questa cosa l'ho già letta... quando?
ah sì, ieri, quando l'hai inviata per mail. che memoria corta che ho, ma ora recensiamo.
l'unica cosa che avevo notato era "wattaggio" che non pensavo esistesse, ma cercandola su Internet l'ho trovata, menomale quindi, no?
così è vera la teoria che non sbagli mai.
beh recensiamooooooo!
allora qua si parla di Csavier, ma non ho suggerito io il nome Atena (come sarebbe potuto sembrare, anche se non è violazione di copyright) quindi puoi assicurare Asciura_Ecsarc.
beh è molto bella la storia, anche se il titolo è scritto in aramaico/o altra lingua strna che ovviamente non conoscerai neanche tu perché noi siamo esclusivi e fantastici come Soulwriters Team, il club più esclusivo che c'è!
*Ola*
questa parte è molto bella, introspettiva, rispecchia il personaggio:
"Sono nato tre chili e trecentocinquanta. Sì, suppongo di esser nato come una persona normale. Non che adesso io non sia normale, per quanto la parola normale sia così utilizzata a sproposito (insomma, io posso definirmi normale, e anche lei che mi ascolta può farlo, ma io e lei non siamo uguali, e quello che è normale per me può non esserlo per lei), ma fin dall'inizio avevamo capito che c'era qualcosa di straordinario in me. E non parlo del peso, o della mia opinione sulla soggettività della parola normale.
Parlo del fatto che quando una persona nasce, comincia il suo percorso nella vita. Dapprima gattona, ed è più vulnerabile, ma i problemi a quell'età sono relativi. Poi impari a camminare, a parlare, e a capire. Cioè, lì i problemi cominciano a nascere, ma non sono mai paragonabili a quelli che peschi quando impari a correre. E a quando rallenti, sia ben chiaro.
Io, invece, ho dovuto subito imparare a correre. Altrimenti mi avrebbero preso"
ed anche la parte di frammenti è la migliore no?
beh è scritto bene, come sempre, e ti voglio segnalare la parte che secondo me è stata migliore, perché mi piace:
Atena ansimava, faticava a respirare. Yuki era sorpresa del fatto che ancora non avesse reagito come la danzatrice che la precedeva.
Questo perché diventare una Kimono Girl non era semplice. Bisognava avere delle caratteristiche fisiche e comportamentali particolari, oltre ad una bellezza fuori dal comune.
Fin da bambine venivano addestrate ad entrare in piena empatia con il loro Pokémon. Atena aveva un Espeon bellissimo. Bisognava curare al massimo il proprio compagno, renderlo felice e soddisfatto.
Ad un certo punto si cominciava con la danza. I movimenti dei corpi delle donne e quelli dei loro Pokémon dovevano essere perfettamente coordinati, armoniosi e felici.
Il volto non doveva trasparire alcuna emozione se non tranquillità, serenità dell’esistenza.
Difatti vederle in quel modo era del tutto una novità, anche per ognuna di loro.
Yuki guardava Atena stringere gli occhi. Lacrime cristalline le pendevano stalattitiche dal mento tremante, finendo a sporcare il Kimono poggiato sui seni acerbi.
Tuttavia lo sguardo di Atena, una volta riaperti gli occhi, era strano.
Quell’uomo in giacca l’aveva rapita, anche metaforicamente parlando. Come un addestratore con un cobra, spostava il suo sguardo su di lei, e lei lo seguiva col suo.
“Verrai con me?” chiese, avvicinandosi ulteriormente al volto di quella con le labbra, sempre mantenendo il contatto visivo.
Atena si limitò ad annuire lentamente, con le labbra schiuse.
“No! Atena, non farlo!” urlò Yuki, facendo voltare immediatamente tutte le altre Kimono Girl, ed aizzando i Pokémon chiusi nella gabbia.
Fu allora che Yuki vide Xavier, steso per terra.
Spalancò gli occhi, la bella moretta. Doveva liberarsi, doveva salvare il bambino, altrimenti non sapeva dire con certezza cosa gli avrebbero fatto.
In quel momento esatto l’uomo stava sciogliendo i nodi alle caviglie della ragazza. Era distratto, e quindi era il momento perfetto per cercare di liberarsi. Alzò la testa e guardò i nodi, stretti, ben fatti.
Sapeva che non doveva tirare, altrimenti avrebbe stretto ancora di più il giogo sui suoi polsi.
No, avrebbe dovuto fare leva con qualcosa per allargare le funi.
Ma cosa? Si guardava attorno, e a portata di mano aveva solo le funi stesse.
Vide poi il rosso che si alzava, spogliando con lo sguardo Atena, che adesso poteva muovere i piedi. Uno dei calzari in legno era caduto, l’altro era rimasto appeso all’alluce."
anche se descrivi l'allenamento delle "danzatrici" come fossero delle geishe puttanelle va bene lo stesso, è più nl tuo stile, anche se non penso ci voglia un genio per fare quattro passi vestite da clown no?
Barks |