Recensioni per
Entropia:Armonia
di Monique Namie

Questa storia ha ottenuto 15 recensioni.
Positive : 15
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
28/09/16, ore 16:50

Ciao!
Guarda, le tue composizioni sono sempre molto affascinanti, ed eleganti. L'uso di termini un po' "aulici", a volte, o più che altro... "settoriali", non infastidisce il lettore, ma lo incuriosisce; e anche se ammetto che alcuni versi rimangono un po' oscuri, l'impressione generale è di grande fascino.
L'altro aspetto particolare delle tue poesie è che sono piene di immagini contrastanti, e quindi mentre il lettore immagina situazioni di calma placida (un risveglio invernale, il camminare in giardino) gli vengono presentati elementi quasi apocalittici; è strano, ma ripeto, affascina! 

Ti chiedo scusa per la recensione come sempre piuttosto stramba, ma sappi che è positiva XD, e che comunque la parola chiave dell'effetto che le tue operette hanno su di me è proprio "charmant"! :)

A presto! ^_^

Recensore Veterano
11/05/16, ore 16:24

Oh, se è bella questa tua poesia. Mi piacciono le sinestesie, mi piacciono le sfumature subatomiche (e di riflesso cosmiche), le contaminazioni che s'incrociano in versi, come i tuoi, che realizzano un ponte fra ciò che è il mondo naturale e ciò che definiamo artificiale, o altre volte fra ciò che è invisibile e ciò che non lo è.
C'è una fiera e nobile eleganza nel modo in cui disponi i versi, le parole, sono ordinate e tutt'altro che entropiche. A proposito, il titolo della tua raccolta mi ha affascinato moltissimo. Premesso che il concetto stesso di entropia, con annessa grandezza e annessi principi della termodinamica, ha un fascino meraviglioso nel suo modo di disvelare ciò che definiamo "mondo fisico" (o natura), è curioso come tu abbia poi associato l'armonia come suo contrario. E ci hai messo i due punti di mezzo: hai creato un interessantissimo gioco di rimandi e significati, con quei due punti a fare da interpunzione (e mostrare una sorta di conseguenza, come se dal disordine poi derivasse, almeno concettualmente, l'ordine stesso) o da operatore logico (un disordine tale da ordinare, o come solo se fosse un rapporto tra due membri, o come se stesse per). E poi hai scelto l'armonia, non la sintropia, valutando l'entropia come dis-harmony (una parola meravigliosa), e le hai opposto qualcosa di tuo, e qua si nota il tuo riflesso interiore. C'è un dislivello che riguarda sì due persone, ma che riguarda soprattutto te e i tuoi contrasti interiori.
La tua poetica non ne risente, tuttavia. Resta piuttosto ordinata e precisa, e mi sarei aspettato meno rigore, lo confesso, ma immagino che a te l'entropia poetica provochi un grosso disagio: tu hai bisogno di capire, non puoi ammettere un ermetismo che vada troppo oltre i limiti da te concessi. E la poesia si lascia comprendere o a volte solo sfiorare, ma nulla perde di senso e nessuna parola perde il suo posto. A partire dalle tue sinestesie interiori, che coi loro attriti mettono in difficoltà il tuo pragmatico principio di realtà, che vorrebbe sfociare in un sogno concreto ed estremamente reale, e ti fa dubitare di te stessa, ti spaventa. Ci sono delle sensazioni troppo intense, delle sinestesie talmente azzardate da farti esitare e da farti mancare il fiato. Sembri quasi domandarti se davvero, quei sentimenti e quelle sensazioni possano essere tuoi. Lo sono?
E poi inizia la poesia, da quel mattino che fa da riferimento concreto, da quel momento in cui ti svegli per una nuova giornata, col freddo che ti avvolge fuori dalle coperte come avvolge l'universo che brucia calore e che si raffredda, espandendosi, mentre la disharmony esplora il tuo corpo e il tuo animo: l'armonia che tanto ti caratterizza vien meno, le fantasie (che ti caratterizzano altrettanto) si fanno più suadenti e meno afferrabili, si moltiplicano e tu, tu che sei abituata a dar loro il tuo assenso, ti trovi immersa in una lista infinita di fantasie da esaminare (tu non sei una persona che lascia vagare liberamente le proprie fantasie, non senza un previo assenso). Bellissima l'immagine del caleidoscopio, con i suoi colori (sono sfumature, sogni interiori) accesi e in movimento (per entropia, magari) e che esplodono per caso, come supernove inattese. E appena metti piede fuori casa, è come se i tuoi sensi siano più propensi a percepire rispetto al solito, come se ci siano più sensazioni da recuperare, come se tutto sia insolitamente e icnredibilmente stridente e pieno, così pieno da:

"da sembrare l'urlo d'un mostro cosmico
schiacciato tra le pieghe dello spazio-tempo."

So che è un po' banale, ma in questo passaggio non potevo non pensare a L'urlo di Munch: sembra davvero un mostro cosmico schiacciato fra quelle pieghe, incastrato in un'opera d'arte che trascende i concetti di spazio e di tempo. La tua descrizione calza a pennello (se mi permetti il gioco di parole).
E in tutto ciò, il mondo stesso, che aveva apparentemente iniziato a offrirti nuove sensazioni, inzia in realtà a sparire e a passare in secondo piano, si disertifica perché, dopotutto, sei tu il punto d'origine di quelle sensazioni, la tua percezione è solo il frutto di quello che sta succedendo dentro di te, di quel diverbio in cui non sai da che parte schierarti. Hai paura di fare la fine di quell'albero incendiato.
Eppure non puoi fare a meno di contare le ore (che ti separano da quella persona a cui tendi), le paure sono tangibili ma non meno tangibile è quel sentimento che si è acceso e che sta piegando il tuo universo interiore, mettendo a contatto zone che avrebbero dovuto restare separate, andando oltre la relatività di Einstein, creando ponti fra mondi troppo diversi: sono sinestesie, infinite e terrbilmente potenti sinestesie. Possiamo chiamarlo amore, o innamoramento, o soltanto entropia.
E tu hai scritto una bella poesia. Bravissima.

Ps. "che mi lancia una meledizione per saluto."

Intendevi maledizione, no?