Recensioni per
Mi chiamavano Scricciolo
di Beatrix Bonnie
Io sto piangendo. |
Mi è piaciuta molto la scena di Irma e Sam che passeggiano spaesati per le strade della città che si appresta all’insurrezione finale contro i nazifascisti, come anche l’incontro tra la protagonista e sua madre, oltre che per la descrizione dello stupore di vedere la figlia già sposata, per la cronaca di quello che è avvenuto alla sua famiglia dopo la partenza per i monti, e di come il padre abbia capito, sebbene tardi che il regime nel quale pure s’era identificato era in realtà un’entità oppressiva (mi sembra sia stata davvero una buona idea, se il padre fosse rimasto delle sue convinzioni, qualcuno avrebbe potuto pensare ad una sorta di mossa gattopardesca, come se Irma fosse stata una sorta di versione bresciana di Tancredi Falconieri, che assicurava con il suo passaggio alle brigate partigiane lo stesso potere e l’influenza che la sua famiglia aveva nell’epoca fascista) e di come la sua reazione rabbiosa si sia scatenata, portandolo via in un luogo senza nome. |
Toccante e ben scritta, nella sua drammaticità, la scena della cattura e della morte (che ha i connotati del martirio) di Emi, e di come la sua tragica scomparsa lasci in Irma un dolore cocente, ormai era sui monti da più di un anno, aveva visto morire molti suoi compagni e lei stessa era stata più volte in pericolo di vita, ma la perdita del suo migliore amico l’ha lasciata davvero sconvolta. |
In effetti molti all’epoca non approvarono la decisione del comando alleato di sospendere gli aiuti alle forze partigiane (che non essendo forze regolari non avevano certo caserme o acquartieramenti dove svernare), ma purtroppo dovendo dipendere da quel tipo di aiuti non doveva concedere molta autonomia decisionale, il freddo e il gelo sono nemici non meno temibili degli uomini, ai componenti della brigata non resta quindi che sparpagliarsi in attesa di tempi migliori. |
Pure in una situazione così particolare e precaria come la guerra (o in questo caso la guerriglia) non si riesce a dimenticare che c’è stato un periodo in cui c’era la pace, qualcosa del genere m’è venuta alla mente leggendo la prima parte di questo capitolo, che verde Irma, nonostante il suo ruolo di combattente, conscia dell’essere sposata e di aver formato una nuova famiglia, sia pure nelle condizioni avverse del momento. |
Credo sia stata un’ottima scelta l’inserimento degli stralci del processo a Lunardi con le parti che riportano le frasi del pubblico ministero, che tenta con volgari facezie di screditare l’opera dei suoi nemici, mi sembrano il segnale di un potere tanto più feroce quanto sa che ormai è dalla parte perdente, nonostante manifesti idee opposte (quello che però doveva essere una battuta si ritorce contro di lui, dato che l’accusato si sente onorato del paragone con l’eroe delle dieci giornate). |
Anche questo capitolo mi sembra molto ben scritto, prima nella descrizione della fase di scoramento per la notizia della cattura di due partigiani,poi nella decisione della protagonista di tentare da sola la cattura di un tedesco da usare come moneta di scambio per la vita dei due prigionieri; ho trovato molto ben descritto il processo che porta la protagonista a convincersi che deve fare qualcosa ed il sistema che usa per avvicinarsi prima e per catturare poi il graduato della Wehrmacht. devo dire che m’è sembrata ottima l’idea della tagliola per catturare il caporale Schinner, credo sia stato un ottimo contrappasso per uno abituato a comportarsi da fiera feroce essere trattato da tale, e per uno come lui, che credo piuttosto convinto della superiorità sua e della sua causa (nonché della sua “razza”) essere sconfitto dall’astuzia di una ragazza appartenente a quelli che per lui erano traditori deve essere stato un duro colpo, gli va almeno riconosciuta l’intelligenza (o la codardia) di non aver voluto fare l’eroe a tutti i costi, lasciandosi morire per dimostrare il suo preteso valore da titano uscito dalle saghe nibelungiche; probabilmente ha capito che era meglio restare vivo, dato che i suoi carcerieri non avevano interesse ad eliminarlo se non come eventuale rappresaglia in seguito al fallimento dello scambio. Nonostante quindi i dubbi che l’accompagnano, e pur con le incertezze ed i timori che una missione così difficile comportava, Irma ha potuto così dimostrare di non essere solo un gregario ma di essere capace di dare il suo contributo alla causa, anche se, come il suo comandante le fa saggiamente notare, ha corso un rischio davvero grande a voler agire di testa sua, per fortuna l’esito della sua sortita è stato coronato dal successo, ma il suo contrario poteva essere rovinoso a sé e agli altri. |
Purtroppo per la protagonista l’arruolamento non è stato facile (anche se non si può dire che sia stata per lei una sorpresa), in effetti dalle parole del comandante della Matteotti sembra trasparire un certo qual pregiudizio verso l’aspirante recluta, eppure faceva parte di un gruppo che fin dal secolo scorso propugnava l’assoluto egualitarismo tra le varie componenti della società, quindi anche tra i sessi, evidentemente non aveva ancora recepito tali nozioni, oppure preso dalla sua funzione di capo militare, si era convinto che la guerra (specie una guerra che oggi si definirebbe asimmetrica, ovvero bande guerrigliere contro un esercito regolare) non fosse consona al tipo di persona che aveva davanti (comunque ha avuto il merito di suggerire alla protagonista il suo nome da battaglia). Quanto all’altro comandante, fa parte di un gruppo che tendenzialmente dovrebbe essere più conservatore, eppure decide di arruolare quella che al momento null’altro è che una ragazzina volenterosa che vuole rendere il suo servizio alla patria senza che qualcun altro lo faccia per lei. Ho trovato molto interessante ed acuto il momento dell’interrogatorio del comandante, il suo ruolo gli impone di capire le reali motivazioni di chi vuole entrare nel suo gruppo, per questo possono sembrare dure (per una come la protagonista poi lo debbono essere sembrate particolarmente tali), Irma non può offrire seria resistenza all’acume del comandante, forse non ci riuscirebbe nemmeno volendo, inoltre, in quel momento sa solo che vuole combattere, anche se non riuscirebbe ad articolare questo sue desiderio in parole; alla fine con sua somma gioia viene accettata, questo per lei già deve essere stata una piccola vittoria rispetto allo smacco precedente. Molto bella (e affascinante) la scena del giuramento della recluta, sembra qualcosa di simile alla cerimonia per l’entrata in un ordine cavalleresco o qualcosa di simile, nel quale chi entra nella brigata lo fa per null’altro motivo se non il bene comune. |
Leggendo questo capitolo ho trovato ben inserito la scena dell’arrivo della protagonista, come l’accenno al sorriso come unica forma di ringraziamento verso quel contadino che l’ha aiutata, come anche il momento di pace (relativo) che la protagonista trova quando passeggia per le strade di quel paesino di montagna vedendo delle tranquille scene di vita familiare chiedendosi se anche lei potrà viverle o se immatura morte non verrà prima a ghermirla, eppure nonostante quest’apprensione continua a credere che quella che ha preso sia la decisione giusta, e nemmeno il pensiero di una fine precoce può farla desistere. Mi sembra ben delineato il personaggio di don Giuliano, che accoglie benevolmente la ragazza e non sembra avere dubbi sulla scelta di quella sua ospite (forse preferisce demandare il compito ai comandanti delle varie brigate, non vuole essere lui a smorzare l’entusiasmo di chi gli si presenta animato da sì nobile intenzione), mi sembra che sia stata una buona idea introdurre il personaggio di Cecco, a cominciare dalla sua descrizione esterna, in un periodo in cui i motivi per sorridere non erano certo molti, questo giovane che sembra voler sempre trovare il lato buffo della vita deve essere stato il necessario contraltare dei sentimenti della protagonista (anche se poi a fine capitolo dimostrerà che non è certo avventatezza o il non capire la realtà circostante che lo rende pronto al gioco e allo scherzo), godibile anche la descrizione del viaggio in bicicletta dei due ragazzi, come anche la scena del controllo da parte dei tedeschi, come anche la scena finale che li vede abbracciati, in effetti il pericolo corso non era da poco, sarebbe bastato un controllo sul loro veicolo per rendere i suoi occupanti passibili di pesanti sanzioni, tra le quali probabilmente la pena capitale. |
Pensando a questo capitolo, mi è venuta spesso in mente quella massima che recita “certe cose sono belle da lontano ma non da vicino”, in effetti Irma, pronta a tuonare contro i nemici del suo paese e del fascismo (che ella probabilmente intendeva essere la stessa cosa) se avesse saputo che in qualche plaga lontana da lei la repressione stava dando i suoi frutti, probabilmente avrebbe gioito, invece vedendo da vicino come avvengono tali atti (nella sua drammaticità ho trovato molto bella la scena della fucilazione, per lei quei colpi di mitra, oltre a privare della vita quel poveretto, hanno anche spezzato la casa di specchi in cui viveva, quegli specchi che davano ad Irma l’immagine di una fervente fascista ed ora invece danno ai suoi occhi l’immagine di un essere deforme e mostruoso, se permette che avvengano atti del genere senza che faccia nulla, lei non si definisce coraggiosa, ma è stata capace di darselo, commovente il momento in cui dimentica del momento, del luogo e della compagnia decide di correre verso quel corpo crivellato di colpi e di abbracciarlo, come se in qualche modo chiedesse al morente di essere perdonata per aver permesso quell’atto) |
Questa storia mi ha fatto pensare molto, sia per la bravura intrinseca del tuo stile che per l’poca piuttosto particolare della storia patria in cui è stata ambientata, ma non avevo pensato ancora a dei commenti per ogni capitolo, credo sia d’uopo ovviare. |
Un epilogo degno di una storia come questa, che dà uno scorcio del futuro, che è il presente che adesso stiamo vivendo. |
Accidenti, che capitolo commovente! |
Povero Emi, povero Ferro! |
Sono di nuovo qui, non ho resistito a lungo! |