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Autore: Elpis    24/03/2012    7 recensioni
I personaggi di Kodocha sono cresciuti.
Sana è felicemente sposata con Akito, Naozumi convive con Fuka, Tsu ed Aya sono addirittura diventati genitori. Quanto a Rei, continua ad essere il manager affettuoso della sua pupilla e a coltivare il suo idillio con Asako.
Quattro coppie, ognuna con un passato diverso alle spalle.
Quattro coppie i cui destini si intrecciano in un gioco di linee dai contorni non ben definiti.
E se bastasse un test di gravidanza a ingarbugliare tutto e a rompere quei delicati equilibri?
Estratto 15° capitolo:
"Kami, vi prego, fate che almeno il bambino si salvi".
Una parte di lei avrebbe solo voluto abbandonarsi al vuoto dell'incoscienza, l'altra lottava per mantenere a fuoco ciò che la circondava e rimanere presente. Avvertiva un gran vuoto all'altezza del petto, un vuoto da cui nemmeno il dolore delle contrazioni riusciva a distrarre.
"Posso essere egoista, almeno per un momento?"
C'era un nome che martellava nella sua mente, più forte della voce dei medici, più insistente del rumore dei macchinari elettrici, più penetrante della paura.
"Akito-kun.
Ho bisogno di te, Akito-kun."
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Endless Love'
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                              Perché fai così?


 

 
 

 
 

 

  Akito era uscito di casa, così, senza una parola e Sana dovette racimolare ogni briciola del suo orgoglio per non inseguirlo. La delusione fu talmente cocente che per un attimo temette che sarebbe scoppiata a piangere senza più fermarsi. Una lacrima le scese sul viso, lasciando una scia umida sulla guancia, scivolando sul collo e poi nell’incavo fra i seni. Strinse le braccia intorno al petto per contenere quella dirompente sensazione che le premeva dentro, la sensazione di non essere voluta.
Erano anni che non si sentiva così. Il tempo trascorso aveva apportato significativi cambiamenti al suo carattere: non era più l’adolescente insicura che non faceva che dubitare dell’amore di Akito e non si sentiva mai all’altezza delle aspettative di tutti. Era maturata. Presto sarebbe diventata madre, non poteva permettersi le debolezze di una quindicenne frustrata.
Ma allora perché era distesa sul tavolo a piangere come una scema? Perché si sentiva proprio così, come se Akito non la volesse, come se il loro bambino per lui fosse qualcosa di inaccettabile?
 Il loro bambino. Bastò quel pensiero perché la sua mano salisse a sfiorare il ventre, in una carezza che stava ormai diventando abituale. Era per il loro bambino in primis che doveva darsi una calmata ed analizzare criticamente la situazione.
Dopotutto non era detto che le cose andassero poi così male. Certo, Akito era sconvolto. Ma d’altronde chi non lo sarebbe dopo aver appreso di stare per diventare padre? E rimuginandoci fra sé, Sana dovette ammettere che non era stata molto delicata nel comunicargli la notizia. Naturale quindi che fosse sotto shock. Meno naturale era il modo in cui l’aveva piantata in asso e nel rivedere mentalmente la sua fuga precipitosa  sentì la rabbia che lentamente affiorava nel petto. Quell’idiota!  Si poteva sapere perché si era comportato così?
Andò in cucina e preparò una camomilla per calmarsi, respirando profondamente. Due ore, tre camomille e svariati esercizi di yoga dopo,  Sana si era convinta che la reazione di Hayama era stata spropositata ma che sarebbe bastata una conversazione per rimettere a posto la situazione. D’altronde lui aveva un carattere chiuso e forse stare un po’ da solo e riflettere gli avrebbe fatto bene.
Nonostante questi pensieri rassicuranti si rigirò a lungo nel letto e dormì poco e male, svegliandosi ogni ora  e gemendo per la frustrazione nel trovare il posto accanto al suo vuoto.
Un rumore appena accennato alle sei di mattina la richiamò alla realtà. Un pallido raggio di sole filtrava dalla finestra e si incastrava nella chioma bionda di Hayama che si cambiava gli abiti spiegazzati, preparandosi per andare al lavoro. In un lampo ricordò tutto quello che era successo la sera prima e con un sussulto si tirò a sedere di scatto.
<< Sei tornato! >> esclamò di getto.
Akito si voltò a fissarla, paralizzato, con sul viso un’espressione colpevole. Sana sentì il rossore che le invadeva le guance, mentre il freddo le aggrediva il corpo, senza più il calore rassicurante del coltrone. I secondi di silenzio si protrassero e lei si maledì per quella sua uscita improvvisa. Si era preparata tutto un discorso la sera prima ed adesso invece non ricordava mezza parola…
<< Sì, sono tornato. >> rispose senza fissarla negli occhi.
Riprese a frugare nell’armadio, senza degnarla più di attenzione.
<< Io… Mi hai fatto stare in pensiero. >>
Da dove diavolo le usciva quel tono? Avrebbe dovuto essere infuriata! E invece si ritrovava quasi a implorarlo di dedicarle un po’ del suo tempo, con una vocina esile e quasi balbettante.
Akito non si girò, continuando a darle le spalle, ma vide le sue spalle irrigidirsi.
<< Avevo bisogno di stare solo. >> ribatté laconico.
Un brivido le corse lungo la spina dorsale e iniziò a giocherellare distrattamente con un lembo del lenzuolo, senza più il coraggio di portare avanti quella inconcludente conversazione. Le sue lacrime iniziarono a macchiare la stoffa, mentre chinava il capo e cercava di soffocare i singhiozzi per evitare che Hayama si accorgesse che stava piangendo. Una persona matura, eh? Decise che la colpa doveva essere degli ormoni, solitamente non si sarebbe disperata solo perché lui aveva uno dei suoi attacchi di mutismo.
Avvertì che il fruscio degli abiti si era interrotto e, senza riuscire a trattenersi, gettò un’occhiata distratta nella sua direzione. Akito aveva smesso di vestirsi e – ancora a torso nudo – la osservava con un’espressione amareggiata. Beccata. Cercò di asciugarsi le guance, senza successo.
Con due rapide falcate Hayama si posizionò di fronte al letto, stringendola fra le braccia. Il contatto con la sua pelle calda ruppe definitivamente ogni argine e Sana si ritrovò a singhiozzare, aggrappata alle sue spalle.
<< Scusa. >>
Lo mormorò appena, con un tono così lieve che per un attimo Sana pensò di esserlo immaginata. Hayama che si scusava per qualcosa era un evento così raro che smise di singhiozzare per lo stupore. La sua mano salì a sfiorarle i capelli, in una carezza lenta e delicata che le sciolse il cuore.
<< Ho chiamato un dottore mio amico, ieri sera. >> la informò, intensificando la stretta.
L’odore di muschio e cuoio della sua pelle le solleticò le narici, mentre si abbandonava esausta ma finalmente tranquilla alle sue carezze.
<< Ah sì? >> chiese posando la testa nell’incavo della sua spalle.
Sentì che lui annuiva.
<< È disposto a visitarti a breve. Non appena ti sentirai pronta lo chiamerò per prendere l’appuntamento. >>
Sana sorrise, nascondendo la testa sul suo petto per non fargli scorgere la sua espressione gioiosa. Allora stavano così le cose. Lui era solo preoccupato per lei e per il loro bambino e si era fatto prendere dal panico.
<< Lo conosci bene? >> domandò, accarezzando distratta i muscoli definiti del suo torace.
<< Sì, da diversi anni. Non dovrai preoccuparti di niente… >>
No, certo che no. Adesso che tu sei qui, con me, non c’è proprio niente che possa farmi preoccupare. Dio, quanto era stata sciocca ad agitarsi in quel modo!
<< … ti prometto che l’intervento andrà nel migliore dei modi. >>
Fu quella parola, intervento, ad accenderle un campanello di allarme. Scostò il viso, fissando dritto negli occhi lo sguardo dorato di Hayama.
<< Intervento? >> ripeté con un brutto presentimento che le correva lungo la pelle.
Lui annuì, mentre i suoi occhi si facevano più cupi.
<< Non devi aver paura, Sana. Tomori ha aiutato un sacco di donne ad abortire e è sempre andato tutto bene…>>
Sana impallidì, chiedendosi come aveva fatto a fraintendere così le sue parole. Hayama non aveva chiamato un medico per farle fare una semplice visita, ma perché voleva uccidere il loro bambino. Quella consapevolezza le penetrò nelle ossa, come una doccia gelida.
<< MAI! >> riuscì ad urlare, scostandosi bruscamente dalle sue braccia.
Akito aveva sul viso un’espressione sorpresa e tormentata.
<< Come? >>
<< Non farò mai e poi mai del male a mio figlio! >> ribadì, allontanandosi ancora di più da lui.
Akito allungò un braccio, come per afferrarla, ma lei si alzò in piedi con uno scatto.
<< Perché fai così? >> le domandò ferito.
Un gemito roco le uscì dalle labbra mentre la stanza iniziava a girarle  intorno. Alcuni puntini rossi iniziarono ad oscurarle la visuale e se non si fosse aggrappata al materasso, sarebbe crollata a terra. Sentì lo stomaco rovesciarsi e per un secondo pensò che sarebbe svenuta lì, su quella costosa moquette, proprio ai piedi di Akito.
Ma a poco a poco la vista le si schiarì, al punto che riuscì nuovamente ad evitare la mano protesa di Hayama e fuggì in bagno, sbattendosi la porta alle spalle.
Appena il tempo di chinarsi sul water e con un conato di vomito rigettò bile e succhi gastrici.
<< Non posso vederti in queste condizioni, Kurata. >>
La voce dura e fredda di Akito la colpì come un pugnale alla schiena, facendola rabbrividire per il disagio.
<< Non tollero che quel…quel coso, ti faccia stare così. >> chiarì, osservandola dallo stipite della porta.
Quel coso è tuo figlio” avrebbe voluto gridargli, ma di nuovo il suo stomaco si rovesciò, costringendola ad aggrapparsi alla tazza.
<< Dovrai scegliere. O lui o me. >> continuò imperterrito.
Sana lo fissò, allibita. La sua espressione era atona, indecifrabile, come se stessero parlando del tempo. Ma i suoi occhi… Sana non ricordava di averlo mai visto con uno sguardo così tormentato.
<< Ti lascio il tempo per riflettere. >>
Quelle furono le ultime parole che disse, prima di chiudersi la porta alle spalle. E quelle parole le penetrarono nel cuore, come tanti piccoli aghi affilati. Mentre un conato le attraversava di nuovo le membra, Sana si chinò di nuovo sul water vomitando bile e lacrime.
 
 
                                                                                                  ***
 
 
<< Pronto? >>
<< Fuka-chan? >>
<< In persona. >> rispose con la voce ancora impastata, riconoscendo la voce di Tsuyoshi.
<< Ho biso… di chiederti un… >>
Fuka sbadigliò, cercando di decifrare il suo mormorio confuso.
<< Tsu, non sto capendo niente… Non puoi parlare a voce più alta? E poi si può sapere come ti salta in mente di telefonarmi a mezzanotte e mezzo? >> sbottò impermalita.
Dall’altra parte del telefono provenivano delle scuse impacciate.
<< Non mi ero reso conto dell’ora… Non posso parlare a voce alta perché i gemelli si sono appena addormentati e se Akito scopre che ti ho telefonato, andrà su tutte le furie.. . >>
In quel borbottio concitato la mente assonnata di Fuka si concentrò su un’unica parola: Akito.
<< Cosa ci fa Hayama a casa tua a quest’ora di notte? >> domandò, suo malgrado incuriosita.
<< È proprio di questo che volevo parlarti. >> affermò Tsuyoshi con tono da cospirazione. << Stasera Akito si è presentato qui con una faccia da funerale e mi ha chiesto se potevo ospitarlo per la notte, mi ha promesso che domani cercherà una diversa sistemazione... >>
<< Frena, frena. Per quale motivo Hayama non dorme a casa sua? >> lo interruppe, sempre più stupita.
<<  È proprio questo il punto: non me l’ha voluto dire. >> rispose quello con tono preoccupato.
Quella frase e il cattivo presentimento che le provocò scacciarono ogni residuo di sonnolenza.
 << Pensi… pensi che lui e Sana si siano lasciati? >> bisbigliò dando voce al suo timore.
Per un po’ dall’altra parte della cornetta non giunse risposta.
<< Non so. Sai come sono quei due. Non fanno che litigare come bambini, quindi forse si tratta solo di un’incomprensione…>>
Il suo tono non pareva  molto convinto, d’altronde se l’aveva chiamata a mezzanotte doveva credere che si trattasse di una faccenda seria.
<< Parlerò con Sana. >> disse Fuka, stringendo il pugno. << Tu cerca di far cantare quel testone. >>
Una risatina amara la informò che Tsuyoshi non credeva troppo in quest’ultima possibilità.
<< Sì, certo. Come se ci fosse qualcuno al mondo in grado di far parlare Hayama quando quello non ne ha voglia! >>
Fuka sospirò, massaggiandosi le tempie.
<< Be’ almeno provaci. Ti richiamerò io dopo aver parlato con Sana. >>
<< D’accordo. >>
Un pianto acuto, proveniente dall’altra parte del telefono, si insinuò nella conversazione.
<< Adesso devo andare, Misa si è svegliata. >>
<< Ok. >> assentì Fuka. << E Tsuyoshi…>>
<< Sì? >>
<< Non fasciamoci la testa per niente. Quei due si amano e anche questa andrà a posto, vedrai. >>
 
 
                                                                                                ***
 
 
Sana sorseggiava il suo frappé alla fragola, chiedendosi se i chili di correttore che aveva applicato nascondessero le borse sotto gli occhi o se invece, nonostante tutto, continuasse ad assomigliare alla brutta copia di un panda.
Fuka giocherellava con il cellulare, mescolando con un cucchiaino la panna che straripava dal suo caffè.
<< Allora? Quale è il motivo di questo invito? >> chiese portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Fuka sorrise, sgridandola con quel suo buffo accento di Osaka.
<< C’è per forza bisogno di un motivo per prendere un caffè insieme? >>
Sana sbuffò, poco convinta.
<< Vorresti dire che ti sei tenuta lontana dai tribunali solo per fare due chiacchiere? >>
<< Da come ne parli sembra che non abbia mai tempo per i miei amici… Mentre invece sei tu quello che è praticamente sparita in questi mesi! >>  la accusò, lanciandole una delle sue occhiate inquisitrici.
Sana ridacchiò, scuotendo appena la testa.
<< Lo sai che sto girando un nuovo telefilm e che non ho mai un attimo di pace… Appena le riprese saranno finite mi farò perdonare. >> promise.
Fuka annuì, riponendo il cellulare nella borsa e bevendo un sorso di caffè.
<< A lavoro tutto bene, quindi. >>
<< Sì. >> rispose con autentico entusiasmo. << Recitare con Asako è fantastico, un sogno che si realizza. >>
Fuka non parve particolarmente interessata all’argomento.
<< E con Akito, invece? >> chiese con tono apparentemente casuale.
Il viso di Sana si aprì in un sorriso triste.
<< Hai parlato con Tsuyoshi, vero? >>
Fuka si rigirò la tazza fra le mani, provando a negare.
<< No, ma che dici… >>
<<  È tutto ok, Fuka-chan. Immaginavo che sarebbe andato a dormire da lui. >> la rassicurò mentre il sorriso le scivolava lentamente via dal viso e il suo sguardo si faceva assorto.
<< Avete litigato? >> le chiese Fuka con tono dolce.
Sana alzò il viso, incontrando gli occhi scuri dell’amica. Matsui era diventata una donna forte, sicura di sé e apparentemente fredda. Solo uno sguardo attento rivelava quanto in realtà la sua durezza esteriore non fosse che una maschera per celare la sua sensibilità.
<< Sì. >> ammise infine, mentre un blocco le ostruiva immediatamente la gola.
Allontanò il frappé, improvvisamente disgustata dal suo sapore dolciastro.  
<< Ti va di raccontarmi cosa è successo? >>
Il tono di Fuka era lieve e delicato, come il battito d’ala di una farfalla. Sana scrutò il suo viso in cerca di un accenno di compassione. Non lo trovò. Matsui le stava offrendo la sua comprensione, non la sua pietà.
<< È successo ieri sera, quando è tornato da lavoro. >> iniziò a raccontare, arrotolando una ciocca di capelli in un gesto nervoso. Fuka aveva ripreso a bere il caffè, ma i suoi occhi non si allontanavano dai suoi nemmeno per un secondo. << Io… dovevo dirgli una cosa importante e… credo di non averlo fatto nel modo migliore… >> ansimò, mentre un familiare rossore le colorava le gote.
<< Cioè? >> la incitò Fuka.
<< Cioè che aspetto un bambino. >>
La reazione di Fuka fu inaspettata. Spalancò gli occhi che per un attimo divennero così scuri da non riuscire più a distinguere l’iride dalla pupilla. La tazzina le scivolò di mano, atterrandolo sul grembo e schizzandola con il caffè bollente. Trasalì quando quel liquido caldo le ustionò le cosce, ma dalla sua bocca spalancata non uscì un suono.
<< Fuka! >> urlò Sana, porgendolo dei tovagliolini di carta e fissandola allarmata.  << Va tutto bene? >>
Lo sguardo di Matsui tornò normale e questa afferrò i fazzoletti, tamponandosi le gambe.
<< Si può sapere perché avete tutti queste reazioni quando dico che sono incinta? >> chiese con tono fintamente tragico. <<  È una cosa così strana? >>
Sperava di farla ridere, ma le labbra di Matsui si incresparono appena in un sorrisino.
<< No, certo che no. >> rispose fissando la strada fuori dal vetro. << Quindi Akito ha reagito male quando glielo hai detto? >> aggiunse dopo un attimo.
<< Male è un eufemismo. >> rispose e stavolta fu lei a distogliere lo sguardo. <<  È letteralmente scappato di casa. >>
Matsui annuì, fissando il disastro che aveva causato alla sua gonna nera. Quando tornò a parlare si comportò come se non fosse successo niente.
<< Può darsi che debba solo abituarsi all’idea, Sana-chan. >>
<<  È quello che ho pensato anch’io. Ma ieri mattina abbiamo parlato, prima  che lui andasse a lavoro. Lui non vuole questo bambino, Fuka. >> la voce le si incrinò nel fare quella confessione. << Mi ha chiesto di abortire. >>
<< Co-cosa? >> balbettò Fuka mentre il suo sguardo si faceva vitreo.
La sua mano si abbatté con forza sul tavolo, facendo sussultare una signora con barboncino in grembo a solo un tavolo di distanza.
<< Non se ne parla nemmeno! Tu terrai quel bambino, Sana! >> le ordinò perentoria.
Kurata la osservò, lievemente agitata, mentre il pugno di Fuka si contraeva pericolosamente. Era più che sicura che se in quel momento l’amica si fosse trovata davanti suo marito non avrebbe esitato a colpirlo.
<< Fuka, calmati. >> mormorò Sana, vedendo che gli altri clienti si voltavano a fissarle.
Quella non badò ai suo commenti e le afferrò le mani, stringendole fra le sue.
<< Lo terrai, vero? >>
Sana si limitò ad annuire, iniziando a supporre che Fuka lavorasse un po’ troppo. Forse quel suo comportamento strano era solo il rilascio dello stress accumulato in quei giorni…
<< Meno male! >> esclamò, sollevata, rivolgendole un tremulo sorriso che lei non si sentì di non ricambiare.
 
 
                                                                                                    ***
 
 
Naozumi si rigirava fra le mani la scatoletta di velluto, guardando quel letto dove lui e Fuka si erano amati così tante volte. La aprì con un click ed estrasse l’anello d’oro bianco con incastonato un unico, piccolo diamante. Per quella che era probabilmente la centesima volta si chiese se fosse il momento giusto per chiedere a Fuka di sposarlo. Per quella che era probabilmente la centesima volta passò in rassegna tutte le possibili reazioni che avrebbe potuto avere. Si immaginò il suo viso animato per l’entusiasmo, i begli occhi neri come opali che brillavano di felicità, le labbra – quelle labbra che lo facevano impazzire di desiderio – incurvate in un sorriso radioso. Quell’immagine gli scaldò il cuore, al punto che le sarebbe corso incontro e si sarebbe inginocchiato ai suoi piedi all’istante. Ma… se le cose non fossero andate così? Se lo avesse fissato con sguardo di compassione, se avesse reputato il suo gesto troppo affrettato? Se glielo avesse tirato dietro quell’anello, con che faccia l’avrebbe guardata il giorno dopo?
<< Naozumi? >>
La voce di Fuka risuonò nella sala, accompagnata dal rumore di una porta che sbatteva.  Si affrettò a riporre l’anello nella scatola e a nascondere il tutto in un cassetto.
<< Eccomi! >>
Le andò incontro, sfiorando appena le sue labbra arrossate.
<< Tutto bene, Fuka? Mi sembri tesa. >> le chiese massaggiandole le spalle.
Lei annuì appena, lanciandogli un sorrisino tremulo.
<< Sei riuscita a scoprire cosa non va fra Sana e Akito? >>
Fuka si mordicchiò le labbra e si scostò per posare il giaccone sull’attaccapanni.
<< Non proprio. Mi ha solo detto che hanno avuto un brutto litigio. >>
Aveva la voce stanca, incrinata da un velo di incertezza, ma con la sua solita ingenuità Kamura lo attribuì alla stanchezza.
<< Ahi, ahi, avvocato. Pensavo che sapesse essere più persuasiva. >> la prese in giro, con un sorriso divertito.
Fuka si voltò ad osservarlo, fingendosi offesa.
<< Che ci vuoi fare, non sono mica un’attrice, io. >>
Naozumi ridacchiò e le si fece più vicino fino a quando il suo profumo di ginepro non gli solleticò le narici.
<< Scherzi a parte, pensi che dovrei parlare con Sana-chan? >> le chiese, tornando serio.
Lo sguardo di Fuka si incupì.
<< No, penso che per ora non sia necessario. >> rispose senza guardarlo negli occhi.
 
 




 
 
Hi!
Eccoci al terzo capitolo! Be’ il titolo parla da solo: Sana non capisce Akito, Akito non capisce Sana… la questione si complica perché si mettono in mezzo Tsuyoshi e Fuka con le sue reazioni esagerate. Non preoccupatevi, non sono impazzita, si spiegherà tutto a tempo debito, in modo particolare questo comportamento inusuale di Matsui ( come anche il perché mente a Naozumi).
Vi chiedo scusa per tutto il tempo che vi ho fatto aspettare!  
Grazie a tutti, in modo particolare a tokykia, ryanforever, sabry92 e angel92 che hanno commentato lo scorso capitolo.
Un saluto e un bacio
Ely
 
 
 
 
 
 
 
 

 
  
  

  
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