Ho un debole per le storie che cercano di andare oltre il semplice "essere una storia", per i racconti che hanno qualcosa da dire. Per quelle storie che trasmettono a ogni riga il loro avere dietro una serie di riflessioni personali e serie, profonde. Storie che non sono vuote, ma che esistono per raccontare qualcosa. Significative, oltre che belle da leggere.
Questa storia è tutto questo.
Mi piacciono moltissimo le riflessioni sul proprio ruolo nel mondo, sull'incertezza del futuro. Sulla grandezza del mondo, percepibile soprattutto all'inizio, rispetto alle dimensioni di una singola vita. Sono temi che sento anche miei, di cui mi piace moltissimo leggere. Vorrei ci fossero più storie come questa più storie che riflettono e non sono più solo storie.
Le riflessioni di fondo sono molto, molto intelligenti e ben sviluppate. L'incertezza profonda, il fatto che ogni singolo gesto, non solo le scelte ponderate, possa cambiare una vita. L'idea che nel mondo ci sia così tanto, ma abbiamo potere su un pezzettino così piccolo di realtà e non sappiamo gestire nemmeno quello.
La paura dell'ignoto, della vita che non dura per sempre. La consapevolezza di non essere invincibile, che non è così scontata.
Ogni tema è trattato in modo estremamente coinvolgente e molto, molto piacevole: le frasi sono musicali ma dirette. Non sono mai troppo elaborate, mai troppo intricate. Trasmettono esattamente ciò che vogliono esprimere, all'istante.
E quell'uomo senza nome e senza volto, che potrebbe essere chiunque, rappresenta così bene una generazione intera. La rappresenta senza pretendere di avere tutte le risposte, senza moralismo. E quel gesto semplice alla fine, quel gesto sicuro, è la conclusione perfetta: l'uomo ha paura dell'ignoto, e si concentra sul conosciuto, dimenticandosi tutto il resto. È così realistico, questo passaggio, da dare i brividi.
Un racconto magnifico, scritto in modo professionale e assolutamente efficace. |