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Autore: Wendigo    24/03/2012    4 recensioni
Era notte. Tutti dormivano, eccetto una persona che, non riuscendo a prendere sonno, si alzò dal letto e si diresse verso la cucina. Durante il tragitto, notò però una debole luce provenire dallo studio: pensò che suo padre avesse nuovamente lasciato acceso il camino, ma, aperta la porta, notò un uomo seduto sulla poltrona. Che non era poi suo padre.
"Entra pure, non essere timido". Incoraggiò l'uomo seduto sulla poltrona. Teneva in mano un piccolo libro che, da come era stato posto il segnalibro, aveva appena iniziato a leggere. "Che ne dici se ti racconto una bella storia?".
La persona si guardò attorno, sospettoso. Si domandava chi fosse quell'individuo ma, dato l'aspetto innocuo, decise di assecondarlo e in pochi secondi era già seduto di fronte a lui. "Chi sei?". Domandò comunque alla fine...
"Chi sono? Se proprio ci tieni te lo dirò dopo averti raccontato qualcosa", si fermò un secondo, "Ti piacciono le storie dell'orrore?".
La persona si chiese perché fosse così ossessionato a raccontarle delle storie ma, non vedendoci niente di male, accennò un "sì" con la testa. L'uomo aprì allora il libro, da cui iniziarono ad uscire fumi neri e voci. "Bene iniziamo".
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In una città presso Napoli, una ragazza stava seduta in silenzio in una stanza della polizia locale. Era completamente sola: nessuno la stava tenendo d’occhio, o più semplicemente le teneva compagnia, dopo tutto quello che aveva dovuto affrontare nelle ultime 24 ore.
La ragazza era però certa di essere sotto osservazione in qualche modo: doveva solo scoprire come. Cominciò dunque a guardarsi attorno finché non notò due enormi specchi alla sua sinistra, simili a quelli che si vedono di solito nei film polizieschi e che non permettono al criminale di vedere dall’altra parte del muro.
Si chiese quindi se qualcuno la stesse osservando. Quanto odiava l’idea di non vedere a sua volta il suo (o i suoi? Era difficile a dirlo) “ammiratore”! Persino un animale allo zoo, si disse, vantava di un tale lusso.
Se poi si fosse sbagliata e se dall’altra parte della parete non ci fosse davvero nessuno a controllarla, la sua situazione non sarebbe minimamente cambiata, poiché era comunque stata istallata in quella stanza una telecamera. Questa, benché fosse da quattro soldi (comprata senza dubbio a prezzo scontato in un semplice negozio) e persino più vecchia di lei, pareva funzionare quanto bastava per svolgere il suo lavoro. E dove c’era una telecamera, c’era sicuramente un operatore a vigilare dietro le quinte. O almeno dovrebbe essere.
Dopotutto era normale che la tenessero sottocchio: era l’unica testimone dell’uccisione della sua amica, l’assassino era ancora a piede libero per chissà dove, ed era stato commesso un omicidio privo di senso.
La polizia non poteva quindi rilasciarla così, ai quattro venti, come se niente fosse. Non serviva infatti un genio per capire che l’assassino avrebbe tentato di finire l’opera mettendola a “tacere” in maniera definitiva.
Ma la ragazza, benché tutte quelle precauzioni, sapeva benissimo che neppure la stessa FBI sarebbe riuscita a salvarla dalla follia omicida di lui. Sapeva che sarebbe morta e, se non quel giorno, non si prospettava viva oltre il dopodomani. L’unica domanda che si poneva ormai era “Per quanto tempo dovrò ancora aspettare?”
Improvvisamente avvertì un rumore di passi oltre la porta. lento e costante, chiaro segno che, chiunque stesse arrivando, era tranquillo. Il rumore si fece sempre più forte, finché non cesso del tutto. Sentì una chiave venir messa dentro la serratura, poi vide la maniglia della porta ruotare e infine la porta venir aperta. La ragazza si chiese se si trattasse di lui ma poi ricordò che a lui non servivano chiavi per entrare.
La luce proveniente da fuori penetrò violentemente e illuminò il tutto come il sole illumina il nuovo mattino. La ragazza non riusciva però a reggere a tanta luminosità, essendo rimasta diverse ore lì dentro dove la più potente fonte di illuminazione era il suo stesso cellulare, e, porgendosi quindi la mano destra davanti agli occhi, pregò al suo nuovo “amico” di chiudere immediatamente la porta.
La persona obbedì e la stanza ritornò nuovamente ad essere illuminata soltanto dalla fioca luce emessa dalla lampadina a risparmio energetico. Nel frattempo la ragazza si era ripresa dallo shock visivo e si era subito messa ad identificare il misterioso tizio: non era lui bensì un uomo sui quarant’anni. Non n’era però certa a causa di qualche ciuffo bianco sparso qua e là che lo faceva apparire più vecchio; almeno il viso non era dilaniato dalle rughe né sembrava che ne avrebbe avuto, al contrario mostrava uno sguardo fiero e dotato di due oscuri occhi neri che, non appena li incrociò, le incussero terrore. Le ricordavano molto gli occhi di lui.
Indossava una semplice camicia celeste e un paio di pantaloni color nero. Fumava una sigaretta dall’odore rivoltante, nonostante fosse scritto a caratteri cubitali “VIETATO FUMARE” su un cartello posto davanti alla porta. Questo prese semplicemente una sedia messa al muro e la trascinò alla parte opposta del tavolo.
Fu lì che si sedette infine.
- Elisa Ragolo -. Lesse su un documento che teneva in mano, mentre privò alla bocca del suo ossigeno grigio per qualche istante. - Età 16 anni. capelli castani, occhi celesti, nata a **** e bla bla bla. Capisci adesso perché sono dovuto venire direttamente da te? -. Il solo sguardo incompreso della ragazza basto come risposta. - Non c’è nulla di concreto per le indagini, eccetto che ti hanno ritrovato tutta sporca di sangue accanto al cadavere della tua amica, Rosalia se non mi sbaglio. È tutto corretto? -.
Elisa non gli rispose nemmeno. Si limitò a far cenno di sì col capo per dargli conferma.
- Adesso capisci? Tu sei l’unica che mi può dare delle vere informazioni su questo caso -. Posò il documento sul tavolo. - Anche se mi hanno detto che sei tu stessa a non volerci dire niente, eccetto queste str*****e ovviamente. Mi chiedo perché: chi stai coprendo? -. Tuttavia Elisa continuava a tacere.
- Ebbene? -. Ritentò il misterioso tizio, in parte curioso, in parte impaziente di risposte.
- Sarebbe meglio che non lo sapesse -. Rispose infine, abbassando nello stesso momento lo sguardo: temeva che, incrociando i suoi occhi neri simili a lui, avrebbe facilmente ceduto e spifferato tutto sull’accaduto.
- Questo non è un gioco, lo vuoi capire!? -. L’uomo si alzò di scatto dal proprio posto e sbatté con forza le mani sul tavolo. - La tua amica è morta e, come se non fosse bastato, le ha persino cavato gli occhi! Mi dici come speri di venir aiutata, se non ci dici ciò che sai?! Così metti solamente la tua vita più in pericolo! -.
L’uomo recuperò un po’ di selfcontrol, dopodiché si risedette educatamente al proprio posto. Aspettava che la sua ramanzina facesse effetto e, da come stava reagendo la ragazza, intuì che non ci voleva molto. Infatti Elisa alzava ed abbassava lo sguardo, girava senza tregua le dita fra loro segnando diversi invisibili cerchi nell’aria, cercava di mettersi a proprio agio sulla sedia ma alla fine, - D’accordo -, gli disse fissandolo dritto negli occhi. - Le dirò tutto quello che so ma l’avverto che … -.
- Ragazzina non ho tempo da perdere! Parla! -.
   
 
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