Anime & Manga > Dogs
Segui la storia  |       
Autore: Rota    26/03/2012    1 recensioni
Heine andò a cercarlo, dopo pranzo: Giovanni era abbastanza solito a sparire, di tanto in tanto, quando non era obbligato con la forza a restare assieme agli altri, in camerate grandissime e totalmente inespressive, bianche come quello che loro avevano da sempre definito “Morte”.
Aveva provato nella sua stanza ma non aveva trovato tracce dell'amico. Aveva provato in bagno, nei pressi delle sale d'addestramento, eppure nulla era riuscito a scovare, neppure guardando bene.
Entrando in cucina, dove lunghi tavoli piatti come quelli della mensa si allungavano da tutte le parti e niente, neppure una piccola briciola, intaccava un ordine quasi disumano, sentì subito dei leggeri lamenti provenire da un punto imprecisato.
Si chinò a terra e lo vide, raggomitolato in un angolo, che si teneva le gambe avvolte in un abbraccio serrato. Heine sospirò, non troppo forte, e a quattro zampe arrivò da lui.

[HeineGiovanni - childhood]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Giovanni Rammsteiner, Heine Rammsteiner
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Autore: margherota
Titolo: Amore insano
Capitolo: Un mondo tutto bianco
Fandom: Dogs - Pallottole e Sangue
Personaggi: Heine Rammsteiner/Giovanni Rammsteiner
Generi: Introspettivo, Fluff, Angst
Avvertimenti: Shonen ai, One shot, Missing Moment
Rating: Giallo
Set: 1
Parole: 1480
Prompt Syllables of Time: Accecato dalla fede, non ho ascoltato tutti i bisbigli, gli avvertimenti così chiari
Note: Altro capitoletto, sempre dedicato ai due piccini. Ho preso spunto da una scena del manga e sviluppato una specie di What if...? tutto particolare. Alla fin fine, Giovanni ha un'anima assai fine, assolutamente inappropriata per quanto è destinato a fare – e questo, almeno per me, è una delle cose che lo hanno fatto alla fine impazzire.
Buona lettura, neh (L)


C'erano quelle ore, passate nell'inerzia quasi totale, dove il “branco” - consapevole e razionale persino nella propria squallida esistenza – si riuniva in varie attività più simili all'umana natura e talenti inimmaginabili fuoriuscivano laddove peccava la comunicabilità ed un linguaggio più alto, dato da immagini esterne e sensazioni che solamente il mondo aveva a propria disposizione.
Colorare un luogo tutto bianco stimolava la fantasia e la mente, rendendola capace di andare al di là delle sbarre della gabbia. Berché presente, benché fin troppo partecipe, Giovanni il Piagnucolone era stato uno dei pochi capace di evadere con facilità da quel vortice di pazzia nel quale li avevano rinchiusi tutti.
Non solo una volta aveva preso in mano il gessetto e non solo una volta aveva dipinto di blu e di verde un foglio grigiastro di muffa. Tracciando linee di tutte le tonalità diverse, aveva dato sfogo ad un sentimento represso da qualche parte assieme alla sua umanità in quelli che, senza alcuna esitazione, era riuscito a chiamare “casa”, “uccello”, “pianta”.
Che l'esempio venisse proprio da quell'essere inadatto era una cosa che, ai più furbi, dava di ché pensare – eppure non erano riusciti a resistere di fronte a quella seducente fantasia variegata e vi si piegavano di fronte, indifesi.

Per quanti fossero, Heine aveva cominciato a riconoscere le facce di ognuno di loro già dai primi giorni. Non sapeva i nomi di tutti e non ricordava essenzialmente molte cose, ma se doveva catalogare difetti e virtù era più che mai preciso, in un ordine mentale che pochi riuscivano ad avere in quei frangenti. Ordine che lo aiutava, di molto, a scegliere con precisione i rapporti che aveva intenzione di approfondire in un mondo nel quale non si poteva permettere troppa indifferenza.
Lily non c'era: era stata portata altrove perché aveva riportato un danno più ingente del dovuto nell'ultima sessione di combattimento. In più, proprio quel giorno le toccavano gli esami di routine, a proposito della sua salute fisica e mentale. Heine si domandava spesso come mai, anche per creature come loro, fossero necessari tutti quei controlli.
Trovò Giovanni seduto a terra, in un posticino a lui riservato non lontano dal resto del gruppo. La volontà di isolamento non era palese, nella sua persona, eppure le attività che svolgevano non prevedevano alcuna compagnia tanto che nessuno, a parte rarissime eccezioni, sentiva la necessità di stare con lui.
Heine si acquattò accanto al foglio tra le sue mani, cominciando a contare i pastelli colorati a mente.
-Stai ancora disegnando, Giovanni?-
Giovanni l'aveva visto arrivare con la coda dell'occhio e non diede segno di troppa sorpresa. Tuttavia, benché calmo e tranquillo, il difetto che lo rendeva sempre balbuziente gli fece tremare un poco le labbra d'incertezza – Heine attribuiva quel difetto solamente alla calma strana che li prendeva, di contro alla morte terribile alla quale erano costretti; almeno, a quella maniera, ai suo occhi Giovanni non sembrava per niente stupido.
-S-sì, sto colorando una cosa...-
Indicò quello che Giovanni teneva tra le mani, più o meno a livello della spessa linea verde che lo divideva dall'alto in basso. Era incuriosito, come la prima volta.
-Che cos'è questo?-
Giovanni ebbe difficoltà a rispondergli, perché non sapeva da che parte iniziare. Ma ancora prima che facesse almeno un tentativo, Heine rigirò il foglio da una parte e azzardò la sua ipotesi: quel rosso in alto e quel giallo gli avevano suggerito qualcosa.
-Stai per caso facendo un mazzo di fiori?-
L'altro fece un gesto con la testa che voleva dire di sì e Heine gli sorrise appena, contento di aver indovinato.
Giovanni fece inoltre un ampio movimento con la mano, indicando con il pastello colorato che teneva tra le dita tutto quanto il foglio e spiegando, quindi, il suo progetto.
-Lo voglio fare con t-tutti i colori possibili...-
Heine non disse nulla e allora Giovanni riprese a colorare, in silenzio. Aveva fatto un fiorellino dall'aria innocente alla base, di un color rosa acceso, e ne stava ripassando i bordi con decisione.
Si concentrò tanto che sobbalzò quasi quando Heine riprese a parlare.
-Mi sono sempre domandato da dove venisse tutta la tua fantasia, Giovanni. Ma forse è che ti invidio un po'...-
Dovette guardarlo in viso per vedere l'espressione vaga che aveva negli occhi e nei lineamenti. Lo capì, perfettamente, perché non aveva bisogno di spiegazioni per comprendere a cosa mai l'altro si stesse riferendo.
Bianco, rosso e nero: i colori che erano abituati a vedere si limitavano a tre e a tre soltanto. Bianco come le mura, rosso come il sangue, nero come la pazzia. Riuscire a immaginare un mondo colorato era come scoprire dentro di sé qualcosa che nessuno aveva loro insegnato – la speranza, la fede e la felicità. Nel branco non tutti riuscivano nell'impresa ed Heine era uno di quelli.
Eppure, nelle parole di Giovanni, sembrò quasi esserci una giustificazione inopportuna.
-Se disegnassi sempre le stesse cose, dopo sarebbe m-monotono.-
Lo sottolineò, con un'ulteriore constatazione.
-Sarebbe molto triste...-
Ma a quel punto, resosi conto del silenzio raggiunto, sfilò un foglio da sotto il proprio e lo porse al compagno, con un sorriso appena accennato. I pastelli erano lì, lui era lì: mancava soltanto una cosa.
-Vuoi disegnare anche tu, Heine?-
Heine alzò le spalle e si sistemò meglio per terra, disteso per lungo e il volto tra le mani. Non sorrideva ma era ugualmente bello.
-No, ma mi piace guardarti. Tu continua a fare quello che stavi facendo.-
Giovanni non ebbe nulla da ridire e, messo il foglio di nuovo al suo posto, andò avanti con il proprio dipinto.
Colorò un fiorellino di blu e un paio di viola, più grandi. Fece quello che doveva essere un “girasole” enorme, sullo sfondo, e mise un po' di scuro nel mezzo. Avrebbe anche dipinto una “rosa”, dai petali tremuli e delicati, se solo, stanco di aspettare, Heine non si fosse messo in mezzo e avesse appoggiato la guancia sulla sua coscia.
Non era normale richiedere quel tipo di attenzioni, per nessuno di loro. Benché consapevoli di essere molto giovani, inesperti, deboli, avevano nel corpo anche la volontà di non lasciarsi sottomettere da nulla – neppure dai loro stessi sentimenti. Se richiedevano amore, lo facevano nel silenzio; se cercavano conforto, lo facevano ad occhi chiusi. Il senso della vergogna era insediato in loro come quello della paura, artificio dell'imbarazzo di sentirsi vivi senza un vero perché.
Heine si permetteva certi gesti solo perché, superiore anche in quello a tutti, delle convenzioni sociali artificialmente introdotte nel gruppo se ne fregava altamente. E come Giovanni aveva bisogno di disegnare, lui aveva bisogno di comunicare in un modo tutto suo.
Non lo abbracciò né altro, però socchiuse gli occhi quando sentì la carne soda a contatto con il suo viso. Era piacevole, meglio sicuramente della sensazione che il guanciale orrendo che aveva nella propria branda gli dava ogni santa notte.
Giovanni ne fu davvero molto sorpreso, tanto che alzò le mani in alto e parve quasi spaventato.
-N-non ho ancora finito, Heine.-
L'altro non si spostò di un millimetro e fece uscire una voce pastosa, impedita dalle labbra.
-Lo so. Lo farai dopo.-
Si girò di schiena solo quando sentì che Giovanni si era rilassato.
Guardandolo in volto, dal basso, riuscì senza problemi a fissarlo negli occhi – e se dapprima Giovanni sembrò restio a lasciarsi osservare, spogliato del suo estremo scudo, con il passare dei secondi si abituò a lui.
Non disegnava più, aveva le mani sporche di pastello ma ferme.
-Lily ha ragione.-
-Riguardo cosa?-
-I tuoi occhi, Giovanni...-
Lily, quella cara ragazza così sincera nel fare i complimenti, gli aveva detto che nei suoi occhi si riuscivano a vedere tutti i colori del mondo. Giovanni ci aveva creduto, senza esitazione, e non si era vergognato affatto di tenere quella rivelazione per sé come la più bella cosa che gli era stata donata. Heine lo sapeva, Heine l'aveva sentita proprio mentre pronunciava quella frase, Heine non aveva mai detto che quella era una bugia.
Ciondolarono nel vuoto i ciuffi chiari della frangia e solo dopo qualche secondo di silenzio Giovanni sentì l'impulso di spostarli, per guardarlo meglio.
Aveva dei tratti delicati, quasi da femmina. Però non importava: qualunque mostro fosse stato, rimaneva sempre Giovanni.
Non osarono toccarsi ulteriormente.
-I tuoi sono uguali ai miei, mi basta vederli per ricordare cosa sia il rosso e cosa sia il nero.-
-Non vedi altri colori che quelli, in me?-
-Ce ne sono tanti altri, ma tu li tieni nascosti dentro. C-così è difficile capire dove sta l'azzurro e dove sta il giallo, p-per esempio.-
Sincerità per sincerità. Coltivando l'illusione di poter essere diverso, Heine tratteneva nel cuore una speranza vana che lo rendeva sciocco, illuso.
-Cercherò di farteli vedere più spesso, allora.-
Se avesse anche solo guardato meglio il disegno di Giovanni – vedendo tra tutti gli altri color proprio quel rosso e quel nero che tanto odiava, bisbigli di una coscienza terribile, avvertimenti tanto chiari – avrebbe capito che in quelle condizioni, per loro, non ci sarebbe mai stato nulla, neppure a guardarsi negli occhi tutto il tempo.
-Ti ringrazio, Heine.-
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dogs / Vai alla pagina dell'autore: Rota