Recensioni per
La storia di uno di noi
di cabol
Mi hai lasciato con un nodo in gola non da poco, leggendo questa storia. Anch'io sono un'addetta ai lavori, ma - diciamo - da un punto di vista diverso. Sono passati anni (sette o quasi, se non sbaglio) dalla pubblicazione di questo racconto e spero che sì, qualcosa si sia smosso nel frattempo: c'è più attenzione alle cure palliative, ora, al supporto psicologico... e forse ora con la legge sulle DAT qualcosa cambierà ulteriormente. Ma quello che mi ha colpito in questa storia non è la bontà delle cure, quanto l'indifferenza che trapela. E quella mi ha fatto male. E mi ha fatto male quando sono stata io stessa paziente, anche se per situazioni decisamente meno complesse. Che poi non credo neanche che il problema sia solo nella presunta onnipotenza del medico: quella - almeno a me - l'hanno tolta in fretta, se mai è nata. Ma forse è anche carattere. Il problema è che non ci insegnano che il tempo dedicato alle cure è cura. Oppure, se anche ce lo insegnano o lo capiamo con l'esperienza, te lo portano via, non te ne danno mai abbastanza. A volte ti sembra lavorare in catena di montaggio. E a volte ti prosciughi - o vai in un burn out di cui nessuna si cura - perché ci hai messo troppo di te. Ma al nostro sistema non fa differenza se a muoversi sono gusci vuoti o persone... basta terminare la lista. |
Ho letto questo emozionante ed impressionante racconto di vita vera qualche tempo fa e, una volta finito, ricordo di aver pensato “dovrebbe leggerla un medico”, ma poi sono arrivata fino alla fine della pagina e ho scoperto che l’autore è precisamente un medico. Avrei voluto recensire subito questo resoconto, ma ti confesso che non ne ho avuto né la forza né il coraggio. |
Un racconto del genere non passa inosservato, senza dubbio. È un pugno nello stomaco: ed è difficile picchiare i lettori, perchè prima bisogna coinvolgerli. Tanto di cappello, dunque, allo stile diretto, quasi brutale, con cui hai narrato la vicenda: necessario, potremmo dire, vista la tematica affrontata. |
Cabol, salve. Per ricambiare la tua gentilezza ho deciso di passare dalle tue parti e leggere un tuo lavoro. |
Storia molto triste, putroppo molto spesso vero. Quanta gente muore per uno sbaglio della diagnosi e scrivere una storia così è uno splendido modo per denunciare questi episodi. Il linguaggio è perfetto, così specifico e così vicino a quel mondo che fin dai primi righi stavo sospettando che fossi un medico o che comunque lavorassi in quel mondo. |
Appena scoprii le tue storie le lessi tutte una dopo l'altra, eppure ho deciso di leggere questa solo ora ed è incredibile perché se solo l'avessi letta qualche settimana fa non avrei avuto il coinvolgimento emotivo che ho avuto leggendola oggi. Perché anche io ho perso da poco una persona amica e ancora non ne so le cause (e probabilmente non le saprò mai), perché seppure la malattia che aveva poteva essere rara è stata scoperta solo 3 giorni prima che tutto degenerasse quando invece i sintomi risalivano a mesi prima e il tutto era stato liquidato come semplice sinusite. Altri amici, miei e suoi, studiano medicina e non si capacitano di come possa essere stato possibile tutto questo...purtroppo è una triste realtà che non è facile accettare soprattutto per chi ha scelto di lavorare nel settore medico per passione e dedizione alla causa, ma purtroppo, e soprattutto in questo Paese, esisteranno sempre persone che ti prestano le attenzioni e le cure necessarie solo pagando privatamente e lautamente, persone che, quando questo servizio dovrebbe essere gratuito, lo fanno approssimativamente e di malavoglia e tutto questo fa male. Fa male ai pazienti che soffrono le malattie e le angosce causate da diagnosi e cure sbagliate, fa male ai parenti che soffrono con la consapevolezza di non poter far niente a causa della loro ignoranza nel campo medico fa male a quei medici che invece sono costretti a vivere questo dolore con la consapevolezza di tutto ciò. E però continuo a sperare ancora che un giorno ci sarà più umanità e giustizia e meno interesse personale anche in questo settore, che ci saranno più medici desiderosi di fare questo mestiere per il bene che comporta e non per il profitto personale, persone che come te, soffrono per i dolori altrui e che svolgono questo lavoro per alleviarlo. Perdonami la recensione non direttamente attinente allo scritto ma più riflessiva sull'argomento ma d'altronde penso il tuo intento fosse proprio il far riflettere sull'argomento... |
Questa cronaca è terribile, ma è vera, è disperatamente e tristemente vera. Quando ti viene diagnosticata una malattia come il tumore, la trafila ospedaliera è l'inizio di un incubo che se termina bene, prevede continue analisi e chemioterapie orribili e quando va male, non ci sei più. E di te rimangono solo gli ultimi mesi di vita trascorsi in interminabili giorni di dolore, che ti consumano giorno dopo giorno e ti tolgono via anche ciò che di più prezioso possa esserci per un uomo: la sua dignità. Se aggiungiamo anche che spesso i medici sono degli sciacalli e gli infermieri non sanno nemmeno il significato della parola gentilezza, forse l'inferno è un luogo più accogliente dell'ospedale e della sofferenza che è da sempre ad esso associata. |
Ciao eccomi qui a leggere questa shot interessantissima. Nono solo fa riflettere su come un medico tratta col paziente ma è molto esplicita nel tema scelto. Mi piace e come dici tu nella vita reale succede e purtroppo ne succedono di tutti i colori. Passiamo alla story: mi piace come l'hai interpretata, meno come il medico si comporta verso il suo paziente. Ma la vita va cosi. Povero lui dopo molti controlli e il ritorno in ospedale d'improvviso ecco che il medico gli dice che come lui ne vede tanti e che tutto passa. Si come no.Infine mi chiede? Ma perché si fanno medici? Ti lascio pensarci, ma so già la risposta. Sono felice di averla letta. Grande. Un abbraccio Yuuki |
E' quello che non vorresti mai capitasse. Ciò che capita sempre "agli altri". Poi... poi non è così, e il tunnel è esattamente quello che hai descritto tu. Troppe immagini di persone care mi sono scorse davanti agli occhi leggendo le tue righe. Ho letto fino in fondo, anche se la conclusione era scontata e sì, ad oggi la rabbia è esponenzialmente più forte del dolore. |
Mamma mia... mi hai commosso, davvero. |
Bellissima, drammatica, veramente sentita. Mi è sembrato di essere lì a vivere quella tragedia. Ironia e tragedia si mischiano in maniera perfetta... Una dottore scrittore pieno di empatia...che volere di più dal mio autore preferito? |
Hai perfettamente ragione. Io studio Infermieristica (anche se sono super-indietrissimo con gli esami...) e ho già fatto i primi due tirocini del primo anno. |