quanto riguarda l'altra fan fiction “Love is a lie” sono molto indecisa, perché mi sto ritrovando a non sapere che fare. Molto probabilmente la lascerò indietro e finita “You're my destiny” scriverò un'altra Zarry. Chiedo scusa a chi seguiva quella fan fiction, ma non mi trovo più, mi riesce meglio scrivere le slash ora come ora.
Me ne vado dai e vi lascio a questo capitolo! Ringrazio chi mi segue, mi preferisce (?) e mi recensisce! Scusate eventuali errori. Un bacio, a presto!



Buona lettura

 


 

«Sono shockato» in effetti per tutto il tempo in cui mi ero dilungato a raccontargli le mie sventure non aveva fatto un fiato. «Sei proprio sfigato.»
Sinceramente non me lo aspettavo, ma non mi colpì poi molto la sua frecciatina, ci ero abituato. «Grazie eh.»
«Insomma manco per neanche un mese e tu fai più casini che in tutta una vita, com'è possibile?!» sbuffò. «Volevo assistere.»
«Certo che mi sei d'aiuto Zayn!» trillai esasperato da quel suo modo di fare stralunato.
«Cosa vuoi che ti dica? Sai bene che hai sbagliato, che Danielle non ti piace e che Niall ti sta facendo perdere la testa, non servo certo io per fartelo capire!»
Era vero, ma sentirmelo dire era proprio quello che mi serviva. «Non sono sicuro sull'ultima frase, ci sto lavorando.»
«Lavoraci quanto vuoi, il punto rimane sempre quello, pure Harry se ne è accorto e lui è tonto, lo sai.» Sì, Hazza era tonto, seppur fosse una delle persone più maliziose sulla faccia della terra era davvero incapace di comprendere le vere intenzioni o sentimenti della gente, ci metteva sempre un sacco a far luce sugli avvenimenti o sulle persone, credeva a tutto e a tutti e molto spesso proprio per questo veniva ferito. Era tonto, un tonto buono.
«Quindi voi parlate di me?» fu tutto ciò che mi sembrò sensato dire.
Seguì una breve pausa, poi un sospiro appena accennato. «Parliamo di tutto, a volte anche di te.»
«E che dite?»
«Sinceramente?» non mi lasciò nemmeno rispondere che continuò: «che sei deficiente.»
«Ma che gentili!»
La sua risata mi perforò un timpano, obbligandomi ad allontanare il cellulare dall'orecchio. «Insomma, lo sei davvero! Lo sai anche tu.»
In effetti sì, lo ero e lo sapevo. «Va beh, vi perdono.»
«Ecco bravo!»
Niall apparve sulla porta nel preciso momento in cui mi voltai. Distese le labbra e i suoi occhi blu si illuminarono. Mimò uno “scusa” e se ne andò, portandosi dietro pure la scodella bianca che teneva saldamente tra le mani.
«Liam? Ma mi ascolti?» dall'altro capo del telefono Zayn si stava disperando in cerca della mia attenzione e la cosa mi fece sorridere.
«Scusa, ci sentiamo più tardi, devo andare.»
Dopo qualche basso mormorio di cui non capii una parola arrivò nuovamente la sua risata stramba. «Il tuo Nialler ha bisogno di te, giusto?»
«Smettila, ciao» detto ciò schiacciai il tasto rosso e buttai il cellulare sul letto, uscendo dalla stanza e dirigendomi in quella dell'irlandese.
Lo trovai seduto a gambe incrociate sul suo letto, intento a divorarsi i popcorn. «Niall avevi bisogno?»
Alzò la testa e vedendomi il suo sorriso si allargò. «Ti va di vedere un film?»
«Che film?» infilai le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta, poggiando una spalla e una tempia contro lo stipite della porta.
«Real steel.»
Mi piaceva quel film, non appena avevano mandato il trailer alla televisione mi aveva ammaliato e, siccome a causa del lavoro non ero riuscito ad andare al cinema, non mi sembrava una brutta idea guardarlo in casa. «Va bene.»
Annuì e si alzò, sempre con la ciotola in mano. «Vado a preparare altri popcorn, tu lo metti?»
«Okay» gli sorrisi e afferrai il dvd che mi porse. «Erano buoni quelli?»
Lui mi fece la linguaccia in rimando e se ne andò in cucina, molto probabilmente affamato più che mai. Oramai non mi sorprendeva più il suo appetito divoratore, tanto meno il suo stomaco senza fondo. Niall era semplicemente Niall.

 

**


Non sapendo come spezzare il silenzio o come muovermi, dall'inizio alla fine del film rimasi fermo immobile, con la bocca serrata in un sorriso nervoso. Stando accanto a Niall mi sentivo sempre strano, come fossi seduto invece che su un morbido divano, su un letto di spine.
Quando però arrivarono i titoli di coda, il silenzio risultò fin troppo imbarazzante, così mi decisi a chiedergli come andassero le cose in Università.
«Vanno bene» mi rispose sorridendo beatamente.
«Ti sei fatto degli amici?»
Annuì un paio di volte. «Un ragazzo mi ha chiesto di uscire insieme.»
«E tu cosa hai risposto?» dovevo esserne preoccupato? No, eppure lo ero.
«Niente, non gli ho ancora dato una risposta.»
«E perché? Almeno uscirai con qualcun altro, oltre me, Hazza e Lou.»
Sospirò, imbronciando le labbra sottili. «Penso non voglia uscire come amici.»
«Ah» non avrei dovuto ribattere in quel modo, ma non riuscii a spiccicare altra parola.
«Con Danielle?» lo chiese come se non gli interessasse davvero, ma gli occhi lo tradirono. Sembravano pregare. Non era certo quello il modo in cui avrei voluto cominciare quel discorso, ma dopotutto non potevo ignorare la domanda, chissà da quanto si stava trattenendo dal farmela.
«In realtà ho capito che non è la persona giusta per me.»
Annuì e smise di torturarsi le mani. «E io lo sono?»
Il cuore si spense, come se qualcuno avesse improvvisamente spento l'interruttore giusto. «Non lo so.»
«Tu forse lo sei.»
Lasciai perdere i popcorn rimasti dentro la ciotola e portai le mani sul petto, intrecciando le dita.
Anche se erano soltanto passati due giorni da quella sera, ogni cosa sembrava tornata del tutto normale. L'unica diversità risiedeva nelle visite di Harry e Louis, che venivano non più soltanto per le Haribo o per sfottermi, ma più che altro per accertarsi della salute di Niall, al quale non era ancora del tutto passata la febbre. «Sei serio?»
«Non sono sicuro, ma a volte ci penso» distese le labbra e si voltò dall'altra parte, come se fosse troppo difficile parlarmi e guardarmi allo stesso tempo. «Non pensi sia un po' frutto del destino il nostro incontro?»
Ci avevo pensato anche io qualche volta, ma mai seriamente. Erano pensieri veloci e leggeri, a cui non davo poi molto peso. «Sinceramente ci ho pensato» ammisi, sentendomi decisamente scemo. «Ma non lo so, è una cosa strana.»
«Non dico che non lo è, ma a volte» si bloccò, ruotò il capo dalla mia parte e fece scontrare le sue iridi ghiacciate con le mie bollenti. «A volte ti guardo e mi sento il cuore in gola, mi hai cambiato la vita, capisci?»
Annuì istintivamente. Capivo, eccome se capivo, lui aveva fatto lo stesso con me. Eppure non ero sicuro di nulla, non riuscivo a comprendere se il biondino che ora era arrossito e si stava mordendo le labbra era davvero ciò che sognavo da tempo, se era la persona giusta e capace di rendermi felice. Era successo tutto talmente in fretta che mi era difficile schiarire le idee. Tutto ciò che volevo era non ferirlo ancora, ma farlo semplicemente sorridere. «Anche tu hai cambiato la mia, ma non voglio ferirti ancora.»
«L'altro giorno mi hanno ferito più le tue parole, che i tuoi pugni, ma è acqua passata. Non pensiamoci più.» Se voleva farmi sentire uno schifo ci stava riuscendo alla grande, come potevo non pensare più al giorno in cui avevo rischiato di spezzarlo, di perderlo per sempre? E soprattutto come potevo non pensare alla nausea che mi assaliva ogni qual volta l'idea che se ne potesse andare mi balzava per la testa? Qual' era il motivo che mi spingeva a volerlo sempre accanto?
«Ciò che ti ho detto non lo pensavo davvero, ero molto arrabbiato.»
Fece spallucce. «Se una cosa la pensi, la pensi da arrabbiato, triste o felice, non credi?»
«Credo che a volte capiti di prendere delle sviste, di dire cose senza rifletterci e di sbagliare, è umano.»
«Che brutto però» sospirò e allungò una mano verso la ciotola sulle mie gambe, afferrò qualche popcorn e se lo portò alla bocca.
La sua fragilità, il suo essere così sensibile e sincero era disarmante. «Niall mi potrei innamorare di una persona come te, posso dirti solo questo per ora.»
«Ne sono felice» sorrise, con le guance ancora gonfie colme di cibo e si alzò, dondolando un po' a causa della febbre.
«Dove vai?»
Si strinse nelle spalle. «A letto.»
Non poteva interrompere il nostro discorso in quel modo, non aveva senso. Lo afferrai per il polso e il suo equilibrio già precario lo fece barcollare, così per non farlo cadere lo attirai verso di me. Mi cadde addosso a peso morto, sbattendo la testa contro la mia spalla e il sedere contro le mie cosce.
«Ma cosa fai?!» bofonchiò con la voce strozzata dalle risa che erano partite non appena avevo preso a solleticargli i fianchi asciutti.
«Non puoi andartene nel bel mezzo del discorso Niall!» lo rimbeccai, smettendo di muovere le dita su di lui, per non fargli alzare la febbre.
«Ma ho sonno io» si lamentò, lasciandosi poi andare su di me come un bambino. Posò la fronte nell'incavo del mio collo e sbuffò rumorosamente.
«Okay, allora vai a letto» feci per alzarmi e aiutarlo a riprendersi, quando mugolò un “no” strascicato e allora mi bloccai.
«Sono comodo qui.»
Il cuore si mise a battere all'impazzata sotto lo costole quando il suo profumo dolce mi entrò nelle narici, offuscandomi la ragione. «Sono comodo?» chiesi ironizzando, sperando che la tensione non si facesse largo nella mia gola.
«Molto» sfregò il naso contro il mio collo e non capii più nulla. Inspirai e chiusi gli occhi, intenzionato a calmarmi e non fare altre stupidaggini.
Non sarebbe stata la prima volta quella in cui perdendo il contatto con la ragione gli sarei saltato addosso e sicuramente non sarebbe stata la prima volta in cui me ne sarei pentito e l'avrei ferito. Mi piaceva, certo, ma non ero sicuro di niente ultimamente e non mi andava di illuderlo inutilmente. E se un giorno mi fossi accorto che ciò che provavo per lui non era reale -un po' come mi era accaduto con Danielle-, come avrebbe reagito lui? Potevo permettermi di sbagliare ancora? No, non potevo.
«Liam, ho ancora il biglietto del perdono?»
La domanda mi stupì non poco, ma risposi comunque. «Certo.»
«E allora perdonami» prima che potessi comprendere il senso della sua frase mi ritrovai con il suo corpo, se possibile, ancora più incollato al mio e le sue mani ai lati del volto. Mi sorrise nervosamente e spezzò ogni distanza, posando le sue labbra calde sulle mie screpolate. Non seppi esattamente cosa fare, ma poi ripensai a quella stupida cosa del biglietto gratis e mi lasciai andare, schiusi le labbra e lasciai passare la sua lingua. Nel momento in cui il bacio divenne più profondo sentii il nodo allo stomaco stringersi e poi dissolversi definitivamente, come se la pace mi avesse finalmente avvolto, distruggendo ogni dubbio.
Come era possibile mi sentissi nel posto giusto tra le sue braccia? Come era possibile perdessi respiri tra le sue labbra? Non c'era un senso in tutto quello, eppure sì, forse era semplicemente destino.
Mosso da qualcosa che di certo non era il mio cervello lo afferrai per la vita e me lo posizionai meglio addosso, lui mi cinse i fianchi con le ginocchia e si sporse su di me, scompigliandomi i capelli con le dita bollenti. Istintivamente gli morsi il labbro inferiore e lui sorrise, borbottando qualcosa che mi risultò come “scemo”. Lo ignorai e con le mani me lo avvicinai -come se già non fossimo troppo vicini- e nel movimento il suo bacino cozzò contro il mio. Un gemito mi sfuggì dalle labbra e allora Niall ripeté lo stesso gesto, appena più lentamente, mandandomi letteralmente in paradiso.
Si scostò dalla mia bocca e prese un profondo respiro, per poi scendere e andare a dedicarsi alla pelle olivastra del mio collo. Succhiò e leccò, in un modo che nemmeno pensavo potesse appartenergli. Sentivo il cuore battere ovunque, nelle tempie, nelle orecchie, tra le gambe e lui sembrò capirlo, perché posizionò un palmo sul mio torace e ridacchiò, facendomi sentire un cretino. Continuò a baciarmi in quel punto per qualche istante, finché ad un tratto si fermò, mollandomi con il fiato corto e le gambe molli, voglioso e poco soddisfatto.
«Niall?» lo chiamai quando il suo respiro pesante prese a rimbombarmi nelle orecchie. Non mi rispose e allora compresi, si era addormentato. Assurdo. Si era addormentato nel bel mezzo di.. di cosa? Cos'era stato? Sì, del nostro “momento speciale”. Lo avrei perdonato per il bacio, ma per essersi addormentato non c'era alcun biglietto del perdono.
Sbuffai e lo presi in braccio per portarlo in camera sua a dormire in una posizione decente che non implicasse la mia persona a fare da materasso. Non ero Harry, non avevo abbastanza pazienza per restare immobile a farmi trattare da letto e poi, la vicinanza con Niall non era mai cosa buona, finivo sempre per fare qualcosa di cui poi avrei avuto dubbi per almeno una settimana e proprio non mi andava, avrei avuto già di che riflettere per il prossimo mese riguardo a quell'ultimo nostro piccolo sbaglio.



 


**Anticipazioni**


«Quello che è successo ieri sera» cominciai, ma lui mi interruppe con un gesto secco della mano.
«Mi hai già perdonato, va bene così.»
Annuii e mi portai alle labbra la tazza colma di caffè. Il sapore intenso e forte mi inebriò i sensi, risvegliandomi dallo stato comatoso in cui mi ero ritrovato quella mattina. «Stasera tornerò appena più tardi, riesci a preparare la cena da solo?»
«Certo, ormai la febbre è scesa quasi del tutto» fece spallucce e si alzò, andando verso il lavabo per sciacquare le stoviglie.
«Per il pranzo Hazza vuole venire a trovarti, mi ha mandato un messaggio, ha detto che ti prepara qualcosa, ma non ho capito cosa, deve aver sbagliato a scrivere.»
«Va bene.» Infilò la tazza e la ciotola che aveva usato per i cereali nella lavastoviglie, dopodiché ruotò su sé stesso per potermi guardare. «Liam?»
«Dimmi.»
«Quello che è successo ieri sera per me non è stato un errore.»



                                                                                                        

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Capitolo 12
*** 11. I don't care ***


 

 

11. I don't care

 

 

Possiamo amarci,
perdere sospiri dentro le nostre bocche,
pensieri dentro i nostri occhi,
gemiti dentro i nostri piaceri.
Non ci importa, non stanotte.

 

 

Hola! Sono tornata! Scusate per il ritardo, ma non potevo portarmi il computer a Madrid :'C
Ma finalmente ecco il capitolo tanto atteso! E' assurdo, lo so xD
Ringrazio come sempre voi lettrici. Perdonate miei eventuali errori.
Un bacio grande! A presto!

 

 

Buona lettura

 


Pov. Liam

 

 

Lo stavo guardando da circa dieci minuti buoni con aria trasognante e lui ancora non se ne era reso conto. Se ne stava lì ad ingurgitare la sua colazione silenziosamente, con un broncio adorabile in viso. Non riuscivo a comprendere che cosa potesse averlo fatto svegliare di cattivo umore finché non mi venne in mente il bacio del giorno prima, le emozioni che avevo provato con quel tocco, con il suo sapore e il suo profumo. Era forse possibile ne fosse rimasto deluso? O arrabbiato? Si era pentito di averlo fatto?
«Quello che è successo ieri sera» cominciai, ma lui mi interruppe con un gesto secco della mano.
«Mi hai già perdonato, va bene così.»
Annuii e mi portai alle labbra la tazza colma di caffè. Il sapore intenso e forte mi inebriò i sensi, risvegliandomi dallo stato comatoso in cui mi ero ritrovato quella mattina. «Stasera tornerò appena più tardi, riesci a preparare la cena da solo?»
«Certo, ormai la febbre è scesa quasi del tutto» fece spallucce e si alzò, andando verso il lavabo per sciacquare le stoviglie.
«Per il pranzo Hazza vuole venire a trovarti, mi ha mandato un messaggio, ha detto che ti prepara qualcosa, ma non ho capito cosa, deve aver sbagliato a scrivere.»
«Va bene.» Infilò la tazza e la ciotola che aveva usato per i cereali nella lavastoviglie, dopodiché ruotò su sé stesso per potermi guardare. «Liam?»
«Dimmi.»
«Quello che è successo ieri sera per me non è stato un errore.» Non lo era stato? E allora quale significato dovevamo attribuire a quell'ennesimo bacio rubato?
Rimasi in silenzio non sapendo cosa dire e la sua espressione seriosa aumentò, arricciò il naso e aggrottò le sopracciglia. I suoi bellissimi occhi blu socchiusi, bagnati da un'emozione che ancora non riuscivo a decifrare, mi penetravano fino in fondo al petto, sotto le costole e ai brandelli di carne.
«Liam» riprese deciso, come se tutto dipendesse dal discorso che stava per intraprendere, «non voglio tu ti senta obbligato a darmi una risposta, ma voglio dirtelo comunque: tu mi piaci, da sempre. Ho sperato con tutto il cuore di rincontrarti ed è successo. Non ho mai creduto nel destino, ma da quando ti conosco non posso fare a meno che crederci. E non scherzo quando dico che non sei uno sbaglio, che rifarei ogni cosa, perfino quella sera di anni fa. Mi piaci, ecco.» Quando smise di parlare le guance gli si imporporarono e gli occhi ritornarono spalancati, quasi spaventati.
Non che non mi aspettassi una rivelazione del genere, ma il cuore mi salii comunque in gola. Il calore della sua voce mi si propagò per tutto il corpo, fino alla punta dei capelli.
«Niall io» mi bloccai non riuscendo a trovare i vocaboli giusti, parole che potessero eguagliare la bellezza delle sue. Il cervello sembrò vuoto, come se si fosse resettato all'improvviso.
«Non ti preoccupare, non devi dire nulla.» Senza lasciarmi la possibilità di ribattere mi sorpassò e scomparve dietro la porta della cucina, molto probabilmente diretto nella sua camera.
Tutto ciò che mi rimase da fare fu inseguirlo, afferrarlo per un polso e fermare la sua corsa. Lui non si voltò a guardarmi, semplicemente rimase fermo immobile, sull'uscio della sua stanza chiusa con le gambe tremanti.
«Ne riparliamo stasera, ora devo andare» con un sospiro lo lasciai e tornai sui miei passi. Non potevo fermarmi a parlarne in quel momento, dovevo andare al lavoro e non potevo permettermi di ritardare. Ne avremmo parlato la sera stessa, avremmo chiarito una volta per tutte tutto quel gran casino che era divenuta la nostra vita e tutto sarebbe andato per il meglio, senza ulteriori complicazioni. «Te lo prometto Niall.»

 

 

Pov . Niall

 

 

Erano ormai due ore che lo stavo aspettando e la speranza mi stava ormai del tutto abbandonando. Mi aveva avvisato che avrebbe fatto ritardo, ma non immaginavo così tanto. Mai, nel mese passato a convivere, era stato così impegnato col lavoro da saltare la cena, tornava sempre in tempo.
Il dubbio che stesse dilungando l'attesa per non affrontare l'argomento si fece pian piano largo nella mia mente fino a divenire l'unico doloroso pensiero.
Mi sedetti sul divano e mi lasciai andare, cercando di prendere sonno, cosa che però non arrivò nemmeno dopo un'altra ora passata ad attendere. Seppur ormai fosse davvero tardi non riuscivo a darmi per vinto, c'era un qualcosa di bollente in fondo alle costole che non mi permetteva di arrendermi, Liam sarebbe arrivato e mi avrebbe trovato sveglio, pronto a parlare del gran tormento che mi stava causando ormai da settimane dentro.
All'improvviso il cigolio della porta mi sorprese e spalancai gli occhi, con il cuore colmo di un'infinità di emozioni differenti e contrastanti.
Mi sforzai di non alzarmi e rimanere seduto, perché altrimenti sarei sembrato proprio uno senza speranze, e incrociai le braccia al petto con nonchalance, per farmi trovare indifferente.
«Niall?» la sua voce mi arrivò da dietro e mi procurò due fitte ai polmoni, mi ritrovai senza aria senza nemmeno sapere il perché. Il suo tono armonico e dolce quella sera non aveva niente di felice, nemmeno il giorno del nostro litigio a causa di Danielle era stato così basso e risentito.
Mi voltai e tutto ciò che mi ritrovai davanti mi spezzò come uno stelo d'erba piegato dal vento invernale. Liam, con la tuta dei pompieri mezza bruciacchiata e strappata se ne stava poggiato contro il muro, senza forze. Ciò che però mi colpì più di tutto e che scavalcò addirittura i graffi sul suo viso e i capelli spettinati fu l'ombra sul suo viso. Un'ombra che mi fece salire il magone.
«Cosa è successo?» la voce mi mancò a metà frase, quando i suoi occhi si serrarono e le lacrime presero a rigargli le gote sporche. Cos'era tutto quel dolore? Ma soprattutto perché?
Mi alzai barcollando, con le gambe traballanti e il respiro mozzato, e andai da lui. Mi fermai solo quando il mio torace non sfiorò i suoi avambracci piegati sul suo petto ansante.
Il suo profumo familiare mischiato ad un odore struggente di bruciato fu come ricevere una bottiglia d'acqua ghiacciata sulla schiena a venti gradi sotto zero, mi piegai sul suo corpo scosso dai singhiozzi e lo avvolsi con le braccia, fino a farlo poggiare completamente a me. Se avessi potuto farlo entrare nel mio corpo e levargli un po' di quel dolore che lo stava annientando lo avrei fatto, avrei afferrato un po' di quel sentimento e lo avrei fatto mio, per salvarlo.
«Liam» feci per chiedere altre spiegazioni quando la mia bocca fu avvolta dalla sua, bagnata e zuccherosa, come sempre. Non compresi subito cosa volesse significare quel bacio, ma quando le sue mani andarono in cerca del mio viso e le lacrime arrivarono a rigare pure le mie guance compresi che la sua intenzione era quella di alleviare un po' della sua tristezza in me.
Non rifiutai nulla, nemmeno quando mi spinse con le spalle al muro e si incollò maggiormente al mio corpo, come se volesse divenire parte integrante di me. Le mie dita corsero ai suoi ricci scompigliati, dopodiché scivolarono su tutta la lunghezza del suo volto, per asciugare un po' di quel pianto ormai arrivato alla fine. I suoi incisivi scavarono nella carne della mia spalla ancora coperta dalla maglietta, per poi tornare sopra a succhiare le labbra rosse e gonfie.
Niente in quel momento aveva senso, così come mai niente del nostro rapporto ne aveva avuto. Era sempre stato tutto veloce e confuso, ma mai accompagnato da rimpianti; almeno non dalla mia parte.
Un sospiro mi salii in gola quando fece scivolare i palmi sotto il tessuto leggero della mia t-shirt e disegnò ghirigori dalla pelle nivea dei miei pettorali a quella tirata degli addominali. Mi spinsi maggiormente con la lingua nella sua bocca finché non ebbi più fiato in corpo e fui costretto ad abbandonare il suo sapore irresistibile. Scesi con le labbra e lasciai baci umidi un po' ovunque, aiutato dal fatto che, senza nemmeno lasciarmi il tempo di realizzare, si era già levato gran parte della tuta, rimanendo solo con la parte inferiore di essa.
Le sue falangi affusolate e leggere scorsero ancora più in basso sul mio corpo, raggiungendo l'orlo dei boxer, che allargarono e superarono subito dopo, per poter arrivare alla pelle calda.
Non era certo quello il modo in cui avrei voluto affrontare l'argomento, ma di certo non mi sarei sottratto di nuovo, nessuno dei due lo avrebbe fatto, non quella notte. Io avevo bisogno di lui tanto quanto lui in quel momento aveva bisogno di me, non saremmo stati in grado di allontanarci nemmeno se obbligati.
Un sorriso gli morì sulle labbra quando senza realmente volerlo incastrai un ginocchio tra le sue gambe e lo feci cozzare contro la sua erezione già dura.
«Niall sei sicuro?» chiese, con quella voce che non volevo gli appartenesse.
I miei occhi si persero nei suoi e mi ritrovai ad annuire senza nemmeno averci pensato su un secondo. «E tu?»
«Sì»
«Ma se dovesse andare male?»
«Non mi importa.»
Seppur quella frase non avrebbe dovuto farmi sentire lusingato e tanto meno rallegrato, gli angoli della bocca mi si distesero.
Liam si sporse su di me e mi posò un bacio lieve sulla fronte. «Ti avevo promesso avremmo parlato.»
«Avremo tempo, non credi?» mi sentii uno stupido subito dopo aver pronunciato la frase, ma non mi permisi di rimangiarmela. Io volevo sapere a cosa stavo andando incontro, con quale sentimento mi stessi confrontando, e allora perché in quel momento aveva più importanza un suo sorriso? Perché lui ultimamente aveva più importanza di qualsiasi altra cosa?
La sua mano ancora dentro le mie mutande si mosse e un gemito mi spuntò dalla gola, come un ringhio sommesso. Avvolse la mia erezione e nel frattempo prese a carezzarmi con l'altra mano una guancia. Sentii tutto andarmi a fuoco, dai capelli alla punta delle dita, e non potei fare a meno che lasciarmi andare sul suo corpo, poggiando la fronte nell'incavo del suo collo. Quando si mosse su e giù sulla mia sbarra persi letteralmente il controllo della respirazione e dei battiti cardiaci. Tutto di lui mi stava facendo impazzire, dal suo profumo inconfondibile, alle sue grandi mani, ai suoi occhi malinconici.
Con altri due movimenti mi fece arrivare al culmine e venni, accompagnando l'atto con un grugnito soddisfatto che si perse nell'attaccatura dei suoi capelli biondicci.
«Andiamo a letto?»
Senza farmelo ripetere due volte lo afferrai per un lembo della tuta e lo trascinai in camera sua, quella provvista del letto matrimoniale.
Non appena fummo dentro ci ritrovammo nudi e ansanti sul materasso spazioso e morbido, uno sopra l'altro. Niente di tutto ciò aveva logica, niente donava una qualche speranza, niente era tutto e tutto era niente. Non in quel momento, con il mio corpo madido di sudore schiacciato dal suo altrettanto bollente e voglioso.
Alzandomi le ginocchia si sistemò meglio tra le mie gambe e io gli cinsi con esse i fianchi asciutti. Nel movimento veloce e scoordinato il suo bacino cozzò contro il mio e una sensazione simile al vuoto d'aria sugli aerei si impossessò di me.
Aiutandomi con le braccia -poggiando il peso sui gomiti- mi alzai e tornai a lambire le sue labbra dolci, assaporando quel gusto di cui ormai mi domandavo se mi fosse possibile farne a meno.
«Non ci importa quindi?» nel dirlo sfregò il naso contro il mio mento, dolcemente, ed io mi sentii sciogliere come un ghiacciolo al sole.
No, non mi importava di perdere brandelli di me dentro i suoi baci o di macchiare quel sentimento che stava nascendo puro come una goccia di rugiada. Non mi importava perché tutto quello sarebbe stato l'ennesimo dolce errore di quella mia vita confusa.
«No.»
Le sue labbra si incollarono nuovamente alle mie, come a voler impossessarsi dell'ossigeno necessario a sopravvivere e ci ritrovammo nuovamente appiccicati, ansanti e felici.
C'era una valanga di pensieri ammassati nella mia testa che gridavano di non farlo, mentre altri, ancora più voraci e altisonanti che strillavano di amarlo, come mai avrei potuto fare, nel modo migliore che mi fosse possibile.
«Niall» di nuovo quel tono sottile e malinconico. Doloroso perfino per le mie orecchie. «Mi è morta una bambina tra le braccia stasera, non sono riuscito a salvarla.»
Un'onda di dolore mi attraversò da capo a piedi e mi strinsi di più a lui, come se già non fossimo abbastanza attaccati. «Ne vuoi parlare?»
Scrollò il capo e mi circondò meglio con le braccia lunghe e muscolose. «Oggi mi sono sentito morire, sai? Eppure ora che ti ho tra le braccia mi sento di nuovo vivo, il tuo corpo caldo, il tuo sorriso, i tuoi occhi, mi fai sentire bene. Con te sono felice.»
Le labbra mi si arcuarono verso l'alto istantaneamente ed il cuore prese a correre nel petto come un maratoneta che cerca di raggiungere il podio d'oro.
Senza aggiungere altro, siccome tutto sembrava perfetto così com'era Liam si staccò lievemente dall'abbraccio e si allungò verso il comodino al fianco del letto, sempre senza smettere di guardarmi. Aprì il primo cassetto e ne tirò fuori un preservativo, dopodiché se lo infilò e rimase seduto sui talloni, accanto a me.
«Non dobbiamo per forza Niall» spezzò il silenzio, troppo insicuro per non farlo.
«Lo vogliamo entrambi no? E allora non preoccupiamoci di ciò che accadrà dopo.»
I suoi occhi ambrati si illuminarono e gattonando tornò nuovamente su di me, nella stessa posizione di poco prima. Allacciai le caviglie dietro la sua schiena e lo cinsi, preparandomi al dolore che sarebbe sopraggiunto di lì a poco.
Spinse il suo membro contro la mia apertura, ma poi ci ripensò, indietreggiò e si inumidì un dito con le labbra, che poi infilò nella mia stretta fessura per abituarmi. Dopo qualche istante in cui la stanza riecheggiò soltanto dei miei respiri affannati e dei battiti frenetici dei nostri cuori infilò un'altra falange e poi subito dopo un'altra. In poco tempo il dolore mutò, diventando piacere, ma quando la sua punta grande e calda si imbatté contro la mia piccola apertura il dolore ripartì.
Era più grande, più grande di quanto immaginassi e più doloroso di quanto mi aspettassi. Non avevo mai avuto veri e propri rapporti con degli uomini, solo con donne, anche se per un periodo della mia vita avevo frequentato un ragazzo irlandese di nome Sean che poi si era dimostrato poter essere null'altro che il mio migliore amico.
Quando Liam mi penetrò del tutto gemetti di dolore e mi attaccai alle sue labbra, mordendole per non gridare. Ne sembrò soddisfatto, perché senza nemmeno lasciarmi il tempo di riprendere fiato dopo il primo affondo tornò indietro e poi spinse di nuovo verso di me, lentamente, ma con forza. Mi si mozzò il fiato e gli diedi un pugnetto sull'avambraccio, sul quale si puntava per non pesarmi addosso. Lui ridacchiò e affondò ancora, questa volta meno velocemente.
Il suo sorriso spensierato mi fece barcollare il cuore, perché vederlo piangere era stato davvero terribile e tornare a sentire la sua risata leggera era come l'arcobaleno dopo il temporale.
«Sono felice di renderti felice Liam.»
Il suo sguardo si raddolcì, mi levò i capelli sudati dalla fronte e mi scoccò un bacio fugace su una tempia. «Pure io.»
Era quello l'importante no? Renderci felici a vicenda, permetterci di sorridere dopo una giornata triste ed infelice, amarci dopo aver perso la voglia perfino di vivere. Eravamo l'uno la felicità dell'altro. O almeno quello era ciò che desideravamo entrambi, ciò che avevamo sempre sognato e mai raggiunto. Ciò che ci mancava e che sembravamo aver finalmente trovato.
Ma era giusto? Era giusto trasportare tutto in un qualcuno che in realtà non conoscevamo affatto? Era giusto lasciarci andare in tal modo, consapevoli di poter sbagliare? Non ci importava davvero?
Sì, quella notte non ci importò niente. Restammo ad amarci una, due, tre volte senza riflettere, fermarci a dare una spiegazione razionale. Semplicemente abbandonammo noi stessi in quel qualcuno che sembrava la cosa migliore ci fosse capitata nel momento più sbagliato e giusto al tempo stesso della nostra vita.

 

 

**Anticipazioni**



Quando mi svegliai gli occhi spaventosamente blu di Niall mi stavano osservando, dolcemente. Teneva le braccia incrociate dietro la testa e il volto spostato dalla mia parte, mi sembrò strano, ma al tempo stesso particolarmente romantico.
«Buon giorno» mi sussurrò, infilando due dita tra i suoi capelli assurdamente biondi per lisciarli.
Distesi le labbra istintivamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo sorridergli e il cuore perse un battito, quando ricambiò mostrando la dentatura perfetta. «'giorno.»



                                                                                                                                                     

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Capitolo 13
*** 12. I don't understand ***





12. I don't understand

 

 

 

Lui è come la pioggia,
quando arriva,
il suo profumo lo precede

e quando se ne va
quello stesso odore immancabile
mi rimane addosso,
anche per ore.
E non capisco come mi possa piacere,
quando in realtà
ho sempre odiato la pioggia.
Io sono fuoco.

 

 

Ciao a tutti! Allora, scusate questo piccolo ritardo, ma purtroppo in questo periodo sono una pigrona e non ho mai voglia di fare niente. Lo so, sono da prendere a calci D:
Comunque come sempre vi lascio senza sapere che dire. Scusate eventuali errori.

Grazie a tutti quelli che mi seguono, mi recensiscono, mi “preferiscono” e mi vogliono bene (?)
Un bacio grande, a presto!
P.s. Ho scritto una OS Larry mentre non sapevo che fare una sera e si chiama “Il sole dentro di me, il mare che brilla”, spero a qualcuno possa interessare e piacere^^

 

Buona lettura

 

Quando mi svegliai gli occhi spaventosamente blu di Niall mi stavano osservando, dolcemente. Teneva le braccia incrociate dietro la testa e il volto spostato dalla mia parte, mi sembrò strano, ma al tempo stesso particolarmente romantico.
«Buon giorno» mi sussurrò, infilando due dita tra i suoi capelli assurdamente biondi per lisciarli.
Distesi le labbra istintivamente, come se fosse la cosa più naturale del mondo sorridergli e il cuore perse un battito, quando ricambiò mostrando la dentatura perfetta. «'giorno.»
«Volevo prepararti la colazione, ma poi ho pensato che non so cucinare e così sono rimasto qua» mi spiegò, senza che io gli avessi chiesto qualcosa. «Non volevo avvelenarti.»
«Non ho tanta fame, non ha importanza.»
Lui annuì. «Oggi sei a casa dal lavoro?»
«Sì.» Non mi ero svegliato presto proprio per quel motivo, non avevo nemmeno puntato la solita sveglia alle sette. Ad ogni ragazzo presente la sera prima all'incidente, scosso tanto quanto me, era stato concesso un giorno di permesso.
Un sorriso mite gli si disegnò sulle labbra rosse. «Come stai oggi? Ne vuoi parlare?»
Di prima mattina non mi sembrava proprio il caso, l'unica cosa che volevo era lasciarmi tutto alle spalle, anche se non ero sicuro se Niall fosse incluso in quel “tutto”. «Preferisco di no.»
«E di ieri sera -di noi- ne vuoi parlare?» sembrava insicuro tanto quanto me. Mi domandai se avesse chiuso occhio, perché improvvisamente avevo l'impressione fosse rimasto tutto il tempo a fissarmi.
«Te lo devo» ammisi, serio.
Non sembrò molto convinto della risposta, ma comunque fece un cenno col capo e sospirò. «Ho bisogno di sapere che cosa vuoi che succeda, da oggi in poi» sputò fuori in un solo respiro.
La richiesta non mi sorprese, lo immaginavo. Era logico, in quel momento eravamo entrambi sul filo del rasoio a piedi nudi e se solo uno dei due avesse fatto un passo falso sarebbe caduto inevitabilmente nel vuoto, portandosi dietro anche l'altro. Dovevamo chiarire. «Non lo so, ieri sera è stato tutto così sfocato che non lo so» scrollai il capo, dispiaciuto da quella risposta insoddisfacente. Non volevo rimangiarmi le parole dette la sera prima, sul fatto che mi rendeva felice, mi rendeva davvero felice, ma in un modo strano, tutto suo. In un modo che mi mandava in delirio e mi confondeva.
«Non mi basta» il suo tono severo fece schiantare ogni singolo pensiero contro le pareti della mia testa, confondendomi ulteriormente. «Lo so che avevamo detto che non ci sarebbe importato, ma non è così. Eravamo seri? Era un gioco? Era uno sfogo? Cosa c'è stato, voglio solo sapere questo.»
Cosa c'era stato? La sera prima era stato semplice sesso o amore? No, amore era impossibile. Eppure del semplice sesso non avrebbe potuto coinvolgermi in tal modo. Ogni singola porzione di me aveva amato il corpo di Niall, il cuore aveva perso battiti nei suoi occhi, avevo perso sospiri tra le sue labbra e consapevolezza tra le sue mani candide. Cosa volevo? Perché mi ero spinto tanto in là, perdendo anche gli ultimi agganci alla salvezza? Perché mi ero lasciato scivolare contro le pareti dei sentimenti e non mi ero aggrappato agli appigli della ragione? Era stato davvero a causa del trauma?
La bambina, quel piccolo corpo avvolto dal vestitino rosso e da boccoli fitti e scuri, era stata lei a spingermi a quel gesto sconclusionato? Era stato il suo corpo inerme, senza vita tra le mie braccia infuocate a mandarmi fuori di testa e a spingermi così lontano? Certo, il dolore nel vedere una piccola vita persa, di averla tra le braccia, era stato così pesante e angosciante da ridurmi ad un corpo vuoto per qualche istante, ma poteva avermi spinto a tanto? O lo volevo io?
«Lo volevo» mi uscì dalle labbra come una caramella dal sapore amaro, dal gusto cattivo.
I suoi occhi non mi avevano ancora abbandonato un istante, sembravano voler scorgere ogni mia movenza ed imprimerla per bene nella mente. «Ma non mi sembri tanto contento.»
«Non riesco a capire cosa voglio, so solo che ieri sera lo volevo.»
Le sue iridi color mare sembrarono divenire liquide e finalmente si spostarono, posandosi sul soffitto bianco. «Ma ora no.»
«Non lo so, mi dispiace.»
Raddrizzò la schiena, mettendosi a sedere sul materasso. «Mi sto innamorando o forse lo sono già, non so, ma se per te non è lo stesso credo sia meglio finirla qua.»
«Devi darmi tempo, non sono sicuro di niente al momento.»
Dedicandomi un semplice alito di voce, scivolò sulle lenzuola e scese dal letto, rimanendomi di spalle. I raggi di quella mattina assolata lo raggiunsero attraverso le tende leggere e lo illuminarono, facendolo sembrare un piccolo sole. La pelle lattea sembrava intrappolare la luce e poi rimandarla indietro più accesa di prima, mentre i capelli sembravano fili d'oro splendente. Quando si voltò per dedicarmi un breve sorriso mi morì il respiro in petto. Niall era bello, assurdamente bello ed elegante, completamente nudo e così sfacciato da sembrare addirittura un altro.
Con lo sguardo percorsi il suo corpo intero, dalle spalle larghe, ai fianchi asciutti, alle gambe magre e lunghe, al volto, tirato e malinconico. Che non sembrava nemmeno appartenergli.
«Ne ho abbastanza di aspettare, aspetto da così tanto tempo che mi sento ormai arrivato alla fine di tutto.» E non capii se ce l'avesse direttamente con me o si stesse riferendo anche ad accaduti e faccende passate. «Ma ti lascio qualche giorno, spero ti si schiariscano le idee nel frattempo.»
Dopodiché, a passo cadenzato se ne andò, sfilandomi davanti con noncuranza.
Tum tum.
Il cuore sembrò prendere a battere solo quando la sua figura scomparì del tutto. Che per tutto quel tempo fossi come rimasto in apnea? Non me ne ero nemmeno reso conto a dir la verità. Tuttavia la sua immagine, incorniciata dalla radiosità del sole, e i suoi occhi, quasi trasparenti, non riuscivo a scollarmeli dal cervello. E ogni volta che un ricordo della sera prima, che fosse un gemito o un affondo, tornava a galla il cuore smetteva di funzionare, per poi ripartire qualche istante dopo, impazzito come un uccellino chiuso in gabbia che tenta la fuga frullando le ali.
«Cosa mi succede?» lo chiesi all'aria pesante della mia camera ed in risposta mi arrivò solo il fruscio dell'acqua della doccia sotto il quale molto probabilmente -sicuramente- si era appena tuffato l'irlandese.
Decisi che non potevo, che glielo dovevo, di nuovo. Con tutto il coraggio che riuscii a tirar fuori dal mio corpo ancora trepidante andai in bagno, aprii la porta e mi posizionai davanti alla tendina.
«Hey!» lo chiamai, stupendomi subito del mio tono roco.
La tenda scorse e un Niall completamente fradicio e nudo mi si parò davanti, con le mani sui fianchi e le gambe lievemente divaricate. «Cos'è? Hai già la risposta?»
«Per ora no», certo che no. E allora cosa ero andato a fare lì? E soprattutto perché solo io lo stavo fissando come se fosse un dipinto rarissimo, mentre lui non era minimamente stupito del mio corpo?
«E allora cosa vuoi?»
Appunto, che stavo combinando? «Ieri sera, non riesco a non pensare a ieri sera, mi è piaciuto, mi sei piaciuto. Insomma, non credo sia stato un errore, tanto meno un semplice gesto mosso dalla disperazione» un suo sbuffo mi interruppe.
«L'ho capito questo, fin qui ci ero arrivato anche io, il modo in cui mi guardi non passa inosservato» disse, stizzito, con ancora l'acqua a scrosciargli addosso, copiosa e irrefrenabile. Pure in quel momento, con la pelle d'oca e i capelli incollati alla fronte e al volto era puro spettacolo. «Ma a me non interessa questo, voglio sapere se vorrai rifarlo, non mi interessa se ti sono piaciuto, voglio sapere se ti piaccio, ancora. E non solo in senso fisico e sessuale, voglio piacerti tutto, non solo a letto.»
Mi ritrovai a boccheggiare, in cerca di una risposta adatta, invano.
«Ormai credo che dopo tutto quello che abbiamo fatto dovresti sentirti strano, dovresti sentire le farfalle nello stomaco, dovresti sentirti sereno al sol guardarmi, il cuore dovrebbe battere all'impazzata solo con un mio sorriso. Insomma, dovrei riempire la tua mente a tal punto da divenire l'unico pensiero, capisci? Tu cosa senti?»
Certo, con lui mi sentivo strano e le farfalle nello stomaco probabilmente erano presenti ancor prima della notte passata insieme, i battiti accelerati del cuore erano più che sentiti, ma non mi sentivo sereno nel vederlo, anzi, mi saliva l'ansia e una tale confusione da mandarmi in tilt. Non riuscivo ad essere completamente a mio agio accanto a lui, mi riducevo sempre a fuggire con la coda fra le gambe subito dopo essermi esposto.
«Ho paura» la lingua precedette la mente.
Un sopracciglio biondo schizzò in alto, subito travolto da goccioline incolori. «Di cosa?»
«Su questo ho qualche dubbio, non capisco» feci spallucce, indeciso. «Di te, di noi, di me, non so.»
Un angolo delle sue labbra perfette si inarcò. «E credi che io non ne abbia?»
Aggrottai le sopracciglia, sorpreso da quella risposta sincera e spassionata. «Tu sei così sicuro di quello che vuoi» diedi voce ai miei pensieri.
Scosse il capo e qualche goccia mi partì addosso, colpendomi il volto ed il petto, facendomi sciogliere in una cascata di brividi che partirono dalla nuca e finirono sul fondo-schiena. «Io nutro le tue stesse paure Liam, ma non si può vivere con l'ansia di perdere, mancare e sbagliare, capisci? Non si può vivere di se e di ma. Se anche una sola sensazione strana ti avvolge quando ti sono accanto, forse bisognerebbe provarci, non credi?»
Indietreggiai di un passo senza quasi rendermene conto, sbattendo le reni contro il lavabo alle mie spalle. «Non so, io non sono sicuro.»
Silenzio. Fu ciò che seguì quando Niall chiuse il fuoriuscire dell'acqua dalla doccia per avvicinarsi a me, ancora schiacciato contro il freddo della ceramica. Arrivatomi di fronte, ad un palmo dal naso, si fermò e allungò un braccio, portando la mano all'altezza del mio volto. Fece scorrere le dita contro la mia guancia bollente e distese le labbra, in un sorriso dolce. Sembrava fatto per sorridere e quando lo faceva ti mandava letteralmente fuori di testa. Un calore strano partì dal centro del mio petto per poi diffondersi ovunque, fino alle gote. «Cosa hai sentito?»
«Caldo, ovunque» sussurrai, intrappolato tra il suo bel corpo ed il lavabo.
Si allontanò di un passo, uno solo e scostò le falangi delicate dal mio viso, riportando il braccio lungo il fianco. «Ma non ti basta» constatazione.
«No.»
Inclinò appena il capo a destra, come a cambiare l'angolazione dal quale guardarmi. «Cosa ti serve di più?»
Che tu poi non te ne vada. Lo stesso pensiero che si disegnò affilato tra gli altri, arrivando in prima linea mi sorprese, bloccandomi il respiro. Il vero problema era quello? Che se mi fossi affezionato poi avrei sofferto? Certo, perché lui era irlandese ed io inglese, lui sarebbe tornato al suo amato paese e io sarei rimasto indietro, di nuovo. Troppo poco importante, mai abbastanza presente nel cuore della gente. «Tempo, dammi del tempo per riflettere.»
Sbuffò lievemente e tornò indietro, all'interno del box-doccia. «Ora finisco la mia doccia» dichiarò. «Non ho tanta pazienza però, ti avviso» aggiunse, facendo tornare a scorrere l'acqua sul suo corpo candido.
Annuì e me ne andai, ancor più confuso di prima.


**


«Sai cosa? Non riesco proprio a capirti, cazzo!» la voce di Zayn quel giorno stava arrivando a toni mai raggiunti. Dopo la mia ennesima spiegazione degli accaduti era rimasto ammutolito e poi era scoppiato all'improvviso, dandomi ancora dell'idiota.
«Non so veramente cosa dirti, non mi capisco nemmeno io sinceramente.»
Sbuffò rumorosamente, spazientito da quel mio modo di fare lavativo. «Ti preoccupi di cose troppo futili, che parlano di un futuro anche piuttosto lontano, non capisco perché non ti vivi questa benedetta storia finché puoi, prima di perdere anche questa chance. Di cosa hai veramente paura?»
Mi sedetti al tavolo della cucina con in mano una mela e l'annusai, constatando che a volte il profumo di Niall sembrava proprio quello della mela, misto alla pesca, sì. «Non so, di soffrire, di farlo soffrire, non ne ho la più pallida idea, te l'ho già detto.»
«Se fossi lì ti prenderei a calci, dannazione» sospirò. «Comunque secondo me dovresti provarci, non puoi perderlo. Da quello che sento a te piace molto più di quanto non vuoi ammettere e da quello che mi hanno raccontato quando lo guardi vai in brodo di giuggiole, quindi dovresti smetterla e buttarti. Cazzo.»
Strabuzzai gli occhi, stranito. «E chi ti parla di me in questo modo?»
«E chi se non Harry e Lou?» sghignazzò senza darsi nemmeno pena di non farsi sentire.
«Dici che l'hanno capito?»
La risatina smise, di botto. «Ma sei scemo?! Certo che sì, ancor prima che te ne accorgessi tu!»
«Mi sfottono?»
Anche se non potevo vedere il volto squadrato e scuro del mio migliore amico, me lo ritrovai sorridente di fronte. In tutta la sua bastardaggine. «No» mentì.
«Vaffanculo» sputai fra i denti. «Ecco perché ogni tre per due vengono qui a casa!»
Questa volta la risata allegra e sfacciata di Zayn mi colpì dritto il timpano.
«Smettila o giuro che racconto a tutti quando quella volta da ubriaco hai tentato di baciarti la sorella di Louis!» sbraitai, offeso.
«Va bene, va bene», mi concesse, tornando serio. «Vedi di svegliarti, Liam, non permetterti di perderlo, okay?»
«Ci proverò.»
L'ennesimo sospiro disperato. «Ora vado, ho da fare, ci sentiamo!»
«Ciao idiota» mi permisi di stuzzicarlo.
«Parla quello con la vita più incasinata di un protagonista di Beautiful!» non mi lasciò né il tempo di arrabbiarmi, né quello di ribattere e buttò giù.
Non permetterti di perderlo. Quella frase detta velocemente, quasi senza pensarci mi ruotava nella testa come un turbine impazzito. Non permetterti di perderlo. E perché no? Perché non potevo permettermi di perdere Niall?
Sì, giusto, perché lui era stato il primo ad essere così fottutamente sincero con me, ad avermi donato tutto sé stesso rischiando di perdere tutto. Lui si era fidato, di me, trascurando tutte le sue paure.
Ne valeva la pena lasciare stare? Valeva la pena ricominciare? Era davvero giusto lasciar perdere una storia del genere? Una persona del genere?
No, non ne valeva la pena.

 


**Anticipazioni**


Me lo ritrovai davanti, sorridente e vicino, anche troppo per i miei gusti, ad un tipo alto, con due spalle enormi e i capelli -no, rasta- scuri, legati in una coda dietro la schiena. 
«Niall» mi uscì dalla labbra troppo veloce perché io potessi fermarmi in tempo.
Entrambi si voltarono verso di me e mi sentii improvvisamente di troppo. Gli occhi dello sconosciuto, di uno strabiliante color verde tendente al foglia autunnale, mi trapassarono da lato a lato, mentre quelli maledettamente blu dell'irlandese sorrisero, insieme alle labbra.
«Liam, ti presento il mio amico Trystan.»
Il tipo, sfilò una mano dai jeans larghi e me la offrì, la afferrai e la sua presa mi stritolò, bloccandomi il sangue. «Piacere» mormorò, con una voce che superava in bellezza perfino quella di Harry, talmente era graffiata e roca.
Ci mancò poco che il mento non mi rotolò contro il torace. E quello chi era?

 
                                                     
                                                                                                                                                

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Capitolo 14
*** 13. Love like this ***


 

 

13. Love like this

 

Il suo amore era un alieno,
il più bello mai trovato.
Con un cuore grande come un cielo,
le mani calde come il sole
e gli occhi luminosi come le stelle. 

 

Ciao a tutti! Scusate l'enorme ritardo, ma purtroppo questo capito è stato un “parto” davvero doloroso e lungo. Non so perché, ma spero di metterci molto meno tempo per postare il quattordicesimo.
Comunque, detto ciò, sono molto contenta che la storia piaccia così tanto, mi rendete davvero felice^^
Questo capitolo sarà molto corto e molto poco soddisfacente, ma è di passaggio, quindi scusatemi.
Ringrazio come sempre chi mi segue, recensisce e mi preferisce. Un bacio grande, al più presto possibile!
P.s. Ho postato la nuova storia, la Zarry “La tua voce è il mio silenzio”, che porterò avanti passo passo con questa (magari con qualche lieve ritardo dovuto alla scuola/impegni vari). Spero vi possa appassionare come questa e “Scommetti che ti amo?”. Mi farebbe piacere andaste a darci un'occhiatina :)

 

 

Buona lettura

 

 

«Liam» alzai la testa dal mio piatto e lo guardai. Seduto dall'altra parte del tavolo, con gli spaghetti arrotolati intorno alla forchetta tenuta a mezz'aria, c'era Niall che mi fissava intensamente con i due fanali blu. «Oggi pomeriggio cosa fai?» non era quella la vera domanda che voleva farmi, lo potevo comprendere dal modo in cui le sue sopracciglia si stavano distendendo, assieme alle labbra.
«Credo andrò in palestra, è da un po' che non ci vado.»
Annuì e inghiottì i denti della forchetta, per poi farli fuoriuscire senza però più la pasta. Masticò lentamente, aggrottò di nuovo la fronte e ingoiò. «Io vado all'Università.»
«Ma non è sabato?»
«Sì, ma voglio comunque andare un po' in biblioteca» fece spallucce.
Punzecchiai un altro po' ciò che stava nel mio piatto e quasi non avevo toccato. «Niall, se la mia risposta dovesse arrivare fra un mese? Mi aspetterai?» non so perché lo dissi, non era mia intenzione mettermi nei casini proprio quel giorno, ma ero curioso.
Se una persona è innamorata, allora aspetta l'altra anche per un decennio, senza mai stancarsi, giusto? Forse l'amore può aspettare, perché allora non sarebbe più amore se avesse fretta. Ma cos'è l'amore se non un battito di ciglia, un bacio rubato, una frase detta in un sospiro? L'amore aspetta? Ha tempo? No, l'amore non può aspettare, perché allora non è più amore. Non ha senso attendere l'altro, non ha senso sperare, non ha senso pregare. L'amore è il fuoco che si accende in un istante e brucia, l'amore è ciò che accade in un istante, che ricordi per tutta una vita.
Ma allora le persone che si amano e poi si devono separare non possono sperare? Non possono più amare? Cos'è l'amore? E' la fiamma di un accendino o una fiamma che ci mette tempo, ad accendersi, che per risplendere ha bisogno di giorni, se non forse anni? O forse l'amore è il tutto e il niente, racchiude tante cose, tutte insieme, le cambia e le fa rimanere uguali. L'amore si accende velocemente, lentamente, si spegne e si riaccende, si bagna. Cos'è?
«Stanotte ci ho pensato e secondo me non cambierebbe niente, io ti dico che non ti aspetto, ma in realtà il mio cuore continuerebbe a battere forte con te, solo per te. Quindi è inutile, aspetto e spero riuscirai a deciderti» la sua pelle candida, bagnata dal sole di mezzogiorno che penetrava dalla finestra della cucina sembrava splendere.
L'amore è amore. Per ognuno è qualcosa di diverso: per alcuni è una fiamma, un incendio, una goccia, uno tsunami, un vento impetuoso, una flebile brezza, per altri ancora è il vuoto o semplicemente il tutto.
L'amore è ciò che ti sconvolge, ti completa, ti cambia e ti migliora. L'amore è dolore, sorrisi, abbracci e sospiri. L'amore è parole non dette, sussurrate, gridate, l'amore è il silenzio più rumoroso, il buio più acceso. L'amore è e poi non è.
«Dammi tempo, ti prometto che l'attesa sarà ripagata.»
Sorrise debolmente, dopodiché afferrò il suo piatto vuoto e si alzò. Lo posò nel lavabo e, con un cenno del capo, mi lasciò lì a finire il mio pranzo da solo. Mi sentii abbandonato, immensamente solo e per un istante mi domandai se pure lui, dentro di sé, potesse sentirsi così. In fondo lui era in una città estranea, lontano da tutti i suoi cari, a lottare contro un sentimento più forte di lui e più assurdo che mai. Probabilmente doveva sentirsi solo, molto.


**


Quando quel pomeriggio tornai a casa dopo aver passato quasi tre ore in palestra la mente era ancora offuscata. Per tutta la durata degli esercizi, i pensieri, instancabilmente, avevano girato intorno a Niall smorzando ogni mio singolo tentativo di concentrarmi.
Voltai l'angolo del mio quartiere e me lo ritrovai davanti, sorridente e vicino, anche troppo per i miei gusti, ad un tipo alto, con due spalle enormi e i capelli -no, rasta- scuri, legati in una coda dietro la schiena. 
Sì, era proprio lui, quella era proprio la sua risata convulsa. Mi penetrò i timpani come un tuono dopo il silenzio più assoluto. Era da giorni ormai che non rideva in quel modo, gustandosi il divertimento come una caramella alla fragola.
«Niall» mi uscì dalla labbra troppo veloce perché io potessi fermarmi in tempo.
Entrambi si voltarono verso di me e mi sentii improvvisamente di troppo. Gli occhi dello sconosciuto, di uno strabiliante color verde tendente al foglia autunnale, mi trapassarono da lato a lato, mentre quelli maledettamente blu dell'irlandese sorrisero, insieme alle labbra.
«Liam, ti presento il mio amico Trystan.»
Il tipo, sfilò una mano dai jeans larghi e me la offrì, la afferrai e la sua presa mi stritolò, bloccandomi il sangue. «Piacere» mormorò, con una voce che superava in bellezza perfino quella di Harry, talmente era graffiata e roca.
Ci mancò poco che il mento non mi rotolò contro il torace. E quello chi era?

«Piacere mio» risposi, per niente sincero.
Lui annuì e si rivolse a Niall, che ci fissava con un gran sorrisone stampato in faccia. «E' il tuo coinquilino?»
«Sì» rispose l'irlandese, stringendosi nelle spalle.
L'altro sembrò rilassarsi e la cosa mi fece imbestialire. In realtà io ero più del coinquilino, ero quello di cui Niall si stava innamorando, io avevo fatto l'amore con lui, lo avevo baciato e toccato. Io ero di più. Mi stupii quell'ondata bollente di pensieri, ma non riuscii ad attutirla, mi colpì dall'interno prepotentemente, mozzandomi il fiato. «Io sono un suo compagno di università» spiegò, portando una mano tra i capelli biondissimi dell'altro, spettinandolo. Troppe confidenze, si stava prendendo troppo. Nemmeno io riuscivo a comportarmi in modo tanto libero con l'irlandese e lui chi era, per poterlo fare?
Ma forse ero solo io il problema, volendo avrei potuto prendere anche di più, ma ero troppo stupido per darci dentro davvero.
«Ah, capito» era tutto chiaro. Lui doveva essere il tipo che aveva chiesto l'appuntamento a Niall.
«Sai, ho incontrato Trystan in biblioteca e ha voluto portarmi a casa in macchina» spiegò il biondo, come a volersi scusare.
Quel Trystan mi stava già antipatico, lui e i suoi capelli strani. «Capisco.»
«Niall, ti va se domani andiamo a pranzo insieme?» ancora, tutta quella confidenza. Che poi che senso aveva chiederglielo in quel momento? Davanti a me?
L'irlandese mi guardò, sospirò e scrollò il capo. «No, domani andiamo a pranzo io e Liam, insieme ai suoi amici» rispose, spiazzandomi.
Quando l'avevamo deciso? Io non ne sapevo niente. «Ma sei sicuro?» chiesi, non comprendendo.
Gli occhi straordinariamente blu di Niall si spalancarono, assieme alla sua bocca rossa. Rimase un istante in silenzio, ma sembrò un secolo intero. «Sì, Liam.»
«Io non ricordo proprio» mi grattai una tempia, cercando di ricordare quando avessimo deciso di pranzare tutti assieme.
«E allora a cena?» ritentò il rastone imperterrito, scrutandomi odioso.
«A cena non avevamo in programma nulla» suggerii.
Niall mi guardò malissimo. «Va bene, allora vada per la cena.»
La risposta affermativa mi congelò il sangue nelle vene. Sarebbero usciti davvero? A cena?
«Allora ti vengo a prendere alle otto domani!» trillò l'altro, dandogli due pacche sulla spalla. «Ciao ciao!» salutandoci allegro se ne andò, correndo dall'altra parte della strada per raggiungere la sua auto.
«Sei un genio, Liam!» sputò tra i denti Niall, non appena Trystan scomparve alla vista assieme alla sua BMW. «Certo che ti sei messo proprio d'impegno per buttarmi tra le sue braccia!» mi accusò, rosso in volto come un pomodoro.
«Ora è colpa mia?!» sbottai acido. «Potevi benissimo rifiutare!»
«Se tu fossi stato zitto ce l'avrei anche fatta senza sembrare maleducato!» incrociò le braccia al petto, nervoso. «Spero non riprovi a baciarmi come oggi.»

Il cuore cadde di colpo alle caviglie, suicidandosi. «Ti ha baciato?»
«Sei proprio un idiota!» mi spintonò e se ne andò -di nuovo, come sempre- su per le scale della palazzina.
Era assurdo, tutto con lui era assurdo. Soprattutto quel suo amore. Era il più strano, davvero. Il suo amore non era uno tsunami, non era un tornado, una fiamma o una brezza estiva, il suo amore era una specie di alieno.

 

 


**Anticipazioni**


 

Fissai le spalle ossute di Niall, cercando di non farmi prendere dalla solita strana sensazione che poi mi cacciava sempre nei guai. «Ti stai preparando?» chiesi, come se il suo corpo mezzo nudo posto davanti all'armadio a muro non fosse già abbastanza chiaro.
«Sì» rispose secco, afferrando una camicia bianca e un maglioncino rosso.
I piedi si mossero da soli, portandomi proprio alle sue spalle. «Non andare» la voce mi uscii talmente poco sicura da risultare quasi un sussurro. 



                                                                                                                    

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Capitolo 15
*** 14. Sorry, sorry ***




 

14. Sorry, sorry

 


Spero accetterai le mie scuse anche quando,
dopo infinite lacrime,
sembrerà troppo tardi perfino per vivere. 

 

Ciao! Scusate il lieve -seh lieve- ritardo :)
Come sempre sono stra-contenta che la storia piaccia sempre di più, è una gioia regalarvi emozioni così forti :D
Riguardo a questo capitolo spero che le rivelazioni sul rapporto tra Harry e Louis non vi sconvolgano più di tanto :'D
Non so che altro dire -ma che novità- e quindi niente, scusate eventuali errori!
Un bacio grande^^ A presto!

 

 

Buona lettura

 

 

«Ti sei svegliato un po' in ritardo, non credi?» Louis, con quel suo solito modo sfacciato e critico di rispondere mi stava letteralmente scavando la fossa.
Infondo non era solo un tipo ironico, giovanile e spensierato, quando voleva era capace di sbatterti la verità addosso come uno schiaffo in piena faccia.
«Non posso farci niente, non mi va che stasera se ne esca con quel tipo» borbottai, giocherellando con il tappo della bottiglietta d'acqua. Ne avevo bevuta metà, attaccato da una sete strana.
Lui annuì e poi rivolse un'occhiata a Harry. I loro sguardi quando si incrociavano non erano mai semplici sguardi, si dicevano tutto e si rispondevano anche, non so nemmeno bene come.
Era anche per questo che quel pomeriggio avevo deciso di andare a parlare con loro, mi avrebbero chiarito un po' le idee. Se avessi raccontato tutto a Zayn con tutta probabilità avrebbe preso un aereo per Londra solo per potermi prendere a calci.
«Insomma, perché non glielo dici e basta?» chiese il riccio, serio.
«Cosa?»
«Che ti piace, non comprendo nemmeno come tu faccia a non ammetterlo. Ogni volta che lo guardi te lo mangi con gli occhi, lo adori.»
Strabuzzai gli occhi sorpreso da tutta quella loro perspicacia. «Come avete fatto a capire che sono interessato a lui? Mi ha detto Zayn che ve ne siete accorti da tempo.»
Hazza si strinse nelle spalle larghe, mentre Lou sorrise sornione. «Anche se lo sembriamo non siamo del tutto andati, sai? E poi sospettavamo già che tu fossi omosessuale.»
Cosa?! «Che cosa?!» non riuscii a esiliare tutta la sorpresa che mi colse. Io non ero omosessuale o almeno non prima di conoscere Niall.
«Dai, il modo in cui quando eravamo in piscina perdevi la testa per il culo di Louis o la pelle bronzea di Zayn non erano normali, non credi?»
«Non è vero.»
«Invece sì, ma non c'è niente di cui vergognarsi, gli istinti sono normali, soprattutto per noi uomini.» Harry, Harry e la sua fottuta bocca.
«Quindi ve ne siete accorti da tempo» arrendersi era l'unica cosa sensata da fare, non sarebbe servito a nulla cercare d'aggrapparmi al nulla, tanto meno arrampicarmi sugli specchi, sarei scivolato rovinosamente.
«Sì ed è ora che tu lo ammetta.»
Louis sospirò e dopo tutto quel tempo passato a fissarci, sorridendo ad ogni constatazione del più piccolo, prese possesso della parola: «La cosa più importante è che tu prenda coscienza dei tuoi sentimenti per Niall. Non puoi continuare a prenderlo in giro, anche se non lo fai propriamente apposta.»
«Se ne andrà» come sempre parlai a sproposito, dando voce ai pensieri più reconditi e segreti.
Gli occhi verde acqua di Harry si spalancarono, mentre quelli di Louis si chiusero, nascondendo le iridi celesti. Ma non parlarono, come a darmi il via libera. «Mancano circa quattro mesi e se ora dovessimo attaccarci l'uno all'altro ancor più di quanto già è accaduto.. soffriremo, lo so. Soprattutto lui. Non mi va.»
«Cosa pensi eh? Chi ha mai raccontato che l'amore deve essere per forza idilliaco, senza problemi e ripensamenti? L'amore è bello perché è ingiusto, sbagliato e caotico, non puoi fermarti a pensare, altrimenti lo perdi. Tu Liam stai perdendo il tuo treno e nemmeno te ne rendi conto» scrollò il capo amareggiato, rialzando le palpebre. Non avevo mai visto Louis tanto infervorato. «Non è vero che non si può soffrire in amore, anzi, è una delle clausole. Liam afferra quello che viene, vivi la vita per quello che è senza preoccuparti del futuro, oppure perderai tutto, oltre che Niall. Vivi questi quattro mesi come un inizio, non come una cosa che porterà ad una fine. E se dovesse andare male, almeno avrai ricordi e sensazioni e non rimpianti grandi come montagne.»
Seguitò un lungo silenzio, poi un gran botto, causato dai pugni di Harry che sbatterono contro il tavolo della sua cucina -perché sì, ci trovavamo a casa sua- con una potenza inaudita. La bottiglietta barcollò e mi scivolò dalle mani aprendosi. L'acqua prese a scivolare ovunque, come un torrente in piena che sgorga e supera gli argini. Scattai in piedi per non bagnarmi e lo stesso fece Louis, mentre Harry rimase seduto, con le gocce che dal tavolo si rovesciavano verso il basso, sui suoi jeans scuri.
Non compresi, fino a che non aprì le labbra carnose, puntando le iridi verdazzurre in quelle cielo dell'amico. «E perché questi consigli non li hai seguiti pure tu? La verità è che predichi bene e razzoli male, Lou. Da dove ti è uscita tutta questa gran predica mh? Sono proprio curioso» l'acidità del suo tono era inaudita, non l'avevo mai sentito rivolgersi a qualcuno in quel modo, almeno non a Louis.
Da che avevo memoria il loro rapporto era sempre stato ai limiti della decenza, così perfetto da far male. Un rapporto tanto aperto e allo stesso tempo chiuso intorno a loro da far apparire tutto il resto una schifezza. Tutti, chi più e chi meno, stando accanto a loro si erano sentiti almeno un po' gelosi. Ci eravamo passati anche io e Zayn e chissà quanti altri prima e dopo.
«Di cosa stai parlando?» rispose il castano dai capelli lisci, con una traccia di preoccupazione e nervosismo sul volto piccolo.
«Non fare il finto tonto» sputò l'altro, spingendo la sedia all'indietro per potersi alzare e raggiungere la nostra altezza.
Mi sembrava di assistere alla scena di un film, quelle in cui i due amici si azzannano senza pietà per chissà quale motivo, mentre il terzo incomodo rimane a fissarli senza capirci niente. Mi domandai se avessi dovuto far qualcosa, magari calmare Harry, magari spronare Louis a parlare, ma la risposta fu negativa. Se mi fossi messo in mezzo avrebbero probabilmente attaccato pure me, per di più ingiustamente.
«Cosa vuoi che ti dica eh?» si decise Lou, alzando di poco la voce già di per sé acuta. «Ho scelto lei da tempo, pensavo te ne fossi fatto una ragione.»
Un tornado di pensieri, domande, risposte e grida prese a vorticarmi per la testa, implacabili. Ho scelto lei? Chi? Eleanor. Perché? Chi doveva scegliere? Harry. E perché? Da quanto? Da sempre. Impossibile.
Ritornai alla realtà solo quando un silenzio acuto ci assalì. Il riccio se ne stava zitto, coi pugni serrati lungo i fianchi e lo sguardo puntato sull'amico, mentre l'altro guardava altrove, con le braccia incrociate sul petto.
Il loro rapporto non era perfetto, probabilmente non lo era neanche mai stato.
Ora che li guardavo meglio, uscendo un attimo dal loro involucro, potevo vedere molto nitidamente tutte le crepe, i graffi e i buchi di cui non mi ero mai reso conto. Un cieco, mi ero comportato da tale.
«Lo so, me la fai presente ogni giorno la tua scelta, non sono sordo» la voce roca di Hazza era spenta, di nuovo a livelli normali.
«E allora perché tutta questa sceneggiata? Dovevi sfogarti? Ti è forse capitato qualcosa di brutto al lavoro e hai voluto manifestare il tuo disappunto in questo modo?»
No, non era quello. Louis non capiva, non vedeva. Nella boscaglia fitta che erano gli occhi di Harry non vedeva il vento forte che si abbatteva sulle cime degli alberi e che li scrollava come miseri steli d'erba. Se solo fosse stato solo, allora la pioggia si sarebbe messa ad inondare quella foresta movimentata, lasciandosi andare completamente, distruggendola ed annientandola.
Da quanto andava avanti quell'amore? Perché non me ne ero reso conto? Zayn lo aveva fatto? Lo sapeva?
«Perché tu non hai deciso di lasciarti andare agli eventi? Perché hai avuto paura del futuro?»
Mi salii la nausea. Anche io sarei finito come loro? Con Niall troppo lontano anche solo per pensarlo?
«Non è vero, io ho scelto lei, ho scelto un futuro diverso.»
Il più piccolo annuì. Le sue labbra si distesero lentamente, come a rallentatore, gli angoli si sollevarono e le fossette presero forma sulle sue guance ancora rosse di rabbia. Quello non era un sorriso, non era niente. Quella era una smorfia di dolore, mascherata da sorriso. «Vorrei stare solo, se non vi dispiace.»
Senza fiato annuii. Era successo tutto così velocemente che quasi non riuscivo a capacitarmene.
«Ci sentiamo domani, magari» mi azzardai a balbettare, osservando con la coda dell'occhio i passi lenti e decisi di Louis portarlo lontano da me, da Harry.
Era questo che intendeva? Avrei perso tutto proprio come era appena successo a lui?
La porta sbatté, segno che tutto era appena finito davvero.
Il riccio sospirò, si portò le mani tra i capelli e si accucciò per terra, inerme.
Non mi avvicinai, non ce la feci. Aveva detto di voler restare da solo e l'avrei assecondato. L'indomani sarei andato ad accertarmi del suo stato.
«Ciao Hazza.»
Non avrei permesso che una simile cosa accadesse pure a me e a Niall, no.

**


Fissai le spalle ossute di Niall, cercando di non farmi prendere dalla solita strana sensazione che poi mi cacciava sempre nei guai. «Ti stai preparando?» chiesi, come se il suo corpo mezzo nudo posto davanti all'armadio a muro non fosse abbastanza chiaro.
«Già» rispose secco, afferrando una camicia bianca e un maglioncino rosso.
I piedi si mossero da soli, portandomi proprio alle sue spalle. «Non andare» la voce mi uscii talmente poco sicura da risultare quasi un sussurro.
«Liam non cominciare, non sono un capriccio, okay?» lo disse senza nemmeno voltarsi, troppo concentrato com'era a cercare qualcosa di decente da indossare. «Non voglio che la gelosia ti spinga a cercarmi, voglio che l'amore ti spinga a non perdermi.»
Aveva ragione, maledettamente ragione. Non potevo svegliarmi solo quando se ne stava andando, eppure meglio tardi che mai, no? No, ero un coglione e basta.
Eppure non potevo lasciar perdere, la scena a cui avevo assistito quella mattina non mi lasciava stare, vorticandomi nella mente ogni sacro santo minuto, ricordandomi che se solo avessi mollato la presa allora sì che sarebbe stato tutto perso.
Ma come avrei potuto fare? Non era giusto mettersi in mezzo in quel momento, l'unica cosa era ammettere i miei sentimenti e poi lasciare scegliere a Niall.
All'improvviso la speranza che i sentimenti dell'irlandese non si fossero affievoliti nonostante i miei continui sbagli prese possesso di ogni fibra del mio corpo.
Un respiro più profondo degli altri mi strappò ai pensieri e tornai al presente, dinanzi alla sua schiena tirata dall'ansia.
«Metti il maglione rosso, il rosso ti dona.» Il rosso risaltava la sua pelle diafana ed il colore straordinario dei suoi occhi.
«Sai cosa mi fa incazzare?» ruotò col corpo, sbattendomi in faccia tutta la sua rabbia. «Che non ci andrei davvero ora.»
Ultimamente erano tutti un pochino acidi e sulle spine, notai. «Se vuoi andare vai» risposi, non sapendo come cavarmi fuori da quella situazione.
«Certo che ci vado, se lo voglio!» scrollò il capo afflitto. «Il punto è che non voglio, preferirei ventimila volte di più stare qui a casa a contare i nei sul tuo corpo.»
Una molla scattò dentro, rimbalzandomi ovunque, colpendo stomaco, cuore e polmoni che si misero a tremare come impazziti. «Contali», di nuovo, parlai a sproposito. «No, cioè, se vuoi stare a casa rimani. Non intendevo, sì, cioè» mi fermai, stavo solo affondando sempre di più, meglio stare zitti.
Un suo sopracciglio chiaro si curvò, insieme agli angoli delle sue labbra rosee. «Gli dirò che ho avuto un imprevisto.»
Prese il cellulare dai jeans che fortunatamente indossava ancora e prese a trafficare coi piccoli tasti.
Mi fece riflettere molto, il modo in cui aveva rinunciato a quel ragazzo solo per me, io che gli avevo dato solo problemi e preoccupazioni fino a quel momento. Dovevo piacergli davvero molto.
«Non voglio che rinunci, se ti andava di uscire, insomma non voglio tu ti perda questa cosa per me» ripresi, ancora incerto. Non era mia intenzione sottrargli delle occasioni.
Scrollò il capo e rimise via il telefono. «Sto qua perché mi va Liam e poi a me nemmeno piace Trystan.»
«Va bene.»
«Ora però ti conviene trovare qualcosa da fare, altrimenti penso che ti ucciderò» scherzò, infilandosi una maglietta a caso per non rimanere a petto nudo.
«Che ne dici di metterci a cucinare? E' quasi ora di cena.»
Annuendo mi prese per un polso e mi trascinò fuori dalla sua camera. Aveva fame. «Facciamo le cotolette?»
«Hai voglia di cucina italiana?» domandai, una volta in cucina.
Mi lasciò andare e prese la carne dal frigo, insieme alle uova. «Già.»
Io sistemai il tavolo e presi il resto degli ingredienti, tra cui il pan grattato. «Io ho voglia di torta a dirla tutta, al cioccolato.»
«La faccio io, tu fai le cotolette» suggerì, sorridendomi dall'altro lato del ripiano della cucina.
«Ma se non sai cucinare!»
Si strinse nelle spalle. «Mia mamma la fa spesso, qualche volte stavo anche a guardarla.»
«Ciò non vuol dire tu sappia farla.»
«Me ne frego e te la faccio.»
Gliela diedi vinta. «Fa' come vuoi.»
Sembrò soddisfatto perché sorrise tutto contento. Sarebbe uscita fuori una cosa strana, dal gusto per niente paragonabile a quello di una torta al cioccolato, ma l'avrei mangiata comunque, tanto per dargli soddisfazione. Mi sarei sacrificato solo per vederlo sorridere felice.

**

 

«Fra un'ora e mezza circa dovrebbe essere pronta» si chinò per impostare il timer sul forno elettrico e poi si rialzò, voltandosi verso di me. Mi regalò un sorriso tutto denti. «A che punto sei lì?»
«Devo solo metterle sul fuoco, ma direi di aspettare, altrimenti per il dessert ci toccherà attendere troppo.»
Annuì e si staccò dal ripiano della cucina per venirmi accanto. Osservò con occhio critico il mio lavoro e poi, quando gli sembrò tutto a posto, posò lo sguardo su di me. «Intanto cosa facciamo?»
Ci pensai su, mi guardai intorno, tuttavia non mi venne alcuna idea. «Non lo so.» Ora mi avrebbe ucciso?
«Non hai proprio fantasia, sai?» prima di potermene anche solo rendere conto mi ritrovai il volto coperto da farina bianca e zucchero, miscugli usati poco prima dall'irlandese per il preparato della torta. Sgranai gli occhi e li soffermai sulla sua mano. «Dimmi che non hai veramente osato lanciarmi quella roba!»
Cacciò fuori la lingua e prendendo un'altra manciata della roba che stava sul tavolo me la lanciò, questa volta mi finì tra i capelli. «Non sono io, sono le mie mani!»
Ridendo ci buttammo alla cieca e afferrando la polvere biancastra ce la lanciammo, finendo per sembrare dei fantasmi.
Continuammo a giocare finché non esaurimmo la farina e lo zucchero da gettarci addosso.
«Sei bellissimo» ironizzò, sfiorandomi con l'indice una guancia. Il dito appena usato per ripulirmi se lo portò alle labbra. «Anche piuttosto dolce. Ti potrei anche mangiare» dichiarò sornione, leccandosi la falange.
Il cuore risalì fino ad arrivarmi in gola. Non mi ero reso conto di quanto ci fossimo avvicinati per poterci sporcare a vicenda, eravamo sì e no a qualche centimetro di distanza l'uno dall'altro. «Con tutto lo zucchero che mi hai lanciato, ti farò venire le carie.»
«Rischierò» sospirò, allungandosi oltremisura verso il mio volto. Sentivo il suo alito fresco soffiare sulle mie labbra socchiuse e mandarmi scariche di adrenalina per tutto il corpo.
L'immagine di quella volta, la nostra prima volta insieme mi inondarono la mente, come un mare implacabile. La schiuma sbatteva contro le pareti del mio cervello, solleticandomi.
Decisi di mandare tutto all'aria in un istante, non appena l'ennesima onda si infranse contro il cervello, sbattendomi addosso la realtà dei fatti.
Spensi quei miseri centimetri di distanza mandando tutto a fuoco, impossessandomi della sua bocca senza riserve. Indugiai sulle sue labbra, mordicchiando e leccando. Le sue braccia nivee si allacciarono al mio collo e le mie mani andarono ad attaccarsi alla sua vita asciutta. Lo spinsi indietro, facendolo cozzare contro il tavolo, lui ci si sedette su e divaricò le gambe quel tanto che bastava per farmici incastrare nel mezzo. Non appena le sue labbra mi diedero il permesso insinuai la lingua nel suo antro caldo, la feci passare sui denti e poi arrivata la sua le facemmo roteare assieme, come in una danza tribale, sfrenata. Avevamo entrambi voglia, voglia di tutto e poi del niente.
Con le dita tracciai i lineamenti dolci del suo volto, mentre le sue si infilarono tra i miei capelli impiastricciati.
Sentivo caldo ovunque, no, non era un caldo come quello che provi d'estate sotto il sole con la sabbia incollata ai piedi bagnati di mare, era un calore. Il calore di due corpi che desiderosi si sono cercati e finalmente trovati, che si sono persi e che dopo tempo si ritrovano e non possono fare a meno di toccarsi.
Perché a pensarci bene l'amore è proprio un calore che ti assale, che ti impone di bramarne altro sempre più bollente e nascosto. L'amore è semplice sfiorarsi, toccarsi, respirare nella bocca dell'altro, sulla pelle coperta di brividi del tuo compagno. E' un sentirsi. Con tutto.
Portò le gambe attorno alle mie, circondandomi completamente, sospirando forte quando i nostri bacini -inevitabilmente- si scontrarono.
Niall era bello, perfino coperto di farina senza inibizioni sul tavolo della mia cucina. Ogni cosa di lui mi gridava di non perderlo, di afferrare la vita e viverla al suo fianco, anche se per poco.
L'amore non è per forza una quercia centenaria sopravvissuta a perturbazioni e terremoti, l'amore è anche semplice, come una bolla di sapone che bagnata dai raggi solari prende colori splendenti. L'amore può durare anni, come può semplicemente durare mesi o anche giorni, l'importante non è quanto, ma come. Puoi amare fino allo stremo anche solo per secondi, innamorandoti del sorriso di una commessa al supermercato o degli occhi di un signore seduto da solo su una panchina. L'importante non è quanto.
Mi staccai dalle sue labbra lo stesso necessario per parlare. «Scusa, scusa se me ne sono accorto così tardi» ad ogni sillaba le nostre bocche si sfioravano, incendiandomi.
Ciò che mi opprimeva era sapere se Louis avrebbe mai chiesto scusa ad Harry, se per loro si sarebbe sistemato tutto o semplicemente avrebbero lasciato sfuggire quel loro amore. Perché sì, loro si amavano tanto, entrambi allo stesso modo. Semplicemente Lou aveva preso la scelta sbagliata, era da tempo che riflettendo mi ero accorto di pensare che Eleanor non fosse adatta per lui e ora ne comprendevo le ragioni. Il futuro, il destino di Louis era Harry e nessun altro. Ma lo avrebbe compreso?
Anche per loro sarebbero bastate delle semplici scuse sussurrate a fior di labbra?
«Sarebbe la tua risposta?»
Annuii e posai la fronte contro la sua, serrando le palpebre. «Sì, è troppo forte tutto questo per permettermi di buttarlo via.»
«Facciamo l'amore?» il modo ingenuo con cui me lo chiese era paradossale.
Non riuscendo a sopprimere il sorriso che affiorò sul mio volto assentì. 
«Sì.» 


 


**Anticipazioni**

 

«E' da un po' che non vedo Harry e Louis, sarà successo qualcosa?» perfino Niall si era reso conto del cambiamento che era avvenuto da quel giorno.
Mi strinsi nelle spalle. «Hanno litigato.»
«Louis non vuole ammetterlo.»
Sgranai gli occhi sorpreso. Niall sapeva? «Cosa?»
«Che ama Harry, molte volte le persone sono così stupide da perdere le opportunità più grandi di una vita.»


 

                                                                                                                   

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Capitolo 16
*** 15. Don't leave me ***






15. Don't leave me



Non sbagli amandomi,

ma nell'amarmi come se non fossi l'unico.

 

 

Ciao! Scusate il ritardo, ma sono sempre più impegnata :c
Riguardo allo scorso capitolo non ho molto da dire, se non che sono contenta di avervi colpiti con la Larry. Proprio per questo ho deciso di concentrarmi un po' di più sulla loro storia. Naturalmente non trascurerò la Niam, ma voglio lasciare un po' di spazio all'amore “platonico” di Harry, quindi non stupitevi se in questo capitolo emergeranno praticamente solo loro due :)
Scusate come sempre eventuali errori! Un grazie a chi mi recensisce, a chi ha inserito la ff tra preferiti, seguiti e ricordati!
Un bacione^^ A presto!


 



{Vi presento il bannerino di questa storia, creato ed ideato ancora una volta da
brandy amber;
è una gioia di ragazza e scrive Ziam, oltre che qualche Larry.
Fatele visitah.}




                                                                               


                                                                                    


 


 

Sdraiati sul letto, con due fette giganti di torta al cioccolato in mano, io e Niall ci guardavamo assenti, avvolti da un'intensa sensazione d'amore e piacere che ancora, a venti minuti dall'amplesso, non si era decisa a lasciarci.
«E' buona vero?» chiese, con la bocca impastata dal cioccolato.
«Stranamente.»
Quando il timer del forno era suonato, avevamo appena finito di fare l'amore, così, uscendo dalle lenzuola l'irlandese si era catapultato in cucina, aveva tagliato due spicchi belli grossi e poi era tornato in camera, affamato dopo tutto quel gran movimento.
«Diffidente di un Liam!» borbottò, affondando le labbra che poco prima erano appartenute solo a me nel morbido impasto della torta.
«Non è colpa mia se l'ultima volta che hai provato a preparare qualcosa che non fosse semplice caffè per poco non mandavi a fuoco la cucina!»
Sbuffò e, sbattendo le ciglia amabilmente, mi si avvicinò. Posò la tempia contro la mia spalla destra e ci si strusciò su. «Dai, dillo che sono stato bravo.»
«Sei stato bravo, piccolo Nialler» ammisi, sorridendo inevitabilmente dal suo modo di fare bambinesco.
Lui sembrò felice, perché ridacchiò entusiasta, e inarcando il capo mi baciò una clavicola. «Ti amo» soffiò sulla pelle, facendomi venire la pelle d'oca.
Non avevo dubbi, lui mi amava. Me lo aveva dimostrato poco prima, ansimando sotto il mio corpo, gemendo ogni qual volta mi spingevo in lui, inarcandosi per afferrare sempre più, me lo aveva dimostrato aspettandomi, reggendo ogni mia insicurezza come se non pesasse nulla, facendosi forza per entrambi. Niall mi amava, di questo potevo esserne certo, ma io? Io lo amavo o era troppo presto per poter pensare ad un simile sentimento?
Sì, io lo amavo nel mio modo sconclusionato ed incerto di perdermi nel sentimento, nel mio modo assurdo e paranoico di avere paura di tutto. Mi ero innamorato di lui pian piano, scoprendo poco a poco la meravigliosa persona nascosta sotto quei capelli straordinariamente biondi, la pelle diafana e quegli eccezionali occhi color oceano. Lo amavo nel miglior modo di cui fossi capace e non potevo proprio farci niente, perché una volta che sei innamorato non puoi più tornare indietro, ma solo andare avanti, magari inciampando, magari ruzzolando a terra come un bambino che muove i primi passi o magari, correndo veloce come un puma. Tutto ciò che ti rimane una volta che ti sei perso in quel grosso groviglio di sentimenti, emozioni e piaceri è lasciarti andare agli eventi, dando il meglio di te stesso e cercando il meglio nell'altro. Quando ami, tutto ciò che puoi fare è amare.
«Anche io» era la prima volta quella e mi sentii pervadere da un senso di smarrimento tale che nemmeno mi resi conto delle labbra di Niall premute contro le mie.
Lo avevo finalmente ammesso e niente, non era accaduto niente di spiacevole, doloroso o imbarazzante.
Con le braccia strinsi a me Niall, premendomelo addosso come quando poco tempo prima avevamo fatto l'amore, cercando di imprimere la sua forma sulla mia, modellandoci come argilla.
«Ti amo tanto» ripetei, più a me stesso che a lui.
L'amore è eccezionale, quando pensi di non poter amare ti ritrovi con il cuore galoppante di gioia, quando lo cerchi non lo trovi e quando pensi di non poter amare più di così in un qualche insolito modo tutto ciò che provi si triplica, divenendo quasi inarrestabile. L'amore è eccezionale, non si può descrivere, perché può essere il tutto ed il niente. Il tutto come l'amore che io nutro per Niall, il niente come l'amore che Harry serbava per Louis.
«A cosa pensi?» mi ridestò dai pensieri la sua voce pacata.
«Ad Harry e Louis.»
«E' da un po' che non li vedo, sarà successo qualcosa?» perfino Niall si era reso conto del cambiamento che era avvenuto da quel giorno.
Mi strinsi nelle spalle. «Hanno litigato.»
«Louis non vuole ammetterlo.»
Sgranai gli occhi sorpreso. Niall sapeva? «Cosa?»
«Che ama Harry, molte volte le persone sono così stupide da perdere le opportunità più grandi di una vita.»
Posai le labbra sulla sua fronte in un bacio silenzioso. «Come credi finirà?»
«Spero bene.»
«Anche io.»
L'amore è spettacolare, uno dei più grandi misteri della vita, uno dei più grandi regali, ma se non lo accettiamo, se ci lasciamo prendere da altro e lo trascuriamo, se lo feriamo allora non tornerà mai più.
Bisogna cogliere al volo l'occasione, lanciarsi sul treno senza riflettere. L'amore non aspetta.


 

**



Pov.Harry
 

 

«Abbiamo detto niente legami chiaro? Amici come prima.»
I capelli lisci di Louis si mossero avanti e indietro assieme alla sua testa. «Harry tranquillo, è solo una cosa tra amici, niente di più, niente di meno. Ho capito.»
«Sarà il nostro ennesimo segreto, che dici?»
«Okay.»
«Perché lo stiamo facendo?» Man mano andavamo avanti tutta la mia sicurezza stava abbandonando il mio corpo giovane, di ragazzino. Quella volta, la nostra prima volta avevo solo diciassette anni, ero inesperto, immaturo. Uno stolto.
«Perché ci va, l'hai detto tu» fu la sua risposta secca.
Annuì e poi le sue braccia mi arpionarono i fianchi, trascinandomi tra le sue. Le nostre labbra si unirono, le nostre lingue si cercarono.
Avevo mentito, non era una cosa tra amici, non era vero che non era niente.
Lou, il mio migliore amico, divenne il mio primo vero amore.


 

«Non è vero, io ho scelto lei, ho scelto un futuro diverso» ripassai un'altra volta quelle parole come se si trattasse di un copione da dover imparare.
In effetti io non ero mai stato un'opzione, non ero mai stato l'altra strada, l'altra scelta. Non ero mai stato un futuro diverso.
Io ero il migliore amico disponibile, quello che se c'era tempo per una sveltina allora andava bene, quello che diceva che andava tutto bene, che non sarebbe stato possibile legarsi ancora di più. Niente amore, solo sesso.


 

«Harry, sai l'amica di Noel?»
Mi voltai per poterlo guardare. Avevamo appena finito di fare sesso, eravamo ancora nudi, avvolti dalle lenzuola bianche, candide come non era mai stata la nostra amicizia. «Sì, Eleanor.»
«Pensavo che è proprio una bella ragazza.»
In quel momento non capii. «E' vero, è molto bella.»
«Che ne dici di farmici uscire?»
Se avessi saputo che poi a causa sua io sarei divenuto ancor meno importante avrei risposto che era già fidanzata, ma ero stolto anche all'epoca, a vent'anni. «Okay.»

 


Con le dita tremanti mi sistemai il ciuffo che continuava ad incollarmisi agli occhi bagnati di pianto. Non ce l'avevo fatta, quando se ne erano andati lui e Liam, lasciandomi solo come avevo giustamente chiesto, ero crollato sbattendo giù gli argini e le difese che mi ero costruito con tanto impegno.
Ero scoppiato all'improvviso, come un palloncino che troppo pieno d'aria non resiste ed immancabilmente scoppia, buttando fuori tutto. Ed ero caduto a terra, vuoto e spaccato, lasciato lì perché ormai rotto.
Mi odiavo perché ci ero cascato, mi ero innamorato. E odiavo lui perché mi aveva lasciato da solo a lottare contro un sentimento troppo grande.


«Ci siamo messi assieme, sai?» era felice, dannatamente felice. Nemmeno quando masticava il suo panino la smetteva di sorridere.
«Sono contento per te.»

«Si può sapere che hai? E' da due settimane che ti comporti così!» sputò irato lanciando per terra il pacchetto di Haribo che stavo finendo. Gli orsetti colorati si sparsero qua e là sul pavimento e all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, l'idea che tutto stava realmente finendo mi colpì, mandandomi in frantumi.
«Cosa sono io ora?» chiesi, sapendo di stare scavandomi la fossa da solo.
Inarcò un sopracciglio, confuso. «Quello che sei sempre stato, un amico!»
«Mi hai mai amato?»
Sul suo bel volto si dipinsero talmente tante emozioni che non riuscii ad afferrarne nessuna. «Harry, io credevo non ci fosse niente di serio tra noi. Continuavi a ripeterlo tu stesso: “solo sesso, niente amore”. Io credevo non te ne fregasse niente!»
Ci rimasi malissimo. Non avevo mai pensato che Louis potesse credere alle mie parole. «Se ti avessi detto fin da subito che ti amavo le cose sarebbero andate diversamente?»
«Non lo so, probabilmente sì.»
«Dimmi che mi ami.»
Scrollò il capo afflitto. «Non posso.»
«Perché?»
«Perché io ormai ho scelto lei.»



Una notte, molto prima che si mettesse con Eleanor, dopo esserci addormentati nello stesso letto consumato dal sesso Louis sussurrò “ti amo Harry”, ma non glielo dissi mai. Non aveva alcuna importanza, non ne avrebbe mai avuta.
Avevo voluto giocare col fuoco e ne ero giustamente rimasto scottato.


«Sono contento che alla fine ti sia passata.»
Distesi le labbra pigramente, in quel finto sorriso che riusciva ad illudere tutti. Tutti tranne Zayn, naturalmente. «Anche io.»
«Che ne dici se usciamo tutti insieme?»
«Intendi anche con El?»
Annuì, incrociando le braccia al petto.
«Quando?»
«Domani sera.»
Feci finta di pensarci e rimanerci male. «Non posso, domani sera ho un appuntamento con Caroline, mi dispiace.»
«Sicuro di non poter rimandare?»
«Sì», perché tutto ciò che desideravo era stare lontano da lui e dal suo amore perfetto. Se anche l'uscita fosse stata la settimana dopo, io avrei avuto un altro appuntamento immaginario, con chissà chi e chissà perché.
«Sarà per un'altra volta.»
«Certo.»


 

Amare e non essere ricambiati è straziante, un qualcosa di indescrivibile, tanto quanto l'amore stesso.
Rincorrere la persona sbagliata, sognare di vivere al suo fianco, immaginare di poter stringergli la mano in pubblico è un gesto masochista, che purtroppo viene spontaneo. Amare incondizionatamente è la cosa più normale del mondo, così come è comprensibile non essere ricambiati.
Tutto sta nel voltare pagina, nell'accantonare un sentimento sbagliato e lasciarsi prendere da altro.
Non si può vivere nella speranza del cambiamento, il cambiamento deve arrivare da noi stessi.
Purtroppo io non ne ero in grado, avevo imparato così bene a corrergli dietro da non saper fare altro. Da non voler fare altro.



 

«Ti sto chiamando da ore, cazzo!»
«Cosa è successo?»
«Liam ha preso a pugni Niall» mi rispose abbassando di due toni la voce già di per sé alta.
«E perché?»

«Credo che a Liam piaccia Niall.»
«E lo picchia?» scossi il capo, ridacchiando. «Devo dire che glielo sta dimostrando proprio nel modo giusto.»
«E' confuso, non è semplice accettare di essere attratto da un uomo.»
In qualche modo mi sentii preso direttamente in causa. «Immagino di sì, comunque come è successo?»
«Danielle ha baciato Niall e Liam si è arrabbiato molto. Ma non dire nulla a Liam di questa storia, lui sa le cose un po' diversamente.»
«Capisco, sì stai tranquillo.»
Ci fu un attimo di pausa dove il suo respiro profondo si impossessò del silenzio. «E' stato difficile per te?»
«Sì», lo è stato molto. Ma lo è ancor più far finta di non essere più innamorato perso e vederti baciarla davanti ai miei occhi.
«Mi dispiace se ho scelto lei.»
«Lo so.»



Ad interrompere l'ennesimo ricordo fu il rumore sordo della porta sbattuta contro la parete.
Alzai il capo e mi guardai attorno. Nel mio campo visivo apparve Louis, con i pugni serrati e i capelli sconvolti, come se avesse appena finito di torturarli.
«Perché te ne stai lì accucciato? Idiota.»
Giusto, nemmeno mi ero reso conto di essere rimasto tutto il tempo per terra. «E tu perché sei ritornato? Cretino.»
Sbuffò e mi si avvicinò. Si sedette accanto a me, con la schiena poggiata alla parete. «Perché sono tuo amico.»
Siccome non riuscii a trovare una risposta sensata da dargli rimasi in silenzio, cullandomi col suo profumo familiare.
«Non volevo dirti quelle cose, mi dispiace Harry.»
«Lo so.»
«Io però ho davvero scelto lei, lo so che sono stato uno stronzo, che ti ho usato talmente tante volte da dovermi sentire uno schifo ora, ma non posso tornare indietro. Se potessi lo farei, ma non posso. Dimenticami, Harry trova qualcuno capace di amarti come meriti.»
«Louis tutto ciò che voglio sei tu» il mio tono tremante, la mia voce disperata avrebbe piegato le ginocchia a chiunque, ma non a lui.
«Ma io ormai ho lei.»
Alzai la testa per cacciare indietro le lacrime. «Mi hai mai amato? Rispondimi sinceramente, ti prego.»
«Sì.»
«Ma quella giusta è lei.»
Annuì. «Mi dispiace.»
«Non è colpa tua.»
«Vieni qui, stupido piagnucolone» cingendomi le spalle con un braccio mi spinse contro di lui, in un abbraccio fraterno.
Non c'era più ombra di amore, sensualità o desiderio nei suoi tocchi. Per Louis ero tornato ad essere il semplice amico di sempre, da dover difendere e coccolare. Non poteva più amarmi, non poteva più tante cose. E nemmeno io.
«Ti manco qualche volta?»
Penetrandomi con le sue iridi color cielo mi sorrise. «Ogni giorno.»
«Ti avrei amato come meritavi Louis e tu avresti fatto lo stesso, lo so.»
«Forse.»
«Mi dispiace.» Mi dispiaceva di tutto, di ogni cosa. Di aver mentito a me stesso per così tanto tempo, di aver mentito a lui, di non essere stato capace di amarlo, di essermelo fatto scappare come se non valesse niente. Mi dispiaceva perfino di amarlo così tanto.
«Ti amo Lou e mi dispiace.»
Infossai il volto nella sua spalla e lui mi strinse forte. «Lo so Harry, lo so.»


 


 

**Anticipazioni**

 

«Harry non avevo capito niente, siete stati bravi a nascondere tutto.»
I suoi occhi si chiusero un istante, come stanchi, per poi riaprirsi rapidamente e splendere come smeraldi. «E' che sei tu ad essere tonto.»
Niall al mio fianco rise di gusto. 





                                                                                                        

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Capitolo 17
*** 16. Replay ***






16.Replay



Hai rotto lo stereo e ora non fa altro
che ripetere le stesse cose.
Gli stessi errori.


                                                                               
 

 

Ciao a tutte!
Un mese? Cazzo sì, vi ho fatto attendere un mese, scusate. Prometto di non farvi più sclerare così tanto, davvero.
Ho una notizia lollosa: ho scelto il finale della storia MUAHAHAHAHA
So che questo capitolo fa un po' schifo, ma è decisivo e serve per fare prendere la piega giusta alla storia ><
Scusate eventuali errori.
Un grazie a chi mi recensisce, a chi ha inserito la ff tra preferiti, seguiti e ricordati!
Un bacione^^




                                                                                  


 




Mi sedetti sulla sedia perché non ce la facevo più a gironzolare per casa come un'anima in pena.
«Tu quando l'hai capito?» spostai il telefono da un orecchio all'altro, il destro era tutto sudato. Diedi una rapida occhiata all'orologio della cucina, era ormai mezz'ora che stavo al telefono con Zayn.
«Due anni fa, più o meno.»
«Come hai fatto?»
«Semplice, li ho trovati a letto insieme» ridacchiò, forse ricordando il momento.
«E perché non me l'hai mai detto?»
«Non mi sembrava il caso, erano affari loro.»
«Non è giusto, voi sapete tutto di me.»
«Perché non sai tenerti niente per te, hai la bocca fin troppo grande.»
«Vaffanculo.»
Sospirò. «Cosa hai intenzione di fare allora?»
«Non lo so, tu che dici?»
«Vai a parlare con entrambi, non possono continuare così. Non hanno le palle, ma l'amore sì e non va bene.»
«Oggi pomeriggio passo da entrambi, tanto non ho nulla da fare.»
«Tu e l'irlandese non ci date dentro come pensavo quindi» non potei fare a meno che cogliere una punta di accidia nella sua voce.
«Oh, ma stai zitto» una mosca mi si posò sul braccio e la scansai con un movimento veloce. Quel giorno faceva assurdamente caldo, perfino le mosche non ce la facevano più. «E tu con quella ragazza?»
Rimase in silenzio. Udii solo il suono del suo respiro tranquillo. Mi mancava sentirlo davvero, guardarlo negli occhi profondi e sfiorare la sua pelle ambrata. «Non è il mio tipo, è finita male.»
«Sei sempre il solito, le tue relazioni non durano mai più di una settimana.»
«Cosa ci posso fare se non ho ancora trovato la persona giusta?»
Un sorriso spontaneo mi si disegnò sulle labbra. «La verità è che ti piace piacere e quindi non ti fai scrupoli e le provi tutte.»
«Sì, è vero.»
«A volte mi chiedo se ti sei mai innamorato.»
Sbuffò spazientito. «Sì, una volta.»
«Quando?»
«Non so esattamente quando, ma credo di essermi innamorato, sì.»
«La conosco?»
Altro silenzio, questa volta più pesante. «Fatti gli affari tuoi.»
«Oddio! La conosco, non è così? Dai dimmi chi è!»
«No, smettila o ti metto giù.»
«Va bene, va bene, rimarrà un segreto l'identità di questa ragazza.»
«Ecco, bravo.»
«Dimmi solo com'è finita, per favore.»
«Non è nemmeno mai iniziata ad essere sinceri, non ricambia ed è impegnata.»
«Deve essere proprio scema allora.»
Rise, una risata amara. «Sì, lo è. E' proprio una rimbambita.»
Feci per ribattere che modi erano quelli, quando Niall apparve sulla porta della cucina tutto sorridente e allegro.
«Zayn scusa ma devo andare, vado a trovare quei due cretini. Ci sentiamo più tardi, va bene?»
«Più tardi no, devo studiare. Ti chiamo domani, magari. Salutami la tua stellina e i due babbei.»
«Sì, certo. Allora a domani cretino!»
Schiacciai il pulsante rosso e mi voltai verso il biondo. «Andiamo?» chiese, stringendo le chiavi dell'auto tra le dita.
«Vuoi guidare tu?»
Annuì entusiasta. «Sì!»


**


 

«Harry non avevo capito niente, siete stati bravi a nascondere tutto.»
I suoi occhi si chiusero un istante, come stanchi, per poi riaprirsi rapidamente e splendere come smeraldi. «E' che sei tu ad essere tonto.»
Niall al mio fianco rise di gusto. «Perché tu genio dei geni lo hai capito da subito?»
Il biondo annuì un paio di volte, facendo spallucce. «Non ti è mai sembrato strano il loro modo di guardarsi?»
«No, si guardavano in quel modo da che ho memoria. Non mi sembrava per niente strano, anzi.»
Calò un silenzio molto imbarazzante, nel quale tutti facemmo finta di concentrarci su qualcos'altro, come l'albero mezzo piegato o la nuvola a forma di macchina al centro del cielo.
Senza rendercene conto io e Niall avevamo sottolineato quanto fosse sempre stato vero e profondo l'amore di Harry e Louis. Insomma, perché solo un amore vero può sbocciare in un istante, a prima vista e rimanere tale dopo così tanti anni, no?
Ancora una volta l'idea che non fosse per niente giusto che finisse -no, che non avesse nemmeno un inizio- una storia simile mi fece montare la rabbia.
Strinsi le labbra e mi voltai verso Harry che inginocchiato sull'erba del suo grande giardino stava raccogliendo un fiorellino color giallo acceso. «Perché non ci riprovi? Non puoi arrenderti così, cazzo.»
Entrambi si voltarono verso di me con gli occhi sgranati, sorpresi dalla mia audacia. «Un discorso simile me lo sarei aspettato da Zayn, non da te» scherzò il più piccolo, porgendo il fiore a Niall che tutto contento lo prese e lo annusò come una fanciulla innamorata.
«Non deviare il discorso, farai qualcosa sì o no?»
Il sorriso che ancora non aveva abbandonato le sue labbra rosse sfumò, lasciando una smorfia triste e contrariata. «Certo che no.»
«Perché?»
«Penso sia già abbastanza difficile vedermi ogni giorno sapendo di avermi spezzato il cuore, perché ricordarglielo? Non voglio farlo soffrire col mio dolore, si merita altro. Se lei lo rende felice mi va bene così.»
E nella sua voce, nel suo stringersi le dita in un pugno, nel guardare gli steli d'erba come se non ci fosse null'altro compresi che era inutile insistere, perché lui la sua scelta l'aveva fatta, così come Louis aveva fatto la sua. Sarebbero rimasti amici, due amici innamorati l'uno dell'altro, ma con troppo poco coraggio per affrontare la cosa e decidere di condividere quel grande sentimento. Due codardi, un po' come tutti gli innamorati.
«Stai sbagliando» l'irlandese attaccò e, a causa del tono freddo, l'accento che solitamente suonava tenero fece sembrare la frase ancora più sprezzante di quanto realmente voleva esserlo.
Harry si voltò a guardarlo ed i suoi occhi chiari lo sfiorarono come uno schiaffo gentile. «E pensi che non lo sappia?»
«Mi fate solo arrabbiare» continuò il biondo, inacidito. «Dovreste combattere per il vostro amore, non arrendervi. Siete due deficienti.»
«Sono tutte cose risapute, ma non cambia niente. La realtà dei fatti è questa, è troppo tardi e non siamo pronti.»
«Harry vorrei poterti dire che ti capisco, ma mentirei. Non ti capisco e non ci riuscirò mai, perché a parer mio la vita è troppo breve per potersi permettere simili errori.»

Era assurdo quanto fossero vere le parole di Niall, eppure niente nel viso di Harry fece intendere che ci avrebbe riflettuto, che avrebbe lottato. Il suo sguardo mi ricordava talmente tanto quello di un uomo destinato a soccombere ad un destino tragico che non ci pensai su due volte ad alzarmi e andarmene spazientito.
Udii solo il rumore dei passi veloci di Niall avvicinarsi e il pianto disperato di Harry, poi tutto divenne il niente.

 

**


Mentre Niall cercava invano un modo per far ragionare Louis io non facevo altro che contare i battiti inferociti del mio cuore. Centoventi, centotrenta, centosessanta. In quanto? Poco, troppo poco.
Mi sarebbe scoppiato il cuore probabilmente, ma anche in quel modo niente sarebbe cambiato. I miei amici stavano perdendo l'amore della loro vita e io non potevo far altro che osservarli.
«Non mi va di parlare di questa cosa, ho fatto la mia scelta ed Harry l'ha sempre saputa, non ho altro da dire.»
«Louis, cazzo!» gridai, sbattendo i palmi sul tavolo della sua cucina. Stavo ricevendo le stesse risposte di Harry da Lou e questa cosa non mi andava per niente a genio. Erano soltanto due cretini patentati.
«Cosa vuoi che ti dica, si può sapere?» ringhiò, alzando di due ottave la voce per niente mascolina. «Non lascerò El! Non cambierò tutto ciò che sono sempre stato per lui!»
«Cambiare cosa? Tu sei gay!» m
i sorprese come la cosa mi avesse infastidito, seppur ormai non avrebbe dovuto più importarmi di nulla.
«Oh, per piacere Liam, cazzate.»
«Aveva ragione Zayn, non avete le palle.»
«Parla proprio lui che non ha mai avuto le palle, che ama silenziosamente e sopporta di vedere chi ama con un altro! Per piacere!»
Il cuore prese a pompare ancora più rapidamente. Louis sapeva di Zayn? Perché solo io non sapevo mai nulla? Perché ero sempre l'ultima ruota del carro?
«Io sto cercando di aiutarvi, cazzo! State sbagliando e basta, non capisci?!»
Le sue labbra sottili si distesero in una linea dritta, andando a coprire i denti piccoli e bianchi. «Ascolta bene, questa è la mia vita e decido io, fattene una ragione.»
«Andatevene tutti a fanculo a questo punto, non so che altro fare.»
E di nuovo, come in un replay me ne andai, mollando tutto, senza aver sistemato niente.
Alle volte non si può fare niente, solo assistere alla disfatta degli altri. Alle volte si è impotenti, è questa la verità. Non possiamo tutto. A volte ci resta solo che fare da sfondo, da copertina ai retroscena più tragici ed infelici.



 

**Anticipazioni**


«Non fare il muso, dai!» mi rimbeccò Niall, scoccandomi un altro bacio sulla guancia.
Sbuffai e lo strinsi appena più forte, sfregando la fronte contro la sua spalla. «Mi hanno tenuto all'oscuro di tutto, valgo meno di zero per loro.»
«Non dire assurdità, sono solo confusi.»




                                                                                                                                       
 


 


 


 


 


 

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Capitolo 18
*** 17. Use somebody ***




17. Use somebody


 

Ci vuole più coraggio ad accettare l'amore,
che a lasciarlo andare.

 

 

Ciao a tutte!
Dai, non vi ho fatto attendere tanto dopo tutto u.ù No okay scusate! Ma non so come mai ultimamente questa storia mi sta facendo disperare, faccio una fatica enorme a scrivere i capitoli :'c
Mh, anyway ci avviciniamo alla fine, capperi ><
Scusate eventuali errori.
Un grazie a chi mi recensisce, a chi ha inserito la ff tra preferiti, seguiti e ricordati! Vi adoro, davvero. Senza di voi questa storia non sarebbe nemmeno arrivata fino qui :D
Un bacione xx
P.s. Sto scrivendo una raccolta di One shot Zarry, se vi interessa: Dammi tre parole.

 

Buona lettura


 



 

Fare l'amore con Niall era pazzesco, una sensazione talmente particolare e forte che avrei potuto ripetere l'amplesso per tutto la notte, se solo nella vita fossi nato ricco e non avessi avuto bisogno di un lavoro per mantenermi. Perché in fondo avevo anche bisogno di dormire, siccome addormentarmi con la pompa dell'acqua in mano durante un incendio non era una delle cose migliori del mondo.
Sorrisi a quei pensieri strambi che mi prendevano quasi sempre alle sei di mattina e mi voltai verso Niall, che rivolto verso la finestra dormiva ancora beatamente.
Allungai una mano e feci scivolare la punta delle dita sulla linea morbida delle spalle chiare, facendo spuntare sulla pelle nivea la pelle d'oca.
«Mmh» mugugnò soltanto.
Continuai a disegnare ghirigori scendendo verso le costole leggermente visibili e mi avvicinai anche col viso. Con le labbra saggiai la pelle profumata del collo, lambendola soltanto a tratti con la lingua.
«Liam!» trillò quando lo morsi, nell'incavo tra il collo e la spalla.
Ridacchiai e mi fermai allontanandomi un poco. «Non ti piace?»
«Certo che mi piace, ma abbiamo finito da solo tre ore, avrei anche bisogno di riposare, sai?» si voltò e i suoi occhi blu ancora mezzi assonnati mi scrutarono dolcemente.
In effetti nella stanza aleggiava ancora l'odore del sudore misto a quello del sesso. «Ma fra due ore devo andare al lavoro», protestai come un bambino, sporgendo il labbro inferiore.
Le sue labbra ancora rosse di baci, quelle che solo poco prima avevano avvolto la mia erezione mandandomi in paradiso, si distesero in un sorriso divertito. «Appunto, dovresti riposare.»
«Ho dormito tre ore.»
«E' poco.»
Scrollai il capo. «Mi bastano.»
«Perché non ci facciamo soltanto le coccole e parliamo un po'?» suggerì.
«Cos'è, ti ho sfinito?»
Una scintilla si accese nei due pozzi blu. «Diciamo che mi toccherà mangiare come un maiale per rimettermi in sesto.»
«Scemo.»
Rise, con quella risata convulsa che ormai avevo preso ad amare, stringendosi nelle spalle angelico. «Non è colpa mia.»
«Beh, di cosa vorresti parlare?» chiesi una volta che ci sistemammo meglio nel letto. Io seduto con la schiena contro la testiera in legno e lui in mezzo alle mie gambe, petto contro schiena.
«Dei tuoi amici», continuò subito «ultimamente non ci parli molto.»
«E' che non saprei cosa dire per aiutarli, non sentono ragioni.»
«Secondo me sei tu che ti fai troppi problemi» mugugnò con un filo di ironia nella voce, piegando la testa per poter posare un istante le labbra sulle mie.
«Guarda che sono serio» mi lamentai, «non mi ascoltano, perché dovrei perdere tempo con loro?»
«Anche io lo sono. E dovresti provarci comunque, senza arrenderti o escluderti.»
Sbuffai e rimasi in silenzio, offeso.
«Non fare il muso, dai!» mi rimbeccò Niall, scoccandomi un altro bacio sulla guancia.
Sbuffai e lo strinsi appena più forte, sfregando la fronte contro la sua spalla. «Mi hanno tenuto all'oscuro di tutto, valgo meno di zero per loro.»
«Non dire assurdità, sono solo confusi.»
«Ma cosa c'entra? Io sono il loro migliore amico e non so nulla di loro, non ha senso.»
Gli occhi grandi e blu di Niall sorrisero. «Sei solo ferito perché Zayn ne ha parlato con Louis e non con te.»
«Certo! Zayn è sempre stato il mio migliore amico, abbiamo sempre avuto un rapporto speciale, così come Hazza e Lou, non è giusto.»
«Perché non pensi che magari non ha potuto dirtelo? Insomma ci sono certe cose che non sono semplici da rivelare.»
Non riuscivo a capire, perché Zayn si sarebbe dovuto trovare in difficoltà a rivelarmi di chi era innamorato? Ero un buon amico, non l'avrei mai detto a nessuno, mica come Louis -bocca larga- Tomlinson.
«Niall tu mi hai sempre detto tutto?»
La sua testa assurdamente bionda assentì. «Non ho segreti.»
«Nemmeno io.»
«Sicuro?» alzò un sopracciglio, allusivo.
«Chiedimi pure quello che vuoi e sarò sincero, su.»
«Ho soltanto una domanda», cominciò. «Hai mai avuto una cotta per Zayn?»
La domanda mi mandò in tilt, un po' perché non ci avevo mai riflettuto e un po' perché mi sembrava strano pensare a me e Zayn insieme, in atteggiamenti tutt'altro che amichevoli. «Non saprei, gli voglio bene ma non ho mai pensato a lui in quel modo, credo.»
Poi mi vennero in mente tutte le allusioni di Louis e Hazza che ci propinavano ogni santo giorno e un po' della sicurezza vacillò. «Credo di aver avuto una cotta per lui, ma non seria» ci ripensai, più rivolto a me stesso che a Niall.
«Immaginavo» l'irlandese non era né turbato, né geloso, anzi.
«Perché questa domanda?»
«E se Zayn non ti avesse detto di chi è innamorato perché la persona in questione sei tu?» fece, con il naso arricciato e le sopracciglia corrugate forse da un pensiero troppo complicato.
«Ma per piacere! Impossibile!» eppure non ero convinto nemmeno io delle mie stesse parole. In qualche modo tutto stava prendendo a combaciare come tanti pezzetti di uno stesso puzzle che come calamite si attraggono e formano un disegno grande e intricato.
«Io ti ho solo detto cosa penso, poi sta a te. Non vi conosco entrambi per poter fare deduzioni certe, mi dispiace.»
«Niall e se fosse così come dovrei comportarmi con lui?» sentivo già il cuore battere sfrenato e la gola secca. Non poteva essere possibile, non potevo aver continuato a ferire così intensamente il mio migliore amico senza nemmeno rendermene conto. Insomma, sapevo di essere sempre stato tonto, ma fino a quel punto non mi sembrava ammissibile.
«Prima di saltare a conclusioni affrettate scopri se ho ragione, non complicare tutto per un pensiero tanto assurdo che potrebbe essere sbagliatissimo.»
Ma io la verità la conoscevo già, tutta stava tornando a galla pian piano. «Durante la pausa pranzo al lavoro magari faccio un salto da Harry.»
«Ecco, fa' così che è meglio.»
Annuì e abbracciai ancora più stretto Niall, cercando di alleviare almeno un po' di quel peso che era arrivato tutto d'un colpo schiacciandomi a terra. Lui mi restituì la stretta e prese a canticchiare dolcemente una canzone che parlava di coraggio e amore.


***


Come avevo anticipato a Niall, nella pausa pranzo andai a casa di Harry per cercare di sapere se davvero per tutto quel tempo non avevo fatto altro che ferire il mio migliore amico inconsapevolmente, oppure no. Con tutto me stesso speravo in una risposa negativa, in una risposta che mi facesse sentire meglio, che permettesse al mio cuore di smettere di sanguinare così tanto, ma in fondo la risposta era chiara e tonda e la conoscevo da tempo, probabilmente da sempre.
«Mi stai chiedendo se Zayn è innamorato di te?» mi fece il pappagallo Hazza, grattandosi la testa riccioluta.
Annuì e strinsi le labbra, ansioso. «Sì, e ti sarei grato se mi rispondessi sinceramente.»
«No», scrollò il capo. «Non ti dirò nulla, sono affari suoi.»
«Harry sono anche affari miei se la risposta è sì, quindi parla.»
Imperterrito mosse di nuovo la testa a destra e a sinistra per un paio di volte. «Se non te lo ha detto lui perché dovrei dirtelo io scusa?»
«Quindi è sì!»
Gli occhi immensi di Harry si spalancarono, poi si chiusero e con i denti si morse un labbro, forse maledicendosi mentalmente. «Io non ti ho detto nulla, ecco.»
Mi sentì scoppiare dentro, come un palloncino troppo pieno d'aria. Era assurdo, impensabile, se solo avessi potuto prendere le carte del destino stese sul tavolo di quella che era la mia vita le avrei stracciate e lanciate per aria cambiando tutto, ogni cosa. Perché proprio quella era l'ultima cosa che avrei voluto potesse essere vera. Zayn non meritava di essersi innamorato di uno come me, di uno che mai una sola volta aveva pensato a lui come qualcosa di diverso da un amico, di uno che l'aveva usato come psicologo e consigliere in amore infilando sempre più a fondo il coltello nella piaga. Zayn avrebbe dovuto innamorarsi di un ragazzo capace di ricambiarlo, così innamorato a sua volta da decidere di vivere una vita insieme senza mai lasciarsi. Di uno che non si chiamasse Liam e non fosse ormai perdutamente innamorato di un irlandese dalla risata rumorosa.
Strinsi i pugni sulle ginocchia sotto al tavolo e rivolsi lo sguardo al soffitto, cercando di non piangere.
Non riuscivo a fare a meno che pensare a quanto facesse schifo il destino, perché proprio di tutte le persone avesse deciso di fare innamorare di me Zayn. E non riuscivo a fare a meno che chiedermi se solo Niall non fosse arrivato allora cosa sarebbe accaduto, se mi sarei innamorato a mia volta di Zayn o avrei continuato a non vedere, camminando a tentoni con gli occhi chiusi sull'orlo del precipizio.
«Non hai nessuna colpa Liam, non prendertela con te stesso.»
«E come faccio? Mi sento uno stupido, l'ho usato e l'ho ferito senza nemmeno rendermene conto.»
«No, io e Louis ci siamo usati, abbiamo fatto in modo di consumarci fino all'anima e poi una volta senza più difese e voglia di vivere ci siamo abbandonati al destino, finendo troppo lontani anche solo per essere amici come prima» e nella voce di Harry era marchiato a fuoco il dolore della consapevolezza che non c'è via di ritorno, che non c'è passato capace di essere riesumato, ma solo un futuro troppo duro e incapace di rendere le cose migliori. «Ma per voi è diverso, vi siete sempre amati, ma in modi nettamente diversi. E ciò non significa che l'hai usato, ma che semplicemente camminavate in direzioni opposte, lui verso il precipizio e tu dall'altra parte. Probabilmente in qualche modo l'hai anche salvato, chissà come, altrimenti a quest'ora non riuscirebbe nemmeno più a sorridere o parlarti. In qualche strano modo voi siete stati capaci, inconsapevolmente o forse sapendolo, di trovare un equilibrio.»
«Che equilibrio?»
Harry si portò due dita sotto al mento, pensoso. «Io credo che in qualche modo questa cosa di non sapere del suo amore l'abbia salvato dal saltare e farsi male, così come la sua dedizione e il suo amore hanno salvato te dal sentirti solo e abbandonato. Il punto è che io e Louis non ce l'abbiamo fatta, ci siamo spinti troppo lontano, incapaci di salvarci a vicenda. E' stata una fortuna che Zayn non ti abbia detto prima che ti ama, altrimenti la vostra amicizia non sarebbe più stata tale e quale a prima.»
«Quindi pensi sia giusto così? Far finta di non sapere niente, continuare a mentire e basta?»
«No, è sbagliatissimo, ma Liam in questa vita ci vuole molto più coraggio e forza d'animo di quanto non vogliamo ammettere. Come pensi reagirebbe Zayn nel sapere che hai finalmente compreso quanto ti ama, ma che comunque scegli Niall? Siete abbastanza forti entrambi da poter sostenere un simile colpo e continuare a vivere le vostre vite normalmente? Pensi che la vostra amicizia non ne risentirebbe? Sei tu abbastanza coraggioso da dirgli in faccia che ti dispiace, ma che ami Niall e che per te lui è sempre e solo stato un amico?» le voce di Harry prese a tremare, ma non si fermò, «la vita è uno schifo Liam, vuoi davvero urlarlo ai quattro venti e poi sperare di non rimanerne ferito tu stesso? La realtà è che l'unico modo per non usarlo ancora è rimanere in silenzio, accettare il fatto che abbia voluto tacerti i suoi sentimenti e continuare a parlargli come l'amico caro e fidato che spera sarai per sempre. Fa' in modo di salvarvi, non commettere lo stesso errore mio e di Louis, non sfidare i tuoi limiti.»
E a quelle parole, fissando la tristezza e il dolore e la mancanza negli occhi incredibilmente verdi e profondi di Harry non ce la feci. Nascosi il volto tra le mani e vi piansi dentro tutta la mia disperazione, sconvolto dalla vita e dall'ingiustizia delle cose.
Perché Zayn non si meritava niente di tutto ciò -proprio come la maggior parte delle persone non si meritano i mali che ricevono-, eppure era quella la realtà, quello era il suo fantasma nell'armadio, il pensiero che lo tormentava ingiustamente giorno e notte. Io ero il dolore maggiore, la sconfitta più grande di Zayn ed era imperdonabile, una cosa talmente assurda che mi avrebbe annientato il cuore se non fosse stato che io un guaritore, una persona d'amare e a cui affidarmi ce l'avevo, a casa, ad aspettarmi ridente.
La verità in fondo è che ci vuole più coraggio ad accettarlo l'amore che a lasciarlo andare. 

 

                                                                                                       

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Capitolo 19
*** 18. Heart vacancy ***



18. Heart vacancy


 

E scusami se non ho saputo amarti,
e perdonami per tutto questo dolore.
Ma ricorda che a salvarti dall'amore
è proprio l'amore.


 

 

Salve!
Questa volta il ritardo è leggero, quindi.. no okay faccio schifo lo so ;w; scusate! Mi prostro a voi!
Tornando serie.. da dire riguardo al capitolo non c'è quasi niente se non che è molto corto e lo so e mi dispiace.
Intanto vi avviso solo che dopo questo ce ne sarà solo un altro, seguito poi dall'epilogo e lo speciale sui Larry. In pratica ci stiamo avvicinando alla fine, altri tre capitoli e addio “You're my destiny” ç^ç
Mi piange il cuore, cavolo.
Beh, come sempre scusate eventuali errori.
Un grazie a chi mi recensisce, a chi ha inserito la ff tra preferiti, seguiti e ricordati!
Un bacione xx
P.s. ho postato il prologo di una het, se vi interessa è questa: “
Cuore di menta”.
P.p.s (?) l'altra volta ho dimenticato le anticipazioni, sono rimbambita, scusate.

 

Buona lettura


                                                                                 


 

Alla fine non ce la feci a lasciar perdere, dopo due giorni di resistenze e ingranaggi girati a vuoto presi il cellulare e digitai sui tasti piccoli il numero di Zayn, attendendo poi che la sua voce mi penetrasse il cuore pugnalandomi come troppe volte aveva fatto la mia con lui.
«Pronto?» la voce di Zayn era sempre stata così ferita? Non me lo ricordavo proprio.
Andai a sedermi sul divano e inspirai forte, facendo entrare nei polmoni l'aria scottante. «Ho una domanda da farti, sii sincero, ti prego.»
«Dimmi.»
«Mi ami?» uscì quasi come un'affermazione.
Ci fu un lungo silenzio, interrotto soltanto dai nostri respiri pesanti. Il cuore continuava a correre disperato alla ricerca di riparo, le orecchie si tapparono, sperando di non sentire niente, ma la risposta arrivò comunque forte e chiara. «Non più.»
«Sii sincero» ripetei, con le mani tremanti.
Altra terrorizzante calma. «Cosa vuoi che ti dica?» Zayn ridacchiò affranto, «vuoi seriamente che ti dica che ti amo, che non ho mai smesso così da farci cadere entrambi in un baratro troppo profondo per
poterne uscire illesi? Non ci penso proprio Liam. Quindi no, non ti amo più.»
La testa prese a girarmi vorticosamente,
le gambe si fecero molli e fui costretto a lasciare ricadere la testa all'indietro per non vomitare l'anima sul pavimento lucido. Strizzai gli occhi per cercare di cancellare quelle parole dalla testa, prima che ci si tatuassero, ma ormai era troppo tardi.
Il mio migliore amico, la mia ancora, la mia personale coccinella rossa volata giù dall'albero stava cedendo e io non potevo fare altro che udire le grida strazianti antecedenti alla caduta spericolata. Zayn era innamorato di me e stava rinunciando a tutto senza pensarci due volte per permettermi di vivere felice, spensieratamente, come d'altronde avevo sempre fatto. E non era giusto, non poteva davvero essere quella l'unica soluzione. Come ci si salva dall'amore?

«No, non mi va bene questa cosa» nella mia voce si poteva sentire benissimo tutto il rammarico e il dolore, ma proprio non ce la feci a nasconderlo. Era marchiato a fuoco nella gola e usciva insieme alle parole come un accento straniero. «Dimmelo che mi ami, se mi ami. Dimmelo e feriscimi così come io ho fatto tante volte con te. Pugnalami Zayn, fammi sentire quanto hai dovuto soffrire in silenzio. Dimmi che mi ami.»
«No, non posso» seguì un singhiozzo e mi resi conto che nella sua voce c'era la firma di un pianto. «Tu sei felice con Niall, non posso.»
«Zayn» sospirai, riaprendo gli occhi e puntandoli sul soffitto troppo bianco. «Ti prego.»
Tirò su col naso e rise. Come se una lacrima camuffata in sorriso valesse davvero la felicità. «Ci sentiamo Liam, stammi bene» e mise giù.
Nelle mie orecchie risuonò per una decina di volte il
tuu fastidioso e poi altro silenzio, infinito silenzio.
Con tutta la forza che possedevo mi alzai e andai rapidamente in bagno. Alzai la tavoletta e mi ci chinai sopra, rigettando tutto il pranzo.



***


Quando Niall era tornato dall'Università e mi aveva trovato seduto in bagno accanto alla tazza per poco non aveva avuto un arresto cardiaco. Dopo i primi minuti di puro sbalordimento era corso da me, mi aveva alzato di peso e portato a letto insieme a mezzo armadietto dei medicinali. Poi una volta accertato che non avevo la febbre mi aveva spogliato -dopo essersi levato i vestiti a sua volta- ed era rimasto tutto il tempo a coccolarmi.
«Stai meglio?» mi chiese, posando un palmo sulla mia fronte fresca.
«Sì», sospirai affranto. «Ho solo chiamato Zayn.»
Gli occhi blu dell'irlandese mi fissarono apprensivi. «Deve essere andata piuttosto male se sei ridotto così.»
«E' innamorato di me.»
«Non è una novità» con il dorso delle dita mi sfiorò una guancia.
«Come faremo quando tornerà e noi due staremo insieme? Come sopporterà la cosa?» avrei voluto una risposta a tutte le domande che mi frullavano nella testa ma erano troppe e Niall non era onnisciente, purtroppo.
Si strinse nelle spalle e si sistemò meglio sul bordo del letto. «Ti devo dire una cosa a proposito di questo» bofonchiò leggermente deluso.
«Cosa?» gli presi una mano e ci giocai nervosamente.
«Fra due giorni parto per Mullingar» sorrise Niall, chinandosi su di me per baciarmi. Rimase sulle mie labbra solo un istante, poi risalì e mi strizzò l'occhio. «Tornerò presto, rimango là solo una settimana, è solo che mia nonna sta male e ci tengo ad andare a trovarla.»
«Cos'ha? E' grave?»
Il biondo scrollò il capo. «No, solo non vorrei che magari per una complicazione improvvisa se ne andasse senza che io l'abbia salutata un'ultima volta.»
«Quando l'hai saputo?»
«Stamattina mio padre mi ha chiamato, mi ha detto che aveva già comprato il biglietto e che dovevo semplicemente fare le valige.»
«Tornerai davvero?» al sol pensiero che potesse non tornare mi risalì di nuovo la nausea.
«Certo.»
«Una settimana è tanto tempo» sbuffai come un bambino.
Niall ghignò e si piegò su di me un'altra volta, baciandomi questa volta più a fondo, cercando con la lingua la mia. Trovandola e giocandoci.
Mi sentii andare a fuoco e lo afferrai per la vita portandomelo addosso. Mi si mise a cavalcioni e scese a lambirmi il collo, mordicchiando a tratti. Ultimamente era diventato molto meno timido e prendeva quasi sempre lui l'iniziativa. Ormai ci conoscevamo talmente bene da non aver più vergogna l'uno dell'altro, eravamo come due amici di vecchia data che si riscoprono ad amarsi e lo gridano al mondo tra le lenzuola, uscendo a fare la spesa mano nella mano o semplicemente ascoltando musica a tutto volume insieme, cantando a squarciagola come pazzi.
«Se c'è amore il tempo non conta, nemmeno il luogo» disse all'improvviso, accarezzandomi il petto con le mani. «Basta sapere che ci siamo, che da qualche parte ci stiamo pensando intensamente, anche stare semplicemente sotto lo stesso cielo è già una gran cosa.»
«Ciò non toglie che mi mancherai comunque» dissi, prendendogli le mani per stringerle tra le mie. Ne portai una alle labbra e ne baciai il dorso, lievemente. Poi passai le labbra sulle dita e ne lambì una ad una, con dolcezza. La sua pelle profumava come sempre di dolci.
«Pensa quando a fine anno dovrò andare in Irlanda per dieci mesi» disse ridacchiando.
«Non mi ci fare pensare, sarà l'anno peggiore della mia vita.»
Posò la fronte sulla mia sospirando forte. «Ma io ti amo lo sai e a Mullingar penserò solo e soltanto a te e ci sentiremo sempre, ogni giorno.»
«Prometti?» chiesi, sentendomi ancor più infantile.
«Prometto», slacciò le nostre dita e mi sfiorò un fianco, facendomi venire la pelle d'oca. «Prometto di amarti sempre, ovunque, in qualsiasi modo.»
«Che ne dici se cominci amandomi su questo letto?» nel dirlo non riuscii a fare a meno che sorridere come un ebete.
Lui ridacchiò divertito e in risposta si mise in piedi sul letto per levarsi i boxer, li levò e poi, prima di tornare su di me, tolse anche i miei.
Una volta completamente nudi e già visibilmente eccitati Niall afferrò un preservativo dal cassetto e me lo infilò. Il contatto con l'involucro e i suoi polpastrelli freddi mi fece scendere una cascata di brividi lungo tutta la schiena, ma non ci badai poi molto, era una sensazione elettrica piacevole.
«Liam» mi chiamò. Alzai gli occhi sul suo volto rosso d'eccitazione e gli feci segno con le sopracciglia di parlare. «Tu mi penserai?» domandò prendendomi una mano e portandosela sul sedere sodo e piccolo.
«Certo» con le dita andai a prepararlo, entrai dentro con due dita e mi mossi in circolo. Lui inarcò la schiena e sospirò forte.
«Quanto?» ringhiò sul mio collo quando lo penetrai con un terzo dito. Non avevo nemmeno inumidito la parte, doveva dolergli molto. Feci per uscire, ma lui mi bloccò tenendomi per il polso. «Dimmi quanto ti mancherò, dimmi cosa farai senza di me.»
Mi mossi nel suo orifizio per qualche minuto, poi quando mi sembrò abbastanza pronto uscii e rimasi fermo a guardarlo. Era bellissimo, coi capelli biondi -più lunghi di quando qualche mese prima l'avevo trovato in bagno a lavarsi i denti- a ricadergli scomposti sulla fronte e le iridi blu leggermente coperte dalla pupilla dilatata.
Perso com'ero a fissarlo non mi resi nemmeno conto che con le ginocchia si era puntellato sul materasso e che aiutandosi con le dita mi stava facendo entrare. Per la sorpresa il fiato mi si mozzò, insieme ai battiti cardiaci, ma fu una sensazione gradevole, come ogni volta. Stare dentro di lui mi faceva comprendere quanto potesse essere forte e sensazionale l'amore. Quanto seppur potesse sembrare un bel sogno, fosse reale.
«Vuoi seriamente che ti dica quanto mi mancherai?» sull'ultima parola la voce mi si spezzò, Niall con una spinta mi aveva permesso di penetrarlo del tutto.
Annuì e mi morse una spalla giocosamente, risalendo sulla mia asta lentamente. «Dimmelo» ci ricadde mollemente sopra e il cuore mi rotolò per il petto infilandosi malamente tra le costole.
«Niall da quando sei arrivato la mia vita è cambiata radicalmente,» si fermò, ansioso di sentire cosa sarebbe venuto fuori dalla mia bocca. «E non so nemmeno come dirtelo, ma vorrei farti capire che per me vivere una vita insieme a te sarebbe come passare ogni giorno a correre sulle nuvole. Sei la miglior cosa che mi sia capitata tra le mani, quando la mattina mi sveglio ciò che mi salta in mente sei tu e quando poi la notte finiamo di fare l'amore e tu dormi io rimarrei tutto il tempo a guardarti per memorizzare ogni cosa, perché sei diventato talmente importante che quando non ti vedo per più di sei ore mi manca il respiro e così ho imparato ad immaginarti accanto a me, per non morire soffocato. So che può sembrarti assurdo ma l'idea di lasciarti andare mi fa sentire così strano e triste che ho quasi paura di morire. Sei diventato importante, anche troppo e non so come riuscirò a resistere senza di te, ho paura» una lacrima mi colò giù dalla gota inevitabilmente.
Niall l'asciugò con le labbra. «Mi dispiace Liam, ma devo andare» si scusò, facendo scivolare le dita affusolate sul mio petto ansante.
«Lo so», cercai di sorridere ma mi uscii una specie di smorfia. «Ma mi mancherai.»
«Amore. Nessuno mi ha mai amato in questo modo, sai?» sussurrò lieve, con gli occhi liquidi. «Liam h
ai fatto in modo che l'eterna attesa passata sotto la pioggia ad aspettare il tuo arrivo avesse un valore vano, in compenso alla gioia che sto provando ora nell'averti tra le braccia. Possibile che la tua sola presenza compensi i dolori di una vita intera? E allora, allora penso che ne valga la pena di aspettare, per te aspetterei altri cent'anni.»
«Ti
aspetterei solo per sentirmi di nuovo al settimo cielo una volta che tornerai» finii la frase io, con il petto alla ribalta.
Con le braccia lo cinsi e i nostri petti si incollarono, facendo confondere i battiti del cuore. Il movimento mi spinse ancora più dentro di lui e una nuova scarica di adrenalina mi percorse da capo a piedi.
«Ti amo» ansò, stringendomi forte.
«Anche io Niall.»
E alla fine ciò che può salvarti dall'amore è proprio l'amore. Quello puro e forte che ti fa piangere disperatamente, dalla gioia. Quello che speri tutta la vita di trovare e proprio quando hai perso la speranza ti viene a trovare, bussa alla porta e ti lascia senza parole. Perché quando stai male e vorresti soltanto scomparire ciò che ti salva, ciò che ti afferra in tempo e ti riporta su è l'amore, in ogni sua forma e colore. Ognuno di noi aspetta quel tipo d'amore, ciò che dobbiamo tenere a mente è che non bisogna perdere mai la speranza, perché dopo la tempesta il sole rinascerà sempre e i fiori si asciugheranno, insieme al viso.




**Anticipazioni**


Tutto intorno era il caos. Una bambina stringeva il maglione della mamma spasmodicamente, mentre quest'ultima gridava piangendo sulle sue spalle piccole tutta la sua disperazione. L'uomo che poco prima avevo visto salutare i suoi figli era seduto immobile, con la faccia scura e gli occhi vitrei. Mi parve di vedere il suo petto spaccarsi come un pezzo di legno inumidito dal temporale.
E all'improvviso lo sentii prepotente, il cuore si frantumò all'interno della cassa toracica, la pelle scricchiolò e mi chinai, non riuscendo a rimanere dritto. Si dice che quando una persona importante ci lascia per sempre una parte di noi lo percepisce e ci lancia un segnale. In mezzo alla strada una ventina di persone stavano ricevendo il segnale e tra quelle c'ero io. 


                                                                                                                                                       

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Capitolo 20
*** 19. Wherever you will go ***


 

 

19. Wherever you will go

 


Ovunque tu andrai io ci sarò.
Ovunque io sarò tu andrai.


 


 

Hey! Scusate il ritardo, ma tra vacanze e varie crisi non ho potuto aggiornare prima :c
Comunque ho da dirvi molte cose, alcune ve le dirò solo a fondo del capitolo e
vi pregherei di leggerle, mentre le più importanti ve le scrivo subito :3
-La prima è che come avevo già detto questo è il penultimo capitolo prima dell'epilogo.
-La seconda cosa è che il modo di scrivere che ho sempre usato qua non c'entra molto, perché volevo far comprendere bene ogni emozione e ogni singola cosa.
-La terza è che dopo questo, che sarebbe l'ultimo, ci sarà lo speciale sui Larry (siccome qua e nell'epilogo figureranno poco e niente).
La quarta ed ultima cosa è che anche questo capitolo sarà corto, ma purtroppo è così ed è normale.
Spero vivamente di non deludervi. Mi si spezzerebbe il cuore, davvero.


 

Buona lettura.



Ci sono giorni che passano e che non ricordi, sono quelli nel quale non c'è novità, non c'è sentimento o emozione da imprimere nel cuore, sono quelli monotoni che non vedi l'ora la notte si porti via. Poi ci sono i giorni che ti rimangono incisi nella mente come marchi a fuoco, che ti bruciano sotto la carne come ghiaccio e che pur sciogliendosi sotto il sole del tempo non riuscirai mai ad espellere del tutto, perché una parte si fonderà in qualche modo col sangue, scorrendoti per sempre nelle vene. Questi giorni sono quelli che spesso vorresti poter lasciar defluire nel dimenticatoio, ma che sai che non sarebbe giusto e così li tieni stretti ferendoti immancabilmente.

Quando quella mattina mi svegliai tutto era normale, ero sicuro di dover affrontare una separazione, ero sicuro che ci avrei pianto e che poi tutto sarebbe tornato alla normalità, perché l'amore della mia vita sarebbe ritornato presto a stringermi il petto.
In realtà quando ti svegli un giorno è proprio come un altro, eppure poi, chissà come, tutto muta. Le ore diventano secondi, i respiri diventano affanni e le speranze diventano rimpianti. La vita diventa morte e la morte diviene vita.
Se solo avessi saputo prima che quel giorno sarebbe diventato l'acido dentro alle vene allora non mi sarei alzato dal letto, non mi sarei fatto la doccia e non avrei svegliato Niall dicendogli di lavarsi e vestirsi. Non avrei preparato la colazione, non l'avrei trangugiata di tutta fretta per il continuo suono del campanello e non avrei fatto entrare in casa Harry e Louis per gli ultimi
arrivederci. Sicuramente non avrei afferrato le valigie e non sarei salito sulla mia auto. Sì, se solo avessi saputo prima cosa sarebbe accaduto non avrei nemmeno dato un bacio sulla guancia a Niall dicendogli che mi sarebbe mancato e che l'avrei aspettato col cuore in mano.

«Come mai quella faccia?» mi chiese, mentre con il sorriso velato da un misto di tristezza e rammarico mi stringeva la mano libera, quella non arpionata alla valigia pesante.
Io scrollai semplicemente il capo e sporgendomi verso di lui lo baciai, sussurrando che non vedevo l'ora sarebbe tornato.
E lui aveva riso, con quella sua risata convulsa e per niente timida. «Ma se non sono nemmeno partito!» aveva risposto divertito.
«Mi manchi già!»


Ci sono periodi o anche solo momenti che ti si incastrano nel cuore come spine di rose, che più cerchi di togliere più affondano dentro, facendoti male. Sono sicuro che la mia spina di rosa più grande rimarrà per sempre quel giorno, quello che sembrava normale come qualunque altro e che si è dimostrato la mina calpestata nel momento sbagliato.

«Ci credi che fino a qualche mese fa nemmeno ci ricordavamo l'uno dell'altro? Siamo stati sei anni senza vederci o ricordarci!» era da lui tutta quell'enfasi nell'accento marcato. «Ora siamo qua a disperarci per qualche tempo di assenza.»
«E' più che normale scusa, siamo fidanzati!»
I suoi capelli biondi seguirono il movimento rapido della sua testa, un assenso. «Però è strano.»
«Dimmi cosa non lo è, in questa vita.»


Perché in fondo non c'è normalità nella vita, tanto meno nella morte. Non c'è ordine nell'amore, non c'è assetto nell'odio. Non ci sono regole, linee dritte senza sbavature.
E seppur cerchiamo sempre, in ogni cosa la perfezione, probabilmente mai la troveremo e mai la vorremo veramente. Tutto ciò che ci circonda, lo stesso essere è imperfetto.


«Stanotte mi hai fatto un succhiotto, se lo vedesse mia madre» scrollò il capo ridacchiando. Impossibile non se ne fosse accorto, mi aveva pure tirato i capelli quando a metà dell'opera si era reso conto che non lo stavo soltanto assaggiando.
«Lo copri con il colletto della maglietta, no?» feci ovvio.
Lui sbuffò e si tirò su meglio la vela della polo gialla che aveva indossato quella mattina. «Così si vede?»
«No, tua mamma non farà storie, tranquillo.»
«Altrimenti la senti tu poi!»
In quel momento il cuore si costrinse nel petto. «Hai intenzione di dirglielo? Di noi?»
«Già che ci sono» si insaccò nelle spalle e affondò nella poltroncina della sala d'aspetto, «perché no?»


Sarebbe stato tutto diverso. Avremmo cominciato una vita insieme, avremmo costruito sogni, ambizioni e ricordi, lo avremmo fatto davvero. Ci avremmo provato e poi sarebbe andato tutto a posto. Ma chissà come il destino ha sempre piani diversi, strade alternative che ti obbliga a percorrere. 

 

«Quando torno prendiamo un cane, che dici?» mi aveva domandato sorridendo come un moccioso.
Io avevo sollevato la valigia e trascinandola per le rotelle l'avevo portata fino al rullo. «Di che razza?»
«Tu lo preferisci piccolo o grande?»
«Mi è indifferente, mi piacciono tutti» e poi giù, il bagaglio dalle mie mani alle sue, pronto a seguirlo fino in Irlanda.
«Vorrei un Labrador.»
Annuii convinto. Se anche avesse detto una razza di cane bavoso, con tre teste e centosette denti mi sarebbe andato bene. Mi bastava sapere che al suo ritorno avremmo potuto condividere qualcosa di davvero nostro, oltre che i nostri corpi e il nostro amore. «E Labrador sarà.»


Il brutto di vivere una vita imperfetta è che un giorno ci sei e sorridi, tieni la mano al tuo compagno e gli prometti d'amarlo per sempre, di non lasciarlo mai e il giorno dopo ti svegli e sei solo, col cuore spezzato e il sangue tra le mani, nel cuore, perfino sulle labbra. Lo senti ovunque, scorrere potente fuori dagli argini, dalle ferite. E non puoi farci niente, perché per quanti ostacoli tu sia riuscito a saltare, questo proprio non puoi, perché non è un'asta, non è un sasso, è un intero cielo. E come si sorpassa il cielo?

«Fai il bravo va bene?» mi raccomandò, come se in qualche modo potessi trasgredire qualche regola.
«Anche tu» feci piccato, posandogli una mano sulla spalla. Il suo calore sotto al palmo è una delle cose che non scorderò mai, così come le sue labbra umide e screpolate sotto le mie.
«Ti amo tanto, ci vediamo fra qualche giorno», tirò su la valigia e sorrise, scoccandomi un ultimo bacio sulla guancia.
«Ti amo anche io.»


Avrei voluto farglielo capire davvero, quanto amore nutrissi per lui. Quanto importante era quel sentimento, quanto fosse prepotente e duro il filo del destino che ci legava l'uno all'altro. Perché solo due baciati dal fato dopo sei anni si incontrano per caso e scoprono di essersi sempre appartenuti.

Un padre si alzò in piedi, abbracciò i suoi due figli e poi si soffiò il naso a patata gocciolante sorridendo coi denti storti. Era triste, ma allo stesso tempo la schiena dritta e gli occhi grigi luminosi facevano comprendere quanto fosse fiero. Ma non parlò, li lasciò andare con un semplice “ciao”.


 

E' che la vita sembra lunghissima e piena d'occasioni finché un giorno, senza preavviso, non c'è più niente, nemmeno la vita.
Perché è questa la realtà delle cose, che per quanto vogliamo convincerci che ci sia tempo, che le cose possono essere rimandate e le parole possono essere taciute alla fine non è così, perché la vita non dà certezze, non ha una scadenza scritta e non lo sai mai cosa potrebbe accadere, cosa potresti rimpiangere e quali frasi singhiozzerai al vento.
La vita è troppo corta per poter essere risparmiata.


Fuori non c'era il sole, solo tante nuvole e un cielo troppo grigio per presagire cose belle.
E poi tutto quel silenzio, non era possibile. Il silenzio racchiude troppe cose.
Così rientrai dentro e mi appoggiai ad una colonna tanto per passare un po' il tempo. Ormai l'aereo di Niall era partito e tornare a casa per sentire la sua mancanza non mi andava, preferivo di gran lunga restare un altro po' lì ad osservare le persone salutarti e rincontrarsi. 

 

La cosa bella degli arrivederci non è tanto il salutarsi, non è l'abbracciarsi e poi lo scomparire, ma piuttosto il rincontrarsi. Le braccia che si allungano, i petti che collidono e le bocche che si cercano. I cuori che si sforzano di farsi sentire, i profumi che si fondono ed i sorrisi che saettano sul viso sono la prova palpabile che la mancanza è dolore e la lontananza è speranza. Che lo starsi vicini è essenziale. Che alla fine tutto ciò che si cerca nell'andarsene è proprio ciò che si trova nel tornare.


Dopo quasi un'ora ad osservare incontri e perdite mi suonò il cellulare, lo presi dalla tasca e risposi. La voce non la riconobbi, era rotta dal pianto, solo dopo scoprii che al telefono era Harry che aveva appena sentito la notizia al telegiornale.
Parlò balbettando, con quel suo tono mascolino che mal si adattava al suo viso bambinesco e poi mise giù, come a volermi dare tempo. Come se ne avessi bisogno.


Come si può volere del tempo, quando il tempo ti è appena stato strappato dalle mani?
Non puoi arrancare preghiere, quando è troppo tardi e nessuno è pronto ad ascoltarti.

Non ci sono miracoli che salvano vite, preghiere che risorgono i morti. Non ci sono lacrime che diventano acqua per i dissetati o sorrisi che fanno sbocciare i fiori. 

 

Poi tutti i cellulari presero a squillare e l'aeroporto si animò come si fosse appena effettuata una rapina in banca. Gli schermi si accesero e le immagini presero ad apparire a flash sulle televisioni appese. C'era fumo, fuoco, distruzione, dolore, morte e paura.

Si dice che la morte peggiore è quella che si incontra in solitudine.
Questa credenza può avere due diversi significati.
Io tengo conto solo del primo e più esplicito significato, ovvero che morire senza nessuno accanto a pregare per te, piangere o semplicemente a tenerti la mano è la peggior cosa che possa capitare. Molte delle persone sull'aereo erano sole.


 

Tutto intorno era il caos. Una bambina stringeva il maglione della mamma spasmodicamente, mentre quest'ultima gridava piangendo sulle sue spalle piccole tutta la sua disperazione. L'uomo che poco prima avevo visto salutare i suoi figli era seduto immobile, con la faccia scura e gli occhi vitrei. Mi parve di vedere il suo petto spaccarsi come un pezzo di legno inumidito dal temporale.
E all'improvviso lo sentii prepotente, il cuore si frantumò all'interno della cassa toracica, la pelle scricchiolò e mi chinai, non riuscendo a rimanere dritto. Si dice che quando una persona importante ci lascia per sempre una parte di noi lo percepisce e ci lancia un segnale. In mezzo alla strada una ventina di persone stavano ricevendo il segnale e tra quelle c'ero io.
 

 

Quando lo senti, il filo spezzarsi, è perché è veramente finita e non c'è più niente da fare.
E' una sensazione particolare, come lo staccarsi di un arto o di una costola.
Il rumore della carne che si lacera, dei battiti che accelerano e poi sfumano, i polmoni che raschiano in cerca d'aria non intrisa di sangue e dolore li senti.
E poi c'è l'odore acre della saliva, delle lacrime, del sudore e della disperazione che ti impregna le narici.
E' tutto così reale che vorresti abbandonare la vita ed unirti a quella parte di te che non c'è più. 

 

Sentii la bile salire, scalare ogni singolo tratto con una forza tale da farmi girare la testa. Cercai di cacciare giù tutto stringendo le labbra, ma il risultato fu un odore acuto e un sapore fin troppo acido per non vomitare. Rilasciai tutto sul pavimento come se nemmeno mi appartenesse, come se volessi abbandonare tutto.
Le lacrime arrivarono qualche istante dopo, copiose e appiccicose. Infinite come non dovrebbero mai essere.
Qualcuno mi si avvicinò, probabilmente a pensarci ora a mente lucida una hostess di terra, mi afferrò per le ascelle e mi fece scivolare fino ad una sedia. Non ebbi nemmeno la forza di arrampicarmici su, ne rimasi ai piedi, con la gola in fiamme e gli occhi pioventi.
Era il peggior incubo nel quale fossi mai finito, la fine di una storia che mai avrei deciso di scrivere.
Vomitai ancora e poi basta, chiusi gli occhi e decisi di smettere di soffrire.


Niall Horan era la canzone del quale avrei cantato sempre le parole, la poesia dal ritmo più incalzante. Era la voce sussurrata in una notte d'estate, la luna che brilla attraverso la neve, le dita che tremano intorno al pennello. La risata che vibra dentro una gola, il bacio che sfiora la fronte bollente. Il segreto che stride contro le orecchie.
Niall era il mio destino, il mio grande amore, la vita che valeva la vita.
Senza di lui non c'era niente. E niente valeva d'esser vissuto.


§§

Ragazze! Rinnovo le mie scuse per il ritardo, ma è veramente difficile in estate fare tutto :c
Anyway vi dico le ultime cose.
Prima di tutto spero che questo capitolo non abbia deluso nessuno, ho ricevuto qualche critica riguardo a questo finale a sorpresa e devo dire che ci sono rimasta male, anche perché deludere o rovinare diciotto capitolo di storia (come mi è stato detto) non era minimamente mia intenzione.
Ma siccome la fan fiction si chiama You're my destiny, qualcosa c'entrerà no?
Insomma, è tutto fondato sull'amore che viene manipolato dal destino. Due anime che si incontrano, si dividono e poi eccole di nuovo insieme, per poi essere dilaniate nuovamente.
Tu sei il mio destino.
Insomma, mi sto dilungando. Veramente quindi se vi ho deluse scusate, mi dispiace tantissimo. Ma non so, a me sembrava un finale adatto e boh. Aspetterò i vostri commenti ç^ç
Ora come sempre voglio ringraziare tutte le care persone che hanno aggiunto la fan fiction tra preferiti e seguiti e tutti quelli che recensiscono. Grazie.
Bene, detto ciò vi saluto! Alla prossima! Un bacio grande!
Vi voglio bene :D

 

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Capitolo 21
*** 20. Epilogo ***


 

 

20. Epilogo

 

Vorrei tornare indietro, stringerti forte.
Vorrei non permettere al mondo di dividerci.
Vorrei tante cose, ma tu non ci sei.
Tu lo sai se l
a fine preclude un nuovo inizio?

 


 

Buon salve! Scusatate come sempre il ritardo, ma sono sempre più pigra e fancazzista :c
Anyway mi viene da piangere a pensare che questo è l'epilogo. Dannazione ne abbiamo passate così tante insieme che mi si stringe il cuore al pensiero che non vi sentirò più ;w;
Insomma, il prossimo sarà lo speciale Larry e poi addio.. mi viene l'ansia D:
Siccome non voglio annoiarvi ulteriormente, vi lascio all'ultimo capitolo. Che vi rivelo con un po' di amarezza ho scritto piangendo. L'amore mi commuove, che ci posso fare? çwç
Ringrazio tutte le persone che non mi hanno ancora ammazzato di botte per il finale, i ritardi e i pasticci. Ringrazio tutte le care persone che hanno inserito la ff tra preferiti, seguiti e ricordati e quelle sante che mi hanno recensito, dandomi conforto e voglia di continuare.
Vi voglio bene, siete state essenziali.
Alla prossima!



Buona lettura

 


 

Mi strinsi nella giacca nera classica, affondando una mano nella tasca dei pantaloni abbinati. Quando trovai il pezzo di carta che tutto accartocciato ci avevo infilato dentro la mattina, prima di salire in auto di Louis e recarmi sulla tomba del mio grande amore, lo feci scivolare fuori e lo aprii, cercando di spiegare le grinze.
Una volta riuscita l'impresa mi inginocchiai sull'erba accanto alla sua foto non ancora inserita nel marmo, ma posta lì nell'attesa di una tomba vera e propria e ci posai sopra le labbra, accogliendo in un solo gesto tutto il suo volto candido e sorridente.
E' ingannevole e distruttivo voler ricordare i propri cari allegri e spensierati, quando in realtà sotto metri di terra, erba e vermi le loro spoglie giacciono senza vita. E' una bugia che salva e scava il petto come una ruspa.
Mi guardai intorno e notai qualche ultimo parente intento a fissarmi incuriosito, feci un cenno al papà di Niall e lui con il volto ancora coperto dalle lacrime ricambiò con un veloce movimento del capo pelato.
Gran parte delle persone presenti se ne erano già andate, lasciando il cimitero di Mullingar vuoto, un po' come il mio animo.
Ritornai con la testa verso il basso e lasciai scivolare gli occhi da quelli spalancati e ridenti dell'irlandese al foglio stropicciato. Era così dura provare ad esternare tutto ciò che sentivo dentro dal giorno della sua morte, ma Harry mi aveva detto che Niall ne sarebbe stato contento, così mi sembrava giusto provarci. Se poi mi fosse risultato troppo difficile avrei sempre potuto tacere e lasciare semplicemente lì quel piccolo ricordo, accanto ai fiori.

«Niall James Horan» mi si strinse la gola e dovetti inspirare a fondo, strinsi tra le dita la carta e sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Le ricacciai indietro e ricominciai a leggere: «Ho pensato così tante volte a cosa avrei potuto dirti oggi, il giorno del tuo funerale, che la lista era diventata così lunga che non so se mi sarebbero bastate ventiquattro ore. Alla fine però, per non sprecare il tuo prezioso tempo nel mondo celeste, ho accorciato, tagliato ed eliminato le parti meno importati, col risultato che l'unica cosa che è rimasta sul foglio è stata “ti amo, eri il mio destino”. Ma probabilmente questo tu l'hai sempre saputo, anche meglio di me e molto prima, no? Insomma, dal primo momento in cui ci siamo incontrati nel bagno di casa mia tu l'hai capito, che a spingerci così vicini di nuovo era stato sicuramente il fato e non le abili dita del caso. L'hai sempre saputo e ti amo anche per questo, per le tue doti di capire sempre prima degli altri le cose che accadevano. In effetti se dovessi stare qui a parlare di ciò che amo di te non basterebbe una vita intera», ridacchiai sconcertato dalla pateticità di quel momento alzando gli occhi al cielo screziato di nuvole bianche. Non riuscivo a credere che il mio piccolo biondino fosse davvero lassù ad ascoltarmi, quando la distanza era così infinita da risultare implacabile. Feci per chiudere il foglio e riporlo nella tasca, quando una mano si posò sul mio avambraccio, fermandomi.
«Continua, sono sicuro che lui ti sta ascoltando.»
Mi voltai un istante per incontrare gli occhi grandi e luminosi di Zayn e mi sentii morire, di nuovo. «Mi sento stupido», biascicai, aggrottando le sopracciglia.
«Il vento porterà le tue parole alle sue orecchie, continua» rispose soltanto, lasciandomi il braccio. Mi lanciò un'ultima occhiata e si rialzò, allontanandosi di qualche passo. Louis e Harry lo raggiunsero a metà strada e gli chiesero qualcosa. Lui scosse soltanto la testa.
Sospirai e tornai alla fotografia di Niall. «Dicevo?» gli chiesi. Il suo sorriso rimase uguale, nitido e perfetto. «Giusto, che se stessi qui a dirti quante cose amo di te non finirei più. Quindi invece di elencartele, ti dirò semplicemente che sei stata la cosa più bella mi sia mai capitata. Svegliarmi, addormentarmi, mangiare, sorridere, fare l'amore, parlare con te era come correre a piedi nudi sotto la pioggia, a braccia spalancate. Ti amo più di chiunque altro, più di quanto potessi immaginare di poter fare, di poter pensare anche solo di fare. Il pensiero di non poter più abbracciarti, baciare la tua pelle nivea, assaporare il tuo gusto dolce, bearmi del suono della tua risata è così straziante che a volte penso che sarebbe stato meglio se fossi salito insieme a te su quel dannato aereo, sai? A volte è così dura che la voglia di alzarmi dal letto e vivere come se tutto fosse rimasto uguale mi uccide. A volte preferirei quasi non averti incontrato, non pensi sia egoista questa cosa? Cazzo, Niall, tu eri la mia vita, la luce delle mie giornate, l'aria nei miei polmoni, i battiti del mio cuore e mi hai lasciato come se non valesse nulla tutto questo e non ce la faccio» in un gesto di rabbia improvvisa strinsi la mano a pugno e il foglietto si accartocciò. Ma tanto non avevo più bisogno di leggere, sapevo benissimo cosa dirgli. Una lacrima mi solcò la gota, la scacciai malamente con un polso e tirai su col naso.
«Non ce la faccio ad immaginare la mia vita tra dieci giorni, dieci anni, senza di te e il Labrador che avevamo deciso di prendere. Avevo chiesto forse molto dalla vita? Volevo soltanto passare quanto più tempo possibile stretto a te, a camminare sull'amore, ma tu te ne sei andato e io ora sono qui, da solo senza più niente. E quando penso che dovrei farcela, magari un giorno innamorarmi di nuovo e avere un cane con qualcun'altro mi odio così tanto che mi prenderei a pugni da solo. Niall come potrei mai stare con qualcun'altro se il mio destino eri tu? Come potrei baciare altre labbra che non siano le tue? Come potrei affondare il volto tra le braccia di qualcun'altro senza sentirmi in colpa? Perché io sono vivo e tu sei sotto questa cazzo di terra e non ci sei, non respiri. Il tuo cuore non batte!»
I singhiozzi mi pervasero il petto, obbligandomi ad ingurgitare il resto delle parole. Portai i palmi a coppa sul viso e piansi, disperatamente. Sconvolto come solo un cuore spezzato può fare. Ogni singulto mi scuoteva da capo a piedi. Il respiro faticava a finire, a raggiungere le labbra senza spezzarsi in gola, facendomi sobbalzare. Ero così straziato che avrei preferito farmi sotterrare assieme a lui che vivere un altro giorno in un mondo nel quale non avrei potuto incrociarlo.
«Io ti amo e tu non ci sei e non risponderai mai» mormorai, tra una lacrima e l'altra. Col naso gocciolante e la testa in preda ad una crisi isterica. «I tuoi genitori lo sanno di noi, mi conoscono! Ci avrebbero dato il permesso, avremmo comprato una casa e avremmo adottato dei bambini, nel giardino ci sarebbe stato un Labrador! Niall mi hai lasciato! E io ti amo così tanto» urlai, alzandomi in piedi traballante.
Sentii le gambe cedere, il peso inclinarsi in avanti, ma fortunatamente Zayn mi sorresse, correndo da me come una furia. Ultimamente lui c'era sempre ad afferrarmi proprio sull'orlo del precipizio.
Mi voltai a guardarlo e lasciai che le sue magre braccia mi cingessero forte, dandomi il conforto necessario a non crollare. Strinsi tra le dita la sua camicia bianca e strizzai gli occhi contro il tessuto leggero e candido. Faceva così male, sopravvivere era così doloroso e spietato. Ero sicuro che la morte sarebbe stata la scelta più facile e indolore. Perché per quanto potessi allungare le mani verso l'alto o affondarle sotto l'erba, non avrei mai raggiunto il mio Niall. Quel solo, unico pensiero mi mandava letteralmente in frantumi. Non si torna indietro. La fine è la fine, no?
«Calmati Liam, ci sono io», sussurrò tra i miei capelli Zayn un'infinità di volte. Mi cullò per quasi mezz'ora prima che il crollo emotivo sfumasse e mi lasciasse respirare a pieni polmoni.
Mi domandai più volte se le braccia potessero dolergli, ma non glielo chiesi. Ero sicuro che a Zayn l'avermi addosso, carne contro carne, non sarebbe pesato mai.
«Lo amo talmente tanto» mormorai stropicciandomi la faccia sulla sua spalla esile.
«Lo so e anche lui lo sa» anche questa cosa la ripeté almeno una ventina di volte, tra una carezza sulla testa e un'altra. Se lo ripeteva come un mantra, come a marchiarcelo a fuoco nei timpani.
«Come farò ora?» gli domandai, allontanando il volto dal suo collo per poter incontrare il suo sguardo liquido.
Lui si morse l'interno della guancia e poi sospirò afflitto. «Vivi, fai in modo di vivere al meglio, questo è ciò che vorrebbe Niall e tutto ciò che ti rimane da fare.»
«Sono solo» piagnucolai, ritornando con la guancia contro il suo torace.
«Non dirlo nemmeno per scherzo, ci sono Harry e Louis», fece una breve pausa. Il suo cuore accelerò. «E ci sono io, fin quando vorrai. Ci sarò sempre per te.»
Chiusi gli occhi e ascoltai i battiti liberi e innamorati del suo cuore. Una folata di vento ci colse, facendoci svolazzare di qua e di là i capelli e gli abiti. Il profumo inconfondibile del dopobarba di Niall mi avvolse completamente, penetrandomi le narici. «E' lui?»
«Ti ha sentito, te l'avevo detto.»
«Mi sta dicendo di andare avanti» la percepivo, la sua voglia di toccarmi, di infondermi forza per continuare a camminare. Mi stava spingendo verso un nuovo inizio. Mi stava dando il permesso di vivere, anche senza di lui come presenza concreta accanto. Lo sentivo dentro le vene e nel petto urlarmi di vivere, anche per lui e la vita che non gli apparteneva più.
«Vediamo dove ci porta questo vento, Zayn.»


 

Fine

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Capitolo 22
*** 21. Speciale Larry ***


 
 

21. Speciale Larry
 

Se precipitando saprò con infinita certezza 
che alla fine del burrone ci saranno
le tue braccia a raccogliermi
la caduta mi sembrerà meno logorante.

 

 






Avevo stupidamente pensato che sradicarlo dalla mia mente e sotterrarlo nelle profondità del nulla mi avrebbe aiutato a salvarmi.
Ero sinceramente convinto che ci sarei riuscito, che sarei stato capace di sopravvivere alla perdita come aveva fatto Liam. Ma mi ero sbagliato. 
Io non avevo Zayn, non avevo qualcuno a cui sottrarre la linfa vitale. Ero solo e disperato nel mio amore non corrisposto. Uscirne mi era quasi impossibile.
Strinsi gli occhi e mi resi conto di vederci appannato. Mi dissi che doveva essere la stanchezza dovuta a tutto il lavoro che stavo accomulando e sbattei le palpebre un paio di volte.
Quando finalmente la vista tornò normale ricominciai a camminare, stringendomi nelle spalle.
Avevo freddo e la pioggia che mi entrava nel colletto della felpa non mi aiutava affatto a mantenere il mio calore corporeo.
Una ragazza intenta a ridere vivacemente al telefono mi venne addosso, si scusò con il labiale e proseguì, senza calcolarmi. Dopo qualche istante però tornò indietro, mi si parò di fronte bloccandomi il passaggio e sorridendo mi chiese se fossi davvero io.
«Sei davvero davvero Harry Styles?» domandò con tanto d’occhi, noncurante del fatto che nessuno di noi due avesse con sé un ombrello col quale ripararsi.
Annuii e le sorrisi, sentendomi lievemente imbarazzato. Non ero ancora abituato a tutta la fama, a tutto quel vociferare sulla mia vita, su cosa facessi o cosa mangiassi. In quel periodo pensavo non mi ci sarei mai abituato. Quell’anno continuavo a sbagliarmi.
«Mi fai un autografo?» Spalancò la borsetta in pelle e ne tirò fuori un blocchetto per gli appunti e una biro nera. «Mi chiamo Megan.»
Senza fiatare, col solito sorriso cordiale e finto a piegarmi le labbra screpolate le feci una dedica sul foglietto, aggiungendoci accanto un cuore. «Ecco fatto.»
La ragazza, che doveva avere sui vent’anni, fissò ammaliata il mio autografo e quasi non ci credesse lo sfiorò con le dita affusolate. «Mi dici come finirà la serie?» mi chiese, senza staccare gli occhi dall’inchiostro.
Risi. Era sempre la solita domanda. Mancavano solo sette puntate alla fine della serie televisiva, ma le fan sembravano non poter aspettare. «Non posso anticipare nulla, mi dispiace.»
Corrucciò le labbra sporche di rossetto e sbuffò sconsolata. «Non mi puoi dire nemmeno se sceglierai Colin o Daniel?»
«No, mi dispiace.»
Non insisté come solitamente facevano tutte le altre e sorridendomi un’ultima volta se ne andò, ringraziandomi per l’autografo ormai mezzo sbavato dalla pioggia. 
Io la salutai e ricominciai a camminare, più infreddolito e malinconico di prima.
La mia carriera di attore era iniziata per caso, quando un pomeriggio un uomo che poi scoprii essere un famoso regista, mi aveva adocchiato ad un concorso per modelli e mi aveva chiesto se mi interessasse diventare il protagonista di un nuovo telefilm a tematiche omosessuali. Avevo accettato perché in quel modo speravo che avvicinarmi a Louis sarebbe stato più facile.
Naturalmente i miei calcoli risultarono completamente errati e di punto in bianco le nostre vite si separarono.
In un primo periodo ne fui disperato, ma poi mi dissi che continuando su quella strada avrei potuto ricominciare da capo, magari trovare l’amore che tanto avevo agognato e così lasciai perdere e non lo cercai più.
Sapevo soltanto che aveva chiesto a Eleanor di sposarlo e che era entrato in una compagnia teatrale famosa in Europa e America.
«Harreh!» quella voce l’avrei riconosciuta fra mille. Quell’assurdo modo di chiamarmi riusciva a risvegliare in me talmente tanti sentimenti contrastanti da farmi crollare la terra sotto ai piedi.
Mi voltai verso destra e accanto al marciapiede trovai Louis, seduto alla guida di una fantastica Audi nera. «Louis» mormorai, con la gola secca e i polmoni in fiamme.
«Ti stai prendendo tutta la pioggia! Sali, ti do un passaggio.»
Avrei voluto dirgli che no, non faceva niente, ma come ogni volta la voglia di stare con lui, di sfiorargli per caso un ginocchio e seppellire i polmoni nel suo profumo, fu più forte di qualsiasi principio e mi spinse ad aprire la portiera e sedermi al posto del passeggero.
Come avevo intuito l’odore forte del suo corpo lievemente abbronzato mi pervase, lanciandomi addosso tanto di quel rammarico da mozzarmi il fiato. Strinsi gli occhi e mi voltai dall’altra parte, sperando che non guardarlo mi avrebbe aiutato a precipitare meno velocemente.
«Dove stai?» Ingranò la prima e sfrecciammo sulla strada superando i limiti di velocità.
«Notthing Hill, in quella zona» la gola era in fiamme, così come il cuore. In quel momento volevo soltanto perdere la percezione di tutti i sensi.
Sospirò e svoltò a destra, sgommando lievemente sull’asfalto bagnato. «La serie tv è quasi finita, giusto?» domandò.
Fuori dal finestrino la città mi sfrecciava accanto coperta da una lieve patina biancastra. «Già, manca poco.»
«Chi sceglierai? Io sinceramente preferisco Colin.»
«Segui il telefilm?»
«Non reciti male.»
Il cuore si sgretolò. Mi vennero in mente tanti di quei momenti non condivisi con lui, magari mentre seduto sul divano, abbracciato a Eleanor, mi guardava recitare una stupida parte che non mi apparteneva per niente. «Ho sentito che tu sei entrato in una compagnia teatrale», cambiai discorso.
«Sì, ultimamente sto molto in Francia» nel suo tono alto non potei fare a meno di notare la nota orgogliosa.
La mente corse ovunque, per cercare una risposta che non risultasse banale o troppo studiata, ma non riuscii a trovare nulla. Rimasi in silenzio ad ascoltare il suono disarmonico dei miei battiti cardiaci.
«Harry?»
Sbattei le palpebre e per la prima volta da quando ero salito in auto mi voltai dalla sua parte.
Fu la mossa più stupida di tutta la mia vita. Presi a precipitare sgretolandomi come una vecchia porcellana che picchia ripetute volte contro il pavimento.
I suoi occhi, celesti come un cielo estivo, motivo di gran parte del mio innamoramento, erano fissi nei miei ormai stanchi di guardare. La sua bocca rossa, la base della mia perdizione, mi gridava silenziosamente di sfiorarla, di baciarla. Il mio Louis era lì e non era affatto mio. Questo pensiero mi trafisse come una spada che traccia una ferita ben precisa tra costola e costola.
«Sì?»
Le sue labbra si distesero verso le orecchie, mandandomi ancora più giù. «Siamo arrivati.»
Mi accorsi sono in quel momento delle sue mani posate sulle ginocchia, del motore spento, della vettura ferma proprio di fronte al mio palazzo. L’idea che conoscesse l’esatta collocazione di casa mia non destò alcun dubbio al mio cervello in tilt.
«Grazie per il passaggio» mormorai.
Sapevo che se fossi sceso da quella macchina senza toccarlo un’ultima volta me ne sarei pentito per sempre, lo sapevo come sapevo che dovessi morire un giorno.
Aprii la portiera e portai un piede sulla strada, sbilanciandomi. Ero già pronto a dirgli addio, ad abbandonare ogni mia ultima speranza. Ma lui non era d’accordo, mi afferrò per un avambraccio e sussurrò il mio nome.
Il calore che quel contatto sprigionava era come il fuoco di un piccolo sole. Mi stava scottando la pelle, sembrava volermi marchiare. Ed io non volevo un altro ricordo a cui affidarmi per convincermi che cadere era l’unica soluzione. «Cosa Louis?» sputai tra i denti muovendo il braccio per farmi lasciare. Le lacrime a pungermi fastidiosamente gli occhi, ferme sulle ciglia come gocce di rugiada.
«Parlavi di me in quell’intervista? La persona che ami ancora, che non hai ancora dimenticato sono io?» chiese disperato, stringendo la presa.
Era un dolore acceso, un qualcosa che mai avrei dimenticato. Louis era il mio più grande fallimento, la sconfitta più bruciante che mi fosse stata inflitta. «Vuoi sapere una cosa?» ruotai il capo e navigai nel suo sguardo acquoso. «Ho cercato in tutti i modi di dimenticarti. Ho creduto che seppellirti sotto metri di terra come aveva fatto Liam con Niall mi avrebbe permesso di risalire, che decidere di non pensare più al tuo corpo, al tuo profumo, alla tua risata o ai tuoi occhi sarebbe stata la mossa più audace di tutta la mia fottuta vita, ma anche la migliore. E in qualche modo ce la stavo facendo, man mano che precipitavo dirigendomi sempre più vicino alla fine pezzi di te si separavano dal mio corpo rendendomi libero. Louis, ci stavo riuscendo, mancava davvero poco e poi ti avrei per sempre dimenticato, ma ora tu sei qui, la mano che notte dopo notte mi ha accarezzato facendomi credere in un mondo migliore è stretta attorno al mio polso e non so davvero come farò ora, perché l’idea di precipitare ancora più in basso mi distrugge. Ho paura che poi la salita sarebbe troppo dura anche per me, ho paura di dover rimanere giù fino alla fine dei miei giorni. Non so più cosa fare, mi stai inghiottendo.»
Abbassai le palpebre sulle iridi verdi e aggrottai le sopracciglia per frenare il pianto isterico che dentro mi stava già inondando.
Le sue dita si allontanarono, lasciandomi al gelo di una solitudine con cui ormai avevo imparato a convivere. «Mi dispiace.»
Annuii e mi voltai, riaprendo gli occhi. «E Lou» faceva così male, un dolore così atroce che non auguro a nessuno.
«Sì?»
«Auguri per il fidanzamento.» Scesi dall’auto e corsi verso il mio portone, riparandomi dalla pioggia con le braccia e la felpa.




A casa, sentendomi molto più stanco del solito, mi provai la febbre. Sotto l’ascella il termometro salì a vista d’occhio e si fermò solo quando raggiunse i trentanove e mezzo.
Lo tolsi e lo riposi nella custodia in plastica. «Che palle» sbraitai al vento, accarezzando la schiena morbida del nuovo arrivato. Un gatto persiano dagli staordinari occhi celesti. Questo miagolò e mi si strusciò addosso dolcemente.
Sorrisi e mi alzai dal divano, andando in cucina per recuperare un bicchiere con dell’acqua fresca. Dopodiché presi una bustina di aspirina in polvere e ce la buttai dentro, mischiando il tutto con un cucchiaio.
Bevvi tutto d’un fiato disgustato dal sapore aspro e poi decisi che infilarmi nel letto per dormire un po’, siccome il mattino dopo sarei comunque dovuto dirigermi al lavoro, era una buona idea.
Mandando all’aria tutti i miei piani, fermando la mia corsa verso la mia amata camera da letto, il campanello suonò.
Pensando potesse essere qualcuno del lavoro fui sinceramente tentato di non andare ad aprire, ma poi l’insistenza con il quale lo sconosciuto pigiava sul mio nome fuori dalla porta mi convinse. 
Prendendo in braccio Boo, che continuava a venirmi in mezzo ai piedi rischiando di essere spiaccicato, mi diressi verso la porta e senza nemmeno chiedere chi fosse aprii.
Fu una sorpresa dolorosa. Mai mi sarei immaginato potesse arrivare a tanto.
«Louis.»
I suoi occhi celesti mi squadrarono ansiosi. «Harry», quasi la voce gli mancò.
Il mio nome masticato dalla sua bocca come fosse una caramella alla ciliegia e poi sputato dalle sue labbra senza ritegno mi faceva sentire meno solo. In qualche modo il sapere che il mio nome bagnato dalla sua saliva avesse ancora così tanto effetto su entrambi arrestava per qualche istante la mia caduta rovinosa.
«Hai bisogno di qualcosa?» gli chiesi, non sapendo cosa fare.
Lui era lì, il mio grande ed unico amore era sulla soglia di casa mia, una casa che aveva visto meno volte me che la mia donna delle pulizie.
Il suo volto femminile si contrasse e poi le sue labbra si spalancarono, rilasciando nell’aria la mia salvezza. «Sono venuto qui un’infinità di volte, sono arrivato a sfiorare con i polpastrelli il tuo campanello in talmente tante occasioni che conosce più lui il mio tocco che la tua pelle bianca, eppure proprio come anni fa mi è accaduto con te non sono mai riuscito a spingermi oltre, a varcare quella soglia che ci ha permesso di dividerci e perderci come anime sconosciute di uno stesso corpo. E mi dispiace davvero di aver letto quell’intervista solo tre giorni fa, di averti fatto aspettare così tanto. Harry, non sai quanto mi abbia mandato a fondo il sapere che per quattro anni tu non hai fatto altro che pensare a me. Pensavo di averti perso ormai, di non avere più alcuna chance, credevo che la tua relazione con quel presentatore fosse reale, che finalmente fossi riuscito a lasciarmi andare e invece.. sai Harry ti ho pensato ogni singolo secondo di ogni fottuto giorno e se è vero che l’amore esiste, allora l’amore dobbiamo essere per forza noi, che non ci siamo mai persi.»
Mi mancò il respiro, dentro di me divenne tutto un fermento. Cercai di convincermi che la febbre mi stesse facendo delirare, che Louis in realtà non mi avesse appena rivelato i suoi sentimenti, ma quando le sue dita mi sfiorarono una guancia per scacciare le lacrime e la pelle prese a scottare sotto al suo tocco mi fu tutto tremendamente chiaro.
Lui era lì ed era lì per me, mi stava raccogliendo fermando il mio incessante cadere. E si stava riattaccando, pezzo dopo pezzo, al mio corpo.
Potevo finalmente smettere di precipitare e trovare un mio posto saldo nel mondo, proprio accanto a lui. Così come avevano fatto Zayn e Liam.
E chissà, magari anche Niall.



Notizia dell’ultimo minuto!
Il protagonista del telefilm più seguito dell’anno Harry Styles e l’attore di teatro Louis Tomlinson sono stati avvistati mentre si scambiavano tenere effusioni in un ristorante di Mullingar.
“E’ una storia che ha faticato molto a trovare uno sviluppo, ma finalmente possiamo essere felici insieme”, ha dichiarato Harry sorridendo alla telecamera.
Quanti poveri giovani cuori avranno spezzato queste due stelle emergenti? [..]
«Avete letto il giornale?» chiese Zayn, morsicando la brioche al cioccolato che Liam gli stava amorevolmente porgendo. 
Louis alzò gli occhi al cielo e rise, incantandomi. «Non me ne frega proprio niente dei cuori delle ragazzine» borbottò col suo solito modo acido da prima donna. 
«L’importante è che i nostri siano intatti» dissi, accarezzando con le dita il dorso della mano morbida di Lou. «Il resto non conta.»


 
*Commenti finali*

Omioddio non ci posso credere ç^ç
E’ finito tutto. Finalmente anche i Larry si sono decisi a sistemare tutto quanto e possono finalmente stare insieme per sempre <3
Sono così tremendamente felice che mi sto commuovendo *sigh sigh*
No, seriamente, questo capitolo è veramente l’essenza di loro due e spero che possiate cogliore anche voi quanto il loro amore sia infinitamente reale e forte. Più di qualsiasi altra cosa.
Ed ora, siccome siamo alla fine, colgo l’occasione per ringraziare tutte le care anime che mi hanno seguita in questa fantastica avventura.
Ringrazio tutti quanti dal profondo del cuore, senza di voi niente sarebbe stato possibile, dunque fatevi pure un applauso! *clap clap*
Un bacio grande grande!
Vi adoro *^*
La vostra CathLan.

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