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Autore: Black ashes    25/03/2012    2 recensioni
Sophie: diciassette anni, capelli rossi, occhi color cielo e vita normale. Scuola normale, casa normale, famiglia normale, fidanzato normale.
Il diciannovenne Jack è, invece, il contrario: è sempre stato anormale, è sempre stato diverso. La sua è una vita nomade, totalmente inadatta ai deboli, ai fragili.
Infanzia piena di tristezza, di dolore, di lacrime.
Tutti hanno sempre visto Jack come quello diverso, così lui ne ha fatto un lavoro, uno stile di vita.
Jack ha sempre colpito la gente, ma questa ragazza ne sarà colpita in modo diverso.
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.


Finii di fare colazione e uscii nel giardinetto sul retro.
Era una giornata di sole, ma sapevo che non sarebbe durata molto: il cielo s'incupiva di nuvole grigie verso est.
L'aria era frizzantina, mi scompigliava i capelli rossi davanti agli occhi.
Presi il cellulare e entrai nella Rubrica, selezionando Kirk. Premetti il tasto verde e attesi.
«Pronto?» Domandò la familiare voce calda e profonda di Kirk, dopo tre squilli.
«Ciao» Risposi io, aggiunstandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Ehi, che c'è?» Potevo immaginare benissimo i suoi occhi azzurri vagare irrequieti nel nulla, ascoltandomi.
«Niente, c'è una specie di problema per oggi.»
«Spara.» Lo vidi passarsi una mano fra i capelli color grano e mordersi il labbro inferiore con sguardo attento.
Sbuffai. «Devo accompagnare mia sorella al circo.»
«Perfetto, vi porto io.» Rispose prontamente. «Fra quanto?» S'informò.
«Due ore...» Risposi, leggermente stordita. Il vento si alzò più forte e più freddo, trascinando le nuvole nere sempre più vicine.
«Sei sicuro di poter venire? Guarda che se c'è qualche problema...»
«Non preoccuparti tu. Starò con te e tu starai con tua sorella. Due piccioni con una fava. Ci vediamo fra un'ora e... cinquanta?»
«Sì, emh, va bene.»
«A dopo allora. Tuu. Tuu. Tuu.» Aveva chiuso la telefonata.
Premetti anch'io il tasto rosso e corsi in casa.
Mamma si affacciò dalla cucina con una tazzina insaponata in mano. «Chi hai chiamato tesoro?»
«Un amico. Ci accompagna lui. Vado a farmi una doccia.» Risposi brevemente, prima di scomparire su per le scale.
Feci la doccia e asciugai i capelli. Mancava ancora un'ora.
Infilai una maglietta nera dei Nirvana e un paio di jeans. Un filo di matita nera nell'interno palpebra e un po' di mascara sulle ciglia, poi scesi a piedi scalzi mentre mamma usciva stampando un bacio in testa a Meg. «Vado a lavorare. I soldi sono sul tavolo in cucina e...»
«E state attente ai tipi strani che cercano di avvicinarvi.» Completai io a memoria.
Mamma si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. «Stavo per dire 'e saluta Kirk da parte mia', ma va bene anche quello.» Mi rivolse un occhiolino e uscì.
Sesto senso di mamma: lo odiavo.
Meg accese la televisione e la sintonizzò subito su uno di quei canali dove trasmettono tutto il giorno cose come 'Dora l'esploratrice' e 'I Barbapapà', così non trovando di meglio da fare uscii in terrazza con I Pilastri Della Terra di Ken Follett. M'immersi nella lettura fino a quando Meg non arrivò. «E' arrivato il tuo moroso.»
Gettai uno sguardo giù in strada e vidi la macchina di Kirk parcheggiata davanti al cancello. La sua testa bionda sembrava a metà fra il divertito e lo scocciato mentre aspettava che aprissimo. Saltai in piedi. «Tu non dovresti sapere che è il mio moroso.»
Corsi giù e aprii a Kirk, poi afferrai le Converse nere e me ne infilai una in fretta. Mentre infilavo anche l'altra, Kirk entrò. «A quanto pare sono un tipo strano che tenta di avvicinarvi.» Si sedette sul divano accanto a me.
Guardai Meg che scendeva dalle scale. «Meg, lo conosci da quando sei nata. Perchè non gli hai aperto?»
«Perchè non sapevo che doveva entrare.» Rispose lei, facendomi la linguaccia.
«Sì certo, come no.» Mormorai, poi mi alzai e presi il portafoglio, infilandoci i soldi che mamma aveva lasciato in cucina.
«Pronte?» Domandò Kirk, guardandoci.
«Pronte.» Confermai stancamente.
Meg saltellò entusiasta fino all'auto, salendo dietro.
Kirk tentò di baciarmi mentre mi voltavo dopo aver chiuso la porta, ma io lo schivai e gli diedi un calcio lieve al ginocchio. «Idiota.»
Salii al posto del passeggero davanti mentre il ragazzo ridacchiava e accendeva l'auto.
«Ascolti ancora i Nirvana?» Domandò, gettando un'occhiata veloce alla mia maglietta mentre imboccava la strada.
«Sempre e per sempre.» Risposi, come se fosse ovvio.
«Dai, sono superati!» Esclamò lui, mentre Meg dietro iniziava a cantare.
Gli tirai un pugno sulla spalla. «Taci, idiota.»
«E' la verità.» Rispose, cambiando marcia e alzando le spalle.
«Col cavolo che è la verità.» Sbuffai.
«Ok, ok, hai ragione tu, non mi picchiare.» Sollevò le sopracciglia.
Dopo una decina di minuti eravamo al parcheggio.
Scesi e aprii la portiera di Meg, che mi stritolò la mano tenendola fra le sue.
«Dovrebbe essere la biglietteria.» Dissi, indicando con il mento una specie di casetta di circa un paio di metri quadrati di ferro dipinto d'azzurro scrostato e arrugginito.
Non c'era fila, e dentro stava solo una vecchia pesantemente truccata con una sigaretta stretta fra le labbra mollicce. Mentre ci avvicinavamo, arrivò qualcuno.
Qualcuno di molto attraente.
Portava un giubbotto di pelle nera in stile anni '70, aperto sulla maglietta bianca.
I capelli neri scompigliati contrastavano pesantemente con la pelle color avorio.
Parlò un po' con la vecchia, che alla fine se ne andò lasciandogli il posto alla biglietteria.
Quando arrivammo davanti a lui, Meg mi saltò sul braccio. «Chiedigli dov'è l'angelo! Chiedigli dov'è l'angelo!» Ordinò, eccitata.
Il ragazzò sorrise. «L'angelo?»
Meg si paralizzò all'istante quando lui la guardò, e corse dietro di me.
«L'angelo è il penultimo.» Continuò lui, mentre staccava tre biglietti. «E' il più bravo di tutti.»
Porse a Kirk il resto e i biglietti. «Buon divertimento.» Augurò, guardando il ragazzo biondo di fianco a me.
Poi, finalmente, posò lo sguardo su di me, trafiggendomi con occhi di un verde impossibile. «Bella maglietta.» Disse, indicandola.
«Grazie.» Risposi, mezza stordita.
«Ma adesso dov'è l'angelo?» Domandò Meg, recuperando un po' di coraggio.
Il ragazzo la guardò sorridendo. «Come ti chiami?»
«Meg.» Rispose lei.
«Vedi, Meg, l'angelo è strano. Non è neppure un angelo, ha solo un paio di ali. Sarà qui in giro, come al solito.» Si guardò attorno.
«Come si chiama il ragazzo con le ali?» Domandò Meg, affascinata.
«Jack.» Rispose lui.
«Ora dobbiamo andare.» Kirk salutò freddamente il ragazzo dagli occhi verdi.
Presi per mano Meg e ci avviammo verso il tendone, poi lei ad un certo punto si voltò verso la biglietteria. «E tu come ti chiami?» Urlò al ragazzo.
Lui si voltò e le sorrise. «Jack.»
  
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