Recensioni per
Il corpo di chi ti ama
di Dolores Haze
Avrei giurato che la visione che Sherlock Holmes ha di John Watson si traducesse in termini molto più mentali, sfociando poi nell'emotività e invece è un ritratto molto fisico. Oserei dire carnale, quasi. Sherlock ci offre l'immagine di John Watson in ogni suo più piccolo particolare, come se lo avesse di fronte e potesse vederlo o come se se stesse girando un filmato in cui lui è l'unico soggetto. Ha fatto di lui una fotografia in ogni stato emotivo e ne riconosce le sfumature con un'abilità che è impressionante per qualcuno che si definisce "sociopatico". Sherlock sa tutto di John e questo mi pare evidente. E mentre si legge tanta minuzia di particolari ci si ritrova a pensare quanto tempo abbia trascorso ad osservarlo. Ragion per cui, nel suo ritratto mette ogni cosa. Il sopracciglio corrucciato, la piega delle labbra, le spalle, il collo... è un'immagine davvero nitida quella che ci offri e se non fosse stato per quel passaggio all'inizio avrei creduto che quello di Holmes fosse né più, né meno un mezzo per passare il tempo. Come se il ritratto di John fosse un qualcosa che non lo riguarda direttamente, e che viene fatto esclusivamente per noia o per passare il tempo. E invece, ad un certo punto, c'è questo passaggio: |
“…Ti ho raffigurato…”: si passa alla prima persona, a Sh, direttamente a guardare intorno con i suoi occhi ed attraverso le sue emozioni. Questa prospettiva non è semplice da sviluppare in quanto il personaggio è complicato, introverso e con manifestazioni spesso di difficile interpretazione. Ma vedo che tu hai condotto il capitolo con sicurezza, con credibile caratterizzazione di ciò che esce dall’animo, o meglio dal cuore, del consulting. Ed è John che occupa tutto di lui, al punto da diventare per Sh non solo un “conduttore di luce” ma un “conduttore”di vita (“…sentire la vita parlarmi, rispondermi attraverso i tessuti e le cellule…”), indispensabile in modo viscerale per poter continuare ad andare avanti senza lasciarsi annientare dalla tensione all’autodistruzione. “…è stato come incarnarti in me, incarnarmi in te…”: ecco ciò che lo salverà dal vuoto di una vita senza John e cioè la certezza di poterlo ritrovare, per esprimergli, finalmente, tutto quello che, fino ad ora, è stato represso dalla paura di trovarsi di fronte ad una porta chiusa, ad un cuore sbarrato. Mi è piaciuto molto questo capitolo, che ritengo più impegnativo del primo. Brava. |