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Autore: Caroline Granger    13/03/2012    3 recensioni
Prima fanfiction che ho scritto su questo fandom. Quando l'ho pubblicata il 13 marzo credevo di farne una one-shot ma nel giro di una notte mi è venuta voglia di trasformarla in una long-fig.. I protagonisti principali saranno Conan/Shinichi, Ayumi e Ran.. Chissà cosa accadrà.. Bè non vi resta che leggere.
Tratto dal primo capitolo:
"...Si sentiva maledettamente in colpa per doversene andare e lasciare quella sofferenza dietro. Ma sapeva anche che era ora di lenirne altra che durava da troppo tempo..."
In questo momento sono bloccata con la fanfiction XD spero di riuscire a riprenderla al più presto.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Detective Boys, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Buongiorno!
È la prima volta che decido di scrivere in questo fandom, pur avendo letto molte storie sul piccolo Detective & Company. Spero che la leggiate in tanti e che
la mia storia non vi faccia rimanere shockati di fronte a tale scempio XD No dai, non credo di aver scritto così male, però ho letto storie di gente molto più
brava, perciò per me sarà una sorta di sfida quella di concentrare me stessa e scrivere una piccola one-shot.

Qualche precisazione:
- sono passati 10 anni da quando Shinichi è diventato Conan, perciò sia lui che Ayumi hanno 17 anni. Perché ho scelto quest’età? Perché sentivo più
appropriato questo periodo di vita per i due ragazzi in quanto i sentimenti che andrò a descrivere sono tipici di un’adolescente avanzato piuttosto che di un
bambino.

- non è un Ayumi/Conan (dato che io sono una fervente Ran/Shinichi) solo che mi sono immaginata il mio finale personale in cui avviene anche questo
piccolo momento che i due amici condivideranno.

Ma ora basta chiacchierare e parlare a vanvera. Vi lascio alla lettura e ci vedremo in fondo per i commenti finali.
Caroline
Ecco questo è ciò che stavo scrivendo circa 24 ore fa. Ora devo correggermi su alcune cose. Da one-shot  che era ho deciso di cambiarla in una long dove vi
sarà lo sviluppo di un triangolo particolare e magari per alcuni di voi impossibile. È vero che sono una Ran/Shinichi convinta ma stanotte un’idea volava nella
mia mente XD Spero che mi seguiate in questa mia nuova avventura e che mi diate anche consigli su come rendere migliore la mia storia. Adesso dopo
un’introduzione abbastanza lunga mi lascio leggere il capitolo.

 
L’ULTIMO RICORDO DI CONAN EDOGAWA.
 
Può la paura regnare incontrastata nella mente del brillante e lodevole detective Shinichi Kudo? Erano queste le parole che frullavano costantemente
nel giovane ragazzo di ormai 17 anni.
Dieci anni, dieci lunghi anni erano trascorsi da quando il suo corpo si era rimpicciolito assumendo le fattezze di Conan Edogawa. Ma ormai quel corpo
così minuto era mutato ed era cresciuto. In tutto e per tutto rispecchiava il grande Shinichi Kudo, tranne che per un particolare. Gli occhiali, sì esattamente
quegli occhiali da vista, che a ben poco servivano per vedere meglio, celavano ancora la sua identità. Ma essa sarebbe rimasta nascosta sotto un vetro
lucido ancora per ben poco tempo.
Ai, qualche giorno prima con un tono insolitamente allegro era corso da lui, il quale aveva preso residenza a casa sua, anche se tutti gli altri credevano
che avesse chiesto il permesso di Shinichi, puntualmente arrivato, e gli aveva detto:
 
– Kudo, l’antidoto è ormai pronto. Ho controllato tutti i parametri e non dovrebbero esserci più rischi di tornare nuovamente un ragazzo. Con questa
medicina potrai ritornare ad essere te stesso e riprendere in mano una vita che hai perso per troppo tempo.
 
Il ragazzo esultò alle parole dell’amica. Ormai aveva perso quasi tutte le speranze di poter tornare come era e vivere la sua vita da ormai ventisettenne,
al fianco di una ragazza che troppe volte gli aveva rivolto lo sguardo da “sorella maggiore”, lo aveva consolato nonostante anche lei volesse scoppiare
in lacrime sentendo la mancanza di un paio di braccia che la stringessero a sé, oppure lo avevano stuzzicato domandandogli se aveva una cotta per
qualche sua compagna di classe. Adesso tutto stava per tornare normale. L’Organizzazione era stata debellata, Gin, Vodka e Vermouth, i tre personaggi
che più di tutti aveva temuto, rimasti uccisi nell’esplosione di un palazzo. Il ragazzo non sapeva ancora cosa avrebbe fatto una volta ripreso i suoi vecchi
panni che più di una volta aveva rimpianto.
“Mannaggia a me e alla mia voglia di ficcanasare”, si era ripetuto più volte nel corso degli anni mentre era sulle tracce degli Uomini in Nero. Ma basta
pensare al passato. Era nel presente e doveva pensare al futuro. Non vedeva l’ora di correre da Lei, da Ran, quella ragazza che per tanto tempo aveva
aspettato, che bramava una sua chiamata e si rattristava ogni qualvolta riattaccava il telefono dopo averlo sentito. I sentimenti sembravano chiari e palesi
ma in realtà occorreva una bella chiacchierata ed ora avevano tutto il tempo del mondo per parlare. Pensando a Ran per un momento si dimenticò di tutti
gli altri. Intanto Ai era sempre lì che lo fissava. Conan disse:
 
– Ai sei sicura di non voler riprendere anche te i panni di Shiho Miyano? Potresti rifarti una vita come farò io.
 
La ragazza scosse la testa e con un sussurro disse:
 
– qualche cellula dell’Organizzazione può essere sopravvissuta perciò non voglio rischiare di farmi riconoscere. Per di più non voglio fare un torto a lei.
Già sarà dura pensare che non ti vedrà mai più, non voglio darle anche io un ulteriore batosta.
 
Conan per un momento rimase interdetto per poi dire con espressione stupita:
 
– lei? E chi sarebbe questa lei?
 
Ai lo guardò ancora per un lungo istante per poi far volare lo sguardo su una fotografia. Conan seguì lo sguardo della ragazza. La fotografia ritraeva i due
ragazzi e altre tre persone. Due di loro erano dei ragazzi, uno alto e dinoccolato, l’altro basso e tarchiato. In prima fila, con un braccio attorno alle spalle di
Ai e Conan, c’era un’altra ragazza. Di media altezza, magra e dai lunghi capelli castani, un sorriso fanciullesco le appariva in volto. Ayumi Yoshida. Conan
capì allora che le parole dell’amica si riferivano proprio ad Ayumi, a quella ragazza il cui cuore batteva da ormai dieci anni per il piccolo Edogawa. Sorrise
al pensiero che Ai in quegli anni avesse sciolto un po’ il suo carattere e si fosse fidata di alcune persone, tra cui Ayumi.
Riflettendo per un paio di minuti capì che non poteva lasciare tutto e andarsene. Ayumi aveva il diritto di vederlo un’ultima volta nei panni di Conan Edogawa.
La ragazza c’era sempre stata nei momenti di difficoltà e aveva sempre avuto una parola di conforto per ognuno di loro. Era suo dovere parlarle.
Passarono un paio di giorni in cui Conan rifletté su come esprimere la situazione che stava per iniziare. Era la prima volta che gli mancavano le parole per
esprimersi, il che era strano data la sua straordinaria parlantina ininterrotta, anche nei momenti meno opportuni.
Era durante una di queste riflessioni che Ai, la quale era andato a trovarlo, decise di parlare:
 
– insomma Shinichi è praticamente inutile che stai qui a pensare a come dirglielo. Va da lei e lasciati guidare dall’istinto. Sarà difficile per lei e forse lo sarà
anche per te, ma so che ce la farai.
 
Conan alle parole della ragazza si convinse e fece cenno di sì con il capo. Scrisse un messaggio ad Ayumi in cui le chiese di incontrarlo al parco di Beika.
Quel parco era stato un simbolo della sua seconda infanzia. Ancora non si ricordava quante volte si fermava con la ragazza, Genta e Mitsuiko sulle altalene

a discutere di qualsiasi cosa passasse per le loro menti.
Mezz’ora dopo vide avanzare verso di lui la ormai non tanto piccola Ayumi con stampato in volto un sorriso raggiante, che avrebbe sciolto anche un ghiacciaio.
La ragazza quando vide Conan arrossì leggermente. Ormai quel colorito era cosa spontanea e lei non vi faceva più caso. “In dieci anni Conan è divenuto
ancora più carino” si ritrovò a pensare Ayumi. Un paio di volte lo aveva visto senza occhiali e ciò l’aveva lasciata con il fiato in sospeso notando l’ulteriore fascino
che il ragazzo nascondeva dietro quelle lenti. Era arrivata pure a consigliarli di mettere le lenti a contatto ma lui aveva rifiutato con gentilezza. Quegli occhiali
nascondevano uno sguardo fiero, determinato e anche leggermente sbruffone. Ma ad Ayumi piaceva anche quel lato di Conan.
 
– ciao Conan.
 
Disse la giovane avvicinandosi a lui. Poi scrutò il volto dell’amico e anche la sua espressione si scurì. Non aveva quasi mai visto quella tristezza nei suoi
occhi.
Intanto Conan sapeva che le parole successive sarebbero state come delle pugnalate per Ayumi. Non voleva farla soffrire ma la sua voglia di andare oltre
era grande, più grande della sofferenza che stava per infliggerle.
 
– Ayumi devo partire.
 
Solo quelle parole? Dopo tutti i viaggi mentali e i discorsi che si era fatto tra sé e sé, solo quello era riuscito a dire? La ragazza parve un momento confusa
e chiese:
 
– e quando torni?
 
Il ragazzo abbassò lo sguardo perché per lui era difficile continuare. Ma Ayumi continuava ad insistere:
 
– per favore parlami. Così mi spaventi. Conan te lo chiedo per favore.
 
Conan, che per la prima volta in vita sua voleva girare i tacchi ed allontanarsi, alzò con fatica lo sguardo e si maledisse nuovamente per averlo fatto.
Incrociò gli occhi di Ayumi e sentì una morsa attorno allo stomaco opprimerlo. Si costrinse a parlare:
 
– non tornerò.
 
Gli occhi della ragazza parvero spalancarsi ancora di più ma non disse una parola. Conan proseguì:
 
– mi trasferirò negli Stati Uniti insieme ai miei genitori dove cercherò di farmi strada per diventare un detective.
 
Ayumi, con voce strozzata, allungò una mano come per sfiorargli il viso ma a metà strada cambiò idea. La abbassò lentamente:
 
– ma perché non puoi rimanere qua? Resta in Giappone e prova a diventare un detective qua. Sei già conosciuto per la tua bravura e non avresti
problemi a mettere in piedi un’agenzia investigativa di buona qualità.
 
Conan scosse la testa, sperando ardentemente di concludere il discorso. Stava per arrivare al limite della sopportazione.
 
– ho aiutato tanta gente ma mi sono anche fatto parecchi nemici, alcuni molto potenti. Se me ne vado potrò ricominciare la mia vita in modo diverso.
 
Ormai le lacrime rotolavano senza freni lungo le guance di Ayumi. Conan, il suo Conan se ne andava, forse per sempre. Non lo avrebbe mai più rivisto.
Non avrebbe più potuto sentire la sua calda voce che la tranquillizzava, quando durante un’indagine del ragazzo lei si metteva sempre in mezzo e finiva
nei guai, tirata fuori prontamente da Conan. Vide Conan allungare le braccia come per abbracciarla ma lei si scansò:
 
– e non pensi a me? Non pensi a Ran? Non pensi a tutta la gente che hai conosciuto qua e che ti vuole bene? Tu adesso prendi e te ne vai, lasciandoci
soli.
 
– certo che vi penso. È per quello che te ne parlo. Perché ci tengo a te e voglio salutarti per un’ultima volta. La strada più facile sarebbe stata quella di
andarmene senza dirvi niente, senza DIRTI niente e far si che voi mi odiavate. Ma una parte di me non voleva che tu mi odiassi perciò eccomi qua di fronte
a te a parlarti. Ma ora ti chiedo di capirmi e di non rendermi le cose ancora più difficili.
 
Ayumi ormai era un pianto continuo e ogni lacrima che rigava il suo volto era una pugnalata al petto per Conan che doveva mantenere tutto il controllo
sugli arti per non voltarsi e scappare. Ayumi disse:
 
– ti prego Conan non puoi andartene. Fallo per me, non lasciarmi sola – e in un impeto aggiunse – ti amo Conan. Sei nel mio cuore da troppo tempo ormai,
che sei finito per prendere fissa dimora in me.
 
Lo abbracciò sperando che quello potesse scuoterlo un minimo ma lui si limitò ad accarezzarle i lunghi capelli. O almeno quello parve agli occhi della
ragazza. In realtà dentro Conan stava accadendo un tumulto. Avrebbe voluto dirle che restava, che non sarebbe sparito. Ma sapeva che non poteva. C’era
Ran ad attenderlo da ormai 10 anni. Era giusto che quest’attesa venisse ripagata.
Scostò per un momento Ayumi da sé e la fissò dentro quegli occhi così azzurri che nemmeno il cielo nei suoi giorni più luminosi riusciva ad ottenere.
Tutto accadde con molta naturalezza. Un secondo prima Ayumi si specchiava nelle iridi del ragazzo e un secondo dopo le labbra di quest’ultimo si
poggiarono sulle sue. Ayumi sapeva cosa significava quel bacio. In fondo quel bacio lo sperava da tanto tempo, ma non la soddisfava. Avrebbe voluto sentire
quel contatto in un momento di pura felicità e non sentirlo come un addio. Perché significava quello. Non seppero per quanto tempo rimasero così, forse
un secondo, un’ora, un giorno. Quando si staccarono Conan la guardò per un momento e accarezzandole la guancia disse:
 
– non dimenticarmi piccola Ayumi. Io non dimenticherò te.
 
Si infilò le mani in tasca e percorse il vialetto per uscire dal parco. Una lacrima sfuggì dai suoi occhi. Si sentiva maledettamente in colpa per doversene
andare e lasciare quella sofferenza dietro. Ma sapeva anche che era ora di lenirne altra che durava da troppo tempo.
Intanto Ayumi era rimasta immobile a fissare il ragazzo allontanarsi. Una brezza leggera e qualche petalo di ciliegio le sfiorò il viso.
 
Spazio autrice: Rileggendo per la millesima volta questa storia sono sempre più soddisfatta anche se immagino già che tra una settimana mi maledirò
da sola per le boiate che ho scritto. Vi chiedo, invece, qualche recensione. Siate severi e ditemi cosa ne pensate. Accetto ogni cosa, sia positiva che
negativa, l’importante è che sia costruttiva e atta a migliorare e migliorarmi.

Bacio Caroline.
   
 
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