Recensioni per
Il corpo di chi ti ama
di Dolores Haze

Questa storia ha ottenuto 6 recensioni.
Positive : 6
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
16/01/16, ore 14:50
Cap. 2:

Avrei giurato che la visione che Sherlock Holmes ha di John Watson si traducesse in termini molto più mentali, sfociando poi nell'emotività e invece è un ritratto molto fisico. Oserei dire carnale, quasi. Sherlock ci offre l'immagine di John Watson in ogni suo più piccolo particolare, come se lo avesse di fronte e potesse vederlo o come se se stesse girando un filmato in cui lui è l'unico soggetto. Ha fatto di lui una fotografia in ogni stato emotivo e ne riconosce le sfumature con un'abilità che è impressionante per qualcuno che si definisce "sociopatico". Sherlock sa tutto di John e questo mi pare evidente. E mentre si legge tanta minuzia di particolari ci si ritrova a pensare quanto tempo abbia trascorso ad osservarlo. Ragion per cui, nel suo ritratto mette ogni cosa. Il sopracciglio corrucciato, la piega delle labbra, le spalle, il collo... è un'immagine davvero nitida quella che ci offri e se non fosse stato per quel passaggio all'inizio avrei creduto che quello di Holmes fosse né più, né meno un mezzo per passare il tempo. Come se il ritratto di John fosse un qualcosa che non lo riguarda direttamente, e che viene fatto esclusivamente per noia o per passare il tempo. E invece, ad un certo punto, c'è questo passaggio:

"Ti ho raffigurato con un’espressione seria, corrucciata, – ecco, aggiungo due segni tra le sopracciglia – la stessa che hai quando sei concentrato sul tuo blog, su un passaggio particolarmente difficile di un caso, o quando ripensi al passato, all’Afghanistan, seduto nella poltrona di fronte alla mia, mentre io muovo con rabbia l’archetto del violino, e sono saturo, sporco di accidia. Tu mi guardi ma non mi vedi, io lo so e taccio, o fingo di non saperlo e continuo a riempirti di parole sciocche, vuote, indispensabili per sopravvivere."


Questo periodo è gradioso. Parlo sul serio. Nella prima parte, Sherlock ritrae un John non sereno. Un John che è troppo serio e corrucciato per poterlo essere. Non è divertito, non sorride e Sherlock ne è palesemente infastidito. In un primo momento trovavo curioso il fatto che Sherlock lo ricordasse in un frangente in cui sembra essere tormentato da qualcosa, che siano ricordi della guerra o un passaggio del blog che non sta venendo troppo bene. Poi però ho capito e ho compreso nel momento in cui, in quella frase qui sopra, hai cominciato a descrivere Holmes. Dalla parte opposta al dottore, infatti, c'è proprio Sherlock. Al solito seduto dall'altro lato. Ce lo ritrai in un modo che personalmente mi è caro, ovvero con il violino tra le mani intento a stuzzicare le corde o ad agitare l'archetto. Ma non è tutto, ovviamente. Perché l'espressione che ha è infastidita. In effetti sembra essere il solito Holmes di sempre, annoiato e rompiballe. Ma noi sappiamo che non sono i suoi soliti capricci a renderlo rabbioso. Mi è parso come se Sherlock rispondesse all'inquietitudine di Watson, reagendo in questo modo perché non può fare altrimenti. Come se si sentisse impotente di fare qualcosa, come se in lui ci fosse il desiderio di fare di più, ma al tempo stesso non riuscisse a farsi vedere per quello che è, per quello che prova e sente. Perché John non lo vede, non riesce a vedere davvero quanto profondo è il sentimento di Sherlock. E io credo che sia vero, indipendentemente da come si concepisce il suddetto senitmento. A mio avviso hai cetrato il punto in maniera molto precisa. L'incapacità di Holmes di mostare il proprio affetto se non con gesti estremi, è sempre un nodo drammatico da sciogliere per un autore. Perché ci si ritrova a domandarsi sempre se Sherlock lo farebbe o lo direbbe mai una qualsiasi determinata cosa. Tu lo hai ritratto alla grande, mettendo Sherlock e John in una situazione che ben conosciamo, seduti nel salotto di Baker Street uno di fronte all'altro, immersi in una situazione che per loro (e per noi) è familiare. E forse è proprio per questo che l'immagine di questo Sherlock frustrato e arrabbito con sé stesso e con la propria incapacità di aprirsi, colpisce come uno schiaffo. Fa quasi male. Forse vorrebbe che John vedesse, che fosse un po' più come lui. Ma al tempo stesso sa che un John più simile a Sherlock Holmes non gli piacerebbe affatto. Sì, Sherlock mi è parso bloccato in un paradosso bello e buono. E il fatto che tu ci abbia regalato tutto questo, dentro quello che è un ritratto... beh, mi ha lasciata a dir poco senza parole.

Complimenti, intanto inserisco la raccolta fra le seguite.
Koa

Recensore Master
16/01/16, ore 14:19

Era già da diversi giorni che avevo questa storia nell'elenco delle cose da leggere e oggi ho pensato di cominciare a smaltirlo partendo da questa. L'idea che hai avuto mi piace parecchio, la trovo stuzzicante. Prima di tutto mi pare un qualcosa di originale pur essendo un Post-Reichenbach. E poi per via del fatto che Sherlock si ritroverà ad offrire la propria visione delle persone che gli stanno attorno. Sarà interessante vedere il tutto filtrato dai suoi occhi, soprattutto perché in Sherlock Holmes c'è molto di più di quello che c'è in un comune mortale, il suo miscuglio di logica, freddezza e sentimenti impazziti non è mai facile da gestire.

Il primo capitolo è introduttivo e mi è piaciuto parecchio, soprattutto per come hai gestito certi passaggi. Mi sono figurata ogni momento a cominciare da questo Sherlock costretto dentro quattro mura e con niente da fare, si presume che potrebbe pure impazzire di noia, eppure non dà di matto, non si mette a sparare al muro o a distruggere cose. Anzi, è come se si lasciasse andare all'apatia. Sherlock è evidentemente sconvolto. Lo si nota da tutti quei piccoli dettagli che hai sapientemente aggiunto alla trama. A cominciare dalle parole di John che gli tornano alla mente, e già questo di per sé sarebbe sufficiente. Ma poi ho notato anche altro, come il fatto che abbia iniziato a disegnare John senza rendersene conto. Sherlock non è un qualcuno che fa le cose sovrappensiero e per aver cominciato a tratteggiare John, è perchè il suo cervello dev'essere piuttosto sconvolto al momento.

Ma comunque, vado a leggere il secondo capitolo.
Koa

Recensore Master
15/01/16, ore 22:48
Cap. 2:

“…Ti ho raffigurato…”: si passa alla prima persona, a Sh, direttamente a guardare intorno con i suoi occhi ed attraverso le sue emozioni. Questa prospettiva non è semplice da sviluppare in quanto il personaggio è complicato, introverso e con manifestazioni spesso di difficile interpretazione. Ma vedo che tu hai condotto il capitolo con sicurezza, con credibile caratterizzazione di ciò che esce dall’animo, o meglio dal cuore, del consulting. Ed è John che occupa tutto di lui, al punto da diventare per Sh non solo un “conduttore di luce” ma un “conduttore”di vita (“…sentire la vita parlarmi, rispondermi attraverso i tessuti e le cellule…”), indispensabile in modo viscerale per poter continuare ad andare avanti senza lasciarsi annientare dalla tensione all’autodistruzione. “…è stato come incarnarti in me, incarnarmi in te…”: ecco ciò che lo salverà dal vuoto di una vita senza John e cioè la certezza di poterlo ritrovare, per esprimergli, finalmente, tutto quello che, fino ad ora, è stato represso dalla paura di trovarsi di fronte ad una porta chiusa, ad un cuore sbarrato. Mi è piaciuto molto questo capitolo, che ritengo più impegnativo del primo. Brava.

Nuovo recensore
10/01/16, ore 23:41

Che inizio dolce e promettente! Sono davvero molto colpita :) Effettivamente siamo abituati al post-Reichenbach dopo qualche mese, ma è la prima volta che mi capita di leggere del momento appena successivo da parte di Sherlock. Ho trovato tutto molto coerente anche rispetto alla serie stessa, e non vedo l'ora di leggere i prossimi capitoli! Nel frattempo finisce dritta tra le preferite <3 Alla prossima :3

Recensore Junior
10/01/16, ore 17:12

Ritratti come fotografie?!
L'idea è molto dolce. Dato com'è tornato Sherlock a Londra, ovvero molto più aperto ai sentimenti, credo che davvero la lontananza e sventare Moriarty lo abbia fatto riflettere e fatto sentire la mancanza di tutti.
Inoltre, credo sia scritta bene :)

Recensore Master
10/01/16, ore 14:37

Efficace il tuo ritrarre questo momento di introspezione che si riferisce ad un argomento, Sh solo nell’immediato post-Reichenbach, che è stato sviluppato in tantissime forme, soprattutto grondanti di disperazione e di vuoto. Qui siamo in pieno angst e i termini con cui, per esempio, caratterizzi l’ambiente in cui si svolge la ff lo denotano in modo evidente: “…piccola e squallida…brandina rigida…le pareti ingiallite…il pavimento dissestato, la sporcizia coagulata negli angoli…luce fredda e intermittente… il tessuto era viscido e umido…sedia sgangherata…”. Ma poi, nonostante la situazione dolorosa in cui si agitano i pensieri di Sh, ecco una speranza di positività, un respiro tranquillizzante. Infatti, dal punto di vista linguistico (scusa, ma ne sono una maniaca), le parole assumono una valenza più rassicurante: “…nuove… una linea... gradevolmente odoroso… nuova, candida, di buona fattura…”. In effetti il cuore di Sh ha ridotto al silenzio la sua razionalità e, grazie ai sentimenti, ha trovato la strada che lo aiuterà a superare il distacco da chi ama. La sua mano che ritrae la persona più importante della sua vita lo guida ad una certezza consolante: tornerà da lui il più presto possibile. Brava.