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Autore: Heaven_Tonight    26/03/2012    18 recensioni
“Ikkunaprinsessa”. La Principessa alla Finestra.
C’era lei, Lou, in quel ritratto. C’era lei in ogni suo respiro, in ogni cellula o pensiero.
La sua anima, il suo cuore, le sue speranze mai esposte, il suo amore e la sua fiducia in esso in ogni piccola e accurata pennellata di colore vivido.
C’era lei come il suo caro Sig. Korhonen la vedeva.
Al di là della maschera inutile che si era costruita negli anni.
I capelli rossi e lunghi che diventavano un tutt’uno con il cielo stellato.
L’espressione del suo viso, mentre guardava la neve cadere attraverso la finestra, sognante, sorridente.
Lei fiduciosa e serena. Col vestito blu di Nur e la collana con il ciondolo che un tempo era stata di Maili.
Lui aveva mantenuto la sua promessa: le aveva fatto un ritratto, attingendo a ricordi lontani.
L’aveva ritratta anche senza di lei presente in carne e ossa. Meglio di quanto potesse immaginare.
Cogliendo la sua vera essenza.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo cinque

"Moonlight"


Lou aspettò per tutto il resto del pomeriggio che Valo portasse a casa la micia e le facesse sapere com'era andata la visita, ma inutilmente.

Passeggiò nervosa a tratti: si sedeva sul divano a guardare la tv o a leggere una rivista, andava alla porta finestra, tornava indietro e ricominciava.

Alle otto di sera iniziò a maledire Valo.

Era preoccupata da morire; sbirciò la torre ma questa sembrava vuota e nessuna luce veniva dall'ultimo piano.

Stupido borioso di un finnico!” - pensò furiosa.

Furiosa con se stessa perché voleva vederlo.

Ti stai andando a cacciare in guai seri, Lucia... lascia stare: questa roba non fa per te!”

In compenso l'influenza sembrava passata del tutto, improvvisamente... l'indomani sarebbe tornata al lavoro e alla normalità: stare troppo tempo a casa a ciondolare in preda ad ansie e pensieri sul suo vicino di casa non le giovavano affatto!

Per ingannare il tempo senza torturarsi le unghie e consumare il percorso dal divano alla finestra, si struccò e si preparò per la notte, rendendosi conto di essere più stanca di quanto pensasse.

Cenò con la colazione che LUI le aveva lasciato quella mattina, deglutendo a fatica i bocconi.

La camomilla non fece nessun effetto sui suoi nervi, continuava a camminare su e giù per casa.

Alle nove e trenta si arrese al fatto che Valo quel giorno non si sarebbe sicuramente fatto vivo: demoralizzata, frustrata e con un groppo in gola s’infilò a letto alle nove e 47.

Non era mai successo in tutta la sua vita.

Quando si svegliò, il mattino successivo un pallido sole si affacciava dalle nuvole bianche e vaporose; Lou dopo una doccia veloce e un'opera di restauro non indifferente, uscì da casa per passare in galleria, dove Matleena e Julian la accolsero con un sorriso d’autentica gioia, in special modo Julian…

«Che ci fai tu qui? – le disse Mat andandole incontro e stringendola in un abbraccio. I suoi colleghi alla visione si bloccarono immobili per qualche istante sul posto, allibiti, ma scattarono immediatamente tornando al lavoro non appena Mat, come se avesse avuto gli occhi anche dietro la testa, si voltò fulminea. – ti avevo detto di tornare solo quando saresti stata meglio! Non puoi essere guarita in un solo giorno! Ma sono felice di vederti e... sono sicura di non essere la sola!»

«Sto bene... - rispose Lou ridendo sotto i baffi – Mi annoiavo a casa ed eccomi qui!»

«Lou...- sospirò Julian avvicinandosi con un sorriso brillante – sono contento che stai meglio! Matleena, sapevi che la nostra Lou è intima di Ville Valo, il cantante degli HIM?»

«Non sono intima. – precisò Lou, arrossendo – È solo il mio vicino di casa.»

Mat la guardò per un attimo, interdetta.

«Conosci quell’avanzo di galera?»– disse scoppiando in una risata.

«Come scusa? – balbettò Lou fissando Mat con disappunto – Come avanzo di galera?»

Matleena scoppiò a ridere.

«È stato mio alunno, quando insegnavo arte; per un breve periodo a dire la verità. Subito dopo ha smesso di venire a scuola. Un ragazzo che già allora aveva delle potenzialità, che si è perso per strada ma alla fine si è ritrovato spero... sono anni che non lo vedo. Prima passava a salutarmi di tanto in tanto.»

«Eri la sua insegnante?!» – esclamarono in coro Lou e Julian.

«Sì... non capisco il perché di quelle facce.»

In effetti non avrebbero dovuto stupirsi più di tanto: erano loro che comunque vedevano Valo come una star irraggiungibile o comunque non alla portata dei comuni mortali.

«È solo che non sapevo lo conoscessi, Mat... tutto qui!» – rispose piano Lou.

Era scappata via da casa proprio per non pensare a lui e tutti intorno a lei non facevano che ricordarglielo.

«E non solo: – aggiunse Julian gongolante – ha anche promesso che sarebbe venuto a visitare la mostra, accompagnato da Lou ovviamente!»

«Davvero? – chiese Mat guardando attentamente Lou e la sua espressione – Beh, se mai avvenisse, non voglio perdermi questo evento! E ora... al lavoro. Tutti e due.» – ordinò Mat, tornando Draghessa in mezzo secondo.

Finita la ricreazione.

Per Lou fu un sollievo: tornare al lavoro, un lavoro che lei amava molto, la distraeva sempre dai pensieri cupi e dalle ansie.

Arrivò sera prima di rendersene conto.

Julian come sempre si offrì di accompagnarla a casa ma lei rifiutò con gentilezza e tatto, dicendogli che preferiva andare con il tram e che doveva passare al super per fare la spesa.

Lui non insistette, ma la delusione era evidente sul viso.

Ovviamente non c'era nessuna spesa da fare; come sempre ricorrere alle balle anche se innocue non la faceva sentire a suo agio, ma questo faceva parte del gioco. Se voleva che il suo spazio vitale fosse vivibile, quello era l’unico compromesso con se stessa.

Scese una fermata prima. Aveva voglia di camminare e le piaceva farlo quando c’era la neve.

Fin da piccola, era come se fosse il suo habitat naturale: cresciuta in una cittadina di montagna, era abituata al freddo pungente, anche se lì era molto più accentuato rispetto al posto in cui era nata.

Arrivata davanti al cancello, ritirò la posta che trovò nella cassetta, sfogliandola mentre percorreva il vialetto.

Bollette, pubblicità, riviste di Nur che puntualmente non leggeva, opuscoli, una cartolina di Simone con un’opera d’arte sopra, con su scritto il messaggio a caratteri cubitali “Sto arrivandooo!!!” ed infine un foglio color crema senza busta, ripiegato a metà.

Lo aprì curiosa.

La gatta sta bene. Stanotte dorme da me. V.”

Ville.

Allora era passato e non l’aveva trovata...

Fissò quel pezzo di carta che le tremava tra le mani.

Accidenti a lui: bastava che qualcuno lo nominasse, o che sentisse il suo nome per mandarla nel pallone. Sfiorò con la punta del dito la sua inziale, con un sospiro.

Che mi hai fatto Valo?” – pensò entrando lentamente dentro casa.

Con uno sforzo enorme resistette alla voglia di guardare verso la torre.


******


La notte fuori casa della gatta diventarono due, poi tre.

Erano passati dieci giorni e Valo non si era fatto vedere, né aveva dato segni di vita. La torre restava spenta, tanto che Lou credeva che lui non fosse in casa, partito per chissà quali lidi insieme alla “loro” gatta.

Ma il suo sesto senso le diceva che invece lui c’era; semplicemente la stava ignorando o non pensava a lei e al fatto che magari avrebbe voluto almeno sapere che fine avesse fatto lui o la trovatella.

Stizzita ed irritata, era stata molte volte sul punto di attraversare i cinquecento metri che li separavano e bussare come un’ossessa alla sua porta.

Non era nel suo stile presentarsi a casa di qualcuno senza invito: specie qualcuno che lei voleva evitare, ma allo stesso tempo moriva dalla voglia di rivedere.

Nur non tornò come aveva promesso: le telefonò annunciandole che aveva avuto problemi con la compagnia e che le toccava fare la brava se voleva il trasferimento in tempi brevi, quindi accettare i voli e gli straordinari che ogni giorno le propinavano, con sadica determinazione.

Sbroccò non poco e Lou sopportò la sua filippica per venti minuti prima che qualcuno la richiamasse al dovere.

Passò quel fine settimana a concludere con fatica, il quadro che doveva spedire in Italia… la sua ispirazione era andata a farsi friggere e passò ore ed ore con il pennello in mano a fissare la tela incompleta.

Per fortuna in galleria andava tutto a meraviglia, tranne il fatto che ogni giorno Julian le chiedeva quando Valo sarebbe andato a vedere le sue opere. Opere che stavano riscuotendo un successo enorme, con soddisfazione sua e di Mat che non avevano dubitato per un attimo del suo talento.

Lou quella sera stava preparandosi all’arrivo di Simone che sarebbe arrivato nei prossimi giorni.

Non vedeva l’ora di rivedere il suo migliore amico; era passato un anno e mezzo dall’ultima volta che erano stati insieme, ossia dall’ultima sua visita in Italia.

Gli aveva riservato la stanza che di solito occupava Nur, pur sapendo con certezza matematica che avrebbe dormito nel suo letto insieme con lei, come sempre.

Il suono del citofono la spaventò come sempre.

Corse per vedere chi fosse, sperando non si trattasse di Julian: quella sera non aveva proprio voglia di glissare le sue avance. Era già stressante sopportarle durante tutta la giornata.

«Sì?» – rispose con voce allarmata.

Era raro che qualcuno suonasse al suo citofono e le facesse visita, a parte il postino.

«Sono io. Posso vederti?»


Capriole e farfalle morte nella pancia.


«Io chi?» – chiese gelida.

Ovviamente avrebbe riconosciuto quella voce anche in punto di morte.

Ma il suo caratteraccio veniva a galla; e lui pareva avere una corsia preferenziale nel farla alterare in un millesimo di secondo.

Una risata bassa e sensuale al di là dei circuiti e fili e il suo stomaco si contrasse.


Maledetto.”

«Sono il Sig. Valo…» – rispose in tono canzonatorio lui.

Che vuoi?! – avrebbe voluto urlargli, invece si sforzò di dare alla sua voce il tono più gelido possibile-

«Ti apro.»

«Grazie.» Ancora una bassa risata.

Se lo immaginava quasi, con quel suo viso spigoloso e gli occhi che mandavano divertiti bagliori verdi.

Gettò uno sguardo allo specchio accanto alla porta, (specchio che Nur aveva posizionato in maniera strategica per “un’ultima occhiata prima di uscire di casa”) per controllare in che condizioni fosse e sorrise soddisfatta.

Quella sera non si era ancora struccata e stava decisamente bene con gli occhi contornati di marrone scuro che brillavano con l’uso sapiente di matita e ombretti luminosi.

Respira. Respira. Cerca di non saltargli al collo con la voglia di strozzarlo alla prima cosa che dice. E soprattutto, vedi di non toccargli il sedere. Resisti.”

Si ripeteva il mantra mentre gli apriva la porta.

Ed eccolo lì davanti a lei con la testa della gatta che spuntava dalla sua giacca e che la fissava con aria di superiorità.

Andiamo bene. Dieci soli giorni e ha preso il piglio del Valo e l’aria da diva.”

«Accomodatevi.»- disse acida, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.

Stavolta era lei che si stava negando la giada.

Valo entrò nel salotto e posò la gatta per terra. Questa iniziò ad ispezionare senza mai allontanarsi molto dalle sue gambe e lo seguiva passo passo.

«Posso offrirti qualcosa?» – gli chiese, fissando un punto imprecisato al centro del suo petto.

«Cos’hai di buono per me?»

Stramaledetto”.

Decise di non farsi fregare stavolta e stette al gioco con freddezza.

«Cosa preferiresti?»

Silenzio.

Non guardarlo, non guardarlo…”

«Stupiscimi.»

«Caffè? Tisana? Tè? Latte caldo? Non ho alcolici in casa.»

Bromuro?!” – aggiunse mentalmente.

«Non bevo alcolici.»

Il tono della sua voce e la nota che vi sentì le fece alzare gli occhi e, finalmente, guardarlo negli occhi.

Ville la guardava tra il divertito e l’irritato come sempre.

E come sempre lei iniziava a deconcentrarsi alla vista dei suoi occhi e di quello che vi leggeva.

«La sopporti la caffeina?» - gli chiese lei piatta, deglutendo a vuoto.

«Sì, la reggo.»

Risatina.


«Allora ti faccio il mio caffè italiano.»

«Perfetto.»

Trafficò con macchinetta e caffè macinato e, quando si girò, se lo trovò a poca distanza che seguiva attento, appoggiato al muretto basso della cucina, tutti i suoi movimenti.

«Interessante procedimento: quando sono stato in Italia durante i concerti, l’ho bevuto. E’ molto forte, mi piace… ma era quello dell’hotel. Penso non sia lo stesso.»

«È ottimo ugualmente: la differenza sta solo nella macchinetta.»- rispose lei allarmata dal trovarselo così vicino.

Era peggio di un gatto: si muoveva di soppiatto in totale silenzio.

Continuava ad evitare di guardarlo: non voleva che capisse quanto la turbasse.

Le tremavano le mani. Maledicendosi per il suo scarso autocontrollo portò la conversazione su un terreno che credeva fosse meno pericoloso.

«Pensavo tornassi nel pomeriggio, come avevi detto quando hai portato via la micia. Ero preoccupata.»

«Pensavo di farti un favore, lasciandoti libera dall’occuparti di lei tutta la notte, così avresti potuto concentrarti sul tuo amico artista.»

Si bloccò con la tazzina in mano, indecisa se lanciargliela in faccia o no.

La stava per caso insultando?! Lo fissò con occhi spalancati.

«Come dici, scusa?»

«Ho detto che pensavo…» - ripeté lui con gli occhi stretti, raddrizzandosi all’istante.

«Ho capito che hai detto!- ribatté Lou ad alta voce – E ho capito anche l’insulto che c’è sotto! Per chi mi hai preso?»

«Perché ti stai arrabbiando, Lou? Non c’è nessun insulto…»– chiese lui con aria rilassata ma gli occhi vigili che fissavano la sua mano stretta sulla tazzina.

Si potrei lanciartela su quella faccia elegante che hai, stupido!”

«Ti ho solo detto che in quel modo potevi stare col tuo ragazzo, senza preoccuparti del gatto.»

«Julian non è il mio ragazzo!»

«Lui lo sa? – rise Ville – Perché da come ti guardava e dalla tua aria rilassata e ridente, mi era parso che eravate in piena sintonia e molto impegnati.»

«Beh, pensi male! È solo un amico, un artista che sto seguendo e una persona piacevole!» - calcò la voce sull' ultima parola, per sottolineare quanto lui non lo fosse.

«Capisco… bene, quindi se ora ti baciassi, non ci sarebbe nulla di male.» – disse serio con gli occhi puntati sulla sua bocca.

La tazzina rischiò di volarle via dalla mano.

«Eh?!» – con un filo di voce lo guardò senza riuscire a dire nient’altro.

Con movimento felino aggirò il muretto per arrivarle vicino intrappolandola contro il lavello.

Le tolse la tazzina dalle mani e la posò lentamente e con calma sul ripiano.

«Hai capito bene quello che ho detto, ma forse devo mostrartelo…»

«Piantala di fare il play boy!» – disse secca, senza fiato.

Lui scoppiò in una risata roca e la prese tra le braccia, affondando il viso fra i capelli, inspirando forte.

Lou rimase rigida, incapace di muoversi o di respirare.

Ville si scostò per guardarla in viso, tenendole una mano sul collo, delicatamente.

«Mia “Prinsessa”… sei adorabile quando ti arrabbi.» – mormorò piano.

La teneva incatenata con gli occhi, ora così vicini. Lou sentiva il suo respiro sul viso e la voce la faceva fremere.

Mille brividi le correvano lungo la schiena.

Istanti lunghi un'eternità sembrarono passare, lui continuava a guardarla senza fare nulla, Lou annientata con le braccia lungo il corpo... e in quell'istante il gorgoglìo del caffè che veniva su fu l'unico rumore in casa. E la sua salvezza.

«Salvata dalla caffeina...» - mormorò sorridendo, lasciandola libera.

Lou impiegò qualche secondo per riprendere fiato, si girò per spegnere il gas impiegando più tempo del dovuto, vista un'azione così semplice.

Un respiro. Poi un altro. Ecco brava... ”

Sentiva ancora che le stava troppo vicino, quasi avvertiva il calore del corpo di lui attraverso gli abiti.

Uno strusciarsi sui piedi nudi di Lou. La micia le stava leccando il pollice del piede e lo zampettava a colpi leggeri.

Abbassò lo sguardo sul gatto che miagolava piano e Ville si allontanò da lei quel tanto che bastava per farla muovere.

«Ecco... ho messo un cucchiaino solo di zucchero: - gli disse con voce che voleva essere neutrale ma risultò acuta anche alle sue orecchie - dimmi se così va bene.»

Ville le prese la tazzina dalle mani e inspirò l'aroma, sorridendole da sopra il bordo.

«È perfetto così, le cose troppo dolci non mi piacciono...»

«Ci avrei scommesso.»

Ancora un sorriso assassino.

Se continuava con quella tensione, si sarebbe spezzata da un momento all'altro.

«Tu non lo bevi?» - le chiese lui.

«Non stasera... non riesco a dormire se prendo caffè di sera.»

Sono già un fascio di nervi, mi manca solo il caffè.”

Lou si chinò per giocare con la gattina che le piantò le unghie aguzze in una mano quando la prese in braccio; per tutta risposta si beccò un colpetto di rimprovero sul muso.

«È già viziata. Ha avuto l'imprinting con te, ha preso la tua aria da...» - si fermò prima di dire altro.

«La mia aria da?»

«Da divo.»

«Ho l’aria da divo?»

«Lo sei.»

«Uhm...»

Lou e una gatta che cercava di sfuggirle dalle mani tenuta fermamente, si accomodarono sul divano, dove lui le seguì poco dopo.

Lou si allontanò impercettibilmente e lui le sorrise letale.

Piantala di farmi agitare Valo...”

«Il veterinario dice che sta bene, comunque; - disse lui all'improvviso – e scusa se non sono venuto prima, ma ero distratto... stavo scrivendo.»

Per dieci giorni consecutivi!? Bugiardo.”

«Capisco.»

Bugiarda.

«Beh, grazie per essertene preso cura... ora ci penserò io a lei.» - gli disse Lou.

«E quando si è deciso che lei deve rimanere qui con te?»

Lou lo guardò con ovvietà.

«L'ho trovata io.»

«Non è tecnicamente giusto: sono arrivato prima io.»

«Era nel mio vialetto. E ora che ci penso, il cancello era chiuso: come hai fatto ad entrare?»

«L'ho scavalcato.» – rispose Ville alzando le spalle.

«È violazione di proprietà privata.» - disse lei stringendo gli occhi.

«Vuoi denunciarmi?»

Era divertito, oh lo vedeva. La stizza di Lou non faceva che far allargare il suo sorriso da malandrino ogni minuto che passava.

«Stavolta no.»

«Oh oh...» - la canzonò lui con gli occhi che ridevano.

Stramaledetto gatto gigante.”

«Lei la tengo io. Hai mai avuto un gatto tu? Sai come occupartene?»

«L'ho tenuta per dieci giorni e sta benissimo, come puoi vedere tu stessa. Lei rimane con me e tu potrai vederla quando vuoi.»

«Come sarebbe a dire che posso vederla quando voglio?! Semmai sei tu che puoi venire quando vuoi a vederla, visto che ormai qui sei di casa! Lei rimane con me, non c'è niente da discutere ancora!»

Anche se questo voleva dire che lo avrebbe visto più di quanto volesse.

Ville strinse gli occhi minaccioso.

Non mi spaventi Valo, anche se, con quei laser verdi, potresti incenerirmi all'istante.”

Ricambiò lo sguardo minaccioso.

«Questo è un bel problema: perché vedi, anch' io voglio tenerla. Hai una soluzione che possa andare bene ad entrambi?» - chiese lui conciliante.

«No.»

«Io sì: la teniamo una settimana ciascuno. E quando uno di noi due non potrà occuparsene, l'altro lo sostituirà.»

«In questo modo la confonderemo e non riconoscerà qual è la sua vera casa.»

«Vale la pena provare, no? Non vorrai che mi presenti qui ogni giorno interrompendo i tuoi appuntamenti quando è meno opportuno, vero?» - chiese malizioso.

«Io non ho appuntamenti!»- ribadì lei.

«Allora che proponi?»

Di andartene al diavolo!”

«Proviamo una settimana ciascuno, ma se lei non starà bene allora, rimarrà con quello che se ne occupa meglio.»- acconsentì Lou a denti stretti.

«Affare fatto.» - le tese la mano, che lei guardò con un sopracciglio alzato.

«Non c'è bisogno della stretta di mano.» - rispose serrando le dita intorno al gatto che si lamentò.

«Come vuoi...»- rispose ridendo lui, rilassandosi contro lo schienale del divano.

Ora che avevano concluso l'accordo poteva anche andarsene, ma da come si era spaparanzato non pareva ne avesse intenzione.

Lou posò il gatto per terra che subito andò a rifugiarsi dietro le gambe lunghe e magre di Ville.

Traditrice!”

«Bisogna trovarle un nome... - disse lei – Hai già pensato anche a questo?»

«Non ancora. E tu?»

«No. Al momento non mi viene nessun nome.»

A parte 'infame di una gatta'...”

Ville si chinò a raccoglierla prendendole il musetto tra le mani, fissandola negli occhi.

«Come ti chiamiamo, bellezza?»- mormorava lui, tirando su col naso.

Era raffreddato anche lui? L'uomo delle nevi?”

La “bellezza” lo guardava adorante e gli faceva fusa rumorose come un trattore.

Umpfh!”

«Se preferite vi lascio soli a tubare.» - disse Lou in tono più acido di quanto volesse.

«Non essere gelosa...» - disse lui con uno sguardo obliquo e parecchio compiaciuto.

«Io non sono...» - iniziò Lou scandendo le parole, ma si rese conto che lui ghignava e lasciò perdere.

Le mani stavano iniziando a pruderle per la voglia di schiaffeggiare Valo.

«Come si dice gatto in finlandese?» - cambiò argomento, dopo aver contato fino a venti.

Ville alzò gli occhi e la guardò sorridendo.

Anf...”

«*Katty.»

«Che ne pensi? Mi sembra carino.»

«È banale e generico: per lei ci vuole qualcosa di speciale...»

Lou incrociò le braccia, offesa.

«Ne troveremo uno adatto a lei, vedrai... - Ville ghignava sotto i baffi – Vieni qui Lou.»

«Perché?»

«Per guardarla meglio da vicino. La gatta intendo. - inclinò la testa di lato – Sei tesa per caso?»

Adesso lo ammazzo.”

«Non sono tesa.»

«Allora avvicinati, non ti mangiamo.»

«Sto bene qui. Vi vedo bene entrambi.»

Anche troppo.”

Con un sospiro Ville diminuì la distanza tra loro avvicinandosi.

Lou sarebbe schizzata via se non avesse voluto dargli la soddisfazione di allargare il ghigno ancora di più.

«Sai, così non te la farai amica... È molto gelosa di me.»

E in effetti “la diva” la fissava a occhi socchiusi, controllando ogni sua possibile mossa.

Cazzate...”

«Tienila...» – le disse passandogliela con delicatezza.

Le mani calde di lui sfiorarono quelle fredde di Lou, ma al contrario di quanto si sarebbe aspettata, lui continuava a stringere la gatta che già si agitava.

Tenne entrambe le mani sopra le sue, fino a che la selvatica sembrò calma; poi ne tolse una e con l'altra continuò a grattarle il muso.

Lou con le mani bloccate tra il gatto morbido e le sue mani calde, non osava neanche respirare.

Come una cosa tanto dolce poteva essere altrettanto sensuale e intima?

Semplice: era lui.

Era lui che ogni volta che la guardava il suo stomaco si contraeva, lasciandola con la salivazione a zero.

E non era perché era Ville Valo, il cantante.

Ma perché era... lui.

Lou non era affatto affascinata dalla sua fama, non gliene poteva fregare di meno.

Aveva vissuto tre anni come sua vicina di casa e non solo non lo aveva mai incontrato, ma non era neanche mai stata interessata a farlo.

Nel momento in cui si erano visti la prima volta, lei aveva intuito che quell'uomo le avrebbe portato una marea di pensieri e con essi guai.

O erano i guai che andavano a cercarla?

«Hai le mani fredde...»- le stava dicendo lui.

«Sì, scusa... sono quasi sempre fredde.»

La mano di lui si strinse la sua e una vampata di calore le salì fino alle orecchie.

«Non sei abituata al nostro clima rigido.»

«No, in realtà nel posto in cui sono nata, il clima è molto simile al vostro... sono cresciuta in una cittadina di montagna: sono abituata alla neve e al freddo. Le mie mani sono sempre fredde, a volte anche in estate...»

«Forse il tuo sangue non scorre abbastanza velocemente.»

Oh no, ti assicuro che sta andando come un razzo...”

Pensieri impuri le scorrevano davanti agli occhi e Lou arrossì fino alla punta dei capelli.

E il fatto che lui le stesse accarezzando il polso non aiutava...

Se non la smette immediatamente, gli salto addosso!”

Ville sembrò leggerle nel pensiero perché fece un sorriso da Stregatto, soddisfatto e sornione.

«Ti manca l'Italia?»

Perché quell'uomo non faceva mai qualcosa di scontato?

Passava da un argomento all'altro come se niente fosse.

«Sì, mi manca molto a volte... mi manca parlare l' italiano, la mia famiglia, i miei amici.»

«Perché sei qui in Finlandia?» - chiese continuando a tenerle la mano.

«Ero venuta a vivere qui con il mio fidanzato.» - tagliò corto lei.

«E lui dov'è ora?»

Pareva non gliene fregasse granché dell'occhiataccia che lei gli lanciò cercando di fargli capire che non era il caso di approfondire l'argomento.

«Con tutta probabilità all'inferno... - rispose lei sibilando – O con la sua nuova compagna.»

«E tu invece di tornare a casa tua, nel posto che dici ti manca, quando è finita la vostra storia sei rimasta qui: perché?»

Valo, un etto di fatti tuoi?!”

«Perché nel frattempo qui avevo trovato qualcosa che probabilmente in Italia ci avrei messo anni a trovare: un lavoro, una casa tutta mia, l'indipendenza economica e personale. E poi mi piace stare qui. A parte la lingua... non mi riesce proprio di impararla bene.»

«Vuoi che ti insegni?» - le chiese in un soffio.

Brivido.

«No, grazie, non sono molto brava con le lingue.» - rispose pentendosi immediatamente per avergli servito un assist da autogol.

«Non so perché ma credo che tu invece sia molto brava... con le lingue.»

Ecco. Così impari, Lucia.”

Sarebbe morta in autocombustione in una bella fiammata, se non la finiva di guardarla con gli occhi socchiusi e in tralice.

E di toccarla in quel modo.

«Ville... ti vibra qualcosa nei pantaloni.» - gli disse lei.

«Come?!» - pensando ad una battuta lui rise piano.

Invece era proprio il suo cellulare che vibrava, ma lui preso a fare il dongiovanni non lo aveva sentito.

«Oh!» - tirò fuori il cellulare fissandolo come un oggetto misterioso che per caso gli era capitato fra le mani.

«Non rispondi?»

«Non voglio essere distratto.»

«Distratto da cosa?»

«Da qualsiasi cosa a parte te, ovviamente.»

«Smettila di fare il cascamorto, Ville.»

«Non so cosa vuoi dire...» - ribatté avvicinandosi ancora.

«Stai giocando e non mi piace. - ansimò Lou – Smettila.»

«Non gioco mai Lou, se qualcuno attira la mia attenzione non è per giocare. Sono abbastanza palloso per le donne.» - le disse spostandole le ciocche di capelli indietro sulle spalle lasciandole scoperti la gola e il collo.

Attirato la sua attenzione? Che gioco era? Non si stava divertendo. LEI.”

Lou sentiva che le orecchie stavano per fumare. Un altro centimetro e si sarebbe fusa con il divano.

La gatta si lamentò per la stretta incontrollata delle mani di Lou e Ville la prese per posarla dall'altra parte del divano.

Miagolio di protesta.

«Hai paura di me, Lou?» - le chiese lui tornando con la mano sul collo passandovi lento il dito dall'orecchio al contorno delle labbra.

«No... solo non mi piace essere braccata... - si divincolò dal tocco della sua mano, allontanandosi ulteriormente da lui - E non te la prendere: ma non ho voglia di storie di nessun tipo con nessuno.»


Anche se sono belli come lo sei tu... ”

«Uhm... capisco. Quindi dovrei credere che non ti piaccio e che vuoi avere con me solo un rapporto amichevole?»

Stupido borioso di un finnico!”

«Di quello che tu pensi, Ville, non m’importa... però sì, mi piacerebbe esserti amica, dal momento che siamo costretti all' ”affidamento congiunto” di un felino!»

«Puoi sempre rinunciare a lei, se ti pesa.»

ARGHHHH!! ADESSO GLI TIRO UN PUGNO!”

«Sai che sei irritante, Valo?»

«Sì, lo so!» - rispose lui trionfante.

«Ti spiacerebbe allora piantarla di fare il play boy con me? Hai schiere di donne pronte a tutto per te, che potrebbero esaudire ogni tuo desiderio... non perdere tempo con me.»

«Mi piacciono le sfide.»

«Nessuna sfida. Non mi interessi.»

Sì certo, come no...”.

Lou era infastidita dal suo modo di fare. Finora non aveva fatto una cosa normale.

Le ricordava troppo Andrea e il suo affascinante placcaggio...

Aveva cambiato atteggiamento ogni 24 ore: qual'era il vero Ville?

Lui rise piano: era ovvio che non credeva ad una sola parola di quello che lei gli diceva.

«A questo credo poco, vista la confidenza che hai avuto con il mio didietro... - le indirizzò un sorriso smagliante - e SO che non ti sono indifferente. Ora la domanda è: per quanto tempo credi di andare avanti con questa storia?»

«Ma chi ti credi di essere, Ville? Senti, non voglio discutere di queste cose... Non mi conosci affatto, non sai nulla di me, non osare dire di sapere cosa provo o cosa penso!»

«Ti sbagli... so molte cose di te e sono tutte cose che tu non mi diresti mai.»

«Sarebbe a dire?» - sbottò Lou incrociando le braccia.

«Tu non dormi bene. Fatichi a prendere sonno la sera, ti piace leggere davanti alla finestra. T’immedesimi così tanto in ciò che leggi che riesco a capire quasi cosa provi dall' espressione che vedo sul tuo viso; ti piace raggomitolarti e sentire il calore dietro di te, ma sei quasi sempre a piedi nudi e ogni tanto te li massaggi cercando di scaldarli, senza smettere di leggere. Ti avvolgi sempre una ciocca di capelli dalla parte sinistra del viso, perché con la destra sfogli le pagine.

Quando usi il computer spesso ridi a crepapelle per quello che stai leggendo e il tuo viso è sempre sereno in quei momenti... forse qualcuno che ami e che ti ama, ti rende felice... in quei momenti scrivi velocemente sui tasti e ridi spesso.

Ti piace la pioggia e passeggiare anche quando diluvia, anche se ti rende più malinconica; quando c'è il sole ti piace uscire al tramonto o al mattino presto, senza essere andata a dormire. Tieni al tuo spazio: a volte anche quando c'è Nur hai bisogno di stare sola per conto tuo e ti chiudi in camera a dipingere o ascoltare musica.

Spesso al mattino ti svegli piangendo e fatichi a nasconderlo. Sei generosa e discreta. Ti piace renderti utile senza invadere lo spazio altrui, come fai con il sig. Korhonen.

Devo continuare?»

Lou rimase a bocca aperta, indecisa se offendersi o esserne lusingata.

«Fammi capire una cosa: – disse sibilando – è così che passi il tuo tempo? Spiando i vicini di casa?!»

«Solo quelli che mi interessano.» - rispose lui senza scomporsi.

Ignorò la sua frase e lo guardò male sperando fosse chiaro che non lo trovava affatto un complimento.

«Non hai niente di meglio da fare che stare a spiare me? Questo si chiama impicciarsi se non addirittura fare lo stalker!» - rincarò la dose lei.

Lui continuò a guardarla senza batter ciglio.

«Non sei più una bambina, Lou. Smettila di fare l'offesa...»

Lei annaspò alla ricerca di parole adatte per mandarlo a quel paese e mettere a posto quello stupido saccente che pensava di conoscerla!

«La verità è che tu hai paura. Hai paura di tutto quello che provi e che non sai gestire. Hai paura se qualcuno ti trova bella e desiderabile. Hai paura di lasciar vedere i tuoi veri pensieri. E in questo momento hai paura di me...

E non perché sono io; potrei anche incassare un no, non è la prima volta che succede, credimi. - la interruppe lui - Sopravvivrò lo stesso, nonostante il mio immenso orgoglio ferito.

Ma vedo come mi guardi, perché è lo stesso modo in cui io guardo te. Mi piaci, non te lo nascondo. Anzi, voglio che tu sappia che mi piaci. E tanto anche. E sarebbe maturo da parte tua smettere di scappare e lasciarti andare. Sei una donna adulta, ma ti comporti come una ragazza alle prime armi. Ed io so bene, intuisco che non sei così. Non so cosa sia successo nella tua vita, per farti scappare via dai sentimenti: ma vedi, ognuno di noi ha avuto la sue batoste e delusioni. Questo però non deve impedirti di amare di nuovo, di vivere la tua vita in maniera naturale, senza negarti nulla. Tu sei triste Lou. La tristezza è un sentimento che resta nel cuore delle persone, come il dolore... come l'amore.

Ed io conosco bene tutti questi sentimenti.»

Per un lungo minuto Lou non seppe far altro che fissarlo.

Ogni parola di Ville era come un pugno allo stomaco, anche se lo aveva detto in modo dolce, era stato diretto. Come aveva fatto Nur in tante occasioni, le aveva spiattellato in faccia tutto quello che lei cercava con immensa fatica di nascondere. Le aveva parlato con calma, guardandola dritto negli occhi, senza nessun tono di scherno o superiorità: e con parole semplici che le erano arrivate dritte al cuore, scandagliandola con quei chiari laghi di giada.

Il nodo in gola si formò e crebbe a dismisura.

Se un estraneo era capace di vedere quello in lei, allora non era affatto brava a nascondersi;

se dopo tutta la fatica per tornare a vivere una vita normale e serena, c'era qualcuno che era in grado di capire che moriva dalla paura di legarsi, allora aveva fallito e tutti potevano vedere quanto fragile ancora fosse.

Le lacrime trattenute volevano scorrere e trovare finalmente una via di fuga da dove lei, costantemente le ricacciava indietro. Si alzò di scatto cercando rifugio vicino alla finestra, respirando a lunghe boccate.

Si sentiva scoperta e vulnerabile e tutto ciò non le piaceva affatto.

E non voleva piangere, non davanti a lui.

Ville aveva ragione e lei lo sapeva. Stava fuggendo da lui non perché non le interessava.

Al contrario: lui le piaceva così tanto che se la faceva sotto da morire.

E lui lo aveva capito.

E le stava dicendo che lei gli piaceva... lei, Lou la sfigata donna italiana e banale, piaceva a Ville Valo.

Non trovava niente da rispondergli, niente di intelligente da dirgli.

E stava cercando con tutta se stessa di non buttarsi a terra piangendo e urlando.

Ville le si avvicinò con calma, lei lo vide dal riflesso del vetro.

Era proprio dietro di lei, ma non la stava toccando. Cercò i suoi occhi in quel riflesso.

Non disse nulla neanche lui: aveva già detto troppo forse. Aveva già detto tutto.

Lo sapeva lei e lo sapeva lui.

Ora forse attendeva una risposta.

In alto nel cielo c'era una luna quasi piena.

Lou la fissò per un istante.

Si girò piano e gli appoggiò la testa sul petto, passandogli le braccia intorno alla vita sottile e magra, stringendosi a lui.

Ville ricambiò la stretta posandole il mento sui capelli, avvolgendola nelle sue braccia.

Lou non seppe dire quanto tempo fossero rimasti così, immobili, stretti l'uno all'altro, davanti alla finestra...

Ma quando si separarono, la luna nel cielo aveva cambiato posizione.


******


Angolo di quella che pensa di essere autrice:

Bene eccoci qui... questo capitolo penso farà fare indigestione di zucchero a tutte...
Allora che ne pensate?!?! È abbastanza Valo?!?!
Doverosi i ringraziamenti come sempre per le mie due Beta: Cicci-Vivi e Pulci-Sara; come farei senza di voi?!
Grazie anche a SeleValo e ad Echelena "Grande Sciamana degli Ormoni" e Arwen 85, aka Sistwer!!
Anche per te una menzione speciale Lady Angel 2002: grazie per i complimenti e per la fiducia, anche se non sei fan del Valo o degli Him! ;)
E invece tu si che sei fan: bacissimi e grazie anche a te Villina 92!
Un grazie enorme anche alle mie patatine: Tesò Nicky, aka Apina Curiosa, aka stalker, aka terza testa del "Cerbero", (le sue recensioni meriterebbero una fan fic a parte!!XD) ;

Ilaria, Margherita, Silvia-Love, Marianna e Fenghera (che ha ribattezzato Julian: ormai per gli amici è Enzo...); XD

Grazie per i vostri commenti e il sostegno! <3
Grazie anche a chi legge, magari, e non commenta: sarebbe bello sapere che ne pensate di questa storia!
Non immaginate quanto sia importante per gli autori sapere che i propri sforzi sono apprezzati!

* Ps: mi sembra superfluo dire che sappiamo tutti che gatto in finlandese è "Kissa"... ma ai fini dela storia mi piaceva di più Katty e foneticamente è più bello, quindi pace. ;)


Non siate timidi e lasciatemi un commento o un messaggio privato! *H_T*

   
 
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