Fiori di ciliegio.

di Caroline Granger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ultimo ricordo di Conan Edogawa. ***
Capitolo 2: *** Voleva solo scappare. ***



Capitolo 1
*** L'ultimo ricordo di Conan Edogawa. ***


Buongiorno!
È la prima volta che decido di scrivere in questo fandom, pur avendo letto molte storie sul piccolo Detective & Company. Spero che la leggiate in tanti e che
la mia storia non vi faccia rimanere shockati di fronte a tale scempio XD No dai, non credo di aver scritto così male, però ho letto storie di gente molto più
brava, perciò per me sarà una sorta di sfida quella di concentrare me stessa e scrivere una piccola one-shot.

Qualche precisazione:
- sono passati 10 anni da quando Shinichi è diventato Conan, perciò sia lui che Ayumi hanno 17 anni. Perché ho scelto quest’età? Perché sentivo più
appropriato questo periodo di vita per i due ragazzi in quanto i sentimenti che andrò a descrivere sono tipici di un’adolescente avanzato piuttosto che di un
bambino.

- non è un Ayumi/Conan (dato che io sono una fervente Ran/Shinichi) solo che mi sono immaginata il mio finale personale in cui avviene anche questo
piccolo momento che i due amici condivideranno.

Ma ora basta chiacchierare e parlare a vanvera. Vi lascio alla lettura e ci vedremo in fondo per i commenti finali.
Caroline
Ecco questo è ciò che stavo scrivendo circa 24 ore fa. Ora devo correggermi su alcune cose. Da one-shot  che era ho deciso di cambiarla in una long dove vi
sarà lo sviluppo di un triangolo particolare e magari per alcuni di voi impossibile. È vero che sono una Ran/Shinichi convinta ma stanotte un’idea volava nella
mia mente XD Spero che mi seguiate in questa mia nuova avventura e che mi diate anche consigli su come rendere migliore la mia storia. Adesso dopo
un’introduzione abbastanza lunga mi lascio leggere il capitolo.

 
L’ULTIMO RICORDO DI CONAN EDOGAWA.
 
Può la paura regnare incontrastata nella mente del brillante e lodevole detective Shinichi Kudo? Erano queste le parole che frullavano costantemente
nel giovane ragazzo di ormai 17 anni.
Dieci anni, dieci lunghi anni erano trascorsi da quando il suo corpo si era rimpicciolito assumendo le fattezze di Conan Edogawa. Ma ormai quel corpo
così minuto era mutato ed era cresciuto. In tutto e per tutto rispecchiava il grande Shinichi Kudo, tranne che per un particolare. Gli occhiali, sì esattamente
quegli occhiali da vista, che a ben poco servivano per vedere meglio, celavano ancora la sua identità. Ma essa sarebbe rimasta nascosta sotto un vetro
lucido ancora per ben poco tempo.
Ai, qualche giorno prima con un tono insolitamente allegro era corso da lui, il quale aveva preso residenza a casa sua, anche se tutti gli altri credevano
che avesse chiesto il permesso di Shinichi, puntualmente arrivato, e gli aveva detto:
 
– Kudo, l’antidoto è ormai pronto. Ho controllato tutti i parametri e non dovrebbero esserci più rischi di tornare nuovamente un ragazzo. Con questa
medicina potrai ritornare ad essere te stesso e riprendere in mano una vita che hai perso per troppo tempo.
 
Il ragazzo esultò alle parole dell’amica. Ormai aveva perso quasi tutte le speranze di poter tornare come era e vivere la sua vita da ormai ventisettenne,
al fianco di una ragazza che troppe volte gli aveva rivolto lo sguardo da “sorella maggiore”, lo aveva consolato nonostante anche lei volesse scoppiare
in lacrime sentendo la mancanza di un paio di braccia che la stringessero a sé, oppure lo avevano stuzzicato domandandogli se aveva una cotta per
qualche sua compagna di classe. Adesso tutto stava per tornare normale. L’Organizzazione era stata debellata, Gin, Vodka e Vermouth, i tre personaggi
che più di tutti aveva temuto, rimasti uccisi nell’esplosione di un palazzo. Il ragazzo non sapeva ancora cosa avrebbe fatto una volta ripreso i suoi vecchi
panni che più di una volta aveva rimpianto.
“Mannaggia a me e alla mia voglia di ficcanasare”, si era ripetuto più volte nel corso degli anni mentre era sulle tracce degli Uomini in Nero. Ma basta
pensare al passato. Era nel presente e doveva pensare al futuro. Non vedeva l’ora di correre da Lei, da Ran, quella ragazza che per tanto tempo aveva
aspettato, che bramava una sua chiamata e si rattristava ogni qualvolta riattaccava il telefono dopo averlo sentito. I sentimenti sembravano chiari e palesi
ma in realtà occorreva una bella chiacchierata ed ora avevano tutto il tempo del mondo per parlare. Pensando a Ran per un momento si dimenticò di tutti
gli altri. Intanto Ai era sempre lì che lo fissava. Conan disse:
 
– Ai sei sicura di non voler riprendere anche te i panni di Shiho Miyano? Potresti rifarti una vita come farò io.
 
La ragazza scosse la testa e con un sussurro disse:
 
– qualche cellula dell’Organizzazione può essere sopravvissuta perciò non voglio rischiare di farmi riconoscere. Per di più non voglio fare un torto a lei.
Già sarà dura pensare che non ti vedrà mai più, non voglio darle anche io un ulteriore batosta.
 
Conan per un momento rimase interdetto per poi dire con espressione stupita:
 
– lei? E chi sarebbe questa lei?
 
Ai lo guardò ancora per un lungo istante per poi far volare lo sguardo su una fotografia. Conan seguì lo sguardo della ragazza. La fotografia ritraeva i due
ragazzi e altre tre persone. Due di loro erano dei ragazzi, uno alto e dinoccolato, l’altro basso e tarchiato. In prima fila, con un braccio attorno alle spalle di
Ai e Conan, c’era un’altra ragazza. Di media altezza, magra e dai lunghi capelli castani, un sorriso fanciullesco le appariva in volto. Ayumi Yoshida. Conan
capì allora che le parole dell’amica si riferivano proprio ad Ayumi, a quella ragazza il cui cuore batteva da ormai dieci anni per il piccolo Edogawa. Sorrise
al pensiero che Ai in quegli anni avesse sciolto un po’ il suo carattere e si fosse fidata di alcune persone, tra cui Ayumi.
Riflettendo per un paio di minuti capì che non poteva lasciare tutto e andarsene. Ayumi aveva il diritto di vederlo un’ultima volta nei panni di Conan Edogawa.
La ragazza c’era sempre stata nei momenti di difficoltà e aveva sempre avuto una parola di conforto per ognuno di loro. Era suo dovere parlarle.
Passarono un paio di giorni in cui Conan rifletté su come esprimere la situazione che stava per iniziare. Era la prima volta che gli mancavano le parole per
esprimersi, il che era strano data la sua straordinaria parlantina ininterrotta, anche nei momenti meno opportuni.
Era durante una di queste riflessioni che Ai, la quale era andato a trovarlo, decise di parlare:
 
– insomma Shinichi è praticamente inutile che stai qui a pensare a come dirglielo. Va da lei e lasciati guidare dall’istinto. Sarà difficile per lei e forse lo sarà
anche per te, ma so che ce la farai.
 
Conan alle parole della ragazza si convinse e fece cenno di sì con il capo. Scrisse un messaggio ad Ayumi in cui le chiese di incontrarlo al parco di Beika.
Quel parco era stato un simbolo della sua seconda infanzia. Ancora non si ricordava quante volte si fermava con la ragazza, Genta e Mitsuiko sulle altalene

a discutere di qualsiasi cosa passasse per le loro menti.
Mezz’ora dopo vide avanzare verso di lui la ormai non tanto piccola Ayumi con stampato in volto un sorriso raggiante, che avrebbe sciolto anche un ghiacciaio.
La ragazza quando vide Conan arrossì leggermente. Ormai quel colorito era cosa spontanea e lei non vi faceva più caso. “In dieci anni Conan è divenuto
ancora più carino” si ritrovò a pensare Ayumi. Un paio di volte lo aveva visto senza occhiali e ciò l’aveva lasciata con il fiato in sospeso notando l’ulteriore fascino
che il ragazzo nascondeva dietro quelle lenti. Era arrivata pure a consigliarli di mettere le lenti a contatto ma lui aveva rifiutato con gentilezza. Quegli occhiali
nascondevano uno sguardo fiero, determinato e anche leggermente sbruffone. Ma ad Ayumi piaceva anche quel lato di Conan.
 
– ciao Conan.
 
Disse la giovane avvicinandosi a lui. Poi scrutò il volto dell’amico e anche la sua espressione si scurì. Non aveva quasi mai visto quella tristezza nei suoi
occhi.
Intanto Conan sapeva che le parole successive sarebbero state come delle pugnalate per Ayumi. Non voleva farla soffrire ma la sua voglia di andare oltre
era grande, più grande della sofferenza che stava per infliggerle.
 
– Ayumi devo partire.
 
Solo quelle parole? Dopo tutti i viaggi mentali e i discorsi che si era fatto tra sé e sé, solo quello era riuscito a dire? La ragazza parve un momento confusa
e chiese:
 
– e quando torni?
 
Il ragazzo abbassò lo sguardo perché per lui era difficile continuare. Ma Ayumi continuava ad insistere:
 
– per favore parlami. Così mi spaventi. Conan te lo chiedo per favore.
 
Conan, che per la prima volta in vita sua voleva girare i tacchi ed allontanarsi, alzò con fatica lo sguardo e si maledisse nuovamente per averlo fatto.
Incrociò gli occhi di Ayumi e sentì una morsa attorno allo stomaco opprimerlo. Si costrinse a parlare:
 
– non tornerò.
 
Gli occhi della ragazza parvero spalancarsi ancora di più ma non disse una parola. Conan proseguì:
 
– mi trasferirò negli Stati Uniti insieme ai miei genitori dove cercherò di farmi strada per diventare un detective.
 
Ayumi, con voce strozzata, allungò una mano come per sfiorargli il viso ma a metà strada cambiò idea. La abbassò lentamente:
 
– ma perché non puoi rimanere qua? Resta in Giappone e prova a diventare un detective qua. Sei già conosciuto per la tua bravura e non avresti
problemi a mettere in piedi un’agenzia investigativa di buona qualità.
 
Conan scosse la testa, sperando ardentemente di concludere il discorso. Stava per arrivare al limite della sopportazione.
 
– ho aiutato tanta gente ma mi sono anche fatto parecchi nemici, alcuni molto potenti. Se me ne vado potrò ricominciare la mia vita in modo diverso.
 
Ormai le lacrime rotolavano senza freni lungo le guance di Ayumi. Conan, il suo Conan se ne andava, forse per sempre. Non lo avrebbe mai più rivisto.
Non avrebbe più potuto sentire la sua calda voce che la tranquillizzava, quando durante un’indagine del ragazzo lei si metteva sempre in mezzo e finiva
nei guai, tirata fuori prontamente da Conan. Vide Conan allungare le braccia come per abbracciarla ma lei si scansò:
 
– e non pensi a me? Non pensi a Ran? Non pensi a tutta la gente che hai conosciuto qua e che ti vuole bene? Tu adesso prendi e te ne vai, lasciandoci
soli.
 
– certo che vi penso. È per quello che te ne parlo. Perché ci tengo a te e voglio salutarti per un’ultima volta. La strada più facile sarebbe stata quella di
andarmene senza dirvi niente, senza DIRTI niente e far si che voi mi odiavate. Ma una parte di me non voleva che tu mi odiassi perciò eccomi qua di fronte
a te a parlarti. Ma ora ti chiedo di capirmi e di non rendermi le cose ancora più difficili.
 
Ayumi ormai era un pianto continuo e ogni lacrima che rigava il suo volto era una pugnalata al petto per Conan che doveva mantenere tutto il controllo
sugli arti per non voltarsi e scappare. Ayumi disse:
 
– ti prego Conan non puoi andartene. Fallo per me, non lasciarmi sola – e in un impeto aggiunse – ti amo Conan. Sei nel mio cuore da troppo tempo ormai,
che sei finito per prendere fissa dimora in me.
 
Lo abbracciò sperando che quello potesse scuoterlo un minimo ma lui si limitò ad accarezzarle i lunghi capelli. O almeno quello parve agli occhi della
ragazza. In realtà dentro Conan stava accadendo un tumulto. Avrebbe voluto dirle che restava, che non sarebbe sparito. Ma sapeva che non poteva. C’era
Ran ad attenderlo da ormai 10 anni. Era giusto che quest’attesa venisse ripagata.
Scostò per un momento Ayumi da sé e la fissò dentro quegli occhi così azzurri che nemmeno il cielo nei suoi giorni più luminosi riusciva ad ottenere.
Tutto accadde con molta naturalezza. Un secondo prima Ayumi si specchiava nelle iridi del ragazzo e un secondo dopo le labbra di quest’ultimo si
poggiarono sulle sue. Ayumi sapeva cosa significava quel bacio. In fondo quel bacio lo sperava da tanto tempo, ma non la soddisfava. Avrebbe voluto sentire
quel contatto in un momento di pura felicità e non sentirlo come un addio. Perché significava quello. Non seppero per quanto tempo rimasero così, forse
un secondo, un’ora, un giorno. Quando si staccarono Conan la guardò per un momento e accarezzandole la guancia disse:
 
– non dimenticarmi piccola Ayumi. Io non dimenticherò te.
 
Si infilò le mani in tasca e percorse il vialetto per uscire dal parco. Una lacrima sfuggì dai suoi occhi. Si sentiva maledettamente in colpa per doversene
andare e lasciare quella sofferenza dietro. Ma sapeva anche che era ora di lenirne altra che durava da troppo tempo.
Intanto Ayumi era rimasta immobile a fissare il ragazzo allontanarsi. Una brezza leggera e qualche petalo di ciliegio le sfiorò il viso.
 
Spazio autrice: Rileggendo per la millesima volta questa storia sono sempre più soddisfatta anche se immagino già che tra una settimana mi maledirò
da sola per le boiate che ho scritto. Vi chiedo, invece, qualche recensione. Siate severi e ditemi cosa ne pensate. Accetto ogni cosa, sia positiva che
negativa, l’importante è che sia costruttiva e atta a migliorare e migliorarmi.

Bacio Caroline.

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Capitolo 2
*** Voleva solo scappare. ***


Buona sera.
Dopo essermi dileguata per alcuni giorni nel nulla eccomi che sono tornata con un nuovo capitolo. Ormai le idee crescono come funghi e dopo averci
ragionato sopra credo proprio di sapere come concludere questa storia. Certo potrò sempre cambiare idea. Modificarsi e fare l’esatto opposto è caratteristica
umana e io come tutti voi appartengo a questo genere. Voglio ringraziare coloro che hanno recensito, messo tra le seguite o tra le preferite o, ancora,
semplicemente letto il capitolo. Per me è importante che possa svolgere la mia passione, la scrittura e far lavorare il mio cervello al di fuori di ciò che
concerne l’università, insieme a tante altre persone.

Un piccolo accenno alla trama. Qui Conan berrà per l’ultima volta, si spera, l’antidoto all’APTX4869 per ritornare ad essere Shinichi Kudo. Ma ancora
non sa che un problema è proprio dietro l’angolo. Andiamo a scoprire insieme qual è.

P.S. la parte scritta in corsivo è un flashback di ciò che è accaduto qualche ora prima. L’ho scritto comunque.

 
VOLEVA SOLO SCAPPARE.
 
Correva e non riusciva a smettere di mettere un passo dinanzi all’altro. Il fiato cominciava a mancarle ma non le importava. Doveva mettere quanta più
distanza poteva tra lei e LUI. Lui che tante volte l’aveva vista piangere e altrettante l’aveva consolata, le aveva mantenuto segreto una cosa così importante.
Chi era lei? Era la prima persona che passeggiava per strada e quindi indegna di fiducia? Molte volte aveva provato che era degna della fiducia di chiunque,
non riusciva a credere di essere stata tradita da lui.
Arrivò in una via sconosciuta e decise di fermarsi. Appoggiò la fronte al muro dietro di sé e la fredda pietra ebbe il dono di calmarla un momento. Dopo un
paio di minuti in cui riprese fiato si sedette su un muretto e si strinse le gambe al petto pensando a quello che aveva appena visto.
 
Qualche ora prima
 
Finalmente Conan aveva stabilito il momento in cui avrebbe assunto l’antidoto. Sarebbe stato a casa sua, in quella biblioteca nella quale spesso si rifugiava
a leggere. Leggere e analizzare tutti i microscopici dettagli di un caso, ecco quali erano i suoi passatempi preferiti. Aveva detto a Ran che andava dal professor
Agasa a provare un nuovo videogioco inventato dall’uomo.

 
– insomma Conan pensi solo a giocare. Hai diciassette anni e ancora pensi a queste cose? Ah chi li capirà mai vuoi uomini.
 
Aveva sbuffato scherzosamente Ran, scompigliando i capelli del ragazzo, che per lei era diventato un fratello minore. Ogni volta che lo guardava una piccola
fitta di dolore le trapassava il petto. Qualche giorno prima Conan le aveva detto che da lì a poco sarebbe dovuto partire con i suoi genitori e si sarebbe trasferito
negli Stati Uniti. Nessuno si poteva immaginare come avrebbe reagito la ragazza. Sarebbe scoppiata in lacrime? Avrebbe opposto resistenza? Oppure ancora
non avrebbe fatto assolutamente niente richiudendosi in sé stessa?

Niente di tutto ciò. Alle parole di Conan sorrise, felice che suo fratello potesse tornare dalla sua famiglia. Ma dentro di sé sentiva un’altra ferita che le colpiva il
cuore. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, e si continuava a ripetere che dieci anni accanto a lui erano stati un bel regalo. Ma nascose
questo pizzico di malinconia agli occhi del ragazzo, era giusto che lui potesse tornare dai suoi genitori. Lo tartassò di mille domande, su qualsiasi cosa le
passasse per la mente.

Dove sarebbe andato a vivere, quale scuola avrebbe frequentato, erano due delle molteplici domande che Conan riuscì a ricordare, talmente grande era il
flusso di parole che Ran gli rivolgeva.

 
– appena ti sarai sistemato verrò a trovarti. Non mi interessa dei soldi che dovrò spendere per arrivare fin negli Stati Uniti. Li spenderò ben volentieri.
 
Conan non aveva avuto il coraggio di dirle che non si sarebbero rivisti mai più, non dopo aver visto la reazione disperata di Ayumi. Aveva semplicemente
sorriso di rimando e fatto cenno di sì con il capo. Nel silenzio di camera sua si era messo a riflettere e la conclusione era le seguente: se Conan non spariva,
Shinichi non poteva tornare.

 
– Ran ti senti bene?
 
La ragazza si era scossa dai suoi pensieri riguardanti la notizia di qualche giorno prima, e aveva inclinato le labbra:
 
– si Conan tutto bene. Non ti preoccupare.
 
Uscì dalla stanza portando con sé il vassoio su cui prima vi erano poggiati due succhi di frutta. “Non era necessariamente un addio” aveva pensato la ragazza.
Intanto Conan dopo qualche minuto decise di ritornare a casa. Era arrivato il momento.
Nell’ora successiva non riuscì a stare calmo nemmeno per un secondo. Gironzolava in giro per casa, dentro e fuori dalle varie stanze, su e giù per le scale
per vedere ancora una volta con gli occhi del diciassettenne Edogawa, sentendo un eccitazione palpitante che lo invadeva dalla cima dei capelli fino alle
punte dei piedi. Era una di quelle rare, rarissime volte in cui il ragazzo sentiva che poteva perdere il controllo di sé. Avrebbe voluto urlare al mondo di quanto
fosse felice ma era riuscito a trattenersi dall’abbracciare le persone che incontrava per strada. Finalmente sentì una persona che lo chiamava a gran voce.
Corse alla porta e vide che si trattava di Ai:

 
– Conan sono io, Ai. Con me c’è anche il dottor Agasa. Ho tutto ciò che ci serve.
 
Il ragazzo fece entrare l’amica e il professore, carichi di aggeggi elettronici e li condusse in biblioteca. Lì era già preparato un divano su cui Conan si sdraiò.
Ai si sedette al computer e cominciò a battere frenetica sui tasti della tastiera borbottando tra sé e sé

 
– dieci anni. Mi ci sono voluti dieci anni per trovare questo maledetto antidoto, ma per fortuna ci sono arrivata. Posso considerarmi un genio. – per poi tirare
fuori dei cavi rossi e blu che vennero applicati sul capo e sul petto del ragazzo – in questo modo posso controllare i tuoi parametri cerebrali e fisici ed 
evitare qualunque rischio.

 
Spiegò con calma la ragazza ad un’occhiata storta da parte di Conan vedendo tutti quelli che non faticava a definire tentacoli, attaccati al corpo. Ai, da una
tasca interna del lungo camice bianco che indossava, trasse una piccola fiala.

Eccola lì, l’antidoto all’APTX4869, brillante, sembrava che dovesse emanare luce propria, o almeno questo appariva a Conan che guardava quel liquido
biancastro come se fosse ciò che di più prezioso avesse mai visto. Con bramosia prese con le mani tremanti il contenitore. Lo mise in controluce e dagli
occhi partì una scintilla.

 
– Bentornato Kudo Shinichi.
 
La bevve tutto d’un fiato. Nonostante il sapore amaro e nauseabondo, lo ingoiò senza fiatare per poi rilassare tutti i suoi muscoli in attesa delle reazioni.
Rimase a fissare il vuoto per circa un minuto. Poi ecco che cominciò il primo spasmo che lo colpì dritto al cuore, poi un secondo, e ancora un terzo. Sentiva
l’intero corpo scaldarsi, la febbre salire improvvisamente e un dolore che lo pervadeva ovunque. Eppure non pronunciò nulla. Se ne stette lì in silenzio,
trattenendo ogni singola parola che voleva uscirgli prepotente dalla bocca e focalizzava tutta la sua volontà su un volto, il suo volto. Il viso di Ran gli sorrideva
felice, non sembrava un sorriso rivolto a Conan Edogawa, era un’espressione che aveva sempre e solo usato con Shinichi.

Nella sua immaginazione si vide avvicinarsi, allungare una mano ormai adulta e asciugarle quella piccola lacrima che era riuscita a scappare dal labirinto
delle sue ciglia. Sentì il contatto della sua pelle fresca e morbida sotto le sue mani e il solito sorriso, dai tratti sbruffoneggianti, comparve sul suo viso. In quel
momento l’immagine di lui e Ran si bloccò all’improvviso. E poi piano piano, la vide allontanarsi. Ran rimase completamente immobile a sorridergli mentre
Shinichi cominciava a correre sperando di raggiungerla ma non vi era verso. Più si sforzava, più l’immagine sfocava e si allontanava.

Aprì gli occhi di scatto. Ci mise un paio di secondi a capire cosa era successo. Aveva avuto un’allucinazione. Ran non era veramente lì. Solo un sogno. Si
alzò di colpo e la vista gli si appannò per un momento. Ai si piegò su di lui e lo risospinse sul divano. Gli puntò una luce negli occhi, gli misurò la febbre e la
pressione e dopo quello che parve un’eternità parlò:

 
–Shinichi sei completamente te stesso ora. – sorrise per un momento e proseguì – sai è strano vederti così.
 
Gli porse uno specchio e finalmente dopo dieci anni Shinichi Kudo potè rivedere il vero sé fisico. I tratti ancora fanciulleschi presenti fino a qualche minuto
prima era scomparsi, lasciando il posto ad altri più decisi e spigolosi. Shinichi scorreva frettoloso le mani su tutto il viso assaporando il ritorno alla realtà.

 
– non so davvero come ringraziarti Haibara e..
 
Non finì la frase perché sentirono il rumore di un vaso rompersi. Shinichi si alzò dirigendosi nella direzione da cui era provenuto il suono e appena vide
chi era sentì la bocca diventare secca. Davanti a lui, con un le lacrime agli occhi e un’espressione impaurita c’era Ran. La ragazza guardò prima lui, poi
i cocci del vaso e bisbigliò:

 
– scusa..
 
Poi senza voltarsi indietro scappò. Ran corse fuori dalla porta sentendo presto il fiato diventare corto. Era andato a casa di Shinichi pensando di dare una
sistemata, credendo che Conan non avesse fatto molte pulizie e quando aveva visto il ragazzo con Ai e il professor Agasa fermi al centro della biblioteca,
sentì il bisogno di nascondersi ad osservare la scena. Nessuno si poteva immaginare il suo viso quando vide il corpo di Conan allungarsi e cambiare in
maniera così repentina. Nel momento in cui tutto era finito e vide in volto Conan senza gli occhiali, il suo cuore mancò un battito. Shinichi, Shinichi era lì
a pochi metri da lei. No, non Shinichi, quello era Conan si disse mentalmente. Ma quando sentì Ai chiamarlo con il vero nome, la realtà piombò su di lei
in un momento. Quella situazione era troppo strana, troppo particolare che la sua mente non era riuscita ad elaborare. Era indietreggiata e senza
accorgersene aveva urtato un vaso facendolo cadere. Nel momento in cui Shinichi le fu vicino, non riuscì a guardarlo a lungo in volto. Si scusò per il vaso
e corse fuori.

 
E ora si trovava lontano da lui, seduta su un muretto a fissare il vuoto. Aveva pianto tante volte, aveva sperato altrettante volte di sentire il suo tocco, ed ora
era venuta a sapere che lui le era sempre rimasto vicino. L’aveva sentita professare il suo amore per lui molte volte. L’aveva abbracciata consolandola,
facendola sentire protetta. Le lacrime di poco prima ricominciarono a scorrere. Presto venne colpita da un moto di rabbia. Perché Shinichi non le aveva
detto niente? C’erano stati tanti momenti in cui aveva chiesto a Conan se lui era Shinichi e lui aveva avuto la faccia tosta di mentirle. Ma non solo lui le aveva
raccontato delle bugie. Anche Ai, il professor Agasa e probabilmente anche Heiji l’avevano mantenuta all’oscuro di una cosa così importante. Lei era l’unica
che non doveva sapere niente. Presa dalla rabbia cominciò a piangere fragorosamente. Non le importava se la gente che passava la guardasse in maniera
storta, ciò che le interessava in quel momento era quello di cancellare quelle ultime ore. Rimase lì a disperarsi per un po’, poi con gli occhi rossi e gonfi di
pianto vide che il sole cominciava a tramontare. Si alzò e notò per terra un piccolo fiore di ciliegio. Inconsapevolmente lo raccolse e pensò al significato di
quel fiore che stringeva delicatamente tra due dita. La brevità della vita, quella vita che ognuno di noi porta avanti su questa terra è breve a confront con la
magnificenza e l’eternità della natura. Lei aveva passato una parte della sua esistenza ad aspettare un ragazzo che invece era sempre stato lì senza dirle
una parola al riguardo.
In quel momento sentì la voce del ragazzo che la chiamava. Si ridestò e cominciò nuovamente a correre. Non voleva parlargli, voleva solo scappare. Nel
mentre fece scivolare nella tasca dei pantaloni il fiore.
 
Spazio autrice: Fine secondo capitolo. Allora bella sorpresa vero? Credo che per la nostra Ran assistere di prima persona alla trasformazione di Conan e
Shinichi sia stato un bello shock. Ora lascio a voi il compito di giudicare XD.

Unica cosa da dire; so che nel punto in cui dico che Shinichi si dovette trattenere dall’abbracciare la gente che passava per strada potrei essere andata
un po’ OOC. Ma cercate di capirmi. Shinichi sta per avere indietro la sua vita. È ovvio che possa essere elettrizzato da questo momento incombente.

Vabbè basta parlare. Ora tocca a voi.
Caroline

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