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Autore: Hellionor    26/03/2012    3 recensioni
Si dice che Deimos, un giorno, quando l'attrazione di Marte diventerà troppo forte, si schianterà sul pianeta stesso; mentre Phobos scivolerà verso gli inesistenti confini dell'Universo.
Altri, invece, ipotizzano che anche il secondo, dopo l'impatto del primo, finirà a collidere con Marte.
E così, i due satelliti verranno divisi e distrutti proprio dallo stesso che li aveva avvicinati.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi ancora una volta qui!
In questi giorni ho scritto un po', per cui cercherò di aggiornare al più presto possibile, ma direi di non parlarne troppo adesso.
Prima di lasciarvi alla lettura, però, vorrei solamente avvisarvi che questo capitolo (o meglio, una parte) è stato assolutamente la prima cosa che ho scritto di questa storia. Forse non sarà difficile capire a quale mi riferisco, facendo leva anche sul titolo della  Fan Fiction.
Vorrei dirvi anche, poi davvero vi lascio andare, che probabilmente vi sto affidando una parte enorme di me, perché, volente o nolente (e molto nolente in questo caso, ve lo assicuro), alla fine assomiglio maledettamente a Nimhea e qui, oh, qui c'è tanto.
Ma non vi disturbo oltre,
buona lettura a tutti,
un bacio!
(Se vi va di lasciare una recensione, sono solo contenta.)




Capitolo 12
Marte


 

Giorno 5
Ciao diario! Sono già due giorni che non scriviamo niente, ma recuperiamo ora, aggiornandoti immediatamente su tutto.
In questi giorni (ripetizione), la nostra carissima Nimhea ha incontrato Shannon che, grande scoperta, si è scoperto (appunto, viva le ripetizioni! No, in realtà è una figura etimologica.) vivere proprio qui, a Los Angeles. I due, dopo essersi scontrati (sì, credo sia la parola giusta) l'altro ieri mattina, sono rimasti fuori tutto il pomeriggio e (cosa ancora più wow) si sono ritrovati ieri sera alla festa organizzata in piscina proprio qui, al nostro albergo. Non che avessimo (avessero) organizzato qualcosa per incontrarsi, anzi: è capitato casualmente per l'ennesima volta.
Bene, diario, non può essere destino, dato che Nimhea si rifiuta, ma, se posso esprimere la mia umilissima opinione (e posso farlo, visto che la mia migliore amica è in bagno, pronta ad uscire di nuovo con... indovina con chi?), quei due condividono una destinazione, se proprio non vogliamo parlare di destino.
Per quanto riguarda me, ieri sera, dopo il tristissimo tentativo di abbordaggio di Antoine che è simpatico e tutto quello che vuoi, ma... proprio no! Beh, ecco, dopo questo tentativo mi sono divertita ad osservare come se la cavavano quei due per un po', prima di dedicarmi ad altro. C'è tanta gente carina, qui a Los Angeles! Carina in tutti i sensi, ecco. Ho evitato di allontanarmi troppo da Nim, visto che era l'unica in grado di salvarmi (e in modo da tenermi pronta a salvarla), che è venuta di corsa a recuperarmi, passata mezzanotte. Peccato, perché tale Robert era decisamente un bel ragazzo. Alloggia nel nostro stesso albergo, magari capita di rivederlo per caso.
Oggi, nonostante fossimo stanche per la serata, abbiamo camminato a lungo, scoprendo nuove zone di questa città che, rimanendo sempre un ammasso di grattacieli, si dimostra veramente accattivante.
Sono le otto e un quarto, e abbiamo già cenato velocemente. A dir la verità, senza nemmeno troppa fame.
Ma divertiamoci un po' (si fa per dire):
Nuova playlist di Nimhea sotto la doccia.
Al quarto posto troviamo 'Feeling good' cantata da Michael Bublè, ma veniamo rapidamente al podio: al terzo posto possiamo sentire 'Don't stop me now' dei Queen (che, non dovrei dirlo, ritroveremo più avanti). Occupano invece il secondo gradino del podio i Muse, con 'Time is running out'. E infine (esigo un rullo di tamburi), al primo posto troviamo ancora una volta i Queen con 'Bohemian Rhapsody'.
Vi prego, toglietele la docking station.
O forse no. In fondo si diverte così tanto: sembra una bambina. Bambina che adesso arriverà e spero non cancellerà nulla di quello che ho scritto qui, dopo tanta fatica e tanto impegno.

Nimhea uscì in quell'istante dal bagno, smanettando con l'Iphone.
“Mi ha detto di portare una felpa.” annunciò con tono confuso.
“Un attimo: da quando vi mandate messaggi?”
Andrea lasciò il diario e si avvicinò all'amica avvolta nell'asciugamano. Si sedettero su uno dei due letti.
“Da adesso. È il primo.” rispose “E mi dice di portare una felpa.”
“Le felpe esistono, Nim.”
Nimhea strabuzzò gli occhi, con fare incredulo, e la prese in giro: “Oddio, davvero? Non l'avrei mai detto! E da quando?”
Nare, dopo averle lanciato un'occhiataccia per quel suo tentativo di ironia, riprese come se niente fosse: “Magari vuole tenerti fuori tutta la notte.”
“No, mi farei portare indietro immediatamente.” rise, pensando all'idea dell'amica. Possibile che non si capisse? Solo amici. Anzi, amici era un parolone in confronto al loro essersi visti e parlati qualche volta.
“Più che altro non avrebbe senso dire di vestirti di più.” continuò il ragionamento Andrea, che sembrava divertirsi. “Magari è anche meteorologo e non lo sai.”
“Sì, e anche scrittore, cuoco, astronauta e tutto!”
“Boh Nim, non so. Vedrai! Anzi, non vedrai, se non ti muovi. Hai mezz'ora.”
“Giusto, scappo!” rispose raccogliendo i vestiti ed entrando nuovamente nel grande e moderno bagno della stanza.
Si asciugò i capelli, infilò velocemente un paio di jeans ed una maglietta bianca a maniche corte, passò un velo di trucco sulle guance e sugli occhi ed uscì. Passò davanti all'amica con fare assorto ed estrasse dalla valigia la sua adorata felpa bordeaux. Infilò le All Star, dopo di che controllò di aver preso tutto ciò che le serviva, lanciò uno sguardo all'orologio e si convinse a scendere, un po' titubante.
“C'è brutta gente in giro. Tra scale, ascensori, corridoi e hall... vengo anche io con te.” annunciò con un sorriso sornione l'amica.
“Non dovresti poi tornare su da sola e rischiare la vita tra scale, ascensori, corridoi ed altre creature selvagge?”
“Sì, ma...” sul viso di Andrea si dipinse un'aria di cauto ragionamento “Ma saperti al sicuro mi darà la forza per rischiare la vita.”
“Quanto sei scema. Prendi le chiavi, ché altrimenti rimani chiusa fuori.”
Nim scrollò leggermente le spalle, prese la borsa ed uscì dalla stanza 69, seguita dall'amica.
“Tu sei agitata!”
“No Nare. Io semplicemente vorrei sapere dove sto per andare.” ribatté entrando in ascensore ed immergendosi nel silenzio.
Non era consigliabile controbattere, quando usava quel tono secco e tagliente; non era consigliabile anche solo per il semplice fatto che, se proprio non avesse risposto in modo aggressivo, si sarebbe concessa un semplice 'lascia stare': tanto breve quanto inutile.
In poco tempo raggiunsero l'ingresso e si ritrovarono all'esterno, sulla strada. L'impatto con il riflesso dei grattacieli, il cielo chiaro e senza sole come quello della sera prima, le lasciò spaesate ancora una volta.
Shannon che era poco distante da lì, le raggiunse velocemente e le salutò, guardando con curiosità Andrea. Cercò risposte nello sguardo di Nimhea e sorrise, nel leggervi una sorta di scusa.
“Piccolissimo dettaglio. Perché hai in mano due caschi?” Nim fu la prima a rompere veramente il silenzio.
“Perché ti devo portare in un posto. Hai paura?” perché aveva una voce così terribilmente assuefante?
“No, io...”
“Io credo di sì.” riprese, gettandole un'occhiata sinuosa e profonda.
“Io credo di no.” s'intromise Nare.
“Io, invece, non credo proprio niente, guardate un po'.” sbottò Nim, pentendosi di aver fatto scendere anche l'amica e di aver accettato l'invito.
“Certo, non ce la faresti.”
“Ma se è solo una stupida moto!”
“Non è stupida.” rispose Shannon, punto sul vivo da quello scambio velocissimo di battute.
Nimhea si gettò nei suoi occhi, poi passò a quelli dell'amica e, con tono arrendevole chiese: “Cosa devo fare?”
Sul viso dell'uomo si dipinse un sorriso vittorioso.“Niente. Faccio tutto io.”
“Perché dovrei farlo?” domandò ancora, poco convinta.
“Ti porto nel posto più bello di Los Angeles e avrai le foto migliori di tutta l'esposizione.”
Aveva assolutamente capito da che verso prenderla: competitività e voglia di fare sempre di meglio.
Inutile dire, inoltre, che la macchina fotografica era già pronta nella sua borsa.
“Ci sto.”
“Ecco, io vi lascio.”
“Ciao, attenta ai corridoi.” la prese in giro Nimhea.
L'uomo non capì troppo il rapido dialogo in italiano che seguì, ma si rassegnò ad aspettare per qualche secondo, fino a che Andrea non voltò loro le spalle e sparì dentro la hall.
Per poco tempo si fermarono in silenzio, studiandosi a vicenda e lasciando ai rumori del traffico per strada la libertà di sovrastarli. Sembrava iniziassero a guardarsi davvero, come alla ricerca forsennata di dettagli mai visti.
Nim sorrise imbarazzata. Continuava a distogliere lo sguardo, lanciandolo ai grattacieli intorno. Eppure continuava a ricadere su di lui.
“Imbarazzata?”
“Sarebbe giusto, se non lo fossi?” ribatté, scattando immediatamente sull'attenti.
“Vieni.” le disse, iniziando ad incamminarsi verso una moto parcheggiata poco più in là, all'angolo della strada. Le porse il casco e infilò il suo velocemente, osservando la ragazza che faceva scorrere l'oggetto tra le mani nel tipico tentennamento di chi sa bene cosa deve fare, ma non sa come farlo.
“Davvero è la prima volta che sali su una moto?”
“Io non l'ho detto! Comunque sì.”
“Ci sono tantissime cose che non dici e si vedono!” rispose lui ridendo.
Nimhea si infilò definitivamente felpa e casco, cercando di nascondere il rossore alle guance in quel suo sistemare i capelli per non distruggerli.
“Come... Come mi devo tenere?”
“Come hai sempre visto fare nei film.”
“Questo non è un film!”
“Non vuoi abbracciarmi?”
“Vuoi che ti abbracci?”
Shannon rise, ormai convinto di una cosa: non gliel'avrebbe mai data vinta.
“Andiamo, migliaia di ragazze al mondo sognano questo momento, sai? Potersi stringere a me, poter scappare con me...”
-La cosa più preoccupante è che non si capisce se sia serio o meno.- pensò lei.
“Migliaia?” lo prese in giro poi, cercando di non far notare l'evidente imbarazzo.
“Sì. Magari lo sognano anche sul serio.”
“Ovvio, e tu mi staresti facendo un favore?” domandò scettica.
“Ci si può tenere anche così. Sarebbe tecnicamente il modo più corretto.” si arrese, mostrandole come fare.
Salì sulla moto, seguito da Nimhea, rassicurata da uno dei pochi effettivi vantaggi di quella situazione: non avrebbe potuto leggerle gli occhi per un po'.
Al primo semaforo incrociato, però, quando entrambi dovettero posare i piedi per mantenersi in equilibrio, scivolò verso di lui e passò le braccia intorno al suo torace, attenta a non avvinghiarsi troppo. Shannon sorrise, sollevando piano i gomiti per permetterle di tenersi meglio.
“Non farti strane idee.” gli disse, alzando un po' la voce in modo da farsi sentire. “È solo che fa freddo, e così è decisamente più comodo.”
“Come vuoi.” ridacchiò.
Dopo una ventina di minuti, stavano correndo per le strade semi deserte di un parco e, una volta arrivati a destinazione, Nim, a cui sembrava di aver trattenuto il fiato per tutto quel tempo, si sfilò il casco in un sospiro, ravvivandosi i capelli e stringendosi un po' nella felpa.
“Dove siamo?”
“Griffith. Non so se ci sei già stata. È un parco enorme. C'è un osservatorio astronomico, che ormai sarà chiuso. Credo sia bellissimo. Vedere Los Angeles da qui è davvero meraviglioso, vieni!”
Camminarono un po' riacquistando il calore di un qualsiasi corpo perso nell'aria notturna di luglio, ed arrivarono davanti ad un vasto edificio. Le enormi mura bianche erano illuminate da alcuni fari, posti lungo tutta la superficie, e dal cielo non ancora totalmente nero. Tre cupole scure, a destra, al centro e a sinistra, si stagliavano davanti ai grattacieli del centro. Di fronte al tutto, un obelisco chiaro e dei giardini bene inquadrati davano un'idea ordinata all'intero luogo.
Nimhea si guardò intorno, le iridi chiare esplodevano di luminosità ad ogni particolare che man mano entrava nel suo campo visivo.
Non si era nemmeno resa conto di trovarsi su di un promontorio. Era sola, sola davanti al mondo. Eppure non si sentiva schiacciata da quella sua misera inferiorità.
“Ti piace?”
Non era sola, a dire la verità. Shannon si era avvicinato, o probabilmente si era sempre trovato lì, a guardare il paesaggio riflesso negli occhi della ragazza, che ora annuiva.
“Guarda, quella è Hollywood, lì ci sono i grattacieli di Downtown, dove c'è il tuo albergo. E lì” disse, lasciando scivolare un braccio intorno alla vita della ragazza e spostandosi verso destra “lì c'è l'oceano.”
“Come guida turistica non sei male, devo riconoscertelo.” rispose Nim dopo qualche secondo di silenzio assorto, svincolandosi dalla presa. “Foto?” sorrise, mentre estraeva dalla borsa l'amata macchina fotografica.
“Foto.”
Aveva portato solo un obiettivo quella sera, per fare in modo di non portarsi una valigia, più che una borsa. Fortunatamente aveva trovato quello giusto.
Shannon la seguiva, ascoltandola chiacchierare tranquillamente nascosta dietro all'oggetto. Stava calmo e aspettava, quando la vedeva concentrata, o ridendo si buttava nel bel mezzo dello scatto.
“Vuoi un servizio fotografico?” azzardò.
“Magari ci penso. Credo dipenda dalla fotografa...”
“Oh, Shan, finiscila!”
Scoppiarono a ridere entrambi, non tanto per ridicolizzare l'affermazione uscita dalla bocca dell'uomo, ma per fingersi inconsapevoli di qualsiasi forza fosse nascosta in essa. Il cielo ormai nero lasciava capire che il tempo fosse passato anche lì, nonostante fossero nascosti dal resto del mondo.
“Come mi hai chiamato?”
“Con il tuo nome.”
“Già. Con il mio nome, Nim.” disse sottolineando il diminutivo. “Che poi... perché non Mea?”
“Che domande sono? Non lo so. Forse perché in italiano assomiglia a 'mia', cioè, ad essere precisi è 'mia' in latino. E non credo lascerò mai qualcuno chiamarmi 'mia'.”
Shannon sorrise, sedendosi. Anche la ragazza si accomodò sull'erba accanto a lui.
“Potrebbe esserci Marte, da qualche parte.”
Non era un'associazione scontata con il nome del suo gruppo, avrebbe davvero voluto poter vedere il grande pianeta rosso.
“Sorge alle dieci di sera, quindi c'è già da un po', però si vede bene verso le quattro del mattino, mi sembra.”
“Come lo sai?”
“Mi ha sempre affascinata. Lui e Phobos e Deimos, i suoi due satelliti.” rispose con sincerità Nimhea. Non sapeva molto altro, di astronomia. Solo il triste, incerto ed inevitabile destino di quei due satelliti disperati. Paura e terrore. Distrutti.
Shan cercò di distrarla. “C'è la Luna piena.”
“Già.”
“L'hanno sempre amata, in tutti i secoli.”
“Io no. È sola.”
“Ha le stelle.” rispose lui voltandosi, mentre gli occhi chiari della ragazza non mostravano avere nessuna intenzione di separarsi dalla Luna che si rifletteva in essi. Le iridi sembravano liquide, come il mare. Profonde e capienti, accoglievano quella sfera biancastra che trascinava con sé il suo mondo lontano e sconosciuto.
“Anche io ho il resto del mondo. Te lo assicuro, le persone non servono a niente.”
“Perché hai così poca fiducia in noi?”
Nimhea si girò, guardandolo con tenerezza. Il suo tono di voce sembrava un triste nascondiglio di insicurezze e inadeguatezza. Per la prima volta lo vide piccolo, davanti a lei.
“Oh, io... non intendevo questo. Ho molta fiducia anche in te, per quanto possa sembrare strano e sarò sempre troppo orgogliosa per provare a dirlo un'altra volta. Ho fiducia anche nel mondo. È solo che...” si interruppe per qualche secondo, cercando le parole giuste per spiegare qualcosa di cui in realtà non sapeva assolutamente niente. Si arrampicava spesso sulle parole, ancora prima di capire veramente cosa dovesse dire. “Non lo so.” aggiunse dopo poco.
“Ti senti spesso sola?”
Lo guardò negli occhi, specchiandosi in quel colore indefinito che le ricordava tanto il suo. Erano solo più scuri, foreste fitte: sottobosco, foglie, terra, alberi, luce, cielo. Provò un senso di pace, immaginandoli insieme ai suoi. Un po' come la sicurezza spaventata che provava nel guardare un'immagine della Terra immersa nell'Universo. I mari si univano alle terre emerse, i grigi e gli azzurri giocavano con marroni e verdi. La vita si eclissava, eppure l'immagine che ne usciva era del tutto vitale e faceva impallidire la morte. Sorrise: insieme avevano tutto.
Si rigettò nella Luna, imbarazzata. Era tutto così improbabile, tutto così difficile.
“Non ne ho mai parlato con nessuno, tranne che con Andrea. Lei sa tutto di me.”
“Già.”
“Non è facile parlarne, tutto qui. Io poi piango sempre come un'idiota, quindi eviterei di...” si girò con gli occhi già troppo lucidi e il cervello che prendeva in giro il suo stupido e infantile comportamento.
“Non adesso!” la rimproverò ridendo lui, mentre velocemente si inseriva tra lei e l'astro notturno, impedendole di guardare qualsiasi cosa non fossero i suoi occhi.
“Scusami.” replicò, nascondendo un tacito ringraziamento a quella protezione datale con tanta prontezza e finta indifferenza.
Shannon la osservò ridere, con gli occhi d'acqua che ancora avevano voglia di liberarsi. Nimhea era sempre stata così: rideva e piangeva allo stesso tempo, lasciando che le lacrime salate solcassero il viso e si scontrassero contro la forza delle labbra arcuate e dei denti bianchi.
Nimhea era sempre stata così: un contrasto al limite della comprensibilità.
Forse perché è un disastro essere forti e dolci allo stesso momento. Cuore e cervello sono costantemente in lotta, pronti a criticare i comportamenti dell'altro e a distruggerti. 

   
 
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