Recensioni per
Del trionfo della Boemia o La vera storia che nessuno ha mai osato raccontare - versione alternativa
di Dorabella27

Questa storia ha ottenuto 14 recensioni.
Positive : 14
Neutre o critiche: 0


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Ho letto la tua ff che dire?! Molto bella.
Mi dispiace come sempre per Andrè ma alla fine Oscar sarà soltanto sua ❤

Avevo riconosciuto la scena tratta da “Sabrina”, dove il povero immaturo di famiglia si siede sui flutes di cristallo, rimettendoci il lato B e dovendo utilizzare, di conseguenza, una sorta di amaca bucata. Soltanto che, lì, si trattò di un incidente mentre, qui, è stato André, in versione “Cattivissimo me”, a tendere il tranello al povero Fersen e a subire l’ironia della sorte, perché, senza quell’incidente, il Conte avrebbe levato le tende mentre, ora, rimarrà a Palazzo Jarjayes per lungo tempo. Notiamo un’escalation della pericolosità del Grandier, finora macchiatosi soltanto di lancio olimpionico di cioccolate e che, qui, appare sotto una luce un po’ inquietante.
Se è vero che certi amori sono una malattia senza guarigione o una lenta e triste agonia, neanche la tendenza ad arrovellarsi scherza, soprattutto se viziata da pregiudizi e condizionamenti di fondo. André è geloso e sempre iper preoccupato per Oscar e ciò lo induce a interpretare ciò che vede in una sola direzione prefissata.
Poi, c’è Fersen che crede di avere dimenticato la Regina mentre sono bastati un fogliaccio e qualche coltello a fargliela ricordare.
Affollata (e bene attrezzata) l’Orangerie di Palazzo Jarjayes, con le sorelle di Oscar in versione birbante e l’irreprensibile e stoico Generale de Jarjayes che tradisce la moglie! Chi l’avrebbe detto!
Infine, una nota di pura invidia: questi mangiano leccornie dalla mattina alla sera, peggio di tre sfondati e sono filiformi come le modelle – grissino degli anni ’70!

Ma quanto sarà costato ad André mandar giù bocconi amari mentre vedeva lei trasformarsi in una che non era lei?!? Vedi a voler forzare il destino...ci pensa da solo! Vero che non la vedrà mai con addosso soltanto dei fili di conchiglie dai colori stupefacenti ma sarà l'unico a vederla vestita di sole lucciole.
Continua la linea goliardica in quello che è uno spaccato di vita dell'epoca, colmo di dettagli come solo tu sai fare. Certo ci sono un André più astioso del solito, una Oscar più frivola e un Fersen meno elegante (soprattutto sul finale XD) ma il tutto è sapientemente mischiato a dare un risultato spumeggiante come lo champagne della riserva Jarjayes...quello che non è ancora stato bevuto per il quale mi permetto di suggerire bicchieri di carta! :)))

Carissima Dorabella, ma quanto mi è piaciuta questa tua oneshot! Ho molto apprezzato il crescendo degli eventi con quell’ “E poi, la conflagrazione” che trovo un incipit davvero straordinario, fino alla scena dei bicchieri che è semplicemente geniale e mi ha subito riportato alla memoria quanto mi fossi divertita al cinema nel vederla in atto nel remake di “Sabrina” (che per me non era poi tanto un remake dato che la versione con Bogart non l’avevo mai vista). Hai un modo sempre molto interessante e sottilmente esilarante di descrivere e raccontare di Fersen: rispetti appieno il suo personaggio eppure sai aggiungere quel qualcosa in più che mi regala ogni volta il più genuino dei sorrisi e la voglia di procedere spedita nella lettura chiedendomi cosa mai combinerà questa volta il bel conte svedese… E che bellezza ritrovare i passi dell’anime sapientemente recuperati ed incastrati alla perfezione nel tuo racconto: i dialoghi tra i personaggi ed il loro muoversi rispettando pause ed assenze a noi ben note (André che si assenta dopo il brindisi, per poi ricomparire, Oscar che esce per raggiungere Fersen alla fontana, ed il colpo di genio nell’inserire anche André, non visto, perché possa sentire i loro discorsi). L’idea della collana di conchiglie e le fantasie che subito riesce a suscitare nella mente di André, di pari passo con la paura che possano essere tacitamente condivise dal suo rivale in amore…beh, è uno dei classici passi che ricorderò per sempre!!! Ma sai sopra ad ogni altra cosa, qual è l’aspetto di questa oneshot che più mi ha entusiasmata e colpita? La perfetta introspezione dell’animo di André, la tua scelta di filtrare la narrazione attraverso i suoi occhi gelosi e al contempo compassionevoli, la maestria con cui ci racconti il suo calvario interiore combattuto tra il dolore nel vedere il coinvolgimento di Oscar, e la sincera amicizia che non può negare di nutrire per Fersen. Mi è piaciuto tantissimo il tuo modo di dare voce ai suoi sentimenti contrastanti, che si accavallano e si accumulano nel trascorrere dei giorni e al suo enfatizzare i minimi dettagli che sembrano così chiaramente parlare di un interesse corrisposto e sul punto di tramutarsi in qualcosa di più. Perché davvero lui potrebbe rinunciare alla sua Oscar se avesse la certezza di destinarla alla vera felicità, pur nelle braccia di un altro, ma la consapevolezza che Fersen in alcun modo possa essere questo “altro” lo porta a compiere un atto a suo modo estremo, attirando il conte in un tranello vero e proprio. Qualcosa mi diceva che le intenzioni di Fersen fossero più che onorevoli e che intendesse in realtà comunicare ad Oscar la sua intenzione di tornare a corte per servire la regina, eppure quel sorriso interiore che si concede André chiamandolo tra sé e sé “lo sfregiato”…beh, non posso negare di trovarlo davvero molto, forse anche troppo divertente! Chapeau, carissima, per questa tua ennesima fatica ricca di acume e anche di un pizzico di teatralità. Aspettando al più presto la prossima!

Cara Dorabella, da dove inizio?
Da Midinette e dal “Topolino” n. 1559? Ero una collezionista, quindi tornando nella casa avita potrei andare a rileggerlo!
Oppure da Sabrina, film in bianco e nero che non so perché io mi ricordo a colori ...
Ed a proposito di colori, e per citare Sabrina, André potrà vedere il suo futuro “con gli occhiali colorati di rosa”, adesso che Fersen tornerà dalla Regina.
Ora però voglio lasciare da parte richiami e citazioni  e complimentarmi con te, per l'abilità con cui scrivi, per l'amore di cui circondi i nostri e per l'elegante ironia delle tue trame.
La storia è già finita tra quelle preferite e da ricordare.
Un caro saluto!


 

Ironica, elegante, originale senza tradire e molto ben scritta. Proprio godbilissima. Brava!

Buonasera Dorabella cara! Ti confesso di amare moltissimo l'episodio 25 e non tanto per l'eclatante finale in abito da sera, ma proprio per quella prima parte in cui ci è concesso uno scorcio di vita quotidiana dei Nostri. Ho perciò letto con particolare partecipazione questo tuo racconto, che ho trovato brillante e divertente ed insieme estremamente attento. Ho apprezzato la finezza con cui hai descritto caratteri e situazioni, dipingendo una visione intensamente emozionale dei giorni di Fersen a Palazzo Jarjayes. È spassoso questo André dai sentimenti turbolenti che si arrovella su dettagli che solo lui, con lo sguardo sempre attento alla sua Oscar, può immediatamente notare e cogliere. Mi fa in realtà un'immensa tenerezza che lui veda il "cuore di donna" che probabilmente Oscar stessa non riesce ancora a riconoscere... e mi fa una grande tenerezza anche questa tua Oscar che in realtà non dissimula, come farebbe qualsiasi donna, ma mostra la sua ingenuità con disarmante dolcezza. Ho adorato questo tuo Fersen, che mente a se stesso per nascondere un amore che non gli è permesso di vivere e cerca conforto nell'amicizia sincera. Ho riso e sorriso di lui, seduto sui bicchieri e sfregiato, grazie al tuo espediente letterario che già mi aveva conquistato nel racconto sul "brutto risveglio", ma ho ancor di più sorriso al pensiero di André che coltiva in segreto un'intima soddisfazione pensando al conte immobilizzato e buffamente dolorante.
Bellissimo il punto interrogativo sul finale: sarà poi vero che Oscar sentirà tutta questa mancanza della compagnia del conte? O semplicemente le piacerà ritrovare il proprio tempo con André?
Ho amato tutto di questo tuo racconto e due cose più di tutte: la forma che hai scelto, in cinque atti, che dà alla narrazione la forma di una pièce de théâtre, accentuando in questo modo legittimamente emozioni e situazioni, che diventano così ancor più umane e vere... e un dettaglio: André che con naturalezza insiste (pentendosene poi in seconda battuta) affinché Fersen resti ospite a Palazzo Jarjayes. Non è tanto il suo buon cuore a colpirmi (André tanto buono da invitare il conte nonostante il subbuglio interiore che lo tormenta...), ma la spontaneità con cui si sente libero di farlo, perché la verità è che, di fatto, quella è casa sua-e-di-Oscar. Casa LORO. Non solo di Oscar. Casa loro che insieme sono di fatto una coppia e di fatto insieme (per carità, ognuno con i propri ruoli da rispettare) offrono la loro ospitalità.
Ti ringrazio tanto, Dorabella, per il piacere che mi hai donato leggendo questo tuo racconto, confermandoti ancora una volta per me come ispirazione ed esempio per il tuo modo straordinario di trasmettere emozioni e sorrisi, con parole accurate e piene di bellezza.

Che dire Dorabella, farti i complimenti e superfluo e' davvero fantastica questa one.....E' proprio nelle mie corde per quanto riguarda i pensieri su Hans ( Fersen)....Chapeau!!!!

Carissima Dora, in un ritardo non troppo leggero giungo anche io. Sai che ricordo la OS di mareggiata? Anche quella mi era piaciuta; quello che è certo è che in entrambi i casi siamo davanti a una prospettiva inedita e un pochino OOC. Ricordando il vostro esperimento comune, ad ogni modo, un sorriso me lo avete rubato: ricordo di aver chiesto io stessa dei bicchieri e quasi quasi mi dispiace per il malcapitato posteriore xD.
Direi che sì, André così animoso raramente lo abbiamo visto e Fersen - non noto per la perspicacia - si rivela scisso bene tra variazione e novità: alla fine il voler tornare dalla Regina prevale e la cosa mi lascia molto contenta. Oscar, invece, per quanto in questo frangente non si attiri tutte le simpatie è decisamente lei nel suo preoccuparsi di Fersen (tralasciando e non trascurando André). Esperimento originale, gradevole e ben scritto: scivola via in un battito di ciglia.
Un saluto, carissima e complimenti.
A.

Ciao Dorabella. La scelta del genere comico mi ha fatto apprezzare di piú il tuo impegno in questo scritto in questo fandom, non é facile scrivere al riguardo. Mi é piaciuto il momento che abbia scelto e in questa tua storia che ho letto con interesse mi sono concentrata su come abbia caratterizzato André. Ho sorriso quando Fersen ha detto al primo che sia inarrivabile. Ho immaginato il sentire di Andreina questo contesto attraverso le tue parole. Povero Fersen, mi é dispiaciuto per lui per quanto successo anche se questo ha permesso ad André di stare piú vicino a Oscar. André si gode questi momenti piacevoli con Oscar mentre Fersen é immerso nei dolori. Grazie per questi momenti di leggerezza. Un caro saluto.
(Recensione modificata il 26/01/2023 - 06:33 pm)

Un André geloso. Direi giustamente.
Lo mostri molto meno misurato e controllato.
Insomma più umano. E in fondo Fersen sui cocci ci è andato da solo. Mica l'ha spinto lui!! Poteva ricordarsi il bellimbusto di cosa portava in tasca. Ma forse è un po' emotivo e solo sentir parlare della regina, gli fa perdere il senno.
Insomma Grandier, non crucciarti. Non è colpa tua se adesso ha le natiche trasformate in una cartina stradale.
È vero che così purtroppo si fermerà di più del necessario, ma non sarà nella "posizione" di nuocere!!! Ahahahah!!

Cara Dorabella,
è sempre un piacevole momento quello che mi concedo quando mi pongo alla lettura di uno dei tuoi lavori. Hai la preziosa capacità di riuscire, con le parole, a creare così tante immagini che, sempre più, mi sembra non solo di leggere un brano accattivante quanto di assistere ad una scena di un film: immergi i tuoi protagonisti in un universo contornandoli di quei tanti piccoli e grandi particolari che aiutano il lettore ad immedesimarsi, quasi fosse presente e vivesse le situazioni insieme a loro.
Anche in questo specifico caso sono stata in grado di provare tutte le emozioni che ha attraversato André, tramite la gestualità e i comportamenti che gli hai conferito, in quell’intermezzo, che deve averlo angustiato non poco, durante il quale, a Palazzo Jarjayes, è comparsa l’ingombrante figura del bel conte svedese di ritorno dalle Americhe.
Insieme al suo cuore anche quello del lettore si è stretto un tantino, proprio perché partecipava alle sue ansie e, soprattutto, a quella ridda di pensieri che lo sovrastavano, mentre vedeva sfilacciarsi il rapporto privilegiato che aveva intessuto negli anni con Oscar, in favore di un redivivo sentimento, che rischiava di annientare il cuore di lei. E’ talmente convinto di questo che non può non notare i tanti particolari dell’atteggiamento di Oscar quando è in compagnia di Fersen: sembra perdersi in un altro mondo, pendendo letteralmente dalle sue labbra per ogni cosa che racconta e che appare così strabiliante. Insomma Fersen è tornato e il cuore di Oscar, rimasto quasi in apnea per sette lunghi anni, può tornare a respirare e magari anche sperare che qualcosa, nel cuore del conte, sia mutato. Egli ha infatti intenzione di mantenere il riserbo sul suo ritorno, evitando di recarsi a corte e rivedere colei per la quale aveva abbandonato tutto ed era partito per le guerre americane, nel tentativo di smorzare i pettegolezzi e per non portare ulteriore discredito alla sua figura di regina.
André, subito, ha realizzato che questa nuova situazione avrebbe potuto portare ad Oscar un alito di nuova speranza di fare magari breccia nel cuore di quell’uomo affascinante e coraggioso, ma parimenti sembra già sentire che lei avrebbe potuto soffrire, e questa volta anche molto, per la delusione che ne sarebbe scaturita.
André è sempre protettivo verso la donna che ama in silenzio, rammaricato del fatto che Fersen sia venuto a rompere una consolidata routine di loro due, nella loro casa, poiché in effetti lui, anche se servitore, in quel luogo mai si è sentito tale, tanto da avvertire il palazzo come casa da condividere con Oscar, quasi fossero effettivamente una coppia. Attento quindi ai piccoli stratagemmi messi in campo ora da uno ora dall’altra, che ai suoi occhi non fanno altro che farli avvicinare sempre più escludendolo a priori, anche se con loro trascorre buona parte del tempo.
Poi ecco che quell’uscita a tre fra le vie di Parigi riporta in auge il sentimento del conte per la regina che vede oltraggiata in quelle immagini che campeggiano su alcuni muri della città e comprende che debba mettersi a sua disposizione. Ed è proprio di ritorno da quella serata che Fersen chiede ad Oscar di poter conferire con lei, nell’orangerie poi, facendo fare ad André supposizioni su supposizioni quanto mai lontane dalla verità.
Fersen avrebbe voluto incontrare Oscar solo per confermarle che sarebbe ritornato a Versailles, ma prima che ciò possa avvenire, un André ignaro, una piccola rivincita, per quel periodo pesante che sta attraversando a causa del conte, se la vuole prendere: ecco allora che lo invita ad assaggiare un vino, comodamente seduti, con la scusa di parlargli di qualcosa di importante, mentre Fersen, che si era premunito di due calici di cristallo, proprio per bere dello champagne insieme ad Oscar e metterla a parte della sua decisione, si ritrova a dover fare i conti con un imprevisto decisamente doloroso, sedendosi proprio su quei calici di cristallo che aveva nascosto nella marsina.
L’increscioso incidente lo costringerà a restare a Palazzo ancora per qualche tempo con la sollecitudine di Oscar, dispiaciuta per quanto gli è occorso, ma che scopre, proprio dalla labbra di Fersen, il suo desiderio di tornare a corte e dalla sua regina, che non può che procurarle quel dolore che André temeva l’avrebbe raggiunta. Impossibile per lui non notare nelle parole tutta la frustrazione e l’amarezza, sottolineate persino con l’inflessione della voce, a lui che le conosceva tutte le inflessioni che assumeva. Certamente le sarebbe stato accanto come sempre, cercando di riprendersi il tempo perduto e facendole sentire la sua amicizia e il suo supporto, riprendendo la loro vita di sempre, fra una cavalcata e una lettura, un buon calice di cognac o semplicemente una cioccolata calda osservando l’imbrunire.
Veramente una coinvolgente one shot che ha esplorato più a fondo i sentimenti, le emozioni e le sensazioni dei Nostri rapportati al ritorno di Fersen e, come al solito, tratteggiati dalla tua penna spumeggiante ed elegante che sa trasformare anche i dettagli facendoli diventare fatti di tutto rilievo donando loro profondità.
Complimenti ancora e sempre e un caloroso abbraccio.

E' davvero incredibile quali brutti scherzi possa giocare "arrovellarsi per cercare significati reconditi nelle azioni, nelle parole e financo negli sguardi " di chi ci sta vicino!
Questa commedia in cinque atti, garbata ed elegante, ci fa sorridere, certo, ma inducendoci anche a riflettere su come certe sensazioni ed emozioni assumano una consistenza maggiore nell'immaginazione di chi paventa un loro possibile avverarsi, che nella realtà di fatto.
Che poi la comunicazione efficace non sia una dote nella quale il nostro Fersen eccelle, è una cosa alla quale siamo abbastanza rassegnati.
Infine, è una mia impressione o qui Fersen sembra soffrire anche più di William Holden nella medesima situazione? Non è una mia impressione, vero?
Grazie, Dorabella ;)
A presto.
Octave

Arrivatami la notizia di questo tuo racconto, ho sospeso ogni attività e mi sono immerso subito nella lettura sapendo che non ne sarei stato deluso e subito ho riconosciuto il tuo stile fin dalle prime righe.
Adoro quella capacità di tratteggiare immagini con pochissime parole, come fa un grande disegnatore, quando, con pochi tratti e pochissimi colori, delinea un paesaggio ed una atmosfera in modo chiaro, inequivocabile e senza alcuna ambiguità. Anche nelle piccole cose, incluse quelle che devono restare implicite come quando scrivi:

Che, si sa, Monsieur le Comte Oscar avrebbe piluccato con aria svogliata anche la manna del Signore

una bella finezza stilistica per descrivere nella vulgata popolare e forse nelle osservazioni di qualche cameriera o di qualche valletto di casa Jarjayes la proverbiale inappetenza di Oscar che a tratti finisce per apparire sospetta.

Campeggia, come sempre, la figura di André che, mediante l’intervento del narratore onnisciente, dipana la selva dei suoi pensieri, tanto intricata che il narratore stesso quasi sente in dovere di scusarsi per la densità di concetti che ha dovuto racchiudere nel minor numero di righe possibile, onde non appesantire il racconto e rischiare di farlo avvitare su sé stesso.

“Come poteva dimostrarsi così meschino, così geloso, se Oscar, la sua Oscar, dopo sette anni di pene trattenute silenziosamente nel suo cuore, era stata così consolata, così felice, vedendo Fersen tornare sano e salvo dall’America, tanto da chiedergli di restare ospite della famiglia Jarjayes per qualche tempo?”

Ah, benedetto ragazzo che se la racconta, così, come con altre parole, anteponendo la felicità della sua amata alla sua? Finché non arriva a subodorare un pericolo ben più concreto quando vede la crescente confidenza tra i due che si manifesta, non solo nelle parole di Oscar che assume perfino un timbro di voce più flautato e morbido del solito, ma perfino nella crescente consuetudine dei contatti fisici, prima incidentali, poi apparentemente cercati, forse dal conte e sicuramente non negati dalla stessa Oscar che ne avrà tratto qualche barlume di piacere.
Oh, quanto alcuni di noi potrebbero dire di riconoscersi in simili atteggiamenti, almeno nell'innocenza della giovinezza, con quella tendenza a giustificare l’oggetto d’amore nel momento in cui ci si sente ispirati, dichiarando nobilmente di essere disposti a rinunciare al sogno futuribile della vita insieme, spesso tanto vezzeggiato, se una strada diversa potrebbe essere fonte di maggiore felicità per l’amata. Un atteggiamento del quale una volta giunti alla maturità guardavamo con una punta di nostalgia, mentre oggi ci biasimiamo (spesso a vicenda tra amici e conoscenti) arrivando a parlare di dipendenza affettiva, come se fossimo diventati tutti degli abili e provetti psicoterapeuti, fino al punto di bollarci con quella parola orribile che campeggia nella moda linguista di questi tempi: “sottone/a”. Di sicuro, solo dopo molti anni, abbiamo preso ad essere un po' meno indulgenti nei confronti dei/delle nostre/i amate/i , specie quando si sono rivelate/i a volte un po' troppo distratte/i ed un po' troppo inclini a cedere alle lusinghe di potenziali partner immeritevoli o, quanto meno, poco meritevoli, senza nessuna apparente considerazione a ben altra vicinanza che la consuetudine porta invece a dare per scontata.

Hai ben descritto in questo una Oscar palesemente innamorata che manifesta questa sua riscoperta "inclinazione", risvegliata e certamente amplificata dalla gioia di sapere l'amato sano e salvo dopo un lunghissimo settennato (che ormai a noi italiani non basta più nemmeno per trovare un nuovo presidente della Repubblica, figuriamoci a conservare un amore) durante il quale giammai erano giunte notizie Ed Oscar si manifesta con le antenne drizzate, attentissima ai particolari e con la memoria ultra potenziata, e talmente, tanto che memorizza a prima botta anche nomi esotici ed usanze lontane

ma poi arrivano per André per lui i pensieri più molesti...

"Erano sguardi di desiderio trattenuto, ma non celato, quelli che Oscar lanciava a Fersen da sotto le folte, seriche ciglia, tanto lunghe da ombreggiare gli zigomi, le palpebre semichiuse, l’espressione sognante?"

E noi che ne sappiamo? Poco in verità, ma possiamo di sicuro immaginare che nella mente di Oscar vi siano stati pensieri romantici come anche accessi di passione sui quali nessuno mai ha osato - tranne pochi autori, pochissimi e spesso temerari che ne hanno scritto in totale sprezzo del pericolo. Ed ammetto che io stesso non mi sono sentito di osare oltre una certa linea - Del resto, non era Oscar una donna in tutto e per tutto? Ovvio e quindi fatta pur'ella di carne, come tutte le creature, con le sue pulsioni che a noi sono rimaste celate, ma sicuramente vive e pressanti.

Certo Oscar si nasconde, tanto che dissimulerà i pensieri che aleggiano liberamente dando ad intendere che invero stava riflettendo sulle manovre militari, mentendo palesemente e di certo non incoraggiando Fersen a vederla come una donna. Certo, non aveva ancora maturato l'idea di farsi vedere come tale, lo avrebbe fatto di lì a poco, nel modo più palese e temerario possibile, in abiti femminili! Caso unico e solo in tutta la sua vita.

Qui si sente un cambio di registro e la tua prosa inizia a deviare dal corso naturale della sottile ironia di cui spesso è sapientemente intrisa per farsi più seria e tesa, come lo sguardo vigile di André che “ben conosce i suoi polli”. Conosce Oscar e conosce la natura maschile, anche quella di un certo tipo che però egli non pratica, ma le pulsioni le conosce tutte…

E poi si rientra nel registro più lieve, ma mai leggero, con l’incidente più che imbarazzante e lo “sfregio”. Ammettilo pure che non vedevi l’ora di riutilizzare quei calici nascosti nella marsina! Confessa! Ma del resto, meglio i calici che e le relative ferite con inevitabile effetto comico, che quella tremenda immagine di Fersen che, in preda alla flatulenza del suo residuo malessere – forse la famosa febbre che lo aveva trattenuto per due mesi ancora – non potendo dare la colpa a nessun cagnolo, perché non ve n’erano nei paraggi, pensa bene di darla addirittura ad un André che resta più basito che offeso.

Nel frattempo noi lettori restiamo, come sempre adoranti ed ammirati di fronte ai tuoi molteplici ed inesauribili riferimenti, sia quelli alti ed altissimi, sia quelli estremente popolari, mischiati con una naturalezza tale da conferire dignità a tutto, sì come il maestro Umberto Eco aveva blandito i nostri neuroni viziandoci.

P.S. Ho scoperto finalmente il vero significato della parola Wampum che conoscevo come una marca di Jeans americani in voga nei primi anni 80. Finalmente ne conosciamo anche la vera origine.
Quanto al convitato di pietra. Vero che il don Giovanni di Mozart non era stato scritto, ma per la storia, Da Ponte aveva tratto, a quanto pare, larga ispirazione da: "El burlador de Sevilla y convidado de piedra" Attribuita a Tirso de Molina e datata 1630. L'espressione, per quanto probabilmente non in auge, poteva esser nota con chi era familiare con la letteratura spagnola del passato. Quindi possiamo dire, forse anacronismo, ma non troppo.
(Recensione modificata il 23/01/2023 - 08:34 pm)
(Recensione modificata il 23/01/2023 - 11:25 pm)