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Autore: Sylphs    24/03/2012    1 recensioni
Ehilà! Ho scritto questa favola un po' folle quando avevo 14 anni ed è in assoluto il primo romanzo che ho finito a quell'epoca, perciò ho deciso di tentare la sorte e pubblicarlo su efp, confido nella vostra pietà :) la storia si ispira alla mia fiaba preferita, "La bella e la bestia", salvo che la protagonista è un peperino ed è tutto fuorché una graziosa fanciulla. Spero che qualcuno leggerà!
Genere: Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 14

 
 
 
 
 
 
Erano le nove. Isadora lo sapeva perché le campane della chiesa avevano suonato tre volte, facendola sobbalzare. Tra un’ora avrebbe sposato Lord Fox. Provava quasi repulsione per quel pensiero.
Si era lasciata preparare da Natalie come se fosse un pupazzo. Nel suo vestito di paillette, con i capelli arricciati in boccoli morbidi sotto al velo e il volto pesantemente truccato, tremava leggermente. Aveva paura. Era inutile illudersi. Non era pronta per quello che stava per fare. Anzi, si chiedeva addirittura perché aveva acconsentito tanto docilmente. Ma ormai era troppo tardi. Tutta Soledad stava andando ad assistere alle nozze, non poteva tirarsi indietro. Eppure sapeva, sentiva che lei e Lord Fox non avrebbero avuto una vita felice insieme.
Armageddon faceva lo sdegnato. Si rifiutava di infilarsi nella sua manica e ogni volta che lei provava a far pace, la guardava severamente. Il che era terribile: Isadora aveva bisogno di qualcuno che fosse dalla sua parte.
“Isa, dobbiamo cominciare ad avviarci” suo padre entrò nella camera dove l’avevano vestita e si bloccò sulla soglia, ammirandola con aria perplessa: “Stai…benissimo”.
“Magari” lei, come al solito, come rifugio dallo sconforto usava l’ironia: “Sembro un maialino parato a festa”.
Il marchese emise una risatina. Isadora si passò il dorso della mano sugli occhi ricoperti di trucco azzurro, che si erano irritati. Natalie l’aveva riempita di chili di trucco: rossetto rosa aggressivo che le faceva la bocca a forma di cuore, brillantini sparsi sulle tempie, una tonnellata di fard che faceva delle sue guance due cuscinetti rossi. Il pallore era ben nascosto. Per non parlare dei capelli, che erano stati trasformati in una montagna di boccoli che le dondolavano sulle spalle ad ogni passo: “Aspetta, ho cambiato idea” continuò con tono aspro: “Somiglio più a un faro. Farò fermare il traffico di carrozze”.
“Non essere così modesta” le disse il marchese gentilmente: “A me sembri… originale”.
Si scambiarono un sorriso, come ai vecchi tempi. Poi lei si lasciò sfuggire un gemito: “Oh, papà…ho tanta paura”.
“Di cosa?”
Ma Isadora non rispose, perché non lo sapeva nemmeno lei. Era più che altro un presentimento, un vago malessere. Si limitò ad abbassare gli occhi. Il marchese la prese per mano: “Gli invitati ci aspettano”.
“Di già?”
“Isa, sarà questione di mezz’ora. Abbiamo anticipato l’orario. Poi sarà tutto finito”.
Aveva terribilmente ragione.
 
“Presto, presto…” ansimò l’orco. Il calesse guidato da due cavalli correva a rotta di collo per i campi assolati di Soledad. Il profilo della cittadina era poco più di una macchia nera all’orizzonte. Katrina sedeva sul mezzo e vi si teneva aggrappata per quanto era veloce. Accanto a lei, l’orco aveva il viso stravolto dalla preoccupazione: era tardi, e loro non avevano ancora raggiunto la città. Fece sibilare il frustino sui corpi madidi di sudore dei due cavalli: “Di questo passo non arriveremo mai in tempo…”
“Non disperiamo” disse Katrina: “Non tutto è perduto”.
Ma anche lei aveva paura. Era una lotta contro il tempo, un nemico subdolo e invincibile.
 
Dentro alla cattedrale di Soledad era assiepata tutta la cittadina. Le panche di legno erano tutte occupate da invitati vestiti a festa che ridevano, chiacchieravano e facevano commenti sul matrimonio. Natalie, vestita di una lunga tunica rosa con un motivo di pietre luccicanti sul bustino, era seduta in prima fila accanto ad Anastasia e Genoveffa, gli occhi fissi sull’enorme orologio a pendolo piazzato accanto all’altare candido. Oltre l’altare c’erano due cuscini di velluto rosso su cui erano appoggiati gli anelli di Lord Fox, i cui diamanti brillavano nella penombra. Suonarono le nove e mezza, e la matrigna mormorò: “Ormai dovrebbe essere quasi l’ora”.
Accanto all’altare, Lord Fox attendeva con chiara impazienza nel suo completo luccicante. Michael, che gli avrebbe fatto da testimone, era proprio lì accanto, e faceva una ben misera figura accanto al compare. Lord Fox l’aveva piazzato lì anche per un altro motivo: doveva assicurarsi che tutto filasse liscio. Michael infatti era un vero ceffo, pronto a menar le mani al minimo accenno di guaio. Aveva radunato tutta la sua compagnia di criminali in terza fila, ed ora quegli omaccioni facevano crocchiare le dita minacciosamente, agitandosi sui loro seggi.
Lord Fox vide che ormai la chiesa era del tutto piena, e che tutti avevano preso posto. Il sacerdote che avrebbe officiato alla cerimonia comparve da una porticina nascosta che portava al monastero lì accanto nella sua tonaca bianca e si avvicinò all’altare. Fox pestò i piedi: “Ma quanto diavolo dovremmo aspettare ancora? Quella mocciosa mi sta dando fin troppi guai”.
“Abbiate pazienza, signore” disse Michael impacciato: “Sapete come sono le donne: quando devono prepararsi, i loro dieci minuti equivalgono a due ore”.
Lord Fox sbuffò: “Voglio concludere questo matrimonio in fretta e furia, Michael. Ho uno strano presentimento. Tieni i tuoi uomini pronti a intervenire”.
“Ma certo” sulle labbra di Michael si disegnò un ghigno malefico: “I ragazzi sono irrequieti come stalloni in calore. Sono rimasti inoperosi troppo a lungo. Nel caso si presentassero problemi, saranno delle furie umane”.
Lord Fox si limitò a guardare nervosamente l’orologio. In quell’attimo, uno dei suoi uomini che era stato messo a sorvegliare il portone della cattedrale, gridò: “Ecco la sposa!”
Lord Fox fece un sogghigno.
 
Il calesse si era finalmente immesso nella larga strada di terra battuta che portava alla capitale di Soledad. Il profilo della cittadina era più nitido, ma restava ancora abbastanza lontano, e i cavalli erano stremati. Schiumavano saliva dalla bocca.
L’orco era sempre più teso, Katrina più impaurita. I loro volti erano insolitamente pallidi. Avrebbero voluto poter volare, ma non era possibile. L’orco lanciò un grido per sfogare l’ansia: “Dannazione! Siamo partiti troppo tardi! Se avessimo scoperto tutto prima…”
“Calma, padrone” balbettò Katrina: “Arriveremo in tempo. È un matrimonio, non una maratona!” ma intanto si torceva le mani nodose: “Perché Soledad è così grande?”
 
Quando Isadora entrò nella cattedrale, tutti gli invitati si alzarono in piedi e applaudirono. Si sentì immediatamente frastornata da quella moltitudine, da quelle ghirlande che, al posto di fiori, avevano pietre preziose di inestimabile valore, da quell’organo che suonava la marcia nuziale. Anche suo padre, che la teneva a braccetto, batté le palpebre, a disagio.
L’energumeno piazzato davanti alle porte le rivolse un ghigno untuoso che la fece rabbrividire, poi le sbatté l’uscio alle spalle con un botto. La ragazza ebbe la sensazione di essere in trappola. Fu il marchese a doverla sospingere delicatamente tra le panche dense di gente festante. Camminò come in un sogno. L’abito di paillette la impicciava, e la gonna le dava fastidio. Quasi tutti i volti presenti in chiesa le erano estranei, tanto che si chiese perché fossero venuti.
Via via che si avvicinava, distingueva sempre meglio l’altare, il sacerdote, gli anelli e Lord Fox, che la attendeva col solito ghigno. Impallidì sotto gli strati di cipria. Aveva paura. Una paura folle. Si osservava agire dall’esterno, e avrebbe voluto gridare a quella ragazza conciata come una lampadina: “Ferma!” ma era incatenata da qualcosa che non capiva. Alla fine, quando fu a un passo dal Lord e dall’altare, fissò il marchese. Lui le rivolse uno sguardo di incoraggiamento, le strinse il braccio, poi si allontanò per andare a sedersi in prima fila accanto a Natalie. Lei si tese e gli bisbigliò: “Ci siamo”.
“Ci siamo” rispose il marchese. Anche lui si sentiva in difficoltà, anche se non sapeva perché.
Isadora, tremando in modo impercettibile, si affiancò a Lord Fox di fronte all’altare. Lui le sorrise: “Sei uno splendore, mia cara”.
“Questo vestito è perfetto per il suo funerale” pensò nel frattempo.
Si inginocchiarono sull’altare dove il sacerdote aveva sollevato le braccia in un gesto benedicente. Tutti gli invitati tacquero. Poi il religioso esclamò: “Cominciamo”.
Recitarono una preghiera cui Isadora partecipò passivamente. Si sentiva svuotata. Si calò il velo sul viso con discrezione per nascondere la paura che vi si leggeva. Sbirciò verso Lord Fox. Pregava con grande fervore, ma aveva negli occhi il solito luccichio sinistro.
Poi poterono alzarsi in piedi. Il silenzio era densissimo. Il sacerdote aprì la bocca: “Siamo qui riuniti quest’oggi per unire quest’uomo e questa donna nel sacro vincolo del matrimonio. Il matrimonio…”
“Ehm, ehm” tossicchiò Lord Fox. Il sacerdote lo fissò, stupito. Lui fece un sorriso carismatico: “Perdonate, sarebbe possibile saltare tutti i convenevoli e andare subito al sodo? Io e la marchesina siamo ansiosi di concludere la faccenda in fretta”.
Isadora lo fissò sperduta. Perché accelerare i tempi? Non correva loro dietro nessuno. Dopo un primo momento di sbalordimento, il sacerdote scrollò le spalle: “Beh, sì…sì, si potrebbe fare. È poco ortodosso, ma si può fare. Bene, passiamo direttamente allo scambio degli anelli!”
 
Il calesse giunse finalmente nella periferia della cittadina di Soledad. L’orco e Katrina trassero un unanime sospiro di sollievo. Ma l’ansia non se n’era andata: cosa stava succedendo in chiesa?
Il calesse si infilò a tempo di record nelle vie vuote di Soledad. Non c’era nessuno: le case erano sgombre, le vie spoglie, i sobborghi vuoti. Sembrava una città addormentata. Katrina commentò a bassa voce: “Saranno tutti al matrimonio…”
L’orco, accanto a lei, era pieno di ansia e pieno di timore. Scosse le redini con forza, facendo un paio di manovre. Strinse gli occhi: “Dove diavolo è questa cattedrale?”
“Non c’è nemmeno qualcuno a cui chiedere indicazioni” disse desolata la domestica. L’orco le fece cenno di star zitta. Restò qualche attimo in silenzio, poi sussurrò: “Lo senti?”
Lei tese l’orecchio. Si udiva nell’aria, appena percettibile, il suono di una marcia nuziale. Annuì. Gli occhi dell’orco si riempirono di disperazione: “È già cominciata”.
“Muoviamoci!” gridò Katrina. L’orco spinse di nuovo alla corsa i due cavalli. Presero una larga via contornata da statue di marmo, poi lui fece per girare a destra, ma Katrina urlò: “No, a sinistra!”
“È a destra” sbraitò l’orco. La domestica scosse il capo: “No, padrone, a sinistra”.
“Ti dico che è a destra”.
“A destra c’è l’eco, ma la musica viene da sinistra!”
“Mi stai facendo perdere tempo!” urlò l’orco esasperato. Ma andò a sinistra. Katrina ansimava per l’ansia: “In fretta, in fretta…”
 
“Fox, figlio di Gerald, vuoi tu prendere questa donna come tua legittima sposa, e amarla e onorarla finché morte non vi separi?” chiese il sacerdote con voce solenne. Gli invitati, emozionati, rivolsero la loro attenzione a Lord Fox, che teneva fra le mani uno dei due anelli. Sorrise e disse con sicurezza: “Ma certo che lo voglio!”
Prese la mano inerte di Isadora e le infilò l’anello all’anulare con forza. Lei sussultò. Era sempre più pallida e terrorizzata. Le sembrava che la sua vita si stesse consumando in quei pochi attimi. Era rimasta inerte per tutto il tempo, ma dovette affrontare il momento tanto temuto quando il sacerdote, sorridendole, si rivolse a lei: “E tu, Isadora, figlia di Marian, vuoi prendere quest’uomo come tuo legittimo sposo, e amarlo e onorarlo finché morte non vi separi?”
Gli occhi di Isadora si fecero grandi di terrore. Strinse convulsamente l’altro anello. Guardò verso suo padre sperando in un po’ di conforto, ma lui era rivolto a Natalie. Allora tornò a fissare l’impaziente Lord Fox e il perplesso sacerdote: “Io…” bisbigliò con un fil di voce: “Io…”
Spazientito, Lord Fox le mise la mano sinistra davanti alla faccia e fece un colpo di tosse. Isadora uscì dalla trance, chiuse lentamente gli occhi e, infilandogli l’anello, mormorò, rassegnata: “Lo voglio” non vide il sogghigno da vincitore che gli si stampò sulle labbra. Chinò il capo, e capì di essere sconfitta. Il sacerdote sollevò in alto le braccia: “Io vi dichiaro marito e mogl…”
Il rumore della porta che veniva spalancata risuonò secco su quelle parole. Tutti, con un mormorio perplesso, si girarono verso l’entrata della cattedrale. Isadora e Lord Fox si voltarono con un sussulto. L’energumeno alla porta giaceva per terra svenuto, mentre due sagome, una imponente e l’altra scheletrica, correvano frenetiche verso l’altare. Lord Fox non si scompose, ma sbuffò: “Inutili complicazioni”.
Le due sagome andarono definendosi sempre più. Un grido d’orrore serpeggiò tra la folla: un orco! C’era un orco nella cattedrale, ansimante e minaccioso, e accanto a lui una specie di caso umano. In molti si alzarono, alcuni svennero. Gli scagnozzi di Lord Fox si mossero irrequieti sulle panche, ma Michael li trattenne con un cenno.
Quando Isadora riconobbe l’orco, il viso per un attimo le si illuminò, e le labbra parvero accennare un sorriso. Poi però si vide l’anello al dito, e si oscurò di nuovo. Era la moglie di Lord Fox, ora. Si rimproverò per quel fremito che l’aveva scossa. In prima fila, il marchese stava tentando di rianimare Anastasia e Genoveffa che avevano perso i sensi.
L’orco, un’espressione decisa sul viso, corse verso l’altare con Katrina alle calcagna. Lord Fox lo attese con espressione sprezzante, poi, quando fu lì accanto, disse a voce alta: “Cosa ci fai qui, orco? Questo non è il tuo territorio”.
L’orco digrignò i denti e lo fissò con furore: “Mi hai ingannato, maledetto!”
“Ah” rise Lord Fox. Si rivolse alla folla: “L’orco viene qui a lamentarsi della mia eroica impresa!”
“Smettila di fingere” sibilò l’orco. Sembrava tentato di balzargli addosso e di distruggere il suo ghigno compiaciuto: “Loro non conoscono la tua vera natura, giusto? Non sanno cosa hai intenzione di fare”.
“Stai farneticando” disse noncurante Lord Fox: “Rovini un giorno felice”.
“Sei tu che hai rovinato tutto. Ti sei preso quattro vite, e ora ne pretendi un’altra!”
Vi fu un mormorio concitato. Lord Fox, per risposta, scoppiò in una risata sguaiata: “Secondo te do peso ai vaneggiamenti di un orco?”
“Brutto mascalzone!” strepitò Katrina, furibonda quanto l’orco: “Ti abbiamo smascherato. Vuoi uccidere Isadora per ottenere il suo patrimonio!”
“Cosa?” Isadora bisbigliò quelle parole con voce appena udibile, spalancando gli occhi. Un gelo intenso le ghiacciò le membra. L’orco allora fece qualche passo avanti e, rivolgendosi a lei, lo fece con la vecchia espressione gentile: “Isadora, ascoltami” le disse: “Quest’uomo ci ha ingannati entrambi. Devi andar via di qui al più presto. Sei in grave pericolo!”
Lei lo fissò ad occhi spalancati, ma non si mosse: “Io non capisco…”
“Isa, è la verità!” intervenne Katrina: “L’ha già fatto con quattro mogli!”
“Vi proibisco di parlare a mia moglie” disse Lord Fox, interrompendoli. Afferrò un polso di Isadora, che emise un piccolo gemito, e indicò il diamante che le brillava all’anulare: “Già, perché è mia moglie, ed è sotto la mia responsabilità. Ora andatevene e lasciateci continuare la festa. Non ve lo chiederò un’altra volta”.
“Stammi a sentire!” l’orco alzò la voce, avanzò ancora e gli puntò contro l’indice: “Non ti permetterò di farle del male!”
La folla bisbigliava, eccitata e perplessa da quelle rivelazioni. Lord Fox, senza perdere il contegno, la chiamò in causa: “A chi credete, signore e signori? Al buon Lord Fox che vi ha sempre aiutati, o a quest’orco e questa vecchia pazza che spuntano da chissà dove?”
Isadora fissò prima lui, poi l’orco e Katrina. Era confusa. Non capiva più dov’era la verità e dove la bugia. E quegli avvenimenti frenetici le mettevano paura. L’orco salì alcuni dei gradini che conducevano all’altezza dell’altare: “Isadora, anche per me è stato facile credere ai suoi inganni, ma credimi, ti scongiuro: vuole farti del male!”
Sembrava così disperato, che Isadora iniziò a chiedersi se le cose orribili che sosteneva di aver scoperto erano vere. Lord Fox le rivolse un sorriso rilassato: “Non dargli ascolto, moglie mia. Io non ti farei mai del male. Ti ha forse creduto quando eri sincera? No, ti ha ributtato la tua sincerità in faccia. Perché dovresti credergli?”
Isadora fece una smorfia di dolore. Era sempre più confusa. L’orco, disperato, le allungò una mano: “Non lasciarti raggirare, Isadora, non commettere il mio stesso errore!”
“Vuole solo vendicarsi per quello che crede che tu gli abbia fatto” le bisbigliò in un orecchio Lord Fox: “Vuole privarti di questa felicità, vuole distruggerti. Lui è il cattivo della storia, Isadora. Non lasciare che ti trascini alla rovina”.
“Io…” disse lei sperduta, prendendosi la testa fra le mani: “Io…”
Stavolta a prendere la parola fu Katrina, facendosi coraggiosamente avanti: “Stammi a sentire, Isa: io sarò assolutamente sincera. Quell’uomo è pericoloso. Vuole abbandonarti in una foresta e lasciarti lì a morire. Se gli credi, sarai spacciata”. 
Isadora si sentiva sempre più sperduta. Da una parte c’erano l’orco e Katrina e tutte le cose belle che aveva passato con loro…dall’altra il suo attuale marito, colui che le prometteva agi e gioielli. A chi doveva credere?
Frattanto l’orco e Katrina erano sempre più vicini all’altare. Lui la fissò, e lei gli vide in viso quella dolcezza che sembrava aver abbandonato per sempre: “Qualunque sia la tua scelta, Isadora, io non lascerò che ti uccida”.
Lei ebbe un fremito. In fondo, che motivo avevano di mentirle, lui e Katrina? Erano venuti fin lì, avevano viaggiato così tanto per lei, e solo per dirle bugie? Non era da loro. Lord Fox invece? Non sapeva nulla di lui, e aveva già mentito una volta. Voleva davvero ucciderla?
Accennò un passo verso l’orco. Lui sorrise, pieno di un incauto sollievo, e lentamente anche lei sorrise, e si sentì ingenuamente felice che tutto fosse sul punto di tornare a posto.
Non appena si accorse che la bilancia pendeva a favore del rivale, Lord Fox lanciò un’occhiata a Michael. Bastò questo: il suo compare schioccò le dita, un suono secco e terribile.
Gli scagnozzi seduti in terza fila non aspettavano altro. Al segnale scattarono in piedi tutti insieme, formidabili nella loro furia, e si scagliarono in contemporanea verso l’orco e Katrina. Isadora si bloccò, piena di una terribile sorpresa, e lo stesso fece l’orco. Poi venne travolto con la sua domestica dai quindici energumeni.
Su Katrina ne bastarono due: per quanto urlasse indignata e si dibattesse, era vecchia e debole, e, afferrandola per le spalle, la immobilizzarono, evitando facilmente i morsi e i calci che dava all’aria.
Il numero restante si occupò dell’orco. Lui li fissò e si mise in posizione d’attacco, guardandoli ferocemente. Non si fecero impressionare: gli arrivarono addosso da ogni parte, allungando le mani per immobilizzarlo. La furia che gli animava il viso si mescolò alla sorpresa e alla paura.
Nel vedere la scena, gli occhi azzurri di Isadora si fecero grandi dall’orrore: “No!” gridò disperata.
I tredici scagnozzi accorsi ad assalire l’orco lo afferrarono per le braccia. Lui lanciò un ringhio e scosse le spalle per scrollarseli di dosso. Ottenne soltanto che si allontanassero leggermente. Subito tornarono alla carica. Riuscì ad abbatterne uno polverizzandogli i connotati con un pugno e a metterne fuori combattimento un altro con una testata, ma si ritrovò di nuovo immobilizzato da tutte quelle mani. Lottò per liberarsi dalla presa, dibattendosi in modo impressionante. Gli energumeni strinsero la presa, torcendogli i polsi. Si lasciò sfuggire un gemito.
“Fermi!” urlò Isadora, le lacrime che le scorrevano sulle guance che le lasciavano strisce pallide sul fard. L’orco si liberò di un avversario scagliandolo lontano con una scrollata di spalle. Si dibatteva con sempre maggior foga. Sul volto restava impressa una rabbia mista a profondo sconforto. I suoi movimenti si fecero più deboli mentre la presa su di lui raddoppiava.
“Lasciatelo andare!” gridò Isadora. Con una smorfia di disperata ansia in faccia, fece per lanciarsi in avanti ad aiutarlo, ma Michael scattò, veloce come una serpe, e l’afferrò per la vita, premendole una mano sulla bocca: “Tu non vai da nessuna parte, dolcezza”.
Fu solo la vista della figlia che giaceva nelle grinfie dello scagnozzo a scuotere il marchese. Acquistò un coraggio raro e corse verso di lei con aria accigliata. Fissò Lord Fox che assisteva alla scena compiaciuto: “Ma cosa diavolo state facendo? Ordinate al vostro bravaccio di liberare immediatamente mia figlia!”
“Caro marchese” sogghignò Lord Fox: “Vostra figlia non vi appartiene più. È mia moglie, ora”.
Il marchese lo fissò a bocca aperta. Poi gli puntò contro un dito accusatore: “Brutto furfante! Vi siete approfittato di me!”
“La verità fa male, eh?” disse Lord Fox. Fece un cenno allo scagnozzo della porta, che si era ripreso. Lui agguantò il marchese senza una parola. Il poveretto diede un paio di scossoni: “Toglimi le mani di dosso!”
Isadora, intanto, si dibatteva disperata nella stretta ferrea di Michael, nel tentativo di difendere l’orco, che era sempre più in difficoltà. Ma era tutto inutile, e le dita che le soffocavano la bocca le impedivano anche di attirare la sua attenzione. Lord Fox la contemplò, poi contemplò il furioso marchese che si dimenava lì accanto: “Michael, Gervase, chiudeteli nella sala della preghiera al secondo piano. Mi occuperò in seguito di loro” poi, avvicinandosi ad Isadora, le sfiorò il viso: “Per i tuoi amici ho pronta una cella nei sotterranei”.
Gli occhi di lei sprizzarono scintille. Si sforzò fino allo spasimo per liberarsi, ma perse ancora. Si vide trascinata contro la sua volontà verso la piccola porticina che conduceva al monastero, accanto a lei suo padre, anche lui impotente. Natalie, vigliacca, si era confusa tra la folla. Isadora levò gli occhi verso l’orco, ormai immobilizzato dal numero esorbitante di avversari. Doveva salvare almeno lui…quando Michael la stava tirando oltre la porta, assestandogli un morso sulla mano riuscì per un attimo a liberarsi dalla sua presa sulla bocca e ne approfittò per gridare più forte che poté: “Fuggite! Mettetevi in salvo!”
Nell’udire la voce l’orco sussultò e sollevò la testa, accorgendosi di Michael che trascinava via Isadora. Allora per un attimo parve riacquistare tutta la sua immensa forza: “Isadora!” urlò disperato. Forzandosi al limite, liberò un braccio e abbatté uno scagnozzo colpendolo allo stomaco: “Isadora!” ripeté. Cercò di avvicinarsi a lei, ma era circondato. Il marchese era già stato trascinato fuori dalla porta, e Isadora e Michael erano sulla soglia. Lei sapeva che se l’orco avesse continuato a ribellarsi, Lord Fox gli avrebbe fatto qualcosa di terribile: “Scappa! Non pensare a me, torna al man…” ma prima che potesse concludere la frase, Michael tornò a premerle la mano sulla bocca: “Taci, brutta serpe”.
“Lasciala andare!” continuò a urlare l’orco, cui la disperazione sostituiva la rabbia. Era di nuovo immobilizzato dalla moltitudine, e tendeva la mano verso la coppia sulla porta: “Isadoraa!” fu un grido di puro sconforto.
Michael superò la porta. Isadora fissò l’orco con occhi disperati, sperando, pregando che se ne andasse…ma il suo aguzzino la trascinò con sé, e non riuscì più a vedere niente.
Il braccio che l’orco era riuscito a liberare venne di nuovo immobilizzato. Isadora era stata portata via col marchese. La disperazione lo assalì, e gli occhi gli si offuscarono. Rimase a dibattersi inutilmente accanto a Katrina.
Lord Fox avanzò lentamente verso di loro, godendosi la loro impotenza. Osava andargli vicino solo ora che erano disarmati e immobilizzati. Si fermò di lì a un passo. L’orco lo fissò con occhi così fiammeggianti che, se avessero potuto, l’avrebbero incenerito all’istante: “Maledetto!” gli urlò in faccia. Lord Fox si limitò a sorridere: “Pensavi davvero di potermi battere? Io vinco sempre, orco. Io sono pieno di risorse, tu invece che cos’hai dalla tua?” lo scrutò sprezzante: “Una domestica fuori di testa e l’amore. Due ben misere risorse”.
L’orco gli restituì uno sguardo pieno di collera disperata. Lord Fox sbuffò e si rivolse ai suoi scagnozzi: “Imprigionateli nei sotterranei”.
“La pagherai, assassino” sibilò Katrina. Lei e l’orco furono trascinati via senza che potessero opporsi.
 
“Non può finire così!” gridò Tom disperato, interrompendo bruscamente il cantastorie: “Isadora e l’orco non possono perdere!”
Tutti lo fissarono stupefatti. Aveva lentamente abbandonato la sua aria sostenuta e si era fatto coinvolgere al punto da intervenire con tale foga. Accorgendosene, arrossì e borbottò: “Beh?”
“Lieto di vederti così partecipe, Tom” commentò il cantastorie. Il ragazzino arrossì ancora di più: “Voglio solo dire che non può finire in questo modo”.
“Questo lo pensiamo tutti” disse Annie: “Quel Lord Fox è troppo cattivo per vincere”.
“Lo penso anch’io” rispose il cantastorie. Tom lo accusò: “E allora perché avete raccontato che riusciva a imprigionarli tutti?”
“Calmati un attimo” replicò lui: “Io riferisco quanto è accaduto con fedeltà. E poi è divertente creare un po’ di pathos, non credete?”
“Andate avanti!” gli intimò Tom. Il cantastorie sorrise: “Ai tuoi ordini”.
Il ragazzino arrossì, capendo di essere stato scortese: “Per favore” aggiunse.

 
  
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