Ed eccomi di nuovo qui, tra le tue storie. Questa, in particolare, l'avevo inserita tra quelle da recensire appena l'hai pubblicata, ma poi, tra una cosa e l'altra, mi è andato via di mente e quindi sono qui ora - sì, il tempismo non è il mio forte. Comunque.
Questa OS mi è piaciuta da subito, dalla prima di immagine di Theo che suona sulla Torre di Astronomia, perché lì gli sembra di essere più vicino al cielo. Sai, di Theodore Nott non si sa praticamente nulla, ma io, nella mia testa, me lo sono sempre immaginato esattamente come l'hai descritto tu: un ragazzo silenzioso e dimesso, che non si sente a disagio nel silenzio e che interagisce con le persone solo se tra loro c'è un particolare legame o se proprio è obbligato a farlo. In questo caso, certo, non si rientra in nessuna delle due situazioni, ma è pur sempre vero che si tratta di Luna; e Luna è diversa da chiunque altro. Ed è per questo che Theo sente istintivamente che può fidarsi di lei, che con lei può essere se stesso, senza vergognarsi di nulla, perché lei non lo giudicherà mai.
E, sempre parlando di Luna, sei riuscita a caratterizzarla magnificamente: dalla motivazione che espone a Theo per dare un nome al Patronus, al modo in cui ammette di avere pochi amici, alla tenerezza con cui dice a Theo che le mancherà.
Un'altra cosa che mi è molto piaciuta della tua storia è l'atmosfera che sei riuscita a creare: la musica della chitarra, la Torre, la notte... Tutto aiuta a creare una specie di "atmosfera sospesa", a sottolineare che quel momento è solo lì per loro, che ciò che hanno condiviso a persino un che di magico.
Davvero una bella storia, l'ho letta molto volentieri e l'ho apprezzata in ogni più piccola parte. Complimenti! |