Recensioni per
Midnight Dream
di sammyjoe Storm

Questa storia ha ottenuto 46 recensioni.
Positive : 43
Neutre o critiche: 3 (guarda)


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Recensore Master
14/08/11, ore 16:54
Cap. 1:

Recensione scritta per il Reviews Exchange 2.1vr - Collection of Starlight

In ritardo, ma eccomi qui. Non mi dilungo in spiegazioni che di certo non ti interesseranno riguardo il mio ritardo, ma passo subito alla storia.
Il primo capitolo mi è piaciuto abbastanza: lo stile è fluido e a tratti poetico.
Tuttavia non ho potuto fare a meno di notare che Tristan appare un po' stereotipato: sembra proprio il tipico ragazzo bellissimo che piace a tutti e che va a letto con tutti salvo poi non stringere una relazione sentimentale con nessuno. E' un personaggio visto e rivisto che, per quanto bello, aitante e intelligente possa essere, a lungo andare stanca. Certo, hai provato a descriverlo utilizzando uno stile quasi aulico, ma non serve molto, a mio parere. Infatti questi bruschi cambi di stile mi fanno storcere il naso: il lessico dei dialoghi è molto più semplice e povero di quello delle descrizioni di Tristan.
Un'altra cosa che ho, appunto, nototato è che il passaggio da discorso diretto e le descrizioni di Tristan è un po' troppo netto.
Alla prossima,
Cla
(Recensione modificata il 14/08/2011 - 04:58 pm)

Recensore Master
19/07/11, ore 19:58
Cap. 1:

Recensione scritta per il Reviews Exchange 2.1vr - Collection of Starlight

Eccomi qua, all'ultimo giorno – giusto perché non sono una procrastinatrice ;).
Partiamo dal principio: c'è una bandierina lassù, e ho riflettuto a lungo su quale delle due opzioni (neutro o negativo) scegliere. Ho letto l'inizio della recensione di Acardia17 e la mia titubanza avviene per motivi simili e diversi ai suoi: simili senza dubbio perché ho visto la passione e l'amore per questa storia e per questo “troppo” che ti è già stato segnalato, diversi perché la mia scelta non deriva in realtà da questo “troppo”. Effettivamente io non sono una grandissima amante delle metafore, soprattutto elogiative/celebrative, ma mi adeguo al registro che trovo di fronte a me, cercando di entrare nella storia. Il problema? Non sono riuscita a entrare nella storia. Ho fatto una semplice riflessione conclusiva nello scegliere quella bandierina: continuerei a leggere questa storia? La mia risposta è ahimé negativa. Il capitolo che ho letto non è che una anticipazione di ciò che ci troveremo ad affrontare in quelli successivi, è piuttosto breve e non ricco di eventi, ma la manciata di elementi che offre non mi ha proprio convinta.
Cercherò di spiegare le ragioni il maggior accuratamente possibile – mi scuso in anticipo se sembrerò prolissa, o eccessivamente puntigliosa, o, magari, confusa.
La mia impressione generale nella lettura di questo assaggio di storia, è che troppe cose siano dati per scontate o siano presentate scegliendo una strada tortuosa e poco coinvolgente. La trama è essenzialmente molto semplice, la scena rappresentata pressoché quotidiana e tranquilla: alcuni amici si recano ad assistere al concerto di una band – formata da loro altri amici. Eppure la scena che dovrebbe essere semplice, semplice non è; il lettore si perde, da qualche parte verso la decima riga, perché in realtà questo prologo non è che una lunga descrizione inframmezzata da bagliori di dialogo ed eventi.
La successione è:

1) Dialogo molto breve, poco descrittivo, in stile battuta-battua tra Liz e Tristan
2) Descrizione estremamente lunga di Tristan. Tipologia fisica, tono celebrativo. Nessuna contestualizzazione (nonostante il lettore non conosca affatto il personaggio).
3) Dialogo di tre-quattro righe tra Liz/Tristan/Drew
4) Descrizione del rapporto tra Tristan e Drew tramite digressione. Poca contestualizzazione. Accenni a lavoro/vita vaghi e confusi.
5) Improvviso ritorno alla narrazione, Tristan assiste al concerto. Poche righe in cui emerge questo Felician.

6) Descrizione estremamente lunga di Felician. Tipologia fisica, tono celebrativo. Nessuna contestualizzazione.


Cosa voglio indicare tramite questo schemino?
Lo squilibrio incredibile tra narrazione e descrizione. L'evento raccontato è appena tratteggiato e oltretutto non particolarmente originale e coinvolgente. A conti fatti, la narrazione praticamente non c'è.

I dialoghi sono a parer mio troppo frettolosi/artificiosi. Avvengono in poche righe, sparse all'inizio e al centro del capitolo, e la narrazione coinvolge sì e no e tre paragrafi altrettanto brevi. Tutto il resto è rappresentato da una sorta di “schiaffo” narrativo: i personaggi sono piazzati sulla scena a freddo, senza alcuna presentazione. Si avverte esageratamente questa volontà di porre tutti in scena – immediatamente, subito – per poi eventualmente darsi alla narrazione nei capitoli successivi: il risultato è artificioso, ma soprattutto poco coinvolgente.
La conduzione così schematica risulta macchinosa, poco dinamica: si ha una sorta di costante “nome del personaggio” (che semplicemente saluta, suona, è presente, e di cui quindi il lettore non ha alcuna idea salvo un nome lontano) → descrizione fisica del personaggio, molto lunga, che fa perdere il filo narrativo di una scena il cui sviluppo è ridotto all'osso, elementarizzata in pochissimi, scanditi, elementi.
Il lettore è gettato in una realtà che non conosce minimamente e senza avere il tempo di ambientarsi, emergono dalla nebbia in cui ancora si sta orientando ben tre personaggi, tutti in una volta, presentati non tramite azioni/dialoghi/manie/comportamenti/connotazioni varie: di essi viene data una descrizione puramente fisica, che ne esalta la bellezza e la perfezione, e quando si va a ricercare elementi che caratterizzino il personaggio invece che imporlo come una statua scintillante ci si sente confusi, perché sono accenni estremamente vaghi e dati come per scontati, ma cui il lettore non è preparato.
Qualche esempio
Tristan:
E' bellissimo, ciò viene sottolineato più volte, ma la sua descrizione è totalmente scardinata dalla scena rappresentata. Una lunghissima digressione che nella sua fisicità poco contestualizzata ce lo rende estraneo. E' immediata, iniziale, il lettore ancora non sa di chi si stia parlando: un attimo prima legge un dialogo brevissimo, un attimo dopo una digressione. Non può affezionarsi al personaggio, non può vedere in esso qualcosa che realmente riesce a comprendere o percepire.
La reazione istintiva è un po' del tipo “E' bello, e quindi?”, nel senso che di Tristan non si sa niente e di una sua descrizione fisica non interessa granché.
Poi vengono introdotti elementi più introspettivi: si fa cenno a una tristezza, a un animo cupo, ma vengono presentati su un vassoio d'argento, senza approfondimento o contestualizzazione. Sono dati di fatto posti con una sorta di ovvietà oggettiva: Tristan è triste perché è triste. E' di animo cupo perché è di animo cupo.
Il rapporto tra Tristan e Drew:
Anche qui viene essenzialmente dichiarato, invece che mostrato. La narrazione non lascia intravedere assolutamente niente di quello che viene dato come un fatto certo e preciso. Perciò il loro rapporto scivola anch'esso in un bagaglio di informazioni che il lettore sta “mettendo in saccoccia” in modo freddo e poco coinvolgente.
Felician:
E qui è troppo. Un'altra descrizione puramente fisica. Ma chi è Felician? E' solo la sua fisicità a caratterizzarlo? Forse per il narratore in parte sì, perché conosce bene i propri personaggi, ma per il lettore... è un estraneo, il terzo di tre angeli intoccabili e immobili, ma soprattutto un'altra descrizione la cui lettura avviene con occhio freddo, affatto coinvolto.

Quale è il succo del discorso? A mio parere l'errore sta nel presentare i personaggi come sotto un fascio di luce bianca, immobili, incredibilmente fisici e pochissimo reali, poco concreti. Sono nomi attaccati a dei volti, non sono sguardi, non sono individualità che emergono dalla narrazione. La digressione è un'arma molto pericolosa: a volte è fondamentale per mettere il lettore a conoscenza di elementi precisi, ma non deve letteralmente inondare lo scritto (su 1300 parole la narrazione coinvolge sì e no 300), perché il risultato è freddo, confusionario, affatto lineare, e soprattutto forzato. La narrazione dovrebbe procedere equilibrata, scorrevole, inserendo personaggi e informazioni in modo che il lettore le recepisca in modo automatico e piacevole, invece qui è incredibilmente palpabile (laddove non dovrebbe essere mai percepita) l'ansia di voler informare il lettore di tutti questi elementi. Quasi in uno spettacolo teatrale i personaggi si mostrassero uno alla volta, presentandosi, e solo dopo iniziasse la rappresentazione: lo spettatore assiste a una sfilata e ingurgita informazioni, invece che assimilarle naturalmente se i personaggi entrano in scena pian piano, inseriti nella narrazione.

 

Un altro elemento che non aiuta affatto a caratterizzare e rendere più vicini i personaggi è la modalità di descrizione. E' incredibilmente elogiativa: i personaggi sono tutti perfetti, tutti stupendi, ma soprattutto sono mille cose diverse. La descrizione esplode in mille direzioni opposte, come un fuoco d'artificio, confondendo il lettore. Ogni singolo elemento è paragonato a tantissimi elementi diversi, spesso contrastanti tra loro, spesso appartenenti a sfere del tutto diverse e associati in modo artificioso.
Non dico che sia sbagliato descrivere tramite metafore o creare immagini suggestive, anzi. E' errato però inserirne mille: il lettore quale dovrebbe scegliere per avere un'immagine nel personaggio? Oltretutto dal momento che appunto la descrizione fisica è l'unico elemento concreto che ha sul personaggio stesso. Se, giustamente, vuoi creare un'immagine evocativa e poetica, allora rendila chiara e lineare, scegli le attribuzioni che vuoi dare, non inserire tutte quelle che ti vengono in mente. Anche perché spesso la descrizione si basa su una attribuzione e sul suo opposto: il risultato è quasi un matematico annullamento o un più semplice confuso e pasticciato disegno.
Solo gli occhi sono ripetuti 10 volte in 1300 parole: significa in media ogni 130 parola, e ogni volta hanno un'attribuzione diversa, ogni attribuzione slegata da quella precedente.
Gli occhi di Tristan sono: mercurio liquido, abisso, Terra di Mezzo, cristallo, aria, acqua, cielo, pietre, prismi, gioielli, materia divina, pagliuzze di cielo, scorci di mare, fili d'aria. Insomma, un po' troppe cose insieme ;).
E questo solo per citare un esempio: ogni singolo passaggio è una sequenza di attribuzioni elencate.

In particolare ti consiglio di tagliare quelle più ovvie o banali o quelle troppo altisonanti e aleatorie.
I capelli di corvo, la pelle di marmo, gli occhi di mercurio per le prime, giusto per citarne alcuni.
Tristan Stella del Mattino e figlio dell'Aurora e del Drago, o l'amore che va oltre tempo e spazio e fisica e teologia per le seconde, facendo un esempio.
Tieni le più personali, le più naturali: quelle che rispecchiano perfettamente la sensazione che tu stessa avverti mentre pensi al personaggio,, quelle che veramente scaturiscono dal tuo immaginario, e non sono frutto di luoghi comuni diffusi come il prezzemolo nella scrittura amatoriale – e non solo – o di ricerca troppo meccanica e difficoltosa, risultante in immagini poco immediate e appartenenti a sfere/ambiti estremamente discordanti.

 

Spesso, oltretutto, queste attribuzioni si riferiscono a qualcosa che il lettore dovrebbe in teoria conoscere.

Alcuni esempi:

Tristan rise e guardò Liz con un sorriso, uno di quelli che facevano crepare le rocce,” (E' un dato oggettivo? Una tipologia di sorriso ben nota?)

uno sguardo di quelli che lasciano basiti ad annaspare aria” (idem)

Tristan, non era un ragazzo qualsiasi, almeno non uno di quelli che ti volti semplicemente a guardare” (qui ci sta, senza dubbio, ma è nell'effetto generale di questa presentazione quasi tipizzata che stona: “quel tipo di ragazzo”, “quel tipo di sguardo”, “quel tipo di amore”, eccetera, quasi si procedesse a categorie, più che a descrizione. L'immagine spesso si rifà a qualcosa di dato per scontato ma che in realtà scontato non è – il risultato, quindi, frana)

lui aveva quel qualcosa d'indefinito che balzava agli occhi e che non tutti capivano” (quale qualcosa? Molto vago, quando vorrebbe essere invece dato in pasto al lettore come un elemento che riconosce a pelle)

rifugio e sfera e scrigno, dove risiede e aleggia la propria parte di mondo, sincera e pura, quella parte luminosa e splendente, quel piccolo granello di sabbia che nessuno conosce né vede.” (troppo “filosofico” perché possa essere gettato in categoria ;))

Perché Drew amava sul serio Tristan, non di quell'amore da innamorati nè quello fraterno, ma di un amore viscerale, profondo e puro, platonico e vero, tangibile e chimerico, qualcosa che andava oltre le semplici conoscenze umane, oltre il cielo e lo spazio, oltre il tempo e l'essere, oltre la fisica e la teologia.” (idem – categorizzazione dell'amore, in particolare l'ultimo descritto con immagini davvero altisonanti, viene presentato al lettore come qualcosa che dovrebbe conoscere)

Sicuramente, Drew, voleva richiamare l'attenzione di Tristan, quella vera, quella che degnava solo a pochi,” (non conosciamo affatto i personaggi)

quel sorriso stupendo e sincero che riservava solo alle grandi occasioni,” (idem)

E così via...

 

Non voglio soffermarmi sulla scelta di celebrare il personaggio. Credo sia soggettiva, una scelta personale: a mio parere lo allontana terribilmente, lo priva di concreta realtà. Appare un semidio (Tristan è un angelo caduto, un figlio di divinità, qualcosa di unico) più che un individuo. Spesso ciò che coinvolge il lettore sono i piccoli dettagli, più che un'esteriorità rilucente. Come già dissi a qualcun altro, il lato della medaglia polveroso è spesso più interessante di quello luccicante. Ma, appunto, la reputo una scelta e un gusto personale.

Su un piano stilistico, in generale la struttura della frase è sufficientemente scorrevole, ma in molti periodi risente di un ritmo cadenzato da queste metafore: successioni di “come”, successioni di metafore, successioni di attributi. Il risultato è un po' pesante, soprattutto perché si ripete più e più volte, ridondante, rendendo il tutto poco vivace e in generale il testo piatto.

 

Un esempio:

 

Tristan piantò i suoi occhi sulla figura di Felician; l'aveva notato prima, oh si che l'aveva notato, nella moltitudine di persone accorse per quel concerto spiccava come un'ala di gabbiano nel cielo cupo e nero, come oro nella pece, come rosso tra il grigio e come un fiore tra le rocce.

Era impossibile non notarlo, delicato e bellissimo, un angelo di divina bellezza e splendore, delicato come petali di seta e flessuoso come lo stelo di una rosa appena sbocciata.

 

La successione di paragoni in due frasi così ravvicinate risulta cantilenante.
Hai una base evidentemente curata, una penna che scorre abbastanza sicura, devi solo stare attenta a non appesantirla, con successioni troppo lunghe o paragrafi molto dilungati in successioni di coordinate.
Ciò che nella maggior parte dei casi ti penalizza è la punteggiatura: a volte zoppica un po' e non aiuta il ritmo del periodo, ma lo rallenta o lo rende contorto o a volte errato. (Errata è anche la punteggiatura del discorso diretto ;))
Qualche esempio:
-
Ed era vero, Tristan quando si sentiva soffocare dalla tristezza che lo attanagliava, prendeva al volo i lavori che gli venivano offerti anche dall'altra parte del mondo, e partiva ed ogni volta tornava sempre a casa, più forte e rifocillato, ricucito di toppe nuove quando le precedenti iniziavano a cedere, da Drew, dal suo migliore amico, il fratello che non aveva mai avuto e che rappresentava il suo mondo. ← Il paragrafo è molto lungo, poco scorrevole e nella prima parte ci vorrebbe una virgola dopo “Tristan” oppure andrebbe tolta quella dopo “attanagliava”. Con entrambe le virgole si costruirebbe un inciso e sarebbe giustificata la seconda virgola, che così, invece, risulta errata perché posta tra soggetto e verbo.
-Di certo, Tristan, non era un ragazzo qualsiasi, ← virgola tra soggetto e verbo, attenzione!
-Tristan abbagliava e ammaliava, tutti, uomini e donne, con una semplicità disarmante. <-- perché la virgola prima di tutti? E' una virgola tra verbo e complemento oggetto, che è errore da un punto di vista grammaticale.
-Sicuramente, Drew, voleva richiamare l'attenzione di Tristan, quella vera, quella che degnava solo a pochi, e sapeva bene quanto il suo amico amasse gli assoli di chitarra nonostante avesse smesso di suonare. ← virgola tra soggetto e verbo, di nuovo ;)

Errori ho trovato, eccetto la punteggiatura, solo qualche svista:
“Di un po'” invece di “Dì un po'”, un numero in cifre (22), “oh si” invece di “oh sì”. Attenta alle ripetizioni di guardare – sguardo – sorriso – occhi.

Da un punto di vista lessicale, è evidente la ricercatezza e la cura generali. Hai un buon lessico, una buona padronanza della lingua. Attenzione però ai colloquialismi e alle espressioni improprie!
Cozzano incredibilmente, a maggior ragione quando si vuole mantenere un registro alto e ricercato.
-
guardò Liz con un sorriso: si guarda con gli occhi, non con il sorriso. E il sorriso si rivolge.
-
schioppo di dita: lo schioppo è un fucile, forse intendevi schiocco? In generale molto terra-terra, contrapposta poi a un'immagine aulica.
-
puntare gli occhi su; sbattere in faccia; aria fottutamente dannata; prendere il volo (nel senso di andarsene); occhi da infarto; stendere con un sorriso e fulminare con lo sguardo: sono tutte espressioni molto colloquiali. Confesso che ho storto il naso qualche volta nel leggerle, proprio perché risaltano immediatamente in mezzo a termini ricercati. Oltretutto non sono giustificabili come appartenenti a un gergo giovanile quale è quello dei personaggi, perché il narratore è esterno, non interno.

 

Quindi, che dire, per concludere: la base c'è. Consapevole, matura, piena di volontà e di amore per la scrittura – è evidente in ogni singola riga. E' che a volte va a briglia sciolta e male si organizza in una struttura narrativa in cui si deve impostare una trama e in essa inserire dei personaggi.
Non dare troppo per scontato, prepara il lettore a ciò che introduci e non avere fretta di mettere tutto in tavola sin dalle prime righe, perché si perdono troppi dettagli.
Taglia le digressioni e lavora più sulla narrazione, in modo da bilanciare questi elementi, e riduci le attribuzioni. In questo modo saranno non eccessive, ma personali e azzeccate, veramente connotanti.

Sono stata prolissa e non sono brava a muovere critiche senza risultare incredibilmente antipatica, ne sono davvero consapevole, ma posso assicurarti di aver visto ottimi elementi dietro una patina troppo spessa di lucidità, che confonde l'atmosfera in cui ci si dovrebbe calare. Lavora maggiormente su quegli elementi: i rapporti tra i personaggi, la voglia di esprimere l'assoluto nel sentimento e nella bellezza, quella di intrecciare descrizione e caratterizzazione. Il tuo lavoro ne gioverà incredibilmente.

 

 

Un bacio

 

Chiara.
 

Recensore Junior
14/07/11, ore 21:10
Cap. 1:

Recensione scritta per il Reviews Exchange 2.1vr - Collection of Starlight

Dato che domani si parte per un pochino di vacanze, eccomi qui: la prima, credo! E argh, che prima scomoda che sono!
Ero parecchio dubbiosa se scegliere la via della neutralità oppure della critica, ma alla fine mi è sembrato giusto optare per quest’ultima. Non tanto per una questione di atteggiamento nei tuoi confronti - non ho di certo intenzione di demolire te o il tuo modo di scrivere, tutt’altro – quanto per il fatto che se all’inizio del capitolo ero piuttosto incerta su come muovermi riguardo a questo racconto, una volta giunta alla fine ho davvero sentito la necessità di sottolineare il difetto – unico, in realtà, ma incredibilmente possente – della tua narrazione.
È troppo. Troppo in ogni direzione, in ogni sfumatura del tuo stile.
Non prendermi nel modo sbagliato: io ADORO le metafore, adoro le similitudini, adoro l’incedere ritmato dalle immagini retoriche e adoro la presentazione poetica. Dunque non ti parlo da amante di uno stile secco e conciso, piuttosto il contrario: per darti un’idea, io e le poesie di Rimbaud e in generale della totalità dei Poeti Maledetti abbiamo vissuto una lunga e soddisfacente relazione amorosa, tanto da farmi giungere a essere qualificata da una vecchia insegnante “una scrittrice bulimica di parole”, per quanto sfruttavo – e talvolta abusavo – di questo tipo di espedienti.
È questo che vedo in questo capitolo: abuso, e soprattutto abuso celebrativo.
Ti riporto un passaggio, giusto per potermici riferire in modo diretto e inequivocabile ;)
Occhi grigi come il mercurio liquido, profondi come l'abisso, indescrivibili come la Terra di Mezzo e con l'iridescenza del cristallo, uno sguardo di quelli che lasciano basiti ad annaspare aria.
Solo poche persone riuscivano a fissare lo sguardo in quegli occhi senza affogare, e capivano che chi affogava lì dentro non aveva guardato, scrutato e osservato attentamente, perché non si affogava in quegli occhi ma ci si perdeva proprio nel loro interno, tanto che tempo e spazio divenivano irrilevanti e, solo allora, ci si accorgeva che non erano grigi: erano aria, cielo e acqua insieme. Cambiavano con la luce, con l'umore e con il tempo; pietre e prismi di assoluto splendore, gioielli di rarissima bellezza e materia divina. Pagliuzze di cielo, scorci di mare e fili d'aria.

La descrizione degli occhi – lo sguardo che ammalia, lo sguardo che rapisce, stupisce, cattura – è un elemento piuttosto comune nelle fanfictions, e nessuno dice che debba smettere di esserlo, ma l’attenzione che tu vi dedichi in questo capitolo è troppa. Non è un focus contestualizzato, ma meramente espositivo. La particolarità degli occhi di Tristan non traspare da un gesto, una frase, una situazione qualsiasi. Nel presentare questo personaggio al lettore ci tieni a sottolineare il fatto che abbia degli occhi mozzafiato, ma l’enfasi è troppa per una semplice parentesi descrittiva. Oltretutto, è il modo attraverso il quale esalti questo dettaglio che non convince. Analizzando il frammento immagine per immagine:
- grigi come il mercurio liquido [è un paragone piuttosto sfruttato, ma sì, può ancora avere un proprio fascino];
- profondi come l’abisso [paragone DECISAMENTE molto sfruttato. Le profondità dell’oceano sono ormai state depredate da un numero incredibile di queste similitudini ;)];
- indescrivibili come la Terra di Mezzo [qui il problema è più che altro logistico. Una delle caratteristiche principali della narrazione Tolkieniana è proprio l’estrema descrittività, quindi forse la Terra di Mezzo È descritti bile, no? ;)];
- con l’iridescenza del cristallo [il livello di “masticazione” del cristallo è più o meno equivalente a quella del mercurio, ma fermiamoci un attimo: un’immagine semi-abusata affiancata a un’altra immagine semi-abusata non crea un effetto troppo soddisfacente!];
- affogare/perdersi negli occhi [anche questa espressione è già vista, così come qualsiasi altra esplorazione/smarrimento che abbia luogo tra un battito di ciglia e un altro].
Poi, proseguendo velocemente, occhi come:
- pietre e prismi di assoluto splendore;
- gioielli di rarissima bellezza e materia divina;
- pagliuzze di cielo;
- scorci di mare;
- fili d’aria.
Nell’arco di quattro/sei righe (a seconda della dimensione della finestra e dello schermo) hai caratterizzato gli occhi NOVE volte. Hai attribuito loro ben nove connotazioni differenti, senza neppure contare le azioni che li coinvolgono. E non si tratta di connotazioni collegate, ma del tutto slegate tra di loro: una specie di elenco di tratti distintivi il più variegati possibili, perché uno, due, tre, non bastano. Il problema è che una sola immagine non basta non perché gli occhi di Tristan siano infinitamente meravigliosi, ma perché nessuna di queste immagini è di per sé sufficientemente originale e inconfondibile da trasmettere al lettore la vera impressione di quanto questo sguardo sia unico nel proprio genere. Sono similitudini e metafore già viste, già usate, così che da sole non riescono a rendere al meglio l’idea: il lettore ci è abituato, quindi le prende sottogamba. Affiancandole l’una all’altra hai senza dubbio amplificato la sensazione che Tristan possa uccidere con uno sguardo, ma l’hai fatto in modo pesante, disconnesso, frammentario.
La cucina più raffinata è generalmente servita in porzioni piccole: non perché la società odierna si basa su un regime alimentare dietetico, ma perché la nouvelle cuisine vuole insegnare a gustare e assaporare lentamente ogni singola forchettata, così da dare modo al palato di cogliere ogni sfumatura di gusto.
Non servono mille immagini di media diffusione per esaltare un concetto, ne basta una, che sia innovativa, efficace, individuale. Una che il lettore non possa prevedere, non possa ignorare: una sulla quale non si debba soffermare troppo tempo, ma che nemmeno passi inosservata, sommersa da un fiume di sorelle gemelle.
E in generale il ragionamento che ho fatto per questo piccolo paragrafo vale per l’intero capitolo: c’è troppa poca narrazione, e troppa celebrazione. Ogni singolo dettaglio di ogni singolo personaggio è eccezionale, tanto che l’eccezione diventa la regola e non emoziona più.
Un’altra piccola stranezza che ho notato: all’inizio la narrazione è condotta da un punto di vista esterno (tant’è che assistiamo alla celebrazione dell’aspetto fisico di Tristan, che di certo non è autocelebrativo), poi invece entriamo nella mente dello stesso Tristan, con quel “In quell’abbraccio Tristan si perse”. Il passaggio non è netto, e non è giustificato ;)
Talvolta poi ti dimentichi di qualche virgola, o ne posizioni una di troppo [per quanto riguarda il primo caso, ad esempio: “Felician imbracciò la sua Gibson bianca e con una semplicità mostruosa, iniziò a suonare” (dopo la “e” sarebbe il caso di inserire una virgola), mentre per quanto riguarda il secondo: “Di certo, Tristan, non era un ragazzo qualsiasi” (perché quelle virgole prima e dopo “Tristan”? Forse potrebbe essere giustificata giusto la prima, anche se potrebbero benissimo essere assenti entrambe). A volte poi sarebbero necessarie pause più lunghe, periodi leggermente più brevi e ordinati. Ad es: “Ed era vero, Tristan quando si sentiva soffocare dalla tristezza che lo attanagliava, prendeva al volo i lavori che gli venivano offerti anche dall'altra parte del mondo, e partiva ed ogni volta tornava sempre a casa, più forte e rifocillato, ricucito di toppe nuove quando le precedenti iniziavano a cedere, da Drew, dal suo migliore amico, il fratello che non aveva mai avuto e che rappresentava il suo mondo.”, che io vedrei meglio “Ed era vero: quando Tristan si sentiva soffocare dalla tristezza che lo attanagliava accettava al volo i lavori che gli venivano offerti – anche dall’altra parte del mondo – e partiva. E ogni volta tornava sempre a casa, più forte e rifocillato, ricucito di toppe nuove quando le precedenti avevano cominciato a cadere. Tornava a casa, da Drew: il suo migliore amico, il fratello che non aveva mai avuto e che rappresentava tutto il suo mondo”.
Insomma, gli espedienti per migliorare la fluidità del periodo sono molti e vari ;)
I miei consigli sono tre:
- lavorare su una costruzione più originale e personale delle immagini;
- non lasciarsi fuorviare troppo dalla perfezione dei personaggi (e dunque non esagerare con le glorificazioni) , che alla lunga può stancare e smettere di risultare interessante;
- cercare di rendere il più naturale possibile la narrazione, limitando le strutture del periodo troppo artificiose e dando modo al lettore di fermarsi a respirare, ogni tanto.
Le potenzialità ci sono TUTTE, la passione anche (solo chi scrive con passione è in grado di sciorinare un numero simile di figure retoriche): direi che hai tutte le carte in regola.

[Ammazza, che papiro.]

In bocca al lupo! Baci,
Acardia.
(Recensione modificata il 14/07/2011 - 09:10 pm)