Dagli appunti elettronici di Hilary.
“Alessio.
1) Ossessione per le virgole.”
È stupido, lo so, ma è vero!
È la primissima cosa che ho notato quando ho iniziato a leggere la prima pagina e che poi mi ha perseguitato fino alla fine.
Poi ho capito.
Il problema non è l’ossessione, il troppo amore per le virgole, ma la semplice impostazione di stile.
Devo dirlo, in tutta la one-shot gli errori che si riscontrano sono davvero pochi, e in parte anche trascurabili. Ottima cosa, quindi.
Tuttavia, ho ragione di credere che l’assenza di alcuni di questi sia dovuta proprio allo stile, che di fatto è semplice, molto semplice, e questo facilita l’autore nella stesura delle sue frasi. D’altra parte, però, lo penalizza perché l’accostamento di frasi molto lunghe e intrecciate con l’uso di rigidissime regole sintattiche rende la lettura estremamente pesante, a tratti noiosa e insapore, troppo vicina a un tema scolastico piuttosto che a un racconto quale doveva essere.
Non dico che non ci sia personalità, no. Quella c’è e, anzi, si mostra prepotentemente in certi punti, eppure continua a mancare quell’equilibrio tra la regola linguistica e la fantasia dell’autore.
Si ricorda che la lingua italiana non ha nulla a che fare con la matematica, ed è più che altro interpretativa. È un po’ come la teoria della personalità di Kardiner: esiste una personalità di base (le regole) che a tutti viene insegnata, e poi c’è l’esperienza, diversa per ognuno e che quindi creerà personalità individuali man mano che la vita viene vissuta. Stessa cosa per gli scrittori: si inizia dalla base, dalle regole, poi dalla presa di coscienza che di queste norme ne esistono tante varianti, che le stesse si possono piegare perché flessibili fino a trovare ciò che più ci rappresenta… e così ci si crea il proprio stile.
Non è detto che ogni “che” vada preceduto da una virgola, che lo stesso valga per ogni complemento di luogo o di tempo. Dipende dalla frase, dalla sua costruzione, dal tono che le viene dato… da tanti fattori, insomma. Non è detto che ogni subordinata vada segnalata con una virgola, né che per ogni coordinata ci voglia soltanto la congiunzione “e”. Sono regole di base, queste, ma non sono insindacabili. Esiste la devianza, l’errore, ma anche la varianza, l’ampia scelta.
I suoi amici non bevevano più di tanto, terrorizzati dal mostrare una loro parte che non fosse strettamente quella di facciata, mentre lui non aveva temuto di fare coming out, grazie a qualche birra di troppo, pomiciando duramente, allora diciassettenne, con il ragazzo con cui si frequentava.
Tre righe sono già troppe senza un punto, a mio parere, ma possono reggere se trattate con le pinze dovute. Qui il problema non è l’errore, che di fatto non c’è sintatticamente, ma da lettrice posso dire che è terribilmente seccante e prolissa una cosa del genere.
Troppe subordinate, troppe virgole, troppi concetti, troppo tutto.
Ripeto, non lo considero errore, ma frasi di questo peso possono essere un rischio: il lettore si perde in questi meandri, e se le prime volte prova a ritrovare il senso, man mano che va avanti si stanca e prende a leggere senza più porsi domande, capendo la metà di ciò che c’è scritto.
La semplicità non è da disprezzare.
Non ho nulla da ridire nemmeno per quanto riguarda i dialoghi. Per quanto io detesti il trattino medio spaziato, lo devo accettare come simbolo, e questo va bene.
Ammettilo, hai usato tutte le mie recensioni che ho lasciato alla tua long-fic, vero? v.v Beh, almeno il mio lavoro serve a qualcosa, dopotutto!
Tuttavia, c’è qualche imprecisione che devo segnalare.
Ma sì, dai, se voglio massacrarmi la voce ci posso provare. – il ragazzo continuava a sbuffare, innervosito dalla situazione.
– Avevo capito bene, allora. Sappi che sei dolcissimo. Ti amo, mio dolce e cretino sirenetto. – lo baciò dolcemente e si buttarono sul letto, per coccolarsi e dopo spingersi più in là.
Sono entrambe frasi separate, cioè battuta semplice e narrazione, semplicemente. Dunque, il punto è corretto alla fine della battuta, ma essendo la frase che segue una principale dovrebbe andare a capo con la lettera maiuscola.
Massimo non riusciva a vederlo senza scoppiare a ridere, ricordando un commento di Violetta, con la quale stava guardando il film assieme ad Alessio, che senza mezze misure si era espressa dicendo:
– Ma cosa sarebbe? Ma mi hanno parafrasato una storia già parafrasata dall’epica greca! Non ho parole!
Qui invece il contrario: dopo i due punti, il trattino medio spaziato deve andare di seguito.
Si vestì di corsa, con altrettanta velocità mise l’asciugamano sul termosifone ad asciugare, visto che quanto ad ordine Davide era quasi più maniacale di Eva, quasi, eh, e si sedette al pianoforte a provare un momento la canzone.
Quel “quasi, eh” lo vedrei meglio come inciso che come parte integrante della frase, quindi inserito tra due trattini.
Approfittò dell’irrigidimento – no, non quello che pensate, maliziosi – per mordergli l’orecchio.
Per questa frase aggiungo solo un mio commento personale.
L’inciso è carino e divertente, ma un po’ fuori luogo visto che, qualsiasi cosa si sia irrigidito, comunque ‘sti due siano effettivamente in procinto di fare sesso. O sbaglio?
Prese il ragazzo e lo lanciò sul divano, prima di abbassarsi, bloccargli le mani con la suddetta maglietta arancione, a mò di manette, e iniziare a leccargli l’addome, nel tentativo di aprirgli i pantaloni.
“A mo’ di” è un’elisione di “modo”, dunque vuole l’apostrofo, non l’accento.
E poi… “suddetta maglia”… Ecco che questo ci riporta al discorso di prima. Dai, sembra il verbale di un carabiniere! Meno tecnica e più creatività!
Concludo con un sorriso perché, in effetti, è la storia con meno errori del contest (e per alcuni accorgimenti dovresti ringraziarmi per le precedenti recensioni v.v), e di questo sono felicissima, ma questa ossessione per le regole a volte ti porta a scrivere più su uno stile di articolo di giornale che di racconto vero e proprio. È un po’ fastidioso, bisogna ammetterlo.
Dunque, voglio premiare la forma da una parte, ma penalizzare lo stile… come faccio?
Pensandoci un attimo, uno stile originale e incalzante in una storia con qualche errorino è passabile e si legge lo stesso volentieri, a differenza di una storia sintatticamente perfetta con uno stile un po’ scolaresco. Però è anche vero che un po’ di personalità è venuta fuori…
Vabbè (termine riconosciuto dal DOP, per essere chiari), per una volta voglio premiare qualcosa di diverso, e in questo caso la capacità di utilizzo del trattino medio spaziato nei dialoghi. Dopotutto, è stato l’unico ad averlo impiegato correttamente in questo contest. E io ci tengo a certe sottigliezze…
8/10
Hilary
Giudice della grammatica e della sintassi
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