Eccomi carissimo, potevo mai perdermi una storia con un argomento così interessante?
Terribile la sindrome dei giocatori d'azzardo, al pari di una dipendenza da sostanze psicotrope. Mi ricordo di aver messo piede in un casino solo una volta nella vita, quando mi laureai nel 1999. Andammo a Campione e la sensazione che provai fu di tristezza. C'erano, sì, le luci, l'arredamento lussuoso/pacchiano, le belle donne in abiti da sera, i croupiers elegantissimi in smoking, e gioielli, gioielli, gioielli a profusione...
Ma c'era la solitudine del vecchietto ingobbito a scrutare la pallina sulla roulette, con indosso una giacca troppo grande per lui, con una camicia stazzonata e la cravatta male annodata.
C'era la ragazza mezza nuda dallo sguardo vitreo.
C'era la signora agée dal viso mezzo rifatto, che reggeva il calice di champagne con mano tremante.
Rizzelli non lo sa, non lo sa ancora.
Ma lui perderà tutto quanto, in primis se stesso.
Perderà non solo i suoi sogni di ricchezza, ma anche tutto quello che si è costruito col suo lavoro.
Perché il fluido magico gli apparirà, ogni tanto, giusto per tenerselo schiavo e complice, ma gli assegni e le cambiali che dovrà firmare al casino... quelli non avranno mai fine.
La villetta, la boutique di Laura, le due automobili, gli studi universitari delle figliole: il suo "fluido magico" gli si ritorcerà contro, lasciandolo in miseria.
Una miseria morale, prima, e materiale poi.
E comunque i germi della rovina sono già in lui: ammirare e bramare un'auto di lusso, non condividere con la moglie la sua prima vincita, corteggiare la pallina che gira nella roulette.
Ecco: tutto questo tu lo stai rappresentando magistralmente.
Non posso che seguire, con apprensione, lo svolgersi di questa dolorosa vicenda.
Dico "dolorosa" a ragion veduta, perché chi è schiavo del gioco d'azzardo porta solo dolore, a se stesso ed ai suoi cari.
Complimenti, come sempre, per il tuo indiscusso talento narrativo: potresti parlare di cipolle e patate, saresti sempre avvincente, amico mio! |