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Autore: Querthe    23/10/2006    1 recensioni
Esseri che non dovrebbero esistere se non negli incubi, misteri e un po' di sano spargimento di sangue durante una caccia in cui i ruoli non sono mai definiti e di cui non sembra essere visibile una fine... Una quest per la salvezza di due razze, dell'umanità ignara e di un'anima marchiata da un'eredità non richiesta.
Ringrazio Alyssa85 per avermi prestato alcuni tratti del suo personaggio (Alyssa Morville) che usa in un gioco di ruolo e mi scuso per averne stravolto la psicologia, il passato e il futuro.
Alcuni riferimenti ai clan dei vampiri sono prese dalla mia poca esperienza con il gioco di ruolo "Vampiri the masquarade".
Il mondo in cui è ambientata la storia è praticamente il nostro, se non per pochi particolari che mi servivano per la trama o per l'ambientazione.
Genere: Azione, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alyssa'
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Una sera Alyssa aveva visto assieme a Rose un film francese su un ex-militare che aveva deciso di guadagnarsi da vivere come trasportatore di carichi e merce losca, finché non trovò nella borsa una ragazza asiatica. La situazione in cui si trovava non la faceva ridere come l’aveva fatta ridere il film.
- forse perché non sono cinese… - pensò mentre viaggiava chiusa in una grossa valigia nel bagagliaio della Cayenne di Igor. Sapeva di non essere sola, dei piedi le colpirono la schiena un paio di volte prima che il motore rombasse e il potente fuoristrada partisse. - Non so se essere rincuorata di non morire di diurna o spaventata per quello che è l’alternativa, ovvero l’essere consegnata nella mani di un pazzo.
Provò a capire almeno vagamente la direzione presa, ma fu sicura solo che stavano viaggiando da un po’, una trentina di minuti, forse poco meno. Sentì il rumore del motore fare eco, una eco sorda, quindi l’auto si fermò. Ripartì quasi immediatamente, lo stridere delle gomme mal si accompagnava alla bassa velocità del mezzo.
- E’ arrivato. - sentì dire poco distintamente da uno dei Servitori.
- Mette i brividi…
- Zitto. Lo sai che potrebbe ascoltarti. Igor mi fa paura, ma questo tizio… Dal nulla è diventato una specie di mezzo boss della mala, riesce a catturare Misha e ora…
- Già. - borbottò l’altro Servitore aprendo il bagagliaio. - Io mi occupo della pollastrella. Continua a scalciare.
- Perché tocca a me trovarmi davanti…
- Preferisci scalare tu la torre dell’orologio? Con la pula lì vicino, nel municipio?
L’uomo grugnì ma non rispose, sollevando la valigia di marca che conteneva Alyssa.
- Questa me la paghi. Ci troviamo fuori.
- Dove?
- Di fronte alla fontana con i cavalli in bronzo. E’ poco distante dal municipio, nella piazza. C’è anche un ottimo caffè, peccato che sia chiuso a quest’ora, se non ti offrivo qualcosa. Sai giusto per ringraziarti del favore della scalata. - disse lui ironico.
- Lo conosco, come conosco la zona. Io ci sono nato in questo paese. - rispose l’uomo allontanandosi con la sacca contenente la vampira che sarebbe morta da lì a poche ore.
L’altro chiuse la macchina e si avvicinò al Dorian. Era vestito informale, dei jeans neri, scarpe in tinta e una giacca scura su una T-shirt bianca. Era seduto sul cofano di una Mercedes sportiva, grigio metallizzato. Sorrise, un lampo bianco sotto occhi cupi come il cielo durante una tempesta, i capelli neri tagliati alla militare.
- Hai la merce?
- E’ qui. - rispose il Servitore indicando la valigia con un cenno della testa, poiché anche con la forza sovrumana della sua condizione era costretto a usare entrambe le mani. - Non ci saranno problemi.
- Non ne dubito. L’ho già sconfitta una volta. L’altro problema?
- Risolto, basterà aspettare l‘alba.
- Un peccato non esserci. Mi piacerebbe vedere una vampira bruciare. Lasciano tracce?
- Qualche osso se sono giovani. La torre accanto al municipio è perfetta. Nessuno la usa, e a quest’ora la piazza è vuota. Appena il sole la colpirà… Una fiammata e via. Il gioco è fatto.
Il Dorian si concesse un sorriso e prese la valigia. Aprì il bagagliaio e gettò con noncuranza la vampira nell’angusto spazio, per poi richiudere.
- Alla prossima. - disse rientrando in aiuto e partendo.
Il Servitore lo vide lasciare il garage sotterraneo e tirò un sospiro di sollievo, incamminandosi verso la piazza Risorgimento. La Mercedes lasciò Melzo, lanciandosi sulla provinciale, virando solitaria verso la sua meta, tanto nascosta poiché sotto gli occhi di tutti. Poco prima di arrivare a destinazione, l’uomo bloccò la struggente canzone degli Evanescence che suonava nelle casse dell’auto e compose un numero al telefonino.
- Sono a due minuti. Ho tutto. - Aspettò, ascoltando una voce maschile. - Esatto. Grazie.
La voce suadente della cantante ricominciò dove era stata interrotta. Il Dorian si concesse di ascoltare la fine prima di uscire dalla vettura e di incamminarsi verso il castello che sorgeva sul lato convesso di un’ansa del fiume Adda. Tutte le porte aperte, le guardie addormentate, gli allarmi spenti gli permisero di entrare senza problemi. Si diresse deciso all’altra torre quadrata, circondata dai resti di ciò che un tempo era un centro nevralgico del potere politico ed economico. Invece che salire le ripide e strette scale che portavano alla cima, il Dorian si mosse deciso verso un gruppo di massi e di pietre intagliate, attraversandole come se fossero nebbia.
- Un’illusione perfetta, devo ammetterlo ogni volta… - sorrise scendendo alcuni gradini ed incamminandosi fino ad una grande stanza che il Magos aveva sistemato a studio e luogo di pratiche magiche.
Alcuni scaffali in legno intarsiato contenevano libri, pergamene, tomi di vario genere, altri ampolle, bottiglie e vasi colmi o in parte riempiti dei più disparati liquidi o polveri. Dei bassi tavolini erano ingombri di quello che l’essere catalogò inconsciamente come ciarpame di poco conto. La porta all’altro lato della stanza era chiusa, ma la maniglia si mosse quasi immediatamente.
- Eccoti. La valigia è…
Lui annuì, posandola a terra e facendola cadere sul fianco con un leggero colpo del piede destro. Un breve mugolio segnalò che la vampira non aveva gradito il trattamento.
- Ottimo. - sorrise il mago come un bambino davanti a un giocattolo a lungo cercato e desiderato. - Liberala e fissala sopra il bacile, al centro della stanza. - Il Dorian si mosse. - Attento. Nemmeno un granello di polvere deve essere spostato dal pittogramma magico, il Sigillo di protezione non sarà efficace.
Stando attento a non sfiorare lo strano disegno ornato dalle parti del corpo di Markus, l’essere aprì la valigia e fissò le caviglie e i polsi della vampira con pesanti catene. Spaccò il cemento sulle sue dita con secchi colpi di energia biancastra e tese il metallo fissando la donna in una posizione orizzontale, gli arti diritti e in tensione, pronti a spezzarsi, il corpo nudo.
- Occhi e bocca, la voglio sentir urlare.
Il Dorian abbozzò un inchino e fece scattare un coltello a serramanico con cui tagliò il filo da pesca, sfilandolo.
- Sei una dura, eh, vampirella? - la derise accarezzandole il volto.
Lei ringhiò aspettando che i danni agli occhi e alle labbra venissero eliminati dalla sua particolare fisiologia.
- Non trattarla male, Micky. Non ha la tua capacità di rigenerarsi…
- Ma almeno non… non morirò tra pochi giorni… bastardo. - mormorò sputando sangue raggrumato, croste ormai inutili sulla pelle ricreata.
- Vero. - annuì il Magos. - Tu invece sei morta decenni fa, sei vissuta come una sanguisuga che si ciba della civiltà umana e stasera morirai. Per davvero, per sempre.
Alyssa aprì gli occhi, adattandoli immediatamente alla soffusa luce della stanza, rischiarata da delle candele. Sotto di lei un grosso bacile in metallo scuro. Attorno a lei un Arcano che non riconosceva, ma alcuni particolari le indicavano un’evocazione molto pericolosa e una protezione tanto efficace quanto fragile.
- Giochiamo con gli spiriti, Masticaformule? - lo punzecchiò mentre analizzava la situazione.
- Ognuno ha i suoi hobby, no? - sorrise lui, ironicamente.
- I tuoi sono ben strani. Cosa vuoi evocare? Odino, per le sue conoscenze magiche? Nirlatotep? No ci sono, Polifemo chiedendogli se può chiudere un occhio per quella piccola storpiatura di Omero nell’Odissea!
Il Dorian la colpì con le nocche di un potente pugno al volto, facendole voltare la faccia, su cui si formò per scomparire immediatamente un largo ematoma.
- Sono contento che tu la prenda sul ridere. Il tuo amico lupastro era serio. Troppo serio…
- Serio da morire. - sghignazzò l’uomo che l’aveva colpita. Anzi, serio da morirne.
Alyssa sbarrò gli occhi riconoscendo lo strano profumo misto al sego delle candele che aleggiava nell’aria.
- Sangue mannaro!
- Puro e semplice. Markus mi è servito anche come catalizzatore per l’incantesimo. Le sue ossa e alcuni organi interni sono perfetti per gli scopi di noi Magoi.
- Il resto… beh, i miei cani hanno gradito. - disse neutro il Dorian uscendo dall’Arcano di protezione e invocazione.
La vampira testò le catene che la bloccavano, ma invano.
- Sapete che appena gli altri Pulciosi lo sapranno vi converrà suicidarvi?
- E chi andrà a raccontarglielo? Tu? Una vampira? Moriresti prima della terza sillaba. E poi tu cesserai di esistere prima dell’alba.
Alyssa individuò in un altro bacile, posto al di fuori dell’Arcano di evocazione la fonte dell’odore di sangue.
- Così tanto possono averlo ottenuto solo con una lunga tortura. Quanto hai sofferto, amico mio? - si ritrovò a pensare mentre una parte di lei continuava a meditare sui motivi reali dell’incantesimo. - Licantropi, maghi, vampiri. Mancano solo… - la risposta non volle nemmeno essere pensata, tanto era orribile.
- Hai capito, eh? - ridacchiò il Magos avvicinandosi alla donna che aveva inconsciamente spalancato gli occhi. - Loro mi potranno dare ciò che voglio. Lui me la potrà dare.
- Bastava una letterina a Babbo Natale se volevi l’ultimo libro sui maghetti…
L’uomo sorrise.
- Mi accontento dell’immortalità. Ma per ottenerla senza problemi ho bisogno di un demone superiore e tributi enormi. Cosa meglio di un Puro, un mannaro figlio di mannari, e del sangue della casta più potente dei vampiri, del sangue poi della figlia di Victor? Ho sudato decenni per trovarti. Ti eri nascosta bene.
- Ne sono lusingata. Nessuno mi aveva mai desiderato tanto. E ora che sono qui alla tua mercé, cosa hai intenzione di fare esattamente?
- Sei curiosa…
- Chiamiamolo interesse professionale. Sono anche io una sorta di maga, no? E poi se ho ben capito tra poco sarò morta definitivamente. Consideralo l’ultimo desiderio di una condannata.
- Una sigaretta non bastava? - bofonchiò il Dorian, le braccia incrociate, le spalle appoggiate alla parete come un bullo di periferia. - Esigente la ragazza.
- Non puoi capire. In parte la apprezzo, fino all’ultimo dedita alla sapienza. Ti accontenterò. Il bacile sotto di te raccoglierà totalmente il tuo sangue mentre invocherò il demone che necessito. Egli richiederà un tributo, e il tuo sangue servirà allo scopo per placarlo. Io chiederò l’immortalità che lui mi concederà in cambio della mia anima.
- Ripetitivi. Non hanno mai brillato per inventiva… - mormorò come annoiata la vampira.
- Vero, ma quindi prevedibili. Gli proporrò uno scambio.
- Il sangue del mannaro. Ma non è un’anima. A meno che non sia stato fatto un incantesimo di incatenamento.
Il Magos sorrise mentre estraeva un lungo e sottile coltello dalla lama incisa con strani caratteri.
- Abbiamo parlato abbastanza. - disse mentre con noncuranza incideva la gola della vampira, praticandole una sorta di tracheotomia, quindi mosse la lama giù, tra i seni e nello stomaco, per fermarsi all’altezza dell’ombelico.
La ferita, benché non rimarginata, non perdeva sangue. Con due rapidi movimenti mentre iniziava una monotona e nauseabonda litania in greco, il Magos incise la pelle in orizzontale dall’ombelico alle reni e dalla gola alle spalle, per poi allontanarsi. Piccoli uncini d’oro legati a fili argentei comparvero nell’aria e si ancorarono ai lembi della ferita.
- Ora cadrà in coma evocativo. Tutti gli incantesimi svaniranno, e io sarò la sua unica difesa. - pensò il Dorian mentre il suo creatore si sedeva nella posizione del loto tra l’Arcano di evocazione e il bacile contenente il sangue di Markus e la sua anima.
La litania crebbe in tono e ritmo, la sequenza interrotta per un secondo ogni tanto mentre il Magos intrecciava con le dita dei mudra proibiti. Fermò le mani in pugni chiusi all’altezza del petto, per poi aprire e distendere le dita sbarrando gli occhi. I fili si tesero, gli uncini grattarono le ossa e stracciarono i muscoli spostandoli, il corpo di Alyssa squarciato a mostrare i polmoni immobili da anni, le budella vuote e i muscoli tesi, intenti come un animale morente a ricongiungersi e rigenerarsi. Il sangue, come spremuto da una forza invisibile iniziò a gocciolare, nero e denso, nel bacile. Una goccia, poi due, fili vischiosi che abbandonavano il corpo della donna come la sua forza vitale. La pozza formata iniziò a ribollire, abbozzi di arti, di corna e di volti assurdi nella loro bestialità si formavano e disfacevano come cera nel fuoco, finché l’ultima goccia colpì la superficie oleosa, che si quietò come la voce del mago.
- Fine delle trasmissioni. - pensò Micky. - E ora?
Il sangue svanì, o sembrò svanire. Una sottile nebbia cupa, vagamente rossastra aleggiò nell’Arcano, testandone i contorni, ritraendosi con un fremito di collera quando le protezioni magiche entravano in azione. La nebbia si coagulò, creando un essere che somigliava vagamente ad un Minotauro. Gambe terminanti in zoccoli incandescenti, ricoperte da una folta pelliccia marrone scuro erano sormontate dal busto ipersviluppato di un essere umano, le possenti mani più simili ad artigli di rapace come la testa al massiccio muso di un bisonte. Negli occhi piccoli e neri brillava una malvagità che fece scorrere un brivido anche nella schiena del Dorian.
- E così tu mi hai evocato, Talos di Antiochia. Pochi furono i folli che ci provarono prima di te, e nessuno sopravvisse. Ma tu hai avuto fortuna, poiché di bravura non è degno l’essere umano. - esclamò l’essere con voce profonda. - Cosa richiedi, misero omino a troppo sfuggito alla morte?
- Di sfuggirvi in eterno.
Il demone rise, costringendo il Dorian a chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie da quanto rimbombante e acido fosse il suono.
- Chiedi l’immortalità? Come siete prevedibili. Io posso fornirtela, ma sai cosa richiedo.
- E io ti offro un’anima. Dietro di me risiede nel suo sangue l’anima di un essere mannaro, uno di coloro che è figlio di chi ti combatté e scacciò dalla Terra. Markus Nordvirk.
- Che l’Inferno li vomiti poiché il paradiso li ha cagati urlando di rabbia! Ho l’anima di Matheus, ora avrò anche quella del figlio. Umano mi stupisci ancora. Avrai ciò che chiedi, e perdonerò le protezioni che mi stanno rinchiudendo. - rise l’evocato, facendo comparire appena dentro l’Arcano una boccetta di cristallo nero. - Devila e sarai eterno.
Il Dorian si mosse per prenderla, ma un istante prima che la toccasse un coltello da lancio si conficcò nel dorso della sua mano, e fulminea una figura pelosa e felina si gettò sulla bottiglietta cilindrica fermandosi contro un mobile, che bloccò con un forte rumore la corsa di Misha.
- Non so cosa sia, ma se è importante per voi, non lo avrete! - gridò Rose comparendo sull’entrata, a pochi metri dal Dorian, che incurante della ferita si stava già muovendo inferocito contro di lei.
Il demone sorrise mostrando affilati denti leonini. L’Arcano era rotto, le unghie di Misha avevano scalfito il disegno. Un segno impercettibile, ma sufficiente. Ora era solo un disegno.
   
 
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