Day Five: AU!Seblaine
Ritornerai?
Lo
avevo conosciuto all’ospedale.
Avevo
conosciuto Sebastian Smythe in un giorno di pioggia – da
tutti bene accolta,
così che l’afa dentro l’edificio
svanisse un minimo – mentre giravo a vuoto in
cerca di qualche amico.
Mi
annoiavo, mi annoiavo da morire e fui felicissimo di trovare finalmente
un
compagno di sfogo.
Ero
superficiale, probabilmente, ma non avrei mai fatto del male a nessuno.
Sono
sempre stato un pezzo di pane – come diceva mia madre
– e agivo come la testa
mi diceva: coglievo le opportunità e a volte mi comportavo
da bambino, lo
riconosco, ma senza quel lato infantile della mia
personalità non avrei mai
incontrato Sebastian.
All’epoca
non sapevo cosa mi avrebbe aspettato, forse è per questo
motivo che adesso non
so più raffigurarmi le mie sensazioni di allora.
Sebastian
aveva un sorriso mozzafiato e uno sguardo incantatore: fui catturato
subito
dalla sua tela.
Se
ne stava lì sdraiato sul mio lettino, mentre io mi lamentavo
di questo e di
quello, bramando la libertà che era al di fuori di
quell’ospedale.
Parlavamo,
ridevamo e lui aveva un ascendente su di me di cui non sapevo
l’esistenza: lui
rideva e io ridevo, lui mi induceva a parlare e io aprivo bocca, lui
provocava
per gioco le infermiere e anche io imparai a farlo.
A
diciassette anni è facile essere soggetti a queste cose,
soprattutto con un
ragazzo speciale come Sebastian.
La
verità è che io mi stavo innamorando di lui.
Sebastian
sapeva tutto di me: della mia vita, dell’incidente con la
moto per cui ero
finito lì all’ospedale…
Mi
accorsi di non sapere nulla di lui dopo quasi due settimane di
pomeriggi
passati insieme.
Sapevo
del suo carattere particolare: malizioso, cinico e un po’
provocatorio. Ma
sapevo anche dei suoi lati buoni e soprattutto
conoscevo a menadito il suo sorriso.
Sapevo
a memoria il numero dei nei presenti sul suo viso e anche ogni singola
sfumatura che i suoi occhi prendevano.
Quando
tutto ciò non mi bastò più fu a causa
delle sue sempre più frequenti sparizioni:
ogni volta tornava e sembrava sempre più stanco e abbattuto.
Lo
conoscevo da poco eppure già mi sembrava impossibile vedere
un Sebastian così…
Malato.
Non
seppi mai di cosa soffriva, non da lui. Non lo so ancora
tutt’oggi.
Sebastian
ritornava sempre da me.
Io
lo stringevo più che potevo, perché ormai
totalmente dipendente da quel
ragazzo.
Sebastian
ridacchiava, dicendo che ero un ‘pappamolla’,
eppure ricambiava ogni singolo
mio abbraccio.
E
ormai i nostri pomeriggi si passavano così, stretti
l’uno con l’altro, il
respiro di Sebastian nel mio orecchio che mi cullava.
“Noi
due ci vedremo ancora, vero Sebastian?”
Cercavo
conferma da lui, ovviamente.
Lui
annuiva, come a sottolineare che ero banale e scontato; per lui era
davvero
logico che ci saremmo rivisti?
Non
lo so, ma allora avevo un sorriso tutto denti solo per lui e per il
pensiero di
rivederlo.
“Allora
ti aspetto,” mi aveva detto, mentre mi guardava finire di
preparare la borsa
per uscire dall’Ospedale.
Il
suo sorriso era il solito sorriso provocatorio, ma avrei dovuto
accorgermi di
cosa si celava dietro.
Davvero,
avrei dovuto.
Gli
sorrisi di nuovo, prima di seguire mia madre fuori dalla stanza.
Da
quel giorno io non rividi più Sebastian Smythe. Lui non tornò mai più da me.