Diamo a Cesare quel che è di Cesare e a Foster quel che è di Foster: “Amo Ami e non temo nulla” è stato il mantra che l’ha accompagnato in tutta la saga (si, elle, puoi scrivere anche di ranocchi inferociti il cui dna è stato modificato da una perfida società segreta che odia le Sailor e lui dirà sempre quello, senza smuoversi di un millimetro – dove mi sarà uscita st’altra boiata non lo so e non indago :D).
Coda di paglia a parte (tranquillo, boy, non sei di fronte all’inquisitore Kenji che riesce a leggerti TUTTI i pensieri impuri), Foster è stato un po’ l’occhio onnisciente della situazione. Osserva, scruta, tira le somme; mi è piaciuto come l’hai usato per descrivere il punto di vista su Ami :)
Questo capitolo mi ha lasciato un’estrema sensazione di agrodolce.
Il disegno conservato, quel filo rosso che lega padre e figlia in una sorta di complicità (che vedo un po’ come una campana di vetro dove stanno solo loro due), quell’essere quasi sollevato dall’idea di una figlia che non è come lui, seppur riconosca in lei un tocco, non solo meramente “artistico”, di sé. Ecco, forse ho intravisto un padre che si preoccupa per la figlia leggendo tra le righe: sono conscio dei miei errori e dei miei limiti, tu non essere come me, troppo vago, troppo distratto, troppo in un mondo mio.
Vedo un qualcosa di molto forte, possiamo pure dire speciale, che unisce Ami a suo padre; non parlo di una figura idealizzata, che secondo me banalizzerebbe il concetto. Ami vuole molto bene a suo padre, sinceramente. Così come ne vuole a sua madre (che ha contribuito, al pari di Koji, alla crescita e maturazione di Ami). Il punto è che lei si è adeguata, adattata. Non nel senso negativo del termine, altrimenti non sarebbe una ragazza fondamentalmente equilibrata e giudiziosa come invece è. Forse è stata troppo matura per la bimba che è stata: ha capito (e perdonato, altrimenti non percorrerebbe chilometri a vuoto per una giornata insieme) l’inquietudine di suo padre che non è riuscito a inquadrarsi in una vita fatta di concretezza (la vita è fatta di atti quotidiani e pratici, inutile girarci attorno). Ha capito anche sua madre, la parte logica di lei, che ha riversato sul lavoro le sue energie. Occhio, non sto dicendo che entrambi – la madre soprattutto che l’ha tirata su – l’abbiano abbandonata a se stessa, né giustifico il loro comportamento, ma è come se – e l’hanno fatto – avessero detto: Ami è buona e capisce, posso pensare a me. Che, in un mondo in cui in genere è il genitore a rimettere in discussione le priorità, senza rinunciare a se stessi, ci mancherebbe, ma ridefinendo la propria vita a favore di un figlio che reclama attenzioni, è un po’ singolare.
Qui il punto non è accontentarsi di ricevere briciole o affetto a metà (paradossalmente Ami l’ha fatto), è proprio la capacità – arma a doppio taglio – di questa figlia di mettersi nei panni degli altri: mio padre è insofferente della concretezza e va via di casa, lo raggiungo io, mia mamma è concentrata sul lavoro e io studio e non la faccio impensierire… Alexander ha la sua vita, le sue ambizioni, io lo lascio vivere :) Lei scegli di dare all'altro una possibilità, negandola a se stessa e riuscendo addirittura a restare in equilibrio, senza cadere.
Quello che voglio dire è che non vedo Ami come la classica ragazza irrisolta nei confronti della sua famiglia e il fatto che lei non serbi rancore e che abbia trasformato una mancanza in generoso affetto la rende una persona speciale proprio per questo. Qui è di una tenerezza disarmante… idem Alex, che, guardandola con gli occhi dell’amore, la difende ad ogni passo falso del padre.
Ami non ha ancora imparato ad anteporre, ogni tanto, i suoi bisogni a quelli degli altri: Koji è stato il miglior padre per lei perché lei ha voluto così. Non per accontentarsi – anche se in fondo l’ha fatto – ma perché ha… capito. Per una ragazzina è una forte dose di altruismo. Quello che lascia l’amaro in bocca è che se da un lato non puoi parlare di genitori scriteriati – mi riferisco di più alla madre che ha rappresentato una figura genitoriale di riferimento – d’altro canto non ti senti nemmeno soddisfatta per Ami. Perché, cara la mia Ami-chan, tu sei stata brava ad andare oltre e sei cresciuta bene, ma NON va bene così: da un padre mi aspetto qualcosa in più :)
Sicuramente non darei solo a lui le responsabilità, quelle si dividono in due e messa così non so fino a che punto i genitori di Ami si sentissero davvero pronti ad avere un figlio: uno ha seguito l’istinto, pur rimediando (si può rimediare con un figlio?) con delle pezze d’affetto, l’altra si è rimboccata di più le maniche, ci ha messo il senso pratico, ma… sono stati fortunati ad avere una figlia come Ami, di sicuro.
Sì, elle, questo capitolo per me è molto Ami-centrico: hai introdotto un nuovo personaggio, ma non riesco a vederlo, è evanescente così come si rende tale nella vita della figlia. So che c’è – e che c’è potenzialmente del buono in lui… e peccato per lui che viaggia in parallelo con una figlia che merita di essere accompagnata per mano – ma rivolgo la mia attenzione a lei. In un certo senso, anche Alex ha fatto questo, ha spostato lo sguardo su chi gli interessa davvero :) Non so se hai scritto con questo intento, ma ci hai fatto conoscere una nuova parte di Ami con questo capitolo :) Koji è marginale, lo intravedi all’orizzonte. Che peccato, elle, peccato per uomo lasciare andare una figlia! Doppio, se consideriamo che Koji è assolutamente e lucidamente consapevole dei suoi limiti. Dolcissima Ami che li supera e lo raggiunge anche in capo al mondo: speciale come solo lei sa essere :)
Grazie della lettura :*
PS: Ihih, piccola modifica :P (quando qualcosa mi piace, rimurgino all’infinito). Quando dico che Ami è riuscita a restare in equilibrio mi riferisco essenzialmente ai genitori: per il suo bene – a livello proprio mentale – sorridi di fronte a una figlia che riesce a non avercela con un padre così assente (pur avendo le sue ragioni, se così fosse stato). Idem, con la madre, della quale è riuscita a colmare la separazione, riempiendola con tanto studio, per dirne una. Arriva un momento in cui, però, ci si stanca di essere sempre i primi a venire incontro (Ami avverte la sua solitudine, quando, grazie alle amiche, capisce che c’è anche dell’altro oltre a quello) e Alexander per lei ha rappresentato questo: è stata la prima volta in cui Ami ha scelto se stessa. Ci aveva provato a lasciarlo andare – patendo già la separazione appena l’aveva fatto – ma non c’è riuscita ed è come se avesse detto “Ok, a volte esisto anch’io e mi godo qualcosa che sia solo mio”. L’amore le ha quasi regalato l’amor proprio. Che non è quello di Makoto che era assetata di amore, perché l’ha perso troppo presto con la morte della famiglia, né quello di Rei – che, agli antipodi rispetto ad Ami, SA che lei merita – e pretende di avere - un padre degno di questo nome (Rei, suo padre, lo lascia andare perché sa che lui non è ciò che vuole, la sua maturazione si completa quasi smettendo di soffrire per una figura che le ha solo procurato rabbia – si può vivere autonomamente con quell’uomo fuori dalla sua vita, forse è già arrivata a questo punto). Ami invece sta lì, quieta e tranquilla, sazia di un qualcosa che invece dovrebbe lasciarla ancora affamata. Le sue amiche prima le hanno mostrato un tipo di affetto che lei non sapeva forse di poter avere – quante volte l’ho immaginata e vista nell’anime – quasi grata di averle – ed Alexander le sta mostrando ora, in modo più completo - perché è amore – la stessa cosa. L’alternativa alla sua scelta inconscia di muoversi seguendo le decisioni degli altri l’ha portata alla solitudine: le sue amiche prima, ed Alex poi, sono tornati testardamente a riprendersela :) Se penso a questa nuova opzione, a questo regalo tutto per lei, sorrido :) Dove c’è un abbraccio, c’è casa… Ami si costruirà la sua :)
(Se non mi do un contegno, non la finisco più di scrivere :D Un bacio!) (Recensione modificata il 02/05/2015 - 09:05 am) |