Una parte di me è restia a lasciare questo commento, che farà di me un po' un(a) Leonardo e non certo perché ho un bel paio di occhi blu o una mandibola virile, soprattutto dopo la gentilezza che hai mostrato nei miei confronti dandomi utilissime dritte su come impostare una recensione; ma proprio per lo stesso motivo l'altra parte di me mi spinge a scriverti qualcosa, un po' per farti vedere quello che ho imparato grazie a te e un po' perché ti sei sempre mostrata aperta al dialogo. E io sono sempre avida di parole.
Ho letto questi primi due capitoli con qualche difficoltà e, dopo averli riletti e averci riflettuto, credo di avere individuato due problemi che vorrei esporti: il primo riguarda la struttura e il secondo riguarda invece lo stile.
La difficoltà principale di scrivere una storia "originale" (utilizzo questo termine per descrivere un racconto che non è una fanfiction) è essenzialmente il fatto di "non avere la pappa pronta"; non fraintendermi, non intendo certo dire che scrivere fanfiction sia "più facile" che scrivere un racconto originale, ma è senz'altro vero che spesso gioca a favore dell'autore il fatto che il lettore "già conosca" alcune cose: l'aspetto fisico dei personaggi, il loro back-ground, l'ambientazione generale e così via. Capisco quindi la difficoltà di fondo del dover presentare al lettore qualcosa di "completamente nuovo", un personaggio mai visto prima, e soprattutto suscitare dei sentimenti nei suoi confronti: empatia per Chiara, iniziale antipatia per Leonardo, eccetera eccetera. Il rischio è quello di finire per “rigurgitare” le informazioni e credo che sia questo, appunto, il grande problema della struttura narrativa che hai scelto.
Per quanto le battute dei personaggi siano briose e spigliate, esse sono – soprattutto nel primo capitolo – intervallate ogni volta da lunghissime digressioni che risucchiano il lettore via dalla scena principale (Chiara e Leonardo nello studio della professoressa, ad esempio) e lo costringono a “scivolare” da un'altra parte, a leggere un'altra cosa, a “distrarsi” e a perdere il ritmo, per poi tornare di nuovo a seguire un altro filo del discorso. Le digressioni sono, e non lo metto in dubbio, sono spesso utili per approfondire il passato e la personalità di un personaggio (in questo caso specifico di Chiara che, essendo la narratrice impersonale di questa storia, è il punto di vista attraverso il quale seguiremo la vicenda e svilupperemo anche gli altri personaggi) ma bisogna utilizzarle parsimoniosamente, per due motivi: il primo riguarda il ritmo della narrazione e il secondo riguarda, appunto, l'abitudine dell'info-rigurgito.
Le digressioni rallentano moltissimo il ritmo della narrazione, soprattutto durante uno scambio di battute: come ho già detto, il lettore è costretto a seguire due livelli narrativi distinti, quello principale del dialogo e quello secondario della/delle digressioni; ogni volta è come se dovesse scendere e salire una rampa di scale per tornare nel corridoio principale e questo “stacco” rende il procedimento del dialogo zoppicante. Da una parte, infatti, il lettore non riesce ad immergersi nell'atmosfera della scena (ed è un peccato, dato il vivace scambio di battute tra i due protagonisti, che crea una viva tensione sessuale) e dall'altra si perde anche il livello “fisico” dei dialoganti, che di certo non sono due marionette che si muovono su uno sfondo bianco: è come se io e te stessimo guardando una puntata di un telefilm in cassetta e tu mettessi in pausa ogni due minuti per raccontarmi quello che è successo prima o quello che succederà dopo questa puntata; intanto io guardo l'immagine statica, immobile, dei due personaggi, che tra una battuta e l'altra ciondolano sulla scena aspettando che la digressione finisca.
Il problema dell'info-rigurgito è più complesso. L'info-rigurgito è il “rovesciare” sul lettore una serie di informazioni, magari anche importanti per la storia, in maniera pedante e priva di grazia. Le informazioni dovrebbero trapelare da azione e dialogo, non essere sbattute in faccia al lettore. E questo non perché sia una regola, ma perché l'info-rigurgito è noioso. L'info-rigurgito si esplica in due modi principali: con l'intervento diretto dell'autore oppure attraverso dialoghi e pensieri farlocchi.
Il primo modo è il più brutto ed è purtroppo quello che, secondo me, tu hai inserito nel racconto. Con questo tipo di info-rigurgito, infatti, la narrazione viene interrotta e l'autore “sale in cattedra” per insegnare al lettore. Un esempio lampante di questo errore l'ho trovato nel primo capitolo:
- Come sarebbe che non vieni? E mi lasci sola a subire l’assalto del club delle prime mogli?
Il ‘club delle prime mogli’ era una citazione dal film omonimo, che Chiara e Alessandra avevano visto insieme, e che trattava appunto di mogli abbandonate o tradite dai mariti, che si ricostruivano comunque una vita; il trio però di cui Alessandra stava parlando al telefono non aveva decisamente la stessa simpatia e la stessa vitalità delle meravigliose protagoniste di quel film. Al Liceo Scientifico, che le due ragazze avevano frequentato come compagne di banco, c’erano sempre state poche femmine; nella loro classe, oltre a loro due, c’erano solo altre tre fanciulle, che avevano passato un’adolescenza in grado di far impallidire Tinto Brass e che poi avevano tutte insieme messo la testa a posto, si erano tutte insieme sposate, avevano tutte insieme fatto un pargolo e si sarebbero presto e probabilmente fatte tutte insieme una liposuzione. Convinta anche che presto avrebbero tutte insieme divorziato, cornificando col giardiniere il marito che già le cornificava con la governante, Alessandra le aveva appunto già preventivamente ribattezzate ‘le prime mogli’.
Pam. L'azione si interrompe, la realtà virtuale sfuma e ora non ci sono più Chiara e Alessandra che parlano, ma tu, autrice, che spieghi al lettore il perché e il percome della citazione che hai usato. Quello che conta è la storia, non la citazione! La reazione del lettore di fronte a questo tipo di info-rigurgito è “sì, ma a me?” E non perché l'idea sia brutta, o noiosa, o inutile ai fini della storia, ma perché messa giù così è solo... un libretto delle istruzioni. Le informazioni in sé non sono interessanti, è come vengono integrate nella storia che le rende interessanti.
La soluzione all'info-rigurgito è mostrare. Non sto dicendo di non approfondire il personaggio di Chiara, di non spiegare i suoi trascorsi e via discorrendo. Per carità! Anche l'episodio delle sue ex-compagne di liceo è un modo per sfumare lei e ciò che l'ha formata, ed è utilissimo e prezioso come tutte le altre piccole cose che fanno di Chiara quello che è. Quello che non mi convince è il modo in cui inserisci queste informazioni, questa fretta di metterle giù, come se le "sbattessi" in faccia al lettore. In questo modo gestisci due livelli narrativi: uno è quello dell'azione mostrata, quello dell'azione vera, dove Chiara è un personaggio vivo che io riesco a immaginare mentre si muove, parla, ride, si arrabbia, legge su internet le informazioni su Leonardo e via discorrendo; l'altro, invece, è quello dove non c'è più realtà virtuale, è tutto raccontato, e mi immagino te, autrice, che mi spiattelli le informazioni che non hai saputo o voluto mostrarmi con della vita vera. È una scelta che in un certo senso mi viene da giudicare pigra, anche perché so che riesci meravigliosamente ad evitare scivoloni come questi. Basta leggere, nel secondo capitolo, il dialogo tra Alessandra e Chiara in coda per entrare nel locale: brioso, vivace, attivo e vivo, dove tutto prende vita nelle azioni e nelle battute dei personaggi e non nelle tue digressioni; i personaggi sono vivi perché sono vivi in quel momento, non perché tu, autrice, mi elargisci brani della loro biografia e dei loro trascorsi al liceo.
L'info-rigurgito, inoltre, credo sia a monte dell'altro problema che ho riscontrato, quello riguardante lo stile. Dal momento che, durante le digressioni, non c'è più vera azione, ma solo il resoconto di quello che c'è stato o di com'è la personalità di Chiara, spesso finisci per usare un lessico ed una sintassi molto... documentale. In certi punti sembra davvero di leggere una circolare amministrativa; uno stile tecnicamente irreprensibile ma assolutamente non adatto ad una commedia romantica. Mi rendo conto tuttavia che si renda necessario nelle digressioni, perché lì non c'è vero pathos, non c'è vera vita, non c'è vera azione: è solo la spiegazione di una cosa. Perché Chiara è sempre puntuale. Perché Chiara odia gli assistenti. Perché Alessandra e Chiara chiamano le loro “amiche” del liceo “il club delle prime mogli”. Spiegazioni. Digressioni.
Tutto ciò contrasta ferocemente con la vita che invece si respira quando ti concedi di “non spiegare”, quando fai davvero muovere e parlare i tuoi personaggi e non imponi la tua presenza di narratore nelle digressioni. I dialoghi, soprattutto quelli tra Alessandra e Chiara, sono piacevoli, vivaci e vividi, davvero amichevoli, davvero complici, e senza inutili spiegazioni o lunghe digressioni sul perché e il percome le due siano diventate amiche: la loro si amicizia viene mostrata attraverso le azioni e i dialoghi, non raccontata nelle digressioni.
Credo di aver detto tutto quello che dovevo dire, forse anche troppo. È un papiro di ben... oddio, quattro pagine su openoffice. Oh cielo.
Spero di aver espresso con chiarezza le mie opinioni e di aver saputo sfruttare i consigli che mi hai dato sul... tono (non so se sia proprio il tono, però ci siamo capite) con cui esprimerle. Se non altro, spero di poter sentire le tue, di opinioni, in merito. Adoro il confronto, soprattutto se posso imparare qualcosa. Finora, tutte le volte che ho avuto a che fare con te (oddio, sembra la battuta di un film western) ho sempre imparato e di questo ti ringrazio. :) |