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Autore: _Arya    25/03/2012    4 recensioni
Un giorno un uomo, vedendo un amico fuggire dall’amore, decise di rivolgerli queste parole: " Anche all’uomo più freddo e privo di emozione può capitare di vacillare sotto gli effetti dell’amore.
Tu non sei diverso solo perché sei un vampiro, perché prima di ogni cosa sei un uomo e non importa cosa o quali decisioni tu abbia preso nei confronti dell’amore.
Presto scoprirai che il tuo più forte e peggior nemico lo devi ancora incontrare. Sai di chi o di cosa si tratta?
Sono i tuoi sentimenti, i tuoi reali sentimenti.
Per quanto ancora scapperai?
Credo sia arrivato il momento di affrontali, amico, con le buone o con le cattive."
L’amico rimase impassibile sotto il reale significato di quelle frasi. Come ogni cosa lasciò che li scivolassero di dosso, senza prestarli importanza.
Lui non avrebbe fatto niente. Avrebbe continuato a vivere la sua vita come aveva sempre fatto nascondendo il suo amore alla donna che amava. Avrebbe ignorato lei e ciò che lui provava ogni volta che la vedeva.
La sera seguente la vita di quest’ultimo subì un profondo sconvolgimento.
Da quella sera la sua vita non fu più la stessa .
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Svolta

 


 

 
Intorno a me ogni cosa rifletteva le ore più scure della notte. In contrasto con il mio umore nero, l’aria era calda e in essa persisteva il sapore delle notti più calde d’estate.
Mi sembrava fossero passati giorni da quando avevo lasciato la casa di Bonnie, dove per qualche minuto tutto l’universo si era raccolto esponendomi alle sue intemperie. Esitavo pensare o solo minimamente immaginare cosa potesse essere accaduto una volta lasciata la mia streghetta in compagnia di Mutt. Non osavo.
L’avrei ancora potuta chiamare “la mia streghetta” dopo quella sera?
Scossi la testa e mi avviai, immerso in quei miei strani pensieri, lungo il vicolo illuminato solo dalla luce di alcuni lampioni.
<< Dove stai andando? >>
La voce di Maya mi giunse come una calda brezza estiva.
Maya, quella ragazza dagli occhi incredibilmente verdi e sensuali che per un attimo mi era sembrata una possibile e ottima distrazione, aveva solo peggiorato la situazione.
Tenendo il mio passo, mi raggiunse e mi prese per un braccio costringendomi a girare.
Nel momento in cui posai i miei occhi infuocati su di lei, vidi sbriciolarsi quel finto sguardo di sicurezza e determinazione che poco prima mi aveva trasmesso. Quei due occhi puntati a terra e i capelli color dell’onice che le nascondevano parte del volto, eclissarono ogni sua azione, facendo morire qualunque domanda o richiesta imminente che avrebbe avanzato.

Non ero intenzionato ad assecondarla, ad ascoltarla o anche solo a preoccuparmi per lei. Non mi interessava cosa le sarebbe successo.
Qualcosa si era spezzato quella sera, cadendo e rompendosi.
Poco prima qualcuno aveva calpestato quei cocci andati in mille pezzi e anche quella voglia di ricercare una qualche via di fuga dal presente, si assopì in me.
Mi ero arreso.
Se avessi guardato dentro di me anche solo un secondo, vi avrei scorto un infinito deserto, arido e desolato.
Senza proferire alcuna parola, lanciai un’ultima occhiata a quella ragazza e dandole le spalle, continuai a percorrere quella via buia e isolata.
Mi sentì afferrare nuovamente la camicia e lei, Maya, mi girò con decisione. Prima di poterle urlare addosso di sparire, due labbra morbide e delicate si posarono sulle mie. Immediatamente la mia bocca rispose a quell’input improvviso, assaporandole e assaggiandole.
Strinsi quel corpo al mio e accarezzai la sua pelle soffice e morbida al tatto. Un flash improvviso e un desiderio incontrollabile di stringere una sola persona tra le mie braccia, mi fece allontanare bruscamente.
<< Scusa, non volevo >>, disse May.
Scossi la testa disorientato.
Non era lei che volevo in quel momento, né il suo sangue.
Questa consapevolezza arrivò chiara e forte nella mia testa, annullando quella tregua dal mio mondo. Niente mi avrebbe regalato o concesso un po’ di quella pace che desideravo. Niente avrebbe fatto cessare quest’assurda agonia. Né Maya né nessun’altra ragazza, eccetto una.
Lei…lei non era mia. Non lo era mia stata.
Lei…ma quale delle due?
Un volto dagli occhi azzurri si confondeva paurosamente ad uno a forma di cuore circondato da perfetti boccoli rossi.
In quel momento mi sentì come se fossi sballottolato da una parte all’altra, come se ciascuna di quelle due fazioni stesse lottando contro l’altra per, alla fine, riuscire a farmi suo.
Sentivo il richiamo della notte e del sangue umano, quel desiderio di assaggiare e approfittarmi di quella ragazza per sentirmi e provare a me stesso che ancora potevo essere quel vampiro sanguinario che generazioni addietro avevano conosciuto. Sentivo come quell’eccitante mistero che rappresentava Elena, premeva dentro di me, evocando antiche sensazioni e baci ardenti di passione e desiderio, dove ognuno di essi agli occhi di estranei era qualcosa di proibito. In fondo al mio cuore immobile e fermo, avvertivo il dolce calore di un profondo legame che, se lo avessi seguito, mi avrebbe portato da Bonnie, l’unica ragazza che mi aveva cambiato davvero e radicalmente, benché non lo volesse e non ne fosse consapevole.
Nella confusione dei miei pensieri, sfiorai il collo di Maya e le scostai i capelli portandoli dietro le spalle. Mi chinai verso di lei, regalandoli una carezza, un bacio a fior di labbra. Percorsi con esse la strada che portarono la mia bocca alla sua gola. Le dischiusi, mentre sentivo i battiti del suo cuore accelerare e aumentare così il circolo del sangue nelle vene.
Un brivido la colse.
Sapevo quale sarebbe stata la scena successiva di questo orrendo copione. Avrei interpretato quella parte che mi fu assegnata, ancora.
Sentivo la fame bruciarmi dentro. Il mostro spingermi nell’affondare i canini nella giugulare di quella ragazza. Osservando quello strato sottilissimo di pelle, mi sembrava quasi di vedere lo scorrere del sangue, della vita sotto di essa.
Posai le mie labbra sul collo e avvertì il suo calore.
Sentì come quella ragazza si lasciò andare, inclinando prima il collo e poi afferrandomi i capelli, richiudere le sue dita e stringerli in una morsa.
Non ci sarebbe stata anima o vita che sarebbe riuscita a placare rabbia o desideri.
Il suo profumo invitante mi inebriava i sensi e, se mi fossi anche solo accontentato, mi poteva anche bastare, eppure quell’aroma era un imperterrito provocatore del predatore che era in me.
Il richiamo del sangue, andava oltre il mio autocontrollo quella sera.
Lui da una parte, il pensiero di Elena e di Bonnie dall’altra.
Sentì i canini allungarsi e senza che me ne rendessi conto, quelle due punte affilate tra non molto avrebbero lasciato due piccoli forellini da dove sarebbe uscito quel sangue bramato da tempo.
Mentre quel solito rito si avviava alla conclusone, sentì uno schiocco e successivamente un ronzio pervadere l’aria.
All'istante una spaccatura, dalla quale si dilaniò un dolore scandito da piccole scosse derivanti dalla spalla sinistra, mi pervase il corpo. Odorai il profumo del sangue e ad esso reagì guardando il collo di Maya alla ricerca di due forellini perfetti. Con mia sorpresa, questo era liscio, roseo, senza alcuna ferita dalla quale fuoriusciva del sangue.
Una vertigine improvvisa mi colse, annebbiandomi la vista. Le gambe mi cedettero per un secondo e mi accasciai  sulla ragazza.
Il mondo incominciò a muoversi e a capovolgersi, per poi ritornare nell’esatta posizione e un secondo dopo cambiarla di nuovo.
<< C-cosa…? >>
Sentì la voce di Maya tremare e lontana.
<< Prova anche solo a sfiorarla e la prossima volta punterò al cuore, sporca sanguisuga >>, disse una voce, la stessa dell’uomo con l’accendo dell’est Europa.
Avvertì due braccia circondarmi per sorreggermi e sostenermi.
<< Cosa vuoi Tj? Perché lo hai colpito? >>
<< Allontanati Maya, lui non è quello che sembra. >>
<< Non mi interessa cosa sia, voglio solo che ci lasci in pace >>, rispose Maya con tono minaccioso.
Dei passi pesanti si mossero verso di noi e una forte pressione all’addome mi conficcò quello che avevo capito essere un paletto di legno. La stessa forza fece pressione su di esso, lasciando che la punta del paletto scavasse nella mia carne.
Non so se urlai.
Mi sentivo disorientato, come mai prima di allora.
Era come se mio corpo fosse entrato in circolo un qualche veleno che mi rendeva incapace di reagire.
Qualcosa mi impediva di ribellarmi a quello stupido ragazzo che mi aveva distratto per la seconda volta in una sera dai miei affari.
Qualcosa che avvertivo provenire da dento. Qualcosa di ben più potente di me e questo, questo mi faceva paura.
Parole al vento, strattoni e un nuovo dolore proveniente dal petto.
I miei sensi si azzerarono di colpo.
Per la prima volta in cinquecento anni, sentì la necessita di abbandonarmi al nulla ed infine, come una morte preannunciata da tempo, vi caddi dentro.
Il mondo, quella notte, improvvisamente aveva preso a tremare. Sotto quelle scosse di terrore, cercavo disperatamente un riparo, un qualche rifugio da quella paura. Quel terreno, così arido e spoglio sotto i miei piedi, aveva iniziato a dare segni di cedimento, minacciando di far sprofondare il mio mondo delle viscere della terra. Ero pietrificato dalla paura, dalla consapevolezza che fosse tutto reale e che niente mi avrebbe salvato, neanche il cielo blu della notte con ogni sua più piccola stella a punteggiarlo di luce iridescente.
Anche loro ad un tratto sembrava si fossero alleati con quell’estranea entità terrena.
Alla fine quei lampi, quei tuoni, quelle nuvole grigie di tempesta sospese nel cielo, erano riuscite a scaraventarmi su quel suolo privo di vita.
Alla fine mi ero arreso anche a loro ed ero caduto, crollato, schiacciato, soffocato dal mio mondo.
Ed infine ero sprofondato in una di quelle crepe che spaccavano la terra in piccole isole aride e adesso mi ritrovavo ad affrontare me stesso.
In quello strano stato di incoscienza, ormai non sentivo più quei pensieri così rumorosi, così numerosi, scorrermi in testa mischiarsi pericolosamente alla realtà.
Sapevo che in quella sera c’era qualcosa di strano.
Da quando avevo lasciato la casa di Bonnie, avvertivo una strana entità attrarmi verso di se. Tra tutti quei pensieri e novità inaspettate, nella mia testa c’era un dannatissima vocina che da secoli tenevo lontana.
Era questa che cercava di attirarmi.
Quella sera era riuscita ad avere la meglio su di me e a catapultarmi dentro di me, dove non c’erano vie di fuga, né scappatoie.
<< E’ strano come le nostre azioni possano mettere in moto il corso delle cose, Damon. >>
Una voce, una voce che mi suonava tremendamente familiare, arrivò alle mie spalle. Temevo di scoprire chi fosse. Temevo che ogni mia più grande paura fosse lì, a pochi passi da me. Temevo che il tempo per nascondermi da me stesso, fosse finito.
<< Non siamo mai stati bravi a ragionare sulle conseguenze delle nostre decisioni. >>
Come un bagliore di luce accecante può inondare due occhi accecandoli, uno squarcio di luminosità invase la mia mente e scorsi un bambino dagli occhi neri e capelli corvini rincorrere un bambino dai capelli più chiari e dagli occhi straordinariamente verdi in un giardino infinito.
Quel giardino era il mio mondo e quello di mio fratello, quando eravamo solo dei bambini, quando ancora non immaginavamo a che futuro stessimo andando incontro.
Impietrito, mi voltai e spalancai gli occhi.
Di fronte a me c’era un bambino che nei lineamenti, in quegli occhi neri, mi ricordava me da piccolo.
<< Sono io, infatti >>, disse. << Sono te. >>
La prima cosa che pensai fu: “O sono uscito fuori di testa o ci sto per uscire.”
Quel bambino che affermava di essere me, sorrise.
Il mio stesso sorriso.
Un sorriso e una verità che mi disarmò, mandando in frantumi le mie barriere. Se avessi avuto un cuore che pompava sangue nelle vene, sicuramente in quel preciso istante sarebbe esploso per i troppi battiti.
Intorno a noi ogni cosa era ferma e immersa nel più totale silenzio.
Continuavo a fissare quei due occhi così profondi, che dentro essi nascondevano il mondo, il mio mondo. Loro mi osservavano di rimando, curiosi di catturare ogni mia mossa.
La consapevolezza che difronte a quel ragazzino non potevo indossare una maschera di finta indifferenza, che in qualche modo mi potesse realmente vedere dentro, che conoscesse ogni mio più antico segreto e pensiero nascosto, mi mise a disagio.
Di fronte a me non avevo Stefan che, anche se mi conosceva da sempre, in qualche modo riuscivo ad evitare o a confonderli le idee.
Di fronte a me c’era me stesso.
Questo oltre ad apparirmi strano, mi faceva paura.
Questo voleva dire che sapeva del mio reale affetto per Stefan che nonostante i diverbi passati, rimaneva pur sempre mio fratello. Sapeva di Elena e di quell’amore che aveva in sé qualcosa di sbagliato e ciò lo rendeva solo più eccitante. Sapeva di Bonnie e di quel profondo e inspiegabile legame mi collegava a lei insieme a quella nuova confusione di cui ero diventato vittima.
E io, io non potevo far altro che negare l’evidenza di ogni cosa mi avrebbe detto.
Ma cosa sarebbe servito negare, quando tutte quelle verità sono dette dal tuo stesso riflesso? Un riflesso che sapeva accettare l’evidenza?
Avevo un vago sospetto che Elena in passato fosse riuscita ad arrivare a lui, a parlarci e a conoscerlo, nonostante lo nascondevo a tutti, perché lui era quel mio unico tallone d’Achille che volendo, mi avrebbe potuto annientare.
<< Non è mia intenzione annientarti, ma aiutarti >>, disse e a quelle parole mi sembrò che qualcosa brillasse in quei due occhi. << E’ giunto il momento di lasciarmi andare, Damon e per permettermi questo devi accettare alcune cose. >>
La voce seria di quel bambino, mi fece intendere che non scherzava e che avrebbe fatto di tutto per ottenere, per la prima volta, quel qualcosa.
Non sarei riuscito a fermarlo.
<< Ciò che è accaduto stasera, significa che sei pronto. >>
<< Pronto per cosa? >>, chiesi ancora prima che la domanda si formulasse nella mia mente.
<< Elena non è l’unica che deve fare una scelta, Damon. >>
Quello che sarebbe venuto al seguito di quella frase, non mi piaceva e adesso sentivo quell’ennesimo bisogno di fuggire.
<< E’ inutile, fuggire non ti servirà a niente >>, disse. << Non puoi, non più. >>
<< E questo chi lo dice? >>
<< Io. >>
La determinazione, gli occhi che lanciavano fiamme e la sicurezza che avvertivo, mi fecero allontanare quella maschera di finta arroganza che ero pronto ad indossare.
Il bambino si avvicinò a me.
<< Quello che è successo stasera ti ha scosso parecchio, lo so, lo sento >>, disse. << Ti sei chiesto perché? >>
Non volevo proseguire questo discorso. Non volevo parlare di quello che avevo visto, né di Elena né di Bonnie. Ero in grado di gestire quello che provavo per ciascuna di loro, ero in grado di accettarlo e di andare avanti. Non avevo bisogno di uno strizzacervelli che aveva bruciato tutte le tappe e si era laureato in psicologia in un tempo record.
<< Tutto quello che hai provato questa sera, rabbia, confusione, dolore, tradimento, tutte queste emozioni a noi non nuove, dimostrano che non sei in grado di gestire o accettare tutto questo >>, disse il bambino. << A volte Damon, basta guardarsi dentro, anche solo per un secondo, anche se questo può far paura, per trovare la risposta che tanto cerchi e ti aspetti di trovare chissà dove o che siano gli altri a dartela >>, continuò. << Questi non possono dirti cosa provare. Loro non sanno cosa provi. >>
<< Ah perché tu, invece, lo sai >>, sbottai.
<< Io si >>, replicò all’istante. << Io sono te, ti conosco. >>
Questo era troppo. A mano mano che la paternale del ragazzino continuava, sentivo la rabbia montarmi dentro. Fu un gesto immediato, quanto vano. Mi gettai contro me stesso e cercai di afferrarli il collo, ma nell’istante in cui lo feci, il bambino sparì.
<< A volte Damon, anche i più grandi eroi hanno bisogno di un piccolo aiuto. A volte senza di esso finirebbero per morire o perdere la retta via, senza arrivare al loro obbiettivo >>, disse comparendomi alle spalle. <<  Lascia che ti aiuti. >>
<< Io non ho bisogno del tuo aiuto >>, dissi voltandomi e cercandolo con lo sguardo. << Né ora, né mai. >>
<< Sai per fino tu che non è vero >>, disse scoccandomi un’occhiata che non preannunciava nulla di buono. << Ti sei interessato ad Elena, non solo per danneggiare nostro fratello, ma anche perché in lei rivedevi Katherine. >>
Fu come una secchiata d’acqua gelida buttata in faccia.
Ogni mio tentativo di negare o evitare il discorso, era inutile.
Non potevo fuggire, tantomeno nascondermi.
Lui mi conosceva.
<< Poi, però, quel tuo assurdo piano di sedurla solo per ottenere un nuovo trofeo da mostrare a tuo fratello solo per deriderlo, ti si è ritorto contro >>, disse imperterrito, guardandomi severamente. << Te ne sei innamorato. >>
<< Sta zitto >>, sibilai.
<< Quello che non ti aspettavi, era la piccola Bonnie. >>
<< Io ti uccido. >>
Sentire quelle parole, quelle uniche verità che affollavano la mia mente, dette da me solo più piccolo e a voce alta, mi mandarono in bestia.
Ogni sua singola parola era la verità che nascondevo a me stesso, ma che non potevo negare. In quel luogo a me sconosciuto, era lui che comandava, che riusciva e sapeva come piegarmi al suo volere e rendermi vulnerabile. Mi ritrovai impietrito, ogni mio movimento era sedato dal Potere che possedeva quel bambino.
Dovevo solo ascoltarlo, non mi era permesso altro.
<< E’ lei che ti ha cambiato e benché sia così piccola e fragile, la temi >>, disse e la mia voglia di tapparmi le orecchie e non sentire ciò che stava per dire, straripò. << Lei è riuscita a tirare fuori il vero Damon con una tale facilità che ti fa tutt’ora paura. La temi perché è riuscita a cambiarti e a far riemergere il lato umano che in te è sopravvissuto alla trasformazione in vampiro senza usare minacce, sotterfugi o la forza. Ha semplicemente utilizzato l’arma più micidiale di tutte. Ci è riuscita usando l’amore che prova e sente per te >>, disse il bambino e ogni sua singola parola per me era come un colpo che mi  schiacciava a terra. << La temi perché adesso ti senti tradito e abbandonato dall’unica persona che ha dimostrato di tenere a te, senza metterti in competizione con altri per il primo posto all’interno del suo cuore >>, finì il bambino. << Dici di aver provato l’amore, di provarlo per Elena, allora perché ti nascondi e cerchi di allontanare quei pensieri che parlano dell’unica persona che te lo ha dimostrato realmente, che lo ha dimostrato solo a te e a nessun altro? >>
Mi ritrovai a fissare per terra, annientato da quelle stesse parole che giungevano a me piene di verità e certezza. Quelle parole che cercavo di non formulare nella mia mente.
<< Forse perché hai paura di provare veramente cosa vuol dire essere amati e amare? >>
Il volto di Bonnie, quei momenti che parlavano esclusivamente di noi, mi passarono davanti agli occhi. Le sensazione che provavo quando ce l’avevo vicina mi invasero. Il senso di protezione che avevo nei suoi confronti aumentò.
Elena, così simile a Katherine, ma allo stesso tempo diverse.
Elena per me rappresentava la passione, un desiderio infinito.
Elena per me rappresentava quel dolore che persisteva dentro di me, quando mi metteva da parte solo per Stefan e dopo mi riprendeva quando lui non c’era.
Quello che provavo per Elena era diverso da ciò che provavo per Bonnie, adesso lo sapevo.
Quello che mi legava a ciascuna di loro, era diverso nell’essenza.
Quale delle due amavo realmente?
<< Io la conosco la risposta, Damon >>, disse il bambino, guardandomi.
In quel momento mi sembrò che mi stesse leggendo ancora più in profondità, non nella mia mente, mi sembrò che stesse leggendo all’interno del mio cuore.
<< Sono sicuro che non appena attingerai la forza in quella risposta, capirai cosa vuoi realmente e la otterrai >>, disse sorridendomi. << E’ giunto il momento di dirci addio. >>
Assottigliai gli occhi e prima di parlare, il bambino disse: << Il mio compito qui è finito, sono libero di andare perché tu non hai più bisogno di me. Infondo al tuo cuore c’è la risposta che cerchi, Damon. Adesso tocca a te afferrarla e portarla in superficie per assaporare la vera felicità >>, affermò. << Addio Damon. >>
Inizialmente credevo fossero gli occhi ad essere appannati, ma poi capì che quel bambino, quella parte di me, stava svanendo.
Un’energia disumana mi riportò alla realtà, in quel vicolo isolato e buio.
Grida e urli, parole e minacce, furono le prime cose che avvertì prima di riapre gli occhi. L’asfalto freddo sotto di me, fu la seconda.
<< E’ vivo >>, qualcuno urlò.
<< Questa proprio mi mancava >>, dissi all’improvviso, rialzandomi e  osservando ciascuno dei cinque ragazzi. << Giovani licantropi alle prime armi che si fingono cacciatori di vampiri. >>
I ragazzi si scambiarono un’occhiata e con un cenno d’intesa uno di loro  mi si avventò contro.
Stranamente mi sentivo più leggero, come se qualcosa si fosse sciolto diminuendo il peso di quel macigno ancorato nel mio cuore.
Qualcosa si riaccese dentro me e le parole di quel bambino risuonarono come una mantra nella mia testa. Parole che riaccesero l’istinto della caccia. Prima di incominciare l’ultima lotta con me stesso, dovevo liberarmi di questi pidocchiosi marmocchi.
Misi da parte per un attimo ciò che mi era successo e mi concentrai sui miei avversari.
Un secondo prima che il ragazzo si imbattesse in me, mi scostai di lato dandoli una gomitata alla base del collo. Sentì il suo corpo cadere sulle ginocchia.
<< Oh andiamo, fate sul serio? >>, chiesi agli altri quattro.
Il ragazzo si rialzò e con il paletto che aveva in mano cerò di colpirmi inutilmente.
<< Fate sul serio. >>
Due di loro mi giunsero alle spalle, bloccandomi le braccia e impedendomi di reagire.
<< Non si può dire che voi cinque siate la reincarnazione della correttezza >>, dissi mentre uno di loro mi si avvicinò. << Cinque contro uno non vi sembra un po’ scorretto? >>
<< Chiudi il becco >>, disse una voce che identificai con quella dell’uomo dell’est Europa.
Lo vidi sbucare dall’ombra con a seguito Maya.
Dalla sua giacca nera estrasse una pistola e me la puntò contro.
<< Tj, non farlo >>, disse Maya al limite delle lacrime.
<< Con te faccio i conti dopo >>, disse l’uomo dell’est Europa, lanciando un’occhiataccia alla ragazza.
<< Chissà perché qualcosa mi dice che quella pistola non spara normali proiettili >>, dissi.
<< Voi vampiri avete sempre uno strano senso dell’umorismo. >>
<< Almeno noi ne abbiamo >>, replicai. << Voi licantropi siete sempre musoni. >>
L’umo sorrise.
<< Rimediamo subito allora. >>
Improvvisamente Tj sparò alcuni colpi che finirono incastrati nel mio petto. I proiettili di legno bruciavano come i raggi del sole puntati sulla mia pelle.
Maya urlò. Gli uomini risero.
<< Adesso chi è che è musone? >>, disse uno di loro.
<< Tu sarai il primo a morire. >>
Così dicendo mi ribellai alle catene formate dalle loro braccia e afferrai per il collo uno di loro.
<< Lascialo >>, disse Tj.
Senza ascoltare ciò che mi chiese, affondai i miei denti nel collo del ragazzo, squarciandoli la gola e buttandolo a terra.
Maya urlò, mentre un  ragazzo dell’ormai quartetto si avviò verso il suo amico, chinandosi verso di lui.
<< E’….morto >>, disse lasciandoli il polso.
<< Di solito capita questo dopo che qualcuno provoca un vampiro >>, dissi semplicemente, pulendomi la bocca dal sangue. << E poi sarebbe sicuramente morto di cancro ai polmoni, visto che il sangue sapeva quasi di fumo. Gli ho solo risparmiato inutili sofferenze. >>
<< Ora ti faccio vedere io >>, disse il ragazzo tremando dalla rabbia.
Si alzò di scatto e mi afferrò per la camicia. Senza alcun problema mi liberai della sua stretta e facendolo ritrovare con le spalle al muro, lo fissai negli occhi: << Ti regalerò una morte veloce solo perché ho fretta. >>
Sentì l’osso del collo rompersi e l’uomo esalare il suo ultimo respiro.
Un proiettile di legno mi colpì il braccio.
<< Non ti conviene farmi arrabbiare, ragazzo. >>
A quelle parole risi: << Ci siamo già passati, se non mi sbaglio. >>
Nel momento posai il mio sguardo sul ragazzo che stava al fianco di Tj, lo vidi sbiancare e correre via.
<< Il vostro codice prevede qualcosa per il tradimento? >>, domandai indicando il ragazzo con lo sguardo.
<< Io se fossi in te mi preoccuperei di qualcos’altro >>, disse Tj indicando alle mie spalle.
<< Non ho voglia di giocare con voi >>, dissi riferendomi alle tre presenze che avvertivo alle mie spalle.
<< Ti avevo detto di lasciare stare i miei ragazzi. >>
La voce furibonda di Raul, si avvicinò a me.
<< Dovresti ammaestrare meglio i tuoi cucciolotti, sai? >>, feci notare. << E poi hanno incominciato loro. >>
<< Prendetelo >>, urlò Raul.
Prima che i suoi facessero un primo passo, mi fiondai su Tj.
<< Posso? >>, domandai e senza aspettare una sua risposta, li afferrai la mano con impugno la pistola e sparai ai suoi compagni, che caddero a terra come investiti da un uragano.  
<< Maledetto. >>
Prima che Tj riuscisse a liberarsi della mia stretta, lo portai di fronte a me e sorridendoli, li strappai il cuore.
Crollando di lato, vidi Raul con gli occhi spalancati.
<< Credo che il prossimo sia proprio tu >>, dissi guardandolo negli occhi.
Prima di riuscire ad avvicinarmi a lui, una figura si lanciò contro di me.
<< No! >>
Raul urlò e i pugni di una ragazzina presero a menare colpi sul mio petto.
<< Non osare neanche toccarlo >>, disse.
Le mie azioni furono guidati dal mostro che in quei momenti mi stava dominando. Cercai di fermare quella piccola furia e appena ci riuscì l’afferrai per il collo e la sollevai per guardarla in volto.
Un viso grazioso, dagli occhi marroni e i capelli rossi. Questi non erano ricci, ma lisci.
Fu l’attimo di un istante e la sensazione di stringere in quella morsa il collo di Bonnie, si proiettò di fronte a me.
Scioccato da quell’orrenda sensazione che quel volto di quella ragazza scatenò in me, la lasciai.
Vidi Raul correrle incontro e proteggerla, minacciandomi di morte con ogni mezzo a sua disposizione.
Minacce che non mi arrivarono, perché continuavo ad osservare quella ragazza ansimante cercare protezione e riparo da me. Osservai come afferrò e strinse la mano di Raul appena questo li fu vicino, esattamente come Bonnie faceva con me quando la salvavo da chi la intimidiva.
Appena le ero vicino, sentivo come la sua aurea si sentisse al sicuro, come quando la stringevo si sentiva protetta e si abbandonava affidandosi completamente a me. In quei momenti, mentre percepivo queste ondate di calore dal mio uccellino, sentivo come in me l’orgoglio e la gioia galoppavano felice e libere. Sentivo come provare l’essere importante per qualcuno mi rendesse felice. Quella necessità che lei aveva di me, mi colse in pieno, ricordandomi che il primo nome che invocava quando era in pericolo era il mio.
Chiamandomi ogniqualvolta che ne avesse bisogno, significava forse che credeva in me, che aveva fiducia in me?
“A volte anche i più grandi eroi hanno bisogno di un piccolo aiuto.”
Le parole di quel bambino che aveva vissuto nella mia ombra per secoli mi tornarono alla mente e finalmente capì.
Non so se per Bonnie, io fossi il suo eroe, ma senza ombra di dubbio la mia gattina era quell’aiutante che mi offriva e regalava il suo aiuto senza chiedere nulla in cambio, senza aspettarsi un grazie.
Le era mia e di nessun altro.
L’avrei messo in chiaro.
Senza indugiare oltre, mi trasformai tuffandomi nell’oceano blu identificato con il nome di cielo, diretto dal mio uccellino, la mia gattina, la mia streghetta.
Le era ancora mia, lo sapevo.
 






 
 
L’angolo di Lilydh

 
Ehm no, non mi hanno rapita gli alieni e non sono sparita. ^^
Tra scuola e continue modifiche al capitolo, aggiorno solo ora.
Credo di aver premuto più il tasto “Canc” sulla tastiera in questo periodo, che nel complesso di tempo di quando il mio computer è entrato in mio possesso.
Non riuscivo a trovare quel tassello che permettesse a Damon di guardare in faccia alla realtà e di affrontarla. Poi ho capito che, quando noi siamo alla ricerca di una risposta, perdiamo tempo a cercarla altrove, invece spesso è lì, dentro di noi. Può essere sotto forma di un ricordo, di un immagine o di una frase, qualcosa che ti ha colpito o che non dimentichi facilmente.
Stessa cosa per i problemi.
Forse possiamo evitarli o depistarli, ma la vita si sa, è una tremenda giocatrice.
L’ostacolo che ti ritrovi davanti, quello che non riesci a superare, forse riesci ad evitarlo solo momentaneamente, ma prima o poi la vita ti costringe ad affrontarlo facendotelo ritrovare davanti, magari sotto un'altra forma ma la sostanza rimane quella.
Qui ho capito che per far capire a Damon, ficcarli bene in testa che è inutile scappare da questi ostacoli che la vita ci riserva, bisogna guardarsi dentro e capire prima di tutto cosa si prova, che emozioni sentiamo pensando a quell’ostacolo. Analizzarlo insomma.
Una sorta di “studia il tuo nemico, ogni sua mossa, prima di affrontarlo.”
Ed ecco che nella mia mente fa capolino quel bambino che Damon nasconde, la sua parte buona, quella che la Smith ci ha fatto conoscere per mano di Elena. Quella parte di Damon che non ha paura di dire “ti voglio bene.”
Il piccolo Damon apre gli occhi al nostro vampiro e lo fa arrivare dove lui, da bravo testardo, rifiuta di arrivare.
Costringendo Damon ad affrontare se stesso, nel vero senso della parola e dandoli una piccola prova di quel legame che sente verso una persona, apre gli occhi, finalmente.
Adesso toccherà solo a lui fare quell’ultimo passo verso la felicità.

 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto,

Lilydh



  
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