L’allontanamento di John è devastante per Sh in quanto rompe il filo sottile che costituiva, sia pur inconsciamente, la possibilità di uno sguardo ad un futuro consolatorio e illuminato dalla luce di un sentimento profondo. È la speranza, cui tu fai riferimento a fondo pagina, affidandoti agli splendidi versi di Emily Dickinson, che, in silenzio e nascosta dall’amarezza di una quotidianità inaccettabile, ha portato Sh, grazie alla travolgente empatia con John, al pensiero che per lui, forse, sarà possibile vivere accanto a qualcuno che comunichi direttamente con la sua anima ed il suo cuore. Ma, ora, l’intervento di Mycroft e la conseguente, comprensibilissima scelta di Watson, hanno richiuso violentemente in faccia a Sh la porta che si apriva su un mondo che lui non conosceva prima e che, probabilmente, lo stava lentamente attirando verso la voglia di vivere ancora. Il mondo dei sentimenti, delle emozioni così nuove e così ricche di calore che la forza di John aveva rivelato. “…Vorrei John in piedi accanto a me, con gli occhi verso un mare…”: ecco il senso di quel grande, unico sentimento e cioè lo scambio simbiotico di energia vitale e di capacità di scoprire nell’altro il proprio “tassello” mancante. Come in uno specchio, la disperazione di John si riflette in quella di Sh, resa quasi eroica dalla decisione di allontanarsi soprattutto per non interferire, a causa del suo essere ormai legato a lui, sul progetto di farla finita scientificamente. “…Mycroft ha anche fatto ulteriormente…”: per quanto sia evidente e criticabile la sua fredda efficacia nell’occuparsi del fratello minore, non mi sento di condannare Mycroft per ciò che fa perché è così che esprime l’affetto per Sh, con l’organizzata costruzione di un ambiente pedantemente protetto dal mondo esterno. E la “macchina dell’accoglienza” viene rimessa in moto per Victor, nella speranza che lui possa costituire per l’infermo un motivo di un più docile atteggiamento di quest’ultimo nei confronti di chi lo accudisce e di se stesso. Le parole con cui il nuovo personaggio viene descritto nella riflessione di Sh sono di una crudezza sconvolgente e coinvolgono chi legge in un’atmosfera di soffocante solitudine interiore. “…Dovresti mangiare…”: il messaggio di John è come una carezza che lenisce la sofferenza per un attimo, inaspettato e dolce nella sua essenzialità. L’immediata risposta di Sh è un’unica, disperata invocazione (“…John…”), seguita, poi, da un fluire scomposto di rabbia, dolore, soffocata richiesta d’aiuto. E questo capitolo finisce con riflessioni sempre più struggenti, che non impegnano solo gli occhi e lo schermo del pc ma colpiscono direttamente l’animo, lasciando un senso di angoscia. Sana angoscia, quella che è il rovescio di un grande amore e che permette di non viaggiare in un’anestetica superficialità. Io vorrei trovare le parole più efficaci per esprimerti la mia ammirazione per la profondità di quello che hai scritto (e, sicuramente, scriverai), ma mi accorgo che la mia recensione è un elenco scollegato di appunti su ciò che provo. Scusa, e grazie, davvero. |
Ciao, ho fatto la maratona per recuperare questi cinque capitoli. |
Ciao! |
Terribile, assolutamente terribile. |
Questo capitolo è intenso e perfetto. |
Mi mette ansia e mi piace in egual misura questa storia. E' ben pensata e ben scritta. Grazie. |
Questo capitolo è molto triste; sono tutti così soli! |