Sì, ci sono, sì.
Eccomi a commentare il primo capitolo effettivo della storia (anche perché il prologo a ‘sto punto possiamo considerarlo un prequel). E devo dire che è un ottimo punto di partenza. L’atmosfera che sei riuscita a creare attorno ai due personaggi principali è molto coinvolgente e cattura il lettore all’interno delle vicende, come se si trovasse a due passi da ciò che sta succedendo, e non davanti a uno schermo piatto a leggere una storia. E questo è ciò che ogni bravo scrittore dovrebbe riuscire a fare. Quindi, sì, ancora una volta: sei stata grande. E mi sa che te lo ripeterò ogni capitolo, quindi vedi di abituarti a queste lusinghe/moine che mi escono dalla bocca.
By the way, analizziamo il capitolo con oggettività e metodo critico. Lo stile di scrittura continua ad essere stupendo, ricco di parole nuove, ma soprattutto appropriato. Secondo me, le parole di un buon racconto devono essere armoniose, in sintonia fra di loro, devono avere la giusta musicalità, il ritmo perfetto. E tu ovviamente azzecchi tutti i tempi e crei una storia fluida e mozzafiato.
Procediamo un po’ alla volta.
Ci appare chiaro - se non lampante - fin da subito che nell’intervallo di dieci anni fra il Prologo e il Primo Capitolo (mi pare fossero dieci più o meno, giusto?), il rapporto fra i due promessi sposi e il loro atteggiamento non è minimamente cambiato, nell’ormai consueta atmosfera famigliare opprimente che li circonda.
Abbiamo un Klaus vestito di tutto punto, in tiro, con una cravatta che a momenti gli stringe la gola quasi come il pensiero di doversi unire in matrimonio con il Ponte di Londra. Klaus è tormentato, e perciò beve. Non vorrebbe essere lì, a cena, circondato da gente che non sopporta, costretto a stamparsi un sorriso sulla faccia, obbligato ad obbedire alle richieste dei suoi genitori. E quindi non ci pensa due volte a versarsi l’ennesimo bicchiere di vino, ancora e ancora.
Dal canto suo, London non è da meno. Ma in qualche modo si tiene la sua frustrazione dentro, non lascia trasparire quello che prova e si limita a rimanere in silenzio e a guardare da tutt’altra parte. Non è affatto una sorpresa che inavvertitamente arrivi a pestare il povero piede di Klaus con un tacco da trentadue centimetri. Ma pace amen.
Il momento del ballo è quantomai intenso. E’ il momento clou del capitolo, in cui i due giovani si mettono a nudo uno di fronte all’altro e a passi di danza mettono a confronto i propri sentimenti: l’odio, la rabbia, la voglia di dimostrare di contare qualcosa ma allo stesso tempo la voglia di staccarsi e tornare ognuno al proprio posto. Il contatto fra loro è estraneo e pressante, è una continua sfida a chi è migliore, in una guerra di sguardi e movimenti in cui non si capisce mai chi fra i due sia il più testardo.
Questo capitolo è pieno di risvolti interessanti, e con battute e dialoghi brillanti approfondisce diverse sfaccettature dei caratteri dei due protagonisti. Le loro psicologie sono già complesse, proprie, umane e quantomai lontane dagli stereotipi assai comuni in cui uno scrittore alle prime armi tende a cadere. Francamente non so chi adoro di più fra i due, sono entrambi meravigliosi. E persino Ben, con poche righe e due battute, ha già una buona inquadratura a livello caratteriale.
La seconda parte del capitolo, invece, è incentrata sulla figura di Klaus che, ovviamente, non può che tagliare la corda e rifugiarsi in un vero e proprio bordello, nella parte più malfamata del distretto. E London, a modo suo, non può che seguire il suo esempio e allontanarsi dalle persone che ai suoi occhi fanno di tutto per rovinarle la vita. Lei ha pensieri più importanti, e gli occhi le luccicano.
Almeno finché non passa di fianco a delle stradine in cui non so di quali rumori disagiati rimane vittima, ma che si vede costretta ad attraversare, attratta dalla curiosità. E qui capiamo che London è curiosa, il che non sempre è una buona cosa.
E quindi arriviamo al secondo incontro di Renzo e Lucia. Ma c’è un piccolo problema: Renzo è completamente ubriaco e Lucia ha lo schiaffo facile. Ed ecco servito al lettore un susseguirsi di dialoghi geniali e battute esilaranti fra i due, che sfociano in un bacio che, anche se ad occhi indiscreti potrebbe sembrare finto, non potrebbe essere più vero e più sincero di così. Semplice, concreto. Un bacio che magari non significa niente, ma che allo stesso tempo inizia a dare una svolta nel loro rapporto. Tanto che London risponde. E non è cosa da poco, se contiamo che fino a cinque secondi prima i due si stavano giusto un po’ scannando.
La terza parte del capitolo è incentrata su London. E su suo fratello. E sul sesso fra London e suo fratello. E sul fatto che, nonostante l’avvertimento incest, il lettore non può che fermarsi un secondo e trattenere un’esclamazione. Perché la scena è presentata in sé, cruda, tremendamente reale. Non ci sono indizi precedenti su una loro possibile relazione. Lo si viene a sapere, e basta. Così. In una tecnica narrativa geniale, davvero. Un secondo prima Ben chiede come è andata la cena, e un secondo dopo London gli dice un “ti amo” che di certo non passa inosservato. E il lettore non se lo aspetta, ci rimane. Ma l’autore non dà spiegazioni, non chiarisce i dubbi, né niente. Si limita a descrivere ciò che è scontato e a cui tutti dovranno prima o poi abituarsi.
Brillante.
E arriviamo così alla fine di un capitolo soddisfacente e appagante, che inizia a delineare i contorni della storia e accompagna il lettore in un cammino destinato a durare un bel po’ di capitoli. Devo dirlo, sono molto entusiasta del risultato, e appena riesco mi fiondo anche sul capitolo successivo (con tutta la forza di volontà di cui dispongo, cercherò di mantenere il ritmo di una recensione al giorno).
E niente, shippo Bendon, bao.
Al prossimo capitolo, FolleH. <3
Baci e abbracci dal cruento predatore.
Norgor. (Recensione modificata il 26/08/2014 - 02:53 pm) (Recensione modificata il 26/08/2014 - 02:55 pm) |