Rientrata a casa somigliavo più ad uno zombie di Thriller che ad una ragazza sulla ventina.
Il mascara e la matita si erano sbavati a tal punto che per poco non mi si prendeva anche per un fantasma ed i miei occhi erano così arrossati e gonfi da essere paragonabili a due palline da golf.
Mi avviai seccata e frustrata verso la cucina. Avevo bisogno di bere un bicchiere d’acqua fresca.
Inaspettatamente incontrai, lungo il cammino, mia sorella che, vedendomi in quello stato pietoso, rimase di sasso.
Inutile dire che le sue congetture mentali al momento vagliassero interrogativi illogici.
Infatti il suo non era un normale sbigottimento, c’era un che di diverso, che al momento mi era impossibile da definire, nella sua espressione.
Evidentemente aveva già la soluzione al quesito in mano.
A tormentarmi, però, un dubbio:
avrei io confermato le sue ipotesi o mantenuto, incurante, il silenzio?
Alla fine non avevo molta voglia di parlare o sfogarmi.
Eppure riconoscevo, che in questo caso, trattandosi di mia sorella avessi potuto renderla partecipe di ciò che stavo vivendo, di quell’esperienza che mi stava letteralmente lacerando.
Dopotutto, voleva solamente essermi d’ausilio.
Ero talmente assorta nei miei pensieri da non rendermi conto che mi stesse chiamando.
-Ehi! Ehi! Ci sei? Ce la fai? Sei connessa? Terra chiama Eloise!-sbottò lei.
-Scusami!- dissi ridestandomi.
-Si può sapere che hai?- mi chiese con tono quasi supplichevole.
In quel momento mi rivenne in mente la scena. Lui mano per la mano con la tizia.
Ripresi a piangere ancora.
Mia sorella preoccupata e atterrita allo stesso tempo mi si scaglio completamente addosso stringendomi forte a se.
-lu…lu… -Blaterai. Ma era un qualcosa che non avrei saputo decifrare nemmeno io.
-Shh. Calmati ora. Va tutto bene, tesoro.- Disse lei, teneramente.
-Andiamo a sdraiarci in camera. Ti va? Quando te la sentirai potrai raccontarmi cosa ti sia capitato. Sappi che io sarò lì ad ascoltarti attentamente quando avrai bisogno.-continuò.
Annui debolmente.
Mi portò così di sopra e mi mise a letto come si fa con le bambine. Mi coprì con le coperte ed iniziò a canticchiare qualcosa di molto soft.
Mi addormentai.
Durante il mio sonni veglia voci sconnesse colpirono il mio udito.
-Che ci fai tu qui e soprattutto cosa vuoi?
-Dov’è Eloise?
-Non credo debba importarti.
-Si invece. Dimmi dov’è.
-Te lo ripeto per l’ultima volta Charlie. Vattene subito via o ti faccio arrivare io fino alla macchina a calci nel sedere.
Charlie?
-Ma tu. Tu non puoi. Fammi entrare.
-Charlie. Non mi fare arrabbiare.
-Lascia almeno che ti spieghi, che le spieghi.
-Lo farai un altro giorno. Ma oggi, lascia me e mia sorella in pace.
Poi uno sbattimento di porta. Un sospiro triste ed il buio totale. Ero nuovamente caduta fra le braccia di morfeo.
Il mascara e la matita si erano sbavati a tal punto che per poco non mi si prendeva anche per un fantasma ed i miei occhi erano così arrossati e gonfi da essere paragonabili a due palline da golf.
Mi avviai seccata e frustrata verso la cucina. Avevo bisogno di bere un bicchiere d’acqua fresca.
Inaspettatamente incontrai, lungo il cammino, mia sorella che, vedendomi in quello stato pietoso, rimase di sasso.
Inutile dire che le sue congetture mentali al momento vagliassero interrogativi illogici.
Infatti il suo non era un normale sbigottimento, c’era un che di diverso, che al momento mi era impossibile da definire, nella sua espressione.
Evidentemente aveva già la soluzione al quesito in mano.
A tormentarmi, però, un dubbio:
avrei io confermato le sue ipotesi o mantenuto, incurante, il silenzio?
Alla fine non avevo molta voglia di parlare o sfogarmi.
Eppure riconoscevo, che in questo caso, trattandosi di mia sorella avessi potuto renderla partecipe di ciò che stavo vivendo, di quell’esperienza che mi stava letteralmente lacerando.
Dopotutto, voleva solamente essermi d’ausilio.
Ero talmente assorta nei miei pensieri da non rendermi conto che mi stesse chiamando.
-Ehi! Ehi! Ci sei? Ce la fai? Sei connessa? Terra chiama Eloise!-sbottò lei.
-Scusami!- dissi ridestandomi.
-Si può sapere che hai?- mi chiese con tono quasi supplichevole.
In quel momento mi rivenne in mente la scena. Lui mano per la mano con la tizia.
Ripresi a piangere ancora.
Mia sorella preoccupata e atterrita allo stesso tempo mi si scaglio completamente addosso stringendomi forte a se.
-lu…lu… -Blaterai. Ma era un qualcosa che non avrei saputo decifrare nemmeno io.
-Shh. Calmati ora. Va tutto bene, tesoro.- Disse lei, teneramente.
-Andiamo a sdraiarci in camera. Ti va? Quando te la sentirai potrai raccontarmi cosa ti sia capitato. Sappi che io sarò lì ad ascoltarti attentamente quando avrai bisogno.-continuò.
Annui debolmente.
Mi portò così di sopra e mi mise a letto come si fa con le bambine. Mi coprì con le coperte ed iniziò a canticchiare qualcosa di molto soft.
Mi addormentai.
Durante il mio sonni veglia voci sconnesse colpirono il mio udito.
-Che ci fai tu qui e soprattutto cosa vuoi?
-Dov’è Eloise?
-Non credo debba importarti.
-Si invece. Dimmi dov’è.
-Te lo ripeto per l’ultima volta Charlie. Vattene subito via o ti faccio arrivare io fino alla macchina a calci nel sedere.
Charlie?
-Ma tu. Tu non puoi. Fammi entrare.
-Charlie. Non mi fare arrabbiare.
-Lascia almeno che ti spieghi, che le spieghi.
-Lo farai un altro giorno. Ma oggi, lascia me e mia sorella in pace.
Poi uno sbattimento di porta. Un sospiro triste ed il buio totale. Ero nuovamente caduta fra le braccia di morfeo.