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Autore: Ely79    25/03/2012    2 recensioni
Esiste un posto, da qualche parte, dove ci sono persone che vi attendono per fare la vostra conoscenza, ma soprattutto, perché voi facciate la loro. È un luogo accogliente, fuori dal tempo e dal mondo, eppure immerso in esso. Potrete raggiungerlo, andarvene o rimanere; dormire, mangiare, parlare, fare l’amore. A voi la scelta di cosa fare al Covo degli Annegati.
Storia prima classificata al contest "Se una notte d'inverno un viaggiatore - Calvino docet" indetto da Marge86.
Genere: Commedia, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7. Il primo piano: Chinatsu e Ume
marge86


7.    Il primo piano: Chinatsu e Ume
Al primo piano, c’è la zona notte. Salendo la scala in legno approderete in un piccolo soggiorno, dall’atmosfera più raccolta e silenziosa. L’acciottolio delle stoviglie e le chiacchiere si perderanno, sostituite dal desiderio di riposo. Su un basso tavolino troverete dei bicchieri ed un cordiale. Una finestra guarda sul cortile alle spalle del Covo, dove aeronavi, carrozze e destrieri riposano indisturbati e protetti. Nell’angolo della stanza c’è una scaletta che sembra abbandonata lì per caso, ma ora non fateci caso, ve ne parlerò dopo.
Fermatevi un po’, sedete e slacciate la cintura resa stretta dai manicaretti appena gustati, valutate il richiamo delle membra indolenzite. Prendete dalla tasca la chiave che vi è stata consegnata da Venceslao e incamminatevi alla stanza a voi destinata. Dopo la toeletta serale ed una rapida scorsa ai vostri averi, noterete che nell’aria è cambiato qualcosa. Una litania struggente l’attraversa, note cristalline di arcana bellezza s’inseguono fuori della porta.
Allungherete il collo oltre la soglia e la vedrete: una nicchia nel muro del salottino, che prima era nascosta da un velo di seta. Vi domanderete come non abbiate potuto intravederla oltre il dipinto di monti dai fianchi verdeggianti  uniti da un minuscolo ponte. Lo stesso tipo di paesaggio oggi tanto in voga tra artisti e bevitori d’assenzio.
Nell’esiguo spazio è apparsa una donna sottile ed eterea, i capelli nerissimi raccolti in un’elaborata acconciatura ricca di ornamenti che ne mette in risalto i lineamenti sottili ed aggraziati. Lunghe ciglia ombreggiano gli occhi socchiusi. Siede su un piccolo palco, i piedi nascosti al di sotto del furisode1 dal fondo scarlatto. Di fronte a lei, come a difenderla dal mondo, c’è un grande strumento ligneo, un koto2. Sono le sue corde a produrre la melodia che vi ha richiamati.
Un’anziana altrettanto minuta siede sul pavimento, scuotendo un piccolo sonaglio a tempo con la melodia. È la sua assistente, la badante se preferite: Ume.
La musicista si chiama Chinatsu. Credo che il suo nome significhi “mille estati”, se l’accompagnatrice non ha sbagliato nello spiegarsi. Ma con la sua scarsa conoscenza della nostra lingua, non ci sarebbe da stupirsi che avesse cercato di dire altro.
Si potrebbe dimenticare il sonno e non solo quello, rapiti dalla dolcezza di cui sono intrisi i suoni che nascono sotto le sue dita. È ciò che è accaduto un anno fa ad un novello bohemien. Rapito dalla delicatezza del suo tocco e dall’aura di mistero che circondava quella visione - oltre che da diversi bicchierini d’assenzio -, cadde in ginocchio estasiato. Rimase ad ascoltare per gran parte della nottata, adorante, mormorando che “mai aveva veduto una creatura tanto soave afflitta dal terribile destino di dover vivere relegata in uno scampolo di terra, cui era negato di mostrare il proprio sublime talento al mondo”. Tentò più volte di farsi guardare, di ricevere risposta, ma senza successo.
Ad un certo punto, Ume si alzò facendo un cenno indecifrabile e la musicista si sporse, come per permetterle di sistemare una piega dell’abito. La vecchina invece scostò un poco la deliziosa scollatura del kimono, tolse dalla propria acconciatura uno spillone e l’infilzò rapida nel petto della donna. L’uomo balzò in piedi, afferrandola e gridando come un ossesso. Ume non batté ciglio, anzi, se lo scrollò di dosso in malo modo, incurante dei diversi avventori che facevano capolino, attirati dalle urla. Mentre l’innamorato tentava di rimettersi in piedi e spiegare l’accaduto, la vecchina afferrò impietosa lo spillone, ruotandolo nel torace della suonatrice che, nel frattempo, era rimasta a capo chino e silenziosa. Un curioso rumore di ruote dentate, scatti metallici e fruscii riempì la nicchia. Bastarono una decina di giri perché Chinatsu tornasse a suonare e il damerino svenisse.
Chinatsu non è una donna: è un automa a carica manuale e Ume si occupa di mantenerla in funzione. Vengono fornite in coppia, impossibile ordinarle disgiunte: automa e tecnico preposto alla manutenzione. Un servizio esoso, ma completo.
Siete stupiti, vero? Non siete i primi e non sarete gli ultimi ad esserlo. Il fascino fragile ed esotico illude chiunque. Il movimento preciso delle dita che pizzicano le corde con plettri d’avorio è frutto di tecnologia europea derivata dall’orologeria. L’ingannevole bellezza nasce dalle mani di maestri giocattolai, ora votati ad un genere di bambole più sofisticato.
L’ammirerete ancora qualche istante, poi tornerete in camera perplessi ed incuriositi, omaggiati da un nuovo brano che vi accompagnerà fino al sonno.


1 Furisode: tipo di kimono, letteralmente si traduce con "maniche svolazzanti"; le maniche di un furisode variano in proporzione all'altezza di chi lo indossa. I furisode sono i kimono più formali per le donne nubili e generalmente sono completamente decorati. Il "furisode" è un abito indossabile unicamente dalle ragazze nubili.
2 Koto: strumento cordofono giapponese, appartenente alla famiglia della cetra.
   
 
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