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Autore: Terre_del_Nord    24/03/2012    18 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is'
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.013 - Resa dei Conti

IV.013


Alshain Sherton
12, Grimmauld Place, Londra - sab. 15 gennaio 1972

    “Servici e vattene! E abbi cura che nessuno ci disturbi, nemmeno mia moglie, chiaro?”
   
Kreacher aveva annuito, intimorito dalla voce sferzante del padrone, si era avvicinato prima a me poi a Orion per offrirci del vino, quindi, lasciato il vassoio sulla scrivania, si era smaterializzato in un bop fulmineo: muto, ero rimasto in piedi, immobile, davanti alla finestra, gli occhi fissi sulla neve che aveva ripreso a cadere in lievi fiocchi, estraneo a quanto mi circondava. L'unico elemento che attirava la mia attenzione era il riflesso di Orion sul vetro: non si era tolto neanche il mantello, era sprofondato nella poltrona, infreddolito, a un passo dalle fiamme del camino, e si rigirava tra le mani il calice, senza portarlo alle labbra, gli occhi persi nel fuoco. Usciti dall'Aula Dieci, Orion mi aveva detto una sola, laconica parola, “Andiamo”, dopo di che si era diretto con passo marziale all'Atrium; lì, con profondo disgusto, avevamo scoperto l'esistenza dell'ennesima circolare con cui il Ministro imponeva che gli anelli del Nord fossero requisiti e conservati, a disposizione degli addetti dell'Ufficio Misteri, per tutta la durata del processo: non avevo modo di ribellarmi, al momento, ma mi ero ripromesso che non sarebbe finita lì, evidentemente noi Maghi del Nord eravamo stati attirati con la falsa promessa del Ministro di un'udienza aperta al pubblico, al solo scopo di derubarci e sottoporci tutti a indagini illegali. Orion mi aveva dato manforte, aveva persino cercato di forzare la situazione provando prima a corrompere poi a minacciare il giovane sorvegliante, inutilmente, finché, esasperati, ci eravamo diretti ai camini, Black aveva preso una manciata di polvere dalla mensola e aveva sibilato, ostile, l'indirizzo di casa sua, io l'avevo seguito, furente, un istante dopo. La dimora dei Black era immersa nell'oscurità, Walburga e Regulus erano in visita dai nonni, una tensione palpabile ci aveva subito avvolto: salimmo le scale senza scambiarci una sola parola e sempre in silenzio entrammo nel suo studiolo, accanto alla sala dell'arazzo, “lontano dalle orecchie intriganti di quella vecchia tela tarlata!”, diceva di solito Orion, ghignando; da quando viveva in quella casa, avevamo sempre riso insieme, irriverenti, degli altezzosi borbottii di Phineas Nigellus Black, arcigno antenato dei Toujours Pur, quel giorno, però, non ne avevo né la forza, né la volontà. Sorseggiai distratto il vino, rosso e corposo, sentii lo stomaco riscaldarsi al passaggio dell'alcool, in un lampo la piazza innevata davanti a me scomparve al ricordo dell'ultima volta in cui ci eravamo ritrovati soli, a bere alcool, ridere, parlare di massimi sistemi, nel capanno del bosco: era stato solo pochi mesi prima, ma con tutto quello che era accaduto, sembrava passata una vita intera.

    “Lodge, dannata carogna! Me lo sentivo che stava architettando qualcosa... maledetto!”

Lo fissai, Orion era teso, mi chiesi quanto ci avrebbe messo a vuotare il sacco, se eravamo lì, era di certo per chiarire la situazione, benché io volessi correre da Deidra, parlarle del processo e… 

    No, ciò che desideri è ritrovare l'amico di una vita, guardare Orion negli occhi e sapere che tra voi è tutto come sempre, che non c'è spazio per bugie e inganni, che puoi affidargli la tua vita e quella dei tuoi cari come l'affideresti a te stesso... proprio come faresti tu nei suoi confronti!

    “Quanto a te, cosa hai architettato con la vecchia palandrana? Dumbledore mente, lo so... ”

Bevvi un altro sorso, lo studiai, innervosito per l’ennesima deviazione di argomenti, mi lasciai travolgere dal dubbio: magari stava recitando, cercava di farmi parlare, per poi riferire…
   
    No, Orion, non mi farebbe mai una cosa del genere... ma come esserne certi?

La mia recente accondiscendenza verso Dumbledore avrebbe spinto qualcuno a dubitare di me e della mia visione del mondo, ma non Orion che mi conosceva da una vita: certo, se parlavamo del preside, anche lui restava sconvolto, perché era strano, dopo aver passato anni a denigrarlo, sostenere che il vecchio non fosse la minaccia peggiore, che fosse Riddle il vero problema. Inoltre la sera del matrimonio, quando mi aveva chiesto conto della presenza del Ministro ed io gli avevo accennato di voler scindere il mio futuro da quello delle Terre, Orion doveva aver intuito che gli stavo nascondendo qualcosa, ma non aveva insistito, per la sua stessa sicurezza.
   
    Già, un bel piano, se solo Longbottom fosse vissuto abbastanza da portarlo avanti...
 
Mi versai altro vino e scolai il bicchiere in un unico sorso, deciso ad andare al sodo.

    “Non so proprio di cosa tu stia parlando Orion... Dumbledore non mentirebbe mai per me... ”
    “Salazar... sei un dannato scozzese spergiuro! Dopo avermi coinvolto per anni nei tuoi deliranti piani, fa piacere vedere che non mi consideri più all'altezza, e non merito la tua fiducia!”

Mi guardò fosco, la mascella contratta, poi ghignò: forse pensava che fosse tempo di stemperare la tensione tra noi con uno dei nostri soliti battibecchi ironici, io, invece, sentendolo parlare di fiducia, mi sentii ribollire di rabbia definitivamente; quando Black si accorse che non stavo scherzando e che gli rivolgevo uno sguardo capace di incenerire, divenne a sua volta cupo.

    “A volte diamo ai rapporti un significato diverso rispetto alla controparte, consideriamo una persona amica, ci fidiamo e quella invece si rode nell'invidia, ci augura il male, gode del nostro dolore... ci reca danno, interponendosi tra noi e gli altri, svelando i nostri progetti agli estranei, e semina discordia, riferendo alterate le nostre confidenze... no, Orion non bisogna dare tutto per scontato, soprattutto la fiducia... merce troppo preziosa... troppo... ho scoperto che occorre centellinarla persino all'interno della famiglia, figuriamoci con chi non ha il nostro stesso sangue... ”

Orion, pallido, abbassò gli occhi, poi, però picchiò con violenza il bicchiere sul tavolo, il liquido si sparpagliò sul legno, gli schizzò sulla pelle, macchiando, rubino, il tessuto immacolato del polsino: quando tornò a fissarmi, lo sguardo fiero non svelava emozioni, la voce era ghiaccio.

    “Ecco la sfinge... Se hai qualche accusa da muovermi, Sherton, parla chiaro, perché non mi farò insultare impunemente in casa mia, nemmeno da te! Anni fa, quando mi hai convinto a farmi tagliare il palmo della mano da te e a tagliare io il tuo, ho creduto nella serietà di quel patto di sangue, che valesse qualcosa per entrambi... e per tutta la vita, Merlino mi è testimone, ho agito di conseguenza... se per te è stato solo un gioco, affari tuoi! Io ti ho sempre trattato come un fratello!”
    “Sei sempre stato bravo con le parole, Black, divertenti, sagaci, come tu solo sai essere... “Mi guarderò le spalle da te, quando l'inferno ghiaccerà o mia moglie fuggirà con un babbano!”ricordi? L'inferno è forse ghiacciato? Perché non ce la vedo Walburga con un babbano!”

Orion, smarrito, mi fissò incredulo, sentendomi ripetere le parole che, fuori di sé per la sbronza, mi aveva detto pochi mesi dopo avere sposato Walburga, in una bettola di Amesbury.
   
    “Che diavolo stai dicendo, Sherton? Sei impazzito o ubriaco! Sinceramente, non capisco... ”

Scoppiai a ridere, la risata di un folle. E cos'era la follia, in fondo, se non ridere mentre tutto, attorno a te, è avvolto dalle fiamme?

    “Salazar! Parli di sincerità... tu... Mi hai portato qui per farmi ridere? O per prendermi per il culo? Ne ho abbastanza dei teatrini, Black... mi nascondi qualcosa da settimane, qualcosa che “ti fa guardare le spalle da me”... mi ero ripromesso di darti il tempo di parlarmene spontaneamente, ma il tempo è finito, insieme alla mia pazienza... dici di fidarti di me? Che sono tuo fratello? Che credi nei patti di sangue? Allora dimmi cosa cazzo è successo che ti fa avere tutta questa fottuta paura di me... o penserò che tu sia come quelli che si dichiarano tuoi amici mentre ti pugnalano alle spalle!”

Lo dissi senza staccargli gli occhi da dosso, cercando di studiarne le espressioni: l'uomo che avevo di fronte, che conoscevo da quando eravamo ragazzini, poteva davvero mentirmi e tradirmi? In un attimo di codardia, compresi di non volerlo sapere, sarebbe stato tremendo scoprire che la verità era questa, che la mia vita era stata tutta una menzogna e, soprattutto, il pensiero di vivere il resto della mia vita senza l'appoggio di Orion mi riempiva di terrore e disperazione. Black sospirò e si alzò in piedi, con la stessa difficoltà di un vecchio di cento anni, arrivò fino alla scrivania, aggrappandosi a quel catafalco di legno come a un'ancora, aprì il secondo cassetto a sinistra, tirò fuori una bottiglia di Firewhisky intera e due bicchieri; muto, iniziò a versare, con un gesto del mento m’invitò a sedermi e bere, io rimasi in piedi, sfidandolo con lo sguardo. Mi raggiunse alla finestra, allora, il bicchiere in mano, guardò la neve e sospirò.

    “Mia moglie... la mia famiglia... non vogliono più sentir parlare di voi... siete troppo compromettenti e... Walburga voleva ti convincessi a non venire al fidanzamento di Narcissa... ”

Fissai il suo sguardo sfuggente riflesso sul vetro, mentiva, mi voltai per lasciare il bicchiere del vino su una mensola, riprendere il mio mantello appoggiato sulla poltrona e andarmene.

    “Addio, Black... hai avuto l'opportunità di essere sincero e mi hai raccontato altre cazzate... Nessuno di noi due si è mai curato delle ingerenze della tua famiglia nelle nostre faccende... e Walburga è troppo ambiziosa per farmi strappare quel “certo” contratto... ”
    “Stavo già salendo di sopra per strapparlo io stesso! Solo per questo ci ha ripensato... ”
    “Sono commosso da tanta premura, Black! Conoscevo già lei, suo padre, tutto il resto della vostra allegra famiglia! Il problema è che ho iniziato a conoscere anche te soltanto adesso...  addio!”

Lo lasciai lì, a guardarsi le mani, gli occhi persi sul liquido ambrato che riempiva mezzo bicchiere, mi diressi alla porta, deciso a non avere mai più nulla a che fare con quell'uomo, quando le parole gli uscirono come un bisbiglio dalle labbra, così flebile che ebbi difficoltà a comprendere.

    “È stata mia nipote... ”

Mi voltai, vidi Orion scolarsi il primo bicchiere con una velocità e una disperazione degne dei tempi di Elizabeth: lo conoscevo, lo conoscevo come me stesso, si sarebbe sbronzato fino a svenire per trovare la forza di andare fino in fondo, in fondo a una verità terribile per entrambi.

    “Alshain... per favore... siediti... e... e dammi... la bacchetta... ”

Sorpreso, scoppiai a ridere, una risata nervosa, una brutta sensazione mi faceva tremare le mani: ne era certo, dunque, non era solo un sospetto... e se ne era certo, da quanto lo sapeva?

    “Per Merlino e tutti i fondatori, Orion... pensi che mi vendicherei su di te per un bicchiere di veleno versato da tua nipote? Se non ricordo male, sei stato tu col Bezoar a... ”
    “Maledizione, vuoi la verità? Allora chiudi quella dannata bocca! Salazar, dammi la forza... ”

Si lasciò cadere esausto sulla poltrona, si versò un altro bicchiere di Firewhisky, ne preparò un altro pure per me, benché il primo fosse ancora intatto sul tavolo, me lo fece scivolare incerto fin davanti alle mani: vidi che stava tremando, pallido come uno straccio, gli occhi vitrei.

    “... avevo deciso di non dirtelo mai... era la cosa migliore... per la mia dannata famiglia... A cosa ti serviva sapere? Era finita! Tacere era il male minore... non immaginavo però che sarebbe stato così difficile guardarti e mentirti... no, non ce la faccio più... fingere... mi sta uccidendo... ”

Spostai la sedia e mi sedetti, sconvolto da mille pensieri, la rabbia di prima che non accennava a stemperare, il sollievo perché stava per finire tutto, il terrore per la verità ormai prossima, la pena per Orion, vedendo che mentire era stata per lui una scelta sofferta.

    “Il veleno... già... sarebbe bello se fosse questo... tu pensi al Moon's Tears, forse dal processo, forse da prima... la verità è che... non lo so se c'era del veleno in quel bicchiere, ma quando sei svenuto, è stata la prima cosa che ho pensato... per questo ho cercato il Bezoar, subito... ”
    “E allora? Che sia stata lei o meno, tu non hai alcuna responsabilità, anzi... mi hai salvato!”
    “No, tu non capisci... non puoi capire... non puoi immaginare... nessuno sano di mente potrebbe immaginare... che Salazar la fulmini, Al! È stata lei a... è stata Bellatrix a... colpire Rigel!”
    “Che cosa?”
    "... e Rodolphus... sì, quel cane di Lestrange... è stato lui... lui ha preso Meissa!”

Le parole mi sfiorarono l'orecchio ma il cervello faticò a comprenderle: fissai Orion inebetito, il mio cuore perse un colpo, perché il cuore sapeva, aveva sempre saputo e ora urlava, sempre più forte, l'urlo della belva ferita che desidera dilaniare, uccidere, fare scempio... al posto del pulsare lieve e ritmico sentivo una serie di tonfi profondi battere una specie di marcia funebre... li avrei mandati all'inferno, sì li avrei fatti soffrire, avrei ucciso quei maledetti, con le mie mani.

    “No... non... non è possibile, Orion... ti sbagli... quei due... erano... nel patio... sono stati... ”
    “Vorrei che fosse così, Salazar solo sa quanto lo vorrei, ma la verità è questa: mia nipote e suo marito facevano parte del commando, ho visto loro, quando ho raggiunto la cima della torre... erano loro a battersi con gli Aurors... a massacrare gli Aurors... e a tentare di uccidere me... ”

Sospirò, fissò le fiamme e si scolò in un unico sorso il secondo bicchiere, io non sapevo cosa dire, la mente vorticava, una voce mi urlava di andare, subito, di ammazzarli, subito, senza pietà.

    “E sì... io... sono io che... sono stato... io a... cruciare... Rodolphus Lestrange... ”

    Orion ha cruciato Rodolphus Lestrange...
   
Non capivo, era tutto assurdo e al tempo stesso vero, sentivo che era vero, anche se, delle mille idee che mi ero fatto... fissai Orion: tremava, pallido, era spaventato a morte... ed era sincero.

    “L'ho torturato, sì... volevo ucciderlo per Rigel, per te, per Meissa, ma... non potevo... capisci? Se fosse morto, non avrei mai trovato Meissa in tempo, e allora... doveva dirmi dove l'aveva nascosta, e mi sono fermato... Salazar, perdonami... quel bastardo! Avrei voluto ucciderlo... ”

Era sprofondato con la testa tra le mani, simile a un fagotto, non sapevo che cosa dire: come poteva Orion temere la mia rabbia, se aveva fatto quello che avrei fatto io stesso, al suo posto?

    “Tu e Sirius mi avete ridato la vita, mi avete ridato i ragazzi... tu hai fatto quello che avrei fatto io, Orion... perciò... io non capisco... Perché tutta questa ritrosia a dirmi la verità?”
    “Perché avrei dovuto denunciarli... ritrovata Meissa avrei dovuto dire la verità, scagionare Mirzam, così i tuoi figli, tu, tua moglie, non avreste mai dovuto sospettare di lui...  io invece... ho... avuto paura... per me, per i ragazzi, per i Black... non ce l'ho fatta... come potevo dirti... è stata la mia famiglia, il mio sangue a farti del male? Sono la mia famiglia, Alshain! Quei maledetti sono la mia famiglia... me ne vergognerò tutta la vita... io... non ho avuto le palle di agire diversamente... ”

Sospirai: anni prima, dopo Elizabeth, pur di continuare a vivere vicino ai figli e alla donna orribile che gli aveva stregato il cuore, Orion aveva giurato di non mettere più in imbarazzo la sua famiglia, e ora, per i Black, aveva taciuto la verità, ed io, al suo posto, avrei agito nello stesso modo.

    “Non sei responsabile per loro, Orion... e mentirmi... no, non sei stato un ipocrita... ti è stato difficile farlo... avevi la colpa dipinta in volto ogni volta che alzavi lo sguardo su di me... e hai agito nel giusto, come facciamo a sapere di chi fidarci al Ministero? Lodge è vicino a Malfoy, Malfoy è un uomo del Lord... a chi avresti potuto denunciarli? La tua famiglia ti avrebbe lasciato solo... a che scopo poi? Per Mirzam? Non posso mettere la mano sul fuoco, che non sia loro complice... ”
    “Che diavolo stai dicendo, Alshain? Sappiamo entrambi che tuo figlio non farebbe mai... ”

No, mio figlio non avrebbe potuto, ma avevo fatto di tutto per proteggere la verità, non l'avrei messo in pericolo e non avrei coinvolto Orion nei miei segreti, quindi avrei negato, ostinato.

    “E chi lo dice? Non ho saputo impedire che diventasse amico di Rodolphus... speravo che… che diavolo speravo? Che un lupo generasse un cane? Devo tenere i Lestrange lontano da noi... ”

Mi bloccai: avevo sentito Deidra dire quelle parole, di notte, all'ospedale e a casa, Deidra pregava, non solo per la mia salute e per quella dei ragazzi, lei si rivolgeva agli dei e ripeteva... “Tieni i Lestrange lontano da noi... e tienili lontano da Orion... ”... dunque sapeva?

    “Tu glielo avevi detto, Orion, è così? Tu a Deidra l'hai detto... fin dall'inizio... ”

Orion evitò subito il mio sguardo, rosso in volto, forse per l'alcool, forse perché avevo capito.

    “No, ma quando ho visto Rabastan passare per il salvatore di Meissa... non potevo permettere che Deidra si fidasse, sono degli infami, Al... tu non hai visto quello che ho visto io... ”

Era finita, era finalmente finita: Orion aveva corso rischi estremi per la mia famiglia e aveva messo in guardia Deidra nel momento del pericolo, Orion era certamente un uomo imperfetto, proprio come me, ma era un vero amico ed io non avevo alcun motivo di dubitare ancora di lui. Mi alzai, gli tesi la mano, Orion la fissò, confuso, poi la prese ed io chiusi la sua tra le mie; eravamo esausti, la tempesta emotiva che si era abbattuta su di noi era stata più devastante dell'interrogatorio di Crouch, la situazione inoltre era diversa da quanto temessi, certo, ma persino più grave di quanto immaginassi: eppure, poter contare su Orion, mi riempiva di fiducia nel futuro.

    “Ti rendi conto dei guai in cui ti sei cacciato con i Lestrange? Mi hanno detto com’era conciato Rodolphus... e anche sua moglie... e se anche i Black dovessero scoprirlo... Pollux... ”
    “È stato Rodolphus a colpirla... per sbaglio, certo, ma... ”
    “Sono felice che tu non sia andato fino in fondo... voglio farlo… devo farlo io... un giorno Rodolphus dovrà pensare alla tua mano come a una delicata carezza! E pagherà anche lei, non la salverà il suo cognome... nessuno, neanche un Black, può toccare i miei figli! Pagheranno... tutti… ”

Orion si limitò ad annuire, probabilmente non si aspettava, da me, niente di diverso.

    “Un'ultima cosa... il pugnale che tutti cercano… era nella cella di Habarcat... l'ho distrutto.”
    “Grazie... ma come vedi, Orion... non devi farti illusioni su Mirzam, ha fatto la sua scelta... spero solo che l'abbia fatto per Sile... perché non lo perdonerei per nessun altro motivo... ”

Orion prese il mio avambraccio e strinse, io ruotai la mano per stringere a mia volta il suo.

    “Quando tornerà, scoprirai che non c'è nulla da perdonare! Ora vai, saluta Deidra e, ti prego, non scegliere Emerson come mio co-padrino, quell'uomo fa sembrare me un coniglio coraggioso!”

Scoppiò a ridere ed io risi con lui, finalmente, anche se presto la risata mi morì in gola. Avevo scoperto da settimane che Emerson era una spia del Signore Oscuro, avevo già preso le mie contromisure ed ero riuscito a usarlo contro Milord dandogli informazioni false, eppure... Eppure quell'improvviso cenno a Emerson mi fece di colpo gelare il sangue nelle vene.


***

Deidra Sherton
74, Essex Street, Londra - sab. 15 gennaio 1972
 
    “Peccato, sono arrivato troppo tardi... avrei gradito se per me avessi fatto preparare dall'Elfo non del tè ma qualcos'altro... quel bel Firewhisky, invecchiato trent'anni, che il vecchio Sherton aveva promesso a mio padre... se fosse riuscito a infilare Elladora nel letto di Alshain, al tuo posto!”

Immobile, sul divano, confusa e indebolita dal Maleficio, li guardai, la Polisucco stava terminando il proprio effetto, sembianze sconosciute lasciavano il posto a volti noti e sinistri, sotto i miei occhi: ero in trappola, nella mia casa, incapace di reagire, i miei figli presto al mio fianco. Sentivo il terrore impossessarsi di me, ancor più di quella mattina in cui... Mirzam ed io...

    “Smettila, Roland... siamo qui… solamente... in visita... ”
    “Sì, inattesi ospiti in visita a una devota famiglia Slytherin e purosangue! Guardati intorno, siamo nel covo di un maledetto amico della feccia! Abbiamo il dovere di agire di conseguenza!”

Roland puntò la bacchetta contro un vaso cinese, memoria di un viaggio di non so quale antenato Meyer, sul mobile di fronte a noi, lo fece esplodere, urlando come un pazzo, poi mirò contro il quadro di Tobias e Ryanna, in vesti Ravenclaw, io provai ad alzarmi per fermarlo, invano. La tela prese fuoco, annerì, si sfaldò, il volto di Ryanna si fece liquido e scomparve, al suo posto solo lembi arricciati e cenere: con un brivido, compresi che presto sarei stata cenere anch'io, quando vidi pezzi di tela staccarsi e volare via, le fiamme attecchire sulle tende e sul tappeto. Un rapido Finitem Incantatem di Emerson estinse il fuoco, non la mia paura. 

    “Ti ho detto di smetterla, Roland! Questo non è... quel genere... di missione!”
    “Per te... forse...  io aspetto questo momento da più di venti anni!”
    “E continuerai ad aspettare... Se siamo qui, è solo per un motivo... ”
    “Chi cazzo credi di essere per darmi degli ordini? Se voglio far esplodere questa casa, la faccio esplodere, se voglio prendermi questa... donna, me la prendo e tu... tu mi lasci fare, Malfoy!”

Roland mi si avventò contro, mi afferrò per un braccio e mi sollevò, inorridita, capii che stava cercando di trascinarmi contro la parete, Kenneth si avvicinò per convincerlo a lasciarmi stare, ma Lestrange lo insultò mentre si faceva scudo con me, allora Abraxas, da dietro, brandì rapido la bacchetta e gliela puntò alla gola, finché quel folle mi scaraventò contro il muro per avere entrambe le mani libere, cercò di colpire Malfoy, ma fu abbattuto da un suo Schiantesimo. Finita contro lo spigolo di un mobile, ferita a una gamba e sanguinante, sentivo il cuore che mi martellava nel petto e nelle orecchie, il senso di confusione che aumentava, il terrore all'idea che, di lì a poco, Kreya ci avrebbe raggiunto con i bambini ed io non sarei stata capace di difenderli. Roland si alzò con difficoltà, sputò sangue, come impazzito, raggiunse Abraxas, lo provocò.

    “Ma bene! Hai gettato la maschera! Sei anche tu un lurido traditore del sangue, Malfoy?”
    “Sono stanco delle tue alzate d’ingegno, Roland! Ne siamo tutti stanchi, anche Milord... per il tuo bene... smettila o ti fermerò io... non ti permetterò di rovinare tutto, non questa volta!”

Sussultai, Abraxas, il volto contratto in un'espressione furente, si avvicinò a me, mi tese la mano e mi aiutò a rialzarmi, poi senza dirmi una parola, abbaiò i suoi ordini agli altri uomini.

    “Se non fossi l'unico in grado di riconoscere quel dannato anello, ammesso sia qui, Roland, io ti giuro... Rodolphus, portalo via, che non faccia altri danni! Voi, di sopra, perquisite ogni stanza!”

Roland lo fissò iracondo, gli sputò sui piedi, incespicò, la follia gli infiammava lo sguardo ma non replicò, si lasciò prendere dal figlio per un braccio e, rovesciando un vaso di fiori sulla consolle del corridoio, salirono di sopra: Abraxas lo seguì con lo sguardo, astioso, finché non li vide sparire, insieme alle altre figure confuse rimaste nell'ingresso, silenziose, pronte a intervenire. Rodolphus non aveva proferito parola, non aveva difeso né provato a fermare suo padre, era assente, preso dal fosco flusso dei suoi pensieri; quando uscì dalla stanza, però, ne intercettai lo sguardo e rabbrividii vedendo l'odio profondo di quegli occhi spenti: ci voleva morti... tutti quanti. Emerson rimase con noi nel salone: ultimo a entrare, si era diretto verso la portafinestra che dava sul giardino, per verificare gli incantesimi utili a nascondere quanto accadeva in casa, infine si era fermato dietro di me, accanto al caminetto e alla Passaporta-attizzatoio, l'unica via di fuga per me e i miei bambini; di sicuro non ne conosceva l'esistenza, era un segreto noto solo a me, Alshain e Mirzam… no, Emerson stava alle mie spalle solo perché non lo guardassi in faccia, ora che aveva dismesso le sembianze del Decano, infatti, sembrava non riuscire più a sostenere il mio sguardo. Alshain sospettava passasse informazioni a Milord da quando l'aveva visto a Malfoy Manor, la sera della “grande riunione”, ma mai avremmo immaginato che arrivasse a ordire un tradimento simile; benché avesse tentato di proteggermi da Lestrange, provavo ribrezzo nei suoi confronti, più che per tutti gli altri, perché era sempre stato uno degli amici più cari ad Alshain, tanto che aveva fatto di tutto per aiutare Mirzam a uscire dalla vicenda di Lucien Corso: per questo ora non capivo. Proprio lui, infatti, infido come un serpente, nascosto tra i tendaggi, aveva abbattuto con uno Schiantesimo Doimòs, appena l’Elfo si era materializzato con il vassoio, nel mezzo della stanza. Abraxas, imperturbabile, mi strinse con forza, mentre gridavo, colta di sorpresa e terrorizzata, mi fece sedere, mi porse dell'acqua, mi chiese se fossi ferita, estrasse la bacchetta e iniziò a passarla sulla mia gamba, per curarla; restammo in silenzio a lungo, finché, mentre era chino su di me, non riuscii a tacere oltre, il cuore turbato al pensiero che Doimòs fosse già morto.

    “Salazar... se… se non si tratta di “quel genere di missione”, per quale folle motivo... ”

Malfoy mi fissò, mi sorrise glaciale, facendomi percorrere la schiena da brividi di paura, abbassò lo sguardo sulle mie mani, me le prese, accarezzò le Rune delle dita, sovrappensiero; io lottavo per tornare lucida, scovare il sistema per avvicinarmi alla Passaporta e usarla appena fossero arrivati i bambini, ritrovare il coraggio che mi aveva sostenuto a Herrengton, quella notte d'inferno.

    “Lestrange è solo un idiota... ma non temere… io... sono un Malfoy... ”

Rabbrividii: no, Abraxas non era folle come Lestrange, Abraxas era... Mi sentivo la testa esplodere, tremavo, ma dovevo fare di tutto per non apparire intimidita.

    “Perché tutto questo? Perché? Siamo il tuo stesso sangue, Abraxas!”

Rise, quella sua risata gelida, che avevo imparato a conoscere fin dal mio primo viaggio verso Hogwarts, quando mi aveva fatto inciampare e cadere lungo il corridoio e, con Lestrange e i loro amici, aveva scommesso che “questo stupido topo irlandese finirà sicuramente a Hufflepuff!”.

    “Lo stesso sangue, certo... dovresti parlarne con Alshain, non con me, è lui, mio cugino, che da anni mi fa la guerra, lo sai, nonostante il nostro comune sangue... io ne conosco il valore, ma lui? Ringrazia gli dei che, a differenza di tuo marito, io sia un Mago che rispetta il sangue: se non è qui solo Roland, con la sua feccia, oggi, è proprio perché i tuoi figli sono in parte Malfoy, come me. Perché siamo qui? Perché Alshain ha commesso molti errori... e il tuo Mirzam... ne ha commesso uno, troppo grande. Tu non hai colpa di tutto questo, dell'ingratitudine di tuo figlio, dell'altezzosità e strafottenza di tuo marito, ma tu e i mocciosi contate molto per quei due idioti… Milord lo sa... il vecchio Sherton aveva ragione... Alshain è l'Erede, ma un Erede debole... e questa sua debolezza è diventata un problema per tutti noi... prima di tutto per te e i tuoi figli. Ho chiesto a Milord di risolvere la situazione, a modo mio... al contrario di altri, io non amo sprecare sangue puro, ce n'è così poco in giro... e non mi piace sporcarmi le mani, immischiandomi in vicende incresciose... ma per riuscirci... ho bisogno di aiuto... del tuo aiuto, Deidra! ”
    “Io non capisco... ”
    “Emerson dovrebbe avertelo detto, prima... Siamo qui per Mirzam... devi dirci ciò che sai... ”
    “Io... non ho niente di utile da dire... io non so niente... ”
    “Non è ciò che mi hai detto prima, Deidra... ”
    “Non osare rivolgerti a me! Che tu sia maledetto, Emerson! Sei un infame! Un vigliacco!”

Lo vidi impallidire, l'odio che provavo, la mia sete di vendetta, erano sentimenti così potenti da infondermi di nuovo forza; strinsi i pugni, tanto da ferirmi i palmi a sangue con le unghie.

    “Non fare sciocchezze all'arrivo dei bambini, e ti prometto che vi non accadrà nulla di male!”

Fissai Abraxas, diceva la verità, ma c'era anche una velata minaccia nelle sue parole.

    “Se anche voi lo cercate... questo vuol dire... Mirzam non è con Milord, dunque? Ciò che Alshain credeva... l'unica cosa che io ormai credevo di sapere... Mirzam non ha... fatto del male a... ”
    “Non fingere, sai bene che tuo figlio non ha agito contro la sua famiglia in nome di Milord!”
    “Mio figlio è... innocente? Vuoi davvero dire che il mio Mirzam è... Salazar santissimo!”

Raccolsi le lacrime, per brevi istanti, la certezza dell'innocenza di mio figlio aveva preso il sopravvento persino sulla paura di morire; Abraxas mi fissò, scrutandomi a lungo, cercando di valutare la sincerità delle mie reazioni: mi vide senza maschere, confusa, disperata, eppure sollevata.

    “Alshain è sempre stato astuto, abile e... bugiardo... potrebbe avertelo nascosto... o potrebbe averti alterato i ricordi... purtroppo per lui, se opportunamente sollecitata, la mente può superare i suoi inganni del Nord... nel tuo caso, basterebbe che Rodolphus e suo padre si sporgessero dalla ringhiera del secondo piano, con i bambini in braccio, e tu…”

Non riuscii a parlare, il respiro mozzato, atterrita dalla minaccia: Abraxas, vile, ghignò.

    “… tu ricorderesti tutto… Se solo potessi, mi caveresti gli occhi, qui, in questo preciso istante, vero? Non oggi, però, Milady... non oggi... oggi non riusciresti neanche a difendere te stessa, figuriamoci i bambini... per questo sarò magnanimo... salverai loro e te stessa, se ti fiderai di me... lo so, mi temi e non ti fidi per niente... la situazione è surreale e persino divertente, non trovi? ”
    “Io non so niente, Abraxas! Niente! Le atrocità che vorresti commettere... sarebbero inutili!”
    “Sei sua madre... Tu sai... devi sapere... per tua fortuna Milord vuol sapere “tutto” su Mirzam, anche le sciocchezze... sono qui per prendermi i tuoi ricordi, le tue impressioni, le tue intuizioni... il tuo... istinto di madre! Ci riuscirò, in un modo o nell'altro... sta a te scegliere… come.”

Legilimanzia: un altro brivido mi percorse la schiena, una blanda Legilimanzia aveva turbato profondamente la mente di Meissa, molte persone erano diventate pazze dopo quell’esperienza e Alshain diceva che fin da ragazzino Abraxas era sempre stato un abile legilimens. Non osavo pensare di cosa fosse capace ora... ora che era un vero, potente, Mago Oscuro... Ero disperata, così indebolita e confusa da non riuscire a vedere vie di uscita. Ed ero sconvolta perché, per tutta la vita mi ero sempre detta che mai sarei stata capace di fare una scelta tra i miei figli, nemmeno se avessi dovuto, invece, in quel frangente, avrei desiderato sapere qualcosa, qualsiasi cosa, pur di riferirla ad Abraxs e far uscire quelle bestie dalla mia casa! Una voce malefica, forse una malia di Malfoy, cercava di convincermi che Mirzam non avesse bisogno di me, che, ovunque si trovasse, fosse al sicuro, con Fear al suo fianco... quella voce mi diceva che il mio amore doveva difendere solo chi non aveva altra difesa, i miei figli più piccoli.
   
    Così piccoli... così innocenti...

Sentii il viso avvampare e rigarsi di lacrime, ad angoscia e paura, si aggiunse vergogna. Era per una buona ragione, certo, ma sarebbe stato tradimento, il più orrendo dei tradimenti. Fissai Emerson: era stata una minaccia ai suoi figli a spingerlo a vendere la sua gente? Dovevo stare calma, non ero Emerson, non avrei tradito nessuno, perché io non sapevo nulla. Parlare delle mie sensazioni non poteva mettere Mirzam nei guai, qualsiasi madre, al mio posto, sarebbe stata convinta dell'innocenza del proprio figlio, forte di quell'amore che ti porta a non dubitare, mai, della tua stessa carne, nemmeno di fronte alla più orrenda evidenza.

    Parlare... devo parlare... prendere tempo... chiedere aiuto... chiamare Alshain a me...

Dovevo farlo tornare da me, perché non avevo nulla con cui pagare la nostra salvezza e, quando infine Abraxas se ne fosse reso conto... la sua ira, l'ira di Milord, sarebbero state devastanti. Cercai l'anello sulle mie dita, non lo trovai, mi guardai attorno, ricordai: brillava sulle dita di Emerson, mi aveva convinto a consegnarglielo, con l'inganno, sentii odio e senso di colpa crescermi dentro, fino a esplodere... volevo indietro il mio anello, cercai di sottrarmi ad Abraxas, invano.

    “Quello stupido anello è inutile, anche tuo marito ne è stato privato, tutti i Maghi giunti a Londra ne sono privi... è bastato suggerire a un Auror che fossero pervasi di Magia Oscura, per convincere Crouch a requisirli... ho anche chiesto a un amico di far sì che il processo vada avanti tutto il pomeriggio... a un altro di spedire i gufi col sigillo del Decano per rimandare l'incontro di stamani... rassegnati... nessuno verrà in tuo soccorso... abbiamo un intero giorno per cercare, indisturbati, la verità... per il tuo bene, e per il sangue che ci lega, parla con me... l'hai visto, prima... non far intervenire Roland… lui aspetta solo una scusa per… dimenticarsi le buone maniere, con te!”

Rabbrividii, disgustata, sentivo ancora quel fetido alito sul collo, le sudice mani addosso. Proprio in quel momento, Kreya, con Adhara in braccio e Wezen accanto a sé, apparve in mezzo al salotto: all'improvviso ripensai a mio nonno, diceva che i Maghi tendono a sottovalutare gli Elfi, ma la loro Magia, diversa dalla nostra, superava le tradizionali fatture Antimaterializzazione. Potevo ordinare a Kreya di portar via i miei bambini e mettere in salvo almeno loro? Kreya mi guardò turbata, aveva capito la situazione e aspettava un ordine ma, mentre stavo per darglielo, lo Stupeficium di Abraxas mi centrò, andai a sbattere il viso contro il tavolo, la sua bacchetta conficcata tra le mie costole, così a fondo da togliermi il respiro e impedirmi di parlare. Quando mi risollevai, la testa pulsante di dolore, non riuscii a reprimere la mia disperazione: Kenneth aveva colto l'attimo per colpire Kreya e strapparle i bambini, serrandoli a sé. Furibonda, folle di paura e dolore, cercai di graffiare Malfoy, lui mi schiaffeggiò, mi serrò i polsi e me li torse dietro la schiena, rendendomi inoffensiva, mi puntò infine la bacchetta alla gola.

    “Pensa ai tuoi figli! Pensali qui, soli, con i Lestrange! A difenderli solo tu… una madre morta! Non ne vale la pena, Deidra! Tentare la fuga, oltre che inutile, non sarebbe saggio!”

No, non stavo per compiere un gesto così inutile, altrimenti non avrebbe cercato di impedirmelo, mio nonno aveva ragione, Kreya sarebbe riuscita a eludere quella fattura, Abraxas lo sapeva ed io mi ero appena lasciata sfuggire l'unica occasione di mettere in salvo i miei bambini! Dovevo raggiungere l’attizzatoio, tenere pronta Kreya per la fuga, mi servivano lucidità e prontezza, dovevo pertanto impedire che la fattura di Emerson avesse ancora effetto su di me.

    “... potrebbe esserci in ballo la preziosa vita del prossimo Erede di Hifrig, dico bene?”

Il tono glaciale della voce, il modo in cui, avvicinandosi ai bambini, toccò il capo di Wezen, mi mise i brividi addosso: se voleva il potere delle Terre, il Signore Oscuro non poteva rischiare la vita dei miei figli, non sapendo chi di loro sarebbe stato utile alla sua causa, ma… Con il tradimento di Emerson, Milord forse aveva saputo che Adhara non era come gli altri... Wezen iniziò a piangere, Kenneth guardò Malfoy, lui annuì, prese il bambino, mi liberò le mani, mi ordinò di farlo smettere: Adhara, come temevo, restò stretta tra le braccia di Emerson. Abbracciai Wezen, cercai di tranquillizzarlo, era spaventato dal mio volto tumefatto, ma io gli ripetevo che era solo “bua”, che non era successo niente alla mamma, gli davo dei baci, gli accarezzavo la testa, gli strappavo un sorriso con le voci strane che gli piacevano tanto, pregando gli dei, tra me, che tutto finisse presto, e riuscissi a convincerlo che era stato solo un brutto sogno. Far tacere, in me, la paura e il furore per le sorti di Adhara, invece, non era altrettanto facile.

    “Per evitare pericolose tentazioni, ordina all'Elfa di smaterializzarsi fuori da qui, avanti!”
    “Che cosa? Sei forse pazzo? Kreya correrebbe da Alshain a dirgli cosa ci state facendo…”
    “Grazie delle premure, ma no... non devi preoccuparti per noi, non corriamo alcun rischio!”

Li fissai, stavano ghignando; l'Elfa chinò il capo, tremante, poi tornò a guardarmi, sconvolgendomi: non era per se stessa o per i bambini che aveva paura… era per me, solo per me. Quella era una prova, la prima, malefica prova, ed io, per i miei figli, non potevo fallirla! Qualsiasi cosa ci fosse davanti a me, qualsiasi fossero le loro richieste, le loro intenzioni, dovevo sacrificare tutto, le mie convinzioni e me stessa, accettando dolore, umiliazione, vergogna, o ne avrei pagato le conseguenze, nel modo peggiore per una madre: con la vita della mia bambina.

    “Kreya... ”

La voce mi morì in gola, cercai di continuare, ma si spezzò di nuovo, le lacrime trattenute a stento, il dolore lancinante, l'occhio che si gonfiava, il sapore del sangue, la nausea che aumentava.

    “Kreya... smaterializzati a Nocturne Alley... ho una lista lì, sul tavolino, vicino alla porta... ”

Kreya annuì, mi diede le spalle, esitante, si allontanò lentamente, io chinai il capo perché mio figlio non mi vedesse piangere, continuava a essere spaventato dalla figura massiccia di Abraxas, non l'aveva mai sopportato, e ora mi si attaccava alla gonna in cerca di protezione.

    “Alza la testa, e guarda... devi capire perché non è saggio allontanarsi da questa stanza... ”

Maledii Abraxas dentro di me, abbracciai forte Wezen, perché non vedesse, qualsiasi cosa stesse per accadere, ringraziando gli dei che almeno Adhara fosse ancora troppo piccola, per capire. Appena Kreya prese la lista e provò a varcare la porta, vidi che, da quando i bambini ci avevano raggiunti, era stata attivata una qualche Magia del Nord che attraversava la casa, simile a una calotta di vetro: eravamo prigionieri in quella stanza, stupidi pesci intrappolati in una bolla, chi avesse cercato di materializzarsi dall'esterno sarebbe stato incapace di passare la porta e salvarci. Stavo pensando che Alshain sarebbe impazzito non potendoci raggiungere, quando quella specie di calotta impalpabile smise di essere una semplice barriera passiva, ma respinse con violenza Kreya gettandola a terra, attraverso un getto di energia simile a una fiammata; io urlai, colta di sorpresa, spaventata dal lampo di luce e dal grido di dolore della piccola creatura. L'Elfa si rimise in piedi dopo lo stordimento iniziale, tentò di smaterializzarsi dalla stanza, decisa a rispettare i miei ordini: la scarica di energia fu una fiammata di fuoco vero, che la respinse di nuovo, ancora con più forza, bruciandole la tunica che aveva addosso e ustionandole la pelle. Provai a ritrattare l'ordine, ma Emerson puntò la bacchetta contro mia figlia, perché tacessi. Kreya tentò e ritentò, la fiammata diventava ogni volta più violenta, il colore, dall'argenteo iniziale si faceva via via più fosco, segno che stava assorbendo tutta la sua energia vitale: alla fine, dopo un attimo di tregua in cui m'illusi che fosse finita, le fiamme si attorcigliarono sul piccolo corpicino, lo levarono in alto, in sospeso a mezz'aria, per minuti che parvero eterni, e il silenzio attorno a me risuonò delle sue urla strazianti di dolore e del pianto spaventato dei miei figli. Poco per volta, tutte le energie dell'Elfa furono prosciugate nel tentativo di obbedirmi e resistere a quel maleficio, finché, come una falena dalle ali bruciate, Kreya cadde a terra… esanime.

    “Ha funzionato alla perfezione, Emerson! Milord sarà entusiasta del tuo nuovo incantesimo!”

Mi alzai, Abraxas mi permise di avvicinarmi, perché mi rendessi conto della realtà.
Ero una Strega purosangue, mi avevano insegnato cosa fosse giusto, cosa fosse importante, mi avevano detto che un Elfo era solo uno degli oggetti della casa, utile a facilitarci la vita. Quando mi ero innamorata di Alshain, però, quando avevo iniziato a vivere la mia vita accanto a lui, in quella casa, avevo condiviso il suo modo di vedere il mondo, avevo capito che la gentilezza dava più frutti delle vessazioni, e soprattutto avevo scoperto di voler agire così, perché quello era secondo me l'unico modo di comportarsi, nonostante tutti gli insegnamenti ricevuti. Ero cambiata giorno per giorno, senza accorgermene, finché una mattina di aprile di tanti anni prima, Kreya era entrata nella stanza d'ospedale, in cui giacevo disperata, per dirmi per prima, felice, che Mirzam era fuori pericolo: la consapevolezza mi aveva travolto in quel preciso istante. Provavo affetto verso quella piccola Elfa, un sentimento strano, inconsueto, incomprensibile, addirittura proibito a quelli come noi, tanto che ebbi paura di parlarne persino ad Alshain. Avevo iniziato a osservarla con attenzione, comprendendo che la mia non era pazzia, era tutto vero, quell'esserino era dotato di sentimenti propri, dai suoi piccoli gesti capivo che la sua devozione non era dovuta solo al fatto che “gli Elfi sono nati per servirci, quello è l'unico scopo della loro miserevole vita”, ma era determinata da una luce viva, umana, che le scaldava il cuore. Io, una Strega, volevo bene a lei, un'Elfa: persino tra i Gryffindors non era facile trovare qualcuno che si arrischiasse a fare dichiarazioni simili, eppure non avevo dubbi su ciò che provavo.

    E adesso, di quell'affetto, di quell'amore, cos'è rimasto? Solo un misero corpicino privo di vita, dilaniato dalle fiamme e il mio dolore.

Non riuscii a evitare le lacrime, strinsi quella creatura a me, svelando troppo di quel sentimento, maledii Abraxas, Emerson, la loro crudeltà, la loro follia, il Signore Oscuro stesso. La Cruciatus di Kenneth mi colpì alle spalle, di sorpresa: il fiato mi si pietrificò in gola, il sangue ribollì come volesse esplodermi via insieme al cuore, lame infuocate mi percorsero togliendomi ogni forza, ogni ricordo, ogni barlume di ragione, persino la consapevolezza di me. Mi ritrovai a terra, ai suoi piedi, un tempo indefinito dopo, tremante, le scosse di dolore che mi straziavano ancora, il viso inondato di lacrime, gli occhi velati che vedevano a stento Kreya poco distante da me, mio figlio che piangeva sul divano, Abraxas che incombeva sulla mia bambina.

    “Credo di aver visto male… le brave Streghe non piangono per gli Elfi... dico bene, Deidra?”

Riuscii solo ad annuire alle parole di Emerson, priva di forze, dolorante, spaventata. Tutti i suoni e i colori mi avevano abbandonato, credevo di muovermi in un vuoto privo di vita: il mio mondo era finito, bruciato da quei folli come il quadro dei Meyer, il mio mondo fatto di luce, libertà, verità, amore aveva lasciato il posto al buio della paura, del dolore, del tradimento. Sapevo da tempo che attorno a me era in atto una guerra, ma fino a quel momento, nonostante tutto, nonostante persino la notte di Herrengton, avevo vissuto in una favola, lontano dalla vita vera, accanto ai miei figli, ai miei amici, al mio uomo, protetta dal loro amore. Ora mi rendevo conto che il mondo fatto di belve pronte a dilaniare gli innocenti non era disgiunto da me, era entrato nella mia vita, aveva dissacrato il nido in cui era nata la mia famiglia. Ero in ginocchio, come la mia casa, come l’Elfa morta, sola, ferita, confusa, vinta. Abraxas mi afferrò per un braccio, mi rimise in piedi, puntò la bacchetta su di me ed io invece di reagire, chinai la testa, terrorizzata: sentii la Magia avvilupparmi il corpo, coperta morbida e calda, il dolore sciogliersi fino a sparire, le ferite ricomporsi, mentre tremavo ancora di più.
   
    “Kenneth toglierà questo incantesimo appena avrò finito con te: rispondimi con sincerità e tutto finirà bene, fammi perdere tempo e Doimòs passerà da quella porta, con tua figlia in braccio! Senza Rune, Adhara non conta niente per Habarcat! Quindi non conta niente per noi! È tutto chiaro?”

Annuii, tremante, incapace di parlare: la mente urlava d’orrore pensando a che cosa sarebbe accaduto se Alshain fosse ritornato e avesse cercato di attraversare quella bolla di Magia Oscura, o cosa avrebbe fatto Abraxas quando avesse compreso che non avevo risposte utili a Milord.

    “Ricordi di aver sentito parlare tuo figlio e MacPherson di un luogo preciso, o di un piano?… ”

Negai con la testa, lentamente, rivolgendo uno sguardo pieno di disgusto a Emerson: aveva creato lui l’incantesimo, aveva parlato lui della mia bambina a quei bastardi, era stato lui a tradirci. Non avrei permesso che mio marito e mia figlia cadessero lì, morti, ai suoi piedi.



*continua*



NdA:
Ciao a tutti, tanto per iniziare ringrazio per le letture, i commenti, le aggiunte ai preferiti, ecc ecc... Spero di non avervi deluso troppo per eccesso di buonismo, anche perché… siamo solo all’inizio… inoltre le violenze psicologiche, quale possono essere le minacce e le pressioni che subisce Deidra in questo capitolo, non credo siano meno pesanti di maltrattamenti e ferite fisiche; spesso i Mangiamorte sono rappresentati come dei poveri diavoli in fondo incompresi... spero che con questo capitolo si sia capito cosa penso di questi due "simpaticissimi" gentleman! Quanto alla prima parte, beh, un chiarimento tra Alshain e Orion era ormai doveroso, prossimamente capirete anche meglio perché. A presto.

Valeria



Scheda
Immagine: non ho idea dell'origine di quest'immagine, che ho sul pc da almeno tre anni, se qualcuno dovesse trovare la fonte, copia-ncollerò qui il link
  
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