Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: sopricom    22/10/2006    1 recensioni
Un giovane capitano, una spia che lo bracca in tutta europa. Due assassini che si uniscono alla spia per eliminare definitivamente la preda. Chi è il capitano e perchè deve morire? Cosa succederà all'alba del nuovo giorno?
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L’alba di un nuovo giorno

 

La stanza era buia e silenziosa, qualche passo leggero tra il legno e i tappeti e il debole spiraglio di luce che rischiarava le tende, quasi fossero pallidi fantasmi, divenne a poco a poco un fascio abbagliante. Oltre ai raggi del sole già alto entravano nella camera da letto intensi odori di strada del mercato rionale ma anche essenze che potevano essere giunte da chissà quale esotico paese al di là del mare. Una leggera brezza entrò dalla finestra e danzante in un turbine di fine pulviscolo raggiunse due pelose narici semi nascoste tra le bianche lenzuola.

L’aria fresca e pungente del mattino fece sì che due raggrinzite palpebre si alzassero e due occhi azzurri potessero guardarsi intorno ancora una volta.

La vecchia serva si avvicinò come sempre in punta di piedi per non far scricchiolare le ancestrali assi di legno che gemevano passo dopo passo e lasciò sul comò una tazza di latte ancora fumante. Ella non disse niente e se ne andò come se tutto le fosse indifferente, d’altronde uno straniero nella locanda del suo padrone non avrebbe certamente capito nulla delle importanti notizie che aveva sentito qualche ora prima nelle cucine. Così, uscendo dalla porta, si avviò a svegliare gli altri avventori che sicuramente le avrebbero dato soddisfazione.

Appena la porta si richiuse alle spalle della serva lo straniero si alzò velocemente, bevve il suo latte e cercando i suoi vestiti per la stanza si preparò ad uscire, non prima però di aver dato un’occhiata dalla finestra. Aveva affrontato più di una settimana di viaggio per arrivare fino in Spagna e si era ripromesso di godere il più possibile di questa fortuna tanto più che i veneziani lo avrebbero pagato ugualmente. Ma ormai sentiva il passare degli anni, ne aveva già quarantasette, e tra qualche primavera si sarebbe ritirato nel suo casale a Ventimiglia, dove avrebbe curato i suoi interessi, come sempre d’altronde. Non per niente la Serenissima lo aveva pagato profumatamente per farsi licenziare dal Duca d’Este e lavorare per il suo servizio segreto.

Questa volta però la missione era stata improvvisa e non aveva avuto modo di sapere altro se non che doveva seguire un giovane capitano che andava in giro per le corti europee in cerca di denaro, per chissà quale folle avventura. Questa volta, si disse, i veneziani avevano davvero preso una cantonata perché il capitano continuava a spostarsi da una città all’altra senza sosta e mai nessuno si disturbava a riceverlo se non per negargli qualsiasi prestito. Nel caso avesse ricevuto in regalo un galeone da qualche ricco ed eccentrico banchiere, tre giorni dopo sarebbe sparito per sempre e nessuno lo avrebbe più ricordato.

Ironicamente pensò che non sapeva come si chiamava né da dove venisse esattamente; a Parigi era riuscito ad alloggiare nella sua stessa locanda e aveva firmato il registro degli avventori subito dopo di lui; l’unica cosa che ne aveva tratto era che doveva chiamarsi Crico o qualcosa del genere. Però lo aveva squadrato per bene e avrebbe saputo riconoscerlo anche tra la calca di un mercato. Si sporse dalla finestra, quando un largo berretto rosso con una piuma al lato, che copriva un uomo robusto, passò di fretta accanto al bancone del pesce fresco. Uscì dalla locanda e non esitò a seguirlo, anche se non erano certo a Parigi e la locanda di messer Crico era all’altezza del porticciolo.

Un fragrante odore di pesce fresco lo accolse appena uscì tra i popolani, mentre il berretto rosso volteggiava tra le folte chiome nere e i fazzoletti delle donne ai banconi. Mentre lo seguiva, immaginandosi di essere un segugio dietro una preda fin troppo facile da braccare si accorse che altri due messeri erano interessati al giovane capitano, ma erano chiaramente nuovi del mestiere, perché gli erano quasi addosso e goffamente cercavano di non farsi notare, tra la folla, ogni qual volta la preda si guardasse intorno. Era strano come il capitano non percepisse quei maldestri movimenti intorno a lui, che nulla avevano a che fare con la genuinità e la sincerità dei popolani al mercato.

Il segugio si avvicinò ai due messeri e si accorse che si trattava effettivamente di due personaggi poco raccomandabili con i quali aveva già avuto a che fare in passato; erano due sicari che evidentemente la Serenissima gli aveva mandato come aiuto nella missione. Il tempo che li ebbe raggiunti e fattosi riconoscere conobbe il motivo di quella caccia alla volpe. Il Consiglio aveva deciso di fermare ad ogni costo il capitano e dato che la spia non era stata in grado di finire il lavoretto entro qualche mese, erano stati mandati dei rinforzi con ordini precisi: non ci si accontentava più di seguirlo e di spiarne i movimenti ma lo si voleva morto ad ogni costo. “Perché mai una decisione così drastica?” pensò la spia, non gli era mai successo, negli ultimi dieci anni, di dover spedire al creatore una sua preda; forse il giovane capitano aveva raggirato qualche ricco nobile che ora gli presentava il conto.

Ma ecco che il capitano, dopo esser entrato nell’ufficio del capo delle guardie ed esserne uscito tutto soddisfatto, si era diretto al porto. Camminava avanti ed indietro, guardando con attenzione i velieri ormeggiati in attesa di favolosi sogni da realizzare. Di quando in quando si fermava per scrutare il mare, ammirato. L’odore era buono, come sempre in questa zona dove a pochi metri dalla terra l’azzurro diventa subito blu e l’acqua si fa conoscere con tutto il suo vigore in ondate di notevole altezza.

Non era più il caso di stargli dietro quindi i tre girovagarono per il paese che in quei giorni era in subbuglio per l’arrivo dei due sovrani che unendosi in matrimonio avevano fatto di due regni un’unica nazione in grado di sconfiggere gli invasori e di cacciarli al di là del mare per sempre. Ora i regnanti stavano compiendo un giro per il loro regno e davano udienza ai sudditi e anche ai forestieri perché tutti si ricordassero, nei secoli a venire, della loro magnanimità.

Per questo chiunque voleva presentare esposti personalmente ai sovrani o portare ambascerie di ogni genere doveva mettersi in lista all’ufficio del capo delle guardie il giorno precedente all’udienza. A questo avvenimento i tre veneziani non erano interessati, ma avrebbero pagato oro chiunque gli avesse detto il motivo per il quale quel giovane e fiero capitano doveva morire; non per questo comunque si sarebbero esentati dal loro ingrato compito perché, dopo tutto, loro sì che erano pagati a peso d’oro e finire gli ultimi anni a nascondersi dall’ira della Serenissima non era certo auspicabile. I tre si scambiarono le notizie di rito sul loro uomo, ma non venne fuori niente di interessante tranne che il capitano era genovese, aveva con se una grande quantità di carte nautiche e geografiche - soprattutto dell’oriente - sulle quali erano segnate probabili rotte, aveva con sé astrolabi ed una bussola, mangiava piatti esageratamente piccanti e aveva una collezione di penne che adoperava per scrivere a mezzo mondo. Il genovese non era certamente un tipo eccezionale, ma destava comunque curiosità nel suo sguardo enigmatico e nel suo camminare deciso e rapido. I tre, all’altezza di una di quelle bettolacce che si possono trovare solo nei porti più trafficati, decisero che la sera avrebbero agito; intanto, pensarono, una buona cena li avrebbe messi nel giusto stato d’animo, quindi passarono l’uscio dell’infima locanda. Era chiaro che anche il capitano aveva avuto il loro stesso pensiero perché, infatti, era giunto al suo albergo e stava parlando con l’oste.

I tre risero a lungo quando si ricordarono di una missione in Turchia nella quale avevano rischiato grosso nell’entrare furtivi nell’harem del pascià e, forse per il vino forse per il ricordo di quelle avventure da mille e una notte che gli era capitato di compiere, non si accorsero di un’ombra che passava a cavallo e si dirigeva fuori città.

Era già sera quando i tre uscirono dalla locanda e videro il capitano che discuteva con i nostromi di tre caravelle che erano approdate da poco al porto. Niente di strano dato che lo faceva spesso negli ultimi giorni quasi volesse conoscere i segreti di tutte le navi che gli capitavano a tiro.

I tre rientrarono ed iniziarono a giocare a carte in attesa del loro momento che venne entro qualche ora; entrarono silenziosamente dalla finestra della stanza che dava sul tetto di una casa vicina e si avventarono sul letto che nel buio sembrava aver preso sembianze umane. Ma le lame che ancora una volta compievano il loro mesto compito affondarono nella lana dei cuscini.

I sicari si resero conto di essere stati giocati da quel giovane dall’aria innocente e spensierata; si guardarono intorno disperati perché era la prima volta che ciò accadeva. Guardarono fuori dalla finestra: troppo tardi, appena in tempo per vedere le tre caravelle e la loro preda sul ponte di comando della più grande che dava indicazioni, con l’astrolabio in mano, al timoniere.

Calma, non era il caso di allarmarsi troppo, si dissero l’un l’altro. I tre decisero che, una volta a Venezia, non avrebbero raccontato di averlo pugnalato, avrebbero invece dichiarato di averlo fatto sparire per sempre in fondo al mare; era improbabile che il giovane capitano facesse ritorno tanto presto per affermare il contrario.

 

Un anno dopo, nel suo casale di Ventimiglia, la spia veneziana seppe da due sicari venuti appositamente per lui da Venezia che l’aver fatto partire con le caravelle il giovane capitano era stato un errore che aveva compromesso le stesse sorti della Serenissima oltre che le sue personali. Da tempo al palazzo Ducale si sapeva che per arrivare in India si poteva giungere via terra da oriente o via nave da occidente, forse anche più velocemente. Sarebbe bastato questo fatto che metteva in crisi il commercio della Serenissima, ma la scoperta di un altro mondo al di là del grande mare aveva arricchito con montagne d’oro tutte quelle nazioni cui la splendida Venezia prestava ingenti somme di denaro. Non era più un segreto che il declino di una millenaria potenza del mare era perciò iniziato e l’alba di un nuovo mondo era sorta.

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: sopricom