Se qualcosa sta andando bene [ovvero, l’accettazione stoica della presenza di Masaki] non temere, c’è ancora tutto il tempo perché cominci ad andar male [becco lo scriteriato genitore che non si presenta al diploma di Ami]: ciao Murphy, ti aspettavo!
Ora, il discorso di Rei non fa una piega, ma scinderei – Yucchan ti adoro! (sguardo canonico *_* Meno male che ci sei tu a rasserenarmi l’esistenza da queste presenze scriteriate!) – ciò che è rapportabile all’influenza che determinate mancanze hanno avuto sul carattere di Ami e l’atteggiamento nei confronti di Alexander (una cosa non giustifica l’altra). Ma, andando con ordine…
Avendo scritto la recensione a pezzetti, ho cercato di appiattire le mie sopracciglia che ancora a giorni di distanza restano corrucciate – stile Hotch di Criminal Minds, per dire – davanti a “È fatto così”.
Cioè, io “è fatto così” lo direi semmai di Chiba se gli venisse chiesto di fare lo spogliarello e darsi alla pola dance ("guarda, lascialo perdere, lui, ché ancora ridono fino a valle della sua figura da manichino nell’anime… è fatto così, non si snoda"). Un pelino diverso nel caso di un padre che non si presenta al diploma della figlia (non credevo si potesse far peggio di Masaki che manda il dipendente al tempio dopo il terremoto per vedere come sta sua figlia, ma evidentemente di enteroclismi di umanità bisognerà prepararne un paio in più – ché poi, aspetta, che al varco ci attendono i genitori di Alex NdR).
Ami – che ha tutta la mia imperitura stima per essere riuscita ad andare oltre e a non portare rancore – deve però focalizzare una cosa, forse crudele, ma secondo me vera: non è facendo la buona, non è accettando a testa china ciò che gli altri – sì, anche un padre – ti buttano addosso che riuscirà a farsi volere più bene.
Se un genitore rimane lì, fermo sulle proprie priorità, e osserva un figli* da lontano, la conseguenza è che quel figl* si sentirà totalmente inadeguat* rispetto a quello che lui è…
Il padre di Ami, come ci hai mostrato in Acqua viva, le ha dato qualcosa di suo: forse una sfumatura di carattere, la tendenza all’arte, un filo rosso che la tiene unita a lui; stesso dicasi per Saeko.
I suoi genitori le vogliono bene, ma non tengono in considerazione quello che Ami è.
Il padre non ha saputo annullarsi quel poco che basta per tirare fuori quello che Ami è, privilegiando un suo concetto personale di rapporto genitore/figlio. Perché si parla di qualità dei rapporti, di continuità.
Sempre ripetendo che non portare rancore è ciò che la rende la persona bella che è, Ami ha però bisogno di ammettere a se stessa che avrebbe dovuto aspettarsi e che avrebbe meritato come figlia, da suo padre in primis, un’indipendenza felice. Credere in questa cosa non la porterebbe ad odiarlo – secondo me nemmeno riuscirebbe – ma servirebbe a lei. Giusto per volersi un po’ più di bene lei, da sola.
Questo è un discorso, Alexander rientra in un altro. Lui non è suo padre, ecco perché ciò che dice Rei – e secondo me la frase di Yuichiro intendeva tagliare corto e andare proprio in questa direzione – lo accetto fino a un certo punto.
Stesso dicasi per le preoccupazioni di Ami sul suo futuro. Chiaramente tutti ragioneremmo come lei, perché nessuno vorrebbe “condannare” un’altra persona a una serie di doveri e a una vita “anormale”. Questo però andava bene la prima volta, quando Ami ha lasciato Alexander. Stona arrivati a questo momento, in cui lui ha attraversato: rivelazioni sull’identità, alieni, rapimenti, presunta gravidanza, potere assimilato e chi più ne ha, più ne metta. Non ha bisogno di esser messo alla prova, anche perché lui, a differenza del padre, dato che di questo si parla, non cerca situazioni di comodo.
Io credo nella buonafede di Ami, ma capisco Alexander e il fatto di sentirsi tradito.
Ancora: ho notato che, a parte questioni profondamente personali, Ami ha una tendenza a voler avere il controllo delle situazioni, il che la rende ai miei occhi una futura madre perfetta 3:) “Ordina” ad Alex di stare buono dopo l’incidente al mare, decide a priori della pausa; già in Verso l’alba, con il dubbio della gravidanza, era lì a pianificare tutto (“No, tu non sei pronto a diventare padre! No tu non puoi lavorare!”). Non che sia un difetto tout court ma è anche vero che tende – intenzionalmente o meno – a voler avere l’ultima parola. E, no, gioia, non sei onnisciente e più che umile – God, come si auto flagella! - dovresti solo fare la ragazzina innamorata, ché peccato non fai (“Vive la caille!” [NdT: quaglia], dicono al Moulin Rouge/Tempio Hikawa! 3:) Follow the road!). Il confine tra premura/preoccupazione/istinto di protezione e mancanza di fiducia è labile agli occhi di Alexander.
Dandole il beneficio del dubbio, in quanto capisco che sia armata sempre delle migliori intenzioni, lei sta lì a dire prima “Un bambino complica la vita”, poi “Vai in America con la mia benedizione” (cioè, non ha detto proprio così 3:) ), ma insomma una cosa tira l’altra e non so fino a che punto capisce che dall’altra parte questa sua sorta di generosità viene apprezzata a metà.
La giustificazione del “Lo faccio per il tuo bene” appare debole. Alexander ama in modo lucido e consapevole. Non è sacrificio, bensì decidere in autonomia di stare con una persona che ha un determinato destino (tra parentesi, farei notare che solo la volontà dell’autrice sa se questi due staranno insieme forever :D Poteri a parte, Ami non conosce il futuro e Alexander non è e mai sarà legato con una catena a casa Mizuno – intendiamoci, io se dovessi scommettere le mie dita su una coppia “scoppiante” punterei più su Micio miao e Miss Shoujo, ma se la Mizuno mi ragiona a lungo termine, io faccio l’avvocato del diavolo :D Anzi, magari pensasse questo: dalle una spinta del genere e vedi come vola in America :D – ma se come molla per agire la fai riflettere grazie a Piccoli problemi di pippe mentali… ehm, di cuore io sciopero 3:) )
E poi, Ami-chan, ti decidi proprio last minute: prima di una partenza così importante casomai te ne puoi uscire, che so, con “Ho finito la benzina dopo aver usato la tua moto”, non “Ci si vede a Natale!”. Tu sei tanto brava con il teletrasporto, ma quando rimurgini fai più danni di Usagi ubriaca! E, giusto per dire, che in mille anni quattro mesi non valgano nulla stai cercando di convincerti da sola :D Meno male che quel “tre mesi e ventidue giorni” l’ha solo pensato :D
Come dice il buon Yucchan (sguardo canonico 2: *_*): in questa relazione non c’è solo Ami, c’è anche Alex. Arriverà il punto in cui la bilancia dovrà pesare di più sulle proprie convinzioni o sul voler vivere un amore che finora ha dato tanto.
Last, but not least: l’umiltà, se così si può dire, che Ami dovrebbe far sua non è tanto un sacrificarsi in nome di. Che non permetta a se stessa di dirle: no, tu non sei il gioco che vale la candela. Certo che esiste un passato che ti influenza nel bene o nel male, ma allo stesso tempo ognuno è altro rispetto quel passato. Non è detto che questo debba essere una condanna fatalista (sennò Mamoru o Makoto, per dire, stavano freschi), può essere anche una molla che ti spinge a ribellarti in modo sano e pretendere quello che non hai avuto, può insegnarti a cercare quello che ti fa stare bene, perché sai già come ti senti nel peggiore dei casi. Questo spiega come uno come Alex – non è che i suoi brillassero di amore genitoriale – riesca ad andare oltre l’esempio ricevuto; o una come Rei a vivere mettendo alla porta… vabbe’, LUI, l’innominata colica renale. Trovi un esempio d'amore, o almeno ci provi. È un percorso che porta sofferenza, ma la vita è lì che ti aspetta – o meglio, la vita scorrerà indipendentemente da te e dai tuoi blocchi.
Perciò, sì, concordo con Alex: Ami, domandati perché hai fatto questa richiesta e chiediti se ne vale la pena. È come la volta cui ha lasciato Alex: ha risposto al dovere, ma poi ha pensato a se stessa.
E pensare a se stessi quando sei abituata a ritenerti al secondo posto per le persone che ti circondano è difficile, tremendamente difficile.
Ma scegliere di rinunciare a qualcuno, vuol dire aprirsi alla possibilità di perdere questa persona. Vuol dire poter convivere con questa idea. E tornando ad essere crudele, un giorno Ami dovrà scontrarsi con questa affermazione, sia perché ciò vale per il padre – che dietro un “Ti voglio bene, ma non sono capace” vive indipendentemente da sua figlia (e farà malissimo ammetterlo, se non lo fa già) – sia per Alexander, che può scegliere di amare o perdere. Inutile dire che mi sono commossa nella parte finale, che ho accolto tutto questo capitolo molto da romance, constatando come al solito che riesci a farmi piacere dinamiche estremamente sentimentali (you can).
Scrivo recensioni pezzo alla volta e allungo sempre il brodo :D Ma sono felice quando mi fai ragionare così tanto *_* Pian piano recupero con le altre ;) Bacio :* |